La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita...

26
LA RESPONSABILITA’ DELL’AVVOCATO

Transcript of La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita...

Page 1: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo

Page 2: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano
Page 3: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

ParTe iLe oBBLiGaZioni e La resPonsaBiLiTa'

CiViLe DeLL'aVVoCaTo

Page 4: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano
Page 5: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

l’avvocato e la sUa proFessione

17

Codice Civile e R.D.L. 1933/1578

Costituzione

1. L’avvocato e la sua professione.

1.1. Principi costituzionali e di diritto comunitario.

la costituzione non enuncia principi specifici in tema di libere professioni e, in particolare, di esercizio della professione di avvocato. ciò che premeva ai costituenti, nel momento in cui l’italia si avviava alla ricostruzione materiale e dovevasi ricostruire altresì un ordinamento giuridico, era di difendere il rapporto lavorativo subordinato nei suoi aspetti di eccessiva dipendenza da controparti più forti, rispetto alle quali soprattutto la manovalanza e il salariato si trovavano da sempre in posizione di particolare soggezione. per questa ragione si rinvengono nella carta costituzionale norme rivolte direttamente soltanto al lavoro subor­dinato e all’artigianato; mentre ad ogni forma di prestazione lavorativa collaborativa sono comunque riferibili le solenni affermazioni contenute nell’art. 1, ben noto, e nell’art. 35, secondo il quale, in particolare, la repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni. non v’è dubbio che l’assenza di disposizioni specifiche al lavoro autonomo non risponda a un disinteresse dei costituenti e non rappresenti una lacuna nell’assetto costituzionalizzato del nostro ordinamento: semplicemente urgeva fissare linee guida al legislatore dello stato in formazione che fossero protettive dei più deboli, in un quadro di regole che attribuiva ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale.

Già nel Codice Civile erano fissate normative sulle libere professioni, in genere, sufficienti a regolare le attività liberali, così come nello stesso codice erano contenute discipline relative al lavoro dipendente che potevano essere mantenute nell’attesa di progressivi adattamenti al nuovo regime giuridico. e, per quanto riguarda la professione dell’avvocato, già il r.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, aveva delineato un ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore legale che aveva dato buona prova e poteva rimanere come diritto vigente pur dopo la soppressione delle corporazioni fasciste. nonostante i rivolgimenti istituzionali e la mutata forma dello stato, il complesso di queste disposizioni ha, di fatto, dimostrato sul campo che fino a tempi recenti non v’è stata necessità di intervenire per apportare significativi mutamenti ad una regolamentazione giuridica che aveva trovato una sua sistemazione soddisfacente.

la partecipazione dell’italia all’Unione europea l’ha resa destinataria di una estesa normativa concernente l’esercizio della professione negli stati membri, in via permanente o in modo occasionale, e finalizzata

Direttive comunitarie

Page 6: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

la responsaBilita' dell'avvocato

18

Normativa di antiriciclaggio

alla ricerca di una disciplina uniforme che attenui le differenze tra i vari ordinamenti. in attuazione di direttive comunitarie ha dettato norme per il nostro paese la legge 9 febbraio 1982, n. 31, per la liberalizzazione della prestazione di servizi da parte degli avvocati cittadini degli stati membri delle comunità europee, la quale ha consentito l’esercizio in italia, da parte degli avvocati degli altri stati comunitari, di attività professionali, nell’ambito di una regolamentazione tendenzialmente uniforme della pre­stazione di servizi (direttiva 22 marzo 1977, n. 249). il successivo d.lvo 2 febbraio 2001, n. 96, ha esteso la detta libertà alla facoltà di esercizio permanente delle professioni in uno stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale (così detto diritto di stabili­mento: direttiva 16 febbraio 1998, n. 98/5/ce). con le medesime finalità liberalizzatrici, il d.lvo 9 novembre 2007, n. 206, ha dato attuazione a direttive volte al riconoscimento comune delle qualifiche professionali, la libera prestazione di servizi, la libertà di stabilimento, il reciproco riconoscimento dei titoli di formazione e delle esperienze professionali (direttiva 7 settembre 2005, n. 2005/36/ce). il d.lvo 26 marzo 2010, n. 59, ha poi introdotto norme disciplinatrici dell’esercizio di attività di servizi che hanno modificato la normativa interna sulle iscrizioni negli albi professionali riguardanti, tra l’altro, anche la professione forense (direttiva 16 dicembre 2006, n. 2006/123/ce). Questa complessa regolamentazione dà esecuzione allo sforzo comunitario di armonizzare i regimi ordina­mentali di accesso e di esercizio delle attività professionali e di eliminare gli ostacoli frapposti ad una uniformità di regole all’interno dell’Unione per quanto concerne l’unitarietà del mercato e l’espansione in esso delle iniziative dei cittadini.

sempre in attuazione di direttive europee è stata emanata una articolata normativa di antiriciclaggio, avente lo scopo di evitare la circolazione e la ripulitura del denaro “sporco”, in quanto derivante da attività criminose o destinato a finanziare il terrorismo. sul punto il d.lvo 21 novembre 2007, n. 231, successivamente più volte modificato, ha imposto anche agli avvocati obblighi di vigilanza e di denuncia in relazione a movimenti di denaro e gestioni di affari dai quali sorga il sospetto di illiceità sulla natura delle operazioni da trattare.

✒ si segnala inoltre la charte des droits de la defense, approvata nel corso del trentaduesimo congresso dell’avvocatura tenuto in canada il 27 agosto 1987 (il testo è in Foro it., 1987, 488 ss.), importante non tanto per la sua forza cogente, che manca del tutto, quanto per i principi di libertà e di indipendenza che essa riafferma come valori da condividere e tutelare sotto tutte le bandiere.

Page 7: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

l’avvocato e la sUa proFessione

19

Natura fiduciaria e infungibilità

Prestazione intellettuale

1.2. avvocato libero professionista; avvocato pubblico dipen-dente; giurista d’impresa.

1.2.1. avvocato libero professionista.la figura tipo dell’avvocato è quella del libero professionista che

esercita attività in forma autonoma, con una propria organizzazione di mezzi e di personale. l’avvocato è esponente per antonomasia delle professioni liberali, non dipendente da alcun datore di lavoro e dunque padrone di se stesso e del proprio successo. in questo senso, per quanto concerne la disciplina giuridica delle prestazioni da lui fornite, il suo operato rientra nel novero delle norme dettate dagli artt. 2222 e seguenti del codice civile, dedicate all’esercizio delle professioni intellettuali, nel più ampio settore della prestazione d’opera e nel maggiormente com­prensivo genere del lavoro autonomo.

dal rapporto di prestazione d’opera, in autonomia, il rapporto avente ad oggetto prestazioni intellettuali si differenzia innanzitutto per il contenuto stesso dell’obbligazione assunta, che concerne la messa a disposizione di energie intellettuali, in contrapposizione a quelle di ordine puramente manuale. si tratta di una differenza che attiene alla prevalente natura di siffatte prestazioni: la professione medica, ad esempio, non cessa di avere tipologia di opera intellettuale pure se richiede interventi operatori di rilevanti manualità e tecniche strumentali. Ulteriore caratteri­stica della professionale intellettuale è data dalla personalità del servizio fornito. dispone l’art. 2232 c.c. che il prestatore d’opera intellettuale deve eseguire personalmente l’incarico assunto, anche se poi può valersi, sempre sotto la sua direzione e la sua responsabilità, di ausiliari se la collaborazione di costoro è consentita dal contratto o dagli usi e non è incompatibile con l’oggetto della prestazione.

sono risvolti diretti di questo carattere strettamente personale dell’opera la natura fiduciaria del rapporto (che, anzi, costituisce il presupposto sul quale il rapporto tra committente e professionista si regge) e l’infungibilità della prestazione. Fatta eccezione per i casi nei quali la scelta del profes­sionista non dipende della volontà di chi necessita di assistenza (nomina d’ufficio del difensore nel giudizio penale; alcuni casi di patrocinio ad opera di legali di compagnie di assicurazione), l’individuazione del legale avviene per effetto di un atto motivato dalla fiducia riposta nella persona del prescelto. e, di conseguenza, il professionista non può girare ad altri l’incarico ricevuto, se non nei limiti determinati dalle attività di nuncius o di esecutore di incarichi semplici e ben definiti.

la natura intellettuale della professione legale, e di attività prestata in autonomia, giustifica le regole particolari dettate dagli artt. 2236 c.c.,

Responsabilità e recesso

Page 8: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

la responsaBilita' dell'avvocato

20

Recesso per giusta

causa

in tema di responsabilità del prestatore ove la prestazione richieda la soluzione di problemi di speciale difficoltà, e 2237 c.c., a proposito della facoltà di recesso. nell’un caso il prestatore risponde soltanto per dolo o colpa grave. la limitazione della responsabilità a condotte connotate da questi elementi soggettivi dipende dal fatto che il professionista non esegue ordini o istruzioni altrui, di cui risponde chi le impartisce, ma si espone di persona, affrontando i relativi rischi di insuccesso. il legislatore ha voluto così evitare responsabilizzazioni eccessive, di ostacolo ad iniziative che debbono rimanere libere, entro i limiti richiesti dalla tutela generale della collettività. Mentre, per quanto riguarda la libertà di recedere dall’incarico, l’accettazione di questo da parte del professionista, in virtù della fiducia verso la sua persona serbata dal committente, lo vincola ad eseguire l’incarico fino a che non ricorra una giusta causa che motivi la rinuncia ad esso. in proposito la giurisprudenza ha avvertito: “il difensore che, per una diligente prestazione della propria opera intellettuale ha l’obbligo di svolgere tempestivamente l’attività nell’ambito del processo, ove cessi dal proprio incarico, per rinuncia o revoca della procura, anteriormente alla scadenza del termine ultimo per il compimento di quell’attività, ha il dovere di evitare pregiudizio al cliente ed è quindi tenuto a compiere l’atto o a rappresentare alla parte che gli revochi la procura la necessità del compimento dell’atto non ancora posto in essere, assumendo, in mancanza, la responsabilità dei danni conseguenti anche quando, essendo stato sostituito da altro difensore, il danno avrebbe potuto essere da questo evitato con il compimento, ancora consentito dallo stato del processo, dell’attività processuale omessa dal primo difensore, dovendosi negare che la negligenza del successivo difensore sia causa sufficiente e unica del danno e sia perciò idonea a interrompere il nesso che lega alla causa antecedente tale danno, ove questo sia ricollegabile alla negligenza del primo difensore” (cass. civ., sez. iii, 8 maggio 1993, n. 5325). pertanto, il recesso ingiustificato espone l’avvocato a responsabilità per il risarci-mento del danno e a eventuale responsabilità disciplinare.

in termini di disciplina sostanziale (quella del mandato processuale è per taluni aspetti, parzialmente diversa), secondo la giurisprudenza la giusta causa che rende lecito il recesso anticipato dal rapporto è quella stessa di cui all’art. 2119, che nel lavoro subordinato, e nella prestazione d’opera in genere, non consente la prosecuzione, neppure provvisoria, del rapporto (cass. civ., sez. lav., 1 ottobre 2008, n. 24367). e sulle norme del mandato, che permettono il recesso del mandatario senza restrizioni, prevalgono quelle, di natura speciale, dettate per la prestazione di attività intellettuale, che circoscrivono la facoltà di recesso ai casi di giusta causa (cass. civ., sez. ii, 4 marzo 2002, n. 3062). a titolo esemplificativo ma al contempo sufficientemente esaustivo si ricordi che le sezioni unite

Page 9: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

l’avvocato e la sUa proFessione

21

Collaborazione continuata e duratura

della suprema corte hanno avvertito che l’eventuale mora del cliente nel corrispondere il compenso può giustificare il recesso del professionista dal rapporto di prestazione d’opera ma il recesso deve avvenire comunque senza pregiudizio del cliente stesso, come dispone l’art. 2237 c.c., sì che il ritardo nella corresponsione del compenso non giustifica in alcun modo lo svolgimento della prestazione senza la dovuta diligenza (cass. sezioni unite, 26 marzo 1997, n. 2661).

la norma disciplinatrice della facoltà di recesso è strutturata sulla fatti­specie dell’affidamento di un incarico che si esaurisce in un determinato volgere di tempo. la pratica ha posto in luce situazioni nelle quali alle parti interessa, invece, una collaborazione continuata e duratura. la giuri­sprudenza ha tutelato queste forme di accordo per una stabile serie di prestazioni e in proposito ha affermato: “risponde a interessi meritevoli di tutela per entrambe le parti la pattuizione di predeterminazione della durata in deroga alla regolamentazione legale del recesso, con la conse­guenza che l’interruzione del rapporto contrattuale, per l’inadempimento di una delle parti alla detta pattuizione, comporta per l’altra il diritto al risarcimento integrale del danno per la mancata esecuzione del rap-porto nel periodo di tempo residuo rispetto alla scadenza del termine medesimo” (cass. civ., sez. lav., 1 ottobre 2008, n. 24367).

✒ in merito alla facoltà di recesso per giusta causa si cita inoltre la seguente pronuncia della cassazione (cass. civ., sez. iii, 24 maggio 2004, n. 9996: “il recesso ingiustificato dal contratto di una delle parti (nel caso di specie, del professionista mandatario incaricato di svolgere una perizia contrattuale) giustifica la condanna generica di questa al risarcimento del danno, indipendentemente dal concreto accertamento di uno specifico pregiudizio pa­trimoniale, posto che l’anticipato scioglimento del rapporto è di per sé un evento potenzial­mente generatore di danno, avendo turbato e compromesso le aspettative economiche della parte adempiente, anche se fatti specifici di violazione contrattuale non abbiano, in ipotesi, prodotto direttamente alcun pregiudizio patrimoniale al contraente incolpevole”.

1.2.2. avvocato pubblico dipendente.Una responsabilità di natura amministrativa può riguardare l’avvocato

legato alla pubblica amministrazione da un rapporto di servizio. l’art. 3 della legge professionale dichiara che l’esercizio della professione è incompatibile con qualunque impiego o ufficio pubblico. il servizio per un ente pubblico è dunque previsto come eccezione a questa regola generale, giustificata da aspetti particolari del rapporto stesso. le eccezioni riguardano gli avvocati degli uffici interni di enti pubblici, i professori universitari e di istituti secondari statali. nel primo caso deve esistere un ufficio interno all’ente e gli avvocati devono trattare esclusivamente gli affari dell’ente; essi sono iscritti in un elenco speciale annesso all’albo. nel secondo caso l’abbandono della regola generale è giustificato dalla sostanziale autonomia della quale godono gli insegnanti nei gradi alti del sistema statale di istruzione.

Page 10: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

la responsaBilita' dell'avvocato

22

Natura e risarcimento

danno

Disciplina generale responsabilità

amministrativa

Fu il testo unico sull’ordinamento della corte dei conti, r.d. 12 luglio 1934, n. 1214, a stabilire l’obbligo dell’impiegato dello stato, che per azione od omissione, anche solo colposa, nell’esercizio delle sue funzioni, cagioni un danno allo stato, di risarcire tale danno. la cognizione in giudizio in proposito fu assegnata alla giurisdizione esclusiva della Corte dei conti e nei decenni successivi la materia venne in parte ridisciplinata (rilevante in proposito il testo Unico sugli impiegati civili dello stato d.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3) ma soprattutto estesa a tutto l’ambito della dipendenza pubblica, tanto da diventare di applicazione indifferenziata e generalizzata ad essa. il presupposto comune è che il danno oggetto del sorgere della responsabilità derivi dalla violazione di obblighi di servizio, come prevede espressamente l’art. 18 del citato t.U. sugli impiegati civili dello stato: espressione che viene interpretata nel senso che occorra, e sia anche sufficiente, un collegamento dell’operato del soggetto con lo svolgimento di attività imputabili all’ente pubblico.

a lungo è stata controversa l’esatta natura della responsabilità ammini­strativa, del dipendente verso l’ente. Una concezione, che appare risalente, la riconduceva alla responsabilità di tipo civilistico, in quanto questa si risolve nell’essere tenuto l’autore del danno ad un risarcimento a favore dell’ente pubblico. in tal senso si indicavano quali elementi di riscontro il tenore esplicito del dettato legislativo (“risarcire”, “risarcimento”) e la tipologia delle conseguenze ricollegate al comportamento inosservante. se, si è argomentato, è la natura della sanzione a determinare la natura della responsabilità, il risarcimento del danno alla pubblica amministrazione non può che implicare una responsabilità di tipo civilistico. per contro si è fatto notare che il giudice amministrativo ha il potere di graduare l’ammontare del risarcimento a seconda della gravità della colpa (art. 52 del t.U. n. 1214 del 1934) e che questo aspetto è totalmente estraneo ad un concetto risarcitorio­restitutorio di un pregiudizio economico, mentre attiene più propriamente alla materia delle sanzioni. si è allora sostenuto che la responsabilità amministrativa ha natura sanzionatoria, di diritto pubblico, con valore dunque di reazione giuridica avverso le mancanze del pubblico impiegato ai doveri nascenti dal rapporto di servizio.

la finalità cui una siffatta forma di responsabilità risponde, si sostiene, è la tutela dell’efficienza e del rigore dell’azione amministrativa, per il cui perseguimento il risarcimento del danno costituisce, in caso di inosservanze, una sanzione, strutturata come quella civilistica ma in realtà strumento punitivo di carattere tecnico e di contenuto pecuniario, idoneo allo scopo. la dimostrazione dell’assunto è ravvisata nell’autonomia del­l’azione di responsabilità amministrativa da quella civile in senso stretto: la prima esercitabile d’ufficio, obbligatoriamente, ma comunque indipen­dentemente dalla citazione dinanzi al giudice civile per l’indennizzo del

Page 11: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

l’avvocato e la sUa proFessione

23

Violazione del rapporto di servizio

Peculiarità e presupposti

danno, in parallelo ad essa e in alternativa ad essa. neppure l’esercizio dell’azione civile di danno nel processo penale interferisce o impedisce la proposizione di quella per responsabilità amministrativa e dunque la conclusione che se ne trae è che il risarcimento del danno costituisce in questi casi null’altro che una sanzione afflittiva e retributiva, da modulare secondo il grado della colpa e la gravità del fatto.

di recente si è fatto leva su alcuni aspetti peculiari della responsabilità amministrativa per costruirla come un istituto a sé, autonomo, diverso dalla figura della responsabilità civile ma anche munito di caratteristiche identificative proprie. Queste caratteristiche sono:

­ la personalità della responsabilità; ­ l’intrasmissibilità agli eredi, se non nei casi di illecito arricchimento

di costoro; ­ la necessità, nel valutarla in giudizio, di tener conto dei vantaggi

economici conseguiti dall’amministrazione o dalla comunità; ­ la limitazione al dolo e alla colpa grave, con esclusione di quella

lieve; ­ il potere del giudice di condannare l’autore del fatto ad un risar­

cimento parziale, anziché totale. in definitiva, la responsabilità ammini­strativa costituirebbe una categoria sui generis, che non rientra in alcune delle categorie civilistiche e che riguarda il piano dei rapporti di diritto pubblico finalizzati alla soddisfazione dei bisogni propri all’organizza­zione amministrativa.

la responsabilità in argomento sussiste in forza del concorso di quattro presupposti, da rinvenirsi di volta in volta nel caso concreto:

­ la violazione del rapporto di servizio; ­ il verificarsi di un danno; ­ il nesso di causalità tra l’attività commissiva od omissiva e il

danno;­ l’elemento psicologico costituito dal dolo o dalla colpa grave.Quanto alla violazione del rapporto di servizio, si è accennato al

fatto che deve trattarsi di una manifestazione di comportamento riferibile all’ente pubblico, in quanto il soggetto si trova, per inserimento funzio­nale nella struttura organizzativa di una amministrazione pubblica, nella situazione di far imputare la sua attività a questa. per la cass. sezioni unite, 18 dicembre 1998, n. 12707 difetta la giurisdizione della corte dei conti nei confronti di un avvocato nominato difensore di un comune in una controversia, ancorché munito di ampio mandato per le varie fasi del giudizio e con partecipazione anche alle trattative per la definizione stragiudiziale, atteso che l’espletamento di tali attività non è sufficiente a mutare un rapporto privatistico di opera intellettuale in un rapporto

Page 12: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

la responsaBilita' dell'avvocato

24

Nesso di causalità

Danno

di pubblico servizio, il quale presuppone non solo lo svolgimento di attività in favore della pubblica amministrazione ma anche l’inserimento nell’organizzazione di quest’ultima. in un giudizio tra avvocati dipendenti del comune di Milano e l’ente, la cass. sezioni unite, 7 agosto 1992, n. 9379) hanno attribuito giurisdizione alla corte dei conti in materia di pensioni e di diritti immediatamente connessi a tale materia e ricono­sciuto giurisdizione al giudice ordinario per le controversie attinenti al rapporto assicurativo con gli enti previdenziali che non coinvolgevano il rapporto di pubblico impiego.

il danno deve manifestarsi in pregiudizio di un ente pubblico, non importa se diverso da quello di appartenenza. esso non ha rilevanza se riportato soltanto da un soggetto estraneo alla pubblica amministrazione. nell’individuazione della tipologia dei danni risarcibili si è costantemente fatto riferimento alle categorie civilistiche. si distingue il danno patrimo-niale da quello non patrimoniale; e, in quest’ultimo ambito, il danno alla personalità dell’ente da quello all’immagine in senso stretto. Mentre il danno all’immagine non ha incontrato difficoltà di trasposizione in ambito amministrativo (come lesione del prestigio della pubblica amministra­zione), il danno in senso naturalistico è stato ravvisato nel diverso aspetto del pregiudizio così detto “pubblico”, che più propriamente sostituisce per le amministrazioni le figure di pregiudizio legate all’integrità della persona fisica (in specie, il danno biologico). per danno pubblico si intende la lesione di beni astratti che appartengono alla collettività dei consociati, quali: il danno all’economia nazionale (per violazione delle norme di tutela degli interessi non suscettibili di godimento individuale e risolventisi nell’attentato all’interesse generale all’incremento e al progresso dell’eco­nomia nazionale); il danno agli equilibri economico­finanziari del bilancio pubblico (determinato da esborsi non previsti, non giustificati e contrari ai vincoli di bilancio); il danno da tangente (in relazione ad accordi corruttivi e favoritismi nell’erogazione o nello svolgimento dei pubblici servizi); il danno da disservizio (allorché il servizio pubblico viene espletato ma con sprechi e modalità che incidono sulla sua utilità).

anche a proposito della responsabilità amministrativa il rapporto di causalità è individuato secondo i criteri che, tanto in ambito penale quanto in sede civile, si desumono dagli artt. 40 e 41 codice penale. in assenza di diverse e specifiche indicazioni di diritto positivo, infatti, le disposizioni suddette sono le uniche a fornire parametri in base ai quali stabilire quando e a quali condizioni un determinato comportamento possa dirsi esser stato causa di un risultato pregiudizievole. al riguardo risulta comunemente seguita la concezione della così detta causalità adeguata.

attualmente (art. 1 legge 14 gennaio 1994, n. 20) la responsabilità amministrativa e contabile sorge, quanto ad elemento soggettivo, soltanto

Elemento soggettivo

Page 13: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

l’avvocato e la sUa proFessione

25

Azione di risarcimento del danno all’immagine

per i fatti e le omissioni commessi con dolo e colpa grave. la corte costituzionale (cost. n. 371 del 1998) ha interpretato questa limitazione di responsabilità nel senso che quando la condotta si caratterizzi per un grado di colpa non grave il pubblico dipendente, che per tale motivo non è assoggettabile a responsabilità amministrativa, non possa essere condotto dinanzi ad una autorità giurisdizionale diversa per rispondervi al diverso titolo di responsabilità civile. in sostanza, non esiste possibilità di addebitare una responsabilità al pubblico dipendente per colpa che non sia grave, neppure ricorrendo all’espediente di farne valutare la condotta da un giudice diverso da quello naturale, amministrativo.

e’ fatta salva l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali. Ferma questa insindacabilità, sorge la responsabilità in funzione di una rimproverabilità della condotta fondata quanto meno sul rilievo di una rilevante negligenza. la limitazione alla colpa grave è stata giustificata con la necessità di trovare un punto di equilibrio tra lo stimolo per il pubblico dipendente a fare, ad avere iniziative, e la prospettiva deterrente di vedersi perseguito per ogni minima insufficienza nella quale possa incorrere. Manca una definizione della colpa grave; e la giurisprudenza amministrativa tende a ravvisarla nella violazione macroscopica delle norme da applicare e nella assoluta inosservanza delle più elementari regole di buon senso e prudenza.

Ulteriori limitazioni normative sono venute con la l. 27 marzo 2001, n. 97, che ha dettato disposizioni sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare e sugli effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche; e con l’art. 17 del d.l. 1 luglio 2009, n. 78, conv. in l. 3 agosto 2009, n. 102, provvedimenti anticrisi e proroga di termini. Questi provvedimenti hanno subordinato l’esercizio della particolare azione per il risarcimento del danno all’immagine dell’ente pubblico ai casi in cui questo danno deriva dalla commissione di alcuno dei delitti contro la pubblica ammi­nistrazione previsti dal capo i del titolo ii del libro ii del codice penale peculato, malversazione, concussione, ecc…). la corte costituzionale (cost. n. 355 del 15 dicembre 2010) ha disatteso il sospetto di illegittimità costituzionale delle citate norme, denunciato per il fatto che esse non impediscono alle procure presso la corte dei conti l’azione risarcitoria se non si è in presenza dei reati suddetti e creano disparità di trattamento in danno dei pubblici dipendenti (secondo le ordinanze di rimessione, il legislatore avrebbe previsto una responsabilità nei confronti della pubblica amministrazione modulata a seconda dell’autorità giudiziaria competente a pronunciarsi in ordine alla domanda risarcitoria: la corte ha invece affermato che le disposizioni impugnate limitano il risarcimento del danno

Page 14: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

la responsaBilita' dell'avvocato

26

Avvocato libero professionista

Testo Unico impiegati

dello Stato

in sé, e ne circoscrivono l’azionabilità a ipotesi circoscritte, indicate da quelle disposizioni, così negando il risarcimento per le fattispecie diverse). in pratica, fuori dai casi di ricorrenza dei delitti contro la pubblica ammi-nistrazione sopra citati non esiste possibilità di agire contro il dipendente per danno all’immagine della pubblica amministrazione. per tal modo non è stata prevista una limitazione della giurisdizione contabile a favore di altra giurisdizione, e segnatamente a quella ordinaria, ma sono stati circoscritti oggettivamente i casi nei quali è possibile esercitare l’azione per risarcimento del danno all’immagine dell’amministrazione cagionato da un suo dipendente. le medesime norme dispongono che il termine di prescrizione dell’azione risarcitoria di cui al comma 2 dell’art. 1 l. 14 gennaio 1994, n. 20 (disposizioni sulla corte dei conti) resti sospeso sino alla conclusione del procedimento penale.

in questo quadro di riferimenti generali, la posizione degli avvocati

dipendenti da enti pubblici e iscritti nei relativi albi speciali si inserisce senza particolari dati di specificità. ad essi è stato ritenuto applicabile il generale disposto di cui al Testo Unico degli impiegati civili dello stato, D.P.r. 10 gennaio 1957, n. 3, variamente esteso nel tempo anche ai dipendenti dagli enti locali. Con la privatizzazione del rapporto di impiego pubblico disposta dal d.lvo 30 marzo 2001, n. 165, questo testo è divenuto il riferimento di diritto positivo per tutto l’ambito del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni: ma esso ha fatto salve le disposizioni contenute negli artt. da 18 a 30 del d.p.r. n. 3 del 1957, che recano tuttora la parte preminente della regolamentazione della responsabilità dell’impiegato “pubblico” verso l’amministrazione. per questo aspetto la contrattualizzazione del rapporto di impiego pubblico non ha introdotto modifiche.

vela la pena di ricordare che la legge 23 dicembre 1996, n. 662, di razionalizzazione della finanza pubblica (modificata dal d.l. 28 marzo 1997, n. 79, conv. in l. 28 maggio 1997, n. 140, e dalla l. 25 novembre 2003, n. 339) ha soppresso alcune fattispecie di incompatibilità che vietavano l’iscrizione all’albo professionale per i dipendenti pubblici a tempo parziale.

✒ in tal senso, ad esempio, la giurisprudenza ha ripetutamente ravvisato la giurisdizione della corte dei conti in riferimento ad addebiti ascritti a sanitari convenzionati con il servizio sanitario nazionale (cass. civ., sezioni unite, 13 novembre 1996, n. 9957, e successive).

1.2.3. Giurista d’impresa.l’avvocato è per definizione un libero professionista e non può

esercitare la sua professione, previa iscrizione all’albo, se intende prestare opera in qualità di lavoratore subordinato. l’art. 3 della legge professionale stabilisce che l’esercizio della professione è incompatibile con qualunque

Page 15: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

l’avvocato e la sUa proFessione

27

Norme sul contratto d’opera in genere

Avvocato giurista d’impresa

impiego o ufficio pubblico. chi avrebbe titolo per chiedere l’iscrizione può prestare la sua opera intellettuale alle dipendenze di un datore di lavoro privato, ma senza potersi iscrivere all’albo professionale. tanto avviene, ad esempio, negli uffici legali degli istituti bancari e delle aziende di maggiore dimensione. in questo settore, del lavoro subordinato, il rapporto è disciplinato dalle norme sul lavoro dipendente e dai contratti collettivi di categoria, nel più ampio quadro della legislazione sociale e previdenziale e di quella che si riferisce allo specifico settore di attività. per quanto riguarda le possibili fonti di una responsabilità a carico del prestatore d’opera, si registra dunque una importante differenza rispetto all’esercente di una professione libera. il libero professionista è, per definizione, autonomo nel determinare le modalità con le quali offre la sua opera; e la sua condotta non è assoggettata a regole dettate dalla con­troparte per una sua posizione di soggetto gerarchicamente sovraordinato. egli è, invece, vincolato ad una deontologia che di volta in volta con­traddistingue la tipologia della sua attività ed è finalizzata ad assicurare, a questa, dignità, probità e lealtà. per contro, il dipendente privato è tenuto ad osservare le direttive e le istruzioni impartite dal datore di lavoro; i suoi doveri e i suoi diritti sono disciplinati dalle norme del diritto del lavoro subordinato; mansioni e modalità delle prestazioni di servizio sono descritte nel contratto collettivo e nel contratto individuale di lavoro; prima e invece dell’applicazione delle regole di deontologia si applicano nei suoi confronti le disposizioni sugli obblighi di fedeltà, di obbedienza, di diligenza che sono tipici del prestatore di servizio dipendente.

Una figura particolare, che ha di recente avuto diffusione, è quella del giurista d’impresa. si tratta in genere di un soggetto inserito nell’or-ganigramma di un’impresa e che pertanto è alle dipendenze di questa, situazione che gli impedisce di iscriversi all’albo professionale. il vincolo di subordinazione crea per lui una situazione di incompatibilità. egli svolge la sua attività all’interno dell’impresa e per essa individua e risolve problemi giuridici, svolgendo attività di assistenza e di consulenza. i giuristi di impresa si sono costituiti in associazione (aiGi), con un proprio codice deontologico.

1.3 il mandato e la responsabilità per inosservanza del mandato.

1.3.1. il mandato.il rapporto che intercorre tra avvocato e cliente ha ad oggetto la presta-

zione di un’opera intellettuale e trova la sua disciplina nelle norme dettate dal codice civile, tra le quali, particolarmente significative appaiono quelle contenute negli artt. 2222 e 2230. dispone quest’ultima che il contratto avente ad oggetto la prestazione d’opera intellettuale è regolato dalle

Page 16: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

la responsaBilita' dell'avvocato

28

Norme sulle professioni intellettuali

Norme sul contratto

di mandato

disposizioni ad essa successive, fatte salve quelle delle leggi speciali: così mostrando all’interprete la natura specifica della normativa che regola tale contratto. e l’art. 2222 c.c. ribadisce che quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme previste per il contratto d’opera in genere, nel cui ambito la prestazione d’opera intellettuale rientra come specificazione del comune genus del lavoro autonomo. in linea di principio, dunque, il rapporto cliente­avvocato è regolato autonomamente rispetto ad altre tipologie di rapporti contrattuali, pur caratterizzati da una lata concezione della prestazione come “servizio”.

il rapporto si caratterizza per il fatto di trovare occasione nell’incarico

che l’un soggetto affida all’altro di svolgere attività nell’interesse di esso committente; e per gli aspetti di stretta personalità caratteristici dell’ese­cuzione della prestazione, con legame sinallagmatico al versamento di un corrispettivo. Questi connotati sono propri al contratto di mandato, con il quale le relazioni tra cliente e avvocato hanno in comune l’ulteriore elemento costitutivo dell’essere riferita la prestazione intellettuale al compimento di uno o più atti giuridici. si accenna, dunque, in dottrina, in giurisprudenza e nella prassi ad un mandato (di volta in volta sostan­ziale, processuale, extragiudiziale o difensivo) per descrivere il legame obbligatorio che stringe generalmente per contratto il legale e il suo committente. la stessa specificità dell’attività richiesta all’avvocato porta a dare rilievo al presupposto fiduciario e personalistico sul quale si regge il rapporto di mandato nel generale ambito del diritto privato e a trascurare il dato che pur chiaramente si ricava dal diritto positivo: il rapporto di prestazione d’opera professionale è descritto dal legislatore come regolato in via esclusiva dalle norme sul lavoro autonomo di cui al citato art. 2222 c.c. e seguenti oltre che dalle leggi speciali. in questo senso, il riferimento al contratto di mandato non dovrebbe avere significato diverso da quello di una suggestiva assonanza. e tuttavia, un siffatto riferimento conserva una sua ragione, nella assoluta preminenza da attribuire comunque alla disciplina concernente il lavoro autonomo.

le disposizioni codicistiche citate hanno un contenuto estremamente

sintetico e si limitano a regolare alcuni aspetti, essenziali, del rapporto di prestazione di attività intellettuale. tra questi, la normativa ricorda l’obbligo di iscrizione negli appositi albi e menziona la caratteristica di personalità dell’esecuzione della prestazione, la naturale obbligatorietà del compenso, il divieto di ritenzione di cose e documenti, la limitazione della responsabilità nei casi in cui la prestazione implica la soluzione di

Page 17: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

l’avvocato e la sUa proFessione

29

Norme sull’adempimento delle obbligazioni

problemi di specifica difficoltà nonché la libertà, almeno per il cliente, di recedere dal contratto.

Mancano disposizioni espresse su argomenti di altrettanta importanza, quali sono gli obblighi che si assume il prestatore dell’attività e le situa­zioni che determinano il suo inadempimento. e’ sotto questo profilo che tradizionalmente si riconosce spazio al ricorso ai principi di applicazione generale in tema di adempimento delle obbligazioni e, in particolare, di adempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto di mandato.

sul primo punto, è ritenuto per certo che il dettato dell’art. 1218 codice civile, in forza del quale il debitore è tenuto al risarcimento del danno per inesatto adempimento se non prova che l’inadempimento è dovuto a impossibilità della prestazione a lui non imputabile, è richiamabile al caso della mancata o imperfetta esecuzione della prestazione d’opera intellettuale; e che il disposto dell’art. 1176 stesso codice, descrittivo della diligenza da osservarsi dal debitore, è estensibile alle prestazioni d’opera professionale (qual è quella intellettuale), come, del resto, è espressamente previsto nel secondo comma di questa disposizione. sul secondo punto, la normativa sul mandato soccorre a integrare la disciplina del rapporto di prestazione d’opera intellettuale sia sul piano sostanziale che negli aspetti processuali.

si ricordano dati ben noti quando si osserva che l’avvocato può ricevere incarichi rivolti al compimento di atti determinati (un sollecito di pagamento mediante lettera raccomandata; un acquisto all’asta per persona da nominare; la predisposizione di un atto di querela; un progetto di divisione di beni; e simili) e svolgere, invece, l’attività che maggiormente ne caratterizza la professione, cioè quella di rappresentanza, assistenza e difesa nel processo. ed è sufficientemente certo che, al di fuori dell’am­bito processuale, il mandato all’avvocato debba essere eseguito con la diligenza del buon padre di famiglia, salvo il più rigoroso disposto degli artt. 1176 e 2236 c.c.; che il mandato all’avvocato possa essere con rap­presentanza o senza e che in questo caso possa produrre effetti a carico dello stesso mandatario che non abbia speso il nome altrui (artt. 1705, 1706 c.c.); che l’avvocato mandatario non possa eccedere i limiti fissati nel mandato e che l’atto esorbitante dall’incarico resti a suo carico, se il mandante non lo ratifica; che l’avvocato mandatario possa discostarsi dalle istruzioni ricevute soltanto qualora circostanze ignote al mandante e tali che possano essergli comunicate in tempo facciano ragionevolmente ritenere che lo stesso mandante avrebbe dato la sua approvazione; che l’avvocato mandatario abbia obbligo di rendiconto e che, se sostituisce altri a se stesso, risponde dell’operato delle persone sostituite e delle istruzioni ad esse impartite.

Page 18: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

la responsaBilita' dell'avvocato

30

Mandato processuale

L’inadempimento il terreno sul quale il paradigma del rapporto di mandato si rivela più efficacemente utile a integrare una disciplina del rapporto avvocato – cliente è quello dell’assunzione di obbligazioni di risultato, nelle quali l’oggetto della prestazione dovuta dal mandatario è il compimento di uno o più atti da porre in essere per raggiungere un determinato risultato utile al committente.

in questi casi, il sorgere di una responsabilità per l’assuntore dell’ob­bligazione è in funzione di un inadempimento che è costituito dal mancato raggiungimento del risultato utile, dovuto a colpa dell’ob­bligato. si tratta di una responsabilità di chiara natura contrattuale, che segue il regime probatorio caratteristico ad essa: il mandante creditore che intenda essere risarcito deve dimostrare l’esistenza del contratto e allegare l’inadempimento; spetta al professionista debitore fornire la prova liberatoria dell’impossibilità di esecuzione della prestazione per causa a lui non imputabile. L’inadempimento consegue alla sola colpa lieve, da valutare, però, con riguardo alla natura dell’attività esercitata (art. 1176, secondo comma, c.c.). ove il compimento dell’opera oggetto del mandato implichi la soluzione di problemi di speciale difficoltà, il professionista risponde dei danni soltanto se ha agito con dolo o con colpa grave (art. 2236 c.c.).

rileviamo quindi che gran parte delle osservazioni sopra ricordate, relative al rapporto di mandato sostanziale, valgono anche con riguardo all’aspetto processuale del rapporto tra l’avvocato e il cliente. pure con riferimento all’assistenza fornita nella sede del processo si accenna, infatti, ad un mandato ricevuto dal soggetto assistito, che viene variamente definito come mandato ad litem o come mandato defensionale. l’ottica è, tuttavia, parzialmente diversa. nel diritto sostanziale la libertà ricono­sciuta alle parti e la loro conseguente autonomia negoziale hanno richiesto l’indicazione autoritativa dei soli limiti generali entro i quali esse possono essere esercitate. il processo è, per contro, procedura disciplinata con norme di diritto pubblico, nell’interesse collettivo ad una composizione ordinata dei contrasti tra cittadini, con la mediazione del giudice e dei professionisti della tecnica giuridica. L’atto di incarico al legale assume la forma della procura per atto scritto, da rilasciarsi con modalità che rendano certe l’identità di coloro tra i quali interviene nonché il ventaglio dei poteri conferiti. e se il contenuto del mandato professionale non ha poi necessità di particolari specificazioni (art. 84 c.p.c: compiere e ricevere tutti gli atti del processo che dalla legge non sono espressamente riservati alla parte), in quanto si tratta di rappresentare e/o assistere il cliente nelle fasi multiformi del processo, una precisa fonte di responsabilità può sorgere per l’avvocato dal compimento di atti che importano disposizione

Page 19: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

l’avvocato e la sUa proFessione

31

Assenza di procura

Regole di adempimento e inosservanza

del diritto in contesa e per i quali non sia stato espressamente conferito il potere. singole nullità e l’esito negativo del processo possono essere di volta in volta considerati fonti di una responsabilità per danni o di natura disciplinare per l’esercente forense; e questi aspetti fanno parte del più ampio discorso relativo alla diligenza dell’avvocato e ai presupposti per il porsi di una responsabilità professionale. rinviando ad altra parte di questa trattazione, si reputano sufficienti, in questa sede, alcune brevi osservazioni.

l’adempimento del mandato processuale deve, nella sede civile, avvenire con l’osservanza delle norme che impongono comportamenti improntati a lealtà e probità (art. 88 c.p.c) e vietano l’utilizzo di espres-sioni sconvenienti e offensive (art. 89 c.p.c.). prima ancora che possibili fonti di responsabilità risarcitoria verso la parte, le inosservanze costitui-scono titolo per una responsabilità di tipo disciplinare. analogamente si pongono come causa idonea a fondare l’una e l’altra responsabilità le azioni temerarie, suscettibili di rientrare nella previsione di cui all’art. 96 c.p.c. e proibite dall’art. 6 del codice deontologico (“… l’avvocato non deve proporre azioni o assumere iniziative in giudizio con mala fede o colpa grave…”). Ulteriori ragioni di rivalsa per danni o di applicazione di sanzioni disciplinari sono costituite dal superamento dei limiti dell’incarico ricevuto con la procura, nella disciplina fornita dall’art. 84 c.p.c., per il compimento di atti non autorizzati che comportano disposizione del diritto in contesa. sul punto la giurisprudenza ha chiarito che la procura conferisce al difensore tutti i poteri occorrenti a svolgere l’incarico, giudiziali o stragiudiziali (cass. civ., sez. ii, 24 ottobre 2003, n. 16016), relativi a domande dirette o riconvenzionali (cass. civ., sez. ii, 7 aprile 2006, n. 8207), cautelari (cass. civ., sez. lav., 22 novembre 2003, n. 17762), e comunque ricollegabili con l’oggetto originario della causa, fatta eccezione soltanto sia per gli atti che comportano disposizione del diritto in contesa che per le domande con le quali si introduce nel processo una nuova e distinta controversia eccedente l’ambito della lite (cass. civ., sez. ii, 7 aprile 2000, n. 4356). restano dunque vietati all’avvocato iniziative autonome in tema di transazione, confessione, rinunzia, che possono cagionare la perdita per abbandono del diritto della parte assi­stita; ma anche l’incuria nella gestione del processo che conduca alla sua estinzione e a alla prescrizione del diritto.

1.3.2. L’attività compiuta dall’avvocato privo di procura.a maggior ragione costituisce fonte di responsabilità per l’avvocato

l’attività compiuta senza procura. la procura è il titolo giustificativo della sua intromissione nella gestione di interessi altrui e l’assenza di un titolo valido espone il professionista a rispondere di quanto compiuto nel caso in cui all’attività esercitata siano conseguiti eventi pregiudizievoli.

Page 20: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

la responsaBilita' dell'avvocato

32

Conseguenze processuali

Questi eventi possono essere di natura sostanziale: e sul punto non resta, al danneggiato, che dimostrare il danno subito e le circostanze di fatto dal quale esso è derivato.

sul piano processuale, invece, la situazione appare più complessa, per la sussistenza di orientamenti giurisprudenziali contraddittori.

nel processo sono attribuiti al giudice poteri d’ufficio pregnanti per la verifica dei fondamentali principi di regolarità nella costituzione delle parti, di valida loro rappresentanza, di esatta individuazione dei soggetti parte nella causa e di rilascio delle necessarie autorizzazioni o procure a coloro che si presentano in giudizio spendendo il nome altrui. proprio per la rilevanza del potere dovere del giudice nella conduzione del processo talune pronunce attribuiscono al mancato esercizio di un potere siffatto il vizio del procedimento che ne determina la sua fine anomala, pure nei casi nei quali appare palese che detto vizio può essere fatto risalire a colpa dell’avvocato, non munito di una procura efficace o costituitosi per un soggetto che non è quello legittimato. si afferma che il rilascio della procura alle liti da parte di soggetto privo del potere di rappresentanza sostanziale (di una persona giuridica) determina l’inesistenza soltanto di tale atto ma non anche dell’atto di citazione, anche se di esso la procura costituisce un requisito essenziale, con la conseguenza che quest’ultimo è idoneo a introdurre il processo e ad attivare il potere­dovere del giudice di decidere (cass. civ., sez. v, 24 febbraio 2005, n. 3872). nell’ambito di questo potere­dovere, così sollecitato, spetta dunque al giudice verificare la regolarità del contraddittorio e da questo postulato alcune pronunce hanno tratto questa conclusione. “nel caso in cui il soggetto costituito in giudizio sia diverso dall’effettivo titolare del diritto e non risulti a lui espressamente conferita la rappresentanza processuale ai sensi dell’art. 77 c.p.c., il giudice ha l’obbligo, in base al successivo art. 182, di rilevarne il difetto in ogni stato e grado del giudizio (e, quindi, anche in sede di decisione), restando attribuito al suo prudente apprezzamento la possibilità della eventuale sanatoria dello stesso, con la conseguenza che, rilevato tale difetto di rappresentanza, né la mancata produzione in giudizio del negozio rappresentativo né l’eventuale, accertata inidoneità di tale atto a conferire una valida rappresentanza processuale possono dar luogo a responsabilità del difensore, spettando all’organo giudiziario sia la verifica della regolare costituzione delle parti sia la decisione sulla possibilità ed opportunità di sanare le eventuali irregolarità (così che, in ogni caso, l’esito della lite sarà determinato dal difetto di rappresentanza processuale del soggetto costituito in giudizio e non dall’eventuale negligenza del difensore)” (cass. civ., sez. ii, 26 giugno 1997, n. 5709). decisioni come questa addossano, in pratica, soltanto al giudice il compito di rispondere delle irregolarità nella rappresentanza e costituzione in giudizio, e, nel

Page 21: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

l’avvocato e la sUa proFessione

33

Contratto di clientela

ravvisare in esse vizi processuali non tempestivamente sanati, escludono la possibilità di riferirli a colpa dei difensori.

in senso diverso si sono espresse altre pronunce. cass. sez. lav., 5 settembre 2000, n. 11689, ha osservato che la

mancanza della procura ad litem (situazione che comprende sia l’ipotesi della procura invalida sia l’ipotesi della mancanza di prova che una procura sia stata rilasciata) produce la nullità dell’attività processuale compiuta, da considerare tuttavia pur sempre quale attività posta in essere da una “parte” (costituita in giudizio senza il ministero del difensore). le relative sanzioni sul piano processuale (nullità degli atti, inammissibilità dell’impugnazione e simili) sono conseguenti alla mancanza dell’atto e non al fatto che il difensore eserciti un diritto altrui in nome proprio, mentre è principio generale dell’ordinamento quello secondo cui non può assumere la qualità di parte di un atto il soggetto che agisce nella veste di rappresentante pur non avendone il potere di rappresentanza sostanziale. pertanto, si conclude, il destinatario della pronuncia sulle spese non può essere l’avvocato, che, appunto, non assume la qualità di parte nel processo. in senso contrario è il maggior numero di decisioni. si osserva che l’attività del difensore senza procura non può riverberare alcun effetto sulla parte e resta attività processuale della quale egli solo assume la responsabilità, anche in ordine alle spese del giudizio. il processo è definito sulla questione processuale relativa al non esser vero che l’avvocato sia munito di procura e su questa questione l’unico ad essere soccombente è l’avvocato che ha sottoscritto, e fatto notificare, l’atto introduttivo del giudizio (cass. civ., sez. lav., 26 gennaio 2007, n. 1759; sez. lav., 14 novembre 2006, n. 24281; sez. i, 9 settembre 2002, n. 13069). e’ stata ritenuta riferibile esclusivamente all’avvocato l’attività svolta per la richiesta di fallimento quando la procura era stata rilasciata per uno scopo diverso, quello del procedimento monitorio (cass. civ., sez. i, 26 novembre 2008, n. 28226). si è contestualmente precisato che se la procura è correttamente rilasciata e soltanto nel prosieguo diventa invalida (ad esempio, per decesso del soggetto rappresentato), è allora la parte ad essere protagonista del processo e a dover subire le conseguenze della sopravvenuta invalidità (cass. 2006 n. 24281 cit.).

1.3.3. il diverso contenuto del mandato.nella fattispecie più semplice il rapporto tra avvocato e cliente riguarda

il compimento di un singolo affare. e’ questa la situazione più vicina, se non aderente, alla figura del mandato in senso sostanziale, quale definito dall’art. 1703 codice civile.

Molto frequente è un tipo di rapporto connotato dalla continuità della

prestazione del professionista, in vista delle questioni che possano sorgere

Page 22: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

la responsaBilita' dell'avvocato

34

dall’attività esercitata dalla parte committente. chi ha bisogno di forme di assistenza continuative nel tempo, o per un tempo determinato, in relazione ad affari o alla natura del lavoro svolto, conclude con un avvo­cato un contratto di clientela, così denominato nella prassi per indicare appunto la relazione stabile di assistenza fornita dal legale ad un’impresa, un ente, una società. si tratta in questi casi dello svolgimento di prestazioni professionali senza vincolo impiegatizio, nella loro essenza naturale di prestazioni di opera intellettuale libera e autonoma, ma coordinate con i bisogni che in un certo arco temporale la parte mandante necessiti di vedere affrontati. Un siffatto rapporto non richiede forme particolari per la sua costituzione né, in particolare, di una forma scritta nel contratto dal quale sorge (così cass. civ., sez. iii, 27 aprile 1991, n. 4662).

nel contratto di clientela, quando è redatto per iscritto, sono conte­nuti accordi relativi alla determinazione del compenso e in proposito va ricordato che l’art. 2 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito nella legge 4 agosto 2006, n. 248, ha soppresso il principio dell’obbligatorietà delle tariffe minime. nello stesso contratto sono spesso contenute istruzioni relative alle modalità e alle strategie che il professionista deve seguire nell’adempiere al mandato. in questi casi la libertà di azione e la discre­zionalità nelle scelte del legale risultano limitate da parametri più o meno definiti nel loro preciso contenuto, che rappresentano i limiti dei poteri conferiti al mandatario. accade spesso che soprattutto nelle relazioni con le compagnie di assicurazione il difensore – detto fiduciario della compagnia – si veda fissati i criteri in base ai quali addivenire agli accordi transattivi nonché gli importi di risarcimento che invece necessitano di accertamenti giudiziali. Queste predeterminazioni restringono il campo di azione del professionista all’osservanza delle direttive ricevute e i comportamenti che esorbitano da esse possono costituire ragione di contestazioni ad opera del soggetto che ha conferito l’incarico. in sede di controversia si pone dunque il problema di verificare se l’avvocato sia rimasto su terreno consentito e se le conseguenze pregiudizievoli per il mandante siano imputabili ad un suo eccesso nell’adempiere all’incarico o siano per contro conseguenze di scelte impostegli e non adatte al caso.

Le limitazioni alla discrezionalità dell’avvocato sono particolarmente intense per effetto della conclusione di un contratto di patrocinio. con questa indicazione si fa riferimento ai casi in cui un professionista viene incaricato di portare in giudizio una linea difensiva predeterminata dal cliente. Gli scritti difensivi sono, in genere, già preparati e redatti e al professionista è conferito soltanto il potere di esercitare nel processo lo jus postulandi in nome del cliente, secondo la scelta predisposta da questi. il sistema è frequente nelle collaborazioni con gli enti pubblici e tale collaborazione si avvicina ad un rapporto di parasubordinazione.

Page 23: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

l’avvocato e la sUa proFessione

35

Assistenza e rappresentanza stragiudiziale

Consulenza legale

la fonte negoziale condiziona notevolmente la discrezionalità del legale e pertanto una sua responsabilità per risarcimento danni nei confronti della committenza può sorgere praticamente soltanto per il caso di esercizio erroneo dell’unico potere conferitogli, in relazione alla mancata osservanza delle regole processuali che disciplinano i modi di produzione degli atti e le decadenze. spetta all’ente mandante la prova concernente l’errato esercizio dello jus postulandi.

Una ulteriore forma particolare di prestazione dell’avvocato su incarico

riferibile a un mandato è quella costituita dalla consulenza legale. essa si risolve in una informazione motivata che il professionista fornisce sulla base di uno studio tecnico avente ad oggetto il problema prospettato dal cliente. Mentre dal mandato in genere sorge per il mandatario l’ob­bligo di informare il mandante delle circostanze rilevanti per l’affare, nel caso della consulenza l’informazione qualificata costituisce l’oggetto stesso della prestazione dovuta dall’avvocato. la giurisprudenza riconosce da tempo questa forma di rapporto professionale sorta e radicata nella pratica e la riconduce alle obbligazioni di risultato e alle prestazioni di attività intellettuale (cass. civ., sezioni unite, 6 novembre 1980, n. 5946). il contenuto della consulenza si presta ad essere sindacato nel merito e a essere verificato nella sua aderenza alle norme vigenti nonchè all’inter­pretazione che di esse è seguita in un certo momento. La discrezionalità tipica dell’esercizio della libera professionale è in siffatte circostanze ridotta in modo estremamente rilevante. il compito conferito si concreta in un responso che deve per quanto possibile aderire alla realtà giuridica ed è palese quale sia la delicatezza dell’attività da espletare, in un ambito nel quale molto spesso l’oscurità della norma genera disparità di opinioni e contrasti applicativi. deve al riguardo osservarsi che anche l’esistenza delle incertezze dovute alle difficoltà di individuare una linea affidabile di soluzione del caso in esame deve essere riferita al cliente, quale parte essenziale dell’informazione dovuta: e che soltanto la rappresentazione di un completo quadro generale, con le sue problematiche e le sue oscurità, può dar luogo ad un adeguato adempimento ad opera del mandatario.

Un’altra forma di attività professionale che vede nell’avvocato un referente tecnico, al di fuori dello spazio tradizionale dell’ambito pro­cessuale, è quella della assistenza e rappresentanza stragiudiziale. l’elevata complessità della realtà degli affari ha fatto sorgere l’esigenza di avere in un professionista esperto di questioni legali un soggetto cui affidare durevolmente nel tempo o comunque per una serie di questioni l’incarico di agire in nome e per conto dei diretti interessati. al legale si demanda di occuparsi di questioni attinenti alla vita di una impresa o di

Page 24: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

la responsaBilita' dell'avvocato

36

Normativa vigente

Normativa previgente

una associazione e di risolvere i problemi che a vari livelli si presentino e richiedano l’intervento di un tecnico del diritto, dell’economia o della fiscalità. sovente le questioni da affrontare riguardano la predisposizione di contratti e la loro conclusione oppure la transazione di contrasti di livello rilevante che implicano accomodamenti di ordine giuridico, commerciale, assicurativo. particolarmente pregnante in questo settore di attività stragiudiziale è l’obbligo dell’informazione da fornire al cliente. si tratta molto spesso di costruire strategie che richiedono al cliente scelte, da pilotare verso soluzioni adeguate. in questi casi le obbligazioni assunte dal legale hanno natura di obbligazioni di risultato e l’inadempimento si verifica quando non sono fornite tutte le informazioni necessarie o quando l’atto da compiere non è raggiunto o non è soddisfacente.

per evidente assonanza accenniamo in questa sede al così detto patto di quota lite.

1.3.4. il patto di quota lite.l’art. 2233, comma terzo, del codice civile vietava agli avvocati, ai

procuratori e ai patrocinatori di stipulare, anche per interposta persona, con i loro clienti patti relativi ai beni formanti oggetto delle con-troversie affidate al loro patrocinio, sotto pena di nullità e dei danni. la disposizione riguardava il così detto patto di quota lite, per il quale si stabiliva che il compenso all’avvocato, o comunque una cointeressenza, venisse determinata mediante una spartizione del ricavato della causa. essa trovava ragione nell’esigenza, tutta etica, di tenere separata l’alta funzione dell’avvocatura dai concreti interessi in gioco e di svincolare lo svolgimento dell’attività processuale da questi interessi, per finalizzarla esclusivamente al bene collettivo di un processo ordinato e superiore alle parti. non tutti gli ordinamenti avvertivano la delicatezza di accordi scesi sul piano della condivisione degli interessi in lite. negli stati uniti, ad esempio, si fa largo utilizzo di clausole del genere di quella in que­stione, soprattutto nei giudizi di class action.

l’art. 2 del d.l. n. 223 del 2006, conv. nella l. n. 248 del 2006, ha sostituito il terzo comma del citato art. 2233, il quale attualmente si occupa di tutt’altro aspetto del regime dei compensi al professionista. esso impone, infatti, che gli accordi relativi ai compensi siano redatti in forma scritta, a pena di nullità. la ratio della norma si ravvisa ora nell’opportunità che sia precostituita una prova concernente le modalità con le quali deve essere determinata la retribuzione del legale; della quale non si afferma più che non possa consistere in una “quota lite”. ne segue che il patto di quota lite è divenuto legale anche per il nostro ordinamento processuale, con l’unico requisito del dover risultare da atto scritto salva la sua invalidità. Un atto scritto è idoneo a precludere

Page 25: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

l’avvocato e la sUa proFessione

37

contestazioni e dimostrare in modo palese l’esistenza delle pattuizioni e il loro contenuto

il mutamento di disciplina giuridica corrisponde ad un diverso modo di intendere il rapporto tra l’avvocato e il cliente e la stessa funzione dell’avvocatura. l’accordo sulla compartecipazione agli utili della causa può essere vantaggioso per la classe forense ma è stato considerato utile anche per il cliente in quanto, nel caso di soccombenza in giudizio, questi è esposto al solo rimborso delle spese e non anche al pagamento dei compensi professionali. lo stesso fatto che la stipula di contratti del genere in oggetto susciti per l’avvocato un suo interesse alla lite è ritenuto di aspetto positivo. la condivisione della posizione della parte rende per il professionista vantaggiosa la controversia soltanto se è raggiunto un risultato vantaggioso, che è tale anche per il cliente. per questi aspetti l’obbligazione che l’avvocato assume si contraddistingue per i tipici tratti dell’obbligazione di risultato. la soccombenza, nell’aleatorietà del processo, determina per il professionista la perdita del diritto al compenso, dovuto unicamente se viene realizzato un utile concreto.

il codice deontologico è stato adeguato all’innovazione. il suo art. 45 consente all’avvocato di pattuire con il cliente compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti, fermo il divieto dell’art. 1261 c.c. (divieto di cessione delle ragioni litigiose) e sempre che i compensi siano proporzionati all’attività svolta.

1.3.5. L’obbligo di rendiconto.nell’ambito della disciplina del mandato, l’art. 1713 codice civile fa

obbligo al mandatario di rendere il conto del proprio operato al mandante e di rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato. Questo obbligo si risolve nell’informare il mandante “di ciò che è accaduto” e cioè nell’affermazione dei fatti storici che hanno prodotto entrate e uscite di denaro per effetto dell’attività svolta, al fine di ricostruire i rapporti di dare e avere, con la relativa documentazione di spesa (così cass. civ., sez. i, 10 dicembre 2009, n. 25904). esso sorge non soltanto a seguito della conclusione dell’attività di gestione ma anche quando si accerti l’impossibilità di eseguirla o quando vi sia stata la revoca del mandato, non ricorrendo più, in queste situazioni, un titolo per trattenere quanto è stato somministrato dal mandante o quanto a lui deve essere consegnato (cass. civ., sez. iii, 11 agosto 2000, n. 10739). nell’azione proposta dal mandante per ottenere il rendiconto può essere, per la giurisprudenza, inserita una domanda per risarcimento danni che il primo assuma di avere subito per fatto e colpa del mandatario, consistiti nel non aver svolto l’attività, nell’averla svolta parzialmente, nell’avere omesso la comunicazione dell’avvenuto espletamento dell’incarico o nell’avere omesso l’informazione concernente l’impossibilità di eseguirlo (cass. civ.,

Page 26: La resPonsaBiLiTa’ DeLL’aVVoCaTo - latribuna.it · ad ogni tipo di partecipazione alla vita collettiva mediante il lavoro piena dignità giuridica e sociale. Codice Civile erano

la responsaBilita' dell'avvocato

38

L’obbligo di rendiconto dell’avvocato

sez. 2 agosto 1973, n. 2230). si era affermato, in proposito, che l’obbligo in questione non si esaurisce nella presentazione dei fatti contabili ma importa la giustificazione dell’opera svolta, mediante la prova non soltanto della quantità e qualità dei frutti percetti o delle somme incassate, nonché dell’entità causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi di fatto che consentono di individuare e vagliare le modalità con cui l’incarico è stato eseguito e di stabilire, anche in relazione ai fini da perseguire, se l’operato di chi rende il conto fu adeguato ai criteri di buona ammi­nistrazione e di diligenza.

risalenti pronunce della corte di legittimità avevano affermato la riferibilità dell’obbligo di rendere il conto anche all’avvocato munito della procura ad litem. la citata pronuncia n. 2230/1973, in particolare, aveva ritenuto il legale incaricato di curare le pratiche di una società soggetto alle obbligazioni del mandato e aveva stabilito che il rendiconto dovesse riguardare sia le pratiche portate a buon fine e sia quelle non concluse. la giurisprudenza ha di recente mutato avviso.

cass. civ., sez. iii, 19 aprile 2010, n. 9264, asserisce che l’istituto del rendiconto è incompatibile con il mandato ad litem di cui all’art. 84 c.p.c., in quanto questo abilita il difensore a compiere e ricevere nell’interesse della parte gli atti del processo e non è pertanto riconducibile ad un mandato ad negotia e, quindi, a una figura che attenga al diritto sostanziale in senso proprio. la motivazione della decisione distingue il caso del professionista incaricato della rappresentanza o dell’assistenza nel giudizio da quello in cui agisca per avere ricevuto un mandato a con-cludere negozi. in quest’ultima fattispecie può porsi la questione di una responsabilità conseguente all’obbligo di rendere il conto, in conformità alle norme generali che regolano, in sostanza, la gestione degli affari altrui. nella diversa ipotesi del solo rilascio di una procura defensionale, per la suprema corte le speciali regole che si desumono dal dettato degli artt. 82 e 85 del codice di procedura civile impediscono di fare applicazione dei principi di ordine sostanziale e di ritenere che, una volta terminato il proprio compito, l’avvocato difensore abbia l’obbligo di cui all’art. 1713 codice civile. nella specie, è stato affermato che l’aver depositato presso il consiglio dell’ordine tutta la documentazione riguardante le pratiche per le quali il mandante aveva conferito incarico, pratiche personali e della società mandante, configurava una valida rinuncia al mandato da parte del professionista, il quale, una volta revocato o dismesso l’incarico, non aveva alcun obbligo di rendere il conto.