La porfiria e il re Giorgio III -...

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Willis, « il dottore doppio », capo dei medici che trattarono il primo attacco di porfiria di Giorgio III, dirigeva un manico. mio privato. Qui è mostrato in una caricatura di Thomas Rowlandson. Il soprannome dato a Willis derivava dal fatto che era dottore in medicina e in teologia. Il suo metodo di cura consisteva in severe restrizioni e coercizioni per ogni pa. ziente folle. Qui due pazienti sono avvolti in « lenzuola attorci- gliate ». L'uso di questo metodo, che comprendeva anche la ca- micia di forza, quando il re in delirio non seguiva i suoi ordini, fu la causa dell'inimicizia di Giorgio III verso tutti i medici. Una crudele caricatura della famiglia reale pubblicata l'anno precedente il primo attacco subito dal re. Il lavoro, di James Gillray e intitolato « Mostruosi gozzi a una festa della nuo• va coalizione », venne ispirato dalla credenza popolare che gli « stranieri » Hannover sperperassero i fondi della nazione a loro proprio vantaggio. La regina (a sinistra), il principe di Galles (al centro) e il re (a destra) vengono rappresentati men. tre siedono fuori della camera del Tesoro e si ingozzano d'oro. In effetti il re era frugale, ma il principe di Galles (in seguito nominato suo reggente) fu famoso per l'incontrollata prodigalità. I l Re Giorgio III, considerato su en- trambe le sponde dell'Atlantico co- me il monarca inflessibile che le colonie americane combatterono per raggiungere l'indipendenza, non era un uomo sano. La sua apparente e follia » influenzò il corso della storia britanni- ca e, fra l'altro, portò al riconoscimen- to della psichiatria (fino allora chiama- ta e l'affare dei matti ») come un'im- portante branca della medicina. t ab- bastanza strano che solo oggi a un se- colo e mezzo dalla sua morte, si sia potuto stabilire che Giorgio III non era affatto pazzo. Questo re tanto diffama- to soffri di una malattia del metaboli- smo, solo recentemente riconosciuta co- me tale, molto dolorosa e con accessi di delirio. Mentre stavamo occupandoci di una storia della psichiatria, abbiamo sco- perto con notevole interesse quanto grande fu l'influenza che ebbero i preoccupanti attacchi di follia di Gior- gio III sulle origini e lo sviluppo di questa scienza tanto che decidemmo di cercare di scoprire il più possibile sul- la malattia stessa. Fortunatamente po- temmo trovare le carte e gli appunti dei medici che a quel tempo esamina- rono il re, conservati in parte nel Ca- stello di Windsor, altri nel British Mu- seum e nella biblioteca del Lambeth Palace e altri ancora dai discendenti stessi del sovrano; inoltre ci fu molto utile la corrispondenza, di recente pubblicata, di Giorgio III. Le descrizio- ni da parte dei medici della malattia del re (non precedentemente esaminate negli ultimi tempi) insieme ad altre pro- ve evidenti, ci consentirono di fare una sicura diagnosi della malattia stessa al- la luce delle attuali conoscenze me- diche. Cominciamo con un resoconto stori- co della sua malattia cosí come è ripor- tato nei documenti del tempo. Il pri- mo attacco grave avvenne nel 1788, quando il re aveva 50 anni. Nel giugno di quell'anno il re aveva sofferto di un acuto dolore addominale; il suo medico curante, Sir George Baker, ne diagno- sticò la causa in calcoli della cistifellea e lo mandò a Cheltenham Spa per una cura idropinica. L'episodio si attenuò ma in ottobre riapparvero i dolori, ac- compagnati da costipazione, urine tor- bide e scure, debolezza muscolare degli arti, vertigini e polso rapido. Nelle set- timane successive il re soffri di inson- nia, cefalea, disturbi visivi e di una cre- scente agitazione; a partire dalla terza settimana cadde in delirio e verso l'ot- to-nove novembre ebbe convulsioni se- guite da un prolungato stato di inco- scienza. I medici temettero una febbre e cerebrale » e che il re fosse in immi- nente pericolo. In effetti, per una set- timana sembrò oscillare tra la vita e la morte, dopodiché le sue condizioni fi- siche cominciarono a migliorare ma la sua mente rimase « disturbata ». Vi fu- rono periodi di grande eccitamento, se- guiti da momenti di lucidità e di calma. Idee storte » si impossessarono del re e i suoi medici trovarono sempre più difficile curarlo. D urante tutto questo tempo, sebbene assistito da una moltitudine di me- dici, il paziente non fu realmente vi- sitato nel significato attuale della paro- la. I dottori gli guardavano la lingua, gli sentivano il polso, si informavano sulle funzioni escretorie, ne ascoltava- no le lamentele e tentavano di pronun- ciare una diagnosi e basandosi sulla stima dei sintomi e delle apparenze ». Infatti a quell'epoca non vi erano stru- menti, non esisteva lo stetoscopio, non c'era nemmeno un termometro clinico sicuro per misurare la temperatura; inoltre i medici erano spesso in disac- cordo sulla velocità del polso perché presumibilmente si basavano sul battito delle pendole che non sempre erano esatte; non ascoltavano il torace e se anche l'avessero fatto non ne avrebbe- ro ricavato sintomi utili. Per di più erano ostacolati dall'eti- chetta di corte che non permetteva di porre domande dirette al re sui sintomi della malattia a meno che lui stesso non ne parlasse per primo. (Dopo una sessione di infruttuoso silenzio i medi- ci deploravano : e Sua Maestà appare molto tranquillo stamattina ma non avendoci rivolto parola noi non sap- piamo nulla di più sulle condizioni mentali o fisiche di Sua Maestà di quel- lo che appare dal suo aspetto este- riore ».) In contrasto con l'oscurità e l'inde- terminatezza dei sintomi fisici dello sta- to di salute del re, quelli mentali risul- tavano molto evidenti e chiari; i medi- ci non avevano bisogno di mezzi mo- derni per rilevare che il suo compor- tamento era eccitato e irrazionale e la sua mente confusa. Inoltre, il suo stato mentale provocava molte preoccupazio- ni circa la sua capacità di governare e circa i pericoli che potevano derivarne per la nazione e l'impero, perciò le sof- ferenze fisiche del sovrano furono mi- nimizzate (e in seguito misconosciute), mentre l'alterazione mentale veniva maggiormente considerata come se es- sa sola costituisse tutta la malattia. Fu- rono chiamati medici specializzati in « malattie intellettuali » che si stabili- rono a palazzo assumendosi la respon- sabilità della camera dell'ammalato. Uno di questi era il Rev. Dr. Fran- cis Willis, chiamato e dottore doppio » perché era dottore sia in medicina che in teologia. Il Dr. Willis, direttore di un manicomio, arrivò al Kew Palace La porfiria e il re Giorgio III Il monarca inglese al tempo della rivoluzione americana fu generalmente ritenuto folle, mentre alla luce delle moderne acquisizioni scientifiche sembra che egli soffrisse di una gravissima alterazione del metabolismo di Ida Alacalpine e Riehard Hunter

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Willis, « il dottore doppio », capo dei medici che trattarono ilprimo attacco di porfiria di Giorgio III, dirigeva un manico.mio privato. Qui è mostrato in una caricatura di ThomasRowlandson. Il soprannome dato a Willis derivava dal fattoche era dottore in medicina e in teologia. Il suo metodo di

cura consisteva in severe restrizioni e coercizioni per ogni pa.ziente folle. Qui due pazienti sono avvolti in « lenzuola attorci-gliate ». L'uso di questo metodo, che comprendeva anche la ca-micia di forza, quando il re in delirio non seguiva i suoi ordini,fu la causa dell'inimicizia di Giorgio III verso tutti i medici.

Una crudele caricatura della famiglia reale pubblicata l'annoprecedente il primo attacco subito dal re. Il lavoro, di JamesGillray e intitolato « Mostruosi gozzi a una festa della nuo•va coalizione », venne ispirato dalla credenza popolare che gli« stranieri » Hannover sperperassero i fondi della nazione a

loro proprio vantaggio. La regina (a sinistra), il principe diGalles (al centro) e il re (a destra) vengono rappresentati men.tre siedono fuori della camera del Tesoro e si ingozzano d'oro.In effetti il re era frugale, ma il principe di Galles (in seguitonominato suo reggente) fu famoso per l'incontrollata prodigalità.

I

l Re Giorgio III, considerato su en-trambe le sponde dell'Atlantico co-me il monarca inflessibile che le

colonie americane combatterono perraggiungere l'indipendenza, non era unuomo sano. La sua apparente e follia »influenzò il corso della storia britanni-ca e, fra l'altro, portò al riconoscimen-to della psichiatria (fino allora chiama-ta e l'affare dei matti ») come un'im-portante branca della medicina. t ab-bastanza strano che solo oggi a un se-colo e mezzo dalla sua morte, si siapotuto stabilire che Giorgio III non eraaffatto pazzo. Questo re tanto diffama-to soffri di una malattia del metaboli-smo, solo recentemente riconosciuta co-me tale, molto dolorosa e con accessidi delirio.

Mentre stavamo occupandoci di unastoria della psichiatria, abbiamo sco-perto con notevole interesse quantogrande fu l'influenza che ebbero ipreoccupanti attacchi di follia di Gior-gio III sulle origini e lo sviluppo diquesta scienza tanto che decidemmo dicercare di scoprire il più possibile sul-la malattia stessa. Fortunatamente po-temmo trovare le carte e gli appuntidei medici che a quel tempo esamina-rono il re, conservati in parte nel Ca-stello di Windsor, altri nel British Mu-seum e nella biblioteca del LambethPalace e altri ancora dai discendentistessi del sovrano; inoltre ci fu moltoutile la corrispondenza, di recentepubblicata, di Giorgio III. Le descrizio-ni da parte dei medici della malattiadel re (non precedentemente esaminatenegli ultimi tempi) insieme ad altre pro-ve evidenti, ci consentirono di fare unasicura diagnosi della malattia stessa al-la luce delle attuali conoscenze me-diche.

Cominciamo con un resoconto stori-co della sua malattia cosí come è ripor-

tato nei documenti del tempo. Il pri-mo attacco grave avvenne nel 1788,quando il re aveva 50 anni. Nel giugnodi quell'anno il re aveva sofferto di unacuto dolore addominale; il suo medicocurante, Sir George Baker, ne diagno-sticò la causa in calcoli della cistifelleae lo mandò a Cheltenham Spa per unacura idropinica. L'episodio si attenuòma in ottobre riapparvero i dolori, ac-compagnati da costipazione, urine tor-bide e scure, debolezza muscolare degliarti, vertigini e polso rapido. Nelle set-timane successive il re soffri di inson-nia, cefalea, disturbi visivi e di una cre-scente agitazione; a partire dalla terzasettimana cadde in delirio e verso l'ot-to-nove novembre ebbe convulsioni se-guite da un prolungato stato di inco-scienza. I medici temettero una febbree cerebrale » e che il re fosse in immi-nente pericolo. In effetti, per una set-timana sembrò oscillare tra la vita e lamorte, dopodiché le sue condizioni fi-siche cominciarono a migliorare ma lasua mente rimase « disturbata ». Vi fu-rono periodi di grande eccitamento, se-guiti da momenti di lucidità e di calma.

Idee storte » si impossessarono delre e i suoi medici trovarono sempre piùdifficile curarlo.

Durante tutto questo tempo, sebbene

assistito da una moltitudine di me-dici, il paziente non fu realmente vi-sitato nel significato attuale della paro-la. I dottori gli guardavano la lingua,gli sentivano il polso, si informavanosulle funzioni escretorie, ne ascoltava-no le lamentele e tentavano di pronun-ciare una diagnosi e basandosi sullastima dei sintomi e delle apparenze ».Infatti a quell'epoca non vi erano stru-menti, non esisteva lo stetoscopio, nonc'era nemmeno un termometro clinicosicuro per misurare la temperatura;

inoltre i medici erano spesso in disac-cordo sulla velocità del polso perchépresumibilmente si basavano sul battitodelle pendole che non sempre eranoesatte; non ascoltavano il torace e seanche l'avessero fatto non ne avrebbe-ro ricavato sintomi utili.

Per di più erano ostacolati dall'eti-chetta di corte che non permetteva diporre domande dirette al re sui sintomidella malattia a meno che lui stessonon ne parlasse per primo. (Dopo unasessione di infruttuoso silenzio i medi-ci deploravano : e Sua Maestà apparemolto tranquillo stamattina ma nonavendoci rivolto parola noi non sap-piamo nulla di più sulle condizionimentali o fisiche di Sua Maestà di quel-lo che appare dal suo aspetto este-riore ».)

In contrasto con l'oscurità e l'inde-terminatezza dei sintomi fisici dello sta-to di salute del re, quelli mentali risul-tavano molto evidenti e chiari; i medi-ci non avevano bisogno di mezzi mo-derni per rilevare che il suo compor-tamento era eccitato e irrazionale e lasua mente confusa. Inoltre, il suo statomentale provocava molte preoccupazio-ni circa la sua capacità di governare ecirca i pericoli che potevano derivarneper la nazione e l'impero, perciò le sof-ferenze fisiche del sovrano furono mi-nimizzate (e in seguito misconosciute),mentre l'alterazione mentale venivamaggiormente considerata come se es-sa sola costituisse tutta la malattia. Fu-rono chiamati medici specializzati in« malattie intellettuali » che si stabili-rono a palazzo assumendosi la respon-sabilità della camera dell'ammalato.

Uno di questi era il Rev. Dr. Fran-cis Willis, chiamato e dottore doppio »perché era dottore sia in medicina chein teologia. Il Dr. Willis, direttore diun manicomio, arrivò al Kew Palace

La porfiria e il re Giorgio IIIIl monarca inglese al tempo della rivoluzione americana fu generalmenteritenuto folle, mentre alla luce delle moderne acquisizioni scientifichesembra che egli soffrisse di una gravissima alterazione del metabolismo

di Ida Alacalpine e Riehard Hunter

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HOOCH2CH2C

CH3

CH

Urina color vino (nella seconda provetta), eliminata durante normale e, a destra, vino Porto. Giacomo I, sofferente diun attacco acuto di porfiria. Per confronto, a sinistra, urina porfiria, diceva che la sua urina aveva il colore del Porto.

con gli assistenti e gli strumenti dellasua casa di cura, compresi gli inser-vienti e una camicia di forza. Egli ap-plicò al re il trattamento abitualmenteriservato ai matti : coercizione e restri-zioni. Al re veniva messa la camicia diforza per aver infranto la disciplina,per esempio, per essersi tolto arbitra-riamente la cravatta e la parrucca chegli davano fastidio quando era sogget-to a un'abbondante sudorazione, o peraver rifiutato di mangiare quando fa-ceva fatica a inghiottire, o per avercamminato avanti e indietro nella stan-za quando era troppo agitato per re-stare sdraiato. Lo strano e imprevedi-bile comportamento del re veniva attri-buito all'acme della mania furiosa e ilsuo fiero (e comprensibile) disprezzoverso i dottori e guardiani veniva attri-buito a fissazioni.

La sua malattia fomentò una storicacontesa parlamentare nota come la

« crisi della reggenza ». I Whigs (libe-rali), con a capo Charles James Fox,Edmund Burke e Richard BrinsleySheridan (celebre drammaturgo oltreche membro del Parlamento), tentaro-no di provocare le dimissioni del pri-mo ministro del re, William Pitt, e de-gli altri membri del suo gabinetto. Perquattro mesi il Parlamento si interessòesclusivamente della malattia del re edelle controversie che la stessa causa-va. Membri del Parlamento interroga-vano senza sosta i medici curanti perstabilire se il re soffrisse solamente diun prolungato delirio da cui ci si pote-va aspettare che egli guarisse con unamente inalterata, o fosse afflitto da« pazzia » che avrebbe oscurato per-manentemente il suo giudizio.

Proprio quando il Parlamento stavaper approvare una legge relativa allareggenza, la mente di Giorgio III im-provvisamente ritornò normale. Alla fi-ne del febbraio 1789 i medici annun-ciarono < la completa cessazione » del-la sua malattia. Sebbene Willis si attri-buisse il merito della cura, è chiaro,osservando l'andamento della malattia,che la guarigione del re dovette esserespontanea e ciò avvenne tanto solleci-tamente da permettergli di lasciare ilconfino al Kew Palace e ritornare alCastello di Windsor, sua residenza pre-ferita. La sua guarigione fu celebratain tutta la nazione con straordinariemanifestazioni di giubilo.

Nel 1801 e nel 1804 Giorgio III sof-fri di ricadute della stessa malattia;molto gravi all'inizio, con gli stessiidentici sintomi fisici e disturbi men-tali di breve durata. Infine, nel 1810,la malattia si aggravò talmente da ren-

HC

HN

H

H C

H3C

CH2CH2COOH

dere necessaria la reggenza del Princi-pe di Galles, a partire dal 1811. Percirca un anno si sperò che Giorgio IIImigliorasse nuovamente e suo figlio du-rante la reggenza non osò dimettere ilgabinetto per evitare a Giorgio III unasituazione perosa e imbarazzante nelcaso gli fosse stato possibile risaliresul trono. La malattia del re ebbe tem-poranee remissioni, a cui purtroppo se-guirono delle ricadute. Aveva oltrepas-sato i 70 anni, era divenuto cieco edera molto peggiorato fisicamente e men-talmente a causa dei ripetuti attacchidella sua malattia. Durante gli ultimianni di vita Giorgio III fu nel com-plesso tranquillo, suonava volentieri ilclavicembalo e aveva periodi di buonumore e di allegria, tuttavia era spessoe imbronciato e assente », lacrime eriso si alternavano frequentemente e avolte era colpito dai vecchi accessi do-lorosi. Un mese prima della morte,durante l'ultimo di questi attacchi, pas-sò 58 ore agitatissime, senza sonno

CH

H

CH —CH2

o riposo e e diede un'altra rimarche-vole prova delle straordinarie energiedella sua costituzione ». Mori quieta-mente il 29 gennaio 1820 all'età di 81anni.

Dopo la sua morte, preconcetti po-litici e opinioni professionali diederoforma a una immagine di Giorgio IIIcome un < re pazzo », più o meno scon-volto dalla malattia durante tutta la vi-ta. Il primo attacco lo ebbe nel 1765,all'età di 26 anni e venne ritenuto unprimo sintomo di follia. Non vi era sta-to alcun evidente accenno che un di-sturbo mentale accompagnasse la pri-ma malattia ma il popolo ritenne che ilre doveva essere folle per permetterel'applicazione dell'infamante Legge delBollo che diede l'avvio alla GuerraAmericana di Indipendenza. Inoltre glipsichiatri, che più tardi diagnosticaro-no la malattia di Giorgio III, adottaro-no l'interpretazione della follia per lamalattia che colpi il re nel 1765 alloscopo di sostenere la loro teoria; non

PORFINA

H

EMINA

H C

CH= CH2 H3C

H

Il costituente fondamentale della porfirina, la molecola di porfina, è formata di quat•tro anelli pirrolici legati da ponti metinici. Tra i pigmenti formati da molecoledi porfina vi sono tre elementi essenziali alla vita animale e vegetale: l'emoglobina,la clorofilla e il citocromo. A confronto una molecola di emina che differisce so-prattutto per avere un atomo di cloro e uno di ferro attaccati agli anelli pirrolici.

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MARIA, REGINA

GIACOMO

1542-1587

1566-1625

DI SCOZIA O

VI E I •

BOEMIA •ELISABETTA,ENRICO, PRINCIPE DI GALLES O1594-1612

CARLO I1600-1649

•REGINA DI

1596-1662

GIACOMO II • ENRICA ANNA, CARLO II SOFIA • ERNESTO AUGUSTO,

1633-1701 DUCHESSA DI ORLEANS O 1630-1685 1630-1714 ELETTORE DI HANNOVER

1644-1670 1629-1698

REGINA ANNA O GIORGIO I •1665-1714 1660-1727 SOFIA CARLOTTA •

1668-1705FEDERICO I,

RE DI PRUSSIA1657-1713

GIORGIO1683-1760

II •SOFIA DOROTEA Q FEDERICO GUGLIELMO I o

1687-1757 1688-1740

LUIGI,FEDERICOPRINCIPE DI GALLES

1707-1751• CARLO, FILIPPINA ODUCA DI BRUNSWICK 171 6-1 801

FEDERICO IL GRANDE1712-1786

1713-1780

CAROLINA MATILDE,REGINA DI DANIMARCA O

GIORGIO1738-1820

III • AUGUSTA1737-1813

CARLO,DUCA DI BRUNSWICK O

1751-17751735-1806

DUCA DIAUGUSTO,

SUSSEX • EDOARDO,DUCA DI KENT O

FEDERICO,DUCA DI YORK O

GIORGIO1762-1830

IV O CAROLINADI BRUNSWICK O

1773-1843 1767-1820 1763-1827 1768-1821

REGINA VITTORIA PRINCIPESSA CARLOTTA O181 9-1 901

1796-1817

I membri di tre case reali soffrirono di porfiria. La prima aesserne colpita fu Maria, regina di Scozia, una Stuart. Dai suoi

discendenti la malattia si trasmise alle case di Hannover e diPrussia. I cerchietti colorati indicano soggetti con alcuni sin-

torni della malattia; i tondini colorati quelli con urina anormale. I tondinineri indicano portatori sofferenti del disturbo; i cerchietti neri possibili portatori.

avrebbe senso presumere che il re, sementalmente instabile, avrebbe potutosopportare i primi 28 anni del suo tem-pestoso regno senza manifestare alcunsegno di alterazione psichica.

La grande importanza data alla sup-

posta follia di Giorgio III ebbegrandissima eco nell'ambiente profanoe medico e diede luogo ai primi siste-matici tentativi di trattare la follia co-me un problema medico. WilliamBlack, un professore di medicina del-l'epoca, che era in completo disaccordocoi goffi tentativi dei medici per cer-care di prevedere l'epoca della guari-gione del re, considerò il problema dalpunto di vista statistico e cosí diventòil fondatore della statistica psichiatrica.Studiando i casi di persone che eranostate dichiarate pazze, egli giunse alla

conclusione, conclusione che potrebbeessere chiamata « legge di Black », cheun terzo di tali pazienti può guarire re-cuperando integralmente le facoltàmentali, un terzo può migliorare senzarecuperare le primitive capacità menta-li, e un terzo non migliora del tutto ocontinua a peggiorare.

Richard Powell, un altro medico pu-re propenso a dar valore alle statisti-che, trovò che negli anni immediata-mente seguenti l'attacco subito dal renel 1788 vi fu un grande aumento nelnumero delle persone ricoverate neimanicomi privati. Presentò il risultatodei suoi studi graficamente con un isto-gramma, introducendo per la primavolta questo mezzo nella storia dellamedicina. Powell attribuiva l'apparenteaumento della malattia mentale alle dif-ficoltà sempre più complesse della ci-

vilizzazione e la sua interpretazione so-ciale è ancora ampiamente chiamata incausa per spiegare l'aumento dei di-sturbi mentali.

Due figli di Giorgio III, i duchi diKent e di Sussex, istituirono il primofondo per ricerche in psichiatria e pa-trocinarono il primo tentativo control-lato per il trattamento della follia. Iltentativo fu condotto da due profaniche avevano trovato un rimedio segre-to e speravano fosse sperimentato sulre. Anche un medico londinese, Ed-ward Sutleffe, offri un rimedio che eglidefiniva « un tranquillante a base di er-be » introducendo cosí il termine usa-to oggi preminentemente per i farmaciadottati nella cura dei disturbi mentali.

Il Parlamento, sollecitato per la ri-cerca di una cura più efficace per i ma-lati di mente, e in particolare per quel-

li poveri (a i pazzi indigenti »), istituíun comitato che aveva Io scopo di con-durre inchieste sui manicomi. Sotto lapresidenza di un amico personale delre, George Rose, il comitato svolse in-dagini per due anni e pubblicò rappor-ti che prepararono il terreno alla curadei malati mentali in asili specializzatiche durarono fino al nostro secolo e lacui documentazione può ancora oggivenir consultata. Questa iniziativa ebbealcune sfortunate conseguenze : i pa-zienti venivano isolati dalla società,spesso rinchiusi in lontane case di curae si creò una separazione artificiale framalattia mentale e malattia fisica, ognu-na delle quali era seguita da proprispecialisti. Purtroppo la psichiatria ven-ne allontanata dalla medicina vera epropria e medici e psichiatri si separa-rono in due branche distinte.

Considerata l'importanza storica del-la malattia di Giorgio III, è stranoche cosí scarsi siano stati i tentativi,sia da parte degli psichiatri sia dei me-dici, per appurare la reale natura dellamalattia del re e è incredibile che duesoltanto siano stati gli studi medici con-dotti al riguardo. Entrambi furono fattida psichiatri americani, circa un secolopiù tardi, e non tennero in alcun contole difficoltà mediche del caso.

Nel 1855 Isaac Ray, presidente del-l'Association of Medica! Superinten-dents of American Institutions for theInsane (ribattezzata in seguito, Ameri-can Psychiatric Association) esaminò lenotizie a quell'epoca disponibili sullamalattia di Giorgio III e fu sorpresodalla mancanza di precedenti che giu-stificassero gli attacchi di disordinementale del re. Ray scriveva: « Pochi

uomini sarebbero sembrati meno passi-bili di follia. Il suo stato di salute ge-nerale era sempre stato buono; le sueforze non erano indebolite da nessunodi quegli eccessi abitualmente riscontra-bili nella vita dei sovrani; egli era qua-si completamente astemio e faceva mol-ti esercizi fisici all'aria aperta. Non sierano mai avuti casi di follia nella suafamiglia ed egli era del tutto esenteda quelle stranezze e atteggiamenti stra-vaganti che caratterizzano una mentenon equilibrata. » Tuttavia, sulla basedei rapporti che aveva potuto consul-tare, Ray diagnosticò la malattia diGiorgio III come « mania » (terminegenerico per malattia mentale come« febbre » lo è per un disturbo fisico).Il tentativo di Ray di giungere ad unadiagnosi fu gravemente ostacolato dal-la scarsità di dati sicuri sul caso e dal-lo stato relativamente primitivo delleconoscenze mediche del diciannovesimosecolo.

Nel 1941, l'eminente psichiatra Man-fred S. Guttmacher, di Baltimora, rie-saminò il caso di Giorgio III dal pun-to di vista della moderna psicoanalisi.t tipico del punto di vista psicoanali-tico che, dato un caso di malattia men-tale, si tengano in scarsa considerazio-ne i sintomi fisici e le cause. Guttma-cher non diede importanza ai disturbifisici del re, attribuendoli in parte aglisforzi della corte di tener celata la fol-lia del re e in parte all'immaginazionenevrotica del re stesso. Descrivendo lamalattia in termini moderni come unapsicosi maniacodepressiva, Guttmacheraggiunse: « Sottovalutazione di se stes-so, indecisione e frustrazione distrusserol'equilibrio mentale di Giorgio III ... In-dividuo vulnerabile, quest'uomo insta-bile ... non poteva tollerare la sua ti-morosa incertezza [e] non resistette al-la tensione. [Se il re fosse] stato unnobile di campagna, con ogni probabi-lità non sarebbe stato matto ». (In real-tà il re era noto ai suoi sudditi comeGiorgio il Contadino a causa della suapassione per l'agricoltura.)

QQuando cominciammo il nostro studioparticolareggiato sulla vita e le ma-

lattie di Giorgio III non trovammo ba-si che sostenessero questa interpreta-zione psicoanalitica del suo caso. I con-temporanei di Giorgio e i primi bio-grafi lo descrivevano come uno dei so-vrani britannici più attenti e informa-ti; egli era musicista, collezionista di li-bri (la sua raccolta costituisce un'im-portante sezione del British Museum),mecenate delle arti e delle scienze,amante della vita di campagna e dellasua famiglia. Se fosse stato mentalmen-te ed emotivamente instabile, come a-vrebbe potuto superare il disastroso pe-

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Giorgio Guglielmo Federico, terzo Hannover re d'Inghilterra, to di una serie di attacchi, erroneamente ritenuti di « fol-in un ritratto ufficiale di Allan Ramsay, dipinto nel 1768. Nato ha » e attribuiti oggi a uno squilibrio enzimatico ereditarionel 1738, Giorgio III governò dal 1760 al 1811 quando il quar- noto come porfiria, rese necessaria la nomina di un reggente.

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Medaglione di porcellana eseguito da Josiah Wedgwood per celebrare la guarigionedel re. Mostra Giorgio III incoronato di alloro e porta l'iscrizione « salute recuperata ».

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Il « Physicians' Journal », un resoconto cronologico della malattia del re, registra glieventi del 23 e 24 dicembre 1778 come segue: «La camicia di forza è stata tolta alle9 • & i salassi cicatrizzati • scaricato bene - molto sofferente - polso 26 • ha sudatomolto durante la notte • ma ha dormito poco - & molto quieto & quasi sempre dibuon umore - Lingua bianca ». Copia della lettera al principe di Galles - non firmata dalDr. Willis: « La camicia di forza è stata tolta a Sua Maestà ieri a mezzogiorno ma èstata rimessa alle 2 & non è stata tolta fino alle 9 di stamattina. Sua Maestà non hadormito stanotte più di un'ora, è di buon umore ma incoerente come sempre. Mr. Keateè dell'opinione che i salassi sulle gambe stiano per cicatrizzarsi ». Bollettino: « Sua Mae-stà ha passato una notte tranquilla ma ha dopnito poco • & stamattina è quieto - Frale 10 & le 11 si è addormentato di colpo su un sofà - per circa un'ora - si è svegliato& è stato molto calmo. Prima di addormentarsi ha avuto una sensata conversazionecon mio padre [Dr. Willisl riguardante Mr. Smelt & la religione con molto buonsenso ma a volte con troppe sottigliezze & c.» [fine della pagina di testo riportata'.

riodo del suo regno, la perdita delle co-lonie americane e per 18 anni l'ango-scioso ruolo di condottiero senza il mi-nimo segno di cedimento? Consideran-do le lotte politiche che lo assillavano,per non menzionare la sua numerosae ribelle famiglia, ci si dovrebbe sor-prendere che egli fosse stato sempre edel tutto sano, ammesso che la diagno-si psicoanalitica della sua personalitàsia esatta.

Il fatto è che prima che la malattiafisica e la senilità lo rendessero inabile,Giorgio III ebbe solamente tre attacchidi follia e tutti insieme non superaronoin durata i sei mesi. Ogni volta che ildisturbo mentale si manifestava era ac-compagnato da gravi sintomi fisici cherendevano perplessi i medici e lo porta-

vano a sfiorare la morte. « Non è sol-tanto il delirio della febbre e neppureuna comune forma di follia » disse unodei suoi medici, William Heberden jr.a L'intero quadro è più o meno funzio-nalmente sregolato sia sul piano fisicoche su quello mentale... [a causa di] unapeculiarità di costituzione che non so-no in grado di spiegare ».

Sir Henry Halford, altro eminentemedico di quell'epoca, annotò: a Il ca-so del re sembra non aver precedentinegli annali della follia. »

Vi erano indizi sufficienti per risalireall'origine della malattia di Giorgio IIIse solo i medici avessero saputo inter-pretarli. I medici riferirono, per esem-pio, che i suoi attacchi apparivano cau-sati « dalla forza di un umore » che

prima si manifestava nelle gambe, poipassava negli < intestini » e infine sispingeva nel « cervello ». Per quantooggi questa descrizione possa sembrarestrana, è un resoconto significativo delcorso seguito dagli attacchi del re conuna ascesa progressiva dei sintomi da-gli arti all'addome e infine al cervello.Di tutti i sintomi della malattia del reil più significativo, quello che ci ha por-tato ora alla scoperta della vera naturadella sua malattia, è il colore dell'uri-na. Almeno una mezza dozzina di vol-te i dottori che lo esaminavano notaro-no che l'urina del re era « scura », ros-sa oppure scolorata.

Considerati gli altri sintomi della ma-lattia del re e le caratteristiche dei suoiattacchi è oggi evidente che queste di-scromie dell'urina erano dovute allapresenza di porfirine. La porfirina è unpigmento, contenuto nell'emoglobinadel sangue, che normalmente viene me-tabolizzato nelle cellule del corpo. Lasua presenza nell'urina, quindi, è segnodi metabolismo alterato e precisamentedimostra l'incapacità delle cellule ditrasformare la porfirina, presumibil-mente a causa della mancanza del ne-cessario enzima. La gravità clinica diquesta deficienza fu inizialmente segna-lata all'attenzione dell'ambiente mediconel 1908 dal medico londinese Sir Ar-chibald Garrod il quale scopri che «er-rori congeniti del metabolismo » pote-vano provocare gravi alterazioni. Daallora è stato provato come l'incapacitàdi metabolizzare la porfirina provocauna malattia chiamata porfiria che at-tacca il sistema nervoso. L'attacco ini-zia normalmente nel sistema nervosoautonomo, poi prosegue nei nervi peri-ferici, nei nervi cranici e infine nel cer-vello stesso. All'acme dell'attacco il pa-ziente è paralizzato e in stato agoniz-zante.

I sintomi presentati da Giorgio III,la sequenza del loro sviluppo e il cre-scendo della sua malattia costituisco-no un caso di porfiria da manuale. Isuoi attacchi cominciavano con coliche,costipazione e nausea, poi seguivanodebolezza dolorosa degli arti, cosicchénon poteva camminare né stare in pie-di, accelerazione del polso, accessi disudorazione, raucedine, disturbi visivi,difficoltà nell'inghiottire, insonnia in-trattabile, aumento dell'eccitabilità, ne-cessità di continuo movimento, vertigi-ni, cefalea, tremori, stordimento e con-vulsioni. I medici descrissero cosí que-sto stato: « Delirio continuo ... tormen-*tato da false immagini ... si rivolgevacontinuamente a persone vive o mortecome se fossero presenti ... assorto invisioni immaginarie ... la sua conversa-zione assomigliava ai particolari di un

sogno nella sua stravagante confu-sione ».

Questi sintomi mentali sono manife-stazione di uno stato tossico di soffe-renza cerebrale. Anche gli altri aspet-ti della malattia del re erano carat-teristici della porfiria; essi erano ge-neralmente aggravati da modeste infe-zioni, le sue condizioni oscillavano confrequenza e ogni attacco era seguito dauna lunga convalescenza. La porfiriaè usualmente accompagnata da pres-sione sanguigna alta: naturalmente lapressione del re non veniva misurata,ma le ripetute crisi che fecero temereai medici a un attacco di paralisi » pos-sono essere state causate da ipertensio-ne. Per quanto riguarda la malattia del1765, fu probabilmente un leggero at-tacco di porfiria che non coinvolse ilcervello.

Poiché la porfiria è una malattia ere-ditaria, abbiamo esaminato la storiamedica dei consanguinei di Giorgio III.I documenti disponibili mostravano chenella sua famiglia i segni della porfiriarisalivano al XVI secolo e riguardavanola sua antenata Maria, regina di Scozia.Il figlio di questa, re Giacomo, soffri dicoliche (che, disse al medico, aveva ereditato dalla madre) e diceva che la suaurina aveva il colore del suo vino fa-vorito di Alicante. La sorella di Gior-gio III, la regina Carolina Matilda diNorvegia e Danimarca (protagonista dimolti romanzi e di un'opera di Verdi)mori a 23 anni di una misteriosa ma-lattia, caratterizzata da una violenta pa-ralisi progressiva. Alcuni dei bambini diGiorgio erano afflitti da questa malat-tia. Il figlio che gli succedette al trono,Giorgio IV, aveva una malattia che isuoi medici chiamavano « gotta infor-me » ma che deve certamente esserestata porfiria. La figlia di Giorgio IV,la principessa Carlotta, mostrò fin dal-l'infanzia caratteristici sintomi dellamalattia e mori in giovane età, proba-bilmente durante un attacco acuto. Ilfiglio di-Giorgio III, Augusto duca diSussex, ebbe gravi attacchi della malat-tia accompagnati da urine discromiche.Anche un altro figlio, il duca di Kent(padre della regina Vittoria), soffri gra-vemente di coliche e mori di un attac-co una settimana prima della morte diGiorgio III. La porfiria, introdotta nel-la casa di Brandeburgo-Prussia dalla so-rella di Giorgio I, ebbe fra le sue vit-time anche Federico il Grande. La ma-lattia ha persistito nei discendenti diGiorgio III fino all'epoca odierna. Neabbiamo esaminati alcuni e abbiamotrovato i caratteristici sintomi dellaporfiria tra cui le discromie delle urine.Secondo i nostri test di laboratorio que-sti componenti la famiglia reale soffri-

vano di una forma di porfiria che ren-de la pelle sensibile al sole e alle ferite.

Alla luce delle conoscenze medichedel XX secolo, vediamo che la figura diGiorgio III, cosí come il suo fisico tor-mentato da continue sofferenze, fu vit-tima di un crudele equivoco. Gli epi-sodi di follia erano semplicemente pro-teste di una mente temporaneamentesconvolta da un cervello intossicato. Ilmorbo reale non era « pazzia » o a ma-nia » o « psicosi maniacodepressiva »,

qualunque sia il significato di questi va-ghi termini nell'era moderna della me-dicina diagnostica e clinica. In parte acausa della arretratezza delle conoscen-ze mediche di quel tempo e in parte acausa della posizione del re, la malat-tia fisica di cui egli soffriva non venneaffatto considerata. Con una dieta ap-propriata, evitando determinati farma-ci e usando un trattamento più razio-nale, i suoi attacchi avrebbero potutoessere notevolmente ridotti.

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