La Marca Semprini

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Andréa Semprini La marca dal prodotto al mercato, dal mercato alla società

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la marca es: identificar a una empresa por su identidad corporativa y bla bla bla bla bla blabla bla blabla bla blabla bla blabla bla blabla bla blabla bla blabla bla blabla bla blabla bla blabla bla blabla bla blabla bla blabla bla blabla bla blabla bla blabla bla blabla bla bla.

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Andréa Semprini

La marcadal prodotto al mercato,dal mercato alla società

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A Simona

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Indice

Prefazione di Vanni Codeluppi 11

Introduzione: la marca tra prodotto e mercato 21

Prodotto e marca:storia di una relazione difficile

1. AU'origine era il prodotto 27Una vecchia storia 27Le condizioni di apparizione délia marca 32Lo sviluppo délia marca moderna 35

2. La dualità prodotto e marca 40Visione commerciale:la marca corne argomento di vendita 42Visione industriale:la marca corne innovazione 45Visione finanziaria:la marca corne valore aggiunto 49

3. Dal prodotto al consumatore 53Visione pubblicitaria:la marca corne supplemento d'anima 53Visione marketing:la marca corne mediatore 61

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Indice

La marca corne vettore di senso

4. La marca corne narrazioneDalla marca-segnoalla marca-significazioneMyriam e la semioticaLa gestione del senso

5. La marca corne valoreProdotti, marche, valoriLa segmentazione dei valoriL'evoluzione dei valori

6. La marca corne contrattoUna sovranità condivisaL'identità di marcaDue false opposizioni

La marca corne mondo possibile

7. Gli strurnenti délia rnarcaL'arsenale délia cornunicazioneII prodotto, strurnento d'identitàL'identità visiva délia rnarca

8. La rnarca créatrice di mondi1 mondi possibili di una rnarcaLe proprietà dei rnondi possibili

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Indice

9. La legittimità délia marca 150II diritto di parola 151Le fonti délia legittimità 155La dimensione istituzionale délia marca 159

La marca corne dispositivo di cornunicazione

10. Lo sviluppo délia marca:poste in gioco e limiti 169L'internazionalizzazione délie marche 170L'architettura délia marca 1741 limiti délia legittimità: il caso Benetton 179

11. La disseminazione sociale délia marca 189La forma-marca 1901 nuovi temtori délia marca 199

Conclusione: la marca tra mercato e società 209

Bibliografia 213

Indice délie marche 217

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PREFAZIONEdi Vanni Codeluppi

La cultura aziendale ha sempre avuto notevolidifficoltà a comprendere la natura e i meccanismidi funzionamento délia marca. Forse perché lamarca, a differenza dei prodotti, non ha una consi-stenza sul piano délia realtà fisica. Apparentementesembra essere dotata di un'esistenza concreta, inquanto puô avère dei referenti tangibili che la rap-presentano (corne il logotipo o i negozi rnonomarcache la interpretano sul piano distributivo), ha un'at-tività molto intensa e puô subire anche dei gravidanneggiamenti. In realtà, è un soggetto che ha unanatura totalmente immateriale.

Non puô funzionare perô senza un costante riferi-mento alla realtà fisicamente sperimentata dagliindividui, al mondo dei prodotti e délie loro presta-zioni. La marca non è dunque un semplice soggettodi natura comunicativa che permette di differenzia-re sul piano simbolico dei prodotti sempre più omo-genei sul versante prestazionale. Se la si considérasoltanto per i suoi aspetti immateriali, le si attribui-sce un'eccessiva libertà d'azione, collocandola inun campo troppo ampio e privo di quel vincoli che

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possono essere prodotti dalla concretezza déliarealtà fisica. Ciô, a lungo andare, porta all'insterili-mento, corne è successo per moite marche la cuiidentità è stata indebolita durante gli anni ottanta dauna strategia di valorizzazione opérante soprattuttosul piano dell'immaterialità.La marca, dunque, è un soggetto molteplice e ciôspiega le difficoltà sinora incontrate dalla culturaaziendale nell'interpretarla. C'è voluta infatti larécente crisi di quel paradigma razionale e pragrna-tico che è stato tradizionalmente impiegato dallacultura aziendale per far si che questa incomincias-se a porsi correttamente in relazione alla naturadélia marca. C'è voluto cioè l'arrivo di nuovi con-cetti e paradigmi. Corne ad esempio, se consideria-mo soltanto l'ambito del marketing, ma il discorsopotrebbe analogamente essere ripetuto per le filoso-fie di management, il "maxi-marketing" (Rapp eCollins), il "micro-marketing" (Schlossberg), il"relationship marketing" (McKenna), il "neornar-keting" (Badot e Cova) e il "postmodern marke-ting" (Brown).

Una volta tanto, perô, gli Stati Uniti, paese cui lacultura d'impresa è nata e ha raggiunto i suoi piùelevati livelli di sviluppo, devono cedere il passo,probabilmente perché il loro deciso orientamentopragmatico si trova a disagio di fronte ad un sog-getto molteplice e poco concreto corne la rnarca. Èdunque in Europa che troviarno le elaborazioni più

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avanzate a questo proposito, quelle cioè di Jean-Noël Kapferer e Andréa Semprini, che non a casooperano entrambi in quel territorio francese dove siè sviluppata la più importante tradizione teorica dianalisi dei fenomeni comunicativi e dove si è mag-giormente intensificato quel rapporto di collabora-zione che si è instaurato tra la semiotica e il marke-ting1.

Il primo ha messo in luce, nel suo primo lavorosull'argomento2, le principali tra le molteplici fun-zioni che la marca è in grado di svolgere per contodel consumatore:

• di id.entificaz.ione del prodotto da parte del consu-matore dal punto di vista degli attributi e déliecaratteristiche;

• di orientamento del consumatore all'interno déliamolteplicità di prodotti offerti sul mercato;

• di garanzia in relazione alla costanza del livelloqualitativo offerto dalla marca;

1. Per una rassegna sintetica délie interrelazioni esistentitra la semiotica e il marketing, mi permetto di rinviare a V.Codeluppi, Consumo e comunicazione. Merci, messaggi epubblicifà nelle società contemporanee, Milano, Angeli,1989 e "La semiotica del consumo: nuovi sviluppi del pen-siero di marketing", Micro & Macro Marketing, a. II, n. 2,agosto 1993.2. J.-N. Kapferer e J.-C. Thoenig (a cura di), La marca,Milano, Guerini e Associati, 1991.

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• di personalizzazione ovvero la possibilità di co-municare nel sociale l'identità del consumatore;

• ludica, relativa cioè al piacere provato dal consu-matore nell'effettuare i suoi acquisti;

• di praticità, cioè di semplificazione dell'attod'acquisto attraverso la memorizzazione dei pre-cedenti processi di scelta e délie esperienze diconsume.

Kapferer ha inoltre sostenuto che si tende general-mente a trascurare i numerosi aspetti nascosti déliamarca, corne "il prodotto, la ricerca, l'innovazione el'assunzione di rischio. La marca spinge il mercatoverso l'alto perché cerca costantemente di superarsi,di creare un prodotto con migliori prestazioni, piùrispondente allé aspettative dei consumatori. Non lofa per filantropia o generosità: è la condizione persopravvivere. Una marca che non rinnova il suoprodotto muore: perde il suo valore aggiunto, il suovantaggio differenziale, la sua ragione d'essere"3.Kapferer ha considerato questi aspetti nascosti cornequelli più irnportanti, in quanto la marca è "lamemoria del prodotto", la sintesi di tutti gli investi-menti effettuati nel corso degli anni dall'impresa edell'esperienza che di tali investimenti ha fatto ilconsumatore.

In realtà, corne si è detto, la rnarca si nuire del

3. Ibidem, éd. it. p. 59.

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costante rapporte dialettico esistente tra i suoiaspetti materiali e quelli immateriali. Limitarla agiiaspetti materiali, agii investimenti effettuati dal-l'impresa significa attribuirle un ruolo troppo stati-co, di conservazione del passato. Essa è invece unsoggetto molteplice e dinamico che si definisce e sitrasforma costantemente nel corso del suo processodi evoluzione. Tutte le funzioni délia marca, mate-riali e immateriali, concorrono infatti a costruire ead alimentare il suo vero valore, ciô che gli statuni-tensi chiamano la "brand equity"4.

Lo stesso Kapferer ne ha dovuto tener conto nelvolume successive. Les marques, capital de l'entre-prise, che ha avuto anche una récente edizione sta-tunitense5. Lo ha fatto, in particolare, elaborandoun particolare strumento di analisi: il "prisma d'i-dentità délia marca". Taie prisma prevede infattiche l'identità di ogni marca debba operare su seiprincipali dimensioni: fisico, personalità, universoculturale, relazione, riflesso del consumatore ementalizzazione, cioè rapporte con se stessi.

4. D.A. Aaker, Managing Brand Equity: Capitaliz.ing onthé Value of a Brand Name, New York, Free Press, 1991;sull'argomento vedi anche Aa. Vv., Exploring BrandEquity, New York, Advertising Research Foundation, 1995.5. J.-N. Kapferer, Les marques, capital de l'entreprise,Paris, Les Editions d'Organisation, 1991 e Stratégie BrandManagement: New Approaches to Creating and EvaluatingBrand Equity, New York, Free Press, 1994.

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Andréa Semprini si è invece sforzato sin dal suoprimo volume sull'argomento, Marche e mondipossibili 6, di inquadrare in una più ampia prospet-tiva storica e sociologica l'apparizione e lo svilup-po del fenomeno-marca, identificando un certonuméro di tendenze che spiegano l'importanza cre-scente assunta da quest'ultima nei mercati postin-dustriali. In questo stesso lavoro, Semprini ha evi-denziato la natura di "motore semiotico" déliamarca, la quale, esattamente corne un testo lettera-rio, è in grado di dare vita a dei "mondi possibili".Semprini ha applicato cioè alla marca quel concettodi mondo possibile che, seconde Umberto Eco,definisce un costrutto culturale, una realtà narrativache "consiste di un insieme di individui forniti diproprietà"7.

Ma se la funzione délia marca è sempre stataqueiïa di produrre una differenziazione semioticagrazie alla sua capacità di creare attorno al prodottoun universo ricco di senso, oggi, in un universosociale saturato dai messaggi e dai prodotti, taiefunzione diviene sempre più cruciale. La gestionedélia marca è pertanto un'operazione difficile, per-ché consiste nel dover integrare e amministraresoprattutto degli elementi di natura immateriale.6. A. Semprini, Marche e mondi possibili. Un approcciosemiotico al marketing délia marca, Milano, Angeli, 1992.7. U. Eco, Lector in fabula, Milano, Bompiani, 1979, p.128.

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Eppure, possedere una marca dotata di un'imma-gine e un'identità stabilmente definite è l'unica cer-tezza che un'impresa puô avère di fronte a tassi dicambiamento sempre più accelerati del sociale edei mercati. Non è un caso, infatti, che alcune délieprincipal! marche che oggi conosciamo siano natenella seconda metà dell'Ottocento, il période in cui,con l'esplosione délia Seconda rivoluzione indu-striale, le società occidentali hanno dovuto far fron-te ad una brusca accelerazione dei ritmi di vita e delflusso délie comunicazioni.

Giustamente, Semprini ha sottolineato che unamarca, per darsi una stabilità temporale, deve indi-viduare e definire con precisione dei potenti valoridi base da collocare nel cuore del suo mondo. Valoriche vanno mantenuti il più possibile fissi e ricono-scibili, pur dovendo costantemente aggiornare lemodalità espressive utilizzate per comunicarli.

Proprio perché articola dei valori, la marca ècostantemente immersa nel conteste sociale, econo-mico e umano del suo tempo e si mostra particolar-mente reattiva ai fenomeni simbolici e sociocultu-rali che attraversano e definiscono taie conteste. Èd'altronde possibile indentificare in questa forterelazione tra marca e contesto socioculturale unadélie costanti délia riflessione di Semprini sullamarca.

Per illustrare taie relazione, Semprini ha presenta-to in Marche e mondi possibili uno strumento d' a-

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nalisi che ha denominato "mapping semiotico deivalori di marca". Taie strumento ha la caratteristicadi essere una mappa di posizionamento basata nonsu comportamenti o atteggiamenti di consumo, masu "valori di consumo", ovvero sulle radici déliaidentità profonda délia marca. Dopo aver descritto ivalori che sono alla base del suo mapping (utopico,critico, ludico, pratico), e che corrispondono sostan-zialmente a quelli individuati in precedenza da Jean-Marie Floch8, Semprini ha incrociato la mappa for-mata da tali valori con alcune dimensioni che sonopertinenti per il posizionamento di una marca: latemporalità, la spazialità, l'attorialità, la dimensionerelazionale e quella passionale.

Inoltre, a seconda del quadrante occupato nelmapping, una marca puô essere definita Missione(area utopico-critica), Progetto (area utopico-ludi-ca), Euforia (area ludico-pratica) e Informazione(area pratico-critica). La marca Missione ha uncompito di comprensione e di ricerca e la sua capa-cità prevalente consiste nel mettere in relazione ilpassato, il présente e il future. La marca Progettodeve contenere al suo interne un discorso innovato-re, che le consenta di mettere l'accento sull'origina-lità piuttosto che sulla profondità dell'analisi. Lamarca Euforia ha la capacità di creare un universo

8. J.-M. Floch, Semiotica, marketing e comunicazione.Dietro i segni, le stratégie, Milano, Angeli, 1992.

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positivo e tranquillizzante. La marca Informazione,infine, riesce ad ottenere una legittimazione allor-ché è capace di giustificare le sue prestazioni, lesue qualità e i suoi vantaggi.

Nel testo invece che il lettore si accinge a prende-re in esame, precedentemente uscito in Francia nellastorica collana Que sais-je? délie Presses Univer-sitaires de France, Semprini, pur continuando adanalizzare la marca prevalentemente attraverso ilruolo esercitato nell'ambito aziendale, tende adallargarne il territorio di operatività. Tende cioè aconsiderare che oggi si fa sempre più largo una verae propria "forma-marca", forma astratta di discorsi-vità che si dissémina nel sociale e puô indifferente-mente assumere le sembianze délia Coca-Cola o diBerlusconi.

L' autore riprende perciô la strumentazione teoricaprecedentemente elaborata sulla marca aziendale e,nello svilupparla, la applica anche a marche di altranatura. Mostra cosi corne qualsiasi marca, per esse-re considerata taie, debba essere caratterizzata daalcuni principi basilari di funzionamento: la distin-tività, la sinteticità, la coerenza, la credibilità, laconfidenza e, soprattutto, la legittimità.

Il fecondo confronto con i ruoli concretamenteesercitati dalla marca in contesti sociali anchemolto differenti porta Semprini a rimediare a quellimite di cui poteva essere accusato nel volumeMarche e mondi possibili e cioè l'impiego a volte

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eccessivo di uno "sguardo semiotico"9 sul mondodélia marca. Ora la marca è vista corne un attoresociale complète, che produce senso, veicola deivalori che servono a sostanziare questo senso e pro-pone un contratto agii altri attori allô scopo di trova-re un riconoscimento per i propri sforzi. La marcadiviene quindi un mediatore, o se si preferisce untraduttore, un'istanza di congiunzione e di passag-gio, che permette a due culture per moiti versidistinte, ovvero quella délia produzione e dell'a-zienda da un lato e quella del consumo e délia vitaquotidiana dall'altro, di trovare un terreno comuneed un linguaggio condiviso. Proprio in ragione diquesta sua natura duplice, l'analisi délia marcarichiede un approccio profondamente interdiscipli-nare, quale quelle appunto che il lettore potrà tro-vare in questo libro.

9. Si intende evidentemente fare riferimento al volumecurato da A. Semprini Lo sguardo semiotico. Pubblicità,stampa, radio, Milano, Angeli, 1990.

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INTRODUZIONE

La marca tra prodotto e mercato

La storia délia marca è ad un tempo antica erécente. Forme embrionali di logica délia marcapossono essere reperite già nell'antichità, quandoera avviata un'attività di produzione e di scambio.Tuttavia è solo con la rivoluzione industriale, e inparticolare a partire dalla seconda metà del XIXsecolo, che le marche moderne fanno la loro appa-rizione. Un secolo più tardi, lo sviluppo dei consu-mi di massa provoca nuove trasformazioni nellelogiche di funzionamento délia marca. La comparsadi una nuova figura sociale - il consumatore - poneil problema délia messa in relazione e dell'interdi-pendenza di due mondi lontani: l'universo déliaproduzione e l'universo degli individu!. Infine, latransizione post-industriale e lo sviluppo di un'eco-nomia di béni immateriali caratterizzano l'ulterioretrasformazione del ruolo e délia natura délia marca,e pongono il problema délia sua disseminazione aldi là del suo tradizionale campo d'applicazione, ilmercato.

La messa in relazione di questa prospettiva stori-

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ça con una prospettiva teorica permette di esplicita-re lo stretto legame che esiste tra contesto socio-economico e logica di mercato. Il progressive) spo-stamento in atto dal prodotto alla marca e da questaai consumatori, implica una trasformazione paralle-la délia natura e del funzionamento délia marca. Dastrumento di differenziazione e d'identificazione,essa diviene progressivamente un vettore di senso eun mediatore di valori socioculturali. La transizionedal prodotto al mercato implica il riconoscimentodel ruolo chiave giocato dagli individui e trasformala marca in un dispositivo di mediazione.

Questo testo è suddiviso in quattro parti. La primaricostruisce il percorso storico délia marca, le suecondizioni di apparizione e di sviluppo. Allô stessotempo mostra corne le visioni classiche délia marcaconcettualizzino con difficoltà la relazione tra pro-dotto e marca. La seconda parte identifica nella suacapacità di veicolare il senso la natura délia marcacontemporanea. La marca entra in comunicazionecon i consumatori ai quali propone la condivisionedi certi valori. Scegliendo d'aderire o meno a taliproposizioni, i consumatori acquisiscono un impor-tante potere di sanzione. La terza parte descrive glistrumenti impiegati dalla marca per realizzare unastrategia propria. L'allargamento del raggio d'azio-ne délia marca introduce la problematica délialegittimità, particolarmente importante quando lamarca intenda dotarsi di una dimensione istituzio-

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Introdutione

nale. Nella quarta parte vengono analizzate le con-seguenze legate all'accresciuto potere délia marca.Perseguendo stratégie di internazionalizzazione ediversificazione, la marca puô oitrepassare i limitidélia propria legittimità, corne mostra l'esempio diBenetton. Ma oitre che dispositivo formale dicomunicazione, pura tecnica di gestione del senso,la logica di marca sembra potersi applicare ben aldi là del conteste di mercato. Nella parte conclusivadi questo testo presenteremo alcuni esempi di mar-che umanitarie, culturali e politiche, analizzaticorne manifestazioni délia disseminazione socialedélia marca.

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PRODOTTO E MARCA:STORIA DI UNA RELAZIONE DIFFICILE

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1. ALL'ORIGINE ERA IL PRODOTTO

Una vecchia storia

Tracciare una storia délia marca ci obbliga a risali-re lontano nel tempo. Le terrecotte e i vari prodottidi artigianato rinvenuti negli scavi archeologici delbacino mediterraneo mostrano spesso incisi piccolidisegni o forme geometriche. Spesso non si trattache di forme semplificate, quasi scarabocchi, trac-ciati prima délia cottura nella materia ancora tenera.Nonostante siano semplici, queste tracée possonoessere considerate corne i predecessori délie marchemoderne. Esse sono, per un segno dato, sempreidentiche e, se si comparano due segni, sempre dif-ferenti gli uni dagli altri. La ragione di queste picco-le incisioni era in realtà semplice: le piccole tracéesulle terrecotte avevano la funzione di identificare labottega che le aveva prodotte e di differenziarladalla produzione délie altre botteghe. Non si trattavaancora di una questione di concorrenza commercia-le, ma semplicemente di evitare confusioni almornento del trasporto e di potere attribuire ogniparte del carico al suo legittimo proprietario. In que-sta forma di marchiatura troviamo già, sebbene ad

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froûotto e marca

uno stato embrionale, quattro importanti caratteri-stiche délia marca. Segnando una ten'acotta con unasemplice traccia, si compiono in realtà quattro ope-razioni distinte.

Si marca una identificazione. - Spesso uno stessocarico era composto dalla produzione di numerosebotteghe. 1 prodotti tendevano ad assomigliarsi traloro - stesso stile, stessa tecnica, stessi materiali -ed occorreva stabilire l'origine di ciascuna partita.Questa nécessita di identificazione non si limitavaal trasporto. Essa riguardava tutte le fasi successivedélia vita del prodotto, fino al suo arrivo al destina-tario ultimo, colui che oggi chiameremmo il consu-matore finale.

Si marca una appropriazione. - Identificando unoggetto si puô fare valere un diritto di proprietà sul-l'oggetto medesimo. Identificazione e appropria-zione possono coincidere, ma possono anche esseredisgiunte. Nei casi più semplici, il prodotto escedalla bottega per essere avviato direttamente allasua destinazione finale. Ma quando il circuito discambi commerciali acquisisce una certa comples-sità, si assiste alla comparsa di un numéro crescentedi intermediari, i quali aspirano a comprare e riven-dere quel dato prodotto e intendono dunque aggiun-gere o sostituire il loro segno d'identificazione aquelli preesistenti. Diventa spesso difficile, per l'ul-

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AU origine era itprodotto

timo arrivato, cancellare completamente il lavorod'identificazione già compiuto. Talvolta, certe fasidélia vita del prodotto lo "marcano" più intensa-mente di altre ed in modo più profonde. In questicasi, tentare di togliere al prodotto délie caratteristi-che cosï profondamente radicate è uno sforzo vano,addirittura nocivo, dato che ciô puô essere realizza-to solo a prezzo délia banalizzazione di tutto quantofaceva parte délia specificità del prodotto e spessodélia sua attrattiva.

Si marca una differenziazione. - Questa operazio-ne obbedisce in primo luogo ad un bisogno praticoe immédiate: separare la produzione degli uni daquella degli altri, a causa délia relativa standardiz-zazione dei prodotti. A questo stadio la proceduradi differenziazione è puramente posizionale, nonessendo ancora investita di significazione o di valo-ri. La distinzione tra i prodotti A e B è neutra, servegiusto per semplificare le operazioni di riconosci-mento, d'inventario e stoccaggio délia mercanzia. Èda notare che queste procédure di differenziazioneconcernono esclusivamente il sistema di produzio-ne e il circuito commerciale, quella che oggi defini-remmo la rete di distribuzione. Il sistema di ricezio-ne, vale a dire l'insieme degli utilizzatori e dei con-sumatori dei prodotti, non è toccato da questo tipodi differenziazione. Per loro, tutte le terrecotte sonogrigie.

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Prodotto e marca

Si marca una qualificawne. - Puô accadere che,nonostante abbiano un aspetto identico, le terrecottedélia bottega A siano più resistenti, sopportinomeglio gli urti del trasporto, oppure siano più im-permeabili délie terrecotte provenienti dalla bottegaB. È ugualmente possibile che, nonostante sianoidentiche nella loro concezione e fabbricazione, leterrecotte délia bottega C siano consegnate semprecon puntualità, mentre quelle délia bottega D nonrispettino i termini di consegna convenuti. Nelristretto ambiente dei trasportatori, cominceranno apreferirsi le terrecotte dotate del segno di identifi-cazione délia bottega A, quella che fornisce i pro-dotti più solidi, oppure délia bottega C, quella checonsegna i propri prodotti sempre con puntualità. Apartire da questo momento, il piccolo scarabocchioinciso sulla terracotta comincia ad essere più che unsemplice segno d'identificazione, d'appropriazionee di differenziazione.

Da un lato, esso consente di rendere le qualità diun prodotto (robustezza, tenuta), o eventualmente isuoi difetti (porosità, fragilità, deformità), imme-diatamente espliciti e riconoscibili. Un semplicecolpo d'occhio consentira al commerciante non sol-tanto di conoscere chi ha prodotto la terracotta, maanche di sapere che essa présenta taie o talaltrovantaggio o inconveniente. Lo scarabocchio diven-ta segno: consente di conoscere le qualità e i difettidi un prodotto senza doverne fare l'esperienza.

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/in angine eiu « pruaoïw

D'altra parte, esso permette di attribuire ad un pro-dotto qualità che non gli appartengono intrinseca-mente e che derivano piuttosto dal suo contesto pro-duttivo e commerciale. La puntualità, per esempio,non è una caratteristica intrinseca délia terracotta;ma essa rappresenta innegabilmente una qualità rile-vante qualora la puntualità di consegna diventi unfattore importante per il grossista. In modo analo-go, la buona conservazione délie derrate alimentari(grano, vino, olio ecc.) contenute all'interno diun'anfora non è una qualità dell'anfora in se, ne èpiuttosto una conseguenza. Grazie ad un processodi sostituzione, tutte queste qualità possono essereespresse dalla piccola traccia incisa sulle terrecotte,che diventa allora un segno di puntualità o di buonaconservazione.

Perché queste qualità direttamente o indirettamen-te legate al prodotto possano installarsi, esse devonoessere costanti e ripetute in modo regolare su di unarco di tempo piuttosto lungo. Le qualità délia"robustezza" e délia "puntualità" non saranno asso-ciate alla produzione di una bottega se non quandoverra constatato che tutte le partite délia forniturapresentano caratteristiche simili e che taie condizio-ne si riproduce regolarmente ad ogni nuova conse-gna. Grazie proprio a questa accumulazione lenta eregolare si stabilisée la reputazione di un produtto-re. Taie reputazione puô allora cominciare a funzio-nare corne "credito di fiducia" e proiettare nel futu-

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t'iuuoiw e rnurcu

ro il potenziale costruito nel passato. Ma a questopunto dobbiamo abbandonare i tempi antichi, per-ché tali aspetti délia marca appariranno ben piùtardi nella storia del suo sviluppo.

Le condizioni di apparizione délia marca

La discussione del paragrafo précédente permettedi precisare le condizioni economiche e produttiveche hanno preceduto l'apparizione délia marca cosïcorne oggi noi la conosciamo. La storia délia marcamoderna puô essere suddivisa in due periodi. Ilprimo, inaugurato dalla rivoluzione industriale, èdominato dal concetto di merce. Questo periodo siconclude all'incirca alla fine del primo conflittomondiale. Il seconde periodo inizia negli anni ventie segna l'apparizione délia marca contemporanea.Sebbene esso sia tuttora in corso, alcuni importanticambiamenti prodottisi in tempi recenti sembranoannunciare una nuova transizione.

Per quanto riguarda il primo periodo, numéros!fattori hanno un ruolo importante nella "nascita"délia marca, le preparano il terreno e la rendonoindispensabile. Ecco di seguito i cinque principali.

La produzione di massa. - La nécessita di segnala-re l'appropriazione e l'identificazione di un bene sifa sentire solamente quando la produzione raggiun-ge quantitativi rilevanti. Il termine "produzione di

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AU'origine era Uprodotto

massa" acquista pieno significato con l'avventodélia rivoluzione industriale. A partire dal XVIIIsecolo, la produzione artigianale di manufatti e dipiccole série viene progressivamente sostituita dallaproduzione industriale, automatizzata e di grandisérie.

La produzione standardizzata. - II primo settoread essere industrializzato fu quello délia filatura. Latecnologia del vapore permise di automatizzare itelai e di accrescere la produttività. I tessuti prodottiin taie modo presentano una qualità omogenea ecaratteristiche simili. La meccanizzazione trasformail prodotto artigianale in merce industriale, che sidifferenzia solo attraverso elementi oggettivi (tipodi tessuto, prezzo). Sono precisamente la standar-dizzazione e l'anonimato délia merce a facilitare gliscambi e ad accelerare la dinamica commerciale. Aipartner economici (produttori, grossisti, rivenditorial dettaglio) basta una semplice procedura d'identi-ficazione. La domanda è considerata omogenea. Ilconsumatore finale acquista un pezzo di tessutogenerico, senza troppo preoccuparsi dell'identità delproduttore. Non siamo molto lontani qui dallo sca-rabocchio dell'antico artigiano vasaio.

L'anonimato de gli scambi. - La produzione dimassa e la centralizzazione délia produzione inzone industriali rende gli scambi commerciali sem-

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Prodotto e marca

pré più anonimi. Nel sistema artigianale o preindu-striale tra produttore e consumatore esisteva unarelazione personale. Questo legame circondava latransazione economica di un conteste» sociale e lodotava di una dimensione umana. La piazza delmercato, cosï corne la bottega dell'artigiano eranoanche luoghi di socializzazione. L'acquisto di unprodotto era spesso legato alla personalità del suoproduttore. La sua competenza, la sua onestà (oeventualmente il contrario) erano automaticamentetrasferite ai suoi prodotti. La produzione industrialedi massa rompe questa relazione e rende impossibi-le taie proiezione. La merce è costretta a viaggiare,a farsi conoscere e a "presentarsi" da sola sul mer-cato.

La comptes sità délia rete di distribuzione. - Amano a mano che i mercati si diversificano e siestendono, prende corpo un sistema di distribuzionesempre più complesso. Dopo avère abbandonato lafabbrica e prima di raggiungere il consumatore, lamerce passa attraverso un numéro crescente di inter-mediari. Anche i canali di distribuzione si diversifi-cano e si incrociano. Diventa possibile acquistareuna stessa merce in posti différend e, in modo ana-logo, merci differenti cominciano a trovarsi fianco afianco nello stesso luogo. È alla fine dell'ottocentoche si assiste all'apparizione del bazar, antenatodegli attuali ipermercati.

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L'"ignoranw" ai cib che si acquista. -1 processidi fabbricazione industriale modificano la conce-zione e la fattura dei prodotti tradizionali, quandonon propongono addirittura prodotti completamenenuovi. In entrambi i casi i consumatori si trovano difronte a merci che difficilmente riconoscono. Isistemi di funzionamento, i materiali, i gusti, i modidi utilizzo, tutto cambia e pone al consumatore deiproblemi di comprensione e di fiducia interamentenuovi. Si rende allora necessario "spiegare", garan-tire e rendere familiari le merci. Accattivarsi e ras-sicurare la clientela diventa talvolta più importanteche convincerla délie qualità intrinseche dei prodot-to.

Lo sviluppo délia marca moderna

Alla fine dei XIX secolo, le condizioni favorevoliallô sviluppo délia marca moderna sono riunite. Èd'altronde proprio in questo période che appaionole prime marche, alcune délie quali, corne Coca-Cola, Michelin o Schweppes, sono tuttora univer-salmente conosciute. Le profonde trasformazioniintrodotte dalla rivoluzione industriale nel tessutoeconomico e nelle abitudini di vita degli individuihanno preparato il terreno e hanno reso la marca"necessaria".

E essenzialmente a partire dagli anni venti che sipuô situare l'apparizione délia marca corne feno-

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meno commerciale e corne problematica teorica.Quest'epoca vede l'apparizione di un sistema diconsumo di massa, a fianco dell'oramai ben conso-lidato sistema di produzione di massa. Nelle societàindustriali un crescente numéro di individu! accèdea pratiche di consumo che oitrepassano il semplicesostentamento. Il benessere economico anima unadomanda di merci quantitadvamente considerevolee qualitativamente diversificata. Questo processorallenta sensibilmente con la recessione degli annitrenta e durante la guerra, per poi accelerare a parti-re dagli anni cinquanta. Inizia allora un période ditrent'anni di crescita economica quasi ininterrotta,che ha contraddistinto la maggior parte délie societàoccidentali del dopoguerra.

Il sistema di produzione ereditato dalla culturaindustriale del XIX secolo non è più in grado dirispondere allé attese di questa nuova domanda dimassa. L'offerta anonima dei prodotti standardizzatinon basta più a soddisfare una crescente domandasociale di differenziazione e di distinzione. Ormai,le pezze di tessuto tutte uguali, le Ford T (tutte rigo-rosamente nere), i prodotti industriali distribuiti cosïcorne sono usciti dalla fabbrica, appaiono eccessiva-mente standardizzati e non abbastanza "appetibili".Da un lato, è la trasformazione délia domanda chespinge verso un'utilizzazione sistematica déliamarca, concepita corne strumento di differenziazio-ne e corne segno distintivo da aggiungere ad un

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Ail origine era ilproûotto

prodotto. Dall'altro, la crescente concorrenza allaquale sono sottoposte le aziende trova nella marcala punta di diamante délia competizione commer-ciale. Confrontato al mercato dominato dalle merci,il mercato dominato dalle marche présenta numero-se particolarità.

Il peso crescente dell'innovazione. - La ricerca el'innovazione diventano fattori determinanti déliacompetizione economica, sia per quanto riguarda iprocedimenti che i prodotti. Un prodotto di marcaper potersi differenziare deve garantire uno stan-dard di qualità superiore a quelle dei suoi concor-renti anonimi. Questo fatto gli permette di legitti-mare la sua marca e di stipulare un contratto difiducia, corne credito per il futuro.

Lo sviluppo délia comunicazione. - Fra gli stru-menti di valorizzazione del prodotto, la comunica-zione svolge un ruolo privilegiato.

Per lungo tempo identificata con la pubblicità, lacomunicazione di marca ricorre in realtà ad unaricca gamma di strumenti. Il packaging, la pubbli-cità sul luogo di vendita o le promozioni acquisi-scono un'importanza crescente nella costruzionedélia personalità di una marca. Altre forme dicomunicazione più indirette, corne lo sponsoring ola comunicazione istituzionale, partecipano attiva-rnente a taie costruzione.

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Lapresa in conto del consumatore. - In un merca-to di merci, la domanda è trattata corne una variabi-le econornetrica. In altri termini, le variazioni déliadomanda sono ritenute prevedibili e modellizzabili.In un mercato di marche si tiene conto délia doman-da in modo più strutturale e sistematico. La sua dif-ferenziazione e la sua evoluzione vengono analiz-zate in modo approfondito. 1 consumatori sonooggetto di studio e vengono auscultati i loro gusti ele loro attese.

Una trasformazione délia cultura d'impresa. - IIpassaggio dal prodotto alla marca implica inoltre ilpassaggio dalla fabbrica all'impresa, da una culturatecnologica e industriale ad una cultura commercia-le e terziarizzata. All'interno dell'impresa appaiononuove funzioni, quali il marketing, le ricerche dimercato o la comunicazione. Spesso l'azienda siriorganizza proprio a partire dalla gestione délie suemarche. Il responsabile di marca, o brand manager,garantisce la gestione trasversale di tutto quantoconcerne una determinata marca. Talvolta la piani-ficazione strategica, lo stratégie planning, assicurauna riflessione a lungo termine sullo sviluppo délievarie marche di un'azienda e sulla loro sinergia.

Una sfida alla teoria economica. - Lo sviluppodélia marca ha messo in crisi la concettualizzazionedel mercato tradizionalmente avanzata dalla teoria

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AU'origine era Hprodotto

economica. Per esempio la nozione di cicio di vita,utilizzata tradizionalmente nell'analisi délia com-mercializzazione dei prodotti, fatica a rendere contodélia dinamica délie marche. Anche la relazione tradiffusione e valore appare del tutto différente.Mentre per la teoria economica classica il valore diuna merce è proporzionale alla sua rarità, il valoredi una marca puô aumentare parallelamente alla suadiffusione, corne lo provano marche quali Swatch oNike. Sebbene sia strettamente associata agii scam-bi commerciali e all'attività economica, la marcanon è riducibile alla sola dimensione economica.Quest'ultima non rappresenta che un aspetto, certa-mente importante, ma limitato, del suo funziona-mento. A causa del suo ruolo di mediazione traofferta e domanda, tra produzione e consumo, traattori economici e gente comune, tra razionalità eimmaginario, la marca non puô essere pienamentecompresa senza tenere conto di tutti i suoi aspetti esenza ridurre parallelamente la dimensione econo-mica alla sua giusta portata.

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2. LA DUALITA PRODOTTO-MARCA

La natura délia marca resta una questione ancoralargamente inesplorata. La teoria economica accettacon difficoltà l'aspetto qualitativo délia marca, cheappare irriducibile a qualsiasi sforzo di quantifica-zione e di modellizzazione. Taie difficoltà dipendein parte da una cattiva volontà. L'indeterminatezza,il cambiamento, trovano scarsa simpatia nell'am-biente délia gestione e degli affari, regolato, alme-no in apparenza, dalla razionalità scientifica e dallaricerca di dati chiari, misurabili e oggettivi. Lamarca, introducendo in questo universo di precisio-ne l'irriducibile parte di soggettività che le appar-tiene, perturba, destabilizza. Più in générale, il pen-siero economico dà prova di una difficoltà di fondoa pensare correttamente la relazione che si stabili-sée tra prodotto e marca. Esso considéra queste dueentità corne fondamentalmente separate. La primaapparterrebbe ail'universo délia sostanza reale,délia materia osservabile. Il prodotto sarebbe unacosa, un oggetto del quale si possono fissare lecaratteristiche in maniera relativamente oggettiva.La marca, al contrario, apparterrebbe all'universodell'esperienza soggettiva, sarebbe una costruzione

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La dualità prodotto-marca

immateriale. Sebbene essa possa inscriversi su sup-porti fisici concreti, corne le immagini pubblicitarieo gli imballaggi, la sua essenza non vi è depositata.

Questa posizione ha avuto due implicazioni nellagestione délie marche. Da un lato, ha indotto un'at-titudine pragmatica. Nonostante sia sentita corne"corpo estraneo" alla logica economica, la marcatutto sommato fa un gran comodo ai partner com-merciali. Essa aiuta a vendere di più e a prezzi piùaiti, ad accrescere o a mantenere quote di mercato,a diversificare la produzione. Il buon senso ha dun-que suggerito una scelta di compromesso, giustifi-cata dai vantaggi che una politica di marca bencondotta puô garantire ad un'impresa. D'altro lato,questa stessa attitudine ha perpetuato e radicalizza-to una separazione netta tra prodotto e marca.Quest'ultima è spesso concepita corne un fenomenoderivato e superficiale, che si applica al prodottocorne un'etichetta o una rnano di vernice, perabbellirlo e valorizzarlo. Seconde taie visione, ilprodotto è l'elemento originario e autonome, alquale si aggiunge la rnarca quando essa diventautile o necessaria. Non siarno lontani da una conce-zione decorativa délia rnarca.

Questa visione si concretizza in due critiche ricor-renti. La prima non considéra la marca altro che unsemplice trattarnento cosmetico, attraente e sedu-cente: è questo l'argomento délia "marca-spettaco-lo", o délia "maïca.-paillettes". La seconda critica

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ruu-unu c •

accusa la marca di essere un intermediario inganne-vole, uno schermo eretto per celare i difetti del pro-dotto: è questo l'argomento délia "marca-fumonegli occhi". All'interno di questa logica, si cele-brano invece le virtù dei prodotti di buona qualità,che possono agevolmente fare a meno di ogni rive-stimento spettacolare: questo è il classico argomen-to seconde il quale "un buon prodotto si vende dasolo". Questa dualità prodotto-marca caratterizzatutto il pensiero moderno relativo alla natura ed alruolo délia marca. Possiamo individuare tre princi-pali visioni, che condividono tutte una concezionedualista dei due termini délia relazione.

Visione commerciale; la marca corne argomentodi vendita

Questa visione è stata dominante negli anni ses-santa, caratterizzati da un marketing di prima gene-razione, spesso "forgiato" sul campo. Essa si svi-luppa a partire da una constatazione empirica: in unmercato competitivo e concorrenziale, un prodottoarricchito dagli attributi di una marca puô esserevenduto più facilmente e a miglior prezzo di unprodotto anonimo. L'anonimato degli scambi el'aumento dell'offerta rcndono più difficile per laclientela la selezione dei prodotti. Numerose azien-de propongono ormai prodotti analoghi, e diventaallora sempre più difficile differenziare i propri

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La dualità prodotto-marca

argomenti commerciali a partire dal solo prodotto.In tal caso la marca permette, distaccandosi dallecaratteristiche strettamente intrinseche al prodotto,di arricchire e di differenziare la propria produzionesul mercato.

La funzione di qualificazione assume un'impor-tanza crescente. Per una marca, identificarsi e diffe-renziarsi dalle altre marche resta un bisogno inevita-bile, ma diviene allô stesso tempo necessario dareun contenuto al proprio discorso. È proprio in que-sta assunzione di importanza délia qualificazione ri-spetto all'identificazione e alla differenza che è pos-sibile ravvisare il passaggio dal nome alla marca.Allorché un semplice nome puô bastare per identifi-care una marca, una vera marca è sempre più di unsemplice nome. Se il nome, oppure un piccolo dise-gno al posto del nome, permettono di differenziareun prodotto, non dicono nulla di specifico, né su diesso, né sul suo produttore. In un conteste di produ-zione industriale di massa, la quantità di prodottipresenti sul mercato e la loro relativa somiglianzarendono questo discorso implicite sempre menoudibile e comprensibile.

Una soluzione consiste nel fare conoscere il piùpossibile il proprio nome, sviluppando la notorietàdel nome di marca. Certi nomi di marca godonooggi di una notorietà assai elevata. Quasi tutti cono-scono Danone, Kodak, Sony o Levi's. Queste sonovere marche. Tuttavia una forte notorietà non basta

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Prodoîto e marca

da sola a trasformare un nome in una vera e propriamarca. Eurodisney, per esempio, è un nome chegode di una grande notorietà, ma che ha significati-vamente sofferto délia mancanza di definizione delsuo contenuto. In effetti cosa si celava dietro questonome? Un luogo di svago per bambini? Un parco didivertimenti per tutta la famiglia? Un posto dovetrascorrere una sola giornata, oppure un luogo incui trattenersi diversi giorni? Nel 1994, Eurodisneyè diventata DisneyIand-Parigi. Questo cambiamen-to è sufficiente per precisare la missione del parco?Appare chiaro che la marca Disney non è riuscita atrasferire al parco europeo la porzione di sogno e dimagia che unanimemente gli viene riconosciutaquando essa è associata all'universo del cinéma.Mentre Disney è una vera marca, Eurodisney restaun nome. È alla funzione di qualificazione chespetta di trasformare un semplice nome, per quantoconosciuto, in un universo ricco ed evocativo.Dotandolo di un contenuto, essa permette di rende-re il discorso délia marca allô stesso tempo piùesplicito e più attraente: è il principio del posizio-namento. Evian suggerisce l'equilibrio, Coca-Colaevoca l'allegria e la gioia di vivere, Gatorade l'e-nergia, Bacardi le vacanze. Il posizionamento èdunque il meccanismo per il quale una marca inve-ste una porzione di contenuto, un'idea, un concettoe, appropriandosene, ne fa un territorio proprio,qualifica il suo discorso.

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La dualità prodotto-marca

Seconde questa visione commerciale, la dualitàprodotto-marca si manifesta più nell'atteggiamentodi fondo dei responsabili délia marca che nelle loropratiche concrète. La gestione délia marca, lo svi-luppo délia sua notorietà, l'identificazione di unposizionamento, sono considerati strumenti tattici,sottomessi ad obiettivi strategici. Lo sviluppo déliamarca è accettato solo nella misura in cui permetteuno sviluppo commerciale del prodotto. Taie fattoimplica da un lato una focalizzazione sui risultatioggettivi prodotti dalla marca, misurati in termini divolumi di vendita o di fatturato. Dall'altro, la valu-tazione délie prestazioni délia marca è basata sulbrève termine - temporalità tipica délia logica com-merciale - e non tiene conto di altri contributi gene-rati dalla marca, che si manifestano solo per sedi-mentazione lenta e progressiva e che possono esserevalutati solo a partire da una visione a lungo terminedélia dinamica di mercato. Questo fatto in particola-re conduce a rimettere in causa lo stesso principio diesistenza délia marca non appena sopraggiungonouna stagnazione o una diminuzione délie vendite.

Visione industriale: la marca corne innovazione

Anche questa visione prende forma durante glianni sessanta, quando si assiste ad una massicciaindustrializzazione dei prodotti di consumo corren-te, specialmente in campo alimentare, e all'appari-

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Prodotto e marca

zione di un'énorme quantità di nuovi prodotti adalto contenuto tecnologico: elettrodomestici, appa-recchi vidéo, hi-fi, telefonia ecc. In taie contesto, lamarca è investita di due missioni: segnare la rotturatra passato e présente, tra tradizione e modernità;creare un contrassegno d'eccellenza.

La nascente produzione industriale di massa sitrova spesso in conflitto con abitudini e pratiche tra-dizionali, fortemente radicate in una buona partedélia popolazione, specialmente quella rurale.L'acquisto al dettaglio, la relazione personalizzatacon il piccolo commerciante, la coltivazione dell'or-to dietro casa, sono in questi anni abitudini ancoraben presenti, e vengono percepite corne altrettantifreni all'avvento di una società dei consumi piena-mente realizzata. In campo alimentare, per esempio,l'industria comincia a mettere a disposizione degliapprendisti consumatori sia délie repliche industria-li dei prodotti un tempo prodotti in casa o in manie-ra artigianale (marmellate, formaggi, salumi), siaprodotti completamente nuovi, risultati dell'innova-zione tecnologica (minestre in polvere, caffè liofi-lizzato, alimenti surgelati).

La marca permette di sottolineare la differenza traun prodotto industriale e il suo omologo artigianale.Una mozzarella generica diventa una Mozary oppu-re una Fiordilatte Galbani. La categoria générale sitrova annullata e rimpiazzata da una lista di terminiindividuali. Per quanto concerne i prodotti nuovi,

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La auaiita proaouo-marca

privi di equivalenti tradizionali, la marca permettedi sottolineare con precisione la rottura che si opérarispetto al passato e acquisisce un valore ideologicodi biglietto d'accesso alla modernità. Bere Nescafèal posto délia polvere classica o più semplicementebere acqua minérale al posto di quella del rubinettosignifica anche, in ultima istanza, abbeverarsi alléinesauribili mammelle dell'incipiente società del-l'abbondanza.

Se ogni marca contribuisce all'edificazione diquesta casa comune che è la società dei consumi,essa non trascura tuttavia i propri interessi partico-lari. Facendo délia ricerca d'innovazione tecnologi-ca la propria missione, una marca puô cercare difondare la propria credibilità e supremazia su taie"plus". In questo caso diviene un prodotto di marcaquelle che incorpora una quantità rilevante d'inno-vazione e di tecnologia. Inoltre, è attraverso l'ela-borazione incessante di nuovi prodotti che unamarca puô esprimere la sua ambizione a dominareil proprio mercato. La corsa all'innovazione tecno-logica è fortemente alimentata dalla concorrenzacommerciale, che incita ogni impresa all'evoluzio-ne continua in modo da non perdere la posizione dileader o da non distaccarsi troppo dal gruppo ditesta. La marca funziona dunque corne contrasse-gno di eccellenza. Essa vidima la ricerca di puntadell'impresa e l'innovazione dei suoi prodotti.Pissa inoltre un obbligo di qualità per l'azienda, un

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Prodotîo e marca

livello d'eccellenza che questa dovrà in seguito per-petuare.

Oggi, questa visione "High Tech" délia marca èin declino. A partire dagli anni settanta, la fiducianella missione civilizzatrice délie nuove tecnologiesi è progrès si vamente appannata. È passata l'epocain cui le apparecchiature hi-fi délie differenti mar-che rivaleggiavano in numéro di pulsanti e di lucinelampeggianti. Nessuna grande marca - fatta forseeccezione per Philips, la cui cultura sembra nonvolere accettare il cambiamento socioculturale -fonda oggi il suo discorso sulle prestazioni tecnichedei propri prodotti. Nel passato, questa ricerca diinnovazione ha sicuramente ottenuto corne effettoglobale un rilevante rniglioramento délia qualità deiprodotti, ma attualmente non rappresenta più né l'i-deologia dominante in seno all'azienda, né il terri-torio di posizionamento più ricercato. La dimensio-ne tecnologica è scivolata nell'implicito, e le mar-che preferiscono insistere sui vantaggi dell'innova-zione, piuttosto che sull'innovazione stessa. Unaescalation sulle prestazioni tecnologiche dei pro-dotto rischia di escludere progressivamente lamarca dal sistema. La marca diventa un semplice"testimone", che certifica, amplifica e rende pubbli-che le qualità e le prestazioni dei prodotto, senzaapportargli nulla di specifico. Corne per la visionecommerciale, la visione strettamente industriale fadélia marca un accessorio, una variabile derivata. Il

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La dualita proaono-marca

suo ruolo puô ben essere importante e persino fon-damentale da un punto di vista pratico, resta il fattoche essa interviene solamente a cose faite, quandola politica di ricerca, le innovazioni tecnologiche ele scelte di produzione sono state fissate.

Visione finanziaria: la marca corne valoreaggiunto

Questa visione non è particolarmente récente, masi è diffusa rapidamente nell'ultimo decennio, finoa diventare dominante. Essa concepisce la marcacorne un differenziale di prezzo, espresso dal prezzosupplementare che un consumatore è disposto apagare per un prodotto di marca rispetto ad un pro-dotto analogo, ma senza marca. Talvolta questo dif-ferenziale di prezzo viene chiamato "premio dimarca". E fin troppo facile riconoscere nella sem-plicità e nel carattere meccanico di questo modello,le caratteristiche di una lettura esclusivamente eco-nomica del fenomeno-marca. Vi si ritrova ancheuna concezione délia marca corne entità separatadal prodotto e dunque corne variabile che si puôaggiungere o togliere senza che ciô trasformi lasituazione nella sua globalità. Confrontare un pro-dotto senza rnarca ad un prodotto di rnarca esclusi-vamente sulla base del differenziale di prezzo nonsignifica altro in effetti che concepire la marcacorne un' etichetta che si incolla sugli imballaggi.

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r luuuuu e lliurcu

Taie visione legittima la concezione che non vedenella marca altro che un abbigliamento attraente eingegnoso, quando non addirittura fumo negli occhi,per "fare passare" un prodotto di cattiva qualità.

L'accresciuto interesse dei finanzieri per la marcatrova origine nell'ondata di fusioni e acquisizioniche ha imperversato sui mercati occidentali durantegli anni ottanta. Le marche avevano acquisito unproprio peso finanziario ed erano diventate degîiattivi finanziari determinanti per stabilire il valore diuna azienda. Le società di auditing e le banche d'af-fari iniziarono cosï a parlare di acquisto di marcapiuttosto che d'acquisto d'aziende. Apparvero alloranuovi problemi, corne per esempio quelle déliadeterminazione del prezzo di una marca. Attual-mente non esiste, a nostra conoscenza, alcun meto-do standardizzato e riconosciuto per detenninare ilprezzo di una marca. Nella maggioranza dei casi, ilfatturato prodotto dalla marca è assunto corne basedi riferirnento, alla quale si applica poi un coeffi-ciente di moltiplicazione. Nella deterrninazione delcoefficiente intervengono criteri oggettivi, corne iltasso di notorietà délia marca, la sua gamma di pro-dotti, o la sua quota di mercato. Ma altri criteri,altrettanto importanti, quali il potenziale di svilup-po, la leadership culturale di un mercato o la qualifi-cazione dei target sono lasciati all'apprezzamentosoggettivo e aU'esperienza dei consulenti.

Ciô che risulta paradossale in queste procédure è

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La dualità prodotto-marca

che si contraddice nella pratica ciô che si sostienenella teoria. Mentre da un lato la marca viene identi-ficata con una cifra, con un differenziale di prezzo,si ammette, in realtà, che numerosi altri criteri con-tribuiscono a fissarne il valore, tanto agii occhi deiconsumatori che dei dirigenti d'impresa. Se è évi-dente che un prodotto di marca deve giustificare unprezzo più elevato, non fosse che per recuperare gliinvestimenti necessari alla gestione di una politicadi marca, taie differenziale di prezzo rappresentasolo una délie dimensioni che giustificano la sceltadi una strategia di marca. Spesso sono le altredimensioni - la comunicazione, il posizionamento,la continuità nel tempo ecc. a giustificarla. Ritor-neremo sulla questione délia relazione tra prezzo emarca nella seconda parte.

1 criteri adottati nella selezione délie marche dacomprare confermano l'importanza attuale déliamarca nelle stratégie di acquisizione dei grandigruppi industriali. Il gruppo Nestlé, per esempio, inquesti ultimi anni ha perseguito una politica siste-matica d'acquisizione di marche già consolidate eben conosciute, corne le caramelle Polo e le barreKit Kat. Nella selezione délie sue acquisizioni,Nestlé ha integrato le nozioni di identité e di posi-zionamento di marca. Ha ritenuto che con unamarca si comprano certo dei prodotti e délie fabbri-che, ma anche e in primo luogo un sistema com-plesso, dove gli elementi immateriali, corne l'iden-

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frodotto e marca

tità, l'immagine e la memoria di mai'ca giocano unruolo déterminante. In modo analogo, la decisionedi Philip Morris di assorbire Kraft-Général Foods,un acquisto dell'ordine di svariati miliardi di dolla-ri, è stato dettato da una volontà di diversificazionenei mercati agro-alimentari. Questa scelta è legatatanto ai classici obiettivi commerciali - nei paesioccidentali il mercato délie sigarette è in declino -quanto a obiettivi di identità di marca e di posizio-namento: dissociare Philip Morris da un'immaginelegata esclusivamente al tabacco.

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3. DAL PRODOTTO AL CONSUMATORE

In chiusura délia nostra brève rassegna délie prin-cipali concezioni del ruolo e délia natura déliamarca, altre due posizioni meritano di essere tratta-te. Questi approcci richiedono un capitolo separato,in quanto orientano la loro attenzione verso il con-sumatore, grande assente dagli approcci déliamarca discussi nel précédente capitolo.

Visione pubblicitaria: la marca corne supple-mento d'anima

Questa prospettiva non è récente, ma saranno lacrescita economica e l'infatuazione per la comuni-cazione degli anni ottanta ad accordargli un ruolodi primo piano. Lungo tutto l'ultimo décennie, letecniche pubblicitarie si sono sofisticate e diversifi-cate. All'origine di questo sviluppo risiede la con-vinzione, condivisa da un numéro crescente di atto-ri economici, che una campagna di comunicazionecorrettamente condotta permetta di accrescere lanotoriété, le vendite e l'immagine dei prodotti.

Il contesto del mercato si è molto evoluto. Ilnuméro di prodotti e di produttori è sensibilmente

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Prodotto e marca

aumentato. L'evoluzione tecnologica permette amoiti produttori d'allineare prodotti di qualità pres-sappoco équivalente sugli scaffali. Anche il sistemadi distribuzione è divenuto più complesso e si è di-versificato. L'anonimato dell'atto d'acquisto diventala regola générale. Una nuova generazione accède alconsume, senza avère mai vissuto un'esperienza dipenuria o di recessioni economiche particolarmentegravi. Per descrivere le caratteristiche pletorichedell'offerta, si parla oramai di iperscelta. In taiesituazione di viva concorrenza e di banalizzazionedei prodotti, anche vantaggi competitivi corne laqualità o l'innovazione tecnologica spesso nonsono più sufficienti ad infrangere il "muro" d'indif-ferenza, a differenziare una marca dall'altra, oancora ad attribuirgli un contenuto, un posiziona-mento. La comunicazione appare allora corne unpotente strurnento per fare ernergere una marca dal-l'anonimato e attribuirle qualità proprie.

Le aziende si rendono conto che il ruolo délia co-municazione non si limita ad abbellire un prodottodifettoso. In un contesto di iperscelta, non bastadisporre di un prodotto innovativo e di buona qua-lità. Bisogna che la sua esistenza sia nota ai consu-matori, che questi ne comprendano le qualità e cheavvertano che questo prodotto è proprio quelle checonviene loro. Il prodotto da solo, o persino unamarca che si limiti allé funzioni d'identificazione edi differenziazione, non dispongono di un ventaglio

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uni pruuuiw ui LuiiAu.iiiLuuic.

di risorse sufficientemente ampio per effettuaretutte le operazioni. Occorrerà allora che un discorsosul prodotto possa svilupparsi e che la marca possaqualificarlo in modo ricco e articolato.

Questa presa di coscienza âpre la strada ad unmassiccio utilizzo délia pubblicità e permette losviluppo di una reale comunicazione di marca. Lapubblicità è chiamata ad attribuire un supplementod'anima, una porzione di sogno al prodotto, ingrado di renderlo allô stesso tempo più visibile epiù appetibile. La dualità tra marca e prodotto non ètuttavia ancora interamente riassorbita. La defini-zione "supplemento d'anima" rinvia implicitamenteall'idea di aggiunta, di pezzo annesso. Un supple-mento puô ben essere necessario, ma resta un ele-inento esterno e derivato. Globalmente perô, lapresa di coscienza délia nécessita per una marca ditenere un discorso specifico e di qualificare la suarelazione con il prodotto costituisce un'evoluzioneimportante rispetto allé visioni dualiste. Essa com-porta tre principali implicazioni.

Una prima implicazione concerne il capovolgi-mento del peso relative dei due termini délia rela-zione prodotto-marca. Nella prospettiva dualista, ilprodotto è il termine originale e la marca una délievariabili. Il prodotto gode di un'autonomia che nonsi riconosce alla sua marca. Si puô considerare unprodotto senza marca, ma non una marca senzaprodotto. Dotandola di un discorso potente e auto-

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Prodotto e marca

nomo, e fondando taie discorso su élément! legatial prodotto solo indirettamente, la visione pubblici-taria fa délia marca un vero protagonista, capace divita autonoma e in grado di applicarsi a moltepliciprodotti. Una marca di venta più potente proprioquando riesce a separarsi da una relazione troppostretta con un determinato prodotto. In questa visio-ne, un prodotto privo di marca puô continuare adesistere, ma sarà un prodotto senza identità, senzavera pregnanza, un prodotto muto.

La marca Coca-Cola, sebbene di antica data, offreun buon esempio di questa autonomia di funziona-mento. Quando viene sottoposta a test gustativi ditipo comparative, la bevanda di Atlanta sembraavère un gusto différente a seconda che sia servitacon le proprie insegne di marca o in contenitorianonimi. La forza dell'identità délia marca è taie datrasformare letteralmente il gusto del liquide. Unaconsiderazione analoga puô essere condotta perNutella. Mentre durante certi test blind essa puôessere giudicata meno buona di altre varianti, quan-do viene allineata sugli scaffali nella sua livrea dimarca, essa continua ad essere la preferita dai con-sumatori. Questo ribaltamento di potere nella rela-zione marca-prodotto permette una visione più dia-lettica, meno dualista tra queste due identità. Unavolta che la marca ha "avvolto" il prodotto con untessuto di comunicazione e di discorso, essa non silimita più a ricoprire il prodotto, ma vi aderisce, lo

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Dal prodotto al consumatore

pénétra, ne diviene parte intégrante. Spesso, dopoessersi installata a partire da un prodotto specifico,la marca puô differenziarsi ed estendere il suodiscorso ad altri prodotti. Queste estensioni si fannosempre inizialmente in universi vicini e non sonoprive di rischi. Il passaggio de L'Oréal dall'univer-so del trattamento dei capelli a quelle dei prodottidi bellezza costituisce un esempio riuscito di esten-sione. Al contrario, il tentative di Levi's di diversi-ficarsi nel prêt-à-porter maschile fu un fallimento.La marca dunque è sottomessa a dei vincoli chedipendono dai limiti del suo campo di legittimità.Approfondiremo questo punto nella terza parte.

Una seconda implicazione concerne l'ingressodélia marca nel paradigma comunicazionale. A taieproposito è importante ricordare che la pubblicità èsolo una manifestazione del più vasto universodélia comunicazione. Già da parecchio tempo lamarca ricorre ad un vasto ventaglio di strumenti etecniche di comunicazione. L'elemento catalizzato-re di tutte queste azioni, il principio générale che lecomprende è proprio la loro comune appartenenzaal mondo délia comunicazione, considerata corneprincipio générale e corne logica propria déliesocietà conternporanee. Non è stato dunque né losviluppo délia pubblicità a valorizzare la dimensio-ne comunicativa délia marca, né lo sviluppo déliadimensione cornunicativa di quest'ultirna a portaread una massiccia utilizzazione délia pubblicità.

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Prodotto e marca

Queste due tendenze trovano un posto ed una spie-gazione nell'ambito dello sviluppo del principiocomunicazionale in tutti i campi délia vita contem-poranea. Taie sviluppo consente di comprenderemeglio il riconoscimento da parte degli attori eco-nomici délia natura eminentemente comunicativadélia marca. Questo riconoscimento conduce inol-tre ad interessarsi alla figura del destinatario. Allabase di ogni atto di comunicazione si trovano unemittente ed un destinatario. Quest'ultimo non silimita a ricevere i messaggi, li interpréta e li modi-fica seconde l'intéresse che rivestono per lui e ilgrado di comprensione o di piacere che possonoarrecargli. L'adozione di una visione comunicativadélia marca obbliga dunque a rivolgere la propriaattenzione verso i pubblici ai quali essa si rivolge ea tenere conto délie reazioni di questi ultimi, cheinfluenzeranno, di ritorno, il successo ed il poten-ziale di marca.

Gli atti di comunicazione si basano su scambi disegni e di significazioni più o meno complessi. Perriuscire a interpretare un messaggio bisogna com-prenderlo; per apprezzare l'ironia di un annuncio,bisogna saperla riconoscere. La maggior parte diqueste risorse di comprensione e di interpretazionefanno parte del bagaglio culturale di ogni individuo"medio". Costui le ha apprese interiorizzando il lin-guaggio, per osservazione e per mimetismo, nelcorso délia sua socializzazione ed educazione.

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Normarimente, si riconosce uno scherzo o un'allu-sione senza bisogno di analizzaria. Ma a volte lacomunicazione puô essere ambigua, vaga, caotica.In questi casi è importante rendere il messaggio piùchiaro, più intéressante, più "impartante". L'ingres-so nella cultura délia comunicazione obbliga lamarca non solamente a volgere il proprio sguardoverso i destinatari del suo discorso, ma anche a stu-diare attentamente il proprio discorso, a preoccu-parsi che esso sia ben recepito e compreso, che nongeneri confusione o interpretazioni contrarie a quel-le auspicate. Con l'ingresso nella logica déliacomunicazione, la marca accetta di entrare in ungioco di cui non è in grado di controllare tutte leregole.

Infine, una terza implicazione riguarda il fatto diriconoscere che prodotti e marche, accanto allé loroproprietà razionali ed empiriche, possiedono ancheun'importante dimensione simbolica. QuandoEvian parla di equilibrio ed Herta1 di semplicità,esse si appropriano, dal punto di vista del marke-ting, di un territorio di posizionamento. Ma dalpunto di vista délia strategia di marca, esse fannoricorso a proprietà simboliche, a valori, idée, rap-presentazioni collettive che impregnano l'universodei prodotti e che possono essere rese esplicite tra-mite il discorso délie marche.

1. Marca francese molto nota di prodotti insaccati.

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La teoria economica classica e i primi approcci dimarketing, ad essa direttamente ispirati, postulanoun consumatore puramente razionale, mosso nellesue scelte da ragionamenti e da calcoli più vicinialla mentalità dell'ingegnere che a quel] a di un con-sumatore "ordinario". Seconde questa concezione,l'acqua serve a dissetarsi e un'automobile a spo-starsi. Queste teorie avevano dimenticato che sel'uomo è, certamente, un animale razionale, sidistingue dall'animale soprattutto per la capacità disimbolizzazione che gli è propria. Cosï egli puôdecidere per esempio di bere dell'acqua, piuttostoche una gazzosa, perché gli rinvia un'immagine dipurezza, o di equilibrio, oppure una piacevole sen-sazione di freschezza. Bevendo l'acqua di unamarca che sviluppa una simbolica délia purezza,egli si appropria magicamente di un frammento ditaie purezza. Sfoggiando un giubbotto di una certamarca, egli puô segnalare la propria adesione ad ungruppo virtuale composte da tutti gli individui checondividono la medesima scelta. L'appropriazionedi simboli, l'espressione personale, il bisogno diappartenenza ad un gruppo non sono che alcuniesempi di investimento simbolico nell'universodélia comunicazione. Mostrano che l'essere umanopossiede una dimensione simbolica che egli appli-ca, a gradi variabili, a tutte le sfere del suo compor-tamento, compresa ovviamente quella del consumo.Questi comportamenti permettono anche di sottoli-

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neare che gli oggetti e i prodotti di consume» cor-rente non possono essere ridotti alla loro unicadimensione funzionale o pratica. Essi incorporanosempre una dimensione simbolica e un immagina-rio.

Visione marketing: la marca corne mediatore

Questa visione sintetizza tutte le altre e proponeuna visione integrata di una série di elementi che lealtre visioni valorizzano individualmente. Essagiunge a taie integrazione radicalizzando le implica-zioni contenute nella visione comunicativa déliamarca e più particolarmente la sua valorizzazionedélia molteplicità degli attori coinvoiti nel circuitodi scambio e la sua focalizzazione sui destinatari.L'elemento attorno al quale diventa possibile aggre-gare l'insieme di questi elementi è il consumatore,concepito corne perno concettuale, fine ultimo déliastrategia d'impresa. Taie scelta rappresenta unarivoluzione copernicana, nella misura in cui tutta lafiliera, un tempo centrata sulla fabbrica ed il pro-dotto, si r istruttura attorno al consumatore.L'evoluzione del contesto sociale e commerciale hafacilitato l'adozione di questa visione consumer-oriented. I mercati, saturi di prodotti, si sono ulte-riormente segmentati e differenziati. È apparsainoltre una nuova generazione di consumatori: piùesigente, più selettiva, che ha nei confronti délia

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comunicazione uno sguardo allô stesso tempo disin-cantato e pieno di attese.

In questo contesto di forte mutazione, il ricentrag-gio sul consumatore, attuato essenzialmente nelcorso degli anni ottanta, è stato per gli uoinini delmarketing una scelta ragionata e una nécessita og-gettiva. Una scelta, perché la focalizzazione sullafigura del consumatore permette di raggruppare inun sistema unificato i numerosi attori délia filieracommerciale: i tecnici, i finanzieri, i dirigent!, gliesperti di comunicazione, il sistema di distribuzio-ne. È il comportamento finale del consumatore achiudere questa lunga catena di mediazioni, concre-tizzandola neîl'acquisto o meno del prodotto-marcain questione. Ma si tratta anche di una nécessita: acausa dell'accresciuta competitività e délia molti-plicazione dei prodotti e dei messaggi, il fatto diaderire ai bisogni ed allé attese dei consumatoridi venta per l'azienda un obbligo vitale.

Questo obiettivo di unificazione si imbatte perôin un problema di linguaggio, in una difficoltà dicomunicazione tra due sistemi che restano, sottomoiti aspetti, fondamentalmente estranei: il sistemadélia produzione, caratterizzato dalla razionalitàeconomica e da una cultura tecnica, e il sistema delconsume, caratterizzato da una cultura del quotidia-no, dal buon senso e da commistione contradditto-ria forse, ma cosï umana, di razionalità e passione,di calcolo e generosità, di apertura alla novità e

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Ual prodotto al consumatore

attaccamento alla tradizione. All'interno di questavisione, la marca diventa il mediatore, l'ufficiale dicollegamento, il traduttore capace di metterc in dia-logo due culture, due visioni del mondo, due lin-guaggi distinti e a volte opposti. È la sua naturaambigua e meticcia che gli permette di essere parte-cipe di due universi contemporaneamente. Di pro-pagare la cultura dell'impresa e le qualità del pro-dotto fino alla case dei consumatori, ma anche diparlare il linguaggio délia vita di tutti i giorni, diarticolare un immaginario, di mobilizzare dei sim-boli, di parlare allô stesso tempo di passione e diragione, di funzione e di estetica, di bisogno e dipiacere.

La visione marketing adotta cosi il punto di vistadel consumatore e fa délia marca il "messaggero"del prodotto e, per estensione, di tutto il sistema tec-noiogico, produttivo e commerciale che l'ha genera-to. Allô stesso tempo essa rifugge una visione sem-plicistica délia relazione tra marca e prodotto, rico-nosce la loro compenetrazione e il ruolo dominanteassunto dalla marca. Siamo lontani ormai dallavisione stmmentale e dualista, dominante ail'originedell'era del consumismo. L'assimilazione délia dua-lità marca-prodotto e la rivoluzione copernicanacondotta intorno al consumatore costituisconosenza dubbio le conseguenze più dirette dell'ado-zione di una visione comunicativa délia marca.Altre conseguenze meritano di essere brevemente

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nuuuttu e inurcu

ricordate. In primo luogo, il riconoscimento del-l'importanza e délia complessità del fenomenomarca âpre la via ad una riflessione sulla sua naturae sulle sue logiche di funzionamento. Numerosepubblicazioni e analisi sono oramai dedicate allamarca corne oggetto di studio a se stante. In secon-de luogo, il riconoscimento délia natura comunica-tiva délia marca obbliga a prelevare gli strumenti dianalisi appropriât! al suo studio principalmente dadiscipline che - corne la linguistica e la semiotica -studiano i linguaggi, la comunicazione e la signifi-cazione. In terzo luogo il riconoscimento del lega-me che la marca è in grado di stabilire col consu-matore conduce ad interrogarsi sui tipi di discorsiche essa è in grado o meno di proporgli. Perché unconsumatore reagisce positivamente ad un certotipo di discorso di marca e negativamente ad unaltro? In che modo una marca giunge a costruire ilproprio discorso, a veicolare i propri messaggi, adindirizzarsi, seconde i casi, ad una grande massa oad una cerchia ristretta di "intimi"? Per risponderea queste domande non basta mettere in luce il mar-chingegno tecnico délia marca e mostrare corneessa costruisce le sue significazioni. Bisogneràanche analizzare il contenuto dei suoi discorsi, perosservare corne essi arrivino, o rneno, a entrare incontatto coi valori, le credenze ed i gusti dei consu-matori. A questi aspetti sono dedicate la seconda ela terza parte del nostro testo.

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LA MARCA COME VETTORE DI SENSO

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4. LA MARCA COME NARRAZIONE

Dalla marca-segno alla marca-significazione

Uno dei tratti specifici délia marca è la sua capa-cità di produire dei discorsi, dotarli di senso ecomunicarli ai destinatari. In una parola, la marcapuô essere definita corne vettore di senso, principiogénérale e astratto, suscetdbile di essere declinatoin numerosi modi differenti, seconde gli obiettividell'azienda o le nécessita dei mercato. Renaultparla di comfort, benessere, "auto da vivere". Phasdi dinamismo, vita professionale, femminilità cura-ta e discreta. Danone di tenerezza, di protezione, dipurezza. Ogni marca créa un discorso proprio, inrelazione ai suoi prodotti, alla sua storia, ai suoiprogetti, ai gusti délia sua clientela. È possibileidentificare, dietro le differenze spesso considere-voli che distinguono un discorso di marca da unaltro, délie costanti, un sistema unico di funziona-mento? A taie scopo occorre rivolgersi allé discipli-ne che studiano il funzionamento dei segni e i mec-canismi responsabili délia costruzione e délia tra-smissione dei senso.

A partire dagli anni sessanta, proprio grazie ai

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lavori pionieristici di Roland Barthes, si cominciaad analizzare la marca attraverso una prospettivasemiologica. Questo approccio studia la comunica-zione e il senso corne sistemi di segni, organizzatisecondo schemi ispirati dalla struttura délie linguenaturali. In un articolo ormai célèbre, Barthes ana-lizza un annuncio délia marca di pasta alimentarePanzani e descrive corne i differenti elernenti del-l'immagine (dei legumi freschi, una reticella per laspesa, il contesto délia cucina) funzionino corne se-gni che parlano di altre cose più che di se stessi: ilegumi sono un segno di freschezza e di naturalità;la reticella è un segno di compère fatte giornalmen-te, di selezione, di cucina del mercato; la cucinaevoca il regno délia casalinga, le pietanze preparatecon cura, uno stile alimentare curato e sano. Col-locati in taie contesto, il pacco di pasta e la scatoladi salsa di pomodoro, che in realtà appartengonoall'universo délia produzione industriale, partecipa-no e si appropriano di questo universo di segni ediventano a loro volta segni di freschezza, di auten-ticità, di sapore. Tali significati, migrano infine daiprodotti alla marca Panzani, diventando gli elemen-ti costitutivi del suo discorso.

Per rimanere nel linguaggio délia semiologia, sipuô affermare che una marca costruisce il propriodiscorso in maniera implicita, nutrendosi dei signi-ficati espressi dai segni che essa utilizza nelle suedifferenti manifestazioni. Tingendo di rosso le sue

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La marca corne narrawne

automobili, Ferrari si attribuisce una dimensionepassionale, essendo il rosso un segno di passione edi ardore. Mettendo nei propri annunci giovaniragazze poco vestite, un'altra marca si attribuisceuna dimensione erotica, perfino provocatoria, essen-do la nudità femminile un segno di erotismo e, sespinta al di là dei limiti comunemente ammessi dalpudore, anche di provocazione, se non addiritturadi scandale. Un esempio di utilizzo délia nuditàcorne segno di provocazione fu una célèbre campa-gna pubblicitaria per una società di affissioni,Avenir. Nel primo cartellone una giovane donna intenuta da spiaggia, Myriam, si impegnava a togliereil pezzo di sopra del suo bikini e fissava un appun-tamento coi passanti per una data précisa. Giuntoquel giorno, la ragazza appariva effettivamente suinuovi cartelloni a seni nudi, promettendo di toglie-re, qualche giorno più tardi, anche le mutandine.Ciô accadde puntualmente la settimana successiva.Avenir firme quest'ultimo cartellone sottolineandola propria vocazione a "mantenere le promesse".

Taie campagna è intéressante perché i veri "signi-ficati" del suo discorso non sono quelli che i "segni"lasciano intendere a prima vista. In effetti, né lanudità e tanto meno la provocazione, costituisconoil vero nocciolo del discorso délia marca. Essi sonoutilizzati superficialmente per rinforzare un discorsopiù fondamentale, il cui oggetto è la puntualità del-l'appuntamento e, con esso, lafiducia che si puô

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La marca corne vettore di senso

riporre in una marca che "mantiene le proprie pro-messe". Nudità e provocazione, per quanto sianoimportanti, non rappresentano né la vera posta ingioco délia comunicazione, né i tratti determinantiper la comprensione del discorso délia marca. Taiediscorso, délia puntualità e délia fiducia, non sem-bra essere contenuto in alcun segno specifico, aparte la baseline del terzo manifesto. Esso si svilup-pa piuttosto trasversalmente, affiora dalla messa inrelazione dei tre manifesti e, nel suo sistema di fun-zionamento, implica direttamente il destinatario, ilpassante, convocato in quanto testimone per consta-tare la precisione e la puntualità di ogni tappa delprocesso. Allô stesso tempo, nudità e provocazionerestano elementi importanti di questa campagna,poiché permettono di illustrare lo scopo profondodélia marca, di "mettere in scena" e in immaginiconcetti che resterebbero altrimenti astratti e imma-teriali corne la puntualità o la fiducia. Inoltre, essiassicurano alla comunicazione un che di sufficiente-mente piccante per costruire un'attesa e dunque va-lorizzare maggiormente il rispetto dell'appuntamen-to e degli impegni assunti con i destinatari. È proba-bile che il carattere esplicitamente sessuale déliapromessa aiuti a suscitare l'attenzione dei passanti.

Myriam e la semiotica

La campagna di Myriam mostra ad un tempo l'u-

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L,U murcu corne, nui'ru'uune

tilità e i limiti di un'analisi del discorso di marcaconsiderato corne sistema di segni. L'utilità, perchéessa permette d'identificare rapidamente un certonuméro di elementi - i segni - di decodificarne lasignificazione e di organizzarli in sistema. Maanche i limiti, perché non ci dice né corne identifi-care i segni, né corne distribuirli su piani diversi, néinfine corne gerarchizzarli per valutare l'irnportan-za relativa di ogni segno. A causa di questi inconve-nienti, ci si orienta attuairnente verso una concezio-ne délia rnarca intesa corne sistema di significazio-ne complesso Questa concezione, generalmentedéfini ta semiotica per distinguerla dall'approccioserniologico di cui si è gia parlato, considéra ildiscorso ernesso dalla rnarca corne un raccontocornpiesso, cornposto da rnold attori, livelli, gradidi irnportanza e di pertinenza. L'analisi sernioticanon rinnega la teoria dei segni proposta dallaserniologia, ma la intégra in un'architettura a rnol-teplici livelli ed in un processo dinarnico, nel qualei segni non rappresentano che la tappa finale, oitreche la più visibile e la più irnrnediatarnente ricono-scibile.

L'intuizione fondamentale dell'approccio sernio-tico è che per sapere corne il senso è comunicato,bisogna prima di tutto studiare corne esso vienecostruito. Dettagliando il processo di generazionedel senso diventa possibile identificare numerosetappe o livelli, e attribuire elernenti specifici ad

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m marca corne vettore cil sensu

ogni livello. Questo percorso permette di evitare diconcentrarsi esclusivamente sul contenuto manife-sta del discorso, corne per esempio la progressivanudità di Myriam, e tenere conto délia totalità delprocesso, del quale il contenuto manifestato non èche il risultato. Il concetto che permette di illustrarequesto approccio è quelle di narrazione. Ognimarca racconta una storia e la nozione di storia illu-stra il carattere dinamico délia significazione, il suosviluppo progressivo. Nella campagna analizzatapiù sopra, questo aspetto processuale è costitutivodel suo significato. E impossibile comprendere ilfondamento del discorso délia marca se ci si limitaall'analisi di un solo manifesto. Questo caratteredinamico è una proprietà interna al processo digenerazione del significato, che si produce perarricchimenti progressivi a partire da un nucleofondamentale relativamente semplificato.

Un gran numéro di film, per esempio, o di roman-zi, raccontano all'incirca la stessa storia: una donnaed un uomo si incontrano, si amano, in seguito sonoseparati da accidenti o malintesi, ma giungono infi-ne a ritrovarsi. Eppure, a partire da questa trama,quante storie différend sono state raccontate! E suf-fi ciente variare l'epoca, la scenografia, l'aspetto,l'età o la condizione sociale dei personaggi, lanatura del malinteso, il tono délia narrazione e siottiene un numéro virtualmente infinito di narrazio-ni differenti. È sempre la stessa storia, eppure ogni

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La marca corne narrazione

volta è una storia totalmente différente. Questo è unparadosso solo in apparenza poiché con lo stessotermine - storia - si designano in realtà livelli diffé-rend délia narrazione. Il livello délia trama è piùastratto e sintetico, utilizza un numéro ridotto dielementi generali. Il livello délia storia, raccontatao filmata, arricchisce la sua ossatura con una granquantità di dettagli.

Quella che non era altro che una figura astratta didonna diventa un personaggio ben preciso, con uncorpo ed un carattere, un passato e dei desideri.L'attribuzione di tutti questi elementi fa di una solastoria mille storie differenti. Si tratta semplicemen-te di saper distinguere i livelli e di attribuire ad ognilivello gli elementi che gli appartengono. Unapproccio semiotico délia marca permette di gerar-chizzare il discorso di quest'ultima e di attribuireun peso spécifiée agii elementi che la compongono.Possiamo distinguere tre livelli, tre stadi attraversoi quali si gênera il significato, per arricchimento eorganizzazione progressivi.

Il livello profondo. - È il livello di base, quelledove un numéro ridotto di elementi - astratti e d'or-dine molto générale - si dispone in catégorie oppo-sitive fondamentali e articola i concetti fondatori, lecostanti socioculturali di una società: vita e morte,félicita e infelicità, crimine e castigo, amore e odio,piacere e repressione.

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La inarca corne vettore di senso

II livello narrative». - A questo livello, le costantifondamentali sono "messe in racconto", organizzatein sequenze d'azione, costruite seconde la logicadélie sceneggiature. Queste sceneggiature restanoastratte, vengono abbozzati solo alcuni tratti fonda-mentali: l'eroe, il cattivo, l'essere amato ecc. Ma è aquesto livello che si costruisce la componente narra-tiva del discorso délia marca.

Il livello di superficie. - Questo livello corrispon-de in parte a quello dei segni. Le sceneggiaturesemplificate dei livelli precedenti sono qui tematiz-zate, messe in conteso, definite in tutti i dettagli chevanno a costituire la loro specificità e originalità. Èa questo livello che poche sceneggiature astratte egeneriche producono un numéro virtualmente infi-nito di storie concrète e specifiche.

Torniamo a Myriam, la giovane donna che tienefede allé proprie promesse. L'approccio semioticoci consente ora di comprendere meglio non solo ilsignificato délia campagna, ma anche di situareogni elemento al posto che gli è dovuto. La nudità ela provocazione dipendono dal livello di superficie.In effetti si potrebbe concepire questo racconto conaltre forme di messa in scena. Un equilibrista, peresempio potrebbe promettere esercizi sempre piùdifficili: camminare sul filo col bilanciere, poi senzabilanciere, quindi sulle mani. Puô darsi che taie

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soluzione elimini il carattere piccante délia narra-zione, ma ne rispetterebbe tuttavia il principio difunzionamento.

La struttura narrativa a episodi - i pubblicitari lachiamano un teaser - rappresenta un'altra importan-te caratteristica di questa campagna. Essa dipendedal livello narrative). Ogni tappa annuncia un nuovosviluppo per quella successiva e cosï facendo destal'attenzione, costruisce una curiosità e dunqueun'attesa. Annunciando ad ogni tappa la volontà diandare più lontano nella trasgressione, implicita-mente si solleva un dubbio circa la possibilità dimantenere l'impegno. Ciô produce una forma narra-tiva ben conosciuta, quella délia suspense. Inoltre,l'incertezza del risultato valorizza per anticipazionel'esito positivo délia promessa. La marca sarà tantopiù affidabile in quanto si sarà impegnata in unascommessa particolarmente difficile. Esistono natu-ralmente dei teaser costruiti in modo différente.Spesso, per esempio, ci si limita ad annunciare lapresentazione di un prodotto, senza rivelarlo. Inquesto caso suspense e attesa sono intrattenute dallacuriosità di scoprire il prodotto in questione. Manon sussiste alcuna incertezza riguardo al fatto cheil prodotto sarà effettivamente presentato.

La puntualità e la capacità di mantenere le propriepromesse appartengono al livello profonde.Molteplici significati appaiono a questo livello eistituiscono la base del discorso délia marca. In

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i^u marca corne veiiore ai senso

primo luogo la serietà e la precisione di una marcache sa essere puntuale e che, pur fissandosi un diffi-cile programma d'azione, lo porta a buon fine. Inseconde luogo, la credibilità. Una marca che man-tiene i propri impegni è una marca che non mente.Ed è nota l'importanza di questo parlare vero nel-l'universo commerciale, dove spesso si tende a pro-mettere al di là dei propri mezzi. E infine, la. fiducia,legamé relazionale fondamentale, che consente dicongiungere la marca al suo pubblico su di una basefiduciaria. Tanto risulta difficile instaurare la fiduciatra una marca e il suo pubblico, tanto taie fiduciatende in seguito a preservarsi, a non essere messa indiscussione, a meno che non vengano commessidegli errori particolarmente gravi.

La globalità del discorso tenuto dalla marca èanalizzato nelle sue componenti e distribuito sui trelivelli di generazione del significato. Nessun livel-lo, da solo, puô pretendere di possedere il nocciolodel discorso délia marca. È solo la combinazionedei tre livelli a costituire la specificità e spesso l'u-nicità di una marca. L'utilità di questo tipo di anali-si è allô stesso tempo teorica, metodologica e ope-rativo. A livello teorico, l'approccio semiotico,votato alla decifrazione dei meccanismi di produ-zione del significato, è il solo in grado di rendereconto délia natura comunicazionale délia marca,délia sua capacità di produrre senso e di comunicar-lo ai consumatori. A livello metodologico, esso for-

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La marca corne narrcwone

nisce uno strumento preciso per analizzare concre-tamente il discorso délie marche. In altri termini,l'approccio semiotico rende possibile \m'ingegne-ria del senso, fornisce degli elementi per "smonta-re" le stratégie di comunicazione délie marche, perindividuarvi le particolarità, i punti di forza, leincoerenze. Infine, da un punto di vista operativo,questo approccio, distinguendo molteplici "livelli"nella stratificazione del senso, rende possibile unagestione précisa del discorso di marca e permette dipilotarne l'evoluzione.

La gestione del senso

Ognuno dei tre livelli che abbiamo appena distin-to présenta una funzione e un'importanza specifi-che nella gestione concreta di una marca. Il livellodi superficie, dove si situano i segni e gli elementimanifestati, permette di costruire l'originalità el'impatto di una campagna e del discorso di marcache la sottende. Nella saga di Myriam, la progressi-va nudità délia giovane donna ha senza dubbio con-tribuito largamente al suo impatto, ha suscitato l'at-tenzione e ha alimentato l'attesa dei passanti. Aquesto livello, ogni piccolo dettaglio puô "raresenso" e avère un'influenza sulla riuscita mediaticadélia campagna: il corpo délia ragazza, l'espressio-ne del suo viso, la scenografia esotica, l'inquadratu-ra. Questi elementi assumono un taie peso nel rico-

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La marca corne vettore ai sensu

noscimento e nel successo délia campagna, che iresponsabili délia marca dimenticano che essa nonrappresenta che una sola délie sue dimensioni. Ilproblema appare chiaramente qualora si intendacreare una nuova campagna, simile alla prima percapitalizzarne il successo e gli effetti positivi, maanche necessariamente différente, per non ripetersie non annoiare il pubblico.

Il livello narrativo mostra allora tutta la sua pre-gnanza. Decine di marche possono mostrare unascenografia esotica, o délie ragazze poco vestite,oppure utilizzare un tono provocatorio per svilup-pare il loro discorso. Ma tali elementi sono, nelcaso di Myriam, costruiti in modo originale, utiliz-zando un racconto a tre episodi e la suspense, mec-canismo narrativo specifico, basato sull'alternanzadi tensione e distensione. Più astratto, il livello nar-rativo viene spesso compreso dai destinatari inmodo implicite, ma non per questo è meno ricono-sciuto e interiorizzato. Esso marca e caratterizzaquesta campagna tanto quanto gli elementi disuperficie, anche se la sua importanza si gioca adun altro livello. Quando una nuova campagna verrasviluppata, il mantenimento di questa stmttura nar-rativa permetterà di preservare un substrato comu-ne, pur rinnovando - parzialmente o totalmente - glielementi di superficie.

Un esempio di utilizzo del livello narrativo, inte-so corne costante del discorso di marca, è offerte

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La marca corne narrazwne

dalla comunicazione délia Levi's. In quasi tutti isuoi recenti spot, il discorso délia marca si costrui-sce attorno ad un meccanismo narrativo di sfida edi conquista tra due soggetti. Per esempio, all'ini-zio délia narrazione una donna si trova associata adun uomo. Un seconde uomo appare, e dopo un con-fronto o un'impresa che ne giustificano la vittoria,"se ne impadronisce", oppure è scelto dalla donna.Virilità, seduzione, sfida, non manca niente. Il fattodi mantenere questa struttura narrativa di baseimmutata da un film all'altro permette alla marca dimodificare, talvolta in modo rilevante, i segni disuperficie, senza per questo creare rotture nel suodiscorso di fondo. In un caso la scenografia è quelladélia provincia americana degli anni cinquanta.L'eroe è un giovane meccanico un po' "macho" cheseduce la donna di un cittadino un po' "sfigato", lacui auto è andata in panne nel posto sbagliato In unaltro caso, la scenografia è quella di una grandeazienda in un quartiere di affari newyorchese. Inquesto caso il rivale dell'eroe non è un uomo, mal'azienda stessa, l'attrattiva di una carriera allaquale bisognerà sottrarre l'eroina. In queste comu-nicazioni tutto è différente, ma allô stesso tempo siavverte una forte continuità, un'aria di famiglia.Tuttavia, questa "aria di famiglia" non si situa alivello dei segni di superficie, ma a quelle déliastruttura narrativa.

Il livello profonde présenta caratteristiche ancora

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différend. Gli elementi che lo articolano sono anco-ra più astratti e generali. Per Myriam-Avenir si trat-ta délia serietà e délia fiducia, per Levi's délia li-bertà e del piacere. A causa del loro carattere astrat-to, questi elementi non appaiono mai in quanto talinei discorsi délie marche. Devono essere necessa-riamente incarnati da racconti e presi in carico dasegni concreti. Concetti corne la fiducia o il piacerenon possono essere mostrati direttamente. Bisognaevocarli tramite situazioni o azioni. Questi elementiprofondi costituiscono il condensato del discorsodélie marche, ciô che resta quando si riduconoall'essenziale i segni di superficie e le strutture nar-rative. Essi formano il nucleo del discorso, queipochi elementi, sempre in numéro limitato, cheassicurano lafonda^ione di una marca, le radici delsuo discorso. Dal punto di vista délia significazio-ne, tali elementi presentano la particolarità di essereallô stesso tempo perfettamente comprensibili e dif-ficilmente identificabili. Intuitivamente, si avverteche nel discorso délia marca Levi's aleggia sempreun profumo di libertà, di sfida e di piacere. CheMyriam ci parla di fiducia e di precisione. Allô stes-so tempo, questi elementi non possono essere iden-tificati con precisione e oggettività, se non dopoavère effettuato un'analisi compléta dei tre livelli disignificazione di una marca. Comparato al livello disuperficie e a quelle narrative, l'importanza dellivello profondo è di ordine strategico. In questo

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La marca corne narrazione

livello si situa il nucleo fondatore del discorso déliamarca. È molto importante riconoscere gli elementiche vi si trovano, al fine di rispettarli e accordarlicon quelli degli altri due livelli. Il significato gene-rato da un discorso di marca puô essere descrittocorne un'immersione e una risalita. L'osservazionee l'analisi di un discorso di marca dovranno farsinecessariamente a partire dal livello di superficie, ilsolo immediatamente accessibile. Bisogna quindiimmergersi nella profondità del suo significato,fino ad incontrare le strutture narrative e, annidatiancor più in profondità, gli elementi di base. Unavolta che questi elementi sono stati identificati,bisogna, nella produzione di tutti i nuovi discorsi,costruire il significato a partire da tali elementi,perché sono loro che assicurano la fondazione e laperennità del senso délia marca.

Ciô è particolarmente importante per gestire ladialettica délia continuità e del cambiamento, pro-pria a tutte le marche. Se l'obiettivo è di rinnovareil discorso délia marca, garantendone la continuità,lo si puô ottenere suddividendo i compiti sut trelivelli. Il livello di superficie puô essere rinnovatoin maniera consistente, mentre è importante lascia-re il livello nan'ativo relativamente immutato. Glielementi fondatori, contenuti nel livello profonde,non dovranno essere toccati. Se invece a seguito diun cambio di proprietà o di un riposizionamentocomplète délia marca, l'obiettivo è più radicale e

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mira ad un cambiamento profondo del discorsodélia marca, bisognerà cominciare con il modifica-re il livello profondo e in seguito mutare in modocoerente gli elementi appartenenti agii altri duelivelli. Ogni intervento di questo tipo dovrà esserecondotto con precauzione. Una marca non esiste aldi fuori del suo discorso. Cambiare radicalmente ildiscorso di una marca puô fare correre il rischio dicambiare la marca. Ci sono limiti da non oitrepas-sare. Toccando il nucleo fondatore di una marca siinterviene sul centro energetico che alimenta tuttoil sistema. Se l'intervento, pur "tecnicamente" riu-scito, ha danneggiato la complessa alchimia chepermette al sistema di funzionare, il rischio è di nonriuscire più a fario ripartire.

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5. LA MARCA COME VALORE

Prodotti, marche, valori

Nella gestione del discorso délia marca, il livellodi superficie puô essere altrettanto importantequanto il livello profonde. La conoscenza e il con-trollo del livello di superficie sono indispensabiliper il successo di ogni campagna, di ogni attodiscorsivo délia marca. La sua importanza si situapiuttosto ad un livello operativo, mira al consegui-mento di risultati rapidi, ubbidisce a imperativi acorto termine. In compense il pilotaggio del livelloprofondo concerne le costanti délia marca, gli ele-menti presenti in filigrana in tutte le sue manifesta-zioni. Qui è in gioco la stabilità e la permanenzadélia marca nel tempo. È in tal senso che si puôattribuire un'importanza strategica al livello profon-do, e diventa perciô necessario definire la naturadegli elementi che lo compongono. Abbiamo giàdiscusso la loro astrazione, generalità e limitatezzanumerica: l'equilibrio di Evian, la libertà di Levi's,la fiducia di Myriam, il mangiare sano del MulinoBianco, l'energia di Gatorade, la femminilità diLancôme. 1 tradizionali approcci del marketing

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La marca corne vettore di senso

considerano questi elementi corne concetti, che per-mettono d'identificare altrettante aree di posiziona-mento. Ma la vera essenza di tali concetti è quelladi incarnare dei valori. Il termine "valore" deveessere compreso nella sua accezione filosoficagénérale che include la significazione economica.Un valore, da questo punto di vista allargato, rap-presenta una condizione giudicata desiderabile dal-l'individuo, un obiettivo da raggiungere, una qua-lità auspicata e ritenuta degna di investimento, unfine condiviso da molti. Nel linguaggio corrente,capita di parlare délia libertà corne del principalevalore délie società occidentali; del dare fiduciacorne valore relazionale che permette di stringerelegami tra gli individui; di deplorare la rarità delvalore deïVonestà; di constatare l'espansione deivalori edonisti. Tutti questi valori non sono ovvia-mente appannaggio esclusivo dell'uni verso del con-sumo. Al contrario, essi rappresentano la sostanzaetica, simbolica e sociale che nutre e informa lasocietà nella sua globalità. Senza essere necessaria-mente condivisi da tutti, essi devono essere percepi-ti corne fini desiderabili e degni di essere perseguitida una maggioranza di individui.

Applicata alla problematica délia marca, la nozio-ne di valore présenta due elementi di particolarerilievo: da un lato, essa costituisce il terreno comu-ne tramite il quale la marca puô mettere in contattol'universo délia produzione e délie merci con quel-

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lo del consumo e degli individu!; dall'altro, essamostra che taie contatto non puô stabilirsi che attra-verso la prospettiva del senso. Articolando dei valo-ri, le marche soddisfano il loro molo di mediazionee di inteipretazione tra i prodotti e i consumatori.

La marca Herta, per esempio, vende salumi. Daun punto di vista strettamente industriale, una sal-siccia è una salsiccia, e una fetta di prosciutto è unafetta di prosciutto. Ma dal momento in cui la marcaHerta introduce nel suo nucleo d'identità il valoredélia semplicità, essa lo puô attribuire a tutte le suemanifestazioni, salsicce comprese. Marca e prodot-to diventano tutt'uno, e i valori dell'una impregna-no l'altro. Se la semplicità è un valore che si addicepiuttosto bene allé salsicce, il suo universo di appli-cazione è infinitamente più ampio. Si puô parlarecon simpatia di un cuore semplice, di un caratteresemplice, di una legge semplice. Appropriandosidélia semplicità, Herta non si limita a qualificare ipropri prodotti. Essa si collega, più o meno diretta-mente, a tutte le altre forme di semplicità social-mente valorizzate. Entrando nell'universo dei valo-ri, la marca libéra il prodotto dall'universo déliamerce e dalla fabbrica, e ne fa un essere sociale a sestante. Per essere precisi, tuttavia, una salsicciaresta una salsiccia. La semplicità non puô semplice-mente essergli aggiunta corne il peperoncino, giu-sto per esaltarne il sapore. Per fare di una salsicciaaltra cosa che carne insaccata, è il significato délia

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salsiccia che deve essere trasformato. Délie opera-zioni di qualificazione simbolica devono esserecompiute. Per esempio, la salsiccia puô essere pre-sentata in una scenografia rustica, assieme ad altriprodotti che sanno di genuino. Il suo consumo puôessere associato a scène di vita semplice e autenti-ca: un picnic, una passeggiata in montagna. Anchela sua confezione puô contribuire a suggerire lasemplicità, attraverso la scelta dei materiali, deicolori, délia presentazione. Infine, tutte queste ope-razioni non sarebbero sufficienti se i consumatorinon interpretassero correttamente l'insieme degliatti di discorso prodotti dalla marca. Tutte questeoperazioni implicano la manipolazione di simboli,di messaggi, di discorsi. L'appropriazione di unvalore da parte di una marca e la sua trasmissioneai consumatori è sempre una questione di significa-to e di comunicazione.

L'articolazione di un orizzonte di valori permettealla marca di mettere in relazione, sullo stesso ter-reno, due univers! a priori distant!: quelle dei pro-dotti e quelle dei consumatori. Questa messa incontatto si ripercuote allora sui due termini déliarelazione, trasformandoli. Da un lato, la marca per-mette d'investire l'universo dei prodotti con deivalori simbolici e délie immagini. Dall'altro, essaconsente di concepire la figura dei consumatore inmaniera différente dalle tradizionali visioni inerentiallé logiche commerciali, industriali o economiche.

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II consumatore è ora considerato corne un destina-tario, qualcuno che consuma tanto dei prodottiquanto dei messaggi e del senso su questi prodotti.Anche la sua concettualizzazione viene allargata.Parlando il linguaggio dei valori, la marca non sirivolge più al consumatore, ma all'individuo, com-preso nella totalità del suo essere, délia sua perso-nalità, dei suoi bisogni. Il consumo, a lungo ritenu-to una dimensione specifica del comportamentodegli individui, si trova cosï restituito in un conte-ste di vita.

La segmentazione dei valori

Questa visione délia marca implica una revisionedélia problematica délia segmentazione. Il marke-ting tradizionale, product-oriented, aveva già inte-grato la nozione di segmentazione a partire daglianni settanta. Il marketing di massa, che avevadominato per quasi vent'anni, volgeva ail ora al ter-mine. La demanda diventava più differenziata,frammentata. Per rispondergli, il marketing del pro-dotto non pote che moltiplicare le versioni, arric-chire le gamme e adottare una logica di segmenta-zione délia clientela. Il principio délia segmentazio-ne postula che un determinato prodotto - per esem-pio un certo modeiïo di auto familiare - non puôsoddisfare i gusti délia totalità délia clientela poten-zialmente interessata all'acquisto di un'automobile.

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II modello viene allora proposto a un segmento diclientela che ha bisogni omogenei. Différend mo-delli di automobile - sportiva, compatta, coupé -sono proposti a différend segmend di clientela.

La logica délia segmentazione pone il problemadélia scelta del criterio che permette di dividere lapopolazione in sottogruppi, in target. Il criterio uti-lizzato per classificare gli individu! rappresenta unamodellizwzione del mercato e influenza tanto laconcezione dei prodotti da attribuire ad ogni targetche la strategia dell'azienda. Tradizionalmente, lesegmentazioni elaborate dal marketing product-oriented sono di tipo sociodemografico. Esse clas-sificano gli individu! per sesso, età, reddito ecc. Dalpunto di vista dell'azienda, queste classificazionipresentano il vantaggio di essere basate su dei crite-ri oggettivi e misurabili. Per esempio, è relativa-mente facile identificare e qualificare il numéro diitaliani di sesso maschile, tra 25 e 39 anni, chedispongono di un certo reddito annuale. L'analisidélie fond stadstiche e degli studi di mercato per-mette ugualmente di prevedere l'evoluzione quanti-tativa del segmento. Questa logica di segmentazio-ne favorisée inoltre una riduzione dell'incertezza.Le differenze tra i consumatori sono quantificate etrattate corne parametri oggettivi.

Malgrado la loro crescente sofisticazione, le seg-mentazioni sociodemografiche entrano in crisinegli anni ottanta. La trasformazione dei gusd e dei

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comportamenti d'acquisto le rendono progressiva-mente inadeguate. A questo riguardo, la récenteevoluzione sociale ha introdotto due nuovi fenorne-ni, in piena evoluzione. Il primo riguarda la sovrap-posizione, nei comportamenti d'acquisto, di indivi-dui appartenenti a differenti segmenti socioderno-grafici. Per esempio, un crescente numéro di uorni-ni e di donne comprano i medesimi prodotti, vale adire non acquistano quelli specificatamente etichet-tati "per uomo" e "per donna". Questa tendenzariguarda una grande quantità di prodotti e di servi-zi, corne i vestiti, le automobiïi di piccola cilindra-ta, le riviste, i viaggi. Il seconde fenomeno è legatoall'apparizione di comportamenti diversificati inseno ad un gruppo sociodemograficamente ornoge-neo. Gruppi corne "i giovani", "gli studenti" o le"donne attive" si frazionano ulteriorrnente in rnolte-plici sottogruppi, e i soli criteri sociodernograficinon riescono più a spiegarne i relativi cornporta-menti e gusti.

Concepita corne un vettore di senso e fondatasulla nozione di valore, la rnarca appare allora ingrado di esprimere in modo più appropriato questenuove logiche di segrnentazione, riflesso dell'evo-luzione dei mercati e délia segrnentazione dei con-surnatori. Il fatto che due individui differenti possa-no non condividere il rnedesirno valore, oppure nonattribuirgli la rnedesirna irnportanza, sernbra, all'in-terno di una logica di rnarca, dei tutto ragionevole.

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La semplicità, decantata da Herta riguardo i propriinsaccati, puô corrispondere perfettamente ai valoriche un individuo attribuisce a questo tipo di prodot-to. In compenso, per un altro individuo puô accade-re che siano il gusto, o la leggerezza, a caratterizza-re questi prodotti. Inoltre è perfettamente plausibileche uno stesso individuo possa prendere in conside-razione valori diversi per prodotti differenti. Puôscegliere una marca d'acqua che gli propone ilvalore dell'equilibrio (Evian) e condurre un'auto-mobile che gli promette un brivido di sportività(Alfa).

Ciô che sarebbe apparso in una segmentazionesociodemografica corne un comportamento con-traddittorio e imprevedibile, diventa, in una seg-mentazione brand-oriented, una semplice questionedi relatività di valori.

Una segmentazione basata sui valori favoriséeanche la prefigurazione di target a "geometria varia-bile", in opposizione ai gruppi a tenuta stagna déliesegmentazioni sociodemografiche. Per esempio,Renault ha centrato il proprio universo di valori sulbenessere, la convivialità, lo sviluppo armoniosodélia persona. Il target virtuale di questa marca èpertanto composto da tutti gli individu! che condi-vidono tali valori, e che trovano che questa marca liinterpréta in modo credibile. In un altro universo, ivalori di fondo di Levi's sono la libertà, la virilità,il piacere. Il target identificato da questa marca è

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dunque principalmente costituito dagli acquirenti dijeans che condividono tali valori. Sebbene i valoridi queste due marche siano sotto moiti aspetti diffe-renti, taie fatto non rende per nulla contraddittorioo problematico che un individuo conduca unaRenault sfoggiando un jeans Levi's. Nell'universodei valori, la differenza non implica l'esclusione.

Una segmentazione fondata sui valori permettealla marca di costituire il suo target non a partiredall'età o dal reddito dei consumatori, ma sullabase di una visione comune di ciô che è importantein un determinato settore, a partire da un insieme divalori condivisi.

Gli individu! che compongono il target di unamarca possono in seguito dividersi e raggrupparsiattorno ad altre marche in modo completamentedifférente, in funzione dei loro accordo o disaccor-do rispetto ai valori da quelle praticati. È solo aposteriori, una volta identificato il target déliamarca, che converrà studiare la sua composizionesociodemografica. Possono allora apparire déliespecificità. Gli individui intéressât! ad una marcapossono in effetti concentrarsi in talune catégoriesociali o demografiche. Ma questa analisi ha un'im-portanza più descrittiva che esplicativa. Essa risul-terà molto utile, ad esempio, per il marketing ope-rativo délia marca (piano média, distribuzione,marketing diretto ecc.), ma meno per orientarne lastrategia.

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L'evoluzione dei valori

La segmentazione dei valori che abbiamo appenadiscusso è sincronica: si applica ad una società diconsumo in un dato momento délia sua esistenza.Essa si rivela particolarmente utile per identificaredei target e per praticare un marketing di tipo opera-tivo: fomendo una "fotografia" dei consumatori edoffrendo un criterio per segmentarli, essa permettedi posizionare marche differenti, seconde logiche dicompetizione o di sinergia, in funzione degli obietti-vi dell'azienda. 1 valori articolati dalle marche pre-sentano un'altra caratteristica fondamentale: il cam-biamento. 1 valori, ed in particolare i valori di con-sumo, sono suscettibili di evoluzione, proprio cornegli individu! ed il conteste sociale ai quali sonodirettamente legati. L'evoluzione dei valori présentatuttavia délie caratteristiche specifiche. Capita rara-mente che un valore si sviluppi, declini e scompaiacompletamente dalla scena sociale e dalla mentedegli individui. Nella maggioranza dei casi si trattapiuttosto di un declino relativo o di un mutamentodi significato. Considerato nella sua globalità, ilrepertorio dei valori di base di una società è relati-vamente stabile. Valori corne la semplicità, la libertào la virilità non sono suscettibili di scomparire inbrève tempo.

In ogni epoca perô, un ridotto numéro di valori

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tende ad assumere un'importanza particolare. Talivalori sono adottati rapidamente dal corpo sociale eacquisiscono un potere di definizione délia scenasociale e délie rappresentazioni collettive. Essidiventano simbolicamente dominanti, anche se ilnuméro di individui che li assume resta relativamen-te esiguo. Ciô è stato tipico, negli anni ottanta, deivalori edonisti, i quali hanno investito numerosiaspetti délia vita degli individui e hanno abbondan-temente nutrito il discorso délie marche.

L'edonismo è rapidamente diventato una referen-za culturale, praticata e rinforzata dai média, daglianalisti sociali, dalla comunicazione pubblicitaria edal comportamento degli individui. In tempi piùrecenti, la recessione economica, le ripetute crisipolitiche ed una nuova coscienza dei problemi pla-netari hanno rallentato sensibilmente la marcia"trionfale" di questi valori. Da un giorno all'altro,insistere troppo sull'edonismo, su una ricerca deipiacere senza limiti, è apparso corne un fatto ecces-sivo, vano, addirittura di cattivo gusto. L'evoluzionedei valori l'aveva relegato in una posizione di sfon-do. Nel frattempo altri valori sono apparsi ed hannoconquistato una posizione di primo piano, corne peresempio l'autenticità, la responsabilità, la solida-rietà, la sernphcità. Possiamo allora sostenere chel'edonisrno è totalmente scomparso dallo stock deivalori délie società occidentali? È forse più correttodire che questo valore è meno condiviso e che, seb-

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bene ancora ben présente nel corpo sociale, attiraun numéro minore di individu!, socialmente menovisibili rispetto al précédente decennio. Esso èdiventato anche più discreto, più implicite, menoenfatico.

Per analoghe ragioni, valori che avevano momen-taneamente abbandonato la scena possono ripropor-si, a volte in modo clamoroso. In tal caso si ha lasensazione di un ritorno puro e semplice di antichivalori, inentre quasi sempre essi hanno modificatoil proprio contenuto, hanno assorbito il cambiamen-to che si è prodotto nel conteste sociale durante laloro eclissi e hanno trasformato il loro significato.Anche quando sembra semplicemente ritornare suipropri passi, la società ingloba e metabolizza il cam-biamento che si è prodotto nel frattempo. Per esem-pio, l'autenticità, che attualmente sembra dominareuna parte considerevole dei valori di consumo, èspesso citata quale esempio di un ritorno ad antichivalori. In realtà, basta analizzare i discorsi déliemarche che si sono appropriate di taie valore, perconstatare che l'autenticità degli anni ottanta haben poco in comune con un semplice ritorno allanatura, vagamente nostalgico. Si tratta, al contrario,di un'autenticità che ha integrato le dimensioni pra-tiche, di comfort o di igiene, espresse dalle esigen-ze dei consumatori di oggi.

Per una marca, stare al passo dell'evoluzione deivalori rappresenta una vera e propria posta strategi-

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ça. La segmentazione dei valori e l'identificazionedi un target le permettono di sviluppare il propriomarketing operativo. Ma è solo la capacità di fareevolvere il proprio discorso in accorde con l'evolu-zione dei valori contestuali che le permette di man-tenere una posizione dominante e di gestire allôstesso tempo il proprio capitale d'identità. Certemarche sono particolarmente abili, a un dato mo-mento délia loro storia, spesso all'inizio, a cogliereed a interpretare i valori dominanti tra i consumato-ri. Allora esse fondano proprio su questi valori illoro discorso, la loro strategia, il loro sviluppoindustriale. I problemi arrivano quando tali valorideclinano, o cambiano profondamente di significa-to, e la marca non coglie la portata di questo cam-biamento, oppure, pur essendone cosciente, nonriesce a identificare i nuovi valori e ad appropriar-sene.

Un esempio di questo tipo di difficoltà è rappre-sentato dalla marca Adidas. Leader incontrastatadélie calzature sportive negli anni settanta, essaaveva imperniato il suo discorso sui valori di pro-fessionalità, forza, competenza. Essa proponeva - eall'epoca ciô poteva sembrare perfettamente logico- la scarpa sportiva corne uno strumento tecnico, dautilizzare in luoghi precisi, le palestre, i terrenisportivi, i campi da tennis, per degli sportivi sert.Ancorata a questa visione dei prodotto e a questivalori, la marca non voile o non seppe affrontare la

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svolta che, negli anni ottanta, trasformô la scarpasportiva dapprima in scarpa per il tempo libero e inseguito in calzatura per tutte le occasioni. La scarpasportiva fu per la scarpa di città ciô che i jeans eranostati, vent'anni prima, per i pantaloni. Apparveronuovi valori: comfort, durata, innovazione tecnolo-gica, estetica, espressione del se. Integrandosi allapanoplia dell'abbigliamento, la scarpa sportivadivenne anche un accessorio di moda. Altre mar-che, specialmente Nike e Reebok, seppero interpre-tare questi nuovi valori e superarono rapidamenteAdidas nell'immaginario, oitre che, inevitabilmen-te, nelle vendite. Significativamente, dopo avèresfiorato il tracollo ed essere passata attraverso piùproprietari, Adidas si è radicalmente riposizionata esembra avère ritrovato, in tempi recenti, il favoredei consumatori. Il suo capitale di legittimità erasufficientemente solido per permetterle questocome-back.

La marca di abbigliamento K-Way rappresenta unulteriore esempio di incapacità ad integrare l'evolu-zione dei valori di consumo. Il suo successo neglianni settanta fu legato a prodotti semplici, a buonmercato, pratici. La giacca a vento tascabile era l'i-déale per uno stile di vita più rilassato e pratico:fare una gita con un equipaggiamento ridotto, scia-re senza bagnarsi, uscire in città potendo rinunciareall'ombrello. Anche in questo settore gli anni ottan-ta portarono considerevoli cambiamenti. I nuovi

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valori di edonismo, eleganza, raffinatezza improv-visamente fecero apparire le giacche a vento K-Way troppo semplici, troppo elementari, quasipovere. Gli stilisti e la tecnologia cominciarono adoccuparsi di questo settore. Apparve una nuovagenerazione di prodotti, che utilizzavano le micro-fibre e offrivano tagli più elaborati. La marca K-Way cessé di essere un riferimento per i consuma-tori: i suoi valori - e i suoi prodotti - si erano pro-gressivamente allontanati dai nuovi valori e dallenuove attese délia clientela.

Gli imperativi di segmentazione dei valori di unmercato, colto in una certa fase del suo sviluppo e,allô stesso tempo, di evoluzione a fronte del cam-biamento, potrebbero apparire corne contraddittori.Tanto più che una marca ha anche un obbligo dicontinuità. Essa deve selezionare i propri destinata-ri e seguirne l'evoluzione dei valori, ma allô stessotempo deve cercare di rimanere se stessa. Non puôcambiare i fondamenti del suo discorso né troppospesso, né troppo radicalmente, perché ne va déliasua stabilità e délia sua continuità. Gli elementi chesi trovano nel livello profondo del suo discorso, eche ne costituiscono l'essenza, devono essere pre-servati e non possono evolvere che progressiva-mente. D'altra parte, la marca ha ugualmente undovere di evoluzione, perché rischierebbe altrimen-ti di perdere il contatto con i consumatori, di trascu-rare i valori emergenti e di ignorare i prodotti che li

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interpretano. La continuità rinforza 1 'identità di unamarca, ma l'evoluzione ne assicura la modernità.

Queste due dimensioni non sono cosï oppostecorne si potrebbe credere. Esse esprimono piuttostola tensione che attraversa ogni individuo e la societànel suo insieme. Articolano una dialettica fonda-mentale tra stabilità e trasformazione, fra tradizionee modernità. Questa dialettica caratterizza tutte lesocietà contemporanee ed in particolare i valoriassociati al consumo, di cui le marche rappresenta-no la principale espressione. Proprio perché le mar-che sono cosï apertamente legate ai valori degliindividui, esse ne esprimono le medesime esitazio-ni e contraddizioni. Corne per gli individui, la solu-zione di taie dialettica non è mai definitiva. Essa sitrova rimessa continuamente in causa. È proprio inquesta capacità non di risolvere, ma di gestire ladialettica fondamentale tra stabilità e cambiamento,tra continuità ed evoluzione, tra tradizione e moder-nità, che risiede la vera sfida délia perennità di unamarca.

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6. LA MARCA COME CONTRATTO

Una sovranità condivisa

II carattere mutevole, fluttuante, a volte capric-cioso dei valori di cui si nutre la marca contempo-ranea ben illustra una délie sue caratteristiche costi-tutive, vale a dire la sua disseminazione tra molte-plici attori, che tutti insieme concorrono a plasmar-la e a determinarne la natura. Questa caratteristicarappresenta una discontinuità importante rispettoallé concezioni dualiste, che nelle marche nonvedono altro che un complemento del prodotto. Ilruolo chiave giocato dai valori nella costituzionedell'essenza di un discorso di marca, mostra chel'azienda, proprietaria légale délia marca e dei suoiprodotti, non è la proprietaria assoluta né del suosignificato, né délia sua identità. Nella gestionedélie proprie marche, l'azienda è obbligata a tenereconto dell'esistenza di altri attori, sui quali non puôche esercitare un controllo parziale o nullo.

Taie situazione è talvolta difficile da comprenderee diventa fonte di perturbazione, soprattutto perquelle aziende che non dispongono di un'autenticacultura di marca. Esse accettano con difficoltà il

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fatto che si possano controllare gli aspetti materialie legali, dominare il processo di produzione, accu-mulare eventualmente i benefici finanziari di unastrategia di marca riuscita, senza pertanto godere diuna sovranità assoluta sulla propria marca. Questasituazione rappresenta inoltre una fonte di perenneincertezza per l'azienda, perché gli elementi chepossono decretare il successo di una marca gli sonoesterni e sono a volte difficili da prevedere. Il prin-cipio di sovranità délia marca si trova frammentatoe diluito. Possiamo identificare quattro principalifonti di sovranità, quattro attori che si dividono, inmodo più o meno cosciente e mutuamente accetta-to, il potere di dire che cos'è una marca.

L'amenda. - Essa detiene evidentemente la parteprincipale di questo potere. Gli altri attori possonoessere analizzati più corne limitazioni di taie potere,che corne poteri autonomi. È naturairnente l'azien-da che décide se lanciare o meno una marca, il tipodi discorso da fargli tenere, quali prodotti attribuir-gli, corne farla evolvere, e a chi indirizzarla. Nellesue decisioni essa dovrà allô stesso modo tenereconto délie numerose sollecitazioni interne, quali lacultura dell'azienda, la competenza tecnologica, lerisorse finanziarie, la coerenza rispetto alla strate-gia aziendale globale.

Il mercato. - La saturazione e la differenziazione

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hanno portato alla presenza di numerose marche intutti i segmenti di mercato. Nell'elaborazione déliasua strategia, ogni marca è obbligata a tenere contodélie stratégie délie altre. Scegliendo un'identitàtroppo vicina a quella di una marca già esistente, lamarca rischierebbe di avvantaggiare proprio que-st'ultima. All'opposto, allontanandosi troppo daidiscorsi délie altre marche, essa rischia di tenere undiscorso che nessuno comprenderà. Il contesto dimercato costituisce un sistema di vincoli che media-no tra ciô che l'azienda puô eventualmente fare,ovvero le sue competenze virtuali generali, e ciô cheè effettivamente realizzabile in un certo mercato adun dato momento del suo sviluppo.

Il contesta dei valori. - Sono i valori che influen-zano le attese e i gusti dei consumatori. L'identifi-cazione, la selezione, la segmentazione e l'anticipa-zione di tali valori costituiscono altrettanti vincoliper il successo di una marca. Questa puô seleziona-re correttamente un sistema di valori, ma proporload un target che non li condivide. Essa puô ugual-mente essere in anticipo o in ritardo rispetto alladiffusione di un determinato valore. La marcaMacintosh, ad esempio, è stata penalizzata peravère insistito troppo a lungo sulla propria unicità ela propria separazione dalle altre marche. Tali valo-ri hanno contribuito a plasmare il suo mito in un'e-poca pionieristica, giocando sull'opposizione tra la

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propria cultura, conviviale e disinvolta, e la culturadi IBM, arrogante e tecnicista. Dieci anni più tardi,in un'epoca di progressiva banalizzazione del-l'informatica, taie retorica contro-culturale si è tro-vate svuotata di buona parte del suo contenuto. Nona caso Macintosh ha dovuto modificare il propriodiscorso in profondità e adottare un atteggiamentodi dialogo e di collaborazione, in particolare colsuo "nemico" storico IBM.

1 consumatori. - 1 valori sono incarnati e veicolatida individui in carne ed ossa. Da questo punto divista la nozione di consumatore è riduttiva e nonrende sufficientemente conto délie procédure diinterpretazione, adesione e rigetto applicate ai valo-ri proposti dalle marche. Pur prestando la massimaattenzione alla qualità dei prodotti, al loro gusto,prezzo o praticità, l'individuo contemporaneo con-suma una combinazione inestricabile di prodotti edi valori.

Nella misura in cui la marca attribuisce un signifi-cato al prodotto e taie significato si fonda su deivalori, il prodotto è "colonizzato" dalla marca e nonha più una "esistenza" propria al di fuori délia suapresa in carico da parte di questa. Il ruolo del con-sumatore è allora doppiamente cruciale. Costui sta-bilisée una doppia sanzione alla proposta che gli èrivolta. Taie sanzione riguarda tanto il prodotto chei valori.

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In questo sistema di attori, avevamo detto, l'a-zienda mantiene un diritto di "precedenza". Questaaffermazione richiede ora di essere precisata. Peresempio, considerare i consumatori corne un sem-plice polo di ricezione che si limita ad accettare o arifiutare le proposte che gli sono sottoposte nonrenderebbe conto délia complessità délie situazionireali. I quattro attori del sistema sono in continuainterazione. Si limitano e si influenzano vicende-volmente. Prima di impegnarsi in una determinatastrategia, l'azienda osserva il mercato, analizza letendenze sociali e i valori dominanti, studia cornequesti potrebbero applicarsi alla marca in modocredibile. Inoltre essa verifica, tramite test e altristudi di mercato, la propensione dei consumatori adaccettare il suo nuovo progetto. Spesso si rendononecessari molteplici va e vieni. La marca rivede apiù riprese il suo progetto e sottopone ai consuma-tori una proposta modificata.

L'identité di marca

Quando finalmente la marca viene lanciata sulmercato, essa ha integrato una série di elementi chenon si trovavano nel suo progetto iniziale e chehanno un'origine esterna all'azienda. È in tal sensoche il potere di definizione di una marca non appar-tiene in esclusiva all'azienda. Esso è condiviso tratutti gli attori direttamente coinvoiti in taie dinami-

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ça. È possibile identificare in questa circolazione,in questo movimento dinamico, il senso profondodelVidentità di una marca. Per lungo tempo è pre-valsa la tendenza ad attribuire alla'sola azienda ildiritto e il potere di fondare l'identità délie suemarche. La realtà del mercato mostra che spessouna marca, al termine di un certo periodo, présentaun'identità différente da quella che i suoi responsa-bili avevano deciso di darle. Un'identità "reale"rimpiazza l'identità pianificata a tavolino.

Questa situazione si produce frequentementequando una stessa marca viene lanciata su diversimercati nazionali, dove i valori di consume talvoltadifferiscono. Per esempio la Twingo di Renault èstata posizionata in modo identico in moiti paesieuropei, proponendo dei valori di facilita, di flessi-bilità e di gioco. In Francia questa proposta è stataaccettata dai consumatori. Al contrario in Spagna ein Italia lo stesso tipo di proposta si è scontrata consistemi di valori différend, che non riconosconolegittimità ad un'automobile "ludica". Nuovi valo-ri, talvolta negativi, sono stati allora spontaneamen-te associati alla Twingo: essa è divenuta un'autopriva di virilità, un auto-giocattolo, una vetturettaper bambini. Quale è alla fin fine l'identità déliamarca Twingo? Tutte le interpretazioni sono parte-cipi dell'identità di marca, senza che alcuna possapretendere di detenerne l'esclusività. È probabile,per esempio, che Renault correggerà il suo discorso

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e la sua strategia di marca nei mercati del suddell'Europa: colori più tradizionali, attrezzature chesottolineino la nozione di pilotaggio e valorizzino laguida, abbandono dello stile "fumetto" nella comu-nicazione. Queste modifiche comporteranno proba-bilmente un mutamento dell'idendtà délia marca.Se nel frattempo il mercato o i valori sociali evol-vono, essi provocheranno nuovi cambiamenti.L'identità di una marca è un oggetto dinamico inperpétua negoziazione. Il cambiamento di posizio-ne di uno degli attori fa reagire tutti gli altri e pro-voca un'evoluzione délia globalità del sistema.

Dato il suo carattere composite», l'identità dimarca è spesso una questione di mix. Talvolta unattore del sistema assume un potere di definizionesuperiore a quelle degli altri. In altri casi la negozia-zione diventa un conflitto. Sulla base di una certavisione del mercato e di una stretta associazione tranome di famiglia e nome di marca, la marca EstéeLauder, per esempio, ha per lungo tempo mal tolle-rato il fatto di dovere trasferire una parte del suopotere di definizione a dei sistemi percepiti corneesterni, quali il contesto dei valori o gli atteggia-menti dei consumatori. Pur essendo cosciente deirischi a lungo termine di una taie posizione, essa visi è attenuta con molta coerenza, cercando di"imporre" la propria identità ai consumatori, piutto-sto che negoziarla con loro. È solo da pochissimotempo (fine 1995) che, per reagire alla progressiva

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disaffezione di una parte délie consumatrici, lamarca ha modificato il suo discorso, introducendo-vi una più grande carica di sensualità e di femmini-lità. Nel medesimo settore la marca Shiseido haadottato una strategia différente. Cosciente délianécessita di adattare la propria identità aU'immagi-nario orientalista occidentale, Shiseido ha optatoper una strategia di sincretismo, praticando unafilosofia orientale ad uso del pubblico occidentale,ben diversa da quella che pratica in Giappone aduso délie consumatrici locali. In Europa essa svi-luppa quindi un discorso (prodotti, packaging,comunicazione) différente da quello praticato nelproprio mercato interno.

Tali osservazioni sull'identità di marca possonoessere riassunte definendo la marca corne un con-tratto. L'identità di marca suggerita dall'aziendanon è allora che una proposta di contratto, che deveessere sottoposta ad un certo numéro di prove primadi essere ratificata. Tali prove modificano progressi-vamente la proposta iniziale. Ciascun attore viaggiunge la propria visione, vi apporta il propriocontributo. Al termine del processo, la proposta dicontratto è necessariamente différente dalla versio-ne iniziale, dato che ciascun attore ha partecipatoattivamente alla definizione dell'identità di marca.Questo punto sarà ulteriormente approfondito piùavanti, nelle pagine dedicate alla problematica délialesittimità.

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Diventa più agevole ora comprendere perché unvero e proprio marketing délia marca fatica a svi-lupparsi all'interno délie aziende. La marca mette iconsumatori e i loro valori al centro stesso délia sualogica di funzionamento. Basandosi più sullo scam-bio di significati che di semplici prodotti, essa sot-trae all'azienda una parte délia sua sovranità, el'obbliga ad interagire in modo più intimo con ilmercato, la società, gli individui. Taie prospettivapuô spaventare le aziende, che spesso non hanno néle competenze, né la voglia di entrare in un gioco dicui non controllano tutte le regole. Lavorare con ivalori è inevitabilmente più ambiguo, soggettivo e"pericoloso" che lavorare con le variabili sociode-mografiche. I valori non si lasciano facilmentequantificare, corne si puô fare con fasce di reddito.Valori contraddittori possono coesistere in seno allôstesso individuo. Ed infine, i valori possono cambia-re molto rapidamente, senza necessariamente darnepreavviso.

Ma si puô veramente scegliere? La scelta tra unmarketing del prodotto e un marketing délia marcanon è più, nella maggioranza dei casi, un'alternati-va accademica in cui potere scegliere una soluzioneo l'altra a seconda délie inclinazioni dell'azienda.Quest'ultima non puô più sottrarsi, per la naturastessa délia sua attività, ad un costante confrontocon la realtà del mercato e dei consumatori.

Se un crescente numéro di aziende abbandona le

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La marca corne vettore di senso

segmentazioni sociodemografiche, è perché questenon riescono più a spiegare e a prevedere le sceltedei consumatori. Se, parallelamente, essa trasformai prodotti in marche e raggruppa queste ultime inportafogli articolati ed in sinergia, è perché i soliprodotti non riescono più a raggiungere il consuma-tore, affogati nel flusso dei messaggi e in un vorticedi iperscelta che fa loro da schermo. La natura stes-sa dei mercati contemporanei favorisée lo sviluppodélie logiche di marca e trasforma la definizionedell'identità di una marca in una negoziazione per-manente, ossia nella stipulazione di un contratto chesottrae all'azienda una parte délia sua sovranità e ladissémina tra gli altri attori dei sistema. Nell'attualeconteste di competizione, lo sviluppo di politiche dimarca sembra essere per l'azienda più una nécessitavitale, che una semplice alternativa.

Due false opposizioni

La visione, appena esposta, di un progressive svi-luppo délie politiche di marca, non è condivisa datutti gli autori. Al contrario, a partire dall'iniziodegli anni novanta e in corrispondenza dell'appari-zione di una severa recessione economica, si sonoelevate molteplici voci per proclamare una crisiirreversibile délie marche. Alcuni sono persinogiunti a parlare di "morte" délie marche. Due ten-denze ben reali fornirebbero un supporte empirico

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La marca corne contralto

a tali analisi. Da un lato il declino, in molteplicipaesi e in segmenti di mercato différend, di grandimarche nazionali o internazionali a favore di mar-che di minor importanza oppure di prodotti detti"generici". Taie declino sarebbe essenzialmentelegato, seconde questi autori, alla minore disponibi-lità di una parte dei consumatori a versare il "pre-mio di marca", a pagare più cari i prodotti di mar-che conosciute e con una forte identità, preferendoloro quelli di marche sconosciute, molto meno cari.La seconda tendenza, meno congiunturale, concer-ne il progressive aumento délia penetrazione déliemarche délia distribuzione, sempre più frequente-mente preferite allé grandi marche. Questa secondatendenza finisce con il raggiungere la prima, perchéle marche délia distribuzione costano sistematica-mente meno délie grandi marche industriali.

Nel 1993, l'annuncio da parte délia multinaziona-le Philip Morris di una diminuzione délia quota dimercato délia sua mitica marca Mariboro e déliaconseguente decisione di abbassarne il prezzo,venne interpretato negli Stati Uniti corne la fine diun'epoca. A Wall Street le azioni dell'azienda per-sero numerosi punti e la notizia fece il giro dei mer-cati mondiali. Se si considéra che il fatturatoannuale mondiale délia Philip Morris supera i qua-ranta miliardi di dollari, si comprende meglio larisonanza e la portata simbolica délia sua decisionedi ridurre il prezzo di una délie sue marche. Anche

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La marca corne vettore di senso

in Europa grandi gruppi corne le multinazionaliDanone e Unilever annunciarono per la prima voltaun calo délie vendite e la riduzione dei prezzi dialcune marche. Per certuni questi segnali erano piùche sufficienti per decretare la fine délie marche e ilritorno trionfale del prodotto (generico).

Queste posizioni testimoniano la profonda incom-prensione del fenomeno-marca e délie istanze stori-che del suo sviluppo. Se ci si limita a considerare lamarca corne un "trucco" che permette di vendereun prodotto un po' più caro, si perde ogni interessea servirsene quando la trovata perde il suo smalto enon attrae più corne prima. In effetti la marca anno-vera, tra le sue principali caratteristiche, la capacitàdi giustificare un "bonus" in termini di prezzo. Mataie caratteristica non è né la sua sola vocazione, néuna capacità dalla flessibilità illimitata. Ogni marcadi successo giustifica ovviamente un sovrapprezzo,ma non qualunque prezzo. Quando lo scarto tra ilprezzo di un buon prodotto anonimo e il prezzo diuna marca diventa troppo rilevante, è il contratto difiducia sul quale si basa la legittimità di quellamarca particolare che è messo in forse e non il prin-cipio délia marca in générale. Durante gli anniottanta, approfittando di una congiuntura economi-ca particolarmente favorevole, congiuntamente aduna certa euforia per il consumo, alcune marchearrivarono a credere che i consumatori potesseroaccettare qualsiasi aumento di prezzo, per poco che

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fosse giustificato da una trascurabile innovazione diprodotto, enfatizzata da una nuova confezione osostenuta da una bella campagna di comunicazione.La sanzione che ha colpito moite di queste marche,da quando la recessione si è installata, non concer-ne affatto il principio di funzionamento déliamarca, ma piuttosto il non rispetto di taie principio.Una marca non puô appropriarsi dei valori e déliafiducia dei consumatori semplicemente attraversoun marketing astuto o briiïanti campagne di comu-nicazione. Ciô puô essere di grande aiuto e puô, allimite, bastare per un brève période. Ma normal-mente una marca costruisce la propria credibilitànel tempo, innovando e offrendo ai propri clientidei vantaggi unici tanto nei suoi prodotti che neisuoi discorsi. Se l'impegno délia marca si limitaallé sole stratégie di comunicazione, ciô non puômai durare a lungo.

Più in générale, è il fatto di ridurre la marca al suodifferenziale di prezzo che non gli rende giustizia.Per fornire qualche esempio dei vantaggi realizzatida una vera marca, si puô ricordare che essa rendepiù facile la fedelizzazione délia clientela, serve dasupporte allé architetture di marca (estensione digamma, portafoglio, diversificazione), facilita laconquista di nuovi mercati, contribuisce al prestigioeconomico e finanziario dell'azienda che la possie-de. Per esempio il prestigio e la notorietà déliamarca Me Donald giocarono un ruolo molto impor-

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I^LI mû/eu eu/ne vendre ai senso

tante nel conseguimento di licenze per l'aperturadei suoi primi ristoranti in Cina. A volte una marcagiunge ad un taie livello di riconoscimento socialeche essa puô diventare un équivalente economico,corne accadde nell'Unione Sovietica degli anni set-tanta, dove il pacchetto di Mariboro era utilizzatocorne valuta, corne unità di misura per l'acquisto diprodotti occidentali al mercato nero.

Il seconde argomento, quello che vede nello svi-luppo délie marche délia distribuzione il sintornodel declino délie grandi marche, testimonia un altrotipo di incornprensione del fenomeno-marca, e piùin générale, délie profonde mutazioni délia strutturadei mercati. In queste pagine la marca è stata defi-nita corne un vettore di senso, un valore e un con-tratto. L'identità di rnarca è il risultato di queste treoperazioni. A partire da taie definizione, c'è marcaogni qualvolta un certo sisterna d'offerta (prodottoo servizio) arriva a veicolare del significato, a so-stanziarlo con dei valori e a ottenere il riconosci-mento dei suoi sforzi da parte di altri attori implica-ti nel processo, e in particolare da parte dei consu-rnatori.

Questa definizione vent'anni fa, o anche solodieci anni fa, non si applicava allé insegne déliagrande distribuzione. All'epoca esse si limitavano acentralizzare e a localizzare la merce e le marchedei produttori. Gli ultimi dieci anni hanno segnatouna svolta radicale nella strategia di un grande

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La marca corne coniraiio

numéro di distributori, che hanno cominciato a fareproduire o a produire loro stessi un crescente numé-ro di prodotti. 1 distributori inglesi sono stati pio-nieri in taie direzione. Safeway, Sainsbury o Marks& Spencer propongono, sotto la loro propria marca,prodotti di eccellente qualità, tecnologicamenteinnovativi, continuamente adattati all'evoluzionedei gusti e délie attese délia loro clientela. Per moitiaspetti, in Gran Bretagna i distributori sono state lemarche più innovative e più dinamiche degli ultimiquindici anni. In Francia un esempio che ben illu-stra questo tipo di strategia è rappresentato dallacatena di supermercati Monoprix. Probabilmente acausa dell'immagine média délia sua insegna,Monoprix ha preferito sviluppare, a fianco di unamarca di distribuzione più tradizionale (Beaumont),due nuove marche: Gourmet e La Forme. Ciascunasviluppa una vera e propria politica di marca.Innovazione, qualità, valori, significazione, iden-tità: c'è tutto. Gourmet occupa il territorio déliaqualità associato alla golosità, una qualità non privadi una certa raffinatezza. La Forme gioca invece lacarta nutrizionale, con prodotti dieteticamente con-trollati, energetici, spesso freschi, mirati ad unaclientela giovane, attiva ed urbana, preoccupatadélia propria forma e del proprio "look".Congiuntamente, queste due marche propongonouna segmentazione dell'offerta brand-oriented,strutturata seconde dei valori (golosità-raffinatezza

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LM. tiiuli-u cuiiic veiiore ai senso

G forma-nutrizione). In tal modo esse appaiono piùinnovative di moite marche industriali classiche,che segmentano molto spesso la loro offerta secon-de délie logiche product-oriented: livello di gamma,livello di prezzo, caratteristiche di prodotto.

Tutte le marche délia distribuzione non sono délievere marche. Ma un numéro crescente tra loro lo è,o lo sta per diventare. L'aumento délie vendite diqueste marche non testimonia affatto un pretesodeclino délia marca corne principio di funziona-mento dei mercati contemporanei. Al contrario loconferma. In una visione délia marca corne vettoredi senso e corne contratto, non è il procedirnentoindustriale o la fîliera commerciale che definisconoche cos'è una marca, ma la sua percezione finale ecompléta, integrata in particolare dal giudizio delconsumatore. Attribuendo al consumatore e allasignificazione il loro giusto posto nel sistema, lateorizzazione délia marca, che camminava sullatesta, è stata rimessa in piedi.

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LA MARCA COME MONDO POSSIBILE

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7. GLI STRUMENTI DELLA MARCA

L'arsenale délia comunicazione

Vent'anni or sono la quasi totalità délia comuni-cazione commerciale veniva identificata con lacomunicazione pubblicitaria. Lo sviluppo déliepolitiche di marca ha condotto ad una moltiplica-zione e ad una sofisticazione crescenti délie tecni-che di comunicazione commerciale. Oggi unamarca è in grado di veicolare i propri messaggi inmaniera diversificata, attraverso numerosi supporti.Poiché nel corso del tempo sono aumentati i costidi produzione e di diffusione, spesso la pubblicitàclassica non rappresenta più che una parte minori-taria degli investimenti di comunicazione di unamarca. In questa sede non saranno enumerate lemolteplici tecniche di comunicazione che permetto-no ad una marca di fare intendere la propria voce edi rinforzare il proprio discorso. Testi specializzatiaffrontano questo soggetto in maniera approfondita.Due strumenti meritano perô un commente: lacomunicazione pubblicitaria che, malgrado tutto,gioca ancora un ruolo rilevante nella costruzione diun'identità di marca e il packaging, che puô occu-

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La marca corne mondo possibile

pare un posto centrale nella diffusione dei valoridélia marca.

La storia délia marca francese Nana1 permetteràd'illustrare la sinergia di questi due strumenti nellacostruzione dell'identità di una marca. All'iniziodegli anni ottanta fu lanciata una nuova marca diassorbenti femminili, il suo nome era Nana. La suacomunicazione pubblicitaria era radicalmente diffé-rente da tutte quelle praticate tradizionalmente dallemarche del settore. Al posto dell'universo domesti-co e soprattutto del bagno furono presentate déliesituazioni pubbliche: balli, sfilate di moda, shop-ping. L'atmosfera intima e quasi segreta venneabbandonata in favore di situazioni sociali, tra colle-ghe o amiche. La femminilità atemporale e regressi-va lasciô il posto ad una femminilità più dinamica,orientata al lavoro e basata su rapporti paritari.Infine, l'uomo fu introdotto in un uni verso finoallora piuttosto segregazionista, tradizionalmenteconsiderato corne un dominio riservato allé donne.

Taie strategia permise di installare rapidamenteuno spécifiée sistema di valori ai livello profondodel discorso délia marca. Esso valorizzava unanuova visione délia donna, professionalmenteimpegnata e sottratta al focolare domestico, propo-neva una nuova visione délie mestruazioni, sdram-matizzate e presentate corne un semplice fatto fisio-

1. Nuveniain Italia.

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<JU sirumenii ueuu inuicu

logico e tratteggiava inoltre un cambiamento neirapporti tra sfera privata e sfera pubblica nella vitadélie donne. Il nome délia marca - Nana2 - contri-buiva a identificare questo nuovo tipo di donna, inlinea con i valori del suo tempo. Taie sistema divalori ebbe un forte riscontro in una parte non tra-scurabile di utilizzatrici di assorbenti igienici. Essointerpretava i valori di una nuova generazione didonne, autonome, professionalmente attive, menodisposte a tollerare una frattura netta tra sfera inti-ma e pubblica, tra il loro privato e il loro sociale.

Nella costruzione dell'identità di Nana, anche ilpackaging ebbe un ruolo importante. Nana fu laprima marca in Francia a proporre assorbenti igie-nici confezionati in buste individuali, ossia unassorbente per confezione. Queste ultime presenta-vano un'estetica elaborata, caratterizzata da tintevive ed elementi decorativi. Il packaging ha favori-to in due modi i valori délia marca. Da un lato, l'e-stetica délie bustine rammentava la modernità deivalori di Nana, in opposizione a tutti gli altri packa-ging che utilizzavano il bianco, riferimento obbliga-to all'immaginario dell'igiene, del bagno e délia far-macia, e codici decorativi molto discreti, per insiste-re sul carattere privato, intimo, quasi occultato diquesti prodotti. Con i suoi colori e i suoi disegnini,

2. Nana: espressione del francese colloquiale, indica unaragazza dinamica, attiva e al passo con i tempi.

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La marca corne mondo possibile

Nana rese le confezioni degli oggetti quasi damostrare, sdrammatizzando l'uni verso délie me-stmazioni, liberando queste ultime dalla segrega-zione del bagno e inserendole nel contesto realedélia vita femminile. D'altra parte, il fatto di confe-zionare gli assorbenti in bustine singole, offriva ilvantaggio di renderle trasportabili: nella borsa,nella tasca del cappotto o dei jeans. La scelta delpackaging individuale era di per se un elemento dicomunicazione. Si indirizzava a donne che si spo-stano di fréquente, e che hanno quindi bisogno diavère sempre con se gli assorbenti in confezioniconcepite a taie scopo.

In questo esempio, la logica délia confezione sin-gola esprime i valori délia marca - praticità, vitaattiva, socializzazione, sdrammatizzazione - inmodo altrettanto esplicito che la sua pubblicità.Taie sinergia tra pubblicità e packaging mostra chel'identità di una marca è raramente il frutto di unasola tecnica pubblicitaria. L'utilizzazione di molte-plici strumenti permette di rinforzare il discorso,sfumandolo e arricchendolo, grazie agit apportispecifici che ogni tecnica è in grado di fornire. Taiefatto consente di precisare il senso dell'espressione"discorso di marca" e di svincolarlo da un'accezio-ne rigidamente linguistica, troppo riduttrice. Undiscorso puô essere costruito non solo con parole,ma anche con immagini, colori, suoni. Questi sonogli strumenti più potenti e più evidenti délia signifi-

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Gli strumenti délia marca

cazione. Un manifeste, un film, un packaging per-mettono di raccontare storie ricche, curate, detta-gliate. Ma anche una scelta formale puô qualificarel'azione délia marca. Nel caso di Nana, la sceltadélia confezione singola produce senso, è portatricedi un messaggio in se, che an'icchisce il discorsoglobale délia marca.

Il prodotto, strumento d'identité

Anche un prodotto puô essere portatore di senso econtribuire dunque al discorso délia marca. Nelgergo professionale la comunicazione-prodotto èdistinta dalla comunicazione di marca sulla base diun criterio di contenuto: la comunicazione-prodottoparlerebbe délie caratteristiche e délie qualità delprodotto, mentre la comunicazione di marca parle-rebbe d'altro. Taie visione, ancora una volta, riducela comunicazione ai suoi aspetti linguistici o visuali(film, manifesti, slogan ecc.) e perpétua la separa-zione tra oggetti e comunicazione, considerando lamarca più corne un'etichetta incollata a degli ogget-ti, che corne un vettore di senso. Per noi, l'espres-sione "discorso-prodotto" désigna il significato cheil prodotto puô veicolare da solo, attraverso le sueforme, il suo aspetto o le sue funzioni. Questo tipodi discorso contribuisce, talvolta in maniera rile-vante, alla costruzione dell'identità di una marca.Esso puô rinforzare i valori espressi dalle tradizio-

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La marca corne mondo possibile

nali tecniche di comunicazione, oppure apportarnedi specifici. Installato nel contesto di vita dei con-sumatori, il prodotto costituisce un richiamo conti-nuo ai valori délia marca, diventando talvolta il suoemblema più efficace e più stabile. La difficoltà peralcune aziende a comprendere la forza del sensopotenzialmente emanato dai prodotti, le porta spes-so a non integrarli coerentemente e strutturalmentenella loro strategia di marca. La marca Macintoshrappresenta un esempio di taie atteggiamento.Mentre i suoi valori insistono sulla differenza, lacreatività, la rilassatezza e la convivialità, tuttivalori distintivi nel mondo dell'informatica, i suoiprodotti sembrano stranamente assomigliare sem-pre più a quelli délia concorrenza. I primi portatiliMacintosh erano privi di stile ed esteticamentepoco riusciti, e si è dovuto attendere dieci anni perritrovare nel discorso-oggetto del portatile, gli stes-si valori di originalità e creatività che Macintoshprétende di incarnare. Inizialmente la marca eracosciente délia capacità dei suoi prodotti di veicola-re un discorso coerente con i valori di marca. IlMacintosh Classic, antenato fondatore déliagamma, si fece carico di visualizzare nel suo stessocorpo il concetto rivoluzionario di cui era portatore.Il suo design era différente da quello di chiunquealtro e la scelta di un colore chiaro era stata fattaper distinguerlo dalla produzione délie altre mar-che, rigorosamente scura. Nella sua politica recen-

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te, invece la marca non ha saputo mantenere questasinergia tra discorso di fondo e discorso-prodotto.

Talvolta accade il contrario. Una marca attribuisceai propri prodotti un certo tipo di discorso, senzatenere conto délia coerenza che deve sempre esiste-re tra il discorso-prodotto e i valori délia marca.Un'utilizzazione impropria délia potente risorsa deldesign si trova spesso ail'origine di questa contrad-dizione. Mal istruito sut valori délia marca, il desi-gner créa a volte dei prodotti che, sebbene estetica-mente riusciti, hanno ben poco in comune con lasensibilità di quest'ultima.

Questi prodotti finiscono con l'essere rifmtati siadai responsabili dell'azienda, che li recepisconocorne "figli illegittimi", sia dai consumatori, chenon ritrovano in tali prodotti i valori che li avevanocondotti verso la marca.

Le apparecchiature Hi-Fi e le televisioni déliamarca Bang & Olufsen rappresentano, in compen-se, un esempio di integrazione profonda tra discor-so-prodotto e discorso di marca. Ogni oggetto s'in-scrive in una continuità évidente con tutti gli altridélia gamma e con il proprio discorso porta un con-tributo ai valori délia marca. La forma dell'oggetto,la posizione dei comandi, i tipo di funzioni integra-te, la scelta dei materiali e dei colori funzionano, aldi là délie loro prestazioni tecniche o estetiche,corne altrettanti elernenti di posizionarnento.

Un apparecchio Bang & Olufsen incarna una

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L.U inurcu corne monao possimie

visione délia musica e délia relazione tra la musicae l'individuo fondata sul comfort di ascolto, ilbenessere dell'individuo, l'integrazione dell'ogget-to nell'universo domestico, una relazione sinesteti-ca tra udito, vista e tatto, la cura del dettaglio, laricerca délia perfezione. Per lungo tempo la marcaha costruito il proprio discorso a partire dai soliprodotti. Questi hanno saputo incarnare e veicolaredei valori e non solo délie funzioni, délie prestazio-ni, o un'estetica. Certo, si puô apprezzare un appa-recchio Bang & Olufsen semplicemente perché èbello, ma non è unicamente in base a taie valoreche la marca ha costruito la propria identità.

Soltanto una visione délia marca corne vettore disenso e una concezione integrata délia relazione traprodotto e marca permettono di comprendere lacapacità del prodotto di generare senso e di contri-buire all'identità di marca. Questo fatto colloca inuna prospettiva più realista il contributo del designalla panoplia degli strumenti di marca. Utilizzatocorne bacchetta magica, o corne ultime rimedio per"ringiovanire" un'identità che invecchia, il designrischia più di produrre danni che di rinforzare lamarca.

Quando, al contrario, esso è utilizzato in modoche il discorso-prodotto rinforzi e renda espliciti ivalori délia marca, il design puô diventare unpotente fattore d'identità.

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L'identité visiva délia marca

In quanto vettore di senso, la marca è un principioastratto. Essa prende forma solo incarnandosi insupporti reali e sensibili. Tutti i sensi possono incar-nare Fidentità di marca: il tatto, l'udito, l'odorato,il gusto e la vista. La grana dei pellami LouisVuitton è parte intégrante délia sua identità, lasonorità del motore di una motocicletta BMW lo èaltrettanto, cosï corne la fragranza di Chanel N.5, oil gusto di una Golia. Tra i cinque sensi tuttavia, èla vista quella che riveste spesso il ruolo più rile-vante nella costruzione dell'identità di una marca eche ha la maggiore flessibilità di utilizzo. Fatta par-ziale eccezione per l'udito, tutti gli altri sensi orichiedono una vicinanza fisica al prodotto, oppuresono troppo effimeri o troppo soggettivi.

Un'ulteriore caratteristica délia marca è la suaframmentazione. A causa délia moltiplicazione deisupport! suscettibili di veicolarlo, il discorso déliamarca è affidato ad una fitta trama di micro-discor-si, ad un'incessante ripetizione di occorrenze. Lamarca si fa notare, certo, quotidianamente, attraver-so i suoi prodotti, i suoi packaging e la sua pubbli-cità, ma anche attraverso le sue insegne, i suoi mai-ling, le sue promozioni, i suoi cataloghi. Per megliogestire taie affollamento di messaggi, numerosemarche decidono di stabilizzare i principi délia loroidentità visuale. Questi sono chiamati a rispondere

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ai tre bisogni di visibilità, permanenza e coerenza,generati dallo sviluppo stesso délia logica di marca.

La visibilità. - Essa deve consentire alla marca direndere concretamente percepibiïi i propri discorsie i propri valori, che per definizione sono intangibi-li e astratti. La dimensione visuale délia comunica-zione è quella che meglio si presta a taie operazio-ne, tanto per le sue caratteristiche oggettive, che perle sue proprietà cognitive. Un manifesto, un'inse-gna, una forma colorata sono visibili da lontano, illoro lato visuale li rende facilmente percepibiïi,anche nel mezzo dell'accumulazione dei segni dpi-ca dei contesti urbani contemporanei. Tutte le gran-di reti di servizi hanno ben compreso la portatastrategica délia visibilità. Le banche, i concessiona-ri di automobili, le catene di negozi in franchisingcercano di rendersi visibili sia per favorire la lorolocalizzazione che per conferire una visibilità con-creta alla forza e alla diffusione délia loro marca sulterritorio, che altrimenti resterebbero dei puri con-cetti di comunicazione. Una cosa è leggere in unannuncio che la Caripio è présente in tutti i quartie-ri di una città, altra cosa è incontrare ogni cinqueminuti, camminando per la città, le insegne marro-ne e arancione di taie marca.

Da un punto di vista cognitivo, la dimensionevisuale présenta la proprietà di essere vista anchequando non è guardata. Una certa configurazione

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<Jii siruinenn aeua murcu

di forme, di grafismi e di colori puô venire percepi-ta senza essere osservata attentamente, semplice-mente perché essa entra, in un semplice colpo d'oc-chio, nel campo di visione periferico. Una volta cheuna certa configurazione visuale è stata registrata ememorizzata percettivamente, uno stimolo visuale,anche sfocato o parziale, puô bastare per ricordar-sene e ricostruirla nella sua totalità. La dimensionevisuale permette anche di conferire un carattereconcreto ai prodotti e allé pratiche di una marca, inpardcolare quando essa vende dei servizi immate-riali, corne è il caso délie banche, délie assicurazio-ni o dei sisterni di trasporto. L'identità visiva per-mette di definire il tipo di servizio offerte, la com-petenza délia marca o la relazione che quest'ultimacerca di stabilire col proprio cliente. L'identità visi-va dei Crédit du Nord3, per esempio, si prefigge digarantire la chiarezza e la trasparenza corne valoridi base délia sua strategia di marca, e cerca di stabi-lire un contralto di fiducia con la sua clientela(Floch, 1991). L'identità visiva délia RATP4 s'im-pegna a collocare il comfort degli utilizzatori alcentro délie sue preoccupazioni, affinché essi pos-sano viaggiare "a cuor leggero".

La permanenw. - L'evoluzione dei discorso délia

3. Una délie principali banche francesi.4. Organismo pubblico che gestisce i trasporti in tutta laregione parigina.

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LO. niarca corne nionao passivité

marca pone il problema délia propria permanenza.Da un punto di vista strategico, è attraverso l'identi-ficazione dei valori depositati nel livello profondoche la marca puô disporre di un sistema di riferi-mento per valutare la continuità del suo discorso.L'identità visiva mira a tradurre visivamente talivalori e a creare un sistema di riferimento sensibile,un campione visivo, che permetta di valutare, acolpo d'occhio, se taie o talaltro nuovo atto di di-scorso délia marca è coerente con la sua identitàvisiva. L'identità visiva di una marca non è un sem-plice strumento del suo arsenale di comunicazione.Il termine "identità" indica chiaramente che essatocca da vicino gli elementi fondatori délia marca,di cui essa è l'espressione visiva, stabilizzata e con-densata.

La coerenza. - Per una marca il bisogno di coeren-za è, rispetto alla sincronia, l'équivalente del suobisogno di permanenza rispetto alla diacronia. Lapermanenza garantisce che i valori di fondo restinostabili attraverso l'evoluzione temporale déliamarca. La coerenza vigila affinché la molteplicitàd'atti e di operazioni che si producono simultanea-mente non si traduca in una dispersione o in discor-si contraddittori. Se nella problematica délia per-manenza l'identità visiva è il filo rosso che assicurala continuità nel cambiamento, nella problematicadélia coerenza l'identità visiva è la filigrana che

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LTK Aiiumenu uenu niu/cu

assicura l'omogeneità dei discorsi délia marca, laloro gerarchia e sinergia globale. L'identità visivanon fissa uno standard da rispettare e da imitare,essa mette piuttosto a disposizione un sistema direferenza che permette di posizionarsi. Essa per-mette che la necessaria polifonia del discorso déliamarca non si trasformi in cacofonia.

Data la loro importanza per la gestione dell'iden-tità di una marca, la concezione e la realizzazionedi un'identità visiva possono diventare un processolungo e complesso. La scelta di una strategia d'i-dentità visiva dovrebbe essere effettuata, in linea diprincipio, solamente dopo che i valori di fondo, l'i-dentità e la strategia délia marca sono stati identifi-cati e che un consenso da parte dell'insieme degliattori implicati da taie scelta è stato raggiunto.

Questo ordine di pianificazione perô è spesso tra-scurato, più o meno consciamente. Quando il mini-stro francese délie poste e telecomunicazioni optôper una politica di marca, creô La Poste, e mise inopéra rapidamente tutta la panoplia degli stmmentidi comunicazione che convenivano ad una marca ditaie importanza, compresa l'identità visiva gialla eblu. Ma questa strategia di marca fu condotta trop-po rapidamente, nel tentativo di imporre ad uncolosso burocratico, ed in alcuni mesi soltanto, unradicale cambiamento di valori. La rapidità dell'i-stallazione di elementi corne la pubblicità e l'iden-

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L,U IIIUH.U I^UIIIC lllUtIUU F'tAi.ïtt/ttt;

tità visiva diedero la sensazione che il rinnovamen-to de La Poste fosse esclusivamente condotto sulfronte délia comunicazione, fatto che provocô unforte malumore da parte del personale. Questo dise-quilibrio dovette essere corretto attenuando le ope-razioni di comunicazione esterna mirate al grandepubblico e volgendo l'attenzione alla cultura inter-na dell'amministrazione e al suo complesso sistemadi funzionamento.

Concretamente, l'identità visiva di una marca puôesprimersi in molteplici modi. Essa puô limitarsiall'estetica di un'insegna o investire la totalità déliemanifestazioni di una marca.

La marca Hippopotamus5 è un esempio di questotrattamento "esaustivo". Nei suoi ristoranti l'arre-do, il menu e persino le divise del personale sonosottomesse ad un trattamento di standardizzazioneseconde i colon délia marca, il rosso e il nero (lacarne e la griglia, si suppone). Taie applicazionedell'identità visiva puô sollevare dei problemi diflessibilità e di tenuta nel tempo. Un esempio anco-ra più radicale di questo tipo di strategia è rappre-sentato dalle stazioni di servizio délia marca BP,uniformemente ricoperte da uno strato omogeneo divernice verde, con qualche tocco di giallo.

Un elemento sistematicamente présente nella

5. Catena francese di ristoranti specializzati nelle grigliatedi came.

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iJU SIIWIIK.IUI uvuu niuicu

panoplia dell'identità visiva délie marche è il logo-tipo, chiamato comunemente logo. Il logo è unsistema grafico, alfabetico e/o figurativo, general-mente di dimensioni sufficientemente ridotte datrovare posto su carte da visita o su carta intestata,ma suscettibile di essere ingrandito tanto quanto ilsupporto lo permette. Alcuni di questi logo presen-tano una semplice sigla (IBM), o il nome déliamarca stilizzata e tracciata seconde dei criteri preci-si e codificati (ELF). Altri logo offrono solo un'im-magine, corne la mêla multicolore di Apple, o ilvolto sognante délia RATP. Altri ancora, ed è attual-mente il caso più fréquente, propongono insiemicomplessi, dove si mescolano immagini più o menostilizzate (lo scoiattolo délia Caisse d'Epargne6, lacorona di Rolex, il leone di Peugeot), masse di colo-ri (rosso e nero per la Société Générale7, giallo eargento per Renault), forme geometriche (le cuspididi Citroën, la losanga di Libération8), parole (Bio,Sony), associazioni di cifre e lettere (3M, LC19),firme codificate (Walt Disney), macchie di colore(La Caixa10), a volte una semplice traccia (la Mgiaiïa su fondo rosso di Me Donald, il tratto biancosu fondo rosso di Nike).6. L'équivalente francese délie Casse di risparmio.7. Una délie prime cinque banche francesi.8. Importante quotidiano francese.9. Marca di yogurt, lanciata nel 1995 da Nestlé.10. Banca catalana, dal logo particolarmente colorato

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La rapida diffusione del logo corne emblema del-l'identità visiva délia marca è dovuto in parte allaspecificità del suo funzionamento. Il logo assicurauna visibilità sistematica délia marca. Grazie allasua flessibilità (dal minuscolo al gigantesco) esso èprésente in tutte le manifestazioni délia marca.Dalla carta da visita agii imballaggi, dalle busteagit oggetti promozionali, fino al rapporte finanzia-rio di fine esercizio nessuna manifestazione déliamarca sfugge alla sua presenza. Il logo offre inoltreuna capacità del tutto specifica di concentrare lasignificazione. Un logo è un condensato di senso,non soltanto a causa délie sue piccole dimensioni,ma anche perché in pochi tratti riassume la filosofiadélia marca, i suoi valori, il suo impegno nei con-fronti délia clientela. Per la stessa ragione il logodona accesso alla totalità délia significazione diuna marca. Esso funziona seconde il principio reto-rico délia metonimia. Corne la voce di una personaconosciuta è sufficiente talvolta a restituircela(mentalmente) nella sua totalità, in modo analogo illogo restituisce la globalità del discorso déliamarca.

Il logo favorisée un accesso molto rapide al senso,talmente immédiate che finisce col diventare inevi-tabile. Una volta memorizzata la gesîalt del logo, èsufficiente percepirla durante una frazione diseconde perché essa emani la sua significazione:identificazione délia marca e richiamo metonimico

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Gli strumenti délia marca

délia totalità dei suoi discorsi e délia sua identitàavvengono praticamente in modo simultanée. Ilriconoscimento di un logo impegna délie facoltàd'ordine percettivo che aggirano in parte la rifles-sione intellettuale. Il logo non viene mai letto ointerpretato corne si puô leggere o comprendere,per esempio, un testo o uno slogan. Esso è piuttostoriconosciuto o "compreso" corne si comprende unoschéma o un'imrnagine astratta. Il logo comunica inmodo apparentemente diretto, senza dover raziona-lizzare o giustificare il suo discorso. Il logo dicesulla marca molto più di quanto esso non mostrieffettivamente. Esso rappresenta una via d'accessoprivilegiata all'identità délia marca, è la piccolaporta visiva che si spalanca sull'uni verso di sensodi quest'ultima. Il logo è un flash semiotico, untasto visivo. "Premendo" visivamente su di esso,attiviamo istantaneamente tutto l'immaginario e ivalori délia marca.

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8. LA MARCA, CREATRICE DI MONDI

1 mondi possibili di una marca

Nella conclusione del capitolo précédente abbia-mo proposto un'immagine del logo corne portad'accesso all'universo délia marca, al suo immagi-nario. Questa referenza ad un mondo immaginariocostituisce più di una semplice metafora. Moltepliciproprietà délia marca, corne la sua struttura narrati-va o la sua vocazione a produire del senso e a vei-colare dei valori, suggeriscono che la marca dispo-ne "realmente" di una capacità a creare dei mondipossibili.

1 valori e l'identità di una marca sono dei principiastratti e fortemente sintetici. Essi hanno un'esisten-za esclusivamente concettuale. La discussione deitre livelli délia significazione ha mostrato che ivalori si annidano al livello più profondo. Essi costi-tuiscono il precipitato, ottenuto per progressivariduzione, délia moltitudine di elementi di superficiee délie strutture narrative. A causa del loro carattereastratto e condensato, i valori non sono mai imme-diatamente disponibili. È solamente un processod'interpretazione e d'analisi che permette di esplici-

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La marca créatrice di mondi

tarli e di concettualizzarli. Una marca non enunciamai i propri valori direttamente, essa li insensée innan-azioni più o meno strutturate, all'interno déliequali i valori possono attivarsi e sviluppare tutti iloro sensi.

Una marca non enuncia i propri valori, essa narradélie storie. E in questa capacità di raccontare déliestorie, e nel suo talento di narratrice, che risiedeuna délie più importanti proprietà délia marca con-temporanea. Raccontando délie storie, essa dispie-ga una doppia forza di creazione. Da un lato, lamarca è creativa, poiché sa immaginare délie sto-rie, rinnovarle, variarle senza sosta pur tentando, alivello più profonde, di mantenere sempre lo stessodiscorso. Dall'altro, la marca è créatrice perché,inventando délie storie, essa créa délie situazioni,délie avventure, délie épopée, dà vita a personaggiche acquistano, corne Myriam, una vera "esisten-za". La realtà di queste situazioni e personaggi èd'ordine simbolico e immaginario, e puô rivestire,per i destinatari, una pregnanza considerevole.

La forza creativa-creatrice délia marca non è dif-férente da quella che abitualmente si riconosce allaletteratura o al cinéma. Si parla correntemente, aproposito di un romanzo o di un film, del "mondo"che questi evoca. Germinale di Zola, ad esempio,evoca il mondo délia miniera, délia povertà e déliadignità, un universo fatto di valori virili, di solida-rietà, di lotta. In un altro registro, la saga dei film di

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La marca corne mondo possibile

James Bond evoca un mondo fatto d'avventure, didonne fatali, di malvagi sempre puniti, un mondodove il bene e l'amore trionfano sempre, anche sesempre all'ultimo minuto. Questi mondi non sonoreali, non corrispondono al mondo nel quale vivia-mo, al nostro mondo quotidiano. Eppure talvoltagenerano una realtà ancor più "reale" di quella delquotidiano. Poiché non sono sottomessi agii stessivincoli di razionalità e di realismo, tali mondi ciconsentono di attivare la nostra fantasia e la nostrasoggettività, di entrarci, abitarii, di appropriarcene.

La marca contemporanea dispone anch'essa diquesta capacità d'istituzione di mondi possibili. Ladefinizione "mondi possibili" consente di sottoli-neare che, sebbene irreali e finzionali, tali mondirestano tuttavia possibili, si offrono a noi cornedélie alternative che possono essere prese in consi-derazione nel nostro mondo, allô stesso tempo suf-ficientemente vicine e lontane per suscitare i nostrimeccanismi di proiezione o d'identificazione.

Questi mondi sono pieni di personaggi, avventu-re, colori, sceneggiature, tutti quegli elementi checonferiscono ad un mondo un carattere saliente, chegli permettono non solo di produrre del senso, maanche di destare l'intéresse del pubblico, di accen-dere la sua immaginazione ed alimentarne l'imma-ginario. Questi elementi, organizzati in narrazioni,permettono ai valori délia marca di svilupparsi edesprimersi nella forma più naturale e superficiale,

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La marca créatrice ai monai

quella d'una storia. Raccontando délie storie, lamarca costruisce dei mondi possibili e attribuisceun territorio, délia sostanza e un contenuto ai suoivalori.

Per lungo tempo, ad esempio, la marca francesePanzani ha creato e sviluppato un mondo possibileil cui eroe era il personaggio di Don Patillo, curatosanguigno e dal robusto appetito, ripreso dal perso-naggio letterario di Don Camillo di Guareschi. Sitrattava di un mondo contadino, retto da regole sem-plici e ritmi tradizionali, dove è ancora possibile tro-vare il tempo per accomodarsi a mezzogiornodavanti ad un buon piatto di pasta. Un mondo pro-vinciale, situato in una Provenza immaginaria, unsud mediterraneo e assolato. Un mondo dove lagolosità ha diritto di cittadinanza, cosï corne il gustoper i piatti abbondanti e ben conditi. Un mondo dipeccati veniali, di piccole astuzie innocenti.

Evidentemente questo mondo non esiste, mapotrebbe esistere, è un mondo possibile e Panzanigli ha dato vita. Esso non esplicita i valori déliamarca, non dice che Panzani fonda la propria iden-tità sulla golosità, i sapori autentici, il piacere déliabuona tavola. Tutti questi valori sono ben presentatinella saga di Don Patillo, ma essi sono impliciti. Necostituiscono la trama profonda. Attraverso leavventure di un curato cicciottello e amante déliabuona tavola che cerca vanamente di resistere allatentazione incarnata da un buon piatto di pasta, la

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La marca corne mondo possibile

marca mette in scena i propri valori, senza bisognodi enunciarli esplicitamente.

Questo esempio rimanda al potere istituente dallacreatività letteraria. La saga Panzani è ispirata alpersonaggio di Don Camillo e trae anche numéros!riferimenti dalle opère di Marcel Pagnol. Ma percreare un mondo possibile una marca non deveattingere necessariamente dal repertorio délia crea-tività artistica. L'immagine Panzani analizzata daRoland Barthes era una semplice fotografia senzaazione e senza personaggi esplicitamente rappre-sentati. Eppure era più che sufficiente per costruireun mondo possibile, dove del resto i valori nonerano poi cosï differenti da quelli del mondo diDon Patillo. L'immagine del 1964, mostrandociuna reticella délia spesa disposta su di una tavolada cucina, implicitamente ci racconta il prima e ildopo délia storia. Nel prologo ci lascia immaginareuna casalinga che si reca al mercato, seleziona iprodotti migliori, chiacchiera con altre casalinghe,il tutto in un'atmosfera rilassata, dove tutti se laprendono con comodo. Nell'epilogo, immaginiamofacilmente la casalinga concentrata nella prepara-zione degli alimenti, seguire la cottura, presentarecon soddisfazione il piatto finale, ricco e saporito.Una sola immagine è sufficiente per creare unmondo possibile e suggerire quei valori di autenti-cità e di gusto che si ritroveranno vent'anni piùtardi nella saga di Don Patillo.

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Le proprietà dei mondi possibili

Per esistere, un mondo possibile di marca nondeve necessariamente creare degli univers! finzio-nali particolarmente lontani dalla realtà. Il mondodi Don Patillo è manifestamente finzionale. Lacostruzione del personaggio, i suoi dialoghi con ladivinità, che talvolta lo chiama al telefono, ci infor-mano sul carattere esplicitamente finzionale di que-ste narrazioni. In compenso il mondo possibile diHerta, che articola dei valori di fondo assai prossi-mi a quelli di Panzani, è costmito con délie referen-ze più réaliste: una tavola da picnic, dei covoni difieno, un uovo alla coque pronto da consumare, cona fianco il pane tostato e délie fette di prosciuttofotografate in luce radente, per metterne meglio inrilievo la superficie irregolare. Sebbene più realista,e sebbene le sue salsicce assomiglino a quelle vere,il mondo di Herta è nondimeno un mondo possibi-le. Un mondo fatto di gusti essenziali, di saporiautentici, di pietanze semplici. Un mondo di indivi-dui indifferenti allé apparenze, che vanno diritto alcuore délie cose, alla radiée del gusto. Qui l'auten-ticità, che nel mondo possibile di Panzani eraespressa da un personaggio, uno stile di vita ed unacultura régionale, diventa più una questione d'es-senza e d'atmosfera, ottenute attraverso un tratta-mento specifico délie riprese, délie inquadrature,délia luce.

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II fatto che la marca, per edificare il suo mondopossibile si avvalga di tecniche esplicitamente fin-zionali, o di referenze più "realistiche", corne la"tranche de vie", importa poco da un punto di vistagénérale. In compenso, ciô che conta è che in taieoperazione di costruzione il ruolo délia marcaappaia con chiarezza. È la presenza délia marca chepermette di distinguere la fotografia di una salsicciadel mondo reale da una salsiccia del mondo possi-bile. È Herta che ha deciso di fotografare un uovopiuttosto che un altro alimento, con una certa illu-minazione, una certa composizione dell'inquadra-tura, una disposizione specifica dei manifesti, inluoghi espressamente concepiti per mettere in scenai discorsi délie marche. Questi elementi eludonoogni ambiguità circa il fatto che siamo proprio difronte al mondo possibile di una marca e non almondo reale.

Una seconda caratteristica del mondo possibilegenerato da una marca è il suo obbligo di coerenzainterna. "Non tutto è possibile in un mondo possibi-le" (U. Eco). Se in générale la marca puô fare delsuo mondo ciô che le pare, essa deve perô rispettaredegli obblighi di coerenza, se vuole che il suomondo continui ad avère un senso. L'obbligo di faresenso è l'elemento che introduce la questione deidestinatari nella problematica délia marca. Nellacostruzione, nello sviluppo e nell'arricchimento delproprio mondo possibile una marca deve necessa-

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La inarca crewnce u( inunui

riamente tenere conto délia ricezione dei suoidiscorsi, poiché è a partire da taie ricezione che ilcontenuto del mondo possibile assume tutto il suosignificato. Se, ad esempio, la marca Nana ha potu-to edificare un mondo possibile cosï potente, è per-ché i valori che vi ha introdotto sono entrati in riso-nanza coi valori e le attese di una larga fascia delpubblico femminile.

La marca non costruisce il suo mondo possibileda sola. Sono i consumatori che, sottoscrivendo allacostruzione immaginaria eretta dalla marca, attri-buiscono al mondo una "vera" esistenza nell'imma-ginario del consumo. L'obbligo di coerenza dérivada questa cooperazione tra marca e ricettori. Unavolta che la marca ha creato i contenuti e le regoledi funzionamento del suo mondo possibile, questine delimitano il campo di possibilità d'azione. Ogniazione percepita corne incoerente in rapporto a taiebase di referenza richiede una nuova negoziazionecon i destinatari. Un cambiamento importante intro-dotto senza negoziazione preliminare puô provoca-re o la rottura del "contralto sull'immaginario" chelega la marca al suo pubblico attraverso la prospet-tiva del mondo possibile, o l'istituzione di unnuovo mondo possibile. L'obbligo di coerenza fissai limiti di ciô che puô essere cambiato in un mondopossibile senza cambiare di mondo possibile.

La récente evoluzione délia marca Revion è unesempio di non rispetto di taie vincolo di coerenza,

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che ha provocato una rottura del "contratto suiï'im-maginario". Nel corso del tempo, questa marcaaveva istituito un mondo possibile relativamentetradizionale nel segmento dei cosmetici. Un univer-so fatto di seduzione discreta, per donne adulte diestrazione sociale medio alta. Un mondo di classe,di eleganza, globalmente piuttosto perbene e rassi-curante. Poiché taie mondo corrispondeva sempremeno ai valori ed all'immaginario délie nuove gene-razioni di donne, Revion decise di modificarlo radi-calmente, per infondergli vitalità, dinamismo, giovi-nezza, provocazione, sensualità. La rapidità e laradicalità del cambiamento hanno provocato nonun'evoluzione, ma piuttosto la distruzione del vec-chio mondo possibile e la costruzione di uno nuovo.Questo cambiamento di mondo possibile corrispon-de probabilmente ad un legittimo obiettivo strategi-co, ma il metodo seguito per realizzario ha lasciatodisorientata più di una consumatrice. Le consuma-trici che avevano contribuito alla costruzione delvecchio mondo non si sono più ritrovate in quellenuovo. In compense quest'ultimo appariva pococredibile allé eventuali nuove consumatrici, reticentia prendere in carico cosï rapidamente un mondocreato dal nulla dall'oggi al domani.

Taie esempio permette d'introdurre una terzacaratteristica dei mondi possibili, ossia la loro capa-cità di differen7.iaz.ione. Proprio corne il rnondoreale, il mondo possibile costruito da una marca si

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L,a marca creuince ai niuiiui

presta a molteplici tipi di suddivisioni, che rendonopossibili altrettante manipolazioni dell'identità edei discorsi délia marca. Questa proprietà gioca unruolo particolarmente importante nelle procédure didiversificazione o di creazione di architetture com-plesse di marca.

La marca Renault, ad esempio, ha avviato a metàdegli anni ottanta un rinnovamento complète déliasua strategia e délia sua identità, riflesso di un rilan-cio globale (finanziario, industriale, organizzativo,produttivo) dell'azienda. Un riposizionamento trop-po ambizioso délia marca rischiava di mancare dicredibilità presse un pubblico che, a torto o a ragio-ne, aveva di Renault una percezione "média". Unmondo possibile troppo prestigioso e perfettosarebbe apparso a moiti corne "impossibile", qualo-ra fosse stato proposto con troppa rapidità e senzauna reale azione di grande respiro per giustificarlo.Esso sarebbe stato percepito corne un sempliceposizionamento di comunicazione e non corne unrnondo possibile legittirno. Consapevole di tali vin-coli, Renault decise di trattare ciascuno dei suoinuovi modelli corne una rnarca a se stante, con unnome (Clio, Safrane, Twingo, Laguna, Mégane),un'identità, dei valori, un irnrnaginario, un target,un posizionarnento specifici.

Distaccandosi parzialmente dalla marca Renault,ogni modello poteva, grazie alla sua novità, costrui-re un discorso e un rnondo possibile in modo relati-

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vamente libero, tanto più che l'originalità e la realeinnovazione dei prodotti lo giustificavano. La sepa-razione dalla marca Renault era perô solo parziale.Tutte queste marche hanno finito con il comporre unsistema sinergico. Ciascuna ha rinviato una partedélia propria legittimità e délia propria aura allamarca centrale. Questo ha permesso alla marcaRenault di rinforzarsi e di accelerare il suo riposi-zionamento. Mentre di solito è la marca centrale chesi serve délia propria legittimità per lanciare délieestensioni o délie diversificazioni, in questo casosono i modelli-marca che hanno rinforzato la marcacentrale, dinamizzando l'insieme del sistema.

Per la marca Renault questa strategia non eraesente da rischi. Il principale era quello di generareuna costellazione di marche isolate tra di loro etroppo distaccate dalla marca centrale per riusciread apportarvi un qualsiasi beneficio. In questo scé-nario negativo, il successo dei modelli-marca avreb-be prodotto corne contrai tare l'indebolimento déliamarca centrale. Un approccio délia marca cornemondo possibile permette di descrivere corne unataie minaccia sia stata evitata. In questa strategia alivelli multipli, la rnarca Renault non ha mai néabbandonato, né "tradito" l'identità ed i valori delsuo mondo possibile: valori "umanisti" piuttostoche "meccanici", il ruolo centrale attribuito all'in-dividuo, al suo comfort e benessere, la socializza-zione, l'auto per tutti. La piattaforma dei valori

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LU marca créatrice ai nionui

délia marca è sintetizzata dalla firma che da moitianni sigla tutti i suoi atti di discorso: "Le autornobi-li da vivere". Il mondo possibile di ogni nuovomodello-marca, ciascuno con la sua parte di origi-nalità ed autonomia, trova cosi la propria colloca-zione in continuità con questo sistema di valori.Malgrado le evidenti differenze, tutti i modelli-marca danno la sensazione d'appartenere fonda-mentalmente allô stesso mondo e sottolineano chetaie mondo è proprio quello di Renault.

Il modello "federativo" adottato da Renault nonrappresenta che una délie possibilità di suddivisio-ne del mondo possibile di una marca. Altri modellisono ugualmente diffusi, corne una segmentazionepura e semplice, ottenuta per giustapposizione dimarche "regionali", tutte sullo stesso livello; oppu-re una logica inglobato/inglobante, dove una marcache dispone di un livello maggiore di generalitàgênera una o molteplici sotto-marche, le quali sfrut-tano, ciascuna, un solo frammento délia sua iden-tità. Sono ovviamente possibili altri modelli ancora,a testimonianza délia produttività concettuale eoperativa di una visione délia marca corne rnondopossibile.

Una quarta caratteristica dei mondi possibili con-cerne le modalità di relazione coi pubblici. Ognimondo, attraverso la propria strategia di struttura-zione e la scelta dell'immaginario e dei valori chelo costituiscono, présenta ai destinatari un modello

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La marca corne mondo possibile

d'accesso différente e seleziona di conseguenzaquei tipi di pubblico che hanno le maggiori proba-bilité di accedervi. Alcuni mondi possibili presenta-no l'accesso al loro territorio corne difficile o limi-tato. Altri si presentano aperti a tutti, insistendosulla facilita e rapidità d'accesso al loro territorio eai loro valori. Taie dialettica tra apertura e chiusuraspesso rappresenta per la marca una questione stra-tegica ed è gestita talvolta in maniera inopportuna,specialmente dalle marche che mantengono unavisione dualista délia coppia prodotto-marca.

In una visione strettamente economica, la deside-rabilità di un prodotto, e dunque il suo valore, sonopresunti decrescere proporzionalmente alla diffu-sione del prodotto. Per valorizzare il prodotto ci sisforza allora, servendosi del discorso délia marca,di sviluppare dei valori di élite, di esclusività, dipreziosità, di rarità. Questa strategia conduce all'i-stituzione di un mondo possibile molto chiuso,riservato ad una ristretta cerchia, dal quale la mag-gioranza è esclusa. Quando il prodotto non è real-mente disponibile, se non in piccolissima quantità(Ferrari, Rolls-Royce, Bulgari ecc.) questa logicapuô avère un senso. Un taie immaginario chiusorende conto, alla fin fine, délia semplice realtà déliecose. Ma taie logica diventa pericolosa quando èpraticata da marche di lusso che hanno nei lorocataloghi dei prodotti (articoli in pelle, penne stilo-grafiche, accessori vari) che si vendono in decine di

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La marca creairice ai mviiui

migliaia di esemplari. Avendo mal compreso la rela-zione tra prodotto e marca, alcune di queste marchehanno a lungo vissuto nel terrore che ogni aumentodélie vendite si traduca in una svalorizzazione del-l'identità di marca. Altre marche, non volendo cor-rere taie rischio, si sono progressivamente margina-lizzate, e sono oggi frequentate esclusivamente daun numéro ristretto di "fedelissimi".

Il valore economico di un bene materiale puôeffettivamente diminuire se taie bene diventa dispo-nibile in quantità rilevanti. Questa dinamica non siapplica necessariamente ai valori simbolici e all'im-maginario. Spesso accade proprio il contrario. Unvalore simbolico puô venire condiviso da un grandenuméro di individu! senza perdere il proprio valore,che spesso ne risulta addirittura incrementato. Sonoil tipo di universo possibile e le modalità d'accessoa questo universo stabilité dalla marca a determina-re l'attivazione di un circolo virtuose (aumentodélie vendite-aumento del valore simbolico ed eco-nomico) piuttosto che di un circolo vizioso (aumen-to délie vendite-riduzione del valore economico esimbolico).

Un esempio infelice di allargamento délia base diclientela senza svalorizzazione délia marca è rap-presentato dalla marca Cardin, passata in vent'annidall'alta moda ai supermercati. In effetti, anche ilsuo mondo possibile era diventato un supermercatodi valori immaginari e di prodotti, dove si poteva

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La marca corne mondo possibile

trovare di tutto, dalle piastrelle per il bagno agiiocchiali, dalle cravatte allé tende per cucina. Il pro-blema non è legato alla politica délie licenze in se,ma alla mancanza di controllo e coerenza dell'im-maginario associato ad ogni nuovo prodotto. LouisVuitton fornisce invece un esempio di sviluppoquantitativo senza svalorizzazione del valore sim-bolico délia marca. Nel costruire il proprio mondoa partire dall'immaginario del viaggio, dalla qualitàdel lavoro artigianale, ma anche dall'innovazione,taie marca ha saputo proporre un mondo possibiledinamico, ed ha aperto il suo accesso senza perquesto svalorizzarlo. Ogni nuovo prodotto venduto,nel rispetto e a conferma di questo immaginario,finisce cosi col valorizzare ulteriormente la marca,piuttosto che banalizzarla. Infine, un esempio diposizione rigida a fronte di questa dualità prodotto-marca è rappresentato da Givenchy che, per noncadere nella trappola délia banalizzazione corneCardin, e non sapendo gestire i simboli e l'immagi-nario altrettanto bene che Louis Vuitton, s'è con-dannato ad un progressive torpore. In tempi moltorecenti, Givenchy sembra tuttavia dare segni dirisveglio. Essa ha in particolare chiamato lo stilistainglese John Galliano, affidandogli il compito diringiovanire il settore dell'alta moda.

Esistono altri modi per regolare l'accesso ad unmondo possibile, che non sono focalizzati sullaquantità d'individui che hanno diritto d'accesso a

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LOI marca créatrice ai iiwnui

taie mondo. Queste stratégie preferiscono stabiliredei criteri d'accesso. Tutti gli individu! che dispon-gono di questi criteri possono automaticamenteaccedere al mondo possibile délia marca. Suddetticriteri possono riguardare la cultura, il gusto, lasensibilità estetica, l'intelligenza ecc. Non essendolegati a caratteristiche oggettive dell'individuo,corne il sesso, l'età o il reddito, essi presentano ilvantaggio di potere essere valutati soggettivamentedai destinatari e dunque di non fissare délie condi-zioni d'accesso rigide. Una marca puô ad esempiodecidere di riservare l'accesso al suo mondo possi-bile a tutti gli 'intenditori'. Essa si guarderà beneperô dal definire con troppa precisione la nozionedi intenditore. Ogni individuo puô cosî decidere,sulla base del proprio giudizio, se egli è o meno unintenditore. Numerose marche di whisky hanno uti-lizzato, ad un momento dato délia loro storia, taiestrategia. L'instaurazione di criteri valutati soggetti-vamente permette cosï di limitare - e non svaloriz-zare - l'accesso ad un mondo possibile, senza tutta-via ridurre a priori il numéro degli aventi diritto.Taie strategia consente in particolare di proporre aiconsumatori l'accesso ad un''élite simbolicamenteaperta, in opposizione alla nozione, più rigida, diélite sociale chiusa.

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9. LA LEGITTIMITA DELLA MARCA

Definire la marca corne vettore di senso e cornecréatrice di mondi possibili non significa sottrarla alpotere délia realtà. Una rnarca puô certamente pun-tare tutto sulla capacità del marketing e délie agen-zie di comunicazione a "fabbricargli" un'identità.Taie "strategia" puô anche conoscere un certo suc-cesso per un certo période. Ma, al di fuori di ogniconsiderazione etica, una taie scelta non è mai stataquella délie grandi marche, semplicemente perché èimpossibile costruire la perennità di una marca sutali basi. La Renault ha condotto a buon termine ilproprio rilancio proprio perché ha saputo mobilizza-re e federare la totalità délie risorse dell'azienda:una nuova équipe dirigente, una nuova cultura delprodotto, l'obiettivo délia qualità totale, un rinnova-mento completo délia gamma, una strategia "federa-tiva" dei mondi possibili délia marca. Solo a questecondizioni una marca puô darsi la possibilità didiventare credibile e di conquistare la propria legit-timità. L'evoluzione délie stratégie di marca, la lorodiffusione nel contesto sociale, l'allargamento delloro raggio d'azione hanno posto, negli ultimi anni,la questione dei fondamenti délia loro legittimità.

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La legittimita délia marca

II diritto di parola

Nell'attività di costruzione del proprio mondopossibile, una marca è dunque sovrana a doppiotitolo: nella sua scelta iniziale e nei cambiamentiulteriori che essa puô decidere di apportare a taiescelta. Corne un rornanziere che puô disporre libe-ramente dei propri personaggi, la marca è sovranaall'interno del mondo che essa ha costruito. Essapuô cambiare la scenografia, eliminare alcuni per-sonaggi, introdurne di nuovi, modificare le strutturenarrative. Il mondo possibile di Levi's, ad esempio,è stato situato per un brève periodo nella provinciaamericana degli anni cinquanta, in seguito si èorientato verso scenari più urbani e più contempo-ranei, e attualmente sembra volere risalire neltempo, fino all'epoca dei pionieri. Tuttavia, i mondipossibili creati dalle marche non dispongono déliamedesima sovranità illimitata che caratterizza leopère artistiche.

Le condizioni di possibilità di un mondo possibi-le, ciô che assicura la sua legittimità, non sono maiinteramente detenute dalla marca. Esse sono condi-vise da un grande numéro d'attori, situati a monte ea valle del discorso di marca. È proprio a causa delsuo carattere condiviso e délia sua incessante circo-lazione attraverso un circuito d'attori che risultadifficile definire con precisione la dimensione délialegittimità di una marca. La legittimità d'una marca

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La marca corne mondo possibile

puô essere invece facilmente valutata a posteriori,quando essa è già présente, anche se è particolar-mente difficile identificarne le componenti.

Fenomeno dinamico per essenza, la legittimità èinstabile. Essa si installa solo sulla base di unaccordo fra tutti gli attori coinvolti. La rottura diquesto accordo ne provoca l'indebolimento o ladissoluzione.

Si confonde spesso la credibilità di una marcacon la sua legittimità. Ora, una marca credibile nonè necessariamente una marca legittima. In compen-se la credibilità è una délie condizioni délia legitti-mità. Una marca che aspira ad essere legittima deveavère preliminarmente stabilito la propria credibi-lità. Quest'ultima è più facilmente definibile perchériguarda i contenuti dei discorsi délia marca, il lorostatuto di verità. La verità si iscrive in una logicavero/faiso, nella comparazione tra mondo possibilee mondo reale. Un discorso credibile è un discorsoche dice il vero e lo puô provare. Una marca checerca di costruire un mondo possibile manifesta-mente incompatibile con le reali proprietà dei suoiprodotti, perde la sua credibilità. Se ad esempio lamarca Darty1, che ha costruito la propria identitàsulla qualità e l'efficacia dei suo servizio di assi-stenza, non rispettasse taie contratto di fiducia, essaperderebbe rapidamente tutta la sua credibilità.1. Insegna di una catena di grandi magazzini specializzatinegli elettrodomestici e nei prodotti video-Hi-Fi.

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La legittimità délia marca

Un esempio di perdita di credibilità è rappresen-tato dalla "marca" SNCF (le ferrovie francesi). Ilsuo mondo possibile è contraddittorio, in conflittotra una vocazione tecnica di efficacia, un'ambizio-ne commerciale di redditività e una volontà demo-cratica legata alla sua natura di servizio pubblico.Questa vocazione ispira i discorsi délia marca. Ilsuo motto ad esempio, "II progresse vale solo se ècondiviso da tutti" è in conflitto con alcuni suoi atticoncreti (aumento délie tariffe, rigidità degli orari,gerarchizzazione dei servizi, dittatura délia prenota-zione), che suggeriscono un mondo possibile fattod'esclusione e non di condivisione. La comunica-zione non è che una délie componenti nella costru-zione del mondo possibile di una marca. Per quantoriguarda la SNCP, le code allé biglietterie, i supple-menti fantasiosi, i biglietti incomprensibili, i com-puter inutilizzabili, rappresentano altrettanti ele-menti che concorrono alla definizione di un mondopossibile contraddittorio, dunque poco credibile.

Mentre la credibilità concerne essenzialmente ilcontenuto, ovvero gli enunciati délia marca, la legit-timità concerne la sua enunciazione. Essa concerneil dire délia marca piuttosto che il detto. Essa valutacorne, quando e perché una marca prende la parola.La problematica délia legittimità non trascura ilcontenuto del discorso délia marca, ma si dedicaprincipalmente ad analizzare la relazione tra quelcontenuto e le condizioni délia sua enunciazione.

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La marca corne mondo possibile

La marca Gatorade, ad esempio, ha saputo utilizza-re in modo appropriato la dimensione "enunciativa"per consolidare la propria legittimità nell'ambientesportivo.

Essa ha intrapreso un'attività di sponsoring siste-matico di un gran numéro di atleti, sostenendocampioni, ma anche giovani promesse. La sponso-rizzazione d'un campione affermato è accessibile atutte le marche che dispongono del denaro necessa-rio.

Si tratta di un investimento relativamente sicuro ecalcolabile. In compenso, investire su délie giovanipromesse implica una quota d'incertezza ed ilrischio di cattivi investimenti, perché soltantopoche promesse sono destinate a diventare campio-ni di primo piano. Nel scegliere questa strategia, lamarca diede prova di un'implicazione autentica nelmondo dello sport. Il finanziamento délie giovanipromesse permette di distribuire il denaro là dove èpiù necessario, invece di concentrarlo a favore diqualche campione già benestante. Questo investi-mento "précoce" implica per di più una reale cultu-ra sportiva, che consente di identificare gli atletiche dispongono del miglior potenziale. La combi-nazione di questi elementi ha permesso a Gatoradedi ottenere una forte legittimità presso pubbliciselezionati (atleti, allenatori, giornalisti sportivi), aloro volta opinionisti legittimi nei confronti deiconsumatori.

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Le fonti délia legittimità

Quali sono le risorse che la marca ha a disposi-zione per costruire la propria legittimità? Un primoelemento di risposta concerne la dimensione tem-porale. La legittimità è un fenomeno diacronico,che si costruisce nella durata. Spesso è l'accumula-zione lenta e progressiva di un certo numéro diazioni e di discorsi délia marca a tessere la tela difondo sulla quale la legittimità verra in seguito adinscriversi. Questa lentezza non dipende esclusiva-mente dalle proprietà di circolazione dei discorsisociali, essa rappresenta anche un pegno di conti-nuità e di sincerità da parte délia marca. Mostrandola sua capacità di mantenere la rotta, di perseguirele sue azioni anche nelle congiunture difficili, essarassicura i suoi pubblici, confermando loro l'auten-ticità del proprio impegno e dei propri valori.

Una seconda fonte di legittimità risiede nella coe-renza dei differenti discorsi délia marca. Poiché lalegittimità non dispone di un luogo proprio, né diun criterio unico e oggettivo di convalida, essa èspesso il risultato délia relazione tra diversi ele-menti. Un'azione isolata di una marca, anche segiusdficata e correttamente condotta, non basterà arenderla legittima. L'impegno a favore dell'am-biente costituisce un esempio di queste azioni isola-te. Numerose marche hanno sfruttato taie tema perun brève période, finché esso è sembrato loro utile

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in termini di iiTimagine e di atteggiamenti. L'oppor-tunismo di queste procédure, allé quali mancaval'inquadramento in una logica d'insieme coerente,le ha private di ogni legittimità agii occhi dei con-sumatori. La legittimità è una sorta di "ricompensa"che conferisce un grande potere allé marche che laricevono. 1 consumatori la concedono con parsimo-nia e solo dopo avère ben verificato che essa siarealmente "meritata" e che la marca ne farà buonuso.

Una terza fonte di legittimità è legata alla capa-cità délia marca di mobilitare le sue risorse in unpotente sforzo collettivo. L'intensità e la motivazio-ne con le quali gli atti délia marca sono messi inopéra hanno almeno altrettanta importanza che laloro coerenza. L'esempio di Renault mostra unasituazione dove la coerenza délie azioni non è altroche il riflesso di un impegno reale e di un'adesioneattiva di tutte le componenti délia marca. Gli inge-gneri e i disegnatori hanno concepito i nuovi model-li, la direzione ha assicurato i mezzi tecnici e umaniper perseguire un obiettivo di "qualità totale", ifinanziatori hanno accettato di attendere i risultati diuna strategia a lungo termine. Questa motivazionecollettiva ha permesso alla marca di conseguire lalegittimità di cui gode attualmente.

Una quarta fonte di legittimità è la risultante dalleprime tre. Per potere aspirare ad un riconoscimentodi legittimità, l'identità e il mondo possibile di una

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marca devono essere ispirati da una volontà condi-visa, animati da un'erica d'impresa e orientati daun progetto strategico. La volontà condivisa forni-sce l'energia necessaria e imprime una dinamicacoerente. L'etica di impresa assicura l'autenticitàdélie azioni e dei discorsi délia marca, ne stabiliséele regole e fissa i limiti da non oitrepassare. Il pro-getto strategico conferisce respiro alla volontà, gliassicura una direzione e ne garantisce lo sviluppo ela continuità a lungo termine. Quando una marcapuô avvalersi di queste tre dimensioni, la legittimitàle viene generalmente accordata. Solo le grandimarche giungono a riunire queste condizioni, mauna "grande" marca non è necessariamente unamarca potente. Spesso sono délie marche specializ-zate o di dimensioni modeste a godere délia piùgrande legittimità, in ragione di una competenzaparticolare o di una passione accertata.

Piccole marche di lusso, corne Church's (calzatu-re) o Blancpain (orologi), hanno fondato la lorolegittimità su competenze artigianali uniche o gra-zie alla loro passione per un prodotto senza difetti.La legittimità di Danone viene dal fatto d'avérésaputo conferire una dimensione mondiale allamarca, pur restando fedele alla cultura d'impresa edai valori del suo creatore.

A queste fonti di legittimità, tutte situate "a mon-te", conviene aggiungerne una quinta, situata "avalle". Questo tipo di legittimità appare quando i

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LU marca corne monao possihiie

valori délia marca incontrano o anticipano i valoridominanti nel mercato e nel contesto sociale. Se lamarca Nana ha goduto ad un momento dato di unalegittimità tanto grande, è perché essa ha saputoproporre una nuova visione délia femminilità quan-do taie visione costituiva già un'attesa implicita diuna parte délie donne, senza essere tuttavia ancoraesplicitamente percepita corne taie. Nana non si èlimitata ad interpretare délie attese espresse. Anti-cipando tali attese, ha donato loro una forma ed unavisibilità.

La storia del mercato è ricca di esempi di marcheche ad un determinato momento hanno saputo anti-cipare ed interpretare dei cambiamenti sociali inatto. Findus negli anni sessanta diffuse e rese fami-liari i surgelati, offrendo cosï una risposta pratica aduna nuova generazione di donne professionalmenteattive, per le quali il tempo a disposizione da dedi-care alla preparazione dei pasti si era sensibilmenteridotto. Dieci anni più tardi, Mariboro importô dagliStati Uniti l'immaginario dell'uomo solitario e viri-le, che ispirô tutta una generazione di baby boomersalla ricerca di esperienze intense ed autentiche.Sony, con i suoi Walkman e Discman, ha saputointerpretare un aspetto dell'individualismo e déliamobilità dell'individuo d'oggi, cosï corne il suobisogno di ricreare attorno a se una bolla di benes-sere personale.

La legittimità di una marca è il risultato di una

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delicata alchimia. Gli ingrédient! di taie alchimia sitrovano a monte del mercato, presse le aziende, mala pietra filosofale che permetterà di tramutare que-sti ingredienti in un unico insieme legittimo, si trovaa valle, presse i consumatori e nella società. Ognimarca che aspiri ad ottenere una legittimità ècostretta ad aprirsi all'ambiente dei consumatori. Inquanto mediatore tra le dimensioni produttiva, indu-striale ed economica da un lato e le dimensioni sim-bolica, sociale e culturale dall'altro, la marca è natu-ralmente chiamata a mettere in comunicazione que-sti due universi. Ma ogni posizione di mediazione èper definizione scomoda. E pone inoltre il problemadel punto di vista. Partecipare a due universi diffe-renti significa spesso essere mal compresi daentrambi; oppure diventare un luogo di confronto,dove i due universi entrano in contatto e talvolta inconflitto.

La dimensione istituzionale délia marca

Nel corso degli anni ottanta un numéro crescentedi grandi marche ha compreso che il loro ruolosociale era cambiato di natura e si era allargato.Esso non si limitava più semplicemente a mettere adisposizione i prodotti sul mercato, ma implicavaanche la costruzione di un discorso coerente, laproposizione di un sistema di valori, un dialogopermanente con un numéro sempre più grande di

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JLCI niai'ca corne inoncio possibile

pubblici differenti. Queste marche si resero ancheconto che spesso la loro legittimità ed il loro poteredi parola erano limitati dalla natura délia loro atti-vità, per il fatto di essere troppo legati ail'uni versodélia produzione, al mondo del commercio e deldenaro, alla nozione di profitto. Taie doppia consta-tazione porto tali marche a ricercare un nuovo tipodi discorso, che permettesse loro di disporre délialegittimità necessaria per agire a pieno titolo cornedélie protagoniste in taie conteste allargato, di otte-nere un diritto di parola non solo nel mercato, maanche nel la società.

Questo livello di discorso identifica la dimensio-ne istituzionale délia marca. In una visione tradizio-nale, product-oriented, del funzionamento déliamarca, la dimensione istituzionale è ridotta ad unanuova forma di comunicazione che, invece di van-tare i benefici dei prodotti, parlerebbe d'altro. Ladimensione istituzionale sarebbe una semplice que-stione di contenuto di comunicazione. Taie visionetrascura l'essenziale, ovvero il fatto che è essenzial-mente a livello dell'enunciazione, e non a livellodegli enunciati, che si situa la specificità déliadimensione istituzionale di una marca. La nozionedi mondo possibile permette di chiarire questopunto. Nella costruzione del suo mondo possibileuna marca puô insistere sia su valori apertamenteassociati ai suoi prodotti, sia su valori più generali,che non sono esclusivi dei suoi prodotti, ma che

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La iegittimita aelia inarca

essa vuole condividere con il suo pubblico. Da unpunto di vista teorico, il soggetto enunciatore - valea dire la marca - e gli oggetti enunciati - vale a direi valori-prodotto o i valori generali - sono chiara-mente distinti.

Nel caso del discorso istituzionale, invece, lamarca è allô stesso tempo soggetto del discorso eoggetto enunciato. Dal un punto di vista del conte-nuto, le due posizioni coincidono e sono omogenee.Nei suoi discorsi istituzionali la marca parla di sestessa e si parla. Essa non média più dei prodotti odei valori esterni, ma paria direttamente dei proprivalori e ne fa un oggetto di comunicazione. In modoschematico, si puô affermare che nelle sue forme didiscorso più tradizionali la marca vende dei prodottio dei valori associati a questi prodotti, mentre nelsuo discorso istituzionale la marca vende se stessa.Taie distinzione tra soggetto del discorso e soggettodell'enunciato fornisce un criterio importante peridentificare in una marca la sua dimensione istitu-zionale. Quest'ultima puô installarsi solo a condi-zione di confondere le due posizioni, riassorbendolein un percorso autoreferenziale.

Se riesce ad accedere a questa nuova posizionediscorsiva, la marca puô compiere un certo numérodi operazioni. Essa puô rendersi autonoma rispettoagii oggetti esterni (prodotti, valori, ai quali dovevain precedenza ancorare il suo discorso e sui qualidoveva fondare la propria legittimità. La marca

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La marca corne mondo posswile

diventa cosï un principio astratto, una fonte di legit-timità allô stato puro, senza corpo, né oggetto.L'acquisizione di taie autonomia le permette inseguito di essere applicata a qualsiasi oggetto, leconferisce una flessibilità ed un raggio d'azionevirtualmente infiniti. Ad esempio, condensata nel-l'essenziale délia sua identità visiva - il logo - lamarca puô depositarsi su qualsiasi oggetto o situa-zione, senza preoccuparsi eccessivamente dei pro-blemi di compatibilità. Infine, essa puô generareuna dinamica di feedback positive, scegliendo diinvestire territori particolarmente legittimi e rice-vendone, di ritorno, un incremento di legittimitàper se stessa. Se taie dinamica riesce a mettersi inmovimento, essa potrà avviare con ogni probabilitàun circolo virtuoso, dove ogni tappa rinforza lalegittimità istituzionale délia marca e l'autorizza asuperare la tappa successiva.

Un esempio di questo tipo di strategia è rappre-sentato dalla marca Philip Morris. In un primotempo la marca istituzionale s'è distaccata progres-sivamente dalle sue marche-prodotto (derivati deltabacco), creando una fondazione consacrata allôsviluppo délie arti (cinéma, musica, danza). Unavolta adempiuta questa fase, la marca istituzionaledispone di un principio di legittimità astratto egénérale. Essa porta lo stesso nome délia marcastampata sui pacchetti di sigarette, ma gode di unavita autonoma, e non soffre l'handicap di venire

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associata all'immagine negativa del tabacco. Lamarca istituzionale puô allora approfittare di unalegittimità che dériva dall'aiuto "disinteressato"che essa prodiga allé arti. Non sarà coinvolta, adesempio, dal divieto di comunicazione che, in alcu-ni paesi, colpisce le marche di sigarette. La legitti-mità e l'autonomia conquistate dalla marca istitu-zionale permetteranno anche, se essa lo desidera, dioccupare altri territori legittimi, corne per esempioil restaure di opère d'arte o il sovvenzionamento dimusei.

1 modi di espressione délia dimensione istituzio-nale del discorso di marca sono numerosi. Essi sicaratterizzano per la loro discrezione, il loro carat-tere "disinteressato", e per il fatto che si applicanoa dei territori relativamente lontani dal cuore del-l'attività commerciale délia marca. Il GAN2, adesempio, si è dotato di una fondazione per aiutare igiovani registi, France Telecom d'una fondazioneper favorire le attività musicali, Cartier di un centred'arte contemporanea. Sponsoring, mecenatismo,fondazioni, borse, premi e sovvenzioni rappresenta-no gli strumenti più frequentemente impiegati dallemarche per accedere ad una dimensione istituziona-le. A volte alcune marche, corne ad esempio Rhône-Poulenc, si limitano a diffondere délie campagne dicomunicazione istituzionale, per esplicitare il ruolo2. Una délie più importanti società d'assicurazione france-se.

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i^u niuicu cuine iiwnao posswile

socialmente utile délia marca ed il suo impegno peruna vita migliore.

Lo sviluppo di una dimensione istituzionale daparte di un numéro crescente di marche testimoniadi un cambiamento considerevole nella visionedélia loro missione, del contenuto dei loro discorsi,dei tipi di pubblici coinvold ed infine délie condi-zioni di circolazione sociale e di legittimità dei loromessaggi. Accedendo ad un livello istituzionale, lamarca entra definitivamente in una dimensionesociale. 1 suoi destinatari d'origine, principalmentedei consumatori, si differenziano in un ampio ven-taglio di pubblici differenti. Il discorso istituzionaledélia marca parla allô stesso tempo al personaledell'azienda, alla rete di vendita, ai licenziatari, agitazionisti, agii operatori finanziari, ai partner com-merciali, ai concorrenti, ai consumatori, al pubblicoe, attra verso questi, all'opinione pubblica in géné-rale. 1 rischi di confusione, di malintesi, di contrad-dizioni si trovano dunque amplificati.

Il principale rischio per la marca è di uscire pro-gressivamente dal suo territorio di competenza, dalsuo campo di legittimità, per avventurarsi in territo-ri poco conosciuti e di cui essa non controlla neces-sariamente le regole di funzionamento. Intrapresaallô scopo di ottenere una maggiore legittimità,questa ricerca e questo allargamento possono risul-tare in una perdita d'identità, o addirittura in unadiluizione délia specificità délia marca e délia sua

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La legittimità délia marca

missione. Nell'aprire questo paragrafo, abbiamoevocato l'ambiguità costitutiva délia marca, legataalla sua vocazione di mediatore tra due universi. Losviluppo délia dimensione istituzionale sancisce inmaniera definitiva la compenetrazione e la diffusio-ne di un universo - economico e industriale - nel-l'altro, sociale e culturale.

Questa ridefinizione degli equilibri e dei territoririspettivi riflette una tendenza più générale dei mer-cati e délie società contemporanee. La marca vipartecipa e ne costituisce al tempo stesso un'e-spressione ed un vettore. Ma questa trasformazionedegli equilibri non puô prodursi senza sollevareinevitabilmente délie opposizioni, talvolta violente.Mano a mano che una marca accresce la proprialegittimità ed il proprio territorio d'applicazione,essa sconfina necessariamente sul territorio e sullalegittimità di altre formazioni, socialmente e stori-camente radicate. Spinta dal suo slancio, la marcapuô allora, di proposito o senza rendersene conto,oitrepassare i limiti dei suo territorio di legittimità.Ciô puô avère conseguenze non trascurabili, cornelo mostra la storia récente délia marca Benetton,che presenteremo nella quarta parte.

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LA MARCA COME DISPOSITIVODI COMUNICAZIONE

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10. LO SVILUPPO DELLA MARCA: POSTEIN GIOCO E LIMITI

Lo sviluppo délia marca riflette le profonde tra-sformazioni del tessuto socioeconomico déliesocietà contemporanee. Possiamo identificare duetendenze prevalenti: l'internazionalizzazione déliemarche e la loro differenziazione interna. Taie evo-luzione comporta per le marche l'implicazione dinuove poste in gioco e di nuovi limiti. Questi aspet-ti saranno sviluppati nel présente capitolo. Con l'al-largamento dei suoi ambiti d'intervento e dei suoiterritori di competenza, la marca incontra tuttaviadélie difficoltà e degli ostacoli.

Tali resistenze provengono da altre formazionisociali e discorsive poco disponibili a cedere unaparte del loro territorio, oppure desiderose di adot-tare esse stesse le logiche ed i meccanismi di fun-zionamento délia marca, per poterne acquisire lastessa efficacia e i medesimi vantaggi. Se una simi-le tendenza trovasse conferma, la marca potrebberendersi autonoma dal suo universo d'origine, perdiventare un principio astratto, una pura logica di"messa in forma" e di "messa in azione'" del senso,suscettibile di essere applicata a tutti gli ambiti

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La marca corne dispositivo di comuiticazione

délia discorsività sociale. Questi punti sarannoapprofonditi nel capitolo 11.

L'internazionalizzazione délie marche

Un considerevole numéro di marche esce dall'am-bito nazionale per rivolgersi a mercati sempre piùlontani. Questa tendenza non è récente. Alcune mar-che, specialmente americane, hanno avviato assaipresto la loro internazionalizzazione. Marche corneCoca-Cola o Lucky Strike, per esempio, accompa-gnarono l'espansione dell'esercito americano duran-te la seconda guerra mondiale. Ma esse furono deiveri e propri pionieri. È solo negli ultimi dieci,quindici anni, che le marche hanno sistematicamen-te avviato la loro internazionalizzazione. Alcunisettori, corne l'automobile, l'informatica, il tabac-co, gli alcolici o gli articoli "di lusso" (profumeria,moda, pellame) sono particolarmente presenti inquesta strategia d'internazionalizzazione, cherisponde in parte a motivazioni oggettive d'ordinecommerciale, economico ed industriale. La satura-zione dei mercati nazionali spinge alla ricerca dinuovi paesi dove la domanda sia ancora sostenuta.Lo sviluppo economico di vaste zone dei pianeta el'aumento degli scambi, rendono disponibili nuovimercati. L'internazionalizzazione di una medesimamarca (stessi nome, gamme, confezioni, comunica-zione) permette inoltre di realizzare considerevoli

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Lo sviluppo délia marca

économie produttive. La grande ondata di compra-vendite di marche, avvenuta negli anni ottanta, èlegata alla nécessita per le aziende di realizzareéconomie di scala sufficienti per sostenere una stra-tegia di internazionalizzazione.

Da un punto di vista economico ed industriale,l'internazionalizzazione di una marca sembra pre-sentare solo vantaggi.

Ma una marca dipende solo in parte dall'universodélia produzione e del commercio. In quanto média-tore e vettore di senso, in quanto identità fondata sudei valori, essa intrattiene una stretta relazione coni consumatori, la loro cultura ed i loro valori. Daquesto punto di vista, l'internazionalizzazioneincontra parecchie difficoltà nella sua effettiva rea-lizzazione. La forza, la credibilità e la legittimità diuna marca dipendono in gran parte dalla sua capa-cità di articolare senso e valori, che siano da un latoautenticamente radicati nella cultura dell'azienda, edall'altro accettati e condivisi dai consumatori. Perottenere questo risultato, la marca deve sviluppareun discorso coerente e veicolare un universo divalori omogenei. Ma, per il fatto di rivolgersi a dif-férend paesi e popolazioni, talvolta molto dissimili,essa corre il rischio di non ritrovare, all'interno deipropri target, l'omogeneità necessaria per garantirela coerenza e l'autenticità del suo discorso.

La marca esita allora tra tre differenti stratégie,ciascuna délie quali présenta degli inconvenienti di

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LU. marca corne dispositivo di comunicav.one

rilievo. La prima consiste nel privilegiare il propriosistema di valori e nell'esportarlo taie e quale, con-tando sul fatto che in tutti i paesi deve ben esistereun target di consumatori pronto ad accettare queglistessi valori. La debolezza di questa strategia risie-de nella sua mancanza di flessibilità, che puô esserepercepita dai consumatori corne un'imposizione divalori estranei alla cultura locale, o anche corne unapropensione alla "colonizzazione culturale". Unesernpio di questo tipo è rappresentato dalla marcaEstée Lauder, i cui valori, ispirati all'universo déliaupper class bianca arnericana, difficilmente soddi-sfano altri ideali di bellezza, fondati sull'interioritàdell'individuo piuttosto che sulla sua appartenenzasociale. Taie strategia présenta in compense il van-taggio di preservare l'identità délia marca, che restafedele ai propri valori d'origine.

Una seconda strategia si fonda sulla standardizw-zione dei valori délia marca. Questa si attribuisceun'identità e dei valori comuni, avendo cura cheessi siano condivisi dai target selezionati in tutti ipaesi dove essa è présente. Per fare fronte all'etero-geneità dei paesi e dei target di consumatori, questastrategia deve allineare la marca su un minimodenominatore comune, attraverso la selezione divalori sufficientemente generici, o fondamentali, dapotere essere condivisi ovunque. Il prezzo di unsimile approccio è spesso la mancanza di specifi-cità ed una sensazione di artificiosità che da esso

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Lo sviluppo délia marca

émana. Tanto la précédente strategia guadagna inautenticità ciô che perde in flessibilità, tanto il con-senso ricercato da questa strategia è ottenuto alprezzo dell'eliminazione di tutte le specificità deldiscorso délia marca. Marche corne Carnpari oBacardi illustrano bene questo tipo di strategia.

La terza strategia è anch'essa orientata verso laflessibilità. Essa cerca di preservare un nocciolo sta-bile d'identità e di adattarlo localmente ai valori eallé culture di consumo dei differenti paesi. Questastrategia, che è la più esplicitamente marketingoriented, permette alla marca una grande agilità.Adattandosi ai valori locali, essa mira a creare rela-zioni strette con i consumatori, per trarre giova-mento dalla legittimità che ne dériva. Il suo prag-matisme e il suo spirito d'adattamento possonoperô trasformarsi in inconvenienti. Scegliendo dideterminarsi in funzione dei consumatori, la marcarischia di diluire la propria identità originaria e didiventare una semplice tecnica di marketing.

Fatta eccezione per la prima strategia, che attual-mente è anche quella meno praticata, il pericoloche si profila dietro questi approcci è quello déliaperdita délie radici. La maggioranza délie grandimarche sono nate in contesti nazionali. Il loro svi-luppo ha accompagnato quelle dei mercati, a loroturno legati, a partire dal XIX secolo, all'emergeredegli Stati-Nazione. Le difficoltà che esse incontra-no nel loro processo di internazionalizzazione sono

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La marca corne dispositivo di comunicazione

intrinsecamente legate alla natura stessa di questoprocesso. È la natura stessa délia marca - il fatto difondarsi su dei valori - a frenare la loro internazio-nalizzazione. Le grandi marche nazionali si sonocostruite condividendo i propri valori di base con iloro consumatori. In un conteste internazionale,taie continuità viene necessariamente spezzata. Lamarca è allora presa in un dilemma di cui non esistealcuna soluzione "perfetta". Da un lato, essa puôprivilegiare i suoi valori di base e "salvare la pro-pria anima", ma rischia di non riuscire a toccare lasensibilità dei pubblici ai quali intende rivolgersi.Dall'altro, essa puô seguire da vicino questi pubbli-ci, adattarvisi completamente, ma rischia allora didissolversi in una moltiplicazione di mère tecnichedi marketing.

L'architettura délia marca

Una seconda tendenza in pieno sviluppo, allaquale una marca puô difficilmente sottrarsi, riguardala sua progressiva differenziazione interna. Corne inun processo biologico, la marca contemporaneaevolve e si frammenta, introduce dei livelli nellasua organizzazione, créa sistemi ramificati e com-plessi.

In assenza di una specifica terminologia, il gergodei marketing désigna le manifestazioni di questadifferenziazione con dei termini fortemente metafo-

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LO svuuppo ueuu iiiwcu

rici: marca-garante, marca-firma, marca-portaerei,marca-madre ecc.

Anche questa tendenza ha basi oggettive. La satu-razione dei mercati occidentali e l'accresciuta con-correnza dei produttori obbligano a impiegare sem-pre più sofisticate stratégie di commercializzazione.Lo sviluppo délie politiche di marca ha creato uncomplicato arsenale di strumenti di gestione. Lagerarchizzazione, la segmentazione e la classifica-zione dei prodotti permettono ai tecnici dei marke-ting di poire ordine in un universo fin troppo in-gombro e di proporre ai consumatori un'offerta coe-rente e in sinergia. Le pratiche di differenziazionepermettono anche di mettere a frutto il capitale diidentità, di notorietà e di legittimità rappresentatoda una marca conosciuta. Il lancio di una nuovamarca richiede un considerevole investimentofinanziario ed è sempre soggetto al rischio dei falli-mento. Persino quando il lancio riesce, il radica-mento délia marca nell'immaginario dei consuma-tori e nelle abitudini d'acquisto puô richiedere deglianni. In tali condizioni di venta strategicamente edeconomicamente vantaggioso investire su marchegià affermate, ben distribuite e conosciute, perallargarne o diversificarne l'offerta.

Visti gli evidenti vantaggi che queste pratichepaiono apportare alla marca, si tende troppo spessoa trascurare i pericoli connessi ad un processo didifferenziazione. Il primo è incarnato dal rischio di

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LCI marca corne clispositivo di comunicaî.ione

una dériva tecnicista. Le attuali competenze deglispecialisti del marketing permettono di edificarearchitecture di marca che sembrano sofisticate eperfettamente logiche a tavolino, ma che si dimo-strano tuttavia impossibili da realizzare, oppure chenon reggono alla prova délia pratica. Molteplicimarche hanno fatto l'esperienza, a loro spese, déliadifferenza che esiste tra un piano strategico di dif-ferenziazione di marca e le reazioni del "field" (retecommerciale, intermediari, distribuzione, consuma-tori) a taie progetto. Taie fatto è particolarmenteévidente nelle operazioni di brand extension, chemirano ad inglobare nuovi prodotti sotto la stessamarca.

La buona riuscita di queste operazioni dipendedalla legittimità délia marca e corne abbiamo vistonella terza parte, quest'ultima è depositata solo par-zialmente nei suoi contenuti. Sulla base délie sueesperienze americana e giapponese, la marca Disneygiunse a credere che la propria legittimità nel ven-dere sogno e fantasia le avrebbe permesso di ven-dere anche in Europa un mondo reale, un parcofatto di palazzi, alberghi e ristoranti. Ma il pubblicoeuropeo, almeno durante i primi anni dell'operazio-ne, non ha giudicato legittima taie estensione. Essosi reca a DisneyIand-Parigi per consumare la suadimensione spettacolare, ma non le sue infrastruttu-re alberghiere e i suoi servizi.

La differenziazione di una marca présenta anche

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Lo svituppo ctellci marca

un rischio di dériva temporale. Essa s'installa spes-so per accumulazione di azioni parziali e di portatalimitata. Quando tutto è coerente con ciô che précè-de immediatamente, ogni azione puô introdurre unadériva impercettibile rispetto al nocciolo dell'iden-tità di base. L'effetto cumulato di queste microderi-ve diventa évidente solo dopo un certo periodo ditempo. Spesso sono i consumatori che si incaricanodi ricordare duramente alla marca che essa ha finitocon il modificare la propria identità ed il propriocontratto con il pubblico. Per evitare questo tipo didériva alcune grandi marche che, corne ad esempioNestlé o L'Oréal, praticano délie elaborate architet-ture, hanno creato délie funzioni di pilotaggio stra-tegico dell'architettura délie loro marche, aventi loscopo di analizzare ed anticipare l'impatto a lungotermine di ogni azione specifica.

C'è infine un pericolo potenziale che risiede nellafluidità délia circolazione del senso assicurato dallearchitetture di marca. Quando lo stesso nome e glistessi sistemi di valori sono trasferiti a prodotti e asegmenti di mercato differenti, ogni fallimento oincidente in una zona del sistema puô ripercuotersisull'insieme dell'architettura. Questa è tanto piùpotente e coerente quanto più la circolazione dell'i-dentità, dei valori e del senso délia marca è unifica-ta e rapida. La fluidità permette di diffondere lalegittimità e la forza délia marca nell'insieme delsistema. Ma per la medesima ragione, essa rende

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LCI marca corne dispositivo cil comiinicazione

precario il sistema, sottoponendolo in modo perma-nente al rischio di unfeedback negativo.

Il sistema del flusso teso, adottato sempre piùspesso in ambito logistico e industriale, è un esem-pio di questa potenziale fragilità indotta da unamaggiore potenza. Permettendo di ridurre le scorte,il flusso teso ottimizza il rendimento dei macchina-ri e la tesoreria. L'assenza di riserve mette perô ilsistema alla mercé di una rottura délia catena d'ap-provvigionamento, che si ripercuote rapidamentesull'insieme del sistema, paralizzandolo. Gli archi-tetti délia marca sono sottoposti al medesimo para-dosso. Una più grande contiguità tra marca-madre emarca-figlia permette di ottimizzare il transfert dilegittimità e di notorietà dalla prima alla seconda.Ma essa aumenta anche il rischio di transfert néga-tive, in caso di fallimento, dalla seconda alla prima.

1 rischi inerenti sia all'internazionalizzazione chealla differenziazione délia marca vertono essenzial-mente sulla capacità di quest'ultima di gestire ladialettica tra identità e comunicazione, tra radica-mento e flessibilità. La dériva tecnicista, ad esem-pio, incarna il rischio di una confisca tecnocraticadélia gestione délia marca e délia sua separazionedalla cultura industriale e umana che l'hanno ali-mentata e che continuano ad essere le basi dinami-che délia sua identità. Gli inconvénient} generatidall'internazionalizzazione e dalla differenziazionenon possono essere completamente soppressi, dato

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Lo sviluppo délia marca

che sono inerenti allô sviluppo stesso délia marca.Ma possono essere gestiti, vale a dire mantenuti aldi sotto di una soglia di tollerabilità, a condizioneche la marca non inaridisca le due fonti che alimen-tano la sua identità: quella dei valori dell'azienda equella dei valori dei consumatori.

1 limiti délia legittimità: il caso Benetton

L'incremento dei potere délia marca oitrepassa ilsuo sviluppo internazionale e la sua differenziazio-ne. Tali tendenze restano inscritte nell'universod'origine délia marca, il mercato. Ma l'accresciutaimportanza rivestita dalla nozione di mercato neidiscorsi sociali lascia intravedere dei cambiamentiancora più profondi. La marca puô essere alloratentata di allargare l'orizzonte dei suo discorso al dilà dei quadro che essa stessa si era storicamenteassegnato, quello dei mercato. Essa puô tentare diinvestire altri territori, che non appartengono anco-ra alla sua sfera di legittimità. Taie "incursione"puô provocare délie reazioni talvolta violente daparte di altri emittenti di discorsi nello spazio pub-blico, poco disposti a cedere, senza lottare, i loroterritori e la loro legittimità alla nuova arrivata. Lamarca rischia cosï, nei suoi tentativi di spingeresempre più lontano i limiti dei suo potere di parola,di urtare contro barrière che si rivelano insormonta-bili. La récente storia délia marca Benetton illustra

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La marca corne dispositivo di comunicazione

i limiti di questo tipo di strategia. Creata negli annisessanta da un gruppo familiare, la marca Benettonha avuto ai suoi inizi una storia relativamente clas-sica e banale. Fino al 1984, il suo discorso non siera mai allontanato dai terni dorninanti nell'univer-so del prêt-à-porter di gamma média: la giovinezza,la moda, l'espressione délie differenze, l'estetica,un certo narcisismo. L'arrivo del fotografo OlivieroToscani alla direzione artistica délia marca impres-se al suo discorso un primo cambiamento. Il temaricorrente délie campagne divenne la valorizwzio-ne dell'uguaglianw degli individui, ottenuta, in unprimo tempo, mettendo in scena su manifesti acolori di grandi dimensioni, un caleidoscopio digiovani, differenti nei tratti fisici e nel colore déliapelle: degli scandinavi e degli indiani, dei mediter-ranei e degli asiatici, degli anglosassoni e degliafricani. Il messaggio era semplice e relativamenteclassico per una marca che aspira ad internaziona-lizzare i suoi prodotti. Benetton proponeva di riuni-re le differenze grazie alla varietà dei suoi prodotti:tutti questi individui differenti condividevano lastessa marca.

La soluzione dell'opposizione tra identità comunee differenza di ciascuno divenne progressivamenteil tema unico délia comunicazione délia marca.' Dauna messa in scena délie differenze, la marca evol-vette verso la ricerca del fondamento comune a tuttigli individui. Essa pensé di poterlo trovare abban-

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Lo sviluppo délia marca

donando l'apparenw degli individui (e dunque l'u-niverso dell'abbigliamento) e scavando nella loroessenw, per raggiungere un substrato umano uni-versale. E a questo punto, all'inizio degli anninovanta, che Benetton, consciamente o meno, ab-bandonô il territorio convenzionalmente riconosciu-to corne legittimo per il discorso di una marca ecominciô ad esercitare una pressione su altre sferedélia discorsività sociale.

È proprio il tipo di terni utilizzati per illustrarequesto substrato teoricamente universale che fissa ilrnornento délia rottura. La marca fornï una letturaradicalmente negativa e pessimista di taie fonda-mento. L'essenza umana fu identificata con la vio-lenza, la guerra, la malattia, la povertà, il crimine,10 sfruttamento. Scegliendo un discorso pessimistae valori "negativi", Benetton nippe con la regolanon scritta, ma sempre rispettata, seconde la quale11 discorso di marca deve produrre un mondo possi-bile attraente e seducente, e deve veicolare valoripositivi e ottimisti. Le critiche cominciarono a fioc-care, specialmente da parte di altre marche, le qualisembravano avvertire che Benetton stava minandoquelli che per loro erano i fondamenti stessi deldiscorso di marca.

Un ulteriore passo venne fatto quando la marca,non accontentandosi più semplicemente di metterein scena i drammi dell'umanità, passô ad un discor-so di critica sociale e di mobilitazione dei suoi pub-

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La marca corne dispositivo di comuniccu.ione

blici. La foto degli emigrati albanesi metteva diret-tamente in causa la politica occidentale nei Balcani,quella di un morto ammazzato dalla mafia fustiga-va la passivité dello stato italiano, l'immagine di ungiovane malato di AIDS in fase terminale denun-ciava la mancanza d'impegno nella lotta controquesta malattia. Fu a questo punto che le istituzionie le organizzazioni messe in discussione comincia-rono a reagire. Medici, uomini politici, intellettuali,i média, tutti gridarono alla provocazione, denun-ciarono l'intollerabile miscuglio di generi, accusa-rono ciô che ritennero essere una manipolazioneorchestrata da Benetton a fini sordidamente com-merciali.

Al culmine délia polemica, nel 1992, la marca sirese conto che il suo tentativo di estendere la pro-pria sfera di legittimità era fallito. Che gli altrienunciatori erano diventati vigili e unanimi nelvolerla ridurre ai limiti del mercato, dei valori diconsumo e del linguaggio pubblicitario. Fin tantoche Benetton si era limitato a modificare in chiavenegativa i valori del proprio mondo possibile, taiescelta aveva inquietato solo le altre marche, le qualinon vi avevano scorto nulla di buono per il lorodiscorso in générale. Ma quando la marca tentô discambiare il proprio mondo possibile per il mondoreale, o peggio, quando essa cercô di fare delmondo reale il proprio mondo possibile, la reazionefu taie che essa dovette battere in ritirata.

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Lo svUuppo ûeila niarca

Una campagna lanciata nel 1993 sembrô disinne-scare la polemica. Luciano Benetton in persona vicompariva nudo, corne per meglio testimoniare lapropria buona fede, la propria innocenza ed il pro-prio pentimento. In realtà questa campagna non erache l'annuncio di una nuova escalation. Essa verte-va ancora una volta sull'ossessione del discorsodélia marca, vale a dire la ricerca di un'impossibilesoluzione dell'opposizione tra identità e differenza.Questa volta era il corpo ad essere identificatocorne, lui solo, il ricettacolo ed il campo d'iscrizio-ne di questa dialettica negativa. Un corpo nudo,sprovvisto di ogni determinazione sociale, naziona-le, culturale e religiosa. Quale migliore immaginedell'identità fondamentale di tutti gli uomini?

Eppure questa immagine era solo il preludio allatrasposizione e aU'iscrizione, nella carne stessa delcorpo, di questa "condanna alla differenza", allaquale, nella poetica benettoniana, sembra che l'uo-mo non possa sfuggire.

Taie lettura trova una conferma nella successivacampagna che mostrava, inquadrati da vicino, pezzidi corpi umani - un pube, una spalla, délie natiche -présentât! corne se si traitasse di quarti di bue.Questi corpi presentavano ben in evidenza, stampa-ta in nero sulla pelle, la sigla HIV, che désigna ilvirus dell'AIDS, L'analogia coi numeri tatuati sul-l'avambraccio dei deportati nei campi di sterminionazisti era évidente e voluta. Il fondo del discorso

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La marca corne dispositivo di comunicazione

era chiaro. L'AIDS è una stigmate sociale, un'eti-chetta génératrice di differenza e dunque d'esclu-sione. Sono proprio queste differenze e questaesclusione, più che la malattia in se, a conduire allamorte. L'AIDS è una stigmate che pénétra il corpoe délia quale non ci si puô spogliare, corne si fareb-be con un abito portatore di differenza. L'AIDSmorde la pelle, corne il tatuaggio délie foto, invadeil corpo, l'imprégna avvelenando il sangue. Inutiledire che questa campagna suscitô un'ernozione eduno sdegno ancor più forti délie precedenti.

Arriviarno cosï al culmine di questa febbrile ricer-ca d'identità, di questa denuncia, spinta sempre piùall'estremo, délia differenza e del suo carattereapparentemente indissociabile dall'essenza umana.La polemica sulle foto "HIV" non si era ancora deltutto placata, quando la marca presentô sut mûri ditutti i paesi che accettarono di mostrarla, la fotogra-fia degli abiti di un soldato bosniaco assassinato. Unpaio di caizoni mimetici ed una maglietta abbondan-temente intrisi di sangue, con il foro del proiettilemortale ben in evidenza. Gli abiti erano dispostivolutamente corne in una classica foto di moda, benstesi, una gamba dei caizoni leggermente piegata,per conferire movimento all'insieme.

La continuità e la circolarità di queste campagnesono evidenti. Al corpo nudo, privo di abiti, deiprecedenti manifesti, si sostituisce un abito senzacorpo. Il rnorso, ancora a fior di pelle, del tatuaggio

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Lo sviluppo délia marca

HIV lascia il posto al foro del proiettile. Il sanguecontaminato dal virus, contenuto all'interno delcorpo diventa il sangue reale, uscito dal corpo, spar-so sugli abiti. In entrambi i casi si tratta di un san-gue mortifero perché différente: sangue infetto nelcaso dell'AIDS, sangue impuro, etnicamenteimpuro, nel caso del soldato assassinato. La diffe-renza s'inscrive fino al più profondo dell'individuo,si annida persino dentro il suo sangue. Ogni voltache si permette a questa differenza di agire, di met-tere in atto il suo implacabile meccanismo, essadiventa portatrice di morte. La differenza uccide.

Questa campagna non ebbe seguito1. D'altra parteè difficile immaginare corne V escalation avrebbe

1. Nel marzo 1996, al momento in cui questo testo vienedato allé stampe, una nuova immagine di Benetton è appar-sa. Essa mostra tre cuori umani identici. Le parole 'black','white' e 'yellow' sono sovrapposte ai tre cuori. Ritroviamoin quest'immagine alcune costanti del discorso benettonia-no, ma anche una meditazione délie reazioni allé campagneprecedenti.Le costanti riguardano il gusto per le immagini 'pugnonello stomaco', l'aspetto anatomico, quasi da macelleria, ilfatto di ridurre il corpo umano a dei pezzi di carne. Sonocostanti anche il messaggio di fondo (contro il razzismo) el'opposizione tra un'essenza comune di tipo biologico (ilcuore che tutti abbiamo uguale) e il potere discriminatoriodélia società e délia cultura. Costante infine l'opposizionetra la valorizzazione dell'immagine, che mostra la veritàultima dell'uguaglianza, e la s valorizzazione délia parola

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La marca corne dispositivo di comunicaz.ione

potuto proseguire. L'indignazione fu talmente forteche la campagna fu rapidamente ritirata. Ma suquaîi elementi vertevano le entiche? Quale era l'o-rigine dell'emozione? In nome di quale principio sicondannavano queste campagne? L'analisi mostrache il discorso délia marca non è privo né di coe-renza né di una certa profondità. Dunque non fu ilcontenuto in se di questo discorso che scandalizzô,

('black', 'white', 'yellow') che permette di classificare, diconcettualizzare e cristallizzare le differenze.Le differenze rispetto allé campagne precedenti sono tutta-via altrettanto evidenti. Mentre in precedenza la marcasembrava avère spinto fino al sangue degli individui lamaledizione délia differenza, essa sembra ora recuperareun livello biologico di uguaglianza, un livello dove tutti gliindividui non sono ancora marcati dalle stigmate, degli ste-reotipi e délia differenza. Questo visual inoltre non si serve,con la scusa di denunciare un'ingiustizia, di immaginiavvilenti per un gruppo di persone o per délie sensibilitàreligiose e culturali. Da questo punto di vista i tre cuorisono cuori astratti, metaforici. Essi appartengono a tutti eda nessuno in particolare. In terzo luogo, assistiamo conquesta immagine al recupero dell'identità visiva tipica diBenetton: fondo bianco, assenza di profondità, immaginiallineate fianco a fianco. Infine, il comunicato stampa dif-fuso dalla marca précisa che questa campagna è stata con-cepita con l'appoggio e l'accordo (e dunque la legittimità)di important! organizzazioni antirazziste. Benetton sembraavère capito che per allargare il suo temtorio di legittimitàdi parola deve rispettare certe condizioni enunciative dellospazio pubblico e ottenere l'avallo di altre fonti discorsive.

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U} sviwppo uenu inurcu

quanto il suo enunciatore, il fatto che taie discorsoprovenisse da una marca, vale a dire da una fonte diparola che comunemente non si ritiene legittimata atrattare soggetti di taie portata. Una marca sempli-cemente non puô permettersi di tenere questo tipodi discorso. Ciô implicherebbe che essa oitrepassa ilimiti del suo territorio di legittimità e che si sosti-tuisce ad altri enunciatori, abilitati, tradizionalmen-te, a occuparsi di simili problematiche (gli uominipolitici, gli intellettuali, i religiosi, i militari).

L'interdetto che progressivamente colpl il discor-so délia marca, il rifiuto di molteplici organi distampa di pubblicare le due ultime campagne, leproteste, se non addirittura le denuncie di associa-zioni e di cittadini, le prese di posizione fortementecritiche in seno alla professione pubblicitaria e alléaltre marche, l'emozione e l'indignazione dell'opi-nione pubblica, a cui i média diedero grande riso-nanza, mostrano chiaramente che il tentativo diBenetton di estendere i limiti del territorio di legit-timità délia sua marca era fallito. Forse la provoca-zione era stata spinta troppo lontano; forse i ternitoccati erano troppo importanti e sensibili; forse lamarca non si era preoccupata di differenziare i suoilivelli di discorso in una logica, per esempio, dilegittimità istituzionale (fondazione Benetton con-tro i crimini di guerra, apertura di centri di cura permalati di AIDS, borse per ricercatori ecc.). Leimplicazioni di questa strategia sono state discusse

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La marca corne dispositivo di comunicazione

in modo approfondito altrove. Ciô che in questasede importa sottolineare sono i limiti discorsividélia legittimità di una marca e l'importanza perogni marca di conoscere bene i propri. Lo sviluppodélie politiche di marca e l'accresciuto potere diuna marca possono talvolta generare ambizionieccessive, la convinzione che tutto puô essere dettoe che tutti i territori délia discorsività sociale posso-no essere investiti. La storia récente di Benettonprova che ciô non è possibile.

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11. LA DISSEMINAZIONE SOCIALE DELIAMARCA

II caso Benetton mostra i limiti che un discorso dimarca puô raggiungere nel tentative di allargare ilproprio campo di legittimità. Il peso crescente délievariabili economiche nel conteste sociale lasciaprevedere che tali tentativi siano destinati ad essereimitati. L'evoluzione sociopolitica degli ultimi anniha conferito una nuova legittimità alla dimensioneeconomica - in quanto principio générale - ed haridefinito i rapporti di forza globali. Le "incursioni"délia sfera economica nella sfera sociale sono cer-tamente la manifestazione più évidente di questanuova configurazione. Ma si assiste anche, in unadirezione opposta, alla "presa in prestito" da partedélia sfera sociale di certe logiche convenzional-mente confinate alla sfera economica. Questo dop-pio movimento mostra che attualmente assistiamoad una ristrutturazione più profonda e générale deiterritori discorsivi, e non soltanto alla "pressione"ed allé velleità espansionistiche di un territorio spe-cifico - quelle economico - sugli altri.

In taie processo la marca gioca un ruolo chiave.Attualmente assistiamo ad una appropriazione sem-

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La marca corne aisposuivo ai coinwiicazione

pré più fréquente délie logiche e dei meccanismi difunzionamento délia marca da parte di territori chenon solo non derivano, in linea di massima, dalregistre economico, ma che gli sono - o erano - tra-dizionalmente opposti. Si tratta di un vero e propriofenomeno di disseminazione sociale délia marca,che si attua a partire dal sociale stesso e che adottala marca corne uno strumento indispensabile nellagestione délie nuove forme assunte dalla discorsi-vità sociale.

La forma-marca

La disseminazione sociale délia marca non puôcompiersi per semplice derivazione dalle stratégiedi marca impiegate nelF uni verso délie aziende edel consumo. L'esempio di Benetton, per quantoestremo, dimostra che il passaggio da un territorioall'altro non si realizza in maniera automatica.

Affinché la marca possa funzionare al di fuori delsuo uni verso d'origine, essa deve essere "svuotata"del suo contenuto, di tutto ciô che la collega troppoapertamente all'universo economico. Viene conser-vato solo il suo principio di funzionamento: la suacapacità di essere vettore di senso, di creare un'i-dentità, di veicolare dei valori e di installarli inmondi possibili. La marca è cosï ridotta alla suaessenza, essa diventa una forma vuota, pronta peressere utilizzata in un numéro virtualmente infinito

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La aissenunazione sociale délia marca

di situazioni e di territori. La marca di venta unaforma-marca, un dispositivo che assicura la messain forma del senso. Una volta depurata, essa puôacquisire un nuovo statuto ed una nuova autono-mia. La sua acquisizione di generalità e la sua dis-seminazione sociale sono oramai possibili.

Tre dimensioni possono essere identificate nellaforma-marca: una logica fondamentale di costituzio-ne, che contiene quei pochi elementi senza i qualiuna forma-marca non puô esistere; un sistema divisibilità, che le permette di circolare nel flussodélia discorsività sociale; dei principi di funziona-mento, che descrivono le operazioni discorsive cheuna forma-marca permette d'effettuare. Nessuna diqueste dimensioni appartiene in esclusiva alla forma-marca. E la loro organizzazione in un sistema difunzionamento "chiuso" a costituirne la specificità.

La logica fondamentale délia forma-marca. - Èpossibile identificare tre componenti di questa logi-ca. La prima riguarda la sua capacità di costruiredei sistemi simbolici, di conferire una forma alsenso e di ancorarlo ad un sistema di valori. Laforma-marca permette, grazie alla sua capacitàsemiotica, di costruire un sistema di rappresenta-zione. Quando una marca conosciuta di grandimagazzini - Galeries Lafayette o Printemps1, per

1. Catene di grandi magazzini francesi, sul tipo de LaRinascente.

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La marca corne aispositivo di comunicazione

esempio - mostra sui propri manifesti una saponet-ta, una coperta o délie bende, fotografate su fondoneutro, si tratta probabilmente di un annuncio chemira alla promozione degli articoli mostrati. Glioggetti vi sono rappresentati per ciô che essi sonorealmente. Ma se è il comune di Parigi a firmare glistessi annunci, assistiamo ad un nuovo utilizzodélia logica di marca. La saponetta, la coperta, lebende sono là per suggerire la pulizia, il calore, lacura per i più indigenti. Questi oggetti rinviano adei simboli e a dei valori. Suggeriscono un mondopossibile pulito e protettivo, dove si puô trovarerifugio2.

In seconde luogo, la forma-marca istituisce unsistema di relazioni condivise. Essa propone e sti-pula, per principio, un contratto con uno o moltepli-ci tipi di pubblico. Rispetto ad altri tipi di comuni-cazione, la forma-marca pone questa dimensionecontrattuale, il suo carattere condiviso e la moltepli-cità dei suoi destinatari, alla base stessa délia suapossibilità d'esistenza. I manifesti dei comune diParigi, ad esempio, si rivolgono in primo luogo aisenza casa, per proporre loro dei servizi di primanécessita. Ma essi si rivolgono anche alla totalità

2. Viene qui fatto riferimento ad una campagna pubblicita-ria per affissioni intrapresa dal comune di Parigi nell'au-tunno-inverno 1994-95 e rivolta alla consistente fascia dipersone marginali o senza domicilio fisso présente nellacapitale.

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dei cittadini, al fine d'informarli sulle azioni con-crète intraprese dalla municipalità per occuparsi deisuoi amministrati più bisognosi. Infine essi si rivol-gono all'opinione pubblica in générale, per ricor-darle l'attaccamento ai valori di solidarietà e d'inte-grazione che anima le autorità comunali.

La terza componente riguarda la capacità déliaforma-marca di generare un principio di legittimità.Questo non s'istituisce automaticamente. A piùriprese abbiamo sottolineato che la legittimità ètanto prodotta quanto riconosciuta. Inoltre la pro-duzione délia legittimità è strettamente legata allédue altre componenti. Essa avrà maggiori probabi-lità di prodursi quanto più il sistema simbolico èappropriato e la relazione contrattuale è effettiva-mente sottoscritta dai partner dello scambio. Se, adesempio, i servizi proposti dal comune di Parigi aisenza casa dimostrassero la loro efficacia, e se i cit-tadini riconoscessero alla municipalità i valori dicui questa cerca di appropriarsi, ne conseguirebbecon tutta probabilità una certa legittimità. Il succes-so o il fallimento nel conseguimento délia legitti-mità sono dunque legati a condizioni specifiche,che richiederebbero d'essere analizzate caso percaso. Ciô che qui importa è mostrare che la forma-marca dispone délia capacità di generare un princi-pio di legittimità, suscettibile in seguito di essereutilizzato per altri atti di discorso.

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Un sistema di visibilità. - Sarebbe difficile com-prendere l'attrattiva esercitata dalla forma-marcasugli enunciatori non commerciali, se non si tenes-se conto dell'affollamento di messaggi e del postocentrale occupato dalla comunicazione nelle societàcontemporanee. Se il comune di Parigi ritieneopportuno affidare a dei manifesti un messaggiocirca la propria azione in favore dei senza casa e diderivarne una logica di marca, è perché l'aperturadei centri di accoglienza si rivela inutile se le per-sone interessate non ne sono informate. Nemmenola semplice comunicazione di un'informazionebasta più. Nell'affollamento attuale i messaggi sonoin competizione tra loro, proprio corne i prodottinella sfera del commercio.

Un messaggio deve essere sufficientemente visibi-le, importante e attraente per sfondare il muro del-l'indifferenza. La visibilità occupa dunque un ruoloprivilegiato, poiché è a partire da essa che le altreproprietà possono essere percepite. Risulta difficileconstatare l'importanza di un messaggio che non siè notato, perché inghiottito dal vortice comunica-zionale contestuale.

La forma-marca costituisce un potente strumentodi visibilità. Essa permette di concentrare il conte-nuto simbolico, il sistema di relazioni ed il princi-pio di legittimità che ne costituiscono il fondamen-to, in un numéro limitato di elementi, ma soprattut-to in una specifica identità visuale. La forma-marca

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LU U.t^^tillUnUi.lUIW flULlUtt, UCllU UlUILU

riassume e cristallizza, in una gestalt semplice efacile da memorizzare, contenuti e valori che altri-menti sarebbe più difficile - o più noioso - ricordareogni volta nella loro globalità. L'utilizzo délie tec-niche d'identità visuale si è estesa a terri tori assailontani dalla loro applicazione d'origine. Le ammi-nistrazioni comunali, le regioni, le reti televisive, iministri, i partiti politici si sono dotati di dispositivid'identità visiva direttamente ispirati alla forma-marca.

Affinché un insieme di forme e di colori rispettiuna logica d'identità visiva, e non sia un sempliceorpello décorative, esso deve esprimere l'identitàdell'enunciatore che lo rende visibile e deve inoltreessere applicato in modo sistematico e stabile.Solamente se queste condizioni sono rhinite si puôparlare d'identità visiva e dunque di appropriazionedi una logica di forma-marca. Per dotarsi di unaidentità visiva, un enunciatore è obbligato a sele-zionare i valori che intende condividere con il suopubblico. Una volta che questi elementi sono cri-stallizzati in una gestalt sensibile, ma soprattuttovisibile, ogni atto di discorso permette di riaffer-marli. Grazie al fatto di dotare il senso di una visi-bilità, la forma-marca permette non solo d'attribui-re un maggiore impatto ad ogni messaggio dell'e-nunciatore, ma anche d'inscrivere tutti i messaggisullo sfondo deiï' identità e dei valori di base diquest'ultimo.

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Alcuni principi di funzionamento. - Se riesce asuperare le tappe precedenti, vale a dire se riesce afondare un'identità simbolica e dei valori condivisie a dotarli di una visibilità, la forma-marca consented'effettuare un grande numéro di operazioni discor-sive. Essa permette in primo luogo di semplificare echiarire i messaggi. Ogni messaggio è inscritto inuna continuità e in un sistema coerente che rendonopiù agevole la sua comprensione. La natura comu-nicazionale délia forma-marca la porta a produrredei messaggi semplici, poco articolati, comprensi-bili per tutti. In questi messaggi è inoltre fortemen-te présente la dimensione simbolica, che favoriséeun accesso modulare o individuale al senso.

In seconde luogo, la forma-marca permette dicondensare il senso. La polisemia degli elementivisivi ed il ricorso al linguaggio dei simboli permet-tono di realizzare délie économie di discorso, di pra-ticare l'ellissi, di significare molto dicendo poco. Lasemplice immagine di una saponetta puô significarelavaggio, pulizia, efficacia, solidarietà. Una voltainstallato taie significato, pochi elementi ancora piùcondensati (un logo, un colore) saranno sufficientiper esprimere un intero discorso.

In terzo luogo, la forma-marca rende possibileun' istantaneità cognitiva, grazie alla sua rapidità di"scatenamento", che gli assicura un considerevoleguadagno di tempo. Poiché il tempo disponibile daparte dei ricettori per ogni messaggio è sempre più

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La dissemmazione sociale délia marca

ridotto, diventa vitale per un enunciatore farsi rico-noscere in un lasso di tempo brevissimo. A forza diinsistere sulla dimensione visiva del discorso e sulcarattere istantaneo délia visione, la forma-marcapermette di attivare il senso di un discorso in modoimmédiate, in virtù del carattere non mediatizzatodell'accesso al senso e del carattere "inevitabile"délia percezione visiva, dovuto al fatto che non sipuô "non vedere" un'immagine.

In quarto luogo, la forma-marca attribuisce ad undiscorso un carattere distintivo. Per il fatto stesso disistematizzare e di stabilizzare l'identità del discor-so di un enunciatore, essa permette di differenziarlodai discorsi di altri enunciatori, che sono in compe-tizione nella sfera pubblica e cercano di accaparrar-si l'attenzione e il tempo dei destinatari. Attraversoquesta operazione, la problematica dell'originalitàviene spostata dal contenuto dei discorsi allé condi-zioni formait délia loro enunciazione. Il senso di unenunciato è anch'esso orientato in funzione delconteste enunciativo che lo contiene. Uno stessocontenuto - una saponetta - puô essere ripetuto erestare tuttavia originale, se le condizioni di enun-ciazione risultano sufficientemente differenti. Se lasaponetta presentata dal comune di Parigi non ha lostesso senso di una saponetta presentata dalleGaleries Lafayette, è perché l'identità degli enuncia-tori ed il contesto di enunciazione sono differenti.

Infine, la forma-marca permette di trasferire un

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La marca corne dispositivo ai comunica.T.ione

universo di senso e di valori da un oggetto discorsi-vo ad un altro. A causa délia sua natura formale, ildispositivo délia forma-marca non è radicato in unoggetto o in un contenuto specifico. Se la campa-gna in favore dei senza casa è riuscita ad installareuna legittimità e dei valori di solidarietà nell'iden-tità dell'enunciatore "Comune di Parigi", quest'ul-timo puô in seguito trasferire taie legittimità e talivalori ad altri contenuti, attraverso la semplice riat-tivazione degli elementi formali dei suo discorso.Taie proprietà délia forma-marca è particolarmenteutile per gli organismi che sollecitano délie offerteo un aiuto finanziario. Un enunciatore eccessiva-mente associato ad una specifica operazione, corneper esempio la raccolta di vestiti, rischia di doverericostruire la propria legittirnità ed il proprio con-tratto col pubblico ogni volta che s'impegna in unaoperazione di natura différente (raccolta di medici-nali, di alimenti, di denaro).

La forma-marca è un principio di funzionamentovirtuale, applicabile in linea teorica a qualsiasi terri-torio. Tali territori vi si trovano inoltre normaliv.ati.Per il fatto stesso di essere stati inglobati dal princi-pio discorsivo délia marca, il loro contenuto cambiadi significato ed intégra i valori, i simboli e la legit-timità di quest'ultimo. È sufficiente cosï che laCroce Rossa concéda il proprio sostegno - espressosemplicemente dalla presenza dei suo logo - ad unaqualsiasi iniziativa per trasferire a quest'ultima i

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La disseminazione sociale délia marca

propri valori, aumentandone la legittimità e attri-buendogli un nuovo significato.

1 nuovi territori délia marca

Alcune caratteristiche délia forma-marca derivanodirettamente dal sistema di funzionamento déliamarca commerciale. Ma è importante sottolineareche la forma-marca rappresenta un principio di fun-zionamento più astratto e più générale di quelledélia marca cosï corne l'abbiamo descritta nelleprime tre sezioni di questo testo. Il carattere astrattodélia forma-marca le permette di essere applicata adei sistemi discorsivi molto differenti, senza che talioperazioni possano essere ridotte ad una servileadozione délie logiche di funzionamento déliamarca commerciale. Una presentazione di alcuni diquesti nuovi enunciatori, ai quali ci siamo costante-mente riferiti nelle pagine precedenti senza real-mente descriverli, ci consentira di mostrare leragioni dell'adozione da parte loro délia forma-marca.

Le marche umanitarie. - Gli anni ottanta hannovisto lo sviluppo di un grande numéro di organizza-zioni dette non governative, votate all'interventopresse popolazioni in difficoltà al fine di apportareloro differenti tipi di aiuti: sanitario, alimentare,tecnico. Queste organizzazioni umanitarie vivono

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La marca corne dispositivo di comunicazione

essenzialmente grazie al lavoro volontario dei loroassociati e all'aiuto finanziario degli Stati e special-mente dei privati. La rapida crescita di tali organiz-zazioni e la loro crescente specializzazione (patro-cinio di bambini, scolarizzazione, aiuti diversi),hanno generato una situazione di concorrenza oitreche alcuni problemi di legittimità. Questi organismisono ormai obbligati a ricorrere a délie campagnedi comunicazione per sollecitare la generosità deiprivati. Essi si trovano ugualmente nell'obbligo diintroduire délie logiche d'identità e di differenzia-zione, per convincere i privati non solo ad offriredei denaro, ma soprattutto a donarlo alla loro pro-pria organizzazione piuttosto che allé altre. Il fattodi sollecitare délie donazioni in denaro pone inoltreun problema di fiducia. È molto importante che idonatori siano rassicurati circa il buon impiego deiloro denaro.

In questo conteste, un crescente numéro di orga-nizzazioni umanitarie ha adottato la forma-marcaper definire e sistematizzare la propria presenzanello spazio pubblico. Tutte le principali organizza-zioni dispongono oggi d'una identità visuale e di unnome trattato corne una marca. La qualificazione"senza frontière", per esempio, che si pensa sugge-risca in modo particolarmente efficace la nozione diimpegno planetario, è stata sistematicamente copia-ta dalla prima marca, "Medici senza frontière", percapitalizzare la notorietà e la legittimità di uno dei

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pionieri dell'aiuto umanitario. Si sono visti cosïapparire i "Farmacisti senza frontière" i "Giornalistisenza frontière" e persino i "Veterinari senza fron-tière". Una volta saturata l'espressione "senza fron-tière", sono apparse délie varianti, corne "Dottoridel mondo". Altre organizzazioni hanno invece pri-vilegiato un registro più simbolico, scegliendo deinomi corne "Equilibrio", che evoca la riparazionedei torti, l'uguaglianza e la giustizia.

Nelle loro azioni per sollecitare délie offerte daparte degli individui, queste marche umanitariebadano a rispettare un medesimo tono e una certacoerenza d'approccio, al fine di accrescere, al di làdei risultati a corto termine, il loro capitale di noto-rietà e di legittimità. Ogni marca ha anche conden-sato la propria identità ed i propri valori in unafirma o in un logo specifici, che utilizza per patro-cinare altre iniziative dello stesso tipo, o per farefruttare la propria legittimità in cambio di una con-tropartita finanziaria. Si installa allora una logicacircolare. Attualmente si assiste allô sviluppo diforme di partnership tra marche commerciali e mar-che umanitarie. Queste ultime appongono il lorologo su dei prodotti di consumo (biscotti, yogurt,conserve, prodotti per la casa ecc.) e ricevono unadeterminata somma di denaro per ogni prodottovenduto. Dal canto loro, le marche commerciali uti-lizzano la legittimità apportata loro dalle marcheumanitarie per aumentare le vendite e, ovviamente,

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la propria legittimità. Tutti sembrano trame un van-taggio specifico. Assistiamo cosï ad un ulterioreesempio di compenetrazione di logiche commercia-li e logiche originariamente estranee al mondo del-l'economia. Pare legittimo interrogarsi sulle impli-cazioni di taie compenetrazione e sui limiti e lecondizioni di questi scambi.

Le marche culturali. - Anche il settore délia cultu-ra ha adottato in maniera massiccia la forma-marca.La principale motivazione qui non è legata all'affol-lamento ed alla concon-enza tra enunciatori, ma a unbisogno di rinnovare il contratto tra enunciatori epubblico. L'evoluzione socioculturale degli ultimitrent'anni ha condotto, per esempio in Francia, alseguente paradosso: da un lato, un crescente numérodi individu! dispone di un elevato livello d'istruzio-ne, oitre che di strumenti teorici ed intellettuali suf-ficienti per apprezzare la produzione culturale di"alto" livello; dall'altro, lo sviluppo di un'industriaculturale di massa, e specialmente délia televisione,rischia di assorbire tutto questo nuovo potenziale edi limitare, di fatto, il godimento dei béni culturaliad una cerchia ristretta di iniziati.

Per quanto riguarda i musei statali, ad esempio, ilMinistère délia cultura francese ha reagito a questasituazione adottando una forma-marca, declinata inuna gamma di comunicazioni e azioni varia ma coe-rente. Un logo (una M bianca inscritta in un cerchio

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grigio) e un'idendtà visiva sono stati creati e siste-maticamente applicati a tutti gli atti di comunicazio-ne per familiarizzare il pubblico a un unico enuncia-tore: la Riunione dei Musei Nazionali (Réunion desMusées Nationaux). Parallelamente, grandi mostredi forte impatto mediatico (Picasso, Toulouse-Lautrec, Seurat, Renoir) sono state programmate persensibilizzare un pubblico poco familiare con le e-sposizioni. Gli orari (orari continuati, notturne, pre-notazione délia visita) e le condizioni d'accesso(trasporti pubblici, navette), oitre che di soggiorno(bar, ristoranti, guardaroba, baby sitting), sonoadattati ai bisogni di questo nuovo pubblico. È statainfine concepita una panoplia di aiuti pedagogici(visite accompagnate, cassette audio e vidéo, cata-loghi, opuscoli, prodotti derivati) per rispondereallé domande e alla curiosità di un pubblico di nonspecialisti. Oggi la M bianca su fondo grigio èdiventata il logo di una vera e propria marca e godedi una notevole legittimità. La sua apposizione sudi un manifeste o su di un catalogo è sufficiente perevocare una politica di apertura culturale, un con-tralto d'informazione e di divulgazione, l'immaginedi una cultura a portata di tutti i cittadini, viva ed incontinue rinnovamento.

Le marche cinematografiche. - Motivazioni ditutt'altra natura hanno favorito l'adozione déliaforma-marca nell'universo del cinéma. Gli anni

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ottanta hanno visto l'apparizione di un nuovo génè-re di film commerciali, le megaproduzioni. Si trattadi pellicole realizzate per un pubblico di massa econcepite facendo ricorso allé tecniche del marke-ting per assicurare un successo all'altezza dei bud-get investiti, che spesso sono colossali. Per ammor-tizzare gli investimenti, ma anche per estendere lagamma délie possibili opportunità commerciali,questi film sono sottoposti ai principi délia forma-marca. Gli esempi più noti di questa politica dimarca sono Batman, Jurassic Park e più recente-mente // Re Leone o Pocahontas. Questi ultimi, adesempio, hanno stabilito degli accordi commercialicon la marca Nestlé per la commercializzazione didolciumi che riproducono il logo délia marca: lasagoma di un leone su fondo di tramonto rosso enero o il profilo di Pocahontas. In maniera analoga,una grande quantità di altri prodotti (fumetti, albumda colorare, accessori e abbigliamento) è posta invendita per mettere a frutto la notoriété délia marcagenerata dall'impatto mediatico del film.

Le gamme e gli stili dei prodotti variano ovvia-mente in funzione del tipo di film e del target priori-tario. Talvolta i guru del marketing si sbagliano esopravvalutano la capacità di un nome a diventareuna marca.

Questo fu il caso, ad esempio, di Jurassic Park, ilcui logo aveva ricoperto linee intere di dolciumi, lequali rimasero in buona parte sugli scaffali. Queste

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operazioni si caratterizzano essenzialmente per illoro aspetto freddamente tecnico, tipico di tutte leoperazioni prettamente commerciali o finanziarie.In questi casi la marca capitalizza e condensa nontanto dei valori autentici, quanto semplicemente unnome e una notorietà costruiti impiegando sommecolossali in pubblicità e relazioni pubbliche. Delresto la durata di vita di queste marche è moltobrève, e raramente oitrepassa la durata di distribu-zione del film. Si tratta di marche appositamenteprogrammate per brillare intensamente per un brèveperiodo e scomparire subito dopo. In tal senso esserappresentano quasi una negazione di ciô che abbia-mo identificato corne l'essenza délia marca, vale adire la sua capacità di durare nel tempo e di assicu-rare la propria perennità.

Le marche politiche. - Un ultimo esempio déliadisseminazione délia forma-marca riguarda il setto-re délia politica. In alcuni paesi, la corruzione, gliscandait, la perdita di vitalità dei partiti tradizionalihanno prodotto un impoverimento progressivo déliavita politica ed un serio deterioramento délia culturapolitica dei cittadini. Taie fatto ha creato le condi-zioni favorevoli ad una utilizzazione délia forma-marca da parte degli attori politici. Questa situazio-ne non è nuova. Da molto tempo numerosi partitiutilizzano degli strumenti importati dall'universodélia comunicazione commerciale (logo, identità

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visiva, divisione in target degli elettori) e tutti gliuomini politici, ivi compresi quelli reputati più tra-dizionalisti, fanno ricorso sistematicamente aresponsabili di comunicazione, a esperti di immagi-ne e a tutta una série di analisti dell'efficaciamediatica. Ma è solo di récente che l'incontro diqueste tecniche, già ben collaudate, con un ritornoin voga di nuove forme di populisme ha segnatol'apparizione dei primi veri partiti-marche.

Nel contesto politico italiano, l'esempio più em-blematico di questa tendenza è rappresentato dalmovimento Forza Italia, fondato da Silvio Ber-lusconi nel dicembre del 1993, il quale gli permise,appena quattro mesi più tardi, di vincere le elezionilégislative e di diventare per qualche mese primoministre del governo italiano. Questo movimentofin dall'origine è stato concepito corne una vera epropria marca.

Massicciamente mediatizzata dalle tre reti televi-sive di proprietà dello stesso Berlusconi, ForzaItalia présenta un'identità visiva elaborata con cura.1 colori e il logo délia marca sono sistematicamenteripresi in tutte le sue manifestazioni. Gli spot televi-sivi sviluppano inoltre un'identità sonora: ogniannuncio si âpre con un'identica sigla musicale (jin-gle). Anche l'abbigliamento dei candidati e deisostenitori rispetta i criteri di base dell'identitàvisuale, proprio corne avviene per le uniformi déliaforza vendita di una marca di un prodotto di largo

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consumo o del personale di una catena di grandimagazzini3. Taie trattamento, fortemente coerente,émana una sensazione di unità, di ordine, di chia-rezza. La visibilità délia marca è in tal modo enfa-tizzata e il suo riconoscimento è immediato.

Durante la campagna elettorale venne selezionatoun numéro limitato di terni, sulla base di indicazio-ni fornite dai sondaggi d'opinione. Infine, dopoogni intervento di Berlusconi, l'impatto di questiterni ed il modo di trattarli venivano sisternatica-rnente analizzati attraverso rnetodologie di valuta-zione del gradirnento, sirnili a quelle utilizzate nellostudio délie prestazioni pubblicitarie.

Dopo la sua nomina alla presidenza del consigliodei ministri, Berlusconi cercô di gestire anche l'ese-cutivo con gli stessi criteri, ma a quanto pare conminore successo: il primo governo Berlusconi di-missionô nel dicembre 1994, appena sette mesidopo la sua nomina e da allora sembra non riuscirepiù a trovare, almeno nelle stesse proporzioni, il3. All'estero, un esempio di utilizzo dell'abbigliamentocorne criterio d'identità di marca è il movimento americanoNation of Islam, capitanato dal discusso reverendo LouisFarrakan. Tutti i membri del movimento devono portare uncomplète nero, una camicia bianca, un papillon al postodélia cravatta e (facoltativo) gli occhiali scuri. Alcuni com-mentatori délia stampa americana hanno rilevato ironica-mente che i comizi di Farrakan assomigliano, se non fosseper il contenuto violento e spesso antisemita délie sue paro-le, ai concerti dei Blues Brothers.

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^u iiiinuu corne aispositivo cil comuniccaione

favore dei consumatori-elettori. Le ragioni sono evi-denti e illustrano la difficoltà di stabilire délie analo-gie troppo strette tra marketing di largo consumo emarketing politico. Per durare nel tempo, una politi-ca di marca nécessita di una strategia chiara e di unagestione coerente. Ciô era stato possibile durante lacampagna elettorale perché da un lato Berlusconiera il leader unico e incontestato délia sua strategiadélia marca, e dall'altro questa strategia era intera-mente fondata su délie tecniche di comunicazione.L'entrata di Forza Italia in un governo di coalizioneha reso caduche le due condizioni. Da un lato lamarca ha dovuto imparare a proprie spese le sotti-gliezze, i compromessi, le alleanze e i capovolgi-menti tipiche dell'esercizio effettivo del potere. Ilsuo discorso è cosï apparso meno chiaro e coerente.Dall'altro lato, essa è stata sottomessa alla "provadei fatti", corne è normale per una marca che sitrova a detenere un potere politico reale.Abbandonando l'universo délia comunicazione perquello dell'azione, la marca si è esposta a degliinsuccessi e a degli errori che le hanno impeditod'acquisire una legittimità unanimemente ricono-sciuta. Corne nel caso di Benetton, assistiamo altentative, non particolarmente fruttuoso, di unamarca di allargare il suo territorio di legittimità diparola e alla reazione délie altre formazioni discor-sive a questo tentative.

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CONCLUSIONE

La marca tra mercato e società

Abbiamo iniziato questo viaggio intorno allamarca in una bottega di vasellame dell'antichità e loterminiamo in un conteste apparentemente moltolontano da quelle» dell'industria e del commercio.Dopo avère investito l'universo délia produzione,dopo avère contribuito allô sviluppo délia societàdei consumi, la marca varca i limiti del mercato, suohabitat "naturale", e si diffonde nel conteste socialein senso lato. Nata corne elemento di continuità tra iprodotti e i mercati, attualmente la marca stabiliséeuna nuova relazione, tra mercato e società. Alcuniconsiderano quest'evoluzione corne l'ennesirno sin-torno délia progressiva sottornissione di tutte le altreforme di discorsività sociale (culturale, politica,giornalistica ecc.) al paradigma economico. Si trattaa nostro avviso di una visione riduttiva perché, seb-bene figlia del commercio e dell'economia, laforma-marca che circola nel conteste sociale géné-rale ne rappresenta una versione "purificata" eastratta. La forma-marca è un dispositivo généraledi produzione e di comunicazione del senso, un

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Conclusione

principio di legittimità, un modo di condensare erendere più efficaci e flessibili i discorsi sociali.

Piuttosto che nell'espansione economica, bisogne-rebbe ricercare le vere cause délia disseminazionesociale délia marca nel rapido sviluppo del paradig-ma délia comunicazione.

La crescente espansione délie società contempora-nee, la moltiplicazione dei messaggi, la rapida diffu-sione dell'informazione, la riduzione del tempo edell'attenzione che gli individui possono dedicaread ogni atto di comunicazione, obbligano i discorsia circolare in maniera sempre più efficace, précisaed economica, sotto pena di scomparire, inghiottitidal vortice comunicazionale. Nata per favorire unamigliore prestazione dei prodotti nel contesto con-con'enziale del mercato, la forma-marca si dedicaattualmente alla gestione délia concorrenza tra idiscorsi sociali, conferendo loro maggiore chiarez-za, impatto ed attrattiva. Taie preoccupazione di"farsi ben capire", di fare giungere a destinazione leproprie comunicazioni, illustra una trasformazioneprofonda délie società contemporanee, che stannospostando l'equilibrio délia sovranità e del poteredecisionale in direzione dei consumatori, del pubbli-co, dell'opimone pubblica, dei comuni cittadini. Ineffetti, finché i discorsi circolano seconde una logi-ca piramidale, seconde una gerarchia sociale o eco-nomica, dall'alto verso il basso, la produzione deimessaggi domina sulla loro ricezione. Sono i desti-

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Concliisione

natari che devono preoccuparsi di ricevere i messag-gi e ben comprenderli. Ma in un conteste di circola-zione concorrenziale dei discorsi, di simmetria degliindividui e di mescolanza délie classificazioni edélie gerarchie sociali, sono piuttosto gli enunciatoriche devono preoccuparsi délia riuscita dei loro attidi comunicazione e che devono vegliare affinché iloro messaggi siano intesi, compresi e assimilati. Ladisseminazione sociale délia marca appare alloracorne uno degli indicatori délia fluidità, simmetria emobilità che caratterizzano l'evoluzione socialeattuale.

Questa situazione di fluidità puô rappresentare unformidabile progresse (più uguaglianza, più libertà,più responsabilità per gli individui), ma anche uninquiétante régresse (nuove forme di manipolazio-ne, appiattimento dei messaggi, nuovi populismi).Accusare la marca, o anche la forma-marca, di esse-re ail'origine di trasformazioni storiche e sociali ditali dimensioni è evidentemente ridicolo. Capireinvece corne lo sviluppo dei paradigma comunica-zionale sta modificando in profondità il funziona-mento délia discorsività sociale permetterà dimeglio identificare le condizioni pratiche cui deveobbedire (ma a cui non deve necessariamente limi-tarsi) qualunque tipo di progetto sociale in questafase tardiva délia modernità.

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INDICE DELLE MARCHE CITATE

Adidas 95, 96Alfa 90Apple 131Avenir 69, 80

Bacardi 44, 173Bang & Olufsen 123,

124Batman 204Beaumont 113Benetton 23, 165, 179,

180, 181, 182, 183,186, 187, 188, 189,190,208

Bio 131Blancpain 157Blues Brothers 207BMW 125BP130Bulgari 146

Caisse d'Epargne 131Campari 173

Cardin 147, 148Caripio 126Cartier 163Chanel 125Church's 157Citroën 131Clio 143Coca-Cola 19, 35, 44,

56, 170Cova, 12Crédit du Nord 127Croce Rossa 198

Danone 43, 67, 110,157

Darty 152Discman 158Disney44, 131Disneyiand 44, 176

ELF131Estée Lauder 105, 172Eurodisney 44

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Evian44,59,83,90

Ferrari 69, 146Pindus158Fiordilatte 46Ford 36Forza Italia 206, 208France Télécom 163

Galbani 46Galeries Lafayette 191,

197GAN 163Gatorade44,83, 154Givenchy 148Golia 125Gourmet 113

Herta 59, 85, 90, 139,140

Hippopotamus 130

IBM 102, 131II Re Leone 204

Jurassic Park 204

K-Way 96, 97KitKat51

Kodak 43Kraft 52

L'Oréal 57, 177LaCaixal31La Forme 113La Poste 129, 130La Rinascente 191Laguna 143Lancôme 83LC1 131Levi's 43, 57, 79, 80,

83,90,91, 151Libération 131Louis Vuitton 125, 148Lucky Strike 170

Macintosh 101, 102,122

Marks & Spencer 113Marlborol09, 112,158Me Donald 111, 131Mégane 143Michelin 35Ministère délia cultura

francese 202Monoprix 113Mozary 46Mulino Bianco 83

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Nana 118, 119, 120,121,141,158

Nation of Islam 207Nescafé 47Nestlé 51, 177,204Nike39,96,131Nutella 56Nuvenia 118

Panzani 68, 137, 138,139

Peugeot 131Phas 67Philip Morris 52, 109,

162Philips 48Pocahontas 204Printemps 191

RATP127, 131Reebok 96Renault 67, 90, 91, 104,

143, 144, 145, 150,156

Réunion des MuséesNationaux 203

Revion 141Rhône-Poulenc 163Rolex 131Rolls-Royce 146

Safeway 113Safrane 143Sainsbury 113Schweppes 35Shiseido 106SNCF 153Société Générale 131Sony 43, 131, 158Swatch 39

Twingo 104, 143

Unilever 110

Walkman 158

3M131

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TASCABILI 1 TRIANGOLI

Jacques SéguélaHollywood lava pià bianco

Alberto De MartiniPubblicità sull 'InternetUna buona ragione per farla e nove regole per farla bene

Gianni LombardiLettere Vincenti

Paul Le RouxPresentare per convincereStratégie di presentazione

Lorenzo MariniQuesto libro non ha titolo perché è scritto da un artdirector

James Webb YoungTecnica per produrre idée

Jean Baudrillard// sogno délia mercePresentazione di Antonio Porta

Maxwell SackheimCorne fare pubblicità a se stessiPresentazione di Romano Billet

Jacques SéguélaNon dite a mia madré chefaccio il pubblicitario

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Giorgio FanfaniHit parade del linguaggio pubblicitarioPiccolo dizionario

R. K. SkacelEmme corne marketingLeggi fondamentali del mercato

Giacomina LapennaParlare in pubblico con travolgente insuccesso

G. Francione-G.D. De BonoVademecum del consumatoreContro la pubblicità ingannevole