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La Riforma: sacerdozio universale e comunità evangelica M. Lutero, La cattività avignonese della Chiesa, 1520 Sul sacramento dell’ORDINE. «La Chiesa di Dio ignora questo sacramento inventato dalla Chiesa del papa: infatti non solo non contiene alcuna promessa di grazia, ma tutto il Nuovo Testamento non ne fa cenno neppure con una parola… Vorrei fosse ben chiaro e fondato sulla Sacra Scrittura ciò che riteniamo articolo di fede, il che non possiamo affermare neppure lontanamente per il sacramento in questione… Evidentemente ci si è proposti di seminare la discordia tra sacerdoti e i laici, più divisi che cielo e terra , per offendere la grazia del battesimo ed introdurre il disordine nella comunità evangelica . Di qui è cominciata la detestabile tirannide degli ecclesiastici sui laici ... Così è andata in rovina la fraternità cristiana: così da pastori sono diventati lupi, da ministri tiranni, da uomini di chiesa potenza mondana. «Se fossero costretti ad ammettere che noi, avendo ricevuto il battesimo, siamo tutti sacerdoti , come è in realtà, e che ad essi è stato affidato un ministero col nostro consenso, dovrebbero riconoscere che non hanno su di noi alcun potere se non quello che noi spontaneamente riconosciamo loro… Siamo dunque tutti sacerdoti, e siamo cristiani . Quelli che noi chiamiamo sacerdoti sono ministri eletti da noi , per agire a nostro nome , e il sacerdozio non è altro che un ministero…».

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La Riforma: sacerdozio universale e comunità evangelica

M. Lutero, La cattività avignonese della Chiesa, 1520Sul sacramento dell’ORDINE.«La Chiesa di Dio ignora questo sacramento inventato dalla Chiesa del papa:

infatti non solo non contiene alcuna promessa di grazia, ma tutto il Nuovo Testamento non ne fa cenno neppure con una parola… Vorrei fosse ben chiaro e fondato sulla Sacra Scrittura ciò che riteniamo articolo di fede, il che non possiamo affermare neppure lontanamente per il sacramento in questione… Evidentemente ci si è proposti di seminare la discordia tra sacerdoti e i laici, più divisi che cielo e terra, per offendere la grazia del battesimo ed introdurre il disordine nella comunità evangelica. Di qui ècominciata la detestabile tirannide degli ecclesiastici sui laici... Così èandata in rovina la fraternità cristiana: così da pastori sono diventati lupi, da ministri tiranni, da uomini di chiesa potenza mondana.

«Se fossero costretti ad ammettere che noi, avendo ricevuto il battesimo, siamo tutti sacerdoti, come è in realtà, e che ad essi è stato affidato un ministero col nostro consenso, dovrebbero riconoscere che non hanno su di noi alcun potere se non quello che noi spontaneamente riconosciamo loro…Siamo dunque tutti sacerdoti, e siamo cristiani. Quelli che noi chiamiamo sacerdoti sono ministri eletti da noi, per agire a nostro nome, e il sacerdozio non è altro che un ministero…».

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La Riforma: sacerdozio universale e comunità evangelica

NB

Lutero negherà che la sua dottrina abbia implicazioni politiche, in occasione della guerra dei contadini [Contro le bande brigantesche e assassine dei contadini, 1525].

Tuttavia i fondamenti teologici e ecclesiologici della Riforma ebbero grande rilievo nell’elaborazione di una nuova cultura politica.

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Comunità vs coscienza

LUTERO - Dieta di Worms, 18 aprile 1521(Luther auf dem Reichstag in Worms, xilografia dipi nta 1557 )

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Comunità vs coscienza: la RiformaDieta di Worms, 18 aprile 1521

LUTERO

Alla domanda se fosse pronto o no a ritrattare Lutero rispose in latino:

«Poiché la vostra maestà e le vostre signorie domandano una risposta semplice, ne darò una senza corna nédenti: se non sarò convinto mediante le testimonianze della Scrittura e chiare ragioni – poiché non credo né al papa, né ai concili da soli, poiché è evidente che hanno errato e si contraddicono – io sono vinto dalla mia coscienza e prigioniero della Parola di Dio, a motivo dei passi della Sacra Scrittura che ho addotti. Perciò non posso né voglio ritrattarmi, poiché non è sicuro nésalutare fare alcunché contro la coscienza». Ed aggiunse in tedesco «Dio mi aiuti. Amen».

G. Miegge, Lutero giovane, Milano, Feltrinelli, 1977, p. 464

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Comunità vs coscienza: la RiformaDieta di Worms, 19 aprile 1521

CARLO V :“Voi sapete che io discendo dai cristianissimi imperatori della nobile

nazione tedesca, dai re cattolici di Spagna, dagli arciduchi d’Austria, dai duchi di Borgogna, i quali tutti furono sino alla morte figli fedeli della Chiesa romana, difensori della fede cattolica, dei sacri usi, decreti e consuetudini del culto, i quali, alla loro morte, mi hanno rimesso tutto ciò in eredità, e secondo il cui esempio sono anche vissuto fino a quest’ora. Perciò sono risoluto ad attenermi a tutto quanto è stato stabilito dal Concilio di Costanza in poi. Poiché èindubitato che un singolo fratello è nell’errore quando si pone contro l’opinione di tutta la cristianità, altrimenti la cristianità sarebbe dovuta essere nell’errore per mille e più anni. Pertanto sono risoluto ad arrischiare i miei regni e possessi, i miei amici, il mio corpo e il mio sangue, la mia vita e la mia anima. Giacché sarebbe una vergogna per noi e per voi, membri della nobile nazione tedesca, se nel nostro tempo per nostra negligenza, anche solo un’apparenza di eresia e di pregiudizio recato alla religione cristiana penetrasse nel cuore degli uomini. Dopo che ieri abbiamo udito qui il discorso di Lutero, vi dico che deploro di aver tardato così a lungo a procedere contro di lui. Io non lo ascolterò mai più: si abbia pure il suo salvacondotto; ma da oggi in poi lo considererò come un eretico notorio, e spero che voi, da buoni cristiani farete altrettanto”.

K. Brandi, Carlo V, Torino 1961, p. 315

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Giovanni Calvino

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Dottrina riformata e limiti dell’obbligazione politic a

Calvino, Catechismo, 1537«Il Signore non solo ha attestato che la magistratura aveva la sua

approvazione e gli era grata, ma ce l’ha pure grandemente raccomandata, avendo onorato tale dignità con titoli molto onorevoli. Infatti, egli afferma [Proverbi 8, 15-16] che è opera della sua sapienza il fatto che i re regnino, che i consiglieri ordinino cose giuste e che i grandi della terra siano giudici…. Perciò i principi e i magistrati devono pensare a chi servono nel loro ufficio e a non far nulla d’indegno di ministri e luogotenenti di Dio…D’altro lato, il dovere reciproco dei sudditi è non solo d’onorare e riverire i loro superiori, ma di raccomandare al Signore in preghiera la loro salvezza e prosperità. Essi devono sottomettersi volentieri al loro dominio, ubbidire ai loro editti e alle costituzioni e non devono rifiutare i gravami che vengono loro imposti, siano tasse, pedaggi, tributi e altre contribuzioni… Bisogna anche sopportare quelli che abusano tirannicamente del loro potere, finchéper ordine legittimo non siamo liberati dal loro giogo.

Ma dall’obbedienza ai superiori bisogna sempre escludere una cosa: che ci distolga dall’obbedienza a Colui, agli editti del quale devono cedere i comandi di tutti i re… Se comandano qualcosa contro a Lui, non si deve fare nulla, né tener conto di tal ordine, ma si dia luogo piuttosto alla sentenza, che è meglio obbedire a Dio che agli uomini [Atti degli Apostoli 4, 19]».

[da G. Dall’Olio, Storia moderna, Roma, Carocci, 2004, p. 176-177]

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Popolo, re, Dio: i testi monarcomachi

Contesto delle guerre di religioneAutori e testi monarcomachi (“in guerra con il re”) francesi

del secondo Cinquecento:

François Hotman, Francogallia (1573)Theodore de Béze, Du droit de magitrats sur leurs sujects

(1574)Stephanus Junius Brutus [Philippe Du-Plessis de Mornay /

Hubert Languet], Vindicae contra tyrannos (1579)

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Stephanus Junius BrutusVindiciae contra tyrannos. Il potere legittimo del pri ncipe sul

popolo e del popolo sul principe (1579)

Quattro questioni discusse nel trattato:

1. Se i sudditi siano obbligati a obbedire al loro principe, qualora questi ordini cose contrarie alla legge di Dio;

2. Se sia lecito resistere a un principe che violi la Legge di Dio, o che danneggi la Chiesa; da chi, come e in che misura ciò sia lecito;

3. Se sia lecito resistere a un principe che opprima o rovini lo Stato, e sino a dove tale resistenza possa spingersi; da chi, come e in base a quale diritto o legge ciò sia permesso;

4. Se i principi o gli Stati vicini possano, o debbano, soccorrere i sudditi di tali principi, afflitti per cause inerenti alla vera religione o oppressi dalla tirannide.

Philippe Du-Plessis de Mornay

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Stephanus Junius BrutusVindiciae contra tyrannos (1579)

QUESTIONE PRIMA«Oggi re e principi cristiani alla loro incoronazione

sono chiamati servitori di Dio, destinati a governare il Suo popolo. Poiché i re sono solo luogotenenti di Dio, posti sul trono di Dio dal Signore di Dio infinito, e il popolo è popolo di Dio, e poiché l’onore che si fa ai luogotenenti non procede che dalla riverenza che si porta a coloro che li hanno inviati, non è difficile dedurne che bisogna obbedire ai re a causa di Dio, non contro Dio, e quand’essi servano e obbediscano a Dio, non altrimenti»

Edizione a cura di Saffo Testoni Binetti, Torino, La Rosa, 1994 (p. 17)

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Stephanus Junius BrutusVindiciae contra tyrannos (1579)

Chi stabilisce che il re ha agito contro Dio?La dottrina riformata ha annullato la MEDIAZIONE con Dio

da parte della gerarchia, sia quella ecclesiastica, sia quella secolare. Il re non è più riconosciuto interprete della volontà di Dio.

Per inferenza dal testo si ricava che il giudizio spetta al popolo .

Anche il popolo è vincolato con il re da un PATTO con Dio«Ora, noi leggiamo di due tipi di patto nell’investitura dei re:

il primo tra Dio, il re e il popolo, affinché il popolo fosse popolo di Dio; il secondo tra il re e il popolo, affinché il popolo obbedisse fedelmente al re che avesse comandato con giustizia… Il re si impegnò, e così fece il popolo, non separatamente, bensì insieme, come le parole attestano, all’istante » (ivi, p. 19 e ss.).

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Stephanus Junius BrutusVindiciae contra tyrannos (1579)

O IL RE O DIO«Con queste premesse si potrà facilmente

risolvere la nostra questione.Infatti, se Dio tiene il luogo di signore sovrano e il

re di vassallo, chi osa negare che bisogna obbedire al sovrano piuttosto che al vassallo? Se Dio comanda una cosa e il re ne comanda una contraria, chi sarà tanto orgoglioso da chiamare ribelle colui che rifiuta di obbedire al re in contraddizione con Dio?....» (28)

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Stephanus Junius Brutus, Vindiciae contra tyrannos (1579)

QUESTIONE SECONDAChe cosa si intende con la parola «popolo»?«Sì che a questo punto mi si farà un’obiezione: sarà proprio necessario che

l’intera popolazione, questa bestia da un milione di teste, si ammutini e dia luogo a disordini per dare ordine alla situazione suddetta? Che direzione c’è in una moltitudine senza briglie? Quale disegno e quale discernimento per prendere provvedimenti? Quando parliamo del popolo nel suo complesso, intendiamo con questa parola coloro che hannol’autorità dal popolo, ovvero i magistrati che sono inferiori al re e che il popolo ha delegato, o in qualche modo istituito, come consociati nel potere e controllori del re, e che rappresentano tutto il corpo del popolo. Intendiamo anche gli stati, che non sono altro che l’epitome o una breve sintesi del regno, cui tutti gli affari pubblici si rapportano…

Gli ufficiali sopra nominati sono singolarmente inferiori al re, ma, considerati tutti insieme come corpo, gli sono superiori. Infatti, in accordo con quanto i concili di Basilea [1431] e di Costanza [1414] hanno determinato (e ben determinato), cioè che il concilio universale fosse superiore al vescovo di Roma, il capitolo è superiore al vescovo, l’università è superiore al rettore, la corte è superiore al presidente; in breve colui a cui tutta una compagnia dà autorità è sempre inferiore alla compagnia, ancorché sia superiore a ciascuno dei suoi membri…

E poiché ciò che è fatto pubblicamente dalla maggior parte è attribuito a tutti, si dirà che tutti hanno fatto ciò che LA MIGLIOR PARTE dei primi ha fatto, o, in breve, che tutto il popolo vi ha messo mano» (51)

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Stephanus Junius BrutusVindiciae contra tyrannos (1579)

I privati

«Qui non parliamo dei PRIVATI E DEI SINGOLI CONSIDERATI UNO PER UNO e che non sono stimati parti del corpo intero, così come le assi, i chiodi, i cavicchi non sono parti di una barca, né le pietre, le capriate, il pietrisco sono parti di una casa; parliamo invece di città o province, che costituiscono una porzione del regno, così come la prua, la poppa, la carena e altre parti del genere sono la barca, e le fondamenta, il tetto, le pareti sono la casa. Parliamo quindi dei MAGISTRATI che governano queste città o province» (51)

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Stephanus Junius BrutusVindiciae contra tyrannos (1579)

QUESTIONE TERZA

Se sia lecito resistere a un principe che opprima o rovini lo Stato, e sino a dove tale resistenza possa spingersi; da chi, come e in base a quale diritto o legge ciò sia permesso.

Risposta: è lecito ai magistrati, che sono i custodi del patto fra re e popolo.

Viene così ammesso e argomentato il DIRITTO DI RESISTENZA

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Thomas Hobbes 1588-1689(dipinto di John

Michael Wright, XVII secolo, National Portrait Gallery)

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Thomas Hobbes, Leviathan (1651)

OBIEZIONE ALLA TEORIA MONARCOMACA DEL DOPPIO PATTO

«E siccome alcuni, a giustificazione della loro disobbedienza al sovrano, accampano un nuovo patto fatto non con gli uomini, ma con Dio [va detto che] anche questo è ingiusto; poiché non c’è alcun patto con Dio se non per la mediazione di qualcuno che rappresenti la Persona di Dio, cosa che non fa nessuno all’infuori del luogotenente di Dio, che al di sotto di Dio detiene la sovranità».

Brano da P.P. Portinaro (a cura di), Stato, Roma-Bari, Laterza, 2004, p. 24

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Thomas Hobbes, Leviathan (1651)

Cap. XIII – Della condizione natura e dell’umanità pe r quanto concerne la sua felicità e la sua miseria

«La natura ha fatto gli uomini così uguali nelle facoltà del corpo e della mente che, sebbene si trovi talvolta un uomo manifestamente più forte fisicamente o di mente più pronta di un altro, pure, quando si calcola tutto insieme, la differenza tra uomini e uomo non è cosìconsiderevole, che un uomo possa di conseguenza reclamare per sé qualche beneficio che un altro non possa pretendere, tanto quanto lui».

Trad. it. G. Micheli, Firenze, La Nuova Italia, 1987, p. 117

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Thomas Hobbes, Leviathan (1651)

Cap. XIV – Della prima e seconda legge naturale e dei contratti

«Il DIRITTO DI NATURA, che gli scrittori comunemente chiamano jus naturale, è la libertàche OGNI UOMO ha di usare il suo potere, come egli vuole, per la preservazione della propria natura, vale a dire della propria vita, e per conseguenza, di fare qualunque cosa nel suo giudizio e nella sua ragione egli concepiràessere il mezzo più atto a ciò».

Trad. it. G. Micheli, Firenze, La Nuova Italia, 1987, p. 117

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Scelta confessionale: il principe o il suddito?

Pace di Augusta, 1555 :Articolo 2 - …La Sua Imperiale Maestà, Noi stessi, gli

Elettori, i Principi e gli Stati del Sacro Romano Impero non invaderanno, danneggeranno od assaliranno alcun altro Stato dell’Impero a causa della Confessione di Augusta…

Articolo 3 - Similmente gli Stati che seguono la Confessione di Augusta permetteranno…

Articolo 5 - …Qualora un arcivescovo, vescovo, prelato…Articolo 13 - …Ed i liberi cavalieri che dipendono

direttamente dalla S.I. Maestà…Articolo 14 - Poiché molte città libere…

[I sudditi possono emigrare, vendendo i propri beni – art. 11]

Gaeta-Villani, Documenti e testimonianze, Principato, 1967

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Opzione confessionale: il principe o il suddito?

Trattato di Osnabrück [Pace di Westphalia], 1648

Articolo V, par. 12 - E’ stato inoltre deciso che a tutti i seguaci della confessione d’Augusta che sono sudditi di cattolici, come pure ai cattolici che sono sudditi di Stati della confessione d’Augusta, che non hanno ancor goduto alcuna volta, prima del 1624, della pubblica o privata pratica della loro religione, o che dopo la

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Corpi collettivi - individuo

In conclusione, si può situare attorno al 1650 l’emersione di un filone individualistico nella cultura giuridica e politica europea, fortemente influenzato dalle dottrine riformate, ma ormai trasversale rispetto all’appartenenza confessionale