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SCUOLA EUROPEA IN ANESTESIA OSTETRICA
Master biennale di alto perfezionamento in
ANALGESIA, ANESTESIA E TERAPIA INTENSIVA IN OSTETRICIA
Direttore Prof. Giorgio Capogna
ANNO ACCADEMICO 2015-2016
LA SEPSI IN OSTETRICIA
TESI FINALE di:
Dott. Simone Baglioni Roma, 21 Ottobre 2016
INTRODUZIONE
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E’ comune in ogni ramo della medicina confrontarsi di frequente, se non quotidianamente, con le
infezioni. Non deve essere ovvio considerare che la lotta dell’organismo umano contro agenti
patogeni di ogni tipo fa parte dell’esistenza stessa e del concetto di selezione naturale, per non
ridurre mai gli sforzi clinici relativi. La nostra epoca, nell’ultimo secolo, ha ricevuto dalla ricerca
scientifica le armi degli antibiotici, degli immunomodulatori e in generale della crescita delle
terapie intensive, affiancate dalla sempre maggiore precisione dei monitoraggi. Nonostante
questo, la presenza d’infezioni e di sepsi è ancora una delle condizioni patologiche più frequenti e
che richiede non solo enormi sforzi clinici multidisciplinari ma anche notevoli risorse economiche.
La sepsi colpisce l’organismo umano a ogni età e il periodo della gravidanza non ne è risparmiato.
Mortalità e morbidità materna e fetale e l’impossibilità di poter ancora procreare, l’inevitabile
aumento di frequenza di “substandard care”, sono i corollari medico-legali che negli ultimi anni
completano, per il personale sanitario, l’impegnativo e pesante quadro clinico-assistenziale.
Scopo di questa tesi è attualizzare le conoscenze in materia ostetrica, sottolineare le migliori e
attuali strategie diagnostico-terapeutiche e suggerire nuovi orizzonti di cura, almeno nelle nostre
realtà ospedaliere, poste a un livello “ad alto reddito” dalla letteratura internazionale.
Infine segnaliamo che non si discuteranno le strategie terapeutiche relative al ricovero nei reparti
di Terapia Intensiva e quindi ci limiteremo alla considerazione di come agire nei contesti ostetrici.
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DEFINIZIONE
La sepsi, in genere, può essere definita con sicurezza come la manifestazione plurisistemica
all’infezione di qualsiasi eziologia (1).
Comunque, l’organismo giunge allo stato settico attraverso una serie di manifestazioni patologiche
(fig. 1) la cui conoscenza oggi è indispensabile per chiarire completamente il quadro clinico e di
conseguenza per istituire i provvedimenti terapeutici mirati.
BATTERIEMIA
Presenza di batteri nel torrente circolatorio (evidenziati dalle emocolture), che provocano una
reazione di breve durata dell’organismo e facilmente aggredibili con terapia antibiotica. Nel
soggetto sano non è una condizione clinica preoccupante.
Secondo un criterio temporale le batteriemie possono essere classificate in:
- batteriemia transitoria: dura da minuti a ore e si verifica in seguito a:
a) manovre odontostomatologiche (50%), urologiche (30%), gastroenterologiche,
ginecologico/ostetriche o dopo manipolazione di tessuti infetti (ascessi e foruncoli); di solito non
ha importanza patogena, tuttavia può essere responsabile di localizzazioni secondarie
(endocardio, articolazioni, ossa, meningi ecc.) soprattutto quando esistono condizioni favorenti
l'impianto dei microrganismi in queste sedi.
b) all’inizio di processi infettivi ben definiti: polmonite pneumococcica, meningite
meningococcica, cellulite streptococcica, osteomielite; anche in questi casi il quadro clinico é
dominato dall'infezione primaria localizzata a meno di evoluzione sepsigena vera e propria.
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- batteriemia intermittente: si tratta di batteriemia ricorrente e transitoria che classicamente è
associata ad infezioni suppurative localizzate in spazi chiusi (e non drenati), spesso alla base vi è
un'ostruzione intermittente (al livello delle vie biliari o urogenitali) ad esempio: ascessi intra-
addominali pionefrosi, colecistiti suppurative ecc.; questi casi si esprimono clinicamente con picchi
febbrili (febbre settico-piemica). Batteriemia intermittente può essere causata da una
manipolazione intermittente di un'area infetta e talvolta può aversi anche durante infezioni focali
quali polmonite e osteomielite.
- batteriemia continua: è caratteristica dell’endocardite infettiva e delle altre infezioni
endovascolari (tromboflebiti suppurative, aneurismi micotici) e si ha anche nelle fasi iniziali della
brucellosi e della febbre tifoide.
- batteriemia da diretta inoculazione in circolo del microrganismo: per inoculazione di materiale
contaminato (batteriemie degli eroinomani, da contaminazione di preparati per infusione
endovenosa, per infezione di cateteri endoarteriosi o endovenosi).
Le batteriemie possono anche essere classificate, in base all’eziologia, come unimicrobiche o
polimicrobiche (6-18%) e il termine “break-through bacteriemia” è stato usato per descrivere
quelle forme che si hanno in pazienti che fanno terapia appropriata per il microrganismo isolato.
S.I.R.S. (Sindrome della Risposta Infiammatoria Sistemica)
Risposta clinica a seguito di un insulto aspecifico, comprendente due o più dei seguenti criteri:
1. Temperatura (meglio timpanica) > di 38°C o < a 36°C.
2. Frequenza Cardiaca (HR) > di 90 bpm (battiti per minuto).
3. Frequenza Respiratoria (RR) > 20 atti/min, con PaCO2 < a 32 mmHg.
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4. Conta Leucocitaria: Globuli Bianchi (GB) > a 15.000/mm3 in gravidanza o < a 4.000/ mm3 e
Neutrofili Immaturi (bands) > del 10%.
SEPSI
S.I.R.S. con segni di infezione presunta o confermata
SEPSI GRAVE
Più di un segno di insufficienza d’organo:
1) Cardiovascolare: pressione arteriosa sistolica inferiore a 90 mmHg o riduzione di più di 40
mmHg dalla pressione basale e richiesta di dopamina (maggiore di 5 ɣ/kg/min) o altre
amine simpaticomometiche.
2) Renale: oligoanuria (diuresi inferiore a 0,5 ml/kg/ora), creatinina maggiore di 2 mg/dl
(e di 1 mg/dl nella gravida).
3) Respiratoria: rapporto PaO2/FiO2 inferiore a 300 in ossigenoterapia (≈ 100%), in aria
ambiente inferiore a 60 oppure saturazione periferica di O2 inferiore a 95% in maschera
con reservoire (che ha una FiO2 stimata intorno al 70%).
4) Epatica: bilirubina maggiore di 2 mg/dl.
5) Ematologica: globuli bianchi elevati o ridotti.
6) A carico del Sistema Nervoso Centrale: sopore o agitazione, Glasgow Coma Score (GCS)
inferiore a 13.
7) Omeostatica: acidosi metabolica inspiegata, lattati maggiori di 2 mmol/l e di 4 mmol/l in
gravidanza.
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SHOCK SETTICO
Sepsi grave con segni d’insufficienza cardiovascolare (ipotensione) refrattaria al carico idrico
iniziale e che inoltre richiede l’utilizzo di amine.
SHOCK SETTICO REFRATTARIO
Shock settico con ipotensione refrattaria a carico idrico e a farmaci, ma che richiede dosi di
dopamina maggiori di 6ɣ/Kg/min..
SEPSI FULMINANTE
Dopo un periodo di incubazione brevissimo (in genere di 24 ore) con o senza sintomi o segni di
batteriemia o di S.I.R.S., insorge improvvisamente lo shock settico refrattario associato a D.I.C.,
insufficienza multipla d’organo, petecchie cutanee ingravescenti, GCS < 13.
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Fig1: Possibili scenari clinici delle infezioni in gravidanza.
S.I.R.S SEPSI SEPSI GRAVE SHOCK SETTICO
SHOCK SETTICO SHOCK SETTICO REFRATTARIO
BATTERIEMIA/S.I.R.S. SEPSI FULMINANTE
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DEFINIZIONE DI SEPSI IN OSTETRICIA
Secondo le recenti raccomandazioni della World Health Organizition (WHO)(2) alle quali si appoggia
anche l’A.I.F.A, la definizione di sepsi in ambito ostetrico raccoglie tutti gli eventi che avvengono
dopo il parto (non necessariamente a termine di gravidanza): quindi riguarda “le infezioni che
avvengono nel lasso di tempo fra la rottura delle membrane o il parto e il 42° giorno del
puerperio” ed è presente uno o più dei seguenti sintomi o segni:
1) dolore pelvico
2) febbre
3) anormali secrezioni vaginali
4) secrezioni maleodoranti
5) ritardo nella riduzione delle dimensioni uterine nel postpartum.
Comunque, anche se autorevoli associazioni come l’American College of Chest Physician e la
Society of Critical Care Medicine hanno ampiamente provveduto a definire in maniera esauriente
la sepsi per pazienti non ostetrici e, nel 2001 l’International Sepsis Definition Forum abbia
ampliato il concetto secondo le variabili fisiologiche, proprio la fisiologia della gravidanza ed in
particolare i cambiamenti del peripartum, provocano lacune anche nella stessa definizione.
I motivi sono molteplici. La sepsi nella gravida può insorgere in ogni momento: prima del parto,
durante il travaglio, nel puerperio. In più può originare da diverse fonti e non solo dal tratto
genitale.
Tale difficoltà è chiara nella organizzazione dei casi di sepsi del Confidential Enquire Report
inglese, nel quale vengono definite morti dirette quelle del tratto genitale provocate dallo
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Stafilococco piogene beta-emolitico Gruppo A, mentre quelle non correlate al tratto genitale sono
classificate come morti indirette (ad esempio la meningite o le conseguenze settiche dell’HIV).
Ancora una volta, però, World Health Organizition ci viene in aiuto introducendo nei termini di
“infezioni puerperali” il più esteso concetto di “sepsi puerperale” che comprende non solo
infezioni del tratto genitale, ma anche tutte le infezioni extragenitali e accidentali (2) (Tab. 1)
Infezioni del tratto urogenitale correlate a travaglio, parto e puerperio:
Infezioni provenienti dall’utero e dalle strutture ad esso collegate (es.: endometriti)
Infezioni di origine urologica
Infezione specificamente correlate alla nascita, ma non nel tratto urogenitale:
es.: ascesso mammario
Infezioni accidentali:
Infezioni respiratorie, malaria, ecc.
Tab. 1: Definizione di “Sepsi Puerperale” secondo W.H.O..
Antepartum l’eziologia e i fattori di rischio sono maggiori e più complessi, specialmente se le
manifestazioni cliniche si verificano durante il travaglio. Le riassumiamo in tab. 2.
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Colecistite
Pielonefrite (3 – 4% di tutti i ricoveri antepartum)
Infezioni del tratto urinario
Appendicite (1/1500 gravide)
Polmonite (0,5 – 1,5/1000 gravide)
Influenza
Cerchiaggio infetto
Corionamniosite/endometrite (cause: numero delle visite vaginali, introduzione diretta batteri,
pPROM, prolungato periodo con rottura delle membrane)
Mastite puerperale
Tab. 2: Eziologia e fattori di rischio di infezione/sepsi antepartum. Adattata da (3). Legenda:
pPROM = prematura rottura delle membrane in pretermine.
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INCIDENZA
La batteriemia si attesta su un’incidenza tra l’8 e il 10% (4) senza evoluzione verso S.I.R.S o sepsi.
Fino agli anni 50 l’incidenza di sepsi puerperale negli Stati Uniti e in Svezia raggiungeva quasi i
1.000 casi per 100.000 maternità, quarant’anni più tardi questi dati crollavano al 9,8 e al 6,6 per
100.000 rispettivamente (5, 6).
Nel Regno Unito, in accordo con il Confidential Enquiry into Maternal and Child Health (CEMACH) i
casi mortali di sepsi sono quasi raddoppiati nell’ultima decade: infatti dallo 0,65 per 100.000
maternità dal 2000 al 2002 si è passati all’1,13 per 100.000 dal 2002 al 2008, portando la sepsi
materna fra le prime cause dirette di morte materna (7).
Nel 2013 un’importante analisi statunitense (8) sulla mortalità e morbidità materna per sepsi
analizza poco meno di 45 milioni di casi relativi a gravide ospedalizzate affette da sepsi grave.
La fig. 2 indica i risultati, ma soprattutto l’incremento negli ultimi anni delle complicanze gravi.
Fig. 2: Incremento dell’incidenza di sepsi, sepsi grave e morte materna correlata negli Stati Uniti
dal 1998 al 2008. (8)
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La sepsi complica la gravidanza in 1:3.333 parti, la sepsi grave si riscontra in 1:10.823 parti e le
morti materne ad essa correlate hanno un’incidenza di 1:105.384 parti.
Inoltre, mentre la frequenza di aumento di casi rimane costante per la sepsi, nel periodo di tempo
preso in considerazione (1998 - 2008), sia la sepsi grave che la mortalità aumentano del 10%.
Se però, questi dati vengono adattati per i fattori di rischio, la frequenza della sepsi grave aumenta
da 1:15.385 (95% CI, 1:12.987–1:18.519) a 1:7.246 (95% CI, 1:6.329–8.333): in pratica raddoppia.
Lo shock settico è più raro in gravidanza. Per fortuna avviene nello 0.002 – 0.01% dei parti e viene
registrato soltanto nello 0.2 – 0.6% dei casi di sepsi grave.
Nelle gravide che hanno manifestato i sintomi della batteriemia, lo shock settico si manifesta nello
0 – 12% dei casi (9).
Infine, dati sull’incidenza della sepsi fulminante sono piuttosto rari e si concentrano soprattutto
sul primo trimestre di gravidanza. Includono le complicanze dopo amniocentesi o villocentesi e
infezioni endometriali e miometriali primitive. Si ipotizza che possa accadere nello 0.03 – 0.19%
dei casi di batteriemia o sepsi. La mortalità dipende dal microorganismo responsabile (es.: 60 –
70% se coinvolto il Clostridium Perfrigens), dalla rapidità nella diagnosi e nell’attuazione delle
terapie (a volte mutilanti): comunque è alta (10).
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FATTORI DI RISCHIO MATERNI E COMORBIDITA’
Sono state con chiarezza descritte due categorie di fattori di rischio relativi alla sepsi ostetrica:
fattori di rischio collegati alla gravida e fattori di rischio indipendenti.
FATTORI DI RISCHIO COLLEGATI ALLA GRAVIDANZA
MIOMETRITI, ENDOMETRTI, PANMETRITI PERIPARTUM E ASCESSO MIOMETRIALE
Hanno spesso origine da un’infezione del tratto genitale inferiore. Nel 70% dei casi che compaiono
nel postpartum l’eziologia è polimicrobica(11) e proveniente soprattutto dalla flora batterica
vaginale, ma non sono infrequenti i casi relativi a infezioni sessualmente trasmesse (12, 13).
Nei paesi ad alto tenore di vita la maggior parte dei casi avviene dopo taglio cesareo, di converso,
nei paesi in via di sviluppo dopo parto vaginale. La frequenza, quindi, è variabile, ma i maggiori
rischi nel postpartum sono dovuti a taglio cesareo (soprattutto pretermine), rottura prolungata
delle membrane (pPROM), lungo periodo di travaglio con molteplici esami vaginali, gravide
attempate, basse condizioni socioeconomiche (14).
Inoltre, le endometriti si suddividono in: precoci, quando si manifestano entro 48 ore e tardive
quando compaiono da tre settimane a sei mesi dopo il parto.
Dal lato istologico le forme acute si contraddistinguono per la presenza di neutrofili nelle
ghiandole endometriali, d’altro canto le forme croniche presentano cellule plasmatiche e linfociti
nello stroma endometriale. Spesso in questi casi si riscontra anche materiale placentare o è
presente un aborto.
I segni clinici sono quelli sopradescritti, ma è importante ricordare che possono essere tutti assenti
o sfumati, tranne la febbre.
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La terapia antibiotica ad ampio spettro va iniziata al momento della diagnosi (anche al momento
del sospetto diagnostico!). Solo per i casi conseguenti ad aborto o a ritenzione placentare è
indicata la via chirurgica. I microascessi uterini spesso non rispondono agli antibiotici.
ABORTO SETTICO
E’ definito come una sepsi conseguente ad un’interruzione della gravidanza spontanea o
provocata.
Nei paesi sviluppati è un’evenienza piuttosto rara (1:100.000 procedure), ma nelle società in via di
sviluppo è una causa primaria di mortalità e morbidità: WHO stima che dal 25% al 50% delle
500.000 morti materne l’anno siano imputabili sepsi dopo aborto illegale. Negli U.S.A. il ricovero in
ospedale per le conseguenze di aborto settico è molto basso (0.21 per 1.000 casi).
Le pazienti più a rischio sono le giovani ragazze non sposate e le pluripare (alle quali si aggiunge il
rischio di perforazione uterina).
La diagnosi clinica, oltre al test positivo di gravidanza, si basa sui classici sintomi e segni, tra i quali
prevalgono: febbre, dolore pelvico o addominale basso, sanguinamento vaginale o espulsione di
materiale sieroematico maleodorante o purulento. Quando, raramente, le pratiche abortive sono
fallite o è rimasto in utero materiale, si può verificare un ematometra.
Comunque, il motivo principale per cui si giunge alla morte materna per aborto settico è il ritardo
nella diagnosi che conduce a tutte le complicanze addominali e d’insufficienza d’organo fatali.
L’eziologia è di solito polimicrobica e comprende germi della normale flora batterica vaginale e
dell’endocervice, con l’associazione sia di organismi patogeni da trasmissione sessuale, sia
derivante da pratiche prive di sterilità (sono state descritte infezioni tetaniche).
La terapia, oltre a quella antibiotica, prevede lo svuotamento chirurgico dell’utero eco guidato o
preceduto dalla somministrazione di prostaglandine F2α o alte dosi di ossotocina. Sono
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controindicate le prostaglandine E ed il dinoprostone nella sepsi a causa dell’iperpiressia come
effetto collaterale.
Infine, l’utilizzo di Mifeprostone per indurre farmacologicamente l’aborto è stato recentemente
associato a sepsi fulminante fatale in giovani donne sane, soprattutto in associazione ad infezione
da Costridium sordelii (1% di tutte le specie di Clostridii), una settimana dopo l’utilizzo del
farmaco(15).
CORIONAMNIOSITE
Le infezioni intraamniotiche possono complicare un parto dal 10% al 24% dei nati a termine e fino
al 67% dei parti pretermine (8,16).
Oltre alla morbidità materna, anche il feto è coinvolto e può subire conseguenze anche fatali.
Oltre a gravide appartenenti a ceti o popolazioni meno abbienti, la corionamniosite è frequente
anche nei travagli prolungati e soprattutto in casi di pPROM non solo misconosciute.
La sepsi complica la corionamniosite nello 0,5% - 1,3% dei casi (11).
La diagnosi deve essere fatta intrapartum, utilizzando la clinica materna, quella fetale (alterazione
CTG e tachicardia fetale “parallela” spesso a quella materna in caso di febbre o S.I.R.S.) e gli esami
di laboratorio. Dopo il parto sono obbligatorie le indagini microbiologiche sul liquido amniotico.
La terapia antibiotica riduce sia la mortalità materna sia quella fetale. Inoltre non è
necessariamente importante avere la diagnosi intrapartum: iniziare la profilassi al solo sospetto
clinico sembra vantaggioso sia per la madre che per il feto (17).
TROMBOFLEBITE SETTICA
E’ una rara condizione che si pensa consegua ad un’infezione pelvica. Sembra che la sua frequenza
oscilli fra 1: 3.000 e 1: 9.000 parti vaginali. Per i tagli cesarei la frequenza sarebbe di 1:800 (18).
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La diffusione dal letto vascolare venoso afferente alla vena cava inferiore di un’endometrite è
stata ipotizzata come l’eziologia più attendibile. I trombi settici più spesso coinvolgono la vena
ovarica di destra, mentre quella contro laterale e la vena renale destra sono meno interessate.
La caratteristica clinica della tromboflebite settica è che dopo la risoluzione dei classici sintomi di
un’infezione primitiva e dopo il successo della terapia antibiotica, continuano a presentarsi ogni
giorno, di solito la sera, puntate febbrili. Sono stati descritti casi di embolia polmonare. Risonanza
Magnetica Nucleare (RMN) e Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) aiutano confermare il
sospetto clinico.
La terapia antibiotica deve essere associata dosi terapeutiche di eparine a basso peso molecolare
(LMWH). E’ raro ricorrere a chirurgia vascolare pelvica o al posizionamento di filtro cavale.
INFEZIONI DOPO EPISIOTOMIA
Il sito d’incisione perineale può facilmente essere infetto.
Le complicazioni delle infezioni possono condurre a: deiscenza della ferita, formazione di fistole,
mionecrosi fino allo shock settico.
Le manifestazioni iniziali (batteriemia) sono caratterizzate da febbre, sudorazione, produzione in
loco di materiale purulento, dolore locale e fragilità dei tessuti.
Un’ulteriore complicanza è la vulvite necrotizzante, caratterizzata da rapida progressione
dell’infiammazione fino agli strati fasciali e ai tessuti adiacenti. Spesso la diagnosi è ritardata, dato
il dolore già di per sé presente dopo il parto vaginale.
E’ consigliato quindi sempre controllare nel postpartum la zona perineale e porre attenzione ai
casi di cellulite labiale.
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FASCITE NECROTIZZANTE
E’ un’infezione degli strati profondi cutanei e dei tessuti sottocutanei che si estende al tessuto
connettivo (fascia). Ha insorgenza e progressione rapida. Nella gravida sono coinvolte soprattutto
la zona perineale e l’addome in sede di ferita laparotomia per taglio cesareo.
Nelle fasi iniziali la presenza di puntate febbrili, di prostrazione della gravida e della zona
interessata semplicemente troppo morbida alla palpazione, possono essere gli unici sintomi e
segni presenti.
La semeiotica più tardiva comprende invece: eritema, intensa colorazione porpora della cute,
edema, presenza di bolle e crepitìo. Il dolore è intenso e spesso appare sproporzionato, nelle fasi
iniziali all’estensione della patologia. Ne consegue che la gravità della necrosi non può essere
prevista dal semplice esame obiettivo e dai segni clinici.
Dopo l’esordio, segue una decolorazione cutanea e l’analgesia locale da ischemia dell’innervazione
relativa.
L’assenza di materiale purulento non esclude la diagnosi; il crepitìo, che può essere un segno
tardivo, rivela la presenza di gas prodotto da microorganismi anaerobi all’interno dei tessuti
necrotici (19).
L’eziologia è spesso polimicrobica: nella maggioranza di casi sono responsabili lo Stafilococco
Aureo, lo Streptococco A e il Clostridrium Perfrigens.
La terapia antibiotica ad ampio spettro è di complemento alla terapia chirurgica. La terapia
iperbarica è stato dimostrato essere fondamentale per la completa guarigione (11).
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FATTORI DI RISCHIO SECONDARI (O INDIPENDENTI)
A completamento dell’incidenza della sepsi, la letteratura si è interessata anche di quelle
condizioni che possono aumentarne il rischio.
Età: considerate tre fasce di età, molto giovani, inferiore ai vent'anni, intermedia (fra 30 e 34 anni)
e le cosiddette gravide attempate (> 35 anni), proprio queste ultime hanno il rischio più elevato
(ODD ratio 1,5).
Razza: La razza Afro-americana con un ODD ratio di 2,1, circa il doppio delle altre etnie, ha la
probabilità maggiore di sviluppare sepsi.
Condizioni socio-economiche: le gravide che non possono permettersi assicurazioni private o non
possono pagare direttamente le cure e devono rivolgersi ad assistenza statale, sono le pazienti più
a rischio con un ODD ratio di 1,6. Questo fattore è chiaramente derivato da statistiche americane.
Ritenzione di prodotti placentari e pPROM: tra le cause ostetriche, queste due condizioni posso
aver come conseguenza la sepsi con un incidenza rispettivamente circa due e tre volte maggiore
in confronto ad altre procedure come ad esempio il cerchiaggio (d’urgenza o profilattico).
Comorbidità: la medicina moderna permette a molte donne con patologie croniche di aver figli e
partorire. Pazienti che hanno subìto trapianti, affette da obesità patologica, malattie cardiache
croniche congestizie, insufficienza renale ed epatica e Lupus Eritematosus Sistemico (con
l’aggravante delle terapie cortisoniche e immunosoppressive) hanno una notevole probabilità di
sviluppare sepsi (tab. 3).
Insuff. Card. Cong. OR = 135 Freq. 5,9%
Insuff. Epatica OR = 55,9 Freq. 0,7%
Insuff. Renale OR = 33,7 Freq. 0,6%
Lupus OR = 9,4 Freq. 1,4%
Tab. 3: Aumento della probabilità di sepsi nelle comorbidità.
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Altri fattori secondari.
Infine riteniamo che si debba porre attenzione a condizioni forse apparentemente meno
preoccupanti, ma che comunque registrano un’aumentata incidenza di sepsi: la gravidanza
gemellare, il Taglio Cesareo e le infezioni da HIV.
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FISIOLOGIA DELLA GRAVIDANZA:
RISPOSTA IMMUNITARIA AGLI AGENTI PATOGENI
La gravidanza influenza le risposte immunitarie cellulomediate e umorali materne.
La quantità di leucociti aumenta nel corso della gravidanza: in media da 6000/mm3 all’inizio della
stessa a 11.000/ mm3 a termine. Soprattutto c’è un incremento dei polimorfonucleati con la
presenza di forme immature (mielociti e metamielociti) nella maggior parte dei casi. Comunque,
questi ultimi si riducono dopo la 32a settimana gestazionale.
La quota di linfociti eosinofili e basofili si riduce, mentre i monociti restano invariati.
Durante il travaglio i linfociti aumentano fino a 13.000/mm3 per arrivare a 15.000/mm3 nelle prime
48 ore del postpartum. La settimana dopo il parto arrivano a 9250/mm3, per normalizzarsi entro le
cinque settimane successive.
La funzionalità dei leucociti polimorfonucleati è depressa durante tutta la gravidanza, come
dimostrato dalla ridotta chemiotassi e capacità di aderenza dei neutrofili. Ciò potrebbe giustificare
l’alta incidenza d’infezioni durante la gravidanza e, d’altra parte, la ridotta incidenza di sintomi
relativi a malattie autoimmuni (ad esempio in caso di artrite reumatoide).
Nonostante la concentrazione serica di IgA, IgG e IgM non subiscano variazioni, gli anticorpi per
alcuni virus (herpes simplex, influenza A, morbillo) sono diminuiti.
Tra le modificazioni della mucosa uterina in gravidanza, bisogna aggiungere la caratteristica
istologica che mostra un gran numero di cellule immunitarie materne a stretto contatto col
trofoblasto. Esse sono responsabili sia della sopravvivenza e della crescita del feto sia di un
eventuale aborto spontaneo.
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Infine consideriamo le cellule T CD4+, che si suddividono in Th1 e Th2 in base alla produzione di
citochine: il successo della gravidanza è garantito dalla prevalenza di citochine Th2, mentre la
prevalenza di citochine Th1 è dannosa. Queste cellule inoltre producono spontaneamente
anticorpi all’interno dell’utero, fondamentali per la prevenzione delle infezioni (20).
La gravidanza quindi non è una condizione d’immunosoppressione. Invece è uno stato di
immunomodulazione con l’immunità cellulare compromessa, ma con quella umorale
intensificata(21).
FISIOLOGIA DELLA GRAVIDANZA
Crediamo che la risposta fisiologica materna alle infezioni non si possa limitare alle modificazioni
del sistema immunitario: probabilmente è tutto l’armonico complesso della fisiologia della
gravidanza che contribuisce e che forse è correlato alla bassa incidenza di sepsi gravidica.
Cuore e circolazione
L’adattamento cardiovascolare alla gravidanza è mediato da una serie di fattori di cui la maggior
parte è assicurato dall’unità fetoplacentare, Le molecole principali includono la gonadotropina
corionica (βHCG), gli estrogeni, il progesterone, vasodilatatori come l’Ossido Nitrico (NO), le
Prostacicline e il Fattore Iperpolarizzante Endotelio-derivato (EDHF), sostanze vasoattive come le
relaxine e il Fattore Natriuretico Atriale (ANF) e complessi del fattore di crescita endoteliale (VEGF)
e placentare (PlGF): insieme contribuiscono all’aumento della performance cardiaca, alla
vasodilatazione ed alle modificazioni vascolari(22).
A ciò si aggiunge l’aumento del volume plasmatico, nella gravida sana fra il 45% ed il 50% rispetto
alla non gravida, presente già dalla 6a – 8a settimana gestazionale che raggiunge il suo massimo
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incremento alla 32a–36a e la caduta delle resistenze periferiche dalla 24a–26a: si completano in
armonia i cambiamenti emodinamici. E tutto ciò in gran parte si mantiene nel postpartum.
Quindi, dal versante cardiaco ed emodinamico si può ipotizzare una sorta di doppia protezione:
oltre che per le perdite ematiche intrapartum anche riguardo alla fisiopatologia cardiovascolare
della sepsi, che rende la gravida più resistente all’ipotensione (stati di ipotensione prolungata nella
S.I.R.S. e nella sepsi con un buon riempimento vascolare, sono rari) e più responsiva alla iniziale
terapia con liquidi endovena.
Respirazione
Il versante respiratorio della gravida subisce modificazioni indotti dall’attività ormonale e da
fattori fisici (aumento del volume addominale)(22). Il progesterone “resetta” il centro del respiro
stimolandolo ad aumentare il Tidal Volume (TV) del 30% - 40% così da aumentare il rilascio di
ossigeno a livello polmonare (23).
La frequenza respiratoria può rimanere invariata o incrementare, la capacità funzionale residua
diminuisce per elevazione del diaframma, come anche il volume residuo e la compliance toracica
(ma non quella polmonare).
Il compenso all’incremento del consumo di ossigeno, dal 20% al 40% a termine di gravidanza, è
dato da un aumento del volume minuto. La somma di tutte queste modificazioni porta ad
un’alcalosi respiratoria: il suo primo vantaggio è quello di facilitare il trasferimento di anidride
carbonica (CO2) dal feto alla madre e di favorire (con un concomitante aumento del 2,3
difosfoglicerato) il rilascio di ossigeno al feto (24). Ma un ambiente alcalotico non è un accettabile
terreno di crescita da parte di molti batteri, specialmente anaerobi ed è suggestivo considerare
ciò come un’ulteriore protezione dalle infezioni.
23
Funzione adrenocorticale
L’iperestrogenismo della gravidanza favorisce la sintesi epatica di globuline leganti i corticosteroidi
(CBG o transcortina) e ne fa raddoppiare la concentrazione (25). Ciò porta ad un incremento del
cortisolo plasmatico del 100% alla fine del terzo trimestre e del 200% a termine di gravidanza.
Quindi, la concentrazione della frazione libera di cortisolo (cioè quella metabolicamente attiva)
alla fine del terzo trimestre è 2,5 volte maggiore rispetto alle donne non gravide ed è determinato
oltre che dalla massiccia produzione, anche da una ridotta clearance e dalla riduzione
dell’albumina plasmatica (26).
La stabilizzazione delle membrane cellulari e l’azione antinfiammatoria sono due delle
caratteristiche farmacologico del cortisolo e dei corticosteroidi derivati: è interessante
considerare, almeno, una loro azione nell’aumentare la “resistenza” endoteliale (e quindi
vascolare) alle conseguenze delle infezioni.
24
PREVENZIONE DELLE INFEZIONI POSTPARTUM
Il Ministero della Salute Italiano dall’Ottobre 2015 si è allineato alle raccomandazioni
internazionali elaborate e proposte lo stesso anno dalla WHO per il trattamento delle infezioni
materne del peripartum.
Il primo capitolo del documento si occupa di stabilire o quanto meno proporre le più adatte
strategie per la prevenzione. Vengono elencate venti raccomandazioni: dall’uso routinario di
procedure minori (es.: lavaggi perineali, vaginali, ecc,), alla necessità di antibiotici per il parto
vaginale o tramite taglio cesareo e alla profilassi per prevenire le infezioni in condizioni di alto
rischio e/o per interventi o procedure ostetriche. Inoltre la qualità dell’efficacia delle
raccomandazioni è graduata su una scala che comprende una classificazione molto bassa, bassa,
moderata e alta. Infine “Potente” o “in sospeso” è la forza della stessa raccomandazione.
Dall’analisi completa risulta che in nessun caso si raggiunge un’alta qualità di efficacia per i
provvedimenti da attuare nella prevenzione delle infezioni. Poco più della metà sono
raccomandazioni valide, ma spesso supportate da una minima o bassa prova di efficacia.
Ciò naturalmente non significa che pochi provvedimenti sono a disposizione per la prevenzione
delle infezioni e quindi della sepsi, ma che l’analisi completa a tutt’oggi della letteratura mostra
ancora una sofferenza nella qualità. Infatti il metodo utilizzato per questa valutazione (GRADE:
Grading of Recommendations Assessment, Devlopment and Evaluation) descrive chiaramente i
limiti della letteratura relativa(27): limiti nel disegno degli studi, inconsistenza dei risultati,
mancanza di immediatezza delle prove di efficacia, imprecisioni e bias di pubblicazione.
26
L’importanza di queste linee guida, invece, è rivolta ad una standardizzazione internazionale della
prevenzione attraverso le seguenti misure obbligatorie:
- individuare e correggere i fattori predisponenti (provvedere ad una adeguata educazione
alimentare, trattare l’anemia e patologie connesse, come ad esempio il diabete nel periodo
prenatale. Promuovere anche fra gli operatori sanitari l’igiene delle mani, l’uso di prodotti
sterili e migliorare il corretto comportamento ospedaliero relativo, rispettando i protocolli
approvati da ogni singola Azienda Sanitaria (1).
- Implementare il monitoraggio clinico delle gravide con segni di infezioni nel peripartum ed
iniziare precocemente le ricerche di laboratorio. Ciò è cruciale per tutte le pazienti che si
presentano al parto con qualsiasi forma di patologia, poiché uno scarso monitoraggio e/o
un ritardo nella richiesta degli opportuni esami di laboratorio sono correlati direttamente a
una grave morbidità materna e a decessi. Infine, prima della dimissione, ogni gravida
dovrebbe essere istruita a identificare i segni predittivi di infezione o sepsi e
immediatamente richiedere la terapia.
- Ridurre le infezioni nosocomiali con procedure di isolamento in caso di infezioni accertate.
Ciò non significa che devono essere lasciate sole in un reparto di isolamento, ma che
devono ricevere le cure adeguate da personale addestrato e dotato dei mezzi idonei, anche
in un reparto di ostetricia.
- Quindi i trattamenti terapeutici dovrebbero essere organizzati in modo tale che tutto il
personale dei reparti di ostetricia sia posto nelle migliori condizioni operative e
comportamentali tutte le volte si presenti un caso di infezione/sepsi. Si dovrebbe
incoraggiare la familiarità con i metodi di controllo delle infezioni. Si devono redigere
protocolli aziendali e predisporre sedute di audit dopo ogni caso clinico.
27
CLINICA
La definizione stessa di sepsi si basa soprattutto su criteri clinici. Una profonda conoscenza della
semeiotica della sepsi è fondamentale perché non sempre l’esordio della patologia è così chiaro.
Questo è particolarmente vero quando si affrontano casi di sepsi a basse settimane gestazionali,
nelle quali i fattori di rischio possono essere di labile individuazione o addirittura assenti (20, 28).
Anche il riconoscimento precoce dei segni clinici predittivi di sepsi è una delle chiavi del successo
finale.
SEGNI CLINICI PRECOCI
Si tratta di manifestazioni patologiche che precedono lo stadio iniziale della sepsi, cioè la S.I.R.S.. In
caso di gravide in travaglio possono essere ancor più difficili da individuare.
La febbre, intesa come temperatura ≥ 38°C, è il sintomo più frequente e d’altra parte bisogna
ammettere che nella maggior parte dei reparti di ostetricia è tenuto in grande considerazione: in
pratica, qualsiasi aumento della temperatura in travaglio e non (ad esempio durante analgesia
epidurale in paziente senza fattori di rischio) viene spesso trattato con terapia antibiotica.
Dal versante fetale è ormai chiarito che un aumento modesto o moderato della temperatura
materna (fino a 1,5°C oltre i livelli basali)(20) non provoca alcun danno al nascituro, anzi può
migliorare per vasodilatazione il flusso uterino e ridurre la sua stessa temperatura.
Tachicardia: come gli altri sintomi è spesso transitoria, non associata alla febbre e, se non supera i
145 b.p.m., in genere non è avvertita dalla gravida. In corso di travaglio può essere del tutto
mascherata dal dolore o da una relativa ipovolemia. Nel postpartum, invece soltanto periodici
controlli dei parametri vitali possono farla rilevare.
28
Arrossamento del viso: associato spesso alla febbre e al calore agli arti inferiori e, invece, più
spesso il segno/sintomo che allarma il personale ostetrico, soprattutto nel postpartum.
I brividi, invece sono spesso sottostimati, sia dalle gravide stesse che dal personale ostetrico:
anche un solo episodio al giorno può essere predittivo dell’evoluzione di un’infezione in S.I.R.S. o
sepsi. E’ chiaro che è un sintomo che ha bisogno di contestualizzazione nella clinica della gravida e
va associato ad altri.
Arti superiori ed inferiori caldi: in genere è un sintomo riferito dalla stessa paziente ed il segno
iniziale dello stato iperdinamico e della vasodilatazione relativa.
Nausea e vomito: anch’essi devono essere associati ad almeno uno degli altri sintomi per la
probabilità di fare diagnosi di infezione.
Modesti, ma evidenti, cambiamenti dello stato mentale: è forse il sintomo più subdolo che
prevede la conoscenza continuativa della paziente sia da parte del personale ostetrico, sia dei
medici. In pratica solo il partner o i parenti possono essere le persone più affidabili a denunciare
un cambiamento comportamentale, ma spesso sono più coinvolti e distratti dall’evento parto.
Spesso si raccomanda di considerare a proposito un grado di Glasgow Coma Score inferiore a 13
correlato alla sepsi. Ma ciò e soprattutto vero per la popolazione non gravida.
Segni e sintomi sfumati, quindi, che richiedono sensibilità clinica nell’indirizzarli verso la diagnosi di
infezione e sono una sfida nell’ambito della comunicazione ospedaliera.
S.I.R.S.
In termini fisiopatologici i sintomi della risposta sistemica all’infezione (S.I.R.S.) danno il via allo
stato iperdinamico della sepsi. La stessa definizione si basa fondamentalmente su questa
29
caratteristica nel momento in cui tra i segni da considerare (finchè non diventa un sintomo)
compare la tachicardia, maggiore di 100 b.p.m.. Dato comunque da valutare attentamente ad
esempio in travaglio, in cui è necessaria una contestualizzazione del caso, non scordando il
versante fetale (anch’esso nella maggior parte dei casi presenterà una “speculare” tachicardia).
Sintomi d’accompagnamento, ma non inseriti nella definizione di S.I.R.S. possono essere tosse,
cefalea, dolori alla minzione, sete intensa, dolori addominali ad esempio. Fra i segni, il più
frequente è la febbre (o meglio il trend in salita della temperatura), quindi riduzione della diuresi
con urine concentrate, tachipnea (non in travaglio), ma non dispnea.
Dall’esperienza personale, purtroppo, è raro che si prescrivano esami mirati quando la clinica è
così sfumata e troppi sono ancora i dubbi nella diagnosi differenziale.
Comunque, quando due delle caratteristiche dell’infezione fra tachicardia, alterazioni della
temperatura (> 38°C o < di 36°C), tachipnea (> 20 atti al minuto) e alterazione dei leucociti (>
15.000/mm3 in gravidanza o < a 4.000/ mm3 e forme immature > 10% ) , la diagnosi è certa ed
obbligatoria l’allerta clinica prescrivendo gli esami ematochimici ed eventualmente strumentali
idonei(29).
Se in questa fase viene coinvolto l’Anestesista-Rianimatore, la emogasanalisi arteriosa mostrerà il
valore di Pressione arteriosa di CO2 (PaCO2) inferiore a 32 mmHg e un’iniziale acidosi metabolica
totalmente o parzialmente compensata (pH nella norma o di poco diminuito)(30). Il valore dei
lattati può essere ancora nei limiti di norma.
Il valore dei globuli bianchi (limite massimo di 12.000/ mm3 per gli adulti) è piuttosto opinabile: a
tutt’oggi nessuna associazione internazionale ha validato i valori per le gravide. I 15.000/ mm3
possono essere accettati nel puerperio, non certo durante il travaglio o nel postpartum, periodi in
30
cui sono più elevati. Anche in questo caso, almeno nel sospetto clinico di infezione, la più corretta
strategia è controllare in maniera seriata il loro trend.
SEPSI GRAVE
E’ lo stato clinico in cui sempre tutti i segni e sintomi della S.I.R.S. si stabilizzano con l’aggiunta
della definitiva evidenza dell’infezione e di uno stato francamente iperdinamico con un compenso
sempre più labile. E’ l’emergenza medica e come tale è ormai obbligatorio fare diagnosi e
intraprendere tutti i provvedimenti terapeutici corretti entro la prima ora dall’esordio dei sintomi.
I segni clinici suggestivi di sepsi sono:
- ipotensione a valori di pressione sistolica inferiore a 90 mmHg o a 40 mmHg meno della
pressione sistolica basale,
- febbre o brividi,
- diarrea o vomito che possono indicare la produzione di esotossine (fase iniziale dello
shock),
- rush cutaneo generalizzato, più frequente nell’eziologia streptococcica (rush
maculopapulare), ma che pone in allarme anche per l’evoluzione in porpora fulminante,
- dolore addominale e/o pelvico spontaneo o provocato anche da una palpazione moderata,
- secrezioni vaginali sgradevoli (se maleodoranti suggeriscono l’eziologia da anaerobi, se
sieroematiche da streptococco),
- tosse produttiva,
- sintomi a carico dell’apparato urinario.
Comunque, alla presenza di sintomi suggestivi o certi di sepsi, entro un’ora devono essere eseguiti
gli esami ematochimici, le emoculture sia che la temperatura timpanica sia maggiore di 38°C che
31
inferiore a 36°C, l’emogasanalisi arteriosa e deve essere iniziata la terapia antibiotica ad ampio
spettro (prima ovviamente del risultato delle emoculture)(1, 31) e la somministrazione di liquidi
attraverso aghicannula di calibro adeguato (16 o 14 Gauge).
Tra gli esami ematochimici è essenziale controllare il trend della funzionalità renale, ricordando
che nella gravidanza fisiologica un valore di creatinina di 0,8 mg/dl e di azotemia (BUN) di 40 mg/dl
sono già preoccupanti e non sono valori di normalità, la funzionalità epatica associata ad un valore
di bilirubinemia maggiore di 2 mg/dl, il valore degli elettroliti, i valori della coagulazione, non
dimenticando il fibrinogeno e i suoi fattori di degradazione. Quando disponibile è altrettanto
necessario il tromboelastogramma (TEG).
Lo stato settico prolungato può far crollare i valori di leucociti sotto 4.000 mm3 e portare ad un
consumo di globuli rossi importante, con valori di emoglobina inferiori a 7 mg/dl.
Non considerato nella letteratura ostetrica, ci sembra invece una valida proposta inserire nello
screening della sepsi il valore della procalcitonina (valori normali: 0.15 ng/ml). Precursore della
calcitonina, peptide regolatore dei livelli serici di calcio, è divenuta negli ultimi dieci anni un esame
indispensabile. In condizioni di buona salute è presente in circolo solo in tracce, ma negli stati
infettivi sistemici viene rilasciata da tutte le cellule dell’organismo giustificando l’elevata
concentrazione(32). Si può quindi affermare che tutto l’organismo agisce come una ghiandola
endocrina producendo procalcitonina che si suppone possa agire anche come mediatore di
infiammazione in qualità di “ormochina” (33).
I vantaggi sua della determinazione sono molteplici:
- dato che solo la combinazione di tossine batteriche e citochine fa aumentare la produzione
di procalcitonina, mentre altre citochine prodotte da stimoli virali (come l’interferone-γ) la
inibiscono, essa è indice solo di infezione batterica,
32
- ha un’utilità maggiore della Proteina C reattiva (PCR) nella diagnosi differenziale fra sepsi e
S.I.R.S. quindi non è raccomandato prescriverle ed eseguirle insieme,
- è di rapida attuazione (20-30 minuti) e può essere considerato un esame
d’urgenza/emergenza.
D’altra parte non dà indicazioni prognostiche certe e la sua interpretazione è inserita nel contesto
clinico, cosicchè è utile prescriverlo ogni 24 – 48 ore. I livelli costantemente elevati (maggiori di 2
ng/ml) comunque sono correlati con elevata mortalità. Non ci sono ancora studi convincenti per la
sepsi in gravidanza.
L’emogasanalisi invece, secondo la gran parte della letteratura intensivistica e ostetrico-
ginecologica è l’esame clinico più importante per “fotografare” la reazione dell’organismo e
l’eventuale danno d’organo (polmone) anche in fase iniziale e richiede l’incannulamento arterioso
(più sicuro rispetto a prelievi estemporanei):
- in caso do di shock settico, ma a maggior ragione di sepsi grave, se la paziente non è ancora
in ossigenoterapia, una Pressione parziale di Ossigeno (PaO2) inferiore o uguale a 60 mmHg
è patologica. Se respira aria e ossigeno, il rapporto fra PaO2 e frazione inspirata di ossigeno
(FiO2) inferiore a 300 è indice d’insufficienza respiratoria acuta.
- se non vi è interessamento polmonare la PaO2 può essere normale, ma è più corretto
eseguirla quando si è raggiunta la iniziale correzione terapeutica. L’interessamento
polmonare con edema polmonare non cardiogenico o Adult Respiratory Distress Syndrome
o Adult Lung Injury (ARDS e ALI rispettivamente), infatti, può essere chiaro dopo la
somministrazione di liquidi. Il risultato è l’ipossia.
- della PaCO2 si è già parlato per la S.I.R.S., ma l’ipocapnia nella sepsi è costante.
33
- pH: i meccanismi di compenso respiratori e metabolici tendono a mantenere il pH a valori
normali, ma in travaglio o in caso di ritardo della diagnosi è presente una grave acidosi che
può diventare di difficile trattamento.
- permette di studiare il trend dell’acido lattico (più semplicemente i lattati). Sono indice di
morte di miliardi di cellule dopo che hanno esaurito il metabolismo anaerobio, resosi
necessario dall’ipossia /anossia da ipoperfusione. In pazienti settici non gravidi il valore
maggiore di 2 mg/dl e di 4 mg/dl sono correlati ad alta incidenza di mortalità(34) , ma a
tutt’oggi nella gravida il valore correlato con un esito infausto è sconosciuto (31). Comunque
il valore maggiore di 4 mg/dl (non considerando le gravide in travaglio) è francamente
patologico. Dal versante fetale il trend in aumento dei lattati è correlato a grave morbidità
postnatale (specie se pretermine), a necessità di terapia intensiva e ad aumento dei giorni
di ricovero(35,36).
L’incannulamento di un vaso centrale (naturalmente eco guidato) è raccomandato in caso
soprattutto di sepsi grave. L’esecuzione della manovra al letto della paziente purtroppo risente
ancora di remore scarsamente giustificate, sia da parte degli Anestesisti/Intensivisti sia da parte
dei Ginecologi Ostetrici. Così ci si dimentica che i vantaggi possono essere maggiori dei rischi. La
misurazione della Pressione Venosa Centrale (PVC) dà immediatamente il quadro volemico della
paziente: se inferiore ai valori normali (0 ± 2 cmH2O), c’è spazio per la somministrazione di liquidi
senza timori di sovraccarico; se maggiore di 12 cmH2O (o 8,8 mmHg) suggerisce di indagare sulla
funzionalità cardiaca e limita il carico idrico e costringe a considerare altre strategie terapeutiche.
Dalla semeiotica può essere indicativo un tempo di circolo capillare maggiore di tre secondi, ma
può essere richiesto già in prima istanza con un ecocardiogramma d’urgenza.
34
Inoltre dalla gasanalisi venosa centrale è sufficiente considerare il valore della saturazione venosa
(SvO2): se inferiore al 70-75% è da considerare patologico e , come sempre va correlato con tutto il
corredo clinico.
Per quelle realtà ospedaliere che ne hanno la possibilità, sono ormai disponibili da anni
apparecchiature che in modo non invasivo o minimamente invasivo possono dare il reale quadro
emodinamico della paziente. Se riflettiamo, infatti, la definizione della sepsi e della sepsi grave è
sostanzialmente emodinamica, superficialmente emodinamica. Appare chiaro, quindi, che diventa
sempre più necessario adeguare i reparti di Ostetricia con sistemi di monitoraggio emodinamici,
emogasanalitici, coagulatori, ecografici (non perdendo così la “Golden Hour” iniziale), il cui utilizzo,
associato all’interpretazione dei dati, deve essere di competenza di personale Anestesiologico
dedicato all’Ostetricia, che può condividere rapidamente le decisioni non solo con i Ginecologi, ma
con altri colleghi di diverse specialità (es.: Microbilogi, Cardiologi, ecc.).
SHOCK SETTICO E SHOCK SETTICO REFRATTARIO
Caratterizzato dalla profonda ipotensione, lo shock settico può essere corretto da una rapida
infusione di cristalloidi (soluzioni elettrolitiche), guidate, quando possibile dai valori di PVC.
Secondo la letteratura, lo scopo è raggiungere una pressione arteriosa media maggiore o uguale a
65 mmHg per tentare di garantire la perfusione periferica. Ma ancora una volta tale limite non è
contestualizzato alla puerpera e ancora meno alla gravida.
La vasodilatazione generalizzata porta ad estremità fredde e alterazioni della coscienza. La
tachicardia tenta di compensare l’ipotensione e la caduta delle Resistenze Periferiche (SVR). Si
riscontra oliguria e cianosi periferica. Gli esami ematochimici (emogasanalisi arteriosa) presenta
una grave acidosi e uno squilibrio elettrolitico. E’ frequente trovarsi già in una condizione di
35
Coagulazione Intravascolare Disseminata (DIC). Ed infine probabilmente altri organi sono già
coinvolti (MODS-MOF).
E’ evidente che il quadro clinico, che può progredire in shock settico refrattario progressivo, ha già
soddisfatto tutti i criteri per il trasferimento immediato in reparti di Terapia Intensiva. Ma bisogna
esser consapevoli che pazienti in queste condizioni possono presentarsi in Pronto Soccorso
provenienti da casa, possono trovarsi in reparto ostetrico e aver rapidamente peggiorato le
proprie condizioni ed infine potrebbero essere necessarie ore per avere la disponibilità di un letto
in Terapia Intensiva; riuscire a garantire le cure necessarie in modo corretto è obbligatorio perché
direttamente proporzionali alla morbidità e mortalità.
SEPSI FULMINANTE
E’ la più grave manifestazione della sepsi sia in termini di esordio sia come coinvolgimento
d’organo. La mortalità è elevata(37,38). La letteratura è ricca di case report con relative revisioni
della letteratura, ma non esistono linee guida o reviews dedicate.
I meccanismi patogenetici sono a tutt’oggi sconosciuti e può interessare la gravida a qualsiasi età
gestazionale. Numerosi sono i casi descritti nel primo e nel secondo trimestre, soprattutto dopo
amniocentesi, fertilizzazioni ed embrio-transfer. In questi casi è stata ipotizzata un’incidenza fra lo
0,03 e lo 0,19 %.
I sintomi insorgono entro le prime 24 ore dalla manovra: febbre e dolori addominali sono i primi.
Il feto costantemente è tachicardico e i primi esami all’ingresso in ospedale possono solo
manifestare leucocitosi e PCR elevata. La rapida evoluzione clinica si completa in genere nelle
successive 10-15 ore. Si manifestano quasi contemporaneamente tachicardia-ipotensione
(resistente a carico idrico e amine), DIC ed emolisi. Petecchie emorragiche ingravescenti si
36
manifestano spesso e non sono correlate all’agente patogeno. L’insufficienza d’organo riguarda
rapidamente: polmone (ARDS-ALI), rene, fegato, intestino.
L’esordio della sepsi fulminante è stato descritto anche dopo l’inizio tempestivo della terapia
antibiotica(39). Il reparto di Terapia Intensiva è la destinazione obbligatoria non appena si assista
all’evoluzione della sepsi.
37
FISIOPATOLOGIA DELLA SEPSI
Qualsiasi organismo patogeno fonte di infezione provoca una risposta sistemica (batteriemia o
S.I.R.S.). Comunque, anche se in parte chiarite, le basi fisiopatologiche della sepsi sono complesse
e per certi versi sono ancora oggetto di ricerca.
I motivi per i quali alcuni sono capaci di far fronte all’infezione sia localizzata che generalizzata non
è del tutto chiarito, ma probabilmente è relativo alle caratteristiche dell’agente patogeno e alla
personale, unica immunità dell’individuo (31). Tuttavia, in gravidanza, quando viene individuato un
batterio, molto frequentemente è associato a sepsi (40, 41,42).
I germi dapprima stimolano recettori specifici (Tool-like Receptors – TLRs) dei leucociti, il sistema
immunitario prova attivamente a distruggerli ed il risultato sarà l’innesco della risposta
infiammatoria. La conseguenza dell’eliminazione dei batteri Gram-negativi e Gram-positivi fa
rilasciare rispettivamente endotossine ed esotossine. Entrambi, attraverso la stimolazione dei
linfociti T, accelerano la risposta infiammatoria, portando al rilascio di citochine che possono avere
proprietà pro-infiammatorie o anti-infiammatorie. Lo scopo dell’organismo di eliminare la causa
dell’infezione è perciò condizionata dall’equilibrio nel rendere disponibili i linfociti T adattati
naturalmente (o per predisposizione genetica)(30, 43) all’azione anti-infiammatoria e se ciò non
avviene, si instaurano i meccanismi che portano alla sepsi.
I primi segni della stato settico sono francamente emodinamici(31): la produzione di citochine
produce vasodilatazione e rilascio di Ossido Nitrico (NO) che porta al danno endoteliale e ad una
caduta delle resistenze vascolari periferiche. L’endotossiemia, specie nella sepsi grave e nello
shock settico, avvia la cascata della produzione di alti livelli di sostanze pro-infiammatorie: Tumor
necrosis factor-α (TNFα), Interleuchina-1β (IL1β), Interleuchina-8 (IL-8) e Interleuchina-6 (IL-6),
quest’ultima con spiccata attività trombopoietica.
38
Prima dell’ipotensione, la gittata cardiaca aumenta sia per la tachicardia, sia per l’attivazione del
sistema renina-angiotensina: lo scopo è garantire la perfusione agli organi vitali (31, 44, 45, 46). Infine,
l’organismo, nel tentativo di riparare i danni endoteliali fa partire la cascata coagulativa, che nella
condizione gravidica di iperattivazione, può portare a trombosi o rapidamente a DIC.
Un altro fondamentale meccanismo innescato dalla infezione è l’apoptosi: mantenere sotto
controllo la disponibilità di cellule anti-infiammatorie attraverso una eliminazione programmata.
E’ una condizione che si associa alla necrosi cellulare ben nota (morte cellulare non controllata) e
all’autofagia e dalle caratteristiche istologiche proprie e uniche (fig.3).
Fig. 3: Interazione fra i tre tipi di morte cellulare programmata e non controllata (47).
L’immediato destino di ogni linfocita (B e T) è determinato dalla intera e continuativa somma di
segnali che giungono dall’ambiente esterno, dagli stessi batteri e dal suo citoplasma: alcuni
prevedono il “suicidio controllato” della cellula (pro-apoptotici) altri no (anti-apoptotici). Uno
spostamento verso l’inizio dell’apoptosi bisogna prenderlo in considerazione già nelle fasi iniziali
della sepsi, quando i batteri e i loro prodotti stimolano i macrofagi a secernere mediatori pro-
apoptotici, come il TNF-α, l’Ossido Nitrico (NO) e i glucocorticoidi (48).
39
Col progredire della malattia, l’accumulo delle sostanze proapoptotiche agisce come stimolo
antiinfiammatorio e aumenta l’immunosoppressione osservata dallo stato di sepsi grave allo shock
settico e che conduce allo stato finale di paralisi immunitaria.
L’apoptosi è, in sintesi, un processo essenziale durante il quale le cellule sono eliminate in maniera
controllata per arginare l’eccessivo danno all’ambiente circostante. Le cellule più interessate sono
i linfociti, ma col progredire della patologia sono coinvolti anche i macrofagi, i neutrofili e cellule
non immunitarie (apoptosi endoteliale) e cellule dendritiche(49). L’accumulo delle cellule
apoptotiche nella fase finale della sepsi la si trova specificatamente nella milza e nel timo, ma
soprattutto a causa dell’apoptosi delle cellule dendritiche tipiche dell’endotelio tubulare renale è
stata dimostrata questa via fisiopatologica nell’insufficienza renale conseguente alla sepsi
grave(47).
Anche in questo caso notiamo un equilibrio tra tentativo di combattere l’invasione dei batteri e
delle loro tossine e una eccessiva risposta che conduce ad un circolo vizioso incapace di
aumentare l’immunità dell’organismo, anzi compromettendola definitivamente e permettendo il
sovrapporsi di infezioni causate da altri microorganismi. Per la gravidanza non ci sono studi
affidabili, ma si può sospettare un meccanismo differente e forse più protettivo almeno per due
circostanze , ambedue già citate: la minor incidenza di sepsi rispetto alla popolazione non gravida
e la rarità di sovrainfezioni batteriche o virali.
40
PLACENTA E SEPSI
Già dagli anni novanta c’è stato l’interesse a valutare i cambiamenti fisiopatologici della placenta
in diverse malattie(50, 51): quelli più studiate riguardano le infezioni.
Trattare quindi questo argomento significa anche affrontare la sepsi antepartum.
L’infezione più comune è la corionamniosite acuta e può verificarsi per quattro meccanismi:
- per via ascendente, dalla vagina e dall’endocervice (è la più frequente),
- per via ematogena, dalla circolazione materna,
- per inoculazione diretta, tramite amniocentesi o altre manovre invasive,
- per estensione diretta, da un’endometrite.
La patogenesi è sempre di origine infettiva e la sua caratteristica ascendente è supportata da tre
fattori:
- è associata ad una grave ed acuta deciduite,
- nella gravidanza gemellare sono le membrane del feto più caudale che sono interessate
dall’infiammazione,
- la zona dove si verifica la rottura spontanea delle membrane, che è in prossimità dell’ostio
cervicale, è interessato dal grado di infiammazione più intenso.
41
-
Fig. 4: Corionamniosite: per via ascendente l’infezione interessa in prima istanza il corion (punteggiato in
blu) e non interessa la placenta.
La rottura delle membrane non è la causa della infezione amniotica, al contrario, ormai è stato
chiarito che è l’infiammazione delle stesse che ne causa la perdita di integrità. L’opinione attuale,
quindi, è che l’infezione amniotica sia la causa principale del parto prematuro almeno in quelle
gravidanze che terminano spontaneamente entro le 30 settimane gestazionali. In circa il 72% dei
parti pretermine i batteri sono stati coltivati dal liquido amniotico ed è interessante notare che la
terapia antibiotica non ha efficacia nel prolungare la gravidanza quando l’infezione si è già
verificata.
Numerosi e affidabili studi hanno dimostrato che i mediatori infiammatori (gli stessi della reazione
sistemica precedentemente descritti) sono responsabili dell’inizio del travaglio nelle infezioni
ascendenti. Le Interleuchine 1, 6 e 8 sono elevate nel liquido amniotico nella corionamniosite, il
TNF attiva la cascata delle citochine che fanno partire il travaglio stimolando la produzione di
42
prostaglandine dalla decidua. Se presente anche una deciduite, l’attività dei macrofagi e in
particolare l’arrivo dei neutrofili giocano un ruolo importante nel travaglio pretermine.
L’esame macroscopico della placenta che reagisce all’infezione nella fase acuta della
corionamniosite mostra un sostanziale cambiamento delle membrane fetali, che perdono la loro
lucentezza e trasparenza per diventare opache, gialle o verdi a seconda dell’agente patogeno e
della durata della stessa infezione. L’esame microscopico è il “Gold Standard” per valutare la
gravità della patologia e la causa.
Soprattutto nei casi di corionamniosite a basse settimane gestazionali, è comune riscontrare anche
l’interessamento della decidua con riscontri ecografici, clinici e istologici molto simili al distacco di
placenta.
E’ interessante notare che il 75% delle gravide con corionamniosite non presentano tutti i criteri
clinici (febbre, leucocitosi, flaccidità uterina, secrezioni maleodoranti, tachicardia materna e fetale)
e una parte non ne presenta affatto. D’altra parte non poche gravide hanno qualche sintomo ma
in definitiva non mostrano segni dell’infezione ascendente. E’ solo una piccola parte della
popolazione che a tutti i sintomi clinici della corionamniosite fa corrispondere l’infezione con ogni
caratteristica istologica. Molte prove sono state eseguite per chiarire la correlazione fra clinica ed
istologia, test complessi e non facilmente attuabili di routine: la letteratura conclude che, non ci
sono prove conclusive e certe per associare la clinica all’infezione.
Le raccomandazioni fondamentali, pertanto, prevedono l’esame macroscopico della placenta
annotando le variazioni di colore e il punto di rottura delle membrane più lontano dal margine
della placenta. Dovrebbero essere eseguite culture del liquido amniotico e tamponi fra amnios e
corion. Se sono visibili calcificazioni o trombi nel cordone ombelicale dovrebbero essere descritte.
Il razionale è rendere più precisa possibile la diagnosi in termini di gravità dell’infezione,
localizzazione e caratteristiche istopatologiche dell’infiltrato. Reperti di necrosi sono indicativi di
43
corionamniosite subacuta che può essere associata a trombosi dei vasi corionici, villite acuta,
ascesso intervilloso (tipico della Listeria) e funisite.
Le reazioni “difensive” della placenta, però non sono sempre costanti e dipendono spesso
dall’agente infettante: per esempio in caso di infezione da Trichomonas a termine di gravidanza, la
placenta aziona una massiva ed efficace leucotassi, tanto che il feto ha modeste conseguenze in
termini di mortalità o morbidità(52). D’altra parte lo Streptococco del gruppo B dà una minima
reazione placentare, ma ha devastanti effetti sul neonato.
In sintesi e per concludere, nelle fig. 5, 6 e 7 presentiamo una sinossi dell’eziologia delle infezioni
placentari ascendenti: è da notare la varietà delle reazioni della placenta stessa(16).
Fig. 5: Infezioni batteriche in gravidanza: interessamento placentare e sequele cliniche. Legenda: G = Gram, P =Positive, N = Negative, C = Cocci, ACA = Acute Chorionamniositis, AF = Acute Funisitis
44
Fig. 6: Infezioni da spirochete e virali in gravidanza: interessamento placentare e sequele cliniche.
45
Fig. 7 Infezioni virali e da protozoi in gravidanza: interessamento placentare e sequele cliniche.
46
IL FETO E LA SEPSI
Da quanto esposto, l’interessamento del feto nelle infezioni dipende in maniera stretta dalle
capacità di reazione placentari qualsiasi sia la via di infezione: ascendente (la più frquente), per via
ematica materna, retrograda (dalla via addominale) o per inoculazione diretta (amniocentesi). Per
esempio nelle infezioni ascendenti si riscontrano in successione la deciduite, la corionamniosite,
l’amniosite e in fine l’infezione fetale.
Prima dell’inizio del travaglio il feto vive in un ambiente sterile, infatti in meno dell’1% delle
gravidanze sono presenti batteri(53) e tuttavia all’inizio del travaglio, dopo la rottura delle
membrane circa nel 75% dei casi si evidenziano batteri nel liquido amniotico. Nelle fasi iniziali
dell’infezione (batteriemia), la risposta fetale può essere assente con aspecifiche alterazione del
Battito Cardiaco Fetale (BCF). E’ nelle fasi successive (S.I.R.S. o corionamniosite) che il 40% - 70%
dei feti svilupperà tachicardia, primo segno dell’infezione materna.
L’invasione batterica dello spazio coriodeciduale attiva l’immunità sistemica innata che può
evolvere nella Risposta Sistemica Fetale all’Infezione (F.I.R.S.)(54) , che è la replica fetale della
S.I.R.S. dell’adulto. Anche in questo caso la risposta, mediata da citochine, interleuchine, TNF-α e
interferone, mira a proteggere l’organismo dall’insulto dell’infezione.
F.I.R.S è una diagnosi clinica ed istologica composta da tre caratteristiche: aumento della
concentrazioni di citochine, funisite e vasculite corionica. Il suo manifestarsi, inoltre, è correlato a
danni alla sostanza bianca fetale, encefalopatia, broncodisplasia polmonare, Sindrome da Distress
Repiratorio Infantile (IRDS), soprattutto nei neonati pretermine(55). D’altra parte, studi sull’uomo
oltre che su animali hanno dimostrato che l’esposizione ad agenti infettanti o a infezioni
intraamniotiche, aumentano la produzione di Interleuchine 1, incrementando la sintesi di proteine
del surfactante polmonare e di lipidi tali da promuovere la maturazione polmonare(56,57).
47
L’immunità passiva fetale, invece, si ottiene attraverso il passaggio transplacentare di IgG
materne: alla fine della 22a settimana gestazionale raggiunge il 10% per arrivare al picco del 50%
intorno alla 32a. infine il feto produce IgM dal quinto mese fino alla nascita, mente le IgA sono
prodotte dopo il parto.
I livelli di complemento aumentano con l’età gestazionale, per cui feti prematuri hanno maggiori
probabilità di ammalarsi. Questi ultimi poi, hanno una ridotta capacità di marcare gli agenti
patogeni per essere distrutti dai fagociti (opsonizzazione)(58).
Dal flusso utero placentare dipende il passaggio di ossigeno e nutrienti al feto: non possiede
autoregolazione e risente sia della diminuzione della pressione materna che della vasocostrizione
delle resistenze vascolari ombelicali. Inoltre, la disponibilità di sangue materno al feto, in
condizioni fisiologiche supera di gran lunga il minimo richiesto dal feto, poiché la richiesta di
ossigeno è flusso dipendente. Pertanto il flusso uterino può diminuire del 50% per un certo
tempo, prima che si instauri un’acidosi da ipoperfusione. Nello shock settico, però, la pressione
arteriosa media può diminuire per un periodo così lungo da non poter permettere al flusso utero
placentare un sufficiente benessere fetale.
La vascolarizzazione uterina è meno reattiva ai vasocostrittori endogeni, come l’angiotensina II,
contemporaneamente è più sensibile della vascolarizzazione sistemica all’azione α-adrenergica
dell’adrenalina e della noradrenalina; così, durante la sepsi l’ipersecrezione di catecolamine porta
ad un shift del flusso placentare verso il versante materno che aggiunto all’ipotensione conduce
alla sofferenza fetale.
Rispetto all’adulto, la curva di dissociazione dell’emoglobina fetale è francamente spostata a
sinistra, per avere la massima disponibilità di ossigeno. Inoltre la placenta produce altro di 2,3-
Difosfoglicerato (2,3-DPG) che si lega subito alle catene beta dell’emoglobimìna della madre per
rilasciare ossigeno al feto. Come si nota dalla fig. 8, il feto lavora sulla parte ripida della curva di
48
dissociazione, per cui piccoli cali di ossigenazione possono condurre a importanti diminuzioni della
saturazione di ossigeno.
Fig. 8: Curve di dissociazione dell’emoglobina di feto, gravida e non gravida. La parte ombreggiata evidenzia la parte ripida della curva in cui piccole variazioni di ossigenazione portano a significativi cali di saturazione.
Quindi, tutte le condizioni in cui lacurva di dissociazione materna si sposta a sinistra (aumento di
temperatura, acidosi, aumento di PaCO2 e aumento del 2,3-DPG) portano ad una riduzione del
trasferimento di ossigeno al feto.
Nelle fasi iniziali dell’ipossia si ha riduzione del BCF per riflesso vagale, ma se si prolunga nel
tempo, dopo 30 – 60 minuti la produzione di catecolamine fetali tenta di compensare la riduzione
della gettata cardiaca con la tachicardia e la centralizzazione del flusso a favore della perfusione
degli organi vitali. Questo compenso emodinamico resiste fino alla comparsa di acidosi
metabolica. Mentre il passaggio placentare di CO2 è libero, acido lattico ed altre sostanze acide
prodotte in caso di sepsi passano molto lentamente, per cui la lattacidemia materna non
contribuisce a peggiorare l’acidosi fetale. E d’altra parte, una volta presente l’acidosi fetale non
può essere corretta dalla circolazione materna.
49
La febbre e la conseguente iperventilazione materna riducono il flusso placentare e mantengono
l’acidosi fetale(59).
Si vede quindi, come i rischi fetali sono correlati alla gravità della sepsi materna nel ridurre il flusso
uteroplacentare, all’età gestazionale, alla crescita fetale e alla modalità del parto. Le conseguenze
sulla morbidità e mortalità perinatale riguardano insufficienze o danni multiorgano (soprattutto
polmonari e cerebrali), travaglio e parto pretermine, morte endouterina (MEF).
Nella pratica clinica la valutazione del benessere fetale durante le diverse manifestazioni della
sepsi, si basano su metodi di screening diretti e indiretti, condizionati però dalla gravità del caso
clinico e dal tempo a disposizione per esegurli.
Battito Cardiaco Fetale (BCF): la tachicardia fetale conseguente all’iperpiressia materna (che si
risolve col ritorno alla normotermia) o alla secondaria risposta all’acidosi è un segno ancora di
salute encefalica, poiché la perfusione cerebrale è direttamente correlata alla gettata cardiaca
fetale. D’altra parte i “tracciati non rassicuranti” non sono direttamente correlati con ridotto flusso
uterino, acidosi dell’arteria ombelicale, bassi valori di Apgar score o mortalità perinatale (60).
Nonstress testing (NST): è la valutazione esterna con ecodoppler della frequenza cardiaca fetale,
aggiunta alla tocodinamometria esterna (frequenza e intensità delle contrazioni uterine) per un
periodo di tempo di 40 minuti.
50
Fig. 9: Nonstress testing reattivo: due accelerazioni del BCF in venti minuti.
Una reattività alle contrazioni uterine del feto con aumento dei sui battiti cardiaci almeno per due
volte in 20 minuti, indica benessere fetale (fig. 9). D’altra parte, una scarsa variabilità associata a
reattività inferiore ad un aumento del BCF in 20 minuti è correlati ad acidosi fetale (fig. 10). Per i
feti pretermine ciò può non essere discriminativo e devono essere correlati altri esami.
Fig. 10: Nonstress testing non reattivo.
51
Nei casi si NST non reattivo, deve essere eseguito un Profilo biofisico (BPP): attraverso
l’integrazione del NST, i movimenti fetali, il pattern respiratorio, il tono fetale e la valutazione del
liquido amniotico (presenza di oligoidramnios), può stabilire lo stato ipossico o acidotico del feto.
Ad ogni componente si dà un punteggio da 0 a 2: fino a 4 la condizione fetale è preoccupante, al
contrario da 7 a 10. Un punteggio di 6 richiede ulteriori accertamenti (fig. 11).
Fig. 11: Caratteristiche cliniche del profilo biofisico (BPP) e relativi punteggi.
L’ultimo esame da eseguire è la velocimetria doppler dell’arteria ombelicale che è una delle poche
arterie che possiede un flusso diastolico, che normalmente diminuisce col procedere della
gravidanza. Un’ulteriore diminuzione, la sua assenza o addirittura la sua inversione (fig. 12) in
corso di patologie placentari o materne, come la sepsi, è correlato ad una prognosi negativa con
certezza solo per la crescita fetale.
52
Fig. 12: Velocimetria Doppler dell’arteria ombelicale: A = pattern normale. B = Diminuzione telediastolica.
C = Assenza di flusso telediastolico. D = Inversione del flusso.
Altri esami invasivi, come l’ossimetria fetale attraverso lo scalp o la spettroscopia placentare non
sono indicati in condizioni di membrane integre o di infezioni (61).
In corso di sepsi con feto in utero, a cui ci si riferisce i questo capitolo, sia in travaglio che fuori da
esso, possono presentarsi tutte le anomalie del BCF a cui bisognerà provvedere in termini di
rianimazione fetale in utero o di timing e modalità del parto, ma la priorità in qualsiasi caso è la
salute materna(62).
53
EZIOLOGIA
BATTERI
In parte si è già affrontato questo argomento, ma in breve, riteniamo siano necessarie ulteriori
precisazioni. La maggior parte delle infezioni in gravidanza derivano dal tratto urogenitale.
L’effetto del progesterone sulla muscolatura uretrale e il volume uterino favorirebbero un
rallentamento dello svuotamento vescicale e aumento della flora batterica. Il tratto genitale è
sede di popolazioni batteriche.
Una recente review specifica in modo soddisfacente l’eziologia delle infezioni materne (fig. 13)
durante i diversi periodi della gravidanza: appare chiaro come l’Escherichia Coli prevalga e che lo
Streptococco del Gruppo B (GBS) sia confinato al travaglio.
Fig. 13: Prevalenza di E. Coli nell’infezioni in gravidanza. (63)
In caso di sepsi la proporzione dei batteri coinvolta in sostanza non cambia (fig. 14), ma solo nel
40% circa viene individuato con certezza l’agente responsabile, registrato secondo l’International
Code of Desease, Ninth Revision, Clinical Manifestation (ICDM – 9 – CM).
54
Fig. 14: Frequenza del tipo di batteri responsabili di sepsi grave (non è considerata un’incidenza
inferiore al 10%) (8).
D’altra parte, la letteratura inglese(7) riporta una prevalenza di sepsi da Streptococco β-emolitico
del Gruppo A (GSA) e di Escherichia coli, soprattutto in gravide con fattori di rischio multipli.
Inoltre, è stata sottolineata la presenza, per entrambe la specie, di ceppi resistenti alle tradizionali
terapie antibiotiche.
E’ comunque necessario, in vista di un inquadramento clinico accurato e per programmare una
terapia antibiotica mirata, seppur empirica nelle fasi iniziali della sepsi, conoscere quali siano i più
comuni batteri responsabili di sepsi (Tab. 5).
55
Cocchi GRAM + Bacilli GRAM + Bacilli GRAM - Anaerobi
Pneumococco
Streptococco A e B
Enterococco Fecale
Stafilococco Aureo
Escherichia Coli
Haemophilus Infl.
Klebsiella
Enterobacter spp
Proteus spp
Pseudomonas spp
Serratia spp
Lysteria monocitogenes Mycoplasma spp
Bacteroides spp
Prevotella
Clostridium Perfr.
Fusobacterium spp
Peptococco
Peptostreptococco
Tab. 5: Microrganismi maggiormente coinvolti nella Sepsi Ostetrica. (Adattata da: Morgan J, Scott R:
Maternal Sepsis Obstet Gynecol Clin N Am 40; 69–87.2013).
VIRUS
Sebbene meno frequenti, anche l’eziologia virale può portare ai quadri clinici della sepsi.
I più comuni agenti virali in ostetricia sono i virus dell’influenza A (2009 H1N1) e B. Meno comuni
sono i virus della Varicella Zoster che sono associati ad una mortalità fra il 3% ed il 14% in pazienti
che, spesso, sono già in ventilazione meccanica ed hanno in corso una aggressiva terapia
antivirale(64).
FUNGHI
La sepsi fungina, in genere da Candida Albicans, è rara in gravidanza e specialmente nella
popolazione con alto tenore di vita. L’insorgenza della malattia è correlata all’equilibrio della
produzione di progesterone ed estrogeni: un maggior concentrazione del primo permette
56
all’organismo di aumentare la produzione di anticorpi per la Candida e alte concentrazioni dei
secondi la inibiscono(65).
57
LA GESTIONE DELLA SEPSI
RUOLO DELL’ANESTESISTA IN OSTETRICIA
Nel corso degli anni la figura dell’Anestesista che viene coinvolto in Sala Parto o nei Reparti di
Ostetricia è cambiato. Recenti statistiche, infatti, rilevano che viene coinvolto in più del 60% delle
gravide in Sala Parto e quando si considerano le urgenze i reparto e l’attività ambulatoriale
ostetrica si arriva a quote di oltre il 90%.
Da molto tempo la letteratura auspica la formazione di un team multidisciplinare in cui molteplici
le figure professionali, al di fuori ovviamente del Ginecologo e del Neonatologo, siano dedicate
all’Ostetricia. Nonostante i ruoli professionali siano differenti fra nazione e nazione, l’OAA
(inglese/irlandese) riassume in maniera efficace le competenze dell’Anestesista dedicato alla Sala
Parto (66).
Tra i metodi più efficaci per ottenere la massima partecipazione e la coordinazione più efficiente
non solo in Ostetricia, in ogni situazione critica, è stato ormai definitivamente stabilito di seguire e
implementare le regole del Crisis (o Crew) Resource Management (CRM)(67): per brevità se ne dà
solo un accenno, ma da più di vent’anni ha dimostrato di dare l’essenziale comportamento nelle
situazioni cliniche a rischio(68).
L’espressione “duty Aneshestetist” è ormai utilizzato per sottolineare l’importanza di affiancare
esperti di Urgenza/Emergenza nei teatri dell’Ostetricia 24 ore su 24. Ma non solo: ha il compito di
implementare la comunicazione, educare e controllare i Colleghi più inesperti, provvedere a
dotare il proprio equipaggiamento con attrezzature moderne e di facile rapido utilizzo (es.:
ecografi, tromboelastografi, apparecchi per emogasanalisi completi, monitoraggio emodinamico
non invasivo e mininvasivo)(69). Nelle realtà ospedaliere in cui è possibile, si auspica l’allestimento
di una stanza dedicata ai casi più gravi, che non richiedono il ricovero in Terapia Intensiva (Hight
Dependency Unit – HDU -), dove l’attività clinica di medicina d’urgenza diventa preminente.
58
La sepsi quindi, in tutte le sue manifestazioni, alla stessa stregua di altre urgenze/emergenze
ostetriche (es.: eclampsia, emorragia, complicanze di comorbidità, ecc.), richiede anche e
soprattutto le competenze intensivistiche dell’Anestesista. E’ stato ampiamente descritto che
un’organizzazione Ginecologo Ostetrico/Anestesista/Ostetriche ben collaudata (fig. 15) riduce
significativamente: i ricoveri in Terapia intensiva, i costi, le complicanze, i sub standard care, i
giorni di degenza e aumenta la sicurezza e il buon esito delle cure(70).
Fig. 15: Team dedicato all’Ostetricia e competenze specifiche e comuni.
SEPSIS CARE BUNDLE
Sin dalla prima stesura delle linee guida per la sepsi, la Surviving Sepsis Campaigne ha proposto
una linea di condotta da utilizzare dagli operatori sanitari: il “Sepsis Care Bundle”. Il modello, però,
non è stato ancora personalizzato per le pazienti gravide, ma in questi anni si è dimostrato
indispensabile nel ridurre i costi, il trasferimento dei pazienti in Terapia Intensiva e i giorni di
ricovero(71). Di recente(72) linee guida basate sulla medicina dell’evidenza considerano
indispensabile l’uso di questo documento nello screening iniziale delle pazienti.
59
Il “bundle” ha in pratica due caratteristiche:
- una parte essenzialmente clinica, di facile lettura che indirizza subito sul coinvolgimento
dei medici dedicati (“Sepsi Team”).
- sottolinea i tempi in cui i vari provvedimenti vanno presi e le procedure eseguite. La prima
ora (“Golden Hour”) per il monitoraggio, prelievi ematici e inizio della terapia. Entro le sei
ore per il monitoraggio più avanzato, dove è preminente l’Anestesista.
Secondo alcuni autori, cha hanno descritto l’utilità dell’implementazione del “Care Bundle”,
sarebbe necessario inserire un ulteriore campo di registrazione allo scadere delle tre ore(36).
In caso di sepsi o shock settico in gravidanza, ci pare corretto proporre di inserire ad ogni step
(chiamata iniziale, alla prima ora, alla terza ora e alla sesta), elementi relativi alla paziente
ostetrica.
Se la patologia insorge prima del parto, potrebbero essere inserite notizie sullo stato placentare e
fetale: almeno cardiotocografia, profilo biofisico e velocimetria doppler dell’arteria uterina.
Se, invece, ci si trova in puerperio si può considerare lo stato dell’utero e le caratteristiche delle
sue secrezioni o dei lochi.
Considerato poi quanto è importante da ogni punto di vista (non ultimo quello medicolegale),
sarebbe opportuno inserirlo nei documenti obbligatori della cartella clinica, una volta debitamente
compilato.
Proponiamo di seguito il “Care Bundle” in uso presso la nostra azienda (Az. Osp. S. Gerardo –
Monza).
62
MEOWS (Modified Early Obstetric Warning System)
Negli Stati Uniti, dal 2010, The Joint Commission obbliga gli ospedali a sviluppare criteri scritti che
descrivano gli iniziali segni di allarme nelle variazioni o nel deterioramento delle condizioni clinche
del paziente e quando cercare ulteriore provvedimenti clinico-terapeutici anche coinvolgendo gli
specialisti medici necessari(73).
.Aggiunto al “Sepsis Care Bundle”, in Inghilterra è stato istituito specificatamente per la gravida il
Modified Early Obstetric Warning System (MEOWS) nella serie di documenti che verifichino in
tempo reale la salute della gravida(74).
Dotato di una buona specificità (79%) e sensibilità (89% ), potrebbe essere preferito al Maternal
Early Warming System (MEWS) per il fatto che viene considerata anche la temperatura materna.
I vantaggi sono stati dimostrati: miglioramento della comunicazione fra il personale ostetrico e
medico, riduzione dei tempi di intervento clinico, attivazione anche da parte del personale
ostetrico delle procedure indispensabili al successo terapeutico (es.: somministrare ossigeno,
incannulamento di una vena periferica con ago cannula di calibro adeguato), facilitare
l’inquadramento clinico e la terapia.
L’esempio pratico semplificato, in vigore nel Reparto di Ostetricia dell’Ospedale S. Gerardo di
Monza, è mostrato nella fig. 16: per ogni parametro le righe arancioni indicano i valori patologici.
Se nel timing della raccolta dei parametri due di essi sono inseriti consecutivamente, viene
informato il Ginecologo di guardia o di reparto(75). Inserito nel MEOWS o in un allegato a parte, per
ogni sezione (emodinamica, temperatura, ecc.), dovrebbe essere applicata una tabella con colori e
punteggi relativi alla gravità del parametro riportato (tab. 6). I limiti per attivare il team d’urgenza
sono riportati in fig.17.
63
Fig. 16: Esempio di modulo di raccolta parametri secondo MEOWS.
3 2 1 0 1 2 3
PA sist. (mmHg) < 80 80-89 90-139 140-149 150-159 >160
PA diast. (mmHg) < 90 90-99 100-109 >110
Freq. Resp. < 10 10-17 18-24 25-29 >30
Freq. Card. < 60 60-110 111-149 >150
FiO2 (per Sat.p > 96%) Aria 24-39% >40 Temperatura (C°) < 34 34-35 35.1-37.9 38-38.9 >39
Livello di Coscienza Vigile Non vigile
Tab. 6: Punteggi MEOWS
Punteggio d’allarme Grado di attivazione
0 Routine (osservazione per 12 ore)
1 - 3 Basso (minimo 4 ore di osservazione, Ostetriche di
reparto allertate)
Un parametro = 3 o il totale ≥ 4 Medio (minimo un’ora d’osservazione e chiamare
Ginecologo e Medici Specialisti per la patologia acuta)
≥ 6 Alto (monitoraggio dei segni vitali in continuo,
chiamare il team dell’emergenza)
Fig. 17: Livelli di allerta conseguenti all’applicazione di MEOWS.
64
ULTERIORI ACCERTAMENTI DIAGNOSTICI
Nelle sei ore di azione imposte dal “Sepsis Care Bundle”, quando vi sono dubbi sull’origine
dell’infezione, è necessario coinvolgere gli specialisti medici (ad es.: ematologi, pneumologi) o
chirurghi (addominali, urologi, neurochirurghi, ecc.) per completare il quadro clinico. La
diagnostica radiologica richiesta, dalla semplice radiografia del torace a RMN deve essere sempre
in regime di urgenza o emergenza(31).
TERAPIA: EARLY GOAL DIRECTED THERAPY (EGDT)
E’ il cardine del successo clinico ed è valido per qualsiasi paziente con i sintomi di sepsi o shock
settico.
Il razionale è garantire che una ottimale ossigenazione e una adeguata perfusione possano
permettere all’organismo di affrontare la patologia e non progredire verso l’acidosi metabolica.
Nella pratica fisiologica significa sforzarsi sin dall’inizio di rispettare e mantenere costante il rilascio
periferico d’ossigeno: DO2 (fig.16).
Fig. 18: Calcolo del rilascio periferico d’ossigeno (Oxygen Delivery). Si nota come una adeguata perfusione sia direttamente proporzionale alla gettata cardiaca, al valore di emoglobina e all’ossigenazione. I valori massimi per la gravida sana a termine sono maggiori di 800 ml/min*m2.
65
La premessa è in linea con una parte della la sequenza dei provvedimenti da prendere in ordine
sequenziale.
1. Fornire ossigeno ad alte concentrazioni attraverso maschera e reservoire (FiO2 circa 70%).
2. Iniziare la terapia aggressiva con liquidi: da 20 a 30 ml/kg nella prima ora, ma la richiesta
può essere maggiore. I cristalloidi (Ringer Lattato) sono generalmente preferiti; l’uso di
fisiologica, sebbene consigliato può condurre ad acidosi ipercloremica per dosi di 30 ml/kg
o già ai primi due litri di somministrazione(76) (fig. 17).
Fig. 19: Acidosi ipercloremica con somministrazione di soluzione fisiologica: per un paz. di 70 Kgil valore di
pH di 7,30 si raggiunge con 3000 ml di soluzione fisiologica.
L’uso di colloidi è controverso: sicuramente utili per evitare un sovraccarico idrico che
potrebbe condurre ad edema polmonare (il polmone in gravidanza e nella sepsi è l’organo
più sensibile a non sopportare l’eccesso di liquidi); la somministrazione oculata (non più di
un litro) e in associazione con cristalloidi sembra la soluzione più prudente. Lo scopo è
portare i valori di pressione arteriosa media almeno a 65 mm/Hg il più rapidamente
66
possibile. In gravidanza questi primi provvedimenti possono essere sufficienti a riportare
nella norma l’emodinamica sia in caso di sepsi grave che di shock settico.
3. Iniziare la terapia antibiotica in maniera empirica. I dosaggi dovrebbero essere titolati per il
peso della gravida o della puerpera ponendo attenzione al sovradosaggio. La strategia
terapeutica proposta, comunque, dovrebbe essere guidata dal sospetto clinico della zona
di origine dell’infezione. Spesso non vi è tempo di coinvolgere altre figure professionali,
come chirurghi addominali, urologi,neurochirurghi (se l’origine non è prettamente
ostetrico/ginecologica), per cui le indicazioni ormai consolidate dalla letteratura vanno
seguite(77) e sono riassunte nella tab. 6.
Terapia antibiotica empirica in caso di sepsi
Amoxicillina + acido clavulanico 1,2 g ogni 8 ore
Oppure Cefuroxime 1,5 g ogni 8 ore
Oppure Cefotaxime 1 – 2 g ogni 6 - -8 ore
PIU’ Metronidazolo 500 mg ogni 8 ore
In caso di allergia a penicilline o cefalosporine
Clindamicina 600 – 1200 mg ogni 6 – 8 ore
Oppure Claritomicina 500 mg ogni 12 ore
PIU’ Gentamicina 3 – 5 mg/Kg/die (dose suddivisa ogni 8 ore)
In caso di sepsi grave o shock settico
Piperacillina - tazobactam 4 – 5 g ogni 8 ore
Oppure Ciprofloxacina 600 mg ogni 12 ore
PIU’ Gentamicina 3 – 5 mg/Kg/die (dose suddivisa ogni 8 ore)
Oppure Carbapenem o Meropenem da 500 mg a 1g ogni 8 ore (+/- gentamicina)
Oppure Metronidazolo 500 mg ogni 8 ore
Note: 1) Se è sospettata sepsi da GSA, Clindamicina 600 mg ogni 8 ore è più efficace delle penicilline. 2) Se è sospettato Stafilococco aureo meticillino-resistente (MRSA) aggiungere:
Teicoplanina 10 mg/kg ogni 12 ore per tre volte (anche ogni 24 ore) o Linezolid 600 mg ogni 12 ore.
Tab. 7: Terapia antibiotica empirica nella sepsi, sepsi grave e shock settico.
67
La terapia antibiotica deve essere integrata con una regolare nutrizione e un apporto
vitaminico (almeno vit. C e complesso B) corretto(31).
La classica descrizione della EGDT prevede altre azioni da eseguire entro un’ora:
- emoculture, tamponi nelle zone a rischio e urinoculture, sia in caso di T° ≥ a 38° sia ≤ a 36°,
- emogasanalisi arteriosa per valutare lattati, osmolarità, glicemia,scambi gassosi, livello di
acidosi, elettroliti,
- posizionare, a discrezione dell’Anestesista dedicato, catetere venoso centrale (CVC), da cui
è possibile integrare i valori emogasanalitici con quelli della saturazione venosa centrale
(SvO2) che deve essre superiore a 70 mmHg anche in ossigenoterapia. Inoltre è possibile
guidare il riempimento volemico con i valori di pressione venosa centrale (PVC): i valori
normali sono tra -2 e +2 cm H2O e valori oltre i 10 cm H2O sono a rischio di edema
polmonare,
- somministrare i boli di cristalloidi ( eventualmente con aggiunta di colloidi) ogni 30 minuti,
- considerare amine vasoattive se non si raggiunge la pressione arteriosa media di 65 mmHg,
- considerare la trasfusione con emazie concentrate se l’ematocrito e inferiore a 30% (o
emoglobina inferiore a 10 mg/dl), mantenere una diuresi oraria maggiore di 0,5 ml/kg (42).
Anche se può sembrare ripetitivo, ma ci sembra utile riportare un intuitivo metodo utilizzato in
Inghilterra per affrontare la sepsi, che ha ottenuto un aumento dei successi terapeutici ed è stato
più gradito soprattutto dalle Ostetriche: è il “Sepsis Six” (tab.7). II 50% dei provvedimenti sono
relativi a misure terapeutiche.
68
“Sepis six” da completare nella prima ora
1) Somministrare alti flussi di ossigeno
2) Emoculture e altre colture rilevanti
3) Somministrare antibiotici ad ampio spettro
4) Misurare i lattati o altri valori di rilievo clinico
5) Iniziare la somministrazione endovena di liquidi
6) Fare attenzione alla diuresi
Tab. 8: “Sepsis six”.
TERAPIA CORTISONICA
Anche per questo argomento la gran parte della letteratura prende in considerazione tutti i
pazienti colpiti da sepsi o shock settico. L’ostetricia pone il problema aggiuntivo dell’uso dei
cortisonici nei casi in cui non sia ancora stato espletato il parto. Non sembrano esservi dati
definitivi in materia e sta alla sensibilità degli operatori considerare anhe il benessere fetale nei
diversi periodi della gravidanza. In pratica, in uno shock settico del primo trimestre si può
ragionare sulla somministrazione di prednisone o metilprednisolone (scevri da ogni rischio per il
feto), piuttosto che di idrocortisone (78).
Nei casi di sepsi o shock settico puerperale la terapia cortisonica ha mostrato senza dubbio la sua
utilità, riducendo la mortalità, i giorni di ricovero e la progressione della malattia ad altri organi(79).
La terapia cortisonica per la gravida è tuttavia necessaria in rare situazioni(44, 80). L’idrocortisone è
raccomandato nello shock settico e nello shock settico refrattario al carico idrico al dosaggio di
200 – 300 mg/die in tre o quattro somministrazioni: il razionale sta nel compensare i tre tipi di
risposta all’insulto infettivo. L’iniziale risposta surrenalica adattiva con cortisolo basale aumentato
69
e con ancora una riserva a disposizione, l’insufficienza surrenalica relativa, con cortisolemia basale
mantenuta, ma senza riserve e l’insufficienza surrenalica assoluta.
TERAPIA AVANZATA DELLA SEPSI GRAVE E DELLO SHOCK SETTICO (AL LETTO DELLA PAZIENTE)
Se gli obiettivi emodinamici non vengono raggiunti col carico idrico e si profila la diagnosi di shock
settico o di shock settico refrattario, è indicato l’uso di amine(41, 42, 81): noradrenalina e dopamina.
Noradrenalina, α e β adrenergica, è raccomandata rispetto alla dopamina perché aumenta la
perfusione tessutale senza gli effetti cardiogenici della dopamina. Non esiste un vasocostrittore
che non influenzi anche la perfusione uterina, quindi il monitoraggio fetale e i rischi vanno
attentamente soppesati. Il dosaggio va titolato in base alla risposta emodinamica. Ogni amina
richiede di essere somministrata da una vena centrale e tramite pompa infusionale.
Come descritto in tab. 8(82), il ricorso ai vasopressori è il primo motivo per considerare il
trasferimento in un’unità di rianimazione.
La nutrizione e l’eventuale terapia insulinica vanno considerati per mantenere l’adeguata
omeostasi materna: i valori di glicemia per la gravida non devono superare i 130 mg/dl.
In caso di sepsi stafilococcica o streptococcica, se le terapie precedenti non hanno l’efficacia
prevista, si può ricorrere alla somministrazione di immunoglobuline. La loro azione consiste nel
neutralizzare gli effetti delle esotossine batteriche inibendo la produzione di interleuchine e TNF.
Con successo sono state usate in gravidanza per strepto e stafilococchi, ma non hanno avuto
efficacia per sepsi da Gram negativi (che fanno produrre endotossine)(83).
70
CRITERI PER IL RICOVERO IN TERAPIA INTENSIVA
Sistemi interessati Indicazione
Cardiovascolare Ipotensione refrattaria, necessità di amine, aumento
della lattacidemia
Respiratorio Edema polmonare, necessità di ventilazione meccanica
Renale Dialisi
Neurologico Glasgow Coma Score ≤ 8
Altri Acidosi incorreggibile, MOF, Ipotermia
Tab. 9: Criteri per il ricovero in Terapia Intensiva (adattata da (81)).
71
CONCLUSIONI
Anche se tutto ciò che è stato presentato soffre dei limiti insiti nelle difficoltà di affrontare
l’ampiezza dell’argomento, si può affermare che la sepsi in ostetricia, in ogni sua manifestazione è
una realtà a se stante, paragonabile solo in parte al resto della popolazione.
Di conseguenza si sente la necessità di raccomandazioni, linee guida e proposte di protocolli
esclusivi per la gravidanza: non solo relativi ai periodi pre e postpartum, ma anche in
concomitanza di patologie gravidiche note (es.: preeclampsia).
E’ pur vero che gli sforzi profusi da Surviving Sepsis Campaign da più di un quarto di secolo, hanno
prodotto una maggior sensibilità degli operatori sanitari nei casi di infezioni e, di riflesso, una
riduzione della morbidità e mortalità ospedaliera(72).
Negli ultimi anni si è assistito in ostetricia ad un aumento delle complicanze anche gravi correlate
alla sepsi, in parte imputate a molteplici fattori, tra cui: garantire la gravidanza anche a donne
portatrici di importanti comorbidità, programmare la procreazione assistita ad età avanzate,
assistere all’aumento di famiglie indigenti cha poche volte o per nulla seguono il percorso preparto
e accogliere (come naturale nella storia umana) mamme emigranti, provenienti da popolazioni con
tradizioni igieniche lontani dagli standard internazionali.
Ma la sepsi in gravidanza ha altre caratteristiche che la distinguono e la rendono unica: richiede il
rispetto di tutta una serie di equilibri ai quali soltanto un’equipe medica e ostetrica dedicata
dovrebbe dare il suo contributo.
Conoscere la fisiologia della gravidanza e la conseguente risposta fisiopoatologica alle infezioni è
importante, ma non basta: è indispensabile considerare il ruolo della placenta e le sue reazioni,
diverse da microrganismo a microrganismo e la fisiologia del feto, con tutti i segnali che può
manifestare per far fronte alla patologia o non appena inizia la sua sofferenza.
72
Gli strumenti raccomandati, “Sepsis Care Bundle”, MEOWS, “Sepsis six”, in sostanza incoraggiano
l’attenzione e l’armonia decisionale di tutto il personale coinvolto in prima linea.
Il ruolo dell’Anestesista Ostetrico, al di là delle mere abilità procedurali, è estremamente
importante nel rispettare i tempi nei quali la diagnostica e la terapia di attacco (specialmente in
caso di S.I.R.S. o di shock settico) deve essere eseguita e completata. Ma, ancora, può collaborare
a far comprendere l’importanza di metodiche di monitoraggio emodinamico, cardiovascolare,
respiratorio, non invasive o mininvasive ed aiutare nell’interpretazione dei risultati.
Con queste basi, può essere organizzata un’assistenza “sub intensiva” anche all’interno dei reparti
ostetrici, come auspicato da molti autori. Nel caso specifico della sepsi, bisognerebbe considerare
a tal proposito che ci si trova di fronte ad una patologia con il più alto tasso di “Substandard Care”
(dal 25% al 100%), che si riflette anche su una frequenza elevata di eventi avversi e di “Near Miss”.
Non solo: specialmente in ostetricia è molto frequente sottostimare e/o sovrastimare casi di sepsi
grave anche per personale preparato e dotato degli strumenti di screening.
E’ una patologia (o una serie di manifestazioni patologiche) subdola e dall’esito poco prevedibile in
campo ostetrico; tanto è vero che i criteri internazionali stabiliti per prevedere mortalità e
morbidità poco si correlano alla popolazione ostetrica.
Il futuro, quindi, si dedica alla ricerca di ulteriori criteri diagnostici soprattutto nella sepsi grave e
nello shock settico, soprattutto concentrandosi sullo studio di valori emodinamici appropriati in
gravidanza e nel postpartum(31).
La sepsi non è una sfida al pari, per esempio, della preeclampsia/eclampsia o dell’emorragia del
peripartum: è attesa e prevedibile per ogni gravida, ma richiede sin dall’esordio la passione di
pochi operatori (medici e ostetriche) sensibili, motivati e affiatati.
73
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77
INDICE
INTRODUZIONE……………………………………………………………………………………………….pag. 1
DEFINIZIONI…………………………………………………………………………………………………….pag. 2
BATTERIEMIA…………………………………………………………………………………………………..pag. 2
S.I.R.S. …………………………………………………………………………………………………………….pag. 3
SEPSI ………………………………………………………………………………………………………………pag. 4
SEPSI GRAVE …………………………………………………………………………………………………..pag. 4
SHOCK SETTICO ……………………………………………………………………………………………..pag. 5
SHOCK SETTICO REFRATTARIO ……………………………………………………………………….pag. 5
SEPSI FULMINANTE ………………………………………………….........................................pag. 5
DEFINIZIONE DI SEPSI IN OSTETRICIA ………………………………………………………….…pag. 7
INCIDENZA …………………………………………………………………………………………………...pag. 10
FATTORI DI RISCHIO MATERNI E COMORBIDITA’………………………………………….pag. 12
FATTORI DI RISCHIO COLLEGATI ALLA GRAVIDANZA ……………………………………..pag. 12
FATTORI DI RISCHIO INDIPENDENTI ………………………………………………………………pag. 17
FISIOLOGIA DELLA GRAVIDANZA: RISPOSTA
IMMUNITARIA AGLI AGENTI PATOGENI ……………………………………………………...pag. 19
FISIOLOGIA DELLA GRAVIDANZA …………………………………....................................pag.20
PREVENZIONE DELLE INFEZIONI POSTPARTUM …………………………………………..pag. 23
CLINICA ………………………………………………………………………………………………………..pag. 26
SEGNI CLINICI PRECOCI ………………………………………………………………………………..pag. 26
S.I.R.S. ………………………………………………………………………………………………………….pag. 27
SEPSI GRAVE ………………………………………………………………………………………………..pag. 29
SHOCK SETTICO E SHOCK SETTICO REFRATTARIO …………………………………………pag. 33
SEPSI FULMINANTE ………………………………………………………………………………………pag. 34
FISIOPATOLOGIA DELLA SEPSI ……………………………………………………………………..pag. 36
PLACENTA E SEPSI ………………………………………………………………………………………..pag. 39
Il FETO E LA SEPSI …………………………………………………………………………………………pag. 45
78
EZIOLOGIA …………………………………………………………………………………………………..pag. 52
BATTERI ………………………………………………………………………………………………………..pag. 52
VIRUS ……………………………………………………………………………………………………………pag. 54
FUNGHI ………………………………………………………………………………………………………..pag. 54
LA GESTIONE DELLA SEPSI ………………………………………………………………………….. pag. 56
RUOLO DELL’ANESTESISTA IN OSTETRICIA ……………………………………………………pag. 56
SEPSIS CARE BUNDLE ……………………………………………………………………………………pag. 57
MEOWS ……………………………………………………………………………………………………….pag. 61
ULTERIORI ACCERTAMENTI DIAGNOSTICI …………………………………………………….pag. 63
TERAPIA: EARLY GOAL DIRECT THERAPY ………………………………………………………pag. 63
TERAPIA CORTISONICA ………………………………………………………………………………..pag. 67
TERAPIA AVANZATA DELLA SEPSI GRAVE E DELLO SHOCK SETTICO ……………..pag. 68
CRITERI PER IL RICOVERO IN TERAPIA INTENSIVA ……………………………………….pag. 69
CONCLUSIONI …………………………………………………………………………………………….pag. 70
BIBLIOGRAFIA …………………………………………………………………………………………….pag.72