La Speranza n. 12

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Mese di Dicembre Anno 2003 2003 2003 2003 Numero 12 12 12 12 Parrocchia “S. Maria Assunta” S. Maria Assunta” S. Maria Assunta” S. Maria Assunta” Via Castello - 86085 Pietrabbondante (IS) CICLOSTILATO ICLOSTILATO ICLOSTILATO ICLOSTILATO IN IN IN IN PROPRIO PROPRIO PROPRIO PROPRIO Interno Chiesa Arcipretale “Santa Maria Assunta” Interno Chiesa Arcipretale “Santa Maria Assunta” Interno Chiesa Arcipretale “Santa Maria Assunta” Interno Chiesa Arcipretale “Santa Maria Assunta” - XVII Secolo XVII Secolo XVII Secolo XVII Secolo - Pietrabbondante (IS) Pietrabbondante (IS) Pietrabbondante (IS) Pietrabbondante (IS)

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La Speranza - Notiziario Parrocchiale di Pietrabbondante - Dicembre 2003

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Mese di Dicembre

Anno 2003200320032003

Numero 12121212

Parrocchia “S. Maria Assunta”S. Maria Assunta”S. Maria Assunta”S. Maria Assunta”

Via Castello - 86085 Pietrabbondante (IS)

CCCCICLOSTILATOICLOSTILATOICLOSTILATOICLOSTILATO ININININ

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Una speranza sicura...

Eventuali offerte per il notiziario parrocchiale “LA SPERANZA” possono essere fatte o direttamente al Parroco o tramite conto corrente postale n° 13019864 - intestato a Parrocchia S. Maria Assunta - Pietrabbondante (apporre causale)

No, non è un’illusione. E non è neppure una vaga speranza legata alla primavera, ad una natura che rinasce in tutto il suo rigoglio e il suo splendore.

La nostra gioia non è un esercizio di ottimismo, in cui impegnarsi di tanto in tanto o anche una sola volta all’anno.

La ragione della nostra fede è Lui, il Cristo, il Signore Crocifisso e Risorto. L’abbiamo contem-contemplato sulla croce: denudato , abbandonato, sfigurato dal dolore, straziato dallo spasimo della morte. Siamo rimasti immersi in quelle tenebre che calano su tutta il venerdì santo. Ma ora gustiamo la luce della Pasqua.

Il sepolcro vuoto! La morte non poteva trattenere più a lungo il Signore della vita …. Il sepolcro è vuoto! La pietra è rotolata via e con essa la volontà di chiedere per sempre la bocca a Colui che era passato dovunque facendo del bene.

Il sepolcro è vuoto! Non cerchiamo tra i morti Colui che è vivo. Egli dà appuntamento ai suoi in Galilea cioè a tutti i crocevia della storia …..

Non al coperto in un luogo chiuso, sicuro, denso di ricordi… ma all’aperto, nel crogiolo delle razze e dei popoli in mezzo agli incontri e agli scontri della storia, lì dove si gioca il destino dell’umanità.

E’ questa la ragione della nostra speranza: Egli è vivo in mezzo a noi, accanto a noi e tutti possiamo incontrarlo e ricevere la sua forza, il suo amore, la sua pace!

Buona Pasqua nel Signore Gesù !

Per meditare .

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S. Carlo Borromeo

Primo Protettore di Pietrabbondante Presentemente con il termine patronato si intendono tutte quelle istituzioni benefiche po-ste a protezione di categorie di persone e fra le tante si ricordano i patronati scolastici delegati fino a pochi anni fa all’assistenza degli alunni bisognosi. Liturgicamente, invece, si intende per patrono quel santo che viene venerato dal clero e dal popolo di una data località, non importa se per tradizione o per elezione, con un culto parti-colare quale protettore ed avvocato presso Dio di un popolo, di un luogo, di una determinata categoria di persone. Etimologicamente deriva forse dal so-stantivo latino patronus, usato giuridicamente dai Romani per indicare quella persona che a-veva, quale avvocato difensore, il dovere di pro-teggere dando consigli ed aiuti non solo nei ri-guardi di altri soggetti ( comunemente detto pater familias ), ma addirittura anche nei con-fronti delle corporazioni ( patronus collegii ) e delle città ( patronus municipii civitatis ). Anche se fin dalle origini la Chiesa cattoli-ca riconobbe determinate istituzioni onorifiche ai feudatari di edifici sacri nei primi secoli del Cri-stianesimo non si ha nessuna traccia circa l’istituzione dei Santi patroni, cioè la scelta del santo al quale i fedeli affidavano i loro interessi spirituali e temporali. Soltanto dopo il cosiddetto editto di tolle-ranza, emanato a favore dei Cristiani dall’imperatore Costantino nel 331, cominciò a delinearsi l’istituto di patronato, anche se dalle sue origini la Chiesa riconobbe determinate istituzioni onorifiche ai feudatari di edifici sacri solo a partire dal Medioevo, quando i feudatari avevano il diritto di nominare i sacerdoti in tut-te quelle cappelle private od oratori eretti nell’ambito del proprio territorio feudale. Suc-cessivamente questi piccoli luoghi di culto si tra-sformarono in chiese pastorali, ma gli eredi de-gli antichi feudatari continuarono a conservare per le chiese importanti privilegi, tra i quali la scelta dei sacerdoti.

A tale consuetudine la Chiesa oppose viva resistenza fino a contemplare nel diritto cano-nico—la cui compilazione fondamentale risale al 1234 al tempo del pontefice Gregorio IX– quello del patronato allo scopo di frenare l’abuso dei laici di ingerirsi nelle nomine, pur riconoscendo loro alcuni diritti ereditari che non è qui il caso di esaminare.Si ricorda, ad esempio, solo quella

particolare forma di patronato che consentiva al popolo di eleggere il proprio parroco anche se successivamente il diritto canonico stabilì che tale norma poteva esercitarsi solamente sce-gliendo fra tre chierici designati dall’Ordinario. Per quanto riguarda l’istituto formale del patronato anche se cominciò– come è stato ricor-dato– dopo l’epoca costantiniana, solo nel medio-evo ebbe un certo sviluppo in quanto la relativa legislazione è dovuta al pontefice Urbano VIII(1623-1644). Per estirpare definitivamente gli a-busi e le prepotenze circa la nomina del patrono nel marzo 1630, infatti, il Pontefice emanò prima un decreto e poi nel 1642 una “Bolla Universale” : oltre alle prescrizioni liturgiche si stabiliva che per ogni diocesi, città o centro abitato vi dovesse es-sere il Santo Patrono, scelto elettivamente dalla collettività ed approvato dalla Santa Sede. Ciò premesso, quale fu il Patrono di Pie-trabbondante prima della Bolla papale del 1642 ?. In merito non solo nessuna notizia ci è stata tra-mandata dalla tradizione popolare, ma tace an-che l’Archivio Storico Diocesano di Trivento. Seb-bene si ebbero nel passato, come ho altrove scritto, particolari devozioni per alcuni Santi, nes-suno di questi fu venerato con quel particolare culto dovuto al Patrono. Del resto– come si è già detto– mancavano del tutto le necessarie fonti giuridiche che originarono la possibilità di sceglie-re un determinato santo quale protettore per una qualsiasi comunità in quanto solo con la Bolla U-niversale del 1642 si faceva obbligo di scegliere elettivamente il Patrono. Per quanto riguarda Pietrabbondante il pri-mo santo protettore che ufficialmente si conosce è San Carlo Borromeo, come si legge in una iscri-zione che tuttora trovasi murata al di sopra dell’altare di san Rocco della chiesa arcipretale di Pietrabbondante e da me per primo notata sin dal 1975 anche se—ahimè– nel corso dei lavori di consolidamento dei danni causati dal sisma del 1984– non venne restaurata così come si dove-va!. L’ iscrizione così dice: NELL’AN(N)O DI N.S. 1618 LI’ 4 DI O( TO) BRE FU ERETTO QUEST’ALTARE DI S. CARLO BORROMEO DAL R:D: BARTOLOMEO BIL LI DEL LAGO DI PERUGIA ARCIPRE TE DI TRABBONDANTE e DALLI FEDELI DI Q (UE) STA T (ER) RA DEVOTI DI DETTO S. DI PIE ELEMOSINE NEL XII AN( N ) O DEL PRESULA TO DI MONS. FRA PAULO DEL LA GO AL P( RESE ) NTE VESC. DI TRIVENTO AD HONORE DI DIO E DELLA BEATA VER GINE N (OS ) TRA ET D. S. GLORIOSO (continua a pag. 4)

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(continua da pag. 3)

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Il vescovo mons. Bisnetti nominato nell’epigrafe apparteneva all’Ordine dei Minori e destinato alla diocesi di Trivento, ove rimase fino al 1623, quando gli successe mons. Girolamo Di Castanzo. E’ doveroso innanzi tutto far notare che San Carlo Borromeo, canonizzato solo nel 1610, venne proclamato protettore di Pietrabbondante per volontà di popolo come la stessa epigrafe conferma, così come stabilirà appena un ventennio dopo (1642) la bolla universale emanata dal pontefice Urbano VIII. Del resto, già alla fine del 1600, ancor prima cioè della sua canonizzazione, avvenuta solo nel 1610, nella chiesa di Pietrabbondante era già stato eretto un altare in onore di San Carlo. Evidentemente, come l’iscrizione lascia presumere, solo nel 1618– dopo cioè l’avvenuta canonizzazione, venne eretto un nuovo e più e più degno altare in onore di San Carlo in clima di tutta ufficialità. E’ qui appena il caso di ricordare che il suo culto si diffuse così rapidamente anche perché il cugino di San Carlo cardinal Federico, fondatore de l l ’Accademia Ambrosiana, patroc inò numerosissime manifestazioni artistiche relative alla vita ed ai miracoli alle quali parteciparono i più noti artisti. Sin dall’epoca della prima segnalazione del rinvenimento epigrafico la notizia suscitò grande interesse per cui si avverte ancora la necessità di indagare in merito. In verità la notizia non sarebbe dovuta sembrare tanto strana ove si fosse considerato che il limitrofo comune di Pescolanciano ha da tempo immemorabile come protettore San Carlo Borromeo insieme a san Sebastiano e a San basilio Magno) e non a caso il 4 novembre , giorno della sua commemorazione, si tiene tuttora una importantissima fiera di merci varie e di bestiame. Tuttavia , anche per appagare la mia curiosità, ho voluto approfondire sul caso ricerche storiche allo scopo di dare una valida risposta ai tanti interrogativi che la scoperta ha suscitato. Innanzi tutto è doveroso ricordare che san Carlo Borromeo, uno degli appartenenti più noti di quella nobile famiglia patrizia milanese, unitamente al cardinal federico ricordato da Alessandro Manzoni nei suoi Promessi Sposi, era nipote del pontefice Pio IV (istituì la festa della Madonna del Rosario a ricordo della vittoria di Lepanto) in quanto figlio della sorella duchessa Anna Amelia. Nato nel 1538 venne creato cardinale alla giovanissima età di 22 anni e subito destinato a Milano quale arcivescovo. Fu uno dei principali artefici del concilio di Trento, promosse studi, istituì orfanotrofi e ricoveri per i poveri distinguendosi in modo particolare nel corso di quella terribile pestilenza che ai suoi tempi devastò gran parte dell’Italia. Forse proprio per queste sue prove di carità cristiana la popolazione

di Pietrabbondante, certamente atterrita dalla terribile pestilenza di quei tempi, una delle quali così mirabilmente descritta dal Manzoni nei suoi Promessi Sposi, volle eleggere a suo protettore– forse il primo– San Carlo Borromeo: C’è da considerare in proposito che tuttora l’iscrizione si trova murata nella parte più alta dell’altare dedicato a San Rocco. Questo santo di origini francese, vissuto nel XIV secolo, diede tanta e tale assistenza agli appestati che venne considerato in fama di taumaturgo, tanto che San Sebastiano lo proclamò protettore della pestilenza facendogli acquistare notevole popolarità. E’ generalmente rappresentato come un pellegrino che indica la piaga prodotta dalla peste sulla coscia scoperta. Non manca il cane che, secondo la leggenda, gliela leccava. Poiché San Rocco acquistò notevole popolarità non è casuale l’aver voluto in tempi più recenti accostare la venerazione per San Carlo a quella di San Rocco a causa del’assistenza loro data ai malati di peste, morbo che continuava sempre più a mietere vittime fra la popolazione di quei tempi, atterrita a tal punto da essere considerata sorella della guerra e della fame. Non a caso nei salmi penitenziali e nelle Litanie dei Santi si diceva: a peste, fame et bello libera nos, domine.(liberaci, o Signore, dalla peste, dalla fame e dalla guerra). E’ quindi possibile pensare che nel corso dei tempi alla venerazione per San Carlo si sia sostituita quella di San Rocco, tanto da dedicargli quella statua ancora esistente ed il relativo altare nello stesso posto– l’iscrizione lo fa pensare– ove una volta vi era stato quello dedicato a San Car lo . Va r ic orda to anco ra c he precedentemente all’attuale statua di San Rocco ne esisteva an’altra molto più piccola, detta di San “ Recquille”. A suffragare tale ipotesi si ricorda che nell’Archivio Storico Diocesano di Trivento si conserva un documento dal quale si rileva che già alla fine del 1600, cioè appena una quindicina di anni dalla sua morte, avvenuta nel 1584, nella chiesa di Pietrabbondante era “ l’altare di San Carlo con quadro della Sua immagine, si dice essere stato eretto dall’Università di questa Terra di Pietrabbondante; non è consacrato,ha per dote 12 carlini l’anno, delli quali dall’Arciprete se ne celebra una Messa al mese, l’Uiversità predetta è tenuta a mantenerlo adornato e provvedendo delle cose necessarie”. Da notare che gli impegni assunti dalla Università stanno certamente a significare che quella per San Carlo è una venerazione ….tutta particolare). (Continua a pag. 6)

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Caro Dio...Quando i bambini si confidano con Dio a tu per tu-

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Tratto da “La Sacra Famiglia/ n° 4/2002

Parrocchia S. Maria Assunta C.so Sannitico, 11 86085 - PIETRABBONDANTE (IS) C.C.P. 13019864 - Parrocchia S. Maria Assunta

Comitato di Redazione de

“LA SPERANZA”

• Mons. Giovannino Santangelo

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Deceduta a Napoli nel 1559 Isabella de Capoa divenne conte di Campobasso il figlio Cesare, già duca di Guastalla. Nel 1560 sposò Camilla Borromeo, figlia del conte Gilberto e, quindi, sorella di San Carlo, il quale poco prima delle gradite nozze così ebbe a scrivere al suo confidente conte guido Borromeo: “ noi tutti dobbiamo ringraziare Dio del progettato matrimonio, la cui realizzazione ci assicura un’amicizia nobilissima in Italia e vincolo di parentela con principe così grande”.. Scrivono gli storici di San Carlo ” ebbe sempre per questa sua sorella maggiore un’affezione ed una confidenza particolare” che tutte le volte che l’arcivescovo si recava da Milano a Roma e viceversa non mancava di recarsi a Guastalla per salutare i congiunti ed i nipotini purtroppo in .una di queste frequenti visite trovò il cognato Cesare gravemente malato. Morì il 17 febbraio 1575 fra le braccia di San Carlo dopo che questi gli aveva somministrata la comunione. Il conte Cesare stimato per la sua pietà religiosa e familiare, donò alla chiesa San Giorgio Martire di Campobasso , una delle più antiche della città, una artistica pala su tavola raffigurante San Carlo Borromeo, che, benché mal ridotta, ancora trovasi sulla parete frontale del tempio in mezzo a due artistici armadi

di legno dorato. Al conte Cesare successe il figlio dodicenne Ferrante II detto Ferrantino, che nel 1587 sposò Vittoria Doria , figlia del principe di Melfi. Ferrantino III fu il terzo ed ultimo conte di Campobasso appartenente alla famiglia Gonzaga. Non va dimenticato che le relazioni far i casati Gonzaga e Borromeo furono sempre ottimi, tanto che Ferrante III in occasione della morte della moglie Vittoria Doria fece coniare una moneta d’oro in onore dello zio Carlo

di grandissimo valore numismatico da far parte della collezione già posseduta dal re d’Italia Vittorio Emanuele III: sul rovescio porta il busto mitrato del Santo e la scritta: SANCTUS CAROLUS BORROMEUS ARCHIEPISCOPUS MEDIOLANI. All’epoca dei fatti che ci interessano va ricordato ancora un altro nobile casato imparentato con i Gonzaga e, quindi , con i Borromeo. Si tratta del titolare del feudo di Agnone, che , dopo essere stato devoluto al fisco, venne assegnato a Luigi Gonzaga, del ramo della famiglia ducale di Mantova ove era nato nel 1500. Gli successe nel feudo il figlio Vespasiano al quale il medico agnonese Ascanio Mancinelli dedicò l’opera dal titolo “Floridum opusculum ecc.” stampato a Venezia il 1587. Alla morte di Vespasiano, Agnone tornò al fisco per essere venduto alla famiglia D’Aquino. (Continua a pag. 9)

(Continua da pag. 4 Illustrata, come lo spero, sul piano religioso la scelta di San Carlo quale protettore di Pietrabbondante, rimane da scioglier ancora un interrogativo; come mai, essendo trascorsi meno di dieci anni dalla sua canonizzazione avvenuta nel 1610 ed essendo vissuto in un territorio da noi tanto lontano per quei tempi ( si pensi alle carenze dei mezzi di comunicazione ed alla totale assenza o quasi di quelli di informazione ) la figura di San Carlo era diventata così popolare in un piccolo e sperduto paese di montagna , quale era in quei tempi Pietrabbondante, da venire scelto quale Patrono ed in definitiva chi ne fu il promotore?. Innanzitutto va ricordato che San Carlo dal 1560 al 1566 fu commendatario della florida e gloriosa abbazia benedettina di San Vincenzo alle Fonti del Volturno per cui fu un personaggio di primo piano nella storia religiosa—e non solo- di quei tempi anche nelle nostre contrade, nel periodo cioè in cui il monachesimo benedettino era ancora una validissima istituzione di primo piano anche e soprattutto nella vita sociale di una infinità di comunità, compresa la nostra Pietrabbondante ove esisteva fin dal X secolo l’importante monastero benedettino di Sant’Eustachio ad Arcum. Questa circostanza induce a pensare che nella zona i benedettini, che avevano ben conosciuto Carlo Borromeo, ne conservassero un grato ricordo da sentire il dovere di diffonderne la venerazione.. Non solo, ma già in quei tempi la famiglia feudale che brilla di particolare splendore non solo tra i feudatari dell’Alta Italia, ma anche nella stessa storia d’Italia, era imparentata– come si vedrà– con i Borromeo. Don Ferrante Gonzaga, duca di Guastalla e figlio terzogenito del marchese di Mantova don Francesco III e di Isabella d’Este, sposò Isabella de Capoa, fra le maggiori dame del proprio tempo. Portò in dote la contea di Campobasso, della quale ne era titolare sin dal 1523, nonché le università di Molfetta e di Gravina, nel barese. Don Ferrante, uomo coraggioso e di indiscusso prestigio tattico, partecipò unitamente a Emanuele Filiberto di Savoia alla battaglia di San Quintino del 27 Agosto 1557. Purtroppo morì subito dopo a causa di una fastidiosa malattia , assistito amorevolmente dai figli Cesare ed Andrea, due dei quattordici avuti dal matrimonio. Ferrante fu capostipite del ramo dei Guastalla trapiantato a Napoli nei Seggi di Nido e Portanova.

S. Carlo Borromeo

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Palomba Annunziata Pesa Adelina Battaglia Ruggiero Euclide Adolfo Cinque Antonino D’Ambrosio Maria Carmina Diana Grazia Latessa Giuditta Di Salvo Beatrice Battista Pasqualino Brunetti Angiolina Zarlenga Sabatino Zarlenga Elvira Zarlenga Elviera Labbate Adolfo Di Salvo Ernesto Di Paolo Amodio Santangelo Adelina Santangelo Pierino Bartolomeo Beatrice Mancini Gaetano Mariani Pasquale Di Iorio Adelina Di Pinto Nunzio Santangelo Pasqualino Bax Pasqualino Santangelo Gesilda Di Pinto Igina Di Salvo Iole Di Salvo Orazio Santangelo Lina Santangelo Domenico Vassolo Antonio Tesone Lauretta D’Onofrio Crispino Zarlenga Bambina Mistichiello Dante Di Iorio Incoronata Di Tullio Concettina Zarlenga Clelia Tesone Ida Di Clemente Paolo Antonio Di Tullio Antonio Di Ciero Elina Marra Giovanna Di Iorio Fiorino Di Salvo Massimina Massaro Marianicola De Gironimo Giovanni

Mssaro Manuela Mancini Francesco Tesone Siria

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n questo Spazio si elencano i nominativi dei nati negli anni 1902 e 2002

Serricchio Maria Teodorina Guarella Rosina Vitullo Carmine Luminiella Maria Santangelo Maria Vitagliano Adelina Tesone Giovannino Di Tullio Annibale Tosto Marianina Antinucci Ugo De Felice Giuseppa Di Iorio Antonio Vitullo Evelina Torella Domenico Tesone Antonino Zarlenga Rosario Zarlenga Severino Labate Guido Santangelo Giuseppe Tesone Maria Pesa federico Gagliarducci Orlandina Massaro Concettina Torella Arturo Battaglia Nicolino Di Tata Antonio Di Carlo Mariannina Vitullo Concettina Sforza Giuseppe Silvestri Amalia Ricci angelo Torella Cherubino Esposito Carmela

Anno 1902 Anno 2002

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Statistiche

Nell’anno 1902 si registrano:

♦ 82 nascite ♦ 46 decessi ♦ 15 matrimoni

Nell’anno 2002 si registrano:

♦ 3 nascite ♦ 24 decessi ♦ 2 matrimoni

(Vedi grafico pagina seguente)

La maestra a Pierino: -Pierino, perché si festeggia con tanta gioia la nascita del Bambin Gesù? -Forse perché qui ormai non nasce più nessuno. Troppa grazia! Una signora va a Lourdes e accende una candela chieden-do alla Madonna la grazia di avere qualche figlio. Dopo tanti anni una sua amica vede solo il marito con una bella nidiata di figli. -Dov’è tua moglie? -A Lourdes, a spegnere la candela.

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Il corso giovani per me non è una novità: infatti questa è stata la mia terza partecipazione e conosco ormai bene i meccanismi, ma ogni volta diviene sempre una vivace e fresca scoperta. Ogni anno si rinnova in me la gioia e la meraviglia per ciò che questa esperienza riesce a creare. Potrei quindi soffermarmi sulle innumerevoli nuove emozioni e sensazioni o sulle diversità riscontrate, ma preferisco parlare di quello che secondo me, in fondo, à alla base del corso: Gesù. L’amalgama tra la Parola di Dio e le esperienze attuabili al giorno d’oggi sono un’alchimia insostituibile. Il corso infatti non si basa su parole astratte o utopie, ma rende l’animo forte e preparato per intraprendere, ciascuno secondo le proprie capacità e inclinazioni, ciò che Dio vuole per tutti noi. Il Centro Nazaret attira ogni anno decine di giovani (e meno giovani) che decidono di “sacrificare” il Ferragosto caro a molti loro coetanei per dedicarsi ad un momento di pace.Prima di partire molti amici e conoscenti chiedono sempre il perché di tale decisione o perché non spendo le mie energie in qualcosa di più divertente e piacevole, non sapendo che la vera felicità è conoscere Gesù. Molti anni fa un sacerdote mi disse, facendo propria una frase di Madre Teresa, di essere una “goccia pulita”. Quello che possiamo fare è portare gocce di questa pace nel mare che è la nostra vita e quella degli altri, fatta di piccoli rancori, odio reciproco e di incomprensioni.Portare pace vuol dire amare il prossimo come te stesso, ed è stato il tema portante dell’incontro 2003. “Nuova Generazione di Costruttori di una Civiltà dell’amore”, titolo ambizioso, ma quanto mai intrigante. La freneticità ci impedisce un approccio razionale ai problemi e ci limita la visuale all’immediato, al subito, rendendoci miopi verso il poi, verso il futuro. Così durante i giorni trascorsi a Roma ho capito il “farsi Costruttori”. Portare Amore nella vita di tutti i giorni, riscoprire in noi quel farsi servo che il Cristo ci ha insegnato a sue spese. L’Amore porta Amore, solo così è possibile spezzare quelle catene che il mondo d’oggi ci impone, privandoci di possibilità e di aiuti reciproci. Grazie agli “incontri vivi con Gesù nel Vangelo”, alle varie “sfide”, alla parola dei sacerdoti e di chi mi stava vicino, grazie anche alla semplice convivenza con gli altri ho capito ed ho rafforzato in me la convinzione di non essere un superuomo, ho capito di non poter e dover salvare il mondo dai mille problemi che lo affliggono, ho capito che il servo degli uomini è già sceso

Il mio compito è più difficile, è ora qui, nel quotidiano: sorridere alla bambina triste al semaforo, aiutare la signora anziana che vive alla stazione, fare una carezza ai miei nonni, dire “vi amo” ai miei genitori. Insomma essere Costruttore di una Civiltà dell’Amore.

Riccardo ( continua da pag.6) Ancora un’altra notizia può documentare la capillare influenza che il casato Gonzaga ebbe nella nostra regione nella seconda metà del VI secolo e nella prima del successivo: la parentela con i Carafa, chiara ed illustre famiglia del patriziato napoletano discendente, si vuole, dai Caracciolo. Furono possessori di numerosi feudi, fra i quali la stessa Pietrabbondante. I Carafa, infatti, ne furono più volte titolari: 1)- nel 1352 Andrea Carafa sposò Maria dei Corvay, figlia del noto giurista Andrea D’Isernia, che portò in dote Pietrabbondante, 2)- Nel 1398 Carlo Carafa successe a Carlo Cantelmo, principe di Popoli. Sarà importante ricordare che per volontà testamentaria a Carlo successe il figlio Adriano nel 1492, il quale dichiarò di possedere Pietrabbondante “ con i casali di S. Maria in Salceto ( sarà poi detto Colle Meluccio a ricordo dell’acquirente ), Santo Nicola di monte Rigone, l’Arco, Stampamiglio, Santo Pietro e Santo Silvestro”. Questa notizia è di somma importanza ai fini di una eventuale revisione ella giurisdizione territoriale di Pietrabbondante , così come altrove proposto. Fra gli altri numerosi feudi posseduti dai Carafa si ricordano quelli territorialmente a noi più vicini: Agnone, Castel di Sangro, Pescolanciano, ecc. Erano anche possessori del feudo allora abitato di Santa Lucia della Posta unitamente al bosco omonimo) del quale attualmente non esiste altro che la piccola cappella omonima, frequentata all mese di giugno da numerosi pellegrinaggi. Possedevano anche i feudi rurali di Staffoli e di San Mauro. Ritengo di aver sufficientemente illustrato, sia pure con la l brevità che l’economia del lavoro richiede, quali furono , a mio avviso, le circostanze che diedero origine alla proclamazione di San Carlo Borromeo a protettore di Pietrabbondante : alla rapida notorietà del santo certamente non fu estranea quella folta rappresentanza del patriziato dell’epoca che in quei tempi governava la nostra regione. Si consideri soltanto che i nostri antenati venerarono San Carlo già prima della sua beatificazione, come è stato già detto. Avvenne alll’incirca quello che ai nostri tempi è avvenuto per Padre Pio. (Antonino Di Iorio)

L’esperienza di un giovaneL’esperienza di un giovaneL’esperienza di un giovaneL’esperienza di un giovane

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• Il 17 Agosto alla presenza del vescovo e di P. Vincenzo, fratello dell’artista, lo spazio antistante l’edificio scolastico è stato intitolato “ LARGO P. ANGELICO”

• Il 12 Settembre - ore 11.00 presso il si-to Archeologico di Pietrabbondante, Cerimonia per il Conferimento della Cittadinanza Onoraria al Prof La Re-gina-Soprintendente ai Beni Archeologi-ci di Roma. Dopo l’intervento del Sinda-co della città di Roma Walter Veltroni, del Presidente della Regione Michele Iorio ed il ringraziamento del nuovo Cit-tadino Prof. Adriano La Regina, è stato firmato l’Accordo di Programma per la valorizzazione del complesso archeolo-gico,storico, naturalistico del Comune di Pietrabbondante .

• Il 29 Ottobre i Bimbi con i genitori hanno partecipato a Roma all’udienza del Papa insieme a tutti i bambini delle scuole pa-ritarie del Molise ( organizzazione della FISM Regionale)

• Il 7 Dicembre il vescovo Mons. Anto-

nio Santucci ha concluso la visita pastorale alla nostra parrocchia ; dopo la Messa , c’è stata la benedi-zione della statua in bronzo di P.Pio, situata all’incrocio di via Bovianum Vetus con via Umberto 1°.Lo spazio dove è situata la statua, è stato inti-tolato “ LARGO P. PIO”

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RALLEGRATI

della Vita: È un dono che Dio ti fa ogni giorno

• 09 Marzo 03 -Celebrazione del sacramen-to della PENITENZA con la partecipazio-ne dei sacerdoti della Forania.

• 11 -Maggio 03 I Bambini della scuola Ma-

terna parrocchiale, accompagnati dai loro genitori, hanno partecipato alla FESTA DEI BIMBI a Larino:

• Nel mesi di Giugno e Agosto 2003 hanno

fatto la Prima Comunione: Ciarlone An-gelica, Di Corpo Francesca, Paglione An-gelica, Piccone Roberto, Santoro Marta , Santoro Simona, Mancini Rena-to,Marchesani Moreno, Filieri Vittorio.

• Il 23 Agosto, hanno ricevuto il Sacramento

della Confermazione: Camargo Anny, Ca-rozza Anna, Carozza Marinunzia, Caruso Alba, Di Giacomo Roberta, Di Pasquo E-minè, Di Schiavi Beatrice, Di Schiavi Igi-no, Di Tata Alida, Di Tata Anttony, Di Tata Mirko, Mancini Renato, Marchesani Adele, Mazzarella Teresa,Santangelo Antonino, Vitullo Debora, Vitullo Doriana, Zarlenga Bibian.

• Hanno coronato il loro sogno di amore : • 1-Di Tata Pamela con Aureli Patrizio ; 2-Nerone Maurizio con Arcone Antonella 3-Massaro Angela con Gioiosa Geo. ( non sono restati a Pietrabbondante) • Congratulazioni a Zarlenga Adele. che ha

conseguito la laurea in Lettere Antiche. • Hanno terminato le scuole superio-

ri :Fazzano Mario, Brunetti Daniele, Di Io-rio Augusta , Di Benedetto Eduardo .Di Salvo Gessica e Santangelo Floriana.

• Gessica e Floriana frequentano a Roma ll’Università. Jessica iscritta a Scienze dell’Educazione e Floriana a Biologia.

VALORE DI UN SORRISO

Donare un sorriso rende felice il cuore. Arricchisce chi lo riceve senza impoverire chi lo dona. Non dura che un istante, ma il suo ricordo rimane a lungo. Nessuno è così ricco da poterne fare a meno né così povero da non poterlo donare. Il sorriso crea gioia in famiglia dà sostegno nel lavoro ed è segno tangibile di amicizia. Un sorriso dona sollievo a chi è stanco rinnova coraggio nelle prove e nella tristezza è medicina. E se poi incontri chi non te lo offre sii generoso e porgigli il tuo: nessuno ha tanto bisogno di un sorriso come colui che non sa darlo. P. Faber

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