La storia della turbina idraulica -...

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< L a turbina idraulica produce attual- mente un quarto circa dell'ener- gia elettrica mondiale. L'energia idroelettrica è e continuerà a essere una componente di estrema importanza nella produzione di energia. Un secolo e mezzo fa in Europa, però, il ruolo della turbina idraulica era del tutto diverso. Essa veni- va utilizzata infatti non come un mezzo per generare elettricità bensì come un perfezionamento rispetto al convenziona- le motore primo idraulico, la ruota idrau- lica, e come alternativa alla macchina a vapore nella propulsione di macchine industriali. Nel Settecento l'introduzione di mac- chine a vapore in miniere e fabbriche bri- tanniche fu un fattore determinante nel realizzare una produzione maggiore e più redditizia di carbone, tessuti, ferro e altri beni. Finì così con l'imporsi l'opinione che una fra le condizioni principali della crescita della produzione manufatturiera, ossia dell'avvento di una «rivoluzione industriale», risiedeva nella capacità di un paese di generare energia. La macchina a vapore compendia la rottura della Gran Bretagna con la tradi- zionale tecnologia europea fondata sul legname e sull'acqua, a favore di una nuova tecnologia fondata sul carbone e sul ferro. Attorno al 1820 questa transi- zione era già, se non completata, certo divenuta irreversibile. Essa non era però certamente il risultato di una sagace pia- nificazione da parte di ingegneri e tecnici britannici, bensì la conseguenza di uno stato di necessità che lasciava ben poca scelta. La disponibilità prima del legname e poi delle risorse idriche, a cui le attività manufatturiere avevano attinto in misura sempre più massiccia, aveva cominciato a venire meno, finendo poi virtualmente con l'esaurirsi, almeno nelle aree chiave della Gran Bretagna, tanto da rendere indispensabile la ricerca di alternative. All'inizio dell'Ottocento non tutti i paesi che avevano ambizioni industriali erano in grado di emulare lo sfruttamento del carbone, che in Gran Bretagna era economico e facilmente estraibile. Uno fra i paesi che non potevano far concor- renza su quel piano alla Gran Bretagna era la Francia, dove la risorsa energetica più abbondante era l'acqua. Ancor oggi in Francia, in effetti, l'energia idrica conti- nua a essere chiamata houille bianche, alla lettera «carbone bianco». L'imbri- gliamento del potenziale dell'acqua con motori idraulici, in numero sempre mag- giore e di sempre migliore qualità, era visto come un compito vitale per realizza- re l'industrializzazione. Nel 1826 la So- ciété d'Encouragement pour l'Industrie Nationale, la cui fondazione, ventiquattro anni prima, era equivalsa a un riconosci- mento dello stato generalmente arretrato dell'industria francese, offrì un premio di 6000 franchi a chiunque fosse stato in grado di «applicare su vasta scala, in modo soddisfacente, in fabbriche e mani- fatture, le turbine o ruote idrauliche con palette curve di Belidor». Belidor era un ingegnere idraulico e militare del Settecento, Bernard Forest de Belidor (1693-1761), che aveva de- scritto ruote idrauliche con palette a pro- filo curvo in un'opera monumentale, Architecture hydraulique, pubblicata in quattro volumi dal 1737 al 1753. Le ruote da lui descritte si trovavano sulla Garon- na a Bazacle. Appartenevano a una classe di ruote idrauliche note come roues à cuve, ossia ruote a tinozza. Erano ruote orizzontali, in contrapposizione alla più familiare ruota idraulica verticale. La roue à cuve aveva un diametro di un me- tro circa ed era alloggiata sul fondo di un'alta camera cilindrica. Un condotto conico forniva grandi quantità d'acqua in direzione tangenziale alla camera, cosic- ché l'acqua entrava in essa con una veloci- tà angolare considerevole. Il peso dell'ac- qua al di sopra della ruota, congiunta- mente al flusso dell'acqua sulle palette ricurve, faceva ruotare la ruota attraverso una combinazione di pressione e di ener- gia cinetica. T a roue à cuve a Bazacle, così come altre ruote simili in opera altrove, erano derivate da una forma di ruota aperta, più semplice, azionata da un getto d'acqua, attraverso un processo di evoluzione co- stante che aveva utilizzato via via molti mutamenti e perfezionamenti. Questa ruota più semplice era anch'essa una ruo- ta orizzontale, nota come mulino norve- gese o scandinavo; fu illustrata per la pri- ma volta all'inizio del Quattrocento, ma a essa si allude già in un documento irlan- dese dell'VIII secolo. Il mulino norvegese conobbe un'ampia diffusione sul conti- nente europeo, in Irlanda e Scozia, ma stranamente rimase ignoto in Inghilterra e nel Galles. Nella forma perfezionata della roue à cuve, fu tipico particolar- mente della Francia sudoccidentale, dei Pirenei e della Spagna. La fama di Belidor era tale che la de- scrizione favorevole da lui data della roue à cuve dovette persuadere la Société d'Encouragement, ancora più di mezzo secolo dopo la sua morte, che questa mac- china era quella più suscettibile di perfe- zionamento ed era perciò una buona base per lo sviluppo della ruota idraulica del futuro. Questo tipo di ruota aveva in ef- fetti molti elementi a proprio favore. Non era difficile da costruire e da istallare e il suo funzionamento era facile ed efficace. La roue à cuve non aveva però un rendi- mento particolarmente elevato; nel caso migliore raggiungeva un'efficienza del 20 per cento, ma più tipica era un'efficienza del 15 per cento. Fra il 1820 e il 1830 erano già all'opera nel mondo occidentale motori idraulici molto più efficienti. C'era la classica ruota idraulica verticale, chiamata ruota vitru- viana da Marco Vitruvio Pollione, l'inge- gnere-architetto romano del I secolo a.C. Questa ruota si era svilupppata in tre tipi principali: un tipo alimentato da sopra (al vertice), un tipo alimentato frontalmente e un tipo alimentato da sotto (alle reni). Tra il 1750 e il 1760 una serie di esperi- menti abilmente escogitati e osservati dal costruttore di strumenti e ingegnere in- glese John Smeaton (1724-1792) aveva dimostrato che le ruote alimentate da sopra sono superiori, avendo un rendi- mento di almeno il 60 per cento, ossia un rendimento doppio rispetto al tipo ali- mentato da sotto. Queste conclusioni, che Smeaton trasse abilmente da esperi- menti compiuti con modelli, fecero venir meno ogni altro interesse dei britannici per la teoria del motore idraulico. Le ruote idrauliche alimentate da sopra si imposero perciò rapidamente in Gran Bretagna, dove dominarono finché non furono completamente soppiantate dalla macchina a vapore. Le ricerche dei francesi sulla teoria del- la potenza idraulica avanzarono su un fronte molto più ampio e gli ingegneri francesi riuscirono a identificare due re- quisiti fondamentali del motore idraulico ideale. Innanzitutto l'acqua deve sempre entrare nel motore senza alcun impatto. In secondo luogo, quando l'acqua esce dal motore dovrebbe aver perduto la sua ve- locità iniziale. Entrambi i criteri insistono in effetti sull'esigenza che nessuna parte dell'energia idraulica vada dissipata sotto forma di turbolenza o di energia cinetica non utilizzata. Un altro ingegnere milita- re francese, J. V. Poncelet (1788-1867) applicò questi precetti alla ruota idraulica verticale alimentata da sotto, di cui mezzo secolo prima Smeaton aveva dimostrato l'inferiorità come motore. Poncelet trovò che tutto ciò che si richiedeva per realiz- zare un marcato perfezionamento della ruota alimentata da sotto, era un numero adeguato di palette di forma idonea. I modelli da lui perfezionati raggiunsero rapidamente rendimenti del 60-70 per cento, e la ruota di Poncelet conobbe una vasta diffusione. All'inizio dell'Ottocento un terzo tipo di motore idraulico figurava con grande spicco nello sviluppo della potenza idrau- lica da parte dei francesi. Questo motore era la ruota a reazione. Le origini della macchina sono oscure, ma il principio è abbastanza semplice: è quello stesso che viene applicato oggi nell'annaffiatoio ro- tante per prati. Getti d'acqua vengono fatti uscire con forza dall'estremità di due o più bracci e l'acqua, sotto pressione, viene immessa nella parte centrale del motore tramite un albero a tenuta stagna. I bracci vengono fatti ruotare per il prin- cipio della reazione. La teoria delle ruote a reazione fu studiata dal grande matema- tico svizzero Leonardo Eulero (1707- -1783). Con il figlio Albert, egli eseguì anche esperimenti con modelli funzio- nanti. Un'influenza molto maggiore esercitò la ruota a reazione introdotta nel 1807 da Mannoury d'Ectot (1777-1822), che fu molto più importante anche come propo- sta pratica. Questa ruota aveva il nome appropriato di levier hydraulique (leva idraulica), e già pochi anni dopo la sua introduzione più di una dozzina di ruote di Mannoury d'Ectot erano in funzione in fucine e ferriere della Normandia. Man- noury d'Ectot estese poi il principio della ruota a reazione in una versione multipla. La ruota assumeva acqua lungo il bordo interno di un anello di palette piane o curve e la scaricava lungo il bordo ester- no. Egli costruì la prima di queste ruote in un sito in Normandia, il mulino di Mon- taigu, nei pressi di Caen, attorno al 1804. Questa ruota era ancora in funzione nel 1828 e fu oggetto di una relazione favore- L'illustrazione ci presenta in pianta (in alto) e in sezione (in basso) una turbina da 50 cavalli vapore, costruita nel 1832 da Benoit Foumeyron, che forniva getti d'aria a una ferriera francese. Il rotore, una grande struttura in metallo fuso in un sol blocco (in colore), funzionava sommerso; l'acqua fluiva, guidata da una serie di pale fisse (in grigio), dal centro in direzione centrifuga. Il rotore aveva un diametro di 2,4 metri e la caduta dell'acqua era di 1.3 metri. Questa turbina, che era la più grande allora nota, contribuì a far vincere a Fourneyron un premio di 6000 franchi messo in palio per l'applicazione efficace di motori idraulici a un'industria su vasta scala. I più di 100 motori idraulici costruiti da Fourney ron furono fondati tutti sullo schema del flusso centri- fugo dell'acqua, nonostante Io svantaggio presentato dalle dimensioni troppo grandi del rotore. La storia della turbina idraulica In che modo la ruota idraulica si è evoluta nella turbina, ossia nella macchina che converte una caduta d'acqua in energia meccanica rotatoria e che contribuisce per un quarto alla produzione mondiale di elettricità? di Norman Smith 28 29

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a turbina idraulica produce attual-mente un quarto circa dell'ener-gia elettrica mondiale. L'energia

idroelettrica è e continuerà a essere unacomponente di estrema importanza nellaproduzione di energia. Un secolo e mezzofa in Europa, però, il ruolo della turbinaidraulica era del tutto diverso. Essa veni-va utilizzata infatti non come un mezzoper generare elettricità bensì come unperfezionamento rispetto al convenziona-le motore primo idraulico, la ruota idrau-lica, e come alternativa alla macchina avapore nella propulsione di macchineindustriali.

Nel Settecento l'introduzione di mac-chine a vapore in miniere e fabbriche bri-tanniche fu un fattore determinante nelrealizzare una produzione maggiore e piùredditizia di carbone, tessuti, ferro e altribeni. Finì così con l'imporsi l'opinioneche una fra le condizioni principali dellacrescita della produzione manufatturiera,ossia dell'avvento di una «rivoluzioneindustriale», risiedeva nella capacità di unpaese di generare energia.

La macchina a vapore compendia larottura della Gran Bretagna con la tradi-zionale tecnologia europea fondata sullegname e sull'acqua, a favore di unanuova tecnologia fondata sul carbone esul ferro. Attorno al 1820 questa transi-zione era già, se non completata, certodivenuta irreversibile. Essa non era peròcertamente il risultato di una sagace pia-nificazione da parte di ingegneri e tecnicibritannici, bensì la conseguenza di unostato di necessità che lasciava ben pocascelta. La disponibilità prima del legnamee poi delle risorse idriche, a cui le attivitàmanufatturiere avevano attinto in misurasempre più massiccia, aveva cominciato avenire meno, finendo poi virtualmentecon l'esaurirsi, almeno nelle aree chiavedella Gran Bretagna, tanto da rendereindispensabile la ricerca di alternative.

All'inizio dell'Ottocento non tutti ipaesi che avevano ambizioni industrialierano in grado di emulare lo sfruttamentodel carbone, che in Gran Bretagna eraeconomico e facilmente estraibile. Unofra i paesi che non potevano far concor-

renza su quel piano alla Gran Bretagnaera la Francia, dove la risorsa energeticapiù abbondante era l'acqua. Ancor oggi inFrancia, in effetti, l'energia idrica conti-nua a essere chiamata houille bianche,alla lettera «carbone bianco». L'imbri-gliamento del potenziale dell'acqua conmotori idraulici, in numero sempre mag-giore e di sempre migliore qualità, eravisto come un compito vitale per realizza-re l'industrializzazione. Nel 1826 la So-ciété d'Encouragement pour l'IndustrieNationale, la cui fondazione, ventiquattroanni prima, era equivalsa a un riconosci-mento dello stato generalmente arretratodell'industria francese, offrì un premio di6000 franchi a chiunque fosse stato ingrado di «applicare su vasta scala, inmodo soddisfacente, in fabbriche e mani-fatture, le turbine o ruote idrauliche conpalette curve di Belidor».

Belidor era un ingegnere idraulico emilitare del Settecento, Bernard Forestde Belidor (1693-1761), che aveva de-scritto ruote idrauliche con palette a pro-filo curvo in un'opera monumentale,Architecture hydraulique, pubblicata inquattro volumi dal 1737 al 1753. Le ruoteda lui descritte si trovavano sulla Garon-na a Bazacle. Appartenevano a una classedi ruote idrauliche note come roues àcuve, ossia ruote a tinozza. Erano ruoteorizzontali, in contrapposizione alla piùfamiliare ruota idraulica verticale. Laroue à cuve aveva un diametro di un me-tro circa ed era alloggiata sul fondo diun'alta camera cilindrica. Un condottoconico forniva grandi quantità d'acqua indirezione tangenziale alla camera, cosic-ché l'acqua entrava in essa con una veloci-tà angolare considerevole. Il peso dell'ac-qua al di sopra della ruota, congiunta-mente al flusso dell'acqua sulle palettericurve, faceva ruotare la ruota attraversouna combinazione di pressione e di ener-gia cinetica.

Ta roue à cuve a Bazacle, così come altre

ruote simili in opera altrove, eranoderivate da una forma di ruota aperta, piùsemplice, azionata da un getto d'acqua,attraverso un processo di evoluzione co-

stante che aveva utilizzato via via moltimutamenti e perfezionamenti. Questaruota più semplice era anch'essa una ruo-ta orizzontale, nota come mulino norve-gese o scandinavo; fu illustrata per la pri-ma volta all'inizio del Quattrocento, ma aessa si allude già in un documento irlan-dese dell'VIII secolo. Il mulino norvegeseconobbe un'ampia diffusione sul conti-nente europeo, in Irlanda e Scozia, mastranamente rimase ignoto in Inghilterrae nel Galles. Nella forma perfezionatadella roue à cuve, fu tipico particolar-mente della Francia sudoccidentale, deiPirenei e della Spagna.

La fama di Belidor era tale che la de-scrizione favorevole da lui data della roueà cuve dovette persuadere la Sociétéd'Encouragement, ancora più di mezzosecolo dopo la sua morte, che questa mac-china era quella più suscettibile di perfe-zionamento ed era perciò una buona baseper lo sviluppo della ruota idraulica delfuturo. Questo tipo di ruota aveva in ef-fetti molti elementi a proprio favore. Nonera difficile da costruire e da istallare e ilsuo funzionamento era facile ed efficace.La roue à cuve non aveva però un rendi-mento particolarmente elevato; nel casomigliore raggiungeva un'efficienza del 20per cento, ma più tipica era un'efficienzadel 15 per cento.

Fra il 1820 e il 1830 erano già all'operanel mondo occidentale motori idraulicimolto più efficienti. C'era la classica ruotaidraulica verticale, chiamata ruota vitru-viana da Marco Vitruvio Pollione, l'inge-gnere-architetto romano del I secolo a.C.Questa ruota si era svilupppata in tre tipiprincipali: un tipo alimentato da sopra (alvertice), un tipo alimentato frontalmentee un tipo alimentato da sotto (alle reni).Tra il 1750 e il 1760 una serie di esperi-menti abilmente escogitati e osservati dalcostruttore di strumenti e ingegnere in-glese John Smeaton (1724-1792) avevadimostrato che le ruote alimentate dasopra sono superiori, avendo un rendi-mento di almeno il 60 per cento, ossia unrendimento doppio rispetto al tipo ali-mentato da sotto. Queste conclusioni,che Smeaton trasse abilmente da esperi-

menti compiuti con modelli, fecero venirmeno ogni altro interesse dei britanniciper la teoria del motore idraulico. Leruote idrauliche alimentate da sopra siimposero perciò rapidamente in GranBretagna, dove dominarono finché nonfurono completamente soppiantate dallamacchina a vapore.

Le ricerche dei francesi sulla teoria del-la potenza idraulica avanzarono su unfronte molto più ampio e gli ingegnerifrancesi riuscirono a identificare due re-quisiti fondamentali del motore idraulicoideale. Innanzitutto l'acqua deve sempreentrare nel motore senza alcun impatto.In secondo luogo, quando l'acqua esce dalmotore dovrebbe aver perduto la sua ve-locità iniziale. Entrambi i criteri insistonoin effetti sull'esigenza che nessuna partedell'energia idraulica vada dissipata sottoforma di turbolenza o di energia cineticanon utilizzata. Un altro ingegnere milita-re francese, J. V. Poncelet (1788-1867)applicò questi precetti alla ruota idraulicaverticale alimentata da sotto, di cui mezzosecolo prima Smeaton aveva dimostratol'inferiorità come motore. Poncelet trovòche tutto ciò che si richiedeva per realiz-zare un marcato perfezionamento dellaruota alimentata da sotto, era un numeroadeguato di palette di forma idonea. Imodelli da lui perfezionati raggiunserorapidamente rendimenti del 60-70 percento, e la ruota di Poncelet conobbe unavasta diffusione.

All'inizio dell'Ottocento un terzo tipodi motore idraulico figurava con grandespicco nello sviluppo della potenza idrau-lica da parte dei francesi. Questo motoreera la ruota a reazione. Le origini dellamacchina sono oscure, ma il principio èabbastanza semplice: è quello stesso cheviene applicato oggi nell'annaffiatoio ro-tante per prati. Getti d'acqua vengonofatti uscire con forza dall'estremità di dueo più bracci e l'acqua, sotto pressione,viene immessa nella parte centrale delmotore tramite un albero a tenuta stagna.I bracci vengono fatti ruotare per il prin-cipio della reazione. La teoria delle ruotea reazione fu studiata dal grande matema-tico svizzero Leonardo Eulero (1707--1783). Con il figlio Albert, egli eseguìanche esperimenti con modelli funzio-nanti.

Un'influenza molto maggiore esercitòla ruota a reazione introdotta nel 1807 daMannoury d'Ectot (1777-1822), che fumolto più importante anche come propo-sta pratica. Questa ruota aveva il nomeappropriato di levier hydraulique (levaidraulica), e già pochi anni dopo la suaintroduzione più di una dozzina di ruotedi Mannoury d'Ectot erano in funzione infucine e ferriere della Normandia. Man-noury d'Ectot estese poi il principio dellaruota a reazione in una versione multipla.La ruota assumeva acqua lungo il bordointerno di un anello di palette piane ocurve e la scaricava lungo il bordo ester-no. Egli costruì la prima di queste ruote inun sito in Normandia, il mulino di Mon-taigu, nei pressi di Caen, attorno al 1804.Questa ruota era ancora in funzione nel1828 e fu oggetto di una relazione favore-

L'illustrazione ci presenta in pianta (in alto) e in sezione (in basso) una turbina da 50 cavallivapore, costruita nel 1832 da Benoit Foumeyron, che forniva getti d'aria a una ferriera francese. Ilrotore, una grande struttura in metallo fuso in un sol blocco (in colore), funzionava sommerso;l'acqua fluiva, guidata da una serie di pale fisse (in grigio), dal centro in direzione centrifuga. Ilrotore aveva un diametro di 2,4 metri e la caduta dell'acqua era di 1.3 metri. Questa turbina,che era la più grande allora nota, contribuì a far vincere a Fourneyron un premio di 6000 franchimesso in palio per l'applicazione efficace di motori idraulici a un'industria su vasta scala. I più di100 motori idraulici costruiti da Fourney ron furono fondati tutti sullo schema del flusso centri-fugo dell'acqua, nonostante Io svantaggio presentato dalle dimensioni troppo grandi del rotore.

La storia della turbina idraulicaIn che modo la ruota idraulica si è evoluta nella turbina, ossia nellamacchina che converte una caduta d'acqua in energia meccanica rotatoriae che contribuisce per un quarto alla produzione mondiale di elettricità?

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vole presentata all'Académie des Scien-ces il 21 giugno 1813 da Lazare Carnot (ilpadre del famoso fisico francese Sadi-Ni-colas-Léonard Carnot). La corona dellaruota, a forma di campana, trasportava lepalette ed era fissata a un asse verticaleche trasmetteva il movimento. Il motorelavorava sommerso.

T n nomenclatura tecnica, il motore diMannoury d'Ectot era una macchina

radiale centrifuga e l'intero rotore venivarifornito di acqua senza interruzione.Questa soluzione è detta di ammissionecompleta. Poncelet aveva valutato lamedesima possibilità, vedendo in essa unmodo per venire a capo di un'insufficien-za fondamentale nella sua ruota idraulicaverticale, per quanto razionalmente pro-gettata. In quella ruota alimentata da sot-to, l'acqua arrivava alle palette in una solaposizione; inoltre l'acqua entrava nellaruota e ne usciva nello stesso punto. Eraperciò inevitabile un'inversione del flussoall'interno della ruota. Anche una taleinversione era indesiderabile. Nel 1826,in una conferenza tenuta a Metz, Ponceletpropose di superare questa difficoltàsemplicemente trasformando la ruota daverticale in orizzontale, ammettendol'acqua tutto attorno alla periferia e scari-candola quando ormai aveva perduto lasua velocità dalla parte interna. Questamacchina era in effetti una macchina ra-diale centripeta.

Quando la Société d'Encouragementbandì il suo premio, nel 1826, il tema fuformulato in una forma curiosamentespecifica. Era vero che le ruote di Belidorerano suscettibili di perfezionamenti, maesse non erano certo l'unico tipo, e nep-pure il tipo più promettente, su cui fonda-re i futuri sviluppi. Esse non rappresenta-vano i concetti o le pratiche più avanzatied erano solo uno dei molti modi esistentiper estrarre energia dall'acqua corrente.Nel 1826 erano disponibili anche l'effi-ciente ruota, completamente metallica,alimentata da sopra, la ruota di Poncelet,montata verticalmente o orizzontalmen-te, e il levier hydraulique e le sue varianti.In effetti queste ultime macchine costitui-vano la parte principale del vario reperto-rio del tempo. Una ragione dell'alto livel-

La figura illustra due criteri teorici che devonoessere soddisfatti in un motore idraulico ideale.Il primo criterio (n, b) è che l'acqua deve entra-re nel motore senza disperdere energia in unimpatto turbolento. L'effetto è illustrato perdue pale a profilo curvo di una ruota idraulicaalimentata da sotto sviluppata dall'ingegneremilitare francese J. V. Poncelet; l'acqua (incolore) che esce velocemente dal condotto salelungo la superficie concava della pala con mi-nima turbolenza. Il secondo criterio è chequando l'acqua esce dal motore (c, d) dovreb-be aver perduto tutta la sua velocità iniziale.Questo criterio risulta soddisfatto quando l'ac-qua comincia a scaricarsi nel canale del mulinoormai priva del moto in avanti e spinta solodalla gravità. Il rendimento delle ruote idrau-liche di Poncelet raggiungeva il 70 per cento.

lo della loro efficienza consisteva nel fattoche la loro progettazione era stata guidatada principi teorici.

Nella ricerca delle origini della turbinaidraulica sono stati ignorati anche

troppo spesso il gran numero e la varietàdi tipi di ruote idrauliche esistenti all'ini-zio dell'Ottocento. Quando ci si imbattein un nuovo vocabolo, in questo caso iltermine «turbina», si tende in genere acercare il nome di un inventore e a pren-dere l'avvio da lui. In questo caso nonesiste il nome di un inventore. Nessunoinventò un tipo di motore idraulico fon-damentalmente nuovo, che condannassea una rapidissima scomparsa la grandevarietà di motori antiquati allora esisten-ti. La turbina è il punto d'arrivo di varielinee di sviluppo parallele che finirono poigradualmente per convergere. Da questaconvergenza emersero a mano a manoconcetti e tecniche nuovi e migliori. Nel-l'evoluzione della turbina idraulica svolsein particolare un ruolo cruciale un inge-gnere francese, Benoit Fourneyron(1802-1867). Un altro, Claude Burdin(1790-1873), inventò il termine.

Burdin era un ingegnere militare (uffi-ciale nel Corps Royal des M ines) e docen-te alla scuola mineraria di Saint-Etienne.Nel 1822 presentò all'Accadémie desSciences un saggio intitolato Des turbineshydrauliques ou machines rotatoires àgrande vitesse. In quest'occasione per laprima volta venne usato il termine turbi-na. Burdin l'aveva coniato dal latino tur-bo: tutto ciò che si muove vorticosamen-te, per esempio una trottola. Quando, nel1824, l'Accademia riferì sul saggio diBurdin, fu espresso interesse, ma l'appro-vazione fu solo parziale. Fu sottolineatoche, benché l'analisi di Burdin insistessegiustamente sul duplice requisito chel'acqua entrasse nella macchina senzaimpatto e ne uscisse senza velocità, nel1822 queste condizioni non potevano cer-tamente essere considerate originali. Nécoloro che giudicarono il contributo diBurdin si accontentarono del fatto che gliesperimenti da lui compiuti con le suemacchine rotatorie a grande velocità fos-sero stati «abbastanza numerosi da confe-rire alla sua relazione tutta la precisionedesiderabile».

Di fatto la più originale, e potenzial-mente la più promettente, fra le varie ideedi Burdin era il progetto di una turbinaradiale centrifuga azionata dal libero ef-flusso d'acqua da un rotore centrifugo.Secondo i concetti teorici contenuti nellostudio di Burdin al progetto della turbina,le pale guida stazionarie e le pale mobili(in numero di sei) avevano forma e ango-lazione appropriate per assicurare chel'acqua entrasse nella turbina senza urto ene uscisse con velocità nulla. Evidente-mente egli aveva familiarità con la teoriadelle ruote idrauliche dell'epoca e il suoprogetto radiale centrifugo era concet-tualmente importante: fu lo schema fon-damentale usato da Fourneyron in ogniturbina da lui costruita. Per Burdin, però,la verifica pratica della validità del suoprogetto era un'altra cosa. Pare che egli

non abbia mai fatto nessuna dimostrazio-ne neppure con un modello funzionante,per non parlare di un prototipo.

Nel 1827 Burdin tentò di vincere ilpremio di 6000 franchi messo in paliodalla Société. Alle sue analisi teoricheprecedenti aggiunse una discussione edescrizione di macchine funzionanti cheerano state costruite e usate. Queste mac-chine non erano però espressioni pratichedel concetto radiale centrifugo; esse nonerano altro che elementari ruote a reazio-ne, nella maggior parte dei casi variazionisu macchine euleriane. Burdin non ebbeperò alcuna difficoltà a designarle tuttecome turbine. Le sue ruote a reazionepossono anche aver dato buona prova disé nelle forge e nelle segherie del Puy-de--D6me dov'erano usate, ma non eranonulla di eccezionale per quanto concernela potenza, la velocità, l'efficienza e lanovità di concezione. Certo non furonoconsiderate un perfezionamento suffi-ciente rispetto ai motori idraulici esistentiper rispondere ai criteri fissati dalla socie-tà. Burdin fu nondimeno ricompensatoper i suoi progetti teorici con parole diincoraggiamento e con un premio di con-solazione di 2000 franchi. Il premio prin-cipale non fu assegnato.

Dal 1817 al 1819 Fourneyron studiòalla scuola mineraria di Saint-

-Etienne; per qualche tempo, nel 1818, fudiscepolo di Burdin. Non si sa in qualemisura Burdin abbia influito sull'interes-se di Fourneyron per l'energia idraulica,anche se alcuni autori si sono espressi conuna certa sicurezza su questo punto. Inogni caso, prima ancora di raggiungere lamaggiore età Fourneyron aveva costruitoun laminatoio ad acqua sul fiume Ognon,che si immette nella Sa6ne a est di Digio-ne. Il successo di questo mulino lo inco-raggiò ad affrontare uno studio più appro-fondito della progettazione e della co-struzione di ruote ad acqua.

La prima turbina idraulica sperimenta-le di Fourneyron fu sviluppata e verificatanello stesso luogo. Pont-sur-l'Ognon, frail 1823 e il 1827. Era una piccola macchi-na azionata da una caduta d'acqua di 1,4metri e poteva funzionare sommersa onon sommersa. Nei casi in cui poteva dareil suo rendimento massimo, che era supe-riore all'80 per cento, svilupppava circasei cavalli vapore a 60 giri al minuto. Ilflusso dell'acqua era radiale centrifugo,ad ammissione completa. Questo fu unoschema da cui Fourneyron non si allonta-nò mai. Nel 1827 dovette trasferire la sua

Il cosiddetto mulino norvegese o scandinavo, una ruota idraulica con una sequenza di paleorizzontali anziché verticali qual era tipica delle ruote vitruviane come quelle di Poncelet, èun lontano precursore dei motori idraulici orizzontali a rapida rotazione che entrarono in usonelle regioni del Mediterraneo occidentale e altrove in Europa nel corso del Settecento.

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Questo mulino norvegese perfezionato, descritto da Bernard Forest de Belidor, funzionavacompletamente sommerso. La ruota di legno cerchiata di ferro è stata sezionata per mettere inevidenza le pale orizzontali curve. L'acqua entrava nella camera della ruota dal condotto a sinistrala cui sezione andava restringendosi; la pressione dell'acqua al di sopra della ruota e il suo moto dirotazione attraverso la sequenza delle pale si combinavano per produrre il movimento della ruota.

Questo nuovo tipo di motore idraulico, la cosiddetta «leva idraulica» di Jean Charles AlexanderFrangois de Mannoury d'Ectot, era una ruota a reazione il cui principio di funzionamento è identicoa quello degli attuali annaffiatoi rotanti. La sua origine è ignota, ma sappiamo che macchine delgenere furono sperimentate dal grande matematico svizzero del Settecento Leonardo Eulero. Ilmotore idraulico di Mannoury d'Ecot fu introdotto nel 1807 e divenne poi popolare in Normandiacome motore primo per fucine e ferriere. La connessione fra il condotto di alimentazione e il rotorea due bracci a tenuta stagna fu un problema che non venne mai risolto in modo soddisfacente.

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La direzione centripeta del flusso d'acqua è illustrata in pianta (in alto) e in sezione (in basso).Questa turbina appartiene al tipo proposto per la prima volta da Poncelet fra il 1820 e il 1830 ebrevettato negli Stati Uniti nel decennio successivo. L'acqua entra nel motore passando attraversoUn?. Serie di pale fisse (o) e fa ruotare un rotore centrale (b) L'acqua esce poi per un condotto discarico che si apre in prossimità del centro del motore. Questa è una turbina del tipo costruitoper la prima volta da James B. Francis nel 1849 e poi installata a Lowell, nel Massachusetts.

potesse fungere in qualche misura davolano. Ma anche in nnectn caso, per unaruota che abbia un diametro di 6 metri,tali velocità rappresentano meno di 8 girial minuto.

Le ruote orizzontali erano più veloci;sin dal principio pare che una velocità dirotazione di 50 giri al minuto fosse abba-stanza normale. In seguito questa velocitàfu considerata modesta. Si dice che alcuneruote settecentesche, del tipo detto rouelsvolants (ruote volanti), raggiungesserovelocità comprese fra 40 e 60 giri al minu-to. Oggi nei Balcan i ruote idrauliche oriz-zontali dei tipi più semplici hanno nor-malmente velocità comprese fra 70 e 90giri al minuto. In Francia prove compiutefra il 1820 e il 1830 a Tolosa e nei dintornidimostrarono che le velocità di rotazioneerano normalmente superiori a 100 giri alminuto, toccando a volte anche i 130 giri

fiorente attività di ingegnere a Besan93n,sui youos, un nume ueua riaiieache ha corso parallelo a quello dell'O-gnon. Qui, fra il 1827 e il 1832, Fourney-ron sviluppò ulteriormente le sue ideenella costruzione di altre due turbine.Entrambe erano destinate a fornire i get-ti d'aria alle ferriere di Dampierre e diFraisans. Il motore di Fraisans era la tur-bina più grande del tempo: la sua ruota,di 2,4 metri di diametro, forniva 50 ca-valli vapore sfruttando una caduta d'ac-qua di 1,3 metri.

Quei nove anni di diligente progetta-zione e sperimentazione avevano consen-tito a Fourneyron di portare non solo lesue idee ma anche le sue tre turbine a unpunto di efficienza tale che, all'età di 31anni, si sentì abbastanza fiducioso da sot-toporre i suoi appunti alla Société d'En-couragement. Nel 1833 la sua particola-reggiata esposizione della teoria delleturbine e delle loro prestazioni pratichegli valse il premio di 6000 franchi. Dopoquasi un secolo la roue à cuve di Belidorera stata perfezionata «ufficialmente».

Nei trent'anni successivi, Fourneyronprogettò e installò più di cento turbine inFrancia e in altre nazioni d'Europa. Al-cune sue turbine finirono addirittura negliStati Uniti, la prima attorno al 1843, e viesercitarono un'influenza considerevole.I motori di Fourneyron potevano adattar-si a situazioni molto varie. Nel 1837, peresempio, ne installò due in una filanda aSankt Blasien, una cittadina della SelvaNera. Una utilizzava una caduta d'acquadi 108 metri e l'altra di 114. Cadute d'ac-qua così elevate comportavano pressionidi una grandezza senza precedenti, le qua-li posero a Fourneyron problemi di diffici-le risoluzione. Uno degli inconvenientiprincipali era costituito dal fatto che isupporti a cuscinetto dell'albero dellaturbina erano sottoposti a un carico cosìforte da dover essere sostituitiogni 10-14giorni. Le prestazioni delle turbine diSankt Blasien furono però una rivelazio-ne: esse ruotavano a 2300 giri al minuto esviluppavano una potenza di 60 cavallivapore e un rendimento superiore all'80per cento. Per una fabbrica di tessuti adAugusta, Fourneyron costruì due turbineche dipendevano da una caduta d'acquamolto bassa, ciascuna delle quali era ingrado di sviluppare 220 cavalli vapore.Queste furono le turbine più potenti dalui realizzate: insieme azionavano 30 000fusi e 800 telai.

'opera di Fourneyron ebbe un'impor-, tanza centrale, non solo nel coordi-

nare gli sviluppi separati, in corso da de-cenni, di idee distinte, ma anche nel pro-porsi come punto di partenza di nuovisviluppi. In principio un certo numero diingegneri, per la maggior parte in Francia,tentarono di sviluppare il concetto dellaturbina centrifuga di Fourneyron. Essinon ebbero però successo: nello schemadi Fourneyron c'erano difetti intrinseciche vennero ben presto identificati. Peresempio, risultò che le prestazioni delleturbine di Fourneyron erano molto buonesolo in certe condizioni limitate. Quando

lavoravano sommerse, a piena ammissio-- unu rve-c.ccirsrua n,.,l, nnale Pr2r1f1eAtP

progettate, erano molto efficienti. Se lecondizioni mutavano, e in particolare se ilflusso d'acqua veniva ridotto allo scopo diridurre la produzione di potenza, la loroefficienza calava in modo brusco. L'espe-rienza pratica rivelò un altro problemache era potenzialmente ancora più serio.Se veniva tolto bruscamente alla turbina ilsuo carico, a meno che la turbina nonfosse stata prontamente fermata, essaacquistava velocità al punto da rischiaredi andare in pezzi.

Non sorprende. quindi, che la turbinadi Fourneyron venisse rapidamente supe-rata. La revisione più fondamentale con-sistette nell'abbandono della configura-zione centrifuga. Furono studiate tre al-ternative: in capo a un certo tempo tutt'etre ripagarono gli sforzi profusi e detterobuoni risultati. Fra il 1840 e il 1850 gliingegneri europei si dedicarono allo svi-luppo del concetto di flusso assiale, unacategoria di turbine idrauliche che è rap-presentata oggi dalle turbine «a elica» deltipo Kaplan. Negli Stati Uniti SamuelHowd e Uriah A. Boyden (1804-1879)gettarono le basi su cui si sviluppò poi illavoro di precisione di James B. Francis(1815-1892). Francis portò al successo ilmotore a flusso centripeto e successiva-mente quello a flusso misto. Questi moto-ri rappresentano una seconda categoria diturbine idrauliche moderne, una catego-ria che viene indicata ancora, anche senon del tutto appropriatamente, con ilnome di Francis.

Una terza linea di sviluppo, che devepoco o nulla a Fourneyron, seguì il con-cetto di una ruota verticale azionata da ungetto d'acqua applicato in un punto dellasua circonferenza. Il flusso dell'acqua at-traverso la palettatura era centripeta eradiale nel modo descritto da Poncelet nel1826. Questa impostazione condusse in-fine alla turbina Pelton: un getto o piùgetti d'acqua vanno a colpire una serie dicucchiaie di forma speciale fittamentedisposte attorno al bordo di una ruota.La turbina Pelton fu sviluppata alla finedell'Ottocento da un gruppo di ingegnericaliforniani, fra cui Lester A. Pelton(1829-1908). Pelton non era affatto l'u-nico membro del gruppo ad avere buoneidee tecniche, ma pare che avesse fra tut-ti il più spiccato acume commerciale.

In breve, l'evoluzione dei motori primiidraulici progredì mediante progressivimutamenti e perfezionamenti che furonocontinuamente controllati e valutati. Inquesta prospettiva, a chi dev'essere rico-nosciuto il merito di avere inventato laturbina idraulica? A Fourneyron, oppuresi dovrebbero riconoscere meriti pari, osuperiori, a Francis o a Pelton o a Burdino a Mannoury d'Ectot? In realtà que-st'impostazione non sembra prometteremolto. È invece più utile esaminare latransizione rappresentata dall'introdu-zione della parola turbina. Adottandoquesta impostazione si perviene a vederecome alcuni storici della tecnologia si sia-no ingannati su questo problema.

È difficile stabilire valori numerici per

le prestazioni di ruote idrauliche del Set-tecento. Per velocità di rotazione delle. -..------ruote si possono però fornire almeno al-cuni ordini di grandezza. Una ruota ali-mentata da sotto azionata da una cadutad'acqua di metri 4,9 dovrebbe avereidealmente alla sua periferia una velocitàdi 4,9 metri al secondo. Se la ruota avesseun diametro di 6 metri, la sua velocità dirotazione dovrebbe essere di 15 giri alminuto. A seconda del diametro dellaruota e di variazioni nella caduta d'acquadisponibile, si possono postulare unagamma di velocità comprese fra 10 e 20giri al minuto. Le ruote alimentate dasopra erano in generale decisamente piùlente. Smeaton consigliò velocità perife-riche non superiori a 0,6-0,9 metri al se-condo, anche se di solito si preferiva avereuna velocità un po' più alta (da 1,2 a 2,4metri al secondo) per far sì che la ruota

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Questo motore verticale, la ruota Pelton, fu progettato fra il 1880 eil 1890. Un getto d'acqua proveniente da un ugello (in basso a sini-stra) colpisce una sequenza di doppie tazze fissate al rotore. Il profilocurvo delle tazze (a) serviva a estrarre dall'acqua il massimo di ener-

gia. Una ruota Pelton da 100 chilogrammi, in grado quindi di poteressere trasportata da due uomini, veniva usata nelle miniere d'oro;essa poteva fornire una potenza di 125 cavalli vapore. La stessa con-figurazione si riscontra anche in alcune moderne turbine idrauliche.

al minuto. Si dice che anche una dellemacchine euleriane di Burdin abbia ruo-tato a 80 giri al minuto.

Non è perciò un fatto puramente for-male classificare le ruote idrauliche inruote verticali od orizzontali; ai due tipicorrispondono infatti due ambiti di velo-cità distinti. In questo modo evidente-mente le ruote idrauliche erano differen-ziate nei primi decenni dell'Ottocento.Risulta chiaro perciò che quando Burdinintitolò il suo saggio del 1822 Des turbineshydrauliques ou machines rotatoires àgrande vitesse, usò la parola turbina nonper specificare una nuova categoria dimotore idraulico, ma semplicemente perdesignare quella categoria di ruote idrau-liche la cui velocità di rotazione era relati-vamente più elevata.

Burdin non andò oltre questa distin-zione. Egli non ebbe alcuna esitazione adescrivere come turbine tutte le sue mac-chine, le quali avevano tutte un'elevatavelocità di rotazione. Tutte le macchine diBurdin erano ruote orizzontali. Pocotempo dopo, l'orientamento della ruotavenne considerato un criterio, alla stessastregua della velocità di rotazione del suoalbero motore. Per esempio, nel 1847 fustabilito che «le ruote orizzontali vengo-

no chiamate di solito col nome generale diturbine». Undici anni dopo l'ingegnerefrancese Jacques-Eugène Armengaud(1810-1891), in uno studio generale deimotori idraulici, intitolò un capitolo Desturbines ou roues horizontales. Nello stes-so anno un altro ingegnere francese, Art-hur Morin, accennò a «des nouvellesroues à axe vertical, appelées turbines»(nuove ruote ad asse verticale, chiamateturbine). Morin continuava osservando:«Il nome turbina è nuovo e fu introdottodal signor Burdin, che lo applicò a una ditali ruote da lui costruita, e da allora èstato attribuito indifferentemente a tuttele ruote ad asse verticale che traggonoqualche vantaggio dal ruotare affogatenel loro canale di scarico».

La distinzione terminologica perse benpresto ogni importanza. Nella secondametà dell'Ottocento la ruota idraulicaverticale vitruviana era una cosa del pas-sato e tutti i motori idraulici venivanochiamati turbine. In realtà avrebberopotuto essere chiamati altrettanto giu-stamente ruote idrauliche (come del restoavveniva non di rado, specialmente inAmerica), o anche «ruote idrauliche per-fezionate» o «ruote idrauliche superiori».E verso la fine dell'Ottocento la configu-

razione di Pelton fu chiamata ruota Pel-ton e solo raramente turbina Pelton.

Una certa preoccupazione terminolo-gica è nondimeno persistita. Spesso

si distingue fra ruote idrauliche e turbineidrauliche dicendo che le turbine sono piùpiccole, più veloci, lavorano sommerse,possono utilizzare una vasta gamma dicadute d'acqua e infine sono più potentie/o hanno un maggiore rendimento. Ciòequivale tuttavia a limitarsi a compilareun elenco delle caratteristiche superioridelle ruote idrauliche più recenti piutto-sto che evidenziare caratteristiche fon-damentalmente diverse. In quest'opera-zione si perde di vista un punto importan-te. Per ragioni proprie, che non eranonecessariamente cattive, Burdin avevainventato una parola. Egli non fu l'inven-tore di una nuova macchina, come delresto non lo fu nessun altro. I motoriidraulici rotanti, chiamati in precedenzaruote idrauliche, furono perfezionati pergradi, nel corso di anni e attraverso illavoro di molti ingegneri. Nell'ambito diquesta estesa sequenza di sviluppo e diperfezionamenti successivi, quel tipo dimotore idraulico venne a esser noto cometurbina.

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