LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE - · PDF filecendo in una crescente sfiducia, che arri-va al...

8
La consapevolezza di una dimensione profonda del rapporto tra il curante e il paziente può essere fatta risalire a Freud che, un secolo fa, evidenziò nella rela- zione una proiezione inconscia del paziente sul terapeuta di stati d’animo, emozioni e desideri (transfert) e le pro- blematiche che a sua volta il terapeuta può trasferire sul paziente (controtran- sfert). Si deve a Balint (1) il merito di ricono- scere che questi due aspetti costituiscono fattori di primaria importanza nella rela- zione fra ogni operatore sanitario e il suo paziente. L’evoluzione storica della figu- ra del curante, almeno nella sua concezione tradi- zionale medica, vede la trasforma- zione dal terapeu- ta attivo fino a circa il XVIII-XIX seco- lo caratterizzato da una relativa impoten- za sul piano diagnostico terapeutico ma con un forte legame con il paziente a cui lo accomuna uno stesso mondo culturale e in cui in pratica l’attività di cura “coin- cideva spesso con l’anamnesi: la narra- zione del disturbo agiva come una forza catartica come il migliore dei place- bo(2) , al medico post moderno capace di accurate diagnosi ed efficaci terapie ma con possibilità di contatto umano sempre più ridotta nel quadro di una medicina che è sempre più capace di guarire ma dove, sorprendentemente, medici e pazienti vivono reciprocamente un rap- porto di sospetto e delusione (2) . Fino ad un passato non molto lontano il dottore si limitava a tenere la mano al bambino che moriva di difterite: non poteva far niente per salvargli la vita, ma il medico era importante, il livello di gra- dimento era elevato. Oggi al bambino gravemente amma- lato vengono somministrati antibiotici potenti ed efficacissimi, tanto che spesso dopo qualche giorno è di nuovo a gioca- re con gli altri bambini. Eppure si è scon- tenti del dottore. Il contrasto tra le due situazioni estreme che sono paradigmati- che nonostante la loro schematicità, foto- grafa il degrado del rapporto tra il medi- co e il paziente. Alla base della discrepanza fra i suc- VOL. 8 N. 3 GENNAIO 2007 SCIENZA RIABILITATIVA 5 SCIENZA RIABILITATIVA 2007; 8.3 : 5-12 LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE: DAL TO CURE AL TU CARE GERARDO CAPALDO* * Dottore in Fisioterapia U.O. Terapia Fisica e Riabilitazione Territoriale ASL 3 Genovese 2° anno corso di Laurea Specialistica in Scienze delle Professioni Sanitarie della Riabilitazione Direttore del sito FisiOnLine www.fisionline.org Abstract Parole chiave Comunicazione, rapporto terapeuta/ paziente, compliance, aderenza, assi- stenza, placebo. La gestione di una relazione terapeutica richiede sempre di più al personale sani- tario la consapevolezza delle dinamiche psicologiche ad essa sottese. La soddi- sfazione del paziente si dimostra come un fattore terapeutico che è in grado di influenzare notevolmente sia la com- pliance che gli obiettivi stessi del tratta- mento. Una relazione di tipo collabora- tivo che coinvolge il paziente in modo attivo rafforza la motivazione e l’ade- sione al trattamento, ma richiede tempo adeguato e competenze che spaziano dalle capacità di ascolto attivo, di osser- vazione, di empatia a quelle di comuni- cazione. In questo il fisioterapista si ritrova in una posizione di favore per- chè, a differenza di altre specialità mediche che hanno privilegiato gli aspetti tecnico strumentali della clinica, conserva nel suo operare una grande attenzione all’aspetto relazionale in quanto il processo riabilitativo non è per sua natura attuabile senza la collabora- zione attiva del paziente. THE RELATIONSHIP WITH THE PATIENT: FROM TO CURE TO TO CARE Abstract Key Words Communication, Therapist/patient rela- tionship, compliance, adhesion, atten- dance, placebo.

Transcript of LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE - · PDF filecendo in una crescente sfiducia, che arri-va al...

Page 1: LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE -  · PDF filecendo in una crescente sfiducia, che arri-va al risentimento e sfiora talvolta l’osti-lità, e che si manifesta con quello che

La consapevolezza di una dimensioneprofonda del rapporto tra il curante e ilpaziente può essere fatta risalire a Freudche, un secolo fa, evidenziò nella rela-zione una proiezione inconscia delpaziente sul terapeuta di stati d’animo,emozioni e desideri (transfert) e le pro-blematiche che a sua volta il terapeutapuò trasferire sul paziente (controtran-sfert).

Si deve a Balint(1) il merito di ricono-scere che questi due aspetti costituisconofattori di primaria importanza nella rela-zione fra ogni operatore sanitario e il suopaziente.

L’evoluzionestorica della figu-ra del curante,almeno nella suaconcezione tradi-zionale medica,vede la trasforma-zione dal terapeu-

ta attivo fino a circa il XVIII-XIX seco-lo caratterizzato da una relativa impoten-za sul piano diagnostico terapeutico macon un forte legame con il paziente a cuilo accomuna uno stesso mondo culturale

e in cui in pratica l’attività di cura “coin-cideva spesso con l’anamnesi: la narra-zione del disturbo agiva come una forzacatartica come il migliore dei place-bo”(2), al medico post moderno capace diaccurate diagnosi ed efficaci terapie macon possibilità di contatto umano semprepiù ridotta nel quadro di una medicinache è sempre più capace di guarire madove, sorprendentemente, medici epazienti vivono reciprocamente un rap-porto di sospetto e delusione(2).

Fino ad un passato non molto lontanoil dottore si limitava a tenere la mano albambino che moriva di difterite: nonpoteva far niente per salvargli la vita, mail medico era importante, il livello di gra-dimento era elevato.

Oggi al bambino gravemente amma-lato vengono somministrati antibioticipotenti ed efficacissimi, tanto che spessodopo qualche giorno è di nuovo a gioca-re con gli altri bambini. Eppure si è scon-tenti del dottore. Il contrasto tra le duesituazioni estreme che sono paradigmati-che nonostante la loro schematicità, foto-grafa il degrado del rapporto tra il medi-co e il paziente.

Alla base della discrepanza fra i suc-

VOL. 8 N. 3 GENNAIO 2007 SCIENZA RIABILITATIVA 5

SCIENZA RIABILITATIVA 2007; 8.3 : 5-12

LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE

LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE:DAL TO CURE AL TU CAREGERARDO CAPALDO*

* Dottore in FisioterapiaU.O. Terapia Fisica e RiabilitazioneTerritoriale ASL 3 Genovese2° anno corso di Laurea Specialisticain Scienze delle Professioni Sanitariedella RiabilitazioneDirettore del sito FisiOnLinewww.fisionline.org

Abstract

Parole chiaveComunicazione, rapporto terapeuta/paziente, compliance, aderenza, assi-stenza, placebo.

La gestione di una relazione terapeuticarichiede sempre di più al personale sani-tario la consapevolezza delle dinamichepsicologiche ad essa sottese. La soddi-sfazione del paziente si dimostra comeun fattore terapeutico che è in grado diinfluenzare notevolmente sia la com-pliance che gli obiettivi stessi del tratta-mento. Una relazione di tipo collabora-tivo che coinvolge il paziente in modoattivo rafforza la motivazione e l’ade-sione al trattamento, ma richiede tempoadeguato e competenze che spazianodalle capacità di ascolto attivo, di osser-vazione, di empatia a quelle di comuni-cazione. In questo il fisioterapista siritrova in una posizione di favore per-chè, a differenza di altre specialitàmediche che hanno privilegiato gliaspetti tecnico strumentali della clinica,conserva nel suo operare una grandeattenzione all’aspetto relazionale inquanto il processo riabilitativo non è persua natura attuabile senza la collabora-zione attiva del paziente.

THE RELATIONSHIP WITH THE PATIENT:FROM TO CURE TO TO CARE

Abstract

Key WordsCommunication, Therapist/patient rela-tionship, compliance, adhesion, atten-dance, placebo.

Page 2: LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE -  · PDF filecendo in una crescente sfiducia, che arri-va al risentimento e sfiora talvolta l’osti-lità, e che si manifesta con quello che

cessi della medicina e il grado di insod-disfazione espresso dai pazienti sono sta-ti ipotizzati diversi fattori, tra cui il tec-nicismo clinico che depersonalizza erende meno evidente il ruolo del medico,la parcellizzazione del sapere e la dimi-nuzione del carisma della figura medica.

Con lungimiranza già nel 1950 ilProf. Luigi Condorelli, nella prefazionedi quello che con le sue attuali diciottoedizioni sarebbe diventato uno dei testidi riferimento nel campo della semeioti-ca e metodologia clinica, citava il peri-colo di un pragmatismo esasperato cheinduce a sostituire la tecnica strumenta-le alla metodologia e all’osservazionedel malato, portando ad annichilire lapersonalità del medico il cui ruolo siconverte in una pedestre quanto scialbaricostruzione di frammenti di mosaico,rappresentati dai risultati delle ricerche,spesso strumentali, eseguite sui diversiorgani ed apparati, quasi sempre da piùosservatori, cioè dai così detti “speciali-sti” degli infiniti frammenti del corpoumano (3).

Il progressivo distacco della medicinatecnologica dai bisogni di salute comevengono percepiti dai malati si sta tradu-cendo in una crescente sfiducia, che arri-va al risentimento e sfiora talvolta l’osti-lità, e che si manifesta con quello che èstato definito il “fallimento del succes-so” (4).

“Che cosa chiede innanzitutto unmalato al suo medico?” osserva lo psi-chiatra francese Patrick Lemoine in Lemystère du placebo (5). Contrariamente aquanto si può pensare, non scienza enotorietà, ma gentilezza e disponibilità.Il tempo dedicato alla visita è forse unadelle più importanti richieste del pubbli-co.

Scrive Edward Shorter in La tormen-tata storia del rapporto medico paziente:

“Non me la prendo coi medici se nontentano di praticare la psicoterapia alivello formale. Li accuso di ignorare ilpotere terapeutico della visita medica insé. La forza guaritrice della consultazio-ne sta nella purificazione che il pazientericava dal raccontare le proprie vicende aqualcuno di cui si fida come guaritore”(2).

Ormai sappiamo che pazienti contumore in fase avanzata che ricevono unsostegno psicologico o effettuano unapsicoterapia, quindi ricevono un incre-mento di “relazione terapeutica”,sopravvivono per un periodo doppiorispetto ai pazienti che non ricevonoalcun sostegno(6).

L’abdicare da una funzione non necancella la necessità, la rende solo dispo-nibile a sistemi vicarianti: in quest’otticala rinuncia all’ascolto della medicina tra-dizionale può essere vista come una del-le cause del proliferare della cosiddettamedicina alternativa.

I benefici che si ricavano dalle medi-cine alternative si chiamano anche, senon soprattutto, attenzione, tempo dedi-cato e un invito a tornare spesso.

In fondo lo stesso effetto placebo,ampiamente usato e studiato dalla scien-za medica, di fatto rappresenta la con-traddizione di una visione eccessivamen-te meccanicistica che non considera “glieffetti curativi della fiducia, delle attesee di un buon rapporto medico-pazien-te”(7).

Il placebo (e il suo contraltare noce-bo) è interessante proprio nella sua appa-rente antinomia tra l’essere una sostanzainerte che produce un effetto, una antite-si influenzata soprattutto da fattori comela personalità, il carisma, i titoli, la noto-rietà, l’attenzione dimostrata dal medicoma anche la durata e il prezzo della visi-

VOL. 8 N. 3 GENNAIO 2007 SCIENZA RIABILITATIVA 6

LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE: DAL TU CURE AL TU CARE G. CAPALDO

LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE

The medical staff needs more andmore a deep awareness of the psy-chologic dynamics implicated in atherapeutic relationship. The com-pliance and the treatment aims areconsiderably affected by the patient’ssatisfaction.A collaborative kind of relationrequires proportionate time and acti-ve listening, observation, empathyand communication skills.The physiotherapist has benefitedfrom this because, unlike other medi-cal branches which favour technicaland instrumental aspects of clinic, hepreserves in his work a great atten-tion to the relational aspect since therehabilitative process isn’t possibilewithout an active partecipation of thepatient.

Page 3: LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE -  · PDF filecendo in una crescente sfiducia, che arri-va al risentimento e sfiora talvolta l’osti-lità, e che si manifesta con quello che

ta o la lunghezza della lista d’attesa. Tratutti, però, la qualità della relazionemedico-paziente è il fattore che mag-giormente influenza l’effetto placebo(8).

Se per la tradizionale figura medica ilvalore dell’ascolto e della partecipazio-ne, già espresso da Ippocrate oltre 2000anni fa, ha il sapore della rivoluzioneculturale, per altre figure sanitarie chepossiamo considerare storicamente piùgiovani la condivisione con il pazientedel suo percorso terapeutico è un fattoche rientra nella sfera della normalitàperché proprio la condivisione risultaessere uno strumento curativo.

Il riferimento è alle professioni sani-tarie della riabilitazione in quanto il ria-bilitare, cioè “riportare le funzionimenomate a una normale attività”(9),richiede necessariamente una partecipa-zione attiva di entrambi gli attori.

Nel confronto tra la concezione dimedicina centrata sul medico e quellacentrata sul paziente possiamo ricono-scere due modelli teorici orientati l’unosul curare, l’altro sul prendersi cura. Ilfisioterapista si pone in continua dialetti-ca fra queste dimensioni: esiste, infatti, ilmomento della valutazione e della sceltadell’atto terapeutico che richiede un’og-gettivazione della malattia, ma è presen-te anche lo spazio privilegiato dell’ascol-to che consente al terapista la conoscen-za della persona e delle sue modalitàadattive e disadattative in rapporto allarealtà, agli altri e all’ambiente.

In questo universo definito dall’inte-razione degli aspetti biologici, psicologi-ci e sociali, la persona conquista unadimensione di centralità primaria ed unruolo attivo.

La salute viene “costruita” social-mente all’interno dei “comportamenti edelle relazioni umane“ e all’interno di

una visione sistemica in cui la salute ècorrelata con una moltitudine di determi-nanti che emergono dalle dimensionibiologica, psicologica dell’individuo.

Ciò non toglie che la caratteristica delrapporto sia l’asimmetria: nella transa-zione tra terapeuta e paziente l’uno èportatore di bisogni e richieste, cioè ilpaziente, mentre l’altro, il curante, deveaccoglierli e dare risposte.

Questa non deve necessariamenteessere considerata una peculiarità negati-va perché, al contrario, quando il rappor-to perde questa caratteristica si riduce lavalenza terapeutica che lo deve indivi-duare: questo accade, ad esempio, quan-do il soggetto delle cure è un familiare oquando è il paziente stesso a chiederepressantemente, e ad ottenere, esami ovisite specialistiche non motivate da unaesigenza clinica reale.

Hollender(10), comunque, distingue trelivelli di rapporto medico-paziente: 1) il primo livello comporta attività del

medico e passività del malato, si hanei casi di urgenza, interventi chirur-gici, coma, infarto etc. in cui ilpaziente è in uno stato di impotenzapiù o meno completa. Prototipo ditale rapporto è quello che intercorrefra la madre e il neonato;

2) il secondo livello comporta una certadirettività del medico e una certa coo-perazione da parte del malato. È tipi-co delle malattie acute e di tutte quel-le situazioni in cui il malato è in gra-do di partecipare all’atto terapeutico,di esprimere opinioni personali e diseguire le indicazioni. Prototipo ditale rapporto è quello che intercorretra genitori e bambino;

3) il terzo livello è quello della mutua ereciproca partecipazione. Si ha nellemalattie croniche, nella riabilitazione,

VOL. 8 N. 3 GENNAIO 2007 SCIENZA RIABILITATIVA 7

LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE: DAL TU CURE AL TU CARE G. CAPALDO

LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE

Page 4: LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE -  · PDF filecendo in una crescente sfiducia, che arri-va al risentimento e sfiora talvolta l’osti-lità, e che si manifesta con quello che

nella psicoterapia. Il terapeuta aiuta ilpaziente a curarsi e gli richiede unatteggiamento solido e maturo. Il pro-totipo è il rapporto tra due personeadulte, una delle quali possiede lenozioni di cui l’altra ha bisogno (Tab. I).

Le schematizzazioni sono per loronatura rigide ed è per questo motivo cheè facile includerle in tabelle: la realtà ènaturalmente più fluida. Chiunque svol-ga attività di cura, infatti, potrebbe rico-noscersi in una delle tre situazionidescritte in relazione al momento e alpaziente con cui si sta rapportando.

Nonostante la asimmetria della rela-zione con il paziente, caratterizzata dauna ineliminabile disuguaglianza, questoAutore riteneva che essa fosse comun-que “armonica”, in quanto basata sullaaccettazione consensuale e sulla comple-mentarità dei ruoli.

La dinamica interpersonale. Consi-derando il rapporto terapeuta-pazientenon si può esimersi dall’inquadrare ledinamiche interpersonali all’interno delframe dato dalle personali, e sociali,interpretazioni di status e di ruolo.

Definendo come status di una perso-na l’insieme dei comportamenti che essapuò attendersi dagli altri nei propririguardi, e come ruolo l’insieme deicomportamenti che gli altri si attendonoda una persona, potremmo anche ricono-scere a quest’ultimo una dinamicità atti-va che l’individuo deve operare per man-

tenere il proprio status.Questo implica un insieme di diritti

ma anche di doveri sia per l’operatoreche per il paziente.

Ad esempio tra le caratteristiche delruolo sanitario possiamo citare la compe-

tenza tecnica, intesa come dovere dell’o-peratore di assicurare prestazioni quali-tativamente e tecnicamente efficaci eefficienti; la specificità funzionale, cioèil privilegio dato al terapista nell’eserci-zio della sua professione di accedere alcorpo del paziente e la possibilità di rice-verne confidenze, da cui ne discendel’obbligo del segreto professionale; l’at-teggiamento universalista e altruista,che sancisce l’obbligo di curare tutte lepersone indipendentemente dalla razza,religione, nazionalità o status a cuiappartengono con lo scopo comune delbenessere della collettività, tenendo con-to della vulnerabilità del malato.

Anche quest’ultimo, godendo di unostatus particolare, è investito da un insie-me di diritti e di doveri, come l’esenzio-ne dalle responsabilità, che si manifestaad esempio con l’essere dispensati daalcune abituali funzioni; il diritto adessere aiutato, istituzionalizzato in pri-mo luogo nella famiglia e nella società;ma anche l’obbligo a desiderare la gua-rigione collaborando attivamente con ilpersonale curante.

Lo sviluppo del rapporto interperso-nale non si esaurisce certo in un confron-to di ruoli in quanto la relazione, proprio

VOL. 8 N. 3 GENNAIO 2007 SCIENZA RIABILITATIVA 8

LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE: DAL TU CURE AL TU CARE G. CAPALDO

LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE

Tabella I

MEDICO PAZIENTE SITUAZIONE PROTOTIPO

Attivo Passivo Urgenza, chirurgia Madre-lattante

Direttivo Cooperante Malattie acute Genitore-bambino

Partecipazione reciproca Malattie croniche, Adulto-adultoriabilitazione

Page 5: LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE -  · PDF filecendo in una crescente sfiducia, che arri-va al risentimento e sfiora talvolta l’osti-lità, e che si manifesta con quello che

perché tale, implica tutti gli aspetti delvincolo sociale e personale.

Ma il prodotto di questo legame,strettamente legato agli aspetti comuni-cativi e che maggiormente deve destareattenzione nel terapista perché capace diinfluenzare grandemente l’effetto dellaterapia stessa, è la compliance delpaziente.

La compliance. L’adesione delpaziente all’iter diagnostico o terapeuti-co sembra influenzata principalmenteda:1) comprensione;2) modalità di comunicazione delle

informazioni;3) qualità dell’interazione con lo staff;4) appartenenza a gruppi di riferimento;5) regime di trattamento (durata, com-

plessità, effetti);6) rappresentazioni sociali su salute/

malattia/cura.Più della metà di queste variabili è

ascrivibile al contesto comunicativo-relazionale.

La motivazione al trattamento indottanel paziente sembra più forte e stabilequando lo stile comunicativo del tera-peuta è cooperativo e tale da coinvolgereil paziente in modo attivo; è ipotizzabilequindi che l’applicazione di modelliinterpretativi e collaborativi possa con-sentire una relazione più stabile nellacura di malattie croniche e negli iter ria-bilitativi.

Rosner(11) propone un lungo elenco diventisei possibili soluzioni al problemadel paziente non collaborante: molte diesse fanno riferimento a fattori educativi(del paziente, della famiglia, dei caregi-vers) e comunicativo-relazionali.

Una relazione collaborativa richiedetempo da dedicare al rapporto con ilpaziente per discutere a fondo i vari pas-

saggi del processo assistenziale e questospesso mal si associa con la riduzionedei tempi assistenziali imposta dal mana-gement sanitario.

Richiede ascolto attivo, osservazione,empatia e capacità comunicative.

Le capacità relazionali ed espressivedi ognuno non sono solo istintive o frut-to di esperienza ma possono essere inse-gnate e quindi apprese, migliorate omodificate.

La consapevolezza delle dinamichecomunicative dovrebbe essere un patri-monio fondamentale di tutti gli operatorisanitari.

La comuni-cazione. L’ideadi comunicazio-ne come proces-so che lega alcu-ni elementistrutturali comefonte, messaggio

e ricevente, può essere fatta risalire adAristotele.

Più recentemente gli studi sullacomunicazione hanno focalizzato l’ana-lisi sulla circolarità del rapporto emitten-te-ricevente introducendo il concetto difeedback (retroazione), cioè la rispostadel ricevente consente all’emittente dicapire se il proprio messaggio è statorecepito e/o se è necessario apportarvidelle modifiche(12), in una sorta di “parti-ta a tennis” verbale e non verbale in cui imessaggi vanno avanti e indietro tra leparti interagenti.

Secondo modelli ancor più recenti sipresume che gli interlocutori siano con-temporaneamente (e non in momentidiversi) emittenti e riceventi durantel’interazione: diventa difficile quindiisolare un singolo atto di comunicazioneda ciò che lo precede e ciò che lo segue(13).

VOL. 8 N. 3 GENNAIO 2007 SCIENZA RIABILITATIVA 9

LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE: DAL TU CURE AL TU CARE G. CAPALDO

LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE

Page 6: LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE -  · PDF filecendo in una crescente sfiducia, che arri-va al risentimento e sfiora talvolta l’osti-lità, e che si manifesta con quello che

Riassumendo ed esemplificandoalcune caratteristiche della comunicazio-ne umana possiamo ricordare che:- Non si può non comunicare. Anche il

silenzio, il ritrarsi, l’immobilità sonoessi stessi una forma di comunicazio-ne ed influenzano gli altri interlocuto-ri che non possono non rispondere aquesti segnali verbali e/o non verbali.

- Gli scambi di comunicazione sono osimmetrici o complementari, a secon-da che siano basati sull’uguaglianza osulla differenza. Si ha interazione sim-metrica, caratterizzata dall’uguaglian-za, quando il comportamento di uninterlocutore tende a rispecchiarequello dell’altro (ad esempio operatoria confronto durante una riunione d’é-quipe). Le relazioni complementari sonocaratterizzate dalla differenza esisten-te tra le persone, come nel rapportoterapeuta-paziente che è asimmetricosia per quanto riguarda il contenuto (siparla delle condizioni di salute delpaziente e non di quelle del sanitario),sia per i differenti compiti nell’intera-zione (domandare, investigare, deci-dere vs rispondere, accettare, seguire iconsigli).

- Ogni comunicazione ha un aspetto dicontenuto e un aspetto di relazione dimodo che il secondo classifica il pri-mo. Quando una persona comunicacon un’altra, il suo messaggio non èsoltanto costituito da ciò che la perso-na letteralmente dice; a questo mes-saggio letterale si accompagna infattiun’altra comunicazione, costituita dasegnali e simboli che si esprimonoattraverso altri canali. Si tratta dicomunicazione non verbale, cioè tuttoquel complesso di segnali, gesti,movimenti del corpo, posture, espres-sioni del volto, direzione dello sguar-

do, vicinanza e posizione spaziale,contatto corporeo, orientamento, tonidi voce ed altri aspetti non verbali deldiscorso, come abiti e ornamenti delcorpo che esprimono e comunicano ilvissuto emotivo, trasmettono messag-gi di relazione, regolano lo scambiocomunicativo, sostengono o sostitui-scono la comunicazione verbale. I segnali non verbali esprimono e

comunicano emozioni molto più effica-cemente di quelli verbali e forniscono unmaggior numero di informazioni: il vol-to e in particolare lo sguardo, seguiti dalcorpo e dal tono di voce, sono i piùimportanti veicoli di emozioni. In caso didiscordanza fra segnali, ad esempio neltentativo di nascondere o simulare un’e-mozione, si fa più attenzione alla com-ponente non verbale(14).

Il linguaggio del corpo è predominan-te nella trasmissione dei flussi informati-vi: secondo alcuni autori solo il sette percento di tutte le informazioni che ci arri-vano da un discorso derivano dall’usodelle parole. Il 38% ci perviene dal tonodella voce e il 55% dal linguaggio cor-poreo(15).

L’uso cosciente di questa formaespressiva diventa, dunque, per il fisiote-rapista uno strumento di lavoro.

Imparare a comunicare. Lo svilup-po di una comunicazione efficace richie-de il corretto uso e l’adeguata decodifi-cazione dei segnali verbali e non verbali.

Iniziamo col dire che, come in tutti irapporti umani, spesso il primo impattovisivo è determinante nella creazione diun giudizio categoriale generalmentemediato da strategie di pensiero euristi-che, semplificate.

Non è banale, dunque, ritenere rile-vante l’aspetto esteriore del terapista(aspetto ordinato, con indosso un camice

VOL. 8 N. 3 GENNAIO 2007 SCIENZA RIABILITATIVA 10

LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE: DAL TU CURE AL TU CARE G. CAPALDO

LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE

Page 7: LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE -  · PDF filecendo in una crescente sfiducia, che arri-va al risentimento e sfiora talvolta l’osti-lità, e che si manifesta con quello che

pulito e chiuso o una divisa regolamen-tare, con un cartellino di riconoscimento,un non eccessivo uso di monili ecc.) che,in quanto rappresentazione di cura e pro-fessionalità, può essere soggettivamentepercepito e condizionare il primo impat-to e di conseguenza il giudizio.

Lo sguardo, il tono della voce, gliaspetti non verbali del parlato, la gestua-lità, la mimica, la distanza, la postura el’orientamento interpersonale sono tuttifattori che possono influenzare la qualitàdella comunicazione.

Gli occhi, che guardano e che sonoguardati; la voce, modulata che rilassa oche stimola; le mani che parlano, esem-plificano o sottolineano; il comporta-mento nello spazio espresso dal contatto,dalla vicinanza-distanza, dall’orienta-mento (faccia a faccia, di fianco, dietrola scrivania), dalla postura (rigida, rilas-sata, che presta attenzione, seduti, in pie-di), rivela il grado di intimità e di confi-denza dell’incontro, della disponibilitàpersonale e del ruolo dei partecipanti.

Il contatto corporeo assume particola-re significato nel nostro contesto. Si èdimostrato che è il modo in cui si vienetoccati ad essere terapeutico: laddove ilcontatto di tipo tecnico-procedurale puòprovocare ulteriore stress, quello diconforto o rassicurazione si rivela bene-fico per quello che riguarda il rilassa-mento in generale e, persino, per la ridu-zione della frequenza cardiaca(16).

Importanti scuole riabilitative sottoli-neano l’importanza del contatto manualemorbido, fasciante, atto a trasmettere ilmovimento al paziente in maniera gra-duale e mai eccessiva, partecipando contutto il corpo in un movimento armonio-so e coerente in una sorta di transfertmotorio(17).

È importante ricordarsi che con ilcontatto fisico si invade lo spazio di un

altro individuo e, per quanto sia il ruolostesso del fisioterapista che istituziona-lizza tale funzione, esiste sempre un piùo meno velato e atavico riserbo nell’of-frirsi inermi all’altrui tocco.

Il primo passoper una efficientecomunicazioneverbale, consistenel saper ascolta-

re. Per ascoltare si intende una funzionecognitiva ed emotiva che permette dicapire cosa ci è stato detto, diversamentedall’udire che è un atto fisico di sempli-ce riconoscimento di suoni. L’ascolto,dunque, non è una funzione passiva neiprocessi di comunicazione: nell’ascolta-re gli altri occorre una reale volontà dicapire e di mettersi dal loro punto divista.

Quanto più diventa un processo attivoed empatico che indica attenzione all’al-tro, cui viene dato sufficiente tempo espazio per esprimersi, tanto più si perce-piscono i messaggi con esattezza e com-pletezza, evitando distorsioni dell’infor-mazione.

Questo è un punto chiave in quel pro-cesso fondamentale di valutazione delpaziente che corrisponde all’anamnesi:non a caso si parla di “raccogliere” e nondi “fare” l’anamnesi.

Bisogna essere pronti e vigili nell’ac-cogliere ciò che il paziente attraverso unsuo procedimento di reminiscenza ci staoffrendo.

Secondo Platone il processo attraver-so cui si impara e si conosce è il ricordo,la memoria: anamnesis appunto.

Relativamente al linguaggio è chiaroche affinché la comunicazione sia effica-ce il messaggio trasmesso deve esserecapito e ricordato dal paziente: la manca-

VOL. 8 N. 3 GENNAIO 2007 SCIENZA RIABILITATIVA 11

LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE: DAL TU CURE AL TU CARE G. CAPALDO

LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE

Page 8: LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE -  · PDF filecendo in una crescente sfiducia, che arri-va al risentimento e sfiora talvolta l’osti-lità, e che si manifesta con quello che

ta comprensione, dovuta ad esempio dal-l’uso di un linguaggio troppo tecnico onon adeguatamente tarato sul livello del-l’interlocutore porta a non memorizzare,all’insoddisfazione e alla non adesione altrattamento (18). Non è da escludere, inol-tre, che l’uso di un linguaggio eccessiva-mente specialistico sia da ascrivere allavolontà del terapeuta, più o meno consa-pevole, di rimarcare il proprio ruolodominante o di nascondere la propriaincapacità di fornire risposte conformialle esigenze del paziente.

Fornire spiegazioni al paziente, usareprevalentemente domande aperte(“Dove ha male?” piuttosto che “Hamale qui?”), rispondere a quesiti anchesolo abbozzati (“Mi sembra di avercapito che volesse chiedermi…”), usarefrasi empatiche (“Capisco che questopossa preoccuparla…”), coinvolgenti(“Secondo lei, qual è la difficoltà chedovremmo risolvere prima…”), chiarifi-canti (“Mi spieghi meglio…”), sinossi-che (“Dunque, ricapitolando lei dovràstare attento a…”) portano a compren-dere il punto di vista dell’altro e consen-tono l’inizio di un soddisfacente proces-so relazionale con il paziente.

Conclusioni. L’evoluzione da unarelazione impostata sull’offerta di aiutoda parte del terapeuta ad una basata sul-l’offerta di conoscenza individua ilpaziente come entità autonoma e respon-sabile che ricorre all’operatore comefonte esperta di informazioni, per giun-gere a una comprensione condivisa delproblema e alla sua soluzione.

Questo è un processo inarrestabile,alimentato dalla diffusione e dalla faci-lità di accesso all’informazione medicache favorisce una cultura spicciola dinozioni frammentate, un “sapere igno-rante”, con cui comunque il terapeuta si

deve confrontare senza avere più la pos-sibilità di infantilizzare il paziente conl’imposizione di inspiegabili e inspiegatidogmi terapeutici.

È utile favorire l’autonomia delpaziente e non la sua dipendenza dall’o-peratore, associandolo al trattamentonon come recettore passivo e subordina-to come in passato, ma sempre più comeimpegnato collaboratore dell’azione delsanitario.

In questo i fisioterapisti, come glialtri professionisti sanitari della riabilita-zione, sono in vantaggio sui colleghimedici: i fili della comunicazione, cheper il medico sono un ambizioso proget-to da ricollegare, per il fisioterapista nonsi sono mai interrotti.

Il rischio, se mai, è che in un ingenuotentativo di crescita professionale qual-che Collega in crisi di identità imbocchila strada già percorsa dal medico dell’ec-cessivo tecnicismo, allontanandosi cosìdagli aspetti comunicativo-relazionaliche sono parte integrante del progettoriabilitativo.

VOL. 8 N. 3 GENNAIO 2007 SCIENZA RIABILITATIVA 12

LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE: DAL TU CURE AL TU CARE G. CAPALDO

LA RELAZIONE CON IL PAZIENTE

BIBLIOGRAFIA

1) Balint M. Medico, paziente emalattia. Feltrinelli, Milano1970

2) Shorter E. La tormentata storiadel rapporto medico- paziente.Feltrinelli, Milano 1986

3) Tarquini B. Il nuovo RasarioSemeiotica e Metodologia Medi-ca. Idelson, Napoli 2005

4) Satolli R., Per la medicina in cri-si un rimedio: l’informazione,Telema, 3, 1997

5) Lemoine P. Le mystère du place-bo Editions Odile Jacob, Paris,1996

6) Spiegel D., Effect of psychoso-cial treatment on survival ofpatients with metasatic breastcancer, Lancet, 1989 pp. 888-90

7) Helman C., Culture, health andillness, Butterworth, Oxford,1990

8) Lemoine P. http://www.med.u n i v - r e n n e s 1 . f r / r e s p e d /cours/pharmaco/placebo.htm

9) Il Nuovo Zingarelli – Vocabo-lario della lingua italiana

10) Hollender M.H., The psychologyof medical practice, Saunders,Philadelphia, 1958

11) Rosner F. Patient noncompli-ance: causes and solutions MtSinai J Med. 2006Mar;73(2):553-9. Review

12) Watzlawick P, Beavin JH, Jack-son DD. Pragmatica della comu-nicazione umana. Roma: Astro-labio 1971

13) Galimberti C. La conversazione.Milano: Guerini, 1992.

14) Palmonari A., Cavazza N., Rubi-ni M., Psicologia sociale.Bologna: Il Mulino, 2004

15) Thiel E., Die Körpersprache ver-rät mehr als tausend Worte.Milano: Armenia, 1987

16) Weiss S.J. Psychophysiologiceffects of caregiver touch onincidence of cardiac dysrhyth-mia. Heart Lung 1986; 15: 495-506.

17) Monari G., Facilitazioni Neu-rocinetiche Progressive. Milano,EdiErmes, 2004

18) Ley P. Communicating withpatients. London: Creem Helm,1988