La struttura dell'operazione di emissione di obbligazioni bancarie garantite

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LE OBBLIGAZIONI BANCARIE GARANTITE: LA STRUTTURA DELLOPERAZIONE Emanuela Campari Bernacchi Partner Milano – 07 marzo 2013

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LE OBBLIGAZIONI BANCARIE

GARANTITE: LA STRUTTURA

DELL’OPERAZIONE

Emanuela Campari Bernacchi

Partner

Milano – 07 marzo 2013

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1. La struttura dell’operazione: i soggetti rilevanti

Una rappresentazione stilizzata, che si concentri sugli elementi essenziali della

fattispecie e prescinda dalle pur necessarie operazioni “accessorie”, descriverebbe

l’emissione delle obbligazioni bancarie garantite come una serie di atti comportanti:

(i) la cessione di attivi di elevata qualità creditizia da parte di una banca (cedente) ad

una società veicolo (cessionaria);

(ii) la segregazione, ad opera delle società veicolo, degli attivi sub (i) in un patrimonio

separato cui si applica la speciale disciplina ex l. 130/99;

(iii) la prestazione, da parte della società cessionaria, di una garanzia a valere sugli

attivi segregati ed in favore degli investitori;

(iv) l’emissione delle obbligazioni da parte di una banca (emittente), anche diversa da

quella cedente;

(v) l’erogazione alla società cessionaria da parte di una banca (finanziatrice),

eventualmente diversa dalla cedente e dall’emittente, di un finanziamento volto a

fornire i mezzi per l’acquisto di dette attività, il cui rimborso è subordinato

all’integrale soddisfacimento dei diritti dei portatori delle obbligazioni garantite.

Come evidente, lo schema si caratterizza per l’uscita dal patrimonio della banca

(cedente) di asset creditizi, che vengono trasferiti ad un veicolo societario

appositamente costituito.

Sul piano della tecnica legislativa, la scelta di prendere in prestito la disciplina della

cartolarizzazione, per una operazione del tutto diversa per finalità e natura, è

essenzialmente volta ad estendere alle obbligazioni bancarie garantite le speciali

disposizioni in materia di separazione patrimoniale in essa previste.

Da notare è la “flessibilità” strutturale della fattispecie così come delineata dal nostro

legislatore. Si potrebbe infatti avere (i) un’emissione di obbligazioni bancarie garantite

in cui la banca emittente svolga al contempo il ruolo di banca cedente, nonché di

finanziatrice della società veicolo per l’acquisto degli asset, ovvero (ii) un’emissione che

veda l’intervento di tre diversi operatori, ciascuno dei quali giochi uno dei predetti ruoli.

Nulla toglie inoltre, ed è anzi altamente probabile, che (iii) la cessione degli asset alla

società veicolo avvenga ad opera di più istituti di credito. La flessibilità consentita dalla

legge rende dunque possibile un’ampia varietà di combinazioni e di schemi operativi.

2. La cessione dei cover asset

L’operazione di emissione delle obbligazioni bancarie garantite, di ispirazione

essenzialmente anglosassone, si caratterizza per la fuoriuscita dal patrimonio della

banca emittente degli attivi destinati a garantire i diritti degli obbligazionisti. L’art. 7-

bis, c. 1, l. 130/99 si riferisce, infatti, alle operazioni aventi ad oggetto “le cessioni di

crediti […] effettuate da banche” in favore della società veicolo.

Tale operazione risulta di fondamentale importanza nell’ottica della segregazione

patrimoniale dei cover asset rispetto al restante patrimonio della banca cedente, nonché

al fine di garantire ai bondholder l’impermeabilità delle obbligazioni bancarie garantite

rispetto all’eventualità di insolvenza della banca emittente.

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Vale la pena di notare che la formulazione normativa sembra contemplare l’ipotesi che i

cover asset trasferiti al veicolo societario a copertura dell’emissione non appartengano

alla banca emittente. La norma citata, infatti, si riferisce genericamente alle cessioni

“effettuate da banche”; a ragion veduta, quindi, ben potrebbe darsi che soggetti diversi

dall’emittente partecipino all’operazione in qualità di cedenti gli attivi in garanzia, a

condizione che (i) si tratti di intermediari bancari1 e (ii) abbiano i requisiti richiesti dalla

legge2 per la realizzazione di cessioni nell’ambito di operazioni di emissione di covered

bond.

In base a quanto stabilito dall’art. 7-bis, c. 1, l. 130/99, inoltre, dette operazioni di

cessione possono interessare le tre categorie di attività seguenti: (i) crediti fondiari e

ipotecari, (ii) crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni o garantiti dalle

medesime e (iii) titoli emessi nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione aventi ad

oggetto crediti della medesima natura. Individuate tali macro-categorie di attività

cedibili, il legislatore ha delegato al regolamento adottato dal Ministro dell’Economia e

delle Finanze (adottato con d.m. 14 dicembre 2006, n. 310, di seguito il

“Regolamento”) non solo la loro specificazione tecnica, ma anche il rapporto massimo

che deve sussistere tra le obbligazioni garantite e gli asset ceduti a copertura, nonché la

definizione delle tipologie di attività idonee ad essere utilizzate ad integrazione del cover

pool.

Il primo aspetto così disciplinato attiene alla definizione delle tipologie di attività

riconducibili nell’alveo delle categorie idonee alla cessione in base alla richiamata

disposizione normativa. Tale disciplina risulta interamente riportata nell’art. 2 (attività

cedibili) del Regolamento.

Quanto alla prima categoria di cover asset (i “crediti fondiari ed ipotecari”),

occorre anzitutto rilevare che, a norma dell’art. 38 TUB, si intende per “credito

fondiario” quello avente per oggetto “la concessione, da parte di banche, di

finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili”.

Il credito fondiario è, dunque, per definizione, un credito ipotecario. Ora, la circostanza

che la lettera dell’art. 7-bis l. 130/99 si riferisca a crediti fondiari ed ipotecari, quasi ad

identificare due diverse categorie di attivi, dovrebbe ad ogni buon conto interpretarsi

come un’endiadi utilizzata dal legislatore per richiamare l’attenzione sulla garanzia

ipotecaria, la quale del resto costituisce un aspetto fondamentale delle operazioni di

emissione di obbligazioni bancarie garantite. Tale interpretazione sembra peraltro

trovare conferma nelle disposizioni del Regolamento che si occupano di definire i

“crediti ipotecari” residenziali e commerciali, senza operare alcuna ulteriore

qualificazione. La lett. b) e c) dell’art. 1 del Regolamento definiscono, infatti, i crediti

ipotecari residenziali e commerciali come quelli “garantiti da ipoteca su immobili

destinati” ad uso abitativo, nel primo caso, ad attività commerciale o d’ufficio, nel

secondo, “a condizione che l’immobile costituito in garanzia sia situato in uno Stato

ammesso”, in entrambi i casi. Tali sono, a norma dell’art. 1, lett. e) del Regolamento, “gli

Stati appartenenti allo Spazio Economico Europeo e la Confederazione Elvetica”.

1 La disposizione normativa non pare infatti lasciare spazio a dubbi interpretativi in argomento, facendo

esplicito ed esclusivo riferimento ad atti di cessione che vedano la partecipazione di “banche” nel ruolo di parte cedente.

2 E precisamente, ci si riferisce ai requisiti imposti alle banche emittenti ed alle banche cedenti (ove diverse dalle prime) a norma del Titolo V, cap. 3, sez. II, par. 1, delle Nuove Disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche - Circolare n. 263 del 27 dicembre 2006 (8° aggiornamento del 18 novembre 2011) (di seguito, le “Disposizioni di Vigilanza”).

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I crediti ipotecari, per poter essere idonei a confluire nel cover pool, oltre a rientrare

nella definizione di cui all’art. 1 sopra esaminata, devono soddisfare i requisiti di cui

all’art. 2 citato, e segnatamente:

(i) devono avere un loan to value ratio3 non superiore all’80 per cento per i crediti

residenziali (art. 2, c. 1, lett. a) del Regolamento) ed al 60 per cento per i crediti

commerciali (art. 2, c. 1, lett. b) del Regolamento);

(ii) devono essere decorsi i termini per la revocatoria della costituzione dell’ipoteca,

ai sensi dell’art. 67 l. fall. e delle analoghe disposizioni contenute nelle leggi di

altri Stati membri (art. 2, c. 2, del Regolamento).

Con riferimento invece al requisito sub ii) (decorso dei termini per la revocatoria della

costituzione dell’ipoteca), vale la pena di ricordare come i termini per la revocatoria di

cui all’art. 67 l. fall. siano stati ridotti da un anno o due, a seconda della fattispecie, a sei

mesi od un anno, a seguito della riforma introdotta nel 20054.

La seconda ampia categoria di asset cedibili di cui il legislatore rimanda la

specificazione tecnica alla disciplina regolamentare è quella dei crediti nei confronti

delle pubbliche amministrazioni o da esse garantiti. Rilevando sostanzialmente la

qualità pubblica della controparte (in qualità di debitore ovvero garante) della posizione

creditizia, deve ritenersi che l’attività possa essere costituita, ex art. 7-bis, oltre che da

finanziamenti veri e propri erogati nei confronti della P.A. ovvero di cui la stessa si

faccia garante, anche da titoli emessi o garantiti dall’organismo pubblico. In questo caso,

si darebbe luogo ad un’operazione analoga a quella avente ad oggetto la cessione di titoli

da cartolarizzazione rientranti nella terza categoria di asset cedibili.

Sulla scorta di tale interpretazione, il Regolamento equipara infatti ai “crediti” erogati

nei confronti di – o garantiti da – amministrazioni pubbliche i “titoli” emessi o garantiti

nei medesimi termini5. Ai fini dell’idoneità ad essere oggetto di cessione nell’ambito di

operazioni di emissione di obbligazioni bancarie garantite, gli asset predetti devono

avere requisiti differenti a seconda che il credito sia vantato nei confronti di

amministrazioni pubbliche di Stati ammessi ovvero di Stati non ammessi. Si richiede

infatti che la prima tipologia di crediti sia soggetta ad un risk weighting (metodo

standardizzato) non superiore al 20 per cento (art. 2, c. 1, lett. c), n. 1, del Regolamento),

e non superiore allo 0 per cento per la seconda tipologia (art. 2, c. 1, lett c), n. 2, del

Regolamento). Inoltre solo per i crediti nei confronti di Stati non ammessi è previsto un

limite alla cedibilità pari al 10 per cento del valore nominale complessivo dei cover

asset6.

Ultima categoria di eligible collateral che il Regolamento si preoccupa di definire è

quella dei titoli da cartolarizzazione che abbiano ad oggetto le tipologie di asset sopra

menzionate. E’ così previsto che (i) i titoli predetti abbiano ad oggetto i crediti rientranti

nelle altre due categorie di attivi idonei (crediti ipotecari ovvero nei confronti di – o

garantiti da – pubbliche amministrazioni), come specificate dalla disciplina

regolamentare, “in misura non inferiore al 95 per cento” (art. 2, c. 1, lett. d), n. 1, del

3 Rapporto tra ammontare del credito e valore stimato del bene immobile oggetto della garanzia.

4 E precisamente, con d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in l. 14 maggio 2005, n. 80.

5 Cfr. art. 2 (attività cedibili), c. 1, lett. c) del Regolamento.

6 Cfr. art. 2, c. 1, lett c), n. 1, ult. per., del Regolamento.

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Regolamento) e (ii) siano soggetti ad un risk weighting (metodo standardizzato) non

superiore al 20 per cento.

In conformità alla delega legislativa di cui all’art. 7-bis, c. 1, l. 130/99, l’ultimo comma

dell’art. 2 del Regolamento definisce le attività idonee ad integrare il cover pool nei

limiti delle finalità stabilite dalla Banca d’Italia (rispetto del livello minimo di

collateralization, mantenimento del livello di over-collateralizzazione eventualmente

previsto e rispetto del limite del 15 per cento per le liquidità presenti nel cover pool).

In base a quanto previsto dall’art. 2, c. 3, del Regolamento, sembrano potersi enucleare

due fondamentali categorie di asset idonei all’integrazione: gli attivi idonei “ulteriori”

(art. 2, c. 3, n. 1) e gli attivi idonei “integrativi” (art. 2, c. 3, nn. 2 e 3). Nella prima

categoria rientrerebbero quegli asset che avrebbero già potuto formare oggetto di

cessione ab initio. Diversamente, gli attivi idonei integrativi consistono in attività

(depositi e titoli di debito bancari) che non avrebbero potuto formare oggetto di cessione

originariamente, ma esclusivamente nel corso della vita del programma ai fini

dell’integrazione del cover pool e “nei limiti del 15 per cento del valore nominale delle

attività facenti parte del patrimonio separato” (art. 2, c. 3, n. 4).

3. Casi e modalità di integrazione e sostituzione del cover pool

Verso una maggiore ed effettiva protezione degli obbligazionisti garantiti muovono

quelle Disposizioni di Vigilanza che, conformemente a quanto previsto dall’art. 7-bis,

comma 6, l. 130/99, individuano (oltre alle modalità) i casi in cui è consentita – durante

la vita del programma di emissione e successivamente alla cessione iniziale –

l’integrazione7 del cover pool con asset della stessa specie ovvero integrativi (depositi o

titoli bancari8).

In particolare, l’integrazione è ammessa “esclusivamente al fine di mantenere il

rapporto tra le obbligazioni bancarie garantite e le attività cedute nel limite massimo

fissato dal regolamento ovvero in quello stabilito in via contrattuale, nel caso di

overcollateralization”9. Viene così in rilievo l’art. 3 del Regolamento, a norma del quale

il valore delle attività a copertura dell’emissione deve essere costantemente, nel corso

della vita del programma, almeno pari al valore10 delle obbligazioni bancarie garantite in

circolazione.

In argomento, vale la pena di soffermare l’attenzione su una serie di considerazioni. In

primo luogo, si noti come la fattispecie “integrazione” sembrerebbe dunque presupporre

una svalutazione medio tempore (ossia, nel corso della vita del programma) dei cover

asset tale da ridurre il livello di collateralizzazione delle obbligazioni al di sotto di quello

previsto nel programma o comunque imposto in via regolamentare.

7 V. par. 3 (modalità di integrazione degli attivi ceduti), Sezione II, delle Disposizioni di Vigilanza.

8 In particolare, ai sensi dell’art. 2, comma 4, del Regolamento, l’integrazione con attivi idonei integrativi è consentita entro il limite specifico del 15% del valore delle attività presenti nel patrimonio separato della società cessionaria.

9 In terzo luogo, ai sensi della citata disposizione, l’integrazione può altresì avvenire al fine di rientrare nel limite del 15% per gli attivi idonei integrativi presenti nel patrimonio separato (stabilito dall’art. 2, comma 4, del Regolamento).

10 In entrambi i casi, il termine generico “valore” comprende sia il valore nominale, sia il valore attuale netto delle obbligazioni e degli asset ed è altresì comprensivo del valore dei rendimenti delle obbligazioni in circolazione e dei flussi finanziari generati dagli asset a copertura.

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In secondo luogo, si rileva come i limiti alla cedibilità – di cui al Titolo V, cap. 3, sez. II,

par. 2 delle Disposizioni di Vigilanza – sembrerebbero non applicabili alle cessioni

effettuate in sede di integrazione. Da ciò potrebbe allora desumersi che, nel caso di

specie, l’Autorità di Vigilanza abbia ritenuto preminente l’esigenza di garantire il

mantenimento del livello di protezione iniziale degli obbligazionisti durante la vita del

programma di emissione, rispetto a quella di tutelare gli investitori non garantiti della

banca emittente. Un ruolo fondamentale nel predetto trade-off potrebbe essere stato

giocato dalla rilevanza generalmente attribuita alla protezione degli obbligazionisti, nel

corso del programma, ai fini dell’attribuzione del massimo giudizio di rating agli

strumenti considerati.

Occorre poi distinguere l’ipotesi di integrazione degli attivi ceduti da quella della loro

“sostituzione” con altri eligible asset. Un aspetto caratterizzante gli strumenti di tipo

covered bond rispetto alle asset-backed securities, è infatti rappresentato dalla

dinamicità del portafoglio a copertura dell’emissione, i cui attivi sono sostituibili con

altri asset parimenti idonei. Si è posta, in passato, la questione se – e, nel caso, a quali

condizioni – la “sostituzione” dei cover asset fosse altresì ammissibile nell’ambito delle

obbligazioni bancarie garantite, non rinvenendosi inizialmente sul punto alcuna

esplicita disposizione legislativa o regolamentare. L’Autorità di Vigilanza, a seguito di

espresse richieste avanzate dagli operatori di mercato, ha risolto positivamente la

questione, aggiungendo al Titolo V, cap. 3, sez. II, par. 3 delle Disposizioni di Vigilanza

un nuovo paragrafo rispetto alla precedente formulazione del 2007, in base al quale

viene ora espressamente consentita la sostituibilità degli attivi idonei con altri attivi

della stessa specie originati dalla banca cedente “purché tale facoltà sia espressamente

prevista nel programma e nel prospetto di emissione, che in tal caso individuano i casi

in cui la sostituzione è ammessa, assicurano adeguata informativa al mercato, se del

caso prevedono congrui limiti quantitativi alla sostituzione”. E’ evidente come

l’Autorità di Vigilanza, nell’adottare tale soluzione, abbia sostanzialmente applicato al

caso in esame la norma di cui all’art. 2, comma 3, lett. d) della legge 130/99 (non

espressamente richiamata dall’art. 7-bis della legge medesima), secondo la quale, in una

cartolarizzazione dei crediti, la società veicolo può cedere i crediti inclusi nel patrimonio

separato, solo in presenza di determinate condizioni stabilite nel prospetto informativo

e a vantaggio dei portatori delle stesse.

Da un punto di vista contrattuale, secondo la migliore prassi di mercato, la società

veicolo reperirà le risorse finanziarie eventualmente necessarie per realizzare

l’integrazione del cover pool dal finanziamento subordinato che la società cedente si

impegnerà ad erogare per tutta la durata dell’operazione anche per tali finalità.

4. Il livello minimo di collateralization: il c.d. “Mandatory Test”

Del rapporto massimo tra le obbligazioni bancarie garantite e le attività cedute a

copertura dell’emissione si occupa l’art. 3 del Regolamento. Diversamente da ciò che

accade nelle operazioni di cartolarizzazione dei crediti11, quindi, nel caso dei covered

11 Nella cartolarizzazione dei crediti, infatti, la legge non prevede obbligatoriamente un meccanismo

volto a garantite che il valore dei titoli emessi non sia inferiore a quello delle attività cedute facenti parte del patrimonio separato. L’unica forma di tutela in questo senso è data dall’art. 2, c.4, l. 130/99 che prevede che i titoli da cartolarizzazione, ove offerti ad investitori non professionali, siano sottoposti a valutazione ad opera delle agenzie di rating. In ragione di ciò, ed al fine di ottenere un giudizio di rating più elevato, la prassi ha sviluppato forme di credit enhancement di tipo contrattuale,

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bond la legge definisce un livello minimo di collateralizzazione dei titoli oggetto di

emissione. Si tratta di una garanzia, di certo, ulteriore rispetto a quella della

segregazione patrimoniale, ma, per altro verso, volta a corroborare quest’ultima di un

effettivo contenuto economico.

In tale direzione, l’art. 3 citato prevede che “la banca cedente e la banca emittente –

evidentemente, ove diversa dalla prima – devono assicurare in via continuativa, per

l’intera durata dell’operazione” un rapporto di parità tra le obbligazioni bancarie

garantite ed i cover asset, imponendo il rispetto congiunto di tre soglie minime di

eguaglianza (l’insieme delle quali costituiscono il c.d. “Mandatory Test”).

La prima soglia si riferisce al rapporto tra il “valore nominale complessivo delle attività

incluse nel patrimonio separato” ed il “valore nominale delle obbligazioni bancarie

garantite in essere”, prescrivendo che sia almeno paritario (art. 3, c. 1, n. 1, del

Regolamento). Essendo calcolato su valori nominali e lordi, tale parametro assumerà

valore più che altro al momento dell’emissione, fornendo alla banca originator la

misura dell’ammontare massimo dell’emissione, che quindi non potrà essere superiore

al valore nominale dei crediti oggetto di cessione. Qualora, in qualsiasi momento, il

valore dei titoli dovesse eccedere quello dei cover asset, questi ultimi dovranno essere

reintegrati ex lege.

La formulazione equivoca della norma regolamentare pone tuttavia una questione

interpretativa rispetto al soggetto tenuto alla reintegrazione, nel caso in cui la banca

cedente non coincida con la banca emittente. L’obbligo di reintegrazione dovrebbe in

ogni caso incombere sulla banca emittente, per un duplice ordine di ragioni. In primo

luogo, da un punto di vista strettamente giuridico, trattandosi di un’esposizione

debitoria della banca emittente, in assenza di diverse pattuizioni contrattuali, è su di

essa che dovrebbero ricadere gli obblighi di controllo circa il merito creditizio dei propri

titoli di debito; secondariamente, sembrerebbe per altro verso arduo sostenere che la

banca cedente sia tenuta ad effettuare il reintegro degli asset, ove la stessa (a) sia

diversa dalla banca emittente, (b) non appartenga al medesimo gruppo bancario e (c) sia

(come presumibile) del tutto estranea all’operazione di emissione.

Passando ora al secondo parametro su cui calcolare la collateralizzazione minima, l’art.

3, c. 1, n. 2 del Regolamento si riferisce in questo caso al rapporto tra il “valore attuale

netto delle attività incluse nel patrimonio separato” ed il “valore attuale netto delle

obbligazioni bancarie garantite in essere”, prescrivendo (anche qui) che sia in ogni

momento almeno paritario. La ratio di questo secondo parametro è facilmente intuibile:

una volta ceduti gli attivi ed effettuata l’emissione, non ha più senso confrontare i valori

nominali, dovendosi invece considerare i valori attuali ed al netto dei costi

dell’operazione.

L’ultima soglia di riferimento attiene a “gli interessi e gli altri proventi generati dagli

attivi inclusi nel patrimonio separato, al netto dei costi della società cessionaria” i

quali devono essere costantemente almeno pari agli “interessi ed i costi dovuti, dalla

banca emittente, sulle obbligazioni bancarie garantite, tenuto conto degli eventuali

contratti derivati di copertura del rischio stipulati in relazione all’operazione” (art. 3,

con cui il cedente od un soggetto terzo si obbligano a sostenere la qualità creditizia dell’operazione al verificarsi di un peggioramento della qualità degli asset ceduti.

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c.1, n. 3, del Regolamento)12. Per comprendere la portata del secondo termine di

riferimento, vale la pena di ricordare che il patrimonio segregato presso la società

veicolo, a norma dell’art. 7-bis, c. 2, l. 130/99, è destinato a soddisfare, in via paritaria ai

diritti degli obbligazionisti garantiti, anche i diritti “delle controparti di contratti con

finalità di copertura dei rischi insiti nei crediti e nei titoli ceduti e degli altri contratti

accessori”, nonché il “pagamento degli altri costi dell’operazione”.

Vale, in ultimo, la pena di osservare che il richiamo agli “altri proventi” generati dai

cover asset di cui all’art. 3, c. 1, n. 3 citato, sembrerebbe consentire alla banca emittente

di far fronte al flusso di interessi e costi delle obbligazioni bancarie garantite non solo

con gli interessi dei crediti ceduti, ma anche con la quote capitali degli stessi già oggetto

di rimborso da parte dei debitori ceduti.

5. Il finanziamento subordinato

L’art. 7-bis, c. 1, l. 130/99 prevede che l’acquisto da parte della società veicolo dei crediti

e dei titoli destinati a garantire i portatori delle obbligazioni bancarie garantite avvenga

“mediante l’assunzione di finanziamenti concessi o garantiti anche dalle banche

cedenti”. E’ evidente, d’altro canto, che la società cessionaria, costituita ed unicamente

finalizzata alla realizzazione di operazioni di emissione di covered bond, non sarà

tendenzialmente dotata di mezzi propri che le consentano di realizzare altrimenti

l’acquisizione del cover pool, non essendo tra l’altro essa stessa emittente come nel caso

di cartolarizzazioni di crediti standard13.

Non sembrano esservi ostacoli a che il finanziamento sia concesso (o garantito) dalla

banca cedente, ovvero da una o più delle banche cedenti eventualmente partecipanti

all’operazione, ovvero dalla banca emittente, ma soprattutto, stando alla lettera della

norma, non sembrerebbero esservi preclusioni alla eventualità che il finanziamento sia

concesso da uno o più intermediari bancari del tutto estranei all’operazione.

Secondo la migliore prassi di mercato, il contratto di finanziamento viene predisposto in

modo tale da consentire alla società veicolo di reperire le risorse finanziarie necessarie

non solo per l’acquisto dei portafogli di attivi finalizzati a “collateralizzare” l’emissione

di covered bond, ma anche per consentire l’integrazione del cover pool (ove necessaria)

per tutta la durata dell’operazione; per tali ragioni, la struttura del finanziamento

prevede spesso più tranche per le diverse finalità strutturali dell’operazione, aventi una

disciplina contrattuale non del tutto speculare.

Il secondo comma dell’art. 7-bis prevede poi che gli asset ceduti e le somme corrisposte

dai relativi debitori siano destinati al soddisfacimento dei diritti degli obbligazionisti ed

al pagamento degli altri costi dell’operazione “in via prioritaria rispetto al rimborso dei

finanziamenti” concessi alla società veicolo. Viene così prevista una subordinazione ex

lege del finanziamento rispetto ai crediti degli obbligazionisti garantiti e delle

12 La disposizione va correlata a quanto previsto dal penultimo paragrafo del par. 5, Sezione II, delle

Disposizioni di Vigilanza. Tale ultima previsione impone, in sintesi, alla banca emittente l’utilizzo di tecniche di asset and liability management idonee ad assicurare, anche mediante specifici controlli, un tendenziale equilibrio tra le scadenze dei flussi finanziari generati dagli attivi ceduti e le scadenze dei pagamenti dovuti dalla banca emittente in relazione alle obbligazioni bancarie garantite emesse e agli altri costi dell’operazione.

13 Nelle cartolarizzazioni di crediti standard, la provvista necessaria alla società veicolo per acquistare i crediti deriva dal pagamento del prezzo di sottoscrizione dei titoli dalla medesima emessi.

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controparti dei contratti che hanno consentito la realizzazione dell’operazione. Quale

strumento negoziale volto ad assicurare l’effettività della garanzia prestata dalla società

veicolo, spesso nella prassi operativa si ricorre ad un’ulteriore cautela contrattuale: si

subordina il rimborso del finanziamento non solo al previo pagamento delle somme

dovute agli obbligazionisti da parte della banca emittente, ma anche al decorso del

termine per la revocabilità dello stesso.

E’ pur vero che il fattore di rischio in esame appare statisticamente piuttosto remoto, in

quanto presuppone (i) che si sia verificato un insolvency event della banca emittente

(evenienza, per quanto non impossibile, ad ogni buon conto, assai rara) e (ii) che il

pagamento effettuato ai portatori delle obbligazioni bancarie garantite, secondo le

scadenze contrattualmente previste, sia avvenuto ad una data riconducibile al “periodo

sospetto”, il quale è di sei mesi nel regime ordinario di cui all’art. 67, c. 2, l. fall., e

sarebbe ancor più ristretto (tre mesi) ove invece si ritenesse applicabile il regime

speciale di cui all’art. 4, c. 4, l. 130/99.

Entrando nel merito della questione, può osservarsi in premessa come gli

obbligazionisti garantiti appaiano tutelati dall’eventualità che venga esercitata con

successo l’azione revocatoria nei confronti dei pagamenti effettuati dalla banca, poi

dichiarata insolvente, dalla possibilità di rivalersi sulla società cessionaria in ragione del

contratto autonomo di garanzia con essa stipulato. La società veicolo corrisponderebbe

dunque l’importo revocato agli obbligazionisti garantiti, surrogandosi in parte qua ai

loro diritti nei confronti della procedura concorsuale. La fattispecie non sembrerebbe

tuttavia del tutto esente da criticità operative: si pensi al pregiudizio che i portatori delle

obbligazioni bancarie garantite potrebbero subire nell’eventualità in cui,

successivamente all’effettuazione dei pagamenti in loro favore da parte della banca poi

dichiarata insolvente, la società veicolo abbia impiegato i cover asset ai fini del rimborso

del finanziamento ad essa concesso dalla banca medesima per l’acquisto del pool

vincolato alla garanzia. In tal caso, infatti, quel pool di asset su cui gli obbligazionisti

garantiti, subita la revocatoria dei pagamenti effettuati dalla banca emittente, avrebbero

potuto rivalersi potrebbe risultare insolvente rispetto alle loro istanze di pagamento. La

circostanza che il rimborso del finanziamento concesso alla società veicolo venga

subordinato al decorso del “periodo sospetto” per la revoca dei pagamenti eseguiti in

favore degli obbligazionisti (e quindi alla definitiva acquisizione nella loro sfera

patrimoniale delle somme così corrisposte dalla banca) sembrerebbe in grado di

assicurare ai portatori delle obbligazioni bancarie garantite la possibilità di rivalersi, con

successo, sul cover pool vincolato alla garanzia presso la società veicolo. In altri termini,

secondo tale prassi, il decorso del termine per la revocabilità dei pagamenti effettuati

dalla banca si atteggerebbe quale condizione sospensiva per il rimborso del

finanziamento da parte della società veicolo, volta a garantire una copertura effettiva, in

favore degli obbligazionisti, dal rischio che le somme da essi ricevute vengano revocate a

seguito dell’insolvenza della banca emittente.

6. La duplice garanzia nei confronti degli obbligazionisti

Un aspetto indubbiamente centrale nell’ambito della disciplina delle obbligazioni

bancarie garantite è rappresentato da quella serie di disposizioni normative volte ad

assicurare un double recourse ai portatori di tali strumenti. Caratteristica peculiare dei

covered bond è infatti quella di offrire agli investitori un duplice livello di tutela dei

diritti maturati ed acquisiti in relazione alle obbligazioni bancarie da essi sottoscritte.

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Merita sottolineare, al riguardo, che, sulla base delle previsioni di legge che ci

accingiamo a commentare, i portatori di obbligazioni ex art. 7-bis l. 130/99 saranno

garantiti, nell’ipotesi di insolvenza della banca emittente, oltre che dal patrimonio

generico della banca medesima, dal portafoglio di crediti ceduti alla società veicolo. In

altri termini, la banca risponderà delle obbligazioni assunte nei confronti dei covered

bondholder con tutto il suo patrimonio ai sensi dell’art. 2740 c.c.; per altro verso, gli

obbligazionisti covered disporranno, nei confronti della società veicolo (che nell’ambito

dell’operazione si rende cessionaria di un portafoglio di crediti e titoli) sia di una

garanzia di tipo personale (per effetto del contratto autonomo di garanzia che – come si

vedrà a breve – viene stipulato tra l’SPV e gli obbligazionisti garantiti), sia di una

garanzia reale in ragione del regime di separazione patrimoniale ex lege relativo al

portafoglio di asset acquisito dalla società veicolo.

(A) La “prioritaria destinazione” del patrimonio separato

Il regime della separazione patrimoniale applicato alle obbligazioni bancarie garantite

tramite rinvio all’art. 3, c. 2, l. 130/99 sembra completarsi, sul piano sostanziale, nella

“prioritaria destinazione” che il comma 2 dell’art. 7-bis della stessa legge attribuisce al

patrimonio segregato: “I crediti ed i titoli acquistati dalla società di cui al comma 1 e le

somme corrisposte dai relativi debitori sono destinati al soddisfacimento dei diritti […]

dei portatori delle obbligazioni di cui al comma 1 e delle controparti dei contratti

derivati con finalità di copertura dei rischi insiti nei crediti e nei titoli ceduti e degli

altri contratti accessori, nonché al pagamento degli altri costi dell’operazione, in via

prioritaria rispetto al rimborso dei finanziamenti di cui al comma 1”.

Viene così identificato un centro di interessi in favore del quale è prevista la

destinazione, in via prioritaria, degli asset rientranti nel patrimonio separato. Escluso

che la regola possa significare esclusivamente che i possessori delle obbligazioni godano

del diritto di soddisfarsi in via esclusiva su tali crediti, titoli e somme, pena l’inutilità di

quanto previsto dall’art. 3, c. 2, secondo periodo e dall’art. 4., c. 2, l. 130/99 (cui rinvia

l’art. 7-bis) che – come si vedrà a seguire – espressamente riconoscono tale diritto, la

norma sembrerebbe invece imporre a livello legislativo una priority of payments cui la

società cessionaria debba attenersi durante la vita del programma di emissione.

In questo senso, la società veicolo dovrà utilizzare il patrimonio separato (e

segnatamente, i crediti ed i titoli acquistati, e le somme che derivino da tali beni) per

pagare il debito della banca nei confronti degli obbligazionisti e degli altri soggetti

indicati nel comma 2 sopra citato (che sono fra di loro su di un piano di parità) e, solo

dopo aver integralmente soddisfatto le posizioni creditizie dei predetti soggetti, per

rimborsare i finanziamenti ricevuti per l’acquisto dei predetti titoli e crediti.

Il riferimento alla priorità del soddisfacimento degli obbligazionisti e delle controparti

dei contratti che hanno consentito la realizzazione dell’operazione rispetto al rimborso

dei finanziamenti non rileverebbe dunque sotto il profilo di un eventuale concorso di

azioni esecutive, ma solo sul piano dell’ordine in cui la società veicolo utilizza le somme

derivanti, a titolo di interessi e di capitale, dai crediti o dai titoli confluiti nel collateral.

Il regime della separazione patrimoniale del cover pool trova infine un completamento

sul piano processuale ed esecutivo nella disposizione di cui al comma 3 dell’art. 7-bis

che estende l’applicazione degli artt. 3, c. 2 e 4, c. 2, della legge sulla cartolarizzazione

dei crediti anche “ai soggetti di cui al comma 2” (ossia, agli obbligazionisti garantiti ed

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11

alle controparti dei contratti funzionali ed accessori all’operazione). Precisamente, l’art.

3, c. 2, ultimo periodo, prevede che “Su ciascun patrimonio non sono ammesse azioni

da parte di creditori diversi dai portatori dei titoli emessi per finanziare l’acquisto dei

crediti stessi”; specularmente, l’art. 4, c. 2, dispone che “sui crediti acquistati e sulle

somme corrisposte dai debitori ceduti sono ammesse azioni soltanto a tutela dei diritti”

degli obbligazionisti garantiti.

Da tali ultime disposizioni sembrerebbe potersi desumere un generale principio di

“inammissibilità” delle azioni esecutive intraprese da creditori terzi che non vantino

pretese compatibili con la “causa” della segregazione patrimoniale, almeno fino a che i

soggetti in favore dei quali tale disciplina è prevista non siano stati tutti ed

integralmente soddisfatti.

(B) La prestazione della garanzia da parte della società cessionaria.

Identificazione delle caratteristiche del rapporto contrattuale ex art. 4 del

Regolamento

Si è avuto già modo di vedere come, attraverso il meccanismo della segregazione

patrimoniale ex art. 7-bis l. 130/99, il legislatore abbia cercato di assicurare l’integrità e

la prioritaria destinazione, sul piano gestionale e contabile, al soddisfacimento dei diritti

degli obbligazionisti garantiti degli attivi costituenti il collateral dell’emissione.

Sempre nell’ottica di fornire una garanzia “specifica” in favore degli obbligazionisti a

fronte di un eventuale default della banca emittente, il passo successivo è stato quello di

prevedere espressamente l’instaurazione di un rapporto obbligatorio (i) diretto tra il

veicolo societario, cui fa capo il portafoglio di crediti a copertura dell’emissione, ed i

portatori dei titoli, e (ii) in grado di assolvere una funzione indennitaria di traslazione

del rischio di inadempimento da parte dell’emittente dagli obbligazionisti garantiti alla

società veicolo.

Ed è infatti nella predetta direzione che sembrano muovere le disposizioni di cui all’art.

7-bis, c. 1 e c. 5, citato, le quali prevedono, rispettivamente, che nel ristretto oggetto

sociale del veicolo cessionario rientri anche “la prestazione di garanzia per le

obbligazioni emesse dalle stesse banche – che eventualmente abbiano ceduto i cover

asset e/o ne abbiano finanziato l’acquisto da parte della società veicolo - ovvero da

altre” e che “Il Ministro dell’economia e delle finanze, con regolamento […] adotta

disposizioni di attuazione del presente articolo aventi ad oggetto, in particolare, […] le

caratteristiche della garanzia di cui al comma 1”.

In attuazione della delega legislativa, l’art. 4 del Regolamento disciplina le

caratteristiche della garanzia delineandole, al comma 1, con l’utilizzo di alcuni aggettivi e

con l’esclusione di una serie di disposizioni del codice civile che portano l’interprete a

ritenere di essere di fronte ad un contratto autonomo di garanzia. La norma si occupa di

individuare alcuni tratti salienti del predetto contratto, cui le garanzie concretamente

prestate dagli SPV dovranno conformarsi, pena l’impossibilità di strutturare

efficacemente l’operazione di emissione di covered bond. Essa rappresenta inoltre il

risultato di una valutazione “politica” del regolatore, chiamato al non facile compito di

contemperare l’esigenza di cautelare gli investitori nella delicata ipotesi di default della

banca emittente con quella di lasciare agli operatori la flessibilità necessaria per

adattare il contenuto della garanzia alle specifiche esigenze delle parti ed alle aspettative

del mercato. Si tratta, comunque, di una garanzia sui generis, ritagliata sulla disciplina

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della fideiussione in modo da espungere, tuttavia, le eccezioni e le limitazioni di tipo

personale, senza però giungere ad assumere una connotazione reale.

Precisamente, la norma citata prevede che la garanzia prestata dalla società cessionaria

nei confronti degli obbligazionisti garantiti, “nei limiti del patrimonio separato”, sia

“irrevocabile, a prima richiesta, incondizionata ed autonoma rispetto alle obbligazioni

assunte dalla banca emittente”.

Da notare il requisito dell’autonomia della garanzia in esame rispetto al rapporto

obbligatorio insistente tra la banca emittente e gli obbligazionisti creditori di

quest’ultima e beneficiari della garanzia. Il contratto autonomo di garanzia, come noto,

rappresenta nel nostro ordinamento una forma di garanzia personale atipica, la cui

causa o funzione economico-sociale viene da alcuni autori distinta da quella della

fideiussione, in quanto volta non già a garantire l’adempimento dell’obbligazione del

debitore, ma ad assicurare la soddisfazione dell’interesse economico del beneficiario.

Corollario dell’autonomia del contratto di garanzia rispetto al contratto principale (nel

caso di specie, il contratto di sottoscrizione delle obbligazioni bancarie garantite) è la

generale inopponibilità, da parte del garante (la società veicolo), delle eccezioni che il

debitore principale (la banca emittente) avrebbe potuto opporre al creditore (portatore

dei titoli) e relative al contratto principale, quali, i.e., l’annullabilità o rescindibilità

ovvero l’inadempimento dello stesso ad opera del creditore (obbligazionista). In questo

modo, il rapporto tra la società cessionaria e gli obbligazionisti viene sganciato dalle

vicende relative al rapporto tra questi ultimi e la banca emittente, salve (ovviamente)

quelle costitutive del presupposto di attivazione della garanzia medesima (come meglio

si vedrà a seguire).

La garanzia prestata dalla società veicolo deve inoltre essere “a prima richiesta”.

L’inserimento della predetta clausola nel contratto autonomo di garanzia elimina il

rischio che il veicolo societario possa eccepire la mancata verificazione dei presupposti

di attivazione della garanzia (ovvero che possa opporre eccezioni sulla validità od

efficacia del contratto medesimo), rendendo sufficiente, ai fini dell’ottenimento della

prestazione ad opera del garante, la semplice “richiesta” di pagamento, nella quale il

creditore affermi essersi verificato l’inadempimento della banca emittente. E’ sul

garante che invece graverà l’onere di dimostrare, eventualmente, che i presupposti per

l’attivazione della garanzia non si siano in realtà verificati.

Si prevede, inoltre, che la garanzia sia “incondizionata”. Occorre, ad ogni buon conto,

tenere ben distinto tale requisito dalla circostanza che la garanzia si qualifichi, come

appena visto, a prima richiesta. Tale ulteriore caratteristica implica infatti che il

contratto stipulato tra la società veicolo e gli obbligazionisti garantiti non debba

condizionare l’escussione della garanzia ad adempimenti, atti od eventi ulteriori rispetto

al verificarsi dei presupposti di attivazione della stessa a norma dell’art. 4 del

Regolamento. Vale pertanto la pena di evidenziare come ben potrebbe darsi l’ipotesi che

una garanzia, pur essendo “a prima richiesta”, venga cionondimeno sottoposta a

“condizioni” sospensive ovvero risolutive, di tal ché, il garante, i.e., a fronte della

semplice domanda di pagamento non potrebbe opporre il mancato verificarsi della

condizione sospensiva eventualmente prevista, ma dovrebbe eseguire hic et nunc la

prestazione, riservandosi di richiederne successivamente la ripetizione (a seguito di

accertamento della mancata verificazione della condizione sospensiva, secondo il

modello solve et repete). Nel caso dei covered bond, invece, il Regolamento non si ferma

a garantire la tempestività della prestazione da parte della società veicolo nel momento

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in cui questa venga richiesta dagli obbligazionisti, ma va oltre, assicurando che la

garanzia non sia gravata da alcuna limitazione (rectius, condizione) negoziale.

In ultimo, la disposizione regolamentare in esame prevede che la garanzia sia

“irrevocabile”. Il contratto di garanzia non può, pertanto, essere fatto cessare per

volontà della società veicolo, che si obbligherà irrevocabilmente nei confronti dei

portatori dei titoli per tutta la durata del prestito obbligazionario e finché i loro diritti

non saranno stati integralmente soddisfatti dalla banca emittente.

L’art. 4 del Regolamento definisce poi l’oggetto ed i limiti della garanzia, precisando che

questa debba essere prestata “nei limiti del patrimonio separato”. Vale la pena di

rilevare, quindi, come la garanzia non venga parametrata al valore delle obbligazioni in

circolazione ma a quello del portafoglio di crediti ceduto alla società veicolo. Per altro

verso, non bisogna dimenticare che, dovendo il valore dei cover asset essere “per tutta

la durata dell’operazione” (art. 3 del Regolamento) almeno pari al valore delle

obbligazioni in circolazione, in linea teorica (atteso che la norma venga rispettata) la

garanzia dovrebbe essere in grado di coprire tutti i debiti della banca emittente nei

confronti dei portatori dei titoli.

(C) Presupposti ed effetti dell’attivazione della garanzia

Una volta delineati i tratti essenziali del contratto autonomo di garanzia, l’art. 4 del

Regolamento prevede, ai commi 2, 3 e 4, tre diverse ipotesi di attivazione della garanzia

così prestata dal veicolo societario:

(i) inadempimento da parte della banca emittente (comma 2);

(ii) assoggettamento della banca emittente a liquidazione coatta amministrativa

(comma 3);

(iii) assoggettamento della banca emittente alla sospensione dei pagamenti ai sensi

dell’art. 74 TUB (comma 4).

Mediante tali disposizioni, il regolatore disciplina in maniera puntuale e differenziata gli

effetti dell’attivazione della garanzia a seconda della natura dell’evento patologico che ne

abbia costituito il presupposto. In tutti e tre i casi, tuttavia, l’obiettivo perseguito

sembrerebbe doversi individuare nella ininterrotta continuità, a favore degli investitori,

dei termini dell’originario rapporto obbligatorio; in altre parole, è presa in massima

considerazione l’aspettativa degli obbligazionisti di non vedere in alcun modo alterato il

programma di investimento concordato al momento della sottoscrizione delle

obbligazioni bancarie garantite.

In questa prospettiva, il comma 2 della norma in esame prevede che, nell’ipotesi di

inadempimento della banca emittente, “la società cessionaria provvede

all’adempimento nei termini ed alle condizioni originariamente convenuti, nei limiti

del patrimonio separato”, precisando che “gli effetti della decadenza dal beneficio del

termine di cui all’art. 1186 codice civile, anche derivanti da eventi contrattualmente

previsti, non si estendono in capo alla società cessionaria in relazione alla garanzia

rilasciata”. Di conseguenza, anche nel caso in cui specifiche clausole contrattuali

abbiano previsto un’accelerazione dei pagamenti dovuti ai portatori dei titoli a seguito di

un inadempimento da parte della banca emittente, la società veicolo, sostituendosi ad

essa nell’adempimento delle obbligazioni, effettuerà i pagamenti secondo le scadenze

originariamente pattuite.

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L’ipotesi di liquidazione coatta amministrativa viene invece disciplinata nel successivo

comma 3, a norma del quale i pagamenti delle obbligazioni bancarie garantite saranno

effettuati “in via esclusiva” dalla società cessionaria secondo i termini originariamente

convenuti. Non si estenderanno quindi al veicolo societario gli effetti dell’anticipazione

della scadenza delle obbligazioni ex art. 55, c. 2, l. fall. L’espressione incidentale “in via

esclusiva” sembrerebbe volta ad evidenziare che il subentro della stessa, in questo caso,

esclude ogni ulteriore rapporto tra gli obbligazionisti garantiti e la banca sottoposta a

procedura concorsuale. A conferma di ciò, la norma procede disponendo che la stessa

società cessionaria si sostituisce ai portatori delle obbligazioni bancarie garantite nei

confronti della procedura, così evitando ogni rapporto diretto degli investitori con il

fallimento dell’emittente. Ad ulteriore conforto degli investitori, l’ultimo periodo del

comma 3 prevede che “la Banca d’Italia vigila sulla corretta applicazione di quanto

previsto dal presente comma”.

Il terzo presupposto di attivazione della garanzia consiste, infine, nell’eventualità di

adozione del provvedimento di sospensione dei pagamenti ex art. 74 TUB, allorché la

banca emittente sia stata sottoposta ad amministrazione straordinaria e ricorrano

“circostanze eccezionali” che ne rendano necessaria l’adozione a tutela degli interessi

dei creditori. In tal caso, secondo l’art. 4, c. 4, del Regolamento, la società cessionaria

provvede all’adempimento delle obbligazioni della banca nei confronti degli investitori

garantiti “limitatamente ai crediti scaduti ed esigibili nel corso del periodo di

sospensione”, periodo che in base alla norma di cui è cenno non può durare oltre tre

mesi.

Le previsioni di cui all’art. 4 in esame sembrano così intese ad assicurare agli

obbligazionisti garantiti che qualunque sopravvenienza patologica che, durante la vita

del programma di emissione, importi una condotta inadempiente da parte della banca

emittente non possa pregiudicare la regolare soddisfazione dei loro diritti, per effetto di

un meccanismo di sostituzione soggettiva “passiva” della società veicolo alla sopradetta

banca. Al fine di eseguire tutti i pagamenti dovuti agli obbligazionisti secondo i termini

originariamente convenuti, la società veicolo liquiderà i cover asset ed utilizzerà i

relativi flussi finanziari.

La garanzia che il veicolo societario sia poi in grado, tramite il patrimonio separato, di

soddisfare integralmente le posizioni creditorie degli investitori in obbligazioni bancarie

garantite, è data, oltre che dal livello di “col lateralizzazione” minima imposta dal

Regolamento, dal fondamentale principio della correlazione delle scadenze dei flussi

finanziari generate del cover pool e quelle relative ai pagamenti dovuti ai portatori dei

titoli. Vale infatti la pena di ricordare come le Disposizioni di Vigilanza14 prevedano che

“al fine di assicurare che la società cessionaria possa adempiere in modo ordinato e

tempestivo alle obbligazioni discendenti dalla garanzia, le banche emittenti utilizzano

tecniche di asset and liability management idonee ad assicurare, anche mediante

specifici controlli, un tendenziale equilibrio tra le scadenze dei flussi finanziari

generati dagli attivi ceduti, inclusi nel patrimonio separato della società cessionaria, e

le scadenze dei pagamenti dovuti dalla banca emittente in relazione alle obbligazioni

garantite emesse e gli altri costi dell’operazione”. Tale disposizione non vincola ad una

rigida correlazione di scadenze, diversamente da quanto accade in altre esperienze

europee, ma impegna le banche a svolgere controlli volti a contenere i rischi derivanti

14 Il riferimento è, segnatamente, al par. 5, Sez. II, delle Disposizioni di Vigilanza.

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dal mismatching tra le payment date delle obbligazioni bancarie garantite e quelle degli

asset ceduti, assicurandone un tendenziale equilibrio mediante adeguate tecniche di

gestione del rischio (i.e., utilizzando nel modo opportuno le facoltà di integrazione

ovvero stipulando contratti derivati di copertura dei rischi).

Alcune criticità potrebbero ad ogni buon conto sorgere nell’ipotesi in cui sopravvenga

una svalutazione dei cover asset, allorché si sia già verificato un evento di default (i.e., la

sottoposizione ad amministrazione coatta amministrativa) della banca emittente che

abbia comportato il subentro automatico della società cessionaria. In tal caso, vi è da

chiedersi, in particolare, in capo a quale soggetto incomba l’obbligo di reintegrazione del

cover pool ai fini del ripristino del livello minimo di overcollateralization.

7. I casa-bond: species del genus covered bond?

Nato da un accordo tra il Ministero per lo Sviluppo Economico, la Cassa Depositi e

Prestiti, l'Associazione Bancaria Italiana e l'Associazione Nazionale dei Costruttori Edili,

il progetto relativo ai casa-bond (ribattezzati anche Passera-bond, per l'attivismo di fine

mandato del Ministro per lo Sviluppo Economico) si è di recente arenato in attesa della

formazione del nuovo governo all’indomani delle recenti elezioni politiche.

Nelle intenzioni dei suoi promotori, il nuovo strumento dovrebbe consentire alle banche

una nuova iniezione di liquidità, proveniente in gran parte dalla mano pubblica

attraverso la Cassa Depositi e Prestiti, da utilizzare per la concessione di mutui alle

famiglie finalizzati all'acquisto di abitazioni (o ristrutturazioni) di fabbricati con elevati

standard di risparmio energetico. Insomma, l’obiettivo è quello di accelerare la ripresa

del settore dell’edilizia e delle costruzioni, comparto che più di tutti ha sofferto la crisi

(nel corso del 2012, si stima che si sia verificato un calo di circa il 50% nell’erogazione di

mutui da parte delle banche per l’acquisto/ristrutturazione di immobili da destinare ad

uso abitativo).

Sulla base delle primissime e parziali informazioni diffuse dalle agenzie di stampa, i

casa-bond sono dei covered bond, che si caratterizzerebbero per questi elementi

specifici: (i) la destinazione a favore di investitori istituzionali, nonché (ii) un forte

vincolo di scopo delle risorse finanziarie ottenute dalle banche, che andrebbero

destinate a mutui per abitazioni con standard edilizi ed energetici elevati.

Le agenzie di stampa, in questa fase embrionale del progetto, hanno posto l’accento sul

basso profilo di rischio (ed il correlato rendimento contenuto) di tali strumenti, che in

buona parte si spiegherebbe per il trasferimento delle stesse garanzie ottenute dalla

banca sul patrimonio immobiliare mutuato a favore dei bondholder.

Poco prima delle recenti elezioni politiche, il lancio del primo programma di casa-bond

(per un ammontare pari ad una decina di miliardi di euro) era dato per imminente, dal

momento che non sembrava necessaria (a detta delle agenzie di stampa) l’introduzione

di nuove previsioni legislative, data l’applicabilità della normativa sui covered bond.

Proprio per tale ragione, non è chiaro allo stato attuale come opererebbe l’art. 7-bis con

riferimento ai mutui erogati dalle banche (per l’acquisto di abitazioni con standard

edilizi ed energetici elevati) con la nuova liquidità derivante dai proventi di emissione

dei nuovi strumenti: più in particolare, se i “nuovi” mutui ipotecari – come sembra

logico ritenere data l’attuale normativa - devono essere ceduti ad una società veicolo al

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fine di garantire le obbligazioni di pagamento assunte dalla banca in favore dei

bondholder, è evidente che tale garanzia aggiuntiva non potrà che essere concessa dalla

società veicolo solo dopo che la banca avrà erogato i “nuovi” mutui ed avrà ceduto il

relativo credito alla società veicolo. D'altro canto, però, secondo l’attuale normativa

applicabile ai covered bond, la cessione dei mutui a favore della società veicolo per la

concessione della garanzia aggiuntiva in favore dei bondholder dovrebbe essere

contestuale - e non successiva - all'emissione dei titoli.

Per i medesimi motivi, sembrerebbe difficile ipotizzare allo stato attuale emissioni di

casa-bond nel contesto di programmi di emissione di covered bond già realizzati.

Di sicuro la disciplina applicabile a questi nuovi titoli di debito sarà chiarita meglio se e

quando il nuovo governo riprenderà a lavorare sul progetto.