I 43 morti di Ribolla -...

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50 La disperazione dei familiari e le operazioni di salvataggio all’interno della miniera 5 maggio 1954 I 43 morti di Ribolla Un’esplosione di grisou sorprendente al mattino i minatori di Ribolla, gettando nel- la costernazione l’intera Maremma. L’opera di soccorso dura l’intera giornata del 5 maggio e continua nottetempo alla lu- ce dei riflettori. Il primo bilancio dice che le vittime sono 15. Ma troppi minatori mancano ancora al- l’appello. I morti saranno 43. Le scene di dolore tra i familiari raccolti da- vanti alla miniera sono impressionanti. Nel ’55, Bianciardi e Cassola ne denuncia- no la causa scrivendo l’inchiesta «Minatori della Maremma», editore Laterza. A miniera ferma, per due giorni, era stato collocato un aspiratore nuovo. In quei due giorni l’aria stagnante si era ac- cumulata nel pozzo, con il gas. Invece fu or- dinato la ripresa degli scavi di lignite. Un ordine fatale. Ribolla è uno degli avvii del romanzo «La vita agra» di Bianciardi, lo scrittore maremmano che rimane quattro giorni a Ribolla, dallo scoppio ai funerali: «Ci saranno state 50mila persone». L’espressione di dolore dei minatori

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La disperazione dei familiari e le operazioni di salvataggio all’interno della miniera

5 maggio 1954

I 43 morti di RibollaUn’esplosione di grisou sorprendente al

mattino i minatori di Ribolla, gettando nel-la costernazione l’intera Maremma.

L’opera di soccorso dura l’intera giornata del 5 maggio e continua nottetempo alla lu-ce dei rifl ettori.

Il primo bilancio dice che le vittime sono 15. Ma troppi minatori mancano ancora al-l’appello. I morti saranno 43.

Le scene di dolore tra i familiari raccolti da-vanti alla miniera sono impressionanti.

Nel ’55, Bianciardi e Cassola ne denuncia-no la causa scrivendo l’inchiesta «Minatori della Maremma», editore Laterza.

A miniera ferma, per due giorni, era stato collocato un aspiratore nuovo.

In quei due giorni l’aria stagnante si era ac-cumulata nel pozzo, con il gas. Invece fu or-dinato la ripresa degli scavi di lignite.

Un ordine fatale. Ribolla è uno degli avvii del romanzo «La vita agra» di Bianciardi, lo scrittore maremmano che rimane quattro giorni a Ribolla, dallo scoppio ai funerali: «Ci saranno state 50mila persone».

L’espressione di dolore dei minatori

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Il Presidente Einaudi con Gronchi

26 maggio 1954

Giovanni Guareschi, l’umo-rista più popolare d’Italia, attac-ca De Gasperi, sul «Candido», per i bombardamenti alleati at-tribuendogli delle colpe non di-mostrabili.

Guareschi che sul «Bertol-do» aveva creato un nuovo tipo di satira antifascista, è diventa-to famoso con i suoi comunisti «trinariciuti» e la storia di Don Camillo e Beppone.

De Gasperi lo querela.Per Guareschi sono dolo-

ri perché in precedenza aveva aperto una campagna di sfottò contro il pre-sidente Einaudi ed era stato condannato a ot-

Per Guareschi è la galerato mesi con la condizionale.

Il nuovo processo non ha storia. Si prende un anno e non vuole ri-correre. Così deve fare dodici me-si più gli otto di Einaudi. Gliene condoneranno sei. Li trascorre nel carcere di Parma, in una cella geli-da, esposta a tramontana, con ven-ti gradi sotto zero d’inverno.

Ha l’ulcera e gli negano il vitto adeguato. Gli impediscono di leg-gere e di scrivere. Quando esce dice: «Mi spiace che nel frattem-po sia morto De Gasperi ma io ora continuerò a lottare con i comu-

nisti e contro i democristiani».Ricevendo più minacce di prima.

Gronchi sale al Quirinale 29 aprile 1955

GiovanniGuareschi

Il Dc Giovanni Gronchi (68 anni di Ponte-dera), presidente della Camera, segue Einaudi al Qurinale con 658 voti al quarto scrutinio, in massima parte socialisti e comunisti.

Con lui il Quirinale volta pagina.È il primo presidente che viaggia all’este-

ro, seguendo le strategie dell’Eni di Mattei. Nel 1956 parla a Waghington e provoca acce-se polemiche. Nel ’60 ha uno scontro a Mosca con Kruscev.

Durante la visita di De Gaulle a Roma, nel ’59, fi nisce in tv l’incidente al Teatro dell’Ope-ra quando un ritardo dello staffi ere provoca la caduta di Gronchi.

Fedele all’idea del centro-sinistra viene in-gannato da un discorso di sinistra pronuncia-to a Firenze da Tambroni e gli affi da il gover-no, nel marzo ’60.

Lo stesso giorno Mattei fa ribassare il prezzo della ben-zina.

Ma le decisioni di Tambroni pro-vocano sanguino-si disordini a Geno-va, a Reggio Emi-lia e in altre città, con 10 morti e mol-ti feriti.

E il governo Tam-broni dura solo 116 giorni, risultando uno dei più brevi in assoluto tra quelli del dopoguerra.

A destra, la prima pagina del “Tirreno” dà la notizia dell’elezione di Gronchi. Nato a Pontedera, aveva 68 anni

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È il gioco, presentato dal giovanissimo Mike Bongiorno, che fa aumentare la vendita degli apparecchi televisivi ancora molto cari, e apre la strada ai quiz tivù a premi destinati letteralmente a soffocarci.

Lascia o raddoppia?Mike Buongiorno con Gianluigi Marianini

Le domande per partecipare a «Lascia o rad-doppia?» superano in breve le 100mila e i con-correnti più agguerriti e più simpatici assu-mono la statura degli «eroi»: Marianini, De-goli, La Garoppo, Carpi, Bosi, Dossena, la Bo-lognani. Specialmente la Bolognani. Si chia-ma Paola, è di Pordenone, ha lunghi capelli biondi, a boccoli, ben dotata di curve secon-do lo stile friulano, spavalda, moderatamen-te civetta, spiritosa. Trionfa a «Lascia o rad-doppia?» concorrendo per la «Storia del calcio italiano» e affronta con prodigiosa memoria un argomento prediletto su ogni altro dagli italiani. La Bolognini, che i telespettatori tro-vano somigliante a Marilyn Monroe, segna un indice di gradimento altissimo e sposa Giaco-mo Paolini, nato a Bengasi, abitante a Livor-no. Vanno ad abitare in via del Fantasia.

Paola Bolognani

Ribot, bruttino ma imbattuto

30 aprile 1955

Dopo aver vinto, per il secondo anno consecutivo, l’Arco di Trionfo parigino, la corsa più importante dell’ip-pica mondiale, Ribot è defi -nito dalla stampa francese «le cheval de siècle». Sedici corse primo e imbattuto, Ri-bot non è bello. Tozzo, coda di topo, criniera cespuglio-sa, testa troppo lunga, «so-miglia a un mulo» diceva Fe-derico Tesio che non lo ama-va e che, morto nel ’54, non ha potuto assistere ai suoi successi. Così lo ha guidato il socio di Tesio, il marche-se Mario Incisa della Roc-chetta che nel 1930 ha spo-sato a Bolgheri una contes-

sina Della Gherardesca. Tre vittorie hanno reso celebre Ribot, oltre all’Arco di Trion-

fo 1955 e 1956, la Cop-pa d’oro di Ascot davan-ti alla regina Elisabetta. Bruttino, ma tutto so-stanza, con una capaci-tà toracica fuori del nor-male, Ribot è il simbolo del miracolo economico italiano per nulla appari-scente ma di ecceziona-le valore, tanto che In-cisa dichiara di aver po-tuto lanciare il vino più famoso d’Italia, il Sassi-caia, grazie alle rendite di Ribot andato in alle-vamento negli Usa.

La corsa vittoriosa a Parigi nell’Arco di Trionfo

26 novembre 1955

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26 ottobre 1956

Cadono miti e illusioni. Kruscev in un celebre «Rapporto» attacca il culto stalinia-no della personalità.

E Budapest insorge contro il governo comunista. Ma il 4 novembre l’esercito sovie-tico stronca nel sangue la ri-bellione.

Le conseguenze sono lace-ranti tra i comunisti europei dei Paesi demo-cratici. In via delle Botteghe Oscure liquida-no la rivolta di Budapest come «controrivo-luzione fascista». Niente di più falso.

La rivolta è nata all’interno del regime e del partito. Non aveva una matrice borghese.

E la sua spinta ideologica era di natura socialista.

Sangue nelle strade di BudapestNe avremo la prova che farà allontanare

dal partito comunista gli intellettuali come Carlo Salinari, responsabile culturale del partito, il qua-le, già all’indomani del rap-porto Kruscev che denuncia-va Stalin come un’autocra-te sanguinario, aveva detto: «D’ora in poi dobbiamo ra-

gionare con la nostra testa».E con la loro testa ragioneranno soprat-

tutto molti comunisti livornesi a comincia-re da Furio Diaz seguito dall’armatore Co-stante Neri e dal capo partigiano Luciano Montelatici.

Gli ungheresi vanno in piazza, ma i carri armati sovietici piegano nel sangue la rivolta

I carriarmatientrano nel centro di Budapest

Sonocentinaiai mortinelle strade dellacittàungherese

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Pio XII

28 ottobre 1958

Dal conclave, dopo la morte di Papa Pa-celli, esce Angelo Roncalli, il patriarca di Ve-nezia, che assume il nome di Giovanni XXIII. Secondo le previsioni sarà un pontefi ce in-colore. Poi il 29 gennaio 1959 la grande sor-presa: Papa Ron-calli dichiara di vo-ler indire il Sinodo diocesano, un Con-cilio ecumenico e aggiornare il Co-dice di diritto ca-nonico.

Come dire: le fi -nestre del Vaticano si aprono in modo brusco.

Soprattutto i l Concilio è una pro-va di democrazia all’interno della Chiesa.

Chiama i vesco-vi di tutto il mon-do a dire ciascuno la sua: un fatto ri-voluzionario.

Giovanni XXIII vuole modernizza-re la Chiesa spin-gendola a un rap-porto più stretto con la civiltà con-temporanea. E dopo la crisi di Berlino del-l’agosto 1961, quando viene eretto il muro abominevole, il suo appello per la pace del 10 settembre ottenne la risposta di Kruscev e questo induce la destra italiana ad accu-sarlo di andare troppo a sinistra.

Quando il Concilio si apre, Mosca permet-te che il patriarca ortodosso vi partecipi co-me osservatore.

Papa Roncalli muore il 3 giugno 1963.

Suona l’ora del Papa buono

Roncalli, il Papa buono

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14 luglio 1960

Carlo Cassola, lo scrittore nato a Roma e maremmano di elezione vince il Premio Strega con «La ra-gazza di Bube» il suo romanzo di maggior successo, sopravan-zando con 151 voti contro 70 «Il cavalie-re inesistente» di Ita-lo Calvino.

Una stagione fortu-nata della letteratura italiana.

Cassola, con questo premio, si conferma lo scrittore più letto dagli italiani.

Anche se lui, chiu-so e introverso, ne-mico del trionfalismo e degli altoparlanti culturali, neghe-rà l’importanza del suo best-sel-ler, dichiarando «che è solo este-riorità, solo fat-ti». Alla vigilia del premio, Pasolini lo ha attac-cato chiamandolo «servo del Va-ticano» perché il libro è stato lo-dato da «Civiltà Cattolica».

In realtà Cassola, socialista con tanto di tessera, ha condanna-to per primo il risvolto deterio-re della gloria partigiana descri-vendo un ex partigiano che con-tinua a uccidere credendo nel-la violenza.

Quella sera, a Villa Giulia, bril-lava la scollatura piena di salute di Claudia Cardinale annunciata come l’interprete del fi lm tratto dal romanzo.

Cassola e Bube superstar

Carlo Cassola, Claudia Cardinale e sotto, una foto giovanile di Nada, la vera ragazza di Bube

Lo scrittore maremmano di adozione batte Italo Calvino e vince il Premio Strega

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15 luglio 1960

È da Berlino 1936 che non si assiste a un’Olimpiade di tale levatura. Ma se Berli-no è stata l’esaltazione del nazismo, questa romana esalta lo sport e la pace e, semmai, il turismo italiano.

Il numero degli atleti iscritti è impres-sionante: 8.315 per 85 Paesi. Si ripete lo scontro di Melbour-ne 1956 tra Stati Uniti e Unio-ne Sovietica.

I russi hanno ancora la meglio per 44 medaglie d’oro a 34.

L’Italia è terza, con 13 meda-glie d’oro, 10 d’argento e 13 di bronzo.

Quarta la Germania. Tra i risul-tati più sorprendenti: quello dei 100 piani dove il tedesco Hary fulmina gli americani.

E quello dei 200 dove il nostro Livio Berruti, che corre con gli occhiali scuri, batte i fi nalisti di colore.

Una duplice, storica, disfatta per i velocisti neri.

«Il meraviglioso volo di Berruti è l’imma-gine più bella che ci rimane delle Olimpiadi di Roma» commenta «Il Tirreno».

Il mondo, però, si entusiasma per la ma-ratona di Abebe Bikila, l’atleta etiopico, che trionfa scalzo fra le quinte della Roma im-periale.

L’oro di Livio Berruti

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11 novembre 1961

La tragedia del Congo entra nelle case italiane. Tre-dici aviatori della 46ª Aerobrigata di Pisa, in servizio nel Paese africano per conto dell’Onu, vengono cattura-ti e trucidati. Agli uomini dei due C-119 al comando del maggiore pilota Parmeggiani, mancano meno di due settimane per rientra-re a Pisa. Nella zona di Kindu la popolazio-ne è terrorizzata dall’idea dell’arrivo dei ne-mici tribali rinforzati dai mercenari. E quan-do i due C-119 atterrano per scaricare cibi e altro materiale, i soldati locali non han-

Le 13 bare appena sbarcateall’aeroporto di Pisa

Mattei, incidente o sabotaggio?27 ottobre 1962

no dubbi. I tredi-ci italiani, scam-biati per merce-nari belgi, oltre-tutto disarmati, non hanno scam-po. Si barricano dentro la base,

protetti simbolicamente da pochi militari. Il tenente medico Francesco Remotti, è il pri-mo a cadere. Gli altri dodici vengono assali-ti, malmenati, caricati su un camion e tra-sportati in città. Scaricati nella via principale si trovano circondati dalla folla inferocita. Al tramonto vengono uccisi e lasciati alla mer-cé degli abitanti. Solo cinque giorni dopo il mondo conoscerà la loro fi ne.

A Bescapé, tra Pavia e Milano, precipita l’aereo di Enrico Mattei, il presidente dell’Eni famoso nel mondo imprenditoriale per avere sfi dato le «sette sorelle» del petrolio.

La commissione d’inchiesta defi nisce «in-cidente» il disastro. Poi il giudice esclude il sabotaggio e archivia.

Negli anni ’70 un libro e il fi lm di France-sco Rosi rilanciano il sabotaggio.

Il giornalista dell’«Ora» di Palermo, Mau-ro de Mauro, scompare dopo aver confi dato di avere uno scoop sul caso Mattei.

Nel ’94 la riapertura delle indagini. Alcu-ni pentiti di mafi a (Gaetano Ianni è il princi-pale, ma anche Tommaso Buscetta e Riggio) accreditano la pista dell’attentato.

«Il Giorno» era il quotidiano dell’Eni, e Giorgio Bocca, inviato di quel giornale, rac-conta che il direttore Pietra, di ritorno da

Mosca, gli dice: «Sai cosa mi ha detto Kru-scev? I servizi segreti sovietici sono certi che Mattei fu ucciso».

Nessuno dei due pensò a fare un’inchiesta. «Né lui né io avevamo paura, ma né lui né io eravamo dei donchisciotte pronti a com-battere contro i mulini a vento».

Enrico Mattei.A sinistra è con la madre

Strage a Kindu

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9 ottobre 1963

La disperazione dei sopravvissuti alla tragedia

Alle 22.49 una frana di 250 milioni di me-tri cubi di roccia precipita dal monte Toc nel lago artifi ciale chiuso dalla diga del Vajont. La frana solleva un’ondata che aggredisce la diga. E la diga resiste, non si lascia squar-ciare. L’ondata, allora, ha un’impennata mo-struosa e precipita nella valle del Piave, due-cento metri sotto.

Sono 30 milioni di metri cubi d’acqua che si abbbattono come un gigantesco maglio sul paese dirimpettaio, Longarone, spazzando-lo via in pochi secondi. Altri due paesi che lambiscono il lago idroelettrico, Erto e Cas-so, subiscono la stessa fi ne.

I morti sono oltre duemila. E non sono vit-

Il disastrodel Vajont

time di un «evento imprevedibile», ma di un progetto che la Sade, la società elettrice ve-neta, ha imposto d’autorità senza tener con-to delle testimonianze delle comunità mon-tane. Da sempre la zona del monte Toc è fra-nosa. E la Sade non si è contentata di realiz-zare il progetto, studiato all’inizio del secolo, ma lo ha ampliato e trasformato.

L’invaso è stato accresciuto e caricato d’ac-qua oltre il livello di sicurezza.

Scena tratta dal fi lm andato in onda lo scorso anno in televisione, e sopra un’immagine dell’epoca

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22 novembre 1963

Il presidente John Kennedy

Il presidente che ha cambiato la storia degli Stati Uniti viene ucciso a Dallas, una delle città ribelli al-la «Nuova Frontiera» di Kennedy, la città-barricata della gran-de destra capitalista. Poche ore dopo il de-litto viene arrestato l’ex marine Lee Har-vey Oswald.

Ma due giorni ap-presso, Oswald viene ucciso a sua volta nel sotterraneo delle pri-gioni di Dallas, davan-ti alle telecamere del-la Nbc, da Jack Ruby, un biscazziere. Subi-to dopo la Cbs, riva-le della Nbc, licenzia in tronco i consulenti che hanno consiglia-to di piazzare le tele-camere nei luoghi sbagliati. Segno che l’at-tentato a Oswald era previsto.

Ma la versione uffi ciale secondo cui a Dal-las ci sono stati tre colpi di fucile e tutti e

Tre colpi, e Kennedy è mortotre li avrebbe esplosi Oswald non regge.

Il sospetto che Oswald sia stato lo strumento di un complotto, e che lo abbiano eliminato perché non parlas-se, fa subito breccia nell’opinione pub-blica.

Tutte le inchieste non svelano l’enig-ma. A John Kenne-dy succede il suo vi-ce, Lyndon Johnson. Cinque anni dopo, a Los Angeles, viene ucciso Bob Kennedy, il fratello di John.

L’ arresto di Lee Harvey Oswald e, a destra, i solenni funerali del presidente Kennedy

La moglie Jacqueline con i fi gli Carolina e

John-John

Lyndon B. Johnson giura

come presidente degli Stati Uniti

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Amintore Fanfani. Pretese che l’autostrada passasse da Arezzo

5 ottobre 1964

Il nostro giornale pubblica: «La “scorcia-toia” dell’Italia, l’Autostrada del Sole, è pron-ta. Questione di ore.

Domani mattina si alzerà idealmente la bandierina che scatenerà il gran traffi co sul gigantesco fi ume che legherà in un trait-d’union d’asfalto Milano a Napoli dopo aver toccato Bologna, Firenze e Roma».

Ci sono voluti otto anni di lavori, per rea-lizzarla, tra geniali intuizioni, remore, pole-miche, scandali e pregiudizi spazzati via, di sacrifi ci e di morti, anche: sono 13 gli ope-rai che hanno perduto la vita.

L’Autostrada del Sole sarà un incentivo per produrre più automobili e si rivelerà la causa numero uno della netta prevalenza del traffi -co su gomma a danno di quello su rotaia

Il trasporto veloce ha la meglio su quello molto più economico assicurato dalla ferro-via e segna l’inizio della crisi che colpirà le FF.SS. L’unica vera grana fu accesa da Amin-tore Fanfani che fu irremovibile e pretese, riuscendovi, che venisse preferito il tracciato verso Arezzo contro quello verso Siena.

L’autostrada accorcia l’Italia

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12 dicembre 1969

Precedute da molti attentati nel ’68 e nel ’69, cinque bombe esplodono nel «venerdì nero» del 12 dicembre. La prima scoppia nel salone della Banca Nazionale dell’Agricoltura di Milano, in piazza Fontana, alle 3.35 del po-meriggio. Sedici morti e 88 feriti. Venticin-que minuti più tardi la seconda bomba scop-pia a Roma, nel sottopassaggio della Banca Nazionale del lavoro. Nessun morto e 16 fe-riti. La terza e la quarta scoppiano alle 17.22 e alle 17.30, sempre a Roma, all’Altare della Patria. La quinta viene trovata, intatta, nel-la Comit in piazza della Scala e viene fatta esplodere in un cortile distruggendo l’uni-co indizio utile. Vengono subito accusati gli anarchici e arrestato il bal-lerino Pietro Valpreda, che risulterà innocente. Piazza Fontana innesca una cate-na di misfatti. Dal dubbio suicidio dell’anarchico Pi-nelli alla misteriosa morte di Giangiacomo Feltrinel-li, all’uccisione del com-missario Calabresi. E l’Ita-lia cade nel buio comple-to. Per molti anni. I rivo-luzionari cattolici e le Bri-gate Rosse aprono la lotta contro le trame nere.

L’anarchico Pinelli, accusato ingiustamente per il vile attentato, morì tragicamente cadendo da una fi nestra del Palazzo di giustizia milanese

Il salone devastatodella banca

La bomba di piazza Fontana

Il cratere provocato dalla bomba

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3 settembre 1972

Domenica 3 settembre 1972, Olimpia-di di Monaco di Baviera. Un commando di Settembre nero, l’organizzazione palesti-nese, irrompe nel padiglione della squadra israeliana.

Il commando è formato da otto uomini. Uno degli allenatori di Israele viene ucci-so. Molti atleti riescono a fuggire dalle fi -nestre.

I palestinesi catturano nove ostaggi e si barricano. Cominciano le trattative.

I palestinesi chiedono la liberazione di 200 detenuti politici imprigionati da Israele e un aereo per volare via.

Poco dopo le dieci di sera la si-tuazione si sblocca.

Un autobus carica guerriglieri e ostaggi che trasbordano in tre eli-cotteri piazzati nel Villaggio.

Gli elicotteri vanno nell’aeroporto militare di Monaco. E scendono a luci spente.

Anche l’aeroporto è al buio.

Olimpiadi di sangue a Monaco

Improvvisamente si accendono i rifl etto-ri e i tiratori scelti cominciano a sparare. È un inferno. Fuoco in-crociato.

Il sindaco di Monaco dichia-ra: «È stata una carnefi cina. Gli ostaggi e i feddayn sono stati uc-

cisi, uno si è suicidato, un poliziotto è mor-to, un pilota gravemente ferito. Noi abbiamo sbagliato tutto».

Un commando palestinese cattura nove ostaggi.Arrivano i tiratori scelti....

La stanza nel villaggio olimpico a Monaco dove alloggiavano gli 11 atleti israeliani presi in ostaggio

La locandina del fi lm “Munich” sulla strage degli atleti israeliani

L’arrivo vittorioso di Aki Bua nei 400 ostacoli a Monaco ‘72

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L’onorevoleEnrico Berlinguersegretariodel Pci

12 maggio 1974

La legge sul divorzio viene ap-provata dalla Ca-mera il 1º dicem-bre 1970.

L’opposizione Dc e missina porta gli italiani al referen-dum del 12 maggio 1974 per approgar-la o farla diventare esecutiva.

Chi vota «sì» è contro il divorzio. Chi vota «no» è favorevole. Il Pae-se risponde con 19 milioni di «no» (il 59,1 per cento) e 13 mi-lioni di «sì» (il 40,9 per cento).

Così il divorzio entra fra i diritti del popo-lo italiano. I grandi sconfi tti sono il segreta-rio della Dc, Amintore Fanfani, e il cattoli-cesimo integralista, che hanno voluto il re-ferendum.

Si è votato sul divorzio ma in buona mi-sura anche pro o contro il disegno di sep-pellire ciò che restava dei movimenti e delle idee avanzate degli anni Sessanta.

Vince il divorzio, perde FanfaniFanfani ha

cercato una ri-vincita storica sullo sposta-mento a sini-stra dell’elet-torato pensan-do di avere un alleato invo-lontario pro-prio nel Pci, convinto che non si sareb-be battuto per il divorzio, si-curo com’era che interessas-

se solo la borghesia d’alto bordo.Ma si sbagliava. Ed è l’Italia nuova che bat-

te l’Italia antiquata.

L’onorevole Amintore Fanfani, segretariodella Dc, ispiratore del referendum

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Il direttore Carlo Lulli

L’avvocato Vittorio Ripa di Meana fi rma il passaggio di proprietà

16 giugno 1977

L’avvenimento è preceduto da una lun-ga lotta civile e giuridica. L’editore bologne-se Attilio Monti, che con “Il Telegrafo” ha so-stenuto i suoi inte-ressi nel porto di Livorno, ora che i suoi affari sono ri-dotti a zero deci-de che il giornale può morire e licen-zia in blocco tutto il personale, 208 persone.

Guidati dal di-rettore Carlo Lul-li, giornalisti e ti-pografi scendono in trincea e assumono l’au-togestione.

Monti sollecita l’intervento del pretore.E la sentenza arriva fulminea. «Sgombero

coattivo». Ma il sindaco convoca tutte le for-ze politiche e sociali e requisisce il giornale «per grave necessità pubblica».

È la prima volta, in Italia, che una giun-ta comunale affronta una battaglia per di-fendere non solo dei posti di lavoro ma an-

Rinasceil “Tirreno”

che la libertà d’informazione. Sappiamo co-me fi nisce.

L’11 giugno 1977 l’Editoriale l’Espresso acquista immobile e impianti del giorna-le livornese che riprende la testata “Il Tir-reno”.

Il gruppo presieduto da Carlo Caracciolo assume la gestione del quotidiano il 16.

Attilio Monti

“Capitolo chiuso: si riparte”, è il titolo della prima pagina del giornale risorto. Le copie fresche di stampa escono dalla rotativa

Carlo Caracciolo, a destra,con Umberto Colombo

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L’onorevole Aldo Moro prigioniero delle BR

Il ritrovamento del cadavere in via Caetani

16 marzo 1978

È la tragedia più cru-dele della politica italiana nel dopoguerra. E ha ini-zio la mattina in cui An-dreotti, costituito il suo governo con l’appoggio dei comunisti, si deve pre-sentare alle Camere. È un giovedì.

La 130 con Moro ac-canto all’autista, e il capo scorta, seguita da un’Al-fetta con altre tre agen-ti, viene bloccata in via Fani.

I cinque agenti uccisi, Moro trascinato su una 132. Palazzo Chigi preci-pita nel caos.

Il resto, almeno a gran-di linee, nessuno lo ha di-

«Abbiamo rapito Aldo Moro»menticato.

I messaggi delle Br chiedono la liberazione dei prigionieri comuni-sti. Andreotti che rifi uta di trattare.

Le lettere di Moro al ministro degli Interni, Cossiga, a Zaccagnini, a Craxi, a Leone, Fanfani, Ingrao, Andreotti, alla fa-miglia. Lettere strazian-ti. Le Br annunciano di avere condannato a mor-te Moro.

E il 9 maggio il cadave-re di Moro viene trovato nel bagagliaio di una Re-nautl in via Caetani, in pieno centro, Cossiga si dimette.

Il tentativo di Moro di spostare a sinistra la politica del governo è stato stroncato. Ma non si saprà mai chi ha scatenato le Br.

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6 novembre 1981

L’Italia festeggia il centenario dell’Acca-demia Navale.

E Livorno innalza il gran pavese, per so-lennizzare la ricorrenza.

L’Accademia è sempre stata un’isola, una nave ancorata sul-la scogliera labronica tra Sant’Ja-copo e l’Ardenza.

Ma Livorno, anche la Livorno proletaria, l’ha sempre rispetta-ta e tenuta in gran conto.

«Gli allievi ’un si toccano» dicono da un secolo i popolani di Borgo Cappuccini e del Pontino.

Ma in questi cento anni l’Accademia Nava-

I primi cento anni dell’Accademia Navale

le è molto cambiata: socialmente.L’epoca in cui c’erano i principi, i du-

chi, i baroni, era già fi nita negli anni Tren-ta, quando la borghesia divenne il serbatoio

dell’ateneo.Dagli anni Sessanta hanno disco

verde anche i geometri, i diplomati degli istituti industriali e presto ve-dremo anche gli allievi in gonnella.

Ma l’Accademia è ancora una «pic-cola patria» che crea un tipo di uffi ciale ma anche un tipo d’uomo.

Tra tutte le doti che assicurano l’omoge-neità del prodotto, la più importante è quel-la più tradizionale: la lealtà.

Livorno innalza il gran pavese per festeggiare la sua “piccola patria”

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17 febbraio 1992

Falcone ammazzato dalla mafi a23 maggio 1992

La chiamarono TangentopoliMario Chiesa, socialista, pre-

sidente a Milano del Pio Albergo Trivulzio, cade con le mani nel sacco per una piccola tangente di 7 milioni.

Il sostituto procuratore Antonio Di Pietro lo sbatte a San Vittore e Chiesa comincia a cantare dan-do il via alla più grande inchiesta italiana sulla corruzione politica.

Viene alla luce il meccanismo delle mazzette: un terzo al Psi, un terzo alla Dc, un terzo all’ex Pci. E regalie ai partiti minori. Chie-sa coinvolge l’ex sindaco Tognoli e il sindaco Pellitteri.

Craxi declama: «Chi ha sba-gliato deve pagare». Ma quando Chiesa accusa anche lui sbot-ta: «Chiesa? È un mariuolo!». Il Psi lombardo è ormai azzera-to. Chiesa viene condannato a 6 anni e la folla assedia la direzio-ne del Psi a Roma. Nel febbraio ’93 il Palazzo scarica Craxi che lascia la guida del Psi e si rifu-gia in Tunisia.

Un’intera classe politica è al-lo sfascio. In carcere si suici-da Cagliari, l’ex presidente del-l’Eni. E Gardini si spara prima dell’arresto.

Giovanni Fal-cone , 62 anni , muore con la mo-glie Francesca Mor-villo nella strage di Capaci. Una carica di 500 chili di trito-lo radiocomandata fa esplodere l’auto-strada per Palermo

su cui transita la sua auto. Insieme muoiono tre dei sei agenti di scorta. Falcone rientrava a Palermo con un jet dei servizi segreti parti-to nel pomeriggio da Ciampino. Ad attender-lo c’erano tre auto blindate che lo sorveglia-no dopo il fallito attentato del 1989. L’esplo-sione fa saltare la prima auto con i tre agenti e la seconda guidata da Falcone con accanto la moglie e dietro l’autista che si salva per mi-

racolo. Falcone dirigeva gli affari penali del mini-stero di Grazia e Giusti-zia dopo che con Paolo Borsellino e il pool dei magistrati da lui creato aveva istruito il primo maxiprocesso contro la mafi a del 1987 che vi-de imputate 475 perso-ne. Tra breve toccherà a Borsellino, vittima, in-sieme ai 5 agenti di scor-ta, di un’autobomba da-vanti all’abitazione del-la mamma. A Falcone e Borsellino è dedicato l’aeroporto di Palermo-Punta Raisi.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

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13 maggio 1999

Già Governatore della Banca d’Italia, Presidente del Consiglio nel 1983, e mini-stro del Tesoro nel governo Prodi, il livor-nese Carlo Azeglio Ciampi viene eletto alla massima carica del-lo Stato alla prima votazione. La sua popolarità ha avuto un’asce-sa costante.

Decimo Presidente della Re-pubblica, non è stato mai discus-so dall’opinione pubblica.

Difensore in ogni occasione dell’unità na-zionale, ha sempre incitato gli italiani alla solidarietà, alla concordia, al rispetto di sè stessi, a non chiudere mai la porta al dialo-

Il nostro Ciampi al Quirinalego. E non ha mai profi ttato di essere «l’uo-mo del Colle» per far valere i suoi interes-si personali.

Fin dal suo arrivo al Quirina-le ha insistito per rendere presti-gio ai simboli dell’unità nazio-nale: la bandiera tricolore, l’In-no di Mameli, l’altare della Pa-tria, riuscendo, dopo 14 anni di sospensione, a ripristinare la pa-

rata militare del 2 giugno, per la festa del-la Repubblica.

I suoi viaggi nelle cento province d’Italia, con la moglie Franca, gli hanno procurato l’affetto di tutti gli italiani.

Carlo Azeglio, il livornese eletto al colle più alto, tornerà più volte nella sua città

Carlo Azeglio Ciampi. Sotto, con Beppino, il patron del ristorante“La Barcarola”

Il Presidente Ciampi con la signora Franca

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1 gennaio 2000

L’ingresso nel terzo millennio si trasfor-ma in uno spettacolare avvenimento media-tico. Sullo schermo televisivo si succedono, in base al fuso orario, le manifestazioni nel-le capitali del mondo intero.

Manifestazioni di gioia, di tripudio, di evvi-va. La gioia di tutti coloro che potranno van-tarsi di essere vissuti in due millenni diversi. La gioia di tutti coloro che in questo primo gennaio sperano di poter vivere in un futuro migliore e di essersi lasciati alle spalle, con la mezzanotte del 31 dicembre 1999, un se-colo da dimenticare.

Un secolo dove hanno conosciuto terribili guerre, crisi politiche ed economiche, scan-dali vergognosi, sanguinose sciagure, e dove il terrorismo è cresciuto e dilagato insieme

Un millennio di speranzeal razzismo.

Dove la mala-vita ha compiu-to atti sempre più scellerati.

Dove la fame ha infi erito mie-tendo migliaia di vittime nel ter-zo mondo. Ma è possibile che il terzo millen-nio abbia un ta-le potere risana-tore? Gli evviva del 1º gennaio accendono tante speranze.

Con il timore che vengano deluse.

In tutta Europa una sola moneta1 gennaio 2001

La Grecia è l’ultima a dire sì. Il primo gennaio 2001, infatti, il governo di Atene decide di en-trare nell’Unione monetaria eu-ropea: anche la dracma, come le monete degli altri undici paesi aderenti, scomparirà per lascia-re il posto — nella notte tra il 31 dicembre 2001 e il primo gennaio 2002 — all’Euro. Una moneta unica per tutta l’Europa.

Di sicuro l’euro ha costituito una svolta nel risanamento fi -nanziario dell’Italia.

Oggi l’euro è la seconda valuta internazionale, ha la stessa dignità del dol-laro, è solida.

Prima della sua introduzione i tassi d’inte-resse, da noi, erano più elevati di circa 5 pun-

ti rispetto alla media europea.Quel giorno Ciampi ha detto:

«Per la seconda volta in 140 an-ni dall’unità, gli italiani devo-no familiarizzarsi con una valu-ta nuova.

La prima allorchè la creazione di una moneta unica, la lira, sosti-tuì ben sette monete diverse nel-la penisola. E come la lira conso-lidò l’unità d’Italia, l’euro raffor-zerà l’integrazione dell’Europa. È per fortuna impensabile torna-re indietro». Ma è anche vero che l’euro, valendo il doppio della li-

ra, l’ha sostituita in toto sui cartellini dei prezzi di molti generi di consumo del mer-cato nazionale. E i nostri salari in parte si sono dimezzati.

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11 settembre 2001

Le speranze di un millennio migliore, svaniscono l’11 settembre con una serie di attacchi suicidi contro gli Stati Uniti.

Ore 8.48: il volo American Airlines 11 col-pisce la Torre Nord del World Trade Center di New York. Ore 9.03: il volo United Airlines 175 si schianta contro la seconda Torre, quel-la Sud.

Ore 9.43: il volo Ame-rican Airlines 77 si schianta contro il Pen-tagono.

Ore 10.10: il volo United Airlines 93 si schianta al suolo in Pennsylvania.

La Torre Sud crolla alle 10.05 e quella Nord

New York colpita al cuorealle 10.28 mentre i loro occupanti cercano disperatamente di fuggire.

Le vittime, tra passeggeri degli aerei di-rottati gli impiegati rimasti uccisi nelle Tor-ri, e i pompieri vittime del loro dovere, so-no 2.986. Mentre qualcuno mette in dubbio la verità uffi ciale degli attentati resta il fat-to che per la prima volta gli Stati Uniti co-noscono il terrorismo. E il fantasma di Al Qaeda prende le sembianze tragiche della distruzione.

Due Boeing dirottati si schiantano sulle Torri Gemelle: Al Qaeda!

Scene di dolore e terrore nella “grande mela”

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20 marzo 2003

Deciso a scatenare la guer-ra contro l’Irak per i suoi in-teressi petroliferi, Bush ac-cusa ripetutamente Saddam Hussein di nascondere mate-riale nucleare.

Le ispezioni danno risultati negativi.Ma il 20 marzo 2003 (è del 1990 la guer-

ra di Bush padre) invade l’Irak coadiuvato da Inghilterra, Australia e Polonia.

E il 1º maggio 2003 annuncia la vittoria. Da allora si accende una tremenda guerriglia contro gli invasori e una guerra civile tra le opposte fazioni religiose.

Gli attentati quotidiani provocano migliaia di vittime e per gli Stati Uniti l’Irak si trasfor-ma in un secondo Vietnam.

I paesi alleati di Bush che hanno inviato i loro contingenti nel teatro della guerra rice-vono molte perdite e alcuni, come la Spagna, ritirano le loro truppe.

Per la seconda volta guerra all’Irak

Polemiche in Italia dopo la strage di Nassirya. Desta-no orrore le rivelazioni sulle torture americane ai prigio-nieri irakeni e l’assurda bru-

talità dell’impiccagione del dittatore Saddam Hussein trasmessa in televisione.

Dopo un anno e mezzo di bombe gli Usa annunciano la vittoria.Ma la realtà è molto diversa

Nei volti dei bambini e delle donne irachene la sofferenza e il terrore per l’immane catastrofe

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2 aprile 2005

Da Wojtyla a Ratzinger

Papa Karol Wojtyla, il polacco Giovan-ni Paolo II, muore il 2 aprile 2005 dopo un pontifi cato di 27 anni e oltre 100 viaggi in tutto il mondo.

Il 19 aprile gli succede il tedesco Joseph Ratzinger con il nome di Benedetto XVI.

Papa Wojtyla è uno degli artefi ci del crol-lo dei sistemi comunisti, ha stigmatizzato il capitalismo sfrenato e il consumismo, si è opposto all’aborto confermando l’approc-cio tradizionale sul celibato dei preti e sul

sacerdozio fem-minile. E ha co-minciato a devi-talizzare i conte-nuti più signifi -cativi del Conci-lio Vaticano II e dei pontifi cati di Giovanni XXIII e Paolo VI.

Mentre papa Ratzinger, dopo un cauto inizio, provoca violente

reazioni nell’Islam (uccisi due sacerdoti) con un discorso in Baviera, nel 2006. E riattiva intransigente la questione romana aprendo un nuovo temporalismo fondato sul potere d’interdizione dell’episcopato sul governo e sul Parlamento.

Violando in sostanza il Concordato dove es-so dichiara che Stato e Chiesa sono due en-tità indipendenti e sovrane e ne determina le rispettive sfere di competenza.

PapaBenedetto XVI e, a sinistra, Giovanni Paolo II

I solenni funerali di Giovanni Paolo II

Papa Ratzinger

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8 luglio 2006

La Nazionale di calcio ita-liano (terremotato dagli scan-dali) vince contro ogni prono-stico il campionato mondiale in Germania. È il suo quarto successo nella storia del pallo-ne. E il più sofferto.

Stretti intorno al loro ct Marcello Lippi, gli azzurri su-perano avventurosamente le fasi eliminatorie e in fi nale, opposti alla Francia di Zida-ne, la battono ai rigori.

Con Zidane espulso per una testata a Ma-terazzi e sostituito da Trezeguet che sba-glia il tiro dagli undici metri dando via li-bera all’Italia.

A sorpresa, campioni a BerlinoNessun confronto possibile

con il trionfo di Madrid, nel 1982, dove gli azzurri, stretti intorno al ct Enzo Bearzot per le critiche ricevute nelle tre partite iniziali di Vigo, danno spettacoli contro Argentina e Brasile, schiacciando la Ger-mania in fi nale.

Gli «eroi» di Berlino sono il terzino Cannavaro e il por-

tiere Buffon.E proprio Buffon, indicato come il nume-

ro uno per il Pallone d’Oro 2006, se lo vede soffi are da Cannavaro, compagno di squa-dra nella Juventus retrocessa per punizio-ne in serie B.

E Bettini vince il mondialePaolo Bettini, cecinese della California,

vince a Strasburgo il campionato mondiale di ciclismo, dopo essere sfrecciato primo, saba-to 14 agosto 2004, nella prova su strada del-le Olimpiadi di Atene, davanti al Presidente della Repubblica, il livornese Carlo Azeglio Ciampi. Detto «il Grillo» per il suo fi sico esi-le, Bettini, con l’accoppiata Olimpiadi-Mon-diale ha emulato Ercole Baldini e l’olandese Kuiper, ma a nessuno è mai riuscito, come invece a lui, di poter indossare una sull’al-tra ben tre maglie da primato: quella iridata del 2006, su quel-la tricolore di campione italiano conquistata due mesi prima, e su quella per la Coppa del Mon-do del 2004 ottenuta per il terzo anno consecutivo dopo il 2002 e il 2003 nella classifi ca a pun-

27 settembre 2006

ti accumulati nelle «classiche» europee. La stampa gli accredita una fattoria con vigne-ti nella sua California, a pochi chilometri da Bolgheri, due Ferrari (una prodotta in 550 esemplari) e una Porsche regalata alla mo-glie Monica.

Ha messo su casa a Riparbella e ha eletto Montecarlo a residenza uffi ciale.

Paolo Bettini con la moglie e, sotto, vittorioso sul traguardo di Strasburgo

La gioia per la conquista del titolo mondiale

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2 febbraio 2007

L’inviato di «Repubblica» Daniele Ma-strogiacomo, catturato dai talebani in Af-ghanistan con l’autista e l’interprete è li-berato dopo quindici giorni in cui più volte ha temuto di fi nire come l’autista decapita-to davanti a lui.

Accusato di essere una spia, incatenato mani e piedi, viene in seguito riconosciuto come giornalista e utilizzato per uno scam-bio. Trattative estenuanti. Il ministro de-

Il calcio fi nisce koVenerdì 2 febbraio 2007. Sangue sul

campionato nell’anticipo di venerdì Catania-Palermo 2 a 3. E questa volta non dobbia-mo registrare gli scontri fra i tifosi delle due squadre ma la caccia agli agenti della polizia dopo la partita, all’esterno dello stadio.

Un ispettore, che in precedenza aveva te-stimoniato contro un ultrà, colpito alla te-sta da una bomba-carta e con il fegato spap-polato da una pietra, rimane ucciso. Meno di una settimana prima è stato ammazza-to, in Calabria, il dirigente di una società di quarta categoria.

Il commissario della Federazione Calcio sospende tutti i campionati (e anche l’atti-vità della Nazionale) tra il plauso dell’opi-nione pubblica.

Ma dopo la prima domenica senza parti-te, il fronte del «no» comincia a sfaldarsi e la decisione di far giocare a porte chiuse gli incontri negli stadi non a norma di regola-mento suscita la protesta delle società che rischiano il fallimento.

Il braccio di ferro tra il governo e le socie-tà si risolve con le scappatoie per gli abbona-ti e la rincorsa ai lavori di modifi ca.

Daniele libero

19 marzo 2007

Scene di guerriglia fuori dello stadio di Catania

gli Esteri D’Alema le conduce con pruden-za. Importante il contributo della Emergen-cy di Gino Strada. Il 14 marzo un video con Daniele induce all’ot-timismo. Ma il 16 Daniele avver-te: «Se non concludete entro due giorni mi uccideranno». Poi il 17 una falsa notizia: Daniele è libero. D’Alema smentisce. Finalmente il 19 lo scambio con cinque prigio-nieri talebani.

Il 21 a sorpresa un portavoce Usa provoca un incidente diplomatico senza precedenti, dopo quelli pur gravi per Calipari e la sciovia. Ine-vitabili le conseguenze politiche in Italia.

Il primo abbraccio di Daniele Mastrogiacomo appena sbarcato a Roma è per la fi glia

Sotto, un gruppo di talebani; il giornalista con Gino Strada e all’arrivo a Ciampino da uomo libero