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La presenza delle donne nel mercato del lavoro

in provincia di Varese

Report 2003

Settembre 2004

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L’Assessorato al Lavoro, Formazione Professionale e Istruzione della Provincia di Varese è ormai da parecchi anni impegnato nella realizzazione di iniziative a sostegno e promozione dell’occupazione femminile nel nostro territorio, sia promuovendo attività collegate ai progetti “Varese in rete per le pari opportunità” (1° e 2° edizione) e “ACROBATE”, sia sostenendo una serie di iniziative promosse dalle Consigliere di Parità provinciali. Con questa pubblicazione in particolare, le Consigliere di Parità provinciali, in collaborazione con l’Osservatorio del Mercato del Lavoro della Provincia di Varese, hanno dato vita al primo bilancio completo sul mercato del lavoro femminile nel territorio varesino. Il rapporto, analizzando i dati pervenuti dalle principali fonti statistiche e dai Centri per l’Impiego, consente di seguire l’evoluzione del lavoro al femminile in un arco temporale che va dal 2001 al 2003. In futuro, per poter progettare al meglio interventi a sostegno dell’occupazione delle donne, verrà costantemente monitorato il mercato del lavoro locale con attenzione al genere, pubblicando annualmente l’aggiornamento dei dati. Ci auguriamo quindi che questa ricerca fornisca interessanti spunti di riflessione per tutti i soggetti che a vario titolo operano nel mercato del lavoro: decisori politici, parti sociali, imprese e operatori dei servizi affinché possano progettare nuovi servizi e definire iniziative mirate a favorire lo sviluppo dell’occupazione femminile sul nostro territorio. Assessore al Lavoro, Formazione Professionale e Istruzione della Provincia di Varese Andrea Pellicini

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Questa ricerca nasce dalla convinzione delle Consigliere di Parità della provincia di Varese che la definizione di azioni e politiche in tema di occupazione e di pari opportunità nel lavoro debba fondarsi sulla conoscenza della condizione lavorativa e professionale di uomini e donne del proprio territorio. Da qui la decisione di una lettura di genere del mercato del lavoro locale, da realizzare e monitorare nel tempo in maniera continua al fine di evidenziare eventuali elementi di criticità. La realizzazione degli obiettivi in tema di occupazione femminile fissati dal Consiglio Europeo di Lisbona nel marzo del 2000 dovrebbe costituire per gli Stati Membri e per tutti coloro che si occupano di politiche del lavoro ai diversi livelli una delle questioni prioritarie. L’aumento dell’occupazione femminile risponde a esigenze che stanno divenendo sempre più rilevanti per gli equilibri del mercato del lavoro e che riguardano sia le lavoratrici sia le aziende. Da un lato infatti sempre di più le aziende lamentano difficoltà di reperimento di risorse umane e dall’altro le donne mostrano una propensione crescente verso la partecipazione attiva al mondo del lavoro. L’attenzione all’occupazione femminile risulta di particolare rilevanza nella nostra provincia, caratterizzata da una situazione di piena occupazione maschile e da una elevata propensione delle donne ad immettersi nel mercato del lavoro. Crediamo che, e i dati presentati nella ricerca rafforzano le nostre convinzioni, per aumentare la partecipazione e l’occupazione femminile, gli interventi da attuare debbano andare in più direzioni: aiutare le donne nella permanenza al lavoro supportandole nel lavoro di cura e familiare,

attraverso l’ampliamento dei servizi e la diffusione di una “cultura” di condivisione del carico di lavoro familiare;

contrastare i fenomeni di segregazione occupazionale di genere in relazione al settore di attività e alle professioni, anche attraverso il superamento di stereotipi che ancora influenzano sia la scelta del percorso scolastico e professionale delle donne sia le decisioni di assunzioni delle imprese;

contrastare i fenomeni di segregazione di “status occupazionale”, adottando politiche volte al miglioramento della posizione professionale delle donne e della qualità del lavoro.

Siamo convinte che aumentare l’occupazione femminile sia solo il primo passo, necessario ma non sufficiente, per realizzare le pari opportunità sul lavoro e che occorra perseguire anche un percorso di accrescimento qualitativo del lavoro delle donne. Pertanto ci auguriamo che questa ricerca possa offrire lo spunto per una riflessione comune sul tema delle pari opportunità nel lavoro e per proposte di intervento da parte di tutti i soggetti chiamati a concorrere alla definizione delle politiche attive del lavoro. Le Consigliere di Parità della provincia di Varese Gabriella Sberviglieri (effettiva) Rosy Binda Colascilla (supplente)

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INDICE

1. Introduzione e sintesi dei principali risultati 1.1 Obiettivi e struttura del report pag. 11

1.2 Principali risultati emersi pag. 12

2. Popolazione femminile e mercato del lavoro

2.1 Caratteristiche della popolazione femminile pag. 19

2.2 Grado di partecipazione femminile al mercato del lavoro pag. 22

2.3 Donne e occupazione pag. 25

2.4 La disoccupazione femminile pag. 29

2.5 Donne tra lavoro e famiglia: alcune considerazioni pag. 32

3. Occupazione e segregazione di genere 3.1 Premessa: il monitoraggio della segregazione occupazionale pag. 39

3.2 La segregazione occupazionale per settore economico pag. 42

3.3 La segregazione di “status occupazionale” e l’utilizzo di contratti atipici pag. 44 Tempo determinato e contratti a causa mista pag. 44 Il lavoro interinale pag. 50 Il tempo parziale pag. 53

Il lavoro parasubordinato pag. 57

4. Domanda e offerta di lavoro al femminile 4.1 Previsioni di assunzione delle imprese: differenze di genere pag. 59

I settori pag. 59

Le professioni pag. 61 I titoli di studio pag. 63

4.2 Investimento in istruzione e formazione di uomini e donne pag. 65

La formazione professionale di primo livello pag. 66 La scuola superiore pag. 67 La formazione professionale di secondo livello pag. 70 L’Università pag. 71

Bibliografia pag. 73

Appendice: Tavole sul mercato del lavoro pag. 75 Indirizzi utili pag. 111

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1 - Introduzione e sintesi dei principali risultati

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1.1 Obiettivi e struttura del report Il presente rapporto intende fornire un quadro aggiornato al 2003 della situazione occupazionale

femminile in provincia di Varese, delle principali differenze di genere nel mercato del lavoro locale,

dei fenomeni di segregazione occupazionale e della domanda e offerta di lavoro in ottica di

genere.

Al fine di fornire una fotografia dettagliata del mercato del lavoro locale ponendo attenzione alla

componente femminile, sono state utilizzate più fonti di dati (Istat, Inps, Centri per l’Impiego,

Sistema Informativo Excelsior, OPI-Osservatorio Permanente sull’Istruzione-Provincia di Varese…)

disaggregati per sesso, riorganizzati e sistematizzati in base agli argomenti di interesse.

Il primo capitolo si concentra sull’analisi delle recenti dinamiche (2001-2003) relative alla

partecipazione al mercato del lavoro, all’occupazione e alla disoccupazione femminile in provincia

di Varese, avendo come termine di confronto la situazione occupazionale maschile della provincia

e il contesto del mercato del lavoro lombardo. Nel capitolo, inoltre, vengono presi in

considerazione alcuni fenomeni demografici (invecchiamento della popolazione e riduzione del

numero di figli per donna) che coinvolgono da vicino l’universo delle donne e vengono poste

alcune questioni riguardanti i problemi di conciliazione tra lavoro e famiglia, il bisogno di servizi

all’infanzia e agli anziani e di condivisione del lavoro familiare e di cura.

Il secondo capitolo indaga le principali caratteristiche dell’occupazione femminile, con particolare

attenzione ai fenomeni di segregazione di genere. L’analisi dei fenomeni di segregazione

occupazionale è stata effettuata con l’utilizzo di appositi indicatori, utili al monitoraggio delle

differenze di genere. Nel dettaglio, si analizza la segregazione occupazionale di genere in

relazione al settore economico, ovvero in riferimento alla diversa distribuzione di uomini e donne

tra i diversi settori di attività, e in relazione alla tipologia contrattuale utilizzata (tempo

indeterminato, tempo determinato, lavoro interinale, collaborazioni, part-time….).

Il terzo capitolo è volto allo studio della domanda e dell’offerta di lavoro in ottica di genere. Nello

specifico, si indagano le ragioni della segmentazione del mercato del lavoro in settori/professioni a

prevalenza femminile e settori/professioni con una predominanza maschile. Dal lato della

domanda di lavoro si analizzano le preferenze delle imprese nelle previsioni di assunzione di

uomini o donne in riferimento ai settori di attività, alle professioni e ai titoli di studio richiesti. Dal

lato della offerta di lavoro sono stati ricostruiti i percorsi scolastici di ragazzi e ragazze, analizzando

le differenze di genere nelle scelte di investimento in istruzione e formazione.

Introduzione e sintesi dei principali risultati

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1.2 Principali risultati emersi Nel periodo 2001-2003, a livello provinciale, come evidenzia l’analisi svolta nel primo capitolo, si

registra una performance del mercato del lavoro femminile positiva. La partecipazione delle donne

al mercato del lavoro aumenta (tasso di attività femminile nel 2003 si attesta al 43.7%), la forza

lavoro femminile cresce da 155mila unità a 163mila (+5.1%), le donne occupate aumentano in

misura percentualmente superiore all’occupazione maschile (+8% vs. +5.7%) e più della media

regionale (+3.8%), il tasso di occupazione1 femminile cresce (53.6% nel 2003), le donne in cerca di

occupazione diminuiscono (sono circa 8mila nel 2003) e il tasso di disoccupazione femminile cala,

allineandosi con la media regionale (5.2%).

Diversi elementi, tuttavia, indicano che la situazione occupazionale femminile presenta alcuni punti

critici da non sottovalutare e da monitorare in maniera continuativa.

Il 2003, infatti, risulta un anno negativo per l’occupazione femminile. Rispetto all’anno precedente,

la partecipazione delle donne al mercato del lavoro diminuisce e il gender gap tra il tasso di attività

maschile e femminile2, dopo il valore minimo raggiunto nel 2002 (18%), torna a salire (21.6%),

segno che occorre mantenere viva l’attenzione al tema della presenza delle donne nel mercato del

lavoro e delle pari opportunità. Il numero di donne occupate cala (-2.7%), così come il tasso di

occupazione femminile (da 54.9% a 53.6%). Il differenziale occupazionale di genere si allarga

(gender gap tra tasso di occupazione maschile e femminile 22.5%) e l’obiettivo, fissato dal

Consiglio Europeo di Lisbona, di un tasso di occupazione femminile del 60% si allontana. Il tasso

di disoccupazione3 femminile rimane stabile (5.2%) e il numero di donne alla ricerca di un impiego

decresce. Aumentano, tuttavia, le donne in età lavorativa che rimangono inattive, ovvero non

partecipano al mercato del lavoro, e, tra queste, rientrano diverse lavoratrici scoraggiate. Molte di

queste donne non cercano lavoro perché sono convinte di non poterlo trovare. Ritengono di essere

troppo vecchie, o ritengono di non avere le competenze richieste dal mercato, o, ancora, sono

convinte che non esistano occasioni di impiego adatte alle loro esigenze (ad esempio in termini di

orario o di sede di lavoro). Permane, inoltre, un differenziale di genere rilevante anche in termini di

disoccupazione (3.1 punti percentuali il gender gap tra i tassi di disoccupazione4). Il divario si

amplia nelle fasce d’età giovanili, rilevando che l’accesso al mondo del lavoro risulta più

problematico per le ragazze rispetto ai colleghi uomini (15-24 anni 12% tasso di disoccupazione

femminile vs. 8.5% maschile; 15-29 anni 9% tasso di disoccupazione femminile vs. 5.3%

maschile). Le iscrizioni ai Centri per l’Impiego, infine, evidenziano l’esistenza di una categoria

debole del mercato del lavoro costituita da donne non più giovani, con un basso livello di istruzione

1 Tasso di occupazione calcolato come rapporto tra occupati e popolazione in età lavorativa. 2 Il gender gap nei tassi di attività è calcolato come differenza tra il tasso di attività maschile e il tasso di attività femminile. Il tasso di attività è calcolato come rapporto tra forze lavoro (occupati e persone in cerca di occupazione) e popolazione di 15 anni ed oltre. 3 Il tasso di disoccupazione è calcolato come rapporto tra le persone in cerca di occupazione e le forze lavoro (occupati e persone in cerca di occupazione). 4 Il gender gap nei tassi di disoccupazione è calcolato come differenza tra il tasso di disoccupazione femminile e il tasso di disoccupazione maschile.

Introduzione e sintesi dei principali risultati

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che fatica a reinserirsi nel mondo del lavoro e, inoltre, mettono in luce le difficoltà di accesso al

lavoro per le giovani anche in possesso di diploma.

Al fine di aumentare la partecipazione e l’occupazione femminile, risulta importante tenere in

considerazione le difficoltà di conciliazione tra lavoro e famiglia e le resistenze alla condivisione del

carico di lavoro familiare e di cura che le donne si trovano a dover affrontare. La divisione del

lavoro all’interno della famiglia tra uomini e donne in Italia, infatti, è ancora fortemente asimmetrica:

il 52.4% delle lavoratrici con bimbi di età inferiore ai 5 anni dichiara di lavorare, tra carico di lavoro

familiare ed extra-domestico, 60 ore o più la settimana, mentre l’analoga percentuale di padri è

solo del 21.7%5. Le carenze dei servizi all’infanzia, inoltre, non facilitano la conciliazione tra lavoro

e famiglia. Anche in provincia di Varese, molte lavoratrici lamentano la mancanza dell’asilo nido

nel proprio comune di residenza e ci sono diverse lavoratrici madri che si dimettono per difficoltà

legate ai servizi all’infanzia (necessità di accudire il figlio, assenza dell’asilo nido nel proprio

comune di residenza, costo elevato del servizio).

Se al lavoro domestico ed extra-domestico e alla cura dei figli aggiungiamo la necessità di

assistenza agli anziani, che nel futuro è destinata a diventare di un certo rilievo a causa

dell’invecchiamento della popolazione, è chiaro che sempre di più si porrà il problema del

sovraccarico di lavoro sulle spalle delle lavoratrici. In tal senso, occorrerà lavorare per una

redistribuzione del lavoro familiare e di cura tra uomini e donne e per l’implementazione di politiche

di conciliazione tra lavoro e famiglia.

In riferimento alle caratteristiche dell’occupazione femminile, come evidenzia l’analisi svolta nel

secondo capitolo, emergono segnali di segregazione occupazionale di genere in relazione al

settore di attività e alla tipologia contrattuale utilizzata nelle assunzioni di uomini e donne.

Dall’analisi svolta emerge l’esistenza di fenomeni di segregazione di “status occupazionale”. Le

donne sono sovra-rappresentate nei contratti atipici, diversi dal lavoro a tempo indeterminato e ad

orario pieno, mentre risulta meno utilizzato per la componente femminile il contratto a tempo

indeterminato. Considerando gli avviamenti registrati dai Centri per l’Impiego della provincia di

Varese nel 2003, si rileva che: se l’avviamento è con contratto di lavoro a scadenza si tratta di

donne nel 45% dei casi, mentre se il contratto è a tempo indeterminato riguarda donne solo in 35

casi su 100. Le differenze di genere, inoltre, nel periodo considerato si stanno ampliando, segno

che le tipologie contrattuali più flessibili vengono applicate in misura superiore nelle assunzioni di

donne. Non solo per le donne vengono utilizzate più spesso forme di lavoro a scadenza, ma le

possibilità di trasformazione in lavoro stabile appaiono più limitate, seppur di poco, per le donne

(l’incidenza delle trasformazioni del lavoro a tempo determinato in indeterminato sugli avviamenti a

tempo determinato risulta pari a 8.63% per gli uomini e 8.39% per le donne). Il “posto fisso”,

dunque, sembra essere più accessibile agli uomini che non alle donne. L’analisi del lavoro

interinale evidenzia l’esistenza di una fascia debole del mercato del lavoro femminile, costituita da 5 Cfr. Istat (2003), Rapporto sulla situazione del Paese nel 2002. Istat (8 marzo 2004), Come cambia la vita delle donne.

Introduzione e sintesi dei principali risultati

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donne, in prevalenza con bassi livelli di istruzione ma in qualche caso anche in possesso di

diploma, che non riescono ad entrare a pieno titolo nel mondo del lavoro e rimangono

“intrappolate” in lavori caratterizzati da un livello di instabilità elevato. In relazione al lavoro

parasubordinato emerge l’elevato coinvolgimento femminile in questa forma di impiego (46.1%

sono donne). In particolare, tra i contratti di collaborazione coordinata e continuativa le donne sono

il 47.4%. Il lavoro parasubordinato, inoltre, svolge funzioni differenti in relazione al genere: per gli

uomini è in misura minore un canale di ingresso nel mercato del lavoro e in misura superiore una

forma di prolungamento della vita lavorativa, in diversi casi come liberi professionisti, mentre per le

donne costituisce una modalità di accesso al mercato del lavoro e, spesso, anche un modo per

rimanerci attraverso forme di collaborazione. Il part-time si conferma una modalità di lavoro

tipicamente femminile che permette a molte donne di conciliare lavoro e famiglia. Il tempo parziale

viene utilizzato in prevalenza nel settore terziario (commercio, alberghi e ristorazione, attività

immobiliari, informatica, ricerca e altre attività professionali e imprenditoriali), dove l’organizzazione

del lavoro prevede l’uso di forme di flessibilità temporale, e coinvolge soprattutto le donne tra i 30 e

i 49 anni di età.

Tipicamente, l’occupazione femminile risulta concentrata nel terziario (dove lavorano 57 donne su

100 occupati), mentre risulta bassa nell’industria (33 donne su 100 occupati), e, in misura più

accentuata nell’agricoltura (18 donne su 100 occupati) e nell’edilizia (12 donne su 100 occupati).

Come conseguenza dell’incremento dell’occupazione femminile nei servizi, le differenze di genere

nel triennio 2001-2003 sono aumentate.

Il perdurare di situazioni di segregazione di genere a livello di settori/professioni risulta legato a

stereotipi di genere che sopravvivono sia dal lato della domanda di lavoro sia dal lato dell’offerta,

come evidenziato nel terzo capitolo. Secondo gli stereotipi più diffusi, infatti, le donne sarebbero

più inclini ai lavori di cura, più attente alle relazioni personali e, dunque, più adatte a mansioni che

prevedono il contatto con il pubblico/cliente e, ancora, più precise e affidabili in mansioni di tipo

amministrativo. Tali convinzioni fanno sì che la richiesta di figure femminili da parte delle imprese

si indirizzi verso professioni considerate tipicamente femminili o, comunque, in cui le donne sono

già presenti. Le medesime considerazioni possono essere fatte in relazione ai settori che

maggiormente richiedono figure femminili e in riferimento ai titoli di studio richiesti alle donne.

Dall’analisi svolta emerge che le donne sono richieste nelle industrie tessili e dell’abbigliamento,

nei servizi alle imprese, nel commercio, nel settore della sanità, istruzione e servizi ricreativi, negli

studi professionali, per professioni legate all’area vendite, all’area servizi ai clienti e alle mansioni

amministrative. I titoli di studio più richiesti alle donne sono il diploma o la laurea ad indirizzo

amministrativo-commerciale, il diploma ad indirizzo tessile-abbigliamento e moda, quello turistico-

alberghiero e la laurea ad indirizzo letterario, filosofico, pedagogico e ad indirizzo linguistico.

Gli stereotipi di genere agiscono anche dal lato dell’offerta di lavoro e fanno si che le donne

scelgano percorsi di istruzione e formazione ad alta presenza femminile e con sbocchi lavorativi

Introduzione e sintesi dei principali risultati

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proprio tra i settori e le professioni caratterizzati da tassi di femminilizzazione già elevati. La

presenza di ragazze nei percorsi di formazione, di primo e secondo livello, è bassissima nei corsi

di formazione afferenti i settori ad elevata caratterizzazione maschile (edilizia, agricoltura,

meccanica/metallurgia, elettricità/elettronica). Anche la scelta della tipologia di scuola superiore

risulta alquanto differente tra ragazze e ragazzi. Negli istituti tecnici ci sono solo 8 ragazze ogni

100 ragazzi iscritti, 24 negli istituti professionali per l’artigianato e l’industria e negli istituti per

geometri. In particolare in alcuni indirizzi di studio la presenza maschile è quasi esclusiva (le donne

sono meno del 10%): operatore elettrico, operatore elettronico industriale, operatore per le

telecomunicazioni, tecnico delle industrie elettroniche, tecnico per le industrie elettriche, operatore

elettrico-elettronico, operatore meccanico, operatore termico, tecnico dei sistemi energetici, tecnico

delle industrie meccaniche, operatore meccanico termico, perito agrario, perito industriale in

materie plastiche, perito per l’elettrotecnica e l’automazione, biennio ITIS, perito in costruzioni

aeronautiche, perito per la meccanica, perito per la termotecnica, perito in informatica, perito per

l’elettrotecnica e le telecomunicazioni, perito aeronautico per la navigazione aerea, perito

aeronautico. Le scelte universitarie non sono esenti da una caratterizzazione di genere rilevante.

Tra i corsi di laurea offerti dalle Università con sede in provincia di Varese le donne sono sotto-

rappresentate nei corsi di laurea in informatica (12%), ingegneria gestionale (13%), economia

aziendale (28%), odontoiatria e protesi dentaria (28.6%), tecnico sanitario di radiologia, scienze

naturali (40%), giurisprudenza (42%).

Differenze di genere nella domanda e nell’offerta di lavoro sono le une lo specchio delle altre. Le

imprese richiedono figure femminili sempre negli stessi settori e per le medesime mansioni anche

perché sanno che c’è una corrispondente offerta di lavoro di donne che hanno intrapreso percorsi

formativi tipicamente femminili e che si propongono proprio in quei settori e per quelle professioni.

A loro volta le ragazze scelgono sempre i medesimi percorsi scolastici e formativi anche perché

sanno che le imprese richiedono loro proprio quei titoli di studio.

Per evitare fenomeni di segregazione sarebbero utili politiche che agiscano sia sulle imprese sia

sulle scelte scolastiche delle ragazze. Sul versante delle imprese, potrebbero produrre risultati

apprezzabili azioni rivolte a far sperimentare figure femminili in settori/professioni tipicamente

considerati maschili, mentre sul versante delle scelte formative potrebbero risultare utili politiche

volte all’informazione/orientamento delle giovani donne verso le professioni, e dunque i percorsi

scolastici, a bassa presenza femminile.

Introduzione e sintesi dei principali risultati

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2 - Popolazione femminile e mercato del lavoro

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2.1 Caratteristiche della popolazione femminile Ai fini dell’analisi del mercato di lavoro in ottica di genere è utile conoscere le caratteristiche

rilevanti della popolazione femminile (età, numero di figli per donna, livello di istruzione) e i

principali cambiamenti della struttura demografica e del livello di istruzione che, naturalmente,

hanno ripercussioni anche sul mondo del lavoro.

Le donne residenti in provincia di Varese risultano 422.9666 e costituiscono oltre la metà (51.5%)

della popolazione varesina (tavola 1).

Tavola 1 Popolazione per sesso e classe d'età - 2001 Provincia di Varese Valori assoluti % per sesso Maschi Femmine Totale Maschi Femmine0-14 55.768 52.813 108.581 51,4 48,6 15-19 20.074 18.946 39.020 51,4 48,6 20-29 57.327 54.434 111.761 51,3 48,7 30-39 70.733 67.428 138.161 51,2 48,8 40-49 56.674 56.662 113.336 50,0 50,0 50-59 53.883 55.867 109.750 49,1 50,9 60-64 25.734 28.004 53.738 47,9 52,1 65 e oltre 57.416 88.812 146.228 39,3 60,7 Totale 397.609 422.966 820.575 48,5 51,5 Fonte: Ns. elaborazioni su dati Istat - Popolazione e Statistiche demografiche

Il progressivo invecchiamento della popolazione in atto in provincia di Varese, come in tutta Italia,

coinvolge in misura superiore le donne, a causa della loro maggiore longevità, rispetto agli uomini.

La speranza di vita di una donna italiana, infatti, è di 83 anni, a fronte di una vita media di 77 anni

per gli uomini7 . Per questo motivo, in provincia di Varese la quota di donne di 65 anni ed oltre

(21%) risulta più elevata della corrispondente percentuale maschile (14.4%) (tavola A18).

Oltre alla longevità, un altro importante fattore che influisce sulla struttura della popolazione per

classi d’età è il numero medio di figli per donna. In Italia il numero medio di figli per donna risulta in

declino e il nostro paese, assieme alla Spagna, registra i valori più bassi tra i paesi dell’Unione

Europea (1.25 figli per donna in Italia vs. 1.47 Unione Europea)9. In provincia di Varese il numero medio di figli per donna risulta particolarmente basso (1.1610) ed inferiore alla media lombarda (1.20).

6 Dato al 2001, ultimo dato Istat disponibile. 7 Cfr. Istat (2003), Rapporto sulla situazione del paese nel 2002. 8 Le tavole indicate con la lettera A davanti alla numerazione sono riportate nell’appendice del presente lavoro. 9 Fonte: Eurostat e Consiglio d’Europa, stime per il 2001. 10 Dato al 2000, ultimo dato Istat disponibile.

Popolazione femminile e mercato del lavoro

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Invecchiamento della popolazione e riduzione del numero medio di figli per donna hanno

provocato, nel corso degli anni, uno squilibrio nella struttura per classi d’età della popolazione

(grafico 1). In provincia di Varese, oltre una persona su sei (17.8%) è anziana, mentre i

bambini/ragazzi con età inferiore ai 15 anni sono il 13.2% della popolazione. Lo squilibrio tra

bambini/ragazzi ed anziani risulta più accentuato, a causa della maggiore longevità, per la

componente femminile: oltre una donna su cinque è anziana, mentre le bambine/ragazze fino ai 14

anni sono solo una su otto (12.5%).

Grafico 1: Popolazione per fasce d'età e sesso - Provincia di Varese, 2001

Valori percentuali

14,0

5,0

14,4

17,8

14,3 13,6

6,5

21,0

14,412,5

4,5

12,9

15,9

13,4 13,2

6,6

0,0

5,0

10,0

15,0

20,0

25,0

0-14 15-19 20-29 30-39 40-49 50-59 60-64 65 e oltre

Maschi Femmine

Fonte: Ns. elaborazioni su dati Istat - Popolazione e Statistiche demografiche

Tale squilibrio è ben evidenziato dal calcolo dell’indice di vecchiaia, calcolato come rapporto

percentuale tra il numero di persone con più di 64 anni e quelle con meno di 15 (tavola 2).

L’andamento temporale di tale indicatore mostra il capovolgimento della struttura demografica che

si è verificato nell’ultimo ventennio: mentre nel 1981 a Varese ogni cento bambini/ragazzi gli

anziani erano 62, già dieci anni dopo il numero di anziani supera quello dei bambini/ragazzi (indice

di vecchiaia 102) e negli anni successivi il peso della popolazione ultra 65enne continua a

crescere, tanto che nel 2001 ogni cento bambini/ragazzi gli anziani sono ben 135.

Le differenze di genere, dovute essenzialmente ad una speranza di vita più elevata per le donne,

sono piuttosto rilevanti: l’indice di vecchiaia maschile è pari a 103, non lontano dal valore

d’equilibrio, mentre quello femminile arriva a 168.

Popolazione femminile e mercato del lavoro

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21

Tavola 2 Evoluzione della struttura demografica: indice di vecchiaia

1981 1991 1996 2001 2001

Maschi 2001

Femmine Varese indice di vecchiaia 62,1 102,4 119,3 134,7 103,0 168,2 Lombardia Indice di vecchiaia 63,0 105,5 125,0 135,5 102,7 170,4 Fonte: Ns. elaborazioni su dati Istat, Censimento 1981 e 1991 - Popolazione e Statistiche demografiche 2001

Le medesime tendenze hanno caratterizzato la popolazione della Lombardia dove si evidenzia una

struttura demografica, per sesso e classi d’età, analoga a quella varesina.

Sul versante del mercato del lavoro, il capovolgimento della struttura per classi d’età della

popolazione potenzialmente potrebbe costituire un elemento di criticità, in termini di carenze dal

lato dell’offerta di manodopera e di tenuta del sistema pensionistico.

Un ulteriore processo che ha coinvolto la popolazione e che ha ripercussioni sul mercato del

lavoro, è l’aumento del livello di istruzione della popolazione, in particolare della popolazione

femminile. Una maggiore scolarizzazione delle donne è uno dei fattori che hanno favorito la

partecipazione della componente femminile nel mondo lavorativo e ha comportato l’innalzamento

del livello di istruzione dell’offerta di lavoro. Il grado di istruzione delle forze lavoro femminili

(ovvero gli occupati e le persone in cerca di occupazione) risulta, infatti, in crescita (grafico 2 e

tavola A2): l’incidenza delle donne senza titolo di studio o con la sola licenza elementare era pari al

14.8% nel 1997 e scende al 11% nel 2001, aumenta, invece, la quota di donne diplomate (dal

42.3% al 46.4%) o in possesso di laurea (da 11.4% a 11.8%). Il livello di istruzione delle donne che

si propongono sul mercato del lavoro locale, tuttavia, risulta inferiore rispetto alle forze lavoro

femminili presenti in Lombardia. Nel contesto regionale, infatti, l’incidenza delle donne senza titolo

di studio o con la sola licenza elementare tra le forze lavoro è inferiore rispetto al dato provinciale

(8.7% Lombardia vs. 11% Varese), mentre la quota di diplomate e laureate è superiore

(rispettivamente 48.1% Lombardia vs. 46.4% Varese; 13.3% Lombardia vs. 11.8% Varese).

Popolazione femminile e mercato del lavoro

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22

2.2 Grado di partecipazione femminile al mercato del lavoro Durante gli anni Novanta le possibili tensioni sul mercato del lavoro, causate dall’invecchiamento

della popolazione e dalla riduzione delle nascite, sono state contrastate, almeno in parte,

dall’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro11. Diversi fattori hanno favorito

una maggiore partecipazione al lavoro da parte delle donne:

innalzamento del livello di scolarizzazione;

indebolimento del modello tradizionale di divisione del lavoro all’interno della famiglia;

cambiamento della visione del lavoro, considerato non solo come mezzo di sostentamento,

ma anche come forma di realizzazione personale e di riconoscimento sociale;

politiche espressamente volte a favorire la partecipazione femminile al mercato del lavoro.

La crescita della partecipazione femminile prosegue nel nuovo millennio. In provincia di Varese,

dopo una sostanziale battuta d’arresto nel 2000, il tasso d’attività femminile12 nel 2001 e 2002

registra un incremento piuttosto consistente passando dal 40.1% al 45.3%, mentre nel 2003 il

grado di partecipazione femminile al lavoro scende al 43.7%.

Tale valore, tuttavia, rimane superiore alla media lombarda, confermando una caratterizzazione femminile delle forze lavoro provinciali più accentuata della media regionale (42.6%).

11 Cfr. Il lavoro femminile in provincia di Varese: grado di segregazione e prospettive occupazionali. Progetto Varese in rete per le pari opportunità – Febbraio 2003. Per un approfondimento sull’andamento del mercato del lavoro femminile fino al 2001 si rimanda a tale ricerca. Il presente rapporto si concentra sulla condizione occupazionale femminile nel triennio 2001-2003. 12 Il tasso di attività è calcolato (definizione Istat) come rapporto tra forze lavoro (occupati e persone in cerca di occupazione) e popolazione di 15 anni ed oltre.

Grafico 2: Grado di istruzione della forza lavoro femminile in provincia di Varese

14,8

31,5

42,3

11,4

11,0

30,8

46,4

11,8

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50

senza titolo/ licenza elementare

media inferiore

diploma superiore

laurea

1997 2001

Fonte: Ns. elaborazioni su dati Ufficio Statistico Regione Lombardia, Annuari Forze Lavoro

Popolazione femminile e mercato del lavoro

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23

Grafico 3: Andamento del tasso di attività femminile

38,3 38,5 38,639,0 38,9

39,940,3

41,3

42,342,6

42,0 42,042,5

45,3

43,7

40,6

39,439,2

40,2 40,0 40,340,1

35

37

39

41

43

45

1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

LOMB VA

Fote: Istat, Forze lavoro Solo Mantova e Lodi, tra le province della Lombardia, presentano un tasso d’attività femminile

(rispettivamente 47.1% e 46.4%) più elevato rispetto a quello di Varese (tavola A3).

A seguito dell’accresciuta propensione al lavoro delle donne, le forze lavoro femminili dal 2001 al

2003 sono passate da 155mila a 163mila, registrando un incremento complessivo del 5.1% (tavola

A4). Tale incremento è da attribuire interamente all’aumento registrato nel 2002 (+8.1% tasso di

variazione annuale), mentre nel 2003 si evidenzia un rallentamento (-2.8%).

Tavola 3 Andamento del tasso di attività per genere e del gender gap MASCHI FEMMINE TOTALE GENDER GAP Lombardia Varese Lombardia Varese Lombardia Varese Lombardia Varese

1993 66,4 62,9 38,3 39,2 51,8 50,5 28,1 23,71994 65,3 65,6 38,5 40,2 51,4 52,2 26,8 25,41995 64,9 64,0 38,6 39,4 51,2 51,2 26,3 24,71996 64,5 62,5 39,0 40,0 51,3 50,8 25,5 22,51997 64,1 64,0 38,9 40,3 51,0 51,6 25,1 23,71998 64,1 63,1 39,9 42,0 51,5 52,1 24,2 21,11999 64,2 64,0 40,3 42,0 51,8 52,6 23,8 22,02000 64,1 64,8 40,6 40,1 51,9 52,2 23,5 24,72001 64,3 63,5 41,3 42,5 52,4 52,6 23,0 21,02002 64,7 63,5 42,3 45,3 53,1 54,1 22,4 18,22003 65,2 65,3 42,6 43,7 53,5 54,1 22,6 21,6

Nota: il gender gap nei tassi di attività è calcolato come differenza tra il tasso di attività maschile e il tasso di attività femminile Fonte: Ns. elaborazioni su dati Istat, Forze Lavoro

Popolazione femminile e mercato del lavoro

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Nonostante continui il trend di crescita della partecipazione delle donne al sistema produttivo

dobbiamo rilevare che il gender gap tra i tassi di attività maschili e femminili13, seppur leggermente

più contenuto rispetto alla realtà lombarda (22.6 punti percentuali), risulta ancora elevato (21.6

punti percentuali). Tale differenziale di genere, peraltro, dopo il valore minimo raggiunto nel 2002

(18%), torna a salire nel 2003, segno che occorre mantenere viva l’attenzione al tema della

partecipazione femminile al lavoro e delle pari opportunità (tavola 3).

Il differenziale di genere nei tassi di attività rimane su livelli elevati anche considerando la sola

popolazione in età lavorativa (15-64 anni), anziché l’intera popolazione di 15 anni ed oltre, come

da definizione Istat. Il tasso di attività calcolato sulla popolazione in età lavorativa,14 infatti, in

provincia di Varese risulta, nel 2003, 78% per la componente maschile del mercato del lavoro

(77.2% a livello regionale) e 56.7% per la componente femminile (55.5% in Lombardia), con un

gender gap di 21.3 punti percentuali. Un tasso di attività calcolato sulla popolazione in età

lavorativa femminile pari a 56.7% significa che su 100 donne che potenzialmente potrebbero

partecipare al mercato del lavoro solo 57 effettivamente sono attive nel contesto lavorativo, ovvero

sono occupate o stanno cercando lavoro.

A tale proposito ricordiamo che esiste un bacino di donne, per definizione considerate inattive,15

che potenzialmente potrebbero entrare nel mercato del lavoro. Si tratta di donne che, a ben

vedere, fanno parte della “zona grigia” tra la disoccupazione e l’inattività:

5 mila sono le donne in età lavorativa che nel 2003 in provincia di Varese cercano lavoro e

sono immediatamente disponibili a lavorare ma non hanno svolto azioni di ricerca attiva.

Potremmo definire tale categoria di donne come forze di lavoro potenziali;

6 mila sono le donne in età lavorativa che non stanno cercando un’occupazione, ma che

sarebbero disposte a lavorare e che potremmo definire come “non forze lavoro disponibili”.

Tra queste donne ci sono diverse lavoratrici scoraggiate, cioè coloro che non cercano lavoro

perché convinte di non poterlo trovare. Tali lavoratrici ritengono di essere troppo vecchie per poter

trovare lavoro, oppure ritengono di non avere le professionalità richieste dal mercato o, ancora,

pensano che non esistano occasioni di impiego adatte alle loro esigenze sul mercato del lavoro

locale. Considerando tali dati, emerge l’esistenza di uno spazio di manovra per politiche volte

all’aumento della partecipazione femminile al lavoro e al pieno utilizzo di risorse umane altrimenti

inattive.

13 Differenziale di genere calcolato come differenza tra tasso di attività maschile e tasso di attività femminile. 14 Il tasso di attività calcolato sulla popolazione in età lavorativa è dato dal rapporto tra forze lavoro (occupati e persone in cerca di occupazione) e popolazione in età lavorativa (15-64 anni). 15 Ricordiamo che l’indagine Istat considera “persone in cerca di occupazione” tutti i non occupati che dichiarano:

- di essere alla ricerca di lavoro; - di aver effettuato almeno un’azione di ricerca “attiva” nelle quattro settimane che precedono la

rilevazione ( l’attesa di risultati di precedenti azioni di ricerca non sono considerati azioni “attive”); - di essere immediatamente disponibili (entro due settimane) ad accettare un lavoro, qualora venga

loro offerto.

Popolazione femminile e mercato del lavoro

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2.3 Donne e occupazione La nuova offerta di lavoro femminile è stata assorbita dal sistema produttivo provinciale che, in

particolare nel biennio 2001-2002, evidenzia una dinamica occupazionale favorevole alla

componente femminile (tavola A4). Le donne occupate in provincia di Varese, infatti, dopo un 2000

negativo, sono tornate a crescere registrando una variazione positiva nel successivo biennio,

complessivamente pari al 18.6%. Nel 2003, tuttavia, l’occupazione femminile subisce una battuta

d’arresto registrando una performance negativa (- 2.7%). Nel periodo 2001-2003 l’occupazione

provinciale femminile è cresciuta in misura percentualmente superiore a quella maschile (+8% vs.

+5.7%) ed è aumentata più della media regionale (+3.8%). Le donne che lavorano in provincia di Varese risultano, nel 2003, 155mila, pari al 41.2% del totale degli occupati. Gli uomini,

dunque, costituiscono ancora una quota preponderante dell’occupazione.

Il differenziale occupazionale di genere risulta evidente analizzando i tassi di occupazione16. Il

tasso di occupazione femminile è pari a 53.6% a fronte di un tasso di occupazione maschile del 76.1%, evidenziando un gender gap di 22.5 punti percentuali (tavola 4). Il differenziale di

genere da colmare appare ancora piuttosto ampio.

Tavola 4 Evoluzione del tasso di occupazione per genere Tasso di occupazione calcolato come rapporto tra occupati e popolazione in età lavorativa (15-64) MASCHI FEMMINE TOTALE GENDER GAP Lombardia Varese Lombardia Varese Lombardia Varese Lombardia Varese

1993 72,3 69,3 43,4 44,0 57,9 56,7 28,9 25,31994 71,1 69,3 43,6 43,6 57,4 56,4 27,5 25,71995 71,3 70,1 43,9 44,7 57,7 57,5 27,4 25,41996 71,3 68,8 44,7 46,5 58,1 57,8 26,6 22,31997 71,1 70,0 45,0 44,8 58,1 57,3 26,1 25,21998 71,8 71,3 46,3 46,5 59,1 58,8 25,5 24,81999 72,4 72,1 47,8 49,1 60,2 60,7 24,6 23,02000 72,9 72,4 48,7 48,1 60,9 60,7 24,2 24,32001 73,7 71,7 50,5 50,2 62,2 61,0 23,2 21,52002 74,2 73,0 51,8 54,9 63,1 64,0 22,4 18,12003 75,0 76,1 52,4 53,6 63,8 64,8 22,6 22,5

Fonte: Ns. elaborazioni su dati Istat, Forze lavoro

In tema di occupazione femminile, ricordiamo l’obiettivo fissato dal Consiglio Europeo a Lisbona

nel marzo del 2000 che prevede il raggiungimento, entro il 2010, di un tasso di occupazione

femminile del 60%.

Facendo un confronto tra la provincia di Varese e le altre province della Lombardia, si rileva un

tasso di occupazione femminile più elevato nella provincia di Mantova (60.1%), valori

16 Tasso di occupazione è calcolato come rapporto tra occupati e popolazione in età lavorativa (15-64).

Popolazione femminile e mercato del lavoro

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26

sostanzialmente in linea nella provincia di Lodi e Milano (53.8%) e valori inferiori nel resto della

regione (tavola A5).

In riferimento al settore economico (tavola 5), l’occupazione femminile continua a crescere

soprattutto nel terziario17, mentre la quota di donne occupate nei comparti industriali rimane bassa.

Degli 11mila nuovi posti di lavoro occupati da donne nel periodo 2001-2003, 9mila circa sono in

attività del terziario, mentre solo 2mila riguardano attività industriali. Il terziario (commercio e servizi) occupa, nel 2003, il 68.4% del totale delle donne occupate, decisamente più elevata

della quota di uomini occupati nel settore (44.3%).

Tavola 5 Occupate femmine per settore economico e anno - Provincia di Varese Valori assoluti in migliaia e valori percentuali

Andamento occupazione industria

Andamento occupazione terziario

Totale Agricoltura Industria Terziario

Diff. v.a.

tasso di variazione annuale % Diff. v.a.

tasso di variazione annuale %

1993 125 1 43 81 _ _ _ _ 1994 130 1 45 84 2 4,7 3 3,7 1995 128 1 47 80 2 4,4 -4 -4,8 1996 131 1 50 81 3 6,4 1 1,3 1997 128 0 47 80 -3 -6,0 -1 -1,2 1998 134 1 45 88 -2 -4,3 8 10,0 1999 141 2 48 92 3 6,7 4 4,5 2000 134 1 42 91 -6 -12,5 -1 -1,1 2001 143 1 46 97 4 8,9 6 6,4 2002 159 1 49 109 4 7,8 12 12,2 2003 155 1 48 106 -1 -3,0 -3 -2,4

Nota: Leggere differenze nelle totalizzazioni sono dovute agli arrotondamenti

Fonte: Ns. elaborazioni su dati Istat, Forze Lavoro

In relazione al tipo di occupazione è possibile distinguere tra lavoro alle dipendenze, che

comprende diverse posizioni professionali (dirigente, direttivo-quadro, impiegato-intermedio,

operaio-assimilato, apprendista, lavoratore presso il proprio domicilio per conto di imprese) e

lavoro indipendente, che include gli imprenditori, i liberi professionisti, i lavoratori in proprio, i soci

di cooperativa, i coadiuvanti di impresa familiare. In provincia di Varese, le lavoratrici dipendenti

nel 2003 sono circa 9mila in più rispetto al 2001 (+7.6%); quelle indipendenti sono aumentate di

3mila unità, registrando un incremento percentualmente più rilevante (+9.8%). L’incidenza del

lavoro indipendente tra le donne, dunque, risulta in crescita e si attesta al 18.7%. Il lavoro

indipendente, tuttavia, assume un importanza più rilevante tra gli uomini, tra i quali tale tipologia di

lavoro occupa il 26.7% degli occupati (tavola 6). In riferimento al settore economico, l’occupazione

17 Per un approfondimento sulla segregazione orizzontale si rimanda al successivo capitolo del presente lavoro.

Popolazione femminile e mercato del lavoro

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27

indipendente assume un’incidenza rilevante nel settore agricolo (75%), che pur pesa poco

sull’economia della provincia. La quota di occupazione indipendente è più elevata nel terziario

(27%) rispetto al settore industriale (17.4%) e le differenze di genere si ripropongono anche

nell’analisi della tipologia di occupazione disaggregata per settore economico. Il lavoro

indipendente, infatti, pesa per il 10.4% sull’occupazione femminile del settore industriale, a fronte

di una quota maschile del 19.3%, e, anche nel terziario, l’incidenza dell’occupazione indipendente

è inferiore per la componente femminile (20.8%) rispetto all’analoga percentuale per gli uomini

(33.7%).

Un’analisi più dettagliata sulla presenza di donne nei diversi settori economici e sull’utilizzo di

diverse tipologie contrattuali sarà effettuata nel capitolo sulla segregazione occupazionale.

Tavola 6 Occupati per tipo di occupazione, settore di attività e sesso. Provincia di Varese, 2003 Valori assoluti in migliaia e valori percentuali Settore economico Maschi Femmine Totale v.a. peso % v.a. peso % v.a. peso % TOTALE 221 100 155 100 375 100 AGRICOLTURA 4 1,8 1 0,6 4 1,1 INDUSTRIA 119 53,8 48 31,0 167 44,5 trasformazioni industriali 88 39,8 44 28,4 132 35,2 costruzioni 29 13,1 4 2,6 33 8,8 altro 2 0,9 0 0,0 2 0,5 TERZIARIO 98 44,3 106 68,4 204 54,4 commercio 33 14,9 22 14,2 55 14,7 altro 65 29,4 84 54,2 149 39,7 Tipo di occupazione Maschi Femmine Totale v.a. peso % v.a. peso % v.a. peso % TOTALE 221 100,0 155 100,0 375 100,0 dipendenti 162 73,3 126 81,3 288 76,8 indipendenti 59 26,7 29 18,7 87 23,2 AGRICOLTURA 4 100,0 1 100,0 4 100,0 dipendenti 1 25,0 0 0,0 1 25,0 indipendenti 3 75,0 1 100,0 3 75,0 INDUSTRIA 119 100,0 48 100,0 167 100,0 dipendenti 96 80,7 43 89,6 138 82,6 indipendenti 23 19,3 5 10,4 29 17,4 TERZIARIO 98 100,0 106 100,0 204 100,0 dipendenti 65 66,3 84 79,2 149 73,0 indipendenti 33 33,7 22 20,8 55 27,0 Nota: Leggere differenze nelle totalizzazioni sono dovute agli arrotondamenti Fonte: Ns. elaborazioni su dati Istat, Forze Lavoro

Popolazione femminile e mercato del lavoro

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Ulteriori informazioni sull’occupazione femminile ci derivano dalla lettura degli avviamenti, ovvero

l’ammontare di contratti di lavoro stipulati in un determinato arco di tempo, registrati dai Centri per

l’Impiego della provincia di Varese.

Come mostra il grafico 4, in riferimento agli anni dal 2000 al 2003 la quota di avviamenti maschili è

decisamente superiore alla quota femminile: l’incidenza degli avviamenti di uomini, infatti, si aggira

su percentuali che vanno dal minimo del 56.5% nel 2000 al massimo del 58.4% del 200118. La

quota di avviamenti femminili rimane sempre inferiore al 44%, nonostante, nel medesimo periodo,

come vedremo meglio nel prossimo paragrafo, la quota di donne iscritte ai Centri per l’Impiego nel

medesimo periodo sia superiore alla percentuale di uomini. Anche le statistiche prodotte dal

Collocamento Mirato Disabili evidenziano una quota di donne avviate al lavoro (36%) inferiore alla

percentuale maschile (64%), nonostante il numero di donne iscritte al Collocamento Mirato Disabili

sia sostanzialmente in linea con il numero di uomini (49.9% uomini; 50.1% donne)19.

18 Per un’analisi approfondita delle statistiche dei Centri per l’Impiego si rimanda a Provincia di Varese – Assessorato al Lavoro e Formazione Professionale (2004), Il mercato del lavoro in provincia di Varese. Report 2003. 19 Le percentuali negli anni precedenti (dal 2000 al 2002) non si discostano di molto da quelle indicate per il 2003.

Grafico 4: Avviamenti per anno e genere. Provincia di VareseValori percentuali per genere

56,558,4 56,8 57,3

43,541,6 43,2 42,7

0

10

20

30

40

50

60

70

2000 2001 2002 2003

maschi femmine

Popolazione femminile e mercato del lavoro

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2.4 La disoccupazione femminile L’andamento positivo dell’occupazione femminile negli ultimi anni ha, naturalmente, avuto un

impatto favorevole sul numero di donne disoccupate in provincia di Varese. Nel 2001 le donne in

cerca di occupazione erano circa 12.000, mentre nel 2003 sono scese a 8.000 circa (tavola A4).

Conseguentemente il tasso di disoccupazione, principale indicatore delle tensioni tra domanda e

offerta di lavoro, subisce una contrazione consistente (grafico 5).

Era il 7.8% nel 2001, molto al di sopra della media lombarda (5.5%), e scende al 5.2% nel 2003,

allineandosi con la situazione complessiva regionale. Livelli di disoccupazione femminile

decisamente inferiori alla media lombarda si registrano nella provincia di Lecco (2.5%) e Mantova

(3.6%), mentre la situazione appare più problematica nelle province di Lodi (7.9%) e Pavia (6.5%)

(tavola 7). Nonostante la disoccupazione femminile continui a calare, permane uno svantaggio di

genere di 3.1 punti percentuali. Il tasso di disoccupazione maschile, infatti, si attesta al 2.1%,

valore considerato “fisiologico”.

La situazione più difficile si registra per le ragazze dai 15 ai 24 anni per le quali si evidenzia un

tasso di disoccupazione del 12.9%; tasso elevato ma sostanzialmente in linea con il dato

lombardo (12.8%). Anche la fascia 15-29 anni evidenzia un tasso di disoccupazione rilevante, sia

in provincia di Varese (9%) sia in Lombardia (8.9%).

L’accesso al mondo del lavoro per le giovani donne sembra particolarmente complesso e più

problematico rispetto ai colleghi maschi che registrano tassi di disoccupazione decisamente più

contenuti (8.5% fascia 15-24 anni; 5.3% fascia 15-29 anni).

Grafico 5: Andamento del tasso di disoccupazione femminile

8,99,5

9,28,9 8,9

7,46,7

5,55,2

10,811,4

9,4

11,612,2

8,5 8,37,8

5,25,6

9,1

5,2

8,6

2

4

6

8

10

12

14

1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

LOMB VA

Fonte: Istat, Forze lavoro

Popolazione femminile e mercato del lavoro

Page 31: La presenza delle donne nel mercato del lavoro in ... · Gabriella Sberviglieri (effettiva) Rosy Binda Colascilla (supplente) 6. 7 INDICE 1. Introduzione e sintesi dei principali

30

Tavola 7 Tasso di disoccupazione per sesso, fasce d'età e provincia. Lombardia 2003 MASCHI FEMMINE 15-24 15-29 30-64 15-64 Totale 15-24 15-29 30-64 15-64 TotaleLOMBARDIA 9,4 6,2 1,5 2,5 2,5 12.8 8.9 3.9 5.2 5.2 Varese 8,5 5,3 1,3 2,2 2,1 12.9 9.0 4.0 5.2 5.2 Como 4,0 4,2 0,9 1,6 1,6 13.8 7.1 3.4 4.4 4.4 Sondrio 11,9 7,4 1,6 2,9 2,9 11.8 10.1 2.3 4.3 4.3 Milano 13,9 9,6 2,3 3,8 3,7 16.2 10.5 4.3 5.7 5.7 Bergamo 2,6 1,6 0,2 0,5 0,5 8.4 5.6 3.3 4.2 4.2 Brescia 5,4 4,4 1,1 1,8 1,8 7.5 9.1 3.7 5.2 5.2 Pavia 16,1 7,3 2,3 3,2 3,2 21.3 11.4 5.2 6.5 6.5 Cremona 8,6 4,4 0,6 1,4 1,4 16.6 9.4 3.1 4.6 4.6 Mantova 10,5 4,9 0,9 1,8 1,8 8.9 6.3 2.4 3.5 3.6 Lecco 2,1 1,2 0,5 0,7 0,6 7.9 4.1 1.8 2.5 2.5 Lodi 13,8 8,3 0,6 2,2 2,2 19.5 12.2 5.9 7.9 7.9 Fonte: Istat, Forze Lavoro

E’ opportuno sottolineare che la situazione delle giovani donne, e dei giovani in generale, negli

ultimi anni continua a migliorare. Nel 2001, infatti, le donne tra i 15 e i 24 anni in cerca di

occupazione erano il 20.9% (12.9% nel 2003) e quelle nella fascia 15-29 il 15.6% (9% nel 2003).

I dati degli iscritti ai Centri per l’Impiego forniscono elementi importanti all’analisi della

disoccupazione femminile (tavola 8 e 9). Le giovani donne (fino ai 29 anni) in cerca di lavoro che si

rivolgono ai Centri per l’Impiego della provincia costituiscono il 25% del totale delle donne iscritte a

fine 2003 presso i Centri stessi.

Tavola 8 Iscritti ai Centri per l'Impiego per sesso e fasce d'età Provincia di Varese, 2003 Percentuale di riga maschi femmine totale fino a 29 anni 38,2 61,8 100,0 da 30 a 49 25,9 74,1 100,0 oltre 50 anni 42,0 58,0 100,0 totali 32,8 67,2 100,0 Percentuale di colonna maschi femmine totale fino a 29 anni 32,2 25,4 27,6 da 30 a 49 39,6 55,6 50,3 oltre 50 anni 28,2 19,0 22,0 totali 100,0 100,0 100,0 Fonte: Osservatorio sul mercato del lavoro - Provincia di Varese

Popolazione femminile e mercato del lavoro

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31

La maggioranza delle iscritte in questa fascia d’età è in possesso della sola licenza media o ha

frequentato corsi di formazione professionale (48%) e un’ulteriore 10.6% non ha alcun titolo di

studio o ha la sola licenza elementare. Da rilevare, inoltre, una quota di giovani donne in possesso

di diploma (37.6%) che faticano ad inserirsi nel mondo del lavoro; le laureate (3.8%), perlomeno

dalle registrazioni dei Centri per l’Impiego, sembrano avere accesso più facile al mercato del

lavoro20.

Sono soprattutto le donne in età matura, tra i 30-49 anni, che si rivolgono ai Centri per l’Impiego

nella ricerca di un lavoro (56% delle iscritte). Si rileva, inoltre, una quota non trascurabile (19%) di

ultracinquantenni iscritte presso i Centri per l’Impiego della provincia. Il livello di istruzione

diminuisce al crescere dell’età delle iscritte:

la quota di iscritte senza titolo di studio o con la sola licenza elementare sale al 19.5% nella

fascia 30-49 e costituisce la quota preponderante (63.2%) tra le ultracinquantenni;

l’incidenza delle diplomate si riduce al 18.7% tra le donne dai 30 ai 49 anni e al 5.2% tra le

ultracinquantenni.

Tavola 9 Donne iscritte ai Centri per l'Impiego per età e titolo di studio. Provincia di Varese, 2003 Valori percentuali

fino 29 anni da 30-49 oltre 50

anni Totale

Nessun titolo/lic.elementare 10,6 19,5 63,2 25,5 Licenza media/corsi f.p. 48,0 59,0 31,0 50,9 Diploma 37,6 18,7 5,2 20,9 Laurea 3,8 2,9 0,5 2,7 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: Osservatorio sul mercato del lavoro - Provincia di Varese

Esiste dunque una categoria debole del mercato del lavoro costituita da donne non più giovani,

presumibilmente con qualche esperienza di lavoro alle spalle, con titoli di studio bassi che fatica a

reinserirsi nel sistema produttivo. Difficoltà di accesso al mercato del lavoro, inoltre, per giovani

donne anche in possesso di diploma.

Complessivamente le donne costituiscono il 67% degli iscritti a fine 2003 ai Centri per l’Impiego della provincia, riconfermando le problematiche occupazionali delle donne e lo

svantaggio rispetto agli uomini. Come mostra il grafico 6, inoltre, tale valore si mantiene su livelli

elevati in tutto il periodo considerato (2000-2003) ad indicare che sono soprattutto le donne ad

iscriversi ai Centri per l’Impiego nella ricerca di lavoro.

20 Sul tema del vantaggio sul mercato del lavoro dei giovani laureati rispetto ai diplomati si rimanda ad Istat (2003), Inserimento professionale dei laureati – Indagine 2001.

Popolazione femminile e mercato del lavoro

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2.5 Donne tra lavoro e famiglia: alcune considerazioni Nei paragrafi precedenti abbiamo evidenziato alcuni fenomeni che coinvolgono in modo

particolare le donne. In riferimento agli aspetti demografici, abbiamo rilevato che il numero medio

di figli per donna in Italia è particolarmente basso (1.25) e lo è ancora di più nella provincia di

Varese (1.16) e, inoltre, che il processo di invecchiamento della popolazione continua, per effetto

dell’aumento della speranza di vita media (83 anni donne, 77 uomini).

Sul versante del mercato del lavoro, abbiamo evidenziato come la partecipazione femminile sia

aumentata, rimanendo, tuttavia, decisamente inferiore a quella maschile.

A proposito del basso numero di figli per donne, è opportuno ricordare che nel Centro-Nord del

nostro paese il modello di famiglia emergente prevede un solo figlio 21. La maggioranza delle

donne, tuttavia, avrebbe come modello familiare ideale quello con due figli. Le difficoltà di

conciliazione tra lavoro extra-domestico e impegni familiari e le resistenze alla condivisione del

carico di lavoro legato alla famiglia hanno un’influenza negativa sul gap tra numero di figli

desiderati e numero di figli effettivi. La divisione del lavoro all’interno della famiglia tra uomini e

donne, infatti, risulta ancora asimmetrica: il 52.4% delle lavoratrici con bimbi di età inferiore ai 5

anni dichiara di lavorare, tra carichi familiari e lavoro extra-domestico, 60 ore o più alla settimana,

mentre la percentuale di padri che dichiarano di lavorare lo stesso numero di ore è solo del 21.7%.

21 Cfr. Istat (2003), Rapporto sulla situazione del paese nel 2002. Istat (8 marzo 2004), Come cambia la vita delle donne.

Grafico 6: Iscritti ai Centri per l'Impiego per anno e genere. Provincia di VareseValori percentuali per genere

36,632,5 31,6 32,6

63,467,5 68,4 67,4

0

10

20

30

40

50

60

70

80

2000 2001 2002 2003

maschi femmine

Popolazione femminile e mercato del lavoro

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Le carenze dell’offerta di servizi all’infanzia, inoltre, influisce sulla realizzazione del progetto

riproduttivo delle donne, da un lato, e sulla partecipazione delle donne al lavoro, dall’altro.

L’Indagine sui servizi educativi e per la prima infanzia, condotta dal centro nazionale di

documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, mette in evidenza la bassa incidenza dei

posti di asilo-nido disponibili sulla popolazione di 0-2 anni che, nel 2000, è solo del 7.4%. Il dato

per la provincia di Varese è migliore: il rapporto tra posti disponibili e utenti potenziali (bambini tra

0-2 anni) è dell’11.3%22. In provincia di Varese, gli asili nido o le strutture assimilate (micro nidi,

baby parking) autorizzati risultano 72, con una capacità di accoglienza di 2419 posti. Le strutture a

gestione privata (sociale o commerciale) sono un quarto circa del totale. Si rileva una scarsità di

sedi nella fascia più montana del territorio, dove le condizioni di accesso alle strutture risultano

piuttosto disagiate per i residenti dei numerosi comuni di piccola dimensione della zona, e nei

distretti di Cittiglio e Azzate, dove il rapporto tra posti disponibili negli asili nido e bambini tra 0 e 2

anni è tra i più bassi della provincia. Nonostante la situazione dei servizi all’infanzia sia

decisamente migliore rispetto al contesto nazionale, il grado di copertura degli asili nido è ancora

distante dall’obiettivo del 33% fissato dall’Unione Europea quale rapporto tra posti disponibili e

bambini da zero a tre anni e da raggiungere entro il 2010.

L’esigenza di potenziare i servizi per l’infanzia emerge dall’analisi congiunta di diversi dati rilevati a

livello provinciale. L’entità della domanda non soddisfatta risulta significativa: il numero di utenti in

lista d’attesa, con riferimento alle strutture rilevate dalla Circolare 4/2000, ammonta a oltre un

quarto dei posti disponibili. Le interviste effettuate a donne che lavorano in 9 grandi imprese della

provincia di Varese23 hanno messo in evidenza come, tra le donne che lamentano carenze di

servizi per la conciliazione (37.5% delle rispondenti), il bisogno più sentito sia proprio quello

relativo all’accudimento dei bambini (71.7%). In particolare, le carenze rilevate riguardano la

mancanza dell’asilo nel proprio comune di residenza.

Un’ulteriore dato rilevante riguarda le convalide di dimissioni di lavoratrici madri effettuate

dall’Ufficio Turno e dallo Sportello Donna che nel 2003 sono risultate 373 (n. 429 nel 2002; n. 397

nel 2001; n. 289 nel 2000)24.

22 Dati del Settore Politiche Sociali della Provincia di Varese (aprile 2002; Materiali a supporto della predisposizione dei piani di zona: sintesi per distretto. Di seguito riportiamo una breve descrizione dell’offerta di asili nido a livello provinciale tratta dalla ricerca Crepaldi (aprile 2003), Il fabbisogno di servizi a supporto della famiglia delle donne che lavorano. I risultati di una indagine realizzata presso 9 grandi aziende localizzate in provincia di Varese, alla quale rimandiamo per un approfondimento del tema. 23 Crepaldi (aprile 2003), Il fabbisogno di servizi a supporto della famiglia delle donne che lavorano. I risultati di una indagine realizzata presso 9 grandi aziende localizzate in provincia di Varese, progetto Varese in rete per le pari opportunità. 24 Sportello Donna, Relazione annuale anno 2003.

Popolazione femminile e mercato del lavoro

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Tavola 10 Motivazioni delle dimissioni di lavoratrici madri. Provincia di Varese, 2003 Motivazione della dimissione Percentuale Necessità di accudire 29,5 Desiderio di accudire 11,0 Non concessione del part-time 11,5 Mutamento della mansione al rientro della maternità 1,6 Assenza dei servizi per l'infanzia 5,9 Costo elevato dei servizi per l'infanzia 8,0 Lontananza luogo di lavoro 3,8 Aver trovato lavoro più vicino 2,7 Lavoro autonomo 2,9 Altro lavoro 6,7 Discriminazioni dirette e indirette 6,2 Altro 10,2 Totale 100,0

* La necessità di accudire è una motivazione multifattoriale (mancanza di servizi, assenza di figure parentali, non conciliabilità di orari tra attività lavorativa e i servizi per l'infanzia, servizi onerosi) Fonte: Sportello Donna, Relazione annuale anno 2003

Una percentuale rilevante, complessivamente 43%, di lavoratrici madri si dimette per problemi

legati ai servizi per la prima infanzia (necessità di accudire il figlio, assenza dell’asilo nido nel

comune di residenza, costo elevato del servizio), mentre solo il 11% delle dimissioni nasce dal

desiderio di accudire il figlio e, dunque, da una scelta non condizionata da vincoli oggettivi. Molte

donne (11.5%), inoltre, si dimettono per problemi legati agli orari di lavoro e alle non concessione

del part-time da parte dell’azienda.

L’importanza dei servizi all’infanzia per le donne che lavorano viene segnalato da più parti25, anche

in considerazione del fatto che il tasso di occupazione femminile si abbassa notevolmente con il

matrimonio/convivenza e, soprattutto, con la maternità: il tasso di occupazione femminile (fascia

centrale 30-49 anni) passa dal 83.7% per le single, al 71.4% per le donne che vivono in coppia

senza figli, e al 50.3% con figli.

Anche il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione è una questione che riguarda da vicino

l’universo femminile e che condiziona la vita lavorativa delle donne. Sono sempre le donne, infatti,

a sobbarcarsi i problemi di cura degli anziani, riproponendo la questione della conciliazione tra lavoro e famiglia e della condivisione delle attività di cura e familiari. In provincia di Varese, sulla base di una serie di interviste, le donne lavoratrici avvertono il

problema dell’assistenza agli anziani in misura inferiore a quello di accudimento dei figli: tra le

donne che lamentano carenze di servizi solo il 12.2% fa riferimento all’assistenza o al servizio di

25 Cfr. Saraceno (2003), Le donne tra responsabilità lavorative e familiari. Del Boca (2003), Troppi pochi bambini? Le ricette del Libro Bianco sul welfare. Articoli disponibili on-line: www.lavoce.info.

Popolazione femminile e mercato del lavoro

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accompagnamento di anziani/disabili26. La situazione provinciale, relativamente all’area anziani,

infatti, si caratterizza da27:

una rete di servizi di assistenza domiciliare abbastanza capillare, con 94 Comuni che

offrono questo tipo di servizio;

una rete di centri diurni integrati che conta 7 strutture con 217 posti;

una buona diffusione di strutture residenziali con una capacità di accoglienza di 4606 posti

autorizzati RSA e 235 nelle case albergo.

una dotazione di 147 posti letto per pazienti Alzaimer nelle RSA.

Le tendenze demografiche in atto potrebbero, in futuro, accrescere le difficoltà delle donne

lavoratrici ponendo il problema della sostenibilità del sovraccarico di lavoro familiare e di cura sulle lavoratrici. In tal senso occorrerà lavorare per una redistribuzione del lavoro di cura

all’interno della famiglia e per una ridefinizione della divisione di genere dei ruoli28.

26 Crepaldi (aprile 2003), Il fabbisogno di servizi a supporto della famiglia delle donne che lavorano. I risultati di una indagine realizzata presso 9 grandi aziende localizzate in provincia di Varese, progetto Varese in rete per le pari opportunità. 27 Dati del Settore Politiche Sociali della Provincia di Varese (aprile 2002; Materiali a supporto della predisposizione dei piani di zona: sintesi per distretto. 28 Cfr. Battistoni, I numeri delle donne, Quaderni Spinn, n. 4. Cfr. Micheli (2004), Anziani, un problema delle figlie, Articolo disponibile on-line: www.lavoce.info

Popolazione femminile e mercato del lavoro

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3. Occupazione e segregazione di genere

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3.1 Premessa: il monitoraggio della segregazione occupazionale

E’ noto che la distribuzione dell’occupazione tra settori/professioni è molto diversa per uomini e

donne e tale fenomeno è definito segregazione di genere di tipo orizzontale. Esiste anche la

segregazione verticale che, invece, fa riferimento alla posizione occupata da uomini e donne nei

diversi livelli gerarchici. A queste forme di segregazione occupazionale “tradizionali” se ne

aggiunge un’altra che concerne la differente distribuzione di uomini e donne tra diverse tipologie

contrattuali e che può essere definita come segregazione di “status occupazionale”.

Al fine di monitorare l’evoluzione temporale delle differenze di genere e di avere un quadro

dettagliato della segregazione occupazionale, risulta importante utilizzare alcuni indici di

segregazione di genere. Presentiamo gli indicatori utilizzati nei paragrafi successivi per cogliere e

misurare le diverse forme di segregazione di genere.29

Il primo indicatore utilizzato è il tasso di femminilizzazione dell’occupazione totale (TFT). Tale

indicatore è dato dal rapporto percentuale tra il numero di lavoratrici donne, occupate in un

determinato settore/professione o con una determinata tipologia contrattuale, sul totale degli

occupati nel medesimo settore/professione o contratto di lavoro30. In riferimento ad un determinato

settore/professione o tipologia contrattuale, tale tasso rappresenta la quota di donne occupate sul

totale degli occupati. In assenza di lavoratrici donne il tasso assumerà valore 0, in caso di equilibrio

tra i sessi 50, 100 se vi fossero solo donne occupate.

Un indicatore simile è il tasso di femminilizzazione rispetto all’occupazione maschile (TFM).

Tale indicatore è calcolato come rapporto percentuale tra numero di donne occupate in un

determinato settore/professione o tipologia contrattuale e il corrispondente numero di uomini31.

Questo indicatore, che può essere calcolato solo se l’occupazione maschile è maggiore di zero,

misura il numero di donne occupate ogni 100 uomini. Pertanto, assumerà valore 0 in caso di

assenza di donne, 100 nel caso di equilibrio tra i sessi, valori superiori a 100 nel caso di prevalenza

dell’occupazione femminile ed inferiori a 100 nel caso contrario.

Un ulteriore indicatore è il coefficiente di rappresentazione femminile (CRF). Tale indice è dato

dal rapporto tra la quota di donne presenti in un determinato settore/professione o tipologia

contrattuale e la quota di donne occupate nell’insieme dei settori/professioni o tipologie

contrattuali32. Il coefficiente assume valore 0 in caso di assenza della componente femminile nel

settore/professione o tipologia contrattuale, assume valore 1 in caso di perfetto equilibrio tra i sessi;

valori maggiori dell’unità indicano una prevalenza relativa di donne, mentre valori sotto l’unità

indicano che la maggioranza di occupati sono uomini.

29 Cfr. LIUC (2003), Il lavoro femminile in provincia di Varese: grado di segregazione e prospettive occupazionali. Progetto “Varese in rete per le pari opportunità”, Provincia di Varese. 30 TFT i = (Fi / Ti ) * 100 con i = indice di settore/professione o tipologia contrattuale. 31 TFM i = (Fi / Mi ) * 100 con i = indice di settore/professione o tipologia contrattuale. 32 CRFi = (Fi / Ti ) / (F/T ) con i = indice di settore/professione o tipologia contrattuale.

Occupazione e segregazione di genere

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L’indice di dissimilarità (ID), infine, è un indicatore sintetico che riassume la diversa distribuzione

di uomini e donne tra settori/ professioni o tipologie contrattuali. L’indice di dissimilarità considera la

differenza tra la quota di donne e di uomini occupati in un settore/professione o tipologia

contrattuale specifica33 sul totale del genere. Scopo principale dell’indice è di evidenziare per ogni

settore la discrepanza tra la percentuale di occupati maschi e femmine sul totale degli occupati

uomini e donne. E’, pertanto, opportuno calcolare ed evidenziare, non solo l’indice di dissimilarità,

ma anche le differenze di genere nella distribuzione percentuale tra settori/professioni o tipologie

contrattuali (differenze di genere in percentuale). L’indice di dissimilarità, trasformato in

percentuale, consente un’interpretazione di particolare interesse: misura la quota di donne che

dovrebbe cambiare settore/professione o tipologia contrattuale affinché, sotto l’ipotesi di

occupazione maschile stabile, non si registri alcun grado di segregazione.

Prospetto di sintesi: indici di segregazione occupazionale Sigla Indice Significato Formula analitica

TFT

Tasso di femminilizzazione sull’occupazione totale

In riferimento ad un determinato settore/professione o tipologia contrattuale, tale tasso rappresenta la quota di donne occupate sul totale degli occupati.

TFT i = (Fi / Ti ) * 100 con i = indice di settore/professione o tipologia contrattuale

TFM

Tasso di femminilizzazione sull’occupazione maschile

In riferimento ad un determinato settore/professione o tipologia contrattuale, tale tasso misura il numero di donne occupate ogni 100 uomini.

TFM i = (Fi / Mi ) * 100 con i = indice di settore/professione o tipologia contrattuale

CRF

Coefficiente di rappresentazione femminile

Tale indice rappresenta il rapporto tra la quota di donne presenti in un determinato settore/professione o tipologia contrattuale e la quota di donne occupate nell’insieme dei settori/professioni o tipologie contrattuale.

CRFi = (Fi / Ti ) / (F/T ) con i = indice di settore/professione o tipologia contrattuale

Diff. di genere

%

Differenze di genere nella distribuzione percentuale

Evidenzia per ogni settore/professione o tipologia contrattuale la differenza tra la quota di maschi e femmine sul totale del genere.

Diff. di genere %=(Fi /F*100)–(Mi/M *100)

ID

Indice di dissimilarità

Tale indice misura la quota di donne che dovrebbe cambiare settore/professione o tipologia contrattuale affinché la distribuzione tra settori/professioni o tipologie contrattuali delle donne occupate sia identica a quella degli uomini.

ID= ½ Σi ( Fi / F *100) – (Mi / M *100) con i = indice di settore/ professione o tipologiecontrattuali

33 ID = ½ Σi ( Fi / F *100) – (Mi / M *100)

con i = indice di settore/ professione o tipologie contrattuali.

Occupazione e segregazione di genere

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Per facilitare la lettura degli indici riportati nelle tavole dei paragrafi successivi si consiglia di tenere

in evidenza il prospetto di sintesi degli indici di segregazione occupazionale che contiene

l’indicazione per esteso dell’indice, il significato, in breve, dello stesso e la formula utilizzata per il

calcolo.

3.2 La segregazione occupazionale per settore economico

Tipicamente, l’occupazione femminile risulta concentrata nel terziario, mentre risulta bassa la

presenza femminile nell’industria e, in misura più accentuata, in agricoltura.

La quota di donne occupate sul totale nel 2003 (41.2%) è aumentata rispetto al 2001 (40.6%),

anche se, nell’ultimo anno, la crescita ha subito un rallentamento rispetto all’anno precedente

(42.6% nel 2002). La nuova occupazione femminile si è concentrata nei servizi, dove lavorano

57 donne ogni 100 occupati, contribuendo ad aumentare le differenze di genere. L’unico settore

dove le donne risultano sovra-rappresentate è, appunto, quello dei servizi (coefficiente di

rappresentazione femminile pari a 1.37, superiore all’unità), mentre nel settore delle costruzioni e

in agricoltura persiste una netta prevalenza di occupati maschi (rispettivamente nel settore delle

costruzioni lavorano solo 12 donne ogni 100 uomini e 18 in agricoltura). La bassa presenza

femminile in tali settori è legata alle difficili condizioni di lavoro, con mansioni fisicamente pesanti e

da svolgere all’esterno in condizioni non sempre favorevoli, che spesso caratterizzano le attività

agricole ed edili. Anche il settore industriale è caratterizzato da un’occupazione principalmente

maschile: ogni 100 uomini occupati le donne che lavorano in tale settore sono solo 49, ovvero

meno della metà. Il commercio che nel 2001 vedeva una sovra-rappresentazione femminile

relativa, ovvero rapportata alla presenza femminile sul totale degli occupati, (coefficiente di

rappresentazione femminile pari a 1.15, superiore all’unità), nei due anni successivi conosce un

ridimensionamento della quota di donne occupate in tale ambito. Come conseguenza

dell’incremento di occupazione femminile nei servizi, le differenze di genere si sono accentuate nel

triennio e l’indice di dissimilarità è cresciuto progressivamente passando da 21.4% del 2001 al

25.2% del 2003. Per avere un equilibrio tra i due sessi nella distribuzione dell’occupazione tra

settori economici il 25.2% delle lavoratrici dovrebbe uscire dall’occupazione nei servizi e ridistribuirsi negli altri settori (tavola 11).

Occupazione e segregazione di genere

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In sintesi, sembra che il settore dei servizi sia quello in cui si evidenzia una maggiore

corrispondenza tra competenze richieste dalle imprese quali: capacità relazionali, capacità di

comunicazione e di ascolto, predisposizione ai lavori di cura e di assistenza e attitudini che

tradizionalmente vengono riconosciute alle donne. L’esistenza di stereotipi, sia dal lato della

domanda sia dal lato dell’offerta di lavoro, condiziona il persistere di situazioni di segregazione

occupazionale.

Dal confronto con la situazione Lombarda emerge che la quota di donne occupate sul totale è

inferiore a livello regionale (40.5) rispetto al contesto provinciale (41.2%), confermando una certa

caratterizzazione femminile dell’occupazione locale (tavola A7). Le differenze di genere nella

distribuzione di occupati tra i vari settori risultano più contenute in Lombardia (indice di dissimilarità

pari a 23.1%), seppur in crescita nel triennio, rispetto alla provincia di Varese (indice di dissimilarità

pari a 25.2%). Tale evidenza deriva dal fatto che le lavoratrici lombarde risultano meno

concentrate nel settore dei servizi rispetto alle colleghe della provincia di Varese.

Indicazioni con un maggior grado di dettaglio ci vengono dall’analisi dei dati relativi agli avviati,

ovvero i lavoratori residenti in provincia di Varese che hanno stipulato un contratto di lavoro in un

Tavola 11 Indici di segregazione occupazionale di genere per anno - Settore economico Provincia di Varese

AgricolturaIndustria in

senso stretto Costruzioni Commercio Servizi Totale

Tasso di femminilizzazione totale (TFT) 2001 20,00 34,10 7,69 47,06 51,41 40,64 2002 17,05 34,62 10,13 42,07 57,43 42,62 2003 15,25 32,96 10,87 39,82 56,56 41,17

Tasso di femminilizzazione sull’occupazione maschile (TFM)

2001 25,00 51,72 8,33 88,89 105,80 68,46 2002 20,55 52,95 11,27 72,61 134,91 74,27 2003 17,99 49,17 12,19 66,18 130,20 69,97

Coefficiente di rappresentatività femminile (CRF)

2001 0,49 0,84 0,19 1,15 1,26 1,00 2002 0,40 0,81 0,24 0,99 1,35 1,00 2003 0,37 0,80 0,26 0,97 1,37 1,00

Differenze di genere % 2001 -1,22 -10,11 -10,09 3,75 17,68 Indice di dissimilarità (ID) 2001 21,43

Differenze di genere % 2002 -1,49 -11,73 -10,72 -0,33 24,27 Indice di dissimilarità (ID) 2002 24,27

Differenze di genere % 2003 -1,27 -12,11 -11,00 -0,81 25,19 Indice di dissimilarità (ID) 2003 25,19 Fonte: Ns. elaborazioni su dati Istat, Forze Lavoro

Occupazione e segregazione di genere

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43

determinato arco di tempo, registrati dai Centri per l’Impiego nel corso del 2003 per contratto

collettivo nazionale applicato e genere (tavola 12).

Tavola 12 Segregazione occupazionale di genere Avviati per contratto collettivo nazionale, Provincia di Varese 2003

C.C.N.L.

Tasso di femminilizzazione

totale (TFT)

Tasso di femminilizzazione sull’occupazione maschile (TFM)

Coefficiente di rappresentatività femminile (CRF)

Differenze di genere%

Indice di dissmilarità

(ID) Totali 46,1 85,7 1,0 42,7 metalmeccanica 24,8 33,0 0,5 -19,1 commercio 55,3 123,9 1,2 5,7 edilizia 6,6 7,1 0,1 -12,3 pubblici esercizi 62,9 169,2 1,4 4,5 tessili 54,1 117,7 1,2 1,7 trasporto e spedizioni 24,4 32,3 0,5 -3,6 terziario 57,3 134,2 1,2 1,8 gomma e materie plastiche 32,5 48,2 0,7 -2,0 pulizia 78,8 372,4 1,7 4,0 studi professionali 82,4 469,2 1,8 3,9 pubblico impiego 78,1 356,9 1,7 2,5 cooperative 70,0 233,3 1,5 1,7 scuole private 90,2 925,0 2,0 2,8 chimica 35,1 54,2 0,8 -0,7 alimentari 56,2 128,4 1,2 0,6 barbieri e parrucchieri 92,1 1169,0 2,0 2,4 abbigliamento 77,5 344,0 1,7 1,5 istituzioni sociali 93,4 1425,0 2,0 2,0 personale domestico 91,3 1053,8 2,0 1,9 agricoltura 15,5 18,3 0,3 -1,3 grafica ed editoria 42,2 73,1 0,9 -0,2 legno e arredamento 20,5 25,8 0,4 -0,9 carta 28,8 40,4 0,6 -0,6 regolamento int 59,3 145,9 1,3 0,3 maglieria 80,0 400,0 1,7 0,8 alberghi 60,4 152,5 1,3 0,3 panificazione 52,6 111,1 1,1 0,1 case di cura 81,7 446,2 1,8 0,7 vigilanza privata 28,7 40,2 0,6 -0,3 autorimesse 80,4 409,5 1,7 0,5 Nota: La tavola riporta solo i valori delle prime 30 tipologie di CCNL Fonte: El. su dati Osservatorio del mercato del lavoro - Provincia di Varese

Tali dati confermano che le donne sono impiegate in misura superiore agli uomini nei servizi e in

particolare con contratto collettivo nazionale relativo a:

istituzioni sociali, parrucchieri, personale domestico, scuole private (coefficiente di

rappresentazione femminile pari a 2);

case di cura, studi professionali (coefficiente di rappresentazione femminile pari a 1.8);

pulizia, pubblico impiego (coefficiente di rappresentazione femminile pari a 1.7).

Occupazione e segregazione di genere

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44

Le donne, inoltre, risultano tipicamente impiegate nel tessile (coefficiente di rappresentazione

femminile pari a 1.2) e nei settori collegati, ovvero abbigliamento (1.7) e maglieria (1.7).

Per contro, la presenza femminile risulta inferiore a quella maschile, come già evidenziato,

nell’edilizia (0.1) e in agricoltura (0.3) e in diversi comparti industriali, specificamente:

legno e arredamento (0.4);

trasporto-spedizioni e metalmeccanica (0.5).

3.3 La segregazione di “status occupazionale” e l’utilizzo di contratti atipici In Italia l’utilizzo di contratti non standard, diversi dal contratto di lavoro a tempo indeterminato e ad

orario pieno (part-time, tempo determinato, collaborazioni coordinate e continuative…), risulta

percentualmente più elevato per le donne rispetto agli uomini34. Anche in Provincia di Varese si

rileva l’esistenza di segregazione di “status occupazionale” delle donne che lavorano.

Tempo determinato e contratti a causa mista L’applicazione degli indici di segregazione ai dati relativi agli avviamenti registrati dai Centri per

l’Impiego mette in evidenza che le donne sono sovra-rappresentate negli avviamenti con contratto a tempo determinato e nei contratti a causa mista,35 mentre risulta meno utilizzato

per le donne il contratto a tempo indeterminato (tavola 13).

Tavola 13 Andamento della segregazione di genere nell'utilizzo del tempo indeterminato Provincia di Varese

Tasso di femminilizzazione

totale (TFT)

Tasso di femminilizzazione sull’occupazione maschile (TFM)

Coefficiente di rappresentatività femminile (CRF)

Differenze di genere %

Indice di dissimilarità (ID)

2001 Totale avviamenti 41,65 71,37 1,00 3,5Tempo determinato e causa mista 42,72 74,59 1,03 3,5 Tempo indeterminato 37,70 60,52 0,91 -3,5 2002 Totale avviamenti 43,21 76,10 1,00 3,7Tempo determinato e causa mista 44,33 79,63 1,03 3,7 Tempo indeterminato 38,22 61,88 0,88 -3,7 2003 Totale avviamenti 42,73 74,60 1,00 6,6Tempo determinato e causa mista 44,73 80,94 1,05 6,6 Tempo indeterminato 34,69 53,11 0,81 -6,6 Fonte: El. Su dati Osservatorio del mercato del lavoro - Provincia di Varese

34 Ires (2003), Terzo rapporto sul lavoro atipico: verso la stabilizzazione del precariato?. 35 Gli avviamenti qui considerati comprendono i contratti a tempo determinato, i contratti di lavoro interinale, i contratti di formazione lavoro e i contratti di apprendistato.

Occupazione e segregazione di genere

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45

Ogni 100 avviamenti totali registrati nel 2003, nel caso di contratto a tempo determinato e a causa

mista 45 riguardano donne mentre nel caso di contratto a tempo indeterminato si tratta di donne

solo in 35 avviamenti su 100. Le differenze di genere sono progressivamente aumentate nel

triennio segno che il gender gap nell’assunzione a tempo indeterminato si sta allargando. L’indice

di dissimilarità, infatti, passa da un valore di 3.5% del 2001 al 6.6% del 2003.

Dall’analisi delle trasformazioni di contratti da tempo determinato in rapporti di lavoro stabile

emerge un ulteriore elemento di criticità: non solo per le donne vengono utilizzate più spesso

forme di lavoro a scadenza, ma le possibilità di trasformazione in lavoro stabile e sicuro appaiono

più limitate. L’incidenza delle trasformazioni di contratti da tempo determinato in tempo

indeterminato sugli avviamenti a tempo determinato (grafico 7), infatti, per la componente maschile

è pari all’8.63%, mentre per le donne si riduce all’8.39%. Le differenze di genere appaiono

contenute, tuttavia, occorre tener presente che il gap risulta in crescita e, al contempo, l’incidenza

delle trasformazioni in lavoro stabile diminuisce per entrambi i sessi.

Conferme alla problematica esposta derivano dall’analisi della segregazione di status

occupazionale recentemente svolta dalla Fondazione Seveso, all’interno del progetto Equal –

Acrobate, tramite un’indagine sul campo che ha coinvolto 240 imprese di 12 comuni della provincia

di Varese36. Il 20% delle imprese intervistate nell’ultimo anno ha assunto lavoratori che prima

erano presenti in azienda con contratto di lavoro atipico. Tale fenomeno ha riguardato di più gli

uomini che le donne. Sul totale di 112 lavoratori assunti che in precedenza erano presenti in 36 Fondazione Seveso (2003), Pratiche di gestione delle risorse umane in un’ottica di genere nelle aziende dei 12 comuni in provincia di Varese, Progetto Equal-Acrobate.

Grafico 7: Incidenza delle trasformazioni di contratti a tempo determinato in indeterminato

Rapporto tra numero di trasformazioni da tempo determinato in indeterminato su avviamenti a tempo determinato

12,37 12,39 12,38

9,45 9,37 9,418,63 8,39 8,52

0,00

2,00

4,00

6,00

8,00

10,00

12,00

14,00

Maschi Femmine Totale

2001 2002 2003

Fonte: El. Su dati Osservatorio del mercato del lavoro, Provincia di Varese

Occupazione e segregazione di genere

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azienda con contratto atipico, solo 41 erano donne, nonostante le donne fossero occupate in

misura superiore agli uomini con contratti di lavoro atipici.

Informazioni più dettagliate sull’utilizzo del tempo determinato e dei contratti a causa mista

derivano dall’analisi dei dati relativi agli avviati residenti in provincia di Varese37 in riferimento al

2003 (tavola 14).

Tavola 14 Segregazione di genere per tipologia contrattuale Avviati, Provincia di Varese 2003 Valori percentuali Fasce d'età maschi femmine totale Fino a 29 anni 100,0 100,0 100,0 Apprendistato 25,0 26,2 25,5 CFL 7,1 4,7 6,0 Tempo determinato 32,4 39,3 35,4 Tempo indeterminato 35,6 29,8 33,0 da 30 a 49 100,0 100,0 100,0 Apprendistato 0,0 0,0 0,0 CFL 0,8 0,5 0,7 Tempo determinato 33,0 44,6 38,6 Tempo indeterminato 66,2 54,8 60,7 oltre 50 anni 100,0 100,0 100,0 Tempo determinato 32,6 41,2 36,2 Tempo indeterminato 67,4 58,8 63,8 Totale 100,0 100,0 100,0 Apprendistato 12,3 12,1 12,2 CFL 3,8 2,4 3,2 Tempo determinato 32,7 41,9 36,9 Tempo indeterminato 51,3 43,6 47,7 Fonte: El. su dati Osservatorio del mercato del lavoro - Provincia di Varese

Nel caso di giovani donne (fino a 29 anni), al contratto a tempo determinato, che incide per il 39%

sul totale delle donne avviate al lavoro in questa fascia d’età, si affiancano i contratti a causa

mista, che combinano il lavoro e la formazione. L’incidenza dell’apprendistato per le giovani donne

è del 26.2%, leggermente inferiore all’analoga quota maschile, mentre il contratto di formazione

lavoro risulta meno utilizzato nell’accesso al lavoro delle giovani donne (4.7%) rispetto ai colleghi

uomini (7.1%). In tutte le fasce d’età considerate, l’incidenza del lavoro a tempo indeterminato

risulta inferiore per la componente femminile rispetto alla corrispondente percentuale maschile,

mentre l’utilizzo di forme contrattuali atipiche, a tempo determinato o a causa mista, risulta sempre

superiore per le donne.

37 Gli avviati registrati dai Centri per l’Impiego fanno riferimento ai lavoratori residenti in provincia di Varese che hanno trovato lavoro nel corso dell’anno. Tali dati differiscono dagli avviamenti che sono, invece, i contratti stipulati dalle aziende della provincia di Varese e possono riguardare uno stesso lavoratore per più contratti in un anno (es. si pensi al lavoro interinale) e possono riguardare lavoratori residenti anche fuori dalla provincia.

Occupazione e segregazione di genere

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Il “posto fisso”, dunque, sembra essere più accessibile agli uomini che non alle donne:

complessivamente, le donne avviate con contratto a tempo indeterminato rappresentano una

quota pari al 43.6% del totale, a fronte di un 51.3% di uomini.

Il lavoro interinale Dopo anni di crescita dei contratti di lavoro interinale, il 2003 fa registrare una diminuzione del

numero di avviamenti con contratto di lavoro interinale. La flessione degli avviamenti con contratto

di lavoro interinale registrati dai Centri per l’Impiego della provincia di Varese riguarda sia gli

uomini sia le donne. La diminuzione, inoltre, si rileva sia in valore assoluto sia in termini di quota

sul totale degli avviamenti: i contratti di lavoro interinale scendono da 37455 del 2002, quota del

44.2% sul totale degli avviamenti, a 36630 del 2003, quota del 42%38. Si sottolinea che stiamo

parlando di contratti di lavoro interinale e non di lavoratori e che uno stesso lavoratore può essere

avviato al lavoro diverse volte nel corso di un anno. I lavoratori coinvolti in contratti di lavoro

interinale nel 2003, infatti, risultano 13105.

In valore assoluto i contratti di lavoro interinale riguardano in misura superiore gli uomini (20821

contratti di uomini vs. 15809 donne), tuttavia, considerando l’incidenza del lavoro interinale sul

totale degli avviamenti si rileva una quota di lavoro interinale leggermente superiore per la

componente femminile (42.5%) rispetto alla componente maschile (41.7%) (tavola 15).

Tavola 15 Contratti di lavoro interinale per anno e genere. Provincia di Varese Incidenza del lavoro interinale calcolata come n. di contratti di lavoro interinale su tot. avviamenti Maschi

Totale

avviamenti Contratti di

lavoro interinaleIncidenza del

lavoro interinale 2001 42931 17788 41,4 2002 48142 21512 44,7 2003 49916 20821 41,7

Femmine

Tot avviamenti Lavoro

interinale Incidenza del

lavoro interinale 2001 30640 12705 41,5 2002 36637 15943 43,5 2003 37237 15809 42,5

Totale

Tot avviamenti Lavoro

interinale Incidenza del

lavoro interinale 2001 73571 30493 41,4 2002 84779 37455 44,2 2003 87153 36630 42,0

Fonte: El. su dati Osservatorio del mercato del lavoro - Provincia di Varese 38 Per un’analisi complessiva sul lavoro interinale in provincia di Varese si rimanda a “La flessibilizzazione del mercato del lavoro” in Il mercato del lavoro in provincia di Varese – Report 2003.

Occupazione e segregazione di genere

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Considerando l’universo femminile si rileva che le lavoratrici con contratto di lavoro interinale

vengono utilizzate prevalentemente nei seguenti settori (tavola A8):

fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche (14.4%);

industrie tessili (8.1%);

fabbricazione e lavorazione dei metalli (7.3%);

commercio al dettaglio (7.2%);

fabbricazione di macchine e apparecchi elettrici (7.0%).

Le differenze di genere più evidenti si rilevano nel maggiore utilizzo di uomini nell’industria del

metallo e della fabbricazione di macchine e apparecchi meccanici e, invece, inferiore nel settore

tessile.

Le aziende utilizzano i lavoratori interinali per periodi molto brevi, la durata media degli incarichi di

lavoro, infatti, è di 2.8 giornate. La maggior parte dei contratti ha una durata inferiore ai 15 giorni, in

particolare nelle missioni di donne (41.1% donne vs. 36.5% uomini), mentre solo una bassa

percentuale di contratti di lavoro interinale ha una durata superiore ai 3 mesi (9% donne vs. 12.3%

uomini). Le donne, dunque, si concentrano in misura superiore agli uomini nei contratti di

brevissima durata e hanno accesso a missioni più lunghe in misura inferiore.

Tavola 16 Durata del rapporto di lavoro interinale per sesso Provincia di Varese, 2003 Valori percentuali Giornate di lavoro effettuate Maschi Femmine Totale Giornate non indicate 0,8 1,2 1,0 da 1 - 15 gg 36,5 41,1 38,5 da 16 - 30 gg 19,9 21,2 20,5 da 31 - 60 gg 21,3 19,5 20,5 da 61 - 90 gg 9,2 8,0 8,7 da 91 - 120 gg 6,9 4,7 5,9 da 121 - 150 gg 1,9 1,4 1,7 da 151 - 180 gg 0,8 0,8 0,8 oltre 181 gg 2,7 2,1 2,4 TOTALE 100,0 100,0 100,0 Fonte: El. su dati Osservatorio del mercato del lavoro - Provincia di Varese

Analizzando i titoli di studio delle lavoratrici coinvolte in rapporti di lavoro interinale emerge il basso

livello di istruzione di tale tipologia di lavoratrici, come del resto accade per la componente

maschile: l’80.6% delle donne possiede al massimo la licenza media (88.6% degli uomini) e, tra

queste, il 34.3% è in possesso della sola licenza elementare o non ha alcun titolo di studio (50.1%

uomini). Una percentuale non trascurabile di contratti di lavoro interinale coinvolge lavoratrici

diplomate (17.4%) (grafico 8).

Occupazione e segregazione di genere

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Nella fascia d’età 15-24 anni le lavoratrici diplomate costituiscono una quota del 19.8% e, per

queste ragazze, si presume che il contratto di lavoro interinale costituisca una modalità di accesso

al mondo del lavoro. Più difficile ipotizzare che il lavoro interinale svolga funzioni di inserimento nel

mercato del lavoro per le diplomate tra i 25 e 29 anni (25.5%) che, presumibilmente, faticano ad

entrare a pieno titolo nel mondo del lavoro e che rimangono segregate in modalità di lavoro

precarie (tavola 17 e tavola A9).

Particolarmente esposte al rischio di precarietà lavorative risultano le donne con bassi livelli di

istruzione e non più giovani.

Tavola 17 Contratti di lavoro interinale per fasce d'età e sesso. Provincia di Varese, 2003 Valore assoluto Percentuale Fasce d'età Maschi Femmine Totale Maschi Femmine Totale 15-24 anni 7061 3763 10824 33,9 23,8 29,5 25-29 anni 4816 3988 8804 23,1 25,2 24,0 30-39 anni 5803 5085 10888 27,9 32,2 29,7 40-49 anni 2352 2390 4742 11,3 15,1 12,9 50-59 anni 737 567 1304 3,5 3,6 3,6 >=60 anni 52 16 68 0,2 0,1 0,2 Totale 20821 15809 36630 100,0 100,0 100,0 Fonte: El. su dati Osservatorio del mercato del lavoro - Provincia di Varese

Le donne nella fascia dai 30-39 anni di età, infatti, costituiscono la quota preponderante delle

lavoratrici interinali (32.2%) e, nella maggior parte dei casi (83.1%) sono in possesso al massimo

della licenza media. Considerazioni analoghe valgono per le donne dai 40 anni in avanti che,

peraltro, vedono diminuire il livello di istruzione all’aumentare dell’età.

Grafico 8: Contratti di lavoro interinale di donne - Provincia di Varese 2003

Valori percentuali per titolo di studio

Formazione professionale

1%

Laurea1%

Diplomati 17%

Post diploma0%

Licenza media47%

Nessun titolo/ Elementare

34%

Occupazione e segregazione di genere

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Tali considerazioni fanno presupporre l’esistenza di una fascia debole del mercato del lavoro

costituita da donne, prevalentemente con bassi livelli di istruzione ma in qualche caso anche

diplomate, che non riescono ad avere accesso a pieno titolo al mondo del lavoro e rimangono

“intrappolate” in lavori caratterizzati da un livello di instabilità elevato.

Il tempo parziale Il contratto a tempo parziale, spesso, risulta una modalità di lavoro che permette a molte donne di

gestire gli impegni familiari e di accedere o continuare l’attività lavorativa. L’evidenza empirica,

inoltre, dimostra che esiste un relazione positiva tra livello di occupazione femminile e grado di

diffusione del part-time39. I paesi che registrano alte quote di occupazione a part-time infatti, sono

quelli che evidenziano livelli elevati di occupazione femminile. In Italia, nonostante i miglioramenti

registrati grazie agli incentivi previsti dal pacchetto Treu e da leggi successive, il part-time risulta

meno diffuso rispetto ad altri paesi europei: nel nostro paese i contratti a tempo parziale sono solo

9 su cento contro il 18 della media europea, il 25 della Gran Bretagna e il 42 dell’Olanda, paesi nei

quali l’occupazione femminile risulta superiore a quella registrata in Italia.

A livello provinciale il part-time si conferma una modalità di lavoro tipicamente femminile, mentre il

tempo pieno riguarda in misura superiore gli uomini. Nel 2003 su 100 avviamenti a part-time che

riguardano uomini risultano 220 gli avviamenti a tempo parziale di donne, mentre ogni 100

avviamenti ad orario pieno di uomini sono 59 quelli di donne. Nei tre anni analizzati le differenze di

genere in riferimento all’uso del part-time si sono accentuate e l’indice di dissimilarità è passato da

17.5% del 2001 al 19.2% del 2003 (tavola 18).

Tavola 18 Andamento della segregazione di genere nell'utilizzo del part-time Avviamenti, Provincia di Varese 2003

Tasso di femminilizzazione

totale (TFT)

Tasso di femminilizzazione sull’occupazione maschile (TFM)

Coefficiente di rappresentatività femminile (CRF)

Differenze di genere %

Indice di dissimilarità(ID)

2001 Totale avviamenti 41,65 71,37 1,00 17,50Part-time 66,57 199,12 1,60 17,50 Tempo pieno 36,52 57,53 0,88 -17,50 2002 Totale avviamenti 43,21 76,10 1,00 16,52Part-time 66,80 201,24 1,55 16,52 Tempo pieno 38,32 62,13 0,89 -16,52 2003 Totale avviamenti 42,73 74,60 1,00 19,02Part-time 68,71 219,64 1,61 19,02 Tempo pieno 37,06 58,87 0,87 -19,02 Fonte: El. su dati Osservatorio del mercato del lavoro - Provincia di Varese

39 Samek M., Semenza R. (2001), Le forme di lavoro. L’occupazione non standard:Italia e Lombardia nel contesto europeo, Franco Angeli, Milano.

Occupazione e segregazione di genere

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51

In riferimento al settore economico delle aziende che utilizzano il part-time, emerge che tale

tipologia contrattuale è più diffusa nel terziario dove, come è noto, l’organizzazione del lavoro

richiede l’uso di forme di flessibilità temporale (tavola A10). Per la componente femminile il tempo

parziale è utilizzato soprattutto nel commercio (21,1%), nel settore alberghi e ristorazione (21%) e

nelle attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca e altre attività professionali ed imprenditoriali

(20.8%). Si evidenziano alcune differenze di genere, legate alla diversa presenza di uomini e

donne nei vari settori economici. Tra gli uomini, infatti, il part-time viene utilizzato, oltre che nel

commercio e nel settore alberghi e ristorazione, nei trasporti, magazzinaggio e comunicazioni

(15.4%) e nelle costruzioni (11.3%). Complessivamente, nel sistema produttivo industriale il ricorso

a forme di lavoro part-time risulta ridotto e concentrato nella fabbricazione di macchine e

apparecchi meccanici (5% totale, 3.4% donne) e nelle industrie tessili e dell’abbigliamento (3.3%

totale, 3.9% donne).

Informazioni più dettagliate ci vengono fornite dall’analisi dei dati relativi agli avviati40 a tempo

parziale per sesso, fasce d’età e tipologia contrattuale (tavola 19 e tavola A11).

Tavola 19 Utilizzo del part-time per sesso e fasce d'età Avviati, Provincia di Varese 2003 Percentuale di colonna maschi femmine totale Tempo pieno 100,0 100,0 100,0 Fino a 29 anni 50,8 59,6 54,3 Da 30 a 49 anni 42,3 35,8 39,7 Oltre 50 6,9 4,6 6,0 Part-time 100,0 100,0 100,0 Fino a 29 anni 25,0 12,1 14,9 Da 30 a 49 anni 57,9 76,7 72,7 Oltre 50 17,1 11,2 12,4 Fonte: El. su dati Osservatorio del mercato del lavoro - Provincia di Varese

Il part-time riguarda il 28.7% delle donne avviate al lavoro nel 2003, mentre l’analoga

percentuale per gli uomini è del 6.7%. In riferimento alla tipologia contrattuale la maggior parte dei

contratti part-time risultano a tempo indeterminato (16.0%), una quota considerevole è costituita

dai part-time a tempo determinato (10.5%), mentre il tempo parziale risulta poco utilizzato nei

contratti a causa mista (apprendistato 2.0%, CFL 0.1%). Naturalmente, l’uso di differenti tipologie

contrattuali è legato alla fascia d’età del lavoratore/lavoratrice. Il part-time, infatti, viene utilizzato

nel 76.7% dei casi da donne nella fascia d’età matura (30-49 anni) che, naturalmente, hanno

maggiori problemi di conciliazione tra lavoro e famiglia. Le giovani donne (fino a 29 anni), che

40 Gli avviati registrati dai Centri per l’Impiego fanno riferimento ai lavoratori residenti in provincia di Varese che hanno trovato lavoro nel corso dell’anno. Tali dati differiscono dagli avviamenti che sono, invece, i contratti stipulati dalle aziende della provincia di Varese e possono riguardare uno stesso lavoratore per più contratti in un anno (es. si pensi al lavoro interinale) e possono riguardare lavoratori residenti anche fuori dalla provincia.

Occupazione e segregazione di genere

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possono essere assunte con contratto di apprendistato o CFL, hanno meno difficoltà di gestione

del tempo e vengono assunte prevalentemente a tempo pieno.

In relazione all’uso del part-time, un elemento importante da monitorare è costituito dalle

trasformazioni contrattuali da part-time a tempo pieno, e viceversa. Tali trasformazioni, infatti,

possono essere lette come segno di una gestione flessibile degli orari di lavoro in base alle

esigenze che emergono nel corso della vita lavorativa degli individui41. L’incidenza delle

trasformazioni di contratti da tempo pieno a tempo parziale sul totale degli avviamenti nel periodo

2001-2003 subisce una riduzione, sia sul totale sia per la componente femminile. Tali

trasformazioni, in riferimento alle donne, scendono da un’incidenza del 3.8% nel 2001 al 3.2% nel

2003. Anche l’incidenza delle trasformazioni di contratti a tempo parziale in tempo pieno subisce

un rallentamento e, in particolare, per la componente femminile scende dal 3.0% al 2.4% (tavola

20).

Il rallentamento delle trasformazioni contrattuali può rappresentare un elemento di rigidità che non

facilita l’adattamento degli orari di lavoro alle diverse esigenze che emergono nelle differenti fasi

del percorso lavorativo delle donne.

Tavola 20 Incidenza trasformazioni contrattuali tempo pieno-tempo parziale Incidenza è calcolata come numero di trasformazioni sul totale degli avviamenti Maschi

Incidenza trasf.da tempo

pieno a parziale Incidenza trasf.da tempo

parziale a pieno 2001 0,6 1,0 2002 0,5 0,9 2003 0,5 0,7

Femmine

Incidenza trasf.da tempo

pieno a parziale Incidenza trasf.da tempo

parziale a pieno 2001 3,8 3,0 2002 3,1 2,6 2003 3,2 2,4

Totale

Incidenza trasf.da tempo

pieno a parziale Incidenza trasf.da tempo

parziale a pieno 2001 2,0 1,8 2002 1,6 1,6 2003 1,7 1,4

Fonte: El. su dati Osservatorio del mercato del lavoro - Provincia di Varese

41 Cfr. M. Samek , C. Lucifora (2004); Part-time senza entusiasmo; www.lavoce.info.it

Occupazione e segregazione di genere

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53

Il lavoro parasubordinato Il lavoro parasubordinato e, in particolare le collaborazioni, costituiscono l’emblema del lavoro

atipico. Negli ultimi anni, in provincia di Varese, il lavoro parasubordinato procedeva ad un ritmo di

crescita annuale tra il 9% e il 12%, ovvero attorno a valori decisamente inferiori a quelli registrati

nei primi anni di istituzione della Gestione Separata Inps (+23.3% del 1997; +17.4% del 1998)42.

Nel corso del 2003, invece, la crescita del lavoro parasubordinato evidenzia un’impennata,

registrando un tasso di variazione del 17.4%. Più sostenuta la crescita per la componente

femminile che aumenta ad un tasso pari al 19.5% (tavola 21).

Tavola 21 Lavoratori parasubordinati in Provincia di Varese dal 1996 al 2003 Tasso di variazione annuale per sesso

Anno Maschi Femmine TOTALE

v.a.

tasso di var.

annuale v.a.

tasso di var.

annuale v.a.

tasso di var.

annuale 1996 11853 _ 7910 _ 19763 _ 1997 14043 18,5 10332 30,6 24375 23,3 1998 16286 16,0 12330 19,3 28616 17,4 1999 18081 11,0 14103 14,4 32184 12,5 2000 19484 7,8 15623 10,8 35107 9,1 2001 21678 11,3 17688 13,2 39366 12,1 2002 23948 10,5 19805 12,0 43753 11,1 2003 27697 15,7 23660 19,5 51357 17,4

Fonte:El. Su dati INPS

La crescita è sempre stata percentualmente più elevata per la componente femminile rispetto a

quella maschile, tanto da comportare un progressivo aumento della quota di donne presenti tra i

lavoratori parasubordinati (grafico 7).

Nel 1996, infatti, le donne erano il 40.0% dei lavoratori parasubordinati mentre nel 2003

raggiungono quota 46.1%, con 23660 lavoratrici parasubordinate. L’elevato coinvolgimento

femminile, tipico di questa forma di impiego43, risulta più evidente a Varese rispetto alla media

lombarda (44.4%). Ricordando che la quota di donne sul totale degli occupati in provincia di

Varese è pari al 41.2%, emerge l’esistenza di una sovra-rappresentazione femminile nel lavoro

parasubordinato (46.1%).

I dati utilizzati per l’analisi del lavoro parasubordinato, peraltro, tendono a sottostimare la presenza

femminile tra i lavoratori atipici, poiché il totale degli iscritti alla gestione separata Inps vede la

presenza di doppiolavoristi e di amministratori di società che sono prevalentemente uomini.

42 I dati sul lavoro parasubordinato si riferiscono agli iscritti alla Gestione Separata Inps. Per un approfondimento sul lavoro parasubordinato in provincia di Varese e sui limiti dei dati disponibili a livello provinciale si rimanda a “La flessibilizzazione del mercato del lavoro” in Il mercato del lavoro in provincia di Varese – Report 2003. 43 Ires (2003), Terzo rapporto sul lavoro atipico: verso la stabilizzazione del precariato?.

Occupazione e segregazione di genere

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Il 90% dei lavoratori parasubordinati sono collaboratori, il 7.4% sono professionisti con partita IVA

e una quota residuale (2.3%) è costituita dai collaboratori/professionisti (tavola A12). All’interno

dei lavoratori parasubordinati le donne risultano maggiormente presenti nella categoria dei collaboratori (47.4%), considerati il segmento più debole, mentre il tasso di femminilizzazione

risulta inferiore tra i liberi professionisti (32.7%) (tavola 22). I collaboratori sono considerati il

segmento più debole tra i lavoratori parasubordinati in quanto, da un lato, sopportano i rischi tipici

della libera professione, non avendo le stesse forme di tutela di un lavoratore dipendente, e

dall’altro, non hanno la possibilità di frazionare i rischi, facendo capo, nella maggior parte dei casi,

ad un unico committente. Tra le lavoratrici parasubordinate il 93% sono collaboratrici (88% per gli

uomini), mentre solo il 5.2% sono libere professioniste (9.2% per gli uomini).

Le lavoratrici parasubordinate risultano mediamente più giovani dei maschi e si concentrano nella

fascia d’età tra i 30 e i 39 anni (33.9% donne vs. 27.5% uomini), seguita dalla classe 40-49 (19.6%

donne vs. 20.5% uomini) e dalle giovani donne tra i 25 e i 29 anni di età (18.4% donne vs. 11.0%

uomini).

Il calcolo dei tassi di femminilizzazione per fasce d’età indica una elevata presenza di donne,

superiore anche alla presenza maschile, per le classi fino ai 39 anni e una prevalenza di uomini

nelle classi più mature, in particolare nel caso degli over 60enni. In particolare risulta evidente la

sovra-rappresentazione di donne, rispetto ai colleghi maschi, tra i giovani collaboratori con un’età

compresa tra i 20 e i 29 anni di età (60% circa) e la sotto-rappresentazione della componente

femminile dai 50 anni in avanti, in particolare tra i liberi professionisti (24.8% 50-59 anni e 15.3%

oltre 60 anni).

Grafico 9: Andamento del lavoro parasubordinato per sesso - Provincia di Varese Quote percentuali

60,0 57,6 56,9 56,2 55,5 55,1 54,7 53,9

40,0 42,4 43,1 43,8 44,5 44,9 45,3 46,1

0,0

10,0

20,0

30,0

40,0

50,0

60,0

70,0

1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003

% maschi % femmine

Fonte: Eaborazionil su dati Inps

Occupazione e segregazione di genere

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Anche a livello provinciale, dunque, sembra trovare conferma l’ipotesi, rilevata a livello nazionale44,

che il lavoro parasubordinato svolga funzioni diverse in relazione al genere: per gli uomini è in

misura minore un canale di ingresso nel mercato del lavoro e in misura superiore una forma di

prolungamento della vita lavorativa, anche come liberi professionisti, mentre per le donne

costituisce una modalità di accesso al mercato del lavoro e, spesso, anche un modo per rimanerci

attraverso forme di collaborazione.

Tavola 22 Tassi di femminilizzazione totali per tipologia di iscrizione e classi di età Lavoratori parasubordinati Varese e Lombardia, 2003 Varese

Classe di età Totale Collaboratori Professionisti Professionisti/collaboratori

<20 50,0 49,4 80,0 _ 20-24 59,3 59,9 41,6 30,0 25-29 58,8 60,3 36,5 44,9 30-39 51,3 52,6 39,7 45,3 40-49 44,9 46,3 34,5 33,8 50-59 37,5 38,8 24,8 29,1 >60 25,3 26,1 15,3 19,2 Totale 46,1 47,4 32,7 37,8 Lombardia

Classe di età Totale Collaboratori Professionisti Professionisti/collaboratori

<20 54,0 54,0 46,7 71,4 20-24 58,9 59,5 36,0 38,1 25-29 57,1 58,2 38,6 42,3 30-39 50,0 51,3 38,6 42,0 40-49 43,6 44,9 34,7 33,7 50-59 37,2 38,2 28,4 28,5 >60 25,5 26,3 17,2 18,4 Totale 44,9 46,1 33,1 35,5 Fonte:El. Su dati INPS

44 Ires (2003), Terzo rapporto sul lavoro atipico: verso la stabilizzazione del precariato?.

Occupazione e segregazione di genere

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4. Domanda e offerta di lavoro al femminile

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4.1 Previsioni di assunzione delle imprese: differenze di genere

Nei paragrafi precedenti abbiamo messo in evidenza come le donne siano concentrate in

determinati settori/professioni, evidenziando una situazione di segregazione di genere. Il verificarsi

e il perdurare di situazioni di segregazione risulta legato, oltre alla forte segmentazione del

mercato del lavoro (che vede segmenti storicamente a prevalenza di donne e altri a prevalenza di

uomini) e una scarsa mobilità tra i segmenti stessi, a stereotipi che agiscono sia dal lato della

domanda di lavoro sia dal lato dell’offerta di lavoro. Dal lato dei datori di lavoro, sopravvivono

stereotipi di genere che vedono le donne più adatte a determinate mansioni. Secondo gli stereotipi

più diffusi, infatti, le donne sarebbero più inclini ai lavori di cura, più attente alle relazioni personali

e, dunque, più adatte a mansioni che prevedono il contatto con il pubblico/cliente e, ancora, più

precise e affidabili su mansioni di tipo amministrativo. Tali convinzioni fanno sì che la richiesta di

figure femminili da parte delle imprese si indirizzi verso professioni considerate tipicamente

femminili o, comunque, in cui le donne sono già presenti. Le medesime considerazioni possono

essere fatte in relazione ai settori che maggiormente richiedono figure femminili e in riferimento ai

titoli di studio richiesti alle donne. Il Sistema Informativo Excelsior, a partire dal 2003, fornisce dati

sulle previsioni di assunzione delle imprese con l’indicazione della preferenza per “figura

femminile”, “figura maschile” o “indifferente”. Nonostante una quota di imprese non esprima

preferenze di genere e si dichiari indifferente all’assumere uomini o donne, la distinzione tra figure

femminili e maschili risulta preziosa per l’analisi delle differenze di genere dal lato della domanda

di lavoro.

I settori Per il 2004 le imprese della provincia di Varese, sulla base dei dati Sistema Informativo Excelsior,

prevedono di assumere 10384 persone e le assunzioni previste riguardano principalmente i

seguenti settori:

trasporti, credito e servizi alle imprese (18.3% del totale assunzioni previste);

commercio (16.6%);

costruzioni (11.9%);

sanità, istruzione, servizi ricreativi (8.9%);

industrie tessili e dell’abbigliamento (6.4%).

Non tutti i settori, tuttavia, sono indifferenti all’assunzione di uomini o donne nel 2004 come

nell’anno precedente. Complessivamente, il 45.9% delle assunzioni previste si indirizza verso

figure maschili (41.7% nel 2003), il 35.1% risulta indifferente (38.3% nel 2003), mentre solo il

19% si rivolge a figure femminili (19.9% nel 2003). Le preferenze differiscono notevolmente

sulla base del settore economico (tavola A14).

I settori che indirizzano in maniera netta le loro preferenze verso figure maschili sono gli stessi che

tradizionalmente vedono una bassa presenza di donne. Si tratta principalmente del settore delle

Domanda e offerta di lavoro al femminile

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costruzioni e di alcuni comparti dell’industria pesante: costruzioni (95.1% delle assunzioni previste

si rivolge a figure maschili), produzione di metalli e leghe (88.5%), industrie oggetti e minuterie in

metallo (72.8%), fabbricazione di macchinari industriali ed elettrodomestici (70.9%), industrie della

stampa ed editoria (65.2%) e industrie della gomma e materie plastiche (63.4%).

All’opposto, i settori che rivolgono la preferenza verso figure femminili sono diversi comparti del

terziario e le industrie tessili e dell’abbigliamento, che tipicamente occupano una quota rilevante di

donne.

Tavola 23 Previsioni di assunzione per attività economica e sesso. Provincia di Varese, 2004 Valori percentuali (percentuali per colonna)

% figura femm.

% figura maschile % indiff. % totale

Trattamento e fabbr. oggetti e minuteria in metallo 1,4 7,5 2,9 4,7 Industrie della gomma e delle materie plastiche 2,0 3,8 1,8 2,7 Costruzioni 1,4 24,7 0,9 11,9 Commercio 16,6 14,9 18,7 16,6 Alberghi, ristoranti e servizi turistici 5,7 2,8 7,9 5,1 Altre industrie manifatturiere (alimentari, legno, carta) 3,8 5,2 5,6 5,1 Industrie tessili e dell'abbigliamento 21,6 3,7 1,7 6,4 Trasporti, credito e servizi alle imprese 21,8 10,2 26,8 18,2 Sanità, istruzione e servizi ricreativi 16,5 3,5 11,8 8,9 Studi professionali 3,7 0,4 2,7 1,9 Industrie della stampa ed editoria 0,1 0,9 0,6 0,7 Altre industrie meccaniche 1,5 5,7 7,9 5,7 Fabbr. macchine e apparecchiature elettriche-elettroniche 2,1 3,0 3,0 2,8 Fabbr. di macchinari industriali ed elettrodomestici 0,7 6,3 3,0 4,1 Altre industrie estrattive, energetiche e chimiche 1,0 4,0 4,1 3,5 Produzione metalli, leghe ed elementi metallici 0,2 3,4 0,5 1,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: El. su dati Unioncamere - Ministero del Lavoro, Sistema informativo Excelsior, 2004

Una elevata percentuale di assunzioni previste di donne (80%) si concentra in pochi comparti dell’attività economica (5 su 16):

industrie tessili e dell’abbigliamento (21.8% delle assunzioni previste di personale

femminile);

trasporto, credito e servizi alle imprese (21.6%);

commercio (16.6%);

sanità, istruzione e servizi ricreativi (16.5%);

studi professionali (3.7%).

Il ventaglio dei settori si amplia notevolmente per raggiungere una quota simile (80%) nelle

assunzioni previste di figure maschili: costruzioni, commercio, trasporto, credito e servizi alle

imprese, industrie di oggetti e minuterie in metallo, fabbricazione di macchinari industriali ed

elettrodomestici, industrie meccaniche varie, industrie manifatturiere (alimentari, carta, legno),

Domanda e offerta di lavoro al femminile

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industrie estrattive, energetiche e chimiche, sanità, istruzione e servizi ricreativi, industrie della

gomma e delle materie plastiche.

Le differenze di genere evidenziate per le previsioni di assunzione del 2004 sono sostanzialmente

le stesse di quelle che caratterizzavano le assunzioni previste nell’anno precedente (2003), segno

che determinati stereotipi che agiscono sulla domanda di lavoro tendono a perdurare nel tempo

(tavola A15 e A16).

E’ evidente che se le preferenze delle imprese continueranno ad indirizzarsi verso uomini o donne

sulla base della prevalenza degli uni o delle altre nei vari settori economici e sulla base di stereotipi

di genere, difficilmente la situazione di segregazione occupazionale potrà modificarsi e,

difficilmente, il livello di mobilità di lavoratori e, soprattutto di lavoratrici, potrà aumentare rendendo

più agevole il passaggio da un segmento del mercato del lavoro ad un altro e più facile l’accesso a

determinati settori.

Le professioni Le quote più elevate di assunzioni sono previste per 2004, come mostra la tavola 24, nei seguenti

gruppi professionali:

addetti alle macchine e assemblatori (13.6% del totale delle assunzioni previste);

tecnici (10.1%);

addetti all’estrazione e costruzione (9.6%);

addetti alla lavorazione dei metalli, meccanici ed affini (9.6%);

addetti ai servizi personali e di sicurezza (8.2%).

Anche a livello di gruppi di professioni si rilevano differenze di genere di un certo rilievo, sia in

riferimento alle previsioni per il 2004 sia per quelle relative all’anno precedente (tavole A17 e A18).

In molte categorie professionali tradizionalmente ricoperte da uomini la preferenza delle imprese

rimane indirizzata espressamente verso figure maschili (tavole A18 e A19). Si tratta, peraltro, di

professioni particolarmente presenti nei settori a prevalenza maschile sopra evidenziati, nello

specifico: addetti all’estrazione ed alla costruzione (97.1% nel 2004, 98.9% nel 2003), addetti alla

lavorazione dei metalli, meccanici ed affini (86.9% nel 2004, 89.4% nel 2003), manovali del settore

minerario, costruzioni, industriale, trasporti (82.3% nel 2004, 64.1% nel 2003), addetti ad impianti

fissi ed affini (80.1% nel 2004, 56.5% nel 2003), conducenti, manovratori ed addetti ad impianti

mobili (78.6% nel 2004, 93% nel 2003).

Domanda e offerta di lavoro al femminile

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Tavola 24 Previsioni di assunzione per gruppi di professioni e sesso. Provincia di Varese, 2004 Valori percentuali (percentuali per colonna)

Figura

femminile Figura

maschile Indifferente TotaleDirigenti d'azienda 0,1 0,3 0,4 0,3 Specialisti delle scienze fisiche, matematiche, ingegneristiche 0,1 0,5 7,4 2,9 Specialisti delle scienze della vita e della salute 0,3 0,0 0,2 0,1 Specialisti dell'insegnamento 0,1 0,0 0,1 0,1 Altri specialisti 0,8 0,5 2,3 1,2 Specialisti delle scienze fisiche e di ingegneria 0,9 4,2 7,5 4,7 Tecnici delle scienze della vita e paramedici 0,9 0,8 3,3 1,7 Insegnanti specializzati 0,8 0,0 1,9 0,8 Altri tecnici 14,0 3,9 16,1 10,1 Impiegati di ufficio 14,1 2,9 5,7 6,0 Addetti al servizio clienti 3,2 0,8 4,5 2,6 Addetti ai servizi personali e di sicurezza 18,6 2,3 10,3 8,2 Modelli, addetti alle vendite e dimostratori 10,4 3,3 11,9 7,7 Lavoratori specializzati nell'agricoltura e nella pesca 0,0 0,1 0,2 0,1 Addetti all'estrazione ed alla costruzione 1,3 20,3 0,1 9,6 Addetti alla lavorazione dei metalli, meccanici e affini 0,3 18,1 3,4 9,6 Addetti lavorazioni precisione, artigianali, attinenti alla stampa 0,1 0,5 0,5 0,4 Altri artigiani, esperti di un mestiere e affini 5,0 2,5 1,3 2,5 Addetti ad impianti fissi e affini 0,0 3,5 1,2 2,0 Addetti alle macchine e assemblatori 18,5 14,6 9,6 13,6 Conducenti, manovratori ed addetti ad impianti mobili 1,7 4,6 0,7 2,7 Occupazioni elementari nelle vendite e nei servizi 7,9 1,6 8,0 5,1 Manovali dell'agricoltura, della pesca e affini 0,0 0,0 0,0 0,0 Manovali settore minerario, costruzioni, industriale, trasporti 1,1 14,5 3,5 8,1 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: El. su dati Unioncamere - Ministero del Lavoro, Sistema informativo Excelsior, 2004

Scendendo più nel dettaglio ed analizzando le professioni più richieste tra le donne, emerge che

su 184 figure professionali per le quali c’è richiesta di personale in provincia di Varese le

preferenze verso figure femminili si concentrano (89.5% delle assunzioni di figure femminili)

nelle prime 30 professioni, in larga misura già tradizionalmente svolte da donne (tavola A20 e

grafico 8).

Nello specifico, le professioni per figure femminili più richieste nel 2004 sono:

tecnici della contabilità (n. 192);

commesse e cassiere di negozio (n. 191);

segretarie (n. 150);

addette alle macchine per la tessitura e la lavorazione a maglia (n. 113);

addette ai servizi di pulizia (n. 113);

cucitrici, ricamatrici (n. 87);

addette alle macchine per il candeggio e la tintura (n. 85);

impiegati amministrativi e addetti alla contabilità (n. 82);

Domanda e offerta di lavoro al femminile

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parrucchieri, specialisti nelle cure di bellezza (n. 82);

addetti alle macchine da cucire (n. 80).

Quasi tutte figure professionali femminili richieste, seppur in ordine diverso di graduatoria, anche

l’anno precedente (tavola A21).

Le preferenze dei datori di lavoro, dunque, si indirizzano verso personale femminile per professioni

già ricoperte in maggioranza da donne. Anche in riferimento alle categorie professionali, come per

i settori economici, se le imprese continueranno ad avere preferenze basate su stereotipi di genere

e che si limitano a confermare la situazione esistente, per le lavoratrici sarà difficile avere accesso

a professioni diversificate e continueranno ad avere un ventaglio di scelte lavorative limitato.

Grafico 10: Figure professionali femminili più richieste in provincia di Varese, 2004Valori percentuali relativi alle prime 10 professioni

9,7

9,7

7,6

5,7

5,7

4,4

4,3

4,1

4,1

4,0

0 2 4 6 8 10 12

Tecnici della contabilità e assimilati

Addetti alle vendite: commessi ecassieri di negozio

Impiegati addetti a compiti disegreteria

Addetti alle macchine per latessitura e la lavorazione a maglia

Personale non qualificato addettoai servizi di pulizia

Cucitori, ricamatori e assimilati

Addetti alle macchine per ilcandeggio, la tintura e la pulitura

Impiegati amministrativi e addettialla contabilità

Parrucchieri, specialisti nelle curedi bellezza e assimilati

Addetti alle macchine da cucire

Fonte: El. Su dati Sistema Informativo Excelsior I titoli di studio

I titoli di studio richiesti dalle imprese della provincia di Varese risultano, per la maggior parte, di

basso livello, anche se è in aumento la richiesta di titoli di studio medio/alti rispetto all’anno

precedente (tavola 25 e tavola A22).

Nel 35.7% delle assunzioni previste, infatti, è richiesta la sola scuola dell’obbligo (38.2% nel 2003),

ad un ulteriore 6% si richiede la qualifica professionale regionale e per il 14.4% delle assunzioni

previste viene richiesta l’istruzione professionale e tecnica (3-4 anni), il diploma è necessario per il

35% delle assunzioni (29% nel 2003), mentre il titolo di studio universitario è richiesto solo

nell’8.8% dei casi (8.3% nel 2003).

Domanda e offerta di lavoro al femminile

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Tavola 25 Previsioni di assunzione per livello di istruzione e sesso. Provincia di Varese, 2004 Valori percentuali

Figura

femminile Figura

maschile Indifferente Totale Nessun titolo richiesto (scuola dell'obbligo) 35,3 44,2 24,9 35,7 Qualifica professionale regionale 7,2 6,5 5,0 6,1 Istruzione professionale e tecnica (3-4 anni) 11,5 18,6 10,4 14,4 Diploma superiore (5 anni) 40,1 28,1 41,3 35,0 Titolo universitario 6,0 2,6 18,4 8,8 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: El. su dati Unioncamere - Ministero del Lavoro, Sistema informativo Excelsior, 2004

Anche in riferimento al grado e alla tipologia di istruzione richiesta sussistono delle differenze di

genere, sia per le previsioni di assunzione del 2004 che per il 2003. L’incidenza della scuola

dell’obbligo è più alta nelle previsioni di assunzione di figure maschili (44.2% uomini vs. 35.3%

donne), mentre il diploma di scuola superiore risulta più richiesto per il personale femminile (40.1%

donne vs. 28.1% uomini) come il titolo di studio universitario (6% donne vs. 2.6% uomini).

In relazione al diploma e al titolo di studio universitario è possibile analizzare la tipologia di

istruzione richiesta ed evidenziare le differenze di genere (tavole da A23 a A26).

Nel caso di assunzione di figure femminili, il ventaglio di indirizzi scolastici richiesti risulta

decisamente limitato: l’indirizzo più richiesto è di gran lunga quello amministrativo-commerciale

(55.6%) seguito dall’indirizzo generale dei licei (10.6%), dall’indirizzo tessile-abbigliamento e moda

(5.9%) e da quello turistico-alberghiero (4.3%), mentre tutti gli altri indirizzi registrano quote molto

basse, sotto il 2%45. Gli indirizzi elencati raccolgono oltre il 75% delle assunzioni di personale

femminile.

Nelle assunzioni di personale maschile, invece, le richieste appaiono più diversificate e per

raggiungere una quota attorno al 75% l’elenco degli indirizzi richiesti è molto più lungo. Il diploma

più richiesto e quello ad indirizzo meccanico (20.5%), seguito da quello amministrativo-

commerciale (19.9%), elettrotecnico (14%), edile (9.2%), tessile-abbigliamento e moda (2.9%)

informatico (2.3%), turistico-alberghiero (1.9%), chimico (1.8%), elettronico (1.5%), socio-sanitario

(1%).

La richiesta di titolo di studio universitario si concentra nelle assunzioni di personale per le quali le

aziende si dichiarano, in maggioranza, indifferenti rispetto al sesso. Nonostante l’elevata quota di

“indifferenti”, analizzando gli indirizzi di laurea richiesti in base al sesso emergono alcune

indicazioni interessanti. Gli indirizzi richiesti per il personale femminile si concentrano (74.6%) sul

corsi di laurea considerati tipicamente femminili: laurea ad indirizzo economico-commerciale e

45 Per una quota elevata di diplomati non viene specificato l’indirizzo essendo sufficiente un diploma generico (19.3% donne, 21.9% uomini).

Domanda e offerta di lavoro al femminile

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amministrativo (55.9%), letterario, filosofico pedagogico (9.3%), indirizzo linguistico (9.3%). Per

arrivare ad un livello di concentrazione analogo (74.4%) nelle assunzioni di figure maschili il

ventaglio degli indirizzi richiesti si amplia, pur riguardando per la maggior parte corsi di laurea

frequentati in prevalenza da uomini: indirizzo politico-sociologico 17.6%, ingegneria meccanica

17.6%, indirizzo paramedico 17.6%, indirizzo economico-commerciale e amministrativo 14.4%,

ingegneria elettronica ed elettrotecnica 7.2%.

Le preferenze delle aziende in riferimento al titolo di studio riflettono, da un lato, le preferenze e le

differenze di genere evidenziate a livello di settore economico e di figura professionale e, dall’altro,

sono lo specchio delle scelte di investimento in istruzione di uomini e donne.

4.2 Investimento in istruzione e formazione di uomini e donne L’offerta di lavoro femminile risulta mediamente più istruita rispetto alla forza lavoro maschile

(tavola 26). In provincia di Varese sono molte le donne in possesso di diploma che sono

presenti sul mercato del lavoro (46.4% dell’offerta di lavoro femminile vs. 41.4% delle forze lavoro maschili), mentre l’incidenza delle donne con licenza media risulta inferiore alla corrispondente

quota maschile (30.8% donne vs. 36.5% uomini). La quota di individui in possesso del titolo di studio universitario varia di poco in relazione al genere (11.8% donne; 11.9% uomini).

Tavola 26 Grado istruzione della forza lavoro per sesso Provincia di Varese, 2001 Valori percentuali Maschi Femmine Totale senza titolo/ licenza elementare 10,3 11,0 10,6 media inferiore 36,5 30,8 34,1 diploma superiore 41,4 46,4 43,5 laurea 11,9 11,8 11,8 totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: Elaborazioni su dati dell'Ufficio Statistico Regione Lombardia

La maggiore richiesta di figure femminili diplomate, evidenziata nel paragrafo precedente, trova

riscontro nel grado di istruzione dell’offerta di lavoro femminile.

Nei paragrafi precedenti, inoltre, abbiamo visto come le richieste delle imprese di figure femminili

riflettano stereotipi legati al genere largamente diffusi. Gli stereotipi di genere agiscono anche da

lato dell’offerta di lavoro e fanno si che le donne scelgano percorsi di istruzione e formazione ad

alta presenza femminile e con sbocchi lavorativi proprio tra i settori e le professioni caratterizzati

da tassi di femminilizzazione già elevati.

Differenze di genere nella domanda e nell’offerta di lavoro sono le une lo specchio delle altre. Le

imprese richiedono figure femminili sempre negli stessi settori e per le medesime mansioni anche

perché sanno che c’è una corrispondente offerta di lavoro di donne che ha intrapreso percorsi

Domanda e offerta di lavoro al femminile

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formativi tipicamente femminili e che si propone proprio in quei settori e per quelle professioni. A

loro volta le ragazze scelgono sempre i medesimi percorsi scolastici e formativi anche perché

sanno che le imprese richiedono loro proprio quei titoli di studio. Analizziamo nel dettaglio la

tipologia di percorsi di studio scelti dalle donne nei diversi gradi di istruzione.

La formazione professionale di primo livello Il database sulla formazione della Provincia di Varese fornisce informazioni utili all’analisi delle

scelte di investimento in formazione di uomini e donne.

In riferimento ai corsi di formazione di primo livello, ovvero i corsi post-obbligo, i primi dati relativi

gli allievi usciti da corsi conclusi nel 200246 indicano una partecipazione femminile superiore a

quella maschile (64.3% vs. 35.7%). La scelta del corso di formazione risulta alquanto differente per ragazzi e ragazze (tavola 27). Le ragazze risultano molto concentrate in percorsi formativi afferenti i settori e le aree tipicamente femminili:

abbigliamento, pelle e moda (96.7% quota di donne);

servizi socio-educativi (93.2%);

acconciatura ed estetica (88.9%);

amministrazione e lavori d’ufficio (84.6%);

arti ausiliari prof. sanitarie (84.4%).

Le ragazze risultano, invece, assenti nei corsi di formazione professionale di settori a

caratterizzazione maschile (edilizia; elettricità/elettronica; meccanica/metallurgia; agricoltura).

Tavola 27 Allievi usciti dai corsi di formazione professionale nel 2002 1° livello per settore formativo e sesso (dati provvisori riferiti agli utenti non occupati) Valori percentuali Fem. Maschi Totale Abbigliamento pelle moda 96,7 3,3 100,0 Acconciatura-estetica 88,9 11,1 100,0 Agricoltura 7,7 92,3 100,0 Alberghiero-alimentazione 49,0 51,0 100,0 Amministrazione lavori d'ufficio 84,6 15,4 100,0 Arti ausiliari prof. sanitarie 84,4 15,6 100,0 Artigianato artistico 50,0 50,0 100,0 Commercio 67,8 32,2 100,0 Comunicazioni visive e audiovisive 42,1 57,9 100,0 Disabili 35,9 64,1 100,0 Edilizia 0,0 100,0 100,0 Elettricità-elettronica 0,0 100,0 100,0 Informatica 41,7 58,3 100,0 Meccanica metallurgia 0,0 100,0 100,0 Poligrafia-carta-cartotecnica 27,5 72,5 100,0 Polivalente 0,0 100,0 100,0 Servizi socio-educativi 93,2 6,8 100,0 Totale 64,3 35,7 100,0 Fonte: El. Su dati Settore Formazione Professionale- Provincia di Varese 46 Dati provvisori riferiti agli utenti non occupati.

Domanda e offerta di lavoro al femminile

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Rispetto ai corsi conclusi nel 200147, non si evidenziano cambiamenti rilevanti (tavola A19), se non

il fatto che i corsi di formazione del settore commercio vedono diminuire la predominanza

femminile (dal 97% nel 2001 al 68% nel 2002). Nei restanti settori la partecipazione femminile ai

corsi conclusi nel 2001 risulta particolarmente elevata nei corsi di formazione per operatore

d’abbigliamento (100%), estetista (100%), acconciatore (96.4%), addetto alla contabilità

informatizzata (91.7%), operatore d’ufficio addetto alla contabilità generale (83.3%), ausiliario

socio-sanitario (95.2%).

La scuola superiore Le ragazze iscritte alle scuole superiori della provincia di Varese nell’anno accademico 2002-2003

sono 17639 e costituiscono una quota pari al 50.4% del totale degli iscritti48.

Il calcolo di alcuni indici mette in luce come le ragazze seguano il percorso di studio con maggiore

continuità e regolarità e con un livello di dispersione scolastica inferiore a quello maschile (tavola

A20).

L’indice di ripetenza, calcolato come rapporto tra numero di studenti ripetenti e totale degli iscritti, è

decisamente più contenuto tra le ragazze (5.2% ragazze vs. 9.4% ragazzi) e, mentre per le

ragazze risulta in diminuzione rispetto all’anno scolastico precedente (5.5%), per i ragazzi tale

indice è in crescita (8.4%). Anche l’indice di ritardo, calcolato come rapporto tra studenti in ritardo e

iscritti, si evidenzia un gap di genere rilevante ( 32.4% ragazzi vs. 19.3% ragazze) e in crescita

rispetto all’anno precedente (32.0% ragazzi vs. 20.8% ragazze).

La minore dispersione scolastica femminile è evidente considerando che tra gli iscritti al primo

anno le ragazze costituiscono il 48.3% e che tale quota sale progressivamente fino al 51.9% tra gli

iscritti al quinto anno (tavola 28).

Tavola 28 Distribuzione degli iscritti alle scuole superiori per anno, genere. Provincia di Varese, a.s. 2002/03 e 2001/02 1° anno 2° anno 3° anno 4° anno 5° anno 2001-2002 femmine 49,1 50,8 50,2 52,1 54,1 maschi 50,9 49,2 49,8 47,9 45,9 2002-2003 femmine 48,3 50,2 51,6 51,1 51,9 maschi 51,7 49,8 48,4 48,9 48,1 Fonte: El. su dati OPI - Provincia di Varese

47 In riferimento ai corsi conclusi nel 2001 si dispone di un maggior grado di dettaglio, in particolare la suddivisione per genere è effettuata sia in base al settore sia alla figura che si intende formare. Per tali corsi è disponibile sul sito della provincia la 14° indagine La condizione professionale degli ex-allievi dei corsi di formazione professionale per non occupati in provincia di Varese. 48 Dati OPI (Osservatorio Provinciale sull’Istruzione) – Provincia di Varese.

Domanda e offerta di lavoro al femminile

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La scelta della tipologia scolastica risulta alquanto differente tra ragazzi e ragazze. La graduatoria

delle ragazze iscritte alla scuola superiore vede al primo posto il liceo scientifico (18.6%), al

secondo gli istituti tecnici commerciali (15.6%), e al terzo gli istituti professionali per i servizi commerciali e turistici (15.1%), mentre tra i ragazzi sono più numerosi gli iscritti agli istituti tecnici industriali (29%), seguiti dagli studenti del liceo scientifico (22%) e da quelli degli istituti professionali per l’industria e l’artigianato (16.9%). Analoga la situazione nel precedente anno

scolastico (tavola A21).

Il calcolo degli indici di segregazione permette di individuare le scuole superiori a prevalenza

maschile e quelli a maggioranza femminile (tavola 29).

Tavola 29 Indici di segregazione calcolati sugli iscritti alle scuole superiori della provincia di Varese A.S. 2002/2003

Tasso di femminilizzazione

totale (TFT)

Tasso di femminilizzazione sull’occupazione maschile (TFM)

Coefficiente di rappresentatività femminile (CRF)

Differenze di genere %

Indice di dissimilarità

(ID) IPC Istituto Prof. servizi commerciali e turistici 76,1 318,4 1,5 10,3 IPIA Istituto Prof. Industria e artigianato 19,0 23,5 0,4 -13,0 ITC Istituto Tecnico Commerciale 56,6 130,4 1,1 3,4 ITG Istituto Tecnico Geometri 19,3 24,0 0,4 -4,7 ITI Istituto Tecnico Industriale 7,5 8,1 0,1 -26,7 ITPA Istituto Tecnico Periti 88,4 761,9 1,8 12,0 LAR Liceo Artistico 73,6 278,4 1,5 3,9 LCL Liceo Classico 79,2 380,2 1,6 8,7 LLI Liceo Linguistico 81,9 451,5 1,6 3,3 LSC Liceo Scientifico 46,2 85,8 0,9 -3,4 MAG Scuole e Istituti Magistrali 91,3 1044,3 1,8 6,1 Totale 50,4 101,6 1,0 47,8 A.S. 2001/2002

Tasso di femminilizzazione

totale (TFT)

Tasso di femminilizzazione sull’occupazione maschile (TFM)

Coefficiente di rappresentatività femminile (CRF)

Differenze di genere %

Indice di dissimilarità

(ID) IPC Istituto Prof. servizi commerciali e turistici 78,9 373,7 1,5 11,0 IPIA Istituto Prof. Industria e artigianato 18,3 22,4 0,4 -13,9 ITC Istituto Tecnico Commerciale 57,5 135,3 1,1 3,7 ITG Istituto Tecnico Geometri 21,1 26,8 0,4 -4,6 ITI Istituto Tecnico Industriale 8,2 8,9 0,2 -26,6 ITPA Istituto Tecnico Periti 89,7 872,4 1,8 12,2 LAR Liceo Artistico 73,0 269,8 1,4 3,8 LCL Liceo Classico 78,5 364,3 1,5 8,2 LLI Liceo Linguistico 85,7 600,8 1,7 3,5 LSC Liceo Scientifico 46,2 86,0 0,9 -3,8 MAG Scuole e Istituti Magistrali 89,6 859,3 1,8 6,4 Totale 51,0 104,2 1,0 48,8Fonte: El. su dati OPI - Provincia di Varese

Domanda e offerta di lavoro al femminile

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Le ragazze risultano sovra-rappresentate nelle scuole e istituti magistrali (su 100 iscritti 91 sono

ragazze), negli istituti tecnici per periti aziendali (88 ragazze), nel liceo linguistico (82 ragazze),

liceo classico (79 ragazze), negli istituti professionali per i servizi commerciali e turistici (76

ragazze), nei licei artistici (74 ragazze) e, seppur in misura inferiore, negli istituti tecnici

commerciali (57 ragazze). La presenza femminile, invece, risulta bassissima negli istituti tecnici

industriali, dove ogni 100 ragazzi iscritti le ragazze sono solo 8, bassa negli istituti professionali per

l’industria e l’artigianato e negli istituti tecnici per geometri (24 ragazze ogni 100 ragazzi) e

inferiore, seppur in misura più contenuta, alla presenza maschile nei licei scientifici (85 ragazze

ogni 100 ragazzi).

Rispetto alla situazione evidenziata nell’anno scolastico precedente (2001-2002), l’indice di

dissimilarità tra i generi appare leggermente più contenuto (47.8 vs. 48.8). La riduzione delle

differenze di genere è dovuta non tanto a una maggiore presenza di ragazze nei percorsi scolastici

a prevalenza maschile, quanto ad una maggiore partecipazione maschile in tipologie scolastiche a

predominanza femminile, in particolare nei licei linguistici (la quota di donne si riduce dal 85.7% al

81.9%).

Analizzando i dati relativi alle iscrizioni alle scuole superiori con un grado di dettaglio maggiore,

emergono alcuni indirizzi scolastici nei quali la presenza femminile è quasi esclusiva (tavola A23).

Gli indirizzi scolastici che raccolgono una quota di ragazze iscritte superiore al 90% sono:

il biennio per i servizi sociali (93.8%) negli istituti professionali per i servizi commerciali e

turistici;

l’indirizzo per operatore della moda (96.2%), il biennio moda (95.5%), il biennio per i servizi

sociali (98.3%) e l’indirizzo per tecnici dei servizi sociali (93.3%) negli istituti professionali

per l’industria e l’artigianato;

l’indirizzo socio psico-pedagogico (96.3%) e l’indirizzo linguistico (96.3%) nei licei classici;

l’indirizzo linguistico (92.1%) nei licei linguistici;

l’indirizzo socio psico-pedagogico (100%) nei licei scientifici;

l’indirizzo per tecnico dei servizi sociali (98%), l’indirizzo scienze sociali (93.9%) e il socio

psico-pedagogico (98%) nelle scuole e negli istituti magistrali.

All’opposto si evidenziano alcuni indirizzi scolastici nei quali le iscrizioni di maschi sono

assolutamente preponderanti. Nello specifico, gli indirizzi che vedono una presenza femminile

inferiore al 10% sono diversi percorsi a caratterizzazione maschili degli istituti professionali per

l’industria e l’artigianato (operatore elettrico, operatore elettronico industriale, operatore per le

telecomunicazioni, tecnico delle industrie elettroniche, tecnico per le industrie elettriche, operatore

elettrico-elettronico, operatore meccanico, operatore termico, tecnico dei sistemi energetici, tecnico

delle industrie meccaniche, operatore meccanico termico) e degli istituti tecnico industriali (perito

agrario, perito industriale in materie plastiche, perito per l’elettrotecnica e l’automazione, biennio

ITIS, perito in costruzioni aeronautiche, perito per la meccanica, perito per la termotecnica, perito

Domanda e offerta di lavoro al femminile

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in informatica, perito per l’elettrotecnica e le telecomunicazioni, perito aeronautico per la

navigazione aerea, perito aeronautico).

La formazione professionale di secondo livello Anche in riferimento ai corsi di formazione di secondo livello, post-qualifica e post-diploma, si

evidenziano differenze di genere rilevanti sia nel 2002 che nell’anno precedente.

I settori formativi a bassa partecipazione femminile risultano sempre i medesimi (meccanica-

metallurgia e elettricità-elettronica con 100% uomini) con qualche donna in più che partecipa a

corsi di formazione nel settore edile (33.3% donne) e nel settore dell’informatica (36.6%) (tavola

30).

Tavola 30 Allievi usciti dai corsi di formazione professionale nel 2002 2° livello per settore formativo e sesso Dati provvisori riferiti agli utenti non occupati Valori percentuali Fem. Maschi Totale Abbigliamento pelle moda 100,0 0,0 100,0 Acconciatura -estetica 100,0 0,0 100,0 Agricoltura 64,7 35,3 100,0 Amministrazione lavori d'ufficio 80,4 19,6 100,0 Artigianato artistico 100,0 0,0 100,0 Chimica 58,3 41,7 100,0 Commercio 68,0 32,0 100,0 Comunicazioni visive e audiovisive 57,4 42,6 100,0 Edilizia 33,3 66,7 100,0 Elettricità - elettronica 0,0 100,0 100,0 Industria alimentare 37,5 62,5 100,0 Informatica 36,6 63,4 100,0 Meccanica metallurgia 0,0 100,0 100,0 Poligrafia-carta-cartotecnica 100,0 0,0 100,0 Servizi socio-educativi 75,0 25,0 100,0 Spettacolo 84,2 15,8 100,0 Tessile 100,0 0,0 100,0 Trasporti e spedizioni 82,8 17,2 100,0 Turismo 78,2 21,8 100,0 Totale 61,5 38,5 100,0 Fonte: El. Su dati Settore Formazione Professionale- Provincia di Varese

La partecipazione femminile, nel 2001, a corsi afferenti il settore dell’edilizia riguarda la figura del

tecnico per la progettazione edile ed architettonica (33.3% donne), mentre nel settore

dell’informatica le donne seguono corsi per tecnico di comunicazione mass-mediale (100% donne)

e per l’utilizzo di pacchetti applicativi (77.8%) e software gestionali (80%).

Domanda e offerta di lavoro al femminile

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I corsi ad esclusiva partecipazione femminile sono quelli che tradizionalmente formano figure

professionali già svolte in larga misura da donne:

disegnatore di moda e modellista industriale (settore abbigliamento, pelle e moda); estetista (settore acconciatura-estetica); assistente ai servizi di comunicazione e segreteria, tecnico della contabilità (settore

amministrazione e lavori d’ufficio); tecnico di conservazione e di restauro d’arte (artigianato artistico); tecniche di comunicazione mass-mediale (settore informatica); operatrice per il rilancio delle risorse turistiche ( settore turismo).

L’Università Le scelte universitarie non sono esenti da una caratterizzazione di genere rilevante. I dati relativi

alla provincia di Varese fanno riferimento alle Università con sede nel territorio provinciale, ovvero

l’Università Carlo Cattaneo di Castellanza e l’Università degli Studi dell’Insubria sede di Varese.

Tali dati, pur avendo un grado di copertura limitato in quanto le due Università offrono solo alcuni

tra i numerosi percorsi di laurea presenti in Italia, rilevano alcuni importanti elementi di riflessione

sulle scelte di investimento in istruzione universitaria a livello locale e sulle differenze di genere.

Con riferimento agli iscritti nell’anno accademico 2002/2003, si evidenziano corsi di laurea a

prevalenza femminile (tavola 31):

ostetrica/o (100% donne);

educatore/trice professionale (79.2%);

infermiere/a (78%);

biologia sanitaria (77%);

scienze biologiche (72.4%);

tecnico sanitario di laboratorio biomedico (68.2%);

scienze della comunicazione (65.5%);

medicina e chirurgia (60% vecchio ordinamento; 65.8% nuovo ordinamento).

Altri corsi di laurea, al contrario, vedono una preponderanza maschile. Una presenza femminile

molto bassa si rileva tra gli iscritti al corso di laurea in informatica (12%) e ingegneria gestionale

(13%), seguono i corsi di laurea in economia aziendale (27.6% vecchio ordinamento, 28.9% nuovo

ordinamento), odontoiatria e protesi dentaria (28.6%), tecnico sanitario di radiologia, scienze

naturali (40%), giurisprudenza (41.6% nuovo ordinamento, 43.7% vecchio ordinamento).

Facendo un confronto con la situazione dell’anno accademico 2001/2002, la presenza femminile

all’interno di corsi a caratterizzazione maschile è maggiore solo nel corso di laurea in ingegneria

gestionale (11.1% nel 2001/2002; 13% nel 2002/2003), mentre risulta in diminuzione negli altri

corsi (tavola A25).

Domanda e offerta di lavoro al femminile

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Tavola 31 Studenti iscritti ai corsi di laurea (vecchio e nuovo ordinamento) per corso e sesso. Dati relativi agli iscritti alle università con sede in provincia di Varese, A.A. 2002/2003 Valori assoluti Totali Femmine

Quota di donne sul totale

Corsi di laurea del "vecchio" ordinamento 2.229 955 42,8 LUIC (Libera Università) - Castellanza (VA) Economia aziendale 912 264 28,9 Giurisprudenza 309 135 43,7 Ingegneria gestionale - - - Università dell'Insubria - Sede di Varese Economia e commercio 528 249 47,2 Medicina e chirurgia 300 180 60,0 Scienze biologiche 170 123 72,4 Scienze naturali 10 4 40,0 Corsi di laurea di I livello del "nuovo" ordinamento 3.547 1.618 45,6 LUIC (Libera Università) - Castellanza (VA) Ingegneria gestionale 308 40 13,0 Economia aziendale 508 140 27,6 Giurisprudenza 166 69 41,6 Università dell'Insubria - Sede di Varese Biotecnologie 59 35 59,3 Scienze biologiche 254 160 63,0 Scienze della comunicazione 200 131 65,5 Economia e amministrazione delle imprese 463 234 50,5 Informatica 393 47 12,0 Analisi e gestione delle risorse naturali 131 57 43,5 Economia e commercio 310 151 48,7 Infermiere 327 255 78,0 Ostetrica/o 30 30 100,0 Educatore professionale 24 19 79,2 Fisioterapista 131 77 58,8 Igienista dentale 28 20 71,4 Tecnico sanitario di laboratorio biomedico 22 15 68,2 Tecnico sanitario di radiologia 28 11 39,3 Biologia sanitaria 165 127 77,0 Corsi di laurea specialistica a ciclo unico del "nuovo" ordinamento 679 431 63,5 Università dell'Insubria - Sede di Varese Medicina e chirurgia 637 419 65,8 Odontoiatria e protesi dentaria 42 12 28,6 Totale corsi 6.455 3.004 46,5 Fonte: El. su dati MIUR

Domanda e offerta di lavoro al femminile

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Appendice:

Tavole sul mercato del lavoro

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INDIRIZZI UTILI CONSIGLIERA DI PARITÀ PROVINCIALE Gabriella Sberviglieri (effettiva) Rosy Binda Colascilla (supplente) c/o Provincia di Varese Assessorato al Lavoro, Formazione Professionale e Istruzione Via Valverde, 2 - Varese Tel. 0332 252729 e-mail: [email protected] SPAZIO PARI OPPORTUNITÀ c/o i Centri per l’Impiego di: Gallarate Via XX Settembre, 6/A Tel 0331 799840 Orario: lunedì dalle 9 alle 12 dalle 15 alle 16.30 Saronno Via Pasta, 9 Tel 02 9602166 Orario: martedì dalle 9 alle 12 Varese Via Crispi, 50 Tel 0332 288386 Orario: giovedì dalle 9 alle 12 dalle 15 alle 16.30 e-mail: [email protected]

Lo Spazio Pari Opportunità nasce dalla collaborazione delle Consigliere di Parità Provinciali con l’Assessorato al Lavoro, Formazione Professionale e Istruzione della

Provincia di Varese Ufficio Pari Opportunità Via Valverde, 2 - Varese

Tel. 0332 252683 e-mail: [email protected]

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