LA PREVIDENZA FORENSE - Cassa Nazionale di Previdenza e ... · di Paolo Rosacon osservazioni...
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2 maggio-agosto
2011
LA PREVIDENZA FORENSEQUADRIMESTRALE DELLA CASSA DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE
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LA PRESCRIZIONE BREVE
SIAMO 216.728
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Numero chiuso in redazione il 4 agosto 2011Finito di stampare il mese di agosto 2011
Sped. in Abb. Post.D.L. 353/2003 conv.
L. 46/2004, art. 1 c. 1, DCB Roma
In copertina:I pittori astrattisti
Paul Klee
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LA PREVIDENZA FORENSEQUADRIMESTRALE DELLA CASSA DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE
EDITORIALEUn sistema previdenziale virtuoso per una professione autonoma ed indipendente di Alberto Bagnoli 98In omaggio a Raffaele Marchetti di Lucio D’Eletto 100
AVVOCATURAlibera professione
Gli Avvocati e il “Sistema giustizia”. Nuove “economie”dell’avvocatura: quale previdenza? di Marco Ubertini 102Più ombre che luci per la riforma dell’ordinamento professionaledi Maurizio de Tilla 105Sciopero ergo sum di Alarico Mariani Marini 109
convegniIl primo rapporto delle Camere civili sull’Avvocatura italiana1) L’introduzione al tema del Convegno di Renzo Menoni 1122) Implicazioni previdenziali di Marcello Colloca 115
accesso alla professioneIl nuovo apprendistato nelle libere professionidi Paolo Rosa con osservazioni di Leonardo Carbone 119
i dibattitiSi discute ancora degli “abogados” di Sara Uboldi 122
deontologiaPrivacy 2011 – Il Garante e l’informazione giuridicadi Giuliano Berti Arnoaldi Veli 126Il divieto della pubblicità comparativa di Carlo Martuccelli 130
il processo penaleLa prescrizione breve di Valerio Spigarelli 133
l’opinioneLa “convivenza”: un fenomeno sociale non identificabilein una fattispecie legale. Le coppie di fattodi Giuseppe Orsini 135
PREVIDENZAl’opinione
Il principio solidaristico nella Previdenza forensedi Leonardo Carbone 139
l’informazioneProspetto iscritti ad albi, elenchi e registri al 31.12.2010 Siamo 216.728 commento a cura di Giovanna Biancofiore 144Sintesi della disciplina delle sanzionicommento a cura di Michele Proietti 158Il codice disciplinare della Cassa Forensea cura di Giovanni Ceriello 163
GIURISPRUDENZA PREVIDENZIALELa prescrizione dei contributi Sentenza n. 783 del 29 giugno 2010 Tribunale di Firenzenota di Marcello Bella 174La disciplina transitoria del comma 763Ordinanza n. 15 del 10 gennaio 2011 Corte costituzionalenota di Marcello Bella 180Ricorso sulla legittimità del contributo del 3% per i redditi oltre il tettoSentenza n. 2957 del 21 maggio 2010 Tribunale di Milanonota di Roberta Sassoli 183La cancellazione del praticante abilitatoSentenza del 31 luglio 2009 Tribunale di Lancianonota di Giuliano Berti Arnoaldi Veli 187Il contenzioso in merito alla polizza sanitaria di Cassa ForenseTAR Lazio 14 febbraio 2011. Assicurazioni Generali/Cassa Forense/Unisalute nota di Paolo Rosa 189
Sulla spinta del progressivo invecchiamento della po-polazione, ovvero del benefico allungamento della du-rata di vita, tutti i sistemi pensionistici, pubblici e pri-vati, hanno dovuto affrontare la questione della lorosostenibilità finanziaria a lungo termine come priorita-ria nella loro azione riformatrice.L’urgenza degli interventi necessari è stata di recentesottolineata dall’aggravarsi di una crisi economica ge-nerale, che ancora oggi non accenna a stabilizzarsi ecomunque non lascia presagire un rapido migliora-mento della situazione complessiva.L’accento si è spostato quindi in una maggiore attenzio-ne al tema della adeguatezza, soprattutto prospettica,delle prestazioni, ed a quello della ricerca di un disegnoottimale del sistema previdenziale nel lungo periodo.Dovendosi convenire che non è immaginabile un mo-dello ideale di sistema che garantisca oggi ed in futuroa tutti i lavoratori un reddito di pensione adeguato esostenibile, nell’ottica predetta sono generalmentecondivise alcune tendenze riformatrici, come doveroseper il raggiungimento degli obiettivi prefissati, pur nelrispetto della specificità delle singole categorie.Tali sono essenzialmente aumento della età pensiona-bile, disincentivo al pensionamento anticipato, rap-porto del trattamento pensionistico alla media delleretribuzioni percepite durante l’intera vita lavorativa,limiti al pensionamento precoce, flessibilità dellacontribuzione, parificazione dei trattamenti per uomi-ni e donne.Orbene, senza voler peccare di presunzione, l’Avvoca-tura – alla quale è stato riservato dal legislatore un si-stema previdenziale privato, fondato sul principio soli-daristico, dotato di autonomia finanziaria e gestionale,sotto vigilanza governativa – ha già ispirato la suaazione riformatrice tramite la sua Cassa di previdenzaalle linee di tendenza su richiamate, anticipando moltealtre istituzioni, anche pubbliche.
La recente riforma strutturale (secondo la definizioneministeriale), entrata in vigore nel 2010, infatti, si ca-ratterizza principalmente per l’aumento a 70 anni del-l’età pensionabile (a partire dal 2021), la riduzionepercentuale del trattamento in caso di anticipazione fi-no a 65 anni, l’estensione del periodo di riferimento adalmeno 30 per il calcolo pensionistico, l’inasprimentodei requisiti per la pensione di anzianità (ferma rima-nendo la cancellazione dall’albo), l’introduzione dellaquota modulare di pensione (con contribuzione volon-taria aggiuntiva fino al massimo del 9% del redditopensionabile).Questi interventi – accompagnati da un incrementocontenuto della contribuzione soggettiva (fino al 14%)ed integrativa (fino al 4%) – hanno consentito il rag-giungimento dell’obiettivo della sostenibilità finanzia-ria quarantennale (come da bilancio attuariale al31.12.2009), oltre a quello della sufficiente solidità delsistema a garanzia dell’erogazione delle prestazionidovute, corroborato da una corretta gestione patrimo-niale e da un sensibile contenimento dei costi.Tali basi inducono quindi a programmare per la no-stra categoria professionale un’ulteriore fase di inter-venti, vieppiù necessaria, per fronteggiare le emergen-ze reddituali ed il fabbisogno di perequazione interge-nerazionale, nella prospettiva della maggiore adegua-tezza delle prestazioni. Va affrontato in primis lo svi-luppo degli istituti di c.d. welfare, ponendo mano adun nuovo regolamento dell’assistenza, con possibilitàdi sostegno alle componenti più deboli, ed a forme piùcomplete di tutela sanitaria; va riconsiderato in ter-mini sistematici il trattamento delle donne avvocato,che sono ancora fortemente penalizzate in termini red-dituali e di conseguenza lo saranno all’atto del pen-sionamento.In sostanza occorre rimodulare gli istituti caratteristi-ci della solidarietà endocategoriale, che qualifica il
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Un sistema previdenziale virtuoso per una professione autonoma ed indipendente
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nostro sistema di sicurezza sociale, fermo rimanendo ilcostante monitoraggio della spesa al fine di garantireil rispetto del principio dell’equilibrio di bilancio nellungo termine.Sullo sfondo si impone poi una riflessione definitivasulla questione della unicità della posizione previden-ziale dell’avvocato (escludendo altre gestioni) e, quin-di, della obbligatorietà dell’iscrizione alla nostra Cas-sa per tutti gli iscritti all’albo. Ma se per ben gestire l’ente previdenziale bisogna co-stantemente preoccuparsi di due variabili tipiche delsistema, che sono quella demografica e quella econo-mica, oggi al nostro interno c’è più che da essere al-larmati da una terza variabile, quella normativa, cheha improvvisamente intrapreso una direzione che ri-schia di scardinare anche i capisaldi della previdenzaprofessionale privata.Trattasi della oggi ventilata liberalizzazione delle pro-fessioni, che – ispirandosi impropriamente al principiodi libertà d’impresa – in realtà attenta all’autonomiaed indipendenza proprie delle libere professioni, purregolamentate nella prospettiva della tutela degli inte-ressi collettivi.Anche la nostra categoria è direttamente coinvolta, in-giustamente accusata di essere tra i responsabili mag-
giori della drammatica crisi del sistema giustizia, lad-dove costituisce uno dei soggetti più colpiti nella qua-lità e redditività del lavoro quotidianamente svolto dauna disciplina disorganica del processo e da una di-sorganizzazione delle strutture, addebitabili unicamen-te ai titolari della funzione pubblica.Gravissime sarebbero le ricadute negative che potreb-bero derivare sul sistema previdenziale da una deregu-lation che lasci l’Avvocatura abbandonata al poteredelle forze economiche e politiche, che da tempo pocohanno operato per la crescita dello sviluppo nel nostroPaese.Ed allora l’impegno unitario di tutti i soggetti istituzio-nali ed associativi della nostra categoria dev’esserequello della difesa ad oltranza dell’autonomia ed indi-pendenza della professione e del suo sistema previden-ziale, affinché si possa portare a conclusione quel pro-cesso di modernizzazione e di responsabilizzazione giàavviato all’interno del proprio ordinamento, ispiratoprincipalmente al miglioramento della qualità del ser-vizio agli utenti nella difesa dei diritti, costituzional-mente garantita.Tradizione e modernità restano i pilastri della profes-sione forense che concorre a mantenere saldo il gradodi democrazia nel nostro Paese.
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Martedì 10 maggio, è sera. Una serata finalmentedolce, accarezzata da un vento leggero.Sono appena tornato da Giulianello, dove i funeralidi Raffaele si sono appena conclusi.Sono ancora commosso e stordito dallo straordinarioconcorso di tantissimi “concelebranti” il rito dell’addio.Il feretro giunge nella piazza gremita quasi sospintodalla marcia intonata dalla Banda creata dal papà diLui.Il rito religioso si svolge là dove tante volte lui si ècimentato nella politica, nell’arte, nei canti, nei suo-ni: insomma a casa Sua.Don Eugenio, Suo grande amico, l’officia e pronun-cia un’omelia commossa con toccanti riferimenti al-la Sua giovinezza, alla famiglia, alla professione, al-la Sua vita sociale.Il rito civile prende l’avvio dalla struggente malinco-nia di un “saltarello” che si sprigiona dall’organettodel Suo grande amico Ambrogio Sparagna e che suo-na come un invito ad aprire le “danze” degli addii,dei ricordi, dei ringraziamenti, delle lacrime, come sefossimo sull’aia dopo la mietitura.Dalle “cicoriare” si alza il canto delle “Donne dellaPassione” da Lui riscoperto e fatto conoscere in tan-ti paesi, che diffonde nella piazza un senso di stra-ziante dolore per la morte del Figlio.E poi via via la freschezza del cantore improvvisato“in ottava rima”, la commozione del “Pasquel-latore”, amici di serate trascorse con Lui in questapiazza, l’emozione trasmessa dai membri dell’asso-ciazione “Terra Madre Slow Food” da Lui rappre-sentata nel nostro territorio, il sincero affetto degliamici “di casa”, l’elogio dei Presidenti dell’Ordine edella Cassa Forense, il gesto eloquente del Sindaco,Suo allievo ed amico, che depone la fascia tricoloresulla bara accanto alla Sua Toga, simbolo della Av-vocatura.
Insomma una vera e propria “sagra” che ha coinvol-to in un unico afflato il sentire di tutti, grati al figliodi questa terra contadina per come l’aveva amata,onorata e persino difesa nella vittoriosa battaglia del“Lago di Giulianello”.“La cultura della comunità di pastori e dei contadiniche hanno abitato la conca che si diparte dal LatoSud del Vulcano laziale e che con Lariano e Giulia-nello raggiunge le propaggini dei monti Lepini nelleprovince di Roma e Latina”, come si esprimeva Luistesso in quelle “Note di viaggio” che accompagna-vano un bellissimo “ensemble” musicale di cui mi fe-ce dono qualche anno fa.Era fiero Raffaele del suo mondo contadino e ne rac-coglieva con amore le tradizioni perché non si per-desse la memoria delle vite passate “piene di sogniper la vita futura” come amorevolmente commentavala grande Sua amica Giovanna Marini (in questi can-ti c’è un filo contiguo lungo, inarrestabile, che ridàfiducia e serenità).Quanta modernità c’è in quel “Siamo di Giulianello esiamo donne. Andiamo in guerra senza portà l’arme,siamo più forti noi delle colonne …”!Credevo di conoscere Raffaele per la comune ultra-trentennale professione forense, per un ventennalesodalizio di idee e di opere all’interno del Consigliodell’Ordine degli Avvocati, per essere addirittura di-rimpettai (con gli studi).Ma solo oggi, al suo funerale parimenti religioso elaico, ho avuto la misura completa della Sua perso-nalità.Laico e pio, colto e schivo, professionista e figlio del-la Terra-Madre, ecco l’ossimoro Raffaele.E tutte le componenti oggi erano rappresentate, tuttecollegate alla Sua persona, al bene che si era fatto vo-lere ed a quello (tanto di più) che aveva loro voluto.Un senso di meraviglia mi coglie dinanzi ad una
In omaggio a Raffaele Marchettidi Lucio D’Eletto
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Morte che disvela una Vita e mi sovviene un cantoantichissimo che Lui mi fece ascoltare: è il canto em-blematico dell’epilogo della giornata (terrena):“E me ne vengo pianino pianino
te vengo a riverì col core in manoe me ‘nginocchio a lo primo scalinoe me ‘nginocchio e te chiedo perdono”.Addio Raffaele.
AAVVOCATURAlibera professione
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Gli Avvocati e il “Sistema giustizia”.Nuove “economie” dell’avvocatura:quale previdenza?
di Marco Ubertini
Il rapporto Istat 2011 intitolato “La situazione delPaese nel 2010” ha fotografato lo stato dell’economiaitaliana rilevando una situazione a dir poco preoccu-pante.La disoccupazione giovanile, riferita alla fascia di etàcompresa tra i 15 e i 24 anni, ha raggiunto a gennaioil 29,4%, il dato più alto dall’inizio delle serie storicheadottate dal 2004. Questo è quanto ha reso noto l’Istat,sottolineando che a dicembre 2010 la disoccupazionegiovanile era al 28,9%, mentre i disoccupati a gennaiosono pari all’8,6% per il terzo mese consecutivo. Ri-spetto al 2010 si registra l’ulteriore crescita di giovanidisoccupati … o con lavori precari. Gli avvocati perònon compaiono nella statistica.È forse perché stanno bene, è perché essendo ormai av-vocati, sono considerati tra i fortunati che hanno rag-giunto la meta e la piena occupazione?No. È semplicemente perché secondo l’Istat i lavorato-ri autonomi, i liberi professionisti e quindi gli avvoca-ti sono considerati “impresa”. Si legge infatti a pag.390 del rapporto, che “tra le imprese sono comprese:le imprese individuali, le società di persone, le societàdi capitali, le società cooperative, le aziende speciali dicomuni o province o regioni. Sono considerate impreseanche i lavoratori autonomi e i liberi professionisti”.Ecco perché tra le categorie che soffrono gli avvocatinon ci sono.È allora il caso di ricordare, colmando la lacuna la-sciata dall’Istat, che dei 216.728 avvocati iscritti agliAlbi (dati aggiornati al 31.12.2010) solo 156.934 sonoiscritti alla Cassa. Circa 60.000, per l’esattezza59.794, ci sono sconosciuti per motivi vari tra i quali,assolutamente preponderante (circa 55.000), è la man-canza del requisito del reddito minimo per l’iscrizioneobbligatoria (nel 2009 9.000,00 euro di reddito e13.500,00 euro di ricavi). Considerato che dei 156.934iscritti alla Cassa ben 38.087 hanno dichiarano reddi-
to zero o comunque inferiore a 9.000 euro se ne deveconcludere che più di 90.000 avvocati italiani dichia-rano di vivere con circa 750,00 euro al mese, pratica-mente sotto la soglia di povertà relativa che, secondol’Istat, è di poco inferiore ai 1.000 euro (come redditofamiliare), essendo oltretutto praticamente privi di am-mortizzatori sociali e di copertura previdenziale ed as-sistenziale.Insomma, quando diciamo l’impoverimento della pro-fessione non è più solo un rischio serio ma una dram-matica realtà: non raccontiamo favole.È ancora l’Istat che ci ricorda che da tempo l’Italiacresce meno del resto d’Europa. Gli avvocati non fan-no eccezione. Per un decennio si è registrata, per quan-to possano valere le statistiche, una crescita costantedei redditi medi solo in termini nominali, mentre in ter-mini reali (al netto dell’inflazione) è già da un po’ chela situazione è complicata.Negli ultimi due anni, sotto i colpi della crisi, la situa-zione è peggiorata anche in termini nominali, con unariduzione secca dei redditi dichiarati. Giusto per darel’idea, i circa 49.800 euro dichiarati mediamente dagliavvocati italiani sono uno dei valori più bassi (consi-derando l’inflazione) degli ultimi vent’anni.I nostri dati, che peraltro fotografano una realtà par-ziale, ci dicono che gli iscritti alla Cassa Forense ri-spetto agli Albi sono circa il 72% del totale. Dieci an-ni fa erano più del 75%.È chiaro che la riduzione della percentuale degli iscrit-ti alla Cassa sul totale deriva anche da una crescentedifficoltà della categoria di realizzare redditi adeguati,ma forse è il caso di tentare un’analisi di come siacambiata la professione forense negli ultimi 10 anni,del come e del perché siamo arrivati a questo punto;credo sia essenziale per individuare i rimedi prioritari,tra i quali indubbiamente ci sono il ritardo nell’appro-vazione della riforma della professione forense in ge-
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nerale, e dell’accesso in particolare, temi dei qualiparleremo anche oggi.
Come è cambiata la professione forenseSempre dai nostri dati (vedi i Numeri dell’avvocatura”edizione 2010) risulta che nel 1985, a fronte dei 48.327iscritti agli Albi 37.495 erano gli iscritti alla Cassa.Tra i circa 10.000 definiti marginali vennero alloracompresi “coloro che svolgono la professione a tempolimitato, insegnanti, rentiers, quelli che mantengonol’iscrizione per motivi di prestigio o convenienza so-ciale (altri tempi!)”.Nel 2010, venticinque anni dopo, a fronte dei 216.728iscritti agli Albi gli iscritti alla Cassa sono 156.934,ma la domanda è: i 59.794 che mancano sono ancora“coloro che svolgono la professione a tempo limitato,sono insegnanti, rentiers, o soggetti che mantengonol’iscrizione albo per motivi di prestigio o convenienzasociale”?Non credo sia più così. Ma allora chi sono?La risposta, temo, è abbastanza semplice e drammati-ca. Se la soglia di povertà relativa per una famiglia didue componenti è pari alla spesa media mensile perpersona (nel 2009 è risultata di 983,01 euro – datiRapporto Istat 2011) come definire, se non nuovo pro-letariato, quei circa 50.000 avvocati a pieno titoloiscritti agli Albi che non riescono a guadagnare 750,00euro mensili?Se il numero degli avvocati è quello che risulta dallatabella che precede, se la composizione della categoriaforense ed il suo reddito, e mi riferisco solo agli iscrit-ti alla Cassa, sono quelli che risultano dalla tabellache segue è evidente che qualche problema c’è.Se la percentuale di Colleghe iscritte alla Cassa eradel 9,2% nel 1985 ed è di circa il 42% nel 2010 e che
il reddito medio delle Colleghe iscritte alla Cassa e perogni classe d’età è di poco superiore al 50% di quellodei colleghi maschi è evidente che l’avvocatura si èprofondamente trasformata e che, forse, è il caso diporci qualche domanda, ad esempio:– il numero elevato degli iscritti può essere considera-
to uno dei problemi di fondo delle difficoltà dell’av-vocatura?
– è indispensabile pervenire ad una forma di program-mata limitazione del numero delle iscrizioni agli Al-bi o è sufficiente un controllo più rigido nella proce-dura per l’abilitazione all’esercizio professionale?
– se e quale incidenza ha il numero degli avvocati sul-la funzionalità della “azienda giustizia”?
Qualcuno penserà: ma che domande sono … scopril’acqua calda.Sì, è vero, sono domande vecchie, ma sono le stesseche ci facemmo a Bologna nel novembre 1986, allaprima, e rimasta unica, “CONFERENZA NAZIONA-LE DELLA GIUSTIZIA”, quando iscritti agli Albieravamo 48.327 compresi i 10.000 definiti a tempo li-mitato, insegnanti, rentiers, quelli che mantengonol’iscrizione per motivi di prestigio o convenienza so-
Evoluzione degli avvocati. Distribuzione Uomo Donna
AnnoAvvocati iscritti agli Albi Avvocati iscritti alla Cassa
Totale iscritti Uomini Donne % Donne Totale iscritti Uomini Donne % Donne
1985 48.327 43.881 4.446 9,2% 37.495 34.045 3.450 9,2%
1989 53.027 47.459 5.568 10,5% 40.718 35.832 4.886 12,0%
1999 109.818 75.335 34.483 31,4% 82.637 60.080 22.557 27,3%
2005 168.453 121.766
2009 208.000 115.705 92.295 44,4% 152.089 90.116 61.973 40,7%
2010 216.728 156.934
* Situazione riferita al 31/10/2010
Reddito professionale e volume d’affari dichiarato dagli iscritti alla Cassa per l’anno 2009 (Mod. 5/2010 pervenuti al 31/10/2010)
Reddito Irpef medio
Classi di età Donne Uomini Totale
24-29 € 13.561 € 19.400 € 15.970
30-34 € 18.031 € 27.460 € 22.034
35-39 € 24.373 € 40.376 € 31.691
40-44 € 31.531 € 60.098 € 46.870
45-49 € 37.278 € 78.783 € 63.152
50-54 € 47.911 € 92.461 € 88.577
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le al minimo in ottemperanza del principio di solida-rietà intergenerazionale.Temo però che da sola ben poco potrà fare per quei60.000 colleghi che non hanno l’obbligo di iscriversialla Cassa. È un problema del quale l’intera avvocatu-ra, pena l’abbandono del principio della solidarietàintercategoriale da sempre vanto della classe forense,dovrà farsi carico. È un problema del quale dovrà far-si carico il Parlamento, magari approvando finalmen-te la riforma dell’ordinamento professionale che atten-diamo da troppi anni.È un problema del quale dovrà farsi carico il Paese,magari facendo funzionare quel “servizio giustizia” lacui inefficienza, da anni oggetto delle vane rampognedel Comitato dei Ministri d’Europa, oltretutto costa al-l’Italia, parole della scorsa settimana del GovernatoreDraghi, l’1% del PIL, vale a dire circa 16 miliardi dieuro all’anno.
ciale. Ora siamo 216.728 e 59.794 di questi li defi-niamo “proletari”.Non è che tutte le colpe siano nostre, ma molte ne ab-biamo, almeno quelli della mia generazione. Forse è ilcaso di darci urgentemente qualche risposta che mi au-guro venga dai prossimi interventi. È essenziale nonsolo per l’Avvocatura futura alla quale Cassa Forensedeve garantire una pensione, ma anche per l’Avvocatu-ra passata, e per quella che sta passando, quella allaquale Cassa Forense deve garantire le prestazioni con-trattualmente promesse.
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Nuove “economie” dell’avvocatura: quale previdenza?Cassa Forense, grazie ai contributi versati dagli iscrit-ti ed al suo patrimonio, può garantir loro le prestazio-ni contrattualmente promesse, se del caso adeguando-
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Osservazioni sulla riformadell’ordinamento della professione forenseIl testo varato dal Senato, che in al-cune parti si discosta dal testo origi-nario predisposto dall’Avvocatura,contiene un complesso di norme chenon possono non raccogliere il con-senso dell’OUA, salvo alcune corre-zioni anche sostanziali qui di segui-to indicate.
1. Sono anzitutto da condividere gliarticoli che riguardano la riservadella consulenza legale (art. 2, com-ma 6), i minimi di tariffa (art. 12), ildivieto del patto di quota lite (art.12, comma 7), l’esclusione di socidi capitale nelle società tra avvocati(art. 4).Le predette norme sono in linea conla posizione del Parlamento europeoche, con risoluzione 23 marzo 2006,ha riaffermato il pieno riconosci-mento della “funzione cruciale eser-citata dalle professioni legali in unasocietà democratica, al fine di ga-rantire il rispetto dei diritti fonda-mentali, lo stato di diritto e la sicu-rezza nell’applicazione della legge,sia quando gli avvocati rappresenta-no e difendono i clienti in tribunale
che quando danno parere legale ailoro clienti”.Il Parlamento europeo è partito dal-la duplice considerazione “che laprotezione adeguata dei diritti uma-ni e delle libertà fondamentali, cuiha diritto ogni persona, nel campoeconomico, sociale; culturale, civilee politico, richiede che ogni personaabbia effettivo accesso ai servizi le-gali forniti da una professione lega-le indipendente” e che “qualsiasiriforma delle professioni legali haconseguenze importanti che vannoal di là delle norme della concorren-za incidendo nel campo della li-bertà, della sicurezza e della giusti-zia e in modo più ampio, sulla pro-tezione dello stato di diritto nell’U-nione europea”.In realtà l’approccio comunitariospecifico per la professione forenseappare legato all’interesse generaleal servizio e alla funzione socialeaccanto alla particolare rilevanzadella salvaguardia degli interessi delconsumatore e quindi della concor-renza, in un bilanciamento che man-tenga ferma la funzione esercitatadalle professioni legali per il rispet-to dei diritti fondamentali.Le indicate norme del testo di rifor-
ma sono in linea con la Direttiva n.36 del Parlamento europeo e delConsiglio del 7 settembre 2005, ri-guardante il riconoscimento dellequalifiche professionali. In tale di-rettiva non vi è alcun cenno alla na-tura di impresa dei professionisti.Anzi è detto espressamente che leregole europee delle professioni in-tellettuali non impediscono che unoStato membro imponga, a chiunqueeserciti una professione nel suo ter-ritorio, requisiti specifici motivatidall’applicazione delle norme pro-fessionali giustificate dall’interessepubblico generale. Va inoltre richia-mata la successiva Direttiva (n. 123CE, del 12 dicembre 2006) relativaai servizi nel mercato interno e inparticolare, l’art. 24, comma 2, cheprevede che gli Stati membri devo-no fare in modo che le comunica-zioni che emanano dalle professioniregolamentate ottemperino alle re-gole professionali riguardanti l’indi-pendenza, la dignità e l’integritàdella professione. Come si fa, quin-di, ad escludere la dignità di unaprofessione, per esempio, dalla de-terminazione delle tariffe professio-nali che sono strettamente inerentialla qualità della prestazione.
Più ombre che luci per la riforma dell’ordinamento professionaleLa discussione alla Camera sulla proposta di legge per l’ordinamento professionale è inspiegabilmente ferma. Il testo approvato in Senato
è accettabile, mentre le modifiche apportate nella iniziale discussione alla Camera appaiono deludenti: il testo è stato in gran parte privato delle norme
che più servirebbero a caratterizzare una nuova professionalità dell’avvocato.Qui vengono indicati i principi che la nuova legge dovrebbe contenere.
di Maurizio de Tilla
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libera professione
AAVVOCATURAlibera professione
Le professioni rientrano nella sferadel lavoro intellettuale e le istituzio-ni degli avvocati hanno una funzio-ne di tutela pubblica.
2. La riforma dell’ordinamento del-la professione forense deve essereimprontata a modernità, selezione erigore.Il testo approvato dal Senato ha eli-minato alcune norme previste nellaversione originaria liberalizzandol’accesso agli albi che già sono so-vraffollati con la presenza di n. 230mila avvocati.Le norme che vanno ripristinate so-no le seguenti:A. La previsione che includeva tra i
requisiti per la iscrizione all’alboquello di “aver superato l’esamedi abilitazione non oltre cinqueanni antecedenti la data di pre-sentazione della domanda diiscrizione”.
B. La norma che prevedeva che l’e-same di stato per l’abilitazioneall’esercizio della professione diavvocato può essere sostenutosoltanto dal praticante avvocatoche abbia effettuato il tirocinioprofessionale, “che non abbiacompiuto cinquanta anni alla da-ta di scadenza del termine previ-sto per la presentazione della do-manda di partecipazione e cheabbia superato la prova di sele-zione informatica di cui all’art.45, (da ripristinare nel suo testooriginario)”.
C. La norma che prevedeva tra leipotesi di cancellazione dal regi-stro dei praticanti quelle del“compimento del cinquantesimoanno di età”.
In aggiunta, sempre sotto l’esigenzadel rigore e della selezione, vannomodificati i seguenti articoli del te-sto licenziato dal Senato:
a. Va eliminato il comma 1 dell’art.8 (sulle specializzazioni) che sta-bilisce che “gli avvocati alla datadi entrata in vigore della presentelegge risultano iscritti all’albo daalmeno dieci anni sono dispensa-ti dalla frequenza dei corsi di cuial co. 6 e sono autorizzati a quali-ficarsi con il titolo di specialistain una o più discipline giuridicheprevio superamento dell’esame dicui al comma 3”.
b. Va modificato l’art. 20 nel sensoche vi sia equiparazione con le re-gole della Cassa Forense dei cri-teri e delle modalità per l’indivi-duazione dell’esercizio effettivo,continuativo e prevalente dellaprofessione, con esecuzioni e mo-difiche di equità.
c. Va modificato l’art. 21 nel sensodi fissare regole più restrittive perl’iscrizione e la permanenza nel-l’albo speciale per il patrociniodavanti alle giurisdizioni superio-ri. La norma stabilita nel testo delSenato incide molto poco sul-l’affollamento dell’elenco dei pa-trocinanti in Cassazione (sonooggi più di 40 mila).
d. Vanno eliminate le iscrizioni di di-ritto stabilite nell’art. 2 (comma 3).
3. Il rigore delle regole della riformadell’ordinamento forense non puòprescindere dal numero program-mato dalle facoltà di giurisprudenzaalla professione di avvocato.Abbiamo nel nostro Paese un tessu-to universitario contraddittorio edopaco. Esistono facoltà universitarieche, nonostante offrano forti possi-bilità di impiego dopo la laurea, nonhanno iscritti o ne hanno pochi; al-tre facoltà che, invece, hanno adot-tato il numero chiuso, in quanto ilmercato del lavoro non è in grado diassorbire tanti laureati e, quindi,
tanti professionisti per quella disci-plina; altre facoltà, infine, che han-no iscrizioni illimitate e sbocchi la-vorativi contenuti. Ebbene, nei pun-ti essenziali per la riforma della pro-fessione di avvocato l’Oua ha chie-sto che sia inserito il numero chiusonelle facoltà di giurisprudenza. Aciò si dovrebbe aggiungere il nume-ro programmato dei laureati per iltransito, previo concorso, dall’uni-versità alla professione, come acca-de in Francia. In questo paese, infat-ti, dopo la laurea è previsto un cor-so universitario annuale integrativoche indirizza verso la professione diavvocato e prepara, quindi, i neolau-reati ad entrare, con un rigoroso esa-me di accesso, nella scuola di for-mazione forense gestita dall’avvo-catura francese. Vi entrano dai 2 mi-la ai 3 mila laureati all’anno. LaFrancia ha un numero di abitanti si-mile al nostro, ma conta circa 45mila iscritti all’albo degli avvocati eha ottenuto siffatta selezione parten-do proprio dall’università e dall’ac-cesso alle scuole di formazione.In linea con quanto esposto va datoatto che giornali, opinione pubblicae settori autorevoli della politicahanno condiviso la necessità di as-sumere iniziative legislative percombattere il sovraffollamento dialcune professioni in Italia, tra lequali figura al primo posto la pro-fessione forense. Non è possibilevarare una credibile riforma dellaprofessione conservando lo stessonumero di laureati che hanno dirittoall’accesso. Bisogna, al contrario,studiare una riforma che elevi nonsolo la preparazione – e quindi mi-gliori tutto il settore inerente la for-mazione – ma anche il livello meri-tocratico. Non è ammissibile, infat-ti, che vi sia nell’albo forense il 40per cento di disoccupati intellettuali
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– questa è la cifra per la professionedi avvocato – e un precariato deter-minato dall’università che consentel’ingresso indiscriminato alimentan-do aspettative che vengono sistema-ticamente deluse. Abbiamo, infatti,un precariato professionale che, co-me qualcuno ha detto, è sottratto,con artificio, nelle statistiche alla di-soccupazione generale, in quanto siritiene, a torto, che chi è iscritto al-l’albo forense sia una persona chesicuramente lavora. Si pensi che frale richieste avanzate per diventaregiudici onorari e giudici di pace cisono 40 mila domande presentate daavvocati. Quanto all’Europa, sia ladirettiva qualifiche (c.d. Zappalà)sia la direttiva servizi prevedonouna normativa che stabilisce, per leprofessioni e in particolare per gliavvocati, rigore e selettività.
4. L’art. 1 del testo del Senato pre-vede che:“L’ordinamento forense, stante laspecificità della funzione difensiva ein considerazione della primaria ri-levanza giuridica e sociale dei dirit-ti alla cui tutela essa è preposta:a. …b. Valorizza la rilevanza sociale ed
economica della professione fo-rense, al fine di garantire in ognisede, in attuazione degli artt. 3 e24 della Costituzione, la tuteladei diritti, delle libertà e della di-gnità delle persone”.
La norma è puntuale ma non è suf-ficiente.Va, infatti, prestata la giusta atten-zione alla importante funzione del-l’avvocatura nell’ambito della giuri-sdizione.La presenza dell’avvocato nei pro-cessi va configurata come strumen-to per porre rimedio alle naturali di-sparità delle parti. L’ufficio dell’av-
vocato è, quindi, essenzialmenteuna funzione, non solo dal punto divista giuridico, ma politico e socia-le, perché stando tra le parti e i giu-dici gli avvocati costituiscono l’ele-mento fondamentale attraverso ilquale i rapporti fra l’amministrazio-ne della giustizia e i cittadini posso-no migliorare, crescendo da un latol’autorità, dall’altro la fiducia.Il corretto funzionamento del siste-ma della giustizia dipende non solodall’assetto dell’apparato e dei mez-zi che sono assegnati a tale compito,ma anche dall’indipendenza e dairapporti equilibrati tra giudici e av-vocati.Riguardo a quest’ultimo aspetto Ca-lamandrei ricordava che: “i buonigiudici fanno i buoni avvocati e vi-ceversa: i magistrati che disprezza-no i difensori, disprezzano se stessi;ma gli avvocati che non rispettanola dignità del magistrato offendonola dignità della toga”.Da queste affermazioni discendeche entrambi i soggetti (avvocati emagistrati) sono i protagonisti dellagiurisdizione. Ogni scelta di modifi-ca fondamentale o di riforma del si-stema giudiziario, sia per gli aspettiordinamentali che per quelli mera-mente processuali, deve necessaria-mente passare attraverso un dialoga-to confronto e la partecipazione del-le due componenti (avvocatura emagistratura) attraverso i propri or-ganismi rappresentativi. Il processoe gli ordinamenti della magistraturae dell’avvocatura sono settori assaidelicati che presuppongono il con-senso dei protagonisti, nonché unbuon funzionamento dell’apparato.In quest’ambito si colloca la propo-sta dell’Organismo Unitario del-l’Avvocatura che chiede l’inseri-mento nel titolo IV della Costituzio-ne di alcune norme specifiche e l’al-
largamento dell’ambito a tutti i sog-getti della giurisdizione, compresal’Avvocatura.È stato opportunamente detto chel’avvocato entra nel processo qualeresponsabile della giurisdizione uni-tamente al giudice. Nel processol’avvocato diventa il depositario el’affidatario della quota di sovranitàappartenente alle parti processualiche non possono restare nella totaledisponibilità del giudice. È questauna delle applicazioni di quel prin-cipio di solidarietà orizzontale nel-l’esercizio delle funzioni pubblicheche si esprime nel giusto riconosci-mento all’avvocato della funzioneprimaria della difesa e assistenzadel cittadino e agli organi dell’avvo-catura del potere integrativo di ge-stione dell’apparato giudiziario peril buon funzionamento della giusti-zia.L’assenza del soggetto “Avvocatu-ra” nel titolo IV della Parte II dellaCostituzione, titolato “La Magistra-tura”, è il probabile residuo della vi-sione di un’idea autoritaria che con-sidera la tutela giudiziaria come unservizio che lo Stato rende al citta-dino. Per questo il titolo è dedicatoalla Magistratura che è colei cheeroga il servizio. Ma da tale visioneè assente ogni connotato dello Statodemocratico, lo Stato di oggi, nelquale la funzione giudiziaria non vapiù vista solo come un servizio cheesso può concedere, ma anche eprincipalmente come oggetto dell’a-spirazione di un diritto del cittadinoad ottenerla. Lo stesso riconosci-mento del diritto di azione, confina-to nell’art. 24, dovrebbe essere defi-nitivamente ricompreso fra le normesulla funzione giurisdizionale. Frale quali, all’art. 112 campeggia la ti-pologia dell’azione penale, ma nonquella dell’azione civile.
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Il titolare dell’azione penale è pursempre un magistrato, cioè un ap-partenente all’ordine giudiziario,quell’ordine che, secondo l’idea deltempo, era considerato l’unico de-positario dell’azione giudiziaria.
5. Bisogna salvaguardare la giuri-sdizione domestica del CNF.Trattasi di una giurisdizione specia-le (ante Costituzione) che va mante-nuta.Non sembra in linea con questa esi-genza il co. 2 dell’art. 32 del testo
varato dal Senato che prevede un in-cremento dei componenti del CNFcon un criterio di sommaria propor-zionalità.Tale previsione va eliminata. Cosìvanno ridotti i compiti e va conte-nuta la rappresentanza del CNFfissata dall’art. 33 che può inficia-re la giurisdizione domestica.In nessun paese d’Europa nell’ordi-namento forense la giurisdizionedomestica si unisce ad una così va-sta rappresentanza nazionale istitu-zionale dell’Avvocatura.
Gli ordini territoriali sono il nucleoprincipale del potere rappresentati-vo istituzionale.Analogamente a quanto stabilito inFrancia l’OUA ha predisposto unprogetto di istituzione del “Consi-glio Superiore dell’Avvocatura”,con poteri di rappresentanza e conl’applicazione del principio dellademocrazia diretta (proporzionalitàed elezione diretta dei componentidel C.S.A. con le regole stabilite perla elezione dei delegati della CassaForense).
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L’avvocatura sta vivendo un mo-mento di forte disagio nella so-cietà, senza che questa sofferenzaabbia ancora acceso una luce nelsuo futuro.Oppressa da una incontrollata lie-vitazione degli albi, incerta e divi-sa nelle sue espressioni rappresen-tative, impreparata ad affrontarenuove incalzanti realtà, spesso nontrova altro che ricorrere all’alibidella protesta.Certo c’è qualche eccezione, edanche qualche tentativo di reagiread una deriva dequalificante, madi fronte a minoranze rumorose eda un diffuso e multiforme males-sere finiscono per prevalere uncauto attendismo o le ambiguitàdettate dal timore di compromet-tersi.Forse ancora non si è dissolta deltutto la pessima immagine offertaalla pubblica opinione dal recentecongresso di Genova, ma cionono-stante è facile prevedere che, allafine, ci si comporterà come se nul-la fosse accaduto.
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Criticare e protestare non è soltan-to un diritto, è anche un dovere, edè un dovere soprattutto degli avvo-cati opporsi a leggi ingiuste e a po-
teri che prevaricano i diritti costi-tuzionali dei cittadini.Tanto più oggi, quando si è apertauna stagione feconda nel mondodel diritto, nella quale i diritti uma-ni e fondamentali hanno fatto irru-zione negli ordinamenti interni de-gli Stati, aprendo nuove frontiere aicittadini e a coloro ai quali spetta diinterpretare e applicare la legge.Occasioni per criticare e protestarenon sono dunque mancate in questianni e non mancano tuttora.Infatti il potere legislativo ha legi-ferato più di una volta in contrastocon la Costituzione in materia digiustizia, determinando interventidemolitori della Corte Costituzio-nale; i diritti umani sono costante-mente violati nei confronti di mi-noranze indifese, nell’accoglienza,nel lavoro, nelle carceri, complicel’inerzia delle autorità che hanno ildovere costituzionale di impedirlo.Si propongono riforme della giu-stizia e della Costituzione per mo-dificare equilibri che hanno contri-buito a costruire uno Stato di dirit-to nell’arco di oltre mezzo secolo,con il rischio di introdurre ulterio-ri elementi di crisi nel sistema del-le garanzie e della giustizia.In questi frangenti l’avvocatura èrimasta silenziosa, mentre, per li-mitarci al più recente passato, ha
combattuto battaglie infuocatecontro la mediazione nelle contro-versie civili e commerciali conte-standone la obbligatorietà e lamancata previsione della difesa le-gale, contro un modello di specia-lizzazione regolamentato dal Con-siglio Nazionale Forense, control’abolizione di tariffe minime vin-colanti.È certamente legittimo contestaresoluzioni di problemi che riguar-dano soltanto gli interessi partico-lari di categoria, ma non si può in-sorgere soltanto in questi casi.Il mondo nel quale vive ed operal’avvocatura è più vasto del recin-to privato ove ognuno pensa alproprio interesse senza darsi curadegli altri, e da esso non si puòprendere la distanza dello spettato-re. Ciò vale soprattutto per unaprofessione che deve farsi caricoanche di responsabilità verso la so-cietà, che le riconosce la funzionedi difendere i cittadini e di concor-rere alla attuazione dei valori co-stituzionali, e alla quale si deverendere conto.Non può quindi sorprendere la cre-scente percezione negativa dellaprofessione da parte della pubblicaopinione, mentre è sorprendenteche manchi il coraggio di invertirela rotta.
Sciopero ergo sumUna vana ricerca di identità
di Alarico Mariani Marini
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La protesta degli avvocati ha di re-cente riattivato lo strumento delcosiddetto “sciopero” medianteastensione dalle udienze, ad inizia-tiva di settori che si sono investitidi un ruolo “politico” e che si sonodistinti negli ultimi anni per averemarciato in cortei di protesta con-tro il governo in carica insieme arappresentanti delle opposizioni, eper avere poi protestato e indettoscioperi contro quelle stesse oppo-sizioni succedute al governo.Sono note le obiezioni da più partiformulate sulla astensione degliavvocati dalle udienze.La prima è suggerita dall’esperien-za ed è che essa non serve a nulla;è ignorata da tutti, i giornali non lededicano una riga, e la gente nonse ne accorge, inclusi coloro chehanno cause in corso dal momentoche i cosiddetti scioperanti evitanol’incomprensione che si determi-nerebbe comunicandoglielo.Si è anche osservato che il lavora-
tore dipendente che sciopera lo faa sue spese, mentre l’avvocato la-vora egualmente in studio, e il giu-dice in permanente affanno nonsoffre allorché deve rinviare unacausa.L’effetto si produce soltanto sulcorso della giustizia, ma è anch’es-so irrilevante per quanto la stessagià soffre per altre ragioni.Ed allora perché si sciopera? La ri-sposta è tutta interna alla categoriadove la protesta si alimenta e sispegne nella illusione di avere da-to una prova di presenza attiva edefficace. Si direbbe una vana ricer-ca di identità.Non si tratta ovviamente di espri-mere un rifiuto moralistico per for-me improprie di protesta, ma undissenso per il carattere penosa-mente corporativo che esse assu-mono, anche contro le intenzionidi chi vi aderisce, per l’assenza dicollegamento con l’interesse gene-rale e con un ruolo costruttivo nel-la società.
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L’identità di una professione cheintenda contribuire al progressocivile e morale della collettività sicostruisce scegliendo valori e vi-vendoli nel mondo dell’agire con-creto.Ad esempio con posizioni chiare eintransigenti sui temi della giusti-zia e della Costituzione, senza am-biguità e compromessi e senzacontiguità con alcun potere, perchéquesti non sono temi da lobbismo.Anche promuovendo nel processoe nella società una cultura dei di-ritti fondata sulla inviolabilità del-la dignità di ogni persona, senzadistinzioni o discriminazioni, af-finché il diritto sia percepito comegiustizia per tutti.E soprattutto uscendo dalle gab-bie degli addetti ai lavori percoinvolgere i cittadini e i giovanisu proposte concrete per restituireeffettività alla giustizia e alla tute-la dei diritti, in un momento in cuisi manifesta nella società una for-te richiesta di rinnovamento e direcupero di un’etica della respon-sabilità.
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Introduzione al tema del ConvegnoAllorché in una notte buia e tempe-stosa del luglio 2006, nel segretodelle stanze ministeriali, il GovernoProdi approvò il famigerato “decre-to Bersani”, sembrò che all’Avvoca-tura fosse stata inferta una feritamolto profonda e difficilmente ri-marginabile e che si fosse arrivatialla fine di un ciclo storico.In effetti l’abolizione dei minimi ta-riffari, che secondo l’on. Bersaniavrebbe dovuto rivitalizzare il mer-cato professionale, introducendo(così si disse all’epoca) forti inie-zioni di libero mercato e favorendo(sempre così diceva all’epoca il me-desimo Bersani), i giovani profes-sionisti, hanno puntualmente deter-minato, com’era facile prevedere ecome subito dichiarato dall’Avvo-catura, l’effetto esattamente contra-rio e cioè quello di favorire i cd.
“poteri forti” (banche, assicurazio-ni, grandi imprese), costringendo icd. liberi professionisti ad accettareconvenzioni spesso iugulatorie.Uguale discorso deve farsi perquanto riguarda la “liberalizzazio-ne” della pubblicità, in modo incon-trollato ed incontrollabile, permet-tendo così la diffusione di messaggipubblicitari mirabolanti e, quindi,chiaramente ingannevoli e decettivi.L’abolizione poi del divieto di pattodi quota lite mira a trasformare l’av-vocato sostanzialmente in un “so-cio” del proprio cliente, facendogliperdere quella posizione di indipen-denza e terzietà che storicamente gliappartiene e facendolo diventareparte nel giudizio.
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Se quindi col “decreto Bersani”sembrava che l’Avvocatura avesse,
in qualche modo, “toccato il fondo”,si deve purtroppo constatare che, adistanza di un quinquennio, la con-dizione della nostra professione ènotevolmente ed ulteriormente peg-giorata.1) In primo luogo, malgrado le rei-
terate assicurazioni e promessedella nuova maggioranza ed il ri-conoscimento dell’errore com-piuto da parte dell’opposizione,le norme del decreto Bersani nonsono state in alcun modo modifi-cate, né tanto meno abrogate.
2) Il decreto Bersani aveva colpito,pressoché indistintamente, tuttele libere professioni (con la solaspecificità, per l’Avvocatura, del-la liberalizzazione del “patto diquota lite”), sicché si era creatoun fronte comune dei liberi pro-fessionisti, che dava certamentemaggior forza alla protesta.Così attualmente più non è, es-
Il primo rapporto delle Camere civilisull’Avvocatura italiana1) L’introduzione al tema del convegnoL’immagine attuale dell’avvocatura è quella di una professione che desta preoccupazione, perché pare quasi scivolare su un piano inclinato di decadenza assieme all’ipertrofico aumento degli iscritti. Le Camere civili, per contrastare l’immagine di una professione rassegnata a un ruolo sempre più marginale e priva di idee forti e di progettualità, hanno organizzato un interessante convegno per individuare proposte correlate alla rivalutazione della professione.
di Renzo Menoni
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sendosi assistito ad un processodi atomizzazione del fronte dellelibere professioni ed anzi di scon-tro, nel tentativo (spesso miope)di difesa dei reciproci “confini”delle proprie competenze e nelcontempo di “attacco”, al fine diinvadere campi di competenze al-trui.Di questa situazione ha partico-larmente risentito l’Avvocaturache si è vista attaccata su piùfronti (purtroppo spesso con suc-cesso) da commercialisti, notai,consulenti del lavoro (che pro-prio recentemente si sono defini-ti “giuslavoristi”!) e che ha mo-strato quindi, anche sotto taleprofilo, tutta la propria debolez-za.Mentre infatti le altre professioni,particolarmente quelle a noi vici-ne del c.d. “comparto giuridico-commerciale”, hanno difesoegregiamente i loro spazi e le lo-ro competenze (perfino i notai,che pure avrebbero dovuto tro-varsi nella posizione peggiore,stante il loro numero chiuso),l’Avvocatura si è arroccata in unaposizione meramente difensiva equindi, già di per sé, perdente.
3) La crisi generalizzata che hacoinvolto l’economia nazionaleed internazionale ha colpito, ov-viamente, anche l’Avvocatura.Ma, mentre le imprese e le altreprofessioni stanno risentendo,magari pesantemente, di questacrisi congiunturale, come talecertamente in prospettiva supera-bile, secondo i noti principi cicli-ci dell’economia, nell’Avvocatu-ra si sovrappone a questa comunecrisi congiunturale una crisistrutturale e, quindi, più profondae “permanente”, dovuta all’iper-trofico aumento del numero degli
iscritti agli albi ed al conseguenteprocesso di “proletarizzazione”del ceto forense. Dagli ultimi da-ti pubblicati dalla nostra “Cassa”emerge che il 31% (quasi un ter-zo) nell’anno 2009 non ha dichia-rato redditi ovvero ha dichiaratoredditi pari a zero o meno di zeroed un ulteriore 23% ha dichiaratoredditi inferiori a 10.000 euro.
4) Nel frattempo, infatti, essendopassato un ulteriore quinquennio,si sono iscritti ai nostri albi altriulteriori 50.000 avvocati.
5) Al momento dell’approvazionedel decreto Bersani vi era statauna forte reazione unitaria daparte dell’Avvocatura, che si eraconcordemente stretta attorno al-le proprie espressioni istituziona-li ed associative. Al contrario og-gi stiamo vivendo un momento diforte e deleteria contrapposizionee la legge sulla mediazione è sta-ta la “cartina di tornasole”.Un’Avvocatura divisa è certa-mente, ancora di più, un’Avvoca-tura debole.
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È pertanto evidente che l’Avvocatu-ra nel suo insieme e come categoriaha perso non solo prestigio ma ruo-lo sociale.Nelle società contemporanee il pat-to sociale fra Stato e libere profes-sioni comporta che lo Stato attribui-sca alle libere professioni un parti-colare riconoscimento giuridico, siaper l’accesso e l’iscrizione agli albi,sia per i requisiti del mantenimentodell’iscrizione agli albi stessi e, con-seguentemente, il riconoscimentodell’esclusiva per specifiche compe-tenze.Tali riconoscimenti ed esclusivenon costituiscono (e non possono
costituire) però un privilegio peruna determinata corporazione, mabensì sono correlate all’effettivosvolgimento di un ruolo e di unafunzione sociale, che soli possonogiustificare l’attribuzione dell’e-sclusiva in tali specifiche aree ematerie.Nel momento in cui entra in crisi ta-le funzione sociale, viene (giusta-mente) meno anche la necessità delriconoscimento delle esclusive.Ed è per questo che l’Avvocatura stasubendo, in questi ultimi anni, unaforte erosione delle sue competen-ze, non solo nella sua attività stra-giudiziale, ma perfino in quella cheera la storica e tradizionale riserva ecioè l’attività giudiziale.Da un lato, infatti, vi è una tendenzalegislativa a prevedere, sempre piùfrequentemente, ipotesi in cui il cit-tadino si può difendere da solo, sen-za la necessità di una difesa tecnica,e dall’altro lato quella di attribuireprerogative di natura giudiziale adaltre categorie.Si pensi, ad esempio, alla ormai ri-salente difesa nel processo tributa-rio dei commercialisti e ad attribu-zioni paragiurisdizionali, comequelle dei curatori fallimentari ed ilruolo dei notai nelle esecuzioni,nonché la loro pretesa (per ora for-tunatamente non concretizzata) diesercitare funzioni paragiurisdizio-nali, anche in materia di separazionie divorzi consensuali e, comunque,di diritto di famiglia.
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Passando dalla diagnosi alla terapia,che fare per riconquistare un ruoloper l’Avvocatura?A) Sarebbe innanzitutto essenziale
un’approvazione, in tempi brevi,della riforma forense.
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Siamo tutti coscienti che taleriforma non è del tutto soddisfa-cente e non rappresenta la pana-cea, né la soluzione dei nostriproblemi, ma sarebbe comunqueun importante passo avanti e ladimostrazione che l’Avvocaturaha la forza politica di far appro-vare quella che, a torto o a ragio-ne, viene ritenuta la “sua” rifor-ma.
B) Il “problema dei problemi”, chetrova solo parziale e modesto ri-medio nella riforma, è quellodell’accesso. Sino al momento incui non si porrà termine a questoaccesso indiscriminato, arrivan-do ad un accesso realmente se-lettivo, non si riuscirà ad inverti-re il trend negativo del piano in-clinato su cui sta scivolando, ver-so il basso, sempre più veloce-mente, l’Avvocatura.Se annualmente i risultati deiconcorsi per l’ingresso nellamagistratura, in cui vengonomessi a concorso circa 400 po-sti, si concludono con solo unaparziale copertura di detti posti,perché – ci spiegano le relazionifinali dei presidenti delle com-missioni – non ci sono in Italia,ogni anno, 400 laureati in giuri-sprudenza che abbiano la prepa-razione sufficiente per diventaremagistrato, non è dato compren-dere come ci siano invece an-nualmente 10.000 laureati nellamedesima facoltà che possanosuperare l’esame di abilitazioneda avvocato ed essere dichiaratiidonei per esercitare la liberaprofessione!
C) È quindi necessario effettuareuna profonda autocritica.Ed infatti, riprendendo i prece-denti argomenti, una categoriaprofessionale può esercitare unruolo socialmente importante epretendere di rivendicare esclusi-ve solo ove sia altamente qualifi-cata sotto il profilo tecnico edineccepibile sotto il profilo deon-tologico, per la tutela del cittadi-no-cliente che a lei si affida.
D) In quest’ottica rilevante è il temadelle specializzazioni per il pas-saggio, sia pur necessariamentegraduale, da un’Avvocatura ge-neralista ad un’Avvocatura spe-cialistica, nell’impossibilitàsempre più evidente (anche seteoricamente affascinante) di un“enciclopedismo giuridico”.
E) Particolare importanza rivestepoi la consulenza stragiudiziale.È indubbio che, per tradizionistoriche e per formazione cultu-rale, l’Avvocatura italiana è sem-pre stata proiettata principalmen-te sul contenzioso. L’avvocato“classico” è quello che difende ilproprio cliente nelle aule del Tri-bunale.È bensì vero che, a differenza delpenale, nel civile, nel commer-ciale e nell’amministrativo, dasempre l’avvocato ha esercitatoanche un’attività di consulenza,ancor più che nei confronti deiprivati, nei confronti delle impre-se e degli enti.Malgrado ciò, per l’avvocato me-dio italiano, l’attività di consulen-za rappresenta, ancora oggi,un’attività semplicemente com-
plementare e in qualche modomarginale rispetto al contenzioso.Questa disattenzione per questoimportantissimo settore ha fattosì che lo stesso (e questo credoche costituisca un po’ un unicumitaliano) sia diventato “preda” dialtre professioni, come quelle deicommercialisti, dei consulentidel lavoro e perfino dei notai.I risultati spesso poi arrivano sot-to i nostri occhi e non sonoconfortanti, in quanto vediamocontratti letteralmente copiati daformulari o scaricati da Internet,senza tenere in alcun conto nep-pure le particolarità e specificitàdella fattispecie.È certo che l’Avvocatura, e que-sto rientra a pieno titolo nella“sfida” del futuro, ma direi del-l’oggi, insieme alla maggiorequalificazione e selezione meri-tocratica, soprattutto nell’acces-so, insieme a un serio e reale ag-giornamento, insieme alle specia-lizzazioni, deve rivendicare conforza (non solo legislativamente,ma meritandosela) l’esclusiva nelcampo della consulenza stragiu-diziale.
F) Vi è infine un ultimo problema,“interno” ma non certamente me-no importante, tuttora irrisolto:quello della rappresentanza edell’unità dell’Avvocatura.Un’Avvocatura disunita, litigiosaal suo interno, in cui prevalgono ipersonalismi, non solo è più de-bole, ma ha anche minor autore-volezza e serie difficoltà di dialo-go all’esterno, con la politica, leforze sociali, le altre professioni.
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Il primo rapporto delle Camere civilisull’Avvocatura italiana
2) Implicazioni previdenzialiAttraverso i dati raccolti dalla Cassa di previdenza, è consentito
valutare aspetti demografici ed economici della nostra professione.
di Marcello Colloca
Primo rapporto sull’Avvocatura italiana:analisi economico-statisticaQuantomai meritoria l’iniziativadell’Unione Nazionale delle Ca-mere Civili e del Centro Studi del-l’Avvocatura Civile Italiana, di vo-ler dare avvio ad un periodico ap-puntamento che sia un effettivo“Rapporto sull’Avvocatura Italia-na” e sul suo “status”: occasioneutile non soltanto per esternare idati progressivamente acquisiti,quanto anche per dare una inter-pretazione socio-demografica deidati stessi.Mutano, infatti, velocemente e co-stantemente i tempi e, con i tempi,le condizioni perché l’Avvocaturapossa conservare e arricchire quelruolo di centralità che le deve es-sere riconosciuto, non soltantonella giurisdizione, quanto anchenel contesto sociale. Ma non puòesservi rapporto utile alla cono-scenza delle problematiche chequotidianamente investono questaprofessione e, soprattutto, un rap-porto che abbia la voluta periodi-cità costante, senza gli incontri,senza le analisi, senza i confronticostruttivi fra tutte le componentiistituzionali e associative dell’Av-vocatura, da cui possano, anzi
debbono, scaturire concrete e ope-rative proposte.In questo quadro, e con specificoriferimento ai dati demografico-reddituali in possesso di Cassa Fo-rense, formulare una analisi eco-nomico-statistica del passato pros-simo e del presente dell’Avvocatu-ra è quantomai agevole, anche se –come si avrà modo di rilevare – idati sono ben poco confortanti peril futuro: tanto per rimanere in te-ma! E ciò, comunque, senza trala-sciare di considerare – ma vannoconsiderati – alcuni principi difondo che sostengono il meccani-smo previdenziale degli avvocati.Primo fra tutti il principio dellacorretta partecipazione finanziariadegli iscritti che, sola, consente al-la Cassa Forense di realizzare gliindispensabili proventi finanziariper un tempestivo e redditizio im-piego. Corretta partecipazione fi-nanziaria che è il presupposto delsecondo principio, il principio so-lidaristico, che sta alla base del si-stema previdenziale forense, alquale nessun professionista puòsottrarsi, per dovere morale ancorprima che giuridico.Sicché, se la solidarietà è principioportante dell’intero sistema, corol-lario irrinunciabile di tale princi-pio è l’osservanza da parte dell’av-
vocato del principio etico-deonto-logico della lealtà fiscale e dellaconseguente lealtà contributivaverso la Cassa: l’uno e l’altra indi-spensabili per il conseguimento diquegli scopi previdenziali e solida-ristico-assistenziali cui è finalizza-ta. Sul punto in giurisprudenza ilrichiamo è, tra le tante, alle deci-sioni n. 132 e 133 del 4 maggio1984 della Corte Costituzionale esul piano dottrinario, per tutti, ai“Nuovi elementi di deontologiaprofessionale” di Franzo GrandeStevens.Purtroppo, in questo particolare egrave momento di crisi globale, dicrisi del Paese e delle professioniintellettuali, l’Avvocatura è statapure chiamata ad un ulteriore sfor-zo, diretto a sostenere quella previ-denza dalla stessa voluta. È unosforzo responsabilmente affrontatoapprovando la riforma entrata invigore nel gennaio 2010; riformanecessaria e improrogabile, al finedi poter mantenere l’autonomiagestionale nel lungo periodo e pergarantire a tutti gli iscritti, giovanie meno giovani, il trattamento pre-videnziale sia di base, attraverso ilmantenimento del sistema obbliga-torio retributivo, seppure con i ne-cessari aggiustamenti, sia comple-mentare, attraverso la introduzione
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di un sistema modulare su base vo-lontaristica, nell’assolvimento del-l’impegno primario di voler dareconcretezza di prospettive al pattoendocategoriale e intergenerazio-nale.Naturalmente i dati dei quali laCassa Forense dispone provengo-no dalla lettura delle annuali auto-dichiarazioni degli iscritti – l’or-mai noto “Mod. 5” – da quest’an-no esclusivamente tramite invio te-lematico e non più cartaceo.Intanto la prima – e forse più pe-sante – riflessione discende pro-prio dall’esame del dato relativoagli “iscritti attivi” alla Cassa Fo-rense, intendendo per “iscritti atti-vi” gli avvocati non pensionati epensionati nel primo quinquenniodi pensionamento: tutto temporal-mente riferito, per comodità diesame, al periodo dal 1990 al 2010in cui, peraltro si concretizza laprivatizzazione di Cassa Forense.Infatti mentre nel 1990 gli avvoca-ti iscritti agli Albi erano 57.685,nel 2010 diventano 216.728 e, nelcontempo, gli iscritti alla Cassaerano, sempre nel 1990, in numerodi 42.366 per poi crescere a156.934 unità nel 2010. Il dato in-dica quindi che nel 1990 la diffe-renza numerica fra avvocati iscrittiagli Albi e gli avvocati iscritti allaCassa era di 15.319 unità, mentrenel 2010 la stessa differenza è diben 59.794 unità.Scomponendo ancora i dati relativial numero degli iscritti si può rile-vare che nel 1993 – passati gli av-vocati iscritti agli Albi a 69.764 egli iscritti alla Cassa a 49.054 unità– (non si hanno dati sulla scompo-sizione riferiti agli anni preceden-ti) – la componente maschile degliiscritti agli Albi era di 54.363unità, mentre la componente fem-
minile era di 15.401 unità, pari al22,1%, e di questi, però, soltanto40.028 avvocati maschi eranoiscritti alla Cassa mentre gli avvo-cati donne iscritte erano 9.026, pa-ri al 18,4%. Nel 2010 invece, colnumero di 216.728 avvocati iscrit-ti agli Albi, la componente maschi-le è di 119.200 unità e la compo-nente femminile di 97.528 unità,pari al 45%, e di questi gli avvoca-ti maschi iscritti alla Cassa sono91.966, mentre gli avvocati donneiscritte sempre alla Cassa sono64.968, pari al 41,4%.A questo punto i numeri riportati,nel loro insieme danno l’attuale di-mensione di un primo fenomeno:quello della significativa “femmi-nilizzazione” anche della profes-sione forense, con quasi parità nu-merica uomo-donna avvocato. Mai dati numerici consentono una di-samina ancora più approfondita.Il primo riferimento è demograficoed è riferito alla distribuzione geo-grafica del numero degli iscritti at-tivi a Cassa Forense, nella scom-posizione Nord, Centro, Sud edIsole:a) al Nord su 56.633 iscritti,
28.706 sono maschi e 27.927sono femmine, con una diffe-renza a vantaggio della compo-nente maschile di 779 unità;
b) al Centro su 33.980 iscritti,18.605 sono maschi e 15.375sono femmine, con una diffe-renza a favore della componen-te maschile che sale a 3.330unità;
c) al Sud e Isole su 54.092 iscritti,33.264 sono maschi e soltanto20.828 sono femmine, con unadifferenza maschi/femmine chesale a 12.436 unità.
A questo punto viene spontaneochiedersi quale possa essere la ra-
gione di questo pesante divario nu-merico Nord/Sud e Isole, con rife-rimento alla componente femmini-le degli avvocati iscritti alla Cassa.Potrebbe essere agevole, per comedi consueto, appellarsi a causazio-ni legate a fattori culturali e/o dicostume. La realtà interpretativa è,invece, ben diversa e discende pro-prio dalla disamina del dato reddi-tuale: le colleghe avvocato nelleregioni del Sud e Isole conseguonouna produttività medio-bassa, ri-spetto a quelle del Centro e delNord, con un reddito annuo che,per molte posizioni, esclude addi-rittura la obbligatorietà della iscri-zione a Cassa Forense.Il secondo riferimento anch’essodemografico è riferito alle fasce dietà: la fascia di età più numerosa diiscritti risulta essere quella tra i 35e i 39 anni, mentre le fasce menonumerose sono quelle con etàcompresa fra i 24 e i 29 anni, coin-cidente con il periodo di avvio del-l’attività professionale, e fra i 60 ei 65 anni, con l’approssimarsi delpensionamento.Il terzo riferimento non può che es-sere alla determinazione reddituale,sulla quale, naturalmente, diventa-no determinanti e condizionanti treelementi: l’età, l’appartenenza digenere e la collocazione geografica,con l’esame che muove dai redditidenunciati alla Cassa nell’anno2010, con riferimento all’anno diproduzione 2009. Redditi suddivisiper fasce, anche se manca il dato re-lativo a ben 20.418 avvocati iscrittiagli Albi – pari al 9,9% – che, seb-bene obbligati, non hanno provve-duto ad inviare il rituale “Mod. 5”.Redditi riferiti agli iscritti alla Cas-sa, agli iscritti soltanto agli Albi e,infine, agli iscritti sia alla Cassa cheagli Albi (tab. 1).
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Orbene, esaminando il monte red-dituale IRPEF e l’evoluzione delvolume di affari IVA nell’ultimoventennio, dal 1990 al 2010, si hamotivo di verificare che, per ilmonte reddito IRPEF, mentre nel1990 il rapporto tra iscritti Cassain numero di 45.076, con un reddi-to complessivo dichiarato daglistessi di euro 1.146.973.056,00,dava un reddito medio personaleannuo rivalutato in ragione di45.908,00 euro pro capite, nel2010 con il numero degli iscrittialla Cassa in ragione di 156.934con reddito complessivo dichiaratodi euro 7.203.601.852,00, il rap-porto risulta con un reddito mediopersonale annuo rivalutato di appe-na 48.805,00 euro pro capite. Per ilvolume di affari IVA, mentre nel1990 il volume medio di affari an-nuo pro capite era di euro73.405,00, nel 2010 sempre il vo-lume medio di affari annuo pro ca-pite è di euro 74.544,00. Il tutto
con una ripercussione sulle do-mande di iscrizione alla Cassa Fo-rense, per come emerge dal bilan-cio di esercizio al 31.12.2010: do-mande di iscrizione di avvocati,che risultano essere 7.374 nel2007, 8.124 nel 2008, 8.553 nel2009, per poi diminuire a 6.099nel 2010; domande di iscrizionedei praticanti avvocati abilitati, ri-sultate in numero discontinuo,passando dal dato crescente per glianni dal 2007 al 2009 (10.035 nel2007, 10177 nel 2008, 10493 nel2009) al dato decrescente del 2010(soltanto 7.184 domande)!I dati appena riportati dimostranoin maniera inconfutabile l’attualitàdi un secondo fenomeno: sul pianoreddituale l’Avvocatura sta pagan-do un duro prezzo alla crisi econo-mica generale, con una crescita,nell’ultimo ventennio, soltanto nu-merica attraverso le iscrizioni agliAlbi, ma con una grave regressionenell’attività produttiva e reddituale,
con un reddito IRPEF che si arric-chisce in vent’anni e in media procapite all’anno soltanto di 2.897,00euro e un volume di affari incre-mentato, sempre in vent’anni e inmedia sempre pro capite, di appena1.139,00 euro annui!Tanto considerando, sempre conriferimento ai dati reddituali di-chiarati nel 2010:a) che dei 59.794 avvocati iscritti
soltanto agli Albi, ben 51.198non sono iscritti alla Cassa inquanto non denunciano conl’annuale invio del “Mod. 5” al-cun reddito o un reddito che vada zero a meno di 10.077,00 eu-ro, limite reddituale superato ilquale vi è l’obbligo di iscrizio-ne, mentre 8.596 avvocati, pursuperando il suindicato limitereddituale, più o meno voluta-mente “dimenticano” di dichia-rare in tutto o in parte le reddi-tività e i volumi di affari pro-dotti;
Tab. 1 - Reddito professionale dichiarato per l’anno 2009 dagli avvocati iscritti agli albi (Mod. 5/2010)*
Classi di importoReddito avvocatiiscritti alla Cassa
Numero avvocatiiscritti alla Cassa
Reddito avvocatiiscritti agli Albi e
non iscritti alla Cassa
Numero avvocatiiscritti agli Albi e
non iscritti alla Cassa
Reddito avvocatiiscritti sia agli Albi
che alla Cassa
Numero avvocatiiscritti sia agli Albi
che alla Cassa
No reddito 0 9.334 0 17.321 0 26.655
< zero -7.789.653 1.591 -1.760.323 899 -9.549.976 2.490
zero 0 3.668 0 19.631 - 23.299
1,00-9.000,00 116.599.695 23.494 48.515.200 13.325 165.114.896 36.819
9.001,00-10.077,00 69.130.122 7.020 8.079.721 822 77.209.843 7.842
10.078,00-43.250,00 1.670.147.260 72.032 50.919.153 2.837 1.721.066.413 74.869
43.251,00-86.700,00 1.346.150.543 22.316 7.334.268 128 1.353.484.811 22.444
86.701,00-150.000,00 1.049.972.480 9.348 3.854.565 34 1.053.827.045 9.382
150.001,00-250.000,00 837.951.695 4.391 2.044.270 10 839.995.965 4.401
250.001,00-500.000,00 850.005.252 2.504 3.449.515 11 853.454.767 2.515
> 500.000,00 1.263.644.805 1.236 8.406.080 10 1.272.050.885 1.246
TOTALE 7.203.601.852 156.934 132.602.773 55.028 7.336.204.625 211.962
* I dati riportati, relativi agli iscritti agli Albi in ragione di 211.962 unità e di non iscritti alla Cassa in ragione di 55.028 unità, sono difformi dai dati effettivi, rispettivamente di216.728 e di 59.794 unità, a causa delle mancate comunicazioni in aggiornamento alla Cassa Forense da parte dei Consigli dell’Ordine.
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b) che 45.107 avvocati dei 156.934iscritti alla Cassa denuncianoredditi annui oscillanti tra zeroe 10.077,00 euro;
c) che, infine, soltanto 111.827 av-vocati iscritti agli Albi e, quindi,alla Cassa denunciano redditiannui superiori al minimo di10.077,00 euro.
Da qui la necessità di alcune rifles-sioni conclusive, che potranno nonessere gradite, ma che per chi am-ministra la previdenza forense so-no d’obbligo, soprattutto per il fu-turo dei giovani, se i dati numericiriportati valgono a qualcosa, e cer-tamente valgono. E ciò soprattuttose è vero, per come vero è, che an-che al di fuori del nostro ristrettoambito di osservazione, la crisidell’Avvocatura non sfugge, anziviene rilevata pure da chi non è ad-detto ai lavori.Nel rapporto curato nel 2010 dalConsorzio Interuniversitario Al-maLaurea sulla condizione occu-pazionale e reddituale dei laureatiitaliani, si legge che – a cinqueanni dalla laurea e nella determi-nazione dei valori economici pergruppo disciplinare per rami di at-
tività e per mansioni svolte – igiovani avvocati – in una gradua-toria di quindici libere professioni– si collocano al quindicesimo po-sto con un guadagno medio men-sile di euro 912,00 mentre, secon-do il “Venerdì” di Repubblica del10 marzo 2010, il 63% degli studiprofessionali denuncia serie diffi-coltà economiche e il 20% deglistudi medesimi dichiara meno delreddito minimo indispensabile perla obbligatoria iscrizione allaCassa. Ne deriva la necessità diindividuare nei Consigli dell’Or-dine, nel Consiglio Nazionale Fo-rense, nella Cassa Forense, nelleAssociazioni i volani necessariper ridisegnare il futuro dell’Av-vocatura. È necessario, altresì,che l’attività dell’avvocato debbae possa essere esercitata con ladovuta professionalità e che siapermanente la garanzia della com-petenza.E ancora vi è la necessità di unconcreto rigore nella formazione enell’accesso e, una volta consegui-ta l’iscrizione agli Albi, la neces-sità di una formazione continua eun continuo aggiornamento per po-
ter essere costantemente al passocol mutare dei tempi e, quindi, alletrasformazioni socio-economiche.Soltanto così è da augurarsi che sipossa riscattare in concreto il ruoloistituzionale dell’avvocato, spessoin crisi, travolto com’è dalla piùampia e più grave crisi dell’appara-to giudiziario, anche grazie alla in-sensibilità del potere politico, e chel’avvocato riacquisti quel prestigioche – da sempre – lo ha caratteriz-zato e che, nel contempo è semprevalso a garantire all’utente quel“qualcosa in più” non soltanto intermini gestionali, ma soprattuttoin termini qualitativi e umani, e chediscende da quel tocco di “sapien-za in più”, intesa nell’accezioneclassica del termine.Quel “qualcosa in più” che, di-scendendo dal rispetto delle regoledeontologiche e comportamentali,consente e dà vita alla “immagine”di un avvocato libero professioni-sta di rilievo generale e politico,veicolo del radicamento di unanuova cultura, unico mezzo idoneoper confrontarsi con i liberi profes-sionisti degli altri Paesi dell’Unio-ne Europea.
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AAVVOCATURA
accesso alla professione
Il nuovo apprendistato nelle libere professioni
Il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge con nuove regole per disciplinare l’apprendistato e l’alta formazione.
È sorto il dubbio che queste regole possano applicarsi alla pratica forense, ma lo si è escluso sulla considerazione che tutte le norme proposte si riferiscono
a lavoro dipendente, incompatibile con l’avvocatura, mentre quelle che disciplinano la pratica forense hanno un essenziale carattere di specialità,
non derogabile con norma generica.
di Paolo Rosa con osservazioni di Leonardo Carbone
Riforma dell’apprendistatoIl Consiglio dei Ministri, nel corsodella riunione del 5 maggio 2011,su proposta del Ministro del Lavoroe delle Politiche sociali MaurizioSacconi, ha approvato lo schema didecreto legislativo allegato che at-tua la delega conferita al Governodalla legge in materia di previden-za, lavoro e competitività per favo-rire la crescita (legge 24 dicembre2007, n. 247) disciplinando l’ap-prendistato quale contratto di lavo-ro a tempo indeterminato, finalizza-to all’occupazione e alla formazio-ne dei giovani.Infatti, al n. 30 della legge 24 di-cembre 2007, n. 247 “Il Governo èdelegato ad adottare, entro dodicimesi dalla data di entrata in vigoredella presente legge, su proposta delMinistro del Lavoro e della previ-denza sociale, in conformità all’art.117 della Costituzione e agli Statutidelle Regioni a statuto speciale edelle Province Autonome di Trentoe di Bolzano, e alle relative normedi attuazione, e garantendo l’unifor-mità della tutela dei lavoratori sulterritorio nazionale attraverso il ri-
spetto dei livelli essenziali delle pre-stazioni concernenti i diritti civili esociali, anche con riguardo alle dif-ferenze di genere e alle condizionidelle lavoratrici e dei lavoratori im-migrati, uno o più decreti legislativifinalizzati al riordino della normati-va in materia di:c) apprendistato.In ordine alla delega di cui al com-ma 30, lettera c), da esercitare pre-via intesa con le Regioni e le partisociali, il Governo si attiene ai se-guenti principi e criteri direttivi:a) rafforzamento del ruolo della
contrattazione collettiva nel qua-dro del perfezionamento della di-sciplina legale della materia;
b) individuazione di standard nazio-nali di qualità della formazionein materia di profili professionalie percorsi formativi, certificazio-ne delle competenze, validazionedei progetti formativi individualie riconoscimento delle capacitàformative delle imprese, anche alfine di agevolare la mobilità terri-toriale degli apprendisti mediantel’individuazione di requisiti mi-nimi per l’erogazione della for-mazione formale;
c) con riferimento all’apprendistatoprofessionalizzante, individua-zione di meccanismi in grado digarantire la determinazione deilivelli essenziali delle prestazionie l’attuazione uniforme e imme-diata su tutto il territorio naziona-le della relativa disciplina;
d) adozione di misure volte ad assi-curare il corretto utilizzo dei con-tratti di apprendistato.”
Lo schema di decreto legislativo ci-tato prevede, all’art. 7, n. 6 l’abro-gazione dell’art. 16 della legge 24giugno 1997, n. 196, la legge 19gennaio 1955, n. 25, gli articoli da47 a 53 del decreto legislativo 10settembre 2003, n. 276 e ogni altradisposizione nazionale o regionaleincompatibile.In buona sostanza il Legislatore de-legato ha adottato, come si può ve-dere anche dalla rubrica dell’inter-vento legislativo, il Testo unicodell’apprendistato, abolendo tuttala normativa precedente, incompa-tibile.Lo schema di decreto legislativo,che ora passerà all’esame delle par-ti sociali, in particolare, prevede ladefinizione di tre tipologie di con-
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tratto a tempo indeterminato cosìinnovando la precedente normativache prevedeva un massimo di treanni:a) l’apprendistato per la qualifica
professionale, rivolto ai giovanis-simi a partire dai 15 anni di età;
b) l’apprendistato professionaliz-zante o contratto di mestiere, ri-volto ai giovani di età compresafra i 18 e 29 anni che devonocompletare il loro iter formativoe professionale e, infine
c) l’apprendistato di alta formazio-ne e ricerca, rivolto a coloro cheaspirano a un più alto livello diformazione, nel campo della ri-cerca, del dottorato e del prati-cantato in studi professionali.
Sul testo, già presentato dal Mini-stro alle parti sociali, verrà in segui-to sancita l’intesa in conferenza Sta-to-Regioni e acquisito il parere del-le Commissioni parlamentari.La nozione, contenuta nell’art. 1, èmolto chiara: L’apprendistato è uncontratto di lavoro a tempo indeter-minato finalizzato all’occupazionedei giovani.Costituisce un passo avanti verso lastabilizzazione dei contratti di lavo-ro riconoscendo forti sgravi contri-butivi alle imprese che assumono eformano gli apprendisti. È previstoa tempo indeterminato ma mantienetutta la sua flessibilità perché al ter-mine del periodo di formazione ildatore di lavoro può recedere dalrapporto, ex art. 2118 c.c., senza do-ver dare una motivazione, oppureproseguire il rapporto con le regoleordinarie.Nel corso del periodo iniziale il da-tore di lavoro deve erogare una for-mazione all’apprendista che variasecondo la tipologia utilizzata perun periodo massimo di sei anni. Èprevista la possibilità di inquadrare
il lavoratore fino a due livelli infe-riori, rispetto alla categoria spettan-te o, in alternativa, di stabilire la re-tribuzione dell’apprendista in misu-ra percentuale e in modo gradualeall’anzianità di servizio.Per quanto riguarda l’aliquota con-tributiva applicabile all’apprendista,ammonta al 10% della retribuzioneimponibile.Di particolare interesse la figura subc) che riguarda l’apprendistato di al-ta formazione e ricerca.Possono accedervi soggetti di etàcompresa tra i 18 ed i 29 anni chealternano al lavoro attività aventi leseguenti finalità: ricerca, consegui-mento di un titolo di studio di livel-lo secondario superiore, consegui-mento di titoli di studio universitarie di alta formazione, dottorati di ri-cerca, specializzazione tecnica su-periore, percorsi di specializzazionetecnologica degli istituti tecnici su-periori, praticantato presso gli stu-di professionali.L’art. 5 dello schema di decreto le-gislativo – apprendistato di alta for-mazione e ricerca – prevede il ricor-so al nuovo contratto a tempo inde-terminato anche per il praticantatoper l’accesso alle professioni ordini-stiche.La normativa, per quanto si verrà di-cendo, non può trovare applicazioneper la professione forense.L’intento è sicuramente lodevolema andrà tenuto conto, tra le varieprofessioni, della specificità dellaprofessione forense la quale – perlegge – è incompatibile con lo svol-gimento di attività di lavoro subor-dinato (art. 3 del regio decreto leg-ge 27 novembre 1933, n. 1578,convertito, con modificazioni, dallalegge 22 gennaio 1934, n. 36 re-cante ordinamento della professio-ne di avvocato, in materia di in-
compatibilità con l’esercizio dellaprofessione forense).Va, infatti, tenuto presente che ilpraticante avvocato, dopo un annodi pratica, può conseguire l’abilita-zione al patrocinio forense e inizia-re l’esercizio della professione chesarebbe incompatibile, per legge,con un rapporto di lavoro subordi-nato a tempo indeterminato.Il codice deontologico forense pre-vede, infatti, all’art. 26, canone 1,che l’avvocato deve fornire al prati-cante un adeguato ambiente di lavo-ro, riconoscendo allo stesso, dopoun periodo iniziale, un compensoproporzionale all’apporto professio-nale ricevuto.Il praticante avvocato con patroci-nio ha poi diritto di iscriversi a Cas-sa Forense e versare ivi la contribu-zione dovuta, il che non sarebbepossibile se venisse inquadrato qua-le apprendista a tempo indetermina-to dovendo la relativa contribuzione(10%) essere versata alla Gestionespeciale presso l’INPS.Lo schema quindi, quantomeno perla professione legale, andrà rivistoad esempio inserendo all’art. 5 del-lo schema di decreto legislativo unnumero 4 con l’esclusione dellaprofessione forense da tale normati-va, prevedendo invece per il prati-cante forense uno speciale contrattodi “praticantato forense” di naturaautonoma, retribuito e per la duratadi anni due.
Osservazioni di Leonardo CarboneDesidero “rafforzare” i dubbi e leperplessità espressi da Paolo Rosasulla estensione della nuova disci-plina dell’apprendistato al prati-cantato per l’accesso alla profes-sione forense.E ciò solo ove si consideri che dal-
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lo schema di decreto legislativo ap-provato dal Consiglio dei Ministrinella seduta del 5 maggio 2011, ri-sulta che «L’apprendistato è uncontratto di lavoro a tempo indeter-minato finalizzato alla occupazionedei giovani» (art.1, comma 1).La “causa” del rapporto di prati-cantato è, invece, quella di assicu-rare al giovane praticante, da partedi un professionista, le nozioni indi-spensabili per mettere in atto, nellaprospettiva e nell’ambito di una fu-tura determinata professione intel-lettuale, la formazione teorica rice-vuta nella sede scolastica (Cass.,19 luglio 1997, n. 6645). La Supre-ma Corte (Cass., 15 gennaio 2007,n. 730), peraltro, ha espressamentestatuito che l’attività svolta duranteil periodo di praticantato pressouno studio professionale non puòqualificarsi di lavoro subordinato,salvo che l’interessato non provil’esistenza di un vero e proprio rap-porto di lavoro subordinato.La pratica forense così come disci-plinata dalla legge (da ultimo il
d.p.r. n. 101/1990), anche in ordi-ne alla durata, ha, quindi, una ra-tio diversa (non è finalizzata allaoccupazione dei giovani), e nonpuò essere “inquadrata” nella ti-pologia del contratto di lavoro atempo indeterminato da cui conse-guono diritti ed obblighi per en-trambe le parti (limitazioni nei li-cenziamenti, trattamento fine rap-porto, obblighi previdenziali,ecc.), diritti ed obblighi assentinella pratica forense.Del resto la disciplina generale del“nuovo” apprendistato dettata dal-l’art. 2 dello schema di decreto le-gislativo in questione mal si conci-lia con la pratica forense, ancheper la diversità di contenuto.La figura del praticante avvocato(con o senza patrocinio) non può,quindi, essere “inquadrata” in uncontratto di lavoro a tempo indeter-minato attese peraltro le “limita-zioni” sulle incompatibilità previ-ste dall’art. 3 del r.d.l. n. 1578/1933.A quanto sopra aggiungasi che
l’art. 5 dello schema di decreto le-gislativo in questione prevede, perquanto ci interessa, solo la possi-bilità di assumere con contratto diapprendistato di alta formazione edi ricerca i soggetti coinvolti nelpraticantato per l’accesso alleprofessioni ordinistiche.La limitazione per i soggetti coin-volti nel praticantato al solo “ap-prendistato di alta formazione”, ela rimessione alle Regioni dei per-corsi di alta formazione e dei “pro-fili che attengono alla formazione”(art. 6), portano, a mio avviso, allaesclusione della professione foren-se dalla normativa sull’apprendi-stato in questione.Tenuto conto dei rilevanti riflessiche una estensione della disciplinasull’apprendistato avrebbe sullapratica forense (e sulla Cassa Fo-rense), è opportuno – e necessario– da parte degli organi istituziona-li dell’Avvocatura (CNF-Cassa diPrevidenza Forense), un interventopresso le sedi competenti per i ne-cessari “correttivi” chiarificatori.
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Con la circolare n. 9-C-2011, laCommissione consultiva del Con-siglio nazionale forense ha inviatoa tutti i Consigli dell’Ordine unparere, approvato all’unanimità il25 marzo 2011, in merito alla cor-retta applicazione delle norme co-munitarie in tema di libera circo-lazione e stabilimento dei profes-sionisti.L’occasione per fornire chiarimen-ti sulla interpretazione ed applica-zione delle norme europee è datadal quesito, formulato al CNF dalDipartimento per il coordinamentodelle politiche comunitarie dellaPresidenza del Consiglio. Al CNFè stato chiesto se l’istruttoria, com-piuta da alcuni Consigli dell’Ordi-ne, a fronte delle domande di iscri-zione nella sezione speciale peravvocati stabiliti, «possa configu-rare una violazione del diritto del-l’Unione Europea, in particolaredella direttiva 98/5/CE volta a faci-litare l’esercizio permanente dellaprofessione di avvocato in uno Sta-to membro diverso da quello in cuiè stata acquisita la qualifica e deiprincipi di cui alla direttiva2005/36/CE relativa al riconosci-mento delle qualifiche professio-nali».La Commissione ha affermato chei controlli, eseguiti dai Consigli
dell’Ordine, sono pienamente le-gittimi e conformi allo spiritodelle norme europee.Si è, altresì, precisato che i Consi-gli dell’Ordine, al fine di garantireil corretto esercizio della profes-sione, sono tenuti a compiere leopportune verifiche non solo al-l’atto della richiesta di iscrizionenell’elenco speciale degli avvocatistabiliti, ma anche ad iscrizionegià avvenuta.È interessante, dunque, ripercorre-re le argomentazioni del parereadottato dalla Commissione, evi-denziando i principi espressi dallagiurisprudenza comunitaria, i qua-li dimostrano la legittimità delleverifiche eseguite dai Consigli del-l’Ordine.In primo luogo, la Commissioneha richiamato il parere 25 giugno2009 n. 17, con il quale la stessaaveva già fornito ai Consigli del-l’Ordine «un indirizzo interpretati-vo circa la corretta applicazionedella più recente giurisprudenzadella Corte di giustizia in materiadi limiti al riconoscimento dei tito-li professionali». In quella occa-sione, la Commissione aveva rite-nuto legittima ed opportuna l’i-struttoria svolta dai Consigli del-l’Ordine per verificare il possessodei requisiti idonei alla iscrizione
all’albo professionale e così «di-stinguere in modo motivato i casidi professionisti stranieri intenzio-nati ad esercitare in buona fede illoro pieno diritto allo stabilimentoin Italia dalle ipotesi – come de-scritte dalla Corte – di abuso deldiritto europeo, sotto forma di du-plice passaggio da uno Stato all’al-tro, senza l’acquisizione di qualifi-che supplementari rispetto a quelledi partenza».La necessità del controllo è orariaffermata dalla Commissione,precisando che «in sede di primaricezione della domanda di iscri-zione nella sezione stabiliti, i Con-sigli dell’Ordine conservano unospatium delibandi che va esercita-to proprio nei limiti indicati dalledirettive rilevanti e dalla Corte digiustizia».Sono così rilevanti le pronuncedella Corte di Lussemburgo, lequali hanno affrontato il problemadella interpretazione delle direttivesul sistema generale di riconosci-mento delle qualifiche professio-nali (89/48/CEE) e sull’eserciziopermanente della professione diavvocato in uno Stato membro di-verso da quello in cui è stata ac-quistata la qualifica (98/5/CE).Nella causa C-313/01, Morgenbes-ser, è stato chiesto alla Corte se
Si discute ancora degli “abogados”Il CNF ha riesaminato le vicende dei laureati italiani iscritti negli albi forensi sulla sola base della laurea in giurisprudenza spagnolaed ha escluso la legittimità dell’iscrizione quando la laurea non sia stata seguita da un sufficiente periodo di pratica professionale.La nullità dell’iscrizione può essere rilevata in ogni momento.
di Sara Uboldi
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fosse contrario alle norme del di-ritto comunitario il rifiuto, da par-te delle autorità di uno Stato mem-bro, di iscrivere, nel registro deipraticanti, il titolare di una laureain giurisprudenza ottenuta in un al-tro Stato membro. La Corte, pre-messa la non applicabilità al casodi specie della direttiva 89/48, inquanto l’attività del praticante nonè qualificabile come “professioneregolamentata”, ha affermato lanecessità di verificare l’equivalen-za accademica dei diplomi, oltrealle qualifiche ed esperienze pro-fessionali ottenute nei diversi Statimembri. Sono, dunque, legittimele verifiche svolte dai Consigli del-l’Ordine, al momento dell’esamedella richiesta di iscrizione, inquanto finalizzate ad assicurarsiche il richiedente abbia conoscen-ze e qualifiche equivalenti a quelleattestate dal diploma nazionale.Nel caso Pelsa (C-345/08), la Cor-te ha, altresì, precisato che, per es-sere ammessi al tirocinio prepara-torio alle professioni legali, è ne-cessario dimostrare la conoscenzadel diritto dello Stato membroospitante. Si è, così, affermato, inmodo chiaro, che «l’art. 39 CE de-ve essere interpretato nel senso chele conoscenze da prendere comeelemento di riferimento ai fini del-la valutazione dell’equipollenzadelle formazioni, in seguito ad unadomanda di ammissione diretta adun tirocinio preparatorio alle pro-fessioni legali, senza sostenere leprove previste a tale scopo, sonoquelle attestate dalla qualificazio-ne richiesta nello Stato membro incui il candidato chiede di accederead un tirocinio siffatto».Recentemente, la Corte ha ribaditol’importanza della verifica dellaconoscenza del diritto nazionale
dello Stato membro ospitante. Co-lui che chiede di poter accedere,previo superamento di una provaattitudinale, alla professione di av-vocato deve provare l’effettivosvolgimento della professione al-l’estero. Nella causa C-118/09,Koller, un cittadino austriaco, do-po aver conseguito il titolo di“abogado” ed aver esercitato laprofessione forense in Spagna, hachiesto, alla commissione compe-tente per l’esame alla professionedi avvocato in Austria, l’autorizza-zione a sostenere la prova attitudi-nale alla professione forense. Que-sta richiesta è stata respinta dalleautorità austriache, in considera-zione del fatto che, in Spagna, adifferenza del sistema normativoaustriaco, non è necessario esegui-re un tirocinio per esercitare laprofessione di avvocato. La do-manda dell’abogado, dunque, ri-sultava finalizzata ad aggirarel’obbligo di tirocinio, di cinque an-ni, imposto dalla legge austriaca.La Commissione superiore disci-plinare degli avvocati, chiamata adecidere sulla domanda di ammis-sione alla prova attitudinale per laprofessione di avvocato, ha chiestoalla Corte di Giustizia se fossecompatibile con la direttiva 89/48la proceduta seguita dall’abogado.La Corte ha, così, affermato che«trattandosi di una professione ilcui esercizio richiede una cono-scenza precisa del diritto nazionalee nella quale la consulenza e/ol’assistenza per quanto riguarda ildiritto nazionale costituisce un ele-mento essenziale e costante del-l’attività, l’art. 3 della direttiva89/48 modificata non osta, in ap-plicazione dell’art. 4, n. 1, lett. b),di questa, a che lo Stato membroospitante esiga che il richiedente si
sottoponga ad una prova attitudi-nale, purché tale Stato verifichipreliminarmente se le conoscenzeacquisite dal richiedente nel corsodella propria esperienza professio-nale siano tali da colmare, in tuttoo in parte, la differenza sostanzialedi cui al primo comma di quest’ul-tima disposizione». La Corte ha,altresì, affermato che lo Stato ospi-tante non può negare all’abogadol’autorizzazione a sostenere la pro-va attitudinale solo perché il tiroci-nio è stato compiuto in uno Statodiverso.Infine, nella causa C-359/09,Ebert, si è esaminato il caso di unavvocato, iscritto in Germania, ilquale voleva avvalersi del titoloprofessionale in Ungheria, senzaessere iscritto all’Ordine degli av-vocati ungherese. La Corte ha rite-nuto legittimo l’obbligo di iscri-zione al Consiglio dell’Ordine, im-posto dalle autorità ungheresi (Sta-to membro ospitante), per l’eserci-zio della professione forense.L’avvocato che esercita la profes-sione in uno Stato membro diversoda quello in cui ha conseguito il ti-tolo, infatti, «è soggetto alle stesseregole professionali e deontologi-che cui sono soggetti gli avvocatiche esercitano col corrispondentetitolo professionale di tale Statomembro … né la direttiva 89/48 néla direttiva 98/5 ostano ad una nor-mativa nazionale che, ai fini del-l’esercizio dell’attività forense conil titolo di avvocato dello Statomembro ospitante, istituisca l’ob-bligo di essere membro di un orga-nismo quale un ordine degli avvo-cati».Alla luce dei principi espressi dal-la Corte, la Commissione ha rite-nuto legittimi e necessari gli ac-certamenti compiuti dai Consigli
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dell’Ordine al momento del ricevi-mento di una domanda di iscrizio-ne nella sezione degli avvocati sta-biliti. Questi controlli anziché vio-lare il diritto dell’Unione Europeahanno lo scopo di prevenire even-tuali abusi.In concreto, i Consigli dell’Ordinesvolgono i controlli con maggiorerigore in presenza di “indici dianomalia”. È noto il fenomeno deicittadini italiani, laureati in giuri-sprudenza, i quali, dopo aver svol-to il periodo di pratica in Italia, sirecano in Spagna al fine di conse-guire il titolo di “abogado” edesercitare, poi, il diritto di stabili-mento in Italia. In questi casi, nonvi è alcun legame con il Paese diemissione del titolo di “abogado”,ma il solo intento di eludere l’esa-me di Stato, imposto dalla norma-tiva italiana.Il fenomeno è attuale anche per-ché, come evidenziato nel pareredella Commissione, alcune orga-nizzazioni commerciali pubbliciz-zano questa pratica, offrendo ilproprio supporto per le pratiche re-lative alla omologazione della lau-rea in Spagna e alla iscrizione alcollegio degli avvocati spagnoli.È così rilevante il fatto che l’Auto-rità garante della concorrenza e delmercato, con provvedimento n.22235 del 23 marzo 2011, abbiasanzionato il CESD, ritenendo in-gannevole la pubblicità, diffusa amezzo stampa e in Internet, perconseguire in Spagna l’abilitazio-
ne all’esercizio della professioneforense.Infine, la Commissione ha puntua-lizzato che i Consigli dell’Ordinehanno il dovere di verificare siste-maticamente gli albi, controllandoanche la situazione di coloro chehanno ottenuto l’iscrizione nel pe-riodo compreso tra il 2001 ed il2009. Queste verifiche sono piena-mente legittime, in quanto svolte«per evitare il perpetuarsi di situa-zioni di abuso del diritto dell’U-nione europea, a tutela dell’inte-resse pubblico al corretto eserciziodella professione forense».Nella ipotesi in cui emerga unabuso del diritto dell’Unione Eu-ropea, il Consiglio dell’Ordine ètenuto a cancellare il professioni-sta dall’albo, adottando così unprovvedimento idoneo a soddisfaredue diverse esigenze: da un lato, situtela l’interesse pubblico al cor-retto esercizio della professione,dall’altro, è garantita l’attività di-fensiva compiuta dal professioni-sta nel periodo in cui è stato iscrit-to all’albo, salvaguardando cosìl’affidamento incolpevole dei terzie della clientela.Si noti che, nel precedente parere17/2009, la Commissione avevaescluso che il Consiglio dell’Ordi-ne potesse cancellare l’avvocatoammesso all’esercizio della pro-fessione sulla base di un titolo ri-sultato non idoneo. Con una notapubblicata sul numero 3/2009 diquesta rivista, era già stata espres-
sa una critica a quella decisione,precisando che la cancellazione èun atto dovuto, «in quanto eserci-zio del potere di revisione attribui-to, dall’art. 16 del R.D.L. n. 1578del 1933, al Consiglio dell’Ordi-ne».La Commissione è ora favorevolealla cancellazione dell’avvocato, ilquale risulti essere stato iscrittosenza un titolo idoneo, consideran-do che, come illustrato nella notacitata, questo provvedimento noncomporta l’annullamento dellaiscrizione ma la cessazione di essa,con effetti ex nunc.In ultima analisi, la Commissioneprecisa che «l’eventuale cancella-zione disposta all’esito delle veri-fiche intraprese, oltre ad esseremotivata da un comprovato inte-resse pubblico all’espunzione dal-l’albo del soggetto che non avevatitolo per esservi iscritto, è provve-dimento ovviamente giustiziabilenelle forme e di fronte alle Auto-rità già indicate». La notazione della Commissione ècertamente corretta ed è stata, for-se, inserita per sottolineare il siste-ma delle garanzie offerte dal no-stro sistema. Certo che, nell’even-tuale giudizio instaurato per con-trastare la cancellazione, dispostadal Consiglio dell’Ordine all’esitodelle verifiche, si dovrebbe ancheconsiderare se quella del profes-sionista, ricorso “alla via spa-gnola”, sia una condotta spec-chiatissima ed illibata!
AAVVOCATURAdeontologia
Il diritto alla riservatezza, che orachiamiamo privacy, in Italia è di af-fermazione recente. La giurispru-denza ha cominciato ad occuparse-ne a partire dagli anni cinquanta, incasi riguardanti persone famose, se-condo una linea evolutiva che puòessere sinteticamente condensata datre sentenze di Cassazione, rispetti-vamente del 1956, del 1963 e del1975.Nel primo caso si discuteva dellarealizzazione di un film sulla vitadel tenore Enrico Caruso. I familia-ri lamentavano che venissero rac-contati fatti privati della vita di Ca-ruso, che parevano loro lesivi dellariservatezza. La Cassazione respin-se definitivamente le loro pretese,con la sentenza 22 dicembre 1956 n.4487, affermando il principio che“nell’ordinamento giuridico italianonon esiste un diritto alla riservatez-za, ma sono solo riconosciuti e tute-lati, in modi diversi, singoli dirittisoggettivi della persona: pertantonon è vietato comunicare sia priva-tamente sia pubblicamente vicende,
tanto più se immaginarie, della vitaaltrui, quando la conoscenza non nesia stata ottenuta con mezzi di per séilleciti o che impongano l’obbligodel segreto” 1. Il principio non eraincontrastato. Basti dire che le dueprincipali riviste di giurisprudenzala pubblicarono con due note dia-metralmente opposte: quella sul Fo-ro Italiano segnalandola come unasconfitta, quella sulla Giurispruden-za Italiana come una vittoria 2.Un primo cauto cambiamento dirotta si ebbe con la sentenza Cass.20 aprile 1963 n. 990. Il caso ri-guardava la pubblicazione di un li-bro che parlava della vita di Claret-ta Petacci, l’amante di Mussolini. Ifamiliari della Petacci avevano cita-to l’autore del libro e l’editore, so-stenendo che la pubblicazione le-desse la riservatezza della loro con-giunta e ne offendesse la memoria.La Cassazione ribadì il parere chenon esisteva un diritto alla privacy;ma dopo avere salvato il principio locontraddisse nella sostanza ricono-scendo fondata la pretesa degli atto-
ri. Per questo De Cupis, annotandola sentenza sul Foro Italiano, poté ti-tolare la sua nota “Riconoscimentosostanziale ma non verbale del dirit-to alla riservatezza” 3. La massimadi questa sentenza diceva infatti:“sebbene non sia ammissibile il di-ritto tipico alla riservatezza, viola ildiritto assoluto di personalità (…) ladivulgazione di notizie relative allavita privata, in assenza di un con-senso almeno implicito, ed ove nonsussista, per la natura dell’attivitàsvolta dalla persona e del fatto di-vulgato, un preminente interessepubblico di conoscenza”.Nel 1975, dopo che molti giudici dimerito l’avevano già affermato, laCassazione riconobbe finalmenteche anche nel nostro ordinamentoha cittadinanza un diritto alla pri-vacy. Lo fece in una causa civileche era stata promossa da Soraya(moglie dello Scià di Persia) controalcuni giornali che avevano pubbli-cato fotografie che la ritraevano conun uomo, in atteggiamenti forse in-timi, all’interno di casa sua. La sen-
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Privacy 2011 – Il Garante e l’informazione giuridicaL’Autorità garante per la protezione dei dati personali ha indicato regole sulla informazione giuridica contemperando l’ampiezza dell’informazione dei dati processuali con il diritto alla riservatezza. La rivista aveva già pubblicato un interessante scritto sull’argomento (“Alfa e Beta contro Gamma” nel numero 1 dell’anno 2008).
di Giuliano Berti Arnoaldi Veli
1 In Foro It. 1957, I, 4.2 Sconfitta, in Cassazione, del diritto alla riservatezza, nota a Cass. 22.12.1956 n. 4487 di Adriano De Cupis, in Foro It. 1957, I, 232; e Unamessa a punto della Cassazione sul preteso diritto alla riservatezza, di Giovanni Pugliese, in Giur. It. 1957, I, 1, 365. 3 In Foro It. 1963, I, 1298.
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tenza, 27 maggio 1975 n. 2129, af-fermava che “deve ritenersi esisten-te nel nostro ordinamento un gene-rale diritto della persona alla riser-vatezza, inteso alla tutela di quellesituazioni e vicende strettamentepersonali e familiari le quali, anchese verificatesi fuori del domiciliodomestico, non hanno per i terzi uninteresse socialmente apprezzabile,contro le ingerenze che, sia purecompiute con mezzi leciti, per sco-pi non esclusivamente speculativi esenza offesa per l’onore, la reputa-zione o il decoro, non siano giusti-ficate da interessi pubblici premi-nenti” 4.Sono oramai lontani i tempi in cui lariservatezza era solo il diritto dellepersone famose. L’Italia è arrivatabuona penultima, in Europa, ad ap-provare nel 1996 una legge di tuteladella privacy; ma ha fatto una buonalegge che – trasfusa nel codice dellaprivacy approvato con il decreto le-gislativo 196/2003 – è stata giudica-ta la più completa a livello europeo.Ed è oramai acquisita nella coscien-za collettiva. Provvidenzialmente, sideve dire, perché l’era digitale incui viviamo ha evidenziato proble-matiche nuove, che la rendono assaipiù necessaria che in passato. Nel1968 Andy Warhol aveva profetiz-zato che nel futuro chiunque sareb-be stato famoso per un quartod’ora 5: forse non è proprio così, macerto la privacy allora era il dirittodei famosi, oggi è un diritto di tutti.La necessità di una maggiore tutelanasce proprio dall’avvento dell’eradigitale, e soprattutto dell’era di In-
ternet. Prima, un dato apparso adesempio su un qualche foglio diprovincia, o su una rassegna di mo-desta circolazione, era destinato arimanere circoscritto. Oggi, qualsia-si dato che abbia un aggancio in re-te può essere richiamato, senza fati-ca e senza particolare dispendio ditempo e di energie, dal computer dichiunque, in qualsiasi parte delmondo, in tempo reale; e questo po-ne problemi di tutela che prima nonerano neanche pensabili.Fra i tanti profili evidenziati dallanuova era digitale, c’è anche quellodella diffusione dei dati contenutinei provvedimenti dei giudici, ovve-ro del “trattamento di dati in ambitogiudiziario”. Se ne occupa il D.lgs.n. 196/2003, agli articoli dal 46 al52. La legge in particolare prevededue linee di tutela. La prima di tipogenerale: è la legge stessa ad indivi-duare a priori i dati che è vietatodiffondere. In particolare, non sipossono diffondere mai i dati identi-ficativi dei minori: l’art. 50 estendea tutti i procedimenti un divieto giàin vigore per il solo processo pena-le. Neppure si possono diffondere idati delle parti nei procedimenti inmateria di rapporti di famiglia e distato delle persone, e neppure quellidelle persone offese da atti di vio-lenza sessuale (art. 52 comma 5).La seconda linea è invece rimessaalla volontà e alla iniziativa delleparti.Si tratta di una scelta giusta, che tie-ne conto della realtà. Alla facilitàcon la quale Internet consente diraccogliere pressoché a costo zero
una quantità di informazioni sugliindividui, in effetti, si accompagnauna seria difficoltà di trovare mec-canismi giuridici di tutela della ri-servatezza in rete. La conclusioneallo stato è che la migliore protezio-ne possibile è legata alla iniziativaindividuale, perché, come è statonotato, il contenuto del diritto allariservatezza si è trasformato ed am-pliato passando dal diritto ad esserelasciati soli al diritto al controllodelle informazioni che riguardanol’individuo 6.Dunque, la normativa rimette nellemani del soggetto interessato l’ini-ziativa di attivarsi, se lo voglia, perlimitare la invasività della diffusio-ne dei suoi dati. Il D.lgs. n.196/2003 ha seguito questa strada,gettando inizialmente un po’ disconcerto fra gli editori giuridici,come già a suo tempo avevamo rile-vato 7. Anche per questo, il Garanteper la protezione dei dati personaliha preso l’iniziativa di dettare con larecente delibera 2 dicembre 2010una serie di “Linee guida sul tratta-mento di dati personali nella ripro-duzione dei provvedimenti giurisdi-zionali per finalità di informazionegiuridica”.Niente di rivoluzionario o innovati-vo: il Garante si preoccupa di avver-tire che le linee dettate derivano di-rettamente dalla legge in vigore, dicui sono semplici chiarimenti. E tut-tavia, esse sono assai utili perdiffondere la conoscenza del diritto,per dare sostegno agli editori più ti-tubanti, e nel suggerire accorgimen-ti ai pratici. Perché di questo sola-
4 In Foro It. 1976, I, 2895.5 “In the future, everyone will be world famous for fiftheen minutes”, dal catalogo della mostra di Andy Warhol alla Galleria d’arte mo-derna di Stoccolma, febbraio 1968.6 Giovanni Pascuzzi, Il diritto nell’era digitale, 2 ed., Bologna, Il Mulino, 2006, pag. 68.7 Si veda il nostro Alfa e Beta contro Gamma, in La Previdenza Forense, 2008, n. 1, 37.
AAVVOCATURAdeontologia
mente si tratta, della riproduzione disentenze e provvedimenti giurisdi-zionali su supporto informatico omediante reti, per finalità di infor-mativa giuridica. La tematica nonriguarda né incide sulle norme pro-cessuali, per le quali nulla cambia.In pratica tutto rimane immutatonella redazione delle sentenze, nelloro contenuto, nella pubblicazionein cancelleria, e anche rispetto allaconsultazione e al rilascio di copie.Infine la normativa non riguardanemmeno l’attività giornalistica checontinua ad essere disciplinata aparte 8.Il Garante esordisce dunque affer-mando che la diffusione dei provve-dimenti giurisdizionali costituiscefonte preziosa per lo studio e l’ac-crescimento della cultura giuridica,ed è strumento indispensabile dicontrollo da parte dei cittadini del-l’esercizio del potere giurisdiziona-le; che quindi va favorita la più am-pia diffusione delle sentenze e deglialtri provvedimenti regolarmentepubblicati, attraverso i sistemi infor-mativi istituzionali e anche “in ogniforma”.Detto questo, il Garante si occupa diquella che chiama con burocraticoneologismo la procedura di “anoni-mizzazione” di provvedimenti giu-diziari, cominciando proprio daquella legata alla richiesta dell’inte-ressato. La norma è sempre l’art. 52del decreto già citato. Il garantechiarisce che la domanda tendentead oscurare i dati contenuti in unprovvedimento giudiziario, civile,penale o amministrativo che sia, de-ve provenire dall’interessato. Inte-ressata è naturalmente qualsiasi par-te del processo, persona fisica o giu-
ridica; ma lo è anche qualsiasi sog-getto, ad esempio un testimone o unconsulente che venga identificatodal provvedimento. L’istanza non haparticolari requisiti di forma, puòessere contenuta in un atto separato,o anche formulata a verbale; va ri-volta all’ufficio procedente “primache sia definito il relativo grado digiudizio”. Qui sorge un dubbio: pas-si per le parti, ma gli altri eventualiinteressati, come faranno a sapere diessere menzionati nella sentenzaprima di averla conosciuta? E forseanche alle parti sarebbe stato oppor-tuno concedere la possibilità di va-lutare il proprio interesse alla “ano-nimizzazione” dopo aver letto ilprovvedimento che li riguarda, nonprima. In fin dei conti, non si sareb-be trattato di riaprire il giudizio, madi esaminare solo il testo del prov-vedimento alla luce dell’interessealla privacy. E si sarebbe potuto at-tribuire la decisione sul punto al ca-po dell’ufficio giudiziario.La istanza deve essere fondata su“motivi legittimi”. A noi pare chequesto sia il punto più importante,che dovrà essere approfondito dallapratica. Ricordiamo che stiamo par-lando esclusivamente della diffusio-ne tramite riviste e archivi informa-tici. Tutto il resto (conoscibilità in-tegrale, richiesta copie per “uso per-sonale”, diritto di cronaca dei gior-nalisti) non è toccato. Per questo, ilsemplice desiderio di una parte chevoglia escludere che il suo nome en-tri in un archivio, e soprattutto in unarchivio informatico inserito in unarete di comunicazione elettronica,merita di essere tutelato di per sé;anche a prescindere dal contenutodel provvedimento o dalla eventuale
assenza di addebiti pregiudizievoli acarico dell’interessato. Insomma, leconseguenze anche non immediata-mente prevedibili della immissionedi dati in rete, della loro permanen-za senza limiti di tempo (da cui il di-battito tuttora in corso sul cosiddet-to diritto all’oblio) fanno sì che deb-ba essere riconosciuto alla parte diun processo il diritto di fare oscura-re i suoi dati nei modi e termini pre-visti dall’art. 52 se solo ne faccia ri-chiesta esprimendo la sua contra-rietà.La istanza non è soggetta a bolli obalzelli, essendo un atto interno alprocesso. Va decisa dal giudice“senza ulteriori formalità”, nemme-no quella del contraddittorio con lealtre parti. Non ci sono controinte-ressati su una istanza che riguardasolamente la privacy di un soggetto,e non tocca diritti altrui.Il provvedimento di accoglimentodella istanza deve semplicementedisporre che il Cancelliere appongasull’originale del provvedimentouna annotazione o timbro che dicache a norma dell’art. 52 “in caso didiffusione” si devono omettere legeneralità e gli altri dati identificati-vi di chi lo ha chiesto.Il Garante prosegue ricordando chela “anonimizzazione” può esseredisposta anche d’ufficio. E questo ècertamente un invito al giudice avalutare l’impatto che il suo prov-vedimento potrebbe avere in sensonegativo sulla vita sociale e di rela-zione dei soggetti che va menzio-nando nello scrivere il provvedi-mento. C’è da augurarsi che i giu-dici facciano uso di questa loro fa-coltà, anche nell’interesse dei sog-getti terzi che obiettivamente han-
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8 Franco Abruzzo, Privacy: dopo 15 anni di polemiche e interpretazioni il Garante detta le regole sull’informazione giuridica, in Guida alDiritto n. 4, 22 gennaio 2011, pag. 110.
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no ben poche possibilità di valutarequesto profilo. Il Garante sottoli-nea la opportunità che i giudici sia-no particolarmente prudenti nel ca-so in cui si parli di dati sensibili,soprattutto quelli relativi allo statodi salute e alla vita sessuale degliinteressati. E sottolinea di avere ri-cevuto varie segnalazioni di sog-
getti che lamentavano di avere tro-vato in rete, attraverso i motori diricerca, sentenze che rivelavano illoro stato di salute.Per ultimo, il Garante ricorda i casidi divieti ex lege di diffusione deidati (dei minori e delle parti nei pro-cedimenti in materia di rapporti difamiglia e di stato). Logicamente, il
divieto ex lege dovrebbe venire pri-ma; ma anche noi sembra più cor-retto ribaltarne la trattazione, persottolineare che la prima difesa del-la privacy è nelle mani delle parti in-teressate. Che è poi una ennesimaversione del vecchissimo principioper cui vigilantibus non dormienti-bus jura succurrunt.
AAVVOCATURAdeontologia
Pur nella consapevolezza dellacompleta trattazione dell’argo-mento nell’articolo pubblicato suln. 3 di questa rivista a firma diGuido Alpa e Giuseppe Colavitti,tuttavia riteniamo opportuno unbreve approfondimento sulla re-cente sentenza (anch’essa, per ilvero, citata nell’articolo richiama-to) delle Sezioni Unite della Su-prema Corte n. 23287/10 che, do-po avere affrontato e risolto unadelicata questione processuale intema di competenza e connessioneda cumulo soggettivo in materia diprocedimento disciplinare forense,ha affermato principi molto inte-ressanti sulla pubblicità.Come è noto, l’ormai famoso c.d.“decreto Bersani”, che travolse iltradizionale principio del divietodi pubblicità costantemente affer-mato dalla giurisprudenza deiConsigli territoriali e del Consi-glio Nazionale Forense, ha scate-nato la fantasia dei nostri Colle-ghi, i quali, nella speranza di re-perire clientela e lavoro, soprat-tutto in un momento di crisi eco-nomica, hanno ritenuto (e tuttoraritengono) l’inesistenza di limitidi sorta nella scelta delle vie di
comunicazione e nelle modalità dipresentazione del proprio studioprofessionale, nonché nell’offertadi prestazioni, anche a costi diconcorrenza non proprio ispirati alealtà.Il tentativo di porre freno ad ecces-si non accettabili, offensivi del de-coro della professione forense, èopera quotidiana e meritoria deiConsigli dell’Ordine e del CNF,che peraltro va a scontrarsi con ilvento contrario soffiato dall’Auto-rità garante della concorrenza, chedi certo non si preoccupa di garan-tire il rispetto dei principi di deon-tologia forense, ma non v’è dubbioche l’autorevolezza delle SezioniUnite della Suprema Corte di Cas-sazione richiami in misura ancorapiù seria e cogente l’attenzione deiprofessionisti e di chiunque abbiainteresse al problema.La vicenda che ha dato causa allasentenza sopra citata riguarda l’a-pertura di uno studio legale al pia-no strada con l’apposizione di unainsegna pubblicitaria di forte ri-chiamo, idonea a fermare l’atten-zione del passante e le SezioniUnite sono pervenute alla confer-ma del giudizio negativo espresso
dal CNF nel rigettare il gravameavverso la decisione del COA, at-traverso l’affermazione di una se-rie di principi che è opportuno ri-chiamare allo scopo di sottolinearela sicura permanenza del doverosorispetto, da parte degli avvocati, ditalune regole che nessuna normapotrà mai cancellare.La sentenza ribadisce anzitutto lacorrettezza dell’assenza, nella leg-ge sull’ordinamento forense, diuna specifica ed esauriente tipiz-zazione delle ipotesi di illecito di-sciplinare, giustificata dal fine dievitare che violazioni dei doveri,anche gravi, possano sfuggire allasanzione disciplinare. Rilievo,questo, da tenere nella dovuta con-siderazione, soprattutto nei mo-menti in cui da taluni appartenentialla classe forense si sostiene, im-provvidamente, la necessità di unaprevisione esaustiva dell’illecitonel codice deontologico forense. Iredattori del 1997, con illuminatasensibilità e ragionevolezza, inse-rirono nel codice l’art. 60 che con-sente di evitare proprio il rischiooggi sottolineato dalla SupremaCorte ed è sicuramente insensatopercorrere la via opposta. Del re-
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Il divieto della pubblicità comparativaIl discusso decreto “Bersani” ha fatto ritenere a molti che la pubblicità per gli avvocati sia assolutamente libera da ogni vincolo e da ogni prescrizione. Ma ci si è resi conto che anche per la pubblicità degli avvocati valgono tuttora il divieto della concorrenza sleale e l’osservanza delle regole conformi al prestigio e alla dignità della professione.
di Carlo Martuccelli
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sto, il triplice vaglio del Consigliodell’Ordine, del CNF e della Su-prema Corte, a sezioni unite, la-scia assolutamente tranquilli sullaestrema difficoltà di abusi, soprusied illiceità nella gestione della di-sciplina in danno degli avvocati.Prosegue, la sentenza in commen-to, in relazione ai vizi dedotti dauno dei ricorrenti, ricordando che«quando il giudice del merito èchiamato ad applicare concettigiuridici indeterminati, il compitodel controllo di legittimità può es-sere soltanto quello di verificare laragionevolezza della sussunzionedel fatto». E la ragionevolezza at-tiene all’individuazione del pre-cetto formulato per il caso consi-derato quale concretizzazione del-la più ampia previsione della nor-ma generale.L’ulteriore aspetto preso in consi-derazione dalla sentenza riguarda ilimiti del sindacato sulla motiva-zione rimesso alla Suprema Cortein materia disciplinare forense equi le Sezioni Unite pongono inevidenza le conseguenze dell’en-trata in vigore del d.lgs. n. 40/2006,che sono quelle della impugnabilitàdelle decisioni del CNF “anche pervizio di motivazione”, a normadel’art. 360 n. 5 c.p.c. e si soffer-mano sulla distinzione tra il viziodi omessa od insufficiente motiva-zione e quello di contraddittoriamotivazione: il primo sussiste soloquando nel ragionamento del giu-dice di merito sia riscontrabile unaobiettiva deficienza del criterio lo-gico che lo ha portato al proprioconvincimento, mentre il secondopresuppone che i motivi posti a ba-se della decisione risultino contra-stanti in modo da elidersi a vicendasì da non consentire l’individuazio-ne della ratio decidendi.
Nell’affrontare in particolare la vi-cenda in concreto la sentenza, do-po avere rammentato la norma delcitato decreto legge n. 223/2006,convertito in legge n. 248/2006,precisa che il diritto di fare pubbli-cità informativa dell’attività pro-fessionale non consente all’avvo-cato di «ledere la dignità ed il de-coro professionale, in quanto i fat-ti lesivi di tali valori integrano l’il-lecito disciplinare di cui all’art. 38c.1 r.dl. n. 1578/1933». Richiamala norma contenuta nell’art. 17 delcodice deontologico forense chenon consente che l’informazioneassuma i connotati della pubblicitàingannevole, elogiativa e compara-tiva ed afferma la legittimità delladecisione dell’organo di disciplinache individui l’illecito disciplinarenelle modalità e nel contenuto del-la pubblicità che deve sempre esse-re conforme alla correttezza ed aldecoro professionale.Nel particolare conferma la legit-timità della decisione impugnata,secondo la quale il messaggioespresso nella sigla esposta dallostudio A.L.T. non ha contenutoinformativo ma “di suggestione”perché «induce a ritenere, in mo-do emotivo ed irriflessivo, chevalga la pena di visitare quelloche appare uno studio legale aper-to ed accessibile senza le forma-lità tipiche dello stereotipo lega-le» e che la promessa della “primaconsulenza gratuita” realizza uncaso di informazione equivoca fi-nalizzato all’acquisizione di unvantaggio competitivo sugli altriprofessionisti.Insomma le Sezioni Unite condivi-dono l’affermazione di responsabi-lità disciplinare basata sulla ritenu-ta scorrettezza del messaggio com-petitivo che, lungi dal fornire le ca-
ratteristiche del servizio offerto,mira «a persuadere il possibilecliente con un motto privo di con-tenuto informativo e pieno di capa-cità emozionale evocativa, ecce-dente l’ambito informativo com-pleto, concreto e razionale».Va detto che verosimilmente lapubblicità intesa nella accezionecomune della capacità di persua-sione del consumatore a privile-giare l’acquisto di un prodottocommerciale piuttosto che un al-tro, anche attraverso la compara-zione, non paghi per quanto ri-guarda l’esercizio di una profes-sione, ed in particolare quella fo-rense, nel senso che difficilmenteil cittadino pensa di affidare la cu-ra dei propri interessi e la difesadella sua persona ad un soggettoche non conosce e del quale abbianotizia solo mediante un messag-gio pubblicitario. Ciò non toglieperò che il messaggio che il sin-golo avvocato, o l’associazioneprofessionale, intende trasmetterealla collettività allo scopo di farconoscere il proprio nome e leproprie qualità professionali, deb-ba necessariamente ed indubita-bilmente rispettare i principi didecoro e dignità, violando i qualil’autore del messaggio non è de-gno di appartenere al mondo dellaprofessione.L’art. 17-bis del codice deontolo-gico forense contiene nel dettagliole informazioni che l’avvocato de-ve fornire e quelle che può indica-re allo scopo di consentire al pos-sibile cliente la scelta del profes-sionista cui affidarsi, mentre ilprecedente art. 17 precisa le formee le modalità del messaggio. Il ri-gore nel rispetto di tali norme, al-le quali peraltro la giurisprudenzariconosce autorità di vere e pro-
AAVVOCATURAdeontologia
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prie norme giuridiche (Cass.SS.UU. 8225/02), impedisce volidi fantasia che offendano, comegià detto, il decoro e la dignitàdella professione.In buona sostanza e tornando alle
considerazioni iniziali l’Avvocatu-ra può ascrivere a merito delle pro-prie Istituzioni (COA e CNF) la di-fesa dei valori della antica tradi-zione forense affermati nella leggerisalente al 1933 e ribaditi dal co-
dice deontologico, nonostante gliattentati che negli ultimi tempi al-tre Istituzioni hanno voluto portarein senso contrario.E la Suprema Corte ritiene legitti-ma questa difesa.
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il processo penale
La cosiddetta prescrizione breve siiscrive nella stessa logica che a suotempo portò alla emanazione dellacosiddetta legge ex Cirielli, l’unicalegge italiana ad essere ricordatanon con il nome del suo proponentema con l’esplicita indicazione (ex)che persino questi, a cose fatte, vi-sto il risultato se ne dissociò. La fi-losofia di quell’intervento venne asuo tempo criticata, sia dall’Unionedelle Camere Penali sia dalla mi-gliore dottrina penalistica, perchécondizionava l’estinzione del reatoper decorso del tempo alle partico-lari situazioni soggettive dell’impu-tato, di fatto allungando in manieratalvolta parossistica il termine diprescrizione per particolari imputa-ti. In coerenza con le censure di al-lora si deve sottolineare oggi che lasupposta compensazione oggettodell’attuale ipotesi, secondo cui sidovrebbe riservare agli incensuratiun termine di prescrizione più breverispetto alla categoria dei recidivisemplici, accorciando il terminemassimo previsto per i primi, è l’en-nesima incoerenza che si aggiungead una disciplina già di suo irrazio-
nale. La prescrizione è un istitutoche lega i suoi effetti al decorso deltempo e che si giustifica da un latocon la difficoltà nell’accertamentodel reato e dall’altro con la frustra-zione della funzione generalpreven-tiva e di quella di rieducazione dellapena, destinata ad essere applicataad un soggetto sicuramente cambia-to rispetto al momento di consuma-zione del fatto. Nulla di tutto ciò haa che fare con lo status di recidivoné con la condizione di incensura-tezza dell’imputato. La normativache si vuole introdurre è dunque il-logica ed erronea prima ancora cheevidentemente ispirata da ragioniche non tutelano il bene comune.Detto questo, nel corso dei lavoriparlamentari si è espresso il peggiorarmamentario ideologico da partedelle forze politiche ma anche dellamagistratura associata. La maggio-ranza di governo, come detto, ha so-stenuto la riforma dichiarando chein tal modo si compenserebbe l’in-giustizia attuale che vede, ai finidella prescrizione, gli incensuratitrattati come i recidivi semplici. Ra-gionamento del tutto incoerente ove
solo si consideri che, se proprio sivoleva riparare l’Ingiustizia, bastavariformare il meccanismo della Ci-rielli e non regalare un più breve ter-mine agli incensurati. Ciò, natural-mente, a voler dimenticare che quel-la ingiustizia era stata a suo tempodeterminata dallo stesso schiera-mento politico e che, al di là dellegiustificazioni offerte, si è fatto benpoco per smentire la diffusa opinio-ne secondo cui il reale motivo dellainnovazione è legato alla risoluzio-ne di una particolare vicenda pro-cessuale. Da parte dell’opposizionesi sono utilizzati argomenti natural-mente opposti che, però, per la loroaperta strumentalità, appaiono ani-mati dalla stessa logica partigiana.Pur di avversare il provvedimento,infatti, si sono additati alla pubblicaopinione effetti drammatici, amni-stie sotterranee, liberazione di peri-colosi detenuti, immunità di fattoper gli imputati di gravi vicendeprocessuali che occupano le crona-che, che sono del tutto inventati.Tutto ciò nascondendo il fatto che ladecurtazione dei termini di prescri-zione per gli incensurati – ancorché
La prescrizione breveIl clima che si è creato intorno alla giustizia nella legislatura
ancora in corso è quello dell’invettiva sterile e dello scontro incivile. Che si discuta di riforma della Costituzione ovvero di norme ordinarie
non fa differenza: ogni argomento viene utilizzato in maniera propagandistica, sia contro che a favore delle varie ipotesi in discussione, e difficilmente
si lascia spazio alle valutazioni ragionate. E allora è ancora una volta compito dei giuristi quello di tentare di costruire e mantenere vivo,
dalle macerie di un dibattito sordo ai reali interessi dei cittadini, almeno uno spiraglio di rigore intellettuale.
di Valerio Spigarelli
AAVVOCATURAil processo penale
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ingiustificata ed irrazionale – nellamaggior parte dei reati si riduce adalcuni mesi e dunque, sia nel conte-sto attuale, sia a regime, finirebbeper accelerare un esito comunquescontato e sicuramente non riguar-derebbe i reati che destano maggiorallarme sociale che vengono espres-samente esclusi. L’ANM, dal cantosuo, al di là del catalogo di catacli-smi immaginari, ha aggiunto anchela presunta incostituzionalità dellanorma destinata a creare un diversoperiodo di prescrizione dei reati, aseconda delle condizioni soggettive,tra coimputati dello stesso fatto enel medesimo processo. Argomentosuggestivo che, tuttavia, nascondeall’opinione pubblica che prima del-
la entrata in vigore della legge Ci-rielli, tale effetto si verificava quoti-dianamente mercé la concessione daparte del giudice, in maniera discre-zionale, delle attenuanti generichead un imputato piuttosto che ad unaltro, con l’identico effetto di deter-minare periodi diversi di decorrenzadel termine prescrizionale fra coim-putati. Una situazione che capitavatutti i giorni e sulla quale l’associa-zione dei magistrati non aveva maitrovato nulla di incostituzionale.Anche il CSM ha aggiunto la suabuona dose di mezze verità e di luo-ghi comuni, indicando l’accorcia-mento dei tempi di prescrizione, tral’altro, come fattore potenzialmenterafforzativo, se non scatenante, di
tattiche dilatorie da parte dei difen-sori. Tattiche dilatorie in tal guisaimplicitamente accusate di essere lacausa delle lentezze del processo.La suggestione evocata dal CSM, èperò fondata su un luogo comunedestituito di ogni fondamento. Findal 2008 le ricerche statistiche han-no dimostrato che i rinvii dei pro-cessi avvengono in percentuali infi-nitesimali su richieste dei difensori,dilatorie o meno che siano, mentrenella stragrande maggioranza sonodovuti alle disfunzioni della mac-china della giustizia su cui lo stessoCSM, forse, farebbe bene ad inter-rogarsi. Insomma una legge sbaglia-ta che ha già prodotto una prima vit-tima: la verità.
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AAVVOCATURA
l’opinione
L’espressione “famiglia di fatto”,usata nel linguaggio comune, indicaindubbiamente un fenomeno socialemolto diffuso, tale da sollecitarel’attenzione dei giuristi, in assenza,nel momento attuale, di norme giu-ridiche che ne prevedano espressa-mente la fattispecie, per regolarla inmodo specifico, nell’ambito del no-stro Ordinamento. Illustri giuristi,invero, si sono cimentati nel tentati-vo di dare una definizione a tale fe-nomeno sociale, definizione chepuò essere sintetizzata affermandoche la famiglia di fatto si concretanella convivenza stabile e duraturadi due soggetti, uomo e donna, che,indipendentemente dalla presenzadi figli, conducono la loro vita, inseno alla comunità sociale, come sefossero una coppia legata dal vinco-lo del matrimonio. Ma già tale defi-nizione appare riduttiva se si consi-deri il fenomeno sociale nella suainterezza; tale fenomeno, oggi assaidiffuso, pone degli interrogativi siadi natura giuridica (interrogativivolti alla individuazione di eventua-li normative che possano regolarlo)sia di natura sociale; sotto questosecondo aspetto, è opportuno chie-dersi quali siano i motivi per cui lasocietà odierna si orienta, sempre
più, verso una soluzione di vita chenon è sorretta da alcuna tutela giuri-dica.Viene, quindi, spontaneo chiedersise sia proprio questo il motivo, ouno dei motivi, per cui sempre piùfrequentemente, le coppie, per lopiù giovani, si orientano verso laconvivenza more uxorio anzichécontrarre matrimonio.Ma andiamo con ordine.Il fenomeno sociale di cui parliamoha determinato, nel passato, ancherecente, che nuclei sociali e schiera-menti politici abbiano, per così dire,considerato l’opportunità di una re-golamentazione normativa che po-tesse offrire una tutela giuridica atutti coloro che, per motivi diversi,scelgono la convivenza in luogo delmatrimonio.Qualcuno, più attento al problema,ricorderà che già nel 1988 la Sen.socialista Alma Cappiello, avvocatomilanese, fu, nel 1988, la prima fir-mataria (unitamente alla Sen. ElenaMarinucci, anch’essa socialista) diun disegno di legge elaborato per laregolamentazione delle famiglie difatto: energiche e puntuali le reazio-ni politiche e vaticane che, di fatto,determinarono l’affossamento di ta-le progetto.
Più recentemente si ricorderanno,ancora, i progetti legislativi sinteti-camente definiti prima D.I.C.O. e,successivamente, e seguendo la le-gislazione francese, P.A.C.S.: taliprogetti, come spesso accade in Ita-lia, sono stati accompagnati da mol-teplici ed infuocati dibattiti, a tutti ilivelli, oltreché da polemiche, spes-so ingenerose, secondo le quali ilnostro Paese costituisce, oggi, il“fanalino di coda” d’Europa quantoalla legislazione sulle convivenzemore uxorio.Sul punto vanno fatte alcune consi-derazioni.Preliminarmente non può esseresottaciuto il grande lavoro della Ma-gistratura la quale, ormai da oltre unventennio, ha creato una notevole edimportante giurisprudenza, semprein costante evoluzione, la quale,prendendo spunto da situazioni con-crete, ha dato enorme rilevanza alleconvivenze di fatto, risolvendo mol-teplici controversie e regolando, ca-so per caso, la vita di tanti cittadini.La grande produzione giurispruden-ziale ha suscitato, sempre più, il con-vincimento che fosse utile introdurrenel nostro Ordinamento, finalmente,una normativa delle unioni di fattoper evitare che tale fenomeno fosse,
La “convivenza”: un fenomeno socialenon identificabile in una fattispecie
legale. Le coppie di fattoLa c.d. “famiglia di fatto”, l’unione “more uxorio” riguardata alla luce del diritto
positivo. Posizione della giurisprudenza. Un “vuoto legislativo” da colmare: opinione non condivisibile.
di Giuseppe Orsini
AAVVOCATURAl’opinione
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per così dire, relegato al lavoro dellaMagistratura che non ha compitinormativi: si è parlato, spesso asproposito, di “vuoto normativo”compensato, appunto, dalla grandeproduzione giurisprudenziale.Se scorriamo, ad esempio, la giuri-sprudenza in materia di “assegno”(ci riferiamo, cioè, all’obbligo, daparte di un coniuge, di somministra-re all’altro, economicamente più de-bole, un assegno periodico, in casodi separazione o divorzio) non puòsfuggire la norma che statuisce peril coniuge economicamente più de-bole la cessazione del diritto a per-cepire il predetto assegno in caso dipassaggio a “nuove nozze”.Orbene, la giurisprudenza ha appli-cato tale principio normativo anchea quei casi in cui il coniuge econo-micamente più debole sia passatonon già a nuove nozze ma ad unostabile stato di convivenza moreuxorio: non può, quindi, parlarsi di“vuoto normativo”, come parte del-la dottrina ha sostenuto, atteso chela giurisprudenza non ha colmatoalcuna lacuna, limitandosi ad appli-care ad una situazione di fatto i prin-cipi di una norma già esistente.Se, ancora, analizziamo, con mag-giore profondità, la giurisprudenza,notiamo che in ciascuna sentenza sifa riferimento non tanto al fenome-no in sé della convivenza more uxo-rio ma a quello dello stato di “ab-bandono e precarietà economica”che, in qualche modo, la convivenzamore uxorio ha attenuato o addirit-tura eliminato: allo stesso modo lanorma, quando ipotizza il “passag-gio a nuove nozze”, non pone l’at-tenzione al matrimonio in quanto ta-le, ma sempre a quello stato di ab-bandono e precarietà economica checessa, appunto, con il nuovo matri-monio.
Appare evidente come le circostan-ze che la giurisprudenza ha postosotto la lente di ingrandimento, soloapparentemente equiparandole, nonsiano né il matrimonio né la convi-venza more uxorio in quanto tali,ponendo, viceversa, quale unicopunto di indagine, lo stato di abban-dono del coniuge economicamentepiù debole.Una prova tangibile, ammesso chevi siano dubbi a riguardo, è costi-tuita proprio dall’evoluzione dellagiurisprudenza di legittimità chenegli ultimi tempi, e nell’intento diconfigurare e delineare più precisa-mente lo status delle coppie di fat-to, ha stabilito che perché ci sia lacessazione del diritto a percepirel’assegno di mantenimento, è ne-cessario che la convivenza moreuxorio, costituitasi dopo la separa-zione, sia tale da rendere il coniugeeconomicamente più debole nonpiù in uno stato di abbandono e pre-carietà economica: in altri terminila sola convivenza more uxorio conun soggetto senza lavoro, od anchecon un reddito molto basso, di persé non solleva l’obbligato dal paga-mento dell’assegno statuito in sededi separazione.Non è a parlarsi, dunque, di vuotonormativo: il giudice applica la leg-ge, interpretandola per il caso con-creto sottoposto al suo giudizio,mai può sostituirsi al Legislatore; intal senso va riguardato e compresol’orientamento giurisprudenziale ri-ferito.Come si ribadisce, un vuoto norma-tivo non c’è e non c’è mai stato inquanto, come è evidente, tutti colo-ro che intendono unirsi in una stabi-le convivenza, richiedendo, al con-tempo, la garanzia di un sostegnonormativo che regoli tale unione,possono scegliere la via del matri-
monio, fenomeno sociale che è sta-to, in più riprese, oggetto di tutelanormativa ordinaria, oltreché costi-tuzionale: «La Repubblica ricono-sce i diritti della famiglia come so-cietà naturale fondata sul matrimo-nio»: così recita l’art. 29 della no-stra Carta Costituzionale.L’art. 29 della Costituzione, quindi,appare come il primo ed insormon-tabile ostacolo alla produzione diuna norma ordinaria che regoli laconvivenza di fatto la quale, appun-to, non è fondata sul matrimonio: irischi di incostituzionalità sono ele-vatissimi, né a sostegno di tale as-sunto – come da più parti si è opi-nato – potrebbe invocarsi il dispo-sto dell’art. 2 della Costituzione,che così recita: «La Repubblica ri-conosce e garantisce i diritti invio-labili dell’uomo, sia come singolosia nelle formazioni sociali ove sisvolge la sua personalità, e richiedel’adempimento dei doveri indero-gabili di solidarietà politica, econo-mica e sociale».È di tutta evidenza, sulla scia dellapiù diffusa ed autorevole dottrina,che tra le “formazioni sociali” di cuiall’art. 2 Cost. certamente non pos-sono annoverarsi le unioni di fatto;invero, tale norma, inserita tra i“Principi fondamentali” della Carta,va collegata a quelle poste a tuteladella libertà di riunione e di associa-zione, di cui agli artt. 17 e 18 Cost.Invero, non può ravvisarsi, nella c.d.unione di fatto, una “formazione so-ciale” costituita da una unione don-na-uomo, perché questa unione è lafamiglia, solo la famiglia, come de-lineata dall’art. 29 della Costituzio-ne e che ha il proprio fondamentogiuridico nel matrimonio, istitutoampiamente regolato dalle leggi or-dinarie; è appena il caso di rilevareche il principio costituzionale di cui
all’art. 2, implicitamente, escludeda ogni previsione normativa la tu-tela di una unione donna-uomo chenon sia matrimonio. È ben vero,dunque, che l’espressione “forma-zione sociale”, usata dal Legislato-re, attiene a fattispecie diverse daquella già prevista e regolata dal-l’art. 29 Cost.
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Sta di fatto che numerosi scheminormativi sono stati avanzati, e pro-posti all’attenzione del Legislatore,il quale, per diversi motivi (non ulti-mo la difficoltà di inquadrare con-cretamente le caratteristiche ed iconfini, anche temporali, della con-vivenza more uxorio) non ha volutotentare la strada di una norma speci-fica che regoli un fenomeno sponta-neo quale quello costituito dalleunioni di fatto.E, probabilmente, tra i motivi chehanno “raffreddato”, per così dire,gli ardori parlamentari volti alla re-golamentazione normativa del feno-meno di cui trattiamo, non puòescludersi un disinteresse generaleda parte di tutti quei cittadini che,come già accennato, scelgono laconvivenza more uxorio, in luogodel matrimonio, proprio per non es-sere vincolati da una legge delloStato.A tal proposito, è appena il caso diricordare che nei primi anni 80, inalcune città d’Italia – Pisa città pilo-ta – furono istituite presso le sedicomunali le c.d. “Liste Anagrafichedi Convivenza” alle quali, sponta-neamente, le coppie conviventi mo-re uxorio potevano iscriversi quasiper dare un segnale di presenza oper poter avanzare, in seguito, ri-chieste di agevolazioni legate allostatus, appunto, di conviventi.Ebbene, tale tentativo “pseudo nor-
mativo” fu assolutamente fallimen-tare in quanto, proprio a Pisa, cittàin cui per la prima volta in Italia siistituirono le liste predette, dopo cir-ca 10 anni dallo loro istituzione, ri-sultavano iscritte non più di 80 cop-pie di conviventi.
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Questi i motivi per cui, come già ri-levato, da più parti il nostro Paeseviene ritenuto tra gli ultimi in Euro-pa ad avere adottato una legge ap-propriata in materia: ma ciò non ri-sponde al vero.Ed infatti, unitamente alla produzio-ne giurisprudenziale in materia, unaopportuna, qualificata ed efficaceproduzione normativa ha accompa-gnato il fenomeno della convivenzamore uxorio sin da epoca remota.È sufficiente ricordare, ad esempio,il d.l. n. 1726 del 27 ottobre 1918che ha consentito di ottenere la pen-sione di guerra non solo alla vedo-va, ma anche alla promessa sposaed alla convivente more uxorio; edancora l’art. 6 della L. n. 356 del 13marzo 1958 che ha statuito l’assi-stenza per i figli naturali concepitidal padre caduto in guerra quandoquesti ha convissuto con la madrenel periodo del concepimento; e piùrecentemente l’art. 1 della L. n. 405del 1975 istitutiva dei Consultorifamigliari che ricomprende tra gliaventi diritto anche le coppie di fat-to; ed ancora l’art. 30 L. n. 354 del1975, in tema di riforma dell’Ordi-namento Penitenziario, che ricono-sce al condannato, che si trovi inpericolo di vita, la visita in carceredella moglie o della convivente; edanche l’art. 44 della L. n. 184 del1983 che, in alcuni casi, permettel’adozione a chi non è coniugatoma ha vincoli derivanti da un rap-porto di fatto.
Ma non basta: più recentemente sisono affrontati anche problemi sca-turenti da un fenomeno connesso al-la convivenza more uxorio, e cioè iproblemi che hanno origine dalloscioglimento dei nuclei familiari co-stituitisi solo di fatto.La Corte Costituzionale, ad esem-pio, con sentenza n. 166/1998, nel-l’esaminare il problema oggi tratta-to, ha riconosciuto il diritto di abita-zione al genitore affidatario del fi-glio minore indipendentemente dachi sia proprietario della casa di abi-tazione.La sentenza, perfettamente in lineacon la normativa matrimoniale vi-gente all’epoca della sua emissione,ma anche con la normativa oggi vi-gente, affronta il problema pur se,come appare evidente, è indirizzataprevalentemente alla tutela dei mi-nori.Ed ancora, sempre la Corte Costitu-zionale, con sentenza n. 404/1998,ha stabilito che il “convivente” puòsubentrare al contratto di locazionequalora l’altro (convivente) muoia,o si allontani dalla casa di abitazio-ne per diversi motivi, in caso vi sia-no figli naturali.Sempre la Corte Costituzionale, consentenza n. 559/89 ha statuito che il“convivente” possa ottenere l’asse-gnazione dell’alloggio popolarequalora appartenga al nucleo fami-liare.Insomma – e si potrebbe continuareancora per molto – non sembra chel’Italia rappresenti il fanalino di co-da d’Europa ma, anzi, può dirsi cheil nostro Paese abbia fornito unesempio di grande civiltà giuridica elungimiranza normativa.
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Viene da chiedersi, a questo punto –e veniamo alla questione centrale
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dell’argomento trattato – perché,oggi, il Legislatore trovi tanta diffi-coltà nel regolare il fenomeno dellecoppie di fatto.Preliminarmente non può sfuggireche il Legislatore, nell’intento dielaborare una norma che regoli laconvivenza more uxorio, non possache iniziare il proprio lavoro dall’in-dividuazione del concetto di “convi-venza” e, soprattutto, come sopraaccennato, dall’individuazione delmomento in cui tale convivenza haun inizio ed una probabile fine:quando due soggetti possono esseredefiniti “conviventi”? Come si devesvolgere la vita dei conviventi per-ché la norma emananda possa ri-guardarli? E tali difficoltà, che appaiono asso-lutamente oggettive, costituiscono ilpresupposto del rischio, per il Legi-slatore, di elaborare una legge che,in qualche modo, possa rappresen-tare un duplicato di norme già esi-stenti: le caratteristiche della Normasono la generalità, l’astrattezza e lanovità: una norma deve essere ema-nata avendo quale presupposto unafattispecie generale ed astratta e, so-prattutto, deve necessariamente es-sere innovativa rispetto all’Ordina-mento già esistente: nel panoramanormativo che regola la materia checi occupa, il rischio di ripetersi è,anch’esso, elevatissimo.In secondo luogo, per avere un’ideacomplessiva del fenomeno, deve ri-tenersi indispensabile capire il moti-vo per cui sempre più si scelga diconvivere anziché sposarsi.
Ed è inevitabile presupporre che ta-le scelta sia assolutamente libera econsapevole: il dubbio, quantomenoil dubbio (!?), che tante personescelgano la convivenza proprio pernon avere vincoli giuridici, è dubbioche appare assai fondato!La fondatezza di tale dubbio derivadal fatto che chi vuole unirsi in unastabile convivenza, regolata da nor-me poste a garanzia, soprattutto del-la parte più debole, può scegliere ilmatrimonio: le norme a riguardo,certamente suscettibili di migliora-mento, esistono e sono costante-mente oggetto di riflessione e revi-sione da parte del Legislatore: lanorma istitutiva del divorzio in Ita-lia, nel 1970; la grande riforma del1975; l’ulteriore riforma del 1987,per giungere, recentemente, allanorma del 2006 sul c.d. affidamentocondiviso.Appare evidente che coloro che vo-gliano unirsi e vivere insieme tuttauna vita, o parte di essa, con la tran-quillità di vedere il proprio rapportoregolato da una legge specifica,hanno la possibilità di farlo in quan-to possono scegliere la via del ma-trimonio.Il problema, quello vero, si pone perquelle coppie che non possono sce-gliere la via del matrimonio inquanto è loro preclusa.E tornando, quindi, alla definizionepiù significativa di convivenza – ecioè quella secondo cui la conviven-za rappresenta l’unione stabile traun uomo ed una donna – appare evi-dente che tale definizione rappre-
senti e delinei solo una parte del fe-nomeno che, viceversa, vede, oggi,sempre più frequentemente, la co-stituzione di coppie di fatto rappre-sentate da due uomini o da due don-ne, cioè le coppie c.d. “gay”.Tali soggetti, in verità, sono gli uni-ci che, attualmente in Italia, non go-dono di alcuna tutela giuridica e, diconseguenza, rappresentano gli uni-ci nuclei della nostra società che, le-gittimamente, possono scendere inpiazza per chiedere una normativasulle coppie di fatto, atteso che, co-me va messo in rilievo, non possonounirsi in matrimonio in quanto inItalia il matrimonio tra “gay” non èconsentito.Sul punto ognuno, legittimamente,può avere la propria opinione, se,cioè, sia giusto oppure no consenti-re ai “gay” la possibilità di unirsi inmatrimonio: non è questo l’argo-mento in discussione, né la sede perparlarne.Rimane il fatto che, effettivamente,le coppie omosessuali siano le uni-che ad avere una qualche ragione dichiedere che le loro unioni siano re-golate con una normativa specifica,che tuteli i fenomeni ordinari dellaquotidianità e quelli straordinari che,insieme, caratterizzano la loro vita.A loro il matrimonio è precluso ma,ragionevolmente, può presumersiche se in un immediato o remoto fu-turo il Legislatore italiano rendessepossibile il matrimonio tra “gay”,certamente questi ultimi abbando-nerebbero ogni battaglia per la rego-lamentazione delle coppie di fatto.
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PPREVIDENZA
l’opinione
LA PREVIDENZA FORENSE
Il principio solidaristico nella Previdenza forense
La previdenza degli avvocati contiene molte regole di carattere solidaristico. La Cassa Forense svolge anche una funzione assistenziale che amplia la tutela
per gli iscritti in modo integrativo rispetto alla tutela previdenziale direttamentecorrelata ai redditi. La funzione solidaristica giustifica l’autonomia delle singole
Casse professionali, perché svolge una funzione di aiuto ai meno fortunati all’interno degli appartenenti alla stessa categoria,
così valorizzando il vincolo della colleganza.
di Leonardo Carbone
Le forme previdenziali obbligato-rie concernenti le professioni intel-lettuali, benché organizzate in cor-rispondenza a determinate catego-rie professionali e alle rispettiveattività tipiche, e contrassegnate daaccentuata autonomia strutturale efinanziaria, ciascuna rispetto allealtre e tutte in confronto all’assicu-razione generale obbligatoria e al-la previdenza del pubblico impie-go, non possono qualificarsi di ti-po mutualistico, giacché rispondo-no anch’esse ai principi dettati da-gli artt. 2 e 38 Cost., e sono im-prontate a criteri di solidarietà,
sebbene operanti all’interno dellacategoria, secondo il modello dellasicurezza sociale (Cass., Sez. Un.,13 novembre 1986, n. 6638, in Fo-ro it., 1987, I, 48)1.Il sistema previdenziale della pre-videnza forense va qualificato ditipo solidaristico (Corte cost., 4maggio 1984, n. 132 e 133, in Fo-ro it., 1984, I, 1782).Principio cardine del sistema pre-videnziale degli avvocati è quellodi solidarietà endocategoriale, checonsente di assicurare prestazionisia pure minime anche a colui chenon ha adeguatamente “contribui-
to”; ciò si realizza soprattutto im-ponendo contribuzioni ai posses-sori di redditi alti in relazione aiquali non verrà commisurata lapensione (c.d. contributo di soli-darietà oltre il tetto contributivopensionabile). La solidarietà in-tergenerazionale non può essereinvocata a favore di chi esercita laprofessione saltuariamente. Nelporre un tetto al reddito professio-nale pensionabile, e nell’imporrecomunque un contributo (anche sein misura ridotta) sul reddito ec-cedente il tetto (e privo di riflessisulla pensione individuale), il le-
1 Si evidenzia che:– il sistema mutualistico è caratterizzato dalla divisione del rischio tra coloro che sono ad esso esposti e dalla conseguente riferibilità
ad essi dei fini e degli oneri previdenziali conseguenti alla stessa divisione, nonché dalla proporzionalità tra contributi e prestazioniprevidenziali private;
– il sistema solidaristico è, invece, caratterizzato dalla riferibilità dei fini e degli oneri previdenziali ai principi della solidarietà secon-do il modello della sicurezza sociale, sia pure operanti all’interno di ciascuna categoria di lavoratori, nonché dall’irrilevanza dellaproporzione tra contributi e prestazioni «essendo considerati i primi unicamente quale mezzo finanziario della previdenza sociale –che è prelevato fra tutti gli appartenenti alla categoria in ragione della loro capacità contributiva – ed essendo considerate le presta-zioni quale strumento per l’attuazione concreta dei fini della previdenza stessa» (Corte cost., 4 maggio 1984, n. 132, in Foro it., 1984,I, 1782);
– nel sistema previdenziale dei liberi professionisti è da escludere, invece, l’esistenza di un nesso sinallagmatico tra contributi e presta-zioni previdenziali, perché la contribuzione è configurata quale mezzo finanziario necessario per l’assolvimento dei compiti di tutelaaffidati all’ente previdenziale, ed è posta a carico di tutti gli iscritti in ragione della loro capacità contributiva, mentre il relativo get-tito è destinato all’erogazione delle prestazioni previdenziali in favore di tutti coloro che vengono a trovarsi nelle condizioni di biso-gno previste dalla legge, nel quadro di una partecipazione solidaristica di ogni iscritto all’attività di previdenza svolta dalla cassa ca-tegoriale.
PPREVIDENZAl’opinione
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PLA PREVIDENZA FORENSE
gislatore ha “legato” gli avvocatiad un vincolo di solidarietà cate-goriale.La solidarietà è il principio portan-te dell’intero sistema previdenzialedella previdenza forense; corolla-rio irrinunciabile del principio disolidarietà è, però, l’osservanzadel principio etico della lealtà fi-scale e della conseguente “lealtà”contributiva. Per gli avvocati – inquanto appartenenti ad una fasciasociale abbiente – la finalità dellatutela previdenziale non può esserequella di assicurare la sopravvi-venza al raggiungimento di unacerta età, ma quella di soddisfaresituazioni straordinarie svantag-giate (es., pensione di invalidità), esoprattutto di favorire «la forma-zione di quote aggiuntive di rispar-mio per i periodi di vita scarsa-mente produttivi o del tutto impro-duttivi».Il concetto di solidarietà nella pre-videnza forense è diverso da quel-lo “vigente” nella previdenza deilavoratori dipendenti: nella Cassadi previdenza forense non operainfatti, come già detto, la solida-rietà generale o intercategoriale,ma soltanto la solidarietà intersog-gettiva.Importante è stato il contributodella Corte costituzionale nel chia-rificarsi dei termini del dibattito su“corrispettività” o “solidarismo”nella disciplina della previdenzaforense. Le tappe di questo contri-buto si possono condensare:– nelle pronunce 4 maggio 1984,
nn. 132 e 133, che hanno ribadi-to, nel solco di precedenti pro-nunce rese nel vigore della pre-cedente disciplina (Corte cost.,20 aprile 1977, n. 62, in Foro it.,1977, I, 1056), la connotazionechiaramente “solidaristica” del-
la disciplina delle previdenzecategoriali dei liberi professio-nisti;
– nella pronuncia 3 novembre1988, n. 1008 (in Dir. lav., 1988,II, 510), la quale ha ribadito laassorbente connotazione “solida-ristica” della disciplina dellaprevidenza dei liberi professioni-sti (anche se poi ha dichiaratol’illegittimità della norma cheprevedeva nella previdenza fo-rense la decurtazione della pen-sione di vecchiaia per il profes-sionista che proseguiva la pro-fessione dopo il pensionamento),e la sentenza 15 maggio 1990, n.243 (in Giur. It., 1990, I, 1,1659), in cui si afferma che «ilprincipio di corrispettività tracontribuzione e prestazione pre-videnziale, su cui si fonda la pre-videnza delle varie categorie diliberi professionisti secondo ilmodello della legge del 1980nella riforma della previdenzaforense, è soggetto al correttivodel principio di solidarietà nellamisura necessaria per assicurarea tutti i membri della categoriauna prestazione minima adegua-ta alle loro esigenze di vita».
Anche la Corte di Cassazione hapreso posizione sul tema di fondoin questione (“corrispettività” o“solidarismo”) e ha evidenziato ilcarattere accentuatamente “soli-daristico” della normativa previ-denziale in esame (Cass., 19 mag-gio 1993, n. 5660, in Foro it.,1994, I, 115; Cass., 12 gennaio1993, n. 228, in Foro it., 1993, I,1115).Il problema della “corrispettività”o “solidarietà” della previdenzaforense (e delle previdenze cate-goriali) è stato affrontato anchedalla dottrina, sia pure con solu-
zioni diverse. Si afferma, infatti,da una parte (A. LUCIANI, Proble-mi di legittimità costituzionale inmateria di previdenza forense, inDir. lav., 1985, 272) la progressivaattenuazione di ogni nesso di “cor-rispettività” fra l’obbligazioneavente ad oggetto il versamentodei contributi e l’erogazione dellaprestazione previdenziale, nonchéla sostanziale autonomia fra le dueobbligazioni (di cui la primaavrebbe l’unica funzione di preco-stituire i mezzi necessari per ilraggiungimento dei fini istituzio-nali dell’ente), mentre dall’altra(F. DE AMICIS, Le previdenze pro-fessionali solidaristiche ed i lorolimiti, in Dir. lav., 1985, 272) siafferma come il modello “mutuali-stico” troverebbe perdurante legit-timazione nella previsione di cuiall’art. 38 Cost. Vi è poi chi (M.CERRETA, Profili evolutivi della le-gislazione e della giurisprudenzasulla previdenza degli apparte-nenti agli ordini professionali, inDir. lav., 1990, 397) fa una rico-struzione strettamente “corrispet-tivistica” della disciplina delleprevidenze categoriali, e chi (V.FERRARI, Previdenza e solidarietànell’esercizio delle libere profes-sioni, in Foro it., 1991, I, 1179) ri-tiene ormai avvenuto il passaggiodella previdenza dei liberi profes-sionisti dalla fase di “mutualità”alla fase di “solidarietà”. Altri, in-vece, si pongono in via mediana(M. CINELLI, Libertà dal bisogno,solidarietà ed autonomia nellaprevidenza dei liberi professioni-sti, in Riv. it. dir. lav., 1989, 110)e, criticando una ricostruzione insenso rigorosamente “solidaristi-co” dei contenuti della disciplinadella previdenza dei liberi profes-sionisti (nella specie, avvocati),
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LA PREVIDENZA FORENSE
evidenzia l’innegabilità dell’esi-stenza di ampie aree di stretta“corrispettività” nella disciplinadelle previdenze categoriali.Occorre comunque evidenziareche se i caratteri prevalenti dellaprevidenza forense (e dell’interadisciplina della previdenza dei li-
beri professionisti) sono impronta-ti al principio solidaristico, la di-sciplina medesima contiene, però,alcune caratteristiche che depon-gono in senso contrario, come adesempio, la netta, insuperabile se-parazione rispetto a tutti gli altriregimi previdenziali: l’autonomia
del sistema previdenziale forense,svincolato da ogni solidarietà atti-va e passiva sia nei confronti di al-tre categorie professionali che delregime generale gestito dall’Inpsimpedisce qualsiasi effetto di redi-stribuzione intercategoriale delreddito.
PPREVIDENZAl’informazione
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Il numero degli avvocati italianialla fine del 2010 è giunto a quasiquota 220.000; diminuisce il nu-mero dei giovani che iniziano lapratica e ancor di più di quelli chesi iscrivono per la prima volta al-l’albo professionale. Si è ormaiconsolidata nel tempo una quotanon trascurabile di avvocati senzaalcuna copertura previdenziale!
Anche quest’anno la Cassa Forenseha portato a termine l’operazione dicensire il numero dei professionistiiscritti negli albi forensi, negli elenchispeciali e dei potenziali professionistiinseriti nei registri dei praticanti.Tale operazione viene condotta daCassa Forense al fine di fotografare,ad una determinata data, non solo lanumerosità dell’avvocatura italianama anche come questa si distribuiscesul territorio, di come sta evolvendonel tempo, chiedendo le informazio-ni direttamente alla “fonte” e cioèagli ordini che meglio di qualsiasiorganismo dispongono di dati atten-dibili e soprattutto aggiornati.La rilevazione è stata eseguita dagliuffici della Cassa, facendo richiesta,
a ciascun Consiglio dell’Ordine, dicomunicare il numero dei propriiscritti alla data del 31 dicembre2010. A tale proposito un ringrazia-mento va in particolare, oltre che al-le segreterie degli ordini che contempestività e diligenza hanno invia-to le informazioni richieste, allaDott.ssa Donatella Asquino respon-sabile della segreteria di redazionedella rivista che meticolosamente haraccolto i dati, e con particolare at-tenzione ha evidenziato potenzialiincoerenze.Ne pubblichiamo ora i risultati.Il “censimento” degli iscritti neglialbi forensi, viene eseguito dallaCassa con periodicità biennale, leprecedenti rilevazioni sui dati degliiscritti agli albi, agli elenchi specialie ai registri dei praticanti sono statepubblicate nei seguenti numeri dellarivista: n. 4/1985, pagg. I-VII, n.1/1989, pag. 39 e seguenti, n.2/1996, pag. 15 e seguenti, n.2/1998, pag. 7 e seguenti, n. 2/2000,pag. 28 e seguenti, n. 2/2002, pag.140 e seguenti, n. 3/2002, pag. 260 eseguenti, n. 1/2005, pag. 23 e se-guenti, n. 2/2005, pag. 147 e seguen-
ti, n. 2/2007, pag. 152 e seguenti, n.2/2009, pag. 153 e seguenti.Ormai la Cassa possiede una bancadati molto ampia, tanto che il con-fronto temporale dei dati consentedi cogliere segnali di espansione odi contrazione numerica della pro-fessione ovvero di eventuali trasfor-mazioni strutturali all’interno dellaprofessione forense.I dati richiesti ai vari consigli del-l’ordine sono stati:– il numero degli avvocati iscritti al-
l’albo alla data del 31 dicembre2010;
– il numero dei nuovi avvocatiiscritti all’albo per la prima voltanel corso del 2010;
– il numero degli avvocati cancella-ti nel corso del 2010;
– il numero dei nuovi iscritti nel re-gistro dei praticanti nel corso del2010;
– il numero dei nuovi iscritti nel re-gistro dei praticanti abilitati nelcorso del 2010;
– il numero degli iscritti nell’elencospeciale dei dipendenti pubblicialla data del 31 dicembre 2010;
– il numero dei professori universi-
PLA PREVIDENZA FORENSE
Prospetto iscritti ad albi, elenchi e registri al 31.12.2010. Siamo 216.728La Cassa ha rilevato il numero degli iscritti in albi, elenchi e registri di tutti i Fori italiani. Anche quest’ultima rilevazione conferma in gran parte le caratteristiche numeriche dell’avvocatura. Ma, dopo molto tempo, si manifestauna diminuzione della entità dell’afflusso di nuovi iscritti in albi e in elenchi. Ciononostante il numero degli iscritti agli albi è già salito a 216.728.La rilevazione eseguita dalla Cassa smentisce fantasiose indicazioni del numero degli iscritti fatte da altri, ma questo numero, è pur sempre preoccupante.
commento a cura di Giovanna Biancofiore
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tari a tempo pieno alla data del 31dicembre 2010.
Gli uffici della Cassa hanno succes-sivamente integrato tali informazio-ni con i dati degli avvocati iscrittiall’ente di previdenza e in alcuni ca-si li hanno messi a confronto conquanto rilevato nell’ultimo censi-mento ( riferito al 2008) evidenzian-do alcune significative variazionitemporali.Le informazioni raccolte fanno per-tanto riferimento sia a dati di stockche a dati di flusso. Con i primi sifornisce la fotografia della situazionepresente ad un certa data, con i se-condi si misurano i fattori di modifi-ca, entro un arco temporale, all’inter-no del gruppo. È così che, per esem-pio, il numero degli avvocati e deipraticanti presenti alla data del 31 di-cembre 2010 rappresenta un dato distock, mentre il numero dei nuoviiscritti agli albi o il numero dei can-cellati e dei nuovi iscritti ai registridei praticanti nel corso dell’anno co-stituisce un dato di flusso e da unaanalisi del loro andamento temporaleè possibile valutare eventuali trasfor-mazioni all’interno della categoria.Veniamo ora all’analisi dettagliatadei dati raccolti, per i quali è stataprevista una distribuzione per Con-siglio dell’Ordine (Tabella 1) e unraggruppamento per Distretto diCorte d’Appello (Tabella 2).
Iscritti CassaNella prima colonna della Tabella 1si riporta il numero degli iscritti allaCassa di previdenza forense. Taledato non viene ovviamente fornitodagli ordini ma è già acquisito negliarchivi di Cassa Forense.Tale numero è costituito da due ti-pologie di soggetti:– dagli avvocati che, svolgendo l’at-
tività professionale in maniera
continuativa, sono obbligati all’i-scrizione alla Cassa Forense;
– dai praticanti abilitati che, pur nonavendo l’obbligo di iscrizione allaCassa di previdenza, si iscrivonoin maniera volontaria.
Alla data del 31 dicembre 2010 il nu-mero degli iscritti alla Cassa (avvo-cati e praticanti) era pari a 156.934.Di questi, 61.623 (il 39%) concentra-ti nei consigli dell’ordine del Nord,40.109 (il 26%) nei consigli dell’or-dine del Centro e 55.202 (il 35%) neiconsigli dell’ordine del Sud e delleIsole. Come rilevato nel 2008 anchenel 2010 il Consiglio dell’Ordinecon il minore numero di iscritti allaCassa è quello di Mistretta (Me) conappena 49 unità mentre il Consigliodell’Ordine numericamente più im-portate è rappresentato da Roma conben 16.633 iscritti Cassa.
Percentuale di aumento degli iscritti CassaLa percentuale di aumento dal2008 al 2010 degli avvocati iscrittialla Cassa è stata a livello naziona-le del 9% (pari a una mediadell’4,3% annuo); gli iscritti mani-festano ancora livelli di crescita ab-bastanza consistenti ma sicuramen-te inferiori rispetto a quello osser-vato negli anni passati; i livelli dicrescita medi si equidistribuisconoa livello di grandi aree territorialiNord, Centro e Sud mentre, a livel-lo di singoli ordini o distretti, si ri-scontra qualche differenza: la mi-nore crescita di iscritti si riscontranell’ordine di Casale Monferratoche dal 2008 al 2010 è passato da109 a 110 iscritti, mentre l’ordineche ha mostrato una maggiore cre-scita è stato Lanciano che ha avutouna crescita del 52,67% passandoda 243 a 371 iscritti. A livello di di-stretto di Corte d’Appello la mino-
re crescita viene rilevata nel di-stretto di Trento con un aumento diappena il 6%, mentre è il distrettodi Campobasso ad avere la maggio-re crescita pari al 15%.
Iscritti albiGli iscritti agli albi sono rappresen-tati da coloro che, avendo superatol’esame di abilitazione da avvocato,hanno chiesto e ottenuto l’iscrizioneall’ordine professionale forense. Al-la data del 31 dicembre 2010 risul-tano iscritti, e quindi potenzialmen-te svolgono la professione forense,in alcuni casi senza carattere di con-tinuità, un numero pari a 216.728professionisti, di questi, 69.860 (il32%) si trovano concentrati nei con-sigli dell’ordine del Nord, 53.230 (il25%) nei consigli del Centro e ben93.638 (il 43%) nei consigli dell’or-dine del Sud e delle Isole. I consiglidell’ordine con il minore numero diiscritti agli albi sono stati Tolmezzo(Ud) e Mistretta (Me) entrambi conappena 79 avvocati iscritti, e Torto-na con 82 mentre il Consiglio del-l’Ordine numericamente più impor-tate è rappresentato da Roma conben 22.564 avvocati iscritti all’albo.
Percentuale di variazionedegli iscritti agli albiLa percentuale di variazione dal2008 al 2010 degli avvocati iscrittiagli albi forensi italiani è stata posi-tiva a livello nazionale e pari al 10%(un aumento medio del 4,7% an-nuo); quindi il livello di crescita de-gli iscritti agli albi è ancora abba-stanza consistente, anche se si notaun certo rallentamento rispetto ai va-lori rilevati in passato (cfr. n. 2/2009,pag. 163, Tabella 4); i livelli di cre-scita medi si differenziano a livellodi aree territoriali, cosicché mentrenelle regioni del Sud e del Centro la
LA PREVIDENZA FORENSE
PPREVIDENZAl’informazione
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crescita è stata del 10-11%, invece alNord la crescita si è attestata in me-dia a livelli più bassi: intorno all’8%.Invece, se indirizziamo l’analisi a li-vello di singolo ordine, le differenzepossono essere anche molto rilevan-ti: particolare è la situazione dell’or-dine di Mistretta dove dal 2008 al2010 c’è stata addirittura una ridu-zione del numero dei professionistipari al 6%; l’ordine di Vercelli è ri-masto praticamente invariato, mentrel’ordine che ha mostrato una mag-giore crescita è stato Reggio Emiliacon un aumento di ben il 33%. A li-vello di distretto di Corte d’Appellola minore crescita viene rilevata neidistretti di Genova, Trieste, Ancona,l’Aquila, Messina e Cagliari con unaumento del 5%, mentre è il distrettodi Reggio Calabria ad avere la mag-giore crescita pari al 17%.
Iscritti per la prima volta all’albo avvocati e variazioneperiodo 2010/2008Il numero degli iscritti per la primavolta nel corso dell’anno all’alboavvocati rappresenta un dato di flus-so ed indica la consistenza dei nuo-vi professionisti che, avendo supe-rato l’esame di abilitazione, inizia-no a fare la professione di avvocatoa tutti gli effetti.L’informazione fornita dal numerodegli iscritti per la prima volta al-l’albo degli avvocati è particolar-mente significativa per effettuaredelle ipotesi di medio e lungo perio-do sull’evoluzione numerica del to-tale degli iscritti agli albi.Negli ultimi anni, abbiamo osservatol’elevata consistenza dei flussi dinuovi ingressi negli albi a cui è cor-risposto, dopo breve tempo, un incre-mento dei nuovi iscritti alla Cassa.Invece, si osserva oggi un cambio ditendenza: nel corso dell’anno 2010
il numero dei nuovi avvocati si è ri-dotto rispetto al passato, infatti dai14.220 nuovi avvocati del 2008 si èpassati a 11.285 del 2010 con unariduzione del 21% in due anni!Tale dato è tuttavia molto variabilein ambito territoriale e l’inversionedi tendenza è molto spiccata negliOrdini forensi delle regioni del Cen-tro-Nord, ma per la prima volta an-che in Ordini del Sud dove, più chenel resto d’Italia, negli ultimi anni siera osservata una forte espansionedegli iscritti agli albi.Sarà opportuno monitorare congrande attenzione tale dato, perché,se l’inversione di tendenza dovesseperdurare, come è ipotizzabile, sipuò ragionevolmente prevedere, senon una riduzione del numero totaledi iscritti agli albi, quasi sicuramen-te una situazione di stazionarietànumerica della categoria forense esarà opportuno tenerne conto anchenegli ovvi risvolti sulla sostenibilitàdel sistema previdenziale.
Cancellati dall’albo avvocatiSono rappresentati da coloro cheper svariati motivi smettono di svol-gere la professione, o perché assor-biti in altri settori di mercato del la-voro ovvero per decesso o per can-cellazione d’ufficio.È un dato che viene raccolto que-st’anno per la prima volta quindinon è possibile per il momento svol-gere considerazioni attendibili.Esso rappresenta un valore di flussoe ne daremo un più ampio riscontroquando si disporrà di una base datitemporalmente più ampia.
Nuovi iscritti al registro dei praticanti (abilitati e non abilitati) e percentualedi variazioneIl numero dei giovani laureati in
giurisprudenza che si iscrivono alregistro per la pratica e coloro cheaccedono alla pratica con abilitazio-ne continuano a mostrare una co-stante riduzione nel numero comeavevamo già rilevato in altro artico-lo di questa rivista (cfr. n. 2/2009,pag. 165, Tabella 6).L’andamento che tale dato ha avutonel corso degli ultimi anni è sicura-mente interessante perché evidenziauna forte crescita numerica fino al2004, quando si iscrivevano al regi-stro oltre 23.000 laureati in giuri-sprudenza, dopodiché si è osservatauna contrazione numerica fino a farregistrare, per l’anno 2010, 14.787nuovi iscritti valore inferiore a quel-lo osservato nel 1995.La causa di questa contrazione delnumero dei nuovi giovani laureatiche inizia la professione è da attri-buirsi essenzialmente a un fattoredemografico riconducibile alla con-trazione numerica delle giovani ge-nerazioni successive a quelle cosid-dette del “baby boom”.Accanto a questo fattore demografi-co non bisogna però trascurare la si-tuazione di un mercato del lavoronon più in grado, come nel passato,di offrire un facile accesso alla pro-fessione per cui una parte semprepiù consistente di giovani laureati sitrova costretta a rivolgersi ad altrefasce di mercato del lavoro.Il fenomeno già rilevato da alcunianni si sta riflettendo, come abbia-mo visto, in una contrazione del nu-mero dei nuovi iscritti agli Albi Fo-rensi e alla Cassa di Previdenza, atal punto che, se la tendenza doves-se perdurare, si può ragionevolmen-te prevedere, se non una riduzionedel numero totale di avvocati, quasisicuramente una situazione di sta-zionarietà numerica della categoriaforense.
PLA PREVIDENZA FORENSE
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Tale dato è tuttavia molto variabilein ambito territoriale e la riduzionepercentuale dei praticanti (abilitati enon) è molto spiccata nei distrettiche hanno conosciuto in passato unaforte espansione in particolare quin-di per il Centro-Sud.Con riferimento ai praticanti abilita-ti, nella Tabella 2 si rileva che lacontrazione più elevata si è avutanei distretti di Cagliari e di Napolicon una riduzione vicina al 40%;mentre nei distretti di Genova, Trie-ste e Perugia si continua ad averenuovi ingressi numericamente increscita.Come già evidenziato in passato,sarà opportuno continuare a monito-rare nel tempo l’andamento dei nuo-vi ingressi alla professione, al finedi formulare previsioni attendibilisulla struttura (numerica e demogra-fica) della categoria e ovviamentesugli effetti previdenziali che daqueste deriveranno.
Percentuale di professionistiiscritti agli albi che sonoiscritti alla Cassa di previdenzaNell’ultima colonna si riporta il rap-porto percentuale tra gli iscritti allaCassa e gli iscritti agli Albi e indica,ovviamente, ogni cento avvocatiiscritti agli Albi forensi, quanti sonoanche iscritti alla Cassa di previden-za; tale indicatore fornisce la misu-ra di quanto sia diffusa la coperturaprevidenziale all’interno della cate-goria forense.In un mondo perfetto, visto che l’i-scrizione alla Cassa di previdenzacategoriale è obbligatoria per gli av-vocati iscritti all’albo che svolgonol’attività professionale con conti-nuità, il rapporto tra iscritti Cassa e
iscritti Albi dovrebbe essere pari acento, tuttavia a causa della presenzadi una quota di avvocati che esercita-no la professione in maniera margi-nale o che non la esercitano affattoha comportato che esista una frangiaabbastanza consistente di professio-nisti totalmente privi di alcuna co-pertura previdenziale e assistenziale.Tale quota è oramai consolidata neltempo visto che non ha subito in ter-mini percentuali sostanziali varia-zioni rispetto al passato ed è a livel-lo nazionale in media pari al trentaper cento.In realtà questa quota è ben più altadel trenta per cento se si tiene contoche nel numero di coloro che sonoiscritti alla Cassa sono compresi an-che i praticanti che non fanno anco-ra parte degli iscritti agli Albi.Nel 2010, mediamente, risultavache sul territorio italiano la percen-tuale di avvocati iscritti alla propriaCassa di previdenza è stata, in me-dia, pari al 72%. Tale dato è tutt’al-tro che rassicurante, in quanto evi-denzia la presenza di un gruppoconsistente di professionisti (pari al27% degli avvocati) che attualmen-te non gode di alcuna copertura pre-videnziale.I dati riportati nella Tabella 1 rileva-no, come già evidenziato in passato,notevolissime differenze territorialidel rapporto tra iscritti alla Cassa eiscritti agli albi. Si va dai livelli piùelevati mostrati dai distretti delNord in particolare di Milano eTrento con una copertura previden-ziale diffusa rispettivamente al 94%e 91%, fino a livelli di copertura ec-cessivamente ridotta come mostranoi valori relativi ai distretti di Catan-zaro (51%) e Reggio Calabria(50%).
All’interno delle macro aree territo-riali, Nord, Centro e Sud, il datomostra una relativa omogeneità,mentre esiste una notevole differen-za tra un’area territoriale e un’altra.In media è pari all’88% la percen-tuale di avvocati che, residenti inuna regione del Nord, godono diuna copertura previdenziale da par-te della Cassa; la percentuale scendeal 75% per gli avvocati residentinelle regioni del Centro e si riduceulteriormente ad un livello del 59%per i professionisti residenti nel Sude Isole.Le motivazioni di un livello di co-pertura così contenuto possono ri-condursi essenzialmente a due fatto-ri, il primo legato alla forte espan-sione della professione che ha inte-ressato alcuni albi che hanno oggiuna elevata presenza di giovani conuna concreta difficoltà a inserirsistabilmente nell’attività professio-nale e quindi a programmare il pro-prio percorso previdenziale, il se-condo invece è legato al criterio diiscrizione alla Cassa obbligatoriosolo al raggiungimento di certi livel-li di reddito professionale dichiara-to, livelli più difficili da raggiunge-re per coloro che svolgono la pro-fessione nelle regioni del Centro edel Sud.È indubbio che non si tratta di un fe-nomeno temporaneo ma anzi ormaiconsolidato a cui però sarebbe op-portuno porre rimedio magari attra-verso un lavoro legislativo su piùfronti, sia in ambito professionaleche previdenziale affinché il princi-pio di solidarietà all’interno dellacategoria possa essere pienamenterealizzato.
(Seguono Tabelle)
LA PREVIDENZA FORENSE
PPREVIDENZAl’informazione
148
PLA PREVIDENZA FORENSE
Iscritti Cassa al 31/12/2010
Iscritti Cassa al 31/12/2008
% aumento iscritti Cassa
dal 2008 al 2010
Iscritti nell’albo degli avvocati al 31/12/2010
Iscritti nell’albo degli avvocati al 31/12/2008
% variazione iscritti albi dal 2008 al 2010
Iscritti per la prima volta nell’albo ordinario
degli avvocati nel 2010
Iscritti per la prima volta nell’albo ordinario
degli avvocati nel 2008
% variazione iscritti per la prima volta all’albo ordinario dal 2008 al 2010
Cancellati dall’albo ordinario degli avvocati
nel 2010
Nuovi Iscritti nel registro dei praticanti
nel corso del 2010
Nuovi Iscritti nel registro dei praticanti
nel corso del 2008
% variazione nuovi iscrittinell’elenco dei praticanti
dal 2008 al 2010
Nuovi Iscritti elenco dei praticanti abilitati
nel corso del 2010
Nuovi Iscritti elenco dei praticanti abilitati
nel corso del 2008
% variazione nuovi iscrittielenco dei praticanti
abilitati dal 2008 al 2010
Iscritti elenco speciale dei dipendenti
degli enti pubblici
Iscritti elenco speciale dei docenti universitari
a tempo pieno
% iscritti Cassa su iscritti albi
12
34
56
78
910
1112
1314
1516
1718
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Tab
. 1 -
149
LA PREVIDENZA FORENSE
Iscritti Cassa al 31/12/2010
Iscritti Cassa al 31/12/2008
% aumento iscritti Cassa
dal 2008 al 2010
Iscritti nell’albo degli avvocati al 31/12/2010
Iscritti nell’albo degli avvocati al 31/12/2008
% variazione iscritti albi dal 2008 al 2010
Iscritti per la prima volta nell’albo ordinario
degli avvocati nel 2010
Iscritti per la prima volta nell’albo ordinario
degli avvocati nel 2008
% variazione iscritti per la prima volta all’albo ordinario dal 2008 al 2010
Cancellati dall’albo ordinario degli avvocati
nel 2010
Nuovi Iscritti nel registro dei praticanti
nel corso del 2010
Nuovi Iscritti nel registro dei praticanti
nel corso del 2008
% variazione nuovi iscrittinell’elenco dei praticanti
dal 2008 al 2010
Nuovi Iscritti elenco dei praticanti abilitati
nel corso del 2010
Nuovi elenco dei
Iscritti praticanti abilitati
nel corso del 2008
% variazione nuovi iscrittielenco dei praticanti
abilitati dal 2008 al 2010
Iscritti elenco speciale dei dipendenti
degli enti pubblici
Iscritti elenco speciale dei docenti universitari
a tempo pieno
% iscritti Cassa su iscritti albi
12
34
56
78
910
1112
1314
1516
1718
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PPREVIDENZAl’informazione
150
PLA PREVIDENZA FORENSE
Iscritti Cassa al 31/12/2010
Iscritti Cassa al 31/12/2008
% aumento iscritti Cassa
dal 2008 al 2010
Iscritti nell’albo degli avvocati al 31/12/2010
Iscritti nell’albo degli avvocati al 31/12/2008
% variazione iscritti albi dal 2008 al 2010
Iscritti per la prima volta nell’albo ordinario
degli avvocati nel 2010
Iscritti per la prima volta nell’albo ordinario
degli avvocati nel 2008
% variazione iscritti per la prima volta all’albo ordinario dal 2008 al 2010
Cancellati dall’albo ordinario degli avvocati
nel 2010
Nuovi Iscritti nel registro dei praticanti
nel corso del 2010
Nuovi Iscritti nel registro dei praticanti
nel corso del 2008
% variazione nuovi iscrittinell’elenco dei praticanti
dal 2008 al 2010
Nuovi Iscritti elenco dei praticanti abilitati
nel corso del 2010
Nuovi Iscritti elenco dei praticanti abilitati
nel corso del 2008
% variazione nuovi iscrittielenco dei praticanti
abilitati dal 2008 al 2010
Iscritti elenco speciale dei dipendenti
degli enti pubblici
Iscritti elenco speciale dei docenti universitari
a tempo pieno
% iscritti Cassa su iscritti albi
12
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LA PREVIDENZA FORENSE
Iscritti Cassa al 31/12/2010
Iscritti Cassa al 31/12/2008
% aumento iscritti Cassa
dal 2008 al 2010
Iscritti nell’albo degli avvocati al 31/12/2010
Iscritti nell’albo degli avvocati al 31/12/2008
% variazione iscritti albi dal 2008 al 2010
Iscritti per la prima volta nell’albo ordinario
degli avvocati nel 2010
Iscritti per la prima volta nell’albo ordinario
degli avvocati nel 2008
% variazione iscritti per la prima volta all’albo ordinario dal 2008 al 2010
Cancellati dall’albo ordinario degli avvocati
nel 2010
Nuovi Iscritti nel registro dei praticanti
nel corso del 2010
Nuovi Iscritti nel registro dei praticanti
nel corso del 2008
% variazione nuovi iscrittinell’elenco dei praticanti
dal 2008 al 2010
Nuovi Iscritti elenco dei praticanti abilitati
nel corso del 2010
Nuovi elenco Iscritti dei praticanti abilitati
nel corso del 2008
% variazione nuovi iscrittielenco dei praticanti
abilitati dal 2008 al 2010
Iscritti elenco speciale dei dipendenti
degli enti pubblici
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a tempo pieno
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Iscritti Cassa al 31/12/2008
% aumento iscritti Cassa
dal 2008 al 2010
Iscritti nell’albo degli avvocati al 31/12/2010
Iscritti nell’albo degli avvocati al 31/12/2008
% variazione iscritti albi dal 2008 al 2010
Iscritti per la prima volta nell’albo ordinario
degli avvocati nel 2010
Iscritti per la prima volta nell’albo ordinario
degli avvocati nel 2008
% variazione iscritti per la prima volta all’albo ordinario dal 2008 al 2010
Cancellati dall’albo ordinario degli avvocati
nel 2010
Nuovi Iscritti nel registro dei praticanti
nel corso del 2010
Nuovi Iscritti nel registro dei praticanti
nel corso del 2008
% variazione nuovi iscrittinell’elenco dei praticanti
dal 2008 al 2010
Nuovi Iscritti elenco dei praticanti abilitati
nel corso del 2010
Nuovi Iscritti elenco dei praticanti abilitati
nel corso del 2008
% variazione nuovi iscrittielenco dei praticanti
abilitati dal 2008 al 2010
Iscritti elenco speciale dei dipendenti
degli enti pubblici
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153
LA PREVIDENZA FORENSE
Iscritti Cassa al 31/12/2010
Iscritti Cassa al 31/12/2008
% aumento iscritti Cassa
dal 2008 al 2010
Iscritti nell’albo degli avvocati al 31/12/2010
Iscritti nell’albo degli avvocati al 31/12/2008
% variazione iscritti albi dal 2008 al 2010
Iscritti per la prima volta nell’albo ordinario
degli avvocati nel 2010
Iscritti per la prima volta nell’albo ordinario
degli avvocati nel 2008
% variazione iscritti per la prima volta all’albo ordinario dal 2008 al 2010
Cancellati dall’albo ordinario degli avvocati
nel 2010
Nuovi Iscritti nel registro dei praticanti
nel corso del 2010
Nuovi Iscritti nel registro dei praticanti
nel corso del 2008
% variazione nuovi iscrittinell’elenco dei praticanti
dal 2008 al 2010
Nuovi Iscritti elenco dei praticanti abilitati
nel corso del 2010
Nuovi Iscritti elenco dei praticanti abilitati
nel corso del 2008
% variazione nuovi iscrittielenco dei praticanti
abilitati dal 2008 al 2010
Iscritti elenco speciale dei dipendenti
degli enti pubblici
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dal 2008 al 2010
Iscritti nell’albo degli avvocati al 31/12/2010
Iscritti nell’albo degli avvocati al 31/12/2008
% variazione iscritti albi dal 2008 al 2010
Iscritti per la prima volta nell’albo ordinario
degli avvocati nel 2010
Iscritti per la prima volta nell’albo ordinario
degli avvocati nel 2008
% variazione iscritti per la prima volta all’albo ordinario dal 2008 al 2010
Cancellati dall’albo ordinario degli avvocati
nel 2010
Nuovi Iscritti nel registro dei praticanti
nel corso del 2010
Nuovi Iscritti nel registro dei praticanti
nel corso del 2008
% variazione nuovi iscrittinell’elenco dei praticanti
dal 2008 al 2010
Nuovi Iscritti elenco dei praticanti abilitati
nel corso del 2010
Nuovi Iscritti elenco dei praticanti abilitati
nel corso del 2008
% variazione nuovi iscrittielenco dei praticanti
abilitati dal 2008 al 2010
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Iscritti Cassa al 31/12/2008
% aumento iscritti Cassa
dal 2008 al 2010
Iscritti nell’albo degli avvocati al 31/12/2010
Iscritti nell’albo degli avvocati al 31/12/2008
% variazione iscritti albi dal 2008 al 2010
Iscritti per la prima volta nell’albo ordinario
degli avvocati nel 2010
Iscritti per la prima volta nell’albo ordinario
degli avvocati nel 2008
% variazione iscritti per la prima volta all’albo ordinario dal 2008 al 2010
Cancellati dall’albo ordinario degli avvocati
nel 2010
Nuovi Iscritti nel registro dei praticanti
nel corso del 2010
Nuovi Iscritti nel registro dei praticanti
nel corso del 2008
% variazione nuovi iscrittinell’elenco dei praticanti
dal 2008 al 2010
Nuovi Iscritti elenco dei praticanti abilitati
nel corso del 2010
Nuovi Iscritti elenco dei praticanti abilitati
nel corso del 2008
% variazione nuovi iscrittielenco dei praticanti
abilitati dal 2008 al 2010
Iscritti elenco speciale dei dipendenti
degli enti pubblici
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LI35
2331
5712
%45
8443
835%
166
535
-69%
8929
832
9-9
%10
818
2-4
1%10
842
77%
(co
nti
nu
a Ta
b. 1
)
PPREVIDENZAl’informazione
156
PLA PREVIDENZA FORENSE
Dis
tret
ti
Iscritti Cassa al 31/12/2010
Iscritti Cassa al 31/12/2008
% aumento iscritti Cassa
dal 2008 al 2010
Iscritti nell’albo degli avvocati al 31/12/2010
Iscritti nell’albo degli avvocati al 31/12/2008
% variazione iscritti albi dal 2008 al 2010
Iscritti per la prima volta nell’albo ordinario
degli avvocati nel 2010
Iscritti per la prima volta nell’albo ordinario
degli avvocati nel 2008
% variazione iscritti per la prima volta all’albo ordinario dal 2008 al 2010
Cancellati dall’albo ordinario degli avvocati
nel 2010
Nuovi Iscritti nel registro dei praticanti
nel corso del 2010
Nuovi Iscritti nel registro dei praticanti
nel corso del 2008
% variazione nuovi iscrittinell’elenco dei praticanti
dal 2008 al 2010
Nuovi Iscritti elenco dei praticanti abilitati
nel corso del 2010
Nuovi elenco dei
Iscritti praticanti abilitati
nel corso del 2008
% variazione nuovi iscrittielenco dei praticanti
abilitati dal 2008 al 2010
Iscritti elenco speciale dei dipendenti
degli enti pubblici
Iscritti elenco speciale dei docenti universitari
a tempo pieno
% iscritti Cassa su iscritti albi
12
34
56
78
910
1112
1314
1516
1718
19
Torin
o 7.
727
7.17
2 8%
8.96
9 8.
348
7%38
2 46
4 -1
8%15
5 60
8 60
1 1%
361
407
-11%
203
56
86%
Gen
ova
5.44
3 5.
048
8%6.
381
6.07
0 5%
187
384
-51%
109
429
306
40%
288
200
44%
107
20
85%
Mila
no
20.8
12
19.0
17
9%22
.219
20
.186
10
%1.
017
1.36
5 -2
5%40
3 1.
365
1.47
5 -7
%76
6 85
7 -1
1%31
5 12
8 94
%
Bres
cia
4.52
0 4.
158
9%5.
090
4.76
5 7%
172
254
-32%
79
331
293
13%
156
191
-18%
40
15
89%
Tren
to
1.45
6 1.
374
6%1.
605
1.48
0 8%
80
75
7%26
13
6 98
39
%55
60
-8
%63
12
91
%
Vene
zia
9.46
0 8.
677
9%10
.784
10
.032
7%
513
739
-31%
169
594
586
1%42
0 52
6 -2
0%23
3 73
88
%
Trie
ste
1.93
9 1.
817
7%2.
235
2.12
1 5%
92
132
-30%
48
163
158
3%95
82
16
%57
16
87
%
Bolo
gna
10.2
66
9.56
6 7%
12.5
77
11.7
55
7%40
7 59
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1%24
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1 75
1 9%
378
374
1%17
0 98
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%
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8 8.
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8%10
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153
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4 1.
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9 2%
100
76
32%
47
24
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3.78
2 3.
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11%
4.88
4 4.
636
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5 30
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30
8 30
1 2%
124
137
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76
36
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Rom
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29.5
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14%
1.56
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-34%
625
1.82
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816
1.03
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1%91
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3.
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5.35
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-54%
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134
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%
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13.5
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80
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567
-11%
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1.96
9 1.
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8 1.
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62%
Cam
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15%
1.52
3 1.
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13%
116
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12
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%
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3.63
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%
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%
Cata
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162
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11%
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231
277
-17%
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72
56%
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11%
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%
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%
TOTA
LI
156.
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14.7
87
15.0
52
-2%
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2 8.
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-17%
4.11
0 1.
371
72%
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0 4.
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-29%
1.23
7 4.
447
4.26
8 4%
2.51
9 2.
697
-7%
1.18
8 41
8 88
%
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40
.109
36
.859
9%
53.2
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48.1
66
11%
2.49
3 3.
935
-37%
1.04
2 3.
359
3.44
6 -3
%1.
502
1.79
7 -1
6%1.
274
429
75%
SUD
55
.202
50
.384
10
%93
.638
84
.795
10
%5.
942
6.27
9 -5
%1.
963
6.98
1 7.
338
-5%
3.40
1 4.
429
-23%
1.64
8 52
4 59
%
Tab
. 2 -
PPREVIDENZAl’informazione
158
Nuovo regolamento sanzioni: i motivi del cambiamentoTorniamo ancora sull’argomentodel nuovo regolamento delle sanzio-ni per presentare delle slides illu-strative che mettono a raffronto ilvecchio regime sanzionatorio equello vigente a partire dal 1° gen-naio 2011.Le motivazioni che hanno indotto ilComitato alla modifica del regola-mento possono così riassumersi:– scarsa flessibilità del sistema pre-
vigente. Non c’erano strumentiper incentivare le regolarizzazionispontanee o i pagamenti diretti al-la Cassa “in oblazione”;
– eccessivo rigore nella misura del-le sanzioni, soprattutto per alcuniaspetti formali (assenza di reddi-ti) o brevi ritardi (versamenti conminimi ritardi rispetto alle sca-denze);
– assenza di un analogo regime san-zionatorio sui contributi minimi(importante soprattutto dopo lariforma, che ha riproporzionato i
versamenti tra minimi e autoliqui-dazione);
– disallineamento della proceduradi contestazione all’iscritto rispet-to a quanto previsto dalla legge n.689/1981 in materia di sanzioniamministrative, soprattutto perquanto riguarda la previsione dipagamenti ridotti, in oblazione,per le sanzioni connesse a omessoo ritardato invio del mod. 5;
– eccessiva mole di contenziosoamministrativo e giudiziario deri-vante dalla rigidità della normati-va applicabile.
Di conseguenza, le modifiche piùimportanti apportate dal nuovo re-golamento hanno riguardato:– la riduzione dell’importo delle
sanzioni in percentuale (sui man-cati o ritardati versamenti) o in va-lore assoluto (sull’omesso o ritar-dato invio del mod. 5);
– l’aumento dei casi di tolleranzaper i ritardi negli adempimenti(secondo anno di iscrizione al-l’Albo, per il ritardato invio delmod. 5; primi otto giorni per i ver-
samenti tardivi, sanzioni minimeper ritardi nell’invio del mod. 5 incaso di redditi a zero, ecc.);
– l’adeguamento delle procedure al-la normativa generale in tema disanzioni amministrative con pre-visione di un ampio contradditto-rio con gli iscritti e di forme di pa-gamento ridotto in oblazione;
– l’introduzione di strumenti di fles-sibilità nel sistema quali accerta-mento per adesione (art. 13) e re-golarizzazione spontanea (art. 14);
– la previsione di analoghe sanzionianche per i contributi minimiequiparando i regimi previsti pertutti i contributi (minimi e autoli-quidazione).
Il nuovo regolamento, ovviamente,è applicabile solo agli inadempi-menti successivi al 1° gennaio2011 salvo la possibilità di avvaler-si degli artt. 13 e 14 (accertamentoper adesione e regolarizzazionespontanea) anche per le sanzionirelative al periodo precedente, ap-plicate nella misura prevista dalvecchio regolamento.
PLA PREVIDENZA FORENSE
Sintesi della disciplina delle sanzioniSintesi delle nuove norme regolamentari approvate dalla Cassa Forense per disciplinare il regime sanzionatorio.
commento a cura di Michele Proietti
159
LA PREVIDENZA FORENSE
Disciplina delle sanzioniLe fonti normative
Disciplina delle sanzioniLe fonti normative
TAV. 1
Legge 576/1980
Legge 141/1992
D.lgs. 509/94
D.L. n. 79 del 28/03/1997convertito L. 140/1997
Artt. 17 e 18 per omessi o ritardati versamenti
Art. 9 per omesso o ritardato invio mod. 5
Autonomia regolamentare dell’Ente e relativa procedura di approvazione
Specifico potere regolamentare in materiadi regime sanzionatorio e di condono
SANZIONI DICHIARATIVESANZIONI DICHIARATIVE
• Omesso invio mod. 5
• Ritardato invio mod. 5 entro 30 gg.
• Ritardato invio mod. 5 oltre 30 gg.ma entro il 31/12
• Ritardato invio mod. 5 oltre il 31/12
CASI PARTICOL ARI :• Ritardato invio 1° e 2° anno iscrizione
Albo
Ritardato invio con redditi a ø
400Segnalazione all’Ordine perprocedimento disciplinare
80
160
240
nessuna sanzione
80
4€ €
€
€
€
€
€
€
€
€ € €
08Segnalazione all’Ordine perprocedimento disciplinare
102
203
267
sanzioneper il 2° anno
sanzione ordinaria( 102 o 203 o 267)
TAV. 2
VECCHIOREGOLAMENTO
mod. 5/2010
NUOVOREGOLAMENTO
mod. 5/2011
PPREVIDENZAl’informazione
160
PLA PREVIDENZA FORENSE
SANZIONI CONTRIBUTIVESANZIONI CONTRIBUTIVE((autoliquidazioneautoliquidazione))
• Omissione totale versamenti
• Omissione parziale versamenti
• Ritardo versamenti entro 8 gg.
• Ritardo versamenti da 9 a 30 gg.
• Ritardo versamenti da 31 a 150 gg.
• Ritardo versamenti oltre 150 gg.
24%
12%*
solo interessi
4%
6%
10%
30%
15%
5%
5%
10%
15%
* versamento pari ad almeno il 25% del dovuto
TAV. 3
VECCHIOREGOLAMENTO
mod. 5/2010
NUOVOREGOLAMENTO
mod. 5/2011
REGIME CONTRIBUTI MINIMIREGIME CONTRIBUTI MINIMI
Regime identico a omessi/ritardati versamenti in
autoliquidazione
Decorrenza termini:data versamento ultima rata
Nessuna sanzione
NUOVOREGOLAMENTO
VECCHIOREGOLAMENTO
OMESSO/RITARDATO
VERSAMENTO
CONTRIBUTI MINIMI
30 settembre per minimosoggettivo, integrativo ematernità
30 aprile per minimomodulare
TAV. 4
161
LA PREVIDENZA FORENSE
CONTROLLI INCROCIATI CONAnagrafe Tributaria
CONTROLLI INCROCIATI CONAnagrafe Tributaria
• Omessi versamenti
• Accertamento per adesione
• Ravvedimento operoso
50%
30%
15%
100%
40%
20%
NUOVOREGOLAMENTO
VECCHIOREGOLAMENTO
TAV. 5
dopo l’avvio di formale contestazione da parte della Cassa è possibile aderire all’accertamento e pagare direttamente con riduzione di della sanzione.
LE NOVITÀLE NOVITÀ PROCEDURALIPROCEDURALI
• Art. 13 – accertamento per adesione
• Art. 14 – regolarizzazione spontanea
• Art. 19 – camera di conciliazione (eventuale)
e
TAV. 6
1/3
prima della formale contestazione da parte della Cassa è possibile regolarizzare sponta-neamente l’omissione pagando entro 120 gg. dalla richiesta della Cassa con sanzione ridotta al 50%.
Il Consiglio di Amministrazione può istituire una camera di conciliazione per la risoluzione di controversie in materia di sanzioni sta-bilendone disciplina e modalità di accesso.
PPREVIDENZAl’informazione
162
PLA PREVIDENZA FORENSE
ENTRATA IN VIGOREENTRATA IN VIGORE
R egola (art. 18)L a nuova disciplin a sanzionatoria si applic a alle infrazionicommesse a partire dal 1° gennaio 2011
E ccezione (art. 5 – comma 4)I l ritardato invio del mod. 5 nei prim i 2 anni di iscriz ioneall ’A lbo non è soggetto a sanzioni anche se rif erito al periodoprecedente al 1° gennaio 2011, purché le sanzioni all ’epocapreviste non siano già state pagate
Novità procedurali (art. 13 e art. 14)G li istituti dell ’accertamento per adesione e dellaregolariz zazione spontanea sono applicabili, dall ’1/01/2011,sia alle sanzioni determinate in base al nuovo regolamento siaa quelle determinate in base al vecchio regolamento.L ’accertamento per adesione può essere richiesto anche perprocedure già avviate alla data del 1° gennaio 2011 ma nonancora definite.
TAV. 7
163
PPREVIDENZA
l’informazione
Il codice disciplinareLa Cassa è dotata di un Codice disciplinare per i dipendenti,
di cui ora viene data notizia.
a cura di Giovanni Ceriello
CODICE DISCIPLINARErelativo al modello di organizzazione, gestione e controllo
(adottato dal CdA 26 febbraio 2009)
Allegato alla nota 27 marzo 2009,Prot. 44520/P
Indice
1. Introduzione1.1. Il Decreto Legislativo n. 231 del 20011.2. Il modello adottato dalla Cassa Nazionale
di Previdenza e Assistenza Forense1.3. Il Codice Disciplinare della Cassa Nazionale
di Previdenza e Assistenza Forense1.4. Diffusione del Codice Disciplinare
2. I soggetti destinatari2.1. Gli Amministratori, i Sindaci, i Delegati
ed i soggetti che operano per la Società incaricata della revisione
2.2. Gli altri soggetti in posizione “apicale”2.3. I dipendenti della Cassa Nazionale di
Previdenza e Assistenza Forense2.4. Gli altri soggetti tenuti al rispetto
del Modello2.5. I soggetti non tenuti al rispetto
del Modello
3. Le condotte rilevanti
4. Graduazione delle violazioni al Modello
5. Le sanzioni5.1. Le sanzioni nei confronti degli
Amministratori, dei Sindaci, dei Delegati e del Revisore
5.2. Le sanzioni nei confronti dei componenti dell’Organismo di Vigilanza
5.3. Le sanzioni nei confronti dei Dirigenti e degli altri Soggetti Apicali
5.4. Le sanzioni nei confronti dei Dipendenti5.5. Le sanzioni nei confronti dei Terzi
6. Il procedimento di irrogazione delle sanzioni6.1. Il procedimento nei confronti degli
Amministratori, dei Sindaci, dei Delegati e del Revisore
6.2. Il procedimento nei confronti dell’Organismo di Vigilanza
6.3. Il procedimento nei confronti dei Dirigenti e dei Soggetti Apicali
6.4. Il procedimento nei confronti dei Dipendenti
6.5. Il procedimento nei confronti dei Terzi destinatari
1. Introduzione
1.1. Il Decreto Legislativo n. 231 del 2001
Il decreto legislativo n. 231 dell’8 giugno 2001 (di se-guito, per brevità, “Decreto”) ha introdotto nell’ordina-mento il principio della responsabilità amministrativadegli enti (enti forniti di personalità giuridica, società edassociazioni anche prive di personalità giuridica, conespressa esclusione dello Stato, degli enti pubblici noneconomici e degli enti che svolgono funzioni di rilievocostituzionale) per i reati commessi nel loro interesse eda loro vantaggio dai soggetti indicati nell’art. 5 del de-creto medesimo (soggetti “apicali” e soggetti in “posi-zione subordinata”).Gli artt. 6 e 7 del Decreto prevedono che gli enti sianoesonerati dalla responsabilità amministrativa, qualoraabbiano adottato un Modello organizzativo e di gestione
LA PREVIDENZA FORENSE
PPREVIDENZA l’informazione
sua unità organizzativa, dotata di autonomia finanzia-ria e funzionale, ovvero titolari del potere, anche solodi fatto, di gestione o di controllo dell’Ente, – sia leviolazioni perpetrate dai soggetti sottoposti all’altruidirezione o vigilanza ovvero operanti in nome e perconto della Cassa.L’applicazione del Codice disciplinare presuppone lasemplice violazione delle regole del Modello o del Co-dice Etico; pertanto essa verrà attivata indipendente-mente dallo svolgimento e dall’esito del procedimentopenale, eventualmente avviato dall’autorità giudiziaria,nel caso in cui il comportamento da censurare valga an-che ad integrare una fattispecie di reato.Il concetto di Codice disciplinare fa ritenere che si deb-ba procedere ad una graduazione delle sanzioni applica-bili, in relazione al differente grado di pericolosità e/ogravità che i comportamenti possono presentare rispettoalla commissione di reati.La Cassa ha, pertanto, creato un Codice disciplinareche, prima di tutto, sanziona le infrazioni al Modello,dalla più grave alla più lieve, mediante un codice di gra-duazione della sanzione e che, secondariamente, rispet-ta il principio di proporzionalità tra la mancanza rileva-ta e la sanzione comminata.Il Modello adottato dalla Cassa ai sensi del D.Lgs.231/2001, costituisce, difatti, parte integrante dellanormativa aziendale. Eventuali violazioni delle singo-le regole di comportamento, contenute nel Modellomedesimo e delle correlate procedure della Cassa non-ché del Codice Etico, costituiscono inadempimento al-le obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro ed ille-cito disciplinare e saranno regolate come di seguitospecificato.Le previsioni contenute nel Codice disciplinare non pre-cludono la facoltà dei soggetti destinatari di esercitaretutti i diritti, ivi inclusi quelli di contestazione o di op-posizione avverso il provvedimento disciplinare ovverodi costituzione di un Collegio Arbitrale, qualora ciò siaprevisto da norme di legge o di regolamento, nonchédalla contrattazione, inclusa quella collettiva.Per tutto quanto non previsto nel Codice disciplinaretroveranno applicazione le norme di legge e di regola-mento vigenti, nonché le previsioni della contrattazione,inclusa quella collettiva.Il Codice disciplinare viene costantemente monitoratodall’Organismo di Vigilanza, dalla Direzione Generale edal Servizio del Personale, ognuno per quanto di propriacompetenza.
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correlato con un codice disciplinare idoneo a sanziona-re il mancato rispetto delle misure indicate nel modelloe nel codice etico.La definizione di misure disciplinari, applicabili in casodi violazione delle regole previste dal Modello, risulta,pertanto, essenziale al fine di rendere efficiente l’azionedi vigilanza dell’O.d.V. ed ha lo scopo di garantire l’ef-fettività del Modello stesso.
1.2. Il Modello adottato dalla Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense
In conformità alle previsioni del Decreto, il Consiglio diAmministrazione della Cassa, nella seduta del 26 feb-braio 2009 (NB: la definitiva adozione del Modello saràoggetto di prossima deliberazione del CdA), ha adottatoun Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo,costituito dal complesso di principi, regole e previsionicontenute nel modello di sintesi e nei seguenti docu-menti:1) il Codice organizzativo;2) il Codice autorizzativo di procure e deleghe;3) le procedure manuali ed informatiche;4) il Codice etico;5) il Codice disciplinare.
1.3. Il Codice disciplinare della Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense
La Cassa ha adottato, unitamente agli altri Protocolli co-stituenti il Modello, il presente Codice disciplinare, ido-neo a sanzionare i comportamenti realizzati in violazio-ne delle prescrizioni del Modello.Il presente Codice disciplinare si inquadra nell’ambitodei più generali obblighi – previsti dagli articoli 2103,2106 e 2118 del Codice Civile – di diligenza ed obbe-dienza del lavoratore nonché nei poteri del datore di la-voro di predisporre ed attuare appositi strumenti di tipodisciplinare. Il Codice disciplinare opera nel rispettodelle norme vigenti, ivi incluse, ove applicabili, le di-sposizioni contenute nello Statuto dei Lavoratori e quel-le previste nella contrattazione collettiva ed ha natura in-terna all’azienda, non potendo ritenersi sostitutivo, ben-sì aggiuntivo rispetto alle norme di legge o di regola-mento vigenti, nonché integrativo delle altre normeaziendali, anche di natura disciplinare.Oggetto di sanzione sono sia le violazioni del Model-lo commesse dai soggetti posti in posizione “apicale”– in quanto titolari di funzioni di rappresentanza,d’amministrazione o di direzione dell’Ente o di una
1.4. Diffusione del Codice Disciplinare
La Cassa si impegna ad assicurare:• la massima diffusione del presente Codice, anche me-
diante la pubblicazione sul sito intranet aziendale;• la predisposizione di strumenti conoscitivi, esplicativi,
di informazione e sensibilizzazione con riferimento aicontenuti del Codice;
• lo svolgimento di periodiche verifiche allo scopo dimonitorare il grado di osservanza delle disposizionicontenute nel Codice;
• il costante aggiornamento del Codice in relazione all’e-voluzione ed alle modifiche dell’attività della Cassa, adeventuali mutamenti nella sua struttura organizzativa ogestionale, nonché in rapporto alle tipologie di violazio-ni riscontrate nell’ambito dell’attività di vigilanza.
Nel rapporto contrattuale la Cassa si impegna a richie-dere ai terzi contraenti il rispetto delle disposizioni dicui al Modello di sintesi, al Codice Etico nonché al pre-sente Codice, a tal fine specificando espressamente inciascun contratto la presa visione. Nell’ambito dei rap-porti con i terzi, la Cassa è tenuta:• ad informare tempestivamente e adeguatamente i de-
stinatari circa gli impegni e gli obblighi previsti nelModello, nel Codice Etico e nel presente Codice Di-sciplinare ed a richiederne l’osservanza;
• a non instaurare, né proseguire, rapporti contrattualicon chiunque rifiuti espressamente di rispettare o, co-munque, non osservi le disposizioni del Modello, delCodice Etico e del presente Codice.
2. I soggetti destinatari
2.1. Gli Amministratori, i Sindaci, i Delegati ed isoggetti che operano per la Società di revisione
Ai sensi dell’art. 5, lett. a), del Decreto, l’Ente è re-sponsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suovantaggio, innanzitutto, da persone “che rivestono fun-zioni di rappresentanza, di amministrazione o di dire-zione dell’Ente o di una sua unità organizzativa dotatadi autonomia finanziaria e funzionale, nonché da perso-ne che esercitano, anche di fatto, la gestione o il con-trollo” dell’Ente.Le norme ed i principi contenuti nel Modello e nei Do-cumenti ad esso connessi ed elencati al punto 1.2, devo-no essere rispettati, in primo luogo, dai soggetti che ri-vestono all’interno della Cassa una posizione “apicale”.In particolare, sono passibili delle sanzioni previste nelCodice disciplinare i membri del Consiglio di Ammini-
strazione e del Collegio Sindacale nonché i Delegati; adessi sono equiparati, ai fini del predetto Codice, in con-siderazione dell’attività svolta, i membri della Societàincaricata della revisione, cui la Cassa ha demandato ilcompito di curare il controllo contabile.
2.2. Gli altri soggetti in posizione “apicale”
Ai sensi dell’art. 5 del Decreto, vanno ricompresi nel no-vero dei soggetti in posizione “apicale” il Direttore Ge-nerale, il Vice Direttore Generale, nonché i Dirigenti.
2.3. I Dipendenti
A norma dell’art. 5, lett. b), del Decreto, la Cassa è re-sponsabile anche qualora vengano commessi reati nelsuo interesse o a suo vantaggio da “persone sottopostealla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cuialla lettera a)”, ossia di uno dei soggetti di cui ai prece-denti punti 2.1 e 2.2.L’art. 7, IV comma, lett. B) del Decreto prescrive, al fi-ne di garantire l’efficace attivazione del Modello, l’ado-zione di un idoneo Codice disciplinare che sanzioni leeventuali violazioni delle misure previste nel Modello enel Codice Etico, poste in essere dai soggetti sottopostialla direzione o alla vigilanza di un soggetto “apicale”.Assume rilevanza, a tale proposito, la posizione di tuttii dipendenti della Cassa con rapporto di lavoro subordi-nato, indipendentemente dal tipo di contratto applicato,dalla qualifica e/o dall’inquadramento aziendale ricono-sciuti (ad es. quadri, impiegati, commessi, lavoratori atempo determinato, ecc.).Nell’ambito di tale categoria rientrano anche i dipen-denti cui sono assegnati, o che comunque svolgono, fun-zioni e/o compiti specifici in materia di salute e sicurez-za sul lavoro.
2.4. Gli altri soggetti tenuti al rispetto del Modello
Il presente Codice disciplinare ha, inoltre, la funzione disanzionare le violazioni del Modello e del Codice Etico,commesse da soggetti anche diversi da quelli sopra in-dicati.Si tratta, in particolare, di tutti i soggetti che sono co-munque tenuti al rispetto del Modello e del Codice Eti-co in virtù della funzione svolta in relazione alla struttu-ra ed alla organizzazione della Cassa, ad esempio inquanto funzionalmente soggetti alla direzione o vigilan-za di un soggetto “apicale”, ovvero in quanto operanti,direttamente o indirettamente per la Cassa. Nell’ambitodi tale categoria, possono farsi rientrare:
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4) violazione degli obblighi, dei doveri e delle regole dicondotta specificatamente individuate nel Codice Eti-co, adottato dalla Cassa con delibera del Consiglio diAmministrazione del 26 febbraio 2009.
Si ritiene, inoltre, opportuno, vista l’introduzione, daparte dell’art. 300 del T.U. in materia di sicurezza sullavoro, dell’art. 25-septies, D.Lgs. 231/2001, che esten-de la responsabilità dell’Ente anche ai casi di reati col-posi (omicidio, ovvero lesioni gravi o gravissime) com-messe in materia di salute e sicurezza sul lavoro, gra-duare secondo un ordine crescente di gravità le possibi-li violazioni;5) mancato rispetto del Modello, nel caso in cui la vio-
lazione comporti il determinarsi di una situazione dieventuale pericolo per l’integrità fisica di una o piùpersone, compreso l’autore della violazione, e sem-pre che la detta violazione non integri una delle ipo-tesi previste nei successivi punti 6), 7) e 8);
6) mancato rispetto del Modello, nel caso in cui l’infra-zione comporti una lesione all’integrità fisica di unoo più soggetti, compreso l’autore della violazione, esempre che non sia integrata una delle ipotesi previ-ste nei successivi punti 7) e 8);
7) mancato rispetto del Modello, nel caso in cui l’infra-zione cagioni una lesione, qualificabile come “grave”ex art. 583, comma 10, cod. pen., all’integrità fisica diuno o più soggetti, compreso l’autore dell’infrazione,e sempre che la detta violazione non integri l’ipotesiprevista nel successivo punto 8);
8) mancato rispetto del Modello, nel caso in cui l’infra-zione cagioni una lesione, qualificabile come “gra-vissima” ex art. 583, comma 10, cod. pen., all’inte-grità fisica ovvero la morte di uno o più soggetti,compreso l’autore dell’infrazione.
5. Le sanzioniL’individuazione e l’irrogazione delle sanzioni deve te-ner conto dei principi di proporzionalità e di adeguatez-za delle stesse rispetto alla violazione contestata.In particolare, la sanzione dovrà essere opportunamentegraduata sulla base dei seguenti elementi:• la tipologia della violazione compiuta;• la rilevanza degli obblighi violati e l’entità del danno o
del grado di pericolo arrecato all’Ente, agli utenti o aterzi dal disservizio determinatosi come conseguenzadell’infrazione;
• le circostanze nel cui ambito si è sviluppata la condotta;• la presenza e l’intensità dell’elemento intenzionale; il
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• tutti coloro che intrattengono con la Cassa un rapportodi lavoro di natura non subordinata (ad es. i collabora-tori a progetto, i consulenti, i lavoratori somministrati,lavoratori interinali, ecc.);
• i collaboratori a qualsiasi titolo;• i procuratori, gli agenti e tutti coloro che agiscono in
nome e per conto della Cassa;• i soggetti cui sono assegnati, o che comunque svolgo-
no funzioni e compiti specifici in materia di salute e si-curezza sul lavoro;
• i contraenti ed i partner.
2.5. Soggetti non tenuti al rispetto del Modello
Non sono passibili delle sanzioni individuate nel pre-sente Codice disciplinare, in quanto non tenuti al rispet-to del Modello, gli iscritti alla Cassa né i soggetti porta-tori di interessi nei confronti della Cassa stessa (ad es.conduttori, finanziatori, collettività e Pubbliche Ammi-nistrazioni).
3. Le condotte rilevantiAi fini del presente Codice Disciplinare e nel rispettodelle previsioni di cui alla contrattazione collettiva (lad-dove applicabili) costituiscono violazioni del Modellotutte le condotte, commissive od omissive (anche colpo-se) che siano idonee a ledere l’efficacia dello stesso qua-le strumento di prevenzione del rischio di commissionedei reati rilevanti ai fini del Decreto.
4. Graduazione delle violazioni al ModelloAl fine di individuare le sanzioni applicabili, appare op-portuno, innanzitutto, definire le possibili violazioni,graduate secondo un ordine crescente di gravità:1) mancato rispetto del Modello, qualora si tratti di vio-
lazioni realizzate nell’ambito delle attività specifica-tamente individuate all’interno del Modello di sintesi(Parte Speciale), qualora non ricorra una delle ipote-si previste nei successivi punti 2) e 3);
2) violazione del Modello, nel caso in cui il mancato ri-spetto delle prescrizioni previste nello stesso integri ilsolo fatto (elemento oggettivo) di uno dei reati previ-sti nel Decreto;
3) mancato rispetto del Modello, qualora la violazionedelle prescrizioni previste nello stesso sia stata com-piuta con la finalità di commettere uno dei reati pre-visti nel Decreto o, comunque, vi sia la possibilitàche venga contestata la responsabilità della Cassa aisensi del Decreto;
grado di negligenza, imprudenza o imperizia dimo-strate, tenuto conto anche della prevedibilità dell’e-vento.
Ai fini dell’eventuale aggravamento della sanzione de-vono, altresì, essere considerati i seguenti elementi:• l’eventuale commissione di più violazioni nell’ambito
della medesima condotta, nel qual caso verrà applica-ta la sanzione prevista per la violazione più grave, se ledette infrazioni sono punite con sanzioni di diversagravità;
• l’eventuale concorso di più soggetti nella commissio-ne della violazione;
• l’eventuale recidività del suo autore.L’applicazione delle sanzioni di seguito riportate nonpregiudica in ogni caso il diritto della Cassa ad agire neiconfronti del soggetto responsabile, al fine di consegui-re il risarcimento di tutti i danni patiti a causa o per ef-fetto della condotta accertata.
5.1. Le sanzioni nei confronti degli Amministratori,dei Sindaci, dei Delegati e del Revisore
Qualora sia accertata la commissione di una violazionedel Modello, ovvero delle regole di condotta individua-te nel Codice Etico da parte di un Amministratore, di unSindaco, di un Delegato o del Revisore potrà essere ap-plicata la sanzione della revoca del mandato, con conse-guente sostituzione del componente nell’ambito del-l’Organo Collegiale o del Revisore.
5.2. Le sanzioni nei confronti dei componenti dell’Organismo di Vigilanza ex art. 6 D.Lgs.231/2001
In caso di violazioni del Modello ovvero del Codice Eti-co da parte di un componente dell’Organismo di Vigi-lanza, l’Organismo stesso, a seguito di propria delibera-zione, trasmette apposita relazione al Consiglio di Am-ministrazione ed al Collegio Sindacale, i quali assumo-no le opportune sanzioni, in applicazione di quanto pre-visto nel presente Codice Disciplinare per la rispettivacategoria d’appartenenza dei diversi componenti e nelrispetto delle regole di funzionamento dell’O.d.V. e deicriteri di durata in carica e sostituzione dei componentidello stesso, previsti nel Modello.Qualora le violazioni del Modello ovvero del CodiceEtico siano poste in essere da tutti i membri dell’Orga-nismo di Vigilanza sarà compito del Consiglio di Am-ministrazione aprire la procedura sanzionatoria sopradescritta.
5.3. Le sanzioni nei confronti dei Dirigenti e degli altri Soggetti Apicali
In caso di violazione, da parte di un Dirigente, del Mo-dello o del Codice Etico, saranno applicate – in confor-mità a quanto previsto dal Contratto Collettivo Naziona-le di Lavoro del Personale Dirigente degli Enti Previ-denziali Privati – le seguenti sanzioni:• il recesso con preavviso;• il recesso senza preavviso. In particolare:
a) nel caso di violazioni di una o più prescrizioni delModello o del Codice Etico, tali da minare il rap-porto di fiducia in relazione alle prestazioni profes-sionali espletate, ovvero in presenza di violazioni dicui al n. 7) dell’Art. 4, verrà applicata la sanzionedel recesso con preavviso; in tal caso l’Ente, nel ri-spetto dei termini di preavviso previsti dalla con-trattazione collettiva, può consentire al Dirigente dicontinuare a svolgere, per detto periodo, la propriaattività lavorativa presso lo stesso o altro ufficio,ove non si ritenga di adottare il provvedimento disospensione cautelativa;
b) in caso di violazioni di una o più prescrizioni delModello o del Codice Etico, talmente gravi da le-dere irreparabilmente il rapporto fiduciario conl’Ente e non consentire la prosecuzione anche prov-visoria del rapporto, ovvero in presenza delle viola-zioni di cui al n. 8) dell’Art. 4, il Dirigente incorrenel provvedimento di recesso senza preavviso exart. 2119 c.c.
La gravità delle infrazioni ed il conseguente provvedi-mento disciplinare verranno commisurate al livello diresponsabilità ed autonomia del Dirigente, all’eventualereiterazione dei comportamenti non conformi da partedel Dirigente, all’intenzionalità del comportamentononché al livello di rischio a cui la Cassa può ritenersiragionevolmente esposta, ai sensi del Decreto, a seguitodella condotta irregolare accertata.Qualora la violazione sia contestata ad altri soggetti inPosizione Apicale – Direttore Generale e Vice DirettoreGenerale – troveranno applicazione le sanzioni previsteper i Dirigenti.
5.4. Le sanzioni nei confronti dei Dipendenti
Qualora sia accertata la commissione di una delle viola-zioni del Modello ovvero l’infrazione alle regole di con-dotta individuate nel Codice Etico da parte di un sog-getto qualificabile come Dipendente ai sensi del presen-
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violazioni di cui ai nn. 2), 4) e 7) dell’Art. 4, ovveroviolazioni del Modello e del Codice Etico di gravitàtale da compromettere gravemente il rapporto di fidu-cia con l’Ente. La detta sanzione viene comminataanche al dipendente che sia recidivo, per almeno trevolte in un anno, nel compimento delle violazioni dicui alla precedente lettera b);
d) incorre, infine, nel licenziamento senza preavviso ildipendente che compia le violazioni di cui ai nn. 3) e8) dell’Art. 4, ovvero nel caso di violazioni delle pro-cedure e delle regole di condotta individuate nel Mo-dello e nel Codice Etico di tale gravità da compro-mettere irreparabilmente il rapporto di fiducia conl’Ente e da non consentire la prosecuzione, neancheprovvisoria, del rapporto di lavoro.
Nel caso in cui l’infrazione contestata sia di gravità taleda poter comportare il licenziamento, il Dipendente potràessere sospeso cautelativamente dalla prestazione lavora-tiva fino al momento della comminazione della sanzione.Nel caso in cui l’Ente riscontri la necessità di espletareaccertamenti su fatti addebitati al dipendente per i titolidi cui sopra, punibili con la sospensione dal servizio conprivazione della retribuzione, può disporre, nel corso delprocedimento disciplinare, l’allontanamento dal lavorodel dipendente per un periodo non superiore a trentagiorni, con conservazione della retribuzione.Quando il procedimento disciplinare si concluda con lasanzione disciplinare della sospensione dal servizio conprivazione della retribuzione, il periodo dell’allontana-mento cautelativo deve essere computato nella sanzione,ferma restando la privazione della retribuzione limitataagli effettivi giorni di sospensione irrogati.
5.5. Le sanzioni nei confronti dei Terzi destinatari
Qualora sia accertata la commissione di una delle viola-zioni individuate nell’Art. 4 del presente Codice da par-te di uno dei soggetti di cui al precedente punto 2.4., sa-ranno applicate le seguenti sanzioni:• la diffida al puntuale rispetto del Modello, pena l’ap-
plicazione di una delle sanzioni di seguito indicate;• l’applicazione di una penale, convenzionalmente pre-
vista, fino al 50% del corrispettivo pattuito in favoredel Terzo;
• la risoluzione immediata del rapporto intercorrentecon la Cassa. In particolare:a) in caso di violazione di una o più regole procedura-
li o comportamentali previste nel Modello o delCodice Etico, verrà applicata la sanzione della dif-
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te Codice Disciplinare, saranno applicate le seguentisanzioni:• rimprovero verbale;• rimprovero scritto;• la multa fino a quattro ore di retribuzione;• la sospensione fino ad un massimo di dieci giorni dal
servizio e dalla retribuzione;• il licenziamento con preavviso;• il licenziamento senza preavviso.Le predette sanzioni rientrano tra quelle previste dalContratto Collettivo di Lavoro, e vengono adottate nel ri-spetto delle procedure previste dall’art. 7 dello Statutodei lavoratori ed eventuali normative speciali applicabili.In particolare:a) incorre nel provvedimento del rimprovero verbale il
dipendente che commetta violazioni delle procedureinterne previste dal presente Modello (ad esempioche non osservi le procedure prescritte, ometta disvolgere controlli, etc.) o adotti, nell’espletamento diattività nelle aree a rischio, un comportamento nonconforme alle prescrizioni del Modello stesso, ovve-ro violi le regole di condotta individuate nel CodiceEtico, qualora le infrazioni siano di lieve entità;
b) incorre nei provvedimenti di rimprovero scritto, mul-ta fino a quattro ore di retribuzione o sospensione fi-no a dieci giorni dal servizio e dalla retribuzione il di-pendente che ponga in essere le violazioni di cui ainn. 1), 4), 5) e 6) dell’Art. 4, ossia che genericamen-te commetta infrazioni di non lieve entità delle pro-cedure interne previste dal presente Modello (adesempio che non osservi le procedure prescritte,ometta di dare comunicazione all’O.d.V. delle infor-mazioni prescritte, ometta di svolgere controlli, etc.)o adotti, nell’espletamento di attività nelle aree a ri-schio, un comportamento non conforme alle prescri-zioni del Modello stesso, ovvero violi regole di con-dotta previste nel Codice Etico. L’entità della sanzio-ne deve essere graduata in relazione ai seguenti crite-ri generali:
• intenzionalità del comportamento, grado di negli-genza, imprudenza o imperizia;
• rilevanza della violazione commessa;• sussistenza di circostanze aggravanti;• concorso di più lavoratori in accordo tra loro;• recidiva nel compimento delle violazioni sopra de-
scritte, già sanzionate nel biennio di riferimento;c) si applica la sanzione disciplinare del licenziamento
con preavviso al dipendente che ponga in essere le
fida, ovvero della penale convenzionale ovvero del-la risoluzione del rapporto, a seconda della gravitàdella violazione;
b) in caso di grave violazione di una o più prescrizio-ni del Modello o del Codice Etico, tale da configu-rare un notevole inadempimento, verrà applicata lasanzione della penale convenzionale ovvero quelladella risoluzione del rapporto;
c) in caso di violazione di una o più prescrizioni delModello o del Codice Etico, talmente grave da le-dere irreparabilmente il rapporto fiduciario conl’Ente, verrà applicata la sanzione della risoluzionedel rapporto e l’impossibilità di intrattenere ulterio-ri rapporti con la Cassa in futuro.
Nel caso in cui le violazioni di cui sopra siano commes-se da lavoratori somministrati ovvero nell’ambito dicontratti di appalto di opere, di servizio, o di forniture,le sanzioni verranno applicate, all’esito dell’accerta-mento positivo delle violazioni da parte del lavoratore,nei confronti del somministratore o dell’appaltatore.Nell’ambito dei rapporti con i Terzi destinatari, la Cas-sa inserisce nelle lettere di incarico, nei contratti e/o ne-gli accordi di partnership specifiche clausole contrattua-li che prevedono non solo l’obbligo di uniformarsi alleprocedure e regole individuate nel Modello e nel Codi-ce Etico e la conseguente applicabilità delle sanzionipreviste nel presente Codice in caso di violazione, maanche l’eventuale richiesta di risarcimento danni deri-vanti alla Cassa dall’applicazione, da parte del giudice,delle misure previste nel Decreto.
6. Il Procedimento di irrogazione delle sanzioni
Il procedimento di irrogazione delle sanzioni viene diseguito delineato con riguardo a ciascuna categoria disoggetti destinatari, indicando per ognuna:• la fase della contestazione della violazione all’interes-
sato;• la fase della determinazione e della successiva eroga-
zione della sanzione.Il procedimento volto a comminare una sanzione ha, inogni caso, inizio a seguito della ricezione, da parte degliorgani della Cassa di volta in volta competenti e di se-guito indicati, della comunicazione con cui l’Organismodi Vigilanza segnala l’avvenuta violazione del Modello.Il detto procedimento, inoltre, deve essere concluso en-tro e non oltre centoventi giorni dalla comunicazione dicui sopra.Più precisamente, ogni qualvolta l’Organismo di Vigi-
lanza riceva una segnalazione (anche anonima), ovve-ro acquisisca, nel corso della propria attività di vigi-lanza e di verifica, gli elementi idonei a configurare ilpericolo della violazione di una delle prescrizioni, del-le procedure o delle regole di condotta individuate dalModello o dal Codice Etico, ha l’obbligo di attivarsi alfine di espletare gli accertamenti ed i controlli rien-tranti nell’ambito della propria attività e ritenuti op-portuni.Esaurita l’attività di verifica e di controllo, l’Organismodi Vigilanza valuta, sulla base degli elementi in propriopossesso, se si è effettivamente verificata una violazionesanzionabile del Modello o del Codice Etico. In casopositivo, segnala la violazione agli Organi della Cassacompetenti; in caso negativo, trasmette la segnalazioneal Dirigente del Servizio del Personale, ai fini della va-lutazione della eventuale rilevanza della condotta rispet-to al contratto collettivo di lavoro ovvero ad altre leggio regolamenti applicabili.Qualora gli Organi competenti per l’irrogazione dellasanzione dovessero constatare che la violazione del Mo-dello riscontrata dall’Organismo di Vigilanza concretianche una o più violazioni delle previsioni di cui ai Re-golamenti disciplinari aziendali e/o alla contrattazionecollettiva, all’esito del procedimento prescritto potrà es-sere irrogata una sanzione, tra quelle nel concreto appli-cabili, anche più grave di quella proposta dall’Organi-smo di Vigilanza.
6.1. Il procedimento nei confronti degli Amministratori, dei Sindaci, dei Delegati e del Revisore
I. Qualora riscontri la violazione del Modello da parte diun soggetto che rivesta la carica di Amministratore oDelegato, l’Organismo di Vigilanza trasmette al Consi-glio di Amministrazione ed al Collegio Sindacale unarelazione contenente:• la descrizione della condotta contestata;• l’indicazione delle previsioni del Modello o del Codi-
ce Etico che risultano essere state violate;• gli estremi del responsabile della violazione;• gli eventuali documenti comprovanti la violazione e/o
altri elementi di riscontro;• una proposta in merito alla sanzione da applicare nel
caso concreto.Entro 10 giorni dall’acquisizione della relazione del-l’Organismo di Vigilanza, il Consiglio di Amministra-zione convoca il Comitato dei Delegati, per una seduta
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cato/i dall’Organismo di Vigilanza e la sua rilevanza inordine al Modello ed al Codice Etico adottati dalla Cas-sa e, all’esito, stabilire se revocare o meno il/i detto/iSoggetto/i dall’incarico de quo, provvedendo al contem-po alla relativa sostituzione.III. Qualora l’Organismo di Vigilanza riscontri una vio-lazione del Modello o del Codice Etico da parte del Re-visore redige una relazione da trasmettere al Consigliodi Amministrazione ed al Collegio Sindacale. Per lacontestazione della violazione nei confronti del Reviso-re troverà applicazione, quanto al procedimento relativoalla irrogazione della relativa sanzione, la medesimaprocedura contemplata nel successivo punto 6.2.
6.2. Il procedimento nei confronti dei membri dell’Organismo di Vigilanza
Qualora l’Organismo di Vigilanza riscontri una viola-zione al Modello ovvero al Codice Etico da parte di unodei suoi componenti redige una relazione da trasmettereal Consiglio di Amministrazione ed al Collegio Sinda-cale. Diversamente, qualora venga riscontrata la viola-zione al Modello o al Codice Etico da parte di tutti imembri dell’Organismo di Vigilanza sarà il Consiglio diAmministrazione, di sua iniziativa, ad aprire la procedu-ra sanzionatoria.Entro 10 giorni dall’acquisizione, in qualsiasi modo,della notizia del compimento da parte di un componen-te dell’OdV di una violazione al Modello ovvero al Co-dice Etico, l’Organismo di Vigilanza trasmette al Consi-glio di Amministrazione ed al Collegio Sindacale unarelazione contenente:• la descrizione della condotta contestata;• l’indicazione delle previsioni del Modello o del Codi-
ce Etico che risultano essere state violate;• gli estremi del responsabile della violazione;• gli eventuali documenti comprovanti la violazione e/o
altri elementi di riscontro;• una proposta in merito alla sanzione da applicare nel
caso concreto.Entro 10 giorni dall’acquisizione della relazione dell’Or-ganismo di Vigilanza ovvero entro 10 giorni dall’acquisi-zione in qualsiasi modo della notizia del compimento diuna violazione al Modello ovvero al Codice Etico da par-te di tutti i membri dell’OdV, il Consiglio di Amministra-zione convoca il Soggetto/i interessati per una seduta delConsiglio di Amministrazione, da tenersi entro e non oltretrenta giorni dalla ricezione della relazione da parte del-l’OdV ovvero dall’acquisizione della notizia di cui sopra.
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da tenersi entro e non oltre trenta giorni dalla ricezionedella relazione stessa. Della detta convocazione è datacomunicazione al soggetto asseritamente autore dellaviolazione.La convocazione deve:• essere effettuata per iscritto;• contenere la indicazione della condotta contestata, del-
le previsioni del Modello o del Codice Etico oggetto diviolazione, nonché degli eventuali elementi probatoriin possesso del Consiglio stesso;
• indicare la data della seduta, con l’avviso all’interes-sato della facoltà di formulare eventuali rilievi e/o de-duzioni, sia scritte che verbali.
La convocazione deve essere sottoscritta dal Presidenteo da uno dei due Vice Presidenti, con preferenza per ilVicario.In occasione della seduta del Comitato dei Delegati, al-la quale deve partecipare anche l’Organismo di Vigilan-za, viene disposta l’audizione dell’interessato, l’acquisi-zione delle eventuali deduzioni da quest’ultimo formu-late e l’espletamento degli eventuali ulteriori accerta-menti ritenuti opportuni.Il Comitato dei Delegati, sulla scorta degli elementi ac-quisiti, determina se il comportamento adottato dal sog-getto abbia integrato una violazione del Modello o delCodice Etico nonché stabilisce la sanzione.Diversamente, qualora il Comitato dei Delegati nonconcordi con la relazione dell’Organismo di Vigilanza,dovrà adottare una delibera che motivi in modo adegua-to ed esauriente la mancata irrogazione della sanzionenei confronti del Soggetto (Amministratore o Delegato)segnalato dall’O.d.V.La delibera del Comitato dei Delegati viene comunicataper iscritto, entro dieci giorni, all’interessato nonché al-l’Organismo di Vigilanza per le opportune verifiche. II. L’Organismo di Vigilanza, qualora riscontri la viola-zione del Modello da parte di un soggetto che rivesta lacarica di membro del Collegio Sindacale trasmette alConsiglio di Amministrazione ed al Collegio Sindacaleuna relazione avente il contenuto sopra descritto relati-vamente alla procedura concernente gli amministratorie/o i Delegati.Entro 20 giorni dall’acquisizione della relazione del-l’Organismo di Vigilanza, il Consiglio di Amministra-zione invia la documentazione acquisita alla o alle am-ministrazione/i che ha o hanno provveduto alla nominadel membro/i del Collegio Sindacale affinché possanovalutare la condotta posta in essere dal Soggetto/i indi-
La convocazione deve:• essere effettuata per iscritto;• contenere l’indicazione della condotta contestata, del-
le previsioni del Modello o del Codice Etico oggetto diviolazione, nonché degli eventuali elementi probatoriin possesso del Consiglio stesso;
• indicare la data della seduta, con l’avviso all’interes-sato della facoltà di formulare osservazioni o rilievi,sia scritti che verbali.
La convocazione deve essere sottoscritta dal Presidenteo da uno dei Vice Presidenti, preferibilmente il Vicario.In occasione della seduta, alla quale deve partecipareanche l’Organismo di Vigilanza, viene disposta l’audi-zione dell’interessato, l’acquisizione delle eventuali de-duzioni da quest’ultimo formulate e l’espletamento de-gli eventuali ulteriori accertamenti ritenuti opportuni.Il Consiglio di Amministrazione, sulla scorta degli ele-menti acquisiti, determina, entro le due sedute successi-ve, la sanzione ritenuta applicabile tra quelle previstenel presente Codice in relazione al ruolo ricoperto dalcomponente dell’Organismo di Vigilanza.Diversamente, qualora il Consiglio di Amministrazionenon concordi con la relazione dell’Organismo di Vigi-lanza, dovrà adottare una delibera che motivi in modoadeguato ed esauriente la mancata irrogazione della san-zione nei confronti del membro dell’OdV segnalato da-gli altri componenti dell’Organismo stesso.La delibera del Consiglio di Amministrazione viene comu-nicata per iscritto, entro dieci giorni, all’interessato nonchéall’Organismo di Vigilanza per le opportune verifiche.
6.3. Il procedimento nei confronti dei Dirigenti e degli altri soggetti Apicali
Qualora sia riscontrata la violazione del Modello o delCodice Etico da parte di un Dirigente o del Vice Diret-tore Generale, la procedura di accertamento dell’illecitoè espletata nel rispetto delle norme di cui all’art. 7 delloStatuto dei Lavoratori, nonché del CCNL per i Dirigen-ti degli Enti Previdenziali Privati.In particolare, l’Organismo di Vigilanza trasmette alConsiglio di Amministrazione, al Collegio Sindacale edal Direttore Generale una relazione contenente:• la descrizione della condotta contestata;• l’indicazione delle previsioni del Modello che risulta-
no essere state violate;• gli estremi del responsabile della violazione;• gli eventuali documenti comprovanti la violazione e/o
altri elementi di riscontro;
• una proposta in merito alla sanzione da applicare nelcaso concreto.
Entro dieci giorni dall’acquisizione della relazione del-l’Organismo di Vigilanza, la Cassa, tramite il DirettoreGenerale, contesta al Dirigente interessato od al ViceDirettore Generale la violazione riscontrata dall’Organi-smo di Vigilanza, a mezzo di comunicazione scritta con-tenente:• la puntuale indicazione della condotta contestata, del-
le previsioni del Modello o del Codice Etico oggetto diviolazione, nonché degli eventuali elementi probatoriesistenti a sostegno della detta contestazione;
• l’avviso all’interessato della facoltà di formulare even-tuali deduzioni e/o giustificazioni scritte entro diecigiorni dalla data di ricezione della comunicazione,nonché di richiedere l’intervento del rappresentantedell’associazione sindacale cui il Dirigente o il ViceDirettore Generale aderisce o conferisce mandato.
Entro i successivi dieci giorni dalla scadenza del termi-ne per l’eventuale formulazione di rilievi da parte delSoggetto interessato, il Presidente o uno dei Vice Presi-denti, preferibilmente il Vicario, convoca il Consiglio diAmministrazione.La convocazione deve:• essere effettuata per iscritto;• contenere l’indicazione della condotta contestata, del-
le previsioni del Modello o del Codice Etico oggetto diviolazione, nonché degli eventuali elementi probatoriin possesso del Consiglio stesso;
• indicare la data della seduta, con l’avviso all’interes-sato della facoltà di formulare osservazioni o rilievi,sia scritti che verbali.
A seguito delle eventuali controdeduzioni del Dirigenteinteressato o del Vice Direttore Generale, il Consiglio diAmministrazione si pronuncia in ordine alla determina-zione ed alla applicazione della sanzione, motivandol’eventuale dissenso rispetto alla proposta effettuata dal-l’Organismo di Vigilanza.In ogni caso i provvedimenti disciplinari non possonoessere comminati prima che siano decorsi venti giornidalla ricezione della contestazione da parte del Dirigen-te interessato o del Vice Direttore Generale e devono es-sere notificati a questi ultimi, a cura del Direttore Gene-rale, non oltre i dieci giorni successivi alla seduta delConsiglio di Amministrazione nel corso della quale so-no stati adottati.Il Direttore Generale cura l’effettiva applicazione dellasanzione nel rispetto delle norme di legge e di regolamen-
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LA PREVIDENZA FORENSE
PPREVIDENZA l’informazione
te dell’associazione sindacale cui egli aderisce o confe-risce mandato e/o avrà la facoltà di presentare osserva-zioni o controdeduzioni scritte.Il Direttore Generale, a seguito degli eventuali rilievi deldipendente, si pronuncia in ordine alla determinazioneed alla applicazione della sanzione, motivando l’even-tuale dissenso rispetto alla proposta dell’Organismo diVigilanza.In ogni caso i provvedimenti disciplinari non possonoessere comminati prima che siano decorsi quindici gior-ni dalla data della contestazione al dipendente e devonoessere notificati a quest’ultimo, a cura del Direttore Ge-nerale, entro dieci giorni dalla loro adozione.
6.5. Il procedimento nei confronti dei Terzi destinatari
Qualora sia riscontrata la violazione del Modello da par-te di un Terzo destinatario, l’Organismo di Vigilanza tra-smette al Consiglio di Amministrazione, al Collegio Sin-dacale ed al soggetto incaricato della gestione del rappor-to contrattuale in questione, una relazione contenente:• la descrizione della condotta contestata;• l’indicazione delle previsioni del Modello che risulta-
no essere state violate;• gli estremi del responsabile della violazione;• gli eventuali documenti comprovanti la violazione e/o
altri elementi di riscontro;• una proposta in merito alla sanzione da applicare nel
caso concreto.Entro dieci giorni dalla trasmissione della suddetta rela-zione, il Consiglio di Amministrazione, sentito l’Orga-nismo di Vigilanza ed il Collegio Sindacale, nonché ilsoggetto preposto alla gestione del rapporto contrattua-le, invia al soggetto interessato una comunicazione scrit-ta contenente l’indicazione della condotta contestata edelle previsioni del Modello o del Codice Etico oggettodi violazione, nonché il rimedio contrattualmente previ-sto applicabile, dando al terzo destinatario un terminenon superiore ad otto giorni per la formulazione delleeventuali controdeduzioni. Il Consiglio di Amministra-zione, entro i successivi dieci giorni, adotta il provvedi-mento definitivo di irrogazione della sanzione, comuni-candolo per iscritto all’interessato ed al soggetto prepo-sto alla gestione del rapporto contrattuale, il quale prov-vede all’effettiva applicazione della sanzione stessa nelrispetto delle norme di legge e di regolamento.L’Organismo di Vigilanza verifica l’applicazione del ri-medio contrattuale applicabile.
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to, nonché delle previsioni di cui alla contrattazione col-lettiva ed ai regolamenti aziendali, laddove applicabili.L’Organismo di Vigilanza, cui è inviato per conoscenzaentro dieci giorni, il provvedimento di irrogazione dellasanzione, verifica la sua applicazione.Ferma restando la facoltà di adire l’Autorità Giudiziaria,il Dirigente o il Vice Direttore Generale possono pro-muovere, nei venti giorni successivi alla ricezione delprovvedimento disciplinare, la costituzione di un colle-gio di conciliazione ed arbitrato, secondo quanto previ-sto dal CCNL del Personale Dirigente degli Enti Previ-denziali Privatizzati. In tal caso la sanzione disciplinareresta sospesa fino alla pronuncia del collegio.Qualora la violazione sia contestata ad altri soggetti inPosizione Apicale – Direttore Generale – troverà appli-cazione la procedura sopra descritta, con la differenzache il Presidente ovvero uno dei Vice Presidenti, prefe-ribilmente il Vicario, successivamente alla ricezione del-la relazione da parte dell’Organismo di Vigilanza, prov-vederà ad indicare un membro del Consiglio di Ammi-nistrazione che avrà il compito di svolgere le funzioniche nella procedura relativa ai Dirigenti sono attribuiteal Direttore Generale.
6.4. Il procedimento nei confronti dei Dipendenti
Qualora l’Organismo di Vigilanza riscontri una violazionedel Modello o del Codice Etico nei confronti di un Dipen-dente, la procedura di accertamento dell’illecito, quanto alprocedimento di contestazione e a quello di eventuale ir-rogazione della sanzione, è espletata nel rispetto dell’art. 7dello Statuto dei Lavoratori, del CCNL per il Personalenon dirigente degli Enti Previdenziali Privati.In particolare l’Organismo di Vigilanza trasmette al Di-rettore Generale una relazione contenente:• la descrizione della condotta contestata;• l’indicazione delle previsioni del Modello che risulta-
no essere state violate;• gli estremi del responsabile della violazione;• gli eventuali documenti comprovanti la violazione e/o
altri elementi di riscontro;• una proposta in merito alla sanzione da applicare nel
caso concreto.Il Direttore Generale, entro e non oltre venti giorni dal-la ricezione della detta relazione, effettua una contesta-zione scritta al lavoratore con l’indicazione specifica deifatti costitutivi della violazione.Il lavoratore, ove lo richieda, dovrà essere sentito anchecon l’assistenza di un procuratore o di un rappresentan-
La prescrizione dei contributi
TRIBUNALE DI FIRENZE, 29 GIUGNO 2010, N.783
Giudice del Lavoro Roberta Santoni Rugiu
Avvocato - Debito contributivo prescritto - Man-canza del requisito della effettiva contribuzione -Corrispondente periodo non può essere incluso nel-la base di calcolo della prestazione previdenziale -Irrilevanza nell’errata emissione di cartelle desti-nate al pagamento dei contributi - Debito contribu-tivo deve essere assolto a prescindere dalle modalitàdi riscossione adottate dalla Cassa Forense
La sussistenza di un debito contributivo per il quale èdecorso il termine di prescrizione è una situazione chenon può essere sanata e priva il professionista interes-sato del requisito dell’effettiva contribuzione, con laconseguenza che l’anno per il quale si è verificata l’o-missione contributiva (ancorché parziale) non può es-sere considerato efficace ai fini pensionistici.
SVOLGIMENTOCon ricorso depositato in data 21.11.2007, l’Avv. P.P.conveniva la Cassa Forense premettendo di esser inbase a delibera 27.2.03 della Cassa pensionato di vec-chiaia a decorrere dal 1.12.2002 tuttavia:
a) con il riconoscimento di 37 anni di anzianità contri-butiva in luogo dei 40 effettivamente versati dal mo-mento che per gli anni 1976, 1978 e 1979 era emer-sa una parziale omissione contributiva, peraltro di so-li € 110,26;
b) senza considerare i maggiori redditi da lui prodottinegli anni 1996, 1997, 1998 e 2000 nella misura og-getto del contributo di solidarietà.
Ciò premesso articolava la seguente domanda, chie-dendo che:– IN TESI la delibera 27.2.03 fosse annullata;
a) nella parte in cui non aveva riconosciuto al ri-corrente gli anni 1976, 1978 e 1979 ai fini pen-sionistici, in prospetto argomentava che la par-ziale omissione era dovuta ad errori della Cassanell’emissione delle cartelle esattoriali, moda-lità con la quale fra le parti era stato concordatoil versamento dei contributi, errori che quindinon potevano ricadere sull’assicurato. Aggiun-geva che la prescrizione relativa alle medesimeomissioni, oppostagli dalla Cassa, non potevainvece essersi verificata per lo stesso motivo chenon era imputabile al ricorrente, il quale avevadichiarato i propri redditi e pagato le cartelleemesse nei suoi confronti, realizzando le condi-zioni di effettiva iscrizione e contribuzione posteper legge a base del trattamento pensionistico,
b) nella parte in cui non aveva considerato ai fini delmedesimo trattamento i maggiori redditi da lui
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La prescrizione dei contributiSentenza n. 783 del 29 giugno 2010 Tribunale di Firenze
(nota di Marcello Bella)
La disciplina transitoria del comma 763Ordinanza n. 15 del 10 gennaio 2011 Corte costituzionale
(nota di Marcello Bella)
Ricorso sulla legittimità del contributo del 3% per i redditi oltre il tettoSentenza n. 2957 del 21 maggio 2010 Tribunale di Milano
(nota di Roberta Sassoli)
La cancellazione del praticante abilitatoSentenza del 31 luglio 2009 Tribunale di Lanciano
(nota di Giuliano Berti Arnoaldi Veli)
Il contenzioso in merito alla polizza sanitaria di Cassa ForenseTAR Lazio 14 febbraio 2011 Assicurazioni Generali/Cassa Forense/Unisalute
(nota di Paolo Rosa)
GIURISPRUDENZA PREVIDENZIALELA PREVIDENZA FORENSE
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prodotti negli anni 1996, 1997, 1998 e 2000 nellamisura oggetto del contributo di solidarietà.
In proposito affermava l’illegittimità costituzionaledell’a. 2 L. 576/80, laddove limitava il calcolo dellapensione alla parte del reddito professionale sogget-ta al contributo ordinario di cui all’a. 10 lettera a) L.professionale, e non anche a quella soggetta al con-tributo di solidarietà, attesa la sperequazione neltrattamento fra chi dichiarava redditi costanti e vici-ni al “tetto” e chi invece, come il ricorrente, dichia-rava redditi variabili sia inferiori che superiori almedesimo limite;di conseguenza, chiedendo che la Cassa fosse con-dannata alla liquidazione degli importi dovuti a tito-lo di pensione;
– IN IPOTESI, per gli stessi motivi posti a base delladomanda di tesi, la Cassa fosse condannata a risarci-re il danno subito per l’erronea iscrizione a ruolodelle somme dovute per gli anni 1976, 1978 e 1979,da liquidare in misura pari ai maggiori importi dipensione dovuti dalla decorrenza del diritto;
– IN ULTERIORE IPOTESI, la Cassa fosse condan-nata ad imputare i contributi versati negli anni 1978e 1979 agli anni 1976 e 1978, considerando quindiquesti ultimi validi ai fini pensionistici. In propositoaffermava di avere chiesto in via amministrativa allaCassa di modificare ai sensi dell’a. 1193 c.c. le im-putazioni dei pagamenti effettuati per gli anni 1978e 1979, al fine di coprire il proprio debito contribu-tivo rispettivamente per i più risalenti anni 1976 e1978 e far sì che soltanto il 1979 rimanesse scoper-to ai fini della pensione.
La Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Fo-rense si costituiva con memoria resistendo all’interadomanda di cui negava il fondamento con diffuse ar-gomentazioni in diritto.La causa era istruita con i documenti prodotti e depo-sitate note conclusive di entrambe le parti, era oggi de-cisa con motivazione contestuale.
MOTIVILe questioni controverse concernono la misura dellapensione di vecchiaia liquidata al ricorrente a decorre-re dal 1.12.2002, e si distinguono in due capi che ri-guardano rispettivamente:a) l’inclusione degli anni 1976, 1978 e 1979 nella ba-
se di calcolo del trattamento nonostante le parzialiomissioni contributive verificatesi nei medesimi, a
causa dell’errata emissione delle cartelle di paga-mento concordate fra le parti come modalità di pa-gamento della contribuzione, richiesta sviluppata adiversi fini nel capo a) della domanda di tesi, non-ché posta a base delle domande di ipotesi e di ipo-tesi subordinata;
b) l’inclusione nella base di calcolo degli importi dicontribuzione di solidarietà pagata dal ricorrentenegli anni 1996, 1997, 1998, 1999 e 2001 ulteriorealla contribuzione ordinaria di cui all’a. 10 lettera a)L. professionale, previa dichiarazione di incostitu-zionalità in parte qua della disciplina relativa alcontributo di solidarietà, richiesta sviluppata nel ca-po b) della domanda di tesi.
La domanda è infondata a va respinta.È pacifico che, come deriva dalla ricostruzione analiti-ca dei redditi dichiarati e dei relativi contributi dovutiperiodo per periodo che si ricava dagli atti di parte, perognuno degli anni 1976, 1978 e 1979 si fosse verifica-ta una scopertura contributiva parziale.a) È pacifico altresì che, attesa la risalenza dei periodi,
tale omissione era in seguito stata coperta da pre-scrizione, in relazione alla quale il ricorrente nonaveva aderito alla possibilità di costituire una rendi-ta vitalizia che tenesse luogo della quota estinta perprescrizione.
Di conseguenza, gli stessi periodi non possono essereinclusi nella base di calcolo della prestazione, chequindi correttamente è stata liquidata con riferimentoa 37, in luogo che a 40, anni di contributi. Per il 1976,1978 e 1979 manca infatti il requisito della effettivacontribuzione, da intendere a sua volta come integra-lità del versamento contributivo quanto al totale deldovuto per ciascuno degli anni.Del resto, alle gestioni obbligatorie dei lavoratori au-tonomi, come quella della convenuta, non si applica ilprincipio di automatismo che caratterizza le gestionidei dipendenti, per cui l’omissione incide sulla stessacostituzione del rapporto previdenziale. Né può rileva-re l’asserita responsabilità della Cassa nell’errataemissione di cartelle destinate al pagamento dei con-tributi per gli stessi anni, dal momento che il debitocontributivo dell’assicurato esiste, e va pagato, a pre-scindere dalla modalità eventualmente concordata ocomunque utilizzata per il medesimo adempimento(Cass. n. 6340/05).Di conseguenza, per ovviare all’inconveniente dellaparziale omissione e della conseguente prescrizione
GIURISPRUDENZA PREVIDENZIALELA PREVIDENZA FORENSE
dei contributi l’unica soluzione sarebbe stata la rendi-ta vitalizia, non accolta dal ricorrente, motivo per cuile domande di tesi e di ipotesi risultano infondate.Quanto alla domanda di ulteriore ipotesi, la richiestadi modificare le imputazioni effettuate con le cartelleal momento del pagamento non può essere fondatasull’a. 1193 c.c. che presuppone invece la mancata im-putazione, ed avrebbe piuttosto dovuto passare perl’accordo fra le parti, che è mancato.b) A ben vedere la domanda in esame si concentra tut-
ta sulla valutazione della manifesta fondatezza ai fi-ni della questione di legittimità costituzionale relati-va all’a. 2 L. 576/80, norma in applicazione dellaquale per contro sarebbe indiscutibile la liquidazio-ne della pensione operata dalla Cassa con riferimen-to al solo contributo ordinario versato dal ricorrentee non anche all’ulteriore contributo di solidarietà.
In senso contrario, tuttavia, premesso che ai sensi del-la L. 576/80 la solidarietà rappresenta un cardine delsistema di previdenza della Cassa Forense (C. Cost. n.133/94), e che in funzione della tutela degli equilibrifinanziari della medesima gestione le voci di entratavanno commisurate necessariamente a quelle di uscita,le modalità con le quali la contribuzione di solidarietàincide sui redditi dei professionisti, e quindi di rifles-so è sottratta alla base di calcolo della pensione, rap-presentano altrettanti aspetti delle discrezionalità dellegislatore in materia.Le spese di lite devono essere compensate per intero inapplicazione del testo previgente dell’a. 92 c.p.c., rife-ribile ratione temporis al giudizio, a fronte del tecnici-smo dei temi controversi, nonché della genesi delleomissioni contributive (incompletezza delle cartelleemesse dalla Cassa) trattate al punto a).
P.Q.M.respinge il ricorso e compensa per intero le spese di li-te tra le parti.
NotaIl Tribunale di Firenze conferma il principio già enunciato in piùoccasioni da altre pronunce sia di merito che di legittimità, ovve-ro l’insanabilità dell’anno per il quale il professionista non abbiaregolarmente versato l’intero contributo dovuto, sul presuppostoche nelle gestioni previdenziali dei lavoratori liberi professionistinon si applica il principio, altrimenti applicabile nella previdenzadei dipendenti, dell’automatismo delle prestazioni previdenziali.Il caso esaminato dal Tribunale fiorentino, invero, appare partico-larmente significativo, atteso che, nella fattispecie, l’omissionecontributiva era solo parziale, ovvero di soli Euro 110,26 in rela-
zione a ben tre anni (1976, 1978 e 1979), ma la Cassa si è vista co-stretta, obtorto collo, ad applicare la normativa vigente, che nonconsente la sanabilità di debiti contributivi prescritti, seppure diimporti estremamente contenuti, la cui sussistenza deve ritenersiragionevolmente dovuta a mera distrazione o errore di calcolo.L’argomento, come è ovvio, è particolarmente delicato, poiché in-cide sul trattamento pensionistico e in un periodo della vita del-l’assicurato in cui non esistono più soluzioni, in quanto il debitonon può più essere estinto, se non la costituzione di una rendita vi-talizia, istituto introdotto dal Comitato dei Delegati della Cassa,mutuato dalla previdenza dei dipendenti. Si ritiene pertanto utileper il lettore una digressione sull’argomento in esame e sull’evo-luzione normativa, giurisprudenziale e dottrinaria in materia.Con riferimento dunque alla problematica dell’omesso versamen-to, da parte dell’assicurato, di contributi utili ai fini della matura-zione del diritto a pensione, ma ormai prescritti, l’art. 55, comma2, del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827, istitutivo dell’INPS, stabili-va espressamente che «non è ammessa la possibilità di effettuareversamenti, a regolarizzazione dei contributi arretrati, dopo che,rispetto ai contributi stessi, sia intervenuta la prescrizione», cosìnon consentendo al datore di lavoro di rinunciare alla prescrizio-ne dei contributi verificatasi in suo favore, né all’INPS di accetta-re il versamento dei contributi prescritti. Successivamente, l’art. 3, comma 9, della legge 8 agosto 1995, n.335 ha esteso tale principio (che, ad esempio, non esisteva nellaprevidenza dei dipendenti pubblici, tant’è che gli enti pubbliciprovvedevano a regolarizzare le posizioni contributive dei dipen-denti presso gli enti di previdenza del Ministero del Tesoro a di-stanza di vari anni, ben oltre i limiti della prescrizione) anche adaltre forme di previdenza sostitutive dell’assicurazione generaleobbligatoria, disponendo che tutte le contribuzioni di previdenza edi assistenza sociale obbligatoria, una volta prescritte, non posso-no essere versate e l’art. 3, comma 10, della medesima legge ne haulteriormente esteso l’applicabilità ai contributi prescritti primadell’entrata in vigore della legge.Nei regimi previdenziali dei liberi professionisti manca una normaanaloga a quella in vigore nell’assicurazione generale obbligatoriagestita dall’INPS, che sancisca il suddetto principio di indisponibi-lità dei contributi prescritti, di cui all’art. 55 R.D.L. 4 ottobre 1935,n. 1827 ed all’art. 3, comma 9, della legge 8 agosto 1995, n. 335,ma sin dall’inizio la giurisprudenza di merito ha ritenuto applica-bile l’art. 3, comma 9, della legge 335/1995 in toto anche ai con-tributi dovuti agli enti previdenziali privatizzati (in tal senso: Cor-te App. Milano, 30 maggio 2000; Trib. Modena, 14 luglio 1999;Trib. Udine, 2 giugno 1998; Pret. Bergamo, 28 giugno 1999).Ed invero, analogo è stato l’orientamento assunto a livello di in-terpretazione ministeriale, giacché il Ministero del Lavoro e dellaPrevidenza Sociale, pronunciandosi a proposito della Cassa di pre-videnza dei geometri con pareri resi in data 20 maggio 1998 e 26aprile 1999, ha ritenuto che le disposizioni di cui all’art. 3, commi9 e 10, della legge 335/1995, fossero da considerare applicabili atutte le contribuzioni dovute a regimi di previdenza obbligatoria e,quindi, anche alle contribuzioni dovute agli enti privatizzati.A tale interpretazione si è adeguata anche l’Amministrazione delTesoro, confermando, sempre a proposito della Cassa di previden-za dei geometri, l’applicabilità a quest’ultima dell’art. 3, comma
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9, della legge 335/1995 (Ministero del Tesoro, Ragioneria Gene-rale dello Stato, Ispettorato Generale per gli Affari Economici, div.5.2., prot. 104812 del 13 gennaio 1999).La Corte di Cassazione, poi, ha confermato l’orientamento giàespresso dalla giurisprudenza di merito in ordine all’applicabilitàanche agli enti previdenziali privatizzati del principio di indispo-nibilità dei contributi prescritti; ha, infatti, espressamente rilevatoche il principio de quo si applica «non soltanto all’INPS, ma aqualsiasi forma di previdenza obbligatoria, poiché il testo norma-tivo non contiene limitazioni di sorta. Nessuna deroga in partico-lare è prevista dalla norma per enti previdenziali c.d. “privatizza-ti”, in quanto il d.lgs. n. 509/94, mentre ha mutato la natura giu-ridica delle casse, facendone enti privati, nulla ha innovato in or-dine al rapporto previdenziale tra l’ente e gli iscritti, che resta as-soggettato agli stessi principi ed alle stesse regole della previden-za obbligatoria, con le particolarità previste dalla stessa l.335/95» (cfr., tra le altre, Cass. n. 330/02; Cass. n. 5522/03).L’indirizzo innanzi descritto evidenzia la volontà legislativa di in-trodurre una disciplina unitaria dell’istituto prescrizionale, estesaad ogni forma di previdenza ed assistenza obbligatoria, indipen-dentemente dalla natura pubblica o privata dell’ente gestore. Intale ottica, parte della dottrina ha sostenuto che «il contrario ri-lievo per il quale la l. n. 335 del 1995 si sarebbe voluta riferire alsolo settore della previdenza gestita dagli enti pubblici, non è, in-fatti, condivisibile. La l. n. 335 “ridefinisce il sistema previdenzia-le, allo scopo di garantire la tutela prevista dall’art. 38 della Co-stituzione” e, quindi, ha una portata assolutamente generale. È,piuttosto, al suo interno che, di volta in volta, vengono individua-ti gli ambiti di applicabilità delle singole disposizioni … L’art. 3,comma 9, invece, si riferisce indistintamente a tutti i regimi previ-denziali obbligatori, con ciò adottando un’inequivoca formula ge-nerale, che non consente di sottrarre alcun regime dal suo ambitodi applicazione» (C.A. NICOLINI, Il contenzioso in materia di retro-datazione dell’iscrizione alla Cassa di previdenza dei geometri (aproposito della prescrizione dei contributi dovuti alle Casse di pre-videnza dei liberi professionisti), Giust. Civ., 2000, 226).Premesso quanto sopra, in ordine all’applicabilità generalizzatadel principio di indisponibilità dei contributi prescritti, si deve oraesaminare compiutamente quale ne sia la portata.A differenza di quanto accade per l’istituto della prescrizione rego-lato dagli artt. 2934 e ss. del codice civile, che contempla la possi-bilità di rinuncia alla maturazione della prescrizione stessa, la pos-sibilità di pagamento del debito prescritto senza diritto a restitu-zione, nonché la eccepibilità del decorso del termine prescriziona-le soltanto ad opera della parte e non del giudice, la prescrizionein materia previdenziale non si limita a spiegare effetti preclusivi –ossia ad escludere ogni possibile controversia sul diritto ormai pre-scritto –, ma ha propriamente effetti estintivi sul diritto stesso.La Suprema Corte, in proposito, ha precisato che «nell’obbliga-zione contributiva la prescrizione estintiva si atteggia in modo di-verso dalla prescrizione regolata dal codice civile» di modo che«l’ente previdenziale creditore non può più pretenderla né rice-verla» (cfr. Cass. n. 330/02; conformi: Cass. n. 11116/02, n.9525/02, n. 9408/02).In particolare, è stata stigmatizzata, insieme all’inidoneità di si-mili versamenti a realizzare effetti giuridici – ovvero a costituire
accrediti contributivi e, quindi, segmenti di anzianità previdenzia-le efficaci ai fini pensionistici –, la nullità degli atti formali adot-tati dall’ente previdenziale in violazione del divieto suddetto, percontrarietà a norme imperative, concludendo che, in presenza diversamenti contributivi prescritti da parte dell’iscritto, rimane unaposizione di «assenza di requisito contributivo … che non consen-te la formazione di diritti quesiti» (Pret. Bergamo, 28 giugno 1999,cit.), non attribuendo quei contributi alcun diritto, se non il dirittoalla ripetizione ex art. 2033 c.c. In altri termini, come confermatoda altra giurisprudenza di merito, l’eventuale versamento di con-tributi prescritti alla Cassa categoriale da parte del professionistanon può ritenersi idoneo a realizzare effetti giuridici sulla posizio-ne previdenziale dell’interessato e la Cassa può sempre revocare,in base al meccanismo dell’autotutela, eventuali atti contrari(Trib. Udine, 2 giugno 1998, cit.).D’altra parte la giurisprudenza di legittimità ha anche escluso l’e-sistenza di un diritto soggettivo dell’assicurato al versamento deicontributi prescritti.In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza della Sez. Lav. n.9525/02, ha espressamente affermato che «nella materia previden-ziale, a differenza che in quella civile, il regime della prescrizionegià maturata è sottratto alla disponibilità delle parti […]; pertantodeve escludersi la sussistenza di un diritto dell’assicurato a versarei contributi previdenziali prescritti e ad ottenere una retrodatazionedell’iscrizione alla Cassa (nella specie, dei geometri liberi profes-sionisti) per il periodo di tempo concernente la relativa perdita con-tributiva» (cfr., nello stesso senso, anche Cass. n. 11116/2002; Cass.n. 9525/02; Cass. n. 9408/02; Cass. n. 330/2002, Cass. n.11140/2001, nonché Cass., Sez. Lav. n. 6340/2005).E ancora che «è necessario, per la certezza dei rapporti fra l’entegestore ed i cittadini, che i contributi da versare o da rimborsarenon siano prescritti e che, comunque, non sia lasciata alla discre-zionalità dell’interessato la possibilità di far valere o meno l’av-venuta prescrizione» (in tal senso, cfr. Cass., Sez. Lav., n.12538/1995).La descritta disciplina risponde, peraltro, ad un’esigenza di equili-brio finanziario degli enti previdenziali, volta ad impedire che gli as-sicurati possano costituirsi dei benefici attraverso una contribuzio-ne concentrata nel tempo e ritardata; ciò spiega per quale motivol’operatività della prescrizione estintiva in materia previdenziale èsottratta, come si è detto, anche all’autonomia dell’ente creditore.Se è, infatti, vero che nelle varie gestioni previdenziali è previstatalvolta la possibilità di versare tardivamente dei contributi permigliorare la singola posizione assicurativa – come, ad esempio,nel caso del versamento di contributi “da riscatto”, versati per pe-riodi non coperti da attività lavorativa e, quindi, da contribuzione–, è vero tuttavia che tale possibilità di contribuzione concentratae tardiva è concessa in ipotesi tassativamente determinate e le re-lative disposizioni non sono applicabili per analogia.In ordine, poi, agli effetti dell’applicazione del principio di indi-sponibilità del debito contributivo prescritto, bisogna tenere pre-sente, per quanto riguarda il regime previdenziale forense, l’art. 2,comma 1, della legge n. 576/80, che stabilisce il principio che iltrattamento pensionistico è corrisposto a coloro che abbiano com-piuto un determinato numero di anni «di effettiva iscrizione e con-tribuzione alla Cassa».
GIURISPRUDENZA PREVIDENZIALELA PREVIDENZA FORENSE
La legge, pertanto, richiede non solo il mero dato formale dell’i-scrizione all’Ente, bensì anche il puntuale adempimento degli ob-blighi prescritti dagli artt. 10 e 11 della medesima legge a caricodi ogni iscritto.Il diritto alla percezione delle prestazioni previdenziali erogatedalla Cassa, pertanto, è subordinato, tra l’altro, al versamento in-tegrale di contributi previdenziali per un numero di anni che variaa seconda della prestazione richiesta.Ciò posto, si rileva che il sistema previdenziale forense è impron-tato a principi di solidarietà e, di conseguenza, è irrilevante laproporzionalità fra contributi versati e prestazioni erogate. Tale circostanza emerge dal dettato della stessa legge n. 576/80, laquale, all’art. 2, prescrive che «la pensione è pari, per ogni annodi effettiva iscrizione e contribuzione, all’1,75 per cento della me-dia dei più elevati dieci redditi professionali dichiarati dall’iscrittoai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), risul-tanti dalle dichiarazioni relative ai quindici anni solari anteriorialla maturazione del diritto a pensione», in tal modo escludendoogni possibile commisurazione della prestazione ai versamenti ef-fettuati. E nello stesso senso è l’attuale disciplina del regolamentoper le prestazioni previdenziali, di recente entrata in vigore.Tale è, peraltro, anche l’orientamento assunto dalla Suprema Cor-te al riguardo, laddove è stato chiarito che, ai fini della determi-nazione dell’entità del trattamento di pensione di vecchiaia eroga-to dalla Cassa Forense rileva il reddito professionale dichiarato aifini fiscali (cfr. Cass., n. 11473/90).La dottrina, in proposito, ritiene che l’espressione «effettiva […]contribuzione», «a meno di non considerarla pleonastica, non puòche essere interpretata quindi nel senso di contribuzione totale do-vuta. Poco convincente, stante i menzionati principi generali in vi-gore nella previdenza forense, è quindi l’interpretazione dell’e-spressione “effettiva […] contribuzione” nel senso di ritenere sussi-stente l’effettività di una contribuzione anche quando la stessa nonsia versata nell’intera misura dovuta» (L. CARBONE, in Prev. Foren-se, 1988, 3, 27); pertanto l’effettività della contribuzione deve esse-re equiparata alla completezza e totalità della contribuzione.Ciò anche in considerazione della circostanza che agli iscritti allaCassa non si applica il principio dell’automatismo delle prestazio-ni previdenziali di cui all’art. 2116 del codice civile, principio inbase al quale, nell’assicurazione generale obbligatoria, le presta-zioni sono dovute all’assicurato anche quando il datore di lavoronon abbia versato regolarmente i contributi all’ente previdenziale;infatti, gli avvocati hanno diritto alle prestazioni erogate dalla Cas-sa «solo a seguito del versamento dei contributi nell’ammontare eper il periodo prescritto» e «non possono quindi essere computati,ai fini del raggiungimento dei requisiti contributivi per il diritto al-le varie prestazioni, sia gli anni per i quali la contribuzione è pre-scritta, sia quelli per i quali i contributi (non prescritti) risultanodovuti, ma non versati» (L. CARBONE, La tutela previdenziale dei li-beri professionisti, in Dottrina e giurisprudenza sistematica di dirit-to della previdenza sociale, Torino, 1998, 235).In proposito si fa presente, inoltre, che, oltre alla sentenza in esa-me, il Tribunale di Roma, con sentenza n. 23358/04, ha statuito lalegittimità della decisione adottata dall’Ente di non riconoscere va-lidi ai fini pensionistici gli anni in cui era stata riscontrata in capoal professionista interessato la sussistenza di un debito contributi-
vo prescritto, affermando espressamente che non è possibile “ver-sare i contributi ormai prescritti o regolarizzare altrimenti la pro-pria posizione presso la Cassa […], la cui deliberazione in ordineal computo dell’anzianità non può essere messa in discussione”.Lo stesso Tribunale di Roma, con successiva sentenza n. 8143/07,ha ritenuto che il termine “effettiva” contribuzione, riportato nel-l’art. 2 della legge n. 576/80 quale condizione per l’ammissionealla pensione di vecchiaia, equivale ad “integrale”, con la conse-guenza che un versamento parziale (anche di scarso rilievo) com-porta la perdita di anzianità relativa all’anno di riferimento (cfr.in senso conforme Tribunale di Roma, n. 4549/09). Il Tribunale diVerona, con sentenza n. 209/2008, ha rigettato il ricorso di un pro-fessionista avente ad oggetto il mancato riconoscimento da partedella Cassa della validità ai fini pensionistici di un anno 1981 perl’esistenza di un debito contributivo prescritto, ritenendo che ilmancato esercizio dei poteri di verifica della regolarità dei versa-menti e della riscossione coattiva da parte della Cassa non puòcomportare la reviviscenza del diritto estinto per prescrizione (insenso conforme, Trib. di Mantova, n. 51/09; Trib. di Verona, n.124/09; Trib. di Bari, n. 4620/2010; Trib. di Roma, n. 12270/2010;Trib. di Roma, n. 19901/2010; Trib. di Roma, n. 5405/2011; Trib.di Milano, n. 140/2011; Trib. di Roma, n. 557/2011; Trib. di Roma,n. 5006/2011; Trib. di Forlì, n. 25/2011, tutti giudici che hanno an-ch’essi ritenuti non validi ai fini pensionistici gli anni in cui sussi-ste un debito contributivo prescritto).La Corte di Cassazione ha qualificato la perdita delle prestazioniprevidenziali come una conseguenza di spiccato carattere sanzio-natorio dell’evasione contributiva; nella sentenza n. 6340 del24.03.2005, in vertenza avente come parte la Cassa di previdenzadei geometri, si legge, infatti, che «il principio dell’automatismodelle prestazioni previdenziali non trova, invece, applicazione nelrapporto fra lavoratore autonomo ed ente previdenziale – nel di-fetto di esplicite norme di legge, che eccezionalmente disponganoin senso contrario – con la conseguenza che il mancato versamen-to dei contributi obbligatori impedisce, di regola, la stessa costi-tuzione del rapporto previdenziale e, comunque, la maturazionedel diritto alle prestazioni […]. Né la prospettata diversità di trat-tamento[…] si pone in contrasto con il principio costituzionale diuguaglianza […] in considerazione della diversità di situazioneesistente tra lavoratore subordinato – al quale non possono esse-re imputate omissioni contributive del proprio datore di lavoro -–elavoratore autonomo (e segnatamente libero professionista) che –in dipendenza dell’inapplicabilità del principio dell’automatismo– subisce soltanto le conseguenze pregiudizievoli dell’inadempi-mento di obbligazioni contributive a proprio carico».Sempre la Suprema Corte, con sentenza n. 5622/2006, analizzandola problematica relativa all’applicabilità dell’art. 3 della legge335/95 alla previdenza forense ha, ancorché incidenter tantum, os-servato che la ragione che giustifica la determinazione di un diver-so dies a quo per l’abbreviazione del termine prescrizionale, tracontributi pensionistici e contributi non pensionistici, è data anchedalla circostanza che i lavoratori autonomi, non potendo più ver-sare i contributi prescritti, sarebbero pregiudicati nel consegui-mento dell’anzianità necessaria per maturare il diritto a pensione.Si deve, inoltre, rilevare che necessario corollario dell’indisponi-bilità della prescrizione dei contributi in esame sia l’irrilevanza
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sulla relativa disciplina, da una parte, della scusabilità dell’erro-re del contribuente-professionista e, dall’altra, come già accenna-to, della eventuale inerzia della Cassa nel provvedere al recuperodelle contribuzioni.L’obbligo di pagamento dei contributi previdenziali è, infatti, po-sto direttamente dalla legge a carico degli avvocati, che devonoprovvedere al pagamento dei contributi indipendentemente daqualsivoglia richiesta in tal senso da parte della Cassa. L’ammontare dei contributi da versare è determinato da tassativenorme di legge (artt. 10 e 11 della legge 576/80, nonché art. 5 del-la legge 379/90 e successive modifiche e integrazioni; ora, a se-guito della riforma, dal nuovo regolamento dei contributi); il pro-fessionista, pertanto, proprio in virtù di tale automatismo nell’in-dividuazione del debito contributivo, ha l’onere egli stesso diadempiere al versamento dei contributi e di accertare l’esattezzadi tale adempimento. Ed infatti gli iscritti devono versare alla Cassa i contributi, secondole modalità previste dal relativo regolamento; in particolare i con-tributi minimi, nonché il contributo di maternità previsto dall’art. 5L. 379/90 e successive modificazioni, sono riscossi mediante MAVinviati dalla banca tesoriera, mentre le eccedenze rispetto ai mini-mi, determinate secondo le percentuali sul reddito IRPEF e sul fat-turato IVA, sono versate per metà al 31 luglio e per l’altra metà en-tro il 31 dicembre successivo, altrimenti vengono riscosse in viacoattiva (al momento, a mezzo ruoli), unitamente agli interessi e al-le penalità previste per l’omesso o il ritardato versamento.Significativa, nell’ottica dell’individuazione delle responsabilità, èla pronuncia della Corte di Cassazione, con sentenza n.6911/2000, avente ad oggetto analoga fattispecie riguardante al-tro ente previdenziale privato – per cui non vale, come già detto, ilprincipio dell’automatismo delle prestazioni previdenziali –, laquale ha accolto il rilievo dell’Ente, secondo il quale «anche a vo-ler ammettere l’esistenza di un suo obbligo [dell’ENASARCO] neiconfronti dell’assicurato di procedere al recupero dei contributievasi, non sussisterebbe obbligo di risarcimento in quanto […] ilcreditore […] avrebbe potuto evitare il danno con l’ordinaria dili-genza», a norma di quanto previsto dall’art. 1227 c.c., poiché«non esiste nel nostro ordinamento previdenziale il diritto dell’as-sicurato a che l’ente previdenziale agisca nei confronti dell’obbli-gato per il pagamento dei contributi».Come affermato, infatti, ancora dalla Suprema Corte (cfr. senten-za n. 6340/2005, cit.), non ha alcuna rilevanza «la eventuale iner-zia della cassa stessa nel provvedere al recupero delle somme cor-rispondenti alle contribuzioni, avendo il credito contributivo unasua esistenza autonoma che prescinde dalla richiesta di adempi-mento fattane dall’ente previdenziale, ed insorgendo nel momentoin cui matura il periodo lavorativo cui si riferisce, momento dalquale decorre il termine prescrizionale dello stesso credito contri-butivo».Ed invero, per quanto riguarda la riscossione a mezzo ruoli deicontributi, si osserva che la giurisprudenza pronunciatasi in ordi-ne alla mancata iscrizione nei ruoli esattoriali dei contributi do-vuti dagli esercenti attività commerciali, come previsto dalla legge22 luglio 1966, n. 613, ha stabilito che il mancato versamento deicontributi dovuti nonché il decorso del termine di prescrizione fis-sato per il loro recupero «non può subire deroga, né giustificare
azioni risarcitorie dell’assicurato nei confronti dell’INPS, in rela-zione alla circostanza che l’ente previdenziale non abbia provve-duto ad iscrivere i contributi nei ruoli, considerato che l’assicura-to medesimo, a tutela delle proprie posizioni, ha facoltà di insor-gere avverso l’omissione di tale iscrizione» (Cass., 17/06/1988, n.4149). In proposito, si rileva, inoltre, che il Supremo Collegio, in una con-troversia concernente la richiesta di una pensione di reversibilitàalla Cassa di Previdenza dei Geometri, ha affermato, che per ilconseguimento della pensione, «occorre – non operando il princi-pio dell’automatismo delle prestazioni previdenziali – la sussi-stenza … oltre che del requisito dell’iscrizione alla Cassa suddet-ta, anche di quello del versamento effettivo dei contributi per i pe-riodi prescritti», precisando che è irrilevante ai fini del fondamen-to della pretesa previdenziale «che i contributi annuali non versa-ti entro il mese di febbraio vengano riscossi a mezzo di ruoli an-nuali compilati dalla Cassa, resi esecutivi dall’Intendenza di Fi-nanza e trasmessi all’Esattoria comunale» (Cass., 23/11/1990, n.11283, cit.). Si fa, inoltre, presente che la Suprema Corte (cfr. sentenza n.9525/2002, cit.), in ordine alla proponibilità di un’azione di risar-cimento da parte di liberi professionisti nei confronti delle rispet-tive casse di previdenza, stante la coincidenza delle posizioni diassicurato e di soggetto dell’obbligazione contributiva, ha rileva-to la “dubbia configurabilità” della stessa, «atteso che l’ente at-tore dovrebbe ascrivere l’omesso recupero dei contributi nei suoipersonali confronti».La posizione del libero professionista iscritto alla Cassa, infatti,comporta l’esistenza di un rapporto previdenziale bilaterale, inluogo di quello trilatero che esiste nel regime previdenziale dei la-voratori subordinati; proprio sulla base di tale presupposto nonpuò che spettare al professionista interessato il compito di liquida-re i contributi da versare, calcolandoli sulla base, come si è detto,della dichiarazione dei propri redditi professionali, che deve esse-re eseguita con particolare diligenza e la cui fondamentale impor-tanza è stata recentemente ribadita anche dalle Sezioni Unite dellaCassazione, che hanno affermato che l’accertamento del requisitodella continuità professionale, ai fini del riconoscimento del dirittoalla liquidazione della pensione, deve essere effettuato in relazionealle comunicazioni annuali, il cui obbligo deriva direttamente dal-l’art. 17 della legge n. 576/80 (cfr. Cass., Sez. Un., n. 13289/2005).Non si può, pertanto, imputare alla Cassa, che abbia omesso dirilevare la presenza di eventuali irregolarità nella contribuzione,di aver suscitato l’affidamento incolpevole in un libero professio-nista, che è tenuto a conoscere e ad applicare le norme previden-ziali che disciplinano l’ordinamento della professione, soprattut-to ove si tratti di un professionista avvocato, che, in quanto tale,dovrebbe essere di per sé, senza necessità di alcun suggerimento,iuris peritus.Si fa, infine, presente che, tenuto conto soprattutto del fatto che laproblematica in esame riguarda la posizione previdenziale di mol-ti iscritti alla Cassa e può influire notevolmente sull’entità delleprestazioni da erogare, già da tempo la Cassa si è preoccupata,nell’ambito della propria autonomia normativa, di studiare dellemisure correttive della rigidità dell’illustrata disciplina, compati-bilmente con le citate esigenze di equilibrio finanziario.
GIURISPRUDENZA PREVIDENZIALELA PREVIDENZA FORENSE
Il Comitato dei Delegati della Cassa, ovvero l’organo collegialedell’Ente, costituito dai rappresentanti degli iscritti, che ha, tra lealtre, la funzione istituzionale di adottare le norme statutarie e re-golamentari e le loro integrazioni e modificazioni (cfr. art. 11/II,lett. a) dello Statuto, pertanto, ha approvato il “Regolamento perla costituzione di rendita vitalizia reversibile in caso di parzialeomissione di contributi per i quali sia intervenuta prescrizione”.Il suddetto Regolamento prevede, appunto, la possibilità, per l’i-scritto – che abbia omesso di versare contributi dovuti, a qualsia-si titolo, alla Cassa e che non possa più versarli per intervenutaprescrizione –, di costituire una rendita vitalizia (cfr. l’analogoistituto previsto, per quanto concerne l’assicurazione generale ob-bligatoria, dall’art. 13 della legge n. 1338/62) corrispondendo al-la Cassa un importo assimilabile alla riserva matematica, calco-lata secondo le indicazioni contenute nel D.M. 28 luglio 1992 (esuccessive modificazioni) per il computo della riserva matematicadi cui all’art. 2 della legge n. 45/90, necessaria al finanziamentodel maggior onere di pensione e riproporzionata in base alla quo-ta di contributo non versato rispetto all’intero contributo dovuto.Tale calcolo deve essere effettuato con riferimento alla data di ma-turazione del diritto a pensione ovvero a quella della domanda dipensione, se successiva. Orbene, nella fattispecie all’esame delgiudice fiorentino, il ricorrente aveva la possibilità di avvalersi ditale istituto, ma non vi ha fatto ricorso, come sottolineato dal giu-dicante, laddove ha affermato che, «per ovviare all’inconvenientedella parziale omissione e della conseguente prescrizione dei con-tributi l’unica soluzione sarebbe stata la rendita vitalizia, non ac-colta dal ricorrente …».Ciò è stato fatto – si rileva – nonostante che la mancata previsio-ne di meccanismi riparativi della perdita contributiva non sia sta-ta ritenuta indice di disparità di trattamento tra lavoratori auto-nomi e subordinati.Si ricorda, infatti, che la Cassazione ha ritenuto tale differenza ditrattamento pienamente legittima, posto che «sarebbe irragionevo-le, ossia contrastante col principio di uguaglianza[…] parificarela situazione del lavoratore dipendente, che perde benefici previ-denziali a causa delle omissioni contributive del datore di lavoroe perciò può costituirsi la rendita […] e la situazione del profes-sionista, che per un periodo della sua vita professionale omette dicontribuire e più tardi vuole recuperare i benefici perduti trasfe-rendo sull’assicuratore, almeno in parte, il costo dell’operazione»(cfr., in tal senso, Cass. n. 9408/2002 e Cass. n. 11140/2001, cit.).
Marcello Bella
La disciplina transitoria del comma 763
CORTE COSTITUZIONALE, 10 GENNAIO 2011,N. 15
Pres. Ugo De Siervo - Redatt. Alfonso QuarantaGiudizio di legittimità costituzionale promosso dal Tribunale di Li-vorno.
Dichiarata manifestamente inammissibile la que-stione di legittimità costituzionale dell’art. 1, c. 763,della legge finanziaria 2007 - I provvedimenti adot-tati prima della modifica dell’art. 3, c. 12, della leg-ge n. 335 del 1995 restano efficaci - Legittimità ditali provvedimenti vagliata alla luce delle possibiliinterpretazioni giurisprudenziali
La Consulta si pronuncia per la seconda volta nel bre-ve periodo sul comma 763 dell’art. 1 della legge fi-nanziaria per l’anno 2007, dichiarando nuovamentela questione manifestamente inammissibile.
ORDINANZAnel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo1, comma 763, ultimo periodo, della legge 27 dicem-bre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione delbilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge fi-nanziaria 2007), promosso dal Tribunale di Livornonel procedimento vertente tra R.V.M. e la Cassa Na-zionale di Previdenza e Assistenza Forense, con ordi-nanza del 20 ottobre 2009, iscritta al n. 116 del regi-stro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Uffi-ciale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, del-l’anno 2010.Visti l’atto di costituzione della Cassa Nazionale diPrevidenza e Assistenza Forense, nonché l’atto di in-tervento del Presidente del Consiglio dei ministri;udito nell’udienza pubblica del 14 dicembre 2010 ilGiudice relatore Alfonso Quaranta;uditi l’avvocato Giulio Prosperetti per la Cassa Nazio-nale di Previdenza e Assistenza Forense e l’avvocatodello Stato Fabrizio Fedeli per il Presidente del Consi-glio dei ministri.Ritenuto che il Tribunale di Livorno, con ordinanzadel 20 ottobre 2009, ha sollevato questione di legitti-mità costituzionale dell’articolo 1, comma 763, ultimoperiodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Dispo-sizioni per la formazione del bilancio annuale e plu-riennale dello Stato – legge finanziaria 2007), in rife-rimento agli articoli 2, 3, 23, 24 e 38 della Costituzio-ne, nonché al principio di ragionevolezza;che il giudizio principale, promosso con ricorso del 24luglio 2007 dal signor R.V.M. nei confronti della Cas-sa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, haad oggetto l’accertamento del diritto alla restituzionedei contributi versati ex articolo 21 della legge 20 set-tembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema previden-
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Il Comitato dei Delegati della Cassa, ovvero l’organo collegialedell’Ente, costituito dai rappresentanti degli iscritti, che ha, tra lealtre, la funzione istituzionale di adottare le norme statutarie e re-golamentari e le loro integrazioni e modificazioni (cfr. art. 11/II,lett. a) dello Statuto, pertanto, ha approvato il “Regolamento perla costituzione di rendita vitalizia reversibile in caso di parzialeomissione di contributi per i quali sia intervenuta prescrizione”.Il suddetto Regolamento prevede, appunto, la possibilità, per l’i-scritto – che abbia omesso di versare contributi dovuti, a qualsia-si titolo, alla Cassa e che non possa più versarli per intervenutaprescrizione –, di costituire una rendita vitalizia (cfr. l’analogoistituto previsto, per quanto concerne l’assicurazione generale ob-bligatoria, dall’art. 13 della legge n. 1338/62) corrispondendo al-la Cassa un importo assimilabile alla riserva matematica, calco-lata secondo le indicazioni contenute nel D.M. 28 luglio 1992 (esuccessive modificazioni) per il computo della riserva matematicadi cui all’art. 2 della legge n. 45/90, necessaria al finanziamentodel maggior onere di pensione e riproporzionata in base alla quo-ta di contributo non versato rispetto all’intero contributo dovuto.Tale calcolo deve essere effettuato con riferimento alla data di ma-turazione del diritto a pensione ovvero a quella della domanda dipensione, se successiva. Orbene, nella fattispecie all’esame delgiudice fiorentino, il ricorrente aveva la possibilità di avvalersi ditale istituto, ma non vi ha fatto ricorso, come sottolineato dal giu-dicante, laddove ha affermato che, «per ovviare all’inconvenientedella parziale omissione e della conseguente prescrizione dei con-tributi l’unica soluzione sarebbe stata la rendita vitalizia, non ac-colta dal ricorrente …».Ciò è stato fatto – si rileva – nonostante che la mancata previsio-ne di meccanismi riparativi della perdita contributiva non sia sta-ta ritenuta indice di disparità di trattamento tra lavoratori auto-nomi e subordinati.Si ricorda, infatti, che la Cassazione ha ritenuto tale differenza ditrattamento pienamente legittima, posto che «sarebbe irragionevo-le, ossia contrastante col principio di uguaglianza[…] parificarela situazione del lavoratore dipendente, che perde benefici previ-denziali a causa delle omissioni contributive del datore di lavoroe perciò può costituirsi la rendita […] e la situazione del profes-sionista, che per un periodo della sua vita professionale omette dicontribuire e più tardi vuole recuperare i benefici perduti trasfe-rendo sull’assicuratore, almeno in parte, il costo dell’operazione»(cfr., in tal senso, Cass. n. 9408/2002 e Cass. n. 11140/2001, cit.).
Marcello Bella
La disciplina transitoria del comma 763
CORTE COSTITUZIONALE, 10 GENNAIO 2011,N. 15
Pres. Ugo De Siervo - Redatt. Alfonso QuarantaGiudizio di legittimità costituzionale promosso dal Tribunale di Li-vorno.
Dichiarata manifestamente inammissibile la que-stione di legittimità costituzionale dell’art. 1, c. 763,della legge finanziaria 2007 - I provvedimenti adot-tati prima della modifica dell’art. 3, c. 12, della leg-ge n. 335 del 1995 restano efficaci - Legittimità ditali provvedimenti vagliata alla luce delle possibiliinterpretazioni giurisprudenziali
La Consulta si pronuncia per la seconda volta nel bre-ve periodo sul comma 763 dell’art. 1 della legge fi-nanziaria per l’anno 2007, dichiarando nuovamentela questione manifestamente inammissibile.
ORDINANZAnel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo1, comma 763, ultimo periodo, della legge 27 dicem-bre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione delbilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge fi-nanziaria 2007), promosso dal Tribunale di Livornonel procedimento vertente tra R.V.M. e la Cassa Na-zionale di Previdenza e Assistenza Forense, con ordi-nanza del 20 ottobre 2009, iscritta al n. 116 del regi-stro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Uffi-ciale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, del-l’anno 2010.Visti l’atto di costituzione della Cassa Nazionale diPrevidenza e Assistenza Forense, nonché l’atto di in-tervento del Presidente del Consiglio dei ministri;udito nell’udienza pubblica del 14 dicembre 2010 ilGiudice relatore Alfonso Quaranta;uditi l’avvocato Giulio Prosperetti per la Cassa Nazio-nale di Previdenza e Assistenza Forense e l’avvocatodello Stato Fabrizio Fedeli per il Presidente del Consi-glio dei ministri.Ritenuto che il Tribunale di Livorno, con ordinanzadel 20 ottobre 2009, ha sollevato questione di legitti-mità costituzionale dell’articolo 1, comma 763, ultimoperiodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Dispo-sizioni per la formazione del bilancio annuale e plu-riennale dello Stato – legge finanziaria 2007), in rife-rimento agli articoli 2, 3, 23, 24 e 38 della Costituzio-ne, nonché al principio di ragionevolezza;che il giudizio principale, promosso con ricorso del 24luglio 2007 dal signor R.V.M. nei confronti della Cas-sa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense, haad oggetto l’accertamento del diritto alla restituzionedei contributi versati ex articolo 21 della legge 20 set-tembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema previden-
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ziale forense), in ragione della prospettata illegittimitàdella delibera della suddetta Cassa, del 28 febbraio2003-23 luglio 2004 (integrata con delibera del 13 no-vembre 2004), che ha modificato l’articolo 4 del Re-golamento della Cassa stessa;che la citata delibera aveva soppresso il diritto alla re-stituzione dei contributi sancito dal citato art. 21, pre-vedendo, in sostituzione, l’erogazione di una pensionea base contributiva;che la norma impugnata, nel modificare l’articolo 3,comma 12, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riformadel sistema pensionistico obbligatorio e complementa-re), ha disposto che “sono fatti salvi gli atti e le deli-berazioni in materia previdenziale adottati dagli enti dicui al presente comma ed approvati dai Ministeri vigi-lanti prima della data di entrata in vigore della presen-te legge”;che, secondo il Tribunale remittente, la norma censu-rata non può essere intesa come mera conferma di ef-ficacia, né come sanatoria, anche se con effetti limita-ti al periodo successivo all’entrata in vigore della leg-ge degli atti in questione;che in ratio della norma stessa, pertanto, andrebbe in-dividuata nell’intento di salvaguardare e mantenereferme le precedenti regolamentazioni, già approvate insede ministeriale, anche se illegittime secondo la leg-ge anteriore;che non sussisterebbe alcun dubbio interpretativo e al-la disposizione in esame andrebbe, quindi, attribuito ilsignificato di norma di sanatoria, con la quale sonostati fatti salvi atti e provvedimenti precedentementeemanati, pur se in ipotesi illegittimi per la legislazioneprevigente, con efficacia retroattiva, riferita alla decor-renza degli atti stessi;che la disposizione in esame, ora sottoposta al vagliodi costituzionalità, pur ispirata ad esigenze di equili-brio di bilancio delle gestioni previdenziali e di equitàtra le generazioni, si porrebbe in contrasto con il prin-cipio di affidamento nella sicurezza giuridica e con lelegittime aspettative dei lavoratori, sanando un atto aborigine illegittimo, peggiorando in misura notevole ein maniera definitiva il trattamento in precedenza go-duto dagli interessati, in contrasto con i richiamati art.2, 3, 24 e 38 Cost.;che tale sanatoria, così generalizzata, sarebbe, altresì,irragionevole e lesiva del principio di riserva di legge dicui all’art. 23 Cost., in quanto inciderebbe sui tratta-menti previdenziali garantiti da disposizioni di legge;
che in data 18 maggio 2010 si è costituita la Cassa Fo-rense chiedendo che la questione sia dichiarata inam-missibile;che, in particolare, la Cassa Forense ha ricordato comesu analoga questione si sia già pronunciata questa Cor-te con la sentenza n. 263 del 2009 di inammissibilità ecome sul punto sia, di recente, intervenuta la Corte diCassazione con la sentenza n. 24202 del 2009;che ha depositato atto di intervento, nella stessa datadel 18 maggio 2010, il Presidente del Consiglio deiministri, rappresentato e diffuso dall’Avvocatura gene-rale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichia-rata manifestamente inammissibile e, comunque, nonfondata.Considerato che con ordinanza del 20 ottobre 2009, ilTribunale di Livorno ha sollevato questione di legitti-mità costituzionale dell’articolo 1, comma 763, dellalegge 22 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per laformazione del bilancio annuale e pluriennale delloStato – legge finanziaria 2007), nella parte in cui – ul-timo periodo – nel modificante articolo 3, comma 12,della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistemapensionistico obbligatorio e complementare), ha di-sposto che «sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni inmateria previdenziale adottati dagli enti di cui al pre-sente comma ed approvati dai Ministeri vigilanti pri-ma della data di entrata in vigore della presente leg-ge», in riferimento agli articoli 2, 3, 23, 24 e 38 dellaCostituzione e al principio di ragionevolezza;che il remittente sospetta di illegittimità costituzionalel’inciso in questione, in quanto ritiene che la normacensurata abbia disposto una sanatoria, ab origine,della delibera della Cassa Nazionale di Previdenza eAssistenza Forense, del 28 febbraio 2003, 23 luglio2004 (integrata con delibera del 13 novembre 2004), laquale ha modificato l’articolo 4 del Regolamento del-la Cassa stessa ed ha soppresso il diritto alla restitu-zione dei contributi sancito dall’art. 21 della legge 20settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema previden-ziale forense); prevedendo, in sostituzione, l’erogazio-ne di una pensione a base contributiva;che, ad avviso del Tribunale, tale sanatoria impedireb-be il riconoscimento del suddetto diritto alla restitu-zione, con violazione degli artt. 2, 3, 23, 24 e 38 Cost.e del principio di ragionevolezza;che, come afferma il giudice in quo, «una sanatoria co-sì “generalizzata”, estesa a tutti i provvedimenti am-ministrativi degli enti di previdenza anche se non ri-
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spettosi dei principi del pro rata e incidenti su dirittigarantiti da disposizioni di legge – senza alcuna espli-citazione delle ipotetiche ragioni per le quali viene at-tribuita, ex post, validità ad atti illegittimi – risulta diper sé irragionevole ed in contrasto con il principio diriserva di legge ex art. 23 Cost applicabile in materia»;che la norma in questione lederebbe, altresì, i principiposti dagli artt. 2, 3, 24 e 38 Cost., precludendo irra-gionevolmente la tutela di un diritto già riconosciutoall’interessato dall’ordinamento e la sua difendibilitàin sede giurisdizionale, senza alcuna esplicitazionedelle ragioni della diversità di disciplina rispetto aquella riservata agli altri soggetti titolari di similari si-tuazioni giuridiche;che, in via preliminare, occorre ricordare che analogaquestione è già stata sottoposta all’esame di questaCorte dal Tribunale di Lucca (reg. ord. n. 700 del2007) ed è stata dichiarata manifestamente inammissi-bile con l’ordinanza n. 124 del 2008;che, successivamente, analoga questione è stata propo-sta anche dal Tribunale di Aosta (reg. ord. n. 301 del2008), nonché, nuovamente, dal Tribunale di Lucca(reg. ord. nn. 6, 71 e 72 del 2009).I relativi giudizi sono stati riuniti e decisi con la sen-tenza n. 263 del 2009, la quale ha dichiarato la inam-missibilità delle questioni sollevate;che, ora, in ragione dell’ordinanza di rimessione indi-cata in epigrafe, la Corte è stata nuovamente investitadel dubbio di costituzionalità del citato art. 1, comma763, ultimo periodo, della legge n. 296 del 2006;che, tanto premesso, deve essere dichiarata la mani-festa inammissibilità della questione come sopra pro-posta;che il remittente ha denunciato profili di illegittimitàcostituzionale analoghi a quelli già denunciati con pre-cedenti ordinanze di rimessione, attraverso un medesi-mo iter argomentativo;che i parametri in riferimento ai quali la questione èstata ora sollevata sono gli stessi giù scrutinati e le ra-gioni della manifesta inammissibilità della questionesono riferibili anche ad essi;che il giudice a quo, analogamente ai precedenti re-mittenti, ha omesso di esplorare altre possibilità inter-pretative e, dopo aver effettuato la propria opzione er-meneutica, ha ipotizzato diverse letture della norma(“mera conferma di efficacia”, “sanatoria ma con ef-fetti limitati al solo periodo successivo all’entrata invigore della legge”), le quali però trascurano del tutto
la sussistenza di un non irragionevole, diverso, datogiurisprudenziale, per affermare la unicità della inter-pretazione sottoposta al giudizio di questa Corte;che, in proposito, si può ricordare come la Corte d’Ap-pello di Torino, con la sentenza n. 135 del 5 febbraio2007 (richiamata nella sentenza di questa Corte n. 263del 2009), antecedente alla ordinanza ora in esame, haprecisato che «gli atti e provvedimenti adottati daglienti prima dell’entrata in vigore della modifica del-l’art. 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995 riman-gono efficaci e la loro legittimità dovrà essere vagliataalla luce del vecchio testo di detta norma per i pensio-namenti successivi, con esiti che potranno essere di-versi»;che non possono trarsi argomenti in contrario dellapronuncia della Corte di cassazione n. 24202 del 2009,intervenuta successivamente all’ordinanza di rimes-sione, in quanto si tratta di sentenza che non ha ad og-getto l’interpretazione della norma impugnata;che, come più volte questa Corte ha affermato, le leg-gi non si dichiarano incostituzionali se esiste la possi-bilità di dare loro un significato che le rende compati-bili con i precetti costituzionali;che, pertanto, deve essere dichiarata la manifestainammissibilità della questione.
PER QUESTI MOTIVILA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questionedi legittimità costituzionale dell’articolo 1, comma763, ultimo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n.296 (Disposizioni per la formazione del bilancio an-nuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria2007), sollevata dal Tribunale di Livorno, in riferi-mento agli articoli 2, 3, 23, 24 e 38 della Costituzione,nonché al principio di ragionevolezza, con l’ordinanzaindicata in epigrafe.
NotaIl 16 gennaio la Corte Costituzionale ha depositato l’ordinanza n.15 concernente il giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1,comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanzia-ria per l’anno 2007), dichiarando manifestamente inammissibilela questione di legittimità costituzionale.La questione era stata sollevata dal Tribunale di Livorno (per laseconda volta), a seguito di giudizio intentato nei confronti dellaCassa da un professionista che, a seguito dell’intervenuta cancel-lazione dalla Cassa, aveva chiesto il rimborso dei contributi ver-sati per il periodo di iscrizione, con la maggiorazione degli inte-ressi, contestando la legittimità dell’art. 4 del Regolamento Gene-
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rale della Cassa – che, introducendo dal 2004 una pensione conrequisiti minimi di accesso (cinque anni di iscrizione e contribu-zione) e con metodo di calcolo contributivo, non prevede più lapossibilità di richiedere la restituzione dei contributi versati -, sulpresupposto che tale regolamento non potesse abrogare il dettatonormativo di cui all’art. 21 della L. 576/80.Orbene, nel merito della contestata legittimità della modifica del-l’art. 4 del Regolamento Generale della Cassa, si è espresso dap-prima in sede di merito in senso favorevole all’Ente il Tribunale diRoma (con sentenze n. 1121/06 e n. 1288/07), poi, in sede di legit-timità, la Suprema Corte con la sentenza n. 24202 del 16 novem-bre 2009, affermando che la modifica regolamentare adottata dal-la Cassa rientra tra i poteri di autodichia dell’Ente, che non hafatto altro che applicare i principi fondamentali della riforma at-tuata con la legge n. 335/1995, che, essendo successiva, deve rite-nersi prevalente sulle precedenti disposizioni e, pertanto, anchesul disposto dell’art. 21 della legge 576/1980 (norma peraltro che,prevedendo il rimborso dei contributi, costituiva un’eccezione nelsistema previdenziale). Tale pronuncia, peraltro, è stata conferma-ta di recente dalla stessa Suprema Corte con la sentenza 6 giugno2011, n. 12209. Le emarginate decisioni hanno ritenuto piena-mente legittimo il comportamento dell’Ente che ha operato la mo-difica in questione, adeguando in tal modo la previdenza forenseal sistema contributivo e consentendo a tutti i professionisti cheabbiano maturato almeno cinque anni di effettiva iscrizione e con-tribuzione di ottenere una pensione contributiva.Ciò posto, la norma sottoposta all’esame del giudice delle leggi,nel modificare l’articolo 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995,n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e comple-mentare), ha disposto che «sono fatti salvi gli atti e le deliberazio-ni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al presentecomma ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di en-trata in vigore della presente legge» e il Tribunale remittente ave-va ritenuto che la norma censurata non potesse essere intesa comemera conferma di efficacia, né come sanatoria, anche se con effet-ti limitati al periodo successivo all’entrata in vigore della legge,degli atti in questione.Orbene, su analoga questione si è già pronunciata la Corte Costi-tuzionale con l’ordinanza n. 124 del 2008 e con la sentenza n. 263del 2009 di inammissibilità. Ed invero, il giudice remittente, nellafattispecie, ha denunciato profili di illegittimità costituzionale ana-loghi a quelli già denunciati con le precedenti ordinanze di rimes-sione, attraverso un medesimo iter argomentativo e i parametri inriferimento ai quali la questione viene nuovamente sollevata sonogli stessi già scrutinati dalla Consulta e le ragioni della manifestainammissibilità della questione sono riferibili anche ad essi. Inparticolare, il giudice a quo, analogamente ai precedenti remitten-ti, ha omesso di esplorare altre possibilità interpretative e, dopoaver effettuato la propria opzione ermeneutica, ha ipotizzato di-verse letture della norma («mera conferma di efficacia», «sanato-ria ma con effetti limitati al solo periodo successivo all’entrata invigore della legge»), le quali però trascurano del tutto la sussi-stenza di un non irragionevole, diverso, dato giurisprudenziale,per affermare la unicità della interpretazione sottoposta al giudi-zio di questa Corte, mentre altro giudice (la Corte d’Appello di To-rino, con la sentenza n. 135 del 5 febbraio 2007) ha precisato che
«gli atti e provvedimenti adottati dagli enti prima dell’entrata invigore della modifica dell’art. 3, comma 12, della legge n. 335 del1995 rimangono efficaci e la loro legittimità dovrà essere vagliataalla luce del vecchio testo di detta norma per i pensionamenti at-tuati entro il 2006 (poiché quella è la norma vigente in tale perio-do) ed alla luce del nuovo testo per i pensionamenti successivi, conesiti che potranno essere diversi».Conclude, pertanto, la Consulta osservando che le leggi non si di-chiarano incostituzionali se esiste la possibilità di dare loro un si-gnificato che le renda compatibili con i precetti costituzionali, perl’effetto dichiarando, nella fattispecie, la manifesta inammissibi-lità della questione.Dunque, la già citata sentenza n. 24202 del 2009 (poi confermataintegralmente dalla successiva n. 12209/2011) della Suprema Cor-te di Cassazione ha già operato un’interpretazione della norma icui effetti il ricorrente avrebbe voluto che fossero messi in discus-sione in relazione all’interpretazione della norma sottoposta al va-glio di legittimità, confermando la piena legittimità della modificaapportata al regime di restituzione dei contributi versati, dichia-rando la previsione della non restituibilità dei contributi, in rela-zione – come sopra evidenziato – all’opportunità di aderire al si-stema contributivo, «rispettosa dei prospettati limiti – all’autono-mia degli Enti previdenziali privatizzati – e come tale idonea adabrogare – tacitamente– la contraria previsione di legge (di cui al-l’art. 21 della legge 20 settembre 1980, n. 570, riforma del siste-ma previdenziale forense) del diritto alla restituzione dei contribu-ti non utilizzabili ai fini pensionistici (sul punto vedi, per tutte,Cass. n. 5098/03, 10458/98)». La Corte di Cassazione chiarisceanche che non si pongono questioni di «lesione di diritti quesiti –in quanto presuppone la loro maturazione prima del provvedimen-to ablativo (vedi per tutte Corte Cost., n. 446/2002 e giurispru-denza ivi citata) – né di legittime aspettative o dell’affidamentonella certezza del diritto e nella sicurezza giuridica. Infatti la pre-visione della non restituibilità dei contributi legittimamente versa-ti (di cui al primo comma dell’art. 4 del Regolamento della Cassacit.) risulta coerente da un lato con la regola generale – nel mede-simo senso – e dall’altro con la previsione contestuale con la fa-coltà di optare – a condizioni di migliore favore – per il sistemacontributivo di calcolo della pensione».
Marcello Bella
Ricorso sulla legittimità del contributo del 3% per i redditi oltre il tetto
TRIBUNALE DI MILANO, 21 MAGGIO 2010, N.2957
Avvocato - Previdenza - Legittimità art. 10, lett b),Legge 576/80.
Non è manifestamente fondata la questione di legitti-
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rale della Cassa – che, introducendo dal 2004 una pensione conrequisiti minimi di accesso (cinque anni di iscrizione e contribu-zione) e con metodo di calcolo contributivo, non prevede più lapossibilità di richiedere la restituzione dei contributi versati -, sulpresupposto che tale regolamento non potesse abrogare il dettatonormativo di cui all’art. 21 della L. 576/80.Orbene, nel merito della contestata legittimità della modifica del-l’art. 4 del Regolamento Generale della Cassa, si è espresso dap-prima in sede di merito in senso favorevole all’Ente il Tribunale diRoma (con sentenze n. 1121/06 e n. 1288/07), poi, in sede di legit-timità, la Suprema Corte con la sentenza n. 24202 del 16 novem-bre 2009, affermando che la modifica regolamentare adottata dal-la Cassa rientra tra i poteri di autodichia dell’Ente, che non hafatto altro che applicare i principi fondamentali della riforma at-tuata con la legge n. 335/1995, che, essendo successiva, deve rite-nersi prevalente sulle precedenti disposizioni e, pertanto, anchesul disposto dell’art. 21 della legge 576/1980 (norma peraltro che,prevedendo il rimborso dei contributi, costituiva un’eccezione nelsistema previdenziale). Tale pronuncia, peraltro, è stata conferma-ta di recente dalla stessa Suprema Corte con la sentenza 6 giugno2011, n. 12209. Le emarginate decisioni hanno ritenuto piena-mente legittimo il comportamento dell’Ente che ha operato la mo-difica in questione, adeguando in tal modo la previdenza forenseal sistema contributivo e consentendo a tutti i professionisti cheabbiano maturato almeno cinque anni di effettiva iscrizione e con-tribuzione di ottenere una pensione contributiva.Ciò posto, la norma sottoposta all’esame del giudice delle leggi,nel modificare l’articolo 3, comma 12, della legge 8 agosto 1995,n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e comple-mentare), ha disposto che «sono fatti salvi gli atti e le deliberazio-ni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al presentecomma ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di en-trata in vigore della presente legge» e il Tribunale remittente ave-va ritenuto che la norma censurata non potesse essere intesa comemera conferma di efficacia, né come sanatoria, anche se con effet-ti limitati al periodo successivo all’entrata in vigore della legge,degli atti in questione.Orbene, su analoga questione si è già pronunciata la Corte Costi-tuzionale con l’ordinanza n. 124 del 2008 e con la sentenza n. 263del 2009 di inammissibilità. Ed invero, il giudice remittente, nellafattispecie, ha denunciato profili di illegittimità costituzionale ana-loghi a quelli già denunciati con le precedenti ordinanze di rimes-sione, attraverso un medesimo iter argomentativo e i parametri inriferimento ai quali la questione viene nuovamente sollevata sonogli stessi già scrutinati dalla Consulta e le ragioni della manifestainammissibilità della questione sono riferibili anche ad essi. Inparticolare, il giudice a quo, analogamente ai precedenti remitten-ti, ha omesso di esplorare altre possibilità interpretative e, dopoaver effettuato la propria opzione ermeneutica, ha ipotizzato di-verse letture della norma («mera conferma di efficacia», «sanato-ria ma con effetti limitati al solo periodo successivo all’entrata invigore della legge»), le quali però trascurano del tutto la sussi-stenza di un non irragionevole, diverso, dato giurisprudenziale,per affermare la unicità della interpretazione sottoposta al giudi-zio di questa Corte, mentre altro giudice (la Corte d’Appello di To-rino, con la sentenza n. 135 del 5 febbraio 2007) ha precisato che
«gli atti e provvedimenti adottati dagli enti prima dell’entrata invigore della modifica dell’art. 3, comma 12, della legge n. 335 del1995 rimangono efficaci e la loro legittimità dovrà essere vagliataalla luce del vecchio testo di detta norma per i pensionamenti at-tuati entro il 2006 (poiché quella è la norma vigente in tale perio-do) ed alla luce del nuovo testo per i pensionamenti successivi, conesiti che potranno essere diversi».Conclude, pertanto, la Consulta osservando che le leggi non si di-chiarano incostituzionali se esiste la possibilità di dare loro un si-gnificato che le renda compatibili con i precetti costituzionali, perl’effetto dichiarando, nella fattispecie, la manifesta inammissibi-lità della questione.Dunque, la già citata sentenza n. 24202 del 2009 (poi confermataintegralmente dalla successiva n. 12209/2011) della Suprema Cor-te di Cassazione ha già operato un’interpretazione della norma icui effetti il ricorrente avrebbe voluto che fossero messi in discus-sione in relazione all’interpretazione della norma sottoposta al va-glio di legittimità, confermando la piena legittimità della modificaapportata al regime di restituzione dei contributi versati, dichia-rando la previsione della non restituibilità dei contributi, in rela-zione – come sopra evidenziato – all’opportunità di aderire al si-stema contributivo, «rispettosa dei prospettati limiti – all’autono-mia degli Enti previdenziali privatizzati – e come tale idonea adabrogare – tacitamente– la contraria previsione di legge (di cui al-l’art. 21 della legge 20 settembre 1980, n. 570, riforma del siste-ma previdenziale forense) del diritto alla restituzione dei contribu-ti non utilizzabili ai fini pensionistici (sul punto vedi, per tutte,Cass. n. 5098/03, 10458/98)». La Corte di Cassazione chiarisceanche che non si pongono questioni di «lesione di diritti quesiti –in quanto presuppone la loro maturazione prima del provvedimen-to ablativo (vedi per tutte Corte Cost., n. 446/2002 e giurispru-denza ivi citata) – né di legittime aspettative o dell’affidamentonella certezza del diritto e nella sicurezza giuridica. Infatti la pre-visione della non restituibilità dei contributi legittimamente versa-ti (di cui al primo comma dell’art. 4 del Regolamento della Cassacit.) risulta coerente da un lato con la regola generale – nel mede-simo senso – e dall’altro con la previsione contestuale con la fa-coltà di optare – a condizioni di migliore favore – per il sistemacontributivo di calcolo della pensione».
Marcello Bella
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TRIBUNALE DI MILANO, 21 MAGGIO 2010, N.2957
Avvocato - Previdenza - Legittimità art. 10, lett b),Legge 576/80.
Non è manifestamente fondata la questione di legitti-
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mità costituzionale dell’art. 10, lett. b), della legge576/80 con riferimento agli artt. 2, 3, 38, 41, 42, 47 e53 della Costituzione.
Il ricorrente, avvocato iscritto alla Cassa di Previden-za ed Assistenza Forense dal 1.1.95 chiede al Giudicedi dichiarare la non debenza dei contributi soggettiviversati ai sensi dell’art. 10, comma 1, lettera b), dellaL. n. 576/80, relativi agli anni dal 1998 al 2008, conconseguente condanna della convenuta al pagamentodel complessivo importo di € 236.267,10, oltre inte-ressi e rivalutazione, previa remissione della questionedi legittimità costituzionale della norma suddetta,«nella parte in cui non fissa un limite massimo allacontribuzione comunque dovuta a tale titolo», per con-trasto con gli artt. 2, 3, 38, 41, 42, 47 e 53 della Costi-tuzione.Ha resistito la convenuta chiedendo il rigetto delle do-mande.Vanno in primo luogo respinte le eccezioni di impro-ponibilità e improcedibilità del ricorso.Con sentenza nr. 7710/05 la Corte di Cassazione ha af-fermato che «in materia di prestazioni previdenzialil’azione giudiziaria deve essere preceduta dalla do-manda amministrativa, a pena di improponibilità, soloove la stessa sia espressamente prevista dalla legge».Per quanto attiene la procedibilità, la norma dello Sta-tuto della Cassa citata nella memoria di costituzioneprevede l’ammissibilità del reclamo al Consiglio diAmministrazione contro le deliberazioni della Giunta,ma nel caso di specie manca un provvedimento avver-so il quale proporre il ricorso in via amministrativa.Né appare configurabile l’inammissibilità del ricorsoper carenza di interesse posto che nel presente giudi-zio non viene chiesta solo la restituzione dei contribu-ti in questione, ma anche l’accertamento della non de-benza degli stessi, con la conseguente esistenza di uninteresse concreto ed attuale alla pronuncia giudiziale.In relazione alla questione di legittimità costituzionaledell’art. 10, comma 1, lettera b) della L. n. 576/80, nel-la parte in cui non fissa un limite massimo alla contri-buzione comunque dovuta a titolo di solidarietà si ri-leva in primo luogo l’assenza di incidentalità dellaquestione atteso che l’eventuale accertamento di inco-stituzionalità non comporterebbe l’accoglimento delleconclusioni avanzate in ricorso, in quanto sarebbe inogni caso necessario uno specifico intervento del legi-slatore.
La norma in esame viene sospettata di incostituziona-lità non nella sua interezza, ma solo in quanto non pre-vede un tetto massimo entro il quale contenere la con-tribuzione di mera solidarietà.Ove venisse accolta l’eccezione di illegittimità costi-tuzionale, sarebbe comunque necessario definire un li-mite a tale contribuzione, di per sé pienamente legitti-ma, e di conseguenza il ricorrente non potrebbe riven-dicare il diritto alla restituzione dell’importo totale deicontributi versati alla Cassa a tale titolo. Né la richie-sta alla restituzione può riguardare solo una parte deicontributi versati in quanto non spetta al Giudice inte-grare la carenza eventualmente rilevata dalla CorteCostituzionale individuando la misura del tetto massi-mo di contribuzione; compito che invece spetta esclu-sivamente al legislatore.A ciò va aggiunto che un’eventuale pronuncia di inco-stituzionalità delle norma non consentirebbe comun-que l’accoglimento della domanda di condanna alla re-stituzione in quanto nel ricorso non viene dedotta l’il-legittimità del Regolamento dei contributi dovuti dagliiscritti alla Cassa, e quindi la disciplina relativa allamisura e alle modalità della contribuzione censurata inricorso continuerebbe a sussistere in forza di tale re-golamento.La questione di illegittimità costituzionale sollevataappare peraltro manifestamente infondata nel merito.La Corte Costituzionale con la sentenza n. 132/84 hagià dichiarato non fondate le questioni di legittimitàcostituzionale della norma censurata nel presente giu-dizio seppur sollevate con riferimento agli artt. 3, 31,33, 35 e 38 della Costituzione.In tale contesto la Corte ha affermato la correttezza diun trattamento pensionistico, di categoria che, abban-donando la tecnica dell’accreditamento dei contributiin conti individuali e del connesso criterio della pro-porzionalità delle pensioni ai contributi, ha dato vitaad una gestione collettiva dei contributi stessi che rien-tra, quanto ai mezzi ed ai fini, nel quadro generale del-l’adempimento dei doveri di solidarietà cui si richiamal’art. 2 Cost.È vero che la Corte ha precisato che il principio soli-daristico affermato con la L. n. 576/80 non esclude maconcorre con il principio di proporzionalità delle pen-sioni ai contributi personali versati introducendo uncorrettivo destinato ad operare nella misura necessariacosì da garantire a tutti i membri della categoria pro-fessionale una pensione adeguata alle esigenze di una
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vita dignitosa. La stessa tuttavia ha precisato che ilsindacato di ragionevolezza sull’esercizio della discre-zionalità che presiede alle scelte di politica sociale dellegislatore deve essere orientato «alla verifica dellacoerenza interna del sistema, cioè della congruenza frai singoli strumenti giuridici adottati e i fini specifica-mente perseguiti (per fini intendendosi la misura qua-litativa e quantitativa degli obiettivi di fondo della pre-videnza che il legislatore si è determinato a realizzare),nonché della conformità di detti strumenti ai principi eai criteri cardine assunti. Principi e criteri cardine iquali, nel caso di tipo solidaristico, sono costruiti, perquanto concerne l’attribuzione e distribuzione deglioneri previdenziali, dall’adeguamento alla capacitàcontributiva e, per quanto concerne l’attribuzione e ladistribuzione dei benefici previdenziali, dell’adegua-mento allo stato di bisogno.(…) In positivo è peraltro giustificato nell’ottica soli-daristica: porre la contribuzione (annua) a carico ditutti gli esercenti con continuità la professione e pro-porzionarla nella misura al reddito professionale (an-nuo), correlandola così alla capacità contributiva ge-nerica (desunta dall’esercizio professionale) e specifi-ca (desunta dal reddito dichiarato ai fini dell’IRPEF) enon già ai benefici previdenziali conseguibili in futuroda ciascun esercente o gruppo di esercenti, a correlareinvece tali benefici, nelle condizioni di acquisto, aglispecifici fini previdenziali insindacabilmente assuntidal legislatore sulla base della valutazione dei presup-posti e delle disponibilità finanziarie, e nella misura,allo stato di bisogno».Così chiarita la struttura di un sistema previdenzialesolidaristico come quello gestito dalla Cassa convenu-ta, non può ritenersi che esso possa essere ritenuto ra-gionevole solo mediante l’introduzione di un limitemassimo per la contribuzione, come invece sostenutoin ricorso.Sulla base degli artt. 2 e 53 Cost. il criterio generaledella contribuzione alla spesa pubblica si fonda sullacapacità contributiva di ciascuno e quindi non vi è mo-tivo di ritenere che nella materia previdenziale questoprincipio fondamentale debba valere non per l’interacapacità del contribuente, bensì solo fino ad un tettomassimo. L’art. 53, inoltre, introduce un sistema infor-mato a criteri di progressività, in applicazione dei qua-li l’ammontare del peso contributivo dovrebbe variarein misura almeno proporzionale al variare della capa-cità contributiva: invece l’art. 10 in esame, in senso più
favorevole all’avvocato contribuente, prevede una per-centuale del 10% fino alla soglia di quaranta milioni dilire ed oltre tale soglia un’unica percentuale del 3%,per cui la contribuzione risulta addirittura decrescente.In un’altra pronuncia (n. 173/86) la Corte Costituzio-nale ha specificato che «la contribuzione previdenzia-le (giustificata in sé anche da esigenze di autofinanzia-mento del settore e di corretto funzionamento del mer-cato) non è un’imposizione tributaria vera e propria, dicarattere generale, per cui i contributi relativi alla par-te di retribuzione non pensionabile non costituisconoun prelievo fiscale aggiuntivo, ma concorrono ad ali-mentare un sistema previdenziale che … appare infor-mato al modello della sicurezza sociale ed ai principidella solidarietà operanti nei confronti dei membri del-la collettività, nel quale i lavoratori con i redditi più al-ti partecipano anche alla copertura delle prestazioni afavore delle categorie con redditi più bassi, mentre siallarga sempre più l’area dell’“assistenza”, sicché ilprincipio di proporzionalità tra contribuzione e presta-zioni previdenziali non comporta (assoluta) corrispon-denza nell’ammontare delle une e delle altre, ma va in-teso ragionevolmente, nel senso che il legislatore nonpuò negare del tutto le prestazioni né ridurle ad un mi-nimo assoluto, dovendo assicurare, in ogni caso, le esi-genze di vita del lavoratore».Ciò sicuramente non può dirsi realizzato nel caso dispecie, come conseguenza della mancata previsione diun tetto massimo della contribuzione di solidarietà, percui non risulta violato il principio di ragionevolezza.Quanto al rilievo per cui la contribuzione solidaristicasarebbe versata unicamente in ragione dell’operatività,anche nel sistema previdenziale forense, del principiodi solidarietà di cui all’art. 2 Cost., lo stesso appareinfondato in quanto, come evidenziato nella memoriadi costituzione della convenuta, la Cassa non erogasoltanto prestazioni pensionistiche, ma anche presta-zioni di natura assistenziale, l’assicurazione per gran-di interventi chirurgici ed altre prestazioni aggiuntivecome da regolamento.Appare altresì infondata la tesi del ricorrente che ri-collega il superamento dei limiti della ragionevolezzaalla richiesta della contribuzione di solidarietà ben ol-tre la misura necessaria a garantire a tutti i membridella categoria professionale una pensione minimaadeguata alle esigenze di una vita dignitosa ed in ognicaso mezzi adeguati alle loro esigenze di vita: in par-ticolare il ricorrente sostiene che la Cassa eroga pre-
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stazioni previdenziali il cui costo complessivo è sicu-ramente predeterminabile e limitato per ciascun annodi competenza e che di fatto si è realizzato un costan-te avanzo di gestione, per cui il prelievo contributivorisulterebbe del tutto svincolato dalle effettive esigen-ze della Cassa.Non si deve, peraltro, dimenticare che, ai sensi del-l’art. 3, comma 12, della L. n. 335/95, gli enti previ-denziali privatizzati, nell’ambito della loro autonomiaed in quanto integralmente autofinanziati, devono assi-curare l’equilibrio di bilancio in attuazione dell’art. 2,comma 2, del D.Lgs. n. 509/94, con stabilità delle ri-spettive gestioni da ricondursi ad un arco temporaleche è stato allungato a trenta anni dall’art. 1, comma763, della L. n. 296/06; a tal fine agli enti suddetti èconsentita l’adozione di «provvedimenti di variazionedelle aliquote contributive, di riparametrazione deicoefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di de-terminazione del trattamento pensionistico».In questa ottica eventuali avanzi di gestione vengonoutilizzati per far fronte al costo complessivo delleprestazioni e le prevedibili esigenze della Cassa, de-terminate secondo criteri statistici ed attuariali, ap-paiono pienamente collegate al prelievo contributivorichiesto.Le considerazioni esposte conducono pertanto al riget-to del ricorso.Stante la soccombenza il ricorrente è condannato alpagamento delle spese di lite che si liquidano in €
2.500,00 (di cui € 200 per spese) oltre accessori.
P.Q.M.Definitivamente pronunciando:Rigetta il ricorso.Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di li-te che liquida in € 2.500,00 oltre accessori.Riserva 60 giorni per il deposito della motivazione.
NotaLegittimità della richiesta da parte della Cassa dei contributi sog-gettivi di cui all’art. 10, lett. b), legge n. 576/80.Preliminarmente, si rammenta che l’art. 10 della legge n. 576/80pone a carico di tutti gli iscritti alla Cassa che esercitino la pro-fessione con continuità il pagamento di un contributo soggettivoproporzionale al reddito IRPEF netto prodotto nell’anno, qualerisulta dalla relativa dichiarazione ai fini dell’IRPEF nella misu-ra: a) del 10% (ai sensi del nuovo regolamento sui contributi talepercentuale è stata aumentata a decorrere dal 2009 al 13%) finoal tetto pensionabile; b) e del 3% per i redditi superiori al dettotetto.
La Cassa è stata convenuta in giudizio sul presupposto che la man-cata fissazione di un limite massimo alla contribuzione dovuta exart. 10, lett. b), della legge n. 576/80 costituirebbe un irragione-vole superamento del dovere di solidarietà, con conseguente ille-gittimità costituzionale della citata norma.La sentenza in esame, accogliendo la tesi difensiva della Cassa, harigettato il ricorso, ritenendo che la mancanza di un tetto massimoal prelievo contributivo non costituisca una violazione del princi-pio di ragionevolezza, in quanto, proprio per la connotazione so-lidaristica del sistema, non esiste una regola che vincoli il legisla-tore a statuire un limite massimo alla detta contribuzione.Al riguardo, si sottolinea come la solidarietà sia il principio por-tante di tutto il sistema previdenziale forense. La previdenza fo-rense, pertanto, essendo improntata ad un sistema di tipo solidari-stico, consente, attraverso l’imposizione, ai possessori di redditielevati, di un contributo relativo alla parte di reddito eccedente iltetto pensionabile, di assicurare prestazioni anche in favore di co-loro che hanno contribuito in misura minima.In tale ottica si giustifica l’imposizione di una contribuzione a ca-rico di tutti gli iscritti alla Cassa, proporzionata nella misura alreddito percepito e non già ai benefici previdenziali conseguibili infuturo da ciascun professionista.In merito, si specifica che la Corte Costituzionale ha già più vol-te dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionaledegli artt. 10 e 22 della legge n. 576/80 sollevate in riferimentoagli articoli 2, 3, 31, 33, 35 e 38 Cost. (Corte Cost. n. 132 e 133del 1984)Il giudice delle leggi, nel ricondurre la previdenza forense al si-stema solidaristico, ha specificato che lo stesso è caratterizzato, adifferenza del sistema mutualistico, dalla riferibilità dei fini e de-gli oneri previdenziali a principi di solidarietà operanti all’inter-no della categoria e dall’irrilevanza della proporzionalità tra con-tributi e prestazioni previdenziali. La Corte ha precisato che gliobblighi previdenziali non essendo legati in una relazione di cor-rispettività con i benefici previdenziali del sistema, costituisconodoveri di solidarietà nell’ambito della categoria professionale,gravando, pertanto, in modo generalizzato ed incondizionato sututti i membri dell’emarginata categoria. I contributi, dunque, ven-gono in considerazione in ragione del prelievo tra tutti gli appar-tenenti alla categoria secondo la loro capacità contributiva, men-tre le prestazioni sono proporzionate soltanto allo stato di biso-gno. La contribuzione, pertanto, è posta a carico di tutti i sogget-ti interessati correlandola alla capacità contributiva generica enon già ai benefici previdenziali conseguibili in futuro.La Corte, pertanto, nella sentenza n. 132/1984, ha respinto le cen-sure «concernenti la contrapposizione, operata dalle ordinanze diremissione, fra il carattere assoluto e gravoso degli obblighi pre-videnziali imposto e quello condizionato e limitato dei beneficiprevidenziali perseguibili dai professionisti iscritti in età avanza-ta»; la censura «concernente l’asserita sperequazione in dannodei produttori di redditi professionali superiori ai 40 milioni, co-stretti a versare, per la fascia eccedente, contributi ai quali noncorrisponde un aumento della pensione»; nonché le censure «con-cernenti la contrapposizione fra l’assoluta gravosità degli obbli-ghi previdenziali imposti e l’aleatorietà e ristrettezza dei beneficiprevidenziali perseguibili dai pensionati per vecchiaia che conti-
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nuino ad esercitare la professione forense rimanendo iscritti al-l’albo».La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 10458/1998, ha ritenutodi natura solidaristica il contributo del 3% dovuto sulla parte direddito eccedente il tetto fissato dall’art. 10, lett. a), della legge n.576/80 nonché il contributo, di pari importo, dovuto dai pensiona-ti di vecchiaia che conservino l’iscrizione all’albo dopo la matu-razione del diritto ai supplementi di pensione, sempre ai sensi del-l’art. 10, comma 3, «in quanto i detti contributi sono diretti esclu-sivamente al finanziamento della previdenza di categoria edespressione di un dovere di solidarietà nell’ambito della categoriaprofessionale».La legittimità di tale disposizione è stata, recentemente, conferma-ta anche dalla giurisprudenza di merito; infatti, la sentenza n.1121 del 18 gennaio 2006 resa dal Tribunale di Roma, ha ritenu-to corretto: «il calcolo della pensione sul contributo del 10% e nonanche su quello del 3% eccedente il reddito di Euro 72.923,71 an-nuo», poiché «ha come contropartita il fatto che l’ente non erogasolo prestazioni pensionistiche agli iscritti ma anche prestazioni dinatura assistenziale, e assicurazione per i grandi interventi chi-rurgici ed altre prestazioni aggiuntive come da regolamento, percui può l’ente stesso di conseguenza deliberare la riduzione dellabase contributiva di calcolo della pensione destinando il 3% delreddito oltre al 2% sul volume d’affari annuo di cui all’art. 11 leg-ge n. 576 del 1980 ai suddetti scopi assistenziali».Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 3357/08, ha evidenziato,tra l’altro, che «il contributo del 3% rappresenta un contributo disolidarietà, in relazione al quale la Corte Costituzionale ha re-spinto ogni sospetto di contrasto con l’art. 3 della Costituzione, re-lativamente alla possibilità di una sperequazione a danno dei pro-duttori di reddito professionale superiore ai 40 milioni di Lire, iquali versano contributi per la fascia eccedente senza un corri-spondente aumento della pensione» e che «i contributi versati ven-gono utilizzati non solo per erogare le prestazioni previdenziali,ma anche quelle assistenziali ed altre prestazioni aggiuntive previ-ste dal Regolamento».Il Tribunale di Milano, in altre sentenze emesse in vertenze aventilo stesso petitum e causa petendi della controversia esaminata dal-la sentenza oggetto della presente nota (Trib. Milano, n.1166/2010 e n. 1774/2010), nel ritenere infondata la questione dilegittimità costituzionale sollevata dai diversi ricorrenti, ha osser-vato come, una volta chiarita la struttura solidaristica del sistemaprevidenziale forense, non possa ritenersi ragionevole la necessitàdell’introduzione di un limite massimo per la contribuzione. Difat-ti, gli artt. 2 e 53 Cost. prescrivono che la contribuzione alla spe-sa pubblica si fonda sulla capacità contributiva di ciascuno equindi non vi è motivo di ritenere che nella materia previdenzialequesto principio fondamentale debba valere non per l’intero red-dito prodotto dal contribuente, ma solo fino al limite di un tettomassimo.Al riguardo, la Corte Costituzionale ha specificato che «la contri-buzione previdenziale (giustificata in sé anche da esigenze di au-tofinanziamento del settore e di corretto funzionamento del merca-to) non è un’imposizione tributaria vera e propria, di carattere ge-nerale, per cui i contributi relativi alla parte di retribuzione nonpensionabile non costituiscono un prelievo fiscale aggiuntivo, ma
concorrono ad alimentare un sistema previdenziale che – abban-donata (a partire dal D.P.R. n. 488 del 1968) la logica chiusa del-la mutualità corporativa – appare informato al modello della si-curezza sociale ed ai principi di solidarietà operanti nei confrontidei membri della collettività, nel quale i lavoratori a redditi più al-ti partecipano anche alla copertura delle prestazioni a favore del-le categorie con redditi più bassi, mentre si allarga sempre più l’a-rea dell’assistenza; sicché, il principio di proporzionalità tra con-tribuzione e prestazioni previdenziali non comporta (assoluta)corrispondenza nell’ammontare delle une e delle altre, ma va in-teso ragionevolmente, nel senso che il legislatore non può negaredel tutto le prestazioni né ridurle ad un minimo assoluto, dovendoassicurare, in ogni caso, le esigenze di vita del lavoratore». (Cor-te Cost. n. 173/1986).Prevedere, pertanto, un limite massimo per la contribuzione di so-lidarietà avrebbe, tra l’altro, come unica conseguenza quella diporre il contributo de quo a carico proprio dei contribuenti più de-boli, in quanto al crescere dei redditi conseguiti corrisponderebbeuna minore incidenza sul reddito del contributo solidaristico, sinoaddirittura a sparire completamente al raggiungimento del limitemassimo.Sulla base di quanto sin qui esposto, si può concludere che il si-stema attuale è pienamente ragionevole, in quanto individua unarelazione diretta e coerente tra la contribuzione richiesta e la ca-pacità contributiva di ogni iscritto, assicurando, mediante la con-tribuzione c.d. di solidarietà, non solo le prestazioni pensionisti-che in favore dei contribuenti con redditi più bassi ma anche pre-stazioni di natura assistenziale e copertura assicurativa per igrandi interventi chirurgici nonché le altre prestazioni aggiuntivepreviste dai regolamenti.
Roberta Sassoli della Rosa
La cancellazione del praticanteabilitato
TRIBUNALE DI LANCIANO, SENTENZA DEL31 LUGLIO 2009
SVOLGIMENTO DEL PROCESSOCon ricorso depositato in data 9.9.2008, l’Avv. A.F.chiedeva a questo giudice del lavoro che venisse di-chiarata nulla e/o annullabile la delibera emessa il 9maggio 2008 dal Consiglio di Amministrazione dellaCassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense,comunicatagli il 21.5.2008, relativa al mancato rico-noscimento dei periodi di contribuzione per gli anni1987-88-89, con conseguente condanna della Cassa alriconoscimento degli anni di contribuzione suddetti,con tutte le conseguenze di legge, con vittoria dellespese di lite.Si costituiva tempestivamente la Cassa Nazionale di
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nuino ad esercitare la professione forense rimanendo iscritti al-l’albo».La Corte di Cassazione, nella sentenza n. 10458/1998, ha ritenutodi natura solidaristica il contributo del 3% dovuto sulla parte direddito eccedente il tetto fissato dall’art. 10, lett. a), della legge n.576/80 nonché il contributo, di pari importo, dovuto dai pensiona-ti di vecchiaia che conservino l’iscrizione all’albo dopo la matu-razione del diritto ai supplementi di pensione, sempre ai sensi del-l’art. 10, comma 3, «in quanto i detti contributi sono diretti esclu-sivamente al finanziamento della previdenza di categoria edespressione di un dovere di solidarietà nell’ambito della categoriaprofessionale».La legittimità di tale disposizione è stata, recentemente, conferma-ta anche dalla giurisprudenza di merito; infatti, la sentenza n.1121 del 18 gennaio 2006 resa dal Tribunale di Roma, ha ritenu-to corretto: «il calcolo della pensione sul contributo del 10% e nonanche su quello del 3% eccedente il reddito di Euro 72.923,71 an-nuo», poiché «ha come contropartita il fatto che l’ente non erogasolo prestazioni pensionistiche agli iscritti ma anche prestazioni dinatura assistenziale, e assicurazione per i grandi interventi chi-rurgici ed altre prestazioni aggiuntive come da regolamento, percui può l’ente stesso di conseguenza deliberare la riduzione dellabase contributiva di calcolo della pensione destinando il 3% delreddito oltre al 2% sul volume d’affari annuo di cui all’art. 11 leg-ge n. 576 del 1980 ai suddetti scopi assistenziali».Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 3357/08, ha evidenziato,tra l’altro, che «il contributo del 3% rappresenta un contributo disolidarietà, in relazione al quale la Corte Costituzionale ha re-spinto ogni sospetto di contrasto con l’art. 3 della Costituzione, re-lativamente alla possibilità di una sperequazione a danno dei pro-duttori di reddito professionale superiore ai 40 milioni di Lire, iquali versano contributi per la fascia eccedente senza un corri-spondente aumento della pensione» e che «i contributi versati ven-gono utilizzati non solo per erogare le prestazioni previdenziali,ma anche quelle assistenziali ed altre prestazioni aggiuntive previ-ste dal Regolamento».Il Tribunale di Milano, in altre sentenze emesse in vertenze aventilo stesso petitum e causa petendi della controversia esaminata dal-la sentenza oggetto della presente nota (Trib. Milano, n.1166/2010 e n. 1774/2010), nel ritenere infondata la questione dilegittimità costituzionale sollevata dai diversi ricorrenti, ha osser-vato come, una volta chiarita la struttura solidaristica del sistemaprevidenziale forense, non possa ritenersi ragionevole la necessitàdell’introduzione di un limite massimo per la contribuzione. Difat-ti, gli artt. 2 e 53 Cost. prescrivono che la contribuzione alla spe-sa pubblica si fonda sulla capacità contributiva di ciascuno equindi non vi è motivo di ritenere che nella materia previdenzialequesto principio fondamentale debba valere non per l’intero red-dito prodotto dal contribuente, ma solo fino al limite di un tettomassimo.Al riguardo, la Corte Costituzionale ha specificato che «la contri-buzione previdenziale (giustificata in sé anche da esigenze di au-tofinanziamento del settore e di corretto funzionamento del merca-to) non è un’imposizione tributaria vera e propria, di carattere ge-nerale, per cui i contributi relativi alla parte di retribuzione nonpensionabile non costituiscono un prelievo fiscale aggiuntivo, ma
concorrono ad alimentare un sistema previdenziale che – abban-donata (a partire dal D.P.R. n. 488 del 1968) la logica chiusa del-la mutualità corporativa – appare informato al modello della si-curezza sociale ed ai principi di solidarietà operanti nei confrontidei membri della collettività, nel quale i lavoratori a redditi più al-ti partecipano anche alla copertura delle prestazioni a favore del-le categorie con redditi più bassi, mentre si allarga sempre più l’a-rea dell’assistenza; sicché, il principio di proporzionalità tra con-tribuzione e prestazioni previdenziali non comporta (assoluta)corrispondenza nell’ammontare delle une e delle altre, ma va in-teso ragionevolmente, nel senso che il legislatore non può negaredel tutto le prestazioni né ridurle ad un minimo assoluto, dovendoassicurare, in ogni caso, le esigenze di vita del lavoratore». (Cor-te Cost. n. 173/1986).Prevedere, pertanto, un limite massimo per la contribuzione di so-lidarietà avrebbe, tra l’altro, come unica conseguenza quella diporre il contributo de quo a carico proprio dei contribuenti più de-boli, in quanto al crescere dei redditi conseguiti corrisponderebbeuna minore incidenza sul reddito del contributo solidaristico, sinoaddirittura a sparire completamente al raggiungimento del limitemassimo.Sulla base di quanto sin qui esposto, si può concludere che il si-stema attuale è pienamente ragionevole, in quanto individua unarelazione diretta e coerente tra la contribuzione richiesta e la ca-pacità contributiva di ogni iscritto, assicurando, mediante la con-tribuzione c.d. di solidarietà, non solo le prestazioni pensionisti-che in favore dei contribuenti con redditi più bassi ma anche pre-stazioni di natura assistenziale e copertura assicurativa per igrandi interventi chirurgici nonché le altre prestazioni aggiuntivepreviste dai regolamenti.
Roberta Sassoli della Rosa
La cancellazione del praticanteabilitato
TRIBUNALE DI LANCIANO, SENTENZA DEL31 LUGLIO 2009
SVOLGIMENTO DEL PROCESSOCon ricorso depositato in data 9.9.2008, l’Avv. A.F.chiedeva a questo giudice del lavoro che venisse di-chiarata nulla e/o annullabile la delibera emessa il 9maggio 2008 dal Consiglio di Amministrazione dellaCassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense,comunicatagli il 21.5.2008, relativa al mancato rico-noscimento dei periodi di contribuzione per gli anni1987-88-89, con conseguente condanna della Cassa alriconoscimento degli anni di contribuzione suddetti,con tutte le conseguenze di legge, con vittoria dellespese di lite.Si costituiva tempestivamente la Cassa Nazionale di
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Previdenza e Assistenza Forense chiedendo il rigettodelle avverse pretese in quanto infondate, con vittoriadelle spese.La causa, istruita unicamente a mezzo prove docu-mentali, è stata da ultimo decisa all’odierna udienzamediante lettura del dispositivo allegato a verbale.
MOTIVI DELLA DECISIONEIl ricorso deve essere rigettato, per i motivi di seguitoesplicitati.L’art. 22 L. n. 576/80 (Riforma del sistema previden-ziale forense) prevede al comma 5° che «L’iscrizionealla Cassa è facoltativa per i praticanti abilitati al pa-trocinio».Sulla base di tale disposto si ritiene dunque che l’i-scrizione non risulti possibile o – se già in atto – ven-ga meno, qualora sia decorso il termine massimo didurata dell’abilitazione stessa e ci sia soluzione di con-tinuità con l’iscrizione all’albo.La norma vigente all’epoca di iscrizione del ricorren-te (art. 8 R.D.L. n. 1578/33) prevedeva che il patroci-nio poteva essere esercitato per un periodo non supe-riore a quattro anni dal giorno successivo alla scaden-za del primo anno di iscrizione nel registro dei prati-canti.Solo successivamente, l’art. 10 L. n. 242/88 ha eleva-to il periodo massimo di praticantato a sei anni.Ebbene, nel caso di specie il quadriennio di pratican-tato dell’Avv. F. era già scaduto in data 18 novembre1986, ossia in data antecedente all’entrata in vigoredella L. n. 242/88.Il 18 novembre 1986 è infatti la data in cui sono matu-rati i quattro anni decorsi dal giorno successivo allascadenza del primo anno di iscrizione nel registro deipraticanti dell’Avv. F., odierno ricorrente.Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricor-so deve pertanto essere rigettato.Sussistono tuttavia giusti motivi, date le ragioni deldecidere, per compensare interamente tra le parti lespese di giudizio.
P.Q.M.Il Giudice presso il Tribunale di Lanciano, in funzionedi Giudice del lavoro, definitivamente pronunciando
sul ricorso proposto da F.A. nei confronti della CassaNazionale di Previdenza e Assistenza Forense, in per-sona del Presidente pro tempore, così provvede:1. rigetta il ricorso;2. dichiara compensate tra le parti le spese di giudizio;3. fissa in giorni trenta il termine per il deposito della
sentenza.
NotaLa cancellazione del praticante abilitatoEsattamente tre anni fa le Sezioni Unite della Cassazione, in unacoppia di sentenze identiche (n. 17761 e 17762 del 30 giugno2008)1, hanno affrontato per la prima volta il problema della sor-te del praticante che abbia già conseguito il certificato di compiu-ta pratica e che abbia “consumato” tutto il periodo di sei anni diabilitazione al patrocinio. Il Consiglio dell’Ordine forense di Ve-rona aveva ritenuto che la iscrizione non avesse più significato, eaveva disposto la cancellazione. Il CNF prima e la Cassazione poisono stati di avviso contrario.Le sentenze di Cassazione sono problematiche e non superficiali.Esse danno atto che a monte un problema esiste. È quello dei “mi-niavvocati a vita”: cioè di coloro che, senza essere diventati avvo-cati, ne esercitino tuttavia di fatto le funzioni, magari con la co-pertura di un professionista compiacente.E la Cassazione dice che contrastare il fenomeno è «uno scopo ap-prezzabile e conforme alla legge». Tuttavia, secondo la Cassazio-ne, questo obiettivo è già perseguito dalla legge «attraverso la di-sposizione che pone un limite temporale al patrocinio dei prati-canti; con la scadenza di tale termine il patrocinante è legittimatosoltanto a proseguire nella pratica cioè a svolgere la sua attivitàdi ausilio e di apprendimento sotto controllo continuo di chi siaiscritto all’albo, come dimostra anche il fatto che per lo svolgi-mento della (mera) pratica non è richiesto quel giuramento che èinvece richiesto per lo svolgimento di attività “a rilevanza ester-na”. Ove i limiti di legge siano superati, ed il praticante svolgauna vera e propria attività professionale sono applicabili le san-zioni penali e disciplinari a carico del soggetto che travalichi i li-miti di quanto gli consente la sua laurea in giurisprudenza e del-l’avvocato che gli offra copertura».Le sentenze erano state variamente commentate. Su questa rivi-sta2, noi avevamo espresso l’avviso che la Corte si fosse fermataad una interpretazione letterale del dato normativo, omettendo in-vece una interpretazione logica e sistematica, che avrebbe impostola conclusione contraria. Perché, in effetti, a che serve la iscrizio-ne ad una pratica quando essa sia già compiuta (cioè portata atermine) e certificata, e al praticante sia precluso lo svolgimentodi ogni attività professionale?Per converso, un commentatore favorevole3 alla decisione dellaCassazione – a suo avviso “importante e inaspettata” – ne avevatratto argomenti per invitare la Cassa di Previdenza ad abolire lacancellazione d’ufficio per i soggetti che perdono il patrocinio, es-
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GIURISPRUDENZA PREVIDENZIALELA PREVIDENZA FORENSE
1 In La Previdenza Forense 2008, 338.2 In La Previdenza Forense 2008, 307.3 ZAULI, Praticanti avvocati abilitati al patrocinio; le conseguenze delle scadenze al termine di abilitazione, in La responsabilità civile 2009, 631.
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sendo già iscritti alla Cassa. Il ragionamento è argomentato inmodo interrogativo:«È giusto che la Cassa Avvocati permetta al praticante abilitatod’iscriversi durante questi sei anni in esame favorendolo al punto:1) di non richiedere alcuna prova d’esercizio continuativo della
professione (con la conseguenza che non è nemmeno necessarial’apertura della partita IVA);
2) d’iscriversi addirittura con retrodatazione dal primo giornod’abilitazione al patrocinio (la domanda d’iscrizione alla Cas-sa Avvocati può, a richiesta, retroagire i propri effetti al primoanno di abilitazione al patrocinio versando i contributi dovutimaggiorati degli interessi che verranno richiesti in pagamentodopo la delibera di iscrizione con possibilità di rateizzarli in unmassimo di tre anni);
3) permettendogli anche di riscattare gli anni di praticantato e delcorso di laurea (tale possibilità, disciplinata dall’art. 24, l.11.2.1992, n. 141, permane in ogni momento anche in avvenire:non è pertanto limitata alla prima iscrizione alla Cassa), e poiche alla fine intervenga con un provvedimento di cancellazioned’ufficio?».
Secondo questa tesi, non sarebbe giusto il sistema vigente nel qua-le il praticante non più abilitato viene cancellato d’ufficio, ed è co-stretto a versare i propri contributi alla Gestione autonoma del-l’INPS, che con l’attuale sistema non sono neppure suscettibili diricongiunzione. Il risultato finale sarebbe in concreto quello di in-centivare la evasione fiscale.È questa nella sostanza la tematica che viene affrontata dalla sen-tenza del Tribunale di Lanciano, cui si era rivolto un collega chesi era visto negare dalla Cassa la iscrizione per il periodo nel qua-le aveva perduto il patrocinio dopo i sei anni prescritti.Il Tribunale di Lanciano gli ha dato torto, sulla base del dato nor-mativo letterale, non equivoco, che consente l’iscrizione (facolta-tiva) alla Cassa quando si è praticanti solo in relazione al posses-so del patrocinio, e dunque solo fino a che perduri la facoltà di pa-trocinare. Gli argomenti adducibili in contrario (il fatto che il si-stema consenta di retrodatare la iscrizione, o riscattare gli anni dilaurea) non provano nulla, o meglio provano troppo. La retrodata-zione ed il riscatto hanno funzioni e finalità diverse dalla iscrizio-ne correlata all’esercizio professionale effettivo. E comunque sipossono riscattare gli anni del corso di laurea secondo la sua du-rata ordinaria, non gli anni fuori corso. Chi ci mette dieci anni alaurearsi, poniamo, non può certo riscattarne dieci, a fini previ-denziali.Si torna, circolarmente, al punto vero della questione: che è quel-lo dell’esercizio professionale senza titolo.La Cassazione, pur non accogliendo la tesi rigorosa dell’Ordine diVerona, lo ha detto chiaramente. Si può continuare a rimanereiscritti alla pratica anche dopo la scadenza dei sei anni, e dopoavere conseguito la compiuta pratica: ma solo per «svolgere unaattività di ausilio e di apprendimento sotto il controllo continuo dichi sia iscritto nell’albo». Oltre questi confini, si entra nella sferadell’illecito, disciplinare se non penale.Se dunque si accogliesse la tesi del ricorrente, si aprirebbe unospiraglio all’esercizio abusivo. Certo non era questo il caso af-frontato; ma il principio propugnato varrebbe a fornire argomen-ti ad una prassi contraria alla legge. Perché poi, una volta am-
messo che chi si è iscritto alla Cassa quando aveva il patrociniopuò mantenere la iscrizione anche dopo la scadenza, cosa viete-rebbe di conservare tale iscrizione a tempo indeterminato? Sicreerebbe così una fascia di professionisti–non professionisti, abi-litati a fatturare, a farsi una posizione contributiva, e infine ad ac-creditarsi sotto tale profilo come professionisti. Proprio quei “mi-niavvocati a vita” che non è giusto incentivare.
Giuliano Berti Arnoaldi Veli
Il contenzioso in merito alla polizza sanitaria di Cassa Forense
TAR LAZIO 14 FEBBRAIO 2011
Assicurazioni Generali - Avv.ti Cardi e Caccioppo-li/Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Fo-rense - Avv. Clarizia/Unisalute - Avv. Andrea Man-zi e Ribolzi - Pres. Sez. III quater.
Ove il bando di gara d’appalto preveda la possibi-lità per la stazione appaltante di stralciare partedell’oggetto della procedura e l’appaltatore nonabbia impugnato immediatamente la lex specialisviene meno il successivo interesse al ricorso ove lostralcio sia stato effettuato perché la lesione che le-gittima al ricorso deve essere contraddistinta daicaratteri della immediatezza, della concretezza edell’attualità.
Sul ricorso numero di registro generale 10187 del2010, proposto da:Assicurazioni Generali S.p.A., in persona del legalerappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.tiEnzo Cardi, Marcello Cardi e Francesco Caccioppoli,con domicilio eletto presso lo Studio legale Cardi inRoma, viale Bruno Buozzi, 51;
controCassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense,in persona del legale rappresentante p.t., rappresentatoe difeso dall’Avv. Angelo Clarizia, con domicilio elet-to presso il medesimo in Roma, via Principessa Clotil-de, 2;
nei confonti diUnisalute S.p.A., in persona del legale rappresentante
GIURISPRUDENZA PREVIDENZIALELA PREVIDENZA FORENSE
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sendo già iscritti alla Cassa. Il ragionamento è argomentato inmodo interrogativo:«È giusto che la Cassa Avvocati permetta al praticante abilitatod’iscriversi durante questi sei anni in esame favorendolo al punto:1) di non richiedere alcuna prova d’esercizio continuativo della
professione (con la conseguenza che non è nemmeno necessarial’apertura della partita IVA);
2) d’iscriversi addirittura con retrodatazione dal primo giornod’abilitazione al patrocinio (la domanda d’iscrizione alla Cas-sa Avvocati può, a richiesta, retroagire i propri effetti al primoanno di abilitazione al patrocinio versando i contributi dovutimaggiorati degli interessi che verranno richiesti in pagamentodopo la delibera di iscrizione con possibilità di rateizzarli in unmassimo di tre anni);
3) permettendogli anche di riscattare gli anni di praticantato e delcorso di laurea (tale possibilità, disciplinata dall’art. 24, l.11.2.1992, n. 141, permane in ogni momento anche in avvenire:non è pertanto limitata alla prima iscrizione alla Cassa), e poiche alla fine intervenga con un provvedimento di cancellazioned’ufficio?».
Secondo questa tesi, non sarebbe giusto il sistema vigente nel qua-le il praticante non più abilitato viene cancellato d’ufficio, ed è co-stretto a versare i propri contributi alla Gestione autonoma del-l’INPS, che con l’attuale sistema non sono neppure suscettibili diricongiunzione. Il risultato finale sarebbe in concreto quello di in-centivare la evasione fiscale.È questa nella sostanza la tematica che viene affrontata dalla sen-tenza del Tribunale di Lanciano, cui si era rivolto un collega chesi era visto negare dalla Cassa la iscrizione per il periodo nel qua-le aveva perduto il patrocinio dopo i sei anni prescritti.Il Tribunale di Lanciano gli ha dato torto, sulla base del dato nor-mativo letterale, non equivoco, che consente l’iscrizione (facolta-tiva) alla Cassa quando si è praticanti solo in relazione al posses-so del patrocinio, e dunque solo fino a che perduri la facoltà di pa-trocinare. Gli argomenti adducibili in contrario (il fatto che il si-stema consenta di retrodatare la iscrizione, o riscattare gli anni dilaurea) non provano nulla, o meglio provano troppo. La retrodata-zione ed il riscatto hanno funzioni e finalità diverse dalla iscrizio-ne correlata all’esercizio professionale effettivo. E comunque sipossono riscattare gli anni del corso di laurea secondo la sua du-rata ordinaria, non gli anni fuori corso. Chi ci mette dieci anni alaurearsi, poniamo, non può certo riscattarne dieci, a fini previ-denziali.Si torna, circolarmente, al punto vero della questione: che è quel-lo dell’esercizio professionale senza titolo.La Cassazione, pur non accogliendo la tesi rigorosa dell’Ordine diVerona, lo ha detto chiaramente. Si può continuare a rimanereiscritti alla pratica anche dopo la scadenza dei sei anni, e dopoavere conseguito la compiuta pratica: ma solo per «svolgere unaattività di ausilio e di apprendimento sotto il controllo continuo dichi sia iscritto nell’albo». Oltre questi confini, si entra nella sferadell’illecito, disciplinare se non penale.Se dunque si accogliesse la tesi del ricorrente, si aprirebbe unospiraglio all’esercizio abusivo. Certo non era questo il caso af-frontato; ma il principio propugnato varrebbe a fornire argomen-ti ad una prassi contraria alla legge. Perché poi, una volta am-
messo che chi si è iscritto alla Cassa quando aveva il patrociniopuò mantenere la iscrizione anche dopo la scadenza, cosa viete-rebbe di conservare tale iscrizione a tempo indeterminato? Sicreerebbe così una fascia di professionisti–non professionisti, abi-litati a fatturare, a farsi una posizione contributiva, e infine ad ac-creditarsi sotto tale profilo come professionisti. Proprio quei “mi-niavvocati a vita” che non è giusto incentivare.
Giuliano Berti Arnoaldi Veli
Il contenzioso in merito alla polizza sanitaria di Cassa Forense
TAR LAZIO 14 FEBBRAIO 2011
Assicurazioni Generali - Avv.ti Cardi e Caccioppo-li/Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Fo-rense - Avv. Clarizia/Unisalute - Avv. Andrea Man-zi e Ribolzi - Pres. Sez. III quater.
Ove il bando di gara d’appalto preveda la possibi-lità per la stazione appaltante di stralciare partedell’oggetto della procedura e l’appaltatore nonabbia impugnato immediatamente la lex specialisviene meno il successivo interesse al ricorso ove lostralcio sia stato effettuato perché la lesione che le-gittima al ricorso deve essere contraddistinta daicaratteri della immediatezza, della concretezza edell’attualità.
Sul ricorso numero di registro generale 10187 del2010, proposto da:Assicurazioni Generali S.p.A., in persona del legalerappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.tiEnzo Cardi, Marcello Cardi e Francesco Caccioppoli,con domicilio eletto presso lo Studio legale Cardi inRoma, viale Bruno Buozzi, 51;
controCassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense,in persona del legale rappresentante p.t., rappresentatoe difeso dall’Avv. Angelo Clarizia, con domicilio elet-to presso il medesimo in Roma, via Principessa Clotil-de, 2;
nei confonti diUnisalute S.p.A., in persona del legale rappresentante
GIURISPRUDENZA PREVIDENZIALELA PREVIDENZA FORENSE
p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Manzi eEttore Ribolzi, con domicilio presso il primo in Roma,via F. Gonfalonieri, 5;
per l’annullamentodella delibera del 21.10.10 con la quale è stato aggiu-dicato alla società controinteressata il servizio dellapolizza grandi interventi chirurgici e gravi eventi mor-bosi a favore di tutti gli avvocati, praticanti e pensio-nati iscritti alla Cassa Forense;Visti il ricorso e i relativi allegati;Visti gli atti di costituzione in giudizio di Cassa Na-zionale di Previdenza e Assistenza Forense e di Soc.Unisalute SpA;Viste le memorie difensive;Visti tutti gli atti della causa;Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 febbraio2011 il Consigliere Solveig Cogliani e uditi per le par-ti i difensori come specificato nel verbale;Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto se-gue.
FATTO E DIRITTOCon il ricorso in epigrafe, l’istante, premesso che laCassa resistente, in vista della scadenza della polizzasanitaria, con bando del 27 febbraio 2010, aveva in-detto una procedura ristretta per l’affidamento trienna-le di un lotto unico avente ad oggetto la «Convenzioneper la polizza di tutela sanitaria grandi interventi chi-rurgici e gravi eventi morbosi a favore di tutti gli iscrit-ti alla Cassa di previdenza e assistenza forense conestensione ai familiari e Convenzione assicurativa in-tegrativa» esponeva di aver dichiarato, con nota del7.9.2010, di non poter presentare l’offerta in quanto lemodifiche normative ed economiche da apportare sa-rebbero state di natura sostanziale ed in contrasto conquanto prescritto per la presentazione di un’offerta va-lida, dando la disponibilità ad ulteriori trattative.Esponeva che, con il provvedimento impugnato, la Cas-sa aveva aggiudicato la polizza base e la sua estensione,stralciando l’affidamento della polizza integrativa.L’istante, dunque, impugnava il provvedimento sopraprecisato deducendo i seguenti motivi:1. violazione dell’art. 57, comma secondo, lett. A),
d.lgs. n. 163 del 2006, dell’art. 11, d.lgs. n. 163 cit.,violazione della par condicio, nonché degli artt. 3, 4e 9 del capitolato speciale e dell’art. 97 Cost. ed ec-cesso di potere per sviamento e ingiustizia manife-
sta, poiché la Cassa resistente avrebbe dovuto esclu-dere dalla procedura la controinteressata, in quantoaveva presentato una prima offerta in aumento, o inalternativa avrebbe dovuto estendere la rinegozia-zione alla ricorrente;
2. violazione degli artt. 2, 11, 57 d.lgs. n. 163 del2006, nonché dei principi che regolano le gare pub-bliche, quali l’economicità, l’efficacia, la correttez-za, la libera concorrenza, la parità di trattamento, lanon discriminazione, la trasparenza e degli artt. 2 e3 della lettera di invito e degli artt. 3, 4 e 9 del ca-pitolato speciale, del principio di cui all’art. 97 Co-st. ed il vizio di eccesso di potere per sviamento;
3. violazione del principio di unicità dell’offerta, degliartt. 11, comma 6 e 83, d.lgs. n. 163 del 2006, vio-lazione della lettera di invito e del capitolato spe-ciale, nonché eccesso di potere per ingiustizia ma-nifesta, in ragione della non frazionabilità del lotto.
Si costituiva la Cassa Nazionale di Previdenza e Assi-stenza Forense la quale, dopo aver premesso che ilbando di gara al punto VI.3 prevedeva espressamenteche la Cassa si riserva a suo insindacabile giudizio dinon procedere all’aggiudicazione dell’appalto, ovverodi stralciare parti dell’appalto al momento dell’aggiu-dicazione ovvero dell’esecuzione dello stesso, eccepi-va l’inammissibilità del ricorso per assoluta carenzadell’interesse qualificato a contestare le fasi della pro-cedura selettiva. Chiedeva, altresì, in ogni caso, il ri-getto della domanda.Si costituiva, anche, la controinteressata, insistendoper la reiezione del ricorso.Osserva il Collegio, in via preliminare, che la giuri-sprudenza amministrativa ha pacificamente affermatoche «la lesione dell’interesse che legittima al ricorsodeve essere caratterizzata dai caratteri dell’immedia-tezza, della concretezza e dell’attualità e, cioè, essereuna conseguenza diretta ed immediata del provvedi-mento lesivo e dell’assetto di interessi con esso intro-dotto, deve essere concreta e non meramente potenzia-le e sussistere già al momento della proposizione delricorso e persistere al momento della decisione su diesso» (cfr. la decisione dell’Adunanza Plenaria men-zionata anche dalla difesa della resistente, 29 gennaio2003, n. 1). Orbene, nella specie è lo stesso ricorrenteche assume in ricorso di non aver ritenuto convenien-te la presentazione dell’offerta. Sicché un interessequalificato sarebbe stato identificabile nelle due diffe-renti ipotesi di immediata impugnazione della lex spe-
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cialis, ove impeditiva della partecipazione alla proce-dura selettiva (circostanza, questa, smentita dalla ri-corrente anche in sede di discussione orale della cau-sa) ovvero di presentazione di un’offerta e successivaimpugnazione degli atti della procedura asseritamentecompiuti in contrasto con le regole della gara e la nor-mativa di legge.Non può intravedersi, invece, alcuna posizione di inte-resse differenziata rispetto al “quisque de populo” nelcaso in esame, in cui è stata rivendicata dalla stessa ri-corrente la autonoma decisione di non partecipare allacompetizione.Né può invocarsi un interesse strumentale alla ripeti-zione della gara a seguito della decisione della Cassa distralciare parte dell’oggetto della procedura, poiché ta-le possibilità – in quanto prevista nel bando – era ne-cessariamente a conoscenza della ricorrente già al mo-mento della assunzione della decisione di non presen-tare alcuna offerta. Del resto la giurisprudenza ammi-nistrativa ha avuto modo di chiarire, di recente, (cfr.C.d.S., Sez. IV, 12.01.2011, n. 127) che una eccessivadilatazione della nota nozione di interesse strumentale,non può essere condivisa in quanto suscettibile di apri-re la via a una sorta di legitimatio generalis, non di-stinguibile dalla generica aspirazione di qualsiasi ope-ratore del mercato alla rinnovazione ex novo di unaprocedura selettiva alla quale sia rimasto estraneo.Alla stregua delle suesposte considerazioni il ricorsodeve essere dichiarato inammissibile.Le spese seguono la soccombenza nella misura indica-ta in dispositivo.
P.Q.M.Definitivamente pronunciando sul ricorso, come inepigrafe proposto, lo dichiara inammissibile. Condan-na la parte ricorrente al pagamento delle spese di lite,determinate in euro 3.000,00 (tremila/00) da dividersitra la resistente e la controinteressata in parti eguali.Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’auto-rità amministrativa.
NotaIl contenzioso in merito alla polizza sanitaria di Cassa ForenseCon la sentenza qui commentata il TAR per il Lazio ha dichiaratol’inammissibilità del ricorso proposto dalle Assicurazioni Genera-li S.p.A. nei confronti della Cassa Nazionale di Previdenza e Assi-stenza Forense la quale, con il provvedimento impugnato, avevaaggiudicato la polizza base e la sua estensione, stralciando l’affi-damento della polizza integrativa, con procedura ristretta, a Uni-salute S.p.A.
La sentenza è passata in giudicato.Il TAR del Lazio ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso pro-posto dalle Assicurazioni Generali S.p.A. perché «la lesione del-l’interesse che legittima al ricorso deve essere caratterizzata dalcarattere dell’immediatezza, della concretezza e dell’attualità e,cioè, essere una conseguenza diretta e immediata del provvedi-mento lesivo e dell’assetto di interessi con esso introdotto, deve es-sere concreta e non meramente potenziale e sussistere già al mo-mento della proposizione del ricorso e persistere al momento del-la decisione su di esso».Il fatto è piuttosto semplice.La Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense pubblica-va il bando di gara per il servizio della polizza grandi interventichirurgici e gravi eventi morbosi a favore di tutti gli avvocati, pra-ticanti e pensionati iscritti a Cassa Forense e polizza integrativa.Il bando di gara, al punto 6.3, prevedeva espressamente che laCassa si riservava a suo insindacabile giudizio di non procedereall’aggiudicazione dell’appalto, ovvero di stralciare parti dell’ap-palto al momento dell’aggiudicazione ovvero dell’esecuzione del-lo stesso.Ora è accaduto che la gara è andata deserta. In esito a ciò, e inconformità al punto 6.3 del bando di gara, la Cassa Nazionale diPrevidenza e Assistenza Forense stralciava parte dell’appalto (po-lizza integrativa) indicendo una procedura ristretta per l’affida-mento triennale di un lotto unico avente a oggetto la convenzioneper la polizza di tutela sanitaria grandi interventi chirurgici e gra-vi eventi morbosi a favore di tutti gli iscritti alla Cassa di Previ-denza e Assistenza Forense con estensione ai familiari.Con nota del 7.9.2010 le Assicurazioni Generali S.p.A. comunica-vano di non poter presentare l’offerta in quanto le modifiche nor-mative ed economiche da apportare sarebbero state di natura so-stanziale e in contrasto con quanto prescritto per la presentazionedi un’offerta valida.La Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense procedevaoltre e le Assicurazioni Generali S.p.A. impugnavano la deliberadel 21.10.2010 con la quale era stato aggiudicato a UnisaluteSpA, società controinteressata, il servizio della polizza grandi in-terventi chirurgici e gravi eventi morbosi a favore di tutti gli av-vocati, praticanti e pensionati iscritti alla Cassa Forense.Il TAR del Lazio, correttamente, ha dichiarato inammissibile il ri-corso per la mancata impugnazione del bando di gara.La sentenza del TAR Lazio richiama quanto statuito dal Consigliodi Stato in adunanza plenaria con l’ormai nota sentenza29.1.2003, n. 1 con la quale si è affermato che «la lesione subitadall’interesse sostanziale del ricorrente e in conseguenza dellaquale egli agisce in giudizio deve, in linea di stretta conseguenzia-lità, essere contrassegnata dai caratteri dell’immediatezza, dellaconcretezza e dell’attualità. La lesione deve, cioè, costituire unaconseguenza immediata e diretta del provvedimento dell’ammini-strazione e dell’assetto di interessi con esso introdotto, deve esse-re concreta e non meramente potenziale e deve persistere al mo-mento della decisione del ricorso. Applicando tali principi conso-lidati al problema riguardante l’identificazione del momento dellatempestiva impugnazione degli atti generali, è stato così afferma-to con indirizzo giurisprudenziale ormai risalente, secondo il qua-le i bandi di gara e di concorso e le lettere di invito vanno, nor-
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malmente impugnati unitamente agli atti che di essi fanno appli-cazione, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in con-creto il soggetto leso dal provvedimento, e a rendere attuale e con-creta la lesione della situazione soggettiva dell’interessato».Quando però – com’è andata nel caso di specie – il bando di ga-ra o di concorso, o la lettera di invito, normalmente impugnabilicon l’atto applicativo, conclusivo del procedimento concorsuale,siano da considerarsi immediatamente impugnabili perché con-tengono clausole impeditive dell’ammissione dell’interessato allaselezione ebbene allora, in tale ipotesi, la clausola del bando odella lettera di invito, precludendo essa stessa la partecipazionedell’interessato alla procedura concorsuale, appare idonea a ge-nerare una lesione immediata, diretta ed attuale, nella situazionesoggettiva dell’interessato ed a suscitare, di conseguenza, un inte-resse immediato all’impugnazione dal momento che l’interesse al-l’impugnazione sorge al momento della lesione.Nel caso di specie le Assicurazioni Generali S.p.A. erano a cono-scenza del bando e della possibilità per la Cassa di non procede-re all’aggiudicazione dell’appalto, ovvero di stralciare parti del-l’appalto al momento dell’aggiudicazione ovvero dell’esecuzionedello stesso.Ne consegue che le Assicurazioni Generali S.p.A. avrebbero dovu-to impugnare siffatta clausola del bando di gara perché solo in talcaso sarebbe stato identificabile un interesse qualificato siccomeimpeditivo della partecipazione alla procedura selettiva.
Ma nel caso di specie il bando non è stato impugnato e del tuttocorretto è stato il comportamento della Cassa Nazionale di Previ-denza ed Assistenza Forense.La giurisprudenza amministrativa è perfettamente in linea con ilpronunciamento della Corte di Giustizia nella causa C-327/00.L’interpretazione offerta da ultimo dal TAR Lazio, con riferimentoall’impugnazione dei bandi di gara, riafferma quindi la regola cheimpone l’impugnazione immediata, a pena di decadenza, della lexspecialis, quando sia stata avvertita come pregiudizievole per l’a-spirante concorrente fin dalla sua emanazione. E le Generali spanel giudizio hanno confessato di aver sin da allora avvertito sif-fatto pregiudizio.Ciò è pienamente conforme all’esigenza di effettività perché pone ilsoggetto nelle condizioni di comprendere il pregiudizio provocatoglida un atto amministrativo ed al tempo stesso salvaguardando anchel’interesse alla certezza delle situazioni giuridiche di diritto pubblico.Così chiariti i termini della questione in punto di fatto e di dirittonon è dato comprendere il comportamento delle Assicurazioni Ge-nerali spa che hanno dato vita ad un contenzioso tanto inutilequanto dannoso perché in grado di mettere in discussione i rap-porti sempre buoni intercorsi con Cassa Forense la quale si è com-portata nella vicenda della polizza sanitaria esattamente nei ter-mini puntuali indicati nel bando e cogniti alle controparti.
Paolo Rosa
GIURISPRUDENZA PREVIDENZIALELA PREVIDENZA FORENSE