La Persona ambito privilegiato per l'incontro con l'essere

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1 FACOLTÀ DI FILOSOFIA DELL’UNIVERSITÀ PONTIFICIA SALESIANA LA PERSONA: “AMBITO PRIVILEGIATO PER L’INCONTRO CON L’ESSERE” Atti della Giornata di studio organizzata il 23 marzo 2012 in occasione del 75.mo anniversario della Facoltà a cura di Mauro MANTOVANI e Luis ROSÓN GALACHE Interventi di: Attilio DANESE, Lorella CONGIUNTI, Giulia Paola DI NICOLA, Joaquim Celestine D’SOUZA, Cristiana FRENI, Andrea GIAMBETTI, Daniella IANNOTTA, Patrizia MANGANARO, Michele MARCHETTO, Gaspare MURA, Sabino PALUMBIERI, Rafael PASCUAL. Università Pontificia Salesiana Roma 2012

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Atti della Giornata di studio organizzata il 23 marzo 2012 in occasione del 75.mo anniversario della Facoltà

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    FACOLT DI FILOSOFIA DELLUNIVERSIT PONTIFICIA SALESIANA

    LA PERSONA: AMBITO PRIVILEGIATO

    PER LINCONTRO CON LESSERE

    Atti della Giornata di studio organizzata il 23 marzo 2012

    in occasione del 75.mo anniversario della Facolt

    a cura di Mauro MANTOVANI e Luis ROSN GALACHE

    Interventi di: Attilio DANESE, Lorella CONGIUNTI, Giulia Paola DI NICOLA, Joaquim Celestine DSOUZA, Cristiana FRENI, Andrea GIAMBETTI, Daniella IANNOTTA, Patrizia MANGANARO, Michele MARCHETTO, Gaspare MURA, Sabino PALUMBIERI, Rafael PASCUAL.

    Universit Pontificia Salesiana Roma 2012

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    SOMMARIO

    Introduzione p. 003

    Ricordando Paul Ricoeur (Attilio DANESE) p. 007

    Fra inquietudine e critica: il momento della convinzione in Paul Ricoeur (Daniella IANNOTTA) p. 012

    Il rapporto tra antropologia e metafisica in Paul Ricoeur (Gaspare MURA) p. 020

    Sono ancora cristiano?. Il dubbio dellultimo Ricoeur (Andrea GIAMBETTI) p. 042

    Unantropologia che dal fenomeno va al fondamento (Giulia Paola DI NICOLA) p. 055

    La riflessione antropologica di John Henry Newman. La persona come via daccesso alla verit (Michele MARCHETTO) p. 060

    La riflessione antropologica in Edith Stein: una relazione personalistica allessere (Patrizia MANGANARO) p. 072

    Introduzione alla Lectio magistralis di Sabino Palumbieri (Cristiana FRENI) p. 081

    Luomo, meraviglia e paradosso (Sabino PALUMBIERI) p. 083

    Essere e Persona (Joaquim Celestine DSOUZA) p. 104

    Il tema del fondamento nella produzione filosofica di Adriano Alessi (Lorella CONGIUNTI) p. 105

    Quale metafisica oggi? (Rafael PASCUAL) p. 110

    Indice p. 115

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    INTRODUZIONE

    In occasione del 75.mo anniversario della Facolt di Filosofia dellUniversit Pontificia Salesiana (UPS) di Roma, stata organizzata il 23 marzo 2012 una Giornata di studio dal titolo La persona: ambito privilegiato per lincontro con lessere, di cui quanto segue rappresenta la pubblicazione ufficiale dei contributi proposti, che vengono offerti anzitutto ai partecipanti, ai docenti e studenti della Facolt di Filosofia dellUPS e dei suoi Centri aggregati e affiliati, e a tutti gli interessati. La successione degli interventi in questo testo1 tiene conto delle varie sezioni che hanno contraddistinto la Giornata di studio, volta alla considerazione del necessario rapporto tra antropologia e metafisica. Fonti di ispirazione e di riferimento sono state lEnciclica di papa Giovanni Paolo II Fides et ratio [FR],2 in modo particolare lespressione Mi preme sottolineare che leredit del sapere e della sapienza si , di fatto, arricchita in diversi campi. Basti citare la logica, la filosofia del linguaggio, lepistemologia, la filosofia della natura, lantropologia, lanalisi approfondita delle vie affettive della conoscenza, lapproccio esistenziale allanalisi della libert,3 ed il pi recente Decreto di riforma degli studi ecclesiastici di filosofia, specialmente ove si afferma che la sapienza considera i principi primi e fondamentali della realt, e cerca il senso ultimo e pieno dellesistenza, permettendo cos di essere listanza critica decisiva, che indica alle varie parti del sapere scientifico la loro fondatezza e il loro limite, e di porsi come istanza ultima di unificazione del sapere e dellagire umano, inducendoli a convergere verso uno scopo ed un senso definitivi. Il carattere sapienziale della filosofia implica la sua portata autenticamente metafisica, capace cio di trascendere i dati empirici per giungere, nella sua ricerca della verit, a qualcosa di assoluto, di ultimo, di fondante, sebbene conosciuto progressivamente lungo la storia. Infatti, la metafisica o filosofia prima tratta dellente e dei suoi attributi, e in questo modo si innalza alla conoscenza delle realt spirituali, cercando la Causa prima di tutto.4 I primi contributi presenti nel volume si riferiscono alla figura di Paul Ricoeur, che si voluto ricordare allinizio delle celebrazioni del centenario della nascita.

    La Giornata di studio ha avuto il suo epilogo con un breve ma assai illuminante intervento conclusivo da parte del Presidente del Comitato dei Rettori delle Universit Pontificie Romane, il prof. Luis ROMERA OATE, che ha ripercorso gli elementi fondamentali dellitinerario che si delineato durante la Giornata stessa, e si congratulato per la sua riuscita. Mons. Mario TOSO, Segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, e Rettore magnifico emerito dellUPS, ha poi presieduto la Concelebrazione eucaristica di ringraziamento per i 75 anni di vita e di attivit della Facolt di Filosofia. Ecco una breve presentazione dei contributi inseriti in questo volume.

    Attilio DANESE (Prospettiva Persona), nel suo intervento dal titolo Ricordando Paul Ricoeur propone alcune riflessioni cariche di vita e di ricordi personali mostrando come la figura e lopera del pensatore francese costituiscano un riferimento importante per la cultura contemporanea, anzitutto in quanto esponente dellesistenzialismo e del personalismo cristiano, e maestro dellermeneutica novecentesca.

    Daniella IANNOTTA (Universit degli Studi di Roma Tre), nel suo contributo Fra inquietudine e critica: il momento della convinzione in Paul Ricoeur, che riprende un testo gi 1 Nella raccolta si cercato di rispettare e di mantenere le caratteristiche proprie di ciascuno dei contributi, salvo la

    necessaria applicazione di alcuni dei pi generali criteri di uniformit, specie per la composizione redazionale e lapparato delle citazioni e delle note a pi di pagina presenti in ciascuno degli interventi proposti. 2 GIOVANNI PAOLO II, Fides et ratio, Libreria Editrice Vaticana, Citt del Vaticano 1998 [FR].

    3 FR, n. 91.

    4 CONGREGAZIONE PER LEDUCAZIONE CATTOLICA, Decreto di riforma degli studi ecclesiastici di filosofia, Libreria

    Editrice Vaticana, Citt del Vaticano 2011, n. 4.

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    precedentemente offerto in Agor - Papeles de Filosofia (2006/2) e poi pubblicato a Santiago de Compostela nel 2008, mostra come la ricca e viva esperienza intellettuale di Paul Ricoeur meriti di essere percorsa nella sua interezza, poich capace di suscitare pensiero, dibattito, riflessione. Grande Maestro del 900, egli resta testimone di una umanit che vive nellincontro, nel confronto, nello scambio. E come uomo di dialogo Ricoeur presente nel dibattito filosofico attorno alle questioni fondamentali del filosofare sullio, sul mondo e su Dio, riprendendo le grandi domande della nostra Tradizione; nel confronto con posizioni di pensiero diverse e, talvolta, conflittuali, allo scopo di suscitare nuove possibilit dialogali; nel dibattito pubblico dellintellettuale impegnato, che non si sottrae al dovere di testimoniare gli inviluppi pratici della propria teoria; lincontro con gli allievi del professore contento; lecumenismo nella sua testimonianza di vita; lo scambio amicale-privato, dove il confronto serio sulle questioni importanti si alterna con levasione della battuta, della storiella, dello scherzo. Entro questo orizzonte Ricoeur interviene anche sulle tematiche relative alluomo fallibile, alluomo capace anche se fragile, alluomo responsabile, al s come un altro, alla giustizia della memoria, del riconoscimento, del perdono.

    Gaspare MURA (Accademia di Scienze Umane e Sociali) nel suo intervento dal titolo Il rapporto tra antropologia e metafisica in Paul Ricoeur mostra che attraversando diversi ambiti del sapere e confrontandosi con autori come Marcel e Lvinas, Spinoza e Kant, Husserl ed Heidegger, Paul Ricoeur stato fedele ad un unico principio teoretico: la riflessione critica, che da Cartesio a Kant aveva fatto del cogito il luogo di un vuoto sapere, avrebbe dovuto essere animata attraverso unappropriazione ermeneutica, capace di leggere nel vasto orizzonte dei simboli il significato dellessere delluomo. Lintenzionalit ontologica, che ha animato fin dallinizio il lungo percorso dellermeneutica ricoeueriana, ha tracciato cos una simbologia ontologica, tesa a manifestare il senso compiuto dellesistenza delluomo, dalle profondit dellinconscio fino alle soglie del Sacro. A partire da La filosofia della volont (1950) fino a I percorsi del riconoscimento (2004) possibile pertanto identificare il significato che Ricoeur assegna al rapporto tra la persona e lessere, tra lantropologia e la metafisica. Al cui fondamento sta il tentativo di mettere in relazione la fenomenologia ermeneutica, che privilegia la persona come categoria etico-pratica, quale emerge dal suo agire, parlare, raccontare, testimoniare, con la nozione metafisica dellessere come dynamis-energheia, cos da prospettare una reciproca elezione fra unontologia dellatto e una fenomenologia dellagire (Rflexion faite). Tuttavia la tensione tra lermeneutica come ascolto della parola e la metafisica come domanda sullessere, denunciata specularmente sia dal pensiero debole che dai sostenitori della metafisica, potr essere risolta solo portando a compimento la via tracciata da Ricoeur; ovvero mettendo in luce come la stessa ermeneutica possa giustificare la validit del proprio sapere, nonch la consistenza ontologica della persona, solo se capace di riconoscere le condizioni meta-ermeneutiche e metafisiche che lo fondano in un orizzonte veritativo.

    Andrea GIAMBETTI (Universit degli Studi di Arezzo), nel suo intervento dal titolo Sono ancora cristiano?. Il dubbio dellultimo Ricoeur, mostra come sin dalla met degli anni Novanta Ricoeur cominci a porsi discretamente la domanda sono forse ancora cristiano?, segnalando come il pensatore francese fosse ben consapevole che certi elementi della sua riflessione sembravano fuoriuscire piuttosto nettamente dallortodossia della fede. La domanda, dunque, ha implicito quellinterrogativo che egli stesso ha percepito come pressante e che scuote limmagine testimone e compiacente secondo la quale egli sarebbe stato sino alla fine un cristiano risoluto (O. Abel). Eppure Ricoeur ha spesso ribadito che il suo cristianesimo stato il frutto di una scelta continuamente deliberata. Dietro la celebre formula biografica con cui egli riassume la sua posizione di credente, un caso trasformato in destino attraverso una scelta continua, si cela probabilmente un dubbio radicale. Forse quellapprendista teologo che in lui si agitava infine caduto sotto i colpi esiziali del filosofo di professione? quanto lautore si impegna ad analizzare nel contributo qui proposto.

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    Giulia Paola DI NICOLA (Prospettiva Persona) nel suo intervento dal titolo Unantropologia che dal fenomeno va la fondamento sottolinea due aspetti che risultano decisivi rispetto alla discussione epistemologica sullantropologia. Il primo riguarda il fatto che la filosofia, per essere tale, sempre ricerca di fondamento, ossia di risposte alle eterne domande Chi sono io?; Dove vado?; Quale il mio rapporto con il cosmo, gli altri, Dio?. Questa ricerca un percorso fenomenologico ed insieme una ricerca di verit metafisica, senza di che la filosofia sarebbe ridotta a linguistica, psicanalisi, pragmatica La filosofia della persona proprio questo coniugare senza esclusioni storia ed essere, fenomenologia ed ontologia. Il secondo aspetto riguarda la coerenza tra pensiero e vita. Personaggi come il cardinal Newman ed Edith Stein sono al contempo filosofi, testimoni, mistici. Oggi la realt sociale e in specie quella giovanile reclama coerenza e segna il distacco dalle ideologie, dalla retorica, dalle filosofie prodotte a tavolino. Se la filosofia ha perso di credibilit anche perch essa si ridotta a disciplina, a sapere teorico sganciato dal lavoro di pensiero spesso tormentato e sempre faticoso che faceva di Socrate un cercatore di verit e nel contempo un uomo disposto a rinunciare alla vita per non tradire le sue convinzioni. La presentazione di personaggi quali il card. Newman ed Edith Stein, di cui si parla in vari interventi di questo volume, la dimostrazione del legame inscindibile da un lato tra antropologia, filosofia e ricerca della verit e dallaltra una risposta allesigenza di coerenza tra pensiero e vita. Per queste ragioni a tali pi note figure si aggiunge quella di Sophie Scholl e di suo fratello Hans, che in piena dittatura nazista, dietro limpulso anche della lettura delle opere del cardinale Newman, hanno deciso di non tradire la coscienza, di gridare contro le aberrazioni del regime disposti a pagarne le conseguenza che in effetti vennero con la condanna per tradimento e la ghigliottina.

    Michele MARCHETTO (Istituto Universitario Salesiano di Venezia) nel suo intervento dal titolo La riflessione antropologica di John Henry Newman. La persona come via daccesso alla verit ricorda anzitutto come la concezione antropologica di John Henry Newman (1801-1890) si fondi sullasse persona - verit: la persona come via di accesso alla verit. Lapproccio di Newman alla persona caratterizzato dallinteresse per la pratica e lesperienza. Diversamente da John Locke, la cui filosofia, secondo lui teorica, irreale e ideale, era diffusa negli ambienti della logica e della teologia liberale del suo tempo, egli intende descrivere i dati dellesperienza personale come essa si d allosservazione fenomenologica. Il suo presupposto, infatti, non lesperienza dei dati di fatto, ma il principio dellegotismo. Esso considera lio non come dato empirico, ma in quanto situato nella sua determinata condizione esistenziale, la vita interiore della coscienza, nella quale sono indicati i primi principi che giustificano le decisioni e le azioni di ognuno. Nella misura in cui lio non si esaurisce nella propria empiricit ma si identifica con la coscienza rinviando cos al di l di se stesso, la fenomenologia si traduce in metafisica, una metafisica in prima persona in cui, osserva Newman, chi scrive non pu proporsi di fare di pi che riferire le proprie idee, poich i fenomeni ai quali egli si richiama e i principi che assume sono allinterno del suo cuore. Lanalisi fenomenologica di Newman consente di scoprire il fondamento metafisico dellio. Essa coglie la soggettivit come una realt esistente, che non soltanto logos e attivit intellettuale formale, ma individualit concreta, che si declina nellesercizio dei processi mentali che regolano la phronesis aristotelica e del senso illativo, secondo la polarit di certezza soggettiva e certezza oggettiva. La persona cos connotata la declinazione della verit; e in essa la coscienza morale il luogo della sintesi fra lunica verit che Dio e la sua formulazione in forma umana. Resta cos tracciato lorizzonte metafisico in cui si situa la fenomenologia dellio: da un lato, nella forma di un personalismo che trova nella coscienza morale il proprio fondamento; dallaltro, nellaccezione di una filosofia dellesistenza che, come in Sren Kierkegaard, fa del singolo individuo esistente il filtro attraverso il quale passa tutto lessere.

    Patrizia MANGANARO (Pontifica Universit Lateranense) nel suo intervento dal titolo La riflessione antropologica in Edith Stein: una relazione personalistica allessere, legge la riflessione filosofica di Edith Stein come relazione personalistica allessere, che segna il passaggio dalle

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    filosofie del soggetto allumanesimo della relazione, nel nesso dinamico di intra-personale e inter-personale. Si elabora la nozione fenomenologica di esperienza etero-centrata, aprendola a unottica che dal fenomeno va al fondamento: dallantropo-logica dellessere-per-laltro alla sua possibile verticalizzazione, verso una teo-logica. Le analisi fenomenologiche dellanima, dello spirito e della nozione di trascendenza interiore consentono di allargare gli orizzonti della ratio filosofica, attraverso la messa in evidenza dei vissuti non ego-logici, che innervano la grammatica fenomenologica della relazione, della com-unit e della com-unione, impedendo di separare ci che distinto. Emerge cos il legame di pensiero e testimonianza, che in Edith Stein rende ragione di quella che si pu a tutti gli effetti chiamare una filosofia in prima persona.

    Cristiana FRENI (Universit Pontificia Salesiana) nella sua Introduzione alla Lectio magistralis di Sabino Palumbieri evidenzia limportanza della riflessione antropologica propria del filosofo salesiano e la qualit e pregnanza degli elementi fondamentali della sua proposta teoretica. Sabino PALUMBIERI (Universit Pontificia Salesiana) nella sua Lectio magistralis dal titolo Luomo, meraviglia e paradosso, riassume in queste pagine di carattere sapienziale il cuore della sua riflessione filosofica sulluomo e sulla sua costituzione e condizione, unopera che costituisce un contributo di grande qualit teoretica e di attualit e significativit culturale.

    Joaquim Celestine DSOUZA (Universit Pontificia Salesiana) nel suo breve intervento dal titolo Essere e Persona introduce lomonima sessione della Giornata di studio citando un brano della Chandogya Upnisad che racconta il dialogo tra il maestro e il suo discepolo, per sottolineare limportanza della considerazione del rapporto tra essere e persona. Lorella CONGIUNTI (Pontificia Universit Urbaniana) nel suo contributo dal titolo Il tema del fondamento nella produzione filosofica di Adriano Alessi ripercorre la produzione teoretica del filosofo salesiano sottolineando i temi principali che in essa vi ricorrono e mostrandone la profondit e significativit.

    Rafael PASCUAL (Ateneo Pontificio Regina Apostolorum) nel suo intervento dal titolo Quale metafisica oggi? ricorda anzitutto come il compito della metafisica sia stato definito chiaramente gi sin dalle origini di questa scienza da Aristotele nel celebre testo: Ci che dallantichit, ed ora e sempre si cercato e sempre stato oggetto di indagine, cio: che cos lente? (Metaph., Z, 1, 1028 b 2-3). Ma quale metafisica oggi?: - una metafisica come filosofia dellessere, e non dellapparire; - una filosofia di portata autenticamente metafisica, cio di carattere veramente sapienziale, nel senso di universale (olistico) e di radicale e risolutivo (cause ultime); - quella che risponda alle domande profonde che si pone luomo doggi, le quali in fondo sono sempre le stesse, perch sono delluomo di tutti i tempi. Innanzitutto, la domanda sullesistenza: perch esiste qualcosa piuttosto che il nulla, o meglio, anzich niente? Questa la questione filosofica fondamentale, la questione del principio/origine di tutte le cose. Bisogna prendere sul serio e rispondere alle provocazioni di certi settori della cosmologia scientifica, secondo i quali tutto viene dal nulla. E poi la questione dellintelligibilit del reale, e la questione dello scopo e del senso delluniverso e della vita. Si possono proporre inoltre altre questioni pi tecniche, che ancora oggi sono oggetto di discussione tra gli esperti, come la questione del punto di partenza della metafisica, oppure la questione delloggetto della metafisica e della sua unit (il separatum e lonto-teologia); la questione del metodo (aporetico, come Aristotele, e risolutivo, come Tommaso dAquino, oppure trascendentale, di stampo kantiano).

    La Giornata di studio tenutasi il 23 marzo 2012 come momento fondamentale delle celebrazioni del 75.mo anniversario della Facolt di Filosofia dellUPS ha rappresentato cos unesperienza assai positiva di collaborazione in prospettiva interdisciplinare che ha coinvolto non solo numerosi docenti della Facolt e di altre Facolt dellUPS, ma anche di docenti e ricercatori di altre importanti Istituzioni accademiche a livello nazionale ed internazionale.

    I curatori

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    RICORDANDO PAUL RICOEUR

    Attilio DANESE

    Litinerario di pensiero di Paul Ricoeur ha coperto un secolo, ha incrociato una molteplicit di discipline e una moltitudine di pensatori, linguisti, scrittori, storici. La sua opera si imposta come riferimento inevitabile della cultura contemporanea.

    Esponente dellesistenzialismo cristiano e maestro dellermeneutica novecentesca, Ricoeur ormai riconosciuto come un pensatore influente sulle due sponde dellAtlantico. La sua esperienza stata ricca di contatti in tutto il mondo. Come professore dopo lesperienza alla Sorbona, negli anni 60, ha insegnato nella nuova Universit di Nanterre. Dal 1967 ha insegnato per 15 anni negli Stati Uniti, a Chicago, Yale e Columbia.

    Allievo di E. Mounier, amico di Gabriel Marcel, influenzato da Karl Jaspers per quel che riguarda la sua formazione esistenzialista, Ricoeur ha legato il suo profilo culturale alla filosofia ermeneutica, che riconosce nel linguaggio della religione, del mito, della poesia lespressione della interpretazione del mondo e del significato del pensiero e della volont.

    Noi amiamo sempre ricordare le sue radici e la sua adesione anche negli ultimi anni al personalismo, sulla scia di quello che considerava il suo maestro di pensiero e di vita, Emmanuel Mounier. Proprio qui a Roma ci ha scritto nel gennaio 2005 in occasione del Convegno internazionale per il centenario della nascita di Mounier che celebrammo in questa Pontificia Universit Salesiana nel gennaio 2005.

    Cari amici, conservo un ricordo riconoscente del Convegno e dellaccoglienza eccellente che mi stata accordata dalla citt di Teramo e dalla Universit. Voglio oggi unire agli auguri di riuscita del vostro convegno, lespressione della mia stima.

    Il nostro movimento personalista ha attraversato e continua ad attraversare tre stadi che sono molto pi che delle fasi storiche: - quello della fondazione, inseparabile da quella dei fondatori. I due concetti complementari di persona e comunit scaturiscono da questa prima fase, secondo il loro duplice orientamento speculativo e dialettico critico, opponendo la persona allindividuo della tradizione liberale e la comunit alla societ nella sua versione contrattuale; - quello del personalismo alla ricerca, a partire dalle sue proprie risorse, della capacit di inondare le differenti sfere della vita sociale, sul piano economico, tecnico, giuridico, politico, culturale e religioso; - quello in cui si sviluppa un lavoro condiviso con i ricercatori pi originali delle scienze storiche e sociali.

    Auguro che lincontro si svolga in questo spirito di condivisione, tra vecchi e nuovi amici. Paul Ricoeur. possibile in un convegno di filosofia ricordare Paul Ricoeur come amico, rendergli onore e

    consegnare alla carta qualcuno dei nostri ricordi, nel sincero spirito di gratitudine per averlo incontrato? E del resto i primi filosofi non sviluppavano il loro pensiero in un clima di amicizia e di confronto che sottraeva la filosofia allaccusa di astrattezza?

    Anchio in questa introduzione non entro nella delineazione concettuale, che lascio agli esperti amici che saranno protagonisti di questa prima sessione, ma mi affido ai ricordi personali e me ne scuso.

    Quando nel 1980 ho ottenuto dal Ministero PI una borsa di ricerca per studiare il pensiero di Mounier a Parigi, ero un giovane ricercatore allo sbaraglio. Gli studi hegeliani mi avevano consentito di approfondire la conoscenza dellIdealismo, ma alla lunga apparivano meno incisivi rispetto alla vibrante lettura della prosa mounieriana. Laffiliazione alle logiche accademiche ora cedeva il posto alla ricerca di qualcosa di pi coinvolgente. Fu cos che insieme a mia moglie Giulia Paola di Nicola ci ritrovammo in rue H. Marrou, 19 a Chatenay Malabry, nella banlieu di Parigi, alla ricerca della Biblioteca personale di E. Mounier e di M.me Paulette Mounier, la vedova che ci

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    apr tale biblioteca e la sua casa, trasformando loggetto di studio in coinvolgimento relazionale e familiare.

    Notammo immediatamente il nome di P. Ricoeur tra coloro che abitavano i Muri bianchi, quellappezzamento di terreno che Mounier aveva scelto (anche perch economicamente pi accessibile rispetto a Parigi) e dove aveva collocato la sua comunit di famiglie intellettuali (Ricoeur, Denoel, Domenach, Fraisse). Non era una omonimia; era proprio lui, il filosofo che conoscevamo a causa dellermeneutica.

    La stessa M.me Mounier ce lo present, dopo che per giorni e giorni lo avevamo osservato dalla piccola finestra della biblioteca, curvo sui suoi appunti, tra pile di libri e collezioni di civette (la nottola di Minerva), dietro finestre ampie, invidiabili per uno studio, nella verde cornice dei Muri Bianchi. Tra i tanti aspetti singolari ne ricordo due che ci colpirono e che non potevamo sapere senza contattarlo di persona: Ricoeur era un uomo che, daccordo con la sua famiglia, aveva scelto di vivere in comunit, di condividere lambiente e i pensieri con un gruppo di amici. Sapeva dare valore ad aspetti che i filosofi contemporanei sottovalutano ancora oggi.

    Inoltre era uomo di studio sulle sudate carte, conosceva la fatica del tempo distillato tra i libri. Non amava lapparire. I mass media non erano cos invasivi come lo sono oggi, ma era lui stesso schivo e controcorrente rispetto al culto della personalit e delle immagini.

    Immediatamente entrammo en communion de pense come firmava nelle lettere o cartoline che ci inviava di tanto in tanto, apprezzando la discrezione, lumilt, la disponibilit di questuomo che rivelava la sua grandezza accogliendo e ascoltando chiunque, pronto a mettere da parte il suo lavoro per interessarsi a quello dei pi giovani.

    Simone, sua moglie, aggiungeva amabilit con il suo sorriso gentile e incoraggiante. Da parte sua Ricoeur era lieto del nostro sincero interesse per Mounier che egli voleva collocare in un quadro filosofico attuale e sottrarlo al ghetto di quella che lui chiamava archeologia mounierista.

    Cominciarono cos i nostri colloqui puntuali, circa due volte alla settimana, parlando liberamente di tutto ci che ci interessava. Gli chiedevamo dellinflusso di Mounier su di lui, dellattualit di Hegel e di Marx, del destino dellEuropa, fino a scavare nel suo vissuto, nella sua vita intima e nella fede. Lui voleva sapere cosa attirava la nostra attenzione, il nostro parere su qualche notizia di attualit Si finiva spesso col dibattere la questione del potere, che anchegli riteneva centrale rispetto alla tendenza a privilegiare la dimensione economica marxiana, e linscindibile legame tra filosofia e fede. Ci univa anche linteresse per le questioni antropologiche politiche e teologiche, attinenti alla differenza uomo donna. Avevamo un pieno accordo sulla reciprocit.

    Quando il libro Unit e Pluralit. Mounier e il ritorno alla persona, frutto delle ricerche parigine fu completato, cosa di pi naturale che chiedergli la prefazione? Arriv puntuale, come un dono meraviglioso e inatteso. Nella prefazione Ricoeur parlava ad entrambi, cos come ci aveva conosciuti nei colloqui dei Murs Blancs e sottolineava il ritmo ternario del pensiero di Mounier che si percepisce a livello antropologico della persona, a livello sociale cos come a quello teologico. Si capiva che aveva voluto restituire centuplicato il suo interesse per affrontare i problemi a 360 gradi, senza escludere la ricerca del fondamento rispetto alla quale non temeva di differenziarsi dai suoi colleghi filosofi, che in Francia soprattutto lottavano contro la metafisica per ripiegare nelle correnti dello strutturalismo, della psicanalisi, della linguistica tutte correnti che Ricoeur apprezzava, ma spingendo il pensiero fino in fondo alle potenzialit della sua ricerca raggiungeva appunto il senso umano e in fine teologico di ogni questione.

    Anche per questo aveva apprezzato il libro di Giulia Paola Uguaglianza e differenza. La reciprocit uomo donna (Citt Nuova, Roma 1988) sottolineando che egli considerava la reciprocit la molla per ottimizzare tutti i rapporti umani.

    Erano questi percorsi che ci facevano incontrare su un terreno antropoteologico, nel quale veniva in evidenza il fondamento dellessere trinitario: in effetti un giorno ci ha confidato di aver

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    approfondito lo studio sulla Trinit grazie allo sviluppo dei nostri colloqui. Egli che era calvinista, si era confermato nella convinzione che il nucleo del cristianesimo risiedeva in questa dinamica relazionale che non attiene solo ai rapporti tra persone e tra gruppi, ma che interna allessere stesso.

    Cos si intrecciava il percorso della mente con quello dellamicizia, come quando al ritorno da una nostra visita a Chatenay, avemmo un incidente dauto in Belgio. Quando lo venne a sapere, ci scrisse un biglietto che ci particolarmente caro: Noi abbiamo tremato per voi.

    La ricerca del fondamento dellessere non ha mai significato per Ricoeur il distacco dalla prassi. La sua prima formazione che aveva attraversato anche il marxismo lo impediva. Per questo, in occasione del suo 80 compleanno (1993), apprezz il fatto di aver unito la cittadinanza onoraria di Teramo, la laurea Honoris Causa della Facolt di Scienze politiche e la visita al Papa in udienza (concludemmo il Convegno nellAula Nervi in quella occasione). Nella sua sincera capacit di dialogo, ci aveva chiesto che cosa gli consigliavamo di affrontare nel discorso che avrebbe dovuto tenere dopo la laudatio che avevamo di concerto affidato al suo amico Francesco Bianco. Noi gli avevamo suggerito di puntare sulla dimensione etico politica, ritenendo che lUniversit avesse bisogno di una iniezione soprattutto di purezza quale quella che lui solo poteva portare. Cos aveva preparato il suo testo nutrendolo di accenti toccanti sul perdono e sul di pi che esso rappresenta rispetto alla giustizia. Aveva citato linno alla carit di S. Paolo, senza falsi pudori, cos come lui lo considerava: essenziale per una buona convivenza.

    Era al corrente dellattualit politica in Europa e voleva orientarla al buon vivere di tutti. Pensare era pensare il vivere, le dinamiche della democrazia e della dittatura, per contribuire ad adeguare il reale allideale verso cui tendono gli esseri umani. Ci raccontava perci delle persecuzioni politiche e religiose che aveva sperimentato in giro per il mondo (egli stesso era stato carcerato nei lager), ritenendo quasi una colpa labbandono dellEuropa dellEst dopo la guerra e lopulenza dellOccidente nonostante la dittatura comunista.

    La ricerca dellessere non era dunque solo teorica e neanche era solo razionale: doveva restare inesauribile e imprevedibile. Esigeva una partecipazione affettiva e la capacit di sperimentare la meraviglia. Ai suoi 90 anni e daccordo con le amiche colleghe Iannotta e Brezzi, fu organizzato un convegno a Roma 3, con la collaborazione della rivista Prospettiva Persona, di cui Ricoeur si onorava di presiedere il Comitato scientifico. I segni del tempo si rendevano ormai visibili eppure si commosse alla consegna di un dono da parte della citt di Teramo e di un libro in suo onore contenente una raccolta di pittori e poeti. Spalanc il viso al raro sorriso che illuminava la severit del suo aspetto di studioso e dissi, fuori programma: Ad una certa et la vita diventa pi pesante perch tutto sembra dej vu. C qualcosa per che interrompe la catena dei giorni uguali: la sorpresa. La capacit di riscoprire il gusto del vivere per linattesa presenza di qualcosa di nuovo. Sono grato perch attraverso questi doni si risvegliata in me il gusto di sorprendermi. Non and oltre, ma era evidente che la sorpresa per lui, quella che gli faceva brillare gli occhi in mezzo ai rituali accademici, era lamore di cui si sentiva inondato come una Grazia.1

    1 Volendo organizzare il primo congresso romano per il centenario della nascita di Mounier, in accordo tra Centro

    Ricerche Personaliste e Universit Pontificia Salesiana, pensammo bene di fargli visita. Volevamo invitarlo e nello stesso tempo qualcosa ci diceva che dovevamo salutarlo. Il due dicembre 2004 ci recammo da lui. Volle accompagnarci Guy Coq, allora Presidente dellAssociazione. Ci aspettava seduto con una gamba sollevata sulla sedia ed in mano il programma del convegno. Lo stato di salute ci parve notevolmente degradato e prendemmo la visita come un a-Dio. Di nuovo il suo sorriso amicale e le sue piccole gioie nel vedere che ancora una volta ci eravamo ricordati della sua collezione di civette e che un artista romano gli aveva fatto un ritratto. Le domande poi sui nostri studi, sulla filosofia in Italia, su come poteva essere presente a Roma pur non potendo venire di persona. Pensando al premio che aveva appena ricevuto in USA gli suggerimmo di usare quel testo e non affaticarsi ulteriormente, ma lui volle che assolutamente lutilizzo di quellintervento preparato per gli USA fosse preceduto da un suo breve, affettuoso e mirato saluto amicale. Lasciammo Chatenay col dolore di una probabile ultima visita per salutare lultimo della nostra comunit dei Muri

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    Lultima volta lo abbiamo visto a Chatenay un mese prima della morte. Lo stato di salute era evidentemente degradato e prendemmo la visita come un ad-Dio. Per non affaticarlo gli suggerimmo di inviarci un testo gi pronto. Volle invece assolutamente consegnarci un breve e mirato saluto amicale. Avremmo voluto registrare, avremmo voluto fare delle foto preferimmo rispettare il pudore del malato. Stava scomparendo un rappresentante della cultura del Novecento con cui avevamo intrecciato le nostre giovani vite e che ci aveva affidato di continuare a rendere attuale il personalismo, quel personalismo che egli considerava capace di dare fondamento solido alle correnti filosofiche contemporanee senza riproporre la metafisica classica ma anche senza appiattirsi su un antimetafisica che scaccia lessere e indugia sul nulla.

    Chi lo conosceva sapeva che anche discutendo di ermeneutica, di linguistica, di strutturalismo, Ricoeur ti spingeva sempre a pensare oltre e pi, a non accontentarsi di logiche autoreferenziali, incapaci di aprirsi allessere.

    Egli considerava il termine persona ancora oggi come il miglior referente per sostenere le lotte giuridiche, politiche, sociali e culturali. Gli altri termini simili hanno mostrato i loro limiti. Se si parla di coscienza si deve essere consapevoli che dopo la critica freudiana non si pu pi concepirla in modo trasparente e immediato. Anche il termine Io appare infecondo, in una forma di solipsismo teorico, dopo la filosofia dialogica messa in luce da Lvinas, dallo stesso Mounier e prima ancora in Germania da M. Buber.2 Il termine soggetto, stato corroso dalle ideologie della scuola di Francoforte e dalla dbcle della fenomenologia trascendentale. La parola persona resiste proprio perch unisce la dimensione esperienziale fenomenologia allessere della persona e al suo fondamento.

    Il movimento dessere nel quale emerge la persona il solo in grado di riconoscere stabilit al mutamento, responsabilit al condizionamento sociale e ambientale. Anche in Ricoeur c un passaggio dalla filosofia dellio come volont a quella del soggetto nella interpretazione creatrice.3 Ci implica laver accolto la prospettiva mounieriana che vede lemergere della persona in relazione ai molteplici condizionamenti dal basso (influsso vitale), dallalto (grazia creatrice), lateralmente (laltro).

    Ricoeur si rif al concetto di attitude, che riprende dalla Logica della filosofia di Eric Veil,4 per dire che tutte le nuove categorie nascono da attitudini prese dalla vita e che, in una sorta di pre-comprensione..., orientano la ricerca dei nuovi concetti che sarebbero le loro categorie appropriate.5 La persona risulta allora come le foyer dune attitude cui possono corrispondere delle categorie multiple e differenti. Se al concetto di persona si aggiunge un lavoro di pensiero, senza essere particolarmente razionalista, si comprende come esso possa generare diversi sistemi filosofici e non solo il personalismo come corrente filosofica. Limpegno del pensiero si gioca sulla capacit di passare dallaffermazione di una attitudine alla ricerca di categorie, in un compito che propriamente filosofico perch raccoglie la domanda di concettualizzazione implicita e la elabora. In questo passaggio la persona non si definisce in s immediatamente, n immediatamente si definisce in rapporto a Dio, giacch tutto passa per ad una catena di mediazioni che la mettono in relazione creatrice col cosmo, con la societ, con Dio.

    Bianchi accresciuto dal pensiero della messa in vendita della casa di Mounier, dove noi avevamo abitato, consumando felicemente al mattino la prima colazione con Paulette Mounier. 2

    Cf. P. RICOEUR, op.cit., p.115 e ID., Mounier philosophe, op. cit., p. 223.

    3 Cf. ibid., p. 52.

    4 Cf. E.VEIL, Logique de la philosophie, Vrin, Paris 1974, p.105.

    5 Cf. P. RICOEUR, Meurt, op. cit., p.116. Risale ad Heidegger la convinzione dell'impossibilit di un conoscere senza

    presupposti. Ad essa legata anche la distinzione di Gadamer tra pregiudizi come presupposti indispensabili al conoscere e pregiudizi che fanno da ostacolo. Cf. H.G. GADAMER, Verit e metodo (tr. it. di G. Vattimo), Fabbri, Milano 1972, pp.43ss. e ID., Il problema della coscienza storica, Guida, Napoli 1969.

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    In riferimento a Mounier, Ricoeur chiarisce i referenti necessari a definire lattitude-personne. Il primo il concetto di crisi, non nel senso stretto della crisi economica del 29, ma in quello pi profondo attribuito da Max Scheler allessere della persona come ohne Stellung, senza ncora, senza riferimenti precisi, dplac, senza gerarchia stabile di valori.6 La prima domanda di concettualizzazione nasce dunque dal percepire se stessi senza un posto nell'universo. La crisi ha anche in alcune situazioni il tratto dellintollerabilit, ma si rivela capace di stimolare la possibilit di discernere una struttura di valori in rapporto ai quali la persona si impegna.

    Ed questo il secondo criterio dellattitude-personne. Parlando di impegno, certamente non si pensa ad una qualit sostanziale di spinoziana memoria, ma ad una attitude al discernimento dei valori che consente di identificarsi in una causa che sorpassa il singolo. Il rapporto tra crisi e impegno sembra costituire in Ricoeur la convinzione nel senso hegeliano di coscienza certa di se stessa. Il criterio dellimpegno esula certo dalla neutralit assiologica o dallavalutativit weberiana, come anche dal paesaggio desolato descritto da Jaspers in Psycologie der Weltanschauungen, quando tutte le concezioni del mondo sembrano insieme belle e ripugnanti, in un totale relativismo. Scrive Ricoeur: Nella convinzione io rischio e mi sottometto. Scelgo, ma mi dico: non posso altrimenti. Prendo posizione, prendo parte e cos riconosco ci che, pi grande di me, pi durevole di me, pi degno di me, mi costituisce come debitore che non pu togliersi il debito. La convinzione la replica alla crisi: il mio posto mi stato assegnato, la gerarchia delle preferenze mi obbliga, l'intollerabile mi trasforma, da fuggiasco o da spettatore disinteressato, in uomo di convinzione che scopre creando e crea scoprendo.7

    La fiducia nell'attitudine allimpegno della persona e nella sua fedelt nel tempo allimpegno preso, evita al pensiero della crisi di naufragare nel nichilismo. La sola cosa importante scrive Ricoeur discernere in un tono giusto lintollerabile di oggi e riconoscere il mio debito riguardo alle cose pi importanti di me stesso.8

    Il personalismo si connota con Ricoeur di una profonda ispirazione cristiana, che tonifica e trasforma limpersonalit del personalismo greco e suscita focolai di responsabilit personale, senza essere una proiezione temporale e laicizzata del regno di Dio (come la citt dei fini kantiana o la societ senza classi marxiana). Il riferimento indispensabile alla storia scritta delle persone implica unetica concreta in cui i valori (sulla scia di Max Scheler e di Landsberg)9 possono attingere alla fonte nella coscienza personale, ma ne sono relativamente indipendenti nellincidenza storica. Nella chiarezza della fonte della propria ispirazione e nella totale disponibilit al confronto, non si crea confusione o eclettismo, ma una duplice fecondazione tra valori umani e cristiani. Commenta Ricoeur: Perci, se il personalismo una pedagogia, il cristiano non necessariamente il pedagogo dellagnostico, ma apprende continuamente dal non cristiano che cos il potere civilizzatore dell'uomo etico, al quale la cristianit di fatto lo desensibilizza spesso. Il cristiano spesso ha anche un immenso ritardo da colmare sul non cristiano, per esempio nellordine della comprensione della storia, della dinamica sociale e politica.10

    6 Cf. M. SCHELER, Die Stellung des Menschen im Kosmos (1928), Francke, Bern - Mnchen 1983.

    7 P. RICOEUR, Meurt, op. cit., p.117. Sul concetto di persona come categoria pratica cf. lo studio di M. BUZZONI, Paul

    Ricoeur, persona e ontologia, Studium, Roma 1988, pp.12-22. 8 P. RICOEUR, Meurt, op. cit., p.118.

    9 Sullinflusso di Scheler e Landsberg, cf. Unit e Pluralit, op. cit., pp.175-176.

    10 P. RICOEUR, Meurt, op. cit., p.145.

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    FRA INQUIETUDINE E CRITICA: IL MOMENTO DELLA CONVINZIONE IN PAUL RICOEUR

    Daniella IANNOTTA

    Quando qualcosa vi turba, vi angoscia, vi fa paura [...], non cercate di aggirare lostacolo ma affrontatelo di petto.1 Le parole di Roland Dalbiez sono riportate da Ricoeur nella sua Autobiografia intellettuale, dove presentando se stesso ci offre il programmatico impegno della sua avventura filosofico-esistenziale: Non so fino a che punto sono stato fedele a questo precetto, posso dire soltanto che non lho mai dimenticato. E aggiunge: In verit, questa regola di pensiero cadeva dentro a un orecchio particolarmente ben disposto: a diciassette anni ero quello che si chiama un bravo alunno, ma soprattutto uno spirito curioso ed inquieto.2 E, se la curiosit intellettuale il Nostro riconduce ad una precoce cultura libresca, favorita anche dalle vicende di una infanzia e di una adolescenza austeramente guidate dai nonni paterni e da una zia, in un periodo in cui gli svaghi collettivi erano ancora poco sviluppati e in cui i media non si erano ancora fatti carico delle distrazioni della giovent,3 linquietudine faceva piuttosto capo a quella lotta che la formazione intellettuale doveva sostenere con leducazione protestante.

    Accettata senza reticenze, siffatta educazione mi orientava dice Ricoeur verso un sentimento che molto pi tardi, leggendo Schleiermacher, ho identificato come sentimento di dipendenza assoluta, dove lo spazio pi profondo non era occupato tanto dal sentimento del peccato e della colpa, quanto dalla convinzione che la parola delluomo fosse preceduta dalla Parola di Dio.4 Convinzione ermeneutica, potremmo dire, ampliando il discorso nel senso di quel questionare in medias res, da cui la filosofia ricoeuriana ha sempre cominciato e con cui non ha mai smesso di fare i conti. Convinzione, comunque, che doveva essere armonizzata con la critica, imparando a tracciarne i rispettivi confini a prezzo di un acuto conflitto interiore ma riuscendo, nondimeno, a tenere fede e ragione su registri rigorosamente distinti e soprattutto a non fare mai un amalgama qualsiasi tra la filosofia e la fede biblica.5

    E che il discorso filosofico debba essere completamente autonomo il Nostro nuovamente sottolinea nella Prefazione a S come un altro, dove la stessa indagine ontologica, che troviamo a conclusione del testo, non si presta ad alcun amalgama ontoteologico6. la messa tra parentesi egli ribadisce conscia e risoluta, delle convinzioni che mi legano alla fede biblica.7 Non si possono mescolare categorie teologico-religiose con categorie filosofiche come se tra le due potesse valere un libero schema questione-risposta. Se, pertanto, la filosofia corre il rischio di percorsi aporetici, la teologia non pu assumere il ruolo ormai vacante della fondazione ultima.8 Il riferimento alla fede biblica, insomma, nella misura in cui fa capo ad una trama simbolica culturalmente contingente, ci mette di fronte alla consapevolezza che questa fede debba assumere la propria insicurezza, un rischio che il credente assume ogni volta, la consapevolezza che la fede sia un caso trasformato in destino attraverso una scelta costantemente rinnovata, nel rispetto scrupoloso di scelte contrarie.9 1 P. RICOEUR, Rflexion faite. Autobiographie intellectuelle, Ed. Esprit, Paris 1995 (tr. it. a cura di D. Iannotta,

    Riflession fatta. Autobiografia intellettuale, Jaca Book, Milano 1998, p. 23). 2 Ibid.

    3 Ibid., p. 24.

    4 Ibid.

    5 Ibid, p. 25.

    6 P. RICOEUR, Soi-mme comme un autre, Seuil, Paris 1990 (tr. it. a cura di D. Iannotta, S come un altro, Jaca Book,

    Milano 1993, p. 101). 7 Ibid., p. 100.

    8 Ibid., p. 102.

    9 Ibid.

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    E che non si possano affidare alla risposta della fede le questioni aporetiche del pensiero filosofico, Ricoeur lo ha tenacemente ribadito, insegnandoci semmai a far lavorare laporia attraverso il racconto via poetica a pi riprese saggiata dal Nostro e superbamente tracciata nella trilogia di Tempo e Racconto.

    Ma, altro percorrere la strada dellontoteologia, affidando ad essa la risposta a quelle domande che la filosofia lascia insolute, altro mettersi allascolto dei testi della nostra cultura, farsi di essi lettori e collocarsi davanti al loro oriente. Lavoro ermeneutico per eccellenza, latto di lettura non si esaurisce nella ricezione passiva di un contenuto, bens nella partecipazione attiva ad una proposta di mondo in cui potrei abitare, in cui potrei saggiare variazioni immaginative del mio quotidiano essere-nel-mondo, sperimentando come in un laboratorio etico possibilit nuove per me, che il testo sollecita e a cui debbo una risposta. In quanto convocato, il s che qui risponde, risponde precisamente a quellinsieme simbolico delimitato dal canone biblico e sviluppato dalluna o dallaltra delle tradizioni storiche che si innestano sulle Scritture, cui tali tradizioni si rifanno,10 trovandosi cos dipendente da una parola che lo spoglia della sua gloria.11 Su questa traiettoria, i testi biblici, con il loro simbolismo, offrono alluomo capace quella possibilit di ri-comprendersi a partire da... caratteristica della via indiretta alla posizione del soggetto-s, che permette a Ricoeur di tenersi a distanza sia dalle pretese di una filosofia del cogito quanto da quelle di una filosofia dellanti-cogito. E, precisamente da questo punto di vista, Ricoeur ripercorre le categorie che derivano dai testi della fede biblica e con essi entra in un dialogo pensoso, simbolico nel senso in cui il simbolo, nel collegare due dimensioni del mio abitare nel mondo quello attuale e quello possibile mi d a pensare.

    noto, daltronde, come in Ricoeur il ricorso allarcaico, al notturno, allonirico, nella misura in cui ci fa accedere alla scaturigine del linguaggio, ci consente di sfuggire, in filosofia, alla difficolt del principio radicale.12 Cos, ne La simbolica del male, affrontando il problema del punto di partenza nel filosofare, che non pu essere ritenuto illegittimo, egli chiarisce che dobbiamo rinunciare alla illusione che questo inizio possa essere senza presupposti: non esiste una filosofia senza presupposti; una meditazione sui simboli parte da un linguaggio gi esistente, nel quale tutto in qualche modo gi stato detto; la filosofia pensiero gi presupposto.13 E in unaltra occasione, interrogandosi sul filosofare dopo Kierkegaard, Ricoeur torna a sottolineare che la filosofia ha sempre da fare con la non-filosofia, poich la filosofia non ha un oggetto proprio. Essa riflette sullesperienza, su tutta lesperienza, sul tutto dellesperienza: scientifica, etica, estetica, religiosa. La filosofia ha le sue fonti fuori da se stessa.14 Il momento della fede, nella misura in cui si inscrive nei testi che la nostra cultura ci consegna nel deposito della Tradizione, d, allora, a pensare, a pensare altrimenti, a riorientare lo sguardo rendendo possibile, attraverso il lavoro dellimmaginazione produttrice, il non ancora, linusitato, il nuovo per me. Ed questo larmistizio che accompagna Ricoeur lungo tutta la sua vita e a cui si tiene fedele fin nel suo ultimo scritto postumo.15

    Ricche e suggestive sono, pertanto, le sue pagine di ermeneutica biblica, che danno a pensare a partire dalla parola altra simbolica, dicevamo della metafora, dellinno, della lode, della profezia, della sapienza... Tra simbolo e filosofia, Ricoeur ci ha insegnato, dunque, a 10

    P. RICOEUR, Le sujet convoqu. A lcole des rcits de vocation prophtique, in Revue de lInstitut Catholique de Paris (1988), n. 28, p. 84. 11

    P. RICOEUR, S come un altro, op. cit., p. 102. 12

    P. RICOEUR, Philosophie de la volont. II. Finitude et culpabilit. La symbolique du mal, Aubier, Paris 1960 e 1988 (tr. it. di M. Girardet, a cura di V. Melchiorre, Filosofia della volont. II. Finitudine e colpa. La simbolica del male, Il Mulino, Bologna 1970, p. 624). 13

    Ibid., pp. 624/625. 14

    P. RICOEUR, Philosopher aprs Kierkegaard, in Revue de philosophie et de thologie de Lausanne (1989), n. 819, ora in ID., Lectures 2. La contre des philosophes, Seuil, Paris 1999, p. 34. 15

    P. RICOEUR, Vivant jusqu la mort. Suivi de Fragments, Seuil, Paris 2007.

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    riconoscere non gi una opposizione bens una implicazione, nella misura in cui il primo fornisce spunti alla riflessione filosofica, mentre la seconda, nel riconoscere il da pensare, riconosce la situazionalit costitutiva ermeneutica del proprio atto di porre le domande fondamentali quanto al nostro essere ed esistere nel mondo. Allora, come sostiene Ricoeur, la comprensione dei simboli pu far parte del movimento verso il punto di partenza, perch per raggiungere il principio, bisogna che per prima cosa il pensiero dimori nel pieno del linguaggio. nota la sfibrante fuga allindietro del pensiero alla ricerca della prima verit, e, ancora pi radicalmente, alla ricerca di un punto di partenza che potrebbe anche non essere una prima verit. Qui lillusione non quella di cercare il punto di partenza, ma quella di cercarlo senza presupposti; [...]. Il primo compito per essa non quello di cominciare, ma, nel mezzo della parola, di ricordarsi: ricordarsi per poter cominciare.16

    E qui preziosa appare la funzione del mito, nelle cui maglie il simbolo trova la sua narrativizzazione, il racconto che lo proietta in quel tempo. Il mito per Ricoeur un racconto tradizionale, che riguarda avvenimenti accaduti allorigine dei tempi, destinato a fornire le basi dellazione rituale degli uomini di oggi e, in senso generale, ad istituire tutte le forme di azione e di pensiero per mezzo delle quali luomo comprende se stesso nel suo mondo.17 Se prendiamo, ad esempio, il mito Adamo, noi poniamo le basi per una generalizzazione della esperienza umana, che possiamo in tal modo leggere dentro a un universale concreto, a un paradigma, che diventano per noi la traccia immemoriale della nostra condizione e del nostro destino. Destino, dicevamo, a cui posso, precisamente, corrispondere sulla base della provocazione che il testo mi offre col suo oriente, col suo racconto e qui il pensiero corre a quella nozione di identit narrativa, abbozzata da Ricoeur in Tempo e racconto, approfondita in S come un altro e costantemente messa alla prova delluomo capace, cio della sua capacit a raccontarsi come uno stesso altrettanto che come un medesimo nellarco della sua vita. Riecheggia la posizione ricoeuriana: la fede un caso, che si trasforma in destino, attraverso una scelta costantemente rinnovata. Il caso della mia nascita diventa il destino di me capace di scegliere e di corrispondere.

    Partire da un linguaggio gi l, dunque, quellassunzione di s dentro a un orizzonte di appartenenza, che non soltanto mi introduce alla mia provenienza storico-culturale, ma determina anche le modalit della mia iniziativa. Ricoeur lo sottolinea con precisione: in virt della struttura della narrazione che racconta avvenimenti sopravvenuti in quel tempo, la nostra esperienza riceve un orientamento nuovo, uno slancio teso tra un inizio e una fine, il nostro presente si carica di una memoria e di una speranza.18 Nella trama del mito, pertanto, il simbolismo acquista, agli occhi del Nostro, un valore euristico dal momento che i miti conferiscono universalit, temporalit e portata ontologica alla comprensione di noi stessi.19 E pu aggiungere: Cos, il simbolo stesso che, sotto la sua forma mitica, incita allespressione speculativa; il simbolo stesso che aurora di riflessione.20

    Nessun amalgama nella riflessione, nessun amalgama nel racconto, dunque, ma sempre un pensiero indagante, curioso ed inquieto e perci stesso critico, come abbiamo ricordato.

    Ma, se la riflessione e con essa il momento critico che la sostiene d la sua impronta tracciando il cammino dellinterrogazione ricoeuriana, ad un certo momento, ne La critica e la convinzione, Ricoeur apre ad un intreccio di quei campi differenti del pensare: per noi un compito dato egli dice il far comunicare registri distinti: quello del morale filosofico e quello del religioso e subito aggiunge: ci che direi oggi, dopo aver difeso, per decine di anni, talvolta astiosamente, la distinzione dei due registri. Credo di essere sufficientemente avanzato nella vita e

    16

    P. RICOEUR, La simbolica del male, op. cit., pp. 624/625 17

    Ibid., p. 249. 18

    P. RICOEUR, De l'interprtation. Essai sur Freud, Seuil, Paris 1965 (tr. it. di E. Renzi con una introduzione di D. Jervolino, Della interpretazione. Saggio su Freud, il Saggiatore, Milano 2002, p. 55). 19

    Ibid. 20

    Ibid.

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    nellinterpretazione di ciascuna di queste due tradizioni, per arrischiarmi sui luoghi della loro intersezione21. Luoghi fragili, nella misura in cui la convinzione offre da pensare alla critica categorie quali la benevolenza, il dono, la compassione, il perdono, lamore, ma nondimeno percorribili e talvolta sperimentabili come testimonia, nel caso dellapplicazione della giustizia, lo svolgimento dei lavori della Commissione Verit e Riconciliazione nel Sud-Africa di Nelson Mandela e dellarcivescovo Desmond Tutu.

    Cos, in Letture e meditazioni bibliche22 Ricoeur descrive un nuovo arco ermeneutico come egli chiama il suo procedimento ermeneutico allinsegna dello spiegare di pi per comprendere meglio pi sottile e rischioso, ai cui due estremi stanno la critica e la convinzione. E se la prima il frutto che scaturisce da poteri che io domino, la seconda fa capo a un fondo di interpellanza, che piuttosto una donazione di senso, la quale viene da pi lontano e al Nostro sembra costitutiva sia del soggetto ricevente che del soggetto critico.23 Allinterno del patrimonio di testi, che troviamo nellatto stesso del nostro venire al mondo, la differenza fra critica e convinzione fa capo semmai ad una differenza di atteggiamento nella lettura,24 laddove uno latteggiamento sul versante filosofico, laltro sul versante religioso.

    Una religione, allora, come una lingua nella quale o si nati o si stati trasferiti con lesilio o per ospitalit; in ogni caso vi si a casa propria,25 e questo ancora in due modi: da una parte, da lettori e ascoltatori di quellal di l della lingua, che pure nei differenti stili di scrittura si attesta; dallaltra, nellesperienza delle implicazioni della confidenza in Dio e qui usiamo una espressione che Ricoeur utilizza nei frammenti delle sue meditazioni ultime, di recente offerte alla lettura dei suoi discepoli.26 E, se il termine esperienza rende il Nostro diffidente, pure egli lo utilizza per quelle situazioni particolarissime, che portano luomo a confrontarsi con la morte: la vita di fronte alla morte prende una V maiuscola, e questo il coraggio di essere vivi fino alla morte.27 Nellatto estremo di questo coraggio io lo spero per me stesso, dice Ricoeur si squarciano i veli di quella lingua che viene da pi lungi e da pi in alto lasciando esprimersi qualche cosa di fondamentale che, forse, allora effettivamente dellordine dellesperienza.28 Ma si tratta di esperienze rare, forse simili a quelle vissute dai mistici,29 ove tace la parola o si esprime nel discorso spezzato della poetica.

    E al mistico Meister Eckart possiamo ricondurre lassunzione della nozione di distacco, chiave di volta per comprendere latteggiamento delluomo/filosofo Ricoeur. Lultima capacit Ricoeur affida, infatti, allatto di rinunciare, facendo cos convergere il distacco con il lavoro del lutto, gi accostato ne La memoria, la storia, loblio con il lavoro di memoria e con loblio attivo. Distacco da s, come ultimo atto, sia pure quel s che arriva a possedersi come un altro, in quanto altro: Tutto quello che ho cercato di dire sul s e lalterit nel s, continuerei a difenderlo sul piano filosofico; ma, nellordine religioso, forse chiederei di abbandonare il s.30 Il punto di inflessione dal morale al religioso, dunque, per il Nostro presuppone uno spogliamento di tutte le risposte alla questione Chi sono io? e implica, forse, di rinunciare alla urgenza della questione stessa, in ogni caso di rinunciare alla sua insistenza come alla sua ossessione.31 Non dice, daltronde, Ges: Chi

    21

    P. RICOEUR, La critique et la conviction, Calmann-Lvy, Paris 1995 (tr. it. a cura di D. Iannotta, La critica e la convinzione, Jaca Book, Milano 1997, p. 223). 22

    Cf. ibid., pp. 197-237. 23

    Ibid., p. 206. 24

    Ibid., p. 204. 25

    Ibid. 26

    P. RICOEUR, Vivant jusqu la mort. Suivi de Fragments, op. cit. 27

    P. RICOEUR, La critica e la convinzione, op. cit., p. 205. 28

    Ibid. 29

    Ibid. 30

    Ibid., p. 218. 31

    Ibid.

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    ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserver per la vita eterna? (Gv 12, 25). Chi vuole salvare la propria vita, la perda cita lo stesso Ricoeur, facendo del distacco il luogo ultimo di una disponibilit alla vita al di l di qualsivoglia proiezione immaginaria di un dopo di sopravvivenza. Lo squarciamento dei veli che dissimulano il fondamentale si esprime, allora, in un morire che sia unultima affermazione della vita, in un auspicio profondo di fare dellatto del morire un atto di vita laddove la mortalit stessa deve essere pensata sub specie vitae e non sub specie mortis.32

    Nella Introduzione a S come un altro avevamo trasformato lo heideggeriano essere-per-la-morte in un ricoeuriano essere-per-la-vita:33 essere fino alla morte, dice qui Ricoeur, e aggiunge spingendo il distacco fino al lutto della preoccupazione della sopravvivenza,34 in ogni caso fino ad abbandonare la forma immaginaria della preoccupazione, vale a dire la proiezione del s al di l della morte in termini di sopravvivenza. La sopravvivenza una rappresentazione che resta prigioniera del tempo empirico, come un dopo appartenente allo stesso tempo di quello della vita35. Ora, se a un distacco siffatto pu essere collegata lidea di una certa cultura della sofferenza, necessario incorporare al lavoro del lutto la sicurezza che la gioia ancora possibile quando si abbandona tutto anche se c un prezzo da pagare. Ma, questo a vantaggio della vita e dei suoi molteplici cominciamenti e ricominciamenti.36 La gioia di vivere fino alla fine, leggiamo in Vivant jusqu la mort, e cio lappetito di vivere, colorato da una certa incuranza, che chiamo gaiezza,37 la gioia legata allidea di coloro che mi sopravvivranno, legando cos la mia memoria alla sequela delle generazioni. La gioia della nascita, dunque, che significa pi della morte come ricorda Ricoeur a proposito della categoria arendtiana di nascita alimentando, dunque, lidea di una sopravvivenza della comunit e non del singolo. Ma, qui, il discorso torna dal religioso alletico e riemerge laccento filosofico della critica.

    Anche in Vivant jusqu la mort la frase evangelica sopracitata conduce a non riconoscere un tempo di sopravvivenza, parallelo, per i defunti-fantasmi, al tempo dei sopravviventi.38 E, se insistente torna la domanda: come impedire che il futuro del paradosso non reintroduca in maniera fraudolenta il futuro immaginario della sopravvivenza?, il tornante etico emerge chiaramente nella direzione della risposta: Qui, la motivazione fondamentale di Ges esemplare, nella misura in cui lidea di servizio riversa sul futuro dei sopravviventi il senso della morte immanente.39 Al servizio Ricoeur annette, dunque, quella che egli chiama etica positiva del distacco, laddove precisamente il distacco da se stessi si rende efficace sullaltro: la predicazione del regno di Dio congiunge il distacco negativo (rinunciare a se stessi) e la forza positiva del distacco, la disponibilit allessenziale, che regge la trasposizione di tutte le mie aspettative vitali sullaltro, che la mia sopravvivenza.40

    Nelle riflessioni degli ultimi tempi della sua vita, Ricoeur torna, dunque, sulla diaconia della comunit di cui aveva parlato ne La critica e la convinzione. Il punto nodale, a questo proposito, consiste nella lettura ricoeuriana del Nuovo Testamento, a partire dal ripensamento del significato della Passione e della Morte di Ges. Ricoeur dice, infatti di tenere molto a liberare la teologia della croce dallinterpretazione sacrificale,41 che egli ritiene dominante, e di farlo sulla scia di una tradizione interpretativa forse minoritaria ma pi profonda, il cui accento cade sul 32

    Ibid., p. 219. 33

    Cf. D. IANNOTTA, Lalterit nel cuore dello stesso, Introduzione a P. RICOEUR, S come un altro, op. cit., p. 68. 34

    P. RICOEUR, La critica e la convinzione, op. cit., p. 219. 35

    Ibid., p. 218. 36

    Ibid., p. 219. 37

    P. RICOEUR, Vivant jusqu la mort. Suivi de Fragments, op. cit., p. 39. 38

    Ibid., p. 86. 39

    Ibid., pp. 86-87. 40

    Ibid., p. 87. 41

    P. RICOEUR, La critica e la convinzione, op. cit., p. 213.

  • 17

    dono gratuito della propria vita ad opera di Ges: Nessuno mi toglie la vita ricorda il Nostro io ne faccio dono. Linterpretazione non sacrificale, daltronde, in accordo con uno degli insegnamenti di Ges: Nessuno ha una amore pi grande di questo: dare la vita per i propri amici (Gv 15, 13)42. la lettura giovannea, come mette bene in rilievo Xavier Lon-Dufour, citato dallo stesso Ricoeur.

    Da questa prima decisione Ricoeur fa scaturire direttamente una reinterpretazione dei racconti della Resurrezione, che lo allontana dallinterpretazione teologica esplicita o implicita in senso stretto. la voce della critica, che il filosofo non pu far tacere: ma forse, egli dice, proprio qui il filosofo, che io sono, anima lapprendista teologo che si agita in me.43 Apprendista teologo, che nellimmaginario della fede, connesso con i racconti della resurrezione, vede un mascheramento della significazione teologica della resurrezione in quanto vittoria sulla morte.44 A Ricoeur pare, insomma, che la proclamazione di Luca (24, 34): Davvero il Signore risorto, con il suo vigore affermativo superi il suo investimento nellimmaginario della fede. E si domanda: Non , forse, nella qualit di questa morte che sta la messa in moto del senso della resurrezione?. Trovo, qui, prosegue Ricoeur un appoggio in Giovanni per il quale la elevazione del Cristo comincia sulla Croce. Mi sembra che questa idea di elevazione al di sopra della morte si sia ritrovata poi narrativamente sparsa tra i racconti di crocifissione, di resurrezione, di ascensione, di Pentecoste, che hanno dato luogo rispettivamente a quattro feste cristiane. Al di l, dunque, delle narrazioni e delle loro risorse immaginarie, il filosofo vuole recuperare quella significazione teologica, il cui vigore gli sembra dissimulato: forse ancora una volta sotto la spinta del filosofo che in me, sono tentato, sulle tracce di Hegel, di comprendere la resurrezione come resurrezione nella comunit cristiana, la quale diventa il corpo del Cristo vivente.

    La risurrezione egli prosegue consisterebbe nellavere un altro corpo da quello fisico, vale a dire nellacquisire un corpo storico.45 La lettura del filosofo Ricoeur poggia sulla presentazione giovannea della croce di Cristo che, come mostra Xavier Lon-Dufour nella sua Lettura dellEvangelo secondo Giovanni, a partire dal discorso degli addii utilizza un sorprendente miscuglio dei tempi dei verbi46 nel quale la venire si mescola con il gi l rendendone impossibile la separazione. Sottolinea Lon-Dufour: La venuta di Ges scompiglia luso ordinario dei tempi: essa mostra cos di essere da altrove, ma anche di dominare lo svolgersi della storia: in colui che crede, Ges compie opere ancora pi grandi di quelle che ha fatto prima della sua morte; attraverso questa azione di Cristo i discepoli sperimenteranno la presenza indefettibile di Ges.47 Si tratta di qualcosa di simile a quella che Ricoeur chiama la diaconia della comunit, nella quale la croce e la resurrezione sono la stessa cosa.48 Se riprendiamo, infatti, le due espressioni di Ges dallandamento chiaramente antisacrificale e cio Chi vuol salvare la propria vita, la perda e Sono venuto per servire e non per essere servito allora laccostamento fra questi due testi pu suggerire lidea che la vittoria sulla morte nellatto del morire non sia differente dal servizio agli altri, che si prolunga, sotto la guida dello spirito del Cristo, nella diaconia della comunit.49

    Se vero che dalla narrazione della tomba vuota e da quella delle apparizioni deve pur essere veicolato un senso teologico, questo come dissimulato nellimmaginario del

    42

    Ibid. 43

    Ibid. 44

    Ibid., p. 214. 45

    Ibid. 46

    X. LON-DUFOUR, Lecture de lEvangile selon Jean, III, Seuil, Paris 1993 (tr. it. di F. Moscatelli, Lettura dellEvangelo secondo Giovanni, III, Edizioni San Paolo, Milano 1995, p. 188). 47

    Ibid., p. 189. 48

    P. RICOEUR, La critica e la convinzione, op. cit., p. 215. 49

    Ibid., p. 214.

  • 18

    racconto.50 In questo punto preciso, il versante della critica raggiunge il suo apice: La tomba vuota si domanda Ricoeur non significa, forse, il passaggio a vuoto fra la morte di Ges come elevazione e la sua effettiva risurrezione come Cristo nella comunit? E il senso teologico delle apparizioni non consiste in quello che lo spirito stesso di Ges, che offriva la propria vita per i suoi amici, e che ora mette in moto quella manciata di discepoli, i quali, da fuggitivi, vengono trasformati in una ecclesia?.51 Cos, in Vivant jusqu la mort, leggiamo: La morte senza sopravvivenza assume senso nel dono-servizio, che genera una comunit52. Il Figlio dellUomo, prosegue nelle sue meditazioni, venuto non per essere servito ma per servire. Il legame morte-sopravvivenza nellaltro annodato al servizio per... associato al dono della vita.53 questa, a nostro avviso, la testimonianza forte del filosofo, che ha chiesto ed ha ottenuto di essere vivo fino alla morte.

    Encore vivant, questa la parola importante54 per Ricoeur, da opporre al moribondo, che io sono per chi mi accompagna, e ancor pi al cadavere, che il mio corpo sar dopo. E proprio in quanto ancora vivente la morte pu diventare un atto di dono: dono della propria vita, che nella rinuncia a s lascia spazio alla sopravvivenza dellaltro e nellaltro e alludiamo qui al posto della memoria nella filosofia ricoeuriana ma, anche, dono dellaltro che nellagonia ci accompagna con il suo sguardo: Lo sguardo, che vede lagonizzante come ancora vivente, come facente appello alle risorse pi profonde della vita, quasi portato dallemergenza dellEssenziale nel suo vissuto di ancora vivente.55 lo sguardo, chiosa Ricoeur della compassione e non dello spettatore davanti al gi morto.56 Compassione, quale atto di lottare insieme, accompagnamento in mancanza di una condivisione identificante, che non n possibile, n auspicabile, laddove la giusta distanza resta la regola dellamicizia come della giustizia.57 Condivisione, precisa Ricoeur, del movimento di trascendenza trascendenza immanente, oh paradosso di trascendenza intima dellEssenziale, che squarcia i veli dei codici appartenenti al religioso confessionale.58 E, se lo sguardo possiede nel medico un aspetto professionale, esso stesso accompagnato da un versante deontologico, c una dimensione propriamente etica, a cui il Nostro d nuovamente voce, ed proprio quella che concerne la capacit di accompagnare in immaginazione e in simpatia la lotta dellagonizzante ancora vivente, vivente ancora fino alla morte.59 Ci sembra che sia questo il senso teologico esso stesso eticamente connotato come la filosofia ricoeuriana nella sua interezza che nella comunit dei viventi porta il Cristo risorto.

    Fin nellultima scrittura, pertanto, riemerge nel questionamento la forte matrice etica del pensiero ricoeuriano nel suo essere, da sempre, saldamente ancorato allimpegno sociale, politico, religioso entro i confini di una comunit di pensiero e di azione, in breve di vita. E, forse, possiamo ora comprendere quella parola critica nel suo insistente risuonare: Io non so niente sulla resurrezione come evento, come peripezia, come ritorno. Qui ogni racconto empirico mi sembra fare da schermo piuttosto che da figura rispetto al suo senso teologico, esso stesso daltronde molteplice, come testimoniano la pluralit dei Vangeli e i discordanti racconti di Paolo e Giovanni.60 La resurrezione, insomma, detta da una comunit che ineluttabilmente storica e allinterno della storia ne va recuperata la carica simbolica, mettendo tra parentesi qualsiasi 50

    Ibid., p. 216. 51

    Ibid. 52

    P. RICOEUR, Vivant jusqu la mort. Suivi de Fragments, op. cit., p. 91. 53

    Ibid. 54

    Ibid., p. 42. 55

    Ibid., p. 46. 56

    Ibid. 57

    Ibid., p. 47. 58

    Ibid. 59

    Ibid., p. 48. 60

    P. RICOEUR, La critica e la convinzione, op. cit., p. 216.

  • 19

    preoccupazione quanto alla propria salvezza personale nella resurrezione della carne in un corpo glorioso.

    Nel pensare il distacco, allora, il Nostro arriva al silenzio delle parole, alla rinuncia delle immagini. Resta uno schematismo analogico del fuori-dal-tempo, del pi che tempo, nel quale possono essere pensati quegli attimi di esperienze privilegiate e rare che si rapportano alleternit piuttosto che al tempo, cosmologico o dellanima che sia. Ed in questo schematismo per il Nostro riecheggia soltanto il simbolo della memoria di Dio, nella quale si esprime un qualche cosa come la cura, la sollecitudine, la compassione. Con il Salmista, Ricoeur pu esclamare: Che cosa luomo perch te ne ricordi, il figlio di Adamo perch te ne curi? (Sal 85). E ancora, con il buon ladrone dalla sua croce pu invocare: Ges ricordati di me quando entrerai nel tuo regno.

    La memoria di Dio squarcia i veli di quella dimensione che, come abbiamo gi detto, Ricoeur chiama del fondamentale, del fondamentale rivolto verso di noi. Allora, egli prosegue, mi metto a meditare - andenken! - su un Dio che si ricorda di me, al di l delle categorie del tempo (passato, presente, futuro).61 La memoria di Dio il mito personale di Ricoeur. Ma, parlare di mito personale significa ancora salvare la dicibilit dellindicibile, che si attesta in una sorta di veemenza ontologica, dove il mito svela il suo potere di scoprire, di svelare il legame delluomo col suo sacro.62 Legame simbolico, che in questo caso Ricoeur dice con la memoria di Dio. latto di salvare il linguaggio fin nella comunicazione di ci che ne sta ai margini. Lo stesso Eckhart, nel cammino del distacco, punta alla ricomposizione del Nulla (di determinazione) nella scintilla dellanima, scintilla di senso, potremmo dire, o forse anchessa mito personale di un linguaggio, che si spinge a sondare fin gli abissi dellinesprimibile, che pure si attesta.

    Alla memoria di Dio Ricoeur affida, dunque, la sua preoccupazione di resurrezione personale e, nellatto stesso di questa rinuncia, sottolinea limpegno di vita, che diaconia nella comunit come avevamo rilevato in precedenza. Sul piano della convinzione questo diaconato si attesta, pertanto, come la fiducia senza garanzia di chi corrisponde alla chiamata il s convocato in maniera gratuita con e come Cristo che si dona in maniera gratuita. Qui, come diceva il Nostro in S come un altro, la confidenza pi forte di ogni sospetto, e la fiducia anche fidanza. Sulle implicazioni di una siffatta confidenza, Ricoeur si esprime nel suo scritto postumo: Esse riguardano il senso, lintelligibilit, la giustificazione dellesistenza. Ma [bisogna] pensare a queste implicazioni senza alcuna concessione alla sopravvivenza in una temporalit parallela a quella della sopravvivenza degli altri.63 Allora, nel momento estremo del distacco, la voce risuona in modo altrettanto estremo, in un linguaggio che resta molto mitico, ma che proprio in questo spezza le possibili chiusure della critica per aprire gli orizzonti della disponibilit: Che Dio, dopo la mia morte, faccia di me ci che vuole. Io non reclamo niente.64

    La grazia il solo sostegno possibile di quellazione forte, che il distacco: Niente mi dovuto. Non mi aspetto niente per me stesso; ho rinunciato tento di rinunciare! a reclamare, a rivendicare. Dico: Dio, tu farai di me ci che tu vorrai. Forse niente. Accetto di non essere pi65.

    E qui non possiamo aggiungere pi niente. La mediazione filosofica del s descrive il suo estremo arco ermeneutico nel silenzio del s, anche se questo silenzio non il niente di parola ma la parola piena, allusiva, in eccesso del simbolo e delle sue voci.

    61

    Ibid., p. 220. 62

    P. RICOEUR, La simbolica del male, op. cit., p. 249. 63

    P. RICOEUR, Vivant jusqu la mort. Suivi de Fragments, op. cit., p. 77. 64

    P. RICOEUR, La critica e la convinzione, op. cit., p. 222. 65

    P. RICOEUR, Vivant jusqu la mort. Suivi de Fragments, op. cit., p. 79.

  • 20

    IL RAPPORTO TRA ANTROPOLOGIA E METAFISICA IN PAUL RICOEUR

    Gaspare MURA

    1. Il linguaggio e luomo

    Il primato odierno assunto dalla questione del linguaggio e della comunicazione pu considerarsi ormai come una vera koin, che abbraccia tutte le espressioni della cultura, delletica e della vita contemporanee. Jean Greisch, in riferimento alla tradizione metafisica, ha parlato di et ermeneutica della ragione;1 mentre Apel, seguito da Vattimo, pi attento a sottolinearne le radici e le derive relativistiche, ha parlato di trasformazione semiotica del kantismo.2 Con questa espressione ha inteso sottolineare che, per lodierna filosofia derivante della svolta linguistica, esistere vuol dire stare in rapporto a un mondo: ma tale rapporto insieme condizionato e reso possibile dal fatto che si dispone di un linguaggio: quello che K.O. Apel chiama trasformazione semiotica del kantismo.3

    La trasformazione semiotica del kantismo maturata in un lungo processo di revisione critica al quale stata sottoposta in Germania la filosofia negli ultimi decenni del secolo XX e che, soprattutto ad opera di Habermas e di Apel, ha preso il nome di riabilitazione della filosofia pratica. Al di l di una speculazione puramente teoretica, la filosofia pratica intende porre al centro della filosofia le categorie etiche della comunicazione e dell'intesa. Scrive Habermas: Senza lorizzonte del mondo vitale dun determinato gruppo sociale, e senza conflitti dazione in una determinata situazione, nella quale i soggetti partecipanti considerano proprio compito il regolamento consensuale di una materiale sociale discutibile, non avrebbe senso voler condurre un discorso pratico.4 I soggetti della comunicazione vengono intesi per questo come partner di eguale diritto della discussione, e per questo la trasformazione semiotica del kantismo intende custodire una profonda istanza etica, intenzionata a fondare, in un contesto di rapporti intersoggettivi, una comunit illimitata della comunicazione.5 Partendo dal linguaggio, si tenta allora di costituire una comunit senza limiti della comunicazione, nella quale sia le ideologie totalitarie, sia la stessa metafisica, con la sua istanza di verit fondativa ed unica, non hanno pi posto.

    Ci significa anche che, nel contesto della svolta linguistica, le stesse categorie del trascendentale kantiano non sono pi intese in senso stabile e come appartenenti alla sola ragione, ma viceversa come modalit storiche con cui si organizzano i linguaggi degli uomini, e che costituiscono lorizzonte linguistico-storico della loro comprensione di ogni realt, antropologica e ontologica, profana e religiosa. in questo contesto che Vattimo intende poi la filosofia ermeneutica come la filosofia che insiste sulla radicale storicit dei linguaggi, i quali [] sono legati fra loro non dal fatto di essere diverse attuazioni di una stessa stabile struttura, retta da ununica norma trascendentale, bens da una sorta di rassomiglianza di famiglia; appartengono a una serie storica di trasmissione [] nella quale non c alcun elemento che si mantenga

    1 Cf. J. GREISCH, Lage hermeneutique de la raison, Les editions du Cerf, Paris 1985.

    2 Cf. K.O. APEL, Comunit e comunicazione (trad. parz. di Transformation der Philosophie, 1973), Rosenberg & Sellier

    , Torino 1977; ID., Etica della comunicazione, Jaca Book, Milano 1992. 3 G. VATTIMO, Perch debole, in AA.VV., Dove va la filosofia italiana? (a cura di J. Jacobelli), Laterza, Bari-Roma

    1986, p. 188. 4 J. HABERMAS, Etica del discorso, Laterza, Bari 1985, p. 115.

    5 K.O. APEL, Comunit e comunicazione, op. cit., p. 239.

  • 21

    identico dal principio alla fine, perch la costante solo il concatenamento, la concatenazione.6

    Ricoeur raccoglie fino in fondo le provocazioni della svolta linguistica della filosofia, che assegna al linguaggio il ruolo di interprete di ogni realt, e in particolare di custodia di una comunicazione autentica; ma si pone anche alla ricerca di una filosofia del linguaggio capace di recuperare il cammino che conduce dallantropologia allontologia, e che nel contesto della crisi della metafisica indichi le nuove strade di una comprensione veritativa dellessere delluomo, in rapporto al mondo, agli altri e soprattutto alla Trascendenza. Laffermazione di Ricoeur: la parola il mio regno,7 potrebbe sintetizzare il lungo cammino di un pensiero che, nel contesto dellodierna crisi della filosofia speculativa, caratterizzata dalla crisi della metafisica operata dalla trasformazione semiotica del kantismo, intende pervenire alletica del riconoscimento e dellintesa attraverso il linguaggio, e senza opporsi per principio allontologia e alla stessa metafisica.

    Come ha efficacemente mostrato Rigobello, fin da Il conflitto delle interpretazioni Ricoeur mostra litinerario che lo conduce dallantropologia allontologia, e che potrebbe riassumersi in una espressione cos articolata: dalla riflessione alla ontologia, attraverso lermeneutica.8

    Lontologia vista da Ricoeur fin dallinizio come il luogo in cui si compone il conflitto delle interpretazioni, declinate come rapporto tra tre metodologie diverse; una economia del desiderio; una fenomenologia dello spirito; una ermeneutica come esegesi di figure religiose.9 Lessere delluomo, che declina in atto interpretante loriginaria intenzionalit conoscitiva della coscienza quale stata messa in luce sia dalla filosofia della riflessione che dalla fenomenologia, viene definito come l'essere in situazione ermeneutica, che raggiunge quindi la dimensione ontologica come luogo in cui si articolano le interpretazioni.10 E poich lermeneutica del simbolo , che dice lessere delluomo, diviene centrale nella prospettiva di Ricoeur, ne segue che luomo esistenza interpretazione, ma allo stesso tempo esistenza interpretata.11

    Due sono le vie che, attraversando la fenomenologia, conducono lermeneutica verso lontologia. La via corta quella di una ontologia della comprensione, alla maniera di Heidegger.12 Lermeneutica, intesa da Heideger come analitica del Dasein, diviene quindi immediatamente ontologica. La via lunga, proposta da Ricoeur, passa invece attraverso lapprofondimento delle esigenze metodologiche sullesegesi, sul metodo della storia, sulla psicoanalisi, sulla fenomenologia della religione ecc.;13 essa ingloba una vasta ermeneutica dei simboli religiosi, per riconoscere alla fine che cos, si pu ben dire che lontologia la terra promessa per una filosofia che comincia col linguaggio e con la riflessione: ma, come Mos, il soggetto che parla e riflette pu soltanto scorgerla prima di morire.14

    Lespressione via lunga con la quale Ricoeur designa il proprio cammino ermeneutico, parte quindi dalla fenomenologia per giungere allermeneutica ed attraversa lermeneutica per approdare allontologia. Una via lunga, quella di Ricoeur, che si pone in alternativa: a) alla via breve dellontologia di Heidegger la quale, rompendo con i dibattiti di metodo, si colloca immediatamente sul piano di un ontologia dellessere finito, per ritrovarvi il comprendere non pi 6 G. VATTIMO, Perch debole, op. cit., pp. 188-189; sullinterpretazione, nellorizzonte della trasformazione semiotica

    del kantismo, del pensare metafisico e teologico, cf. D. ANTISERI - G. VATTIMO, Ragione filosofica e fede religiosa nellera postmoderna, Rubbettino, Soveria Mannelli 2008. 7 P. RICOEUR, La parole est mon royaume, in Esprit 23 (1959), pp. 192-205.

    8 A. RIGOBELLO, Prefazione a P. RICOEUR, Il conflitto delle interpretazioni, Jaca Book, Milano 1977, 20074 , p. 12.

    9 Ibid.

    10 Ibid.

    11 Ibid.

    12 P. RICOEUR, Il conflitto delle interpretazioni, op. cit., p.20.

    13 Ibid.

    14 Ibid., p. 37.

  • 22

    come un modo di conoscenza, ma come un modo dessere;15 b) in alternativa anche alla distinzione operata da Dilthey tra spiegazione scientifica (Erklaren) e comprensione ermeneutica (Verstehen), perch lermeneutica deve chiarire che occorre spiegare di pi per comprendere meglio.16 A differenza dellermeneutica esistenziale, quindi, Ricoeur non si sottrae ai dibattiti di metodo ed al dialogo con quelle ermeneutiche che si dichiarano esplicitamente metodologiche.

    Ma c di pi, perch la spiegazione, per Ricoeur, non appartiene solo alle scienze della natura ma anche alle scienze umane: Se la filosofia si preoccupa del comprendere perch esso testimonia, nel cuore dellepistemologia, unappartenenza del nostro essere allessere che precede ogni costituzione in forma di oggetto, ogni opposizione di un oggetto ad un soggetto. Se il termine comprensione ha una tale densit, perch al tempo stesso, designa il polo non metodico, dialetticamente opposto al polo della spiegazione in ogni scienza interpretativa, e costituisce lindizio non pi metodologico ma propriamente veritativo della relazione ontologica di appartenenza del nostro essere agli esseri a allEssere; ne risulta che la filosofia ermeneutica, per Ricoeur, non unanti epistemologia, ma una riflessione sulle condizioni non epistemologiche della epistemologia.17

    Attraversando diversi ambiti del sapere e confrontandosi con autori come Marcel e Lvinas, Spinoza e Kant, Husserl ed Heidegger, Paul Ricoeur stato fedele allintenzionalit ontologica che ha animato fin dallinizio il lungo percorso della sua ermeneutica, tracciando cos una simbologia ontologica, tesa a manifestare il senso compiuto dellesistenza delluomo. A partire da La filosofia della volont (1950) fino a I percorsi del riconoscimento (2004), possibile pertanto identificare il significato che Ricoeur assegna al rapporto tra la persona e lessere, tra lantropologia e la metafisica. Al cui fondamento sta il tentativo di mettere in relazione la fenomenologia ermeneutica, che privilegia la persona come categoria etico-pratica, quale emerge dal suo agire, parlare, raccontare, testimoniare, con la nozione metafisica dellessere come dynamis-energheia, cos da prospettare, come scrive la Iannotta in Autobiografia e memoria in Paul Ricoeur, una stretta relazione tra la fenomenologia dellagire e lontologia dellatto.

    2. La simbolica generale e il linguaggio metaforico

    A differenza della linguistica generale e della filosofia analitica del linguaggio, Ricoeur si concentra in particolare sulle potenzialit del linguaggio simbolico. nota laltra affermazione di Ricoeur: il simbolo d a pensare: le symbole donne; je ne pose pas le sens, cest lui qui donne le sens; - mais ce quil donne, cest penser, de quoi penser. [] Cest cette articulation de la pense posante et pensante que je voudrais surprendre et comprendre.18 La ricchezza del simbolo d a pensare, scrive Ricoeur, perch il simbolo dice lessere delluomo, dalle profondit dellinconscio fino alle soglie del Sacro; il simbolo si manifesta infatti in tre dimensioni, cosmica, psichica e poetica, la cui esperienza fa s che luomo conosce ci che non

    15

    P. RICOEUR, Il conflitto delle interpretazioni, op. cit., p. 20. 16

    P. RICOEUR, Riflessione fatta. Autobiografia intellettuale, Jaca Book, Milano 1998 (con un saggio di D. Iannotta, Autobiografia e memoria in Paul Ricoeur), p. 65. 17

    P. RICOEUR, Dal testo allazione. Saggi di ermeneutica (a cura di G. Grampa), Jaca Book, Milano 1989, pp. 174-175. 18

    P. RICOEUR, Le symbole donne penser, in Esprit, 27/2 (1959), p. 61 (trad. it. Il simbolo d a pensare, a cura di I. Bertoletti, Morcelliana, Brescia 2002). Questa affermazione viene commentata da Ricoeur in Hermneutiques des symboles et rflexion philosophique, in Il problema della demitizzazione, a cura di E. Castelli, Archivio di Filosofia, Cedam, Padova 1961, p. 52; Ricoeur riconosce di aver ripreso questa affermazione da Kant: Il simbolo d a pensare era la mia affermazione che riprendeva un detto di Kant nella Critica del giudizio, Della interpretazione. Saggio su Freud, tr. it. di E. Renzi, Il Saggiatore, Milano 1967, p. 54.

  • 23

    si pu ridurre in parole, che non si pu comprendere. Lesperienza simbolica collega luomo col sacro.19

    La verit dellessere delluomo non quindi manifestata solo dal linguaggio discorsivo o dal pensiero concettuale e metafisico. Come testimonia il linguaggio simbolico della tradizione sapienziale delle Scritture ebraiche, delle tradizioni mistiche dellOriente e dellOccidente, le narrazioni simboliche sanno esprimere le profondit dellessere delluomo meglio del linguaggio concettuale, perch lo interrogano sul suo passato, lo inquietano con la domanda di senso della sua esistenza e gli donano la speranza di una pienezza di senso aperta al futuro escatologico.

    Al centro della filosofia del linguaggio di Ricoeur si trova pertanto unermeneutica del simbolo, articolata internamente dalla dialettica di logos e mythos e tra parola filosofica e parola poetica e narrante, e poi da quella di spiegazione e comprensione, considerate non antitetiche, giacch occorre spiegare di pi per comprendere meglio.20 Lermeneutica del simbolo, dopo avere evitato di rinchiudersi in una trattazione puramente metafisica dellessere umano, deve infatti saper accogliere anche i risultati dei metodi e dei presupposti di tutte le scienze che tentano di decifrare e di interpretare i segni delluomo,21 aprendoli allascolto del simbolo che dice lessere delluomo nella sua pienezza di senso. Per Ricoeur la filosofia aristotelica stata interpretata, da una certa tradizione scolastica, come la filosofia che, a differenza del platonismo, sostituisce il logos al myhos, ed ha impedito di comprenderne le potenzialit quale fonte di significazioni della verit delluomo. Da questa svalutazione del valore cognitivo del linguaggio simbolico derivano le idee chiare e distinte di Cartesio, e poi le ermeneutiche del sospetto di Freud, Marx, Nietzsche. Persino un filosofo neoscolastico come Maritain chiamer segno magico il segno percepito in uno stadio primitivo, notturno e magico della conoscenza, il quale precederebbe let solare della ragione. Diciamo sommariamente scrive Maritain che nel nostro stato logico le sensazioni, le immagini, le idee sono solari, impegnate nello psichismo luminoso e regolare dellintelligenza e delle sue leggi di gravitazione. Nello stato magico, esse erano notturne, impegnate nello psichismo fluido e crepuscolare dell'immaginazione e in unesperienza stupefacentemente potente ma tutta vissuta e, in quanto oggetto di riflessione sognata.22 Ci significa che a differenza dello stadio solare dellintelligenza, rappresentato dal logos, lo stadio notturno e magico della conoscenza sarebbe caratterizzato dallattitudine a percepire nel simbolo il simbolizzato e la realt nel segno che la significa.23

    Ricoeur intende rivalutare pro