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1904 Al Congresso di Parigi del 1900, nella lista di problemi matematici presentata da Hilbert il primo ` e “Il problema di Cantor della potenza del continuo” 1 : Le indagini di Cantor [. . . ] rendono molto verisimile un teore- ma la cui dimostrazione peraltro non ` e ancora stata ottenuta da nessuno nonostante gli sforzi pi` u assidui; questo teorema dice: Ogni sistema di infiniti numeri reali, cio` e ogni insieme infinito di numeri o di punti, ` e equivalente o all’insieme dei numeri interi na- turali 1, 2, 3,... oppure all’insieme di tutti i numeri reali e quindi del continuo [. . . ] perci` o, nel senso dell’equivalenza, ci sono solo due insiemi di numeri, gli insiemi numerabili e il continuo . Hilbert prosegue ricordando “anche un’altra affermazione, assai notevole, fat- ta da Cantor, che sta in strettissima connessione con il teorema precedente”. Presentata la definizione di insieme bene ordinato, Sorge ora la questione: non si pu`o ordinare la totalit` a di tutti i numeri in un altro modo, cosicch´ e ogni sottoinsieme abbia un ele- mento che viene prima di tutti gli altri, ossia non si pu` o concepire anche il continuo come un insieme bene ordinato? Cantor crede che si debba rispondere affermativamente. Mi sembra altrettanto desiderabile ottenere una dimostrazione diretta di questa notevole asserzione di Cantor [. . . ]. Bench´ e Hilbert ponga la questione del buon ordine solo per il continuo, i due problemi sono quelli che abbiamo visto essere rimasti irrisolti per la teoria di Cantor. Quando Hilbert propone il problema del continuo all’attenzione del mon- do matematico, la teoria degli insiemi ` e largamente accolta. Abbiamo gi` a citato il rapporto di Schoenflies e il libro di Borel; questo era stato preceduto oltre che dal libro di Dini 2 da quello di Camille Jordan (1838-1922) 3 del quale 1 D. Hilbert, “Mathematische Probleme”, cit.; il primo problema alle pp. 154-6 della traduzione italiana, cit. 2 U. Dini, Fondamenti per una teorica delle funzioni di variabile reale , Nostri, Pisa, 1878. 3 C. Jordan, Cours d’analyse de l’Ecole Polytechnique , Gauthier-Villars, Paris, 1893. 169

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Al Congresso di Parigi del 1900, nella lista di problemi matematici presentatada Hilbert il primo e “Il problema di Cantor della potenza del continuo”1:

Le indagini di Cantor [. . . ] rendono molto verisimile un teore-ma la cui dimostrazione peraltro non e ancora stata ottenuta danessuno nonostante gli sforzi piu assidui; questo teorema dice:

Ogni sistema di infiniti numeri reali, cioe ogni insieme infinito dinumeri o di punti, e equivalente o all’insieme dei numeri interi na-turali 1, 2, 3, . . . oppure all’insieme di tutti i numeri reali e quindidel continuo [. . . ] percio, nel senso dell’equivalenza, ci sono solodue insiemi di numeri, gli insiemi numerabili e il continuo.

Hilbert prosegue ricordando “anche un’altra affermazione, assai notevole, fat-ta da Cantor, che sta in strettissima connessione con il teorema precedente”.Presentata la definizione di insieme bene ordinato,

Sorge ora la questione: non si puo ordinare la totalita di tutti inumeri in un altro modo, cosicche ogni sottoinsieme abbia un ele-mento che viene prima di tutti gli altri, ossia non si puo concepireanche il continuo come un insieme bene ordinato? Cantor credeche si debba rispondere affermativamente. Mi sembra altrettantodesiderabile ottenere una dimostrazione diretta di questa notevoleasserzione di Cantor [. . . ].

Benche Hilbert ponga la questione del buon ordine solo per il continuo, i dueproblemi sono quelli che abbiamo visto essere rimasti irrisolti per la teoria diCantor.

Quando Hilbert propone il problema del continuo all’attenzione del mon-do matematico, la teoria degli insiemi e largamente accolta. Abbiamo giacitato il rapporto di Schoenflies e il libro di Borel; questo era stato precedutooltre che dal libro di Dini2 da quello di Camille Jordan (1838-1922)3 del quale

1D. Hilbert, “Mathematische Probleme”, cit.; il primo problema alle pp. 154-6 dellatraduzione italiana, cit.

2U. Dini, Fondamenti per una teorica delle funzioni di variabile reale, Nostri, Pisa,1878.

3C. Jordan, Cours d’analyse de l’Ecole Polytechnique, Gauthier-Villars, Paris, 1893.

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Borel aveva affermato che aveva sdoganato la teoria degli insiemi mostrandola sua utilita per l’analisi. Al primo Congresso internazionale dei matemati-ci del 1897 Jacques Hadamard (1865-1963) aveva parlato delle applicazionidella teoria degli insiemi. Peano negli anni novanta aveva pubblicato ampistralci dei lavori di Cantor nel Formulario.

I ricercatori che si erano messi sulla strada aperta da Cantor erano gianumerosi: oltre ai gia citati Bendixson, Schoder, Bernstein, e di lı a pocoanche Zermelo, in Francia ci sono insiemisti applicati, o analisti moderni,Rene Baire (1874-1932) e presto Henri Lebesgue (1875-1941); altri ricercato-ri saranno indirizzati alla teoria degli insiemi da Russell e Alfred Whitehead(1861-1947), che iniziano a contribuire alla teoria a partire dal 19024. Quel-lo che attirava di piu era lo studio della cardinalita, favorito anche dallanotazione algebrica per le leggi dell’aritmetica cardinale.

Tuttavia lo sviluppo della teoria procedeva con difficolta a causa di alcuniostacoli che si incontravano per la dimostrazione dei teoremi necessari a fon-darla come teoria matematica. Borel nel 1898 aveva indicato la tricotomiacome primo obiettivo. Anche Cantor nei “Beitrage” aveva messo in evidenzala tricotomia, ritenendola non ancora dimostrata, contro quanto creduto inprecedenza. La aveva ritenuta dimostrata in quanto considerava ogni cardi-nale uguale ad un aleph; questo fatto a sua volta derivava dalla trattazionenelle Grundlagen, dove le diverse cardinalita erano la potenza delle classe dinumeri ordinali.

Cantor aveva usato implicitamente il teorema degli aleph (cioe che ognicardinale e un aleph) anche nelle sue ricerche sugli insiemi di punti: quandoerano in gioco cardinalita di insiemi Cantor prendeva il minimo cardinale,sfruttando il fatto che gli aleph erano bene ordinati, avendo come indici gliordinali5. Nel 1891 Cantor affermava che nel 1883 aveva dimostrato che icardinali sono bene ordinati. In seguito era diventato piu incerto.

Il teorema degli aleph e equivalente al principio del buon ordinamento,che ogni insieme puo essere bene ordinato, ma il legame non era semprepresente, e il problema del buon ordinamento sembrava marginale (almenofino a quando Hilbert non ne parlo a Parigi). La tricotomia avrebbe ancheovviamente implicato il teorema di equivalenza, come era anche chiamato il

4A. N. Whitehead, “On cardinal numbers”, American Journal of Mathematics, 24(1902), pp. 367-94.

5Ad esempio nel 1885 aveva definito i punti limite p di α-esimo ordine di un insiemeP come quelli tali che esiste un r per cui tutti gli intorni B(p, r) di p di raggio minore ouguale a r erano tali che P ∩B(p, r) ha potenza ℵα−1.

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teorema di Cantor-Schroder-Bernstein, peraltro dimostrato da quest’ultimonel 1887. Avrebbe anche permesso almeno di inserire la potenza del continuonella scala degli aleph, ancorche a un gradino da definire, implicando quindiche il continuo era bene ordinabile. Cantor aveva rinunciato a proseguire isuoi tentativi sull’ipotesi del continuo.

Nel rapporto di Schoenflies tricotomia e buona ordinabilita di tutti gliinsiemi erano presentati come problemi non risolti, con la previsione chequest’ultima avrebbe potuto incontrare un diffuso scetticismo.

La dimostrazione di queste proprieta, collegate anche senza chiara consa-pevolezza della loro equivalenza, si scontrava con difficolta sconosciute, sem-brando richiedere o suggerire inusuali forme di ragionamento o rimandare adaltre assunzioni altrettanto problematiche.

Ad esempio nel 1898 Schroder aveva pensato di dimostrare la tricotomiacon un ragionamento di questo tipo:

Il punto essenziale e trovare un processo di esaustione che, conti-nuando ad assegnare gli elementi di uno dei due insiemi in modouno-uno a elementi qualsiasi scelti nell’altro insieme, esauriscacompletamente l’uno o l’altro6.

Schroder era interessato soprattutto agli ordini, piu che ai buoni ordini, e allapossibilita che ogni insieme fosse ordinabile7; dubitava che si potesse ordinareil dominio totale di ogni cosa, l’absolute Denkbereich.

Nel 1897 Burali-Forti aveva pubblicato l’antinomia che porta il suo nome,ma senza considerarla una contraddizione. Fu Russell nel 1903 a riformularel’argomento e a battezzarlo forse immeritatamente col nome di Burali-Forti8.

Burali-Forti9 definisce “perfettamente ordinati” gli insiemi ordinati taliche (a) hanno un minimo, (b) ogni elemento che ha un successore ha unimmediato successore e (c) ogni elemento x o non ha un immediato prede-cessore, o ha un predecessore y che non ha immediato predecessore ed e tale

6E. Schroder, “Uber zwei Definitionen der Endlichkeit und G. Cantor’sche Satze”,Deutsche Academie der Naturforscher, Nova Acta Leopoldina, 71 (1898), pp. 303-62.

7Principio piu debole del teorema del buon ordinamento.8In The principles of mathematics, cit. Anche il matematico E. H. Moore (1862-1932)

aveva scoperto per conto proprio l’antinomia e la aveva comunicata per lettera a Cantornel 1989; Russell non ne era al corrente.

9C. Burali-Forti, “Una questione sui numeri transfiniti”, Rendiconti del Circolo ma-tematico di Palermo, 11 (1897), pp. 154-64, e “Sulle classi bene ordinate”, ivi , p.260.

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che tra y e x ci sono un numero finito di elementi. Definisce gli ordinalicome i tipi d’ordine degli insiemi perfettamente ordinati, non avendo capitola definizione di insiemi bene ordinati di Cantor10, e chiamando Ω la classedi tutti gli ordinali arriva alla contraddizione

Ω + 1 > Ω e Ω + 1 ≤ Ω.

Non la considera un paradosso, ma la conclusione di una dimostrazione perassurdo che i suoi ordinali non sono tutti confrontabili tra loro, avendo presotale proposizione come assunzione11 (proprieta dimostrata invece da Cantorper i suoi nei “Beitrage” del 1897). Russell per parte sua era convinto chel’argomento di Burali-Forti mostrasse che Ω non poteva essere bene ordinato.

L’argomento di Burali-Forti, anche se non considerato un’antinomia, por-tava comunque in primo piano la classe Ω che sara al centro di prolungatediscussioni. Infatti essa compariva in alcuni tentativi di dimostrare qualcunodei grossi problemi aperti.

Nel 1903 Godfrey Hardy (1977-1947) aveva dimostrato che ℵ1 ≤ 2ℵ0 e piuin generale ℵα+1 ≤ 2ℵα , derivando la disuguaglianza dalla dimostrazione che“ogni cardinale infinito o e un aleph o e piu grande di tutti gli aleph”12. Rus-sell nei Principles affermava invece che 2ℵ0 poteva non essere confrontabilecon altri aleph perche nessuno era riuscito a bene ordinare il continuo.

Il procedimento di Hardy era cosı descritto:

Dato un insieme di cardinalita13 > α0, possiamo scegliere da essosuccessivamente individui

u1, u2, . . . , uω, . . . uα, . . .

10In una nota aggiunta subito dopo nello stesso fascicolo corregge la sua lettura di Can-tor, e afferma che gli insiemi bene ordinati sono perfettamente ordinati, ma non viceversa.Infatti un controesempio puo essere il seguente: un insieme ordinato composto da un primosegmento di tipo ω seguito da una successione decrescente di insiemi tutti di tipo ω.

La definizione di “buon ordine” non era agevole da assimilare; anche Hadamard nel1897, al primo Congresso internazionale dei matematici, ne da una presentazione errata.

11Quando la introduce, afferma che “non possiamo provarla” ma non spiega se e una in-capacita o impossibilita teorica (a meno che la non dimostrabilita sia alla fine conseguenzadell’intero argomento).

12G. H. Hardy, “A Theorem Concerning the Infinite Cardinal Numbers”, QuarterlyJournal of Pure and Applied Mathematics, 35 (1903), pp. 87-94.

13Hardy come Russell scrive α invece di ℵ.

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in corrispondenza a tutti i numeri della prima e della secondaclasse numerica; se il processo arrivasse a un termine, il cardinaledell’insieme sarebbe α0. Il suo cardinale e percio ≥ α1; e se ≥ α1,sarebbe ≥ α2, e cosı via [. . . ] Se non c’e alcun αβ uguale alla car-dinalita dell’insieme, deve essere almeno uguale alla cardinalitadell’insieme di tutti i αβ e quindi maggiore di qualsiasi αβ.

Probabilmente e una generalizzazione della dimostrazione di Cantor che uninsieme infinito ha un sottoinsieme numerabile, basato su infinite scelte.

Philip Jourdain (1879-1919) aveva cercato di modificare il risultato diHardy in modo da dimostrare il teorema del buon ordinamento e che ognicardinale e un aleph. In pratica eliminava la disgiunzione di Hardy escluden-do che possa esistere la classe di tutti gli aleph e lasciando che ogni cardinalee un aleph. Per questo motivo Hardy informa Russell di non ritenere ac-cettabile la dimostrazione. Alla fine del 1903 Jourdain, che e da due anniin corrispondenza con Cantor, gli comunica la sua dimostrazione, e Cantorgli risponde che e la stessa con la quale egli ha dimostrato il teorema delbuon ordinamento. Lo invita a pubblicarla, ma quando Jourdain gli chiedeil permesso di citare la sua lettera Cantor non glie lo accorda; probabilmenteaveva delle perplessita sull’argomento e non si voleva impegnare pubblica-mente. Ad ogni modo Jourdain fa uscire il suo lavoro14, dove si nota nellaterminologia delle classi consistenti e inconsistenti l’influenza di Cantor. Lasi nota anche nell’affermazione che alcuni concetti matematici che valgononel caso finito si estendono all’infinito, ma solo all’infinito che si puo chiamaretransfinito, non a tutti gli insiemi infiniti.

Jourdain fa anche un tentativo di delimitare il concetto di classe incon-sistente: definisce tale una classe se essa ha una sottoclasse equipotente allaclasse di tutti gli ordinali. Afferma che solo le classi consistenti hanno untipo d’ordine.

Dal teorema degli aleph deduce per cardinali qualunque relazioni note pergli aleph, da Whitehead tra gli altri, come

Se k e infinito e h ≤ k allora k + h = k e k · h = h e kk = 2k,

Subito dopo ha un ripensamento, osservando che l’ordine dei suoi argomentiandrebbe rovesciato: prima occorre dimostrare che 2ℵ0 e un aleph per poter

14P. B. E. Jourdain, “On the Transfinite Cardinal Numbers of Well-OrderedAggregates”, Philosophical Magazine, (6) 7 (1904), pp. 61-75.

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essere sicuri che nessun sottoinsieme di R e equipotente alla classe di tuttigli ordinali.

Addirittura nel 1905 avrebbe trovato insiemi che pur essendo simili allasuccessione di tutti gli ordinali possono essere prolungate con almeno unelemento, sicche la successione degli ordinali sarebbe un segmento di talisuccessioni15.

Sono concepiti anche tentativi di dimostrazione della tricotomia o delteorema degli aleph che non si basano sul processo di scelta ad esaurimentodi elementi.

Nel 1897 Peirce, benche ininfluente, aveva suggerito un attacco al proble-ma della tricotomia, pur non essendo sicuro della sua correttezza: consideraval’insieme delle relazioni con dominio a e immagine b, e per ciascuna di esseogni possibile sottorelazione che fosse una funzione con dominio a. Se ce neera una iniettiva, a era iniettabile in b; altrimenti la relazione era comunquesuriettiva, e l’inversa conteneva una iniezione di b in a.

Il ragionamento presupponeva l’assunzione16 che ogni relazione contieneuna funzione con lo stesso dominio.

Un ragionamento simile si trova in Burali-Forti. Nel 1896 Burali-Fortiaveva derivato la tricotomia da due proprieta che riteneva avessero “il gradodi semplicita e chiarezza appropriate a proposizioni primitive”17.

Dopo aver decomposto la tricotomia nella congiunzione del teorema diCantor-Schroder-Berstein e nella affermazione che per ogni A e B o A eequipotente a un sottoinsieme di B o B e equipotente a un sottoinsieme diA, aveva dedotto quest’ultima da due ipotesi:

1. Principio di partizione, nella forma che ogni insieme di insiemi e equi-potente a un sottoinsieme dell’unione,

2. Se A e B sono piu che numerabili, esiste una funzione f : A −→ B taleche o f e iniettiva o f e suriettiva18.

Per la dimostrazione che per ogniA eB oA e equipotente a un sottoinsieme diB o B e equipotente a un sottoinsieme di A, quando considerava gli insiemi A

15P. E. B. Jourdain, “On Tranfinite Cardinal Numbers of the Exponential Form”,Philosophical Magazine, (6) ) (1905), pp. 42-56.

16Equivalente all’assioma di scelta.17C. Burali-Forti, “Sopra un teorema del Sig. G. Cantor”, Atti Accad. Sci. Torino, 32

(1896), pp. 229-37.18Questo enunciato implica da solo l’assioma di scelta, anche senza usare il principio di

partizione.

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e B piu che numerabili (gli altri casi erano trattati a parte), data f come in 2.,se f e iniettiva A e equipotente a un sottoinsieme di B, se f e suriettiva alloraA = ∪f−1(b) | b ∈ B, e per 1. B risulta equipotente a un sottoinsieme diA.

Anche sull’ipotesi del continuo continuavano gli equivoci. Nel 1902 BeppoLevi aveva affermato di poter dimostrare l’ipotesi in base a un suo teorema,in verita errato; il teorema, di cui non pubblico mai naturalmente la dimo-strazione, avrebbe esteso un teorema di Baire nel senso che ogni sottinsiemedei reali avrebbe avuto la proprieta allora non familiare e che in seguito estata chiamata appunto proprieta di Baire19.

C’erano tuttavia passi in avanti positivi minori.Nel 1901 Bernstein nella sua dissertazione aveva dimostrato che la cardi-

nalita del continuo e la stessa dell’insieme di tutti i tipi d’ordine numerabili,e anche lui, in modo piu accettabile di Hardy, che ℵ1 ≤ 2ℵ0 , appoggiandosi alprecedente risultato. Aveva dimostrato che l’insieme dei sottoinsiemi chiusidi R ha cardinalita 2ℵ0 .

Bernstein aveva pure affrontato il problema della tricotomia dimostrando

risultati parziali del tipo: se A+B = A ·B allora A e B sono confrontabili20.Altri risultati soprattutto di aritmetica cardinale, ottenuti da Russell e

Whitehead saranno menzionati in seguito.L’agenda degli insiemisti era tuttavia destinata a cambiare bruscamente.Un fattore importante per la crescita della teoria degli insiemi era stato

l’interesse e l’apprezzamento di Hilbert, sia pure inizialmente esoterico, per-che confinato nella corrispondenza. Nel circolo di Hilbert si era invogliatied invitati ad occuparsi della teoria; Zermelo fu indotto ad interessarsene,per sua ammissione, per influenza diretta di Hilbert; Bernstein, pur aven-do iniziato a lavorare con Cantor si laureo con Hilbert. Questi aveva fattouso disinvolto di nozioni insiemistiche nella formulazione dei suoi sistemi as-siomatici, ad esempio parlando di (tre) insiemi di cose come modelli dellageometria, e con l’assioma di completezza per i numeri reali, che affermava

19Un sottoinsieme X di R ha la proprieta di Baire se in ogni intervallo rispetto a cui Xe di seconda categoria esiste un sottointervallo I tale che (R \X)∩ I e di prima categoria(un insieme e di prima categoria se e l’unione di infinita numerabile di insiemi ovunquenon densi, altrimenti e di seconda categoria. Sono nozioni topologiche introdotte da Baire,si veda oltre). Su Levi si veda G. Lolli, “L’opera logica di Beppo Levi”, in B. Levi, Opere1897-1926 (a cura dell’UMI), Cremonese, Roma, 1999, vol. 1, pp. LXVII-LXXVI.

20Nel 1924 Alfred Tarski dimostrera che da questo enunciato segue la tricotomia el’assioma di scelta. Bernstein usava implicitamente la scelta.

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la massimalita del sistema. In quel primo periodo Hilbert riteneva probabil-mente che il concetto di insieme fosse una parte integrante della logica, o unlinguaggio per il metodo assiomatico, ma presto ebbe a ripensarci.

Il problema dei paradossi, che erano noti nell’ambiente hilbertiano21, nonsembrava inizialmente assillante. Quelli scoperti da Cantor erano nascostinella corrispondenza, oltre a non essere ritenuti drammatici da Cantor stes-so22. Quella di Burali-Forti non era considerata in generale un’antinomiaperche l’autore non l’aveva presentata come tale, e il suo articolo era servitopiuttosto a portare l’attenzione sull’insieme di tutti gli ordinali.

Ma con la pubblicazione dell’antinomia di Burali-Forti e di quella di Rus-sell a opera di Russell stesso nel 1903 l’argomento delle difficolta della teoriadegli insiemi venne in primo piano.

Russell nel 1901 (come Zermelo23) aveva scoperto per conto suo il para-dosso della classe di tutti i cardinali, ma inizialmente credeva che mostrasseun errore nel teorema di Cantor, perche era convinto che la classe universalefosse legittima e che quindi esistesse un massimo cardinale24. Nel cercare unerrore nella dimostrazione di Cantor, che egli riformula in modo da applicarlaa P(x) invece che alle funzioni, fu portato a considerare la classe delle classiche non appartengono a se stesse25.

Infatti la dimostrazione di Cantor, riformulata per P(x), conduce a que-

21Hilbert nel 1903, lettera del 7 novembre, dice a Frege che Zermelo aveva scoperto leantinomie tre o quattro anni prima; Husserl ricorda che Zermelo gli descrisse nel 1902un’antinomia del tipo di quella di Russell. Vedremo piu avanti in che forma. Pare cheanche Hilbert vi fosse arrivato, sempre tre o quattro anni prima del 1903, piu o menoquando Cantor trova la sua. Hilbert avrebbe trovato che non puo esistere alcun S tale chese x ∈ S allora P(x) ∈ S e se T ⊆ S allora

⋃T ∈ S. Si veda A. Kanamori, “Zermelo and

set theory”, Bulletin Symbolic Logic, 10 (2004), n. 4, pp. 489-553.22Nella presentazione del secondo problema, Hilbert aveva ammesso che la totalita dei

cardinali era inconsistente, come se questa nozione fosse chiara.23Zermelo forse prima, come si e detto sopra.24Russell parla di un “sottile errore” da parte di Cantor in “Recent work on the principles

of mathematics”, International Monthly , 4 (1901), pp. 83-101, ristampato nel 1918, conuna correzione in nota, in Mysticism and Logic, Longmans, Green, London, con il titolo“Mathematics and the Metaphysicians” trad. it. “La matematica e i metafisici”, inMisticismo e logica, Longanesi, Milano, 1965, pp. 98-125.

25Russell espresse per la prima volta l’antinomia in termini di predicati che si applicanoo no a se stessi, in una bozza di un capitolo dei Principles nel maggio del 1901, e nellalettera a Frege del 1902; quindi di nuovo in questi termini nel §78 del libro, e sia in terminidi predicati sia in termini di classi nel §100.

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ste considerazioni. Supponendo che esista una biiezione26 f tra P(x) e x,si vuole definire un sottoinsieme z di x diverso da tutti. Ogni sottoinsiemee f−1(y) per qualche y ∈ x e perche il sottoinsieme cercato sia diverso daf−1(y) si puo giocare su y, mettendolo in z se e solo se y /∈ f−1(y); si definiscequindi

z = y ∈ x | y /∈ f−1(y),

che si puo considerare una sorta di insieme antidiagonale: esso differisce datutti gli f−1(y); infatti come sottoinsieme di x ha una immagine f(z), maf(z) ∈ z se e solo se f(z) /∈ f−1(f(z)) = z che e una contraddizione.

Nel caso che x sia la classe universale, P(x) si puo pensare iniettablein x con la funzione identica, e l’insieme della dimostrazione e y | y /∈ y,che e la classe considerata da Russell27. Questi non si limita a riconoscereche la classe universale non puo esistere ma, data la sua impostazione logica,sospetta anche il motivo, o la conseguenza, nella non validita generale delprincipio di comprensione.

Si puo dire dunque che l’origine dell’antinomia di Russell sia in Cantor,o almeno nella riflessione sulla, e modifica della dimostrazione di Cantorcompiuta da Russell28. Russell chiamava “contraddizioni” le antinomie; pareche il primo a chiamarle antinomie sia stato Poincare.

Russell era predisposto ad accettare e riconoscere contraddizioni nellateoria degli insiemi, perche tale era stato il suo atteggiamento negli anninovanta, quando aveva incominciato ad avvicinarsi al lavoro di Cantor attra-verso l’opera di un filosofo kantiano francese Arthur Hannequin, e nel 1896aveva scritto che “i matematici rischiano di dimenticare che le antinomiefilosofiche trovano la loro controparte nelle fallacie matematiche [che sem-

26L’argomento funziona anche con una iniezione.27In effetti Russell presenta in modo analogo a quello qui esposto una “semplificazione

della dimostrazione di Cantor”, in “On Some Difficulties in the Theory of Transfinite Num-bers and Order Types”, Proceed. London Mathematical Society , (2) 4 (1906), pp. 29-53,ristampato in B. Russell, Essays in Analysis (a cura di D. Lackey), George Allen&Unwin,London, 1973, pp. 134-64. In The principles §100 afferma anche che “io fui condotto adesso [rompicapo] nel tentativo di conciliare la dimostrazione di Cantor circa l’impossibilitache esista un numero cardinale massimo con la supposizione molto plausibile che la classedi tutti i termini [. . . ] abbia necessariamente il maggior numero possibile di elementi”.Torneremo in seguito sulla trattazione delle antinomie da parte di Russell.

28Dopo aver accettato la dimostrazione di Cantor, Russell pubblica anche l’antinomiadel massimo cardinale nei Principles, §344 sgg.

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brano pervadere] il Calcolo e la piu elaborata costruzione delle collezioni diCantor”29.

Russell medito comunque sulla sua antinomia per circa un anno, deci-dendosi a scrivere a Frege solo nel giugno del 190230. L’antinomia divennepubblica poi nel 1903 nei Principles .

La reazione nel circolo di Hilbert alla pubblicazione di fatti che a loroerano noti in modo esoterico fu quella di affermare la necessita di affronta-re di petto la questione. Nel 1904 Hilbert dichiara l’obbligo di mettere inprimo piano, “nelle indagini sul concetto di numero”, l’obiettivo di “evitaretali contraddizioni e di chiarire quei paradossi”. Hilbert ritiene ora tuttaviaresponsabile la logica, piu che la teoria degli insiemi31:

Le concezioni e i mezzi di indagine prevalenti nella logica, presain senso tradizionale, non sono all’altezza delle rigorose esigenzeche la teoria degli insiemi impone.

Cantor, osserva Hilbert, non ha dato criteri per distinguere le totalita incon-sistenti da quelle consistenti; Frege richiede solo che per ogni concetto siadeterminato di ogni cosa se essa cade o no sotto i concetto, ma permettein logica l’uso non ristretto e pericoloso di “ogni”, esponendosi ai parados-si derivanti da nozioni come quella dell’insieme di tutti gli insiemi. Hilbertabbozza nel 1904 la sua prima proposta di una nuova impostazione dei fon-damenti della teoria dei numeri basata sul metodo assiomatico ma anche suun ripensamento della logica di base, da costruirsi in una con l’aritmeticaelementare. L’obiettivo sara ripreso solo diversi anni piu tardi, dopo il 1917.Sul momento non c’e tempo per ripensare alla logica, perche all’improvvisoscoppiano altre questioni.

Il 1904 e un anno nel quale, oltre all’appello pubblico di Hilbert a risolverei paradossi, vengono a confluire e sovrapporsi diverse vicende, con un ritmoserrato.

29In una lettera a P. E.B. Jourdain del 1917, in I. Grattan-Guiness, Dear Russell-DearJourdain, Duckworth, London, 1977, p. 143.

30Si veda G. H. Moore, Introduzione al vol. 3 di The Collected Papers of BertrandRussell (a cura di G. H. Moore), Routledge, London, 1993.

31D. Hilbert, “Uber die Grundlagen der Logik und Arithmetik”, in Verhandlungen desdritten internationalen Mathematiker-Kongresses in Heidelberg , 1904, Teubner, Leipzig,1905; trad. inglese in van Heijenoort, cit., pp. 129.38; trad. it. in Hilbert, Ricerche suifondamenti , cit. pp. 162-75.

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Al congresso internazionale dei matematici di Heidelberg Julius Konig(1849-1913) annuncia di poter dimostrare che la cardinalita del continuo nonpuo essere un aleph, e che quindi non e bene ordinabile; la emozione dell’an-nuncio si smonta subito, in un giorno, dopo avere provocato uno spaventoa Cantor, quando Zermelo si accorge che la dimostrazione era basata suuna errata interpretazione troppo generale di una uguaglianza aritmetica diBernstein32.

Konig dimostro innanzi tutto la disuguaglianza

∞∑i=0

M i ≤∞∏i=0

M i ≤ (∞∑i=0

M i)ℵ0 ,

usando l’assioma di scelta, e quindi che per una successione crescente di cardinalila prima disuguaglianza era stretta, da cui

∞∑i=0

M i < (∞∑i=0

M i)ℵ0 .

Se ora il continuo potesse essere bene ordinato, e la sua cardinalita fosse un ℵβ,considerando la successione M i = ℵβ+i si otterrebbe la disuguaglianza

ℵβ+ω < ℵℵ0β+ω.

Ma nella dissertazione di Bernstein si trovava la formula

ℵℵ0α = ℵα · 2ℵ0 ,

e da questaℵℵ0β+ω = ℵβ+ω · ℵβ = ℵβ+ω,

contraddicendo la disuguaglianza trovata.La formula di Berstein fu corretta (da Zermelo al congresso, o un mese dopo

da Hausdoff) restringendo la sua validita al caso di α non limite, svuotando cosıl’argomento di Konig.

La prima parte dell’argomento di Konig sopravvisse peraltro permettendo diottenere l’unico risultato dimostrabile nella teoria ZFC di Zermelo e Fraenkel, conassioma di scelta, sulla cardinalita del continuo, e cioe che

2ℵ0 6= ℵβ32Secondo un’altra ricostruzione dei presenti, la correzione venne piu tardi, sempre nel

1904, in un articolo di Felix Hausdorff. Si veda Ferreiros, Labyrinth, cit., p. 312.

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per ogni ordinale limite β cofinale con ω. Infatti se β e cofinale con ω, cioe il limitedi una successione crescente di tipo ω di cardinali, come sopra si ottiene ℵβ < ℵℵ0β .Ma ℵℵ0β = (2ℵ0)ℵ0 = 2ℵ0×ℵ0 = 2ℵ0 , contraddizione.

Nello stesso anno Konig pensa di dimostrare che il continuo non e un alephnon piu basandosi sulle leggi aritmetiche, ma con un argomento per assurdoche inaugura i paradossi della definibilita, ma questo e un altro capitolo33.

Due mesi dopo il congresso di Heidelberg, Zermelo manda una lettera aHilbert, da pubblicare sui Mathematische Annalen, dove dimostra il teoremadel buon ordinamento34. La dimostrazione si appoggia a una assunzioneche Zermelo dichiara essere un “principio logico”, e che diventera noto comeassioma di scelta (o anche inizialmente come postulato di Zermelo):

La precedente dimostrazione dipende dall’assunzione che in gene-rale esistano ricoprimenti γ, cioe sul principio che anche per unatotalita infinita di insiemi esistano sempre correlazioni per mezzodelle quali a ciascun insieme corrisponde uno dei suoi elementi,o formalmente, che il prodotto di una totalita infinita di insie-mi, ciascuno dei quali contiene almeno un elemento, e differenteda zero [insieme vuoto]. Invero, questo principio logico non puoessere ridotto a uno piu semplice, ma e usato inconsapevolmen-te in numerose deduzioni matematiche. Ad esempio la validitagenerale del teorema che il numero di parti in cui un insieme ediviso e minore o uguale al numero dei suoi elementi [principiodi partizione] non puo essere dimostrato altrimenti che pensandoche ciascuna delle parti in questioni venga correlata a uno deisuoi elementi35.

L’uso di un tale principio gli era stato suggerito da un altro allievo di Hilbert,Erhard Schmidt, dalle conversazioni con il quale era nata la dimostrazione.

33Nello stesso anno 1905 in cui appare il lavoro di Konig anche Jules Richardindipendentemente pubblica l’antinomia che porta il suo nome.

34E. Zermelo, “Beweis, dass jede Menge wohlgeordnet werden kann (Aus einem an HerrnHilbert gerichteten Briefe)”, Mathematische Annalen, 59 (1904), pp. 514-6; trad. inglesein van Heijenoort, cit., pp. 139-41.

35Ricordiamo che nel 1896 Burali-Forti aveva auspicato che fosse assunto come assiomail principio: “ogni famiglia non vuota di classi e equivalente a una sottoclasse dell’unione”,analogo al principio di partizione, ma dimenticando la condizione che gli insiemi siano adue a due disgiunti. Se ne accorgera Russell, che peraltro non notera lo stesso difetto inuna formulazione di Jourdain del principio moltiplicativo nel 1906 (un controesempio e1, 2, 1, 2 la cui unione e 1, 2), e anche Bernstein

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Zermelo aveva studiato la teoria sui lavori di Cantor, come si evince dallaterminologia che usa, con i ricoprimenti. La sua osservazione che “[questoprincipio] e usato inconsapevolmente in numerose deduzioni matematiche”dimostra l’attenzione e sensibilita per le dimostrazioni che si ritrovera nellaenucleazione degli assiomi.

La dimostrazione di Zermelo della esistenza di un buon ordine per un insiemearbitrario M inizia, grazie all’assioma di scelta, con l’“associare ad ogni sottoin-sieme M ′ un elemento m′1 che occorre in M ′ stesso e che puo essere chiamatol’elemento ‘distinto’ di M ′”. Da ognuno di questi ricoprimenti (funzioni di sceltaper i sottoinsiemi non vuoti di M) si deriva un buon ordine.

La dimostrazione consiste in una fusione di vari buoni ordini parziali36. Zermelointroduce i γ-insiemi, sottoinsiemi M ′ di M bene ordinati e tali che ogni b ∈ M ′sia l’elemento distinto di M \ s(b,M ′) , dove s(b,M ′) e il segmento individuato dab; esistono γ-insiemi, perche ad esempio e tale l’insieme m1 dove m1 e l’elementodistinto di M ; dati due γ-insiemi, uno e un segmento iniziale dell’altro.

Quindi Zermelo dimostra che l’insieme Lγ di tutti gli elementi di tutti i γ-insiemi e a sua volta un γ-insieme, e infine che e uguale a M (altrimenti se m′

fosse l’elemento distinto di M \Lγ , l’insieme Lγ ∪m′ sarebbe un γ-insieme e m′

dovrebbe essere in Lγ . 2

Come applicazione, Zermelo deduce che ogni cardinale e un aleph, e quindifacilmente la tricotomia e la prima dimostrazione corretta della legge prin-cipale sul prodotto, cioe che il prodotto di due cardinali infiniti e uguale almassimo dei due fattori, non solo per gli aleph.

L’assioma di scelta

Il postulato di Zermelo ha una preistoria, prima di una storia37; la preisto-ria consiste nell’uso inconsapevole di questo principio, come denunciato daZermelo, e poi nella comparsa dei primi barlumi di consapevolezza che cifosse un nuovo principio di ragionamento in gioco. Per far capire come fossepossibile che lo si usasse senza accorgersene, basta ricordare alcuni casi in cui

36Kanamori, in “Zermelo and set theory”, cit., osserva che questa e la tecnica per di-mostrare il teorema di ricorsione, e che la dimostrazione e il modello per le dimostra-zioni per ricorsione. Infatti il teorema si puo formulare in questo modo: In generale, seγ : P(M) → M , esiste un unico 〈W,≺〉 che e un buon ordine, W ⊆ M e per ogni x,x ∈M → x = γ(y ∈W | y ≺ x). Se poi γ e una funzone di scelta, allora W = M .

37Entrambe sono magistralmente raccontate in G. H. Moore, Zermelo’s Axiom of Choice.Its Origin, Development, and Influence, Springer, New York, 1982.

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e implicato lo stesso Cantor, fin dagli anni settanta, e tali che ancora oggi senon c’e una segnalazione speciale molti matematici non se ne accorgono.

Nei ragionamenti sugli insiemi numerabili, si da spesso per scontato chetali insiemi siano dati insieme a una loro corrispondenza biunivoca con ω,come da definizione; e come con gli insiemi ordinati, che sono in verita unacoppia 〈insieme, relazione d’ordine〉; ma nella definizione di numerabile bastache esista una tale corrispondenza, non c’e bisogno che sia esibita; numera-bile corrisponde, nell’analogia proposta, a ordinabile, non a ordinato. Se siassume che la corrispondenza venga in uno con l’insieme, e del tutto natu-rale fare riferimento ad essa, senza bisogno di sceglierne una nel corso delragionamento; altrimenti bisogna fissarla, se del caso; ad esempio, nella di-mostrazione che l’unione numerabile di insiemi numerabili e numerabile, sipensa di scegliere, o fissare una corrispondenza per ciascuno degli insiemi, epoi lavorando su queste se ne costruisce una per l’unione. Ci sono molti altriesempi simili: cosı nella dimostrazione che se per ogni n An e Bn sono equi-potenti e disgiunti, allora l’unione degli An e equipotente all’unione dei Bn

38;ancora, nella dimostrazione che ogni insieme infinito possiede un sottinsiemenumerabile – che si trova oltre che in Cantor nel 1895, anche in Borel nel1898 e in Russell nel 1902.

Il fatto e che Cantor non provava neanche a dimostrare queste afferma-zioni, che presentava come lemmi ovvi (con la conseguenza che quelli chelo seguivano, per i risultati interessanti l’analisi, come Borel, finiranno perusare talvolta l’assioma pur essendo, se ne fossero stati avvertiti, contrari).E in seguito, quando Cantor dara le dimostrazioni di tali lemmi, si baserasulle leggi della aritmetica cardinale, come ℵ0 · ℵ0 = ℵ0; le leggi per gli ℵnascondono l’ambiguita che per essi la scelta della corrispondenza e implicitanella ipotesi di buon ordine, mentre occorre la scelta per stabilire le stesseleggi per cardinali qualunque. Infatti Whitehead e Russell per i loro risultatidi aritmetica cardinale si accorgeranno nel 1904 di dover postulare un assio-ma moltiplicativo, per assicurarsi che il prodotto di insiemi non vuoti none vuoto39. Anche per dimostrare che la seconda classe numerica ha potenzamaggiore del numerabile Cantor usa la scelta, nel lemma che una successio-ne crescente di numeri della seconda classe e limitata superiormente da un

38Cantor lo afferma senza dimostrazione nella lettera a Dedekind del 1877 dove esponel’equipotenza tra il quadrato e il lato.

39I. Grattan-Guiness, “Bertrand Russell on his Paradox and the Multiplicative Axiom:An unpublished letter to P. Jourdain”, Journal of Philosophical Logic, 1 (1972), pp. 103-10.

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numero della seconda classe (solo nel 1915 Friedrich Hartogs dara la dimo-strazione senza scelta); per questo ricorre al risultato che l’unione numerabiledi insiemi numerabile e numerabile. Nella maggior parte dei casi, si tratta diapplicazioni dell’assioma delle scelte numerabili, cioe dell’assioma di sceltaristretto a insiemi numerabili (di insiemi qualunque, finiti o infiniti).

Si possono distinguere usi inessenziali, dove con una opportuna rifor-mulazione o modifica della dimostrazione l’appello intuitivamente comodoalle scelte puo essere evitato, da quelli essenziali; e si puo risalire anche piuindietro di Cantor.

Se gli insiemi su cui si lavora fossero o sono bene ordinati, allora la for-mulazione secondo cui si sceglie, o si individua, un elemento, per ogni n, adesempio in definizioni di successioni, non comporta di fatto l’assioma di scel-ta. Esempi del genere, fuori dalla teoria degli insiemi, si trovano in Gauss,nello studio delle congruenze, e nella formazione di classi di equivalenza, dovesi scelgono i loro rappresentanti; in Augustin Cauchy, nella sua dimostrazionedl teorema di esistenza degli zeri, dove e definita una successione di intervallisenza dare la regola per individuarli a ogni passo, come se si potesse sceglie-re arbitrariamente; ma in tale caso si potrebbe dare la regola, se si volesse.Anche Dedekind in algebra lavora su domini che sono di fatto bene ordinati,domini di polinomi di cui studia classi di congruenze modulo p, e ottiene con-clusioni che possono prescindere dall’assioma di scelta. Tuttavia alcune sueformulazioni, se trasportate a domini che non siano di polinomi o comun-que bene ordinabili, richiedono l’assioma di scelta. Dedekind ad esempiointroduce gli ideali, in campi di numeri algebrici, e prova la fattorizzazionein ideali primi; per la dimostrazione serve che ogni ideale sia incluso in unideale primo, e questo per anelli commutativi equivale all’assioma di scelta,ma Dedekind tratta solo campi bene ordinati. Anche nello studo dei modu-li definisce relazioni di equivalenza e seleziona rappresentanti dalle classi diequivalenza, come Gauss aveva fatto sugli interi.

Un altro diverso uso della scelta e dovuto a Cantor e Heine, nello studiodelle diverse nozioni di continuita, quella usuale e quella sequenziale, la cuiequivalenza e affermata e dimostrata, ma richiede l’assioma di scelta. Si notiche il teorema di Bolzano-Weierstrass, che non lo richiede se formulato inrelazione alla usuale definizione di continuita, lo richiede invece se e formulatoin termini di limiti sequenziali.

Cantor non discute l’assioma di scelta, mentre si sofferma a lungo sulprincipio del buon ordinamento, senza stabilire il collegamento.

Un caso famoso di uso inconsapevole dell’assioma di scelta e dovuto a

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Dedekind, nella sua dimostrazione della equivalenza di due definizioni diinfinito, gia discussa. Se ne accorge Bettazzi nel 1896, e Burali-Forti proponeil principio di partizione, convincendo Bettazzi.

Bettazzi aveva riconosciuto la scelta gia nel 1892 nella tentata dimostra-zione della equivalenza di un punto limite e di un punto sequenzialmentelimite. Aveva formulato il problema nel seguente modo:

Per poter formare, dato un arbitrario insieme G, un insieme con-sistente di un punto qualsiasi preso da ciascuno di infiniti deter-minati sottoinsiemi di G, occorre risolvere il seguente problema:Dato un insieme di punti, indicare una regola per mezzo della qua-le un insieme determina un punto in esso, qualsiasi sia l’insiemedato.

Bettazzi era sensibile al problema perche probabilmente era stato discussonella scuola di Peano. Peano stesso, nel 1890, era stato uno dei primi asegnalare pubblicamente il principio, contestandolo; nella sua dimostrazionedel teorema di esistenza di soluzioni per equazioni differenziali, dove definisceuna successione, che sembra richiedere infinite scelte, egli se ne accorge emodifica in modo abbastanza tortuoso la dimostrazione, al fine di evitarle:

Siccome non si puo applicare infinite volte una regola arbitrariaper mezzo della quale si assegna a una classe A un individuo diquesta classe, viene qui enunciata una regola determinata, permezzo della quale, sotto opportune ipotesi, si assegna a ciascunaclasse un elemento della classe40.

Non e ammissibile un argomento basato su infinite scelte, perche non sarebbepossibile formalizzare la dimostrazione, se uno ci provasse, in una figura finita;per Peano la scelta, singola, era formalizzata da quella che oggi chiamiamoregola della eliminazione del quantificatore esistenziale, il passaggio da “∃xϕ”a “sia c tale che ϕ(c)”.

L’assioma di scelta compare tuttavia inavvertitamente negli articoli cheRussell scrive nel 1901 e 1902 sulla rivista di Peano, che contengono diversirisultati sulle cardinalita, come nel lavoro di Whitehead del 1902 a cui colla-bora anche Russell con un paragrafo. Gli articoli di Russell sono scritti nel

40G. Peano, “Demonstration de l’integrabilite des equations differentielles ordinaires”,Mathematische Annalen, 37 (1890), pp. 182-228.

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formalismo peaniano, che rende difficile riconoscere l’uso della scelta; nellostesso tempo Russell propone in modo sperimentale diverse assunzioni comeproposizioni primitive, ad esempio che “Ogni classe infinita e l’unione di unafamiglia di classi numerabili disgiunte”. Da essa derivava diverse relazioni,come k = k + k per k infinito, e che se k e infinito k · ℵ0 = k.

A giustificazione della sua assunzione, pensava di iterare la sottrazionedi un sottoinsieme numerabile da una classe infinita, osservando che “nonsembra impossibile che si possa trovare un teorema che prova che questoprocesso puo sempre essere completato”. Probabilmente Hardy si ispiro aquesto per il suo procedimento di esaustione.

Anche nella trattazione di Whitehead la scelta era presente in modo im-plicito; Whitehead definisce Ax, se A e una classe di classi disgiunte nonvuote, come la classe di tutte le sottoclassi di

⋃A che hanno in comune un

solo elemento con ciascun elemento di A. Nei suoi calcoli e nei risultati cheottiene (ad esempio che

⋃Ax =

⋃A, che A = B se Ax = Bx, e soprat-

tutto nella introduzione e studio delle operazioni infinitarie sulle cardinalita)Whitehead da per scontato che Ax sia non vuota41.

Bernstein nelle sue ricerche usa ripetutamente e inconsapevolmente lascelta, soprattutto nella forma del principio di partizione, che ha una formu-lazione matematicamente piu tradizionale (prima di Burali-Forti era statousato anche implicitamente da Cantor negli anni ottanta). Cosı Beppo Le-vi lo riconosce nel lavoro di Bernstein, nel 1902, e ne da una formulazionecorretta, sicche il suo nome e stato talvolta erroneamente citato tra i pre-cursori dell’assioma (mentre Levi aveva perplessita sulle quali e ritornato piuvolte42).

Il principio di partizione e la prima formulazione esplicita di un principiodi scelta (a parte quello anticipato da Bettazzi); forse non a caso ad esso fariferimento Zermelo nella sua giustificazione; con esso si puo dire forse cheincomincia la storia dell’assioma di scelta, in quanto diversa dalla preistoria,a meno che non la si voglia fare incominciare da Peano, con un necrologio.

41Whitehead dimostra tra l’altro che∑a∈AB = A ·B , che

∏a∈AB = B

A.

42Si veda Lolli, L’opera logica di Beppo Levi , cit.

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Appendice 1La dimostrazione di Zermelo del 1904

Dopo aver introdotto i “γ-ricoprimenti”, per un insieme qualunque M non vuoto,aver definito i “γ-insiemi” ed aver dimostrato che ne esistono (finiti), Zermelocontinua con i seguenti punti:

“(5) Se M ′γ e M ′′γ sono due diversi γ-insiemi (associati tuttavia allo stesso rico-primento γ scelto una volta per tutte!) uno dei due e identico a un segmentodell’altro.

Infatti, sei due insiemi bene ordinati sia M ′γ quello per cui esiste una appli-cazione simile sull’altro, M ′′γ o su uno dei suoi segmenti. Allora due qua-lunque elementi che si corrispondono in questa applicazione devono essereidentici. Infatti il primo elemento di qualsiasi γ-insieme e m1 [l’elementodistinto di M ], perche il segmento associato A non contiene elementi e quin-di M \ A = M . Se ora m′ fosse il primo elemento di M ′γ che differisce dalcorrispondente elemento m′′, i segmenti associati A′ e A′′ dovrebbero essereidentici, e di conseguenza anche i complementi M \ A′ e M \ A′′, e cos’ oloro elementi distinti m′ e m′′ stessi, contrariamente all’assunzione.

(6) Conseguenze Se due γ-insiemi hanno un elemento a in comune, hanno anche incomune il segmento A degli elementi precedenti. Se essi hanno due elementia e b in comune, allora o in entrambi gli insiemi a ≺ b o in entrambi b ≺ a.

(7) Se chiamiamo γ-elemento un elemento di M che occorra in qualche γ-insieme,allora vale il seguente teorema: La totalita Lγ di tutti i γ-elementi puo essereordinata in modo che essa stessa sia un γ-insieme ed essa contiene tutti glielementi dell’insieme originario M . M e percio bene ordinato.

(I) Se a e b sono due arbitrari γ-elementi e se M ′γ e M ′′γ sono due γ-insiemi aiquali essi rispettivamente appartengono, allora per (5) il piu grande deidue insiemi contiene entrambi gli elementi e determina se la relazioned’ordine e a ≺ b o b ≺ a. In base a (6) questa relazione d’ordine eindipendente dai γ-insiemi scelti.

(II) Se a, b e c sono tre arbitrari γ-elementi e se a ≺ b e b ≺ c, allora semprea ≺ c. Infatti per (6) ogni γ-insieme che contiene c contiene anche b equindi a, e siccome e semplicemente43 ordinato, in quell’insieme a ≺ csegue in effetti da a ≺ b e b ≺ c. L’insieme Lγ e percio semplicementeordinato.

43[Diciamo ora “totalmente”.]

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(III) Se L′γ e un sottoinsieme arbitrario di Lγ e a uno dei suoi elementi, cheappartiene, poniamo, al γ-insieme Mγ , allora per (6) Mγ contiene tuttigli elementi che precedono a, quindi include il sottoinsieme L′′γ che siottiene da L′γ quando si rimuovano tutti gli elementi che seguono a;L′′γ essendo un sottoinsieme dell’insieme bene ordinato Mγ , possiedeun primo elemento che e anche il primo elemento di L′γ . Lγ e percioanche bene ordinato.

(IV) Se a e un arbitrario γ-elemento e A la totalita di tutti gli elementiprecedenti x ≺ a, allora per (6) in ogni Mγ che contiene a, A e il seg-mento associato ad a; per [la definizione di γ-insieme], di conseguenza,a e l’elemento distinto di M \A. Percio Lγ stesso e un γ-insieme.

(V) Se esistesse un elemento di M che non appartenesse a nessun γ-insieme,e quindi fosse un elemento di M \ Lγ , esisterebbe anche un elementodistinto m′1 di M \ Lγ , e l’insieme ordinato (Lγ ,m′1), in cui ogni γ-elemento precede l’elemento m′1, sarebbe esso stesso, in accordo con [ladefinizione di γ-insieme] un γ-insieme. Allora m′1 dovrebbe essere unγ-elemento, contro l’ipotesi; cosı in realta Lγ = M e quindi M stessoe un insieme bene ordinato.

Di conseguenza, a ogni ricoprimento γ corrisponde un preciso buon ordine dell’in-sieme M , anche se i buoni ordini che corrispondono a due ricoprimenti distinti nonsono sempre essi stessi distinti. Ad ogni modo deve esiste almeno un tale buonordine, e ogni insieme per cui la totalita dei sottoinsiemi, eccetera, hanno sensopuo essere considerato bene ordinato e la sua cardinalita un “aleph” . . . ”

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Appendice 2Assioma di scelta

L’enunciato dell’assioma di scelta AC e uno dei seguenti, o ancora altri che sonotutti equivalenti tra loro nella teoria di Zermelo:

1. Se a 6= ∅ e x ⊆P(a) \ ∅ e x 6= ∅ esiste c : x −→ a tale che per ogni y ∈ xc(y) ∈ y.

c si dice funzione di scelta per x, o anche per i sottoinsiemi di a se x =P(a) \ ∅.

2. Se x 6= ∅ e per ogni y ∈ x y 6= ∅ allora esiste una funzione c : x −→ ∪x talec(y) ∈ y per ogni y ∈ x (c funzione di scelta per x).

3. Se x 6= ∅ e per ogni y ∈ x y 6= ∅ e gli elementi di x sono a due a due disgiuntiallora esiste un insieme c tale che per ogni y ∈ x ∃u(c ∩ y = u).c si dice insieme di scelta per x.

4. Se x 6= ∅ e per ogni y ∈ x y 6= ∅ allora Πx 6= ∅, dove il prodotto di x, Πx,e l’insieme delle funzioni f : x −→ ∪x tali che f(y) ∈ y per ogni y ∈ x(assioma moltiplicativo).

5. Per ogni r che sia una relazione, esiste una funzione f ⊆ r con dom(f) =dom(r):

∀r(Rel(r)→ ∃f(Fn(f) ∧ f ⊆ r ∧ dom(f) = dom(r))).

L’assioma delle scelte numerabili e l’assioma di scelta con la restrizione, ad esempioin 1 o in 3, che x sia numerabile (ma non i suoi elementi; questo e un altro tipo didistinzione che da origine ad altri casi particolari). In generale se k e un numerocardinale infinito, con k-AC si indica l’assioma di scelta con la restrizione che xabbia cardinalita k.

L’assioma delle scelte dipendenti e la seguente assunzione

DC Se r e una relazione in x tale che per ogni u ∈ x esiste v ∈ x tale che〈u, v〉 ∈ r, allora esiste una successione ann∈N tale che 〈an, an+1〉 ∈ r per ognin ∈ N.

DC e conseguenza di AC ma piu debole ed e stato formulato da Paul Bernaysnel 1942. A sua volta DC implica ℵ0-AC.

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Il principio di partizione (Burali-Forti, Levi) e l’affermazione, conseguenza diAC,

Se un insieme x e ripartito in un insieme s di sottoinsiemi disgiunti44, s hacardinalita minore o uguale a quella di x.

A meno di risultati recenti, fino a poco tempo fa non si sapeva se il principiodi partizione e equivalente ad AC.

Conseguenze dell’assioma di scelta

1. Ogni insieme infinito e l’unione di un insieme di sottoinsiemi numerabilidisgiunti

2. Se k e infinito, k = 2k.

3. Se k e infinito, k = ℵ0 · k.

4. Se k e infinito e h ≤ k allora k + h = k.

5. Se Ai e equipotente a Bi e Ai ∩ Ai = Bi ∩ Bj = ∅ per ogni i, j ∈ C, allora⋃i∈C Ai e equipotente a

⋃i∈C Bi.

6.∑

a∈AB = A ·B.

7. La misura di Lebesgue e numerabilmente additiva.

8. R non e l’unione di un insieme numerable di insiemi numerabili.

9. ℵα+1 e regolare, per ogni α.

10. Il principio di partizione.

Conseguenze del principio di partizione

1. Per ogni A e funzione f , f“A ≤ A.

2. Se R e scomposto in due insiemi disgiunti, uno almeno ha cardinalita 2ℵ0 .

3. L’insieme dei sottoinsiemi numerabili di R ha cardinalita 2ℵ0 .

4. Esiste un sottoinsieme non misurabile di R.

5. Assioma delle scelte dipendenti.

44Cio significa che s ⊆P(x), e per u, v ∈ S, se u 6= v allora u ∩ v = ∅, e x = ∪s.

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Conseguenze dell’assioma delle scelte dipendenti

1. Se 〈M,<〉 non ha catene discendenti infinite, e un buon ordine.

2. Se 〈M,<〉 non ha un ultimo elemento, contiene un sottoinsieme di tipo ω.

3. Lemma di Konig.

4. Teorema di Lowenheim-Skolem.

5. In R ci sono esattamente 2ℵ0 insiemi di Borel.

6. Esiste in R un insieme misurabile secondo Lebesgue non misurabile secondoBorel.

7. Assioma delle scelte numerabili.

Conseguenze dell’assioma delle scelte numerabili

1. Ogni insieme non riflessivo e finito (equivalente a un n).

2. se a e un insieme infinito di insiemi disgiunti, ∪a e infinito.

3. L’unione di un insieme numerabile di insiemi finiti e numerabile.

4. L’unione di un insieme numerabile di insiemi numerabili e numerabile.

5. Il limite di una successione crescente numerabile di ordinali numerabile enumerabile.

6. L’unione di un insieme numerabile di insiemi ciascuno di cardinalita ℵα hacardinalita ℵα, per ogni α.

7. Se una funzione di variabile reale e sequenzialmente continua in un punto,e ivi continua.

Conseguenze matematiche dell’assioma di scelta

1. Ogni spazio vettoriale ammette una base.

2. Ogni campo ammette una chiusura algebrica, unica a meno di isomorfismi.

3. Teorema dell’ideale primo per algebre di Boole In ogni algebra di Boole ogniideale si puo estendere a un ideale primo.

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4. Teorema di rappresentazione di Stone Ogni algebra di Boole e isomorfa aun’algebra di insiemi.

5. Teorema di compattezza Ogni insieme di proposizioni ammette una interpre-tazione se e solo se ogni sottooinsieme finito ne ammette una.

6. Teorema di Han-Banach Se p e un funzionale sublineare su uno spazio vet-toriale reale E e φ e un funzionale lineare su un sottospazio V ⊆ E, eφ(x) ≤ p(x) su V , esiste ψ lineare su E che estende φ e per cui ancoraψ(x) ≤ p(x) su E.

7. Teorema di Vitali Se µ e una misura a valori positivi o nulli definita susottoinsiemi di R, invariante per traslazioni, numerabilmente additiva e taleche la misura degli intervalli e la differenza degli estremi, allora esiste unsottoinsieme di R su cui µ non e definita.

8. Paradosso di Banach-Tarski Se U e una sfera chiusa, esistono due sferechiuse U1 e U2, disgiunte, entrambe equivalenti a U per decomposizionefinita45.

Equivalenti dell’assioma di scelta

1. Principio del buon ordinamento Ogni insieme e bene ordinabile.

2. Tricotomia Per ogni a e b, o card(a) < card(b) o card(a) = card(b) ocard(b) < card(a).

3. Lemma di Zorn Se 〈a,≤〉 e un insieme parzialmente ordinato in cui ognicatena ha un maggiorante, allora esiste in a un elemento ≤-massimale.

4. Principio di Kuratowski Se a e un insieme di insiemi parzialmente ordinatoda ⊆, esiste in a un elemento ⊆-massimale.

5. Principio di Hausdorff Se r e una relazione transitiva, esiste una r-catenamassimale.

6. Lemma di Teichmuller-Tuckey Ogni in insieme a carattere finito46 contieneun elemento ⊆-massimale.

45A e B si dicono equivalenti per decomposizione finita se esistono due partizioni A =A1 ∪ . . .∪An e B = B1 ∪ . . .∪Bn tale che ogni Ai = f(Bi) dove f e un movimento rigido.

46Un insieme a ⊆ P(x) ha carattere finito se per ogni y ⊆ x, y ∈ a se e solo se ognisottoinsieme finito di t appartiene ad a.

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7. Teorema dell’ideale massimale per reticoli. Ogni reticolo con > e almeno unaltro elemento, ha un ideale massimale, e ogni ideale puo essere esteso a unideale massimale.

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Sturm und Drang

Concepts and proofs are essentially social affairs.They must be intelligible to at least two minds, or,

what is tantamount, to one person at least twice.C. Keyser

La dimostrazione di Zermelo suscita un vespaio di critiche, rifiuti, incom-prensioni, che non hanno a che fare solo con la scelta: nessun rilievo specificoe mosso alla dimostrazione in se1, ma si puo rifiutare una dimostrazione chepure passa la prova della correttezza formale. Viene rifiutata l’assunzione,sono evocate le antinomie, di nessuna delle quali sembrerebbe responsabilel’assioma di scelta, sono contrapposte concezioni degli insiemi e degli entimatematici in generale. La discussione di una dimostrazione innesca cosı ac-cese prese di posizione su cosa e e come si deve fare matematica. Il dibattitoinveste contemporaneamente tutto il mondo matematico, in particolare laGermania, la Francia e la Gran Bretagna2.

1Ad eccezione di Poincare, come vedremo.2Per gli Stati Uniti, diremo soltanto che Huntington e Veblen, informati del dibatti-

to, prendono una posizione riservata o agnostica; invece Cassius Keyser (1862-1947) (in“Some Outstanding Problems for Philosophy”, Journal of Philosophy, Psychology andScientific Methods, 2 (1905), pp. 207-13) si mostrera entusiasta del “meraviglioso carat-tere, terrificante comprensivita della proposizione di Zermelo”. Keyser e noto anche peraver sostenuto contro Russell la necessita di un assioma dell’infinito.

Non ci soffermeremo neanche sull’Olanda, dove nel 1907 Ludwig E. J. Brouwer (1881-1966) da origine all’intuizionismo nella sua tesi (L. E. J. Brouwer, Over de grondslagender wiskunde, Maas&van Suchtelen, Amsterdam, 1907; trad. inglese in Collected Works(a cura di A. Heyting), North Holland, Amsterdam, 1975, vol. 1, pp. 11-101), esprimendoun giudizio sbrigativo di futilita sul teorema del buon ordinamento, che blocchera ognidiscussione dell’assioma di scelta tra gli intuizionisti fino al 1967; allora Errett Bishop(1928-1983) esprimera l’opinione (in Foundations of Constructive Analysis, McGraw-Hill,New York, 1967, p. 9) che “una funzione di scelta esiste nella matematica costruttiva,perche una scelta e implicata dal significato stesso di esistenza”. Intendeva probabilmentela validita costruttiva di principi come

∀i ∈ I∃x ∈ HA(i, x)→ (∃f : I −→ H)∀i ∈ IA(i, f(i)),

in base al significato costruttivo degli operatori logici. Dopo questa osservazione di Bishopla scelta nelle sue varie forme e diventata un argomento importante nella matematicacostruttiva.

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Nessun altro assioma nella storia della matematica ha provocato discus-sioni tanto accese e prolungate (ancora non quietate).

La storia incomincia, a proposito delle questioni nuove e assaiastruse della teoria degli insiemi, con il famoso “assioma di scel-ta” di Zermelo [. . . ] Per parte mia [Hadamard], in quel momentoho vissuto degli straordinari ritorni a tutto quello che mi aveva-no insegnato, nella mia gioventu, di filosofia e in particolare dimetafisica [. . . ] Avevo sempre creduto, allora, che si trattassedi questioni su cui i nostri elementi di informazione erano insuf-ficienti, e soprattutto che si trattasse di questioni mal poste, opoco chiare [. . . ] E ora, ecco che una controversia proprio simi-le a una controversia metafisica nasceva tra matematici abituatia trovare senza difficolta l’accordo su quello che era ammesso equello che non lo era, abituati anche, o almeno con la pretesa diesserlo, a sapere bene se non “cio di cui parlano”, perche questola Matematica lo ignora sempre, almeno cio che essi vogliono dire[. . . ]3.

L’assioma delle parallele e stato a lungo discusso ma dal punto di vista dellasua dimostrabilita o meno dai restanti assiomi di Euclide, non dal punto divista della sua accettabilita come proposizione matematica.

Francia

Un primo episodio significativo e la discussione che si svolge tra matema-tici francesi a proposito della nozione di definibilita. Nell’assioma di sceltasi tratta di affermare esistente un insieme che non si puo “nommer”. Laquestione si collega a quella della esistenza degli insiemi, che era stata giadiscussa da Borel nel suo libro4, soprattutto in relazione al senso da dare allaesistenza del piu che numerabile. Sono queste le prime discussioni esplicitesui fondamenti, o sulla natura degli insiemi.

Il problema generale posto all’inizio del volume di Borel concerneva quan-do si debba considerare “dato” un insieme, o una corrispondenza; per Cantorla risposta era: quando l’appartenenza all’insieme e intrinsecamente deter-minata, e non solo sulla base dei mezzi che si dispone al momento, ma sulla

3J. Hadamard, Preface a F. Gonseth, Les Fondements des Mathematiques, Blanchard,Paris, 1926, p. vi.

4Borel, Lecons sur la theorie des fonctions, cit.

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base della logica; la posizione di Cantor era poi stata ripetuta da Schoenfliese da Zermelo.

Borel invece non e d’accordo: “noi diremo che un insieme e dato quan-do, con mezzi qualunque, se ne sanno determinare gli elementi, l’uno dopol’altro”. Borel pensa alle successioni: gli elementi devono essere calcola-ti esplicitamente, o magari con una legge di ricorrenza, ma bisogna saperlicalcolare. La logica di cui parla Cantor non coincide con la possibilita dicalcolare; c’e chi pensa a una dipendenza, di an da n non data da nessunalegge, ma Borel non e d’accordo in linea di principio, anche se riconosce chedal punto di vista matematico non c’e una grande differenza; ad esempioammette che esistono certi insiemi non numerabili come quelli formati daipunti di una circonferenza, e non gli sembra assurdo, anche se puo apparireingenuo, dire che questi insiemi si danno con un compasso.

Nelle note finali in appendice al libro, dedicate a problemi di fondamenti,Borel discute con cura e a lungo il problema della tricotomia e presenta ilteorema di Cantor-Schroder-Berstein; contrariamente alla opinione di Can-tor, che riporta, egli ha dei dubbi circa la confrontabilita, e quindi circa laposssibilita di trattare i cardinali come vere grandezze; ed e per questo chenon ha parlato nel libro della gerarchia delle potenze transfinite; peraltro pre-senta la dimostrazione di Cantor di come generare potenze sempre superiori– prendendo per ogni insieme infinito E l’insieme di tutti le funzioni definitesu E a valori 0 o 1– con il commento: “questo insieme e logicamente definito;ma io mi domando se ne abbiamo una qualche concezione”.

Una funzione qualunque, come potrebbe essere la piu generale funzionereale discontinua, dipende per essere fissata da una infinita piu che nume-rabile di condizioni, situazione che Borel rifiuta: “Non ci si puo servire, nelcalcolo, di una funzione che nel caso che essa sia definita per mezzo di unainfinita numerabile di elementi’. Lo stesso ovviamente per gli insiemi, ed “equesto che rende il ragionamento su questi insiemi generali cosı difficile, e tal-volta impossibile, e li rende cosı inutili allo stato attuale della scienza”. Ci sideve limitare a studiare classi di insiemi che siano determinati da una infinitanumerabile di condizioni, come gli insiemi perfetti, o gli insiemi misurabili.

Quindi Borel discute gli ordinali transfiniti di Cantor con i suoi principi digenerazione, che vorrebbero servire a garantire anche ordinali piu che nume-rabili, e li confronta con la scala delle funzioni crescenti di du Bois-Reymond;tale scala e definita dalla relazione di eventuale dominanza, secondo cui unafunzione ne maggiora un’altra se da un certo punto in poi e sempre maggioredi quella. Qui si puo dimostrare che esiste sempre una funzione che maggiora

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una infinita numerabile di funzioni crecenti, mentre i principi di generazio-ne di Cantor non sono giustificati. D’altra parte “Quale che sia il processodeterminato di formazione che si indica, dal momento che tale procedimentosara completamente esprimibile per mezzo di un numero finito di parole, tracui puo figurare la parola indefinitamente, non si otterra mai altro che uninsieme della prima potenza, se la parola indefinitamente significa: finche cisono numeri interi. E noi non abbiamo il diritto di darle un altro senso, senon abbiamo la nozione di una potenza superiore alla prima; nozione che sitratta appunto di acquisire; quindi giriamo in un cerchio”.

Un’ultima nota del libro di Borel e dedicata alla nozione di funzione,e Borel coglie l’occasione di osservare che il concetto di potenza, applicatoa insiemi di funzioni, e troppo rozzo e serve a poco, o meglio non serve afare le distinzioni fini che interessano in analisi. La nozione piu generaledi funzione, di variabile reale, e quella di funzione del tutto discontinua;Borel mette in guardia “sulla difficolta che c’e a definire un tale insieme.Date, in effetti, due funzioni discontinue . . . il problema di riconoscere se sonoidentiche o differenti presenta una difficolta tutta particolare. Non e possibile,in effetti, fissare un metodo grazie al quale, se esse sono differenti, di questosi sia assicurati dopo un numero finito di operazioni; cio ha a che fare conla non numerabilita del continuo”. E una delle prime volte che il requisitodi un numero finito di passi (su cui insisteva anche Hilbert, in relazione alledimostrazioni) viene esplicitato per il concetto di metodo effettivo.

Nello spiegare perche le cose starebbero diversamente, se le funzioni fos-sero continue, Borel da una descrizione molto corretta ante litteram di quelliche saranno detti metodi di decisione parziale, quando sara sviluppata la teo-ria della calcolabilita effettiva; egli anticipa anche le nozioni di calcolabilitasui reali. Due funzioni continue coincidono se coincidono su tutti i valorirazionali. Se non sono identiche, esiste un razionale tale che su di esso ledue funzioni sono diverse, e i loro valori incominciano a differire dopo un nu-mero m di cifre decimali dell’argomento. Se si dispongono i razionali in unasuccessione, e si calcolano i valori delle due funzioni, con n cifre esatte per l’n-esimo razionale, si arriva certamente a un n, dopo un numero finito di passi,in cui si avra la prova certa della diversita delle funzioni. Tale numero nonsara conosciuto in anticipo, e dunque “non sara possibile, da calcoli lunghiquanto si vuole, concludere sulla uguaglianza delle due funzioni. Ma se sonodifferenti, si e sicuri di accorgersene, se si ha abbastanza perseveranza”. Intermini attuali, la disuguaglianza tra due funzioni continue e ricorsivamenteenumerabile.

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Alcuni dei temi affrontati da Borel riemergono nelle cinque lettere5 che siscambiano Borel, Baire, Lebesgue e Hadamard in occasione della pubblica-zione di un commento di Borel, sollecitato da Hilbert, alla dimostrazione diZermelo6.

La critica di Borel era stata che per accettare la soluzione occorrerebbeche fosse “dato (almeno in teoria) un metodo per determinare l’elementodistinto m′ di un arbitrario sottoinsieme M ′”, altrimenti l’argomento none sostanzialmente diverso da quello che propone di fare una successione discelte arbitrarie una dopo l’altra, il che non gli sembra accettabile per unnumero piu che numerabile di volte.

Borel e Lebesgue nel loro lavoro, che aveva portato in quegli anni primaalla misura di Borel, e poi alla misura di Lebesgue7, avevano sempre accettatosenza discussione i lemmi di Cantor che, come si e detto, richiedono l’assiomadi scelta numerabile. Nel 1905 Borel cerca di giustificare le scelte numerabili,mentre rifiuta nettamente quelle piu che numerabili.

Baire e il piu radicale. Aveva definito, nella dissertazione del 1899, unagerarchia di funzioni discontinue considerate come limiti di altre funzioni.La nozione di funzione a cui si riferiva era quella classica di Dirichlet, aproposito della quale Baire ritiene che “non [sia] il caso di chiedersi come ese la corrispondenza possa essere definita in modo effettivo”. Aveva usatoripetutamente l’assioma di scelta numerabile.

Anche nei lavori successivi di topologia Baire aveva dimostrato con lascelta ad esempio che l’unione di una infinita numerabile di insiemi di primacategoria e di prima categoria, come anche il Teorema della categoria di Baire(che afferma che R e di seconda categoria). In seguito si e capito che questoteorema si puo dimostrare senza la scelta, ma Baire aveva usato l’assiomadelle scelte dipendenti.

In una lettera a Vito Volterra del 18988 aveva riflettuto ad alta voce:

Si saprebbe ottenere una funzione al di la di tutte le classi [di Bai-re] se si sapesse come ripartire il continuo in due insiemi entrambi

5“Cinq lettres sur la theorie des ensembles”, Bulletin de la Societe Mathematique deFrance, 33 (1905) pp. 261-73.

6E. Borel, “Quelques remarques sur les principes de la theorie des ensembles”,Mathematische Annalen, 60 (1905), pp. 194-5.

7H. Lebesgue, “Integrale, Longeur, Aire”, Annali di Matematica Pura e Applicata, (3)7 (1902), pp. 231-359.

8In P. Dugac, “Notes et documents sur la vie et l’oeuvre de Rene Baire”, Archive forHistory of Exact Sciences, 15 (1976), pp. 297-383.

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di seconda categoria su ogni intervallo . . . Non sono riuscito a de-finire una tale partizione. Chiaramente e una questione difficilenon solo da risolvere, ma addirittura da porre. Il significato del-la frase “definire un insieme” dovrebbe essere reso piu preciso.Tuttavia sono convinto che l’atto di imporre su un insieme lacondizione di essere definibile deve restringere considerevolmentela nozione di insieme. Tutte le difficolta nascono dal modo in cuinoi conosciamo un numero irrazionale a arbitrario . . . Non pos-siamo sperare di imparare fino a dove siamo legittimati ad usarela nozione di una funzione [reale] arbitraria?

Ora nel 1905 Baire afferma che gli ordinali infiniti da lui usati nella tesili considera solo una facon de parler ; che anche se un insieme infinito e datoe falso considerare come dati i suoi sottoinsiemi, e che quindi non ha senso ilproblema di scegliere un elemento da ciascuno di essi. Secondo lui, Zermeloha chiesto di supporre che a ogni sottoinsieme di M corrisponda un suoelemento.

Tale supposizione, concedo, non e per nulla contraddittoria. Quin-di tutto quello che prova, per quel che mi interessa, e che noi nonpercepiamo una contraddizione nel supporre che in ogni insiemeche ci e dato i suoi elementi sono posizionati tra loro nella stes-sa forma che in un insieme bene ordinato”. Per concludere chequesta e una dimostrazione, “il significato di queste parole deveessere stirato in un modo straordinario e, aggiungerei, fallace9.

Sul teorema di Zermelo, Baire si era pronunciato in una lettera inviataa Borel, dove affermava di dubitare che “si possa mai trovare una misuracomune tra il continuo [. . . ] e gli insiemi bene ordinati; per come la vedo io,ciascuna di queste due cose e definita solo virtualmente, e puo darsi che questedue potenzialita siano irriducibili”. Ora conclude con il pensiero che per fareprogressi in tali questioni si dovrebbe delimitare il dominio del definibile; ma,“nonostante le apparenze, in ultima analisi tutto dovrebbe essere ridotto alfinito”.

9A parte la terminologia, che non corrisponde per nulla alla lettera dell’esposizione diZermelo, in un certo senso e vero che, avendo Zermelo dimostrato che il teorema del buonordinamento segue dall’assioma di scelta, ha dimostrato che esso e non contraddittorio, sel’assioma di scelta lo e.

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Lebesgue appare inizialmente il piu cauto e riflessivo; si pone il problemase sia possibile dimostrare che un insieme e non vuoto senza nominare un suoelemento, e conclude di no; ammette di aver peccato, quando aveva dimostra-to che esiste un insieme non Borel-misurabile ma Lebesgue-misurabile senzaessere in grado di definirlo, ma perdona il peccatore e non il peccato, cioepreferisce dichiarare come principio che l’esistenza in matematica di dimostrasolo definendo cio che si afferma esistente. Chiede come si possa garantireche un γ-ricoprimento resta lo stesso per tutta la durata della dimostrazione(argomento curioso, ma apprezzato e rilanciato da Borel e da altri).

In un saggio scritto nel 1905 ma pubblicato solo nel 197110 Lebesguedistingue due correnti, quella degli Empiristi e quella degli Idealisti, esempli-ficando le differenze nel parlare di funzioni. Gli Empiristi accettano solo lefunzioni che possono essere definite, gli Idealisti invece anche altre, e non sipreoccupano di garantire che quando parlano di una funzione parlano sempredella stessa; si limitano a dire che pensano sempre alla stessa. Tuttavia Le-besgue e consapevole che molti colleghi sono Idealisti e che nel passato quelliche hanno voluto estendere le funzioni hanno sempre avuto ragione, per cuipotrebbe darsi che anche la proposta degli Idealisti attuali sia sensata.

Nello stesso 1905 Vitali11 mostra con l’assioma di scelta l’esistenza diun insieme non Lebesgue-misurabile. Concede a coloro che non accettanola buona ordinabilita del continuo di interpretare la sua dimostrazione solonel senso che esiste una incompatibilita tra tale buon ordinabilita e il pro-blema della misura (cioe l’esistenza di una misura numerabilmente additiva,invariante per traslazioni definita su tutti i sottoinsiemi limitati di R e cheassegna misura 1 all’intervallo unitario).

Ispirato dal lavoro di Vitali, nel 1907 Lebesgue fara vedere che una fun-zione di scelta per sottoinsiemi della retta non puo essere misurabile, e quindinon ha rappresentazione analitica12.

Lebesgue diventera con gli anni sempre piu radicale, come Baire, fino anon accettare piu neanche che un insieme infinito abbia un sottoinsieme nu-merabile come pure l’assioma di scelta numerabile, nonostante fosse diventatochiaro che era essenziale per la sua teoria della misura.

10H. Lebesgue, “A propos de quelques travaux mathematiques recents”, Enseignementmathematique, (2) 17 (1971), pp. 1-48.

11G. Vitali, Sul problema della misura dei gruppi di punti di una retta, Tip. Gamberinie Parmeggiani, Bologna, 1905.

12H. Lebesgue, “Contributions a l’etude des correspondances de M. Zermelo”, Bulletinde la Societe Mathematique de France, 35 (1907), pp. 202.12.

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Lebesgue e Borel continuarono tuttavia a usare l’assioma di scelta alme-no numerabile nel loro lavoro; ogni tanto lo ammettevano, a posteriori , masenza sentirsi incoerenti e senza mostrare di aver capito la profondita del-la presenza dell’assioma nelle loro teorie. Se non valesse l’assioma di sceltanumerabile, R potrebbe essere l’unione numerabile di insiemi numerabili; lagerarchia degli insiemi boreliani e quella delle funzioni di Baire collasserebbe-ro banalmente; la misura di Lebesgue non sarebbe numerabilmente additiva,e ogni insieme Lebesgue-misurabile sarebbe Borel-misurabile. Ma al contra-rio potrebbe esistere un boreliano del quarto livello non misurabile secondoLebesgue, e benche piu che numerabile privo di sottoinsiemi perfetti13.

Hadamard invece e su posizioni opposte; non condivide l’equiparazionefatta da Borel delle scelte di Zermelo, che sono indipendenti, con una suc-cessione di scelte ciascuna dipendente dalle precedenti; avverte che e diversodefinire dal descrivere, richiamando una distinzione di J. Tannery, e ritiene icolleghi troppo esigenti, al limite dell’incoerenza; Hadamard rinfaccia infat-ti puntualmente a Borel l’uso di nozioni generali non descrivibili anche neisuoi teoremi matematici sulla prolungabilita delle serie di potenze. Non vedealcuna differenza tra l’assioma per insiemi numerabili e quello per insiemiqualunque. Ricorda come ci sia una evoluzione degli strumenti linguistici econcettuali, e come la matematica si arricchisca proprio parlando di enti chenon sono nominabili in fasi e con tecniche precedenti.

Riassume in una nota l’“essenza del dibattito” osservando:

Dall’invenzione del calcolo infinitesimale fino a oggi, il progressoessenziale della matematica e stato dovuto alla successiva incor-porazione di nozioni che, per i Greci o i geometri del Rinascimen-to o i predecessori di Riemann erano “fuori dalla matematica”perche era impossibile descriverle.

Hadamard avverte i pericoli di un linguaggio psicologistico nell’esposizionematematica; preferirebbe dire ad esempio “e possibile un buon ordine” piut-tosto di “si puo bene ordinare”, “per paura di dover pensare chi dovrebbeessere la persona che esegue il buon ordinamento”.

Conclude prendendo atto che ci sono due diverse concezioni della mate-matica, due mentalita diverse. Ma l’osservazione non puo consistere solo nel

13Molti dei controesempi relativi alle teorie di Borel e Lebesgue, in assenza della scelta,sono stati trovati dopo la scoperta delle tecniche per le dimostrazioni di indipendenza.

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prenderne atto, sono concezioni che delimitano diversamente l’ambito dellamatematica.

A parte le interessanti differenze personali, la scuola francese – esclusoHadamard – si caratterizza per il rifiuto di andare al di la del numerabile14

e per l’insistenza sulla definibilita degli enti matematici. Nessuno sembrafare l’osservazione che se ci si restringesse rigorosamente agli enti definibilila scelta dovrebbe risultare giustificata, in quanto l’universo sarebbe beneordinato dal buon ordine delle definizioni15.

A partire dalla scelta, era stato messo in primo piano il concetto e l’esi-genza della definibilita, e il suo eventuale ruolo nella matematica. In quellostesso anno, la nozione di definibilita iniziava a mostrare tutta la sua effica-cia, e pericolosita.

Paradossi della definibilita

Nel 1905 Konig16 propone il seguente argomento: se il continuo fossebene ordinabile, considerato l’insieme dei reali finitamente definibili, che ecertamente numerabile, e il suo complemento, che e certamente non vuoto,questo dovrebbe avere un primo elemento, che risulterebbe definibile dallacondizione ora detta.

“Finitamente definibile [endlich definierbar ]” per un numero reale signifi-ca che “per mezzo di un linguaggio in grado di dare forma definita al nostropensiero scientifico, noi possiamo in un ammontare finito di tempo specifi-care una procedura (legge) che concettualmente distingue quell’elemento delcontinuo da ogni altro, o – detto altrimenti – che per un arbitrario k portaall’esistenza di uno e un solo associato numero ak”

17. Una definizione fini-ta e scritta con un numero finito di simboli del linguaggio, il cui alfabeto esupposto finito, quindi il loro insieme e numerabile.

14La tradizione continua: anche Jean Dieudonne ha affermato recentemente che solol’assioma delle scelte numerabili e necessario nella matematica (in “Mathematiques videset mathematiques significatives”, in F. Guenard e G. Lelievre (a cura di), Penser lesmathematiques, du Seuil, Paris, 1982, pp. 15-38), quando e stato proprio Bourbaki avalorizzare il lemma di Zorn.

15Una situazione analoga sara sfruttata da Godel nella sua dimostrazione della noncontraddittorieta dell’assioma di scelta per mezzo degli insiemi costruibili.

16J. Konig, “Uber die Grundlagen der Mengenlehre und das Kontinuumproblem”, Ma-thematische Annalen, 61 (1905), pp. 156-60; trad. inglese in van Heijenoort, cit., pp.145-9.

17La definizione e un misto di quelle di numero definibile e di numero calcolabile.

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Konig presenta il suo come un risultato positivo, non come un paradosso,non accettando evidentemente la dimostrazione di Zermelo. La soluzionebasata sulla eventualita che il buon ordine potrebbe esistere e non esseredefinibile non e neanche presa in considerazione.

Konig discute la ovvia generalizzazione del suo argomento a qualunqueinsieme piu che numerabile, con la conseguenza che non dovrebbero esistereinsiemi piu che numerabili bene ordinati. Ma egli sa che l’insieme dei numeridella seconda classe, cioe l’insieme degli ordinali numerabili, e bene ordinatoe ha cardinalita ℵ1.

La sua risposta consiste in una distinzione: nella definizione del continuoil concetto principale e quello di una successione arbitraria, e il continuo ela totalita [Inbegriff ] di queste, ben delimitata; nel caso degli ordinali nume-rabili, essi sono determinati da una proprieta, quella di essere buoni ordinidi un insieme numerabile, che e predominante rispetto ai singoli esempi; noine conosciamo alcuni, ma non c’e alcun criterio per generarli; e prioritaria lanozione collettiva, che potrebbe non essere un insieme completo, ma una to-talita non conclusa, senza fine. Konig propone di chiamarla percio “classe”,invece di “insieme”18.

Sempre nel 1905 Jules Richard (1862-1956), un professore di liceo che se-guiva con attenzione i progressi matematici e aveva gia al suo attivo un librosulla filosofia della matematica19, pubblica un articolo nel quale presenta ilparadosso noto con il suo nome20. L’articolo era stato scritto nelle stessesettimane di quello di Konig del 1905, ed esordisce con il perplesso riferimen-to al risultato di Konig al congresso del 1904, che non sapeva essere statocorretto, e alla opposta dimostrazione di Zermelo. Ma secondo Richard nonc’e bisogno di inoltrarsi nella teoria degli ordinali per trovare contraddizioni.

Richard immagina di ordinare in ordine lessicografico tutte le frasi dellalingua francese, cancellando quelle che non sono definizioni di numeri. Alloratutti i numeri reali, compresi tra 0 e 1, definibili con un numero finito diparole sono ordinati in un insieme numerabile bene ordinato E = p1, p2, . . .e Richard considera il numero, compreso tra 0 e 1, s = .a1a2 . . . tale che an el’n-esima cifra decimale di pn aumentata di 1 se questa non e 8 o 9, mentree 1 altrimenti. Benche s sia definito da un numero finito di parole, s non ein E, contraddizione.

18Forse e la prima comparsa di questa distinzione terminologica.19J. Richard, Sur la philosophie des mathematiques, Paris, 1903.20J. Richard, “Les principes des mathematiques et le probleme des ensembles”, Revue

generale des sciences pures et appliquees, 16 (1905), pp. 541-2.

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Richard, poco coerente, non considerava la sua una vera antinomia, mauna contraddizione apparente, tant’e che ne dava subito la via d’uscita: ladefinizione di s richiede la definizione di E, che consiste di infinite parole.In altri termini: se s fosse definibile, sarebbe un pk, ma allora al momentodi definire pk si dovrebbe menzionare E, che non e ancora stato definito; lafrase che apparentemente definisce s viene cancellata.

In seguito Richard21 cambio la sua spiegazione, sostenendo che la sua defi-nizione andava rifiutata semplicemente perche portava a una contraddizione.

Forse non voleva impegnarsi sulla predicativita. Infatti la prima spiega-zione di Richard era stata accettata e sviluppata da Henri Poincare (1854-1912)22, e in seguito da Russell, come una refutazione delle definizioni im-predicative. La successione s e definita facendo riferimento a un insieme acui essa stessa, attraverso la sua definizione, dovrebbe appartenere.

Tutti i paradossi secondo Poincare sono dovuti a un circolo vizioso, checaratterizza le definizioni non predicative.

Poincare peraltro non era contrario all’assioma di scelta.

Gli assiomi in questione [assioma di scelta e assioma moltiplica-tivo di Russell] saranno sempre proposizioni che alcuni ammet-teranno come “auto-evidenti” e che altri metteranno in dubbio.Ogni persona credera solo alla sua intuizione. Tuttavia su un pun-to tutti concorderanno: l’assioma e “auto-evidente” per le classifinite. Ma se non e dimostrabile per le classi infinite, e senza dub-bio indimostrabile anche per le classi finite, che non sono ancoradistinte dalle precedenti a questo stadio della teoria. Percio esso[assioma di scelta] e un principio sintetico a priori senza il qualela “teoria dei cardinali” sarebbe impossibile, per gli insiemi finiticome per quelli infiniti23.

Curiosa concezione del “sintetico a priori”, per una proposizione che alcuniammettono come evidente e altri no, variabile da persona a persona.

Tuttavia, benche disposto ad accettare l’assioma, Poincare rifiutava ladimostrazione del buon ordine, perche vi vedeva una mossa non predicativa:l’insieme Lγ e un γ-insieme definito come unione di i tutti i γ-insiemi.

21J. Richard, “Sur un paradoxe de la theorie des ensembles et sur l’axiome Zermelo”,L’Enseignement Mathematique, 9 (1907), pp. 94-98.

22H. Poincare, “Les mathematiques et la logique”, Revue de Metaphysique et de Morale,14 (1906), pp. 294-317.

23“Les mathematiques et la logique”, cit., p. 313.

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Per lo stesso motivo, Poincare rifiutava anche altre costruzioni, ad esem-pio la definizione di Dedekind dei numeri naturali. Egli riteneva pero chenon fosse vero che la matematica ne sarebbe uscita mutilata, in quanto con-vinto che molte dimostrazioni impredicative si potessero riformulare in modoaccettabile24.

Nel 1910 dichiarera di aver preso il termine “predicativo” da Russell, peril quale una definizione di due concetti A e A′ non e predicativa se A occorrenella definizione di A′ e viceversa25. Affermera inoltre che “un oggetto epensabile solo quando puo essere definito con un numero finito di parole”, eche l’infinito attuale non esiste26.

Richard per parte sua quando torno nel 1907 sull’argomento, piu che dellasua antinomia discusse, per rifiutarlo, l’infinito piu che numerabile: “la veramatematica, quella che ci aiuta a capire il mondo esterno, non ha nulla a chefare con insiemi piu che numerabili o con oggetti che non siano definibili conun numero finito di parole”. L’assioma di Zermelo peraltro sarebbe dimo-strabile nel caso numerabile per Richard se si ammette, assunzione che nonritiene veramente restrittiva, che ogni insieme non vuoto contenga elemen-ti definibili; questi si possono bene ordinare in base all’ordine lessicograficodelle loro definizioni.

Altre antinomie legate alla definibilita saranno elaborate in seguito; adesempio Russell citera in un suo elenco del 1908 quella suggeritagli da G. G.Berry: “il minimo numero non definibile con meno di venticinque sillabe”,che e definibile con ventiquattro sillabe.

Mentre Konig voleva dimostrare che la cardinalita del continuo non era unaleph, Berstein invece credette di dimostrare l’ipotesi del continuo, semprebasandosi sulla nozione di definibilita, in una versione piuttosto oscura, chepermetterebbe una infinita piu che numerabile di reali definibili.

Bernstein, al congresso del 1904, aveva promesso una comunicazione chenon tenne, e al cui posto pubblico una breve nota nello Jahresbericht der

24H. Poincare, “Uber transfinite Zahlen”, in Oeuvres, Gauthier-Villars, Paris, 1921-56,vol. 11, pp. 120-4; trad. inglese in Ewald, cit., vol. 2, pp. 1071-4.

25Non da un riferimento; ma Russell nel 1905 (“On Some Difficulties in the Theory ofTransfinite Numbers and Order Types”, cit.) chiama genericamente predicative le funzioniproposizionali che definiscono una classe, e non predicative quelle che non ne definisconoalcuna.

26H. Poincare, “Les mathematiques et la logique”, Revue de metaphysique et de morale,14 (1906), pp. 294-317, nelle conclusioni.

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DMV 27. In questa nota Bernstein introduce una distinzione non meglio spe-cificata tra enunciati esistenziali ed enunciati computabili ([existierende vsberechenbare Ausdrucke]). Descrive, o allude a una gerarchia di livelli di fun-zioni calcolabili, indiciata dagli ordinali numerabili, dove ogni livello e ottenu-to applicando un operatore all’insieme delle funzioni dei precedenti livelli28.Da queste schematiche indicazioni ricava questa sorprendente affermazione:la totalita delle endliche Gesetze non e numerabile, ma ha cardinalita ℵ1,quindi benche la nozione di funzione arbitraria senza legge di formazione[Bildungsgesetz ] non sia giustificata, tuttavia la cardinalita del continuo eℵ1.

Germania

Mentre i francesi, come reazione alla dimostrazione di Zermelo, iniziano adiscutere i rapporti tra esistenza e definibilita, e rifiutano in generale l’assio-ma di scelta, in Germania la risposta e diversa. Piu che l’assioma di scelta,e l’insieme W di tutti gli ordinali, come viene ora indicato, che e al centrodella discussione.

Nel volume dei Mathematische Annalen del 1905 nel quale era apparsol’intervento di Borel, che aveva dato il via alle “Cinque lettere”, comparivanoanche articoli di Konig, Jourdain, Bernstein, Schoenflies e Hamel, tutti sulladimostrazione di Zermelo. Il numero era stato curato da Hilbert, che erafavorevole alla dimostrazione di Zermelo ma voleva che passasse al vagliodegli esperti.

Konig contribuisce con l’articolo sulla definibililta gia discusso in prece-denza.

Bernstein contesta il teorema di Zermelo facendo riferimento all’antinomiadi Burali-Forti. Siccome W e bene ordinato, dovrebbe avere un ordinale βche sarebbe il massimo ordinale. Ma allora W ∪β sarebbe bene ordinale, econ ordinale β+1 > β contraddizione. Bernstein tuttavia non conclude come

27F. Bernstein, “Die Theorie der Reellen Zahlen”, Jahresbericht der deutschenMathematiker-Vereinigung , 14 (1905), pp. 447-9. Qui Bernstein annuncio anche un arti-colo che sarebbe dovuto comparire nei Mathematische Annalen ma non fu mai pubblicato.In questo periodo appare indeciso; in “Uber die Reihe der Transfiniten Ordnungszahlen”,Mathematische Annalen, 60 (1905), pp. 187-95, discute sia la possibilita che il continuonon sia bene ordinabile sia la sua collocazione nella scala degli aleph.

28Con molta buona volonta, si puo intravedere l’idea che cerco di formulare Hilbert nel1925 nel suo tentativo di dimostrare l’ipotesi del continuo, e nella quale alcuni vedono unaanticipazione della definizione degli insiemi costruibili di Godel.

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Cantor che W non e un insieme, ma che non e vero che per ogni ordinale αesiste il successore α+ 1; lo accetta solo per i segmenti di W ; W puo ancoraessere un sottoinsieme proprio di qualche altro insieme V , purche non lo siestenda con un elemento di V \W .

Date queste premesse, siccome per ogni α ℵα e la potenza di qualchesegmento di W , la cardinalita di W non puo essere un aleph, e quindi W none bene ordinabile.

Per quel che riguarda la dimostrazione di Zermelo, Bernstein ritiene cheZermelo non abbia escluso la eventualita che per qualche M l’insieme Lγ ditutti i suoi γ-insiemi sia uguale a W . Allora non si potrebbe considerare unelemento di M \ Lγ.

Anche Bernstein e sensibile alla questione della definibilita, benche dallasua terminologia non si veda. Propone di usare una nozione di “equivalenzaa piu valori” invece di quella di equivalenza. Se C e un insieme di biiezionitra A e B tra le quali nessuna e distinta, (con il che intende probabilmente“definibile”, o nominabile), un teorema che afferma che A e B sono equiva-

lenti vale solo “modulo C”, o ha “molteplicita C”. La proposta non ebbegran seguito.

In lavori successivi, nel 1908, Bernstein usera di nuovo inconsapevolmentel’assioma di scelta, ad esempio nella sua prova che esiste un insieme piu chenumerabile di reali che non ha alcun sottoinsieme perfetto.

Anche Schoenflies e convinto che il teorema del buon ordinamento siafalso, mentre crede vero quello della tricotomia (quando invece sono equi-valenti). Contro il teorema del buon ordinamento argomenta nello stessomodo di Bernstein, in riferimento all’ambiguo W . Afferma anche che per di-mostrare il teorema si dovrebbe e basterebbe dimostrare che non esiste unasuccessione strettamente decrescente di cardinali infiniti.

Nella seconda parte del suo rapporto sugli insiemi29, pubblicato nel 1908,Schoenflies ripete le critiche e propone di assumere come assioma la tricoto-mia.

L’unico intervento favorevole e quello di Georg Hamel (1877-1954), chenon solo apprezza la dimostrazione di Zermelo ma presenta nuovi risultatioriginali, ottenuti con l’assioma di scelta. Sono i primi esempi di applicazionidell’assioma di scelta nella matematica tradizionale. Per ricorsione su unbuon ordine di R, Hamel dimostra l’esistenza di una base B per R inteso

29A. Schoenflies, “Die Entwickelung der Lehre von den Punktmannigfaltigkeiten.Zweiten Teil”, Jahresbericht der deutschen Mathematiker-Vereinigung , 2 (1908), pp. 1-331.

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come uno spazio vettoriale sui numeri razionali, che in seguito sarebbe statachiamata una base di Hamel.

Zermelo congetturo subito che l’assioma di scelta fosse indispensabile,come fu in seguito provato. Hamel trovo anche nuove soluzioni, discontinue,per l’equazione funzionale di Cauchy f(x+ y) = f(x) + f(y).

Oltre agli interventi sui Mathematische Annalen, sono da considerare an-che le posizioni espresse da Hessenberg e da Hausdorff. Gerhard Hessenberg(1874-1925) voleva salvare sia la classe W sia il principio del buon ordine;afferma confusamente che se nel tentativo di ordinare un insieme M si esauri-sce W prima di aver esaurito W la parte restante dell’insieme di puo metteredavanti.

Nel 190630 Hessenberg considera una casistica di principi di scelta: (i) diun insieme non vuoto puo essere dato un elemento (concapevole che l’ele-mento non puo essere sempre definibile, ad esempio se si considera l’insiemedei reali indefinibili); (ii) da un insieme infinito si puo scegliere un insiemenumerabile; (iii) se una scelta e possibile, sono possibili ℵ0 scelte; (iv) si pos-sono fare quante scelte si vuole dipendenti; (v) l’assioma di scelta di Zermelo.Formula il teorema di Zermelo come: se e possibile distinguere un elementoda ogni sottoinsieme di M , allora M e bene ordinabile. Osserva quindi chenessuno e riuscito a farlo per i sottoinsiemi di R, e quindi il continuo non sipuo considerare bene ordinabile.

Felix Hausdorff (1868-1942) ha dato importanti contributi non solo allateoria degli insiemi, ma alla topologia (spazi di Hausdorff) e alla teoria deigruppi. Ha anche avuto una attivita letteraria con lo pseudonimo di PaulMongre, oltre a una produzione poetica e filosofica.

Rispetto all’assioma di scelta, la sua posizione e inizialmente indecisa,tanto e vero che nel 1906 per non usare il teorema del buon ordinamentoevita di usare nelle ricerche sui cardinali leggi come k = 2k per i cardinaliinfiniti. Dall’anno successivo invece si convince e da allora usa sistematica-mente l’assioma nelle sue ricerche, che lo richiedono, mentre prima anche luilo aveva usato solo implicitamente. Hausdorff studiava un ordine parzialetra le funzioni, quello della eventuale dominanza, e chiamava “pantachia” uninsieme massimale di funzioni; nel 1909 formulera quello che diventera notocome principio di massimalita di Hausdorff, e risultera equivalente alla scelta.Per studiare le pantachie introduce e indaga complicati insiemi ordinati, nelsolco delle ricerche di Cantor nei “Beitrage”, e in questo studio si appoggia

30Hessenberg, Grundbegriffe der Mengenlehre, cit.

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ripetutamente alla scelta, intenzionalmente senza piu menzionarla (ad esem-pio dimostra che ogni insieme denso M si puo scomporre in due insiemi M1

e M2 entrambi densi in M). Era insofferente contro le discussioni oziose suiprincipi e contro le restrizioni costruttiviste tipiche della scuola francese.

Hausdorff definisce il concetto di cofinalita, dimostra che ℵα+1 e regolareper ogni α; formula l’ipotesi generalizzata del continuo, introduce i numeriesorbitanti, che diventeranno i grandi cardinali (debolmente inaccessibili)31.Hausdorff proporra anche una definizione insiemistica della coppia ordinata,per la definizione delle funzioni come insiemi di coppie ordinate, che tuttavianon ebbe fortuna per la sua macchinosita e fu soppiantata poi da quella diKuratowski.

Gran Bretagna

In Inghilterra si svolge un intenso dibattito, non filosofico come quellofrancese, ma piuttosto scientifico. Russell e con lui Hardy e Whitehead nonerano mai stati convinti del teorema degli aleph. Russell aveva individuatonell’estate del 1904 quello che sara l’assioma di scelta fissando la propriaattenzione sulla proposizione che afferma che Kx 6= ∅ per ogni K insieme nonvuoto di insiemi disgiunti non vuoti. L’aveva trovata nella parte scritta daWhitehead per i Principia mathematica, con una dimostrazione della stessache era circolare perche surrettiziamente si basava – cosı percepı Russell –sulla proposizione da dimostrare.

Ma Russell era convinto di poter trovare una dimostrazione, e solo len-tamente comincio a sospettare che come minimo dovesse essere molto recon-dita. Nel 1906 presentera la proposizione sopra enunciata come “assiomamoltiplicativo”, considerandola indimostrabile, ma non evidente32.

Alla fine del 1904 e informato da Couturat prima della dimostrazione diKonig ad Heidelberg, senza precisazione della sua fallacia, piu tardi della suaconfutazione e del teorema di Zermelo. Quando legge la dimostrazione, notache l’assunzione di Zermelo e analoga alla sua proposizione su Kx – mentreZermelo aveva detto esplicitamente che erano la stessa cosa – e commentache senza di questa gran parte dell’aritmetica cardinale e impossibile; la

31I risultati sono raccolti in Grundzuge der Mengenlehre, 1914, gia citato come il primomanuale moderno di teoria degli insiemi ma che contiene anche una presentazione deglispazi topologici e metrici.

32Russell, “On Some Difficulties in the Theory of Transfinite Numbers and OrderTypes”, cit., pp. 135-64..

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dimostrazione la trova corretta e il risultato interessante, ma non se la sentedi accettare un assioma cosı complicato e dubbio33. Ora capisce anche chela dimostrazione di Hardy non e accettabile perche basata implicitamente suquesta assunzione.

Russell considera anche il caso in cui K sia una classe di classi beneordinate, ma capisce che in questo modo occorre pur sempre scegliere unbuon ordine per ogni classe.

Ripete a Couturat che non vede ragione di considerare vero l’assiomaquando questi discute della equivalenza delle definizioni di finito, che dipendedalla scelta. Couturat invece si meraviglia che Russell non trovi evidente ilprincipio, che consiste secondo lui nell’estrarre un elemento da ogni insiemenon vuoto.

Nel 1905 Russell continua la discussione soprattutto con Hardy il qualeritiene impossibile provare che la classe moltiplicativa non e vuota in gene-rale, ne nel caso particolare che gli interesserebbe; tuttavia negarlo sembraparadossale, non serve a risolvere alcun problema e invece esclude molta ma-tematica interessante. Se non porta a contraddizioni, sarebbe disposto adassumerlo. Gli pare curioso che Borel lo rifiuti ma lo usi per i suoi teoremi,e non ritiene sensata la distinzione tra il caso numerabile e quello generale.

Hardy tuttavia rifiuta la dimostrazione di Zermelo, non per la scelta maperche anche lui teme l’infiltrarsi dell’antinomia di Burali-Forti. Lo stessoaveva detto Jourdain nel suo contributo al numero speciale dei MathematischeAnnalen del 1905.

Nel 1906 Jourdain cambia idea, in seguito a scambi con Russell che glifa toccare con mano l’uso dell’assioma in alcune sue dimostrazioni. Ora ilsuo argomento a favore e che quasi tutti lo hanno usato implicitamente (luiincluso nella prova che un insieme bene ordinato non ha catene discendentiinfinite).

Couturat informa Russell della dimostrazione di Burali-Forti del teoremadi Dedekind con il principio di partizione (che Russell corregge) e gli chiede senon siano equivalenti. Pieri intanto, informato anche lui della imprecisionedi Burali-Forti, in un lavoro sui fondamenti dell’aritmetica propone comeassioma:

Se A e una classe infinita di classi non vuote, l’unione di A e infinita

33Lettera a Couturat, cit. da Grattan-Guiness, Dear Russell-Dear Jourdain, cit., pp.46-8.

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dove “infinito” significa “riflessivo”. Russell capisce che tale assunzionepermette di dimostrare senza scelta il teorema di Dedekind34.

Nel 1906 Russell prepara un manoscritto intitolato “L’assioma moltipli-cativo” nel quale studia diverse forme dell’assioma di scelta. Propone adesempio l’enunciato che ogni relazione contiene una funzione con lo stessodominio, ma non e ancora convinto che assioma di scelta e assioma moltiplica-tivo siano equivalenti. La concessione piu vicina all’accettazione dell’assiomadi scelta e nella affermazione che

Potrebbe servire un assioma generale che ci da elementi di classinel caso noi non possiamo specificarne alcun elemento. Un taleassioma potrebbe essere legittimo.

Ancora piu esplicitamente, sempre nel 190635, l’assioma di Zermelo, appli-cato alla classe totale, diventa: “esiste una funzione f ‘u tale che se u e unaqualunque classe non vuota36, f ‘u e un elemento di u”.

Con questa formulazione Russell quasi prefigura, senza svilupparne lecondizioni e conseguenze, l’operatore globale di scelta proposto da Hilbertnel 192237.

Il motivo della forte resistenza di Russell si legge forse38 in una sua de-scrizione dell’assioma come l’asserzione “che possiamo trovare qualche regolaper mezzo della quale estrarre un elemento da ciascuna delle classi esistenticontenuta [in una classe]”. Il riferimento alla regola fa sospettare che la suaconcezione delle funzioni fosse non quella delle funzioni arbitrarie ma ancoraquella delle funzioni definibili39. Anche le sue perplessita potrebbero esserelegate quindi alla definibilita.

Negli anni seguenti sia Russell sia Jourdain dedicheranno molta atten-zione a individuare i luoghi dell’uso della scelta e, in particolare Jourdain, a

34Osserva anche che e equivalente ad affermare che se un insieme e non riflessivo anchel’insieme dei suoi sottoinsiemi lo e.

35In “On some difficulties . . . ”.36Russell scrive “esistente”, secondo l’uso della scuola di Peano.37Nella conferenza “Das Auswahlaxiom in der mathematischen Logik”, incorporata in D.

Hilbert, “Die logische Grundlagen der Mathematick”, Mathematische Annalen, 88 (1923),pp. 151-65.

38Secondo Ferreiros, Labyrinth of Thought , cit.39Tuttavia anche Zermelo presentera nel 1908 la scelta parlando di una regola per asse-

gnare elementi a sottoinsiemi. L’uso della parola “regola” non deve essere inteso alla lucedelle posteriori precisazioni logiche; e spesso sinonimo di “funzione”, anche di “funzionearbitraria”, per quanto sembri incongruente.

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eliminarla quando possibile dalle dimostrazioni (teorema di Cantor-Schroder-Bernstein, ℵ0 · ℵ0 = ℵ0). Ma Russell avra sempre difficolta con l’argomento,visto che nel 191740 affermera ancora che non si puo dimostrare che di duecardinali uno deve essere maggiore dell’altro.

Russell aveva raccolto a Parigi nel 1900 l’eredita di Peano, e aveva messoa buon frutto la logica che aveva imparato, come si e visto con un intenso sepur talvolta caotico impegno creativo.

Italia

In Italia gli allievi di Peano lasciano che sia il maestro a pronunciarsie Peano interviene nel 1906 con un articolo41 nel quale prende in esamesia la scelta sia le antinomie, quelle di Burali-Forti e Russell e quella diRichard, facendo riferimento a tutti gli scritti rilevanti usciti fino al 1906.Nell’occasione discute anche il concetto di predicativita di Poincare.

Peano inizia affermando che in ogni epoca si e presentata qualche antino-mia, che dopo qualche discussione ha trovato soluzione, sempre con l’indivi-duazione di un punto dove c’era un errore di ragionamento. Cita Zenone, ag-giungendo che tutte le antinomie dipendono dalla considerazione dell’infinito,che non si puo eliminare come vorrebbero alcuni.

Al principio di Zermelo dedica ampio spazio, presentando una lezionci-na sui sillogismi e la regola di eliminazione del quantificatore esistenziale,concludendo che infinite scelte non sono esprimibili in una deduzione fini-ta. Corregge l’affermazione di Poincare che l’assioma e evidente per le classifinite, precisando che lo si puo rincondurre a sillogismi (“in sensu lato”). Ri-corda il modo come egli stesso lo ha eliminato, o ne ha fatto a meno nellasua dimostrazione del 1890, e nega che sia accettabile la dimostrazione presadal libro di Borel che ogni insieme infinito ha un sottoinsieme numerabile: laquestione resta aperta con lo stesso status della congettura di Goldbach.

Peano presenta l’antinomia di Richard in modo dettagliato e didascalico,per poter confutare le interpretazioni che non condivide. Quella risalenteallo stesso Richard e che posto E l’insieme dei numeri definiti con paroledella lingua comune, il numero che si ottiene diagonalizzando e definito conparole della lingua comune e con la lettera E, “que non habe sensu in linguacommune”. Ma siccome E e definito nella lingua comune, espandendo la

40In una nota a “Mathematics and the Metaphysicians”, cit.41G. Peano, “Additione a Super Theorema de Cantor-Bernstein”, Revista de

Mathematica, 8 (1902-6), n. 5, pp. 143-57.

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sua definizione la lettera E puo farsi scomparire. Peano lo fa con minuzia diparticolari, pensando di rappresentare ogni numero n in una base di 26 cifrecostituita dalle lettere dell’alfabeto e dalla cifra 0, e risalendo da n alla frase,se e sensata, corrispondente alla sua rappresentazione alfabetica, e quindi alnumero decimale definito dalla frase, se la frase definisce un numero decimale.Arriva a definire il numero paradossale di Richard con una formula aritmeticanella quale compare solo un termine nuovo “Valore”, dove

Valore n = numero decimale quem numero n, scripto in systemaalphabetico, defini secundo regulas de lingua commune.

Questa definizione fa riferimento alla lingua comune “et alique obscuritatepote existe in illo”. La definizione e data parte in simboli matematici eparte in parole della lingua, che e qualcosa per noi molto naturale, ma nondeterminata, e causa di ambiguita.

Per questo Peano conclude con una famosa affermazione, che “Exemplode Richard non pertine ad Mathematica sed ad Linguistica”, che non signi-fica che non sia da studiare, lui lo ha appena fatto, ma che la conclusionedell’analisi e che non vi e coinvolto alcun problema per la matematica.

Poincare sbaglia secondo Peano a denunciare un circolo vizioso nell’ar-gomento di Richard, che non c’e, ma solo il riferimento alla lingua comune,“ubi es puncto debile in argumento”.

L’idea delle definizioni impredicative e rifiutata da Peano: la matema-tica non esisterebbe se si accettassero le restrizioni richieste da Poincare,che secondo Peano troverebbe impredicative anche le definizioni di b − a,del mcm di due numeri, di

√2. D’altra parte, se con “nozione E” si inten-

de qualcosa di equivalente ad E, in ogni definizione si avrebbe il fenomenodell’impredicativita, perche il definiens deve essere equivalente al definito.

La richiesta di Poincare e quindi esagerata, ma d’altra parte neanchesufficiente. Ora Peano impartisce una lezione a Poincare sulle definizioni,secondo la teoria esposta nel Formulario. Ha gia precisato lui, meglio diPoincare, i vincoli delle definizioni. Ogni definizione deve essere della forma

x = espressione contenente solo segni che precedono x

nella costruzione ordinata e sistematica di una teoria.Poincare avrebbe solo richiesto che in ogni definizione

x = espressione contenente solo segni diversi da x

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senza escludere che nella espressione definitoria possano comparire altri sim-boli che seguono concettualmente x.

Per quel che riguarda le antinomie ultra-finite, Peano rimanda a un arti-colo di Jourdain nello stesso numero della rivista42, al quale dichiara di nonaver nulla da aggiungere.

Nel momento in cui l’argomento diventa appassionante gli italiani, cheerano stati agli inizi tra i piu pronti a individuarlo, si tirano indietro. Laposizione assunta da Peano di fronte ai nuovi problemi e quella di affermareche tutto e gia stato sistemato nel Formulario, e basterebbe adeguarsi aicanoni lı fissati senza necessita di alcuna ulteriore elaborazione.

In Italia, e da segnalare un intervento di Beppo Levi, che non apparte-neva alla scuola di Peano, pur avendo studiato a Torino, e che ha sempremanifestato una certa indipendenza. Nel 1908 Levi discute diverse antino-mie dimostrando insieme originalita e qualche ingenuita43. Levi ritiene chenon si debbano porre restrizioni alla esistenza di insiemi, e “negare il nomedi aggregato a certi gruppi, sistemi, classi – che dir si voglia” comporta solola necessita di trovare per essi un altro nome. “Quanto al dichiarare unaproposizione incapace di definire una classe, pare questa una lesione troppoforte alla logica comune”. Per quel che riguarda i concetti matematici chesi assegnano agli aggregati invece, ad esempio la cardinalita o il numero or-dinale, non e da preoccuparsi se si ottengono teoremi che stabiliscono chel’assegnazione non e sempre possibile. W sarebbe quindi un aggregato beneordinato che non ha tipo. Levi pare dunque concordare come Peano con leposizioni espresse da Jourdain44.

A proposito delle altre antinomie Levi, che e un lucido sostenitore delmetodo assiomatico, cerca di risolverle impostando assiomaticamente la loroanalisi. Per quella di Richard ad esempio conclude che l’idea dell’insieme E,che non puo essere definita e quindi va assunta come primitiva; ma risulta

42P. E. B. Jourdain, “De infinito in Mathematica”, Revista de Mathematica, 8 (1902-6),n. 5, pp. 121-36. Jourdain riassume qui le posizioni espresse nei suoi lavori del 1904 e1905, cit. Peano probabilmente concorda con l’idea che non tutti i concetti matematici siestendono a qualsiasi insieme infinito, che era il modo di Jourdain di evitare l’antinomiadi Burali-Forti.

43B. Levi, “Antinomie logiche?”, Ann. Mat. Pura Appl., (III) XV (1908), pp. 187-216,ristampato in B. Levi, Opere 1897-1926 , cit., vol. 2, pp. 629-58.

44Levi ha anche un’idea interessante ma non sviluppata, secondo la quale per trattareclassi di classi si devono mettere in opera processi di “elementazione”, cioe di loro rap-presentazione mediante elementi, che non sempre risulta possibile, e ammettendo questoscompaiono le antinomie di Russell e Cantor.

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dall’argomentazione del Richard che tale idea non essere compatibile conl’idea di ordine delle parole con le quali si denotano i numeri. Piu che laspiegazione, e interessante la riformulazione dell’antinomia, che diventa unaversione matematica di quella di Berry, con una anticipazione degli argomentidiagonali di incompletezza45.

Le risposte di Zermelo

Attraverso la carrellata proposta, abbiamo cercato di dare una impres-sione della confusione esistente nei primi del secolo, che riguarda sia i temicantoriani del buon ordine e degli aleph, che portano a considerare classi comeW e procedimenti come la iterazione di scelte, sia il nuovo tema della defini-bilita, che qualcuno con originalita, forse inconsapevole, riesce a intersecarecon i precedenti46.

Zermelo nel 1908 propone un’altra dimostrazione del teorema del buonordinamento47, sempre basata sull’assioma di scelta naturalmente, e in taleoccasione, nel §2 del lavoro, respinge le critiche alla precedente e in generalele obiezioni che erano state mosse all’assioma; e nel corso di questa polemicache mette in luce la presenza diffusa e nascosta dell’assioma in molte dellericerche correnti. Le risposte e le prese di posizione di Zermelo sono talvoltaaspre, senza peli sulla lingua, condite di ironia e sarcasmo, come si convieneal carattere decisivo delle questioni sul tappeto, che riguardano la natura eil modo di fare matematica.

Poiche le risposte di Zermelo riguardano le critiche alla sua prima dimo-strazione, e la discussione intervenuta, possiamo esaminarle prima di consi-derare la nuova dimostrazione ivi contenuta nel §1. Le risposte di Zermelosono organizzate per paragrafi dedicati.

(a) Obiezioni all’assioma di scelta

Il primo tema e quello delle obiezioni all’assioma di scelta. Borel (1905)e Peano (1906) hanno protestato che il principio e indimostrabile, ma lacritica conferma l’opinione espressa da Zermelo che il principio logico “non

45Si veda G. Lolli, “A Berry-type paradox”, in in C. Calude (ed.), Randomness andComplexity , in onore di G. Chaitin, World Scientific, 2007, pp. 155-69.

46Il tema e nuovo, perche anche se Borel e i francesi trovano anticipazioni in una tradi-zione costruttivista mai assente, nessuno mai aveva assunto il concetto di definibilita comenozione matematica, o da usare come tale in matematica.

47Zermelo, “Neuer Beweis fur die Moglichkeit einer Wohlordnung”, cit.

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puo essere ridotto a uno piu semplice”. Una dimostrazione di questo fattosarebbe anzi la benvenuta.

Tuttavia “anche in matematica l’indimostrabilita non e, come e noto,equivalente alla non validita, dal momento che, dopo tutto, non tutto edimostrabile, ma ogni dimostrazione presuppone principi non dimostrati”. Ilseguito e tutto rivolto a una polemica con Peano.

Anche il Formulario di Peano, che “e un tentativo di ridurre tutta lamatematica a ‘sillogismi’ (nel senso aristotelico-scolastico)” si appoggia aun certo numero di principi indimostrabili. Tra di essi uno e equivalenteal principio di scelta per un singolo insieme, o un numero finito di insiemi.L’assioma generale per insiemi arbitrari non si trova tra i principi di Peano,e Peano assicura che egli non e stato in grado di derivarlo. “Si limita anotare questo fatto, e con questo ha chiuso con il principio. L’idea che il suoFormulario possa essere incompleto precisamente a questo riguardo, dopotutto, si presenta spontanea, e, siccome non esistono autorita infallibili inmatematica, dobbiamo prendere in considerazione anche tale eventualita enon respingerla senza un esame obiettivo”.

Innanzi tutto, come arriva Peano ai suoi principi fondamenta-li e come giustifica egli il loro inserimento nel Formulario, dalmomento che, alla fin fine, anch’egli non li sa dimostrare? Evi-dentemente analizzando i modi di inferenza che nel corso dellastoria sono venuti a essere riconosciuti come validi e mostrandoche i principi sono intuitivamente evidenti e necessari per la scien-za – considerazioni che possono essere avanzate ugualmente benea favore del principio in questione.

Tra coloro che, in diversi settori della matematica, lo hanno usato, Zerme-lo elenca Dedekind, Cantor, F. Bernstein, Schoenflies, Konig, oltre ad altri.“Tale uso esteso puo essere spiegato solo con la sua auto-evidenza, che na-turalmente non deve essere confusa con la dimostrabilita. Non importa chetale auto-evidenza sia in certa misura soggettiva – essa e certamente unafonte necessaria dei principi matematici”, anche se non uno strumento didimostrazione. Ma la questione se il principio sia necessario per la scienzapuo essere decisa in modo oggettivo, e a tal fine Zermelo elenca una seriedi teoremi elementari e fondamentali che, secondo lui, non possono essereottenuti senza un principio di scelta.

L’elenco, insieme a cenni su dove e come compaia la scelta, comprende:

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1. Il principio di partizione, che se un insieme M e scomposto in partidisgiunte, l’insieme di tali parti e equivalente a un sottoinsieme di M48.

2. Le unioni di insiemi equivalenti sono equivalenti (se gli insiemi sonodisgiunti), essenziale per la teoria delle cardinalita.

3. Il prodotto di diverse cardinalita puo annullarsi solo se uno dei fattori siannulla. “Il teorema e semplicemente un’altra espressione del postulatodella scelta”.

4. Un insieme che non e equivalente a nessuna sua parte puo sempre essereordinato in modo tale che ogni suo sottoinsieme possiede un primo eun ultimo elemento.

“Questo teorema, sul quale si fonda la teoria degli insiemi finiti si di-mostra nel modo piu semplice per mezzo del mio teorema del buonordinamento. Dedekind (1888, §159) ha dimostrato un teorema logica-mente equivalente – che un insieme non equivalente a nessun segmentodella sua ‘successione numerica’ deve avere un sottoinsieme equivalen-te all’intera successione numerica – mediante una applicazione simul-tanea di un sistema di coppie di insiemi equivalenti, quindi usandoanch’egli il principio di scelta [come in 2 sopra]. Non conosco altredimostrazioni”49.

5. Un insieme numerabile di insiemi finiti o numerabili ha una unionenumerabile.

Su questo insieme si fonda tutta la teoria degli insiemi numerabili edella seconda classe di numeri.

6. Esiste una base per i numeri reali.

7. Esistono soluzioni discontinue dell’equazione funzionale f(x + y) =f(x) + f(y).

48In nota Zermelo ricorda come tale principio sia stato notato da Beppo Levi in unadimostrazione di Bernstein. Ricorda anche l’intervento di questi nel 1905 con la propostadi considerare equivalenze modulo la cardinalita dell’insieme delle corrispondenze, ma gliobietta che il problema e quello di sapere non quanto e grande tale insieme, ma se e vuotoo no.

49In nota, Zermelo attribuisce a Hessenberg (1906, cit.) il riconoscimento di questofatto. Non cita Bettazzi.

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Gli ultimi due risultati sono doverosamente attribuiti a Hamel (1905). Lacircostanza che nella teoria delle funzioni si possa di solito evitare il ricorsoal principio di scelta “dipende dal fatto che di norma si trattano solo insiemi‘completi’ [abgeschlossenen] per cui elementi distinti possono essere definitisenza ambiguita”, ma nella teoria delle funzioni discontinue non sempre epossibile.

Tutti questi risultati restano inaccessibili agli strumenti di Peano, e fincheil principio non sara refutato nessuno ha il diritto di impedire ai rappresen-tanti della scienza produttiva di continuare a usare tale “ipotesi”, come la sipotrebbe chiamare. Basta segnalare sempre dove si usa il principio, e delimi-tare quindi la matematica di Peano come un ramo speciale, della disciplina,una sorta di “scienza artificialmente mutilata”.

Con ironia, Zermelo suggerisce che Peano potrebbe provare a dimostrareil principio di scelta usando l’antinomia di Russell. La battuta gli serve aintrodurre l’osservazione che la teoria esposta nel Formulario, senza distin-zione di insiemi e classi, non esclude le contraddizioni. Quindi le prescrizionidi Peano di restringersi a quelli che lui considera principi accettabili, da unaparte sono troppo restrittive per lo sviluppo della scienza, e dall’altra troppovaghe per escludere contraddizioni interne.

(b) Obiezione riguardo alla definizione non predicativa

L’obiettivo polemico di questo paragrafo e esclusivamente Poincare.“La prospettiva sostenuta qui, che abbiamo a che fare con una scienza

produttiva che poggia in ultima analisi sull’intuizione, e stata sostenuta re-centemente da Poincare in una serie di saggi, in opposizione alla ‘logistica’di Peano”. Poincare rende giustizia al principio di scelta, che egli consideraun assioma indimostrabile ma indispensabile. Tuttavia

egli spinge il suo attacco cosı avanti – dal momento che i suoioppositori hanno fatto uso soprattutto della teoria degli insiemi –da identificare tutta la teoria di Cantor, questa creazione originaledi un pensiero specificamente matematico e dell’intuizione di ungenio, con la logistica che egli combatte, e a negarle ogni dirittodi esistere, senza riguardo per i suoi positivi successi, solamentesulla base delle antinomie che non sono ancora state risolte50.

50Si veda Poincare [“Les mathematiques et la logique”, 1906, cit.], p. 316: “Non esistealcun infinito attuale; i Cantoriani lo hanno dimenticato, e sono caduti in contraddizio-

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Se Poincare avesse solo voluto rivendicare la presenza di giudizi sintetici apriori nella fondazione dell’aritmetica, tra i quali soprattutto il principio diinduzione, sarebbe stato sufficiente che egli avesse attribuito tale qualita alleproposizioni fondamentali su cui poggiano le dimostrazioni insiemistiche diquesto principio. Anche i sostenitori della teoria degli insiemi lo avrebberoaccettato, trattandosi in fondo di una distinzione, quella tra “analitico” e“sintetico”, puramente filosofica e senza ricadute sulla matematica. Inveceegli si e avventurato a combattere le dimostrazioni matematiche con l’armadella logica formale, su un terreno dove i suoi oppositori sono avvantaggiati.

Per fare un esempio Zermelo ricorda la critica di Poincare alle definizio-ni non predicative, esemplificata dal suo rifiuto della teoria delle catene diDedekind e della definizione di Lγ nella sua dimostrazione del 1904.

Innanzi tutto, osserva Zermelo, le dimostrazioni che hanno questa formalogica non sono confinate alla teoria degli insiemi; lo stesso tipo di dimo-strazioni si trova in analisi tutte le volte che il massimo o il minimo di uninsieme Z “completo” [chiuso] precedentemente definito e usato per ulterioriinferenze. Succede ad esempio nella ben nota dimostrazione di Cauchy delteorema fondamentale dell’algebra, e fino ad ora a nessuno e venuto in mentedi considerarlo qualcosa di illogico.

D’altra parte, e proprio la forma di definizione detta predicativache contiene qualcosa di circolare; perche a meno che noi non ab-biamo gia la nozione, non possiamo assolutamente sapere qualioggetti potranno in futuro essere determinati da essa e sarebbe-ro percio da escludere. Naturalmente e vero che la questione seun oggetto arbitrario dato ricade sotto una definizione deve esse-re decidibile indipendentemente dalla nozione ancora da definire,per mezzo di un criterio oggettivo. Ma una volta che un tale

ne”. [La polemica di Poincare contro i logicisti, che mette in uno stesso fascio Cantore Zermelo, la pasigrafia di Peano e la teoria dei tipi di Russell, interesserebbe non solola storia della logica ma anche quella della teoria degli insiemi. Essa tuttavia e troppocomplicata per essere qui riassunta. L’essenziale e ben colto da Zermelo, come il desideriodi sostenere la presenza essenziale nella matematica dell’intuizione, che Poincare identificasuperficialmente, forse per un vezzo filosofico, con i giudizi sintetici a priori . Si puo direperaltro che l’atteggiamento di Poincare, che colpisce indiscriminatamente nel mucchio, eanche talvolta in modo incoerente (l’infinito attuale e presente ovunque in matematica,ma quando qualcuno lo mette in evidenza diventa inesistente) e un esempio significativodella reazione dei matematici di questo periodo, bersagliati dalle innumerevoli novita diquella che doveva apparire una vera e propria invasione barbarica.]

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criterio e dato, come di fatto lo e in tutti i casi individuati nel-le mie dimostrazioni, nulla puo impedire che alcuni degli oggettisussunti sotto la definizione abbiano in aggiunta una relazionespeciale con la nozione stessa definita, e cosı siano determinati dao distinti dagli altri – ad esempio una intersezione o un minimo.Dopo tutto, un oggetto non e creato attraverso una tale “deter-minazione”; al contrario, ogni oggetto puo essere determinato inuna ampia varieta di modi, e queste diverse determinazioni nonforniscono nozioni identiche ma solo equivalenti, cioe nozioni chehanno la stessa estensione.

Poincare sembra aver trascurato proprio l’esistenza di nozioni equivalenti,come gli ha rimproverato Peano, le cui obiezioni a Poincare Zermelo riportacondividendole51.

(c) Obiezioni basate sull’insieme W

Zermelo nota come i matematici impegnati nella teoria degli insiemi nonabbiano tanto fatto obiezione all’assioma si scelta, quanto piuttosto abbia-no manifestato un generale scetticismo riguardo alla teoria dei buoni ordini,a seguito dell’antinomia di Burali-Forti. Tuttavia, gia la forma elementaredell’antinomia di Russell, che Zermelo in nota dichiara di aver scoperto in-dipendentemente e di aver comunicato a Hilbert “prima del 1903”, dovrebbeconvincere che la soluzione sta in una restrizione della nozione di insieme.Per maggior sicurezza, gia nella dimostrazione del 1904 Zermelo ha evitatoogni riferimento agli ordinali e ad altre nozioni che si potessero avvicinarealle antinomie. Nella nuova dimostrazione ha evitato anche l’artificio dei li-velli dei buoni ordini, sicche lo spettro di W non ha nessuna possibilita diinsinuarsi. Quelli che lo hanno visto ad ogni modo lo hanno messo loro.

Di Konig dice che evidentemente non e lontano dalla prospettiva chepaventa W , dal momento che sostiene in scritti recenti52 che il problemadel buon ordine e aperto; tuttavia non ha esplicitamente sollevato alcunacritica alla dimostrazione. A proposito di Konig, Zermelo coglie l’occasionein una nota per rinviare a Hessenberg53 per una discussione approfondita del

51Salvo un appunto riguardante il teorema di Cantor-Schroder-Bernstein, su cuitorneremo.

52Zermelo in nota racconta l’episodio del congresso di Heidelberg del 1904, senzaattribuire a se la scoperta della lacuna.

53Hessenberg, Grundbegriffe der Mengenlehre, 1906, cit., cap. 23.

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paradosso della definibilita finita, e per discutere il concetto di “finitamentedefinibile”; si intuisce da queste osservazione come Zermelo pensasse che iparadossi della definibilita sono evitati dal suo riferimento al concetto diproprieta definita.

“Finitamente definibile” non e una nozione assoluta, ma relati-va, e dipende sempre dal linguaggio o dalle notazioni scelte. Laconclusione che [l’insieme di ] tutti gli oggetti finitamente defini-bili deve essere numerabile vale solo se un unico sistema di segnie usato per tutti, e la questione se un singolo individuo puo onon puo avere una designazione finita e in se priva di significato,perche a ogni oggetto si puo, se necessario, assegnare in modoarbitrario qualsiasi designazione.

Piu esplicitamente, Hessenberg dice quello che Zermelo lascia capire, e cioeche la definibilita non e una nozione definit , nel senso tecnico zermeliano54.Soltanto che il senso di Zermelo non e ancora tecnico, e quindi opinabile, einfatti presto si trovera il coraggio di contestare la sua autorita:

Il linguaggio [dicono] non e logicamente esatto [. . . ] il numero disillabe di una definizione non e una grandezza matematicamentesignificativa. Ma allora, viene da obiettare, si dovrebbe alme-no mostrare dove in questo caso si manifesta l’imprecisione dellinguaggio55.

Per ora Zermelo si permette una battuta, nel senso che sia il teorema delbuon ordinamento sia la sua negazione, o ogni altra proposizione, possonoessere dedotte da una nozione contraddittoria come quella di definibilita fi-nita; infatti mentre Konig voleva dimostrare che il continuo non puo esserebene ordinato, Bernstein voleva dimostrare che il continuo ha cardinalita ℵ1, equindi puo essere bene ordinato. Ovviamente nessuna delle due dimostrazionie stata pubblicata.

Jourdain sostiene di aver dimostrato per primo il teorema del buon ordi-namento, ma nei suoi lavori Zermelo non trova traccia del teorema. Jourdain

54G. Hessenberg, “Willkurliche Schopfungen des Verstanden”, Jahresbericht derdeutschen Mathematiker-Vereinigung , 17 (1908), pp. 145-234.

55P. Finsler, “Gibt es Widerspruche in der Mathematik?”, Jahresbericht der deutschenMathematiker-Vereinigung , 34 (1923), pp. 146-7.

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si limita a escludere la possibilita di cardinali maggiori di tutti gli aleph ricor-rendo all’antinomia di Burali-Forti; “assume quindi senza dimostrazione cheun insieme il cui numero cardinale non e un aleph deve avere un sottoinsiemesimile alla totalita di tutti gli aleph”. Il semplice riferimento ai metodi erisultati di Cantor e Hardy, che si riferiscono alle prime due cardinalita, nonpuo sostituire una dimostrazione.

Jourdain, affermando che solo insiemi consistenti possono possedere tipid’ordine e cardinali, sembra voler evitare le antinomie e salvare W . Ma aZermelo questo sembra un gioco di parole: tipi d’ordine e cardinali sono utilimodi di esprimersi per confrontare insiemi, e un insieme (W ) senza un tipod’ordine non ha senso. Si puo, se si vuole, ignorare arbitrariamente tutti i tipisuperiori, ad esempio alla seconda o terza classe di numeri, e cosı ottenere unW che e un insieme; ma non e piu quello che compare nelle antinomie, cioeun insieme tale che a ogni insieme bene ordinato corrisponde un elemento diW come suo tipo d’ordine.

Per quanto riguarda la dimostrazione che Jourdain contrappone a quelladi Zermelo,

la procedura che egli propone per bene ordinare un insieme ar-bitrario M e la seguente. Si prenda un elemento arbitrario comeprimo, quindi un altro, e cosı via; dopo un numero arbitrario fi-nito o infinito di elementi, si prenda come prossimo un elementoarbitrario nel resto; si continui in questo modo finche l’insiemenon e esaurito.

L’idea di una costruzione per passi non e nuova, per Zermelo; gli e statacomunicata a voce da Bernstein tempo addietro, e risale probabilmente aCantor, che tuttavia “a quanto pare aveva delle riserve ad accettarla comeuna dimostrazione”. Anche Borel presenta la stessa costruzione, solo perrifiutarla immediatamente senza giustificazioni e pensando cosı di aver ridottoall’assurdo il principio di scelta.

[Ma] non e la scelta infinitamente ripetuta che vizia questa “dimo-strazione”, bensı semplicemente il fatto che la dimostrazione nonarriva al suo scopo. Infatti se noi accettiamo il principio sopramenzionato di Peano che permette una scelta da un singolo insie-me, non c’e piu alcun limite alla sua ripetuta applicazione. Macosa provano allora tutte queste considerazioni? Evidentemente

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nulla piu che ogni sottoinsieme proprio bene ordinato M ′ di Mpuo ancora essere esteso con l’aggiunta di un arbitrario elementom′ preso dal resto; o piuttosto, questa e l’assunzione che formala base dell’intera procedura.

Se ora si potesse provare che tra i sottoinsiemi bene ordinati di M ce ne euno piu grande di tutti, nello stesso modo in cui Zermelo prova l’esistenza diun γ-insieme Lγ piu grande di tutti, allora necessariamente questo sarebbeuguale a M . Jourdain invece di dimostrare questa parte la presuppone,assumendo che se la procedura non esaurisce l’insieme allora terminerebbein un sottoinsieme simile alla totalita assoluta di tutti gli ordinali.

Zermelo dedica anche una osservazione a Hardy, in una nota, dicendoche la sua procedura soffre della stessa indefinitezza di quelle di Cantor eJourdain. Hardy da una regola, non univoca, per trovare un nuovo elementodel continuo a partire da un insieme numerabile prima costruito. Non si puodire tuttavia che cosı individui una “parte definita del continuo della secondacardinalita”.

Infine Zermelo si sofferma sull’idea di Bernstein che W , che e bene ordi-nato, non possa essere prolungabile56.

La matematica non sarebbe una scienza internazionale se le sueproposizioni non avessero un contenuto oggettivo indipendentedal linguaggio nel quale sono espresse. Nell’esame di una con-traddizione, la questione non e se una inferenza dubbia e di fattocompiuta e ufficialmente accettata, ma solo se e formalmente pos-sibile. [. . . ] La procedura seguita nella giustificazione di W difatto si riduce a questo: la contraddizione inerente nella sua de-finizione non e risolta ma semplicemente ignorata. Se in basea principi universali una assunzione A porta a due conseguenzecontrarie B e B′, allora A deve essere rigettata come insosteni-bile. Ma nel caso presente, ci si dice, e possibile optare per unadi queste conseguenze, B, proibendo l’altra, per via di qualchedecreto speciale o nascondendola con un cambiamento di nome,

56In nota, Zermelo osserva che per Jourdain l’insieme Lγ di Zermelo non e W perchee continuabile, per Bernstein non e continuabile perche simile a W . Rimanda anche aHessenberg, cit., il quale pure esamina i tentativi di Bernstein e Jourdain di “salvarel’onore dell’ingrato W”: Bernstein dimostra sulla base delle proprieta di W che ci sonoinsiemi che non possono essere bene ordinati, mentre Jourdain riesce a provare il contrario.

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affinche non porti a una contraddizione con B. Siccome tale pro-cedura sarebbe ovviamente applicabile a ogni arbitraria ipotesi A,non si sarebbe mai una contraddizione; potremmo asserire qual-siasi cosa e dimostrarne nessuna, perche insieme alla possibilitadi una contraddizione anche quella di una dimostrazione sarebbeeliminata, e non esisterebbe alcuna scienza matematica.

Se un buon ordine e prolungabile, lo e a dispetto di tutte le proibizioni. Anzi,che ogni insieme bene ordinato sia prolungabile si puo dimostrare, e Zermeloda una traccia della dimostrazione, che non ha tuttavia inserito nel lavorodel 1904, e che prova definitivamente che W non e un insieme.

Siccome “il tipo d’ordine di un insieme bene ordinato” e una nozionelogicamente ammissibile, ne segue che non e lecito trattare l’estensione diqualunque concetto come un insieme, ma bisogna restringersi a un numerodi principi ben stabiliti “principi che ci permettono di formare insiemi inizialie di derivare nuovi insiemi da quelli dati”, e cosı si evitano tutte le contrad-dizioni del genere esaminato.

(d) Obiezioni su particolari principi di generazione

Un intero paragrafo e dedicato a Schoenflies, che nel suo intervento suiMathematische Annalen del 1905 riesce a condensare tutte le confusioni checircolano relativamente al concetto di buon ordine, e forse e per questo cheZermelo lo prende in considerazione, quando lo si potrebbe anche ignorare.

Secondo Schoenflies per dimostrare il teorema del buon ordinamento oc-corre provare come condizione necessaria e sufficiente che non esiste unasuccessione di insiemi con cardinalita strettamente decrescente. Zermelo am-mette che la condizione e necessaria, ma non sufficiente, perche il problemadel buon ordine riguarda gli insiemi, non le loro cardinalita.

Schoenflies afferma che nella teoria dei buoni ordini esiste una parte gene-rale, basata sulla definizione di Cantor di buon ordine, e una parte speciale,basata su principi di generazione. Ma, osserva Zermelo, tutti i teoremi rela-tivi a una nozione dovrebbero essere dimostrabili a partire dalla definizione,e se ne esistono piu di una occorre o dimostrare la loro equivalenza, o fareuna scelta.

Zermelo avrebbe usato, secondo Schoenflies, artifici che appartengono allaparte speciale della teoria. I principi di generazione devono essere postula-ti assiomaticamente, e quindi occorre dimostrare che sono giustificati; cosı

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avrebbe fatto Cantor per i numeri della seconda classe. Zermelo invece nellasua dimostrazione avrebbe usato un nuovo principio, che non e richiesto inalcuna altra parte della teoria, che se L e bene ordinato anche (L,m) lo e57,e questo principio include tutti i possibili principi di generazione.

Zermelo ha buon gioco a osservare che le cose stanno al contrario di quan-to afferma Schoenflies, nelle singole affermazioni come nella visione globale.Cantor ha definito i numeri della seconda classe come tipi d’ordine di insieminumerabili bene ordinati, e ha dedotto tutti i teoremi da questa definizione.I principi di generazione li ha incorporati solo per distinguere diverse speciedi numeri. Il principio il cui uso e imputato da Schoenflies a Zermelo nelladimostrazione non e postulato, ma dimostrabile – e Zermelo per la precisionelo dimostra alcune righe prima. La sua costruzione poi e basata sulla fusionedi vari buoni ordini, non sull’aggiunta di un elemento. Peraltro non e veroche tale mossa non compare in nessuna altra parte della teoria, perche lasua presenza e ubiqua. Nello stesso tempo non e vero che include tutti glialtri principi, perche gia nella teoria della seconda classe di numeri occorreun principio come quello del limite per caratterizzare ordinali come ω · 2.

Schoenflies poi afferma, in modo non consequenziale, che “il concetto dellatotalita di tutti i possibili principi di generazione per insiemi bene ordinati e,a mio parere, un concetto insiemistico ben definito, come lo e il concetto degliinsiemi bene ordinati che possono essere prodotti da essi”. Zermelo osservache Bernstein aveva almeno cercato di giustificare il concetto inconsistente diW , per Schoenflies dobbiamo accettare la sua opinione: sarebbe bene definitala totalita bene ordinata Z di tutti gli insiemi bene ordinati – con una certaconfusione tra insiemi e tipi d’ordine.

Se, dice Schoenflies, supponiamo che Z sia la seconda classe di numeri,cioe che nessun insieme bene ordinato porti fuori dalla seconda classe, allo-ra (Z,m) rappresenta una nozione in se contraddittoria. Quindi, commentaZermelo, (Z,m) sarebbe il primo tipo d’ordine che non appartiene alla se-conda classe. Ma Cantor ha dimostrato che il successore non porta mai unsalto di cardinalita, mentre la seconda classe di numeri ha una cardinalitapiu che numerabile.

Alla lettura di Zermelo, Schoenflies appare invero in uno stato confu-sionale. Si propone di esaminare i teoremi sul buon ordine sulla base delleprecedenti osservazioni, ma “il metodo, come Schoenflies stesso si sforza dimostrare, non porta ad alcun risultato”.

57La notazione indica L ∪ m, con m maggiore di tutti gli elementi di L.

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Esistono sempre diversi metodi per non dimostrare un teorema,e in particolare sembrerebbe che l’uso di concetti vaghi e contrad-dittori sia particolarmente raccomandato quando si vuole evitaredi dare una dimostrazione. Ma certo non si possono refutaredimostrazioni genuine per mezzo di tali artifici.

In conclusione Zermelo riassume le obiezioni in due categorie; quelle cheriguardano l’antinomia di Burali-Forti non toccano la sua dimostrazione, doveW non e nemmeno sfiorato; quelle che riguardano l’assioma di scelta “pro-testano contro l’uso di un principio generale indimostrabile, senza riflettereche tali assiomi costituiscono la base di ogni teoria matematica e che proprioquello che io ho introdotto e indispensabile per l’estensione della disciplinaanche in altre direzioni”.

Vale la pena di avvertire che le discussioni sull’assioma di scelta nonfiniscono qui, ma continuano ancora fino ai giorni nostri; non solo ovviamentel’assioma di scelta e stato oggetto di studio logico quando si sono avute letecniche per le dimostrazioni di consistenza e indipendenza, e quando Hilbertlo ha interpretato come un operatore logico, e quando si sono considerateversioni locali e globali nelle teorie degli insiemi e delle classi, ma anche dalpunto di vista ideologico sono continuate le riserve e le opposizioni (gli eredidi Borel, come Dieudonne, in Francia, i seguaci di Peano in Italia, e cosı via).

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