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N 4, FEBBRAIO LA NOTTOLA L’ESTETICA. DOSSIER LE ELEZIONI STATUNITENSI STANLEY KUBRICK E L’ESTETICA ORIENTAMENTO? COS’ E’ PER VOI LA BELLEZZA? MATERIA E FORMA REGGIO 360° IIL VISUAL KEI LE DONNE E L’ESTETICA STUDENTI AL LAVORO FINAL FOUR FUNAMBOLO

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N 4, FEBBRAIO

LA NOTTOLA

L’ESTETICA.DOSSIER

LE ELEZIONI STATUNITENSI

STANLEY KUBRICK E L’ESTETICA

ORIENTAMENTO?

COS’ E’ PER VOI LA BELLEZZA?

MATERIAE FORMA

REGGIO 360°

IIL VISUAL KEI

LE DONNE E L’ESTETICA

STUDENTI AL LAVORO

FINALFOUR

FUNAMBOLO

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LA NOTTOLA, FEB 2016 LA NOTTOLA, FEB 2016

LETTERA DEL DIRETTORE

Cari lettori,

Il totale disinteresse per un’ attività come può essere il giornale o qualsiasi attività analoga che richiede un impegno vivo e costante, ma soprattutto amore e passione nei confronti del luogo che si frequenta tutti i giorni, testimonia il baratro nel qua-le sta cadendo la tanto decantata civiltà occidentale. Non partecipare alle attività promosse dal proprio istituto, vuol dire non avere un minimo di affetto per quel microcosmo che si frequenta tutti i giorni e quindi significa che si è degli egoi-sti non interessati a migliorare e rendere più gradevole il proprio posto di lavoro.

La scuola, per coloro che non se ne siano accorti, non è solo voti e valutazioni sterili che non lasciano alcunché alla comunità oltre che a se stessi. La scuola è importante ma anche l’impegno e la riflessione dinamica all’interno di quest’ultima, perché solo fino a quando in una scuola il dibattito intellettuale e l’incontro tra varie posi-zioni è vivo solo ad allora si può dire che l’istituto è utile davvero alla società e lo stato che economicamente lo tiene fisicamente in vita, in quanto produttore di progresso.

Il disinteresse presente tra noi studenti è prova dell’egoismo e quindi della solitudine del cittadino globale dei nostri giorni. L’aggregarsi alla massa, infatti, comporta un odio verso il pensiero divergente e filosofico oltre che un marcato egoismo nei con-fronti del microcosmo all’interno del quale si è inseriti.

Lo scopo di questo giornale è di produrre dibattito, quindi progresso umano che non può essere commercializzato e questo come appunto sosteneva Lucio Anneo Seneca è l’unico vero progresso.

che dire? Siamo in pochi, molto pochi a leggere questo giornale ma fidatevi che il problema è più di coloro che considerano queste pagine carta straccia, piuttosto che di quelli che si fermano a leggerlo. Credere che un giornale d’istituto sia inutile o ritenere che questo giornale non valga la carta su cui è scritto perché tratta di argomenti che a voi non interessano (ammesso che sia un uomo colui che non ama interrogarsi sul mondo che lo circonda e discutere di quest’ultimo) è prova dell’età buia che l’umanità sta vivendo.

il direttore, Maurizio Colamonici

SI RINGRAZIANO Maurizio Colamonici V D e Francesca Chierici V C per la direzione, Giorgia Di Tria II B per la grafica, la preside Maria Rosa Ferraroni per la supervisione e tutti gli studenti che hanno preso parte al progetto con costanza per la buona riuscita di quest’ultimo.

IN COPERTINAdisegno di Carolina Foglia, V D classico

LA BELLEZZA È UN ENIGMA.

”- FËDOR DOSTOEVSKIJ -

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INDICE

INDICEDOSSIER

6 COS’E’ PER VOI LA BELLEZZA?

8 VENERE O Aλήθεια

10 ORIENTAMENTO?

11 MATERIA E FORMA

12 LE DONNE E L’ESTETICA

13 REGGIO 360°

MUSICA16 PRIMA LA MUSICA O LE PAROLE?

18 IL VISUAL KEI

LIBRI20 LA FORZA CIECA CHE TUTTO GOVERNA

CINEMA

22 STANLEY kUBRICK E L’ESTETICA

ATTUALITA’35 STUDENTI AL LAVORO

37 LE ELEZIONI STATUNITENSI

41 LA BELLEZZA DI SOLLEVARE LA TESTA SPORT44 PALLACANESTRO REGGIANA

45 REGGIANA-CALCIO

47 FINAL FOUR

FOTOGRAFIA

54 TRA IMMAGINE E POESIA

LETTERATURA LICEALE

49 NOSTALGIA DI VITA

51 FUNAMBOLO

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LA NOTTOLA, FEB 2016 LA NOTTOLA, FEB 2016

COS’È PER VOI LA BELLEZZA? “la bellezza esiste solo nella mente di chi la contempla.”

In una famosa scena del film “La Grande Bellezza”, Jep Gambardel-la dice a Ramona che è stato Bello non fare l’amore con lei. Ramona ri-batte che è stato Bello volersi bene. Ricky, nel film “American Be-auty”, ha scoperto la Bellezza in una busta trascinata dal vento. Oscar Wilde così la defini-sce: “La Bellezza non può esse-re interrogata; ella regna regina “

Vediamo di capirci qualcosa.

Soffermiamoci per ora sulle opere dell’uomo (in particolare, le opere letterarie), tralasciando la natura. Il concetto di Bellezza non ha nul-la a che fare con quello di Qualità: in alcuni casi, per un puro gioco del caso (o del Fato, o di Dio, per chi ci crede), Bellezza e Qualità possonoconvivere nella medesima opera.In altri, possono mancare entrambe.

Ad esempio, io considero “Cin-quanta sfumature di Grigio“ un’o-pera priva di Qualità e Bellezza. Attenzione però. Mentre il pare-re sulla Bellezza rimane mio e solo mio, il giudizio sulla Qualità ri-guarda soltanto le attuali regole e convenzioni della narrativa, della retorica, dell’originalità, profondità, intelligenza e via discorrendo: tutti elementi valutabili, di volta in volta, attraverso parametri oggettivi (an-

che se non possiamo parlare di vera e propria oggettività, come nel caso delle scienze matematiche). E’ acca-duto quindi che opere di alta Qualità non abbiano lasciato alcuna traccia nella storia della letteratura, poiché evidentemente la maggior parte del-le persone non vi ha trovato Bellezza. La Bellezza è dunque un concet-to puramente soggettivo, relegato alle impressioni del singolo, oppure possiamo quantificare la Bel-lezza di un’opera prenden-do in esame il giudizio dei più? La domanda non ha senso. Il fatto che un romanzo venga considerato Bello dai più, significa soltanto che più persone - e dunque, più sog-gettività - lo hanno ritenuto Bel-lo. Tutto qui. Se un romanzo è ritenuto bello da una persona, ma brutto da un’altra e poi quel romanzo diventa

un best-seller, non significa che la prima aveva ragione, mentre la se-conda aveva torto. Significa solo che il secondo ha avuto un’impres-sione diversa dalla maggioran-za (e il motivo è irrilevante, oltre che inspiegabile). Dunque, quan-do si parla di Bellezza nessuno ha ragione o torto, né d’altra parte si può parlare di Ragione Collettiva: in questi casi si parla di Concordia. Per Concordia non si intende altro che una comunanza di percezioni che trascende la ragione (che si oc-cupa della Bellezza). Molti arti-sti si sono meravigliati di fronte all’inspiegabile successo riscosso da opere (a loro parere) prive di Bellezza, e forse anche di Qualità: in quei casi, potrebbe essersi verifi-cata una Concordia di soggettività.

di Francesca Chierici, V C Classico

Andiamo ora un po’ più a fondo.

L’uomo è ossessionato dal deside-rio di avere di più: più ragione, più soldi, più potere, più fama... Questa dipendenza ci distoglie dalla ri-cerca del Bello: in definitiva, finia-mo per dedicare tutto il Tempo di cui disponiamo ad assecondare la fame insaziabile della nostra Volon-tà (come ha brillantemente inteso Schopenhauer). La ricerca del-la Bellezza, dunque, non ha nulla a che fare con la nostra Volontà di vivere, che si traduce poi nel biso-gno spasmodico di ottenere sempre altro, generando un ciclo infinito di insoddisfazione. Tuttavia, inte-ressarsi alla Bellezza non significa annientare la nostra Volontà (sareb-be innaturale), ma semplicemente affiancarla, concedendo una par-te del nostro Tempo alla ricerca diqualcosa di non misurabile (la nostra Volontà, infatti, deve pur sempre ac-contentarsi di soldi, potere, fama...tutte cose misurabili), qualcosa che ci permetta, anche solo per un atti-mo, di squarciare il Velo di Maya o di percepire - non capire - il nostro peso nel mondo. Attenzione, quando si parla di Bellezza, non si parla ne-cessariamente di emozioni. L’effetto di cui si parla non è altro che un in-contro con la Bellezza: può avverar-si di fronte a un sasso, a un uccello morto, all’aurora boreale, a un dialo-go di Pulp Fiction, a un romanzo diFabio Volo o a un sonetto di Petrar-ca. L’emozione, invece, può essere facilmente manipolata, costruita, progettata. Un’opera come Twilight può emozionare, poiché oggi qualcu-no ha capito come plasmare (e forse perfino creare) le emozioni della

massa: ciò significa che la mas-sa ha insegnato a quel tizio come promuovere un’opera di quel genere, e che lui a sua volta ha in-fluenzato la massa promuovendo quell’opera. E’ un processo in con-tinuo divenire. Domandarsi come avviene, o come è iniziato, non ci porterà mai a nulla: sarebbe come chiedersi se è nato prima l’uovo o la gallina. Occorre quindi fare un’ulteriore distinzione tra: Qualità letteraria, Valore di mercato, e Bel-lezza. I libri di Fabio Volo, nell’o-dierno contesto italiano, hanno senza dubbio un rilevante Valore di mercato, pur non essendo ope-re di Qualità. La percezione della Bellezza rimarrà invece del tut-to soggettiva: qualcuno potrebbe scorgere Bellezza in Fabio Volo, ma non in Pirandello. Con altre opere,i cui autori ed editori hanno appli-cato (o credono di aver applicato) con maestria le attuali, gigapedi-che, stratodontiche, infallimentari Tecniche della narrativa (che, tra le altre cose, dovrebbero insegna-re proprio come non annoiare il lettore), mi sono invece annoiata molto. Posso affermare che fossero opere di Qualità, questo sì, ma non che fossero opere Belle. Purtroppo, essendo la Bellezza piuttosto rara bisogna spesso accontentarsi di sfamare la propria Volontà acqui-stando oggetti, provando espe-rienze forti, viaggiando per il mondo, o leggendo romanzi di Qua-lità, che però non si reputano Belli.

Per farvi meglio comprende-re il mio punto di vista, pro-verò a fare un esempio banale. La Bellezza, per me, funziona così:

PERCHÉ MI PIACE QUEL FIORE?

PERCHÉ È BELLO.

PERCHÉ È BELLO?

PERCHÉ MI PIACE.

si può anche ribaltare:

PERCHÉ QUEL FIORE È BELLO?

PERCHÉ MI PIACE.

PERCHÉ MI PIACE?

PERCHÉ È BELLO.

Potrebbe destare confusione l’acco-stamento tra Bellezza e Piacere. In-tendete quindi il termine “piacere” come semplice causa ed effetto di un vostro incontro con la Bellez-za (anche perché non saprei quali altri termini utilizzare per defini-re la “sensazione umana” legata a tale incontro). Troveremo quindi che, così come non esiste un pun-to in cui inizia o finisce un Urobo-ro, allo stesso modo non esiste un punto in cui nasce o finisce il Bello. La Bellezza viene da un solo pun-to e da tutti i punti del cerchio in-sieme. Viene da Dio, dall’assoluto, dall’infinito, ditelo come vi pare. Ed è proprio come Dio, come l’assolu-to, come l’infinito: tutta roba non quantificabile, senza prove, misure, inafferrabile per noi miseri esseri finiti. Roba non umana, insomma di cui però ci piace tanto parlare.

DOSSIER REISSOD

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LA NOTTOLA, FEB 2016LA NOTTOLA, FEB 2016

VENERE o ALETHEIAInterpretazione dei personaggi in chiave neoplatonica.

Dato il periodo storico e le altre opere del Botticelli, un’interpre-tazione neoplatonica si rivelereb-be essere una delle più attendibili.

Bisogna premettere che l’interpreta-zione filosofica di tale dipinto si fon-da su un’opera in particolare della produzione platonica, ossia Il Fedro. In base a tale impostazione possia-mo leggere questo capolavoro pitto-rico in modo del tutto nuovo. Ogni singolo personaggio raffigurato risulta infatti essere funzionale a tale rappresentazione d’insieme.. Osservando il quadro l’attenzione viene immediatamente richiama-ta dalla candida figura della Vene-re, caratterizzata da una bellezza senza tempo e significativamente divina; la dea, mossa dai venti, si

DOSSIER REISSOD

appropinqua a raggiungere la vita e il mondo terreno dove l’attende un personaggio femminile che figu-ra intento a celarla con un velo. A questo punto sovviene una prima considerazione di matrice neoplato-nica: la figura della Venere può es-sere letta come l’idea della Bellezza. Essendo questa la verità (in greco αλήθεια) della Bellezza, Botticelli decide di tradurre iconograficamen-te il significato etimologico di tale parola ellenica precedentemente introdotta . Infatti αλήθεια in gre-co non sta a significare solamente “verità”, ma Il termine deriva dall’at-tico ‘λανθάνω’, che significa “essere nascosto/sono nascosto”, da cui la relativa etimologia del mitologico fiume Letè (ἡ Ληθή), di cui parla ad esempio lo stesso Platone nel X libro della “Repubblica”, contrapposto a Πολιτεία, fiume dell’oblio, e un ‘α-’ di valore privativo. Quindi ἀ-λήθεια è la condizione del “non-essere na-scosto”. Potremmo dire “s-velamen-to”, o ancora rivelazione.

Oltre a ciò occorre poi capire che, poiché questo concetto (che defin-remo d’ora in poi “verità” o me-glio come un suo dispiegarsi o manifestarsi) nasce dalla fi-losofia greca socratica e post socratica che si interroga sull’essere, vale a dire ciò che veramente è e in cui consiste “ἀλήθεια”, quest’ultima veniva intesa non come una pura e semplice realtà di fatto, ma un atto dinamico, mai finito ed in sé inconcluso, tramite cui peraltro avviene la confutazione dell’errore e il riconoscimento del falso, del non vero. Non quindi un pensiero statico e definito, bensì movimen-to di rivelazione dell’essere. Dina-micità che indubbiamente l’opera trasmette mediante le due figure in alto a sinistra, ma come an-che attraverso le onde e il ven-to. Questo magnifico nudo “senza veli” in conclusione non è null’altro che il vero “figlio” di “ragione”, vale a dire quel “vero” che giace nell’Ipe-ruranio.

E’ da segnalare che l’artista ha qui scelto di presentare non un’idea qualunque, di derivazione ignota o non specificata, ma nel particola-re si concentra su quell’ideale di Bellezza che il medesimo Platone per l’appunto illustra con chiarez-za nel Fedro (con maggiore atten-zione ai passi da 249-d a 251-c). Il filosofo descrive la Bellezza come la nozione o la congettura che meglio noi uomini riusciamo a “rimembra-re” grazie al processo dell’apprendi-mento per la sua evidenza rispetto alla vista. Da questo senso che Platone riteneva essere principe nella conoscenza del mondo, si può evincere che egli considerasse possibile il poterne assorbire ogni aspetto, oltre al fatto che giu-dica la vista fondamentale nella formazione dell’animo nell’iperura-nio, come dimostrano i passi di se-guito riportati.

250d: “La bellezza, come abbiamo detto, essendo tra le cose di lassù, risplendeva anch’essa e, una volta arrivati qui, siamo riusciti a co-glierla nel suo splendore più vivido che mai, mediante il più vivido dei sensi. La visione infatti è la più acuta delle sensazioni che ci arrivano attraverso il corpo [...]. Ora, soltanto alla bellezza è toccato in sorte di essere la più evidente e la più amabile.”

251: ”Chi invece, iniziato da poco, ha avuto modo di contemplare a lungo le cose di allora, quan-do vede un volto dalle sembianze divine o qualche forma corporea che imitano bene la bellezza, dap-prima è preso dai brividi e gli si insinua dentro uno sgomento si-mile a quello che provò allora, poi

fissandolo, lo venera come un dio.”

248d: “L’anima che abbia visto di più attecchisca nel seme di un uomo che aspira alla sapienza ov-vero un amante della bellezza, de-voto alla muse, dedito all’amore.”

Queste tre citazioni provano come nella filosofia platonica l’ideale di Bellezza nel suo essere tale e “vera” sia essenzialmente quello di mani-festarsi letteralmente “non coperta”, rivelata.

Fondamentale nell’analisi è anche il personaggio dell’ancella che copre la dea, colta in maniera molto peculiare nell’attimo stesso in cui spiega il grande velo da destra per nasconderla, celarle le pudenda; e difatti nel suo atto di coprire, e perciò nel mettere “sotto altra forma” la dea, il soggetto potrebbe essere letto in un’ottica che riconduce all’im-maginario del Demiurgo. Infatti il dio platonico è una figura che ha la funzione soprattutto di rac-cordo tra il mondo delle idee e la realtà fenomenica, plasman-do la materia, appunto, basan-dosi sulle idee e la loro sostanza.Dopo aver illustrato in chiave filo-

sofica le figure della Venere e della seconda figura femminile a fianco, si può procedere ad analizzare i due personaggi collocati nella par-te alta sulla sinistra. Questi ultimi possono venir interpretati nel-la prospettiva del mito (sempre platonico) della biga alata come i due cavalli trainanti l’auriga: la figura maschile potrebbe simboleg-giare il cavallo nero, che a sua volta è una metafora dell’anima concupiscibile, mentre la figura dalla chioma bionda femmini-le (che la prima imbraccia in volo verso la scena) andrebbe vista e osservata in una luce perfettamente opposta, ossia come il cavallo bianco, simbolo dell’a-nima irascibile, secondo i dettami del mito di riferimento. In sinte-si, l’opera può essere concepita e analizzata nel seguente modo: il cocchio alato, attraversando l’Ipe-ruranio, osserva la nuda verità, e quindi le idee; così, poi, (ri)caden-do nel mondo terreno e materiale, si incarna nello stesso, ove non vive e si sviluppa che secondo “ricordi”o frammenti di un contenuto già presente, ἀλήθεια, che quin-di da qui possiamo desumere che avesse ammirato senza veli nell’Iperuranio.

di Maurizio Colamonici, V D Classico

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LA NOTTOLA, FEB 2016

MATERIA E FORMAdi Matia Frignani, V D Classico

de, ci troviamo nel ventunesimo se-colo.

A COSA, DUNQUE, DOBBIAMO QUESTO PRE-DOMINIO DELL’ESTERIORITÀ, DEL BELLO IN SENSO STRETTO?

La causa originaria è senza dubbio riconducibile al tipo di società in cui viviamo, essenzialmente per due fattori scatenanti: all’errato modello di vita consumistico proposto dai mass media che va dilagando e ci conduce gradualmente ad una totale omologazione, subentra l’era digita-le, che, ponendoci nelle condizioni di disporre, a nostro piacimento, di un’innumerevole numero di dati, se da un lato ci rende più efficienti in

termini di quantità e tempo, dall’al-tro ci sottrae quel senso critico che ci permette di distinguere il falso dal vero e di cogliere la vera essenza dellecose. Così, con atteggiamento infan-tile, ci affidiamo completamenteal nostro istinto e diamo ascolto solo a ciò che i nostri sensi ci suggerisco-no. A ben poco servono soluzioni come il politically correct, che pa-iono modifiche insignificanti ope-rate su sovrastrutture. Occorrono, al contrario, una ri-educazione al bel-lo in senso lato e una ri-edificazio-ne di quei valori morali tradizionali che paiono tanto scontati ma che, al giorno d’oggi, sono perennemente messi in discussione, come la liber-tà di pensiero da pregiudizi esteriori di ordine etnico, religioso, sociale.

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Come l’apparenza domina la bellezza

Viviamo in una so- cietà ipocrita e per-

benista, superficialee qualunquista. Do-

vremmo essere pro- grediti in ambito uma-nitario, dopo secoli di storia alle spalle e moltitudini di battaglie vinte in nome della li-

bertà e dell’uguaglianza, ma, sotto una patina inconsistente di con-venzioni e formalità, non siamo cambiati di una virgola. Anzi, ab-biamo perso quella poeticità che un tempo caratterizzava le no-stre vite. Inneggiamo alla fama e al denaro e non ci emozioniamo più dinnanzi ad un paesaggio o ad uno scenario mozzafiato, non diamo importanza alle semplici soddisfazioni quotidiane. Stiamo smarrendo sensibilità, ci siamo addentrati a tal punto nella for-ma da perdere di vista il contenu-to. Stiamo regredendo all’atavica concezione greca della kaloka-gathìa, della coincidenza fra bel-lezza ideale esteriore e moralità interiore. Per quanti anni ancora continueremo a raccontare a noi stessi di riuscire quotidianamente ad andare oltre l’apparenza, di non limitarci alla sfera sensoriale? In prima persona avvertiamo quan-to sia fallace ciò di cui tentiamo di convincerci, ma non abbiamo il coraggio di ammetterlo; d’altron-

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LA NOTTOLA, FEB 2016 DOSSIER REISSOD

ORIENTAMENTO?A noi una scelta

A noi una scelta. Dovrebbe essere una liberazione, un sospiro di sollie-vo, dopo anni in cui tutto veniva de-ciso da altri. Tocca finalmente a noi. Perché esitiamo allora? Non sentia-mo la libertà scorrere nelle vene, gli occhi farsi fiammeggianti, guidati da un sogno, un’idea? Certo, è im-portante valutare tutte le possibili-tà, è una decisione importante, ma non lasciamo che sia solo la logica a guidarci. Non è nel calcolo, nella prospettiva limitata che riusciremo a trovarci tra vent’anni, dopo chissà quante capriole nel vuoto, paesi at-traversati, lavori e alloggi indecenti. Non si può programmare un’esisten-za, diceva Montale. Purtroppo non saremo mai del tutto convincenti nel

ruolo di dei, troppo incostanti per governare, oracolare e lanciare pre-sagi tra gli intestini di qualche ani-male. Ma, per fortuna, non saremo nemmeno mai governati dalla sola logica, dalla ragione, dalla verità; anche il filosofo ha gridato duran-te un amplesso e, in fondo, avrebbe voluto sempre parlare con quella ra-gazza che gli passava di fianco nelle sue lunghe passeggiate sui colli d’A-tene, avrebbe dato quella manciata di parole vaghe per un solo minuto con lei sulle rocce, nel punto più alto della città, a guardare il tramonto. E noi, gettati alla rinfusa tra opportu-nismo di prospettiva e sogni irrea-lizzabili non siamo davanti a un bi-vio, ma a dieci, venti. La vera scelta

La vera scelta rimane, però, una sola. Siamo fatti per accettare un percorso segnato o vogliamo ri-schiare i fanghi delle strade secon-darie? Dove vogliamo trovarci il minuto successivo al termine della nostra scelta di tre, cinque, sei anni di studi? Distruggere i futuri asse-gnati per creare noi stessi o spingere noi stessi a creare futuri da assegna-re? C’è una strada per tutti e ogni scelta è la scelta giusta. Anzi, nes-suna scelta è quella giusta, ma quel-lo che importa e che fa davvero la differenza è che sia la nostra scelta, quella in cui crediamo e che siamo pronti a difendere davanti a ogni dubbio. Forse un giorno ci servirà, se qualcuno dovesse chiedercelo.

di M.

SCELTALAVORO

FACOLTA’

CASA

MACC

HINA

COMPAGNO

LIBERTA’

PARTITO

MULTIPLA

ORIENTAMENTO GUIDA

VALUTARE

RISCHIO

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/e·stè·ti·ca/sostantivo femminile

Settore dell’indagine filosofica che mira alla definizione e alla classifica-zione del fenomeno artistico.

com.L’insieme dei fattori richiesti e accettati dal gusto e dal sen

so della forma. “curare l’e. del corpo”

Di questi tempi si parla molto di estetica. Si parla di bellezza femminile, di modelle, di anoressiche, di ma-ke-up, di problemi psicologici. Si ricordano i diversi standard di bel-lezza femminile del secolo passato: da Greta Garbo a Marylin Monroe, da Audrey Hepburn a Grace Kelly e innumerevoli altre icone di stile. Queste hanno dettato le tendenze del loro periodo di successo, decre-tando che erano di moda le magre, poi le formose, le bionde, le more.. e poi si ripartiva daccapo. Insom-ma, nel secolo scorso ne abbiamo viste di tutti i colori. E anche ades-so, gli stilisti continuano a sfornare nuove mode e abiti stravaganti e perfetti nella loro ambiguità, co-munque abbastanza strani perché si dica: “Bah, solo una modella può portarlo!”, e a volte nemmeno loro...Ma allarghiamo un po’il concetto.. rendiamolo mondiale! In Cina, piacciono le donne minute, dalla pelle latteaea e i piedi piccoli. In Grecia, devono essere pazienti e tracagnotte. Nei paesi baltici alte e

bionde. In America... bah non si sa.. forse la perfetta casalin-ga anni ’50, oppure un’ indi-pendente donna in carriera. In Pakistan, Bangladesh, Cambogia, Colombia e quant’altro le cose sono un po’ diverse.. è meglio per loro se sono obbedienti, se no le deturpano a vita con l’acido muriatico.. e allo-ra parlare di estetica in senso con-venzionale non ha più molto senso.

I CASI DEL GENERE SONO 500.000 OGNI ANNO.

L’80% delle vittime sono donne e il 90% di coloro che fanno utilizzo acido sono uomini. A quanto ho potuto reperire da Internet, questa pratica viene utilizzata in varie si-tuazioni, in genere da parte di un marito o pretendente insoddisfatto per un qualche motivo. Magari la dote ricevuta dalla famiglia della moglie è inferiore rispetto a quanto pattuito, oppure la ragazza (o bam-bina) colpisce in qualche modo l’ego dell’assalitore. Il fine di questo atto folle e crudele è quello di emar-

ginare la vittima dalla comunità (fa-miglia d’origine compresa), che la considera l’unica colpevole del mi-sfatto -secondo una qualche contor-ta mentalità-, quando questa il più delle volte non sa neanche il moti-vo di un’azione tanto repentina. Ad ogni modo, non deve essere consi-derato un fallito tentativo di omici-dio, ma un modo per condannarla a non poter più trovare né marito né lavoro all’interno della comunità.

Al che, speriamo davvero che la bel-lezza sia negli occhi di chi guarda.

di Francesca Mazzali, IV C Classico

LE DONNE E L’ESTETICA

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REGGIO 360°Siete curiosi di sapere cosa pensano i Reggiani?

di Maria Chiara Trapasso Colli e Francesca Anigoni, II B Classico

* Sarebbe subito opportuno precisare che questo articolo non è denigratorio o inquisitorio. È una semplice statistica, un modo per fermarci a riflettere qualche istante su come venga generalizzato l’aggettivo “bello” e su come l’estetica venga subito presa in esame, senza minima considerazione dei particolari.

‘‘ Ricordo ancora il dolore ai piedi Il male per aver camminato molto.

Ricordo il freddo che Meschino intercettava gli spiragli Nella sciarpa; arrossava il naso. Ricordo l’odore che aveva l’aria

Quel giorno in cui tutto pareva angosciosamente Bello.

Ricordo di come mi stupii Vedendo l’indifferenza di un passante:

Guardava dritto davanti a sé, Ma sembrava non vedere niente ’’

Vi sfido a contare!Ok no, questo lo sanno fare tutti. Rettifico. Vi sfido a contare tutte le volte che definite qualcosa o qualcuno “bello”, giusto per rendere più avvincente questa competizione.

Anche se non ce ne accorgiamo, utilizziamo lo stesso aggettivo milioni e milioni di volte, nelle più sva-riate occasioni, in riferimento a qualsiasi realtà oggettiva, senza che il vero significato delle parole ci ponga dei limiti.

“Bello quel maglione!” “Il film di ieri? Bellissimo!” “Ehi, bella cover!”

L’errore non sta semplicemente nell’addossare una qualità eccessiva a qualcosa di poca importanza, ma nello spreco che questo implica; è come se “finissimo”la scorta di lusinghe, come se non avessimo più nulla per descrivere ciò che è veramente bello. L’esperimento sociale che vogliamo trattare consiste nel mostrare ai passanti foto apparentemente “belle”, ma che hanno un messaggio opposto ed implicito.

Abbiamo così messo alla prova i reggiani: saranno in grado di cogliere i “messaggi subliminali”?

Vediamo se le apparenze ingannano davvero!!

DOSSIER REISSOD

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LA NOTTOLA, FEB 2016

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FOTO N 1

GIUDIZI POSITIVI: 6 persone su 9 la descrivono positivamente con ag-gettivi come “COLORATO,RO-MANTICO, ARTISTICO”.

GIUDIZI NEGATIVI: le rimanenti 3 persone la descrivono negativa-mente con aggettivi come “TRI-STE, MORTO”.

COSA APPARE OGGETTIVAMENTE: immagine di una rosa sem-plicemente stesa su una pietra, con sfondo in bianco e nero.

LA VERA STORIA: analizzando la foto nel suo complesso, si nota all’orizzonte il cancello di Auschwitz. La rosa è simbolo del ricordo, della tragedia.

FOTO N 2

GIUDIZI POSITIVI: 7 persone su 7 la descri-vono positivamente con aggettivi come “DIVERTENTE, FELICE, SIMPATICO, ANTIQUA-TO“.

GIUDIZI NEGATIVI: nessuno la descrive negativa-mente.

COSA APPARE OGGETTIVAMENTE: nel-la foto possiamo vedere il signor Walt Disney posare sorridente, affianca-to dal famosissimo personaggio dei

cartoni, da lui ideato.

LA VERA STORIA: pochi sanno che Walt Disney fu accusato nel 1955 di satanismo e messaggi occulti presenti nei cartoni tanto amati dai bambini. Inoltre, nel 2004 la Walt Disney fu nuovamente accusata di aver inserito messaggi a sfondo sessuale e immorale ma, per evitare che il processo si dilungasse, pagò ben 70 milioni di dollari.

FOTO N 3

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GIUDIZI POSITIVI: 5 persone su 7 la descrivono posi-tivamente con aggettivi come “BELLA, FORTE”.

GIUDIZI NEGATIVI: Le rimanenti 2 persone la descri-vono negativamente con aggettivi come “FREDDA, TRISTE”.

COSA APPARE OGGETTIVAMENTE: La foto rappresenta una ragazza indubbiamente bella in posa, probabilmen-te una modella.

LA VERA STORIA: Lei è Lesley Hornby, meglio conosciuta come Twiggy. Facendo carriera alla giovane età di se-dici anni, nel 1965 viene ritenuta la prima modella al mondo e diventa icona degli anni ‘60. Twiggy era alta 1,67 e pesava solamente 43 kg: era l’emblema della bel-lezza anoressica. Come ben sappiamo, questa visione di bellezza si è protratta sino ai giorni nostri, diffusa.

dove l’anoressia nel mondo della moda è sempre più

Purtroppo, parlando in termini di estetica, la bellezza regna incontrastata, quasi le fosse stato attribuito un diritto divino. Sappiamo anche, ahimè, che gli esseri viventi sono innanzitutto creature estetiche, poi morali. Ed è davvero così dannatamente difficile essere indifferenti alla propria immagine o a quella degli altri, l’apparenza incanta. Ma sono sicura che, chi vive di apparenze, vive solo di cose effimere. Bellezza non è apparenza, a mio parere. Bellezza sta in quella persona per la quale ti esplode il cuore, solo dopo averci parlato.

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FORTE

BELLAFREDDA

TRIS

TE

DIVERTENTE

FELICE SIMPATICO

ROMA

NTIC

O

ARTISTICO

MORTO

ANTIQUATO

DOSSIER REISSOD

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PRIMA LA MUSICA O LE PAROLE?Piccolo escursus musicale.

Tra le questioni più dibattute ne-gli ultimi quattro secoli di sto-ria musicale, dalla nascita dell’o-pera lirica agli inizi del ‘600 fino alle moderne sperimentazioni, vi è il rapporto musica-testo, quin-di in che misura la musica deb-ba essere influenzata dal testo.

Sin dai tempi più remoti la poesia è stata associata alla musica; pensia-mo ad esempio ai poeti greci dell’età arcaica (VIII-VI sec. a.C.), barba-ramente raggruppati in ambiente scolastico sotto il termine lirici, che, oltre a comporre i testi, erano anche autori della musica che li accom-pagnava (purtroppo quest’ultima è andata perduta, salvo rarissime eccezioni). Questo valeva, in epoca antica, anche per la tragedia, la com-media e la lirica corale; solo in epo-ca alessandrina si procedette ad una netta separazione delle due forme.

Il cristianesimo riuscì a riconci-liare poesia e musica introducen-do il canto nella liturgia; questa influenza nella musica perdura ancora oggi, dato che vengono an-cora messi in musica quegli an-tichi testi sacri, come messe, Re-quiem, Stabat Mater, e via dicendo. Anche la musica profana nei pri-mi secoli dopo Cristo cominciava ad assumere caratteristiche simili alla musica liturgica e specialmente

nella prima il rapporto tra musica e testo si fece sempre più stretto, arri-vando ad un’aderenza quasi perfet-ta fra le due componenti, alla fine del ‘500, col cosiddetto madrigali-smo, ossia un rapporto fra musica e testo in cui è lo stesso andamen-to delle note che richiama alcuni concetti, ad esempio il movimento delle onde del mare (le note dispo-ste sul pentagramma avranno un andamento ondulato) può appari-

L’eredità del madrigalismo, raa-colta da vari autori e a più ripre-se, ebbe il proprio culmine nel lavoro di Richard Wagner (1813-1883), uno dei compositori più importanti e influenti nella sto-ria della musica ottocentesca.La stragrande maggioranza della produzione wagneriana consiste di opere liriche, nell’evoluzione del-le quali possiamo trovare una pro-gressiva identità fra musica, testo

di Marco Elia Righi, IV C Classico

re in corrispondenza della parola «mare»: in questo modo la musica metteva in luce altri significati celati nel testo poetico. Questa accezio-ne è sopravvissuta nel corso di tut-ta la storia della musica successiva anche all’estinzione del genere del madrigale, e può essere facilmen-te riconducibile a numerosissime composizioni vocali di ogni genere.

e azione scenica (ricordiamo che Wagner curò non solo la musica del-le proprie opere, ma anche il libretto e la sceneggiatura). L’intento di Wa-gner era quello di creare un’opera d’arte totale, che potesse raccoglie-re tutte le espressioni dello spirito umano in un’unico, grande affresco musicale, poetico e visivo. L’influen-za che ebbe Wagner sui contempo-

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ranei e sui posteri fu enorme, data l’innovazione di un genere così tra-sversale come l’Opera lirica nell’Ot-tocento, e le controversie che ne seguirono; comunque la sua impor-tanza rimane ancora oggi indiscussa. Tra i �seguaci� di Wagner vi era anche Richard Strauss (1864-1949), che, raccogliendo l’eredità del ma-estro, ideò le proprie composizio-ni (almeno quelle giovanili) su un modello pedissequamente wagne-riano, per poi allontanarsene in età matura. Comunque, il proble-ma del rapporto tra testo e musica occupò Strauss fino an-che all’ultima opera lirica,�Capriccio�(1942), che affron-ta proprio questo problema.In un castello nella metà del XVIII secolo, il poeta Olivier e il musi-cista Flamand si contendono la bella Madeleine, la quale promet-te di scegliere uno dei due preten-denti (in senso allegorico, si tratta di una scelta fra Musica e Poesia) come marito. Riporto il monolo-go che Madeleine pronuncia pri-ma di proferire la proprio verdetto:

A questo punto cala il sipario e ter-mina l’opera, lasciando lo spettato-re con il dubbio di non sapere mai chi verrà scelto, perche, secondo le parole di Madeleine, musica e pa-rola possono essere una cosa sola.Che dire della modernità rispet-to a questa annosa questione?Si può senza dubbio affermare che il contenuto dei moderni testi poetici messi in musica o rasen-ta la banalità o la trivialità mentre

la struttura musicale è sempli-ficata al massimo, anche qui con esiti tutt'altro che brillanti.In realtà il vero protagonista della musica moderna è il rit-mo, un ritmo primordiale, stor-dente e trascinante, capace di portare chiunque alla danza.Chissà come ci ricorderan-no i posteri, musicalmente e poeticamente parlando...

ORA, CARA MADELEINE, COSA TI DICE IL TUO CUORE?SEI AMATA, MA CHI AMI ORA?TROVAVI DOLCE IL NON SAPERLO...HAI CERCATO DI FARE UN PATTO CON L’AMO-RE E ADESSO PROPRIO TU SEI IN FIAMME E NON TI PUOI SALVARE!SCEGLIENDONE UNO PERDERAI L’ALTRO!NON C’È SEMPRE QUALCUNO CHE PERDE, QUANDO L’ALTRO VINCE?[...]QUALE SARÀ L’EPILOGO DI QUEST’OPERA?C’È N’È FORSE UNO CHE NON SIA TRIVIALE?

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IL VISUAL KEIL’ESPERIENZA DELLA RICERCA DELL’ESTETICA NELLA FUSIONE

TRA SUONO E IMMAGINEdi Caterina Iotti, V B Scientifico

I gruppi appartenenti al genere visual kei si sono sempre distinti, oltre che per la musica, per l’impo-tanza data all’immagine, a partire dal modo di vestire. Tra le decine di band che fanno riferimento a questa corrente, però, si può indivi-duare un vero e proprio filone a sé stante: i musicisti che ne fanno parte si prefigurano l’obiettivo di segui-re un particolare canone di esteti-ca. Questo viene di solito ottenuto con l’impiego di sonorità a metà tra symphonic metal e musica classica, costumi elaborati che rimandano ai vestiti della nobiltà settecentesca, riferimenti letterari e l’ideazione di veri e propri concept anche mol-to estesi e complessi. Fondamenta-le è la storia, i cui personaggi sono interpretati dai membri della band, che si sviluppa in modo diverso in ogni album, mantenendo ben ca-ratterizzati i ruoli, e che spesso in-corpora temi fantastici. Il contesto fiabesco permette una grande li-bertà nella scelta dell’ orientamento estetico, con la creazione di uno sti-le, non solo musicale, basato sulla ri-visitazione del passato attraverso un aspetto particolarmente scenografi-co. Il gruppo che può essere consi-derato capostipite di questo filone sono i Malice Mizer, band fondata nei primi anni ‘90 dal chitarrista Mana (in seguito diventato un’ico-na, anche per aver creato il gothic

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lolita). Essi sono stati i primi a in-dossare un abbigliamento vistoso, che a volte incorporava accessori come ali e corna, e a ispirarsi alla tradizione francese. I Malice Mizer ispirarono altri gruppi, come i La-reine, in cui è più evidente l’in-fluenza dello stile settecentesco: il concept della band si rifà al celebre manga Le rose di Versailles, cono-sciuto in Italia come Lady Oscar. Il sound melodico, tendente al pop e che incorpora anche elementi clas-sici, li avvicina ai loro predecessori. Il cantante, Kamijo, figura centra-le del panorama visual kei, è anche uno dei musicisti che più si dedi-cano alla ricerca dell’estetica. Ciò è

evidente non solo nelle canzoni dei LAREINE, ma anche in quelle re-alizzate come solista e soprattutto nella musica dei Versailles, il grup-po da lui fondato nel 2007 insieme al chitarrista Hizaki. L’essenza della band, come dichiarato dai membri stessi, è l’assoluta youshikibi (forma di bellezza) del suono e gli estremi dell’estetismo”. Lo stile dei Versailles, sebbene si possa collocare nel sym-phonic metal, presenta forti influssi barocchi, soprattutto nelle chitarre, ed è caratterizzato da un elevata abi-lità da parte di tutti i componenti. Molto vicini ai Versailles, ma forse con caratteristiche sonore più ag-gressive, sono i D, nati nel 2003 dalle

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ceneri della band Syndrome, del-la quale facevano parte il cantante e il chitarrista. Insieme ai Versail-les si distinguono per il fondarsi su un tòpos tipico della letteratura romantica occidentale: quello del vampiro. I D, in particolare, hanno sviluppato una vera e propria storyline che prevede un personag-gio –o anche più di uno- per ogni membro. Le stesse sonorità e lo stesso gusto per l’estetica si ritro-vano anche nei Matenrou Opera.

Un elemento ricorrente nel vi-sual kei è, inoltre, la presenza, nel-la maggior parte dei gruppi, di un componente dall’aspetto più fem-minile (spesso chiamato “hime”, principessa), come Mana dei Malice Mizer, Hizaki dei Versailles e Emi-ru dei LAREINE. Un altro esempio è rappresentato dal cantante Kaya, ex vocalist di Schwarz Stein e Fem-me Fatale: ispiratosi alla chanson française, nelle sue canzoni fonde rock ed elettronica, interpretando in maniera romanzata temi della lette-ratura e della filosofia. Nonostante i costumi e i temi utilizzati si rife-riscano perlopiù al Rococò in arte e al Romanticismo letterario, nella ricerca, da parte delle band soprac-citate, dell’estetica e della vita come opera d’arte, si può riscontare la profonda influenza dell’Estetismo di fine Ottocento. Tale ricerca ha con-traddistinto e contraddistingue il visual kei, costituendone allo stesso tempo sia il fondamento che l’ideale di raffinata bellezza a cui tende.

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"Estetica”, che pazza idea. E che pensiero stupendo. Dal greco, “ciò che concerne la sensazione”. Un po’ come disegnare le nuvole, un’arte impossibile. Perchè quando si par-la di sensazioni, non c’è oggettivi-tà, non può e non deve esserci og-gettività. Perchè sarebbe una gran stupidata, alla fine, pensare che il mio cuore senta come il tuo, che io veda il mondo come lo vedi tu, che possiamo essere davvero d’accordo o che, peggio, dovremmo scendere acompromessi. Come caratteristi-ca fondamentale, l’Estetica rientra in quel troppo piccolo gruppo di scienze non quantificabili e dun-que relative, soggettive e, in fin dei conti, libere. Che grande pregio. Ma che gran problema se bisogna trovare qualcosa di indubbiamente estetico, che insieme al mio possa far ballare il cuore di tutti voi. Alla cieca, allora, e alla salute.

“Castelli di Rabbia”, Alessandro Ba-ricco.

Pubblicato per la prima volta nel 1991, “Castelli di Rabbia” è un’opera ormai fondamentale in qualsiasi bi-blioteca moderna, un romanzo che – apprezzato o meno – è doveroso, per ciò che nella letteratura Italiana esso ha rappresentato e tuttora rap-presenta, leggere. Unico per forme e contenuti, questo romanzo d’esordio

rio da porre al centro della criti-ca e del dibattito un autore allora trentatrenne, ma destinato a rima-nervi fino ai giorni nostri. Già alla prima pagina la prima sorpresa: Baricco apre il suo libro citando il quartultimo verso di un’altra lettu-ra super-consigliata, l’ ultima del-le Elegie duinesi di Rainer Maria Rilke: “Und wir, die an steigendes Gluck”. Eppure, piano piano, que-sta sorpresa diviene l’unico punto che scandisce e ordina i Castelli di Rabbia: all’inizio di ognuna delle quattro stanze in cui essi si divido-no, si trova un verso, fino a quando,al termine del libro, “wenn ein Gluckliches fallt” chiude il canto e le ultime quattro pagine danno un senso a tutte le precedenti. Si, per-chè fino al finale capolavoro con cui Baricco trae i fili di una trama che ha minuziosamente intrecciato, ci si trova in mezzo ad un libro tanto bello quanto inspiegabile, fatto di parole magiche e pensieri meravi-gliosi e personaggi drammatici e storie emozionanti, ma tutto pieno di domande irrisolte e collegamenti insensati. Dopo aver scritto pa-gine e pagine di pura fantasia, di puro sogno, Baricco crea un epi-logo che dà loro una base quasi scientifica, assolutamente Freudia-na. Ciascuno dei personaggi va a comporre un accuratissimo qua-dro che rappresenta la psiche uma-

ana in tutti i suoi aspetti: da quelli più cristallini a quelli più viscerali, passando anche per i suoi volti pas-sionali e per quelli più selvaggi. Sarà proprio questo quadro psicologico a contenere il vero messaggio dell’o-pera, a dimostrare la devastante onnipotenza del sentire nelle vi-cende umane. E il sentire, il sapore che quest’opera vuole trasmettere, è vario e complicato: subito emerge l’amore. Un amore folle, sfrenato e perfetto, ma alla distanza una ma-linconia latente e al tempo stesso dominante cancella tutto, rendendo in apparenza il pessimismo il gu-sto principale del romanzo. Eppure, quando sembra finita, anche sotto quest’aspetto arrivano le ultime pa-gine a stravolgere tutto, a far pen-sare che forse quanto letto fin lì è stato un sogno, una salvezza, una speranza. Ma il vero sentimento, il vero sapore di quest’opera, ha biso-gno di più tempo, arriva ben dopo l’ultima pagina, e piano piano si fa strada nei palati, inizia a far-si riconoscere sempre più definito in ogni momento, nelle radici di ogni storia, fino a quando non ri-sulta evidente che – tu guarda– la soluzione stava già nel titolo: la Rabbia. La forza cieca che tutto governa, che sta alla base dell’uo-mo e di tutti i suoi Castelli. Allora, solo allora, si arriva ad apprezzare la genialità di un Baricco che, oltre

lA FORZA CIECA CHE TUTTO GOVERNAUn capolavoro da incantatore, una storia triste e un museo di pensieri:

Castelli di Rabbia, Alessandro Baricco.di Tommaso Vezzani, V D Classico

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ad essere originale pensatore, ha scherzato con noi e con i nostri cuo-ri, ci ha manipolato come burattini e ci ha incantato come serpenti, per poi portarci proprio là dove voleva lui. Il suo stile, infatti, è magistra-le: oltre alle varie storie, oltre alle straordinarie immagini che in esse ci rappresenta, è sempre il modo in cui quest’uomo scrive a fare colpo, a rapire. A livello di trasmissione di significati ed emozioni, Alessandro Baricco non è secondo a nessuno. Il tono di tutto il libro è affettuoso, come se un padre (Baricco, appun-to) leggesse al figlio (noi) una favola prima di andare a dormire, e con lui la sentisse per la prima volta, riflet-tendo e emozionandosi. L’artificio è clamoroso, perchè Baricco crea connoi questo rapporto intimo e frater-no quando in realtà siamo assoluta-mente sottomessi e senza nessuna difficoltà ci sta manipolando, sfrut-tando, dominando con il solo uso di immagini e pensieri. Ma soprattutto, parole. Parole, perchè la vera perla di questo romanzo, ciò che lo rende indimenticabile dal primo all’ultimo momento, sono gli aforismi che l’au-tore, quasi a ogni pagina, riesce a re-galare e che per scelta non saranno qui riportati. In primis, perchè non ne venga insozzato il significato, ma anche perchè rimanga in voi quel-la fame necessaria ad aprire uno di quelli che potrebbero essere - crede-temi - i libri più indimenticabili del-la vostra vita.

A VOLTE LE PAROLE NON BASTANO.

E ALLORA SERVONO I COLORI. E LE FORME. E LE NOTE.

E LE EMOZIONI. ALESSANDRO BARICCO DAL LIBRO CASTELLI DI RABBIA

DOSSIER-LIBRI IRIBIL-REISSOD

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STANLEY KUBRICK E L’ESTETICAdi Riccardo Pesare, V D Classico

Stanley Kubrick è stato senza dubbio unodei registi più geniali ed influenti del secondo Novecento. Ci-neasta visionario, ha fatto della perfezione, della minuziosità e della severità compositiva i capisaldi della sua intera carriera artistica, senza lasciare nulla al caos, tantomeno al caso. Kubrick ha potuto godere di carta bianca su qualsiasi progetto gli venisse proposto, si è allontanato dai canoni di Hollywood, ha sempre potuto lavorare in totale assenza di restrizioni che l’ industria cinematografica per eccellenza è solita attuare. Questo vuol dire, tra l’ altro, che Kubrick è stato un artista, ed ha lavorato col fine ultimo dell’ arte. Al fianco dell’ originalità delle storie raccontate, Kubrick fa del senso, dell’ impressione, della visione, dell’ immagine il punto principale del suo cinema.

NULLA AVVIENE PER CASO: Come già anticipato, nel cinema di Kubrick nulla avviene per caso. Tutto ciò che è proposto allo spet-tatore è studiato minuziosamente, ed ha un preciso significato, a prescindere che lo stesso spettatore se ne accorga o no. Tutto ciò che può sembrare casuale, e quindi passare inosservato, nasconde in realtà un signifi-cato ben preciso. Guardate ad esempio questi frame tratti da Shining, film del 1980:

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Nella prima situazione, notate la sedia sullo sfondo. Durante il dialogo fra Jack, il protagonista, e la moglie, c’ è un alternarsi fra inquadrature su di lui e poi su di lei. Nella prima inquadratura su Jack, è presente, sullo-sfondo, appoggiata al muro, la sedia. Poi si passa sudi lei, la moglie. Quando lamacchina da presa torna su di lui, la sedia sullo sfondo è scomparsa. Errore del regista? Non ci pensate nemmeno. Nella seconda si-tuazione, l’ uomo sta facendo visitare la cucina alla madre e alfiglio. Sono in procinto di entrare nella cella frigorifero, e lo sfondo che vediamo è quello dell’ immagine di sinistra. Poi, inquadratura dall’ inter-no della cella. Quando escono da quella stessa cella, lo sfondo è cambiato, persino la porta è diversa: la struttura intera della cucina viene sconvolta. No, non è una svista. Shining è uno dei film horror più belli e riusciti della storia delcinema, e questo perché la componente psicologica è fortissima. Ku-brick mette in scena ildisorientamento, lo spaesamento, la climax discendente della salute mentale del pro-tagonista... E attua tutto ciò facendo dell’ hotel, il luogo dell’ azione, un immenso e affascinante la-birinto, spostando pezzi per posizionarli da tutt’ altra parte. Così, il disorientamento interno dei personaggi

del film diventa il disorientamento visivo dello spettatore. Sublimare la componente visiva alla narrazione, non è estetica questa?

Anche le transizioni, cioè il passaggio tra una scena edun’ altra, hanno un non so che di non-casuale. Restiamo su Shining, il film di Kubrick maggiormente discusso e studiato. Notate come l’ inquadratura totale dell’ esterno dell’ hotel si vada a mischiare suggestivamente all’ interno dell’ hotel stesso: la scala, posizionata in modo così “casuale”, con una lenta carrellata, si sovrappone al tetto spiovente dell’ hotel. Tutti sintomi non della mia pazzia, bensì di una minuziosità finalizzata all’ estetica, anche se talvolta apparentemente super-flua.

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Osservate questo frame. Guardando (o ricordando) ilfilm, si scoprirà come il cuoco abbia lo “shining”, una sorta di sesto senso che permette di cogliere aspetti della realtà che le persone normali ignorano, o addirittura indizi premonitori di funesti eventi futuri. Da questa im-magine si coglie che, idealmente, nella sua testa sono presenti i personaggi del film, il protagonista in primis.

In questo frame tratto da Eyes Wide Shut (1999), l’ ultimo film di Kubrick, uscito postumo e probabilmente non definitivo, l’ ombra delle persiane della finestra va a sovrapporsial protagonista del film, di modo che venga rappresentato visivamente il suo stato d’ animo: una sensazione di prigionia.

Lo stesso stato d’ animo che viene ripreso in questa particolare inquadratura.

Un’ inquadratura simile era già stata utilizzata nel lontano 1956, in Rapina a mano armata. Ilf ine po-trebbe essere, se vogliamo, leggermente diverso. Un’ inquadratura del genere in questo film, può es-sere interpretata come una possibile anticipazione dell’ esito della rapina (perdonate il mezzo spoiler, se lo si è colto).

Altra scelta che non contempla casualità è quella dell’ obiettivo da utilizzare. Qui sotto, nel frame disinistra, tratto anch’ esso da Eyes Wide Shut, vediamo come l’ utilizzo di quel particolare obiettivo elimini quasi totalmente la profondità di campo, rendendo lo sfondo confuso e sfocato e aumentando, tra le altre cose, la resa cromatica.

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Questa particolare scelta rispecchia perfettamente la situazione interiore del protagonista, confusione, dato che l’ inquadratura in questione capita nel mo-mento in cui riceve una notizia scioccante, che ro-vescia le sue certezze. Opposto indubbio di questo tipo di inquadratura è esemplificato nel frame di de-stra, tratto da Rapina a mano armata. Notate come la profondità di campo raggiunga livelli quasi

irreali: gli attori sullo sfondo sono a fuoco come quelli in primo piano. Questa è una tecnica che haavuto grande successo grazie anche ai lavori di Orson Welles, e che vede la maggiore portata rivoluzionaria nel suo film più rivoluzionario, Quarto Potere.

In questa bellissima inquadratura di 2001: Odissea nello spazio, il riflesso di uno dei due astronauti si sovrappo-ne alla pupilla (se la si può chiamare così) dell ”occhio” di HAL 9000, il sofisticatissimo computer di bordo che controlla e dirige tutti i movimenti all’ interno della navicella spaziale. La luce rossa dell’ occhio di HAL potreb-be ricordare un mirino, puntato direttamente sull’ astronauta: una metafora anticipatrice del rapporto conflitua-le fra l’ uomo e la macchina che è tema fondante ditutto il film.

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GEOMETRIA DELL’IMMAGINE E PROSPETTIVA(da sinistra verso destra: Shining, Arancia Meccanica, Full Metal Jacket, 2001: Odissea nello spazio, Orizzonti di gloria, Arancia Meccanica, Rapina a mano armata, Full Metal Jacket, Shining, Spartacus)

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Il rigore geometrico è una delle peculiarità del cinema dI Kubrick. Qui sopra hO inserito alcune delle inqua-drture più esemplificatrici di tale caratteristica. Gli attori, gli oggetti di scena, le scenografie, e, solo alla fine, la macchina da presa, sono posizionati in maniera da suscitare un senso di ordine e di geometria che conferisce-leggerezza ed appagamento all’ occhio dello spettatore. Laprofondità di campo viene esaltata grazie al ripetersi cadenzato di oggetti, spesso simmetrici. Come, ad esempio, i lampadari sul soffitto, le porte ai lati dell’ imma-gIne, le colonne, gli alberelli sul bordo del labirinto di Shining, le mani dei soldati di Full Metal Jacket, le figure femminili dell’ inquietante bardiArancia Meccanica, i blocchi che compongono il corridoio della navicella di 2001... Tutti elementi che rilassano l’ occhio, conferiscono equilibrio, avvicinandosi anche aiprincipi della pittura classica. A differenza degli esempi presentati prima, quelli riguardanti la mancanza di casualità, non c’ è un par-ticolare riflesso della narrazione in scelte di questo tipo. Si tratta di tòpoi della concezione artistica di Kubrick, del suo stile, che vengono consolidati man mano che l’ esperienza artistica procede, e che vanno a costituire la firma caratteristica ed inconfondibile del cineasta. Sono volontà estetiche, ideali di perfezione ed equilibrio. E anche se ritornano spesso in ogni sua pellicola, non risultano mai pesanti, non si ha mai la necessità ditacciare il regista di mancanza di originalità. Anzi, in ogni singola inquadratura geometrica si coglie ogni volta un genio di-verso, che non si può far altro che ammirare e idolatrare. Per Kubrick lavisione haun ruolo egemone su tutte le altre modalità del conoscere. Questo aspetto dello stile compositivo di Kubrick viene chiamato “multiplanarità”: tecni-ca per cui la storia viene continuamente ricondotta ad un quadro, ad un immagine da mostrare, da guardare e da ammirare. Ne sono esempi eclatanti Barry Lyndon e 2001: Odissea nello spazio, come vedremo dopo nel dettaglio.

Anche le forme circolari tornano spesso nel cinema di Kubrick, sia che siano formate da persone, come i masche-rati o i soldati romani, sia che siano formate da strutture od oggetti, come la lampada che sovrasta il tavolo o i particolari ingressi di una tipica struttura vietnamita.(dall’alto, in senso orario: Spartacus, Eyes Wide Shut, Full Metal Jacket, Il dottor Stranamore)

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LUCE E COLORE La luce e il colore, che rientrano nella fotografia del film, solo gli aspetti che contribuiscono più ditutti alla resa estetica di una pellicola. Niente dipiù ovvio: nell’ arte in generale, il colore e la luce sono forse gli aspetti più importanti. Qui di seguito alcuni esempi di come la “mono-illuminazione”, ossia l’ illuminazione proveniente da un’ unica fonte di luce, presente nella scena (come, ad esempio, una lampada da tavolo o un lampadario estremamente basso)*, sia un altro aspetto tipico dell’ estetica kubrickiana.

Un’ illuminazione del genere è volta a ridurre il campo visibile della situazione rappresentata. Una lampada da tavolo o un lampadario basso limitano senz’ altro gli oggetti illuminati, illuminando solo lo “stretto necessario” e aumentando così, inevitabilmente, la tensione estetica che è a sua volta specchio della tensione narrativa, di un momento molto delicato della storia. In Rapina a mano armata, questo aspetto viene esasperato: grazie anche a carrellate che danno l’ impressione dimuovere la macchina da presa rasentando i muri delle stanze, questo tipo di illuminazione non permette mai di avere una visione complessiva del luogo in cui sono immersi i personaggi. Il compito di descrizione dei luoghi chiusi viene lasciato all’ immaginazione dello spettatore. Ci sono altre immagini degne di nota. Anche se non si tratta prettamente di lampade da tavolo o simili, sono situazioni in cui la “mono-illuminazione” non lascia indifferenti.

Nel primo caso, tratto da Full Metal Jacket, le lingue di fuoco del paesaggio devastato del Vietnam sono l’unica fonte di luce che illumina la scena. Oltre ad umentare la resa cromatica del giallo, colore caldo, creano un suggesti-vo gioco di ombre, e disegnano le sagome disoldati qual-siasi. Il secondo caso è tratto da Shining: l’ unica fonte di luce, una delle tante luci che illuminano il labirinto nel quale il bambino sta correndo, crea un alone di luce sof-fusa, ovattata e fredda. Anch’ essa, poi, disegna la sagoma del bambino, aumentando in questo caso la componente “horror” che caratterizza la scena e il film. I potenti fari che illuminano posteriormente il personaggio di 2001: Odissea nello spazio, illuminano anche ciò che sta toccando, fonda-mentale nell’ intero film, seppur non sia così esplicito.

*Termine “mono-illuminazione” non appartiene ad alcun linguaggio tecnico ufficiale.-da sinistra: Rapina a mano armata, Orizzonti di gloria, Eyes Wide Shut) (da sinistra, in senso orario: Full Metal Jacket, Shining, 2001...)

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Anziché illuminare ed inquadrare direttamente il personaggio e l’ oggetto destinatario della sua azione, Ku-brick decide di conferire all’ intera scena un’ aurea mitica, attraverso giochi di vedo-non vedo (o, meglio, mostro-non mostro), di controluce, di riflessi... I fari illuminano solo un lato del grande monolite nero che l’ astronauta sta toccando, timorosamente, con la mano. Quest’ ultima, inoltre, crea un’ ombra sulla stessa fascia illuminata. Ovviamente, vi invito a guardare la scena per intero per capire meglio ciò di cui sto parlando.

Le finestre sono un altro elemento che ritorna spesso nei film di Kubrick. Si passa da splendidi effetti di sagomatura dei fasci di luce, come nel caso del frame di Orizzonti di gloria (il primo), fino a veri e propri pu-gni negli occhi, dei quali Shining è l’ esempio più forte, ma che sono presenti anche in Full Metal Jacket (secondo e terzo frame). “Pugni ne-gli occhi” non perché raggiungono un pessimo risultato estetico, anzi. La luce che penetra da queste finestre è volutamente esasperata. Il ri-sultato che si vuole ottenere è volutamente una strana sensazione di inquietudine. Notate come nel secondo frame, nella parte alta dell’immensa finestra, la luce raggiunge un’ intensità tale da creare un alo-ne violastro attorno alla testa di Jack Nicholson: il classico effetto diritorno che si manifesta quando non si regola bene l’ esposizione della pellicola. E’ ovviamente un fenomeno comunemente definito anti estetico: non si fa, è una delle regole basilari della fotografia. Tuttavia Kubrick riesce a tirare fuori l’ aspetto estetico anche da ciò che è apparentemente il suo contrario. Scelte di questo genere sono senza dubbio azzardate, perciò frutto di maggiori studi e riflessioni. Ritornando al discorso secondo cui niente, nel mondo di Kubrick, è posizionato a caso, tali scelte rispondono a determinate necessità narrative. Nel frame di Shining è rappresentato uno dei momenti di maggiore tensione del film, in quello di Full Metal Jacket lo spettatore viene posto in attesa di un evento tragico che sta per avvenire, e che stravolge completamente la narrazione. Si crea così un’ empatia tra personaggio del film e spettatore.

In Eyes Wide Shut, film in cui Kubrick ha potuto usufruire della modernità di un cinema che stava entrando nell’ era digitale, le finestre fanno parte di una scenografia costante. Sono mol-tissime le scene in cui le finestre di casa o dell’ ufficio fungono da sfondo alla scena. Queste sono accomunate al colore blu: la-luce notturna penetra dalle finestre di casa con un intensissimo colore blu, esasperato e di conseguenza volutamente poco reale (come si vede nel frame qua affianco).

DOSSIER-CINEMA AMENIC-REISSOD

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Le scene di notte, negli interni, sono pervase dalla tonalità irreale del blu. Tale colore, freddo, proveniente dall’ esterno, si va inevitabilmente a scontrare con il colore che è presente all’ interno, e che è dato dall’ illumina-zione artificiale tipicamente casalinga. In tutto il film, ilcontrasto fra giallo e blu è continuo, e talvolta i piani si invertono, come negli esempi qua sotto:

tale rapporto fra giallo e blu era già stato utiliz-zato, seppur non in maniera così continuativa, anche in Shining, particolarmente in situazioni di suspense.

ALTRI ASPETTI:

Una delle peculiarità che più di tutte caratterizzano il cinema kubrickiano è rappresentata dalle tipiche in-quadrature in movimento, in cui la macchina da presa segue i personaggi che camminano, tipicamente lungo un corridoio, oppure li precede, inquadrandoli frontalmente. Ecco degli esempi:

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(da sinistra in senso orario: Orizzonti di gloria, Eyes Wide Shut, Arancia Meccanica, Eyes Wide Shut, Orizzonti di gloria, Shining)

Forse non tutti sanno Shining è stato il primo film in cui è stata utilizzata la moderna steadicam, un supporto meca-nico sul quale viene montata la macchina da presa e che, grazie a sistemi dibilanciamento, rende le inquadrature in movimento fluide, senza perciò alcun traballamento dovuto alla camminata dell’ operatore. Kubrick si è av-valso, durante le riprese del film, dello stesso inventore della forma moderna della steadicam, Garrett Brown, il quale ha affermato che, in Shining, ha trovato, ad oggi, il suo migliore utilizzo, raggiungendo un risultato finale tutt’ora insuperato, per eleganza e capacità espressiva. Kubrick è stato perciò precursore di una tecnica che avrà sempre più diffusione e successo in seguito.

Sono tipiche dei suoi film anche le inquadrature dal basso verso l’ alto.

(da sinistra, in senso orario: Shining, Full Metal Jacket, Shining, Arancia Meccanica)

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Spartacus, kolossal “rivoluzionario” hollywoodiano del 1960, non è tra i migliori film di Kubrick. Tuttavia, ha qualche punto degno di nota. In primis, la direzione delle comparse: come potete vedere dalle immagini, no-nostante si siano utilizzate tecniche di montaggio per “moltiplicare” lecomparse, Kubrick si trovò a doverne dirigere migliaia. Si utilizzarono addirittura 8000 solda-ti dell’ esercito spagnolo. Le scene delle battaglie, vista l’ assenza delle tecniche di post produzione che oggi sono all’ ordine del giorno, sono scene girate “buona la prima”, con una coreografia mozzafiato, senza alcun effetto speciale.

In Arancia Meccanica (1971), la violenza è il tema prin-cipale. Cosa c’ è di estetico nella violenza? Kubrick ri-sponderebbe: “tutto”. Tutti i film di Kubrick, in un modo o nell’ altro, esplicitamente o implicitamente, sono densi di conflitto, di guerra, di violenza. A par-tire dalla violenza fisica, dalla guerra vera e propria, vedi Fear and Desire, Orizzonti di gloria, Spar-tacus, Stranamore, Barry Lyndon, Full Metal Jacket, lo stesso Arancia Meccanica, in parte; per arrivare alla violenza psicologica, come Lolita, 2001: Odissea nel-lo spazio, Shining, Eyes Wide Shut e, ancora una volta,

lo stesso Arancia Meccanica. Ebbene, in questa pellicola lescene di violenza urbana tra due ban-de rivali sono rappresentate come fossero un’ opera lirica, con studiata coreografia, e con assordan-te musica classica in sottofondo. Ancora una volta, Kubrick trae l’ estetico da qualcosa di anti estetico.

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DUE CASI: BARRY LYNDON E 2001: ODISSEA NELLO SPAZIOA mio parere, se Shining raggiunge l’ apice per quanto riguarda la geometria dell’ immagine che si assoggetta completamente alla psicologia del film, Barry Lyndon e 2001: Odissea nello spazio sono i film che racchiu-dono più di ogni altro l’ estetica cinematografica di Kubrick.

Barry Lyndon è completamente ambientato nel 1700. Il realismo con il quale Kubrick ha caratterizzato l’ intera pellicola ha fatto sì che i paesaggi, le scenografie, i costumi, i truc-chi dell’ epoca venissero riprodotti con minuziosità (non a caso il film ha vinto l’ Oscar per le scenografie, i costumi e la fotografia). Que-sto è il film di Kubrick in cui il concetto di “mul-tiplanarità” raggiunge il suo massimo splendore. Ogni inquadratura è stata creata grazie all’ispi-

razione e alla riproduzione dei più grandi pittori e paesaggisti del‘ 700: Watteau, Hogarth, Gainsborough...Ogni scena è stata girata con luce naturale, comprese quelle interne, rischiarate soltanto da candele e lumi ad olio. Kubrick ha adattato alla macchinaparticolari ed altrettanto rari obiettivi del-la Carl Zeiss, gli stessi usati dalla Nasa per le fotografie satellitari. Anche l’ accom-pagnamento musicale (vincitore anch’ esso dell’ Oscar) contribuisce notevolmente alla resa finale, permettendo allo spet-tatore di immergersi completamente nel mondo europeo del 1700, senza pericolo diinesattezza. Le musiche sono quelle di Bach, Mozart, Handel... Insomma, per gli amanti dell’ arte di questa epoca storica, questo film è un must. Dalla rievocazione di secoli passati, passiamo alla predizio-ne-immaginazione di secoli futuri, che già oggi sono per noi il passato. 2001: Odissea nello spazio che riunisce e porta all’ api-ce tutti gli aspetti analizzati fino ad ora: non-casualità delle scelte, geometria dell’ immagine e prospettiva, luce e colore. E’ unanimemente considerato un capolavoro, e rappresenta una svolta epocale per il genere della fantascienza. E’ un film del 1968, magli effetti speciali qui presenti non hanno nulla da invidiare -non esagero- a film più recenti dello stesso genere, come

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E’ un film indubbiamente molto lento. Le cosiddette situazioni di transizione”, come, ad esempio, gli atterraggi delle navicelle, gli spostamenti rallentati degli astronauti, vengono proposte per intero, esasperando i tempi “ classici” di un film. Il suono è un altrettanto eccellente accompagnamento. Kubrick, anziché utilizzare musiche“nuove”, “futuristiche” che, probabilmente, uno che non sia Kubrick avrebbe scelto, opta ancora una volta per la musica classica, a partire dal tema principale, “Così parlò Zarathustra” di Strauss, che conferisce un tono epico al tutto. Per il resto, il dialogo è pressoché assente. E’ presente invece il respiro ritmico degli astronauti, i rumori “meccanici”, il silenzio. Per questo si dice che si possa parlare di “estetica del silenzio”. La riflessione attorno il centro del film, ossia il legame che unisce l’ uomo al tempo e allo spazio, non passa attraverso unracconto più o meno ben articolato, quanto attraverso il tentativo di rappresentare visiva-mente queste esperienze. Come ha detto Kubrick: “ognuno è libero di speculare a suo gusto sul significato filosofico e allegorico del film. Io ho cercato di rappresentare un’ esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con il suo contenuto emotivo direttamente nell’ inconscio.” I trenta minuti finali sono un’ esplo-sione di bellezza visiva. Onde colorate, masse di colore che si espandono, effetti cromatici sulle immagini, luci che penetrano l’ occhio dello spettatore... Fino a giungere in una camera da letto settecentesca (quarto frame). Estetica allo stato puro.

ad esempio il vincitore del pre-mio Oscar 2014, Gravity, di Alfonso Cuaròn.

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STUDENTI AL LAVORO Luci e ombre sulla riforma delle 200 ore.

di Beatrice Baldini, III B Classico

Dall’anno scolastico 2015-2016 è entrata in vigore la riforma “La Buona Scuola” e con essa il nuo-vo ed importante progetto per gli studenti: l’alternanza scuola-lavoro. Le radici di questa riforma risiedo-no nella legge 28 marzo 2003 che – seguita poi da molte altre nell’ar-co di questi 12 anni – offre ai giovani la possibilità di fare degli stage lavorativi su loro richiesta.

Nella riforma appena entrata in vi-

gore, però, c’ è l’obbligo vero e proprio di portare a termine il monteore pre-visto: 200 ore lavorative per i licei e 400 per gli istituti tecnici e professio-nali nell’arco del triennio; queste ore porteranno anche dei crediti forma-tivi e influiranno sul voto di maturità.

Si tratta di un progetto contro-verso: l’idea alla base della legge sarebbe quella di fornire ai giova-ni l’opportunità di acquisire delle competenze spendibili nel mondo

del lavoro, sia tramite lo stage in-dividuale che nelle simulazioni di imprese, attività a cui si partecipa come intera classe sotto la gui-da di un professionista. Si tratta di un concetto che non sarebbe affatto inutile nel contesto attua-le e che nello specifico risponde-rebbe alle polemiche sulla scarsa “praticità” dei licei. Ma cosa si-gnifica l’obbligo di lavorare per almeno 200 ore? Questo periodo di tempo equivale a 5 settima-

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ne di giorni lavorativi, un tempo non indifferente nel corso dell’an-no, quando recuperare anche solo una settimana di lezioni è abba-stanza faticoso; si tratta poi di conciliare il lavoro con tutte le atti-vità extrascolastiche che facciamo. Insomma, il fautore di questa leg-ge sembra pretendere che i giova-ni non abbiano impegni, esigenze, che non attendano altro se non l’adesione a uno stage che non hanno in realtà mai scelto di fare.

Oltre al mondo degli studenti c’è quello delle aziende. Ogni scuola deve assicurare questa esperienza a ogni studente stipulando delle convenzioni con l’impresa che lo assumerà, ma come garantire un posto per tutti? La legge 107/15 “amplia notevolmente la rete delle collaborazioni legate all’alternan-za, estendendone l’accesso agli or-dini professionali, a musei, a settori culturali, artistici e musicali, a enti sportivi”. La nostra scuola, in par-ticolare, ha allargato il progetto alle associazioni di volontariato e rico-nosce le esperienze fatte in pas-sato, a condizione di avere avuto, all’epoca, almeno 16 anni di età. Agli studenti è stata data autono-mia per quanto riguarda la scel-ta del posto di lavoro, solleci-tando questi ultimi a cercarlo individualmente, mentre la scuola si adopererà per chi non vi sia riuscito.

Da un lato, forse, sarebbe stato meglio se l’alternanza non aves-se comportato un obbligo: è giusto offrire l’opportunità di fare espe-rienze lavorative, ma l’imposizione

di questo progetto potrebbe non raggiungere gli obiettivi formativi sperati. D’altra parte, l’autonomia data agli studenti può diventa-re una risorsa: dal momento che siamo tenuti a sperimentare il mondo del lavoro, possiamo sfrut-tare l’occasione al massimo e ado-perarci individualmente per tro-vare il nostro impiego. Trovare un lavoro non è per niente facile, soprattutto in giovane età e con la scarsa stima da parte delle impre-se nei confronti degli adolescen-ti, ma ci sono molte opportu-nità offerte dagli enti sportivi o di volontariato a cui si può aderire.

Viviamo in un tempo in cui i gio-vani sono screditati, spesso ritenu-ti pigri e disinteressati; quello che possiamo fare in questo ambito è quindi raccogliere la “sfida”che ci viene lanciata, metterci all’opera per trovare un posto che desideriamo e che ci possa insegnare davvero qualcosa di nuovo. Chi ha for-mulato e approvato questa riforma non ha dedicato molto tempo a ten-tare di comprendere gli studenti e le loro esigenze, ma il meglio che pos-siamo fare a questo punto è otte-nere il massimo degli insegnamenti che questa esperienza ci può dare.

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LE ELEZIONI STATUNITENSIUn confronto che riflette la situazione mondiale e un’egemonia dal futuro incerto.

di Gaia Grasselli, IV C Scientifico

Alla conclusione del doppio man-dato di Obama, il prossimo 8 No-vembre, verrà deciso il successivo Presidente degli USA. Da due secoli, colui che diverrà capo sia della Fe-derazione che del suo governo viene scelto dal Collegio elettorale, com-posto da 538 grandi elettori: a ogni Stato ne spetta un numero proporzionale alla sua popolazione, uguale a quello dei deputati presso la Camera dei rappresentanti, parte del Congresso insieme al Senato. Il Presidente detiene il potere esecuti-vo, ovvero nomina i funzionari, tra cui segretari e ministri, ed emette ordini che hanno validità di leg-

ge e in legge, soggetti dunque a limiti giudiziari; a livello di potere legislativo, collabora col Congres-so, in particolare col Senato, ed è capo delle forze armate. La sua figura è quindi di grande rilevan-za e la campagna elettorale risente della situazione americana attuale, con la presenza di figure quali il ce-lebre Donald Trump. Ma vediamo intanto chi sono gli aspiranti candi-dati e quali sono, in sintesi, i loro programmi. Per il partito demo-cratico troviamo in lizza Hillary Clinton, moglie dell’ex presiden-te Bill Clinton, Bernie Sanders e Martin O’Malley, messo ormai alle strette dagli altri due sfidanti. Hil-

lary Clinton è stata a lungo consi-derata in grande vantaggio: la sua famiglia è in grado di mobilita-re un numero di forze sufficiente a supportarla, anche in termini economici per quanto riguarda la grandi banche, e ha una rafforza-ta tradizione politica, dato il ruolo ricoperto dal coniuge; allo stes-so tempo, si dimostra in grado di convincere un buon numero di elettori, promettendo tasse sui patrimoni più ingenti, lotta all’eva-sione fiscale, soprattutto quella che le imprese effettuano attraverso gli offshore, e maggiore controllo su contesti quali gli hedge fund, ossia fondi speculativi utilizzati per in-

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vestimenti privati ad alto rischio, al momento avvantaggiati fiscalmente. Clinton ha potuto fino ad ora contare sulle simpatie di gran parte dei democratici e sul pos-sibile convincimento, man mano che si procede verso lo scontro col candidato repubblicano, dell’elet-torato di centro, punto debole, al contrario, del più radicale San-ders, che gode però dell’appoggio dei colossi della Silicon Valley. La forza di quest’ultimo consiste nello slancio, che gli ha permes-so di conquistare l’attenzione degli elettori più giovani e di coloro che aspettavano una figura democrati-ca più forte e convinta, quasi più aggressiva, per una più convincen-te, sebbene sempre equilibrata, ri-sposta alle voci forti della parte avversaria, prima fra tutte quella di Trump. Nel confronto con Clinton, Sanders ha scelto una strategia che, pur lontana dall’eccesso verbale del dibattito repubblicano, non rinun-cia a tonalità accese: ha più vol-te rimarcato il fatto che la rivale non sia in grado di affrontare il mondo finanziario, poiché legata a un sistema corrotto e, soprattutto, a Wall Street, da cui riceve finanzia-menti per la campagna elettorale. Tralasciando i numerosi errori di cui i due si accusano vicendevol-mente, dalla guerra in Iraq alla deregolamentazione del mercato delle armi, il punto più acceso della discussione resta l’idea stessa alla base del programma demo-cratico, con Clinton che rinfaccia al rivale un progressismo fine a se stes-so, idealista e non trasferibile alla re-altà. Da parte sua, Sanders permane

in quella direzione che gli ha fat-to conquistare l’approvazione degli elettori più giovani e attivi, impe-gnandosi per quella che lui defi-nisce una rivoluzione politica. Il suo fervore non risparmia le gran-di banche, le cosiddette too big to fail, che sostiene debbano essere suddivise in società quotate più piccole al fine di prevenire situa-zioni problematiche come quella del 2008, sebbene questa intenzio-ne sia piuttosto criticata in quanto provocherebbe, tra l’altro, un raf-forzamento dei già trattati hedge fund. Per quanto riguarda le que-stioni di politica estera, i candida-ti democratici si trovano, invece, sulla stessa lunghezza d’onda: pre-cedenza alla diplomazia, salvaguar-dia della stabilità internazionale e supporto in termini di mezzi alle po-polazioni locali. Ben più impetuoso appare il programma repubblicano, che, come da tradizione, continua a fondarsi su restrizione dell’immi-grazione, libero mercato e minor controllo statale nell’attività econo-mica, sostegno alle industrie e cau-tela verso i temi etici ed ambientali, il tutto differentemente declinato a seconda dei numerosi candidati. Il governatore del New Jersey Chris Christie era apparso subito molto popolare, grazie a un mix di atteg-giamento audace e posizioni mo-derate in grado di convincere l’e-stablishment repubblicano (ovvero la parte più di centro), salvo poi finire ai margini dei sondaggi a causa di scandali legati alla gestio-ne di fondi pubblici destinati al post-Sandy. L’ex senatore Rick San-torum, di posizioni estremamente

conservatrici, può contare sui voti dell’elettorato più religioso, ma al di là dell’ambito etico poca è la consi-stenza, contrariamente alle propo-ste avanzate invece da Ben Carson, neurochirurgo afroamericano che cerca appoggio nelle minoranze di classe medio-alta: difesa del libe-ro mercato, intervento dello Stato minore in economia e maggiore in politica estera. Rand Paul, sup-portato dal Tea Party (movimento a cui sono legati molti repubblicani), mantiene opinioni distanti ed equi-librate riguardo a temi politici ed etici, mentre fa nodo del suo pro-gramma la riduzione delle imposte e del controllo statale. Carly Fiorina, dopo una brillante carriera che l’ha portata tra le donne più potenti al mondo, si dimostra in linea con le politiche repubblicane tradizio-nali e punta all’elettorato femmini-le, nella speranza di acquisire voti che altrimenti andrebbero a Clinton. Jeb Bush ha vinto le pressio-ni delle famiglia e si è candidato, ma non è riuscito a trovare consenso, complici i mandati del padre e del fratello, la sua vicinanza a Obama per quanto riguarda l’immigrazio-ne e la sua regolamentazione ed una campagna elettorale non tra le migliori. Le recenti primarie del par-tito nell’Iowa e nel New Hampshire hanno, però, indicato tra chi si di-sputerà l’autentico duello. Il sena-tore del Texas Ted Cruz, di origini cubane, può contare sulle simpatie di parte dei latinos, generalmente di tendenze democratiche, e dei cristiani evangelici, che supportano le sue posizioni abbastanza radicali non solo sul piano etico. Il Tea Party

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approva la sua linea ma nonostan-te ciò, dopo aver vinto nell’Iowa, si è spostato in terza posizione nel New Hampshire, dove la po-polazione è meno religiosa. Il governatore dell’Ohio John Kasich trova la sua forza negli indecisi e in coloro che non si ricono-scono in nessuno dei due partiti, in virtù delle sue posizioni mo-derate: nonostante l’appartenenza repubblicana e i numerosi dubbi riguardo alla riforma sanitaria, ad esempio, ne ha accolto una parte in qualità di governatore. La sua seconda posizione alle primarie del New Hampshire viene vista dal partito come possibilità di ottenere futu-ri voti, considerando che l’Ohio è uno stato popoloso e tradizio-nalmente indeciso. Grande suc-cesso riscuote la candidatura di Marco Rubio, soprannominato addirittura l’Obama repubblicano: il suo programma verte sul dare una rinnovata immagine al partito, aprendo alle minoranze che ormai minoranze più non sono e dimo-strandosi flessibile sul tema della regolamentazione degli immigrati, quantomeno per quelli in grado di dare beneficio economico al Pa-ese. Rubio tenta di strappare voti ai democratici e al contempo di conservare le simpatie del proprio partito, attraverso il supporto del Tea Party e una visione decisa-mente interventista della politica estera: per il momento, si attesta al terzo posto nell’Iowa e al quin-to nel New Hampshire. E arrivia-mo infine alla grande novità delle quarantacinquesime elezioni pre-sidenziali statunitensi, il magnate

Donald Trump: le sue dichiarazio-ni verso musulmani e messicani hanno fatto il giro del mondo, fa-cendo apparire agli occhi di molti la sua candidatura come una sorta di scherzo. Ebbene, così non è: la sua capacità affaristico-imprenditoria-le ha affascinato un gran nume-ro di statunitensi che fantastica-no di un Paese nuovamente forte e centrale dal punto di vista sia politico sia economico, avanzato nelle industrie e nell’occupazione, in grado di competere con le po-tenze orientali. Le sue promesse riguardo a un’America che tornerà a essere rispettata da tutti, che batterà Cina e Giappone e darà una lezione al Messico hanno dato fervore a un numero ingente di persone, come dimostrano i risul-tati delle primarie, che lo vedono secondo nell’Iowa e primo nel New Hampshire. Trump ha compreso che è mutato qualcosa nell’aria e non ha esitato a mettersi in gioco, rice-vendo esito positivo: per la prima volta dal 1988, Trump porta avanti la sua candidatura, sfruttando più di ogni altro la frustrazione di co-loro che vedono il sogno america-no sgretolarsi di fronte all’avanzata di nuove forze. La partita è anco-ra lunga, numerose sono le carte che i candidati hanno ancora da giocare, come gli avvenimenti che politica internazionale e in-teressi economici determineran-no col tempo: la competizione per la scelta dell’uomo più po-tente al mondo seguirà l’evolversi della storia nel corso di quest’an-no e diverrà un importante fatto-re per determinare quella futura.

AGGIORNAMENTO. Dopo le primarie in Sud Carolina e Nevada, è ormai evidente che la sfi-da all’interno del partito repubbli-cano si giocherà tra Trump, Rubio e Cruz: mentre questi ultimi si stabilizzano ad un livello presso-ché identico, il primo dimostra una carica potente, in grado di ottenere i voti di un vastissimo elettorato, dai latinos agli evange-lici. Lo scontro che lo ha visto protagonista con Papa Francesco sembra averlo rafforzato agli occhi di molti americani, timorosi di un’ingerenza cattolica di stampo kennedyiano. Jeb Bush lascia men-tre altri sfidanti come Kasich e Carson non sembrano intenzionati ad arrendersi, nonostante il suc-cesso del magnate. Guardando al partito democratico, Clinton con-quista i voti storici del suo orienta-mento e passa in vantaggio dopo il colpo iniziale inflittole da Sanders, che comincia a sentire lo svantaggio di un elettorato giovane meno attivo.

NELLA PAGINA SEGUENTE VE-DIAMO I VOLTI DEI CANDIDATI:(DA DX) HILLARY CLINTON, BER-NIE SANDERS, DONALD TRUMP, MARCO RUBIO E TED CRUZ.

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DEMOCRATICI

REPUBBLICANI

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LA BELLEZZA DI SOLLEVARE LA TESTAIl ddl Cirinnà in un’intervista a Samantha dell’Arcigay di Reggio Emilia

di Laura Colli, V D Classico

Ormai da settimane protagonista della scena politica italiana è il de-creto di legge che vede come prima firmataria Monica Cirinnà e preve-de, tra le altre cose, il riconoscimen-to delle Unioni Civili per coppie eterosessuali e omosessuali. Già il 10 febbraio scorso, il ddl ha supera-to il primo voto con 101 favorevoli e 195 contrari alla richiesta di non passaggio firmata da 76 senatori, che avrebbe rimandato il testo in commissione. Nonostante questa prima, piccola vittoria, sono molti coloro che si oppongono al disegno di legge, tanto che alcuni opinionisti hanno individuato nel ddl Cirinnà l’elemento di discrimine tra il suc-cesso e la caduta del governo Renzi. Viene, allora, da chiedersi cosa vi sia di diverso in questo provvedimento, cosa lo renda così importante per la scena politica italiana. Certo, un motivo potrebbe essere individua-to nel fatto che l’approvazione della legge sulle Unioni Civili non si può ridurre al solo ambito giuridico; la sua portata emotiva è fondamentale e imprescindibile, come solo il ri-conoscimento di un diritto umano può essere. Nonostante la consape-volezza che il ddl Cirinnà racchiuda in sé molteplici questioni e relative opinioni, abbiamo deciso di ascolta-re il punto di vista di chi è maggior-mente interessato dai provvedimen-ti di questo decreto legge, per avere una visione completa a riguardo. Abbiamo incontrato Samantha, un

membro dell’associazione Arcigay di Reggio Emilia, per rivolgerle qualche domanda sulla questione.

TI CHIEDO SUBITO, PER INFORMARE CHI NON NE SAPPIA NULLA, CHE COSA PREVE-DE IL DDL CIRINNÀ.In breve, il ddl Cirinnà prevede al-cuni diritti per le coppie omoses-suali che permetterebbero loro di essere equiparati alle coppie etero-sessuali per quanto riguarda il ma-trimonio. Sai, quando due persone si sposano non acquisiscono soltan-to dei doveri, ma anche numerosi diritti. Ad esempio la pensione di reversibilità del coniuge (n.d.r. una somma di denaro erogata al coniu-ge in caso di morte del titolare). O addirittura il diritto di assistenza in ospedale: nel caso di ricovero, se uno dei coniugi stesse male, l’altro sarebbe in grado di stargli accanto e i medici potrebbero parlare con lui, informarlo di ciò che sta suc-cedendo. E tutto questo non è possibile adesso... In realtà ci sono molti altri diritti: la casa, la successione... Non tutti vengono riconosciuti dal ddl Cirinnà, che rimane incomple-to. Anche se passasse, i matrimoni di coppie omosessuali non sareb-bero ancora equiparabili a quelli di coppie eterosessuali. Insomma, questo disegno di legge è un inizio.

TRA L’ALTRO IL TESTO ODIERNO È MOLTO DIVERSO DA QUELLO ORIGINALE.Sì e con tutte queste modifiche

bisogna anche considerare come sarà quando arriverà al voto finale...Noi, in quanto associazioni nazio-nali, non eravamo completamente d’accordo con questo decreto. Però piuttosto che non avere nulla...Insomma, cominciamo da qui! Poi ci aspetterà un lungo percorso di edu-cazione alla tolleranza. infatti, biso-gna considerare che non è mai stato fatto nulla prima e non si può par-tire subito “di brutto”, come si dice.

HAI DETTO CHE NON ERAVATE COMPLE-TAMENTE D’ACCORDO CON IL DDL. QUALI SONO LE RAGIONI?Di fatto, la ragione è che i matrimo-ni tra coppie omosessuali non sarebbero comunque equiparabili a quelle tra coppie eterosessuali. Sem-bra che resti una sorta di distinzio-ne tra cittadini di serie A e cittadi-ni di serie B. Prova a metterti nei panni di una persona che lavora come tutte le altre, che paga le tasse come tutte le altre... se rispetti ogni tuo dovere, è giusto che ti sia rico-nosciuto anche ogni debito diritto.

ALLORA, COSA SIGNIFICHEREBBE PER LA COMUNITÀ LGBT+ L’APPROVAZIONE DI QUESTA LEGGE?Essere riconosciuti cittadini come tutti gli altri. Beh, o quasi...

A FAVORE DI QUESTO DISEGNO DI LEGGE, SI È TENUTA IL 23 GENNAIO, ANCHE QUI A REGGIO, LA MANIFESTAZIONE “SVE-GLIATI ITALIA”. CHE COSA VI ASPETTAVATE

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DALL’EVENTO QUI IN CITTA? SIETE RIMASTI SODDISFATTI?Ci siamo emozionati tutti! Abbiamo visto che la partecipazione era va-riegata e sentita da parte di ognuno. Mi sono davvero commossa... cosa che farò anche se verrà approva-to il ddl. Insomma, sono trent’anni che aspettiamo questa legge. Per noi non significa solo acquisire dei diritti, significa essere riconosciuti come persone. Sarebbe come sol-levare il capo, dopo aver cammina-to a testa bassa per una vita intera.

A QUESTO PROPOSITO, SECONDO TE, QUAL È IL MOTIVO DEL RITARDO DELL’ITALIA RI-SPETTO A MOLTI ALTRI PAESI D’EUROPA O ANCHE RISPETTO ALL’AMERICA, CHE QUEST’ESTATE HA RICONOSCIUTO IL DIRIT-TO ALLE UNIONI CIVILI IN TUTTI I 50 STATI?

In primis, il livello d’istruzione, che purtroppo non è sufficientemente elevato, soprattutto se consideri che in alcune zone dell’Italia esistono ancora persone che non sanno scri-vere...Questa, a mio parere, è la ra-gione principale. Di certo gioca un certo ruolo anche il menefreghismo della politica. Poi molti attribuisco-no la colpa alla presenza della chie-sa. Per me, non è interamente vero, perché ritengo che solo una minima parte del popolo cattolico segua la frangia estremista.

L’OPPOSIZIONE AL DDL CIRINNÀ SI È ESPRESSA AL FAMILY DAY. CREDI CHE L’IN-TERESSE MEDIATICO VERSO QUESTA MANI-FESTAZIONE SIA STATO DIVERSO DA QUELLO VERSO EVENTI QUALI “SVEGLIATI ITALIA”?Di sicuro i media hanno dato una maggiore attenzione al Family Day. Ma penso che questo non sia dettato da ragioni di ideologia. I media dan-

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LA NOTTOLA, FEB 2016

utto figli della coppia omosessuale. Grazie alla Step child Adoption il genitore non biologico sarebbe in grado di adottare il proprio figlio. Sono bambini che fanno già parte di una famiglia e hanno tutto il diritto che gli siano riconosciuti entrambi i membri della coppia come genitori.

DOMANDA FLASH: IL DDL PASSERÀ O NO?Secondo me sì! Non può non pas-sare. Lo stiamo aspettando da trop-po tempo. Poi anche nel caso non passasse, credo che qualcosa succe-derebbe comunque, tanto al Parla-mento quanto nelle coscienze degli Italiani.

TRA L’ALTRO CON IL DDL SEMBRA AVER INIZIATO UN “RISVEGLIO POLITICO” DELLA COMUNITÀ LGBT...Considera che la comunità LGBT è da sempre caratterizzata da una na-tura double face, una faccia politica e l’altra festosa. Piuttosto, il punto qui è che siamo nel 2016 ed è or-mai impossibile fare finta di niente, ignorare l’andazzo degli eventi. Per chiunque, ma soprattutto per i po-litici. E non sto parlando solo degli esponenti LGBT al Parlamento, che

no più attenzione a chi paga di più. (ridendo) E a quanto pare la lob-by gay non ha ancora guadagnato abbastanza fondi...

SECONDO TE LE ISTANZE DELLA COMUNITÀ LGBT+ SONO VERAMENTE COSÌ INCON-CILIABILI CON LE IDEE DELLA CHIESA CATTOLICA?La Chiesa, come io la intendo, non è quella che condanna e si oppone alle istanze della comunità LGBT. Premetto che io non sono credente. Detto questo, da bambina ho fatto catechismo e lì mi hanno insegnato dei valori diversissimi da quelli della falange estremista del cattolicesimo. Se un Dio c’è, è di sicuro un Dio che accoglie e include al di là delle ide-ologie, del colore della pelle o dell’o-rientamento sessuale.

UNO DEI PUNTI CHE HA FATTO PIÙ DISCU-TERE DEL DDL CIRINNÀ È LA PARTE RIGUARDANTE LA STEPCHILD ADOPTION...Oh che bello! Lo sai dire. (n.d.r. in riferimento all’intervento del Sena-tore di Forza Italia, Domenico Sci-lipoti, che inciampa sulla pronuncia dell’espressione e risolve per chia-marla “Adozione del Figlioccio”).

SECONDO TE È VERAMENTE UN PROVVEDI-MENTO COSÌ RIVOLUZIONARIO COME LO PRESENTANO?A me sembra lo vogliano far appa-rire come un provvedimento abominevole. Il problema è che molte cose dette su questo tema non sono ne-anche vere! Se si legge attentamente il ddl, nessun punto prevede il ricor-so all’utero in affitto. Qui si tratta di adottare i propri figli, bambini già nati, ad esempio attraverso la fecon-dazione assistita, ma in tutto e per

sono da sempre in prima linea, ma anche di molti altri. La stessa Cirin-nà è al di fuori della comunità LGBT, eppure il suo impegno è visibile.

PER CONCLUDERE, CHE COSA POSSONO FARE NEL LORO PICCOLO COLORO CHE VO-GLIONO SOSTENERE QUESTA CAUSA?La prima cosa da fare è essere sem-pre aperti al dialogo e al confronto, per parlare con le persone che non sanno neanche dell’esistenza di più di due orientamenti sessuali al mon-do. E’importante partire dalle basi. Considera che negli anni ’70 le per-sone dichiaratamente omosessuali erano circa il 10% della popolazio-ne, mentre oggi si aggirano intorno al 17%. Questo vuol dire che su venti individui, tre non sono eterosessua-li. Le persone hanno una tendenza a pensare che tutto questo non le ri-guardi nello specifico, ma non è così. Per essere genitori fino in fondo o amici fino in fondo, questa è una possibilità da tenere in considera-zione.

LA REDAZIONE RINGRAZIA L’ARCIGAY DI REGGIO EMILIA PER LA DISPONIBILITÀ E L’IN-TERESSE MOSTRATI PER QUESTO ARTICOLO.

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LA NOTTOLA, FEB 2016 SPORT TROPS

PALLACANESTRO REGGIANAlizzabile, con metà squadra a disposizione e in situazione drammatica: i turchi disintegrano la Grissin Bon 109-66 terminando qualsiasi sogno europeo fosse rimasto ai reggiani. Infine c’è da segnalare la sconfitta di Pesaro 90-80 ancora con mezza squadra ma con Kaukenas ritorna-to in campo. Per la situazione cop-pa Italia: Gentile sarà recuperato, Veremeenko molto probabilmente, Aradori forse e Lavrinovic no. In conclusione si indosserà una divisa speciale tutta nera per le Final Eight di coppa.

Procede inesorabile il resoconto mensile riguardo alla Grissin Bon Reggio Emilia. Dopo la trasferta a Trebisonda (di cui mi sono occupato lo scorso mese) arriva quella di Avel-lino, futura avversaria nella Coppa Italia; gli irpini prevalgono grazie a un ottima prestazione collettiva (75-67). In EuroCup è il Trabzonspor a sfidare i biancorossi, che riescono a prevalere al PalaBigi senza troppi problemi (89-76). Segue la temutis-sima trasferta al Pianella di Cantù, inviolato dal lontano 2005; 70-74 per i reggiani guidati da Della Valle (15 punti), che proseguono in testa alla classifica a braccetto con Milano. La partita di coppa con Trento si rive-la un disastro: la seconda sconfitta interna della stagione è umiliante non tanto per il punteggio (72-84), ma per il gioco espresso, dato che i tridentini, guidati da un Pascolo (25punti) inferocito, umiliano quasi in-spiegabilmente i reggiani. Il tutto si aggiunge agli infortuni di Aradori, Gentile e Veremeenko e alla lungo-degenza di Kaukenas, che compli-cano non poco i piani per la coppa Italia da svolgersi a Milano in questo fine settimana. La vittoria casalinga contro Capo d’Orlando 75-66 sem-bra riportare ossigeno ai ragazzi di Menetti, guidati da Polonara e dal giovanissimo Strautins (17 anni). Dato che piove sempre sul bagnato (e la scorsa stagione ne è la riprova), anche Lavrinovic si infortuna, sal-tando sicuramente la coppa. L’ulti-ma partita di EuroCup, a Smirne, ha tutta l’aria di essere un sogno irrea-

di Giovanni Montanari, IV B Classico

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LA NOTTOLA, FEB 2016

REGGIANA - CALCIOtrato nella ripresa e alla doppietta di Arma, che ha realizzato il quarto gol dal dischetto per un fallo subito da Nolè. La Reggiana ha conquistato il vantaggio nella prima frazione di gioco, controllando poi il risultato per tutta la gara, arrotondando il ri-sultato nel finale.

I granata conquistano un punto nel-la trasferta di Gorgonzola, valevole per la 21^ giornata, impattando per 1-1 contro la Giana Erminio con le reti di Cogliati, che, al 14’ del primo tempo, porta in vantaggio i padroni di casa, mentre i granata trovano il pareggio con Spanò al 25’ della ri-presa, abile a sfruttare una sponda di Letizia sugli sviluppi di un calcio d’angolo. I giocatori della Reggiana hanno provato per tutto l’arco della gara a conquistare la vittoria, ma la difesa eretta dai padroni di casa noncrolla fino al triplice fischio del di-rettore di gara. A poche ore dall’i-nizio del march il tecnico granata è stato costretto a rinunciare a Sabotic per un problema gastrointestinale e nel finale di gara la Reggiana rima-ne in dieci per un cartellino rosso a Spanò. Nelle fila granata hanno fatto il loro esordio tutti e tre i nuovi ar-

Saranno solo quattro le partite dei granata che esamineremo nel nume-ro di febbraio, ma di carne al fuoco, anche a causa del mercato di genna-io, ce n’è tanta.

La Reggiana torna alla vittoria e lo fa imponendosi per 2 a 0 contro il Lumezzane nel posticipo della 19^ giornata del Girone A del campio-nato di Lega Pro 2015-16. La for-mazione granata realizza un gol per tempo, dopo aver mantenuto per lunghi tratti dell’incontro il pallino del gioco.La Reggiana, dopo essere riuscita ad impensierire gli ospiti in diverse occasioni, riesce a trova-re la via della rete con Sie ga al 45’ della prima frazione di gioco. Nella ripresa, la squadra di mister Colom-bo alza ancora di più la pressione sugli ospiti, colpisce prima un palo con Bartolomei e trova poi il gol del definitivo 2 a 0 con Spanò che sugli sviluppi di un calcio d’angolo trafig-ge Furlan. Nelle fila granata ha fatto il proprio esordio dal primo minuto Daniele Mignanelli, dopo il suo ri-torno a Reggio nel mercato di gen-naio.

I granata trovano la seconda vitto-ria consecutiva in campionato e lo fanno imponendosi per 4 a 0 sul Pro Piacenza all’interno delle mura amiche del “Mapei Stadium-Città del Tricolore” nella 20^giornata del campionato di Lega Pro. Il succes-so è arrivato grazie al gol di Siega, il secondo consecutivo, a Nolè (al primo gol in maglia granata) suben-

rivati: Pazienza dal primo minu-to, Letizia e Zucchini a gara in corso.

Termina sul risultato di 1 a 1 la sfida tra Reggiana e Mantova, andata in scena allo stadio “Ma-pei stadium - Città del Tricolore” e valida per la 22^ giornata del Girone A di Lega Pro. I granata tornano al 4-3-3 con il tecnico Colombo che schiera Letizia da prima punta con Siega a sinistra e Nolè a destra, ma sono gli ospiti a trovare la rete del vantaggio al 17’ della prima frazione con Gonzi che, dalla distanza, trafigge Peril-li. La Reggiana alza il proprio ba-ricentro alla ricerca del pareggio, che arriva con Siega al 31’ servito alla perfezione da Bruccini. Tro-vato il pareggio, i granata conti-nuano a premere sull’accelerato-re, ma Letizia trova due volte sulla propria strada il portiere ospite Pane che, prima di pugno e poi di piede, gli dice di no, mentre Nolè è sfortunato due volte di testa, non riuscendo a trovare la rete del vantaggio. In questo momen-to la Reggiana si trova sesta con 34 punti.

di Riccardo Quaglio, V D Classico

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LA NOTTOLA, FEB 2016 SPORT TROPS

FINAL FOURIl primo weekend del mese di Feb-braio non poteva svolgersi in modo migliore: sabato 6 e domenica 7 in-teramente immersi in 3 diverse sfi-de, con le migliori quattro squadre del campionato della massima serie aventi il medesimo obiettivo: con-quistare la Coppa Italia 2016.

15:00 IN PUNTO, FORUM DI ASSAGO- I SEMIFINALE: DHL MODENA VS SIR SAFETY PERUGIA: 3-1MODENA: BRUNO, VETTORI, NGAPETH, PE-TRIC, PIANO, LUCAS, ROSSINI.PERUGIA: BUTI, BIRARELLI, DE CECCO, ATA-NASIEVIC, GIOVI, FROMM, KALIBERDA.⋅I SET: 20-25La partita parte fortemente equili-brata con piccoli intervalli, ad esem-pio il vantaggio sull’ 8-10 con due ottime giocate di Kaliberda ottenute sfruttando il muro di Modena, ma si arriva presto al 10 pari firmato da un ace di Piano. La corsa della Sir procede fino al 16-20 con 2 bellis-simi aces di Birarelli e un muro di Buti su attacco di Lucas, il quale sembra rovinare momentaneamente i loro piani con un insidioso ace sul-la linea di posto 1 e 2, ma sbaglia la battuta successiva. Perugia prende il volo con un altro muro di Buti (que-sta volta su Ngapeth che attacca da seconda linea), una potente paralle-la di Atanasievic da posto 4, un ace di Kaliberda e gli ultimi 2 punti del possente martello tedesco Fromm.⋅II SET: 25-16Il secondo set si presenta subito molto agguerrito: la DHL si è sve-gliata e vuole fermare a tutti i costi

gliata e vuole fermare a tutti i costi la Sir. Già sul 3-5, infatti, si registra un’azione combattutissima (4 muri per Perugia) che si conclude con muro di capitan Buti, ma si arriva immediatamente al 5 pari con un attacco di Petric sferrato sulla linea di zona 4 e 5. Una micidiale ed ina-spettata fast di Lucas segna il 15-10, 5 punti di vantaggio che saranno mantenuti intatti fino al 20-15 dove un punto di Atanasievic su muro a uno di Ngapeth cerca di frenare la rincorsa dei giallo- blu. Ma l’intesa tra il capitano e Lucas è intensa e precisa, tanto da regalarci un attac-co in sette folgorante che assieme all’ultimo punto su battuta di Nikic (entrato poco prima al posto di Pe-tric) e ad un ace finale di Ngapeth concludono il set.⋅III SET: 25-22Reset. Uno pari. Set che comincia subito con una nota fantasiosa della DHL e precisamente un attacco di Bruno da seconda linea, accompa-gnato da due aces rispettivamente di Lucas e Vettori solo sul parziale di 6-5. Già da qui si prospetta un set di quelli che ti fanno tenere il fiato so-speso fino a quando il pallone non sposta gli acari adagiati sul pavimen-to tricolore plastificato. I ragazzi di Perugia reagiscono con un ace che porta la firma di Aleksandar Atana-sievic e un potente muro di Fromm raggiungendo il punteggio di 14-13, per poi arrivare al 16 pari grazie all’intervento di entrambi i centrali della nazionale. Ma Bruno distribu-isce bene il gioco facendo prendere

piede alla sua squadra che vola vin-cendo il set sempre con una nota di classe (pipe di Ngapeth).⋅IV SET: 25-22Se anche lo spettatore avesse cercato di tendere verso una squadra o l’al-tra, l’azione successiva l’avrebbe su-bito smentito. Gli scambi sono così accesi ed equilibrati che è davvero impossibile affermare la previsione della vittoria dell’uno o dell’altro. Da un 15- 12 iniziale, dove bisogna sottolineare l’abilità di Kaliberda nel segnare un altro ace e nelle sue pre-stazioni di difesa, assieme alla figura di Birarelli sempre presente a muro, la situazione si ribalta: 17-19. Si suda freddo in questa parte finale del set decisivo che potrebbe portare la vittoria nelle mani della DHL: gli spettatori vengono incantati da una bellissima parallela interna del “cer-biatto dagli occhi tristi”, ma anche dal muro a uno di Atanasievic su Ngapeth, il quale però avrà modo di vendicarsi con una pipe che segnerà il 22-20.

Uno dei commenti più condivisi è stato quello di Lucchetta nato da una frase di Kovac, mister della panchi-na Sir Safety Perugia, che ha ricor-dato ad Atanasievic durante un time out che la battaglia non era tra lui e Ngapeth. Invece il match è sembrato per molti versi l’esatto contrario. Da una parte la squadra eterna favori-ta, dall’altra invece un’avversaria che tenta il colpo grosso contro la capo-lista: tanta la tensione, molti i pal-loni che scottano e tutto questo ha

Coppa Italia di Pallavolo Maschiledi Arianna Marchese, IV B Classico

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LA NOTTOLA, FEB 2016

-II SEMIFINALE: DIATEC TRENTO VS CIVITANOVA LUBE:3-2-TRENTO:LANZA, URNAUT, GIANNELLI, DJU-RIC, COLACI, SOLÉ, VAN DE VOORDE.-LUBE:MILKOVIC, CHRISTENSON, STANKO-VIC, PODRASCANIN, JUANTORENA, PARO-DI, GREBENNIKOV.⋅I SET: 25-19: 25-19Il primo set si apre con un parzia-le molto equilibrato, le due squadre sbagliano poco e si rincorrono reci-procamente punto a punto fino al 13 pari su attacco del capitano Milko-vic. Subito dopo Trento tira fuori gli artigli e, spiazzando gli avversari, si distacca di 3 punti. La Lube non molla e insegue la squadra capeg-giata da Pippo Lanza con un muro e un primo tempo firmati da Podra-scanin, ma saranno anche gli ultimi punti per loro messi a segno.⋅II SET: 17-25Si sta giocando per arrivare in finale e questa meta brilla negli occhi dei Trentini come in quelli dei marchi-giani. Si assiste ad una super rimon-ta della Lube con il primo parziale di 5-10 firmato da un ace di Parodi. I centrali della nazionale serba trasci-nano velocemente la squadra man-tenendo un largo distacco da Tren-to: 9-15. In questo momento della partita risaltano particolarmente il gioco e la prestanza dei due capitani che spronano le rispettive squadre a dare il meglio. Un ace di Stankovic accompagnato dalla forte presenza del muro e soprattutto dall’abilità di Juantorena che termina il set con un ace, azzerano tutto. Uno pari e si ri-comincia a lottare.⋅III SET: 25-22Questo nuovo inizio comincia qua-si come un gioco: ogni volta che un opposto attacca, infatti, sembra che

la difesa di entrambe le squadre gio-chi a “tutti giù per terra”. Dopo il 6 pari segnato da due punti filati di Stankovic, la Lube perde la bussola, soprattutto perchè uno dei punti di riferimento della squadra sembra essersi perso: Juantorena manda due attacchi a rete molto ingenuamente e viene murato in pipe da Solè. Sul 20-17 Trento non riesce a mantene-re il vantaggio: i centrali sembrano inesistenti e non c’è uno straccio di muro sugli attacchi degli avversari, i quali, al contrario, non ci mollano e la loro costanza lo dimostra (potente fast di Stankovic, 3 insidiose battute di Fei, salito al posto di Milkovic). Purtroppo per la Lube, però, quei 3 punti di distacco presi in preceden-za non riescono a smaterializzarsi dal punteggio con il solo desiderio.⋅IV SET: 25-27Cambio nelle file della Lube di Po-drascanin con Cester. La batteria è ancora carica e i rosso-neri non mollano, ma la tensione dovuta alla consapevolezza dell’importanza di questo set così decisivo gioca brutti scherzi ad entrambe le squadre: si vedono errori molto banali che ri-stabilizzano di volta in volta l’equili-brio del match. Da un iniziale 8 pari, infatti, si passa a 11, poi a 16 ed infi-ne a 23 con una sorta di “scontro fra capitani”, dove, appunto, Pippo Lan-za mura out un attacco di Milkovic. A questo punto del set ogni errore può costare da una parte la vittoria di Trento, dall’altra lo scontro fra ti-tani nel fatidico tie break: Stankovic inbattuta firma un ace, ma subito dopo anche un servizio sbagliato ed è di nuovo parità (24), ma questa volta sono i marchigiani ad avere la meglio.⋅V SET: 15-11

E che lo scontro fra titani abbia ini-zio! Entrambe le squadre sono forte-mente agguerrite: Cester parte segnando 2 punti su 3, mentre sul parziale di 5-4 due aces portano la firma di Urnaut. Finalmente i cen-trali di Trento vengono sfruttati a dovere da Giannelli e una pipe del capitano segna il vantaggio di 10-8.Cos’è mancato alla Lube? Cosa non le ha permesso di vincere? Probabil-mente la costanza di un gioco che inevitabilmente ci piace, quella di quest’anno è una Lube rinnovata sotto vari aspetti, la figura del ca-pitano inprimis. Battaglia condot-ta fino all’ultimo punto: è questa la pallavolo che affascina e ci ricorda che, purtroppo, in questo sport non esiste il pareggio, per quanto spesso le squadre lo meriterebbero.

-FINALE: DHL MODENA VS DIATEC TRENTO: 3-0 (I SET: 25-19; II SET: 25-22; III SET: 25-13)-MODENA:BRUNO, VETTORI, NGAPETH, PE-TRIC, PIANO, LUCAS, ROSSINI.-TRENTO:LANZA, URNAUT, GIANNELLI, DJU-RIC, COLACI, SOLÉ, VAN DE VOORDE.Non è facile presentare questa fina-le che ha lasciato tutti, modenesi e trentini, a bocca aperta, anche se per motivi diversi. La DHL ha agguan-tato il pronostico che la vedeva favo-rita mettendo in ginocchio Lanza e compagni, incapaci di mettere in difficoltà gli avversari e, soprattutto, di reagire. E’ questo che ha lasciato l’amaro in bocca: la Diatec non ha avuto carattere, ha lasciato dall’i-nizio alla fine la partita in mano ai giallo –blu senza battere ciglio, come se la situazione andasse bene così; è mancata soprattutto la palla-volo a cui i tifosi di Trento sono abi-tuati. Delude la regia di Giannelli ed

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LA NOTTOLA, FEB 2016

ancora di più il carattere lascivo di capitan Pippo, che non è mai ri-uscito a dare la sterzata decisiva: giocatori fondamentali e pilastri di Trento anonimi ed abbattuti. Van De Voorde e Solè totalmente spenti a muro, Djuric chiude con 11 punti, ma spesso sottotono. Per quanto ri-guarda i vincitori è necessario sotto-lineare la magia del gioco apportata da Vettori, che ha brillato per tutta la partita trascinando i compagni verso la meta con i suoi 19 punti

(63% in attacco). Dopo aver giocato la semifinale contro Perugia alquan-to sottotono, ha saputo trovare un forte riscatto conquistando merita-tamente il trofeo da protagonista. Stoytchev ha dovuto alzare bandie-ra bianca, riconoscendo i meriti dei campioni di Lorenzetti, che si sono riscattati con stile dal k.o. dell’ultima Finale Scudetto. Modena conclude questo magico weekend colorato di Volley italiano all’ennesima potenza alzando trionfale la coppa.

INTANTO... SCORCI FEMMINILI IN MODENA: 2016, PALA PANINILIU JO MODENA VS IGOR GORGONZOLA NO-VARA: 3-0 (I SET: 27-25; II SET: 25-22; III SET: 25-17)

MENTRE SULLO SFONDO DELLA PALLAVOLO MASCHILE SI GIOCAVA LA FINALE DI COPPA ITALIA, LA VOSTRA SCRITTRICE DELLA RE-DAZIONE LA NOTTOLA È RIUSCITA A SCAT-TARE UNA FOTO ASSIEME A RAFFAELLA FOLIE SOLO PER VOI, LETTORI DEL GIORNA-LINO SCOLSTICO ARRAPATI DI VOLLEY!

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LA NOTTOLA, FEB 2016

Avevo bisogno di bellezza. Un bisogno travolgente e irrequieto, inaspettato e necessario. Ero arrivato a un punto così logoro e triste della mia vita che non potevo desiderare altro che bel-lezza, una semplice, naturale bellezza. Era tempo che intorno a me non vedevo altro che uomini grigi e spenti, impostati esclusivamente sull’obbiettivo, sull’arrivare a fine giornata e prepararsi alla successiva, sul vivere solo per far andare avanti il tempo, mossi forse da una speranza di miglioramento. Io facevo parte di loro, io ero uno dei milioni di puntini che ogni giorno usci-vano di casa solo per sedersi davanti a un computer e poi, accompagnati dal rumore delle auto, tornare a casa dove la compagna li avrebbe riempiti di rimproveri e storie di lavoro. Quanto odiavo il lavoro, quanto odiavo la mia vita! Avevo smesso di leggere, di ascoltare musica, di guardare film o giocare alla playstation, avevo smesso di guardarmi intorno, di distinguere il giorno dalla notte: tutto era diventato una massa indistinta e lontana. Sentivo il vuoto dentro, ma non ero depresso, non credo almeno, ero solamente normale, succube della velocità e della monotonia. Così un bel giorno decisi di prendere il tram invece che la macchina e osservare un po’ la società, vivere almeno attraverso gli altri, ma fu decisamente un disastro. Vidi sola-mente ragazzini con i cellulari e le cuffie alle orecchie, tutti presi da loro stessi, vecchiette dalle espressioni nostalgiche e lavoratori rassegnati quanto me alla loro schematica vita. I colori del tram sembravano alquanto irrealistici, con i loro gialli canarino e rosso pomodoro, o il blu cielo più inverosimile che avessi mai riscontrato. Tutto rovinato, sgualcito, pieno di scritte offensive e superflue. Nessuno si guardava intorno, scambiava cenni di saluto o buongiorno, ognuno era concentrato unicamente su se stesso, un se stesso ormai nullo. Eravamo schiacciati, compressi, sudati: non avevo intenzione di riprendere un’altra volta il tram in vita mia, non a quelle condi-zioni. Uscii ripulendomi i vestiti e preparandomi ad indossare quell’odiosa maschera a sorriso tanto necessaria con i colleghi. Guardai il cielo, sperando in qualche segno divino o anche solo in una nuvola non omologata... ma niente, nubi piatte e fitte toglievano anche quell’unico pic-colo piacere. Che vita era quella? Valeva la pena di essere vissuta? Mi arrovellai tutta la giornata intorno a quelle domande, ma non potevo credere che facesse tutto tanto schifo, che il mondo fosse pieno solo di smog e rifiuti, che le persone non fossero più persone e che nessuno avesse più qualcosa per cui combattere. Non era possibile! Non era possibile... Avevo tanta voglia di stare bene per qualche istante, di sentirmi appagato e soddisfatto senza dover per forza aver chiuso un contratto o ritrovato le chiavi di casa: desideravo una felicità più leggiadra, sottile. Dove trovarla? Il mondo sembrava messo così male... C’era forse ancora un luogo dove la leg-gerezza e la felicità avevano casa, un luogo fatto delle persone che lo frequentavano, un luogo fatto di fantasia e aria fresca, un luogo fatto di bambini. Là giacevano alberi millenari e fiorel-lini primaverili, erba fresca e raggi caldi, il tutto accompagnato dal fruscio del ruscello e dalle risate dei bambini. Quale luogo migliore al mondo? All’inizio rimasi deluso, perché nulla aveva

NOSTALGIA DI VITAdi Francesca Feruglio, II A Classico

LETTERATURA LICEALEELAECIL ARUTARETTEL

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LA NOTTOLA, FEB 2016

l’aria di essere bello: c’era qualche gioco arrugginito sparso qua e là, un’altalena cigolante che si muoveva da sola, una nebbiolina distesa su tutto. Le uniche forme di vita erano ombre scure e inquietanti che correvano, canti agghiaccianti di uccelli e qualche cane che faceva pipì. Niente di entusiasmante. Eppure appena le nuvole decisero di spostarsi e lasciare spazio al sole, tutto assunse un aspetto migliore. Le persone che correvano erano affaticate ma determinate e senza pensieri, gli uccelli cominciarono ad allietarmi con le loro soavi voci e i cani sembravano en-tusiasti di tutto. Quanto avrei voluto esserlo anche io. I verdi sbocciavano e i fiori prendevano vigore, scintillando sotto la luce del sole. La terra era umida e scura, piena di vita, il cielo fi-nalmente azzurro e pieno di nuvole bianche con le quali avrei potuto perdere ore. Scorrevano sopra la mia testa, come mandrie di cavalli selvaggi e liberi. Arrivarono i bambini e portarono allegria anche nei punti più oscuri del parco, i giochi con loro prendevano vita, diventavano migliori. Un’altalena cigolante poteva diventare il miglior aeroplano del mondo, o oscillare in mezzo al cielo, accarezzando le nuvole o facendo il giro di tutta la Terra. Uno scivolo era una lingua gigante o l’accesso a un mondo segreto, se non la porta preferita dei pirati o la scala pre-diletta delle principesse. Tutto poteva essere tutto, però migliore, più bello. C’era così tanto in cui perdersi con piacere, da osservare e far proprio. Volevo portare a casa il parco con tutta la sua bellezza e la sua gioia. Ma ragionandoci forse era meglio lasciarlo lì, poterci tornare in ogni momento, poterlo respirare a pieni polmoni, con la mente libera e rilassata. Desideravo impa-rare a vedere di nuovo le facce delle nuvole, era troppo tempo che non lo facevo. Finalmente avevo voglia di fare qualcosa, ero tornato curioso e allegro, cominciavo ad amare un’altra volta la vita. Tornato a casa la mia compagna commentò stupita quanto sembrassi più bello del solito, con un sorriso io risposi: -Sono solo felice-.

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LA NOTTOLA, FEB 2016

Mi chiese un giorno, il mio amico migliore,

che cosa fosse per me la bellezza:

dicasi proprio l’aspetto di un fiore

o il tocco gracile di una carezza?

Ben non ricordo che cosa risposi,

rimuginando su quelle parole,

forse che infine a quei casi spinosi

potean risponder soltanto le rose.

Il giorno dopo, durante il mattino,

ricapitando su tale argomento,

mi venne posto lo stesso quesito

come servito su un piatto d’argento:

“Reputo bello cos’è originale,

cosa non segue un’ignobile moda;

reputo bello cos’è passionale,

come l’amor, che di un bacio è la coda.

FUNAMBOLOdi Samuele Teneggi, II A Classico

LETTERATURA LICEALEELAECIL ARUTARETTEL

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LA NOTTOLA, FEB 2016

Bello è quel viso dai gran lineamenti,

bello il purpureo tepore del sole,

bello è il pianeta e i suoi mille pigmenti “

dissi d’un fiato al mio amico migliore.

Quello però rimanendo in silenzio,

non mi sembrò ricambiare il pensiero;

si fece infatti perplesso un momento

come incantato da un magico siero.

Stemmo assopiti su quella panchina

per non so quanti minuti a venire,

ora mirando sull’erba la brina,

or della volta del ciel lo schiarire.

Poi ad un tratto, spuntando da un lato,

si fece avanti lontana una donna:

schiena ricurva, uno sguardo spossato,

ma un gran sorriso, suo appiglio e colonna.

China lei tiene la mano a un bambino

che su due piccoli piedi, inesperto,

lungo il sentiero a noi passa vicino,

come un funambolo dondola incerto.

“Ecco – una volta lontani, riprese –

questa è bellezza sincera e sicura!”

“E che sarebbe allor “bello”?” gli chiesi .

“ Ciò che di umano ci resta in natura. “

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LA NOTTOLA, FEB 2016

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FOTOGRAFIA AIFARGOTOF

“HELLO DARKNESS MY OLD FRIEND, I'VE COME TO TALK WITH YOU AGAIN BECAUSE A VISION SOFTLY CREEPING  LEFT IT'S SEEDS WHILE I WAS SLEEPING  AND THE VISION THAT WAS PLANTED IN MY BRAIN STILL REMAINS, WITHIN THE SOUNDS OF SILENCE”

SOUND OF SILENCE, SIMON AND GARFUNKEL

MOLTE VOLTE HO STUDIATO LA LAPIDE CHE MI HANNO SCOLPITO: UNA BARCA CON VELE AMMAINATE, IN UN PORTO.

IN REALTÀ NON È QUESTA LA MIA DESTINAZIONE, MA LA MIA VITA. POICHÉ L'AMORE MI SI OFFRÌ ED IO MI RITRASSI DAL SUO INGANNO;

IL DOLORE BUSSÒ ALLA MIA PORTA ED IO EBBI PAURA;

L'AMBIZIONE MI CHIAMÒ, MA IO TEMETTI GLI IMPREVISTI.

MALGRADO TUTTO AVEVO FAME DI UN SIGNIFICATO NELLA VITA.

E ADESSO SO CHE BISOGNA ALZARE LE VELE E PRENDERE I VENTI DEL DESTINO, DOVUNQUE SPINGANO LA BARCA.

DARE UN SENSO ALLA VITA PUÒ CONDURRE A FOLLIA,

MA UNA VITA SENZA SENSO È TORTURA DELL'INQUIETUDINE E DEL VANO DESIDERO;

È UNA BARCA CHE ANELA AL MARE EPPURE LO TEME.

GEORGE GRAY“ANTOLOGIA DI SPOON RIVER”

EDGAR LEE MASTERS

di Carolina Foglia, V D Classico

LA NOTTOLA, FEB 2016

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“E SE NON POSSO DIRE DEL MIO AMORESE NON PARLO DEI TUOI CAPELLI,DELLE TUE LABBRA, DEGLI OCCHI,SERBO PERÒ NELL'ANIMA IL TUO VISO,IL SUONO DELLA VOCE NEL CERVELLO,I GIORNI DI SETTEMBRE CHE MI SORGONO IN SOGNO:E DAN FORMA E COLORE A PAROLEE FRASI QUALUNQUE TEMA IO TRATTI,QUALUNQUE IDEA IO DICA”.

COSTANTINO KAVAFIS

SE UN GIORNO NON MI VEDESSI PIÙ VARCARE LA SOGLIA DELLA PORTA COME SONO SOLITA FARE, ALZA GLI OCCHI AL CIELO TURCHESE DI UN NUOVO GIORNO E

CERCAMI FRA LE STELLE CHE ACCENDONO LA LUCE DELLA VOLTE CELESTE, FRA LE ODOROSO GINESTRE GIALLE CHE INCORNICIANO LE NOSTRE COLLINE.

CERCAMI NEGLI OCCHI DI CHI AMI. CERAMI NEL SILENZIO DEL TUO CUORE. 

STEPHANIE SORREL (1956)

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QUANDO TI METTERAI IN VIAGGIO PER ITACADEVI AUGURARTI CHE LA STRADA SIA LUNGA,  FERTILE IN AVVENTURE E IN ESPERIENZE.  I LESTRIGONI E I CICLOPI O LA FURIA DI NETTUNO NON TEMERE,  NON SARÀ QUESTO IL GENERE DI INCONTRI  SE IL PENSIERO RESTA ALTO E UN SENTIMENTO  FERMO GUIDA IL TUO SPIRITO E IL TUO CORPO.  IN CICLOPI E LESTRIGONI, NO CERTO,  NÈ NELL’IRATO NETTUNO INCAPPERAI  SE NON LI PORTI DENTRO  SE L’ANIMA NON TE LI METTE CONTRO.

DEVI AUGURARTI CHE LA STRADA SIA LUNGA.  CHE I MATTINI D’ESTATE SIANO TANTI  QUANDO NEI PORTI - FINALMENTE E CON CHE GIOIA -  TOCCHERAI TERRA TU PER LA PRIMA VOLTA:  NEGLI EMPORI FENICI INDUGIA E ACQUISTA  MADREPERLE CORALLI EBANO E AMBRE  TUTTA MERCE FINA, ANCHE PROFUMI  PENETRANTI D’OGNI SORTA; PIÙ PROFUMI INEBRIANTI CHE PUOI,  VA IN MOLTE CITTÀ EGIZIE  IMPARA UNA QUANTITÀ DI COSE DAI DOTTI.

SEMPRE DEVI AVERE IN MENTE ITACA -  RAGGIUNGERLA SIA IL PENSIERO COSTANTE. 

SOPRATTUTTO, NON AFFRETTARE IL VIAGGIO;  FA CHE DURI A LUNGO, PER ANNI, E CHE DA VECCHIO 

METTA PIEDE SULL’ISOLA, TU, RICCO  DEI TESORI ACCUMULATI PER STRADA 

SENZA ASPETTARTI RICCHEZZE DA ITACA.  ITACA TI HA DATO IL BEL VIAGGIO, 

SENZA DI LEI MAI TI SARESTI MESSO  SULLA STRADA: CHE COS’ALTRO TI ASPETTI?

E SE LA TROVI POVERA, NON PER QUESTO ITACA TI AVRÀ DELUSO.  FATTO ORMAI SAVIO, CON TUTTA LA TUA ESPERIENZA ADDOSSO 

GIÀ TU AVRAI CAPITO CIÒ CHE ITACA VUOLE SIGNIFICARE.

COSTANTINO KAVAFIS, ITACA

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MAURIZIO COLAMONICI

FRANCESCA CHIERICI

GIORGIA DI TRIA

ARIANNA MARCHESE

GAIA GRASSELLI

BEATRICE BALDINI

MATIA FRIGNANI

FRANCESCA MAZZALI

MARIA CHIARA TRAPASSO

FRANCESCA ANIGONI

CAROLINA FOGLIA

SAMUELE TENEGGI

FRANCESCA FERUGLIO

GIOVANNI MONTANARI

CATERINA IOTTI

MARCO ELIA RIGHI

RICCARDO PESARE

TOMMASO VEZZANI

CAROLINA FOGLIA

LAURA COLLI

RICCARDO QUAGLIO