Uno sguardo di genere negli Enti Locali e nella Sanità ... · Gabriella Sberviglieri, Consigliera...
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Uno sguardo di genere negli Enti Locali e nella Sanità della provincia di Varese
Indagine sulla situazione del personale e sulle azioni di parità
Rapporto di ricerca 2004
Giugno 2006
2
A cura dell’Ufficio della Consigliera di Parità Provincia di Varese Gabriella Sberviglieri, Consigliera effettiva Luisa Cortese, Consigliera supplente Gruppo di lavoro Nicoletta Galli ha curato i capitoli sulle azioni di parità Elena Giuliani si è occupata della raccolta dei dati Sabina Mazzucchelli ha curato la definizione e l’analisi dei questionari e i capitoli sulla situazione del personale Valeria Sborlino, consulenza scientifica Ringraziamo Susanna Vanoni per la collaborazione nella definizione del questionario La Ragioneria Provinciale dello Stato di Varese per la collaborazione nella raccolta dati
3
L’aumento della presenza delle donne nel mercato del lavoro è uno dei fenomeni più importanti degli ultimi decenni. Con la crescita dell’occupazione femminile è necessario adottare nuovi approcci per garantire pari condizioni nell’accesso e nella permanenza nel mondo del lavoro a uomini e donne. La Provincia di Varese è particolarmente sensibile e attenta verso queste tematiche, come dimostrano i numerosi progetti nel campo delle pari opportunità realizzate negli ultimi anni. Particolarmente significativa in questo ambito è la collaborazione sviluppata con le Consigliere di Parità provinciali. Ci siamo impegnati con iniziative per favorire la conciliazione tra lavoro e vita familiare, uno dei problemi maggiormente sentiti dalle donne che lavorano, in particolar modo da chi si deve reinserire dopo lunghi periodi di assenza per maternità, paternità o per cura dei familiari. Pertanto, sono lieto di presentare questa ricerca realizzata dalle Consigliere di Parità che analizza le caratteristiche del lavoro femminile all’interno degli enti pubblici del nostro territorio. La Pubblica Amministrazione è infatti uno dei settori particolarmente interessati a queste problematiche, dato che nel settore pubblico l’occupazione femminile è superiore alla media, basti pensare al nostro Ente dove le donne rappresentano il 58% del personale dipendente. L’ indagine conferma le tendenze in atto a livello nazionale (forte presenza di lavoro part-time, prevalenza dell’uso dello strumento del congedo per esigenze di cura da parte delle lavoratrici, sottorappresentazione delle donne nei livelli più elevati). Da questi dati l’ente provinciale trae spunti per sviluppare in futuro politiche che valorizzino maggiormente l’occupazione femminile, anche all’interno delle amministrazioni pubbliche. Credo infatti che una presenza qualificata delle donne nel mercato del lavoro, nel settore pubblico così come nel settore privato, sia uno degli elementi che concorrono allo sviluppo locale. Mi auguro quindi che questa ricerca possa essere il punto di partenza di strumenti e strategie in grado di concretizzare il principio della parità di genere.
Il Presidente della Provincia di Varese Marco Reguzzoni
Varese, settembre 2006
5
La parità di trattamento retributivo e le pari opportunità nell’accesso al lavoro e nelle progressioni di carriera sono obiettivi di equità sociale e di diritti paritari tra donne e uomini, su cui si sono incentrate le Direttive Europee in applicazione dei Trattati di Roma e Nizza. Nell’uniformarsi a queste direttive e al dettato Costituzionale, il nostro Paese ha emanato leggi importanti e significative (leggi di parità, pari opportunità, sui congedi parentali, di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro e di promozione di azioni positive) assegnando alla Pubblica Amministrazione, attraverso la definizione di Piani Triennali di Azioni Positive e la rimozione di eventuali discriminazioni di genere presenti nell’organizzazione del lavoro, un ruolo di soggetto trainante nella promozione di una cultura paritaria tra uomini e donne e di valorizzazione delle risorse umane. Tutto ciò nella consapevolezza che l’attuazione dei principi di pari opportunità costituisce, non solo un’espressione di equità sociale, ma anche uno strumento indispensabile per il raggiungimento di obiettivi di efficienza ed economicità su cui deve essere improntata l’azione della Pubblica Amministrazione. Partendo da queste considerazioni e dai compiti assegnatici per legge, come Consigliere di Parità della Provincia di Varese abbiamo deciso di avviare un lavoro concreto nella Pubblica Amministrazione, a partire dagli Enti Locali e dalla Sanità Pubblica della nostra provincia. Comuni, Amministrazione Provinciale, Aziende Ospedaliere e ASL sono parte estremamente importante del settore pubblico perché sono il luogo istituzionale più vicino alla popolazione e sono contemporaneamente erogatori di servizi e fruitori del fattore lavoro. Per questo duplice ruolo gli enti pubblici vivono la posizione complessa di chi deve impiegare del personale per offrire un servizio adeguato alle esigenze “di tempo” dei/lle lavoratori/trici, e della cittadinanza in generale, e contemporaneamente gestire le esigenze delle risorse umane interne, in prevalenza femminili. Pertanto, l’azione di promozione e di sviluppo delle pari opportunità da parte di questi enti non può che muoversi lungo due direttrici:
• Azioni esterne che favoriscano l’affermarsi di politiche conciliative e di sostegno al lavoro femminile, attraverso modalità adeguate di erogazione dei servizi e qualità degli stessi; • Azioni interne di sostegno del proprio personale dipendente che vive il duplice ruolo di erogatore e fruitore di servizi.
Queste complessità non ci possono bloccare, ma devono diventare stimolo per risposte e azioni più avanzate con interventi innovativi e condivisi. Riteniamo che la strada da percorrere sia l’istituzione dei Comitati Pari Opportunità in tutti gli enti, anche in modo associato, attribuendogli il ruolo propositivo di definizione dei Piani Triennali di Azioni Positive. Fare ciò significa non solo adempiere a un vincolo legislativo, ma ampliare la partecipazione, la discussione e il confronto così da rendere tutti più protagonisti di un progetto di trasformazione dove il ruolo delle donne e il lavoro femminile diventino risorse indispensabili per una società equa e giusta.
Le Consigliere di Parità della Provincia di Varese
Gabriella Sberviglieri (effettiva) Luisa Cortese (supplente)
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INDICE
PREMESSA - TENDENZE RECENTI DEL PUBBLICO IMPIEGO La presenza femminile nel pubblico impiego pag. 11
PARTE I - INDAGINE PRESSO GLI ENTI LOCALI DELLA PROVINCIA DI VARESE Introduzione pag. 21 1 – Donne e uomini negli Enti Locali della provincia pag. 22 1.1 Tipologie contrattuali e presenza femminile pag. 22 1.2 Cresce il part-time, cresce l’occupazione femminile pag. 24 1.3 La carriera delle donne pag. 27 1.4 Tante donne, ma in quali aree? pag. 32 1.5 La formazione pag. 34 1.6 Lavoro di cura: ancora un lavoro femminile pag. 36 1.7 Il ricorso ad enti esterni: cenni pag. 39 2 – Le azioni di parità pag. 42 2.1 Le azioni positive pag. 42
2.1.1 Quando parliamo di “Azioni Positive” pag. 42 2.1.2 Le pari opportunità nelle leggi della Pubblica Amministrazione pag. 43 2.1.3 La Pubblica Amministrazione nelle leggi di parità pag. 45
2.2 I Piani Triennali di Azioni Positive pag. 46 2.2.1 Obiettivi pag. 46 2.2.2 Le modalità e i contenuti pag. 47
2.3 Gli organismi di parità pag. 51 2.3.1 I Comitati di Pari Opportunità pag. 51 2.3.2 La Commissione Pari Opportunità o Consulta Femminile pag. 54 2.3.4 L’Assessorato alle Pari Opportunità o con delega o Ufficio Pari Opportunità pag. 54
2.4 Azioni positive, comitati, commissioni e assessorati in provincia di Varese pag. 55 2.4.1 Azioni di parità interne pag. 55 2.4.2 Azioni di parità esterne pag. 56
3 – Elementi di sintesi e possibili linee di indirizzo pag. 58 Esempi di Piani Triennali di Azioni Positive messi in atto da Amministrazioni Locali sul territorio nazionale pag. 61 Appendice 1 - Questionario per la rilevazione della situazione del personale e le azioni di parità presso gli Enti Locali della provincia di Varese pag. 75
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PARTE II - INDAGINE PRESSO IL SETTORE DELLA SANITÀ PUBBLICA
DELLA PROVINCIA DI VARESE
Introduzione pag. 85 1 – Donne e uomini nella Sanità Pubblica della provincia pag. 86 1.1 Forte presenza femminile, più elevata tra i lavoratori a termine pag. 86 1.2 Part-time è donna pag. 88 1.3 Pochi infermieri e nessuna direttrice pag. 89 1.4 Parità nella formazione pag. 95 1.5 Maggiore condivisione: una priorità pag. 96 1.6 Qualche dato sull’esternalizzazione pag. 97 2 – Le azioni di parità pag. 99 2.1 Piani di azioni positive e comitati nel settore sanità della provincia di Varese pag. 99 3 – Elementi di sintesi e possibili linee di indirizzo pag. 101 Schede di progetti messi in atto da ASL e Aziende Ospedaliere nel territorio nazionale pag. 103 Appendice 2 - Questionario per la rilevazione della situazione del personale e le azioni di parità nel settore della Sanità Pubblica della provincia di Varese pag. 106 Bibliografia pag. 113
11
La presenza femminile nel pubblico impiego Prima di presentare i dati da noi raccolti attraverso l’indagine presso gli Enti Locali (Comuni e
Provincia) e le Aziende Sanitarie ed Ospedaliere pubbliche della provincia di Varese, ci sembra
utile fornire i dati di contesto riguardanti le tendenze recenti del pubblico impiego in Italia. Il quadro
generale ci viene fornito dal Conto Annuale del Ministero dell’Economia e delle Finanze,
Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, e in particolare dalla presentazione dei dati
relativi al triennio 2002-2003-20041. Qui riportiamo le principali evidenze emerse dall’analisi del
pubblico impiego, soffermandoci sul comparto delle Regioni ed Autonomie Locali2 e sul comparto
del Servizio Sanitario Nazionale3.
Il primo dato che emerge, è la riduzione, pur contenuta, del personale a tempo indeterminato nel
pubblico impiego, che passa da 3.539.471 a 3.524.691, con una riduzione dello 0.8% dal 2002 al
2004 ed una timida ripresa nell’ultimo anno (+0.1%) (tavole 1 e 2). La contrazione del personale a
tempo indeterminato risulta minima nel comparto del Servizio Sanitario Nazionale (-0.8%, da
692.684 unità a 687.176) e inferiore alla media in quello delle Regioni ed Autonomie Locali (- 1.4%
da 605.538 a 597.199).
Tavola 1 - Totale degli occupati nel pubblico impiego
2002 2003 2004 var
2004/2002 var
2004/2003Personale a tempo indeterminato 3.388.717 3.359.017 3.360.984 -0,8 0,1Lavoratori dipendenti con contratti di lavoro flessibili* 91.391 102.863 115.860 26,8 12,6di cui: tempo determinato 89.620 99.828 112.182 25,2 12,4 formazione lavoro 1.771 3.035 3.678 107,7 21,2Lavoratori estranei all'amministrazione* 59.363 52.296 47.847 -19,4 -8,5di cui: interinali 5.482 6.128 7.310 33,3 19,3 L.S.U 53.881 46.168 40.537 -24,8 -12,2Totale 3.539.471 3.514.176 3.524.691 -0,4 0,3Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
* lavoratori conteggiati come "unità annue", ottenute sommando i mesi lavorati dal personale che presta attività lavorativa a termine e dividendo il totale per 12 (i mesi lavorati da ogni singola unità di personale)
1 www.contoannuale.tesoro.it 2 Il comparto delle Regioni ed Autonomie Locali in Italia occupa 591.199 dipendenti a tempo indeterminato, di cui oltre l’83% occupati nei comuni e nelle province (gli altri dipendenti sono occupati nelle regioni, nelle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, nelle comunità montane….). Tale comparto, quindi, può costituire un valido riferimento per contestualizzare i dati relativi ai dipendenti comunali e provinciali da noi raccolti a livello locale. 3 Il comparto del Servizio Sanitario Nazionale in Italia occupa 687.210 dipendenti a tempo indeterminato, di cui oltre il 95% occupati nelle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere (gli altri dipendenti sono occupati negli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, nelle agenzie per la protezione dell’ambiente, nei policlinici universitari…). Tale comparto, dunque, può costituire un valido riferimento per contestualizzare i dati relativi ai dipendenti delle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere da noi raccolti.
Tendenze recenti del pubblico impiego
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Tavola 2 - Personale a tempo indeterminato per comparto
2002 2003 2004 var
2004/2002 var 2004/2003 Servizio Sanitario Nazionale 692.684 687.176 687.210 -0,8 0,0 Enti Pubblici Non Economici 64.181 63.043 62.247 -3,0 -1,3 Enti di Ricerca 17.087 17.156 16.928 -0,9 -1,3 Regioni ed Autonomie Locali 605.538 598.771 597.199 -1,4 -0,3 Ministeri, Agenzie, Presidenza 261.908 257.215 252.926 -3,4 -1,7 Aziende Autonome 34.368 33.195 33.603 -2,2 1,2 Scuola e A.F.A.M. 1.139.230 1.126.952 1.129.474 -0,9 0,2 Università 113.395 111.037 110.574 -2,5 -0,4 Corpi di Polizia 321.674 321.238 324.734 1,0 1,1 Forze Armate 125.564 130.229 132.792 5,8 2,0 Magistratura 10.514 10.434 10.765 2,4 3,2 Diplomatici e Prefetti 2.574 2.571 2.532 -1,6 -1,5 Totale Pubblico Impiego 3.388.717 3.359.017 3.360.984 -0,8 0,1 Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
Negli ultimi anni i vincoli posti dalle leggi finanziarie volti al contenimento della spesa hanno
determinato un decremento consistente dei tassi di assunzione di personale a tempo
indeterminato (4.5% 2001; 2.2% 2002; 1.05% 2003; 2% nel 2004) mentre le modifiche dell’età
pensionabile hanno agito sul tasso di cessazione, anch’esso in diminuzione ma ad un ritmo molto
meno sostenuto (2.9% 2001; 2.73% 2002; 2.65% 2003; 2.71% nel 2004). Il risultato è che, già nel
2002, ma in misura ben più evidente nel 2003, il tasso di cessazione supera il tasso di assunzione
e il personale a tempo indeterminato si riduce. Nell’ultimo anno il tasso di assunzione risulta in
ripresa (2%) rimanendo comunque inferiore al tasso di cessazione. Si registra, inoltre, un
progressivo invecchiamento (45.6 anni età media nel 2004 vs. 44.4 età media nel 2001) e una
crescita dell’anzianità di servizio dei dipendenti pubblici (17.4 anzianità media nel 2004 vs. 16.1
anzianità media nel 2001).
Grafico 1 - Andamento dei tassi di assunzione e cessazione di personale a tempo indeterminato nel pubblico impiego
4,5
2,19
1,05
2,01
2,9
2,73
2,64
2,71
0 0,5
1 1,5
2 2,5
3 3,5
4 4,5
5
2001 2002 2003 2004
tasso di assunzione tasso di cessazione
Tendenze recenti del pubblico impiego
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La riduzione del personale a tempo indeterminato risulta parzialmente compensata dall’incremento
dei dipendenti con contratto di lavoro flessibile (tempo determinato e formazione lavoro)4 che
complessivamente salgono da 91.391 unità a quasi 116mila (+27%), con un aumento
percentualmente più consistente per i contratti di formazione lavoro che arrivano a 3.678 unità
(erano 1.771 nel 2002), e dei lavoratori interinali, il cui numero risulta in crescita del 33% (da 5.482
a 7.310)5. Diminuiscono, invece, i lavoratori adibiti ai lavori socialmente utili (da 53.881 a 40.537).
Il peso dei lavoratori con contratto di lavoro flessibile o estranei all’amministrazione rimane
complessivamente contenuto (4.6% sul totale del personale del settore pubblico) e oltre il 95% del
personale pubblico è impiegato a tempo indeterminato.
Tra le forme di lavoro diverse dal tempo indeterminato, il contratto a tempo determinato risulta la
modalità più utilizzata 112.182 unità annue (incidenza 3.2% sul totale), seguita dai lavori
socialmente utili 40.537 (1.2%). L’incidenza dei lavoratori interinali e con contratto di formazione
lavoro risulta marginale, rispettivamente 0.2% e 0.1%.
Va tenuto presente, tuttavia, che nel conteggio dei lavoratori con contratto flessibile non sono
compresi i collaboratori. I dati sui contratti di collaborazione coordinata e continuativa, infatti,
vengono rilevati separatamente e si riferiscono al numero di contratti stipulati in un anno e non al
corrispondente numero di “unità annue”6. L’utilizzo dei contratti di collaborazione presenta una
crescita elevata (33%), passando da 76.134 nel 2002 a 101.323 nel 2003, legata anche al bisogno
di professionalità specifiche non ancora presenti nella Pubblica Amministrazione.
Nel comparto del Servizio Sanitario Nazionale il ricorso a modalità di lavoro diverse dal tempo
indeterminato è assai contenuto (4.3%) e risulta limitato quasi esclusivamente al lavoro a tempo
determinato (3.9%, ovvero 27.816 unità annue). Il comparto delle Regioni ed Autonomie Locali,
invece, è quello che più utilizza forme di lavoro flessibile e lavoratori estranei all’amministrazione
(13%):
• 44.072 lavoratori con contratto a tempo determinato (6.4%), in aumento di oltre 4mila unità;
• 40.537 lavoratori socialmente utili (5.4%), in diminuzione dal 2002 (erano 53.881);
• 4.786 interinali (0.7%), in crescita (erano 4.070 nel 2002);
• 1.826 lavoratori con contratto di formazione lavoro, più che raddoppiati dal 2002 (erano
795).
4 Le forme contrattuali flessibili o atipiche (contratti a tempo determinato, contratti di formazione e lavoro, altri rapporti formativi e lavoro interinale) sono introdotti nel lavoro pubblico dall’art 36 del decreto legislativo 29/1993 (il decreto che sancisce la privatizzazione del rapporto di lavoro), che a sua volta rimanda alla contrattazione collettiva la disciplina della materia. 5 I lavoratori con contratti di lavoro flessibile e i lavoratori estranei all’amministrazione sono conteggiati come “unità annue”, ottenute sommando i mesi lavorati dal personale che presta attività lavorativa a termine e dividendo il totale per 12 (i mesi lavorati da ogni singola unità di personale). Il personale con contratto di fornitura di lavoro temporaneo (interinale) e i lavoratori adibiti ai lavori socialmente utili vengono classificati come personale estraneo all’amministrazione poiché non instaurano direttamente un rapporto di lavoro con le amministrazioni pubbliche. 6 I dati relativi ai contratti co.co.co., quindi, non possono essere aggregati né comparati ai dati relativi al personale con rapporto di lavoro flessibile, rilevato in unità annue.
Tendenze recenti del pubblico impiego
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Tavola 3 - Lavoratori dipendenti con contratto di lavoro flessibile ed estranei all'amministrazione per comparto
Tempo determinato Formazione lavoro Dipendenti con contratto di lavoro flessibile 2002 2003 2004 2002 2003 2004
SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE 21.002 24.398 27.816 10 108 125 ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI 1.395 783 2314 917 1414 1323 ENTI DI RICERCA 3.208 3.539 3.496 49 44 31 REGIONI ED AUTONOMIE LOCALI 39.906 41.335 44.072 795 1.438 1.826 MINISTERI, AGENZIE, PRESIDENZA 6.331 6.567 6.352 0 31 372 AZIENDE AUTONOME 1.220 1.220 1.605 0 0 0 SCUOLA E A.F.A.M. 217 454 661 0 0 1 UNIVERSITA' 16.341 21.532 25.866 0 0 0 TOTALE PUBBLICO IMPIEGO 89.620 99.828 112.182 1.771 3.035 3.678
Interinali L.S.U. Lavoratori estranei all'Amministrazione 2002 2003 2004 2002 2003 2004
SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE 1.021 1.286 1.960 1.044 1.002 910 ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI 149 120 262 464 450 189 ENTI DI RICERCA 9 3 7 0 0 0 REGIONI ED AUTONOMIE LOCALI 4.070 4.339 4.786 49.731 42.250 37.193 MINISTERI, AGENZIE, PRESIDENZA 59 187 28 2.199 2.064 2.050 AZIENDE AUTONOME 17 0 2 0 0 0 UNIVERSITA' 157 193 265 443 402 195 TOTALE PUBBLICO IMPIEGO 5.482 6.128 7.310 53.881 46.168 40.537 Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
Tavola 4 - Incidenza delle diverse tipologie contrattuali sul totale del personale per comparto
Tempo
indeterminato Tempo
determinato Formazion
e lavoro Interinali L.S.U. Totale Servizio Sanitario Nazionale 95,7 3,9 0,0 0,3 0,1 100,0 Regioni ed Autonomie Locali 87,2 6,4 0,3 0,7 5,4 100,0 Altri Comparti 97,9 1,9 0,1 0,0 0,1 100,0 Totale Pubblico Impiego 95,4 3,2 0,1 0,2 1,2 100,0 Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
Il ricorso ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa è di una certa rilevanza per il
comparto delle Regioni e Autonomie Locali, 46.266 contratti nel 2004 (ovvero il 46% del totale dei
contratti di co.co.co. registrati nel pubblico impiego) mentre risulta contenuto per il Servizio
Sanitario Nazionale (8.195 contratti nel 2004). L’utilizzo delle collaborazioni risulta in crescita dal
2002 al 2004 in entrambi i comparti, seppur in misura inferiore alla media del pubblico impiego: +
19% Regioni e Autonomie Locali e + 17% Servizio Sanitario Nazionale, a fronte di un aumento
medio del 33%.
Tavola 5 - Contratti di collaborazione coordinata e continuativa
2002 2003 2004 Var
2004/2002 Servizio Sanitario Nazionale 7.015 8.193 8.195 16,8 Regioni ed Autonomie Locali 38.749 42.726 46.266 19,4 Altri comparti 30.370 38.843 46.862 54,3 Totale pubblico impiego 76.134 89.762 101.323 33,1 Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
Tendenze recenti del pubblico impiego
15
La presenza femminile tra i lavoratori del pubblico impiego tiene e, anzi, si consolida (+0.3%),
passando dal 52.8% al 53.4% sul totale degli occupati a tempo indeterminato. Il settore pubblico,
dunque, si conferma quale settore ad elevato tasso di femminilizzazione rispetto alla media.
Ricordiamo che in Italia l’occupazione femminile rappresenta una quota pari al 39.4% sul totale
dell’occupazione7. Nel comparto del Servizio Sanitario Nazionale la presenza femminile risulta
preponderante (60.6%) e in crescita (+0.9%). Il comparto delle Regioni e Autonomie Locali vede
una quota di occupazione femminile inferiore alla media del settore pubblico (47.6%) che è però
cresciuta in misura percentualmente più consistente (+1.4%).
Tavola 6 - Donne occupate a tempo indeterminato per comparto
Valori assoluti % sul totale degli
occupati
2002 2003 2004 2002 2003 2004 var
2004/2002Servizio Sanitario Nazionale 412.538 412.827 416.263 59,6 60,1 60,6 0,9Enti Pubblici non Economici 33.181 32.881 33.141 51,7 52,2 53,2 -0,1Enti di Ricerca 6.643 6.683 6.658 38,9 39,0 39,3 0,2Regioni ed Autonomie Locali 280.600 281.287 284.452 46,3 47,0 47,6 1,4Ministeri, Agenzie, Presidenza 126.681 125.355 124.284 48,4 48,7 49,1 -1,9Aziende Autonome 2.774 2.273 2.357 8,1 6,8 7,0 -15,0Scuola e A.F.A.M. 854.323 849.284 855.728 75,0 75,5 75,8 0,2Università 47.958 47.113 47.112 42,3 42,4 42,6 -1,8Corpi di Polizia 19.614 19.104 19.651 6,1 5,9 6,1 0,2Forze Armate 119 132 403 0,1 0,1 0,3 238,7Magistratura 3.750 3.756 4.016 35,7 36,0 37,3 7,1Diplomatici e Prefetti 840 849 847 32,6 33,0 33,5 0,8Totale Pubblico Impiego 1.789.021 1.781.544 1.794.912 52,8 53,0 53,4 0,3Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
All’aumento dell’occupazione femminile è sicuramente legato l’incremento del part-time (+15%)
che, come è noto, costituisce una modalità di impiego tipicamente femminile8. Ben l’84% dei
dipendenti a tempo parziale è donna.
La quota di donne occupate a tempo parziale sul totale dell’occupazione femminile è aumentata,
passando dal 5.8% del 2002 al 6.7% del 2004. Il part-time risulta più utilizzato rispetto al dato
medio sia nel comparto delle Regioni e Autonomie Locali (7.7%) sia nel comparto del Servizio
Sanitario Nazionale (7.4%).
7 Dati Istat, Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro. Media 2005. 8 Il lavoro a tempo parziale nella Pubblica Amministrazione è disciplinato dalla legge 662/1997 (art 1, comma 57) che esclude la dirigenza dalla possibilità di accedere a questo istituto (si veda anche la circolare del Dipartimento della funzione Pubblica 3/1997). In proposito la Circolare 6/1997 del Dipartimento della Funzione Pubblica precisa che “la ragione principale dell'esclusione risiede nella particolare configurazione giuridica della qualifica dirigenziale, caratterizzata da poteri e responsabilità di gestione. Ciò esclude la possibilità di una riduzione o frazionamento della prestazione lavorativa”. Va tuttavia evidenziato che la Finanziaria 2000 prevede l'applicazione del rapporto a tempo parziale anche al personale non sanitario con qualifica dirigenziale, purché non preposto a titolarità di ufficio.
Tendenze recenti del pubblico impiego
16
Tavola 7 - Personale a tempo indeterminato part-time
2002 2003 2004 var %
2004/2002
Quota % part-time sul totale - 2004
Servizio Sanitario Nazionale 41.947 46.551 50.673 20,8 7,4 Enti Pubblici non Economici 2.892 2.628 2.569 -11,2 4,1 Enti di Ricerca 345 390 393 13,9 2,3 Regioni ed Autonomie Locali 40.254 43.554 46.266 14,9 7,7 Ministeri, Agenzie, Presidenza 16.629 17.599 18.037 8,5 7,1 Aziende Autonome 334 375 302 -9,6 0,9 Scuola e A.F.A.M. 19.745 21.396 21.873 10,8 1,9 Università 3.437 3.708 3.767 9,6 3,4 Totale Pubblico Impiego 125.583 136.201 143.881 14,6 4,3 Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
Tavola 8 - Donne impiegate a part-time per anno e comparto Incidenza sul totale delle donne 2002 2003 2004 Servizio Sanitario Nazionale 9,5 10,6 11,4 Enti Pubblici non Economici 7,0 6,5 6,5 Enti di Ricerca 3,5 4,2 4,2 Regioni ed Autonomie Locali 10,8 11,7 12,8 Ministeri, Agenzie, Presidenza 10,3 11,0 11,4 Aziende Autonome 7,9 9,9 9,0 Scuola e A.F.A.M. 1,8 2,1 2,0 Università 5,6 6,2 6,4 Totale Pubblico Impiego 5,8 6,4 6,7 Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
Oltre al part-time, le donne risultano sovra-rappresentate nelle modalità di lavoro flessibile e tra i
lavoratori interinali: la quota di donne impiegate a tempo determinato e con contratto di formazione
lavoro è del 60% e del 57% tra i lavoratori con contratto di fornitura di lavoro temporaneo, a fronte
di una presenza del 53% di donne tra gli occupati a tempo indeterminato.
Ancora superiore la quota di donne occupate a tempo determinato sia nel comparto del Servizio
Sanitario Nazionale (rispettivamente 72%) sia nel comparto delle Regioni e Autonomie Locali
(rispettivamente 65%) Va detto comunque che l’utilizzo di forme di lavoro flessibile (tempo
determinato e formazione lavoro) o di lavoratori estranei all’amministrazione (interinali e L.S.U.)
rimane complessivamente su livelli contenuti anche per l’occupazione femminile (5% sul totale
delle donne occupate a fronte di un dato complessivo del 4.6%)9. In particolare, nel comparto del
Servizio Sanitario Nazionale l’incidenza delle forme di lavoro diverse dal lavoro a tempo
indeterminato tra le donne è in linea con la media (5%) mentre nel comparto delle Regioni e
Autonomie Locali tale valore risulta notevolmente più elevato (15%).
9 Ricordiamo che nei contratti di lavoro flessibile non sono inclusi i collaboratori. Il dato del numero di contratti di co.co.co, inoltre, non è disaggregato per genere.
Tendenze recenti del pubblico impiego
17
Tavola 9 - La presenza femminile: dipendenti con contratto di lavoro flessibile per comparto Tempo Determinato Formazione Lavoro
donne (v.a.)% donne sul
totale donne (v.a.) % donne sul totaleServizio Sanitario Nazionale 20.000 71,9 67 53,6Enti Pubblici non Economici 1.055 45,6 836 63,2Enti di Ricerca 1.909 54,6 13 41,9Regioni ed Autonomie Locali 28.742 65,2 1.018 55,8Ministeri, Agenzie, Presidenza 2.999 47,2 203 54,6Aziende Autonome 8 0,5 0 ..Scuola e A.F.A.M. 431 65,2 0 0,0Università 12.194 47,1 0 ..Totale Pubblico Impiego 67.338 60,0 2.137 58,1Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
Tavola 10 - La presenza femminile: lavoratori estranei all'amministrazione
Interinali LSU
donne% donne sul
totale donne% donne sul
totale Servizio Sanitario Nazionale 1.335 68,1 586 64,4 Enti Pubblici non Economici 143 54,6 76 40,2 Enti di Ricerca 4 57,1 0 .. Regioni ed Autonomie Locali 2.509 52,4 18.247 49,1 Ministeri, Agenzie, Presidenza 15 53,6 1.307 63,8 Aziende Autonome 0 .. 0 .. Scuola e A.F.A.M. 1 50,0 0 .. Università 183 69,1 86 44,1 Totale Pubblico Impiego 4.190 57,3 20.302 50,1 Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
Anche le esperienze di telelavoro risultano prevalentemente al femminile (80%) e, inoltre, nel 90%
dei casi si tratta di buone pratiche messe in atto nel comparto delle Regioni e Autonomie Locali. Le
esperienze di telelavoro sono cresciute nel periodo considerato (erano poco più di 300 nel 2002),
ma sono ancora assolutamente minoritarie. 10
Tavola 11 - Telelavoro
Totale
(v.a.)
di cui donne
(v.a.)Quota di
donne Servizio Sanitario Nazionale 75 51 68,0 Enti Pubblici non Economici 8 8 100,0 Enti di Ricerca 4 1 25,0 Regioni ed Autonomie Locali 1.178 959 81,4 Università 49 39 79,6 Totale Pubblico Impiego 1.314 1.058 80,5 Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
10 Il telelavoro nella Pa è disciplinato dal “Regolamento recante disciplina del telelavoro nelle Pubbliche Amministrazioni, a norma dell'art. 4, comma 3, della legge 16 giugno 1998, n.191" (marzo 1999). Va sottolineato che in tale regolamento è prevista la possibilità per il/la dirigente di svolgere parte della propria attività in telelavoro.
Tendenze recenti del pubblico impiego
21
Introduzione In questa parte si vuole analizzare la situazione del personale, uomini e donne, presso gli Enti
Locali, qui intesi come amministrazioni comunali e amministrazione provinciale, della Provincia di
Varese e le azioni, interne (rivolte ai propri dipendenti) ed esterne (rivolte ai cittadini), messe in atto
dai medesimi enti e volte a favorire la parità.
I dati utilizzati in parte fanno riferimento all’intero universo di nostro interesse (Comuni e Provincia)
e sono informazioni che vengono raccolte annualmente dal Ministero dell’Economia e delle
Finanze, in particolare dal Dipartimento Ragioneria Generale dello Stato, attraverso il Conto
Annuale11 e in parte si riferiscono ai dati da noi direttamente raccolti tramite apposito questionario12
(nel testo verrà sempre specificato che dati stiamo analizzando). Nell’ultimo caso le informazioni
riguardano le amministrazioni che hanno debitamente compilato il questionario e che risultano 87
su 142 (61%) e occupano il 41% dei dipendenti, con una sovrarappresentazione tra i rispondenti
delle amministrazioni più piccole (in termini di numero di dipendenti)13.
Il capitolo 1 ha l’obiettivo di analizzare la struttura e la composizione del personale con attenzione
al genere. Gli aspetti indagati vanno dalla tipologia contrattuale, con particolare attenzione
all’utilizzo del part-time, alle aree funzionali in cui sono presenti le donne, alla formazione. Uno
specifico interesse è rivolto al tema della segregazione verticale, ovvero alla bassa presenza di
donne nelle qualifiche più elevate (dirigenti e segretari comunali), nel tentativo di capire quali siano
le variabili che influenzano tale situazione. Il paragrafo sesto è dedicato all’analisi dei dati relativi
all’uso dei congedi parentali e dei congedi per motivi di cura, come modificati dalla legislazione
degli ultimi anni (Legge 53/2000, Decreto Legislativo 151/2001). Infine, si fornirà qualche dato sul
fenomeno dell’esternalizzazione e sulle attività che i Comuni “delegano” ad enti esterni.
Il capitolo 2 si focalizza sulle azioni di parità, soffermandosi anzitutto sui riferimenti normativi, le
finalità, i contenuti e le modalità di elaborazione dei Piani di Azioni Positive, con particolare
attenzione al mondo della Pubblica Amministrazione. Vengono poi illustrate le caratteristiche dei
diversi organismi di parità che possono essere istituiti all’interno di un ente pubblico con lo scopo di
tutelare e promuovere la parità tra uomini e donne sia all’interno dell’Amministrazione che verso il
contesto esterno. Infine vengono riportati i dati che in proposito sono emersi dall’indagine sugli enti
locali del territorio provinciale.
Il capitolo 3 infine contiene una sintesi dei principali elementi emersi nell’indagine e prospetta
alcune possibili linee di azione.
11 Per maggiori dettagli si veda www.contoannuale.tesoro.it. Ringraziamo l’Ispettorato Generale per gli ordinamenti del personale e l’analisi dei costi del lavoro pubblico della Ragioneria Generale dello Stato e la Ragioneria Provinciale dello Stato di Varese per la collaborazione e la disponibilità accordataci nel fornirci i dati di nostro interesse. 12 Vedi Appendice 1 13 Tra le amministrazioni rispondenti risultano sovradimensionate le amministrazioni di piccole dimensioni, in termini di dipendenti, mentre il campione risulta sottodimensionato rispetto alle amministrazioni di dimensioni più elevate. Ringraziamo tutte le amministrazioni che hanno risposto al questionario.
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
22
1 – Donne e uomini negli Enti Locali della provincia
1.1 Tipologie contrattuali e presenza femminile In linea con le tendenze generali evidenziate nella premessa, il personale a tempo indeterminato
e a orario pieno impiegato presso i Comuni e la Provincia di Varese risulta in leggera diminuzione
(-0,8%), passando da 4858 unità del 2001 a 4817 unità del 200414. Tale lieve diminuzione risulta,
tuttavia, più che compensata dall’aumento del personale a tempo indeterminato part-time, che
cresce da 585 unità a 715 (+22% dal 2001 al 2004).
Tavola 1.1 - Personale a tempo indeterminato 2004 2003 2002 2001 Uomini Donne Totale Uomini Donne Totale Uomini Donne Totale Uomini Donne TotalePersonale a tempo indeterminato a orario pieno 2051 2766 4817 2063 2760 4823 2085 2748 4833 2088 2770 4858Personale a tempo indeterminato part-time 80 635 715 78 581 659 84 566 650 63 522 585Personale a tempo indeterminato totale 2131 3401 5532 2141 3341 5482 2169 3314 5483 2151 3292 5443Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
Anche i dipendenti con contratti di lavoro flessibile (tempo determinato e formazione lavoro) sono
complessivamente in aumento e, in particolare, sono i contratti di formazione lavoro che, pur
rimanendo su livelli contenuti, evidenziano una trend crescente passando, dal 2002 al 2004, da 22
a 41 unità. Tra i lavoratori estranei all’amministrazione, i lavoratori socialmente utili rimangono
sostanzialmente stabili (69 unità nel 2004) mentre i lavoratori interinali sono in netta diminuzione,
passando da 92 unità nel 2002 a circa 1/3 nel 2004 (30 unità)15.
Complessivamente, le forme di lavoro diverse dal contratto a tempo indeterminato hanno
un’incidenza pari al 10% sul totale del personale impiegato, inferiore all’incidenza rilevata a livello
nazionale per il comparto delle Regioni ed Autonomie Locali (13%). Tra i contratti diversi dal tempo
indeterminato, il peso più rilevante è quello dei contratti a tempo determinato (7.8%) mentre le altre
forme di lavoro hanno un’incidenza marginale.
14 I dati analizzati in questo paragrafo sono di fonte Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale. 15 I lavoratori con contratti di lavoro flessibile e i lavoratori estranei all’amministrazione sono conteggiati come “unità annue”, ottenute sommando i mesi lavorati dal personale che presta attività lavorativa a termine e dividendo il totale per 12 (i mesi lavorati da ogni singola unità di personale). Il personale con contratto di fornitura di lavoro temporaneo (interinale) e i lavoratori adibiti ai lavori socialmente utili vengono classificati come personale estraneo all’amministrazione poiché non instaurano direttamente un rapporto di lavoro con le amministrazioni pubbliche. Per ragioni di confrontabilità dei dati, l’analisi sui lavoratori con contratti di lavoro flessibile e i lavoratori estranei all’Amministrazione, si riferisce al periodo 2002-2004.
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
23
Tavola 1.2 - Personale con contratto di lavoro flessibile ed estraneo all'amministrazione 2004 2003 2002
Uomini Donne Totale Uomini Donne Totale Uomini Donne Totale Lavoratori dipendenti con contratti flessibili 140 379 519 103 361 464 117 413 530 Tempo determinato 120 358 478 90 344 434 102 406 508 Formazione lavoro 20 21 41 13 17 30 15 7 22 Lavoratori estranei all'amministrazione 49 50 99 70 93 163 55 101 156
Interinale 10 20 30 37 61 98 26 66 92 Lavori socialmente
utili 39 30 69 33 32 65 29 35 64 Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
Tavola 1.3 - Incidenza delle diverse tipologie contrattuali sul totale del personale 2004 Uomini Donne Totale Personale a tempo indeterminato totale 91,9 88,8 90,0 Personale a tempo indeterminato ad orario pieno 88,4 72,2 78,3 Personale a tempo indeterminato a part-time 3,4 16,6 11,6 Lavoratori dipendenti con contratti flessibili 6,0 9,9 8,4 Tempo determinato 5,2 9,3 7,8 Formazione lavoro 0,9 0,5 0,7 Lavoratori estranei all'amministrazione 2,1 1,3 1,6 Interinale 0,4 0,5 0,5 Lavoratori socialmente utili 1,7 0,8 1,1 Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
Va ricordato che i contratti di collaborazione non sono inclusi nelle tipologie di lavoro flessibile
poiché vengono rilevati nel Conto Annuale come numero di contratti stipulati e non come numero
di “unità annue” e, pertanto, non sono confrontabili con i dati sul numero di lavoratori. Nel 2002 il
numero di contratti di collaborazione coordinata continuativa stipulati dai Comuni e dalla Provincia
di Varese e rilevati nel Conto Annuale risultavano 949, nel 2004 tale numero scende a 79516 ma, a
questi vanno aggiunti gli incarichi di studi/ricerca e di consulenza che sono più numerosi, 86317.
All’interno di questo scenario, vediamo che la presenza femminile aumenta di circa un punto
percentuale, arrivando nel 2004 al 61.5% del personale a tempo indeterminato. Tale percentuale
risulta notevolmente superiore al valore rilevato a livello nazionale per il comparto delle Regioni e
Autonomie Locali (47.6%). In particolare la presenza di donne è cresciuta, soprattutto tra i part-
timers, dove raggiunge l’89%.
Le donne, inoltre, risultano sovrarappresentate tra i lavoratori a tempo determinato (75%) e tra i
lavoratori con contratto di lavoro interinale (67%) mentre è inferiore alla media la quota di donne
impiegate con contratto di formazione e lavoro (51%) e tra i lavoratori socialmente utili (43%).
Complessivamente, la quota di donne occupate con contratti flessibili o come lavoratrici estranee
16 Art. 1, c. 116 legge n. 311/04. 17 Art. 1, c. 11 e 42 legge n. 311/04.
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
24
all’amministrazione (11%) risulta inferiore alla media nazionale del comparto delle Regioni ed
Autonomie Locali (15%) ma decisamente superiore all’analoga percentuale tra gli uomini (8%)18. In
letteratura, la sovrarappresentazione delle donne nelle tipologie contrattuali diverse dal lavoro a
tempo indeterminato viene vista, da un lato, come ampliamento delle possibilità lavorative per le
donne e, dall’altro, come nuova forma di segregazione, che viene definita di “status
occupazionale”, che si aggiunge alle “tradizionali” forme di segregazione orizzontale (tra settori,
professioni) e verticale (livelli gerarchici) e che comporta un maggior utilizzo della flessibilità per le
lavoratrici.
1.2 Cresce il part-time, cresce l’occupazione femminile L’utilizzo del part-time dal 2001 al 2004 è cresciuto, passando da un’incidenza sul totale del
personale a tempo indeterminato del 10.7% al 12.9%, e in particolare è aumentato per la
componente femminile (dal 15.9% al 18.7%), che, come noto, maggiormente utilizza tale tipologia
di lavoro (l’incidenza del part-time per gli uomini è del 3.8%).
L’incremento del part-time costituisce un segnale positivo per l’occupazione femminile e la
partecipazione delle donne al mercato del lavoro, a maggior ragione in un paese come l’Italia dove
la quota di lavoratrici part-time è circa la metà rispetto alla media europea (17.3% vs. 34%)19.
Diversi studi empirici, infatti, mostrano come esista una correlazione positiva tra il livello di
18 Ricordiamo che nei contratti di lavoro flessibile non sono inclusi i collaboratori. Il dato dei collaboratori, inoltre, non è disaggregato per sesso. Nel questionario da noi elaborato abbiamo inserito la disaggregazione per genere ma le risposte compilate risultano insufficienti per un’analisi di genere. 19 Fonte Eurostat, 2003
Grafico 1.1 - Tasso di femminilizzazione per tipologia contrattualeQuota di donne sul totale del personale per tipologia contrattuale
57,4
88,8
61,5
74,9
51,2
66,7
43,5
0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0 80,0 90,0
100,0
Tempo indeterminato orario pieno
Tempo indeterminato
part-time Tempo
indeterminatototale
Tempodeterminato
Formazione lavoro Interinale Lavoratorisocialmente utili
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
25
occupazione femminile e il grado di diffusione del part-time20; non a caso i paesi del Nord Europa
sono quelli che evidenziano i più alti tassi di occupazione femminile accanto a elevate percentuali
di utilizzo del part-time. È noto che, per molte donne, in particolare per le madri di due o più figli,
come evidenziato anche in una recente indagine Cnel-Istat21, il part-time costituisce una modalità
di conciliazione tra lavoro extra-domestico e impegni famigliari.
Nell’indagine citata, le neo-mamme intervistate dichiarano di ricorrere al part-time (43% con due o
più figli) quale strumento per trovare un equilibrio tra il ruolo di mamma e di donna lavoratrice, con
la motivazione di avere più tempo da dedicare ai figli e alla famiglia. Il part-time, sempre in base
alle risposte delle neo-mamme, è uno strumento valido per conciliare lavoro e famiglia, tanto che
l’81% delle lavoratrici part-time dichiara di non avere problemi di conciliazione mentre tale
percentuale scende al 47% per le lavoratrici a tempo pieno. La crescita del part-time, dunque, è un
fatto positivo per l’occupazione femminile ma occorre che sia un part-time volontario, ovvero che
sia una scelta delle donne, e reversibile, in base alle diverse esigenze che si presentano lungo
l’arco della vita, in modo che non diventi un part-time “subito” e un ripiego rispetto a un impiego a
tempo pieno che è difficile da trovare.
Tavola 1.4 - Incidenza del part-time sul totale dei dipendenti a tempo indeterminato
Anno Uomini Donne Totale 2001 2,9 15,9 10,7 2002 3,9 17,1 11,9 2003 3,6 17,4 12,0 2004 3,8 18,7 12,9
Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
L’impiego del part-time femminile nei Comuni e nella Provincia di Varese è superiore alla media
nazionale del comparto (18.7% vs. 12.8%) e, probabilmente anche per questo motivo, la quota di
donne occupate nei Comuni e nella Provincia di Varese è superiore al dato nazionale del comparto
(61.5% vs. 47.6%).
Dall’analisi dell’utilizzo del part-time disaggregato per qualifica emerge chiaramente che per le
qualifiche più elevate e per livelli di responsabilità maggiori (con esclusione della fascia dirigenziale
che, come si è visto nella Premessa, non ha accesso a questo istituto)22 l’uso del part-time è
20 Samek M., Semenza R. (2001), Le forme di lavoro non standard: Italia e Lombardia a confronto nel contesto europeo, Franco Angeli, Milano. 21 Seminario Cnel-Istat, Maternità e partecipazione delle donne al mercato del lavoro: tra vincoli e strategie di conciliazione,Roma, 2 dicembre 2003. 22 Il lavoro a tempo parziale nella Pubblica Amministrazione è disciplinato dalla legge 662/1997 (art 1, comma 57) che esclude la dirigenza dalla possibilità di accedere a questo istituto (si veda anche la circolare del Dipartimento della funzione Pubblica 3/1997). In proposito la Circolare 6/1997 del Dipartimento della Funzione Pubblica precisa che “la ragione principale dell'esclusione risiede nella particolare configurazione giuridica della qualifica dirigenziale, caratterizzata da poteri e responsabilità di gestione. Ciò esclude la possibilità di una riduzione o frazionamento della prestazione lavorativa”.
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
26
contenuto (8.9% posizione economica D) mentre risulta più elevato per le qualifiche più basse
(12.5% posizione economica B, 14.6% posizione economica A).
La qualifica non è l’unico fattore che incide sull’utilizzo del part-time. Presenza femminile e part-
time si influenzano a vicenda: dove le donne sono presenti in maniera preponderante, in
particolare nella posizione economica C arrivano al 71.6%, il part-time raggiunge i valori più elevati
(15.4% sul totale del personale e oltre il 20% tra le donne), oppure, leggendo la relazione nell’altro
senso, dove l’uso del part-time è più elevato, si concentrano le donne e, in molti casi, come
vedremo più avanti, non vanno oltre.
Tavola 1.5 - Part-time e presenza femminile per qualifica
Quota di part-time
sul totale Quota di donne
sul totale Posizione economica D 8,9 54,8 Posizione economica C 15,4 71,6 Posizione economica B 12,5 54,9 Posizione economica A 14,6 54,2 Totale 12,9 61,5 Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
Sembrerebbe che fino a determinati livelli gerarchici le donne sono presenti e quando hanno
necessità di conciliare l’attività lavorativa con gli impegni famigliari e di cura hanno la possibilità di
lavorare a tempo parziale. Per le qualifiche più elevate, invece, il modello prevalente, anche
perché sono ancora gli uomini la maggioranza, è ancora quello “maschile” che in pochi casi
prevede l’utilizzo del part-time e anzi, più spesso, può prevedere orari di lavoro difficilmente
conciliabili con la gestione famigliare.
La crescita del part-time, dunque, fa bene all’occupazione femminile ma non si dovrebbe
dimenticare che, al fine di favorire realmente le pari opportunità tra uomini e donne, l’uso del tempo
parziale dovrebbe essere accompagnato da due tipologie di azioni: da un lato, si dovrebbe favorire
una maggiore condivisione del lavoro domestico e di cura tra uomini e donne in modo che il part-
time non rimanga una prerogativa esclusivamente femminile e, dall’altro, si dovrebbe incoraggiare
l’uso del tempo parziale e in generale di orari di lavoro family friendly, anche per le qualifiche più
elevate.
Infine, due sono i dati relativi al personale degli Enti Locali della Provincia di Varese che ci sembra
utile mettere in evidenza e che dovrebbero far ulteriormente riflettere sul tema della condivisione e
della conciliazione:
• quasi il 90% dei part-timers è donna;
• il 76% delle donne che lavorano a tempo parziale ha un orario di lavoro superiore al 50%.
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
27
1.3 La carriera delle donne Da un recente studio del World Economic Forum che ha elaborato un indice delle differenze di
genere (Gender gap index), emerge che l’Italia si colloca agli ultimi posti (45esima posizione
all'interno di una classifica di 58 Paesi), ultimi in assoluto tra i membri del G7 e penultimi in
Europa, dove precediamo solo la Grecia. In cima alla classifica le donne del Nord Europa: le
svedesi al primo posto (con un indice del 5,53 in una scala da 1 a 7), seguite da norvegesi,
islandesi, danesi e finlandesi. L’indice considera cinque criteri: la partecipazione economica e la
parità di remunerazione tra i due sessi; le opportunità di accesso a tutti i tipi di lavoro; la
rappresentatività nelle strutture decisionali dei paesi; l'accesso all'educazione; l'assistenza alla
salute e alla maternità.
L'Italia detiene il primato negativo per partecipazione e opportunità economiche (51esimo e 49
esimo posto) e si colloca al 48esimo posto per presenze femminili al potere.
La notizia non dovrebbe sorprendere se consideriamo che già nel 2004 l’Istat, facendo il punto
sulla situazione femminile23, aveva messo in evidenza alcune criticità sul tema donne e potere in
Italia:
• le difficoltà delle donne ad affermarsi nei luoghi decisionali più alti è evidente in ambito
economico e politico. Nelle 50 aziende più grandi presenti in Italia solo 1.3% dei consiglieri di
amministrazione è donna e in ambito politico la presenza femminile è piuttosto esigua (17% tra
i Deputati, 15% tra i Senatori e 24% tra i Ministri, con 6 donne Ministri di cui solo una a un
Ministero con portafoglio).
• Le donne fanno avanzamenti di carriera molto più del passato ma sempre molto meno
rispetto agli uomini e il gender gap rimane elevato. La quota di donne tra i dirigenti è pari al
23% e al 37% tra i direttivi e quadri.
• Nella Pubblica Amministrazione la posizione delle donne nei luoghi decisionali migliora ma i
livelli sono ancora bassi. Tra i Magistrati di Cassazione con funzioni superiori, la presenza
femminile si attesta al 7.4%; nei Ministeri le donne tra i dirigenti di prima fascia sono solo il
16.6%; nella Sanità le donne tra i medici dirigenti di una struttura complessa sono il 10%;
nell’Università solo una donna è rettore; tra i dirigenti scolastici le donne sono il 39%, a fronte,
però di una presenza preponderante nel restante personale.
Considerando la situazione generale, abbiamo ritenuto opportuno dare ampio spazio all’analisi
della situazione del personale per qualifica negli enti del nostro territorio oggetto dell’indagine.
Per l’analisi della struttura per qualifica in ottica di genere abbiamo calcolato la quota di donne sul
totale degli occupati per qualifica, in letteratura denominato tasso di femminilizzazione totale
(TFT)24, e, per meglio cogliere la sovra/sottorappresentazione delle donne per ciascuna qualifica, il
23 Istat 2004, Come cambia la vita delle donne. 24 Tale indicatore è dato dal rapporto percentuale tra il numero di lavoratrici donne occupate in un determinata qualifica sul totale degli occupati nella medesima qualifica. Tale tasso rappresenta quindi la quota di donne occupate sul totale degli occupati in una determinata qualifica.
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
28
coefficiente di rappresentazione femminile (CRF). Tale indicatore è dato dal rapporto tra la quota di
donne presenti in un determinata qualifica e la quota di donne occupate in totale e permette di
cogliere la presenza relativa, ovvero rapportata al totale delle donne per qualifica25.
Dall’analisi dei dati dei Comuni e della Provincia di Varese emerge in maniera evidente che sono
poche le donne tra i direttori generali, i dirigenti e i segretari comunali, solo 26 donne, ovvero meno
della metà rispetto alla presenza femminile totale.
Le donne, inoltre, pur costituendo una buona percentuale, risultano sottorappresentate (ovvero
costituiscono una quota inferiore alla presenza media di donne) nella posizione economica D: 55
donne su 100 a fronte di una presenza di 62 donne su 100 nel totale.
Le donne, invece, sono sovrarappresentate nella posizione economica C, che vede 72 donne con
tale qualifica ogni 100 occupati nella medesima posizione.
Particolarmente significativa è la differente presenza femminile nella categoria C5, dove raggiunge
l’80%, e nella qualifica successiva (posizione economica di accesso D1), dove la quota di donne
scende al 54%. Le donne arrivano ad un determinato livello e poi, per motivi diversi, faticano a fare
il “salto di qualità” e accedere a posizioni di maggiore responsabilità e potere.
Rispetto alla situazione delle donne nel 2001, notiamo che la quota di donne nella posizione
economica D è salita di circa 3 punti percentuali (dal 52% al 55%) mentre la quota di donne tra i
segretari e le qualifiche dirigenziali è rimasta sostanzialmente invariata (26%).
Tavola 1.6 - Presenza femminile per qualifica
2004
Tasso di femminilizzazione
totale
Coefficiente di rappresentazione
femminile Segretario, direttore generale, qualifica dirigenziale 25,6 0,42 Posizione economica D 54,8 0,89 Posizione economica C 71,6 1,16 Posizione economica B 54,9 0,89 Posizione economica A 54,2 0,88 Totale complessivo 61,5 1,00
2001
Tasso di femminilizzazione
totale
Coefficiente di rappresentazione
femminile Segretario, direttore generale, qualifica dirigenziale 26,4 0,44 Posizione economica D 52,0 0,86 Posizione economica C 69,5 1,15 Posizione economica B 57,3 0,95 Posizione economica A 48,9 0,81 Totale complessivo 60,5 1,00 Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
25 Il coefficiente assume valore 1 in caso di perfetto equilibrio tra i sessi. Valori maggiori dell’unità indicano una prevalenza relativa di donne nella qualifica, mentre valori sotto l’unità indicano una maggioranza relativa di uomini.
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
29
L’accesso di un numero maggiore di donne nella posizione economica D è senz’altro legato
all’incremento del livello di scolarizzazione della popolazione femminile, in particolare all’aumento
del numero di donne laureate.
Analizzando la distribuzione per titolo di studio e qualifica nel 2001 e nel 2004, notiamo che la
quota di donne dipendenti in possesso di laurea nel 2001 era di molto inferiore all’analoga quota
maschile (11.6% vs. 17.2%) mentre nel 2004 cresce la presenza di dipendenti laureate e il gap
rispetto agli uomini diminuisce (14.1% vs. 17.8%). Le dipendenti donne rimangono comunque
molto concentrate, più dei colleghi uomini, tra i possessori di licenza media superiore (63% donne
vs. 48% uomini). Ciò spiega, almeno in parte, la maggiore presenza di donne nella posizione
economica C e la minore presenza nel livello successivo.
Tavola 1.7 - Livello di istruzione del personale dipendente per genere 2001 2004 Uomini Donne Uomini Donne
Fino alla scuola dell'obbligo 35,1 24,4 33,8 22,3 Licenza media superiore 47,7 64,0 48,1 63,3 Laurea 17,2 11,6 17,8 14,1 Specializzazione post laurea 0,0 0,0 0,3 0,2 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
La continua crescita del livello di istruzione delle donne italiane, specialmente delle leve più
giovani, ci fa supporre che il processo di crescita della quota di donne nelle qualifiche più elevate,
già in atto, possa continuare in maniera ancora più evidente negli anni futuri26.
In linea generale, inoltre, diversi studi hanno evidenziato come il carico di lavoro famigliare incida
sulla presenza femminile nei livelli più alti27. All’aumentare del carico di lavoro famigliare,
diminuiscono le donne che ricoprono posizioni lavorative elevate (18% single, 11% in coppia senza
figli, 10% in coppia con figli). I temi della condivisione e della conciliazione, dunque, si
ripropongono come centrali per una crescita lavorativa delle donne e per una effettiva parità tra i
sessi.
Tornando ai dati relativi agli enti del nostro territorio, e utilizzando il data-base costruito con i dati
delle amministrazioni rispondenti alla nostra indagine28, siamo andati a verificare per ciascuna
amministrazione l’esistenza o meno di fenomeni di segregazione verticale. Per non avere
segregazione verticale, in ogni amministrazione la proporzione di donne tra le qualifiche più
elevate dovrebbe rispecchiare la percentuale di donne dipendenti presenti nella stessa 26 I dati Istat mettono in evidenza come già nel 2002 la quota di laureate sulle venticinquenni, pari al 23%, sia superiore all’analoga quota di laureati di sesso maschile (17%). Cfr. Istat 2004, Come cambia la vita delle donne. 27 Cfr. Istat 2004, Come cambia la vita delle donne. 28 Tasso di risposta 61% con una sottorappresentazione delle amministrazione di grandi dimensioni, in termini di numero di dipendenti (41% in termini di dipendenti).
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
30
amministrazione, ad esempio se in una amministrazione le donne sono il 60% dei dipendenti,
dovrebbero essere il 60% anche tra le qualifiche più elevate.
Graficamente (si veda grafico 1.2) le amministrazioni, rappresentate dai triangoli, nelle quali non
sussiste il fenomeno della segregazione verticale dovrebbero disporsi lungo la bisettrice, linea
lungo la quale la percentuale di donne tra le qualifiche più elevate (direttori generali, qualifica
dirigenziale, segretari e posizione economica D) è uguale alla percentuale di donne tra i
dipendenti.
La maggior parte delle amministrazioni, invece, si dispone al di sopra della bisettrice, ovvero la
maggior parte delle amministrazioni vede una quota di donne nei livelli più alti inferiore alla
presenza femminile tra i dipendenti, e ciò avviene nel 67% dei casi.
Solo il 33% delle amministrazioni vede una presenza femminile tra le qualifiche più elevate
superiore o uguale alla presenza di donne tra i dipendenti. Le amministrazioni che possono essere
considerate casi di eccellenza sono quelle con una quota di dipendenti donne superiore alla media
delle amministrazioni e con una percentuale di donne con qualifiche elevate superiore alla
porzione di donne tra i dipendenti e risultano 20 casi (nel quadrante in alto, sopra la riga della
media e sotto la bisettrice).
Grafico 1.2 - Relazione tra quota di donne con qualifiche elevate e quota di donne dipendenti
0,0
20,0
40,0
60,0
80,0
100,0
120,0
0,0 20,0 40,0 60,0 80,0 100,0 120,0
Percentuale di donne con qualifiche elevate
Perc
entu
ale
dipe
nden
ti do
nne
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
31
Al fine di evidenziare ulteriori relazioni che possono sottostare ad una sottorappresentazione delle
donne nelle qualifiche dirigenziali e nella posizione economica D, abbiamo studiato l’interazione
con le seguenti variabili:
1. quota di donne complessivamente presenti nell’ente;
2. quota di dirigenti e posizione economica D sul totale dei dipendenti;
3. dimensione dell’ente misurata come numero di dipendenti totali29.
In sintesi, si vuole verificare se gli enti che vedono un’alta presenza femminile tra i propri
dipendenti vedano anche una presenza femminile superiore alla media tra le qualifiche più elevate;
se gli enti che vedono una percentuale superiore alla media di dipendenti con qualifiche elevate
vedano anche una maggiore presenza femminile nelle medesime qualifiche, e, infine, se gli enti
con un numero di dipendenti inferiore o superiore alla media siano anche quelli che hanno una
presenza maggiore di donne nelle posizioni elevate.
Per verificare le tre ipotesi abbiamo analizzato le caratteristiche delle amministrazioni che hanno
una quota di donne tra le qualifiche più elevate superiore alla media. Tra queste amministrazioni,
quasi il 70% ha una quota di donne tra i dipendenti superiore all’insieme delle amministrazioni.
Le amministrazioni che vedono molte donne tra le qualifiche elevate sono, nella maggioranza dei
casi, quelle che hanno tante donne tra i dipendenti. Dunque, la quota di donne tra i dipendenti è
rilevante nel determinare la percentuale di donne tra le qualifiche più elevate.
Questo risultato è confermato anche dal calcolo dell’indice di correlazione30 tra la quota di donne
con qualifiche più elevate e la percentuale di donne tra i dipendenti. Tale indice risulta positivo,
dunque il legame tra le due variabili è diretto, al crescere della quota di donne tra i dipendenti
cresce anche la quota di donne nelle qualifiche più elevate, e piuttosto elevato (0.53), quindi il
contributo del numero di donne tra i dipendenti ha un’influenza rilevante sul numero di donne tra le
qualifiche elevate.
Tra le amministrazioni con un livello di donne con qualifiche elevate superiore alla media, abbiamo
poi verificato quante avessero anche una quota di dipendenti, uomini e donne, con qualifiche
elevate superiore alla media. Ciò si verifica in poco più della metà dei casi, quindi non è sempre
29 Per questo tipo di verifica ci siamo basati sulla sperimentazione effettuata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione Pubblica (2005), Sperimentare in ottica di genere. Le amministrazioni pubbliche verso una cultura organizzativa che valorizza le differenze. Analisi e strumenti per l’innovazione, le esperienze, Edizioni Scientifiche Italiane. La metodologia adottata ha preso spunto dalla sperimentazione citata ed è stata adattata alla specificità e alla numerosità campionaria della nostra indagine. 30 L’indice di correlazione viene calcolato per sapere se esiste un 'legame' tra due caratteri quantitativi, e cioè se uno di essi esercita un'influenza sull'altro e per avere una misura di questo “legame”. Quando la dipendenza tra due variabili è lineare si parla di correlazione lineare. Per valori dell’indice r=1 si ha il massimo di correlazione diretta; r=-1 si ha il massimo di correlazione inversa e per r=0 non si ha correlazione. La correlazione si dice diretta se ai valori crescenti di una variabile corrispondono valori pure crescenti dell'altra variabile; la correlazione si dice inversa se ai valori crescenti di una variabile corrispondono valori decrescenti dell'altra variabile.
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
32
vero che dove ci sono più posti con qualifiche elevate ci siano anche più donne che riescono ad
accedervi31.
Infine, abbiamo controllato quante, tra le amministrazioni virtuose, avessero un numero di
dipendenti superiore o inferiore alla media. Scorrendo l’elenco delle amministrazioni notiamo che ci
sono Comuni molto piccoli, amministrazioni medie e di grandi dimensioni.
Il numero di dipendenti, dunque, non sembra incidere in maniera univoca sulla quota di donne con
qualifiche elevate.
1.4 Tante donne, ma in quali aree? L’occupazione femminile si concentra in alcuni settori produttivi, tipicamente la presenza femminile
è elevata nel settore terziario (servizi alla persona, servizi alle imprese…), e in alcune professioni,
si pensi alla ragioniera o all’impiegata amministrativa in generale, configurando il fenomeno della
segregazione occupazionale orizzontale.
Storicamente il pubblico impiego è un settore ad elevato tasso di femminilizzazione. Ricordiamo
che la quota di donne occupate nel settore pubblico in Italia è pari al 53%32, a fronte di una
presenza di donne sull’insieme degli occupati pari al 38%33.
Nei Comuni e nell’Amministrazione provinciale di Varese, abbiamo visto che la presenza di donne
trai dipendenti è ancora più elevata e raggiunge il 61.5%. Abbiamo però voluto indagare in quali
settori/uffici all’interno degli enti fossero presenti le donne, al fine di evidenziare eventuali situazioni
di sottorappresentazione, per così dire, di “secondo livello” (intendendo per “primo livello” i settori
economici).
In questo tipo di analisi abbiamo utilizzato i dati da noi raccolti tramite apposito questionario e che
fanno riferimento solo ad una parte delle amministrazioni oggetto di indagine, ovvero quelle che
hanno restituito il questionario compilato. Le amministrazioni che hanno risposto a questa
domanda sono state 87 (61%) ed occupano circa il 41% dei dipendenti totali34.
La suddivisione in settori dei Comuni risulta alquanto diversificata e, per permettere a Comuni di
dimensioni molto diverse di rispondere a questa domanda abbiamo proposto una classificazione
molto aggregata dei diversi uffici35:
31 Risultato simile a quanto rilevato a livello nazionale; cfr. Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione Pubblica (2005), Sperimentare in ottica di genere. Le amministrazioni pubbliche verso una cultura organizzativa che valorizza le differenze. Analisi e strumenti per l’innovazione, le esperienze, Edizioni Scientifiche Italiane. 32 Si veda la premessa “Tendenze recenti del pubblico impiego” del presente lavoro. Dato al 2003. 33 Istat, media forze lavoro 2003. 34 Tra le amministrazioni rispondenti risultano sovradimensionate le amministrazioni di piccole dimensioni, in termini di dipendenti, mentre il campione risulta sottodimensionato rispetta alle amministrazioni di dimensioni più elevate. 35 Tale classificazione corrisponde a quella esistente nel Comune di Malnate, Comune di medie dimensioni che, insieme al Comune di Somma Lombardo, ha collaborato alla fase di testing e di definizione del questionario. Ringraziamo i due Comuni per la disponibilità e la collaborazione accordataci.
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
33
• Area Staff comprendente segreteria generale, ufficio relazioni con il pubblico, ufficio contratti,
CED, ufficio protocollo, anagrafe;
• Area Programmazione comprendente ragioneria, ufficio tributi, personale ed economato;
• Area Servizi alla Persona comprendente servizi culturali, servizi educativi-sport, servizi sociali,
asili nido, InformaGiovani e InformaLavoro, biblioteca, museo.
• Area Edilizia e Lavori Pubblici comprendente ufficio edilizia privata, ufficio urbanistica e
progettazione;
• Area Manutenzioni ed Ecologia comprendente ufficio manutenzioni, ufficio ecologia e servizio
cimiteriale;
• Area Polizia Locale comprendente ufficio comandi verbali, ufficio mobilità e segnaletica, ufficio
vigilanza e territorio, ufficio notifiche-cessione fabbricati, ufficio attività produttive ed
economiche.
Dalla tavola che segue è evidente che, anche in un settore altamente femminilizzato, esistono
differenze di genere, anche rilevanti, nella distinzione tra aree. Come era facile prevedere, le
donne sono sovra-rappresentate nell’area Servizi alla Persona dove il 90% dei dipendenti delle
amministrazioni rispondenti è donna, nell’area Programmazione (80%) e nell’area Staff (76%),
mentre la presenza femminile è bassa nell’area Manutenzioni ed Ecologia (19%), Polizia Locale
(28%) e nell’area Edilizia e Lavori Pubblici (45%).
Tavola 1.8 - Dipendenti per area funzionale
Valori assoluti Valori
percentuali Aree Uomini Donne Totale Quota di donneStaff 88 274 362 75,7Programmazione 53 211 264 79,9Servizi alla Persona 33 310 343 90,4Edilizia e Lavori Pubblici 110 89 199 44,7Manutenzioni ed Ecologia 196 47 243 19,3Polizia Locale 130 51 181 28,2Totale dipendenti 610 982 1592 61,7Note: Rispondenti 86 su 141 (61%), che rappresentano il 34% dei dipendenti Fonte: Dati raccolti con indagine dell'Ufficio Consigliera di Parità Provinciale
Per l’Ente Provincia di Varese disponiamo di dati più dettagliati che presentiamo nella tavola 1.9.
I settori che vedono una quota di donne particolarmente elevata sono la Presidenza e il Controllo
di Gestione, dove il 100% delle impiegate sono donne, le Politiche Sociali (92% di dipendenti), il
settore Lavoro, Formazione Professionale e Istruzione (81%). I settori, invece, dove le donne sono
sotto-rappresentate sono la Sicurezza (9%), Patrimonio e Beni Architettonici (23%), CED (25%),
Viabilità e Trasporti (33%).
Anche in un settore che vede una presenza femminile consistente, continua a sussistere una
differenziazione anche rilevante tra le diverse aree/uffici.
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
34
Tavola 1.9 - Dipendenti dell’amministrazione provinciale per settore
1.5 La formazione L’importanza dell’attività di formazione nella Pubblica Amministrazione sta divenendo sempre più
evidente. Gli ultimi anni sono stati anni di cambiamenti significativi per la Pubblica Amministrazione
sia dal punto di vista legislativo e istituzionale sia sul piano organizzativo e amministrativo. Proprio
per questo, una programmazione e una gestione efficace delle attività di formazione possono
costituire un supporto indispensabile per amministrare al meglio i processi di innovazione e
supportare le decisioni a tutti i livelli36.
Consapevoli che la formazione può costituire una leva di sviluppo organizzativo e di gestione
ottimale del personale che valorizzi anche le differenze di genere, abbiamo inserito nel
questionario inviato agli enti del nostro territorio alcune domande sull’attività formativa, proprio per
tentare una prima valutazione in ottica di genere.
Fatte queste premesse, la prima domanda che abbiamo posto alle amministrazioni riguarda i piani
formativi, ovvero abbiamo chiesto alle amministrazioni se avessero redatto o meno piani per la
formazione. La programmazione delle attività formative e la gestione dell’intero “ciclo formativo”
(individuazione delle esigenze formative, progettazione delle attività formative, monitoraggio e
valutazione della formazione) possono costituire elementi importanti anche per far emergere e
valorizzare le differenze di genere. Differenze di genere che possono riguardare differenti esigenze
36 Il Formez, in convenzione con la Presidenza dei Ministri - Dipartimento della Funzione Pubblica, ha avviato un progetto sul tema della formazione nella Pubblica Amministrazione, Qualità ed efficacia della formazione pubblica. Per approfondimenti rimandiamo al sito di Formez www.formez.it.
Settori Quota
di donne Agricoltura e gestione faunistica 72,7Ambiente, ecologia, energia 50,0Bilancio, affari generali e protezione civile 65,7Lavoro, formazione professionale ed istruzione 80,9Marketing territoriale e identità culturale 69,4Patrimonio e beni architettonici 23,1Personale, organizzazione, logistica 56,5Politiche comunitarie 77,8Politiche sociali 91,7Sicurezza 8,8Strutture scolastiche, prescolastiche e settore edilizia 44,1Territorio 78,6Viabilità e trasporti 33,3CED 25,0Controllo gestione 100,0Agenzia formativa 58,8Presidenza 100,0Totale 58,1Fonte: Dati raccolti con indagine dell'Ufficio Consigliera di Parità Provinciale
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
35
formative e differenti valutazioni delle modalità di erogazione della formazione, specie in
riferimento agli orari di svolgimento delle attività formative.
Delle 86 amministrazioni che hanno risposto al questionario, solo 12 amministrazioni (14%) hanno
predisposto piani formativi per i propri dipendenti. Tale dato, molto basso, risente della presenza
sul territorio di molti Comuni di piccole dimensioni (presenza peraltro sovrastimata nel nostro
campione) nei quali l’esigenza di esplicitare la programmazione di attività formative per pochi
dipendenti non è molto sentita. Considerando solo le amministrazioni del nostro campione con
oltre 10.000 abitanti, la percentuale di amministrazioni che hanno predisposto il Piano formativo
sale al 43%, comunque inferiore al dato che emerge nell’8° Rapporto sulla formazione nella P.A.
per i Comuni della stessa dimensione (56%)37.
Altre 4 amministrazioni, pur non avendo predisposto piani formativi, hanno organizzato giornate di
formazione per i propri dipendenti (nel complesso 19%). La quota di amministrazioni che hanno
organizzato attività formative potrebbe risultare sottostimata in quanto nel campione dei
rispondenti, lo ribadiamo, le amministrazioni di dimensioni più grandi che, generalmente, sono
quelle più predisposte ad organizzare giornate formative per i dipendenti, risultano
sottodimensionate.
Un’ulteriore nota doverosa riguarda la raccolta dei dati sulla formazione. Raccogliere e
assemblare i dati sulla formazione non è semplice poiché le diverse amministrazioni rilevano tali
dati in modo differente e generalmente assumono come unità di riferimento le singole azioni
formative (corsi, seminari) con l’indicazione delle giornate lavorative e delle persone coinvolte per
ciascuna azione. Quando viene richiesto il numero di dipendenti che hanno partecipato a giornate
di formazione, dunque, le amministrazioni restituiscono la sommatoria dei partecipanti ad iniziative
formative, e ad uno stesso valore possono corrispondere situazioni molto diverse, ad esempio 100
persone di una stessa amministrazione che hanno partecipato ciascuna ad un corso tra 5
organizzati oppure 20 persone che hanno seguito tutti i 5 corsi38.
Pur consapevoli della parzialità dei dati raccolti sulla formazione, vogliamo fornire qualche
indicazione che deriva dalla lettura degli stessi. Dalle cifre indicate dalle amministrazioni che
hanno dichiarato di aver organizzato giornate di formazione per i propri dipendenti e che hanno
debitamente compilato la relativa tavola, emerge che l’incidenza del numero di partecipanti39 sul
totale dei dipendenti è leggermente inferiore tra le donne, con uno scarto di 1 punto percentuale
(34.6% donne vs. 35.7% uomini).
37 Formez (2005), 8° Rapporto nazionale sulla formazione nella P.A. Lo scenario della formazione nel sistema delle autonomie locali. 38 Le stesse difficoltà sono evidenziate nella sperimentazione effettuata dal Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione Pubblica (2005), Sperimentare in ottica di genere. Le amministrazioni pubbliche verso una cultura organizzativa che valorizza le differenze. Analisi e strumenti per l’innovazione, le esperienze, Edizioni Scientifiche italiane. 39 Ricordiamo che se uno stesso dipendente ha partecipato a due corsi di formazione in un anno viene conteggiato due volte.
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
36
Nella maggioranza delle amministrazioni che hanno organizzato attività formative il principio
sancito dall’art. 57 del D.Lgs. 165/2001 “Le pubbliche amministrazioni, al fine di garantire pari
opportunità tra uomini e donne per l’accesso al lavoro ed il trattamento sul lavoro [….]
garantiscono la partecipazione delle proprie dipendenti ai corsi di formazione e di aggiornamento
professionale in rapporto proporzionale alla loro presenza nelle amministrazioni interessate ai corsi
medesimi, adottando modalità organizzative atte a favorire la partecipazione, consentendo la
conciliazione fra vita professionale e familiare” sembra venga rispettato. Tra le amministrazioni che
hanno risposto, le donne costituiscono complessivamente il 62% e tale quota viene mantenuta,
con uno scarto minimo, nella partecipazione ai corsi di formazione (61%).
L’ultima informazione richiesta riguarda il numero di ore di formazione. Dai dati raccolti si desume
che il numero medio di ore di formazione per partecipante è di 24 ore40. Questo valore, che
potrebbe sembrare basso, assume rilevanza se si pensa che il numero medio di ore di formazione
rilevato nelle imprese con più di 100 dipendenti della provincia di Varese è di sole 15 ore41.
1.6 Lavoro di cura: ancora un lavoro femminile Nel 2000 si è arrivati, grazie al lavoro di tanti anni sui temi della parità tra uomo e donna,
all’approvazione della legge 53 “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il
diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi della città” e, successivamente,
all’approvazione del Decreto Legislativo n. 151 del 2001 “Testo unico delle disposizioni legislative
in materia di tutela e di sostegno della maternità e della paternità”. Una novità importante introdotta
è che vengono estesi anche ai padri parte dei diritti prima riconosciuti solo alle madri.
Abbiamo voluto approntare un primo monitoraggio, con alcune domande inserite nel questionario,
dei cambiamenti introdotti relativi all’utilizzo dei congedi.
L’innovazione più rilevante riguarda la possibilità di utilizzare il congedo parentale anche da parte
dei padri. L’art. 32 del D. Lgs. 151/2001, infatti, prevede che per ogni bambino, nei primi otto anni
di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro individualmente per un massimo di 6 mesi
di congedo che, se usufruiti da entrambi, possono arrivare ad un massimo complessivo di 10 mesi
in due. Inoltre, se il papà usufruisce di almeno tre mesi di congedo, gli viene concesso un mese in
più aumentando a 11 il totale complessivo.
I dati dell’Osservatorio Nazionale sulla Famiglia, in riferimento al settore pubblico, evidenziano,
dopo un iniziale incremento, un tasso di utilizzo del congedo parentale sostanzialmente stabile
negli ultimi tre anni (dal 2002 al 2004).
40 Tale dato risulta in linea con quanto emerge dai dati del Dipartimento della Funzione Pubblica, Sperimentare in ottica di genere, secondo cui le giornate medie di formazione pro-capite dei dipendenti formati è di 3,3 giornate annue. 41 Cfr. Fondazione Regionale Pietro Seveso (2004), L’occupazione femminile e maschile in Lombardia nelle imprese con più di 100 dipendenti sulla base dei dati contenuti nel Rapporto biennale sulla situazione del personale previsto dalla Legge n.125/1991 per il biennio 2000-2001.
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
37
Tavola 1.10 - Tasso di utilizzo del congedo parentale, serie storica (% sul totale dei dipendenti)
Anno Tasso di utilizzo del congedo parentale
2001* 3,3
2002 4,1
2003 4,1
2004 4,0
*Si intende arco temporale da giugno 2000 al 31 maggio 2001
Fonte: Osservatorio Nazionale sulla Famiglia
Si evidenzia, inoltre, un maggiore utilizzo dei congedi nel Centro-Nord del Paese, come mostra la
tavola che segue.
Tavola 1.11 - Tasso di utilizzo del congedo parentale per genere e area territoriale (% sui dipendenti
divisi per genere per ciascuna area territoriale)
Area territoriale Totale (Utilizzatori e utilizzatrici
sul totale dipendenti)
Maschi (Utilizzatori M su totale
dipendenti M)
Femmine (Utilizzatrici F su totale
dipendenti F) Nord-Ovest 4,5 1,7 6,3
Nord-Est 5,2 2,2 7,1
Centro 4,2 1,9 6,2
Sud Isole 2,6 2,1 3,5
Italia 4,0 2,0 5,8 Fonte: Osservatorio Nazionale sulla Famiglia
In particolare, il tasso di utilizzo dei congedi parentali registrato nel 2004 nel Nord-Ovest si attesta
al 4,5%. Le maggiori utilizzatrici del congedo parentale sono le donne, nel 2004 solo in 23 casi su
100 gli utilizzatori del congedo sono uomini. Tale quota tuttavia è in aumento (era il 17% nel 2001).
L’Osservatorio Nazionale ci fornisce anche un’indicazione in più, di particolare interesse: più di 9
maschi su 10 utilizzano il congedo parentale nel primo mese quando, in base al contratto della
Pubblica Amministrazione, il congedo è retribuito al 100%. Il che fa presupporre che, quando
bisogna scegliere quale stipendio “tagliare”, la scelta ricade sullo stipendio delle donne che, come
è noto, hanno retribuzioni di fatto più basse.
I dati da noi raccolti relativi ai Comuni e alla Provincia di Varese42 mostrano un tasso di utilizzo dei
congedi (4,2%) leggermente inferiore alla media del settore pubblico del Nord-Ovest. Il tasso di
utilizzo dei congedi da parte della componente femminile da noi registrato è in linea con la media
del pubblico impiego del Nord-Ovest (6,3%) mentre per la componente maschile la scarsa
numerosità dei casi da noi registrati (inferiore alla decina) non permette un confronto
metodologicamente corretto con la media della ripartizione. Ciò che emerge anche dai dati del 42 Il tasso di risposta a questa domanda è di 85 amministrazioni su 142 (60%) che occupano il 41% dei dipendenti.
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
38
nostro campione, comunque, è la netta prevalenza della componente femminile nell’utilizzo di tale
opportunità.
Un’ulteriore innovazione introdotta di recente riguarda i riposi giornalieri. In base all’art. 39 del
D.Lgs. 151/2001 “Riposi giornalieri della madre”, la lavoratrice madre ha diritto a due ore di riposo
giornaliero retribuito (1 in caso di orario di lavoro inferiore a 6 ore) durante il primo anno di vita del
bambino. L’ Art. 40, “Riposi giornalieri del padre”, riconosce i periodi di riposo al padre lavoratore
nei seguenti casi:
a) quando la madre rinuncia ad utilizzarli;
b) quando la madre non è una lavoratrice dipendente;
c) quando il parto è gemellare (raddoppiando le ore di riposo il padre può usufruire delle ore
aggiuntive);
d) quando i/le figli/figlie sono affidate solo al padre oppure la madre è morta o gravemente
inferma.
Anche in questo caso, i dati da noi raccolti indicano che sono sempre le mamme ad usufruire in
misura superiore agli uomini dei riposi giornalieri (2,7% vs. 0.8%).
La stessa cosa vale, in misura anche più evidente, nell’utilizzo dei congedi per malattia del figlio
(7,6% vs. 1,5%). Sempre per il Dlgs 151/2000, Capo VII “Congedi per la malattia del figlio”,
ciascun genitore in maniera alternativa può astenersi dal lavoro, senza un limite temporale, per le
malattie di ciascun figlio/a di età non superiore a 3 anni e nel limite di cinque giorni lavorativi
all’anno per ogni figlio/a di età compresa tra i tre e gli otto anni. Le assenze per malattia dei/lle
figli/e entro i 3 anni di vita, a differenza del settore privato, vengono retribuite con retribuzione
piena per trenta giorni all’anno per ciascun figlio/a, mentre per i restanti periodi c’è solo copertura
figurativa.
Anche il tasso di utilizzo dei congedi per assistenza ai portatori di handicap è più elevato per la
componente femminile (2,1% vs. 0,9%). Questa tipologia di congedi, regolamentata dalla L.104/92,
dal Dlgs 151/2001 e dalla L. 388/2000, prevede il diritto per i genitori di figli con handicap grave di
prolungare fino ai tre anni del/la bambino/a il congedo parentale o in alternativa di prolungare,
sempre fino ai tre anni, la fruizione delle due ore di riposo giornaliero e per i genitori di bambini/e
con handicap grave che hanno già compiuto i 3 anni, sono previsti tre giorni di congedo al mese
con copertura figurativa.
Più equilibrato l’utilizzo dei congedi per malattia dei genitori o per gravi motivi familiari (2,8% vs.
2%). In base all’art. 4 della Legge 53/2000, la lavoratrice e il lavoratore hanno diritto ad un
permesso retribuito di tre giorni lavorativi all'anno in caso di decesso o di documentata grave
infermità del coniuge, del convivente o di un parente entro il secondo grado e inoltre possono
richiedere, per gravi e documentati motivi familiari, un periodo di congedo non retribuito,
continuativo o frazionato, non superiore a due anni.
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
39
I dati presentati confermano ancora una volta che, pur con timidi segnali di un maggiore
coinvolgimento degli uomini, il lavoro di cura e le responsabilità famigliari rimangono “un lavoro
poco condiviso”43 e restano sulle spalle delle donne.
A livello nazionale, i dati Istat sulle famiglie, indicano che permane ancora un forte carico
famigliare sulle donne che lavorano: il 78% del tempo dedicato al lavoro famigliare è svolto dalle
donne e il tempo che gli uomini dedicano allo svolgimento di attività per la famiglia dal 1989 al
2003 è cresciuto di soli 16 minuti44.
1.7 Il ricorso ad enti esterni: cenni Negli ultimi anni stanno conoscendo sempre più ampia diffusione pratiche gestionali di
esternalizzazione di attività/servizi di competenza di pubbliche amministrazioni.
Recentemente, il Dipartimento della Funzione Pubblica ha realizzato un’indagine sulle
esternalizzazioni nelle amministrazioni pubbliche, e ci sembra opportuno riportarne i principali
risultati45, per avere il quadro di riferimento dei dati da noi raccolti.
La rilevazione nazionale, che ha coinvolto un campione rappresentativo di amministrazioni
pubbliche con più di 150 dipendenti, mette in evidenza come la maggior parte delle
amministrazioni abbia avviato almeno un’esternalizzazione nel 2003 o negli anni precedenti (96%).
Nel corso del 2003:
• il 79% delle amministrazioni ha avviato almeno un’esternalizzazione;
• la maggior parte delle attività esternalizzate riguarda servizi ausiliari interni46 (77% delle
amministrazioni), soprattutto attività di gestione e di manutenzione e servizi di vigilanza e
sicurezza; segue l’esternalizzazione di servizi finali47 (68%), soprattutto servizi di gestione dei
43 Linda Laura Sabbadini (2005), Un lavoro poco condiviso, www.lavoce.it. 44 Istat (2005), Rapporto sulla situazione del Paese. Rapporto annuale 2004. 45 Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica (2005), Le esternalizzazioni nelle amministrazioni pubbliche. Indagine sulla diffusione delle pratiche di outsourcing, Edzioni Scientifiche Italiane. 46 Si tratta di servizi di supporto o indiretti, la cui produzione è strumentale per la realizzazione dei servizi finali. Tra i servizi interni il questionario annoverava: servizi ausiliari e di supporto (mensa, trasporti, laboratori); gestione e manutenzione (pulizia e facchinaggio, impiantistica, parco automobilistico, posta); vigilanza e sicurezza (attuazione Legge 626/1994); editoria e riproduzione (produzione editoriale, documentazione). 47 Si tratta di servizi finali o diretti resi all’esterno della amministrazione e orientati a soddisfare le esigenze delle famiglie, delle imprese o di istituzioni. Tra i servizi finali il questionario annoverava: edilizia pubblica;
Tavola 1.12 - Tasso di utilizzo dei congedi per genere (% sui dipendenti divisi per genere) 2004 Uomini Donne Totale Congedo parentale 0,7 6,3 4,2 Riposi giornalieri 0,8 2,7 2,0 Congedo per malattia del figlio 1,5 7,6 5,3 Congedo per malattia dei genitori o gravi motivi familiari 2,0 2,8 2,5 Congedo per assistenza persone affette da handicap 0,9 2,1 1,6 Fonte: Dati raccolti con indagine dell'Ufficio Consigliera di Parità Provinciale
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
40
rifiuti ed erogazione di servizi socio-assistenziali; infine l’esternalizzazione delle attività
amministrative48 (61%), in particolare gestione di servizi informativi ed informatici, contabilità e
gestione del personale;
• le imprese private sotto controllo privato49 sono la tipologia di fornitori più utilizzata (47% delle
amministrazioni); seguite dalle imprese private ma sotto controllo pubblico (37%), dalle
istituzioni nonprofit sotto controllo privato (31%) e, infine, dalle istituzioni nonprofit sotto
controllo pubblico (13%);
• le amministrazioni locali, piuttosto che quelle centrali, sono quelle che esternalizzano
maggiormente servizi finali, utilizzando in misura più rilevante le istituzioni nonprofit, in modo
particolare nel Nord Italia (34%).
Venendo ai dati da noi raccolti presso l’amministrazione provinciale e le amministrazioni comunali
della provincia di Varese50, emerge che nel corso del 2004 ben il 78% delle amministrazioni si è
avvalsa di soggetti esterni per lo svolgimento di attività e/o servizi di propria competenza e di
carattere continuativo, percentuale in linea con quanto emerso a livello nazionale.
I servizi per i quali le amministrazioni si sono avvalse di soggetti esterni sono riportati nella tavola
1.13. I servizi indiretti sono tutti ricompresi genericamente nei servizi per l’ente, per i quali ben il
61% delle amministrazioni ha fatto ricorso a strutture esterne; i servizi finali ai cittadini, invece,
sono stati suddivisi in base all’utente finale (infanzia, età scolare, anziani e genericamente servizi
per l’ambiente) ed emerge che vengono esternalizzati in misura maggiore i servizi per gli anziani
opere pubbliche; erogazione e distribuzione di servizi a rilevanza economica (acqua, gas, elettricità, impianti termici, farmaci, trasporti pubblici); gestione dei rifiuti; gestione di impianti e servizi complementari per attività economiche (industria, agricoltura e pesca, commercio e artigianato, fiere e mercati, turismo); ricerca e sviluppo; conservazione dei beni; servizi educativi e formativi (asili nido, mense scolastiche, strutture e servizi per attività complementari all’istruzione, orientamento professionale, orientamento adulti); servizi culturali, sportivi e del tempo libero (gestione di strutture culturali quali musei, biblioteche, gestione di eventi culturali come mostre, congressi, gestione di strutture sportive come piscine, campi sportivi e gestione di eventi sportivi); servizi socio-assistenziali (segretariato sociale, recupero e reintegro soggetti a rischio, informazione e consulenza, tutela e cura dei minori, anziani, disabili, assistenza diretta e indiretta, attività ricreative e di socializzazione); servizi sanitari (salute e igiene pubblica, zooprofilassi veterinaria, servizi cimiteriali). 48 Si tratta di servizi indiretti. Tra i servizi amministrativi il questionario annoverava: gestione e amministrazione del personale (formazione, relazioni sindacali, trattamento economico, giuridico, previdenziale, reclutamento); gestione della contabilità (tesoreria, bilancio); organizzazione (documentazione istituzionale, pianificazione e controllo, affari legali e contenzioso); sistemi informativi e informatici (reti telematiche, sistemi di storage, networking, security, IT management); rapporti con l’esterno e comunicazione (ufficio stampa, diffusione prodotti, realizzazione eventi); istruttoria gare e contratti. 49 La classificazione utilizzata nel questionario prevede le seguenti tipologie: Imprese private sotto controllo privato (persone fisiche o giuridiche di diritto privato nelle quali il controllo negli organi di governo è esercitato da privati); Imprese private sotto controllo pubblico (persone giuridiche di diritto privato nelle quali almeno la maggioranza degli organi di governo è definita su designazione e/o nomina pubblica); Istituzioni pubbliche; Istituzioni private nonprofit sotto controllo privato (associazioni, fondazioni, cooperative sociali, associazioni comitati e altre forme di organizzazioni nonprofit riconosciute dalla legge nelle quali il controllo degli organi di governo è esercitato da privati); Istituzioni private nonprofit sotto controllo pubblico (associazioni, consorzi, fondazioni nelle quali almeno la maggioranza degli organi di governo è definita su designazione e/o nomina pubblica). 50 Il tasso di risposta a questa domanda è di 85 amministrazioni su 142 (60%) che occupano il 41% dei dipendenti.
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
41
(64%), mentre il ricorso ad enti esterni è minore nel caso di servizi per l’infanzia (39%), che nella
maggioranza dei casi vengono gestiti direttamente dall’ente.
Tavola 1.13 - Servizi per i quali le amministrazioni si sono avvalse di enti esterni Sì No Totale Servizi per l'infanzia 39,4 60,6 100 Servizi scolastici 53,0 47,0 100 Servizi agli anziani 63,6 36,4 100 Servizi per l'ambiente 42,4 57,6 100 Servizi per l'ente 60,6 39,4 100 Fonte: Dati raccolti con indagine dell'Ufficio Consigliera di Parità Provinciale
Le amministrazioni si sono rivolte prevalentemente alla collaborazione di cooperative sociali (79%),
seguite a distanza dalle organizzazioni di volontariato (39%), dalle imprese con scopo di lucro
(29%) e dalle associazioni (27%). Le forme di collaborazione con enti esterni più utilizzate sono le
convenzioni (79%) e gli appalti (59%).
Il questionario proposto dall’Ufficio della Consigliera di Parità prevedeva anche una domanda sul
monte ore di lavoro affidato ad enti esterni suddiviso per genere, in modo da riuscire a quantificare
le attività esternalizzate ed offrire un quadro attento al genere anche per le “attività” delegate ad
enti esterni. La maggior parte delle amministrazioni non è però stata in grado di fornirci tali dati e,
pertanto, questo aspetto rimane ancora da indagare.
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
42
2 - Le Azioni di Parità
2.1 Le azioni positive 2.1.1 Quando parliamo di “Azioni positive”
Con il termine Azioni Positive si intendono tutte le iniziative volte a eliminare gli ostacoli che
impediscono la parità donna-uomo nel mondo del lavoro e volte quindi alla realizzazione
dell'uguaglianza sostanziale tra uomini e donne. In particolare le azioni positive hanno lo scopo di
eliminare le disparità nella formazione scolastica e professionale, nell'accesso al lavoro, nella
progressione di carriera e nella vita lavorativa. La nostra Costituzione è costruita sul principio
dell’uguaglianza e sottolinea il diritto di uomini e donne allo stesso trattamento in materia di lavoro,
ma tutto ciò non si traduce automaticamente nella conquista dell’uguaglianza sostanziale che
necessita di interventi differenziati nei confronti di chi si trova nella situazione di “svantaggio”.
Il primo intervento nella direzione del raggiungimento di una parità sostanziale tra uomini e donne
è da parte dell’Unione Europea con la Raccomandazione n. 635 del 1984 in cui si chiede agli Stati
membri di adottare politiche di azioni positive in favore delle donne, contro le disparità che le
colpiscono, specie sul lavoro.
Nel 1991 il Parlamento Italiano recepisce la Raccomandazione UE approvando la Legge n. 12551
“Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro” le cui disposizioni (art. 1
comma 1) hanno lo scopo di “favorire l’occupazione femminile e di realizzare l’uguaglianza
sostanziale tra uomini e donne nel lavoro”, mediante l’adozione di misure per le donne,
denominate azioni positive, che ne rafforzino la presenza nel mondo del lavoro, rimuovendo gli
ostacoli che impediscono il raggiungimento della parità.
La legge 125 non definisce quali sono le azioni positive per le donne ma stabilisce gli scopi e gli
obiettivi da raggiungere specificando come ambiti di intervento: la formazione scolastica e
professionale, l’accesso al lavoro, la progressione di carriera, l’inserimento nelle attività e nei
settori professionali in cui le donne sono sottorappresentate, l’imprenditoria femminile, la
ripartizione tra i due sessi delle responsabilità famigliari e professionali e l’organizzazione dei tempi
del lavoro e degli orari.
Al fine di promuovere la rimozione di comportamenti discriminatori e altri ostacoli che limitano
l’uguaglianza tra donne e uomini nell’accesso al lavoro, sul lavoro e nella progressione di carriera,
sono stati istituiti per legge, o promossi, una serie di “organismi di parità” che vanno dal Comitato
Nazionale di Parità, alla figura della Consigliera di Parità, ai vari centri per la parità e le pari
opportunità a livello nazionale, locale e aziendale (comitati, commissioni, consulte femminili,
assessorati alle pari opportunità, etc.)
La legislazione non solo ha stabilito che cosa si intende per azioni positive e come fare per
attuarle, ma, per alcuni casi, ha imposto l’obbligatorietà delle misure, in particolare stabilendo:
51 Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 Aprile 1991
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
43
l’applicazione di sanzioni a seguito di ricorsi in giudizio della Consigliera di Parità che denuncia
“atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso”, l’applicazione di sanzioni alle
aziende che non presentano il rapporto sulla situazione del personale e la realizzazione dei Piani
Triennali di Azioni Positive. Nel primo caso il Giudice, accertate le discriminazioni, deve emanare
una sentenza in cui ordina all’autore della discriminazione la cessazione del comportamento
pregiudizievole e la definizione e attuazione di un piano di rimozione dello stesso; nel secondo
caso quando un’azienda pubblica o privata che occupa più di 100 dipendenti non redige almeno
ogni due anni un rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile in ognuna delle
qualifiche e in relazione allo stato delle assunzioni, della formazione, della promozione
professionale, dei livelli, dei passaggi di categoria o di qualifica, di fenomeni di mobilità di Cassa
integrazione guadagni, di licenziamenti, di pensionamenti e prepensionamenti, di retribuzioni
corrisposte, l’Ispettorato del Lavoro deve applicare le sanzioni previste dalla legge. Nel terzo caso
le amministrazioni pubbliche hanno l’obbligo di preparare e adottare i Piani Triennali di Azioni
Positive coordinandosi e consultandosi con organismi di parità interni eventualmente esistenti, con
la Consigliera di parità di competenza e con le RSU.
Promuovere la cultura delle pari opportunità e contribuire alla effettiva attuazione dei principi di
parità anche mediante l’adozione di “azioni positive”, costituisce perciò una precisa prerogativa di
tutti gli enti pubblici al fine di rimuovere gli ostacoli e le discriminazioni che di fatto impediscono la
realizzazione della parità.
2.1.2 Le pari opportunità nelle leggi della Pubblica Amministrazione
La legge n. 421/199252 di "Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle
discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale" stabiliva,
all'art. 2, comma 1, lettera hh , che il Governo dovesse "prevedere criteri e progetti per assicurare
l'attuazione della legge 10 aprile 1991, n. 125, in tutti i settori del pubblico impiego". La prima
attuazione di quanto previsto con la legge 421/1992 si ha con il decreto legislativo 29/199353 negli
art. 7, comma 1, e 61 e successive modifiche fino al decreto legislativo 165/200154 “Norme
generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.
L’articolo 7 del dlgs 165/2001 prevede che "le amministrazioni pubbliche garantiscono parità e pari
opportunità tra uomini e donne per l'accesso al lavoro ed il trattamento sul lavoro" ribadendo in
questo modo il rispetto dei diritti di parità già ampiamente affrontati dalla legislazione precedente
sulle pari opportunità, nonché dalla stessa Costituzione.
L’articolo 57 del dlgs 165/2001 (ex art. 61 del dlgs 29/1993) è invece interamente dedicato alle pari
opportunità, infatti al comma 1 si dice: "garantire pari opportunità tra uomini e donne per l'accesso
52 Gazzetta Ufficiale n. 257 del 31 Ottobre 1992, suppl. ord. 53 Gazzetta Ufficiale n. 30 del 6 Febbraio 1993, suppl. ord. 54 Gazzetta Ufficiale n. 106 del 9 Maggio 2001, suppl. ord.
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
44
al lavoro ed il trattamento sul lavoro", e per raggiungere tale obiettivo, le pubbliche amministrazioni
devono prevedere le seguenti misure specifiche:
a) almeno 1/3 dei componenti delle commissioni dei concorsi deve essere riservato a personale
femminile "salvo motivata impossibilità", che tiene conto dell’eventuale impossibilità di individuare
esperti donne in determinate materie di concorso ma che impone alle pubbliche amministrazioni di
motivare il mancato rispetto;
b) l’adozione di "atti regolamentari per assicurare pari opportunità fra uomini e donne sul lavoro",
secondo quanto impartito dal Dipartimento della Funzione pubblica;
c) la partecipazione ai corsi di formazione e di aggiornamento professionale deve essere garantita
alle dipendenti proporzionalmente alla loro presenza nelle amministrazioni interessate ai corsi e
aggiunge, rispetto alla legislazione precedente, che, al fine di consentire "la conciliazione fra vita
professionale e vita familiare", le pubbliche amministrazioni devono adottare "modalità
organizzative" atte a favorire la concreta possibilità per le lavoratrici di sfruttare tali opportunità
formative;
d) il finanziamento, nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio, di programmi di azioni positive
e dell'attività dei Comitati di pari opportunità che si costituiscono per attivare iniziative interne a
tutela e promozione della parità.
Le pubbliche amministrazioni devono adottare quanto dettagliato sopra secondo le modalità della
contrattazione collettiva, quindi prevedendo un coinvolgimento delle organizzazioni sindacali prima
di adottare gli atti regolamentari previsti. I contratti collettivi del settore, infatti, già a partire dai primi
anni ’90 hanno posto le misure per favorire pari opportunità nel lavoro e nello sviluppo
professionale, come uno degli oggetti della contrattazione decentrata e hanno incluso i Comitati
per le pari opportunità tra gli organismi paritetici, senza funzioni negoziali, che hanno il compito di
raccogliere dati relativi a specifiche problematiche, in particolare concernenti l'organizzazione del
lavoro, l'ambiente, l'igiene e la sicurezza del lavoro e di formulare proposte.
Al Dipartimento della Funzione Pubblica viene riconosciuto sia il compito di impartire direttive in
merito all’adozione di atti che assicurino le pari opportunità di uomini e donne sul lavoro, sia il
compito di dare disposizioni in merito alle direttive dell’Unione Europea in materia di pari
opportunità.
L’Ufficio Condizione Femminile del Dipartimento della Funzione Pubblica ha emanato in data 24
marzo 1993 la Circolare n. 1255 Gestione delle risorse umane e pari opportunità. Indirizzi applicativi
direttive CE. Decreto Legislativo 3 febbraio 1993, n.29, in cui si ribadisce l’impegno delle
amministrazioni pubbliche ad adeguarsi ad un "modello europeo del ruolo del lavoro" ridefinendo le
iniziative in materia di parità e di pari opportunità affinché siano volte a tutelare "la dignità della
persona" e a conseguire "efficienza attraverso la più efficace e sensibile valorizzazione di tutte le
risorse umane". Viene inoltre raccomandata la costituzione dei Comitati di Pari opportunità,
55 Gazzetta Ufficiale n.78 del 3 Marzo 1993
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
45
dettagliandone compiti e funzioni, e vengono indicate le modalità di redazione dei Piani di Azioni
Positive.
2.1.3 La Pubblica Amministrazione nelle leggi di parità
Con la legge 125/1991 "Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro"
viene introdotto un vero e proprio obbligo per tutte le amministrazioni pubbliche ad adottare Piani
di Azioni Positive. L'art. 2, comma 6, infatti, prevede che entro un anno dalla data di entrata in
vigore della legge "le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le regioni, le
province, i comuni e tutti gli enti pubblici non economici, nazionali, regionali e locali, sentiti gli
organismi rappresentativi del personale di cui all'articolo 25, della legge 29 marzo 1983, n. 93, o in
loro mancanza, le organizzazioni sindacali locali aderenti alle confederazioni maggiormente
rappresentative sul piano nazionale, sentito inoltre, in relazione alla sfera d'azione della propria
attività, il Comitato di cui all'articolo 5 o il consigliere di parità di cui all'articolo 8 adottano piani di
azioni positive tendenti ad assicurare, nel loro ambito rispettivo, la rimozione degli ostacoli che, di
fatto, impediscono la piena realizzazione di pari opportunità di lavoro e nel lavoro tra uomini e
donne”.
L’obbligatorietà è spiegata dal particolare ruolo sociale in cui si colloca la Pubblica
Amministrazione che, legittimando l'adozione di Piani di Azioni Positive in qualità di datore di
lavoro e rivolti quindi alle proprie dipendenti, può ampliare il suo intervento anche verso l’utenza
femminile esterna.
I datori di lavoro pubblici, tuttavia, in mancanza di finanziamenti ad hoc e di sanzioni in caso di
mancata adozione dei Piani di Azioni Positive, ne hanno ampiamente sottovalutato l’importanza,
trascurando la definizione di tali Piani.
Con il Decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 19656 il ruolo che le pubbliche amministrazioni
devono assumersi nelle politiche di pari opportunità viene riaffermato con maggiore forza.
Il comma 1 dell’art. 2 della 125/1991 viene sostituito con il comma 1, art. 7 della 196/2000 in cui si
aggiungono i datori di lavoro pubblici fra i soggetti che possono accedere al finanziamento di
progetti di azioni positive e al comma 5 si fa di nuovo riferimento ai Piani triennali di Azioni positive.
Tale comma ribadisce e rinforza quanto già espresso con la 125/1991 prevedendo che le
Amministrazioni pubbliche predispongano i Piani Triennali di Azioni Positive in accordo con le
RSU o, in mancanza, con le organizzazioni sindacali territoriali, e con il Comitato di Pari
Opportunità interno agli Enti e la/il Consigliera/e di parità territorialmente competente. Tali piani
devono avere lo scopo di rimuovere gli eventuali ostacoli che impediscono la realizzazione delle
pari opportunità nell’accesso al lavoro e sul lavoro, tra uomini e donne: “5. Ai sensi degli articoli 1,
comma 1, lettera c), 7, comma 1, e 61, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, le
amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni e 56 Gazzetta Ufficiale n.166 del 18 Luglio 2000
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
46
tutti gli enti pubblici non economici, nazionali, regionali e locali, sentiti gli organismi di
rappresentanza previsti dall'articolo 47 del citato decreto legislativo n. 29 del 1993 ovvero, in
mancanza, le organizzazioni rappresentative nell'ambito del comparto e dell'area di interesse,
sentito inoltre, in relazione alla sfera operativa della rispettiva attività, il Comitato di cui all'articolo 5
della legge 10 aprile 1991, n. 125, e la consigliera o il consigliere nazionale di parità, ovvero il
Comitato per le pari opportunità eventualmente previsto dal contratto collettivo e la consigliera o il
consigliere di parità territorialmente competente, predispongono piani di azioni positive tendenti ad
assicurare, nel loro ambito rispettivo, la rimozione degli ostacoli che, di fatto, impediscono la piena
realizzazione di pari opportunità di lavoro e nel lavoro tra uomini e donne.
Detti piani, fra l'altro, al fine di promuovere l'inserimento delle donne nei settori e nei livelli
professionali nei quali esse sono sottorappresentate, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera d),
della citata legge n. 125 del 1991, favoriscono il riequilibrio della presenza femminile nelle attività e
nelle posizioni gerarchiche ove sussiste un divario fra generi non inferiore a due terzi. A tale scopo,
in occasione tanto di assunzioni quanto di promozioni, a fronte di analoga qualificazione e
preparazione professionale tra candidati di sesso diverso, l'eventuale scelta del candidato di sesso
maschile è accompagnata da un'esplicita ed adeguata motivazione. I piani di cui al presente
articolo hanno durata triennale. In sede di prima applicazione essi sono predisposti entro il 30
giugno 2001. In caso di mancato adempimento si applica l’articolo 6 comma 6, del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.
Viene fatto un passo avanti non solo nella definizione delle finalità dei piani: promuovere
l'inserimento delle donne nei settori e nei livelli professionali nei quali sono sottorappresentate e
favorirne il riequilibrio dove c’è un divario fra i generi superiore ai due terzi, ma anche nelle
modalità per raggiungere tali obiettivi. Infatti in fase di assunzione o promozione la scelta
eventuale di un candidato di sesso maschile deve essere accompagnata da un’adeguata
motivazione.
Questa volta, per rendere l’obbligatorietà più efficace, il decreto prevede la sanzione di cui all’art.
6, comma 6 del Dlgs 3 febbraio 1993, n. 29 che esclude la possibilità di assumere nuovo
personale per le amministrazioni che non provvedano agli adempimenti imposti dalla legge: “le
amministrazioni pubbliche che non provvedono agli adempimenti non possono assumere nuovo
personale, compreso quello appartenente alle categorie protette”.
2.2 I Piani Triennali di Azioni Positive 2.2.1 Obiettivi
L'obiettivo generale dei piani è chiaramente indicato nella legislazione: rimuovere gli ostacoli che
impediscono la piena realizzazione di pari opportunità di lavoro e nel lavoro tra uomini e donne,
promuovere l'inserimento delle donne nei settori e nei livelli professionali in cui esse sono
sottorappresentate, riequilibrare la presenza femminile nei luoghi di vertice. Nel 1997 la
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
47
Presidenza del Consiglio dei Ministri con l’emanazione della Direttiva57 “Azioni volte a promuovere
l’attribuzione di poteri e responsabilità alle donne, a riconoscere e garantire libertà di scelte e
qualità sociale a donne e uomini” (Direttiva Prodi-Finocchiaro) indirizzata a tutti i Ministri, individua
una serie di obiettivi che dovrebbero essere perseguiti nell'elaborazione delle diverse politiche.
Una tipologia di questi obiettivi è relativa all'acquisizione di poteri e responsabilità (empowerment)
nel "perseguimento delle condizioni per una presenza diffusa delle donne nelle sedi in cui si
assumono decisioni rilevanti per la vita della collettività", assicurando una presenza significativa
delle donne "in tutti gli incarichi di responsabilità nell'amministrazione pubblica" e analizzando
"l'impatto dei sistemi e dei percorsi formativi, di aggiornamento, dei modelli organizzativi del settore
pubblico, sull’acquisizione di incarichi di responsabilità da parte delle donne nell’ambito della
riforma della Pubblica Amministrazione e proporre gli opportuni adeguamenti". In tutto il territorio
nazionale abbiamo assistito in questi ultimi anni a un processo di femminilizzazione in tutti i
segmenti dell’amministrazione pubblica, confermato anche da questa ricerca fatta sulla provincia di
Varese, che sta portando ad una sostanziale parità numerica tra presenza femminile e presenza
maschile. Contemporaneamente è anche aumentata la scolarità media della forza lavoro
femminile. Nel settore pubblico, quindi, ci sono più donne e sono anche più istruite, ma nonostante
ciò sono ancora in minoranza nelle posizioni di responsabilità, soprattutto nei casi in cui le nomine
sono discrezionali e non legate a criteri oggettivi come possono esserlo i concorsi.
Poiché quindi, la professionalità e la preparazione non sono ancora sufficienti affinché le donne
possano raggiungere equamente posizioni di responsabilità, è necessario lavorare seguendo la via
della contrattazione e inserendo un’ottica di genere nelle scelte fatte intorno a: orari di lavoro,
formazione e aggiornamento, inquadramenti professionali, etc.
I Piani Triennali di Azioni Positive sono uno dei principali strumenti che le pubbliche
amministrazioni hanno a disposizione per individuare e attuare concretamente azioni a favore delle
lavoratrici donne.
2.2.2 Le modalità e i contenuti
I Piani di Azioni Positive devono indicare degli obiettivi vincolanti per l’ amministrazione, devono
essere articolati in atti di gestione e condotta da parte dell’amministrazione e devono essere
specificati i soggetti che li attueranno e le risorse che vi verranno destinate.
L’esperienza dei Piani Triennali di Azioni Positive nell’amministrazione pubblica di ogni ordine e
grado è relativamente recente e soprattutto si è sviluppata partendo da normative in cui ne viene
indicato solo un contenuto minimo da cui però possono scaturire delle istruzioni operative di base
sia sulle modalità di gestione che sui contenuti.
Sarebbe opportuno, ad esempio, che tutte le attività previste e programmate nei Piani di Azioni
Positive partissero dai dati sul personale interno, suddivisi per genere.
57 Gazzetta Ufficiale n.116 del 21 Maggio 1997.
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
48
Le statistiche di genere sono strumenti essenziali per l’adozione e la valutazione delle misure per
la promozione delle pari opportunità, esse rivelano i differenti impatti sulle donne e sugli uomini di
tutte le politiche del personale adottate all’interno di una struttura.
La preparazione e lo studio di statistiche che riguardano la lettura di genere dei settori, dei profili e
degli incarichi professionali è un prerequisito importante nella preparazione dei Piani e può essere
considerato una prima azione da attuare.
Per quanto riguarda le modalità di redazione e attuazione di un Piano Triennale di Azioni Positive,
si possono individuare delle linee guida generali con degli esempi di azioni che possono essere
adottate dalla singola amministrazione pubblica, arricchendo o modificando i contenuti. La
promozione e l’attuazione di un Piano Triennale di Azioni Positive ha una maggiore efficacia se
promosso e sostenuto dal Comitato di pari opportunità che si costituisce all’interno dell’Ente.
Un Piano Triennale di Azioni Positive potrebbe prevedere:
a) l’indicazione degli obiettivi e sotto-obiettivi del Piano
b) l’individuazione dei/lle destinatari/e del Piano
c) le singole attività che si intendono adottare per il raggiungimento degli obiettivi con relativa
tempistica
d) l’individuazione di un gruppo operativo di attuazione delle azioni previste nel Piano
e) l’individuazione di attività di monitoraggio e di chi e come verranno fatte
f) l’individuazione di risorse economiche per l’attuazione e stesura di un budget
Riguardo ai contenuti, di seguito esplicitiamo alcuni esempi di azioni, raggruppabili in macro
obiettivi, che potrebbero essere previste nei Piani.
Obiettivo: Promozione di una cultura di pari opportunità all’interno dell’Ente.
Azioni possibili: prevedere un percorso di formazione sulle pari opportunità per tutti/e i/le
dipendenti dell’Ente; organizzare momenti di incontro sulle tematiche di genere e sugli stereotipi;
promuovere una diffusione capillare all’interno dell’Ente di materiale divulgativo sulla salute delle
donne e sui loro diritti; monitorare il rispetto e l’attuazione delle norme legislative sulle pari
opportunità all’interno dell’ente; redigere un codice di condotta sulle molestie morali e sessuali per
la tutela della dignità della persona nel luogo di lavoro e nominare un/a referente cui rivolgersi per
denunciare situazioni di disagio.
Obiettivo: Promozione delle pari opportunità nell’accesso al lavoro, nello sviluppo professionale e
nella qualità del lavoro.
Azioni possibili: prevedere attività di monitoraggio con analisi quantitative e qualitative della
condizione del personale maschile e femminile dell’ente (avanzamenti di carriera, incarichi e
retribuzioni per settore professionale, etc.) con diffusione a tutti i dipendenti dei dati raccolti,
incoraggiare le candidature, le assunzioni e la promozione delle donne nei settori e livelli in cui
sono in minoranza, incentivare la partecipazione delle donne all’interno di organi istituzionali interni
all’Ente (Comitati, organi collegiali, etc.), favorire la presenza di dipendenti donne attraverso la
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
49
fissazione di criteri di selezione e valutazione favorevoli alle donne, rimozione delle situazioni
discriminatorie che vengono segnalate.
Obiettivo: Attenzione al tema della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei/lle dipendenti
Azioni possibili: individuare tipologie flessibili dell’orario di lavoro, stabilendo dei criteri per
l’assegnazione che favoriscano coloro che hanno carichi famigliari, favorire l’introduzione della
“banca delle ore”, promuovere il telelavoro, prevedere dei contributi per i servizi educativi dei figli
dei dipendenti in età prescolare e scolare o creare dei servizi interni (asilo nido, centri estivi, aiuti
per la cura di anziani e disabili, convenzioni per agevolazioni nei trasporti, baby sitter a domicilio).
Di seguito, viene illustrato uno schema di albero di decisioni per la costruzione di un Piano di
Azioni Positive, che raccorda obiettivi e possibili azioni da attivare per il loro raggiungimento.
A sostegno dei percorsi di carriera interni
A sostegno dell’accesso a posizioni di massima
responsabilità
A sostegno della conciliazione
Iniziative formative
Bilancio di competenze
Repertorio delle competenze
Verifica sistema di valutazione
Raccolta di curricula
Quote
Telelavoro
Flessibilità orari Servizi
Sensibilizzazione della dirigenza e dei capi intermedi
Adeguamento del sistema informativo sul personale
Codici
A sostegno di discriminazioni dirette Azioni ad hoc
Schema ad albero per la costruzione di Piani di Azioni Positive
Gestione maternità/paternità
Trasparenza delle procedure di assegnazione incarichi
A sostegno della diffusione di una cultura delle pari
opportunità Iniziative di divulgazione
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
50
INDICAZIONI PER LA REDAZIONE DI UN PIANO DI AZIONI POSITIVE
Premessa: presentazione della situazione occupazionale, con dati suddivisi per maschi e
femmine, relativamente a settori, livelli, tipologie del rapporto di lavoro e ogni altro dato che
evidenzi la situazione reale del personale dell’ente.
Obiettivi: si specificano gli obiettivi che si intendono raggiungere nella programmazione triennale
(rimuovere gli ostacoli che impediscono la realizzazione di pari opportunità nel lavoro per garantire
il riequilibrio delle posizioni femminili nei ruoli e nelle posizioni in cui sono sottorappresentate,
favorire le politiche di conciliazione tra lavoro professionale e lavoro famigliare, rimuovere la
segregazione occupazionale orizzontale e verticale).
Azioni Positive: si indicano le azioni attraverso le quali si intendono raggiungere gli obiettivi
prefissati. Tra le azioni prioritarie c’è la costituzione del Comitato Pari Opportunità con un
regolamento interno e un budget da gestire. Altre azioni possono invece essere la preparazione di
un codice di condotta contro le molestie morali e sessuali sul luogo di lavoro con nomina di un/a
referente di fiducia, l’organizzazione di attività con attenzione alla parità di genere (orario flessibile,
trasporti, mense, servizi per la famiglia, etc.), il monitoraggio costante della situazione del
personale diviso per genere.
Modalità di attuazione: vengono indicate le persone che seguiranno le fasi di realizzazione. Monitoraggio e valutazione: vengono stabilite le attività di monitoraggio e valutazione
Impegno di spesa: quantificazione dei costi in riferimento alle azioni previste e individuazione
delle fonti di finanziamento.
Soggetti che partecipano all’elaborazione del Piano: a composizione mista (solitamente le
RSU e il Comitato Pari Opportunità).
Qualora l’Ente abbia già presentato un Piano Triennale di Azioni Positive, ci saranno delle varianti
nella prima parte dello schema:
- si dovrà prevedere un’analisi della situazione del personale con ottica di genere nel triennio
passato e descriverne i miglioramenti;
- si dovrà inserire ciò che è rimasto inattuato rispetto agli obiettivi che si erano prefissati nel Piano
precedente;
- si valuteranno nuove proposte, di intesa con il Comitato Pari Opportunità.
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
51
2.3 Gli organismi di parità A partire dalla fine degli anni Settanta iniziano a fare la loro comparsa gli organismi volti a tutelare
la parità di trattamento tra uomini e donne. Da allora la loro diffusione e importanza è cresciuta fino
a renderli istituzioni di riferimento e garanzia per la difesa dei diritti delle donne.
Tali istituzioni sono presenti a livello europeo, nazionale, regionale e locale ma, al contrario degli
organismi europei e nazionali, che sono ben definiti, gli organismi per le pari opportunità che
operano a livello territoriale sono numerosi e difficilmente riconducibili ad un modello comune, si
differenziano enormemente tra loro oltre che per la stessa denominazione (commissione, comitato,
consulta, centro,etc.), anche per la collocazione istituzionale, la composizione, il modo di operare, i
compiti e le funzioni.
La legge 125/1991, art. 1 comma 3, attribuisce compiti precisi a tali organismi: “3. Le azioni
positive di cui ai commi 1 e 2 possono essere promosse dal Comitato di cui all’articolo 5 e dai
consiglieri di parità di cui all’articolo 8, dai centri per la parità e le pari opportunità a livello
nazionale, locale e aziendale, comunque denominati, dai datori di lavoro pubblici e privati, dai
centri di formazione professionale, dalle organizzazioni sindacali nazionali e territoriali, anche su
proposta delle rappresentanze sindacali aziendali o degli organismi rappresentativi del personale
di cui all’articolo 25 della legge 29 marzo 1983, n. 93.”
2.3.1 I Comitati di Pari Opportunità
Come abbiamo analizzato in precedenza, le leggi di riforma della P.A., relativamente alla gestione
delle risorse umane, stabiliscono che le pubbliche amministrazioni debbano contribuire allo
sviluppo della cultura di genere al loro interno e assicurare pari opportunità di uomini e donne sul
lavoro garantendo alle proprie dipendenti la partecipazione ai corsi di formazione e aggiornamento
professionale, adattando l'organizzazione del lavoro a tale obiettivo e consentendo la conciliazione
fra vita professionale e vita familiare. Inoltre le amministrazioni possono finanziare programmi di
azioni positive e l'attività dei Comitati Pari Opportunità.
I CCNL del comparto Regioni e Autonomie Locali già a partire dal 1994 prevedevano l’istituzione
del Comitato paritetico per le Pari Opportunità presso ciascuna amministrazione. Nel nuovo
contratto relativo al quadriennio 1998-2001 vengono poi dettagliate le modalità e le regole
d’istituzione dei Comitati. Il Comitato per le Pari Opportunità è un organo interno a un ente (o a un'azienda), paritetico, cioè
di composizione mista, che deve avviare processi di conoscenza delle condizioni e degli sviluppi
professionali del personale femminile e di progettare e realizzare Piani di Azioni Positive.
Il Comitato deve utilizzare come modalità di azione lo scambio con il sindacato interno e attivare
una rete di interscambio con alcune realtà istituzionali esterne, ad esempio la Consigliera di parità,
i CPO degli altri enti locali e delle altre amministrazioni pubbliche presenti nel territorio, la
Commissione per la Parità e le Pari Opportunità istituita presso il Ministero del Lavoro. L’ente
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
52
presso cui è istituito deve assicurare le condizioni e gli strumenti per il funzionamento del
Comitato.
Al Comitato viene affidato il compito di rilevare i problemi inerenti le tematiche delle pari
opportunità e di formulare proposte d’azione e il singolo ente, tenendo conto delle proposte,
concorda con il Comitato le misure volte a favorire le pari opportunità nelle condizioni di lavoro e di
sviluppo professionale con particolare riferimento a:
a) accesso ai corsi di formazione professionale e modalità di svolgimento degli stessi;
b) flessibilità degli orari di lavoro in rapporto a quelli dei servizi sociali;
c) perseguimento di un effettivo equilibrio di posizioni funzionali a parità di requisiti professionali;
d) individuazione di iniziative di informazione per promuovere comportamenti coerenti con i principi
di pari opportunità nel lavoro.
Le iniziative che gli enti decidono di intraprendere divengono oggetto di valutazione dei Comitati
che elaborano e diffondono, annualmente, uno specifico rapporto sulla situazione del personale
maschile e femminile in ognuno dei profili delle diverse categorie e in relazione allo stato delle
assunzioni, della formazione e della promozione professionale, dei passaggi di categoria e della
progressione economica all'interno della categoria nonché della retribuzione percepita.
Poiché la costituzione di un Comitato Pari Opportunità è uno dei primi passi da effettuare per
attuare politiche di pari opportunità, riportiamo delle indicazioni utili alla sua costituzione.
INDICAZIONI PER LA COSTITUZIONE DI UN COMITATO DI PARI OPPORTUNITA
Come iniziare: Vedere nel CCNL di comparto se sono già previste norme sulla costituzione e la
regolamentazione, coinvolgere la Direzione e la RSU, redigere un regolamento che spieghi i
compiti e le regole di funzionamento.
Compiti: a) svolgere, con riferimento alla realtà locale, attività di studio e di ricerca effettuando analisi
quantitative e qualitative sul personale dell’ente per rilevare le eventuali disparità;
b) analizzare i fattori che ostacolano l'effettiva parità di opportunità tra donne e uomini nella realtà
lavorativa in questione proponendo iniziative dirette al loro superamento;
c) promuovere i principi di parità all’interno dell’organizzazione affinché si diffonda una “cultura” di
pari opportunità;
d) promuovere interventi che facilitino il reinserimento delle lavoratrici dopo un congedo in modo
da salvaguardarne la professionalità;
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
53
e) proporre iniziative che prevengano le molestie sessuali sul lavoro, anche attraverso ricerche
sulla diffusione e sulle caratteristiche del fenomeno e l'elaborazione di uno specifico codice di
condotta sulle molestie sessuali.
Composizione: il Comitato è costituito da un/una componente designato/a da ciascuna delle
organizzazioni sindacali di comparto firmatarie del CCNL e da un pari numero di funzionari/e in
rappresentanza dell'Amministrazione, nonché dai/lle rispettivi/e supplenti per i casi di assenza
dei/lle titolari. Il Presidente è un/una rappresentante dell’Amministrazione e ha il compito di
designare un/una Vicepresidente.
Durata e funzionamento: il Comitato rimane in carica per la durata di un quadriennio e comunque
fino alla costituzione del nuovo. I Componenti possono essere rinnovati nell’incarico per un solo
mandato. I Comitati si riuniscono trimestralmente o su richiesta di almeno tre dei componenti.
Vogliamo porre una particolare attenzione a una delle principali iniziative che i Comitati di Pari
Opportunità fino ad ora costituitisi hanno intrapreso all’unanimità, cioè la tutela della dignità dei/lle
lavoratori/trici in cui rientrano le politiche di intervento contro le molestie sessuali nell'ambiente di
lavoro e contro il mobbing. Il fenomeno è di particolare rilevanza in questo contesto perché le
vittime più numerose sono le donne.
Già i CCNL di comparto, a partire dal 1994 prevedevano che atti, comportamenti e molestie, anche
di carattere sessuale, lesivi della dignità della persona, erano comportamenti da sanzionare. Nel
rinnovo contrattuale del quadriennio normativo 1998-2001 è stato affrontato in maniera più
approfondita il problema delle molestie sessuali nei luoghi di lavoro e introdotto il codice di
condotta (come previsto da una raccomandazione della Commissione Europea) relativo ai
provvedimenti da assumere nella lotta contro le molestie sessuali nei luoghi di lavoro. Inoltre, per
favorire linee guida uniformi sui provvedimenti da assumere in sede di contratto nazionale, viene
allegato a titolo esemplificativo uno specifico codice-tipo.
Il codice prevede la creazione di una figura di un/a consigliere/a di fiducia e stabilisce che, oltre a
intervenire con sanzioni disciplinari specificamente previste, la consigliera o il consigliere possono
adottare, d’accordo con le organizzazioni sindacali, le misure organizzative ritenute utili per la
cessazione del comportamento molesto; inoltre il/la lavoratore/trice oggetto di molestie ha la
possibilità di richiedere un trasferimento in altra sede che non comporti disagio.
Sempre i contratti relativi al settore pubblico si sono poi occupati per primi del problema del
mobbing sul posto di lavoro (problema sollevato in sede comunitaria con una Risoluzione del
2001). Il contratto collettivo nazionale di lavoro del personale del comparto delle Regioni e delle
Autonomie Locali per il quadriennio normativo 2002-2005, infatti, prevede la costituzione di un
Comitato paritetico sul fenomeno del mobbing e ne stabilisce modalità d’azione, obiettivi e funzioni.
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
54
2.3.2 La Commissione Pari Opportunità o Consulta femminile
La Commissione per le Pari Opportunità è un organo istituito dal 1984 a livello nazionale presso la
Presidenza del Consiglio dei Ministri con il compito di fornire al Ministro per le pari opportunità
consulenza e supporto tecnico-scientifico nell'elaborazione e nell'attuazione delle politiche di pari
opportunità fra uomo e donna.
A livello regionale, provinciale e comunale, esistono degli organismi che si definiscono
Commissione di Pari Opportunità o Consulta femminile, di natura politico/promozionale a favore
delle donne e di intervento sulla organizzazione del territorio e sugli Enti Locali.
Le Commissioni di Pari Opportunità generalmente si propongono di promuovere indagini
conoscitive e ricerche sugli aspetti più rilevanti della condizione della donna, di presentare
osservazioni sui progetti di legge che direttamente o indirettamente abbiano rilevanza per la
condizione femminile, di predisporre e promuovere progetti di azioni positive tesi ad espandere
l'accesso al lavoro, i percorsi di carriera, e a incrementare le opportunità di formazione e
qualificazione professionale delle donne e svolgono funzioni propositive nei confronti dei Consigli e
delle Giunte esprimendo dei pareri sulle azioni di governo locale, con riferimento alle esigenze
specifiche della popolazione femminile.
Ci sembra opportuno citare i risultati di una ricerca58 pubblicata molto recentemente dal Ministero
delle Pari Opportunità ed effettuata a livello nazionale con l’obiettivo di fornire un quadro analitico e
comparativo sulle caratteristiche delle varie Commissioni di Parità sparse sul territorio nazionale.
Pur essendo limitata alle regioni e alle province offre un panorama molto chiaro e coincidente con
quello che è emerso dalla nostra ricerca, che invece entra nel dettaglio della situazione comunale
e del settore sanità.
Oltre alla estrema difficoltà, riscontrata anche da noi, di reperire le informazioni ricevendo in tempo
utile i questionari compilati, la ricerca citata registra in moltissimi casi una scarsa conoscenza da
parte degli Enti Regioni e Province relativamente all'esistenza o meno delle Commissioni Pari
Opportunità e delle relative funzioni e conseguentemente una scarsa sensibilità sul tema delle pari
opportunità.
2.3.4 L’Assessorato alle Pari Opportunità o con delega o Ufficio Pari Opportunità
Abbastanza recentemente si sono diffuse presso tutti i livelli delle Amministrazioni locali le deleghe
e gli Assessorati alle Pari Opportunità.
La presenza di un organismo di parità di natura politica a livello provinciale e comunale ha la
possibilità di incidere in modo significativo sulla programmazione del governo locale portando
cambiamenti e innovazione in tutti gli aspetti della vita pubblica. Le politiche di pari opportunità
sono politiche trasversali, e intervengono nella programmazione dei tempi e degli orari della città,
dei trasporti, della formazione, dei servizi alla persona, etc. 58 “La geografia delle pari opportunità. Mappa delle commissioni pari opportunità a livello regionale e provinciale” Ministero per le Pari Opportunità – Quaderni Demetra n. 17 - 2006
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
55
Uno dei primi strumenti che gli Assessorati alle pari opportunità dovrebbero promuovere presso le
amministrazioni locali è la revisione del bilancio dell’ente con ottica di genere. Il Bilancio di genere
in una Amministrazione pubblica è uno strumento di analisi delle scelte politiche nei confronti di
uomini e donne ed evidenzia come le decisioni politiche abbiano impatti diversi sulla vita di uomini
e donne poiché è diverso il loro ruolo nella famiglia, nella società e sul lavoro e diversi sono i loro
bisogni e le loro aspettative. Non è un bilancio diverso tra uomini e donne ma un bilancio che
evidenzia le diversità di impatto, in modo che le decisioni o scelte che vengono assunte possano
essere maggiormente rispondenti ai bisogni di tutta la cittadinanza intesa come maschile e
femminile..
2.4 Azioni positive, comitati, commissioni e assessorati in Provincia di Varese Nel questionario che abbiamo inviato agli enti locali del territorio provinciale sono state inserite59,
nella Parte I e nella Parte III, una serie di domande che hanno lo scopo di monitorare la presenza
o meno degli organismi di parità e le azioni di pari opportunità eventualmente messe in atto dagli
Enti locali e le politiche di parità adottate nei confronti della cittadinanza.
Con i dati raccolti vogliamo qui di seguito delineare un panorama di quanto le Autonomie Locali del
territorio hanno investito e investono in politiche di parità, sia per i/le loro dipendenti che
all’esterno.
Per questo tipo di analisi abbiamo avuto a disposizione solo i dati raccolti tramite l’apposito
questionario e che fanno riferimento ad una parte delle amministrazioni oggetto dell’indagine,
ovvero quelle che hanno restituito il questionario compilato.
Le amministrazioni che hanno risposto a questa tipologia di domande sono state 86 (60,6%) su
142 ed occupano circa il 41% dei dipendenti totali. 2.4.1 Azioni di parità interne
Alla domanda in cui si chiedeva a ogni amministrazione se è stato istituito il Comitato Pari
Opportunità in base alla legge 125/91 art. 1 comma 3 e si chiedeva di specificare tempistiche,
componenti e attività, tutte le 86 risposte sono state negative. Ci piacerebbe pensare che questo
risultato sia dovuto al fatto che la maggior parte dei Comuni che ci hanno restituito i questionari
compilati sono quelli di piccole dimensioni dove il numero dei dipendenti spesso non arriva a dieci,
ma vista la difficoltà che abbiamo avuto nel recuperare i dati per la ricerca è più credibile che
siamo in presenza di una basso livello di attenzione alle tematiche legate alle pari opportunità, da
parte degli Enti locali, del personale che vi lavora e della rappresentanza sindacale, nonostante
anche la contrattazione collettiva di comparto abbia già da tempo previsto la costituzione di
Comitati Pari Opportunità presso le Amministrazioni Pubbliche.
59 Vedi Appendice 1
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
56
Sui Piani Triennali di Azioni Positive possiamo dire qualche cosa di più perché sul totale delle 86
risposte ricevute, 5 Comuni (5,8%) hanno dichiarato di avere definito e presentato il Piano
Triennale. Dimensionalmente sono Comuni con un organico che oscilla tra i 4 e i 24 dipendenti con
l’eccezione di un Comune con circa 90 dipendenti.
Dall’analisi qualitativa sui contenuti dei Piani, le azioni positive proposte rientrano nelle indicazioni
espresse dalla normativa: garantire che almeno 1/3 dei componenti delle commissioni dei concorsi
sia riservato a personale femminile, favorire la partecipazione delle donne ai corsi di
aggiornamento professionale tenendo conto, in sede di organizzazione dei corsi, delle esigenze di
conciliazione della vita familiare e della vita lavorativa e favorire forme flessibili dell’orario di lavoro.
2.4.2 Azioni di parità esterne
L’unica Amministrazione locale del territorio, tra quelle che ci hanno rinviato il questionario
compilato, che dichiara di avere al suo interno una Consulta (o una Commissione Pari
Opportunità) è l’Ente Provincia di Varese.
La Consulta femminile provinciale è stata istituita, con un suo statuto, presso la Provincia di
Varese nel 1979 con lo scopo di promuovere iniziative riguardanti la questione femminile: indagini
e ricerche sulla condizione della donna, incontri, convegni, seminari e pubblicazioni, interventi nella
programmazione provinciale riferiti alla situazione femminile, sollecitazioni per una più
consapevole partecipazione delle donne alle decisioni che riguardano la collettività.
È attualmente composta da 45 persone provenienti da: partiti o movimenti politici presenti in
provincia di Varese, associazioni femminili, organizzazioni inerenti il lavoro e l’economia presenti a
livello provinciale, commissioni o comitati pari opportunità degli enti locali o dell’ASL della
provincia, consiglio scolastico provinciale, e inoltre il Presidente della Provincia, le elette nel
Consiglio Provinciale, le Assessori donna e la Consigliera di Parità Provinciale. L’assemblea della
Consulta ha una Presidente e un esecutivo composto da 4 persone, viene convocata almeno una
volta al mese e si avvale di contributi finanziari stanziati in bilancio dall’Ente Provincia.
Per quanto concerne invece l’ultima domanda del questionario in cui si richiedeva la presenza
nella singola amministrazione di un Assessorato alle pari opportunità o un’attribuzione di delega o
un settore/ufficio apposito, sulla totalità delle 86 risposte, 5 Enti (5,8%) hanno risposto
affermativamente e non coincidono con le 5 amministrazioni che hanno presentato i Piani Triennali
di Azioni positive. Entrando nel dettaglio dei dati, in 3 Comuni sono state date le deleghe alle Pari
opportunità, in un solo Comune è stato istituito un Assessorato e nello stesso comune è anche
stato creato un ufficio che si occupa nello specifico delle pari opportunità, ufficio che è presente
anche nell’Ente Provincia di Varese.
Facendo una media delle risorse umane che sono state assegnate a questo tipo di attività ne
risulta circa una per ente e le tematiche intorno alle quali sono maggiormente impegnate
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
57
riguardano: la salute delle donne, il lavoro al femminile, la formazione, le politiche di conciliazione
e attività culturali che hanno come tema centrale il mondo femminile.
Le modalità di azione che più frequentemente vengono utilizzate sono: l’organizzazione di incontri
a tema, dibattiti e conferenze, la partecipazione a progetti comunitari in parternariato che
prevedono l’organizzazione di corsi formazione rivolti a donne, attività di indagine (es. sui percorsi
di formazione delle donne, sugli sbocchi professionali, sull’utilizzo dei servizi presenti sul territorio,
etc.) e in due casi, l’Ente Provincia e un Comune, l’apertura di uno sportello informativo sulle
problematiche che ruotano intorno al mondo femminile.
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
58
3 - Elementi di sintesi e possibili linee di indirizzo Gli elementi più significativi che emergono dall’indagine sul territorio provinciale, che – come è
stato chiarito all’inizio, riguarda 87 amministrazioni su 142 della provincia con una
sovrarappresentazione dei Comuni più piccoli60 – possono essere così sintetizzati:
• una presenza femminile maggiore rispetto alla media nazionale, da far risalire in parte alla
dimensione piccola della maggioranza dei Comuni della provincia di Varese (la presenza
femminile è in generale inversamente proporzionale alle dimensioni degli enti) e in parte alle
caratteristiche socioeconomiche della provincia e al suo maggiore tasso di occupazione
femminile;
• ciononostante, una sottorappresentazione delle donne nei livelli più elevati solo di poco
inferiore a quella che si registra nella media nazionale;
• una forte connotazione di genere di molte aree funzionali (a prevalenza femminile le aree di
Staff, Programmazione e Servizi alla Persona, a prevalenza maschile Edilizia e Lavori Pubblici,
Polizia Locale, Manutenzioni ed Ecologia);
• una incidenza del part-time anch’essa maggiore rispetto alla media nazionale a conferma della
stretta relazione che lega la presenza femminile alla diffusione del part-time;
• una correlazione inversa tra incidenza del part-time e posizione gerarchica: il part-time
decresce nelle posizioni più elevate. Il fatto che, a parità di presenza femminile (54%) le
qualifiche A e B presentino una incidenza molto maggiore di part-timers rispetto alla qualifica D
(14,6 e 12,5 contro l’8,9 ) mette in evidenza una relazione ancora problematica tra part-time e
crescita delle responsabilità, anche se non è dato capire se ciò dipenda da un atteggiamento
femminile più favorevole all’impegno lavorativo a tempo pieno o da una resistenza delle
amministrazioni a favorire l’accesso al part-time delle persone che occupano posizioni più
elevate;
• in ogni caso, una prevalenza del part-time con un orario superiore al 50%, a indicazione di
un’attenta ricerca di compatibilità tra le esigenze di conciliazione e quelle di reddito;
• una difficoltà ad affrontare in modo strutturato e con una visione di medio termine lo sviluppo
del personale attraverso l’iniziativa formativa;
60 Per alcune parti, grazie alla collaborazione con la Ragioneria Generale dello Stato e la Ragioneria Provinciale di Varese, abbiamo ricostruito l’intero universo di interesse (142 amministrazioni).
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
59
• un rapporto molto squilibrato tra uomini e donne nell’utilizzo dei congedi per esigenze di cura,
in particolare per quanto riguarda la cura dei figli che ancora pesa quasi esclusivamente sulle
spalle femminili. Minori squilibri si registrano invece nell’utilizzo di congedi per malattia dei
genitori e gravi motivi familiari;
• sul piano organizzativo, una tendenza crescente al ricorso a forme di esternalizzazione sia
nell’area dei servizi ausiliari (dove la presenza femminile non è in genere maggioritaria) sia
nell’area dei servizi amministrativi e sociali dove invece la quota di occupazione femminile è
molto elevata;
• una debolezza diffusa sia nella promozione di azioni positive verso l’interno sia nella istituzione
di organismi politico-istituzionali dedicati alla promozione della parità e del mainstreaming di
genere.
In grande sintesi, una situazione che nelle sue ombre e nelle sue luci risulta fortemente
condizionata dalla ridotta dimensione degli enti locali che rappresenta e che, proprio per questo,
appare difficilmente modificabile se non attivando modalità cooperative che permettano di unire gli
sforzi dei piccoli enti e potenziando un ruolo di promozione e di supporto della Provincia.
Proprio partendo da questa osservazione, tre sono le linee guida su cui, a nostro giudizio e
facendo riferimento a prassi già sperimentate in altri contesti, il sistema delle autonomie locali
provinciali potrebbe utilmente muoversi:
• istituzione di Comitati Pari Opportunità intercomunali, che vedano la presenza di tutti i
Comuni partecipanti e delle organizzazioni sindacali territoriali ed il supporto della Consigliera
di parità, con il compito di elaborare Piani Triennali di Azioni Positive a valenza intercomunale e
di promuovere in tutti i Comuni la valorizzazione delle risorse femminili, attraverso iniziative
formative, azioni di sensibilizzazione e formazione dei dirigenti comuni, in modo da raggiungere
la massa critica necessaria alla gestione di interventi di questo tipo preclusi agli enti di piccole e
piccolissime dimensioni;
• elaborazione dei Piani Triennali di Azioni Positive da parte degli enti di maggiori
dimensioni: gli Enti di maggiori dimensioni possono svolgere un ruolo di traino nei confronti dei
Comuni minori, qualificando le loro azioni come buone prassi e contribuendo a diffondere tra i
diversi attori istituzionali l’attenzione al tema del genere e alla valorizzazione di tutte le risorse
presenti nel territorio;
• costituzione di una rete delle elette negli Enti Locali della provincia per promuovere
iniziative comuni sui temi del mainstreaming di genere. In questa rete la Provincia potrebbe
svolgere un’azione fondamentale di promozione e di sostegno, creando occasioni di scambio e
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
60
di trasferimento di buone pratiche, sostenendo e accompagnando le realtà non ancora attive
sul tema e migliorando le capacità di azione delle/dei funzionarie/i e delle amministratrici,
attraverso la circolazione dei saperi e delle esperienze. In questa direzione si sta peraltro
muovendo la Consulta Pari Opportunità dell’Unione delle Province Italiane che ha appena
lanciato il Progetto La Rete delle Reti con l’obiettivo di sviluppare sinergie di azioni tra le
Province in tema di politiche di genere e i cui primi risultati verranno presentati nella seconda
Assemblea della Consulta che si terrà a Milano nel mese di ottobre61.
61 Di seguito si riportano alcune significative esperienze di reti istituzionali locali attivate a scala provinciale. MODENA. La Provincia ha istituito nel novembre 2003, tramite modifica dello Statuto, la Conferenza Provinciale delle elette che raggruppa tutte le elette e nominate nei Consigli e nelle Giunte della provincia modenese e delle modenesi con ruoli di rappresentanza politica nei Consigli, nelle Giunte regionali o elette al Parlamento. GENOVA. La Provincia ha dato vita a una rete locale e nazionale tra enti locali finalizzata a potenziare le iniziative a favore delle pari opportunità attraverso lo scambio permanente di buone prassi e metodologie. In particolare, le attività si sono concentrate sulla diffusione del gender budgeting come strumento di analisi, riclassificazione dei bilanci pubblici e supporto al sistema decisionale degli enti locali. TORINO. La Provincia ha costituito con i Patti territoriali del territorio la “Rete di Parità nello sviluppo locale” per incidere sulle agende politiche dello sviluppo. La rete si propone di: promuovere la diffusione in tutti i settori della conoscenza delle tematiche di pari opportunità. MILANO. La Provincia ha sviluppato il progetto “Donne e Territorio” per la creazione di una rete attiva delle donne elette dei Comuni della Provincia. Nella sua prima fase, la Rete ha lavorato sui temi della comunicazione pubblica in chiave di genere, degli Statuti e della rappresentanza femminile nei luoghi delle decisioni pubbliche locali e del mainstreaming. NAPOLI. La Provincia, attraverso l’assessorato alle pari opportunità, ha sviluppato nel tempo numerosi progetti relativi in particolare ai Centri per l’occupabilità femminile. ROMA. La Provincia di Roma si è particolarmente impegnata, d’intesa anche con il Comune di Roma, nei progetti relativi alla qualità della vita, al miglioramento del sistema degli orari per i dipendenti e gli utenti, per l’efficacia dei servizi per il lavoro rivolti alle donne. È funzionante la Commissione delle elette.
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
61
Esempi di Piani Triennali di Azioni Positive messi in atto da Amministrazioni Locali sul territorio nazionale
I Piani Triennali di Azioni Positive di seguito riportati si riferiscono ad esperienze di Comuni di
grandi dimensioni che non sono immediatamente trasferibili nelle realtà di dimensioni più piccole,
come la maggior parte dei Comuni della provincia di Varese ma li consideriamo ugualmente utili in
quanto, essendo articolati su diverse tipologie di azioni, possono offrire un ventaglio di possibilità
dal quale, ciascun Comune, anche di dimensioni più piccole, può prendere spunto individuando
l’azione più adatta alle criticità presenti nel proprio contesto e adattandola alla propria scala
dimensionale.
Si tratta del Piano di Azioni Positive del Comune di Modena per il triennio 2005-2007, tratto dal sito
http://www.comune.modena.it/pariopportunita e di quello del comune di Genova, tratto dal sito
http://www.comune.genova.it
Indagine presso gli Enti Locali della provincia di Varese
62
PIANO AZIONI POSITIVE TRIENNIO 2005-2007
Comune di Modena Assessorato Pari Opportunità Comitato Pari opportunità RELAZIONE INTRODUTTIVA Nel Comune di Modena si è proceduto all’attivazione del Comitato con la convinzione della sua valenza innanzi tutto sul piano culturale, ma anche della sua utilità in quanto strumento di proposta all’Amministrazione per favorire la reale applicazione delle pari opportunità fra donne e uomini, fra lavoratrici e lavoratori. Il Comitato per le Pari Opportunità ha concordato il Piano delle azioni positive con l’Assessorato Pari Opportunità e i rappresentanti delle Organizzazioni Sindacali presenti all’interno del Comitato stesso. L’organizzazione del Comune di Modena vede una forte presenza femminile per questo è necessario nella gestione del personale un’attenzione particolare e l’attivazione di strumenti per promuovere la reali pari opportunità come fatto significativo di rilevanza strategica. La scelta del Comune di Modena di un Assessorato alle Pari Opportunità, della costituzione del Comitato per le Pari Opportunità, della promozione del Piano salute donna, inserito all’interno del percorso dei Piani per la salute, infine, testimoniano una precisa scelta politica compiuta dal Comune di Modena. Tutte queste attività sono dunque uno specchio della cultura dell’Ente e della sua coerenza fra azione amministrativa e piani di gestione del personale che può essere rafforzata adottando iniziative che migliorino il contesto lavorativo interno. La legge 125/91 imponeva tutte le P.A. di dotarsi di Piano di azioni positive e il successivo decreto legislativo n. 29/93 riprendeva questa disposizione stabilendo l’obbligatorietà dei Comitati per le Pari opportunità. Il piano è quindi strumento ed occasione per rimuovere stereotipi indotti anche solo da consuetudini che però fanno incontrare alle donne, nei percorsi lavorativi, non pochi disagi e difficoltà. Questo strumento, se compreso e ben utilizzato, potrà permettere all’Ente di agevolare le sue dipendenti e i suoi dipendenti dando la possibilità a tutte le lavoratrici e i lavoratori di svolgere le proprie mansioni con impegno, con entusiasmo e senza particolari disagi, anche solo dovuti a situazioni di malessere ambientale. Il presente piano ha valenza triennale. Nel periodo di vigenza saranno raccolti pareri, consigli, osservazioni, suggerimenti da parte del personale dipendente, delle organizzazioni sindacali e dell’Amministrazione Comunale in modo da poterlo rendere dinamico ed effettivamente efficace. Nello specifico il piano si sviluppa in obiettivi suddivisi a loro volta per azioni positive. OBIETTIVI Gli obiettivi generali del piano sono • Intervenire nella cultura di gestione delle risorse umane all’interno dell’organizzazione dell’Ente accelerando e favorendo il cambiamento nella P.A. con la realizzazione di interventi specifici di cambiamento in un ottica di genere; • Favorire la crescita professionale e di carriera per riequilibrare eventuali situazioni e posizioni lavorative ove le donne sono sottorappresentate; • Favorire le politiche di conciliazione tra responsabilità familiare e professionali attraverso azioni che prendano in considerazioni sistematicamente le differenze, le condizioni e le esigenze di donne
Modena
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e uomini all’interno dell’organizzazione, ponendo al centro l’attenzione alla personacontemperando le esigenze dell’Ente con quelle delle dipendenti e dei dipendenti, dei cittadini e delle cittadine; • Sviluppare i criteri di valorizzazione delle differenze all’interno dell’organizzazione del lavoro attraverso la formazione e la conoscenza delle potenzialità e professionalità presenti all’interno dell’Amministrazione; • Aumentare la consapevolezza che leggere i fenomeni con l’ottica di genere nella redazione del Bilancio Comunale e’ conveniente e strategico per la pianificazione e lo sviluppo delle risorse dell’Ente; • Individuare competenze di genere da valorizzare per implementare nella strategia dell’Ente la capacità di trattenere al proprio interno le professionalità migliori oltre che migliorare la produttività e il clima lavorativo. PROGETTI E AZIONI POSITIVE Progetto n. 1 Conoscenza della situazione di genere e informazioni sulla situazione dell’amministrazione del Comune di Modena sulle tematiche di P.O. del personale dipendente. I risultati che si potranno ottenere attraverso la conoscenza approfondita saranno soprattutto l’individuazione delle eventuali criticità esistenti, di eventuali situazioni di discriminazione per quanto riguarda la carriera, delle esigenze e delle aspettative di donne e di uomini sul lavoro. Comunicazione di questa conoscenza ai dipendenti per aumentare la consapevolezza del personale dipendente sulla tematica delle P.O. e di genere. Il risultato della comunicazione diffusa ai dipendenti e’ una maggiore condivisione e partecipazione al raggiungimento degli obiettivi, in primis della dirigenza e delle posizoni organizzative, nonchè un’attiva partecipazione alle azioni che il Comitato e l’Amministrazione intendono intraprendere. Azione positiva n. 1.1 Ricerca conoscitiva, rivolta a dipendenti, cittadini e cittadine, sui servizi di welfare in rapporto ai bisogni di cura che tengano conto delle trasformazioni sociali quali l’aumento delle aspettative di vita, i bisogni degli adolescenti. La ricerca deve mettere in grado il Comitato di fare proposte che tengano conto della ristrettezza delle risorse pubbliche e capaci di sollecitare e mettere in circolo risorse dei cittadini, donne e uomini, delle famiglie, del privato sociale e del privato in ottica di reale sussidiarietà. • Soggetti coinvolti: Direzione Generale, Comitato P.O., Gabinetto del Sindaco, Assessorato Pari opportunità, Ufficio ricerche • A chi e’ rivolto: ai dipendenti e alle dipendenti e al Comitato P.O. e ad un campione di cittadinanza Azione positiva n. 1.2 Favorire la conoscenza dei risultati del “progetto di formazione-intervento sul benessere organizzativo” come approfondimento della precedente ricerca avente per titolo “L’identità del dipendente comunale”. E coinvolgimento nella discussione delle proposte migliorative. • Soggetti coinvolti: Servizio Personale , Direzione Generale, Comitato P.O. • A chi e’ rivolto: ai dipendenti e alle dipendenti e al Comitato P.O Azione positiva 1.3 Proseguire e incentivare l’attività di raccolta sistematica dati dell’Ente in ottica di genere. • Soggetti coinvolti: Servizio Personale , Direzione Generale, Comitato P.O., Ufficio statistica • A chi e’ rivolto: ai dipendenti e alle dipendenti e al Comitato P.O. Azione Positiva n. 1.4 Promozione delle tematiche di pari opportunità, attraverso la diffusione di materiale rivolto alla Dirigenza e alle Posizioni Organizzative di tutti i servizi e uffici. Potra’ svolgersi tramite “ tavole rotonde” e riguardare l’attività del Comitato e di altri Servizi in
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materia di pari opportunità. L’informazione, promozione, lettura dei dati a disposizione circa gli aspetti che hanno attinenza con le P.O. nonché la conoscenza delle azioni positive e sperimentazioni proposte dal C.P.O. contribuirà a creare condivisione su quello che l’Amministrazione ha fatto e sta facendo in materia di pari opportunità e agevolerà la nascita di una rete in grado di accogliere e fornire informazioni su tali tematiche nonché avviare percorsi di formazione e auto-formazione della dirigenza e delle posizioni organizzative. • Soggetti coinvolti: Servizio Personale, Comitato P.O., Direzione Generale. • A chi e’ rivolto: alle dipendenti e ai dipendenti, alla dirigenza, alle P.O. Azione Positiva n. 1.5 Monitoraggio e analisi sul tempo parziale, sulle richieste/concessioni di part time analizzate per livello, per motivazione, per distribuzione nei servizi, per anzianità di lavoro ecc… • Soggetti coinvolti: Servizio personale, Direzione Generale, Comitato P.O. • A chi e’ rivolto: al Comitato P.O. PROGETTO n. 2 Potenziamento del Comitato P.O. con formazione e auto-formazione delle componenti e promozione del Comitato P.O. all’interno dell’Ente. Il risultato atteso e’ una maggiore visibilità del Comitato all’interno dell’Ente e un incremento della visibilità dell’Amministrazione all’esterno circa l’attenzione prestata alle politiche di genere assunte come strategiche per la propria pianificazione. Azione Positiva n. 2.1 Costruzione di un sito internet che riunisce le informazioni del Comitato Pari Opportunità e dell’Assessorato, che abbia come scopo l’informazione e sensibilizzazione del personale dipendente tramite la diffusione di dati raccolti tramite sito web. Il sito dovrà essere aggiornato sia sulla rete intranet sia internet. • Soggetti coinvolti: Servizio Rete Civica, Servizio personale, Direzione Generale, Comitato P.O. e Assessorato Pari Opportunità • A chi e’ rivolto : ai dipendenti e alle dipendenti, all’esterno, alle reti di Città che abbiano esperienze simili. PROGETTO n. 3 Favorire la formazione del personale dipendente al fine di migliorare la gestione delle risorse umane per dare la possibilità all’Amministrazione di creare un ambiente di lavoro in cui i dipendenti si sentano a loro agio valorizzando le potenzialità presenti. Continuare quindi a dare attenzione alle figure dirigenziali e organizzative per la formazione circa le differenze di genere, la valorizzazione e comprensione delle risorse umane presenti in servizi e uffici. Tale formazione , indirizzata verso tematiche così specifiche dovrà aumentare l’attenzione per la comprensione delle attitudini e interessi individuali. Questo da un lato permetterà di migliorare l’organizzazione del lavoro e la gratificazione delle lavoratrici e dei lavoratori dall’altro avrà lo scopo anche di supportare tali figure in relazione a momenti decisionali specifici quali valutazioni individuali del personale, nomine ecc… Formazione per insegnanti delle Scuole dell’infanzia e dei Nidi alla differenza di relazione visto l’interesse e i risultati positivi dei corsi organizzati su queste tematiche negli anni passati e per favorire fin dai primi anni nei bambini e nelle bambine l’idea della diversità di genere come ricchezza. Azione positiva n. 3.1 Incontri con dirigenti e posizioni organizzative sulla traduzione delle tematiche di pari opportunità in esperienze dell’organizzazione del lavoro in un’ottica di valorizzazione delle differenze di genere, improntati sulla base di esperienze e suggerimenti provenienti dai dirigenti stessi e dal
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Comitato P.O. • Soggetti coinvolti: Servizio Personale, Comitato P.O., Direzione Generale • A chi e’ rivolto: ai dirigenti e alle P.O. Azione positiva n. 3.2 Corsi di formazione per insegnanti di Scuola dell’Infanzia e Nidi sull’“Educazione alla differenza di genere”. Visto il risultato positivo dei corsi realizzati negli anni precedenti e l’interesse dimostrato da insegnanti e personale si organizzerà un corso di 1’ livello e un corso di 2 livello a completamento del percorso formativo. • Soggetti coinvolti: Servizio Istruzione, Partners esterni • A chi e’ rivolto: insegnanti e operatori dei servizi per l’infanzia Azione positiva n. 3.3 Agevolazione al rientro al lavoro per le dipendenti e i dipendenti dopo periodi di assenza prolungata (almeno sei mesi) in aspettativa per congedi famigliari maternità o altro; attraverso momenti di aggiornamento specifico a cura del settore. • Soggetti coinvolti: il settore di appartenenza del/della dipendente, D.G. • A chi e’ rivolto: ai/ alle dipendenti in rientro da congedi PROGETTO n. 4 Favorire, anche attraverso una diversa organizzazione del lavoro, delle condizioni e del tempo di lavoro, l’equilibrio e la conciliazione tra le responsabilità familiari e professionali. Promuovere pari opportunità tra donne e uomini in condizioni di difficoltà o svantaggio al fine di trovare una soluzione che permetta di poter meglio conciliare la vita professionale con la vita familiare laddove possono esistere problematiche legate non solo alla genitorialità ma anche ad altri fattori. Migliorare al qualità del lavoro e potenziare quindi le capacità di lavoratrici e lavoratori mediante l’utilizzo di tempi più flessibili. Azione positiva n. 4.1 Raccolta di informazioni e verifica sulle normative dei permessi relativi all’orario di lavoro per favorirne la conoscenza e la fruizione dei dipendenti e delle dipendenti. Coinvolgimento del Comitato pari opportunità e dell’Assessorato Pari opportunità nel percorso di verifica che l’Amministrazione intende fare sull’assetto definitivo dell’orario di lavoro. • Soggetti coinvolti: dipendenti e Comitato P.O., Assessorato Pari opportunità, Assessorato al Personale • A chi e’ rivolto: al Comitato P.O, ai/alle dipendenti ALTRE INIZIATIVE • Seminari sulla Legge 53 e contatti individuali con aziende per diffondere l’utilizzo di strumenti previsti nella Legge come la banca delle ore, il telelavoro e i congedi parentali. • Partecipazione ai bandi di finanziamento sulle pari opportunità della Commissione Europea, con un progetti specifici sulla conciliazione dei tempi e della condivisione delle responsabilità famigliari. • Sperimentazione di modalità di convocazione delle assemblee pubbliche che favoriscano la presenza femminile nei luoghi decisionali. • A seguito del convegno organizzato in occasione del 8 marzo 2005 tra gli Assessorati Tempi e Orari, Servizi Sociali, Istruzione e Pari Opportunità del Comune di Modena e la Provincia un percorso di confronto sulle politiche di conciliazione. • 8 marzo 2006 si ipotizza un costante impegno per promuovere iniziative per ricordare e valorizzare questo importante evento, in particolare 2006 ci sarà l’impegno per sottolineare il sessantesimo del diritto al voto alle donne.
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IL CONTESTO EUROPEO
La strategia quadro comunitaria in materia di parità fra uomini e donne adottata dalla Commissione Europea nel giugno 2000, prevede per la prima volta che tutti i programmi e le iniziative vengano raggruppati con un approccio che combina misure specifiche volte a promuovere la parità tra uomini e donne con un approccio complessivo di mainstreaming1. L’obiettivo è quello di assicurare che tutte le politiche e tutti gli interventi tengano conto delle questioni legate al genere, ovvero le pari opportunità devono stare dentro la politica dell’occupazione, dell’economia, dell’urbanistica, dell’ambiente, della famiglia, delle politiche sociali.
E’ una chiave di lettura della realtà che porta all’individuazione dei problemi prioritari ed agli strumenti necessari per superarli e modificarli.
La strategia europea in generale si è introdotta nella strategia per l’occupazione: uno dei pilastri è dedicato specificamente alle pari opportunità e sollecita misure per colmare i divari di genere sul mercato del lavoro, migliorare la conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro, agevolare per donne e uomini il reinserimento nel mercato del lavoro, la permanenza e gli sviluppi di carriera, il superamento dei differenziali salariali. IL CONTESTO NAZIONALE
L’Italia realizza le azioni positive attraverso la legge n. 125/1991 ed il conseguente programma-obiettivo, e realizza l’adozione delle misure per la conciliazione di vita familiare e vita lavorativa attraverso la legge n. 53/2000 sui congedi parentali. Da ricordare anche la legge n. 215/1992 sull’imprenditoria femminile per favorire il lavoro autonomo delle donne. La legislazione vigente, in particolare la legge n. 125/1991, attraverso i programmi obiettivo, prevede che le Amministrazioni predispongano Piani di azioni positive tendenti ad assicurare la rimozione degli ostacoli che, di fatto, impediscono la piena realizzazione di pari opportunità di lavoro e nel lavoro tra uomini e donne, a promuovere l’inserimento delle donne nei settori e nei livelli professionali nei quali esse sono sottorappresentate, favorendo il riequilibrio della presenza femminile nelle attività e nelle posizioni gerarchiche ove sussiste un divario fra generi non inferiore a due/terzi. Alcuni scopi della legge sono, in sintesi:
1. Eliminare le disparità di fatto che le donne subiscono nella formazione scolastica e professionale, nell’accesso al lavoro, nella progressione di carriera, nella vita lavorativa e nei periodi di mobilità.
________________________________________ NOTE:1) il mainstreaming di genere consiste nel considerare, già dalla fase di progettazione, gli effetti delle politiche in termini di effetti possibili sulla situazione sia delle donne che degli uomini. La promozione dell’uguaglianza si fonda sul riconoscimento delle identità femminile e maschile, dei loro bisogni e nella distribuzione delle responsabilità fra donne e uomini. Si tratta di promuovere cambiamenti duraturi nei ruoli parentali, strutture della famiglia, pratiche istituzionali, organizzazione e tempi del lavoro, sviluppo e indipendenza delle persone. E’ un segno di progresso, democrazia e pluralismo che interessa tutta la società, donne e uomini.
P I A N O T R I E N N A L E D I A Z I O N I P O S I T I V E 2 0 0 5 / 2 0 0 7
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2. Individuare condizioni ed organizzazioni nonché tipologie di distribuzione del lavoro che provocano effetti diversi, a seconda del sesso, nei confronti dei dipendenti, con pregiudizio nella formazione, nell’avanzamento professionale di carriera, ovvero nel trattamento economico e retributivo. 3. Favorire (anche mediante una diversa divisione ed organizzazione del lavoro o diversi
contratti e condizioni in relazione ai tempi di lavoro) l’equilibrio tra le responsabilità familiari e professionali, ed una migliore ripartizione di tale responsabilità tra i due sessi.
IL CONCETTO DI BUONA PRATICA
Nell’ambito delle tematiche e delle politiche di genere si intende per buona pratica un’azione che stimola l’innovazione nell’impostazione di un problema, e rende visibile problematiche rimosse o non considerate come “problema”; la buona pratica è quella che assume gli obiettivi di trasversalità e di pari opportunità e li inserisce nella cultura lavorativa ed organizzativa dell’Ente Pubblico.
La valutazione di una buona pratica è strettamente connessa: • al contesto sociale e territoriale, • al contesto istituzionale.
IL CONTESTO SOCIALE E TERRITORIALE
La realtà socio-economica in cui si inserisce una pratica è il primo tipo di contesto di cui bisogna tener conto per implementare e valutare una buona pratica. I fattori considerati nel territorio sono:
• le caratteristiche socio-demografiche della popolazione, • le caratteristiche della differenza di genere. Una determinata pratica può risultare insignificante in un contesto in cui sono stati riscontrati
significativi miglioramenti nelle relazioni di genere, mentre la stessa pratica può essere cruciale in un contesto marcato da forti differenze di genere. IL CONTESTO ISTITUZIONALE E’ necessario tener conto delle caratteristiche dell’istituzione riguardo: • la dimensione dell’ente, • l’ambito di competenza istituzionale, • l’entità del budget per il personale, • l’entità e l’età della presenza di personale femminile, • la cultura della trasversalità, • le politiche di genere implementate precedentemente con riferimento alla diagnosi dei bisogni, • i risultati ottenuti, • l’esistenza di un lavoro di rete con organizzazioni di donne. NEL COMUNE DI GENOVA
L’attenzione alle tematiche di pari opportunità è stata, fino al 2001, caratterizzata da interventi sporadici e frammentari, senza un reale coordinamento delle azioni.
Nel 2002 la nuova Amministrazione Comunale sottolinea il suo interesse per queste
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tematiche istituendo l’Assessorato alle Pari Opportunità e favorendo la costituzione, presso la Direzione Personale e Organizzazione, dell’Ufficio Pari Opportunità.
Nel periodo settembre/novembre 2002 viene effettuata un’indagine tra i dipendenti comunali, attraverso la distribuzione/somministrazione di un questionario, finalizzato alla manifestazione di interesse sulle varie tematiche relative alle parità e pari opportunità nel luogo di lavoro, con l’individuazione della percezione sul clima aziendale anche rispetto ad eventuali discriminazioni.
Nel giugno 2003 si è costituito il Comitato Pari Opportunità. Nello stesso anno, in una logica di parità e pari opportunità non solo riferita a tematiche di
genere, l’amministrazione avvia un progetto di rilevazione ed eliminazione delle barriere architettoniche, ad iniziare dagli spazi interessati agli eventi relativi a Genova 2004.
Nel corso degli ultimi due anni sono stati organizzati o sostenuti eventi volti alla diffusione della cultura di genere aperti alla cittadinanza; è stato firmato con la Provincia di Genova un protocollo per la redazione del Bilancio di Genere, la cui analisi è stata consegnata nel marzo 2005; è stata effettuata una raccolta di dati sul personale del Comune di Genova in chiave di genere, nell’ambito delle iniziative legate al progetto del Formez “Cantieri P.A
Dal marzo 2004 è stato avviato un percorso di cittadinanza attiva che verte sulla promozione della partecipazione sociale femminile e in particolare delle associazioni come interlocutori attivi e competenti in grado di collaborare alla definizione ed attuazione delle politiche locali assumendo la prospettiva di genere.
Si tratta di un percorso partecipato aperto volto alla costruzione di una rete di associazioni che sviluppano legami sociali e relazioni collaborative e di scambio reciproco con il sostegno organizzativo e tecnico dell'Ente Locale.
Le linee guida specifiche riguardano l'empowerment delle associazioni, l'azione politica di mainstreaming e la promozione della trasversalità della politica femminile nel rispetto delle differenti appartenenze e postazioni.
L’obiettivo è la costruzione di un patto sociale di cittadinanza ove le donne, con i loro punti di vista, la loro diversità, le loro esigenze siano protagoniste e propositrici.
Inoltre, negli ultimi due anni sono stati avviati alcuni progetti europei ed in particolare: Insieme alle Città Urban sulla violenza contro le donne, Clima e Genere, Dafne, Bilanci di Genere e Stereotipi femminili, costruzione di un Centro di Documentazione dedicata all’interno di Città dei Mestieri, sperimentazione di progetti finalizzati a facilitare l’accessibilità e l’adattabilità delle donne al/nel mondo del lavoro in collaborazione con la Provincia di Genova.
IL PIANO TRIENNALE DI AZIONI POSITIVE L’Amministrazione e il Comitato Pari Opportunità (con il Piano di Azioni Positive) intendono promuovere azioni tese non solo al superamento delle disparità di genere tra i lavoratori dell’amministrazione, ma soprattutto a porre le basi per un piano strategico di parità a livello cittadino, con particolare attenzione alle persone in situazione di difficoltà e privilegiando la metodologia della progettazione partecipata. Dai dati quali/quantitativi2 raccolti si è evidenziata la necessità di programmare e realizzare con il Piano di Azioni Positive, buone pratiche, in particolare nei campi della formazione, dei diritti, della conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, del mobbing, della mobilità ed accessibilità e della comunicazione, attraverso l’approfondimento analitico, studi di fattibilità e realizzazione _______________________________ 2 Fonti dati e ricerche: - Studio Gender “… Valutazioni dell’impatto di genere nella riforma della Pubblica Ammistrazione ….” - Biblioteca Berio “ I tempi delle donne i tempi della città” - Questionari per la costituzione del C.P.O. - Documento del Gruppo di lavoro del Comitato “Elaborazione dati”
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sperimentale di interventi specifici, con una particolare attenzione alla formazione/informazione dei lavoratori. (sulle tematiche affrontate).
LE AREE TEMATICHE E LE AZIONI
AREA DIRITTI “IL NOSTRO LAVORO A TUTELA DEI TUOI DIRITTI”
N. Azione 1 Titolo Coordinamento sportelli per le/i lavoratrici/tori Destinatari Tutte/i le/i lavoratrici/tori Finanziamenti Risorse dell’Ente Obiettivi
Individuazione, divulgazione e coordinamento di procedure per il sostegno ai lavoratori a fronte di segnalazioni inerenti tematiche di parità e pari opportunità
Descrizione dell’intervento Creazione di una struttura di coordinamento degli “sportelli” e/o uffici che trattano segnalazioni inerenti tematiche di parità e pari opportunità Predisposizione modulistica per l’istruttoria di segnalazioni e istanze Piano di comunicazione ai lavoratori
Strutture coinvolte nella sperimentazione
Uffici dell’Amministrazione che ricevono dai lavoratori segnalazioni inerenti tematiche di parità e pari opportunità
Metodologia Focus group rivolti a gruppi di lavoratori Tipologia di azione Rivolta prevalentemente all’interno dell’Amministrazione
AREA CONCILIAZIONE TEMPI DI VITA E TEMPI DI LAVORO “RICERCHIAMO LA QUALITA’ SUL LAVORO E NELLA VITA”
N. Azione 2 Titolo Il mio lavoro non è nemico della mia vita Destinatari Tutte/i le/i lavoratrici/tori Finanziamenti Risorse dell’Ente; finanziamenti ex L. 125/1991 Obiettivi Favorire politiche di conciliazione tra responsabilità
professionali e familiari, ponendo al centro l'attenzione alla persona e contemperando le esigenze dell'organizzazione con quelle dei lavoratori
Descrizione dell’intervento Sperimentazione di nuove tipologie di organizzazione flessibile del lavoro che tengano conto delle esigenze personali e di servizio
Strutture coinvolte nella sperimentazione
Una struttura logisticamente raccolta in un’unica sede e con prevalenza di personale femminile; una struttura logisticamente distribuita sul territorio e con forte prevalenzadi personale maschile; una struttura estremamente eterogenea, con settori a prevalenza di personale maschile e settori a prevalenza di personale femminile
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Metodologia Interviste, focus group, questionari, ad osservatori e/o testimoni privilegiati Analisi della preesistente organizzazione del lavoro all’interno delle strutture interessate
Tipologia di azione Rivolta prevalentemente all’interno dell’Amministrazione
N. Azione 3 Titolo Servizi di supporto alla famiglia Destinatari Tutte/i le/i lavoratrici/tori; la cittadinanza Finanziamenti Risorse dell’Ente; finanziamenti ex L. 125/1991, Legge
Regionale 737/04 Obiettivi Definizione e promozione di nuove tipologie di servizi per i
cittadini lavoratori, attraverso l’analisi dei bisogni emergenti di conciliazione
Descrizione dell’intervento Indagine sui bisogni di conciliazione attraverso il coinvolgimento dei lavoratori e di altri soggetti interessati Studio di fattibilità sui servizi di sostegno alla famiglia, in particolare nella cura di minori, anziani e disabili
Strutture coinvolte Direzione Personale e Organizzazione, Direzione Servizi alla Persona ed altre strutture e soggetti esterni
Metodologia Interviste, focus group, questionari, a gruppi di lavoratori e cittadini e ad osservatori e/o testimoni privilegiati Ricerca di buone pratiche, individuazione servizi e modalità di intervento adeguati. Analisi di fattibilità. Scelta degli interventi da sperimentare
Tipologia di azione Rivolta a tutta la cittadinanza
N. Azione 4 Titolo Rientro dai congedi parentali o da lunghi periodi di assenza Destinatari Tutte/i le/i lavoratrici/tori che rientrano da maternità,
aspettative o lunghi periodi di astensione dal lavoro Finanziamenti Risorse dell’Ente Obiettivi Facilitare il reinserimento e l’aggiornamento dopo lunghe
assenze dal lavoro Descrizione dell’intervento
Sperimentazione su un gruppo di lavoratori di un percorso di informazione/formazione al momento del rientro al lavoro dopo lunghi periodi di assenza; individuazione di forme di sostegno alla ricollocazione lavorativa
Strutture coinvolte nella sperimentazione
Direzione Personale e Organizzazione e le strutture interessate
Metodologia Interviste, focus group, questionari a gruppi di lavoratori Analisi storica dei bisogni evidenziati dagli uffici e dalle persone Progettazione partecipata dell’intervento.
Tipologia di azione Rivolta prevalentemente all’interno dell’Amministrazione
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N. Azione 5 Titolo Ampliamento della sperimentazione del Telelavoro Destinatari Tutte/i le/i lavoratrici/tori Finanziamenti Risorse dell’Ente; eventuali finanziamenti specifici Obiettivi Ampliare su più sedi la sperimentazione attualmente in fase
di realizzazione da parte della Direzione Personale e Organizzazione, e/o sperimentare tipologie diverse di telelavoro
Descrizione dell’intervento Realizzazione di altre forme e tipologie di telelavoro Strutture coinvolte Direzione Personale e Organizzazione e le strutture di
appartenenza dei lavoratori coinvolti Metodologia Analisi dei bisogni di conciliazione dei lavoratori
Studio di fattibilità Tipologia di azione Rivolta prevalentemente all’interno dell’Amministrazione
AREA ACCESSIBILITA’ “POSSIBILITA’ DI MUOVERSI E VIVERE OVUNQUE”
N. Azione 6.1 Titolo Accessibilità degli edifici luogo di lavoro e di servizi:
“spazi adatti a tutti” Destinatari Tutte/i le/i lavoratrici/tori e i cittadini Finanziamenti Risorse dell’Ente Obiettivi Promozione e realizzazione di percorsi di progettazione
partecipata Descrizione dell’intervento
L’Amministrazione favorisce percorsi di confronto con i portatori di interesse nei casi di recupero e adeguamento di edifici pubblici sedi di lavoro, di servizi, di formazione e attività scolastiche
Strutture coinvolte Uffici tecnici ed altre strutture e soggetti esterni Metodologia
Focus group, interviste Raccolta dati sui diversi edifici sedi di lavoro e di servizi al cittadino del Comune di Genova, anche in collegamento al progetto di rilevazione delle barriere architettoniche
Tipologia di azione Rivolta ai lavoratori ed a tutta la cittadinanza
N. Azione 6.2 Titolo Non più barriere e impedimenti Destinatari Tutte/i le/i lavoratrici/tori Finanziamenti Risorse dell’Ente Obiettivi Rilevazione barriere architettoniche sui luoghi di lavoro e
predisposizione di un piano di eliminazione Descrizione dell’intervento Studio di fattibilità per l’eliminazione di impedimenti e
barriere nei luoghi di lavoro e analisi della situazione relativa alla mobilità. Ricerca di soluzioni anche organizzative
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N. Azione 7 Titolo Genova città accessibile Destinatari Tutti i cittadini Finanziamenti Risorse dell’Ente Obiettivi Ampliamento del progetto sperimentale realizzato nel corso
del 2004 Descrizione dell’intervento Rilevazione di impedimenti e barriere architettoniche su
suolo pubblico in città e pianificazione dell’attività di rimozione
Strutture coinvolte Uffici tecnici comunali, ASTER, Terzo Settore, Consulta Comunale Handicap
Metodologia Rilevazione delle barriere architettoniche e dei problemi di accessibilità su suolo pubblico Pianificazione degli interventi di rimozione
Tipologia di azione Rivolta a tutta la cittadinanza
AREA MOBBING E MOLESTIE SESSUALI “PRIMA DI TUTTO LA DIGNITA’ DELLA PERSONA”
N. Azione 8 Titolo Mobbing e molestie sessuali Destinatari Tutte/i le/i lavoratrici/tori Finanziamenti Risorse dell’Ente Obiettivi Contrastare il fenomeno del mobbing e delle molestie
sessuali all’interno dell’Ente Descrizione dell’intervento Redazione di un codice di condotta per la prevenzione del
mobbing e delle molestie, in particolare delle molestie sessuali
Strutture coinvolte Direzione Personale e Organizzazione Metodologia Analisi quali/quantitativa del fenomeno Tipologia di azione Rivolta all’interno dell’Amministrazione
AREA POLITICHE DEL LAVORO
N. Azione 9 Titolo Un centro di parità Destinatari Operatrici/tori professioniste/i dell’orientamento e della
formazione Finanziamenti Risorse dell’Ente; fondi Provincia di Genova
Strutture coinvolte Uffici tecnici ed altre strutture e soggetti esterni Metodologia Rilevazione delle barriere architettoniche e dei problemi di
accessibilità sui luoghi di lavoro, relativi all’idoneità delle sedi anche in termini di parità di genere e alla mobilità.
Tipologia di azione Rivolta prevalentemente all’interno dell’Amministrazione
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Obiettivi Diffondere la cultura di genere nel campo dell’orientamento e della formazione al lavoro
Descrizione dell’intervento Costituzione di una sezione del Centro di Documentazione di Città dei Mestieri dedicata alle Pari Opportunità Redazione di un indice ragionato Reperimento libri, DVD, CD rom Costruzione sezione dedicata su internet
Strutture coinvolte Direzione Personale e Organizzazione, Settore Politiche del Lavoro
Metodologia
Gruppo di lavoro composto da soggetti di Comune di Genova, Job Center e Provincia di Genova
Tipologia di azione Rivolta prevalentemente all’esterno dell’Amministrazione
N. Azione 10 Titolo Ricerca attiva del lavoro Destinatari Donne a rischio di esclusione sociale Finanziamenti Risorse dell’Ente e della Provincia di Genova Obiettivi Favorire l’inserimento femminile al lavoro Descrizione dell’intervento Costituzione di gruppi di ricerca attiva del lavoro in chiave di
genere Strutture coinvolte Direzione Personale e Organizzazione, Settore Politiche del
Lavoro Metodologia N 3 gruppi di ricerca di cui:
• n.2 rivolti a donne segnalate dai servizi sociali • n.1 rivolti a donne over 35 individuate insieme agli
operatori dei Centri per l’Impiego (CPI) Progettazione interventi ad hoc
Tipologia di azione Rivolta prevalentemente all’esterno dell’Amministrazione
AREA FORMAZIONE, COMUNICAZIONE E PARTECIPAZIONE
“IL PIACERE DELL’INCONTRO”
N. Azione 11 Titolo Formazione sulle pari opportunità e sul rispetto dei diritti dellei/dei
lavoratrici/torii Destinatari Componenti Comitato Pari Opportunità e Comitato Mobbing
Dirigenti e referenti delle Direzioni Finanziamenti Risorse dell’Ente Obiettivi Supportare e consolidare l’operatività dei Comitati e favorire la
diffusione nell’Ente della cultura di genere e delle pari opportunità Descrizione dell’intervento
Formazione su aree tematiche relative alla cultura di genere, alla legislazione su pari opportunità, relazioni di genere nel mondo del lavoro, mobbing, molestie sessuali
Strutture coinvolte Direzione Personale e Organizzazione ed altre strutture Metodologia Progettazione partecipata Tipologia di azione Rivolta prevalentemente all’interno dell’Amministrazione
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N. Azione 12 Titolo Il Comitato Informa Destinatari Tutte/i le/i lavoratrici/tori Finanziamenti Risorse dell’Ente, eventuali sponsor Obiettivi Mainstreaming come diffusione della cultura delle differenze
in termini di genere, promozione dell’uguaglianza fondata sul riconoscimento delle identità femminile e maschile, dei loro bisogni e nella distribuzione delle responsabilità fra donne e uomini al fine di promuovere cambiamenti duraturi
Descrizione dell’intervento Sviluppare la conoscenza delle attività della Civica Amministrazione e dei Comitati, rilette in chiave di genere e di problematiche legate alle pari opportunità
Strutture coinvolte Comunicazione, Direzione Personale e Organizzazione Metodologia
Costituzione di un gruppo di lavoro per la redazione di documentazione di facile accesso su vari argomenti (diffusione del piano di azioni positive, informazione su discriminazioni di genere nei luoghi di lavoro, mobbing etc.) Articoli su temi di pari opportunità in “noi” del Comune Costruzione pagine web dedicate Diffusione/informazione dell’attività dei Comitati Redazione di opuscoli
Tipologia di azione Rivolta sia all’interno dell’Amministrazione che a tutta la cittadinanza
N. Azione 13 Titolo Costituzione di una rete civica di associazioni femminili Destinatari Le associazioni femminili e le donne della città Finanziamenti Risorse dell’Ente; Fondi U.E. Obiettivi Percorso partecipato di definizione e attuazione di politiche
in ottica di genere. Descrizione dell’intervento
Promozione della partecipazione sociale femminile e delle associazioni come interlocutori attivi e competenti in grado di collaborare alla definizione ed attuazione delle politiche locali assumendo la prospettiva di genere.
Strutture coinvolte Direzione Personale e Organizzazione Metodologia Colloqui e contatti individuali con i membri delle
associazioni; gruppi di approfondimento tematico; momenti assembleari rivolti alla città; coordinamento e monitoraggio della rete; costruzione e sostegno di eventi culturali e di socializzazione
Tipologia di azione Rivolta a tutta la città
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APPENDICE 1 QUESTIONARIO SULLA SITUAZIONE DEL PERSONALE E SULLE AZIONI DI PARI OPPORTUNITÀ
PRESSO GLI ENTI LOCALI DELLA PROVINCIA DI VARESE
Dati Ente: Denominazione__________________________________________________________________________
Sede (Via, n. civico, paese, codice postale)____________________________________________________
Sindaco (nome, cognome, telefono, fax, e-mail)________________________________________________
Numero di abitanti del comune _____________________________________________________________
Parte I: Rapporto sul personale e inquadramento professionale
1. Quanti/e lavoratori/lavoratrici risultavano dipendenti presso la sua amministrazione al 31/12 dei
diversi anni indicati?
Anni N. di uomini N. di donne
2002
2003
2004
2. Come si distribuiva il personale dipendente per livello al 31/12/2004?
Livello N. di uomini N. di donne
A1
A2
A3
A4
B1
B2
B3
B4
B5
B6
C1
C2
C3
C4
D1
D2
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Appendice 1 - Questionario Enti Locali
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D4
D5
D6
Dirigenti/Segretario
3. In quale area era collocato il personale dipendente al 31/12/2004 e con quale qualifica?
Dirigenti Quadri Impiegati62 Operai63 Area
uomini donne uomini donne uomini donne uomini donne
Staff (segreteria, anagrafe,
ufficio contratti…)
Servizi alla Persona (servizi
sociali, cultura, asili nido…)
Manutenzioni (ufficio
manutenzioni…)
Polizia Locale
Programmazione (ragioneria,
ufficio personale, tributi,
economato…)
Urbanistica (urbanistica,
lavori pubblici….)
Totale
4. In riferimento all’anno 2004, si indichi, suddividendo tra uomini e donne, la retribuzione totale
erogata64 per livello e il numero di ore remunerate:
62 Includere tra gli impiegati le categorie speciali, intermedi o equiparati. 63 Includere gli apprendisti. 64 Si indichi il monte retributivo lordo. Il dato va inteso comprensivo di tutti gli elementi retributivi (al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali a carico dei dipendenti):
- stipendio base - terzo elemento - eventuali indennità di funzione - aumenti per anzianità - premio di produzione - straordinari - altre voci retributive (integrazioni da parte dell’azienda in caso di malattia, indennità di mensa, indennità di
turnazione, premio presenza, altre indennità….) - 13° mensilità
Gli importi anticipati per conto di enti di previdenza e assistenza (Inps, Inail) – malattia, maternità, infortuni, assegni familiari – non vanno conteggiati nel monte retributivo lordo annuo. Gli importi devono essere specificati come somma totale delle voci erogate nell’anno per i dipendenti dello stesso livello e genere.
Appendice 1 - Questionario Enti Locali
77
Uomini Donne
Livello retribuzione n. di ore retribuzione n. di ore
A (A1-A4)
B (B1-B6)
C (C1-C4)
D (D1-D6)
Dirigenti/Segretario
Totale
5. Nel corso del 2004, la sua amministrazione ha fatto ricorso al lavoro straordinario?
Sì □ No □
5.a In riferimento al 2004, qual è il monte ore annuale di lavoro straordinario svolto per livello?
Livello Monte ore totale Monte ore uomini Monte ore donne
A (A1-A4)
B (B1-B6)
C (C1-C4)
D (D1-D6)
Dirigenti/Segretario
Totale
6. Quanti lavoratori/lavoratrici sono stati impiegati con forme di lavoro atipico nel corso dei diversi
anni indicati?
2002 2003 2004 Forme di lavoro
atipico/flessibile Uomini Donne Uomini Donne Uomini Donne
Tempo determinato
Lavoro interinale
Collaborazioni coordinate e
continuative
Prestazioni professionali
Altro (specificare)
Nota: Qualora un particolare dato richiesto non fosse disponibile si prega di indicarlo espressamente con la dicitura “n.d.”
Appendice 1 - Questionario Enti Locali
78
7. In riferimento al 2004, nella sua amministrazione sono stati predisposti piani formativi per il
personale dipendente?
Sì □ No □
8. Nel corso del 2004, quanti dipendenti hanno partecipato a percorsi di formazione organizzati
dall’Ente e per quante ore complessive65?
Uomini Donne
Livello N. di partecipanti N. di ore totale N. di partecipanti N. di ore totale
A (A1-A4)
B (B1-B6)
C (C1-C4)
D (D1-D6)
Dirigenti/Segretario
Totale
9. Quali tipi di modalità di lavoro flessibile sono stati utilizzati dai dipendenti nella sua
amministrazione nel corso dei diversi anni indicati?
2002 2003 2004
Uomini Donne Uomini Donne . Uomini Donne
Flessibilità d’orario in entrata o
in uscita o orario concentrato
Part-time orizzontale o verticale
Banca Ore
Telelavoro
Nota: Qualora un particolare dato richiesto non fosse disponibile si prega di indicarlo espressamente con la dicitura “n.d.”
10. In riferimento alla legislazione e ai contratti di lavoro vigenti, quali tipi di congedo sono stati
utilizzati dai dipendenti nella sua amministrazione nel corso dei diversi anni indicati?
2002 2003 2004
Uomini Donne Uomini Donne Uomini Donne
Totale congedi
Astensione facoltativa o congedo
parentale (art. 32 e art. 33 D. lgs
151/2001)
Riposi giornalieri (art. 39, 40, 41 e
65 Nel numero di ore totale si indichi il numero di ore di attività formative riferito al totale dei partecipanti.
Appendice 1 - Questionario Enti Locali
79
42 D. lgs 151/2001 )
Congedo per malattia del figlio (art.
47 D. lgs 151/2001)
Congedo per malattia dei genitori o
gravi motivi familiari (art. 4 L.
53/2000)
Congedo per assistenza persone
affette da handicap (art. 19 e 20 L.
53/2000)
Congedo per formazione (art. 5 e
art. 6 L. 53/2000)
Nota: Qualora un particolare dato richiesto non fosse disponibile si prega di indicarlo espressamente con la dicitura “n.d.”
11. Nella sua amministrazione è stato istituito il Comitato Pari Opportunità66 in base alla legge 125/91
art.1 c.3? Sì □ No □
Se sì:
11.a Da quanto tempo è stato istituito il Comitato? ________________________________________
11.b Da quanti componenti è composto? _______________________________________________
11.c Quali attività o azioni sono state intraprese dal Comitato?
________________________________________________________________________________
12. La sua amministrazione ha definito e presentato il Piano Triennale di Azione Positiva ai sensi della
legge 125/91 art. 2 e del D.L. 196/2000 art. 7? Sì □ No □
Se sì:
12.a Quali tra le azioni previste nel Piano Triennale sono state attivate?
_______________________________________________________________________________
________________________________________________________________________________
66 Il Comitato Pari Opportunità è un organo interno ad un ente o ad un'azienda, paritetico, cioè misto, i cui compiti sono:
- l’individuazione di eventuali situazioni di discriminazione di genere; - la promozione di percorsi di parità e piani di azione positiva.
Il Comitato, inoltre, definisce l'attivazione di modalità di scambio con i vertici aziendali e il sindacato interno; la messa a punto di modalità e di strumenti di informazione verso le donne presenti in azienda circa le attività svolte, nonchè modalità, strumenti e strutture di conoscenza dei bisogni professionali - organizzativi espressi dalle diverse soggettività femminili; l'attivazione di una rete di interscambio rispetto ad alcune realtà istituzionali esterne, ad esempio la Consigliera di Parità, il Comitato per le Pari Opportunità del Ministero del Lavoro.
Appendice 1 - Questionario Enti Locali
80
Parte II: Rapporti con enti esterni
13. La sua amministrazione nella gestione e svolgimento delle attività e/o servizi di propria
competenza e di carattere continuativo nel corso del 2004 si è avvalsa di enti esterni?
Sì □ No □
14. Di quale tipologia di soggetti si è avvalsa?
Ipab (Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza) Sì □ No □
Istituzioni ecclesiastiche Sì □ No □
Associazioni Sì □ No □
Organizzazioni di volontariato Sì □ No □
Cooperative sociali Sì □ No □
Imprese profit Sì □ No □
Altro (specificare)____________________________ Sì □ No □
15. Sono tutti soggetti accreditati? Sì □ No □
16. Con quali forme la sua amministrazione si è avvalsa di tali enti esterni?
Appalto □
Convenzioni □
Protocolli d’intesa □
Progetti finanziati □
Altro (specificare) _________________________ □
17. Per quali aree di intervento?
Servizi per l’infanzia (nidi, materne….) □
Servizi scolastici (mense, pre o dopo scuola…..) □
Servizi agli anziani (assistenza domiciliare, pasti….) □
Servizi per l’ambiente □
Servizi per l’Ente (pulizia….) □
Altro (specificare)__________________________ □
18. In riferimento al 2004, per lo svolgimento di queste attività e/o servizi qual è stato il monte ore
annuale? (Dato da reperire presso i soggetti che effettuano l’attività/servizio)
Monte ore totale_________ Monte ore donne___________ Monte ore uomini___________
19. Tra i criteri di assegnazione di queste attività e/o servizi alle organizzazioni ad enti esterni la sua
amministrazione include il rispetto delle leggi di parità/pari opportunità?
Sì □ No □
Appendice 1 - Questionario Enti Locali
81
Parte III: Figure, strumenti, servizi, azioni di pari opportunità
20. Nella sua amministrazione è stata attivata la Commissione Pari Opportunità (o Consulta
Femminile)67? Sì □ No □
Se sì:
20.a Da quanto tempo è stata istituita? ________________________________________________
20.b Da quanti componenti è composta e chi rappresenta?
20.c N. totale dei componenti____________________________________
Partiti □ N. rappresentanti_______
Associazioni femminili □ N. rappresentanti_______
Imprese □ N. rappresentanti_______
Sindacati □ N. rappresentanti_______
20.d Quali attività o azioni sono state intraprese dalla Commissione o Consulta nel corso del 2004?
________________________________________________________________________________
___________________________________________________________________________________
___________________________________________________________________________________
___________________________________________________________________________________
21. Nella sua amministrazione è stato attivato l’Assessorato alle Pari Opportunità o è stata attribuita la
delega ad altro Assessorato o, comunque, esiste un settore/ufficio che si occupa di pari
opportunità? Sì □ No □
Se sì:
21.a Qual è l’organismo che si occupa di Pari Opportunità?
Assessorato alle Pari Opportunità □
Assessorato con delega alle Pari Opportunità □
Settore/Ufficio che si occupa di Pari Opportunità □
21.b Quanti sono gli operatori/ le operatrici che si occupano di pari opportunità? ________________
67 La Commissione Pari Opportunità (o Consulta Femminile) è un organo istituito a livello nazionale, regionale, provinciale e comunale, di natura politico/promozionale a favore delle donne e di intervento sulla organizzazione del territorio e sugli Enti Locali. Compito della Commissione (o Consulta) è quello di promuovere indagini conoscitive e ricerche sugli aspetti più rilevanti della condizione della donna sul territorio in riferimento al lavoro, alla salute, alla formazione, alle politiche di conciliazione, ai servizi, etc.
Appendice 1 - Questionario Enti Locali
82
21.c Su quali problematiche si è attivato l’Assessorato/Ufficio Pari Opportunità nel corso del 2004?
Donne e salute □
Donne e violenza □
Donne e lavoro □
Occupate □
Disoccupate □
Inoccupate □
Donne e formazione □
Donne immigrate □
Politiche di conciliazione □
Sportello Pari Opportunità □
Altro (specificare)___________ □
21.d Può cortesemente descrivere, in breve, le azioni intraprese nel corso del 2004 e indicare la
tipologia di finanziamento utilizzata?
______________________________________________________________________________________ ______________________________________________________________________________________ ______________________________________________________________________________________ ______________________________________________________________________________________ Eventuali note o commenti sulla situazione del personale e sulle azioni di pari opportunità dell’Ente________ ______________________________________________________________________________________ ______________________________________________________________________________________ ______________________________________________________________________________________
Appendice 1 - Questionario Enti Locali
85
Introduzione Nella seconda parte di questo rapporto di ricerca l’attenzione si sposta sul settore della Sanità
Pubblica in provincia di Varese e anche in questo caso si è voluto indagare la situazione del
personale, uomini e donne, impiegato e i percorsi di parità intrapresi dalle Aziende Sanitarie e
Ospedaliere.
I dati utilizzati, in parte fanno riferimento all’intero universo di nostro interesse (ASL provinciale e 3
Aziende Ospedaliere presenti sul territorio) e sono informazioni che vengono raccolte annualmente
dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, in particolare dal Dipartimento della Ragioneria
Generale dello Stato, attraverso il Conto Annuale68 e in parte si riferiscono ai dati da noi
direttamente raccolti tramite apposito questionario69 (nel testo verrà sempre specificato che dati
stiamo analizzando). Le informazioni raccolte in modo diretto dal nostro ufficio riguardano le
aziende che hanno debitamente compilato il questionario e che risultano 3 su 4 (75%) ed
occupano il 64% dei dipendenti70.
Nel primo capitolo si intende svolgere un’analisi di genere della struttura e della composizione del
personale, al fine di fornire una fotografia aggiornata dell’occupazione maschile e femminile in
questo segmento del mercato del lavoro, di rilevare le principali differenze e le eventuali criticità.
Nel primo paragrafo si osserva l’evoluzione della presenza femminile nell’ultimo quadriennio e il
ricorso a forme di lavoro atipico. Segue uno studio sull’utilizzo del tempo parziale, modalità di
impiego tipicamente femminile, e delle differenze di genere, purtroppo ancora significative, nei
livelli gerarchici e tra professioni. Il paragrafo quarto illustra i dati sulla formazione raccolti dal
nostro ufficio e il quinto quelli relativi all’utilizzo dei congedi. Infine, daremo un primo quadro delle
attività che le aziende sanitarie ed ospedaliere affidano ad enti esterni.
Il capitolo 2 si focalizza sulle azioni di parità in corso nelle strutture esaminate, mentre il capitolo 3
contiene una sintesi dei principali elementi emersi nell’indagine e prospetta alcune possibili linee di
azione.
68 Per maggiori dettagli si veda www.contoannuale.tesoro.it. Ringraziamo l’Ispettorato Generale per gli ordinamenti del personale e l’analisi dei costi del lavoro pubblico della Ragioneria Generale dello Stato e la Ragioneria Provinciale dello Stato di Varese per la collaborazione e la disponibilità accordataci nel fornirci i dati di nostro interesse. 69 Si veda questionario allegato. 70 Per alcune domande il tasso di risposta risulta inferiore e verrà chiaramente indicato.
Indagine presso il settore della Sanità Pubblica della provincia di Varese
86
1 – Donne e uomini nella Sanità Pubblica della provincia 1.1 Forte presenza femminile, più elevata tra i lavoratori a termine I dati del Conto Annuale della Ragioneria Generale dello Stato71 indicano una diminuzione
consistente del personale a tempo indeterminato del comparto della Sanità Pubblica della
provincia di Varese: dal 2001 al 2004 la riduzione complessiva è del 7% e il personale a tempo
indeterminato è sceso da 10176 unità a 9422. Tale andamento risulta non allineato con la media
nazionale che ha visto una riduzione minima del personale del comparto della Sanità (-0.8% nel
periodo 2002-2004). Se leggiamo il dato all’interno del contesto lombardo, tuttavia, la riduzione del
personale registrata in provincia di Varese è in linea con la riduzione media regionale (-6%).
La diminuzione riguarda il personale a tempo indeterminato e ad orario pieno (-12.4%) mentre i
part-timers, in linea con quanto rilevato a livello nazionale, sono in crescita (+27%), passando da
1292 unità a 1640.
Tavola 2.1 - Personale per tipologia contrattuale, genere e anno 2004 2003 2002 2001 Uomini Donne Totale Uomini Donne Totale Uomini Donne Totale Uomini Donne Totale
Personale a tempo indeterminato ad orario
pieno 2.666 5.116 7.782 2.757 5.272 8.029 2.911 5.504 8.415 3.098 5.786 8.884
Personale a tempo indeterminato a part-
time 60 1.580 1.640 67 1.516 1.583 56 1.390 1.446 44 1.248 1.292
Personale a tempo indeterminato totale 2.726 6.696 9.422 2.824 6.788 9.612 2.967 6.894 9.861 3.142 7.034 10.176
Personale a tempo determinato 125 431 556 105 346 451 93 329 422 96 300 396
Personale con contratto di lavoro
interinale 3 6 9 4 11 15 3 4 7 0 0 0Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
Cresce anche il lavoro a tempo determinato72, praticamente l’unica forma di lavoro “atipico” (nel
senso ampio del termine) utilizzata che, pur rimanendo su livelli abbastanza contenuti (incidenza
5.6% sul totale del personale), dal 2001 al 2004 registra un incremento rilevante (+ 40%). L’utilizzo
del tempo determinato, inoltre, risulta più elevato nel territorio provinciale rispetto alla media
nazionale del comparto della Sanità (5.6% vs. 3.9%). Il maggior ricorso al personale a tempo
determinato e la crescita consistente di tale forma di impiego possono essere una conseguenza di
71 www.contoannuale.tesoro.it 72 I lavoratori con contratti di lavoro a tempo determinato e il personale con contratto di fornitura di lavoro temporaneo (interinale) sono conteggiati come “unità annue”, ottenute sommando i mesi lavorati dal personale che presta attività lavorativa a termine e dividendo il totale per 12 (i mesi lavorati da ogni singola unità di personale).
Indagine presso il settore della Sanità Pubblica della provincia di Varese
87
politiche restrittive degli ultimi anni riguardanti il personale stabile che in qualche misura viene
sostituito con personale a tempo determinato.
I contratti di collaborazione, che non sono inclusi nelle tipologie di lavoro flessibile poiché vengono
rilevati nel Conto Annuale come numero di contratti e non come numero di lavoratori, stipulati nel
2004 risultano 11773, valore leggermente inferiore a quanto registrato nel 2003 (126), ai quali però
vanno ad aggiungersi gli incarichi di studi/ricerca e di consulenza che risultano 10674, con una
crescita, dunque, del ricorso a professionalità esterne in varie forme.
La riduzione del personale a tempo indeterminato ha colpito in misura più consistente la
componente maschile (-13.2%) e in misura decisamente inferiore le donne (-4.8%), che
costituiscono la quota preponderante (71%), e in crescita (era il 70% nel 2001) del personale
stabile. Tale percentuale, peraltro, risulta decisamente superiore a quanto registrato
complessivamente nel comparto dl Servizio Sanitario Nazionale, dove la presenza femminile è pari
al 60.6%. La percentuale di donne è più elevata tra i lavoratori a tempo determinato (77%), come
del resto accade a livello nazionale, riportando l’attenzione sulla questione della
sovrarappresentazione delle donne nelle tipologie contrattuali flessibili (opportunità o nuova
segregazione?). L’incidenza del tempo determinato sul totale del personale sale al 6% tra le
donne, a fronte del 4.4% tra gli uomini; ricordiamo che il dato nazionale è più basso e vede un
utilizzo del tempo determinato tra le donne pari al 5%.
Tavola 2.2 - Personale per tipologia contrattuale e genere Variazione percentuale dal 2001 al 2004 Var % 2004/2001 Uomini Donne Totale
Personale a tempo indeterminato ad orario pieno -13,9 -11,6 -12,4
Personale a tempo indeterminato a part-time 36,4 26,6 26,9
Personale a tempo indeterminato totale -13,2 -4,8 -7,4
Personale a tempo determinato 30,2 43,7 40,4 Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
Tavola 2.3 - Incidenza delle tipologie contrattuali per genere Valore percentuale sul totale del personale 2004 Uomini Donne Totale
Personale a tempo indeterminato ad orario pieno 93,4 71,7 77,9
Personale a tempo indeterminato a part-time 2,1 22,2 16,4
Personale a tempo indeterminato totale 95,5 93,9 94,3
Personale a tempo determinato 4,4 6,0 5,6
Personale con contratto di lavoro interinale 0,1 0,1 0,1
Totale 100,0 100,0 100,0 Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
73 Art 1, c. 116 Legge n. 311/04.ge n. 311/0) 74 Art 1, commi 11 e 42 Legge n. 311/04.
Indagine presso il settore della Sanità Pubblica della provincia di Varese
88
1.2 Part-time è donna Come già rilevato a livello nazionale il part-time cresce e nel comparto della Sanità Pubblica della
provincia di Varese cresce ad un ritmo sostenuto. Il personale a tempo determinato e a orario
parziale, infatti, è cresciuto dal 2001 al 2004 del 27%, passando da un’incidenza del 12,7% al
17,4%, sul totale del personale stabile.
Come noto e come già sottolineato anche in questo rapporto di ricerca, il tempo parziale è una
modalità di lavoro prettamente femminile: oltre il 96% dei part-timers è donna. Se l’incidenza del
tempo parziale tra gli uomini supera di poco il 2%, tra le donne le dipendenti a orario ridotto sono
quasi 1 su 4 (23.6%). Tale percentuale è molto più elevata rispetto alla media del comparto del
Servizio Sanitario Nazionale (11.4%75) e contribuisce a spiegare l’elevato tasso di
femminilizzazione della Sanità Pubblica nel territorio provinciale sopra evidenziata (71% vs. 60%).
Tavola 2.4 - Incidenza del part-time sul totale dei dipendenti a tempo indeterminato Valore percentuale sui dipendenti a tempo indeterminato
Anno Uomini Donne Totale 2001 1,4 17,7 12,7 2002 1,9 20,2 14,7 2003 2,4 22,3 16,5 2004 2,2 23,6 17,4
Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
Il quadro di dettaglio dell’utilizzo del part-time per genere e qualifica mette in evidenza come il
ricorso al part-time per qualifiche e livelli di responsabilità elevati sia minimo.
Tra il personale di comparto con qualifiche elevate l’uso del part-time è limitato. Tra il personale
sanitario, tecnico e amministrativo esperto (categoria DS) sono pochissimi i lavoratori a tempo
parziale, appena 1,7%76
Il 48% del personale a part-time è personale infermieristico (categoria D), seguono gli ausiliari
specializzati (categoria A) (12%), l’assistente amministrativo (categoria C) (5.6%) e il coadiutore
amministrativo esperto (5.5%). Professioni, tutte, ad elevato tasso di femminilizzazione
(rispettivamente 87%, 81%, 84%, 95%).
Ancora una volta possiamo dire che dove c’è il part-time ci sono le donne e dove ci sono le donne
c’è il part-time. Tra le qualifiche più elevate non ci sono donne (o poche) e non c’è part-time (o
poco).
75 Dato aggiornato al 2003. 76 Per quanto riguarda la dirigenza, a differenza della non applicabilità del part-time alla restante dirigenza pubblica, la Finanziaria del 2000 all'art.20 comma 1 lett. f) che introduce all'art. 39 della l. n. 449/1997 un comma 18 bis, quanto la giurisprudenza più recente, lasciano aperture per l'applicazione del part-time alla dirigenza del comparto in questione. Il legislatore ha, infatti, permesso esplicitamente, con la disposizione sopra menzionata, l'accesso al regime di impegno ridotto per il personale con qualifica dirigenziale specificando che occorre si tratti di personale "non sanitario", e che non sia preposto alla titolarità di uffici.
Indagine presso il settore della Sanità Pubblica della provincia di Varese
89
Tavola 2.5: Personale di comparto a tempo parziale per professione e presenza femminile Valori percentuali
Distribuzione del part-time per professione
Quota di donne sul totale del
personale Personale di comparto 100,0 77,6 101 - collaboratore amministrativo prof.le esperto - ds 0,0 61,8 39 - coll.re prof.le sanitario - pers. infer. esperto - ds 1,5 93,0 44 - coll.re prof.le sanitario - pers. tec. esperto - ds 0,0 33,3 46 - coll.re prof.le sanitario - tecn. della prev. esperto - ds 0,0 46,7 48 - coll.re prof.le sanitario - pers. della riabil. esperto - ds 0,2 94,7 81 - collab.re tec. - prof.le esperto - ds 0,0 0,0 77 - collab.re prof.le assistente sociale esperto - ds 0,0 75,0 52 - profilo atipico ruolo sanitario 0,0 0,0 Categoria ds 1,7 80,2 40 - coll.re prof.le sanitario - pers. infer. - d 48,6 86,9 44 - coll.re prof.le sanitario - pers. tec.- d 5,0 60,5 46 - coll.re prof.le sanitario - tecn. della prev. - d 1,3 45,0 48 - coll.re prof.le sanitario - pers. della riabil. - d 4,8 87,0 65 - assistente religioso - d 0,0 0,0 79 - collab.re prof.le assistente sociale - d 1,7 94,5 83 - collab.re tec. - prof.le - d 0,0 0,0 102 - collaboratore amministrativo prof.le - d 0,4 62,5 Categoria d 61,8 81,9 103 - assistente amministrativo - c 5,6 84,1 87 - assistente tecnico - c 0,1 11,1 89 - program.re - c 0,0 0,0 Categoria c 5,7 77,6 43 - oper.re prof.le di II cat.pers. inferm. bs 2,9 75,2 51 - oper.re prof.le di II cat. con funz. di riabil. - bs 0,2 60,0 104 - coadiutore amm.vo esperto - bs 5,5 94,9 92 - operatore tecnico special.to - bs 1,6 9,1 93 - operatore socio sanitario - bs 1,7 82,2 Categoria bs 11,9 63,3 105 - coadiutore amm.vo - b 3,0 85,9 94 - operatore tecnico - b 0,9 43,4 95 - operatore tecnico addetto all'assistenza - b 2,6 86,8 Categoria b 6,5 72,9 96 - ausiliario specializzato - a 12,2 80,7 106 - commesso - a 0,2 65,9 Categoria a 12,4 80,0 Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
1.3 Pochi infermieri e nessuna direttrice Tante infermiere, poche donne medico con incarico di struttura semplice77, pochissime donne
medico con incarico di struttura complessa78 e nessuna donna tra i direttori (direttore generale,
sanitario, amministrativo e dei servizi sociali). Si potrebbe riassumere così l’analisi di genere della
struttura del personale per qualifica e professione79.
77 Si tratta di un’articolazione organizzativa intra-dipartimentale, collocata di norma all’interno di una sola struttura complessa. Può essere volta a realizzare particolari funzioni assistenziali (day hospital, ospedalizzazione a domicilio, attività ambulatoriali, etc.) o tecniche. Ha risorse assegnate ma non ha autonomia gestionale.
Indagine presso il settore della Sanità Pubblica della provincia di Varese
90
Di fronte ad una presenza femminile così massiccia (71%), ci si potrebbe aspettare che, se non su
livelli analoghi, le donne siano la maggioranza anche tra il personale dirigenziale e i direttori. Così
non è. È, invece, la componente maschile a prevalere (62%) con una netta sottorappresentazione
femminile. I 13 direttori (generale, sanitario, amministrativo e dei servizi sociali) sono tutti uomini;
solo il 16% del personale dirigenziale, medico e non, con incarico di struttura complessa è donna e
ancora più bassa è la percentuale di donne tra i medici con incarico di struttura complessa (14%).
Il numero delle donne medico sale tra il personale dirigenziale senza responsabilità di struttura
semplice o complessa (40%).
Dal confronto con i dati del Servizio Sanitario Nazionale emerge che:
• tra i direttori generali a livello nazionale c’è una quota, pur bassa, di donne (10%), mentre nel
nostro territorio i direttori sono tutti uomini;
• la percentuale di donne tra il personale dirigenziale di struttura complessa, medico e non, è più
elevata a livello provinciale (16% vs. 12.8% personale medico e non; 14% vs. 10% personale
medico) ma la sottorappresentazione delle donne è analoga poiché, lo ricordiamo, la
componente femminile è il 71% del personale a livello provinciale mentre è il 60.6% a livello
nazionale (coefficiente di rappresentazione 0.2 in entrambi i casi).
Il confronto intertemporale non è molto incoraggiante. La situazione del personale femminile nel
2004 non risulta molto diversa da quella di 3 anni prima. Nel triennio la quota di donne dirigenti con
incarichi di struttura complessa è salita poco più di un punto percentuale (dal 14.5% al 15.7%) e tra
i dirigenti medici con incarichi di struttura complessa la percentuale di donne è rimasta la stessa
(14%). Un timido segnale di miglioramento che però fa riflettere su quanto possa essere lunga la
strada verso la parità.
La percentuale di donne tra il personale dirigenziale, medico e non, con incarico di struttura
semplice è più elevata (43%) ma è sempre la componente maschile a essere la maggioranza e la
sottorappresentazione delle donne rimane evidente (coefficiente di rappresentazione 0.6).
Si evidenzia, inoltre, una sorta di “caratterizzazione di genere” delle professioni. Tra il personale
dirigenziale con incarico di struttura semplice ci sono alcune professioni “più femminili”, quali
78 Strutture organizzative complesse aggregano risorse professionali di tipo medico, infermieristico, tecnico, amministrativo e finanziario e assicurano la direzione e l’organizzazione delle attività di competenza, nel rispetto degli indirizzi aziendali, degli obiettivi e dei criteri definiti nell’ambito del Dipartimento di appartenenza. Rappresenta una articolazione del Dipartimento, per disciplina e/o funzione e comprende diverse aree di attività: day hospital, ricovero ordinario, sale operatorie, area ambulatoriale, oppure attività specializzate. Il numero e la denominazione delle strutture complesse è determinata nell’Atto Aziendale. 79 Per lo svolgimento dell’analisi di genere abbiamo utilizzato due indicatori:
- Tasso di femminilizzazione, ovvero la quota di donne sul totale degli occupati per qualifica - Coefficiente di rappresentazione femminile, calcolato come rapporto tra la quota di donne presenti in
una determinata qualifica e la quota di donne occupate in totale. Tale indicatore permette di cogliere la presenza relativa (rapportata al totale) di donne per qualifica. Il coefficiente di rappresentazione femminile assume valore 1 in caso di perfetto equilibrio tra i sessi, valori superiori all’unità indicano un prevalenza relativa di donne nella qualifica mentre valori sotto l’unità indicano una maggioranza relativa di uomini.
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91
psicologhe (81% donne), farmaciste (75% donne), biologhe (73% donne) e altre “più maschili”,
ingegneri (100% uomini), chimici (80% uomini), medici (76% uomini), veterinari (71% uomini).
Le donne sono, invece, la grande maggioranza tra il personale di comparto (78%).
Grafico 2.1 - Presenza femminile per qualifica e segregazione verticale
Anche tra il personale di comparto esiste una forte “connotazione di genere” delle professioni. Il
personale infermieristico è costituto prevalentemente da donne (93% tra il personale esperto di
categoria DS, 87% categoria D, 75% categoria BS), così come il personale addetto alla
riabilitazione (95% tra il personale esperto di categoria DS, 87% categoria D), gli assistenti sociali
(75% tra il personale esperto di categoria DS, 95% categoria D), gli operatori socio-sanitari (82%),
gli addetti all’amministrazione (84% tra assistenti amministrativi di categoria C, 95% coadiutore
amministrativo di categoria BS e 86% categoria B) e gli ausiliari specializzati (81%).
D’altra parte, le professioni tecniche in generale risultano “professioni maschili”: personale tecnico
esperto (67% uomini), personale tecnico della prevenzione (53% uomini tra il personale esperto di
categoria DS e 55% categoria D), collaboratore tecnico professionale (100% uomini), assistente
tecnico (89%), operatore tecnico specializzato (90%), operatore tecnico (57% uomini).
Comparto
Dirigenti di struttura semplice
Direttori generali
Dirigenti di struttura complessa
Indagine presso il settore della Sanità Pubblica della provincia di Varese
92
La questione della “caratterizzazione di genere” delle professioni ha origini lontane ed è legata a
stereotipi ancora diffusi che toccano tutti i settori. Le donne sarebbero più inclini ai lavori di cura,
più attente alle relazioni personali (in questo caso vedi la massiccia presenza di donne tra le
infermiere) e sarebbero più precise e affidabili in mansioni di tipo amministrativo (anche in questo
caso si veda l’elevata quota di donne tra gli addetti all’amministrazione), mentre gli uomini
sarebbero più portati per professioni scientifiche e tecniche (vedi i medici e le professioni tecniche).
Non a caso la declinazione delle professioni infermieristiche “normalmente” è al femminile
(infermiera) mentre quella delle professioni tecniche al maschile (tecnico), come al maschile è
quella della direzione generale (direttore). Tali stereotipi condizionano le scelte di investimento in
istruzione e formazione di uomini e donne che, anche se la situazione sta lentamente cambiando,
scelgono ancora percorsi, e future professioni, diversi.
Indagine presso il settore della Sanità Pubblica della provincia di Varese
Tavola 2.6 - Presenza femminile per qualifica e professione a) Direttori generali e personale dirigenziale
Uomini Donne Totale Tasso di femminilizzazione Coef. di rappresentazione femminile Direttori generali e personale dirigenziale 969 594 1563 38,0 0,5 01 - direttore generale 4 0 4 0,0 0,0 02 - direttore sanitario 4 0 4 0,0 0,0 03 - direttore amministrativo 4 0 4 0,0 0,0 04 - direttore dei servizi sociali 1 0 1 0,0 0,0 Direttori generali 13 0 13 0,0 0,0 05 - dirigente medico con incarico di struttura complessa 99 16 115 13,9 0,2 98 - dirigente amm.vo con incarico di struttura complessa 14 6 20 30,0 0,4 10 - veterinari con incarico di struttura complessa 6 0 6 0,0 0,0 18 - farmacisti con incarico di struttura complessa 1 2 3 66,7 0,9 26 - chimici con incarico di struttura complessa 2 0 2 0,0 0,0 30 - fisici con incarico di struttura complessa 1 0 1 0,0 0,0 34 - psicologi con incarico di struttura complessa 4 0 4 0,0 0,0 56 - ingegnere dirig. con incarico di struttura complessa 3 0 3 0,0 0,0 59 - architetti dirig. con incarico di struttura complessa 1 0 1 0,0 0,0 67 - analisti dirig. con incarico di struttura complessa 1 0 1 0,0 0,0 38 - dirigente delle professioni sanitarie 2 1 3 33,3 0,5 Personale dirigenziale di struttura complessa 134 25 159 15,7 0,2 06 - dirigente medico di struttura semplice 141 44 185 23,8 0,3 99 - dirigente amm.vo con incar. di strutt. sempl. e altri inc. 8 6 14 42,9 0,6 11 - veterinari con incar.strutt.sempl. e altri inc.(rapp.escl.) 25 10 35 28,6 0,4 19 - farmacisti con incar.strutt.sempl. e altri inc.(rapp.escl.) 4 12 16 75,0 1,1 23 - biologi con incar.strutt.sempl. e altri inc.(rapp.escl.) 10 27 37 73,0 1,0 27 - chimici con incar.strutt.sempl. e altri inc.(rapp.escl.) 4 1 5 20,0 0,3 31 - fisici con incar.strutt.sempl. e altri inc.(rapp.escl.) 3 5 8 62,5 0,9 35 - psicologi con incar.strutt.sempl. e altri inc.(rapp.escl.) 13 57 70 81,4 1,1 57 - ingegnere dirig. con incar. di strutt.sempl. e altri incar. 4 0 4 0,0 0,0 Personale dirigenziale di struttura semplice 212 162 374 43,3 0,6 07 - dirigenti medici con altri incar. prof.li (rapp. esclusivo) 498 375 873 43,0 0,6 08 - dirigenti medici con altri incar. prof.li (rapp. non escl.) 102 31 133 23,3 0,3 36 - psicologi con altri incar. prof.li (rapp. non escl.) 1 0 1 0,0 0,0 Personale dirigenziale con altri incarichi 601 406 1007 40,3 0,6 09 - dirigenti medici a tempo determinato 5 0 5 0,0 0,0 100 - dirig. amm.vo a tempo determinato 3 1 4 25,0 0,4 58 - ingegnere dirig. a tempo determinato 1 0 1 0,0 0,0 Personale dirigenziale a tempo determinato 9 1 10 10,0 0,1
94
b) Personale di comparto Uomini Donne Totale Tasso di femminilizzazione Coef. di rappresentazione femminile Personale del comparto 1757 6102 7859 77,6 1,1 101 - collaboratore amministrativo prof.le esperto - ds 13 21 34 61,8 0,9 39 - coll.re prof.le sanitario - pers. infer. esperto - ds 10 132 142 93,0 1,3 44 - coll.re prof.le sanitario - pers. tec. esperto - ds 10 5 15 33,3 0,5 46 - coll.re prof.le sanitario - tecn. della prev. esperto - ds 8 7 15 46,7 0,7 48 - coll.re prof.le sanitario - pers. della riabil. esperto - ds 1 18 19 94,7 1,3 81 - collab.re tec. - prof.le esperto - ds 2 0 2 0,0 0,0 77 - collab.re prof.le assistente sociale esperto - ds 1 3 4 75,0 1,1 52 - profilo atipico ruolo sanitario 1 0 1 0,0 0,0 Categoria DS 46 186 232 80,2 1,1 40 - coll.re prof.le sanitario - pers. infer. - d 433 2885 3318 86,9 1,2 44 - coll.re prof.le sanitario - pers. tec.- d 191 292 483 60,5 0,9 46 - coll.re prof.le sanitario - tecn. della prev. - d 77 63 140 45,0 0,6 48 - coll.re prof.le sanitario - pers. della riabil. - d 36 241 277 87,0 1,2 65 - assistente religioso - d 6 0 6 0,0 0,0 79 - collab.re prof.le assistente sociale - d 4 69 73 94,5 1,3 83 - collab.re tec. - prof.le - d 13 0 13 0,0 0,0 102 - collaboratore amministrativo prof.le - d 36 60 96 62,5 0,9 Categoria D 796 3610 4406 81,9 1,2 103 - assistente amministrativo - c 55 291 346 84,1 1,2 87 - assistente tecnico - c 24 3 27 11,1 0,2 89 - program.re - c 6 0 6 0,0 0,0 Categoria C 85 294 379 77,6 1,1 43 - oper.re prof.le di ii cat.pers. inferm. bs 80 242 322 75,2 1,1 51 - oper.re prof.le di ii cat. con funz. di riabil. - bs 8 12 20 60,0 0,8 104 - coadiutore amm.vo esperto - bs 18 336 354 94,9 1,3 92 - operatore tecnico special.to - bs 328 33 361 9,1 0,1 93 - operatore socio sanitario - bs 43 199 242 82,2 1,2 Categoria BS 477 822 1299 63,3 0,9 105 - coadiutore amm.vo - b 30 183 213 85,9 1,2 94 - operatore tecnico - b 112 86 198 43,4 0,6 95 - operatore tecnico addetto all'assistenza - b 29 191 220 86,8 1,2 Categoria B 171 460 631 72,9 1,0 96 - ausiliario specializzato - a 168 703 871 80,7 1,1 106 - commesso - a 14 27 41 65,9 0,9 Categoria A 182 730 912 80,0 1,1 TOTALE 2726 6696 9422 71,1 1,0
Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze - Ragioneria Generale dello Stato, Conto Annuale
95
1.4 Parità nella formazione Riconoscendo l’importanza della formazione e della programmazione delle attività formative, tutte
le aziende sanitarie e ospedaliere del nostro campione hanno predisposto piani formativi per il
personale dipendente80.
Le altre informazioni che abbiamo richiesto nella nostra indagine riguardano i partecipanti a
percorsi di formazione organizzati dall’ente e il numero di ore dedicate alla formazione. La parità di
accesso di uomini e donne ai corsi di formazione nelle pubbliche amministrazioni è sancita, lo
ricordiamo, dall’art. 57 del D.Lgs. 165/2001 : “Le pubbliche amministrazioni, al fine di garantire pari
opportunità tra uomini e donne per l’accesso al lavoro ed il trattamento sul lavoro [….]
garantiscono la partecipazione delle proprie dipendenti ai corsi di formazione e di aggiornamento
professionale in rapporto proporzionale alla loro presenza nelle amministrazioni interessate ai corsi
medesimi, adottando modalità organizzative atte a favorire la partecipazione, consentendo la
conciliazione fra vita professionale e familiare”.
Come mostra la tavola 2.7, tale principio risulta rispettato e l’incidenza del numero di partecipanti a
iniziative formative sul totale dei dipendenti è su livelli analoghi per uomini e donne (56%)81.
Va precisato che tale valore fa riferimento alla sommatoria dei partecipanti ad attività formative e
che a tale valore possono corrispondere situazioni anche molto diverse tra loro, ovvero 56
dipendenti su 100 che hanno partecipato ad un corso di formazione, oppure 11 dipendenti su 100
che hanno partecipato a 5 corsi di formazione.
La partecipazione a corsi di formazione risulta leggermente più elevata tra il personale dirigente
rispetto al personale di comparto (56% vs. 55%) e in particolare per la componente femminile
(65%). Le attività formative frequentate dalle donne, inoltre, risultano mediamente più lunghe
rispetto ai colleghi uomini (23 ore vs. 20 ore). I dati da noi raccolti sembrano confermare una
maggiore attenzione delle donne verso la formazione.
Tavola 2.7 - Attività formative: partecipanti e ore medie di formazione
Incidenza del n. di partecipanti
sul totale dipendenti Ore medie di formazione uomini donne uomini donne Comparto 53,9 55,2 19,8 23,4 Dirigenza 58,6 64,9 20,0 22,7 Totale 55,6 56,3 19,9 23,3 Fonte: Dati raccolti con indagine dell'Ufficio Consigliera di Parità Provinciale Rispondenti: 2 aziende su 4 (50%), che occupano il 30% del personale
80 Le aziende rispondenti sono 3 su 4 (75%) ed occupano il 64% dei dipendenti. 81 Le aziende rispondenti a questa domanda sono solo 2 su 4 (50%) ed occupano il 30% dei dipendenti.
Indagine presso il settore della Sanità Pubblica della provincia di Varese
96
1.5 Maggiore condivisione: una priorità Le recenti innovazioni introdotte in materia di maternità e paternità sono volte a favorire una
maggiore condivisione del lavoro di cura tra uomini e donne (Legge 53/2000 e D. Lgs. 151/2001)82
ma i dati sulla distribuzione del carico famigliare e sull’utilizzo dei congedi parentali evidenziano le
forti disparità ancora presenti nel nostro Paese.
Il 78% del tempo dedicato al lavoro famigliare è svolto dalle donne (dati Istat)83 e il tasso di utilizzo
dei congedi parentali è ancora molto basso tra gli uomini (2% vs. 5.8% dati Osservatorio Nazionale
sulla Famiglia).
Le informazioni raccolte con la nostra indagine nel settore della Sanità Pubblica non smentiscono
tale evidenza.
Tavola 2.8 - Tasso di utilizzo dei congedi per genere (% sui dipendenti divisi per genere) 2004 Uomini Donne Totale Congedo parentale 0,7 7,1 5,4 Riposi giornalieri 0,0 3,3 2,4 Congedo per malattia del figlio 1,7 7,2 5,7 Congedo per assistenza persone affette da handicap 1,8 2,9 2,6 Fonte: Dati raccolti con indagine dell'Ufficio Consigliera di Parità Provinciale Rispondenti: 2 aziende su 4 (50%), che occupano il 30% del personale
Dai dati presentati nella tavola 2.8, pur parziali poiché riferiti solo a due aziende su 4 che occupano
il 30% del personale, si evidenzia un tasso di utilizzo dei congedi parentali84 molto più elevato tra le
donne (7,1% vs. 0.7%) e sono pochissimi gli uomini che hanno usufruito di tale opportunità.
Inesistenti i casi di padri che si sono avvalsi dei riposi giornalieri85, entro il primo anno di vita del
bambino, mentre l’incidenza tra le donne è del 3.3%.
Anche nel caso di malattia dei figli sono sempre le madri che rimangono a casa ad accudirli86. Il
tasso di utilizzo dei congedi per malattia del figlio è del 7.2% tra le donne e solo del 1.7% tra gli
uomini.
82 Per una sintesi delle principali novità introdotte rimandiamo alla prima parte del presente lavoro. 83 Linda Laura Sabbadini (2005), Un lavoro poco condiviso, www.lavoce.it. 84 L’art. 32 del D. Lgs. 151/2001 prevede che nei primi otto anni di vita del bambino, ciascun genitore ha il diritto di astenersi dal lavoro individualmente per un massimo di 6 mesi di congedo che, se usufruiti da entrambi, possono arrivare ad un totale complessivo di 10 mesi in due. Inoltre, se il papà usufruisce di almeno tre mesi di congedo, gli viene concesso un mese in più aumentando a 11 il totale complessivo. 85 In base all’art. 39 del D. Lgs. 151/2001 “Riposi giornalieri della madre”, la lavoratrice madre ha diritto a due ore di riposo giornaliero retribuito (1 in caso di orario di lavoro inferiore a 6 ore) durante il primo anno di vita del bambino. L’ Art. 40, “Riposi giornalieri del padre”, riconosce i periodi di riposo al padre lavoratore nei seguenti casi: la madre rinuncia ad utilizzarle; la madre non è una lavoratrice dipendente; il parto è gemellare (raddoppiando le ore di riposo il padre può usufruire delle ore aggiuntive); i/le figli/figlie sono affidate solo al padre oppure la madre è morta o gravemente inferma. 86 Il Dlgs 151/2000, Capo VII “Congedi per la malattia del figlio”, prevede che ciascun genitore in maniera alternativa può astenersi dal lavoro, senza un limite temporale, per le malattie di ciascun figlio/a di età non superiore a 3 anni e nel limite di cinque giorni lavorativi all’anno per ogni figlio/a di età compresa tra i tre e gli otto anni.
Indagine presso il settore della Sanità Pubblica della provincia di Varese
97
L’assistenza ai portatori di handicap, infine, è prevalentemente a carico delle donne (2.9% vs.
1.8%)87.
Ancora una volta i dati confermano che sono le donne a sostenere il lavoro di cura e senza una
reale condivisione del lavoro di cura e del lavoro domestico è difficile che le donne riescano a
raggiungere una effettiva parità in ambito lavorativo.
1.6 Qualche dato sull’esternalizzazione Tutte le aziende ospedaliere e sanitarie che hanno risposto alla nostra indagine hanno dichiarato
di avvalersi di enti esterni nella gestione di attività/servizi di loro competenza.
Le aree per le quali le aziende si sono avvalse di enti esterni (tavola 2.9) riguardano
prevalentemente servizi interni, ovvero servizi di supporto o indiretti la cui produzione è
strumentale per la realizzazione dei servizi finali:
• pulizie, tutte e tre le aziende per una percentuale di affidamento ad enti esterni che va dal 70%
al 100%;
• manutenzioni, tutte e tre le aziende per una percentuale di affidamento ad enti esterni che va
dal 65% al 100%;
• lavanderia, due aziende per una quota di esternalizzazione che va dal 95% al 100%;
• mensa, per una azienda che esternalizza completamente il servizio.
Tavola 2.9 - Aree per le quali ci si è avvalsi di enti esterni v.a. %
No Sì No SìPercentuale di
affidamento (da-a) Mensa 2 1 66,7 33,3 100 Pulizie 0 3 0,0 100,0 70-100 Lavanderia 1 2 33,3 66,7 95-100 Manutenzioni 0 3 0,0 100,0 65-100 Assistenza sanitaria domiciliare 2 1 66,7 33,3 93 Fonte: Dati raccolti con indagine dell'Ufficio Consigliera di Parità Provinciale Anche per i servizi finali, ovvero quei servizi orientati a soddisfare le esigenze dell’utenza, ci si
avvale di enti esterni. In particolare l’assistenza sanitaria domiciliare viene esternalizzata, nel caso
di un’azienda, nella misura del 93%.
Le Aziende Sanitarie e Ospedaliere si sono rivolte prevalentemente a imprese profit e cooperative
sociali (3 casi) ma anche a organizzazioni di volontariato e associazioni (2 casi). Le forme di
collaborazione sono l’appalto (3 aziende), le convenzioni e i protocolli d’intesa (2 aziende) e
l’affidamento di servizi.
87 I genitori di figli con handicap grave hanno il diritto di prolungare fino ai tre anni del/la bambino/a il congedo parentale o in alternativa di prolungare, sempre fino ai tre anni, la fruizione delle due ore di riposo giornaliero e per i genitori di bambini/e con handicap grave che hanno già compiuto i 3 anni, sono previsti tre giorni di congedo al mese con copertura figurativa (L. 104/92, Dlgs 151/2001 e L. 388/2000).
Indagine presso il settore della Sanità Pubblica della provincia di Varese
98
Il questionario proposto dall’Ufficio della Consigliera di Parità prevedeva anche una domanda sul
monte ore di lavoro affidato ad enti esterni suddiviso per genere, in modo da riuscire a offrire un
quadro attento al genere anche per le attività delegate all’esterno. La maggior parte delle aziende
non è però stata in grado di fornirci tali dati e, pertanto, questo aspetto rimane ancora da indagare.
Indagine presso il settore della Sanità Pubblica della provincia di Varese
99
2 - Le Azioni di Parità
Nell’ambito delle Aziende Ospedaliere o delle ASL, gli organismi di parità e le relative azioni di pari
opportunità vengono legittimati dalla stessa legislazione nazionale vista in precedenza.
Per questo si rimanda al capitolo 2 della Parte I del presente rapporto di ricerca, per spiegazioni
più dettagliate sulle norme generali che regolano la costituzione di Comitati di Pari Opportunità e la
redazione di Piani Triennali di Azioni Positive.
Anche la contrattazione collettiva del comparto Sanità già da più di 10 anni prevede l’istituzione di
Comitati per le Pari Opportunità presso ciascuna azienda o ente con il compito di:
• raccogliere dati relativi alle tematiche di propria competenza;
• formulare proposte per favorire effettive parità nelle condizioni di lavoro e di sviluppo
professionale che tengano conto anche del problema della conciliazione tempi di lavoro e
tempi della vita privata, con particolare attenzione ai criteri di accesso e modalità di
svolgimento dei corsi di formazione professionale, ai passaggi interni, al conferimento degli
incarichi e all’introduzione di flessibilità degli orari di lavoro in rapporto agli orari dei servizi;
• promuovere iniziative volte ad attuare le direttive comunitarie per l'affermazione sul lavoro della
pari dignità delle persone nonché azioni positive, ai sensi della legge 125/1991.
La composizione dei comitati è uguale a quella degli enti locali: devono essere presieduti da un
rappresentante dell'azienda o ente e composti da un/una componente designato/a da ciascuna
delle organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL e da un pari numero di rappresentanti
dell'azienda o ente. Il/la presidente del Comitato designa un/una vicepresidente. Per ogni
componente effettivo è previsto un componente supplente. I Comitati rimangono in carica per un
quadriennio e comunque fino alla costituzione dei nuovi. I componenti dei Comitati possono essere
rinnovati nell'incarico per un solo mandato. Sono tenuti a svolgere una relazione annuale sulle
condizioni delle lavoratrici all'interno degli enti, fornendo, in particolare, informazioni sulla
situazione occupazionale in relazione alla presenza nelle varie categorie e nei vari profili nonché
sulla partecipazione ai processi formativi.
2.5 Piani di azioni positive e comitati nel settore sanità della provincia di Varese Nel questionario che è stato inviato alle aziende del settore Sanità del territorio provinciale erano
previste solo due domande88 sul tema delle azioni di parità: una relativa alla presenza di Comitati
di pari opportunità aziendali, l’altra sulla presentazione di Piani di Azione Positiva, così come
richiesto dalla legislazione.
In tutta la provincia di Varese su 4 questionari inviati (ASL provinciale e 3 Aziende Ospedaliere) e
3 risposte ricevute (ASL provinciale e 2 Aziende Ospedaliere) nessuno ha presentato fino ad ora
un Piano di Azioni Positive. 88 Vedi Appendice 2
Indagine presso il settore della Sanità Pubblica della provincia di Varese
100
Solo l’ASL provinciale ha invece costituito nel luglio 2004 il Comitato Pari Opportunità. È
composto da cinque membri indicati dalla Direzione aziendale e cinque indicati dalle
Organizzazioni Sindacali.
Tra i suoi compiti rientra quello di elaborare azioni ed esprimere pareri al fine di favorire il
raggiungimento delle condizioni di parità tra le lavoratrici ed i lavoratori e formulare proposte
relative ai criteri e alle modalità organizzative che facilitino la conciliazione dei tempi di vita e di
lavoro. È un organismo cui si possono anche rivolgere tutte le lavoratrici ed i lavoratori per
segnalare eventuali condizioni di discriminazione, segregazione e comportamenti lesivi delle libertà
personali.
Le attività specifiche fino ad ora intraprese sono state:
- la diffusione tra i dipendenti di un’informativa sull’esistenza del comitato dettagliandone finalità
e compiti;
- l’organizzazione di un incontro con la Consigliera di Parità Provinciale;
- la richiesta d’incontro con l’RSU aziendale;
- l’attivazione di una casella postale dedicata, per le segnalazioni;
- la richiesta di dati sul personale dipendente dell’ASL.
Indagine presso il settore della Sanità Pubblica della provincia di Varese
101
3 - Elementi di sintesi e possibili linee di indirizzo I dati raccolti attraverso l’indagine, a cui, come si è anticipato, hanno risposto tre aziende su
quattro, rispecchiano e in taluni casi accentuano le situazioni e le tendenze in atto nel comparto a
livello nazionale:
• una massiccia presenza complessiva femminile, addirittura superiore a quella media nazionale
(71% contro il 60.6%), a cui fanno da contrappunto una totale assenza di personale femminile
tra i direttori, una bassa presenza tra il personale dirigenziale con incarico di struttura
complessa (16%) e una maggiore, ma pur sempre sottorappresentativa, presenza tra il
personale dirigenziale senza struttura (40%);
• una lentissima modifica di questi dati negli ultimi tre anni a conferma di quanto sia lunga anche
in questo settore la strada verso la parità;
• la forte caratterizzazione di genere delle professioni (sono donne la maggior parte delle
psicologhe, farmaciste e biologhe; sono uomini la maggior parte dei medici, degli ingegneri, dei
veterinari e dei chimici) e più in generale tra il personale del comparto (sono in prevalenza
donne le infermiere, le assistenti sociali, le addette all’amministrazione, le ausiliarie, mentre
sono in prevalenza uomini i tecnici della prevenzione, gli assistenti tecnici, gli operatori tecnici
specializzati), a conferma di stereotipi culturali che vengono da lontano e che ancora
condizionano fortemente le scelte di studio e di orientamento professionale di ragazzi e
ragazze;
• la crescita tendenziale del lavoro a tempo determinato, la cui incidenza risulta superiore in
provincia di Varese a quella media nazionale, che vede una sovrarappresentazione del
personale femminile;
• la crescita dei part-timers anche in questo caso con una caratterizzazione prevalentemente
femminile: quasi una donna su 4 lavora ad orario ridotto;
• una maggiore attenzione delle donne alle iniziative formative;
• il bassissimo utilizzo dei congedi per esigenze di cura da parte degli uomini;
• la presenza – peraltro molto recente – di un solo Comitato Pari Opportunità (nella ASL
provinciale) e la mancata predisposizione di Piani di Azioni Positive in tutte le strutture che
hanno risposto al questionario.
Partendo da questa situazione, le linee di azione prioritarie lungo cui muoversi ci sembra debbano
essere le seguenti:
• l’istituzione dei Comitati Pari Opportunità in tutte le aziende ospedaliere e la loro
integrazione in una rete territoriale che permetta di unire gli sforzi, scambiare esperienze e
coordinare i programmi di azione;
Indagine presso il settore della Sanità Pubblica della provincia di Varese
102
• lo sviluppo di iniziative mirate a cogliere i bisogni di conciliazione del personale femminile,
che sono particolarmente pressanti nel comparto sanitario, per via dei turni di lavoro, e che
richiedono, oltre che analisi attente, soluzioni organizzative adeguate;
• una forte iniziativa di sensibilizzazione nei confronti delle giovani ragazze nelle scuole per
favorire scelte di studio più libere da vecchi stereotipi e più aperte a percorsi professionali
tradizionalmente appannaggio maschile.
Indagine presso il settore della Sanità Pubblica della provincia di Varese
103
Schede di progetti messi in atto da ASL e Aziende Ospedaliere nel territorio nazionale
La ricognizione da noi effettuata, attraverso la ricerca sul web di Piani Triennali di Azioni Positive
messi in atto da ASL o Aziende Ospedaliere non ci ha permesso di individuare un’esperienza
significativa di un Piano Triennale di Azioni Positive strutturato e complessivo su una singola
realtà, anche se non escludiamo che esperienze di questo tipo siano state intraprese, e pensiamo
che la motivazione sia da ricercare nella complessità organizzativa di un ASL e delle Aziende
Ospedaliere, dove sono presenti gruppi di lavoratrici/lavoratori con caratteristiche ed esigenze
molto diverse tra loro e che meriterebbero singolarmente un’attenta analisi.
Riteniamo utile allegare alcune schede di progetti maturati nel corso della sperimentazione del
Dipartimento della Funzione Pubblica “Sperimentare in ottica di genere”89 riguardanti tematiche
specifiche: formazione, bilanci di competenze, politiche di conciliazione, Piani di Azioni Positive,
che possono costituire uno spunto per l’implementazione di politiche attente al genere e Piani
Triennali.
89 Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione Pubblica (2005), Sperimentare in ottica di genere. Le amministrazioni pubbliche verso una cultura organizzativa che valorizza le differenze. Analisi e strumenti per l’innovazione, le esperienze, Edizioni Scientifiche Italiane.
Indagine presso il settore della Sanità Pubblica della provincia di Varese
104
Tabella 6.2.b Costituzione di comitati pari opportunità
Amministrazione Azienda per i servizi sanitari n. 1 – Triestina
Settore/Ufficio che propone l’idea progettuale
Ufficio rapporti con il pubblico
Principali esigenze di intervento emerse durante il percorso di autoanalisi
Mancanza del comitato pari opportunità
Nome dell’iniziativa che si vuole realizzare
Costituzione del comitato pari opportunità e corso di formazione per le/i componenti
Obiettivo specifico che si vuole raggiungere
Pervenire alla costituzione del comitato pari opportunità e formare le/i componenti alle tematiche e all’utilizzo degli strumenti necessari per svolgere i compiti assegnati all’organismo
A chi si rivolge l’iniziativa
Direzione aziendale e rappresentanze sindacali (per la costituzione del cpo) Componenti designati (per la formazione del comitato pari opportunità)
Risultati previsti
Costituzione del comitato pari opportunità Formazione delle/dei componenti
Attività da svolgere e soggetti che la svolgeranno
Incontro con le rappresentanze sindacali Incontro con la direzione generale Nomina delle/dei componenti e redazione del Regolamento (compiti e modalità di funzionamento del comitato pari opportunità) Corso di formazione per le/i componenti del comitato pari opportunità: definizione di massima del progetto formativo (contenuti: genere e organizzazioni; strumenti e modalità per la rilevazione dei bisogni differenziati del personale; metodo del focus group; fonti e modalità di finanziamento) e individuazione della struttura formativa in grado di fornire quanto richiesto
Risorse necessarie ed eventuali costi
Ambienti e strumenti per comitato pari opportunità: locali, attrezzature informatiche, spazio su intranet e su sito dell’Azienda Costi corso di formazione comitato pari opportunità
Tempi di attuazione
Piano di fattibilità: entro luglio 2004 Costituzione del comitato pari opportunità: da definire Corso di formazione comitato pari opportunità: da definire
Difficoltà/criticità/ elementi chiave per la riuscita dell’iniziativa
Divulgazione delle tematiche e del lavoro svolto nell’ambito del Cantiere di innovazione Donne e leadership del Dipartimento della Funzione Pubblica, ai soggetti individuati e secondo le modalità stabilite nel documento Piani di diffusione del Programma Cantieri di innovazione Donne e leadership Coinvolgimento delle altre strutture sanitarie della Provincia di Trieste (Azienda Ospedaliera “Ospedali Riuniti”, Irccs “Burlo Garofano”) ed eventualmente di altre amministrazioni territoriali, anche al fine di definire la praticabilità di percorsi in comune
105
Tabella 6.6.h Valutazione e il bilancio delle competenze
Amministrazione Azienda Usl 11 Empoli – Dipartimento Assistenza e Scienze Infermieristiche
Settore/Ufficio che propone il piano di diffusione
U.O.C. Organizzazione Servizi infermieristici
Principali esigenze di intervento emerse durante il percorso di autoanalisi
Assenza di una cultura diffusa per la valutazione delle competenze
Nome dell’iniziativa che si vuole realizzare
Possibilizzare… pensabilizzare … coniugazioni desiderate
Obiettivo specifico che si vuole raggiungere
Sviluppare un sistema di empowerment professionale in ottica di genere dei funzionari afferenti al DIpartimento
A chi si rivolge l’iniziativa
Funzionari afferenti al Dipartimento di Assistenza e Scienze Infermieristiche
Risultati previsti
Elaborazione e sperimentazione di un sistema per la valutazione delle competenze dei funzionari, in ottica di genere, per alimentare un percorso di valorizzazione del ruolo, per lo sviluppo professionale, per far acquisire una nuova pensabilità positiva
Attività da svolgere e soggetti che la svolgeranno
Focus group da cui derivare: a) le soluzioni preferite da dirigenti e funzionari; b) gli scopi formali e informali vissuti dai soggetti coinvolti; c) elaborazione di un sistema per lo sviluppo di un sistema di empowerment
professionale in ottica di genere Livello d’intervento: 50% dei funzionari afferenti alle direzioni delle Unità Operative Professionali Soggetti che le svolgeranno: referente del Cantiere, presidente del comitato pari opportunità
Risorse necessarie ed eventuali costi
Tempo ore quantificato in 30 ore/funzionario/2004 x 6
Tempi di attuazione
Entro luglio 2004: elaborazione piano di fattibilità Entro settembre 2004: realizzazione del sistema Ottobre-dicembre 2004: implementazione Gennaio e febbraio 2004: valutazione dei risultati Marzo 2005: diffusione dei risultati
Difficoltà/criticità/ elementi chiave per la riuscita dell’iniziativa
Comportamenti di astensione e/o banalizzazione dei funzionari coinvolti
106
APPENDICE 2 QUESTIONARIO SULLA SITUAZIONE DEL PERSONALE E SULLE AZIONI DI PARI OPPORTUNITÀ
NEL SETTORE DELLA SANITÀ PUBBLICA DELLA PROVINCIA DI VARESE
Dati azienda: Denominazione__________________________________________________________________________
Sede (Via, n. civico, paese, codice postale)____________________________________________________
Referente per il questionario (nome, cognome, telefono, fax, e-mail)________________________________
Parte I: Rapporto sul personale e azioni di pari opportunità
1. Quanti/e lavoratori/lavoratrici risultavano dipendenti presso la sua azienda al 31/12 dei diversi anni
indicati?
Anni N. di uomini N. di donne
2002
2003
2004
2. Come si distribuiva il personale dipendente per fasce al 31/12/2004?
N. di uomini N. di donne
Comparto
A
A1
A2
A3
A4
B
B1
B2
B3
B4
BS
BS1
BS2
BS3
BS4
C
Appendice 2 – Questionario Sanità
107
C1
C2
C3
C4
D
D1
D2
D3
D4
D5
DS
DS1
DS2
DS3
DS4
DS5
Dirigenza
Professional
Incarichi ad elevata
specializzazione
Struttura semplice
Struttura complessa
3. In quale ruolo era collocato il personale dipendente al 31/12/2004 e in quale categoria?
Personale sanitario Personale tecnico Personale amministrativo
uomini donne uomini donne uomini donne
Comparto
A
B
BS
C
D
DS
Appendice 2 – Questionario Sanità
108
Personale sanitario Personale tecnico Personale amministrativo
uomini donne uomini donne uomini donne
Dirigenza
Professional
Incarichi ad elevata
specializzazione
Struttura semplice
Struttura
complessa
Totale
4. In riferimento all’anno 2004, si indichi, suddividendo tra uomini e donne, la retribuzione totale
erogata90 per categoria e il numero di ore remunerate:
Uomini Donne
retribuzione n. di ore retribuzione n. di ore
Comparto
A
B
BS
C
D
DS
Dirigenza
Professional
Incarichi ad elevata
specializzazione
Struttura semplice
Struttura complessa
Totale
90 Si indichi il monte retributivo lordo. Il dato va inteso comprensivo di tutti gli elementi retributivi (al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali a carico dei dipendenti):
- stipendio base - terzo elemento - eventuali indennità di funzione - aumenti per anzianità - premio di produzione - straordinari - altre voci retributive (integrazioni da parte dell’azienda in caso di malattia, indennità di mensa, indennità di
turnazione, premio presenza, altre indennità….) - 13° mensilità
Gli importi anticipati per conto di enti di previdenza e assistenza (Inps, Inail) – malattia, maternità, infortuni, assegni familiari – non vanno conteggiati nel monte retributivo lordo annuo. Gli importi devono essere specificati come somma totale delle voci erogate nell’anno per i dipendenti dello stessa categoria e genere.
Appendice 2 – Questionario Sanità
109
5. In riferimento al 2004, con quale tipologia di orario era impiegato il personale dipendente?
Tipologia di orario N. uomini N. donne
3 turni
2 turni
1 turno/giornata
6. Nel corso del 2004, la sua amministrazione ha fatto ricorso al lavoro straordinario?
Sì □ No □
6.a In riferimento al 2004, qual è il monte ore annuale di lavoro straordinario svolto per categoria?
Monte ore totale Monte ore uomini Monte ore donne
Comparto
A
B
BS
C
D
DS
Dirigenza
Professional
Incarichi ad elevata
specializzazione
Struttura semplice
Struttura complessa
Totale
7. Quanti lavoratori/lavoratrici sono stati impiegati con forme di lavoro atipico nel corso dei diversi
anni indicati?
2002 2003 2004 Forme di lavoro
atipico/flessibile N.
Uomini
N. Donne N.
Uomini
N. Donne N.
Uomini
N. Donne
Tempo determinato
Lavoro interinale
Collaborazioni coordinate e
continuative
Prestazioni professionali
Altro (specificare)
______________________
Nota: Qualora un particolare dato richiesto non fosse disponibile si prega di indicarlo espressamente con la dicitura “n.d.”
Appendice 2 – Questionario Sanità
110
8. In riferimento al 2004, nella sua azienda sono stati predisposti piani formativi per il personale
dipendente?
Sì □ No □
9. Nel corso del 2004, quanti dipendenti hanno partecipato a percorsi di formazione organizzati
dall’azienda e per quante ore complessive91?
Uomini Donne
N. di partecipanti N. di ore totale N. di partecipanti N. di ore totale
Comparto
A
B
BS
C
D
DS
Dirigenza
Professional
Incarichi ad elevata
specializzazione
Struttura semplice
Struttura
complessa
Totale
10. Quali tipi di modalità di lavoro flessibile sono stati utilizzati dai dipendenti nella sua azienda nel
corso dei diversi anni indicati?
2002 2003 2004
Uomini Donne Uomini Donne N. omini Donne
Flessibilità d’orario in entrata o
in uscita o orario concentrato
Part-time orizzontale o verticale
Banca Ore
Telelavoro Nota: Qualora un particolare dato richiesto non fosse disponibile si prega di indicarlo espressamente con la dicitura “n.d.”
91 Nel numero di ore totale si indichi il numero di ore di attività formative riferito al totale dei partecipanti.
Appendice 2 – Questionario Sanità
111
11. In riferimento alla legislazione e ai contratti di lavoro vigenti, quali tipi di congedo sono stati
utilizzati dai dipendenti nella sua azienda nel corso dei diversi anni indicati?
2002 2003 2004
Uomini Donne Uomini Donne Uomini Donne
Totale congedi
Astensione facoltativa o
congedo parentale (art. 32 e
art. 33 D. lgs 151/2001)
Riposi giornalieri (art. 39, 40, 41
e 42 D. lgs 151/2001 )
Congedo per malattia del figlio
(art. 47 D. lgs 151/2001)
Congedo per malattia dei
genitori o gravi motivi familiari
(art. 4 L. 53/2000)
Congedo per assistenza
persone affette da handicap
(art. 19 e 20 L. 53/2000)
Congedo per formazione (art. 5
e art. 6 L. 53/2000)
Nota: Qualora un particolare dato richiesto non fosse disponibile si prega di indicarlo espressamente con la dicitura “n.d.”
12. Nella sua azienda è stato istituito il Comitato Pari Opportunità92 in base alla legge 125/91 art.1
c.3? Sì □ No □
Se sì:
12.a Da quanto tempo è stato istituito il Comitato? ________________________________________
12.b Da quanti componenti è composto? _______________________________________________
12.c Quali attività o azioni sono state intraprese dal Comitato? ______________________________
13. La sua amministrazione ha definito e presentato il Piano Triennale di Azione Positiva ai sensi della
legge 125/91 art. 2 e del D.L. 196/2000 art. 7? Sì □ No □
Se sì:
13.a Quali tra le azioni previste nel Piano Triennale sono state attivate?
________________________________________________________________________________
92 Il Comitato Pari Opportunità è un organo interno ad un ente o ad un'azienda, paritetico, cioè misto, i cui compiti sono:
- l’individuazione di eventuali situazioni di discriminazione di genere; - la promozione di percorsi di parità e piani di azione positiva.
Il Comitato, inoltre, definisce l'attivazione di modalità di scambio con i vertici aziendali e il sindacato interno; la messa a punto di modalità e di strumenti di informazione verso le donne presenti in azienda circa le attività svolte, nonché modalità, strumenti e strutture di conoscenza dei bisogni professionali - organizzativi espressi dalle diverse soggettività femminili; l'attivazione di una rete di interscambio rispetto ad alcune realtà istituzionali esterne, ad esempio la Consigliera di Parità, il Comitato per le Pari Opportunità del Ministero del Lavoro.
Appendice 2 – Questionario Sanità
112
Parte II: Rapporti con enti esterni
14. La sua azienda nella gestione e svolgimento delle attività e/o servizi di propria competenza e di
carattere continuativo nel corso del 2004 si è avvalsa di enti esterni?
Sì □ No □
15. Di quale tipologia di soggetti si è avvalsa?
Associazioni Sì □ No □
Organizzazioni di volontariato Sì □ No □
Cooperative sociali Sì □ No □
Imprese profit Sì □ No □
Altro (specificare)____________________________ Sì □ No □
16. Sono tutti soggetti accreditati? Sì □ No □
17. Con quali forme la sua azienda si è avvalsa di tali enti esterni?
Appalto □
Convenzioni □
Protocolli d’intesa □
Progetti finanziati □
Altro (specificare) _________________________ □
18. Per quali aree di intervento e in che percentuale l’attività è svolta da enti esterni?
No Sì Indicare la percentuale di
attività affidata ad enti esterni
Mensa
Pulizie
Lavanderia
Manutenzioni
Assistenza sanitaria domiciliare
Altro
(specificare)________________________
19. In riferimento al 2004, per lo svolgimento di queste attività e/o servizi qual è stato il monte ore
annuale? (Dato da reperire presso i soggetti che effettuano l’attività/servizio)
Monte ore totale_________ Monte ore donne___________ Monte ore uomini___________
20. Tra i criteri di assegnazione di queste attività e/o servizi alle organizzazioni ad enti esterni la sua
amministrazione include il rispetto delle leggi di parità/pari opportunità? Sì □ No □
Appendice 2 – Questionario Sanità
113
Bibliografia Cnel - Istat (2003), seminario del 2 dicembre, Maternità e partecipazione delle donne al mercato del lavoro: tra vincoli e strategie di conciliazione, Roma. Fondazione Regionale Pietro Seveso (2004), L’occupazione femminile e maschile in Lombardia nelle imprese con più di 100 dipendenti sulla base dei dati contenuti nel Rapporto biennale sulla situazione del personale previsto dalla Legge n.125/1991 per il biennio 2000-2001. Formez - Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica (2005), Qualità ed efficacia della formazione pubblica, progetto in corso. Formez (2005), 8° Rapporto nazionale sulla formazione nella P.A. Lo scenario della formazione nel sistema delle autonomie locali. Istat (2004), Come cambia la vita delle donne. Istat (2005), Rapporto sulla situazione del Paese. Rapporto annuale 2004. Linda Laura Sabbadini (2005), Un lavoro poco condiviso, www.lavoce.it Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica (2005), Sperimentare in ottica di genere. Le amministrazioni pubbliche verso una cultura organizzativa che valorizza le differenze. Analisi e strumenti per l’innovazione, le esperienze, Edizioni Scientifiche Italiane. Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica (2005), Le esternalizzazioni nelle amministrazioni pubbliche. Indagine sulla diffusione delle pratiche di outsourcing, Edzioni Scientifiche Italiane. Samek M., Semenza R. (2001), Le forme di lavoro non standard: Italia e Lombardia a confronto nel contesto europeo, Franco Angeli, Milano.