La Marca dall’A alla Z -...

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FOTOFILM FOTOFILM AFC AFC Arricchite anche voi, su tribunatreviso.it, l’alfabeto dei fatti e dei personaggi La Marca dall’A alla Z Ecco le storie di un anno indimenticabile TREVISO. La Marca dalla A alla Z, l’alfabeto del 2008, è lo speciale che proponiamo og- gi ai lettori, un po’ gioco e un po’ documento, per riepiloga- re i fatti salienti e i personag- gi più significativi dell’anno che ci prepariamo a salutare. La scelta, come sempre nei giornali, riflette il nostro pun- to di vista: se non lo condivide- te, arricchiete voi stessi l’alfa- beto, da domani, sul nostro si- to internet tribunatreviso.it, con le vostre proposte. È un occasione per riflettere, per af- finare la propria opinione, per affrontare il 2009 con idee un po’ più robuste. E gli spun- ti non mancano. Anzi. Questo 2008 al tramonto è stato un an- no importante per la Marca, nel bene e nel male. Prendiamo la politica. Mai come quest’anno la Marca ha espresso idee e leadership po- litiche di così alto livello. Non solo con la nomina di due mi- nistri trevigiani di primo pia- no come Luca Zaia e Maurizio Sacconi. Ma anche con quell’e- sperienza, straordinariamen- te innovativa, costituita dal movimento dei «sindaci del Piave», i fautori del federali- smo municipale con il 20 per cento dell’Irpef ai Comuni. Ma non c’è stato solo il qua- dro politico a rendere avvin- cente questo 2008 trevigiano. Pensate ai grandi interrogati- vi etici che stanno determi- nando sempre più la nostra vi- ta individuale e collettiva. Co- me un piccolo laboratorio d’a- vanguardia, la Marca ha pro- posto tali interrogativi in mo- do diretto e concreto: dal testa- mento biologico registrato nel suo letto da Paolo Ravasin, al- la procedura adottata dal Ca- ’Foncello con i neonati senza speranza, lasciati morire tra le braccia delle mamme con una scelta umanissima e co- raggiosa dello staff medico. In entrambi i casi abbiamo assi- stito ad un’ampia, civile e dif- fusa discussione pubblica. Un bel segnale per la nostra co- munità. Così come intenso, duro e inte- ressante è il dibattito sulla convivenza interetnica e inter- religiosa: un capitolo irrisol- to, ma che arricchise in ogni caso la nostra comunità. Abbiamo visto in faccia anche il male assoluto, con il proces- so agli assassini di Gorgo, con l’arresto del killer di Iole. Ma in entrambi i casi abbiamo an- che visto lo straordinario lavo- ro delle forze dell’ordine e la puntualità della magistratura nel chiarire e nel rendere giu- stizia. Anche questo è stato un buon segnale. A come alpini, quelli che a maggio hanno invaso le strade di Bassano per l’ottantunesima adunata nazionale. Un evento che ha riunito oltre 400 mila penne nere e migliaia di turisti, curiosi, amici. C’è chi è arrivato in auto, in treno, in corriera. E chi ha scelto locomozioni storiche, stravaganti o naturali come piedi, biciclette, trattori e gli immancabili muli. Infaticabili compagni di viaggio delle penne nere sempre al centro dell’annosa polemica che li differenzia tra muli doc e muli fasulli. Diecimila gli alpini trevigiani che hanno sfilato tra gli applausi del pubblico l’11 maggio. A fianco a loro anche penne nere argentine, canadesi, australiane e statunitensi di tutte le età, segno di una passione che lega e non muore. Ma nel novantesimo anniversario della Grande Guerra, e 60 anni dopo la prima adunata di Bassano, l’invasione degli alpini è stata anche, come sempre, una grande ed emozionante festa di popolo. In onore al motto «donne, bufere e vino non fanno tremare l’alpino» per tre giorni vie, piazze e vecchie fabbriche del Grappa si sono trasformate in accampamenti festanti, cucine e tavolate a cielo aperto dove tutti erano ben graditi. Lo sport può cambiare la vita. E’ successo ad Alessandro Ballan, 29 anni, di San Giorgio di Castelfranco, che il 28 settembre ha vinto il campionato del mondo di ciclismo su strada. E’ il primo trevigiano a realizzare il sogno di ogni ciclista professionista. Ancora più bello, è accaduto a Varese, sulle strade di casa, davanti al pubblico che, quando è scattato imperiosamente a tre chilometri dalla fine, lo ha riconosciuto e lo ha «spinto» fino al traguardo. I cinque minuti più belli del ciclismo terminati in un’apoteosi. Per Alessandro Ballan ci sono voluti quasi vent’anni in bicicletta per salire sul tetto del mondo. Una carriera cominciata tra i giovanissimi del Giorgione, proseguita con il Postumia ’73-Dino Liviero, Zalf Désirée Fior, Unione Ciclisti Trevigiani e Cyber Team prima che la famiglia Gastaldello, che costruisce le biciclette Wilier Triestina, insistesse perché la Lampre gli facesse firmare il contratto. Dal 2004 Ballan non ha mai cambiato squadra anche se dall’estero lo hanno tentato più di qualche volta con offerte allettanti. Forse un segno di riconoscenza verso il gruppo della famiglia Galbusera che gli ha consentito di volare sul gradino più alto del podio iridato. Alessandro Ballan è sposato con Daniela e ha due figlie: Stella e Azzurra, forse un segno del destino quello della ultima nata l’11 agosto a un mese dalla gloria. Ma dal 28 settembre 2008 la vita di «Ale» è cambiata. In due mesi ha girato l’Italia per ritirare una raffica di premi. L’hanno voluto in Svizzera e in Belgio, dove ha un fan club dopo la vittoria al Giro delle Fiandre, è anche un modello di Laura Biagiotti e farà da testimonial per una marca di orologi. Ma è solo l’inizio, perché il sogno di Ballan è vincere la Parigi-Roubaix con la maglia iridata. (s.b.) Nove agosto, tre del pomeriggio. Lungo la A4 Venezia-Trieste il Tir guidato da Roman Baran, 48 anni polacco, sbanda, urta un camper poi sterza bruscamente puntando il guard rail. Il camion taglia la lamiera protettiva come burro e invade la carreggiata opposta. I mezzi in corsa non fanno nemmeno in tempo a frenare. Il Tir centra l’auto di una famiglia bolognese, muoiono padre, madre e figlia, poi investe un altro autotreno guidato da un marocchino. E’ un groviglio che non lascia scampo. I mezzi si incendiano, ma il dramma sembra non avere fine. Contro le fiamme piomba un’altra auto: una Bmw targata Vicenza con a bordo due persone. In pochi secondi, tutti ripresi dalle telecamere dell’autostrada, muoiono sette persone. E’ la strage di Cessalto. I soccorritori intervengono in uno scenario da guerra, ma non c’è nulla da fare. Si apre l’inchiesta. La Procura affida tre perizie: una sui resti del camionista polacco, una sul video girato dalle telecamere e una sulla dinamica. Si punta il dito anche contro il guardrail: obsoleto. Il 23 ottobre l’A4 viene parzialmente chiusa per ricostruire la dinamica dell’incidente. Mentre l’autopsia scagiona il camionista polacco, si accerta che la strage è stata causata da un guasto meccanico nel mezzo. Accanto, l’esplosione subito dopo il terribile schianto del Tir che ha saltato il guard rail Qui accanto gli alpini di Treviso alla sfilata di Bassano durante l’adunata nazionale

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Arricchite anche voi, su tribunatreviso.it, l’alfabeto dei fatti e dei personaggi

La Marca dall’A alla ZEcco le storie di un anno indimenticabile

TREVISO. La Marca dallaA alla Z, l’alfabeto del 2008, èlo speciale che proponiamo og-gi ai lettori, un po’ gioco e unpo’ documento, per riepiloga-re i fatti salienti e i personag-gi più significativi dell’annoche ci prepariamo a salutare.La scelta, come sempre neigiornali, riflette il nostro pun-to di vista: se non lo condivide-te, arricchiete voi stessi l’alfa-beto, da domani, sul nostro si-to internet tribunatreviso.it,con le vostre proposte. È unoccasione per riflettere, per af-finare la propria opinione,per affrontare il 2009 con ideeun po’ più robuste. E gli spun-ti non mancano. Anzi. Questo2008 al tramonto è stato un an-no importante per la Marca,nel bene e nel male.

Prendiamo la politica. Maicome quest’anno la Marca haespresso idee e leadership po-litiche di così alto livello. Nonsolo con la nomina di due mi-nistri trevigiani di primo pia-no come Luca Zaia e MaurizioSacconi. Ma anche con quell’e-

sperienza, straordinariamen-te innovativa, costituita dalmovimento dei «sindaci delPiave», i fautori del federali-smo municipale con il 20 percento dell’Irpef ai Comuni.

Ma non c’è stato solo il qua-dro politico a rendere avvin-cente questo 2008 trevigiano.Pensate ai grandi interrogati-vi etici che stanno determi-nando sempre più la nostra vi-ta individuale e collettiva. Co-me un piccolo laboratorio d’a-vanguardia, la Marca ha pro-posto tali interrogativi in mo-

do diretto e concreto: dal testa-mento biologico registrato nelsuo letto da Paolo Ravasin, al-la procedura adottata dal Ca-’Foncello con i neonati senzasperanza, lasciati morire trale braccia delle mamme conuna scelta umanissima e co-raggiosa dello staff medico. Inentrambi i casi abbiamo assi-stito ad un’ampia, civile e dif-fusa discussione pubblica. Unbel segnale per la nostra co-munità.Così come intenso, duro e inte-ressante è il dibattito sullaconvivenza interetnica e inter-religiosa: un capitolo irrisol-to, ma che arricchise in ognicaso la nostra comunità.Abbiamo visto in faccia ancheil male assoluto, con il proces-so agli assassini di Gorgo, conl’arresto del killer di Iole. Main entrambi i casi abbiamo an-che visto lo straordinario lavo-ro delle forze dell’ordine e lapuntualità della magistraturanel chiarire e nel rendere giu-stizia. Anche questo è statoun buon segnale.

A come alpini, quelli che a maggio hanno invaso le strade diBassano per l’ottantunesima adunata nazionale. Un evento che hariunito oltre 400 mila penne nere e migliaia di turisti, curiosi, amici.C’è chi è arrivato in auto, in treno, in corriera. E chi ha sceltolocomozioni storiche, stravaganti o naturali come piedi, biciclette,trattori e gli immancabili muli. Infaticabili compagni di viaggio dellepenne nere sempre al centro dell’annosa polemica che lidifferenzia tra muli doc e muli fasulli. Diecimila gli alpini trevigianiche hanno sfilato tra gli applausi del pubblico l’11 maggio. A fiancoa loro anche penne nere argentine, canadesi, australiane estatunitensi di tutte le età, segno di una passione che lega e non

muore. Ma nel novantesimoanniversario della GrandeGuerra, e 60 anni dopo la primaadunata di Bassano, l’invasionedegli alpini è stata anche, comesempre, una grande edemozionante festa di popolo. Inonore al motto «donne, bufere evino non fanno tremarel’alpino» per tre giorni vie,piazze e vecchie fabbriche delGrappa si sono trasformate inaccampamenti festanti, cucine etavolate a cielo aperto dove tuttierano ben graditi.

Lo sport può cambiare la vita. E’ successo ad Alessandro Ballan,29 anni, di San Giorgio di Castelfranco, che il 28 settembre ha vintoil campionato del mondo di ciclismo su strada. E’ il primo trevigianoa realizzare il sogno di ogni ciclista professionista. Ancora piùbello, è accaduto a Varese, sulle strade di casa, davanti al pubblicoche, quando è scattato imperiosamente a tre chilometri dalla fine,lo ha riconosciuto e lo ha «spinto» fino al traguardo. I cinque minutipiù belli del ciclismo terminati in un’apoteosi. Per AlessandroBallan ci sono voluti quasi vent’anni in bicicletta per salire sul tettodel mondo. Una carriera cominciata tra i giovanissimi delGiorgione, proseguita con il Postumia ’73-Dino Liviero, ZalfDésirée Fior, Unione Ciclisti Trevigiani e Cyber Team prima che lafamiglia Gastaldello, che costruisce le biciclette Wilier Triestina,insistesse perché la Lampre gli facesse firmare il contratto. Dal2004 Ballan non ha mai cambiato squadra anche se dall’estero lohanno tentato più di qualche volta con offerte allettanti. Forse unsegno di riconoscenza verso il gruppo della famiglia Galbusera chegli ha consentito di volare sul gradino più alto del podio iridato.

Alessandro Ballan è sposato con Daniela e ha due figlie: Stella eAzzurra, forse un segno del destino quello della ultima nata l’11agosto a un mese dalla gloria. Ma dal 28 settembre 2008 la vita di«Ale» è cambiata. In due mesi ha girato l’Italia per ritirare unaraffica di premi. L’hanno voluto in Svizzera e in Belgio, dove ha unfan club dopo la vittoria al Giro delle Fiandre, è anche un modellodi Laura Biagiotti e farà da testimonial per una marca di orologi.Ma è solo l’inizio, perché il sogno di Ballan è vincere laParigi-Roubaix con la maglia iridata. (s.b.)

Nove agosto, tre del pomeriggio. Lungo la A4 Venezia-Trieste ilTir guidato da Roman Baran, 48 anni polacco, sbanda, urta uncamper poi sterza bruscamente puntando il guard rail. Il camiontaglia la lamiera protettiva come burro e invade la carreggiataopposta. I mezzi in corsa non fanno nemmeno in tempo a frenare. IlTir centra l’auto di una famiglia bolognese, muoiono padre, madree figlia, poi investe un altro autotreno guidato da un marocchino. E’un groviglio che non lascia scampo. I mezzi si incendiano, ma ildramma sembra non avere fine. Contro le fiamme piomba un’altraauto: una Bmw targata Vicenza con a bordo due persone. In pochisecondi, tutti ripresi dalle telecamere dell’autostrada, muoionosette persone. E’ la strage di Cessalto. I soccorritori intervengonoin uno scenario da guerra, ma non c’è nulla da fare. Si apre

l’inchiesta. La Procura affida treperizie: una sui resti delcamionista polacco, una sulvideo girato dalle telecamere euna sulla dinamica. Si punta ildito anche contro il guardrail:obsoleto. Il 23 ottobre l’A4 vieneparzialmente chiusa perricostruire la dinamicadell’incidente. Mentrel’autopsia scagiona ilcamionista polacco, si accertache la strage è stata causata daun guasto meccanico nelmezzo.

Accanto,l’esplosionesubito dopoil terribileschiantodel Tirche ha saltatoil guard rail

Qui accantogli alpinidi Trevisoalla sfilatadi Bassanodurantel’adunatanazionale

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Mercoledì 5 novembre. Dentro lo stadio Santiago Bernabeu diMadrid sono in ottantamila. Quando lui esce, a pochi spiccioli dipartita ancora da giocare, si alzano tutti in piedi. Standing ovation,il massimo onore delle armi che pochissimi “nemici” del RealMadrid hanno saputo raccogliere. Lui, Alessandro Del Piero, salutacon un inchino. Ha appena segnato due gol — un sinistro a beffarel’ex compagno Cannavaro e una punizione delle sue — con i qualila Juve ha battuto i merengues sul loro campo dopo 46 anni. Il 2008di Ale (alla veneta, non Alex, perché sulla carta d’identità è purscritto nato a Conegliano) si condensa in questa immagine. Unanno straordinario, nel senso puro e non annacquato del termine:28 gol segnati, 20 in campionato — più dei 19 di Amauri e dei 18 diIbrahimovic — la classifica marcatori conquistata alla primastagione in A «D.C.», Dopo Calciopoli. Lui l’anno prima è sceso in Bcon la sua Juve, lo scudetto sul polsino, visto che dal petto glielohanno strappato. Questo 2008 è stato l’anno del ritorno inChampions’, la coppa con le orecchie che Ale ha già alzato nel1996. Ci riprova, e ha ripreso con le sue magìe europee contro loZenit San Pietroburgo e il Real Madrid. Ha appena compiuto 34anni, Ale, ma sorride e non risponde se gli chiedete quando haintenzione di smettere. Lo avevano dato per finito mille volte, lohanno ribattezzato Godot perché sembrava non arrivasse mai più,dopo il terribile infortunio del 1998. Ora è tornato, e non vuole piùandarsene: nel 2010 ci sono i mondiali, va difesa la coppaconquistata a Berlino anche con un suo gol, in quei rigorispaccacuore con la Francia. Nei giorni scorsi, parlando di Cassanoe del suo possibile ritorno in nazionale, il presidente della Figc,Abete, ha detto al genio & sregolatezza sampdoriano: impari da DelPiero. Perché Ale è da standing ovation non solo per i gol. (f.p.)

La prima volta in cui la Marca si confronta, drammaticamente,con le usanze e le tradizioni dei suoi immigrati è con EvidenceObosee Prince Aseh, il neonato nigeriano morto dissanguato nellasua culla dopo una circoncisione clandestina praticata in casa, aVisnadello. Il dramma viene alla luce all’alba del 6 giugno quando igenitori, sconvolti, fermano un’ambulanza chiedendono di essereportati al Pronto soccorso. In braccio hanno il piccolo Evidence,esanime, dissanguato dall’operazione subita alcuine ore prima. Adeffettuarla, sotto compenso di circa 150 euro, un’altra nigeriana:Bimbola Maria Thomas, 34 anni. Davanti avanti alle autorità ladonna confessa di non essere nuova a quel genere di interventiall’interno della comunità africana. Nel suo appartamento, aseguito delle perquisizioni, gli agenti trovano diversi bisturi

monouso. La nigeriana vienearrestata per omicidiopreterintenzionale ma le accusenei suoi confronti sialeggeriscono dopo l’autopsiaeffettuata sul corpo del piccolo.Il Pm Giuseppe Salvo riformulal’iputazione: le viene contestatala «morte del bambino inconseguenza di un altrodelitto». Maria ammette: «Nonopererò più». La proposta didebellare il fenomeno delle«circoncisioni casalinghe»aprendo le porte degli ospedaliinfiamma il dibattito politico.

Accanto,BimbolaThomasaccusatadi averpraticato lacirconcisionesi Evidence

Accanto,IoleTassitanifotografatacon il suoidoloClaudioBaglioni

AntonioGuadagninivicesindaco diCrespanofondatoree portavocedei «sindacidel Piave»

E’ iniziata a Venezia lo scorso novembre l’udienza preliminarecontro Michele Fusaro, il falegname di Bassano che il 12 dicembredello scorso anno rapì Iole Tassitani, figlia del notaio diCastelfranco, la sgozzò e la ridusse in 29 pezzi. La difesa hachiesto il rito abbreviato (sconto di pena di un terzo) condizionatoalla perizia psichiatrica a cui si erano opposti accusa e parti civili. Ilgiudice Giuliana Galasso ha ammesso la perizia e l’équipe dipsichiatri, formata dagli specialisti scelti dalle diversi parti, èentrata in carcere a dicembre, per il primo colloquio di cinquecolloqui. L’udienza, con la relazione dei consulenti, è stataaggiornata a marzo. Fusaro si trova rinchiuso nella cella 13,braccio di massima sicurezza, del penitenziario di Vicenza. Latribuna lo ha incontrato dietro le sbarre: sul tavolino aveva la

Bibbia alla cui lettura si dedicaassiduamente e un settimanalepopolare. «Aspetto il perdono»,ha detto Fusaro facendoriferimento alla famigliaTassitani. Poi ha accusato lastampa di aver ostacolato ilriavvicinamento tra lui e iparenti della vittima. Fusaro,che ha accolto i visitatori incella scusandosi per ildisordine (tutto eraperfettamente a posto), si ècommosso in un solo momento:parlando di sè stesso. Nessunaparola su Iole. (s.t.)

Un semestre o poco più, e «G&G», la poltrona per due di Ca’Sugana, slogan vincente della precedente legislatura monocoloredel Carroccio, sembra scoppiare. La coabitazione fra il sindacoGiampaolo Gobbo e il vice Giancarlo Gentilini si sta rivelandosempre più difficile. C’era una volta la divergenza «nevralgica»sull’utilità del park sotterraneo in piazza Vittoria (Genty fautore, ilsindaco «frenatore»), in un ticket che teneva, con il ruoloprosindaco affidato a Gentilini: un autentico superassessore liberodi muoversi a 360 gradi fra i referati, a cominciare dai LavoriPubblici. Adesso è una gara continua fra «G&G» a smarcarsireciprocamente, per rimarcare le distanze di opinioni, stili,concezioni dell’amministrazione della città. Un giorno è la ventilatachiusura del centro storico, o quantomeno l’ampliamento dellezone a traffico limitato; un altro il rapporto con gli islamici; il terzola posizione sull’abolizione dell’Ici e le casse vuote degli enti locali;il quarto le superordinanze sul decoro alla Bitonci. E poi il rapportocon gli alleati, la valutazione sulle difficoltà di FondazioneCassamarca e sulle scelte di De Poli...

Succede anche nelle migliori coppie. Non è un caso che lescintille si riverberino in giunta, dove Gentilini ha perso i suoifedelissimi, ed è sempre più isolato, in consiglio e in municipio. Ibene informati di Ca’ Sugana raccontano che si contano sulle ditadi una mano le occasioni in cui i due si fanno vedere assieme, dalleinaugurazioni ai convivi.

Ma guai a «ufficializzarlo»; la Lega lo smentirà sempre fino allamorte, non può permettersi di perdere la sua prima icona. E certopesa l’ingresso in giunta degli alleati del Pdl. Ma la «musica» a Ca’Sugana è cambiata, in pochi mesi. E adesso tocca anche allamacchina comunale. Ne risentiremo parlare.

Piccola oasi di multiculturalità, in viale Monfenera, «Hilal» è ilcircolo fondato a maggio dal coordinatore delle comunitàmarocchine di Treviso, Abdallah Khezraji, come simbolo di dialogofra gli stranieri e la città roccaforte della Lega.

Ma il 2008 è stato un anno «caldo» sul fronte islamico. Lacomunità trevigiana, sfrattata a fine 2007 dall’oratorio di Paderno,inizia un lungo «pellegrinaggio» nei comuni della provincia allaricerca di una moschea. La Lega però oppone alle ragioni dellapreghiera lo spauracchio del terrorismo.

Passano i mesi e ad aprile, la comunità islamica si spacca.Nasce «Seconda Generazione». Il gruppo ha il volto di una giovanestudentessa cresciuta a Treviso, Meryem Fourdaous, che nonlesina attacchi a Gentilini e ai «padri» della comunità, Khezraji el’imam Youssef Tadil, «colpevoli — dice — di non aver saputodifendere la comunità dagli attacchi della Lega».

A maggio il gruppo lancia la sfida all’amministrazione, pregandoogni venerdì nel parcheggio di via Cisole, a San Liberale. Il clima èteso ed è l’arrivo del console marocchino a porre fine allapreghiera. Con l’inizio del Ramadan, il gruppo affitta un negoziodismesso a San Liberale come sede di associazione e scatenandoancora una volta l’ira di Cà Sugana.

I toni si esasperano: il falco della Lega Pierantonio Fanton ealcuni rappresentati del gruppo arrivano allo scontro fisico. Intantoil gruppo di musulmani guidato dall’imam Youssef Tadil si ritrova aVillorba per pregare all’aperto. Su Treviso si accendono letelecamere delle tv nazionali e internazionali. Con il Ramadanfinisce il mese caldo dei musulmani che però continuano hachiedere una moschea.

Si sono ritrovati in tanti, nell’oratorio San Giovanni Bosco diPonte della Priula, lo scorso 16 maggio. E hanno deciso di darebattaglia. I «sindaci del Piave», come subito sono stati chiamati,hanno lanciato la proposta di lasciare il 20 per cento dell’Irpefversata nei territori comunali ai municipi.

Un movimento che nel breve spazio di un’estate è diventata unavalanga: 450 sindaci veneti su 581 hanno sottoscritto l’idea. Il primodi ottobre, a Roma, oltre quattrocento fasce tricolori hannorappresentato la rabbia del Veneto. Sono stati ricevuti da Tremonti,Calderoli e Fitto. Intanto il disegno di legge del governo, cambiatotre volte, sta facendo il suo cammino in Parlamento.

Ma i sindaci non si accontentano: e dal primo gennaio voglionoraccogliere le firme di un milione di veneti. A guidare il giovane

vice sindaco di Crespano delGrappa, Antonio Guadagnini,diventato il volto di questaprotesta. La proposta èsemplice: prevede l’abolizionedell’attuale sistema ditrasferimenti dello Stato,squilibrato a favore dei comunidel sud, in cambio del 20 percento dell’Irpef. Per il Veneto uncambiamento epocale. Tra gliaderenti degli ultimi giornianche i sindaci di Torino, diMonza, di Varese. Il movimentosi allarga a tutto il Nord.

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Sono le 9.38 del 4 gennaio quando il pilota del volo XY-2081 chestava percorrendo la tratta Maiquetia-Los Roques, in Venezuela,lancia il may-day: l’aereo scompare.

A bordo c’erano 8 italiani, tra loro una famiglia di Ponzano: PaoloDurante, 41 anni, la moglie Bruna Guernieri, 42, e le figlie Emma eSofia, di 8 e 6 anni. Secondo la protezione civile venezuelana ilLet-410 si è inabissato nei Caraibi nel tentativo di ammarare dopoun problema tecnico.

Ma è giallo: non ci sono tracce del velivolo, che pare scomparsonel nulla. A due settimane dall’inizio del mistero di Los Roquesappare il cadavere del copilota, ritrovato seminudo su una spiaggiaa 300 chilometri di distanza: secondo un esperto anatomopatologonon sarebbe morto nello schianto.

Dall’Italia i familiari non credono all’incidente, e cominciano abattere all’ipotesi del dirottamento da parte dei narcotrafficanti edel sequestro. Denunciano l’immobilismo della Farnesina e lavolontà dei venezuelani di non cercare nulla — sullo stesso tratto,negli ultimi 10 anni, sono spariti 30 aerei — e scoprono coninvestigazioni private che a bordo dell’aereo c’erano 18 persone,non 14, e che il velivono non aveva le autorizzazioni per volare.Finchè a fine aprile i venezuelani annunciano di aver trovato ilpunto esatto in cui si trova l’aereo: dopo tre mesi di trattative perfotografare il mezzo si scoprirà, a fine dell’estate, che in realtà erastata individuata una roccia.

Ora le richerche sono arrivate al termine, senza trovare nulla. Ifamiliari hanno creato diversi siti internet per chiedere certezze,attendono il risarcimento dalla compagnia assicurativa dopo icertificati di morte presunta ma non mollano: «I nostri cari non sonoin fondo al mare».

Sembra un film. Match Point di Woody Allen, con il caso chescombina e decide tutto. E’ invece un fatto vero: lui che proponealla moglie una passeggiata romantica in riva al canale dentro cuisi specchia la luna, che le dice «ho una sorpresa per te», che la fagirare e dopo averle dato un bacio sulla nuca la spinge giù, nelleacque gelide dalle quali nessuno si è mai salvato. Lei, che non sanuotare, riesce a restare a galla grazie al piumino e,aggrappandosi, a un ramo secco si mette in salvo. E’ successo il 7novembre a Colfosco. Lui Eddy Mariotto, 30 anni, impresario edilecon amante (conosciuta tramite un annuncio erotico), è finito incarcere, dove ancora si trova, con l’accusa di tentato omicidio.«Non so perché l’ho fatto», ha dichiarato l’uomo. E lei ha ribattutto:«Ho vissuto per 10 anni con un mostro». Ora ha chiesto la

separazione. Lui avevapreparato il pianoaccuratamente: aveva sparso lavoce che la moglie eradepressa, che aveva tentato ilsuicidio. Poi aveva portato labici vicino al canale, prontaall’occorrenza. Il 7 novembre èscattato il piano: i coniugi sonousciti in auto per la passeggiataromantica, lui l’ha spinta ed èpoi rientrato in bici, mentre lamoglie gli gridava aiuto. Eraconvinto di aver messo in scenail «suicidio» perfetto. Il caso hadeciso diversamente. (s.t.)

Accantola dottoressaNadiaBattajonneonatologadell’ospedaleCa’Foncellodi Treviso

La dottoressaNadiaBattajonal centrodel casodei neonatisenzasperanza

Qui accantoLucio Dallain visitaalla mostradel Canalettoalla Ca’deiCarraresidi Treviso

Ammutoliscono tutti quando la dottoressa Nadia Battajon dell’Usl9 racconta in un covegno a Padova quanto avvenuto qualchesettimana prima nel reparto di Patologia neonatale dell’ospedaletrevigiano. Nadia Battajon, dottoressa del Ca’ Foncello, avevadichiarato di aver staccato la spina ad un neonato senza speranza.Del caso si era interessata anche la magistratura trevigiana. Dopogiorni di roventi polemiche in cui si arriva a parlare anche dieutanasia, interviene anche il vescovo di Treviso Andrea BrunoMazzocato che difende apertamente la dottoressa dalle accuse chele vengono mosse. «Ogni vita umana è sacra e chiede di esseresostenuta con assoluto rispetto e con i mezzi possibili, in ognimomento. Questo sostegno non deve però offendere la dignità dellapersona con accanimenti terapeutici inutili», ha detto il vescovo

Mazzocato difendendo così lascelta fatta dai medicitrevigiani. La vicenda si è poiconclusa con il giudizio dellaProcura che si era fattaconsegnare le cartelle clinichedel neonato. «Non c’è stataalcuna contaminazione —hanno scritto i magistrati che sisono occupati del caso — convalutazioni di natura medica,religiosa o morale». Battajonnon ha mai avuto dubbi sul suooperato: «Sono sempre stataserena. So di aver sempre fattoil mio dovere».

Nel 2005 avevano firmato un accordo: sì al “congelamento” dellostipendio, pur di avere in cambio la garanzia di non perdere il postodi lavoro. Oggi che l’azienda ha messo sul piatto un piano dilicenziamenti che ne farà fuori oltre trecento, i lavoratori dellaOsram di Treviso sono diventati il simbolo di questa crisi. Una crisiglobale, che dai palazzi della finanza e dei colossi bancari mondialiarriva come una tempesta fino alle piccole imprese della Marca. Ilcosto del denaro aumenta, il meccanismo dei prestiti si inceppa, iconsumi calano, la domanda precipita: in questa spirale vengonorisucchiati migliaia di posti di lavoro. A novembre in provincia diTreviso si contavano 5.583 dipendenti in cassa integrazione: ècome se un intero paese delle dimensioni di Altivole avesse perso(o rischiasse di perderlo presto) il lavoro. A soffrire sono i compartiche hanno fatto la storia del manifatturiero trevigiano, dal tessile almetalmeccanico passando per le calzature. Anche il legno-arredoinizia a battere qualche colpo a vuoto, per non parlare dell’ediliziain picchiata. Da Osram al gruppo Zoppas, dai tagli degli interinali inDe’ Longhi a quelli alla 3B, dai colossi come Tecnica e Monti finoalle microimprese artigianali, in pochissimi si salvano. La luce infondo il tunnel è difficile da vedere, anche perché fino a qualchemese fa chi perdeva il lavoro in fabbrica magari si “riciclava” nelcommercio o nei servizi, mentre oggi anche lì è dura. Rispetto aquesto quadro — già a tinte fosche — secondo il sindacato la cassaintegrazione è destinata a raddoppiare entro i primi mesi dell’annoprossimo, per effetto di un’onda lunga di difficoltà che deve ancoraraggiungere il proprio picco. Intanto migliaia di famiglie stringono identi, tirano un sospiro di sollievo se la rata del mutuo scende unpo’ e la benzina costa meno, sperano di non avere imprevisti. Pertutto il resto, invece che a Master Card, ci si affida alla social card.

Naim Stafa condannato all’ergastolo. Vent’anni a George AlinBogdaneanu. Queste le condanne emesse dal giudice Elena Rossiil 22 settembre scorso per l’omicidio dei conuiugi Guido e LuciaPelliciardi avvenuto nella notte tra il 20 e il 21 agosto dell’annoscorso a Gorgo al Monticano. L’albanese Arthur Lleshi, anche luiaccusato dello stesso delitto, si era suicidato l’anno scorso,impiccandosi all’interno del carcere di Padova pochi giorni prima diNatale. Il giudice, nel motivare la sentenza che sarà comunqueoggetto di ricorso in Appello, delinea il ruolo di tutti gli imputati.Stafa ha sempre mentito. Emerge, secondo il magistrato, la suaposizione dominante: «E’ lui che comandava, abituato a sfruttare laprostituzione di donne verso le quali usava anche particolareviolenza, dedito anche ad altre attività illecite quali la cessione disostanze stupefacenti e reati contro il patrimonio. Scaltro, dicesubito che i telefoni permetteranno di accertare che lui non erapresente sul luogo del fatto, dimostrando conoscenza in materia ditabulati telefonici». La condotta di Bogdaneanu, sostiene ilmagistrato, deve essere invece ricondotta nell’alveo del concorsonei reati contestati «in quanto egli ha fornito un apporto materialedeterminante: prende parte ai ripetuti sopralluoghi, fornisce lapropria auto, lascia ai complici la piena disponibilitàdell’abitazione, si adopera a cancellare le tracce che conducesseroai correi. Inoltre proprio l’utilizzo del postamat conferma l’adesionepreventiva al piano criminoso». Tutto ciò, spiega il giudice Rossi,dimostra l’attivismo di Bogdaneanu e la sua piena adesione aldelitto. E sullo sfondo resta l’inquietante ombra di una quarta belvaancora in libertà. Il suo nome era stato fatto da Lleshi in undrammatico interrogatorio, poco prima di uccidersi.

Quadri. Bellissimi, tantissimi e, finalmente, bene accolti dalpubblico. Dopo gli anni d’oro (dal punto di vista dei numeri e delleemozioni) delle mostre sugli impressionisti curate da Marco Goldin,Treviso disperava di poter ospitare, ancora a Ca’ dei Carraresi, unarassegna d’arte che richiamasse il grande pubblico. Invece, dopo letiepide accoglienze (sempre in termini numerici, non stiamovalutando la qualità) alle rassegne su Cina, Ottocento e Novecentoveneti, ecco arrivare la mostra sul Canaletto e sui vedutisti cheoperarono a Venezia. I numeri sono subito importanti, il flusso dituristi è nuovamente continuo e massiccio, specie durante ifine-settimana. Anchye bar, ristoranti, alberghi e negozi, dopo unavvio guardingo, sposano la «causa». Merito, anche, degli illustrivisitatori come Vittorio Sgarbi e Lucio Dalla, che fanno nuovanente

respirare a tutti l’ariadell’evento. Se a Ca’ deiCarraresi gli amanti dell’artearrivano da tutta Italia, sempretiepida resta l’accoglienza daparte del pubblico trevigiano,che, com’è avvenuto in passato,si assieperà magari negli ultimigiorni utili, giusto per non doverdire «me la sono persa». El’organizzatore Brunello pensagià alla prossima. Sul Giorgioneper il cinquecentenario.Castelfranco permettendo, ma èpresto per le polemiche.

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A Treviso nasce una piccola, grande battaglia per i diritti civili.Dal letto di una casa di riposo di Monastier, Paolo Ravasin, 48 anni,da 10 malato di Sla, firma il suo testamento biologico, che poidecide di rendere pubblico con un video-testamento.

Paolo dice di non voler essere sottoposto all’idratazione eall’alimentazione artificiale nel caso non fosse più in grado diintendere e di volere. La sua testimonianza fa il giro dei networklocali e del web: Ravasin diventa il simbolo, insieme a PiergiorgioWelby e a Eluana Englaro, del riconoscimento dei diritti del malatoa morire «dignitosamente».

Raccoglie la commozione dei trevigiani, l’imbarazzo dellapolitica e le critiche degli ambienti ecclesiastici.

E’ un editoriale pubblicato a luglio su «La vita del Popolo», afirma del teologo Giuseppe Mazzocato, a scatenare le polemichepiù dure. Mazzocato infatti definisce la scelta di Ravasin «unsuicidio».

La settimana successiva, il vescovo monsignor Andrea BrunoMazzocato, fa visita a Ravasin: un incontro incontroa suo modo«storico».

La curia parla di «un’iniziativa di solidarietà umana». Ravasin lodefinisce «un colloquio fra due cattolici». L’ultima volta che Paolo fasentire la sua voce risale allo scorso 13 novembre, il giorno in cuila Cassazione di fatto dice «sì» all’interruzione delle cure perEluana Englaro. «Sono contento per il padre di Eluana — dicecommosso Paolo — Spero che questa sentenza possa cambiarequalcosa».

Un mese dopo il ministro trevigiano Maurizio Sacconi emana unatto di indirizzo, invitando le strutture sanitarie pubbliche econvenzionate a non praticare l’interruzione delle cure artificiali.

«La calda settimana dell’inquieta casalingua, commessa in unnoto negozio di abbigliamento in centro a Treviso». E’ questo ilboccacesco incipit del volantino apparso il primo luglio sotto leserrande di centinaia di negozi del centro.

Il «corvo» racconta la storia bollente di una sexy commessa, edesalta il chiacchiericcio della città con il suo «Corna a Treviso», leavventure tra la bella quarantenne (il volantino ne riportava nome ecognome) e il suo insaziabile amante.

Il racconto delle performances erotiche dell’avvenente signoratratteggia una (presunta) settimana a luci rosse da campionidell’eros, tra pause pranzo fuori porta e cenette al lume di candelasfociate nella passione. Il caso finisce immediatamente inProcura, e dalla cronaca rosa si passa al giallo: una coppia di

Marghera — l’ex amante dellasexy commessa e sua moglie,entrambi di 54 anni — risultaindagata non solo perdiffamazione ma anche permolestie, ingiurie (anche consms, come nella foto qui afianco), tentata violenza privata,minacce e lesioni ai danni dellaquarantenne commessa, che hachiesto anche un cospicuorisarcimento danni.

Dal genere boccaccesco alleaule di giustizia, alla faccia di«Signore & Signori»: i coniugi diMarghera andranno a processo.

Accantole minaccevia Smsalla commessadi Trevisopresa di miracol volantinosuper-sexy

AccantoMatteoTagliariolmedagliad’oronella spadaalle Olimpiadidi Pechino

AccantoLuca Zaianominatoministroalla cerimoniadel giura-mentoal Quirinale

Quand’era piccolo giocava a fare il D’Artagnan. Da grande lo èdiventato davvero e ha regalato all’Italia la prima medaglia d’oro diPechino. Matteo Tagliariol, trevigiano di 25 anni, esordiente aiGiochi, è salito con la sua spada, dopo quasi mezzo secolo divuoto, sul gradino più alto del podio. In finale l’azzurro si è ritrovatocontro il francese Fabrice Jeannet, uno dei suoi idoli: un assalto asenso unico, a parte il solito inizio di studio. Una giornata cheMatteo non dimenticherà mai e che Treviso avrà sempre nellamemoria: alla sua città e al suo primo maestro, Ettore Geslao, èandata la dedica più toccante. Matteo ha cercato la medaglia d’oroanche nella gara a squadre: invece sarà bronzo e con duemedaglie al collo si è presentato al sindaco di Treviso. L’abbracciodella città è stato caldo come non mai: «Voglio continuare a

vincere, la tivù non miinteressa». Dice. Ma ben prestocambia idea e partecipa alreality «La talpa». «LaFederazione non mi ha ancoradato una lira, non si vive di solagloria, servono i soldi».L’affondo più recente è ancoranei confronti della Federazionee del suo presidente, unaquerelle sollevata da AldoMontano e continuata da Matteoriguardo ai loro due maestriormai lontani dall’Italia: «Vaavanti chi non cambia le cose,non chi guarda al futuro».

La notizia della tragedia arriva la mattina del 14 settembre dagliUrali: il volo dell’Aeroflot da Mosca a Perm si era schiantato nellanotte. A bordo c’era Tomaso Martinazzo, artigiano 51enne diCrocetta, imbarcatosi il giorno prima da Venezia per andare acollaudare un essicatoio a Perm per conto della Incoplan diMareno. Nessun superstite e difficile recupero dei corpi: questocomunica l’Unità di crisi della Farnesina ai carabinieri e alvicesindaco di Crocetta, Lucia Poloniato, cugina di TomasoMartinazzo.

Quella mattina Stefania Bacchetto, la moglie, ed Erika e Ester, lefiglie, sono a Villa Pontello per partecipare alla festa delvolontariato. Come Stefania Bacchetto vede il vicesindaco e icarabinieri intuisce che qualcosa di grave è avvenuto. Portano lei ele figlie di 14 e 7 anni a casa e la informano di cosa è accaduto lanotte sugli Urali. Tomaso Martinazzo per il suo lavoro girava per ilmondo: Asia, Africa, Americhe. Era uno dei pochi tecnicispecializzati in colluadi di essicatoio e quindi era sempre con lavaligia in mano. Doveva tornare dopo dieci giorni, invece il destinolo attendeva a poca distanza dall’aeroporto di Perm, sugli Urali.Appena saputo della tragedia, i parenti si chiudono nel dolore,circondati dall’affetto del paese, mentre l’amministrazionecomunale si attiva per fornire tutta l’assistenza necessaria e perfare le pratiche per il rimpatrio della salma.

In Russia viene inviato il Dna prelevato al padre per facilitarel’operazione di riconoscimento. Passano i giorni, le settimane, madalla Russia nessuna notizia. E l’angoscia aumenta. Finalmente,dopo oltre un mese, viene comunicato che c’è stato il ritrovamento.Da Perm arriva la bara e il 20 ottobre, nella chiesa di Nogarè, vienecelebrato il funerale. (e.f.)

Virna, bellissima, luminosa, con quegli occhi che ridono sempre,regalando gioia a chi ha la fortuna di averla di fronte. Virna Lisiarriva a Treviso in una serata d’inverno. Una serata fredda, con lanebbia che mette a rischio lo scalo aeroportuale (e lei arriva inauto, da Roma, per ritirare il premio «Fuoriclasse») restituisce allacittà, quarantatrè anni dopo, la visione di una delle donne più belledel Dopoguerra.

Virna Lisi è anche una «trevigiana adottata», perchè diventata,senza volerlo, simbolo di tutte le belle donne per cui la città è nota:la Signorina Milena di «Signore & Signori» è indimenticabile eindimenticata. E’ lei, nel film di Germi, la cassiera che fa perdere latesta al maritatissimo ragionier Bisigato, alias Gastone Moschin,che stanco di nascondere la sua storia con quel «gioiello di donna»,sfida al suo braccio, attraversando Piazza dei Signori, tutte le«convenienze» dell’epoca. E, quando i bempensanti insorgono e loscandalo lo travolge, sale sui merli del Palazzo per inscenare ungoffo tentativo di suicidio.

Così quando, su un palchetto un po’ disadorno piazzato in mezzoalla piazza, sale la bellissima Virna, emozionata e felice dellacalorosa accoglienza, la gente si spella le mani e scatta unamontagna di foto. Dopo il saluto, Virna corre al cinema, dove vieneriproiettato (restaurato) il film che la portò, giovanissima eluccicante di bellezza, a Treviso.

Soltanto qualche mese prima - lui da semplice turista - perPiazza dei Signori era passato «il ragionier Bisigato». GastoneMoschin, in totale anonimato, era venuto a respirare l’aria e aguardare i luoghi in cui era stato girato quel fortunatissimo epluripremiato film.

Altri andavano a 100 all’ora a trovare la fidanzata. Lui corre ildoppio. A 193 all’ora, sulla A/27., Nessuno sapeva — lui sì, in cuorsuo? — che stava sfrecciando in realtà verso palazzo Chigi e Roma(un tempo) ladrona. Imprevedibile Zaia: nel momento menobrillante della sua sovraepsosta carriera politica, la Lega piazza lapropria bandiera sul ministero dell’Agricoltura. E auspice BoboMaroni, nonché i veti incrociati tra Fi e An, a 40 anni Zaia siede nelconsiglio dei Ministri. La conferma di Treviso scuola politica diprim’ordine: Sacconi, sempre più big in Forza Italia, assume idicasteri chiave di Welfare e Lavoro. Zaia — detto anche erpomata, per il gel — impone ben presto il suo stile.

Giri nelle stalle e nei campi, giacca cravatta e stivali affogati nelterreno; campagne a favore deinostri prodotti (l’ultima lacrociata contro l’ananas sulletavole di Natale) el’onnipresenza sui media, finoall’ospita nello studio del Tg1; ilmai rescisso cordoneombelicale con la Marca creal’ufficio aperto il lunedì al «suo»Cerletti a Conegliano. Fino altrionfo politico sulle quote latte,a Bruxelles. E il suo anticosogno di governare il Veneto?Si tira fuori, giura che Bossi hadesignato Tosi. Sarà vero?

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