LA SCALA UMANA by Giuseppe Ferrarini

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a cura di Giuseppe Ferrarini LA SCALA UMANA

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a cura di Giuseppe Ferrarini

LA SCALA UMANA

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Da Jane Jacobs a Jan Gehlp.8

Kevin Lynchp.7

INTRODUZIONE

Una lettura della città nella sua contrapposizione tra architettura e vita tra gli edifici

INDICE

come si è evoluta la concezione dello spazio pubblico nel corso della storia dell’architettura p.8

Architectural trends

Un nuovo modo di guardare alla città, da Kevin Lynch a Jan Gehl passando per Jane Jacobs p.2

Introduzione

la vita tra gli edifici come misura della qualità dello spazio pubblico uall’interno delle città p.18

Life Between Buildings

Note e bibliografiaNote e bibliografia p.33

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Introduzione Introduzione

Nella seconda metà del XX secolo si assiste ad un ripensamento della città in termini non più funzionalistici, portando al centro delle riflessioni la fisiologia della vita urbana.

KEVIN LYNCH.Un segnale di svolta è segnato dalla pubblicazione avvenuta nel 1960 del libro di Kevin Lynch “The image of the city”, che guarda alla città dal punto di vista del suo naturale utente: il cittadino. Nel suo lavoro Lynch studia la città dal punto di vista della sua “imageneability”, termine tradotto con figurabilità; più elevata è la qualità di una porzione di città maggiore sarà la sua intellegibilità.Gli elementi che concorrono a formare la figurabilità di un luogo sono la chiarezza dei suoi percorsi e dei suoi margini, la presenza di nodi e punti di riferimento e la caratteristicità dei differenti quartieri.Anche il metodo con cui Lynch

conduce le ricerche è in forte rottura con la tradizione: i suoi studi si appoggiano su questionari e interviste ai cittadini realizzate in prima persona o dai collaboratori. Il punto su cui focalizza il suo lavoro è il grado con cui i cittadini sono in grado di orientarsi all’interno del tessuto urbano, ma oltre a ciò emergono i luoghi della città che sono più vissuti e quelli che lo sono meno o per nulla.

Due anni dopo, nel 1962, pubblica un secondo libro: “Site Planning”, un manuale per l’architetto urbanista e pianificatore. L’arte di pianificare lo spazio è trattata in modo scientifico: vengono passati in rassegna tutti gli aspetti con cui il progettista si deve confrontare. Ne emerge un apparato tecnico molto complesso, ma la pianificazione viene trattata non come una scienza meramente pratica, ma come un’arte: l’arte di organizzare l’ambiente esterno al

Kevin Lynch

Esiste una tradizione ingombrante che deriva dal modo in cui l’architettura e l’urbanistica vengono insegnate, che ci ha inculcato l’idea che una sola persona possa risolvere tutto. Abbiamo pure questo termine: “il Masterplan”. Per esempio:

“redigerò un Masterplan in grado di soddisfare tutte le richieste” e sappiamo che ciò è impossibile! Le città sono incredibilmente

complesse e la sola idea di un unico Masterplan è una follia. Tutto ciò che possiamo fare è progettare un framework che sia

forte e permetta alla vita di colonizzarlo spontaneamente.Di una cosa possiamo essere sicuri: tra 10 anni, 20 anni, 50 anni

o tra qualche secolo, noi esseri umani saremo più o meno alti come adesso, i nostri sensi funzionerano all’incirca allo stesso

modo e probabilmente trarremo giovamento dall’incontrarci così come facciamo oggi.

Credo fortemente che non possiamo prevedere cosa accadrà in futuro o determinarlo tracciando una linea su un foglio, ma possiamo suggerire alle persone di camminare, o invitarle a

sostare, a sedere. Inviti per una quotidianità migliore: un modo migliore di attraversare la strada, di aspettare l’autobus, di vivere

la nostra vita.Questo è tutto ciò che noi possiamo fare.

David Sim, Gehl Architects, “The human scale”, 2012

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IntroduzioneIntroduzione

fine di accomodare al meglio tutte le attività umane.

JANE JACOBS.L’intensità con cui un certo quartiere è vissuto e le ragioni che lo rendono più vivace e vivibile sono indagate da un libro che ha segnato questo nuovo modo di guardare alla città: “The Death and life of great american cities”, opera di Jane Jacobs pubblicata nel 1961.La giornalista americana porta all’attenzione le dinamiche interne alla vita tra gli edifici che gli architetti fino ad allora non avevano considerato. La composizione sociale di un quartiere, la dimensione comunitaria e le relazioni tra i suoi abitanti vengono studiate in relazione all’impianto urbanistico e all’architettura. La mixité funzionale, la varietà di ceto dei cittadini e le dimensioni contenute dei “blocks” offrono una maggior probabilità di successo per la vivacità e vivibilità

di un quartiere; zonizzazione, grandi interventi di lottizzazione e “superblocks” generano situazioni di degrado.

JAN GEHL.Il lavoro di Jan Gehl è in continuità con queste due ricerche: “Life between buildings”, pubblicato nel 1971, dà un ulteriore contributo per comprendere l’influenza del “physical framework” sulla vita urbana. Come Lynch lo studio parte da un’analisi in loco, con un’osservazione delle attività che animano lo spazio urbano, a cui si sommano i questionari. Lo studio individua diversi tipi di “outdoor activities”: “necessary activities”, ad esempio spostarsi per andare al lavoro, e “optional acitivities”, come fermarsi, sedersi su una panchina o ad un bar. Le prime sono indipendenti dalla qualità urbana, mentre le seconde sono strettamente connessi ad essa.

Jane Jacobs Jan Gehl

Pubblicato nel 1961

Pubblicato nel 1962 Pubblicato nel 1971

Pubblicato nel 1960

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Introduzione

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Età Modernap.14

Post-modernismop.16

Medioevo e Rinascimentop.13

ARCHITECTURAL TRENDS

“Le persono compiono le “optional activities” solo quando il luogo e le circostanze lo permettono: quando fermarsi in una piazza o spendere del tempo in città è piacevole”1

La presenza di queste attività certifica la qualità di uno spazio urbano e studiandole è quindi possibile raccogliere informazioni su quegli elementi che possono la producono.

“le persone vanno dove ci sono altre persone”2

Le persone tendono a preferire gli spazi frequentati a quelli deserti; questo comportamento è descritto anche nel libro della Jacobs, che lo attribuisce alla paura che porta a preferire i percorsi e i luoghi dove percepiamo un maggior senso di sicurezza. Progettare uno spazio che invogli le persone a viverlo genera quindi un circolo virtuoso che porterà altre a fermarsi.Lo studio dei quattro testi assieme

fornisce indicazioni utili sia per la pianificazione urbana sia per la progettazione dei singoli spazi.Kevin Lynch mostra come prevedere le dinamiche positive o negative che si possono generare con un certo disegno della città in “The image of the city”; in “Site planning” elenca invece tutti gli aspetti da affrontare e risolvere nel progetto. Jane Jacobs dà indicazioni su come gestire la mixité in termini funzionali, tipologici e di età degli edifici e favorire la vivacità di un quartiere in diversi momenti della giornata, aumentare la sicurezza e rafforzarne l’identità. Infine Ian Gehl fornisce molti esempi di spazi urbani differenti individuandone e spiegandone le caratteristiche che favoriscono le attività e i contatti.I testi studiano la città da punti di vista simili ma a scale diverse e dipingono così un quadro completo utile ad ogni progettista.

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Architectural TrendsArchitectural trends

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Nel corso della storia il modo di concepire lo spazio pubblico ha attraversato diverse fasi, e a ciascuna di esse corrisponde un modello di città diversa.

MEDIOEVO.Nel Medioevo la costruzione della città risponde alle esigenze della cittadinanza e non si adegua ad un disegno imposto dall’alto, ma si sviluppa dove c’è un reale bisogno. Gli spazi urbani in questo tipo di città nascono per uno scopo e sono il risultato di un processo diretto di costruzione della città.Così facendo il tessuto urbano viene modellato dall’uso; è infatti il prodotto di centinaia di anni di ampliamenti, correzioni e modifiche. Gli spazi che risultano da questo processo dimostrano una qualità che ancora oggi viene apprezzata, tant’è che queste città sono contemporaneamente mete turistiche, modelli di urbanizzazione e

un mercato immobiliare attrattivo.Solitamente questi spazi si distinguono per un’attenzione elevata all’orientamento, l’ombreggiamento e l’irraggiamento, offrono sedute per i passanti, aggetti per ripararsi dalla pioggia e mostrano altre soluzioni di dettaglio che li rendono ancor più gradevoli.

RINASCIMENTO.Un cambiamento radicale nella pianificazione urban avviene nel Rinascimento: la città passa dall’evolversi liberamente e spontaneamente all’essere disegnata. Vengono prodotte le prime teorie su come la città dovrebbe essere, emerge la prima figura dell’urbanista, il cui ruolo diviene sempre più apprezzato.

Gli aspetti che più venivano tenuti in considerazione dai committenti e queste nuove figure professionali riguardavano gli aspetti visuali e il

RinascimentoMedioevo

Veduta aerea del centro storico di Siena

Veduta aerea della città di Palmanova

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Architectural TrendsArchitectural Trends

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decoro degli edifici. Gli spazi pubblici prodotti da questa concezione della città sono inevitabilmente delle risulte, finalizzate più a valorizzare le architetture poste sul loro perimetro piuttosto che soddisfare un bisogno preciso.

“Per immaginare la portata del cambiamento dobbiamo pensare che nel Rinascimento lo spazio pubblico è ottenuto, per lo più, come una risultante: è sostanzialmente un effetto prodotto dalla disposizione più o meno accidentale di palazzi e monumenti”3

Queste teorie produssero spazi indifferenti agli usi che ospitavano, per il solo scopo di perseguire un certo disegno geometrico o una certa prospettiva. Un utile esempio per illustrare questa tendenza è la città di Palmanova, progettata nella prima metà del XVI secolo dallo Scamozzi, il cui progetto delle fortificazioni ricalca la forma di una stella. L’attenzione

dell’architetto è così focalizzata sul disegno in planimetria da perdere di vista l’uso dei diversi spazi urbani: ad esempio tutte le strade presentano la stessa larghezza in sezione, come se non ci fossero differenze tra di esse. Oppure la piazza centrale di 30.000 metri quadri, costruita con dimensioni doppie rispetto al Campo di Siena, solo per sottostare alle regole geometriche di disegno dello spazio urbano.

ETÀ MODERNAUn ulteriore cambiamento radicale nell’approccio alla pianificazione della città è avvenuto con l’avvento del funzionalismo, nella prima metà del XX secolo.I teorici di questo movimento si rifiutarono di progettare la città partendo da canoni estetici e misero al centro della discussione la necessità di una nuova architettura.

“Architettura o Rivoluzione”4

La vita moderna è un incessante movimento di persone, mezzi e mercie l’evoluzione non è solo sociologica ma anche di spazi ed è l’architettura che si deve fare carico di queste tematiche.L’arte dell’architetto urbanista da questo momento in poi diventa la capacità di adeguare l’abitare la città alle contraddizioni del sistema produttivo. L’architetto non è più l’artista custode dei canoni sacri e dei modelli vitruviani dell’architettura come ancora insegnavano le scuole Beaux Arts. Da questo momento in poi l’oggetto della propria arte non è più nel suo campo ma fuori: l’architetto è colui che si confronta con i cambiamenti prodotti nella società dal progresso e la sua arte diventa subalterna al tempo sociale e storico in cui opera. L’architetto si fa sociologo prima e interprete poi delle contraddizioni della vita moderna. Il suo mestiere è transdisciplinare, deve sapere di politica, economia, estetica, storia dell’architettura.

“il despota non è l’uomo, il despota è il piano, il piano giusto, vero, esatto, che dà soluzione ai problemi, in modo complessivo e armonico, […] l’autorità non precederà il piano, lo seguirà […] il piano è un’emanazione della società moderna, una risposta ai suoi bisogni […] reclamate l’organizzazione del piano, è lui il vostro despota”5

Da Haussmann a “La Ville Radieuse” assistiamo ad un nuovo modo di riformare la città che passa per la distruzione del passato. L’obietivo è liberare lo spazio sia per realizzare strade sufficientemente larghe per far fluire il traffico, sia per ospitare una nuova architettura immersa nel verde, studiata per garantire livelli adeguati di igiene, iluminazione e aerazione. Il progettista guarda alla meccanica e alla biologia per attingervi i nuovi strumenti dell’architetto.

L’avvento della macchina e del traffico produce grandi cambiamenti.

Età Moderna

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Architectural Trends

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Architectural trends

Viene invocata la morte della strada così come conosciuta: una commistione caotica di funzioni diverse; bisogna adottare nuovi modelli: vanno separati i circuiti per favorire il traffico, a vantaggio della macchina. Il teorico Harvey Wiley Corbett propose nel 1923 per Manhattan la creazione di passaggi pedonali sopraelevati e porticati per lasciare l’intero livello stradale della città riservato al traffico automobilistico. Un’altra proposta fu pubblicata nel 1927 da Hilberseim con il progetto della “Città verticale”, in cui il traffico pedonale, carrabile e ferroviario vengono divisi su tre livelli diversi senza alcuna commistione.

POST-MODERNISMONegli anni ‘50 si sviluppa una reazione in seno al modernismo che va contro l’asettica oggettività reclamata da Le Corbusier. I suoi promotori furono Alison e Peter Smithson, che assieme agli altri

membri del TEAM 10 organizzarono il decimo CIAM attorno a cinque temi fondamentali, due dei quali segnarono un punto di svolta: l’associazione e l’identità.Poiché l’applicazione dei principi contenuti nella Carta di Atene alle new town era stato un fallimento, i coniugi Smithson azzardano un’inversione di metodo: partire da un’analisi fenomenologica, sociale e antropologica della vita come si svolge dal basso per poi risalire ai principi della progettazione. In un progetto residenziale come “The golden lane” non era sufficiente pensare agli alloggi ma occorreva tenere conto di tutte quelle attività addizionali (gioco, incontro, relazioni con il vicinato) che possono dare al costruito e ai suoi abitanti un’identità. In questo progetto l’unità di misura per gli spazi associativi non è un uomo astratto, l’uomo vitruviano o la sua declinazione lecorbuseriana: il Modulor; la rue corridoir degli Smithson è dimensionata per

Proposta di H. W. Corbett per risolvere la congestione del traffico di Manhattan (1923)

Post-modernismo

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Architectural trendsArchitectural trends

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“Ville Radieuse”, Le Corbusier, 1922 Uno dei “Playgrounds” progettati da Aldo Van Eyck nel secondo dopoguerra ad Amsterdam

“Città Verticale”, Ludwig Hilberseimer, 1927 “The golden lane”, Alison e Peter Smithson, 1952

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Architectural Trends

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I sensip.23

Tempo per esperirep.25

Dispersione - distanza soggettivap.27

Gestione del traffico - Camminarep.28

Sedere - La piccola scalap.31

LIFE BETWEEN BUILDINGS

permettere a due donne che spingono il passeggino di sostare l’una accanto all’altra. La decostruzione del soggetto classico del funzionalismo (l’uomo bianco adulto) è ancora più radicale nei progetti dei playgrounds di Aldo Van Eyck ad Amsterdam.Questi segnali indicano che l’attenzione si sposta dall’uomo alla vita, dal razionalismo all’immaginazione di pratiche di riappropriazione dello spazio pubblico.

Negli stessi anni Kevin Lynch conduce le ricerche alla base di “The image of the city”: mentre il resto del mondo disegnava le città secondo il principio dello zoning, dove la costruzione dello spazio avveniva a priori in modo oggettivo e scientifico, con il suo team compie delle ricerche sulla percezione della città da parte dei soggetti.Gli anni ‘50 sono dunque un momento di svolta, che prendono le

distanze dal Movimento Moderno e aprono nuove discussioni sul modo di costruire la città. È in questo contesto che si inseriscono anche lo studio di Jane Jacobs e successivamente di Jan Gehl.

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Life Between BuildingsLife Between Buildings

2019

I sensi

Jan Gehl introduce un nuovo fattore nella progettazione della città: il funzionamento dei sensi. Nel suo libro analizza i diversi sensi per individuare quali aspetti della città e dell’architettura arricchiscano o impoveriscano la vita urbana.

Tra i diversi sensi l’olfatto non viene trattato in modo approfondito perché svolge un ruolo marginale; esso infatti fornisce informazioni solo in un raggio molto ridotto.

Più importante è l’udito: in un raggio di 7 metri è possibile sostenere una conversazione e fino a 35 metri si può udire qualcuno parlare. Quest’ultima è la distanza massima auspicabile tra attori e spettatori in un teatro; in ambienti con un buon livello acustico è possibile sostenere un botta e risposta, ma non una normale conversazione. Va poi specificato che queste distanze non tengono conto di rumori che disturbano gli interlocutori. In strade trafficate il

rumore prodotto dalle automobili può arrivare a 60 decibel; in tali condizioni non è possibile sostenere una conversazione ad una distanza di 3 metri senza dover usare un tono della voce elevato. Bisogna ridurre il rumore a 40-45 decibel perché ciò possa avvenire. Sotto questa soglia si possono udire i rumori di fondo: la musica di un bar, i suoni della natura.

La vista è tra i sensi quello che svolge il ruolo più determinante; il suo funzionamento e il suo raggio d’azione danno informazioni utilissime. L’occhio umano predilige la visione orizzontale: il campo visivo su questo piano è di 200° contro i 130° del piano verticale. Di conseguenza un maggior numero di eventi a livello del suolo avrà un effetto più alto di tanti eventi in verticale. La relazione visiva tra la strada e gli edifici coinvolge solo i primi tre-quattro piani di un edificio; Jane Jacobs racconta episodi che testimoniano che in questi casi ci sia Campo visivo sul piano verticale, sul piano orizzontale e legame visivo tra la strada e i primi piani

di un edificio

Via Paolo Sarpi, Milano 42th Street, Manhattan

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Life Between BuildingsLife Between Buildings

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Tempo per esperire

un controllo maggiore della strada e un grado di sicurezza percepita superiore.

Lo studio del funzionamento della vista dà informazioni sul grado di percezione in funzione della distanza: a partire da un centinaio di metri di distanza si inizia a riconoscere la figura umana. Bisogna arrivare 70 metri per distinguere il sesso, l’età e l’attività; questa è la distanza massima auspicabile tra gli spettatori e i giocatori in uno stadio.Intorno ai 30/35 metri si intuiscono i lineamenti e le espressioni del viso; a questa distanza è possibile assistere ad uno spettacolo teatrale.La soglia dei 20 metri è importante perché da questa distanza in poi le relazioni sociali iniziano ad essere significative, ad esempio si può intuire lo stato d’animo di un’altra persona.Tra un metro e 3 metri avvengono tutte le normali conversazioni in cui sono coinvolti appieno anche gli altri

sensi.

Jan Gehl individua come la relazione tra la distanza fisica spaziale e il grado di intensità delle relazioni trovi riscontro nel linguaggio comune, quello che lui chiama “social field of vision”. In inglese lo testimoniano espressioni come “a close friendship”, “a near relative”, “distant relations”, “keeping somebody at arm’s lenght” o “keeping one’s distance from somebody”. Lo stesso avviene anche in italiano: “un amico stretto”, “un parente lontano”, “mantenere le distanze”. Associamo la distanza fisica non solo al grado di intimità delle nostre relazioni, ma anche a ciò che proviamo in uno spazio piuttosto che in un altro: camminare per una via stretta di un centro storico ci dà una piacevole sensazione di intimità, mentre tra monotoni edifici residenziali sempre uguali e distanti tra di loro avvertiamo uno sgradevole

senso di smarrimento e insicurezza.

La presenza di eventi che accadono tra gli edifici rende vivace lo spazio urbano, ma spesso ci si preoccupa di aumentare il numero trascurando un fattore decisivo: la durata. Non è il numero di persone a rendere interessante uno spazio urbano, ma il numero di minuti spesi all’esterno. La città deve favorire tutte quelle pratiche di riappropriazione dello spazio pubblico che ristabiliscono il rapporto tra città e cittadinanza, non più soggetto passivo della progettazione ma attivo.

Un aspetto che spesso non si considera nella pianificazione delle città è l’effetto dei diversi tipi di trasposto sulla vivacità delle strade. Gli scenari che questi possono creare sono facilmente intuibili se ci si ferma a riflettere sulla loro velocità: un mezzo motorizzato può attraversare un centro abitato a 30-50 km/h, una bicicletta a 15-20

km/h, un pedone a 5-15 km/h. Serve tempo per potere fare esperienza degli eventi. Quando due pedoni si vengono incontrano passano circa trenta secondi tra il momento in cui si individuano a quando si incrociano. Un autostoppista invece ha pochi attimi per attirare l’attenzione dell’automobilista prima di scomparire dal suo specchietto. Queste sono due esperienze che forniscono un numero diverso di informazioni. Per lo stesso fenomeno un edificio ricco di dettagli o completamente privo viene percepito dal pedone ma non da chi viaggia a gran velocità. Progettare per l’uno o per l’altro produce architetture molto diverse.

Nel capitolo precedente sono state trattate le novità introdotte con l’avvento dell’automobile, in particolare, un nuovo modo di pianificare la città che ha prodotto aree urbane completamente diverse.Piani urbanistici come quelli di

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Life Between Buildings Life Between Buildings

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Distanza soggettivaDispersione

Nella foto di sinistra si vede Via Vittor Pisani, in quella di destra Via Dante; le distanze sono simili ma la prima appare molto più lunga della seconda. L’articolazione del percorso e delle architetture che su di esso si affac-ciano comunicano sensazioni molto diverse.

Le Corbusier o di Hilberseimer si differenziano dalla città tradizionale per la forte dispersione degil edifici e delle funzioni. La dilatazione delle distanze non è un problema per l’automobilista ma diventa un ostacolo per chi si muove con altri mezzi. La dispersione non è un problema solo di distanze, poiché inficia la vita stessa della città.

“la vita si svolge a piedi” 6

La concentrazione di edifici e funzioni dà luogo ad numero di eventi che rendono interessante lo spazio urbano; ecco allora che si moltiplicano esponenzialmente tutte le “outdoor activities”.Al contrario, la dispersione degli edifici, l’aumento delle distanze e fenomeni di zonizzazione le riducono drasticamente; è emblematico che Gordon Cullen nel suo libro “Townscape” definisca questo fenomeno “desert-planning”.

La presenza di punti di interesse lungo il percorso cambia la percezione della distanza.Ricerche hanno dimostrato che la distanza accettabile da percorrere per raggiungere una meta è piedi è di circa cinquecento metri, ma nel suo libro Jan Gehl sottolinea l’importanza dell’articolazione del percorso nella percezione della distanza.

“La distanza accettabile da percorrere a piedi dipende dalla lunghezza e dalla qualità del percorso, entrambe in relazione alla sicurezza e allo stimolo date dalla strada” 7

La distanza di un percorso non è parametro oggettivo, infatti l’articolazione del percorso rende la percezione della sua lunghezza soggettiva. La stessa intuizione era già presente in “The image of the city”, in cui non veniva sottolineata solo l’importanza dell’intellegibilità di un percorso, ma anche della sua varietà e ricchezza.

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Life Between BuildingsLife Between Buildings

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Gestione del traffico Camminare

Al problema della pianificazione del traffico vengono proposti tre modelli diversi: Los Angeles, Delft e Venezia.Queste tre città rappresentano tre modelli radicalmente diversi: Los Angeles è una città pianificata per favorire gli spostamenti in macchina e in conseguenza le strade sono poco vivibili per i pedoni.Venezia è l’esatto opposto: alle macchine non è concesso di entrare nel centro storico nel quale si accede solo a piedi o con i mezzi pubblici. Delft rappresenta un modello intermedio: le macchine possono entrare nel centro storico ma l’articolazione delle strade e dell’arredo urbano fanno percepire al conducente di essere ospite nello spazio dei pedoni. Questo modello prende il nome di “Dutch Woonerf”, che significa letteralmente “living area” e prevede limiti di velocità molto ridotti, precedenza ai ciclisti e i pedoni, dissuasori di velocità e altri dispositivi per rallentare il traffico.Da tre idee diverse di utenza dello

spazio pubblico derivano tre città molto diverse; dal punto di vista della vita tra gli edifici il modello di Los Angeles, dove la macchina è pensata come il primo mezzo di trasporto, è controproducente.

“Camminare è in primo luogo e soprattutto un tipo di trasporto, un modo di muoversi, ma crea anche occasioni semplici e informali di essere presenti nello spazio pubblico”8

Lo stesso ragionamento è applicabile alla pianificazione dei parcheggi: la distanza che si copre dal luogo in cui si lascia il proprio mezzo alla propria dimora può essere un’occasione di incontri. Pianificare i parcheggi tenendo presente questo può favorire le relazioni con il vicinato e contribuire a sviluppare un senso di identità all’interno di un quartiere.

Camminare non è il solo modo di essere presenti nello spazio pubblico:

Los Angeles

Venezia

Delft

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Life Between Buildings Life Between Buildings

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La piccola scalaSedere

sostare e sedere sono altrettanto fondamentali. Jan Gehl ha analizzato il comportamento dei cittadini per individuare quali fossero le pratiche di appropriazione dello spazio pubblico.Guardando alla città in questo modo si possono dividere le sedute in primarie e secondarie: le prime sono quegli elementi di arredo urbano che sono collocati per quello scopo, mentre le seconde sono quegli accorgimenti architettonici che all’occorrenza possono svolgere la medesima funzione. La presenza un numero troppo alto di sedute primarie si rischia di dare l’immagine di uno spazio vuoto, poco frequentato; un numero troppo basso d’altra parte renderebbe lo spazio respingente. Invece un numero contenuto di sedute primarie affiancato alla presenza di sedute secondarie renderebbe lo spazio idoneo sia a situazioni normali sia di affollamento.

Il numero delle sedute non è la sola variabile da tenere in considerazione:

la collocazione riveste un ruolo altrettanto importante. Nel suo studio “Seating Preferences in Restaurant and Cafés” l’antropologo Derk de Jonge parla di quello che lui chiama “the edge effect”, ovvero la tendenza delle persone di preferire i bordi degli spazi aperti per sostare o sedere. Questi infatti riducono lo spazio aperto attorno a noi, avvicinandolo ad un angolo compatibile con il nostro campo visivo; la sensazione che ne deriva è di maggior controllo di ciò che accade attorno. Sul bordo si ha inoltre una visione complessiva di tutto lo spazio aperto. Quindi collocare sul perimetro le sedute garantisce contemporaneamente un senso di sicurezza e la migliore visuale.

“la sfida per la qualità si vince -o si perde- alla piccola scala”9

Facciate con nicchie, portici, scalinate sono occasioni per favorire la vita tra gli edifici; spazi aperti

Modelli diversi di parcheggio

Sedute primarie Sedute secondarie

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Life Between Buildings

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NOTE E BIBLIOGRAFIA

Bibliografiap.3

Notep.3

Un nuovo modello

perimentrati da edifici con queste caratterstiche hanno più possibilità di essere utilizzati dalla cittadinanza. Un corretto orientamento, aggetti per ripararsi dalle intemperie, una densità di costruito pensata per proteggersi dal vento, sono altri dettagli che aumentano la qualità dello spazio urbano. La scelta di una pavimentazione piuttosto di un’altra, una sezione stradale progettata per favorire un tipo di traffico, una certa larghezza della strada e altezza degli edifici, una precisa distribuzione dei parcheggi, tutte queste variabili fanno la differenza tra uno spazio piacevole o sgradevole.

Quello che emerge da “Life between buildings” è che la scelte di dettaglio sono determinanti, se prese con la consapevolezza del funzionamento dei sensi e del comportamento umano. Si può imparare molto dai centri storici, quelli costruiti e modificati in base alle esperienze dei loro cittadini. Ma il modello

abbozzato da Jan Gehl è distante dai piani modernisti e non ha le pretese di essere decisivo. L’attenzione per il dettaglio non cade nell’overdesign, ma si deve combinare con una grande libertà lasciata agli utenti di riappropriarsi dello spazio urbano; il progetto deve permettere pratiche anche impreviste.

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Note e BibliografiaNote e Bibliografia

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• “The Human Scale. Bringing cities to life”, un film di Andreas M. Dalsgaard, 2012

• “Life Between Buildings. Using Public Space” di Jan Gehl, pubblicato nel 1971

• “Public Spaces Public Life. Copenhagen” di Jan Gehl & Lars Gemzøe, pubblicato nel 1996

• “New city spaces” di Jan Gehl & Lars Gemzøe, pubblicato nel 2000

• “The Death and Life of Great American Cities” di Jane Jacobs, pubblicato nel 1961

• “The image of the city” di Kevin Lynch, pubblicato nel 1960

• “Site Planning” di Kevin Lynch, pubblicato nel 1962

• “La Verità in Architettura” di Pierluigi Nicolin, pubblicato nel 2012

Bibliografia

1 “People only engage in optional activities when the place and the circumstances are right, when the settling into squares and spending time in the city is distinctly pleasant” da “Public Spaces Public Life. Copenhagen”, di Jan Gehl & Lars Gemzøe, p.59, pubblicato nel 1996.

2 “People come where people are” da “Life Between Buildings. Using Public Space”, di Jan Gehl, p.25, pubblicato nel 1971.

3 da “La Verità in architettura”, di Pierluigi Nicolin, p.175, pubblicato nel 2012.

4 da “Urbanisme”, titolo del capitolo “Architettura o Rivoluzione”, di Le Corbusier, pubblicato nel 1925.

5 Le Corbusier, da “La ville radieuse. Éléments d’une doctrine d’urbanisme pour l’èquipement de la civilisation machiniste”, di Le Corbusier, pubblicato nel 1935.

6 “life takes place on foot” da “Life Between Buildings. Using Public Space” Jan Gehl, p.129, pubblicato nel 1971.

7 “Acceptable walking distance thus are an interplay between the lenght of the street and the quality of the route, both with regard to protection and to stimulation route” da “Life Between Buildings. Using Public Space” Jan Gehl, p.137, pubblicato nel 1971.

8 “Walking is first and foremost a type of transportation, a way to get around, but it also provides an informal and uncomplicated possibility for being present in the public enviroment” da “Life Between Buildings. Using Public Space” di Jan Gehl, p.133, pubblicato nel 1971.

9 “The battle for quality is won -or lost- at the small scale” da “Life Between Buildings. Using Public Space” Jan Gehl, p.131, pubblicato nel 1971.

Note