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La genesi e la composizione del poema Tutto il mondo di Dante, a partire della sua complessa esperienza artistica e culturale (letteratura classica, filosofia di Aristotele e San Tommaso, lirica stilnovistica...) fino ad arrivare agli aspetti più profondi della sua vita morale, politica e religiosa (attiva partecipazione alle lotte comunali, dolorosa esperienza dell'esilio, profondo senso cristiano della provvidenza divina...) confluì nella composizione della Divina Commedia, che fu veramente la sua voce più intima e autentica e seppe rispecchiare, nel suo accento sublime, gli ideali e le aspirazioni di tutta un'epoca e di tutta l'umanità. Per quanto riguarda la data di composizione del poema e di ognuna delle tre cantiche, l'opinione ormai accolta dai più autorevoli studiosi moderni è che l'Inferno sarebbe stato composto dopo un periodo di intensa meditazione e maturazione poetica, tra il 1307 e il 1309; il Purgatorio, invece, sarebbe stato composto durante la discesa di Arrigo VII (cioè dal 1310 al 1313), probabilmente con ritocchi apportati in seguito. Il Paradiso infine sarebbe stato composto negli ultimi anni di vita del poeta (dal 1315 circa al 1321) e divulgato postumo dai figli. Proprio attorno al 1307 Dante interruppe la composizione del Convivio e del De Vulgari Eloquentia e, animato dalla coscienza di una vera e propria missione profetica, si diede tutto alla più alta e magnanima poesia della Commedia, nata dall'appassionato proposito di indicare al mondo e all'umanità tutta, traviata dall'errore, le vie e gli strumenti della redenzione e gli ideali della pace e della giustizia. Il titolo di Commedia deriva sia dal contenuto che, come la commedia, ha un inizio triste e un lieto fine, sia dalla forma, che si serve dello stile medio, cioè comico e non dello stile alto, cioè tragico e neppure dello stile umile cioè dello stile elegiaco, proprio delle composizioni di argomento più basso e familiare. Dante però mescolò spesso i vari livelli espressivi. L'appellativo di divina, attribuito in seguito all'opera dal Boccaccio, apparve per la prima volta in un'edizione veneziana del poema, uscita a stampa nel 1555. L'argomento e lo schema dell'opera La Divina Commedia è un poema didattico-allegorico in terza rima, che si compone di tre cantiche (Inferno, Purgatorio e Paradiso), articolate in cento canti: l'Inferno ha infatti 34 canti (potendosi considerare il primo

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La genesi e la composizione del poema

Tutto il mondo di Dante, a partire della sua complessa esperienza artistica e culturale (letteratura classica, filosofia di Aristotele e San Tommaso,

lirica stilnovistica...) fino ad arrivare agli aspetti più profondi della sua

vita morale, politica e religiosa (attiva partecipazione alle lotte comunali, dolorosa esperienza dell'esilio, profondo senso cristiano

della provvidenza divina...) confluì nella composizione della Divina

Commedia, che fu veramente la sua voce più intima e autentica e seppe

rispecchiare, nel suo accento sublime, gli ideali e le aspirazioni di tutta

un'epoca e di tutta l'umanità.

Per quanto riguarda la data di composizione del poema e di ognuna delle tre

cantiche, l'opinione ormai accolta dai più autorevoli studiosi moderni è che

l'Inferno sarebbe stato composto dopo un periodo di intensa meditazione e

maturazione poetica, tra il 1307 e il 1309; il Purgatorio, invece, sarebbe

stato composto durante la discesa di Arrigo VII (cioè dal 1310 al 1313),

probabilmente con ritocchi apportati in seguito. Il Paradiso infine sarebbe stato composto negli ultimi anni di vita del poeta (dal 1315 circa al

1321) e divulgato postumo dai figli.

Proprio attorno al 1307 Dante interruppe la composizione del Convivio e del De Vulgari Eloquentia e, animato dalla coscienza di una vera e propria missione

profetica, si diede tutto alla più alta e magnanima poesia della Commedia,

nata dall'appassionato proposito di indicare al mondo e all'umanità tutta,

traviata dall'errore, le vie e gli strumenti della redenzione e gli ideali

della pace e della giustizia.

Il titolo di Commedia deriva sia dal contenuto che, come la commedia, ha un inizio triste e un lieto fine, sia dalla forma, che si serve dello stile

medio, cioè comico e non dello stile alto, cioè tragico e neppure dello stile

umile cioè dello stile elegiaco, proprio delle composizioni di argomento più

basso e familiare.

Dante però mescolò spesso i vari livelli espressivi.

L'appellativo di divina, attribuito in seguito all'opera dal Boccaccio,

apparve per la prima volta in un'edizione veneziana del poema, uscita a stampa nel 1555.

L'argomento e lo schema dell'opera

La Divina Commedia è un poema didattico-allegorico in terza rima, che si

compone di tre cantiche (Inferno, Purgatorio e Paradiso), articolate in cento canti: l'Inferno ha infatti 34 canti (potendosi considerare il primo

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canto come il proemio a tutto il poema); mentre il Purgatorio e il Paradiso

hanno 33 canti ciascuno.

Tutti i canti sono scritti nel rigoroso metro delle terzine, a rima concatenata.

Il soggetto del poema (come si legge nell'Epistola che Dante scrive a

Cangrande della Scala) è letteralmente lo stato delle anime dopo la

morte, allegoricamente l'uomo sottoposto alla Giustizia divina che

premia o punisce.

Il fine dell'opera è portare gli uomini dallo stato di miseria allo stato di

felicità.

La materia del poema deriva in parte dalla vasta letteratura d'oltretomba,

tanto diffusa nel Medioevo, dalla letteratura mistica, dalla scienza di Aristotele e S. Tommaso ecc.

In particolare il libro VI dell'Eneide servì a Dante per la stesura dell'Inferno e

il Somnium Scipionis di Cicerone per alcuni passi del Paradiso.

Nell'essenza del suo argomento fondamentale la Divina Commedia si risolve

nella storia di un viaggio: un viaggio immaginario compiuto da Dante nel 1300, anno del grande giubileo indetto da Bonifacio VIII (acerrimo

avversario di Dante), per i tre regni dell'oltretomba, sotto la guida di Virgilio e poi di Beatrice.

Secondo alcuni, il viaggio - durato una settimana- si compie tra il 25 marzo

(data della morte di Gesù) e il 3 aprile (domenica delle Palme); per altri tra l'8

e il 15 aprile (Settimana Santa). Al giubileo del pontefice corrotto Dante contrappone il suo viaggio verso la

salvezza.

Dante, smarritosi in una selva oscura (simbolo di una vita peccaminosa), si incammina faticosamente, con l'aiuto e la guida di

Virgilio (simbolo della ragione umana), per i regni oltremondani dell'Inferno e del Purgatorio, verso le vie della redenzione e della

libertà dal male. Dante e Virgilio attraversano così, scendendo di

cerchio in cerchio tra i dannati, i diavoli e i custodi infernali (Caronte,

Minosse, Cerbero, Pluto, ecc.), tutto l'Inferno, che appare come

un'immensa voragine sotterranea (situata sotto la città di

Gerusalemme) a forma di cono rovesciato, con il vertice al centro della

terra. Qui si trova, confitta per l'eternità l'enorme mole di Lucifero,

precipitando dal cielo dopo la sua superba ribellione alla potenza di

Dio. Risaliti faticosamente per uno stretto cunicolo, dal centro della terra

alla superficie dell'emisfero australe, in mezzo all'oceano, Dante e Virgilio giungono ai piedi dell'alta montagna (formatasi per lo

spostamento della massa terrestre in seguito alla caduta di Lucifero), che accoglie - dopo il sacrifico e la redenzione di Cristo - le anime del

Commento [1]:

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Purgatorio. Qui i due viaggiatori incontrano il saggio Catone, posto a

guardia delle anime che cominciano il loro cammino di espiazione).

I due poeti salgono, di cornice in cornice tra i penitenti e gli angeli guardiani, fino alla vetta, dove ha sede la "divina foresta" del Paradiso

terrestre. A questo punto Dante, mentre Virgilio tacitamente scompare e lo abbandona, incontra la luminosa figura di Beatrice (simbolo della

grazia divina e della teologia). Il poeta, ormai puro, è pronto a salire al

cielo, sotto la guida affettuosa della sua donna.

Incomincia così l'ascesa di Dante e Beatrice, che sollevandosi

naturalmente in alto attraverso i vari cieli (ruotanti introno alla terra in cui appaiono le anime luminose e trionfanti dei beati, pervengono al

fine ultimo del viaggio l'Empireo (vera sede dei Beati). Dante può

godere della visione beatificata di Dio, appagando - per un istante - ogni suo desiderio di conoscenza.

L'inferno

È diviso in nove cerchi concentrici, digradanti verso il centro della terra; i

peccatori vi sono distribuiti secondo i peccati - sempre più gravi via via

che si scende verso il fondo - dell'incontinenza, della violenza e della

frode (o malizia). Tale divisione delle colpe si fonda sulla concezione morale aristotelica che distingue appunto tre fondamentali disposizioni al male.

In ogni cerchio le varie pene sono generalmente in rapporto, per analogia o per contrasto, con la natura del peccato commesso (cosiddetta legge del

contrappasso). Nel loro viaggio attraverso l'Inferno, Dante e Virgilio passano prima per il

vestibolo dell'Antinferno, in cui si trovano gli ignavi e gli angeli neutrali; poi, superato il fiume Acheronte (il primo dei quattro fiumi infernali) sulla

barca di Caronte, per vengono al primo cerchio, che è il Limbo, in cui hanno

sede le anime degli innocenti morti senza battesimo e i grandi spiriti

dell'antichità classica (tra cui lo stesso Virgilio).

Dal secondo al quinto cerchio sono compresi i peccatori di incontinenza: nel secondo i lussuriosi (travolti da una violenta bufera); nel

terzo i golosi (battuti da una pioggia incessante e dilaniati da Cerbero); nel quarto gli avari e i prodighi (costretti a spingere massi con il petto); infine

nel quinto cerchio si trovano gli iracondi e gli accidiosi, immersi nella palude dello Stige (il secondo dei quattro fiumi infernali).

Nel sesto cerchio sono puniti gli eretici (imprigionati dentro avelli infuocati),

mentre nel settimo cerchio, diviso a sua volta in tre gironi, si trovano coloro che hanno peccato di violenza: i violenti contro il prossimo (omicidi, tiranni

e predoni, immersi nelle acque sanguinose e bollenti del Flegetonte); i violenti contro se stessi (e precisamente i suicidi, tramutati in alberi senza

vita, e gli scialacquatori, rincorsi e dilaniati da nere cagne feroci); i violenti contro Dio (bestemmiatori, sodomiti, usurai, tormentati da un'eterna poggia

di fuoco).

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Nell'ottavo e nel nono cerchio infine sono compresi i peccatori colpevoli di

frode (o malizia) che la colpa più grave, in cui l'uomo non solo cede ai

suoi istinti peccaminosi, ma commette il male usando la ragione:

nell'ottavo cerchio sono puniti per la loro colpa i fraudolenti verso chi non si fida, distribuiti a loro volta nelle quattro zone della Caina, dell'Antenora,

della Tolomea, e della Giudecca (nelle quali si trovano rispettivamente i traditori dei parenti, della patria, degli ospiti e dei benefattori, immersi

tutti e come imprigionati nella crosta ghiacciata del fiume Cocito).

Traversata così, nella loro discesa, tutto l'Inferno, Dante e Virgilio pervengono

al centro della terra, dove si trova confitta l'enorme mole di Lucifero.

Il Purgatorio

È diviso in sette cornici ascendenti verso la vetta del monte. I penitenti vi

sono distribuiti secondo la distinzione dei sette peccati capitali

(superbia, invidia, ira, accidia, avarizia e prodigalità, gola, lussuria), a

cominciare dai più gravi, nelle prime cornici fino a quelli meno gravi via via

che si sale verso l'alto, giungendo infine al definitivo compimento

dell'espiazione e alla conseguente redenzione da ogni colpa. Tale divisone dei peccati si fonda sul principio religioso dell'amore: prima

vengono espiati i peccati più gravi, in cui l'amore (o il volere

dell'uomo) è direttamente rivolto al male (superbia, invidia e ira); poi i

peccati sempre meno gravi, in cui l'amore è rivolto con troppo poco

vigore verso il bene, che è Dio (accidia), o con troppo vigore verso i

falsi beni mondani (avarizia e prodigalità, gola e lussuria).

Nel loro viaggio attraverso il Purgatorio, Dante e Virgilio passano prima per l'Antipurgatorio, in cui si trovano - vigilate dalla presenza veneranda e

severa del saggio Catone - le anime dei peccatori pentitisi solo in fin di vita, divisi in quattro schiere sulle primi pendici della montagna (i morti

scomunicati; i negligenti; gli uccisi violentemente; e, a parte in una valletta fiorita, i principi negligenti).

Superata la porta dl Purgatorio, pervengono alla prima cornice , in cui hanno sede le anime dei superbi (a capo chino e rannicchiati sotto il peso di gravi

macigni). Nella seconda cornice si trovano le anime degli invidiosi tormentati da un

aspro cilicio e con gli occhi cuciti da filo di ferro); mentre nella terza cornice

espiano la loro colpa (o, per meglio dire, la disposizione al male) le anime degli iracondi (avvolti e come nascosti in un denso fumo).

Nella quarta cornice si trovano le anime degli accidiosi (costretti a correre sempre affannosamente); mentre nella quinta cornice hanno sede le anime

degli avari e dei prodighi (sottoposti alla pena di dover giacere bocconi sulla pietra). In questa cornice si trova l'anima del poeta latino Stazio, che ha

terminato il periodo della sua espiazione, e ora, redento da ogni colpa, accompagna - salendo gloriosamente verso il cielo - i due poeti in cammino.

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Nella sesta cornice, poi espiando la loro colpa le anime dei golosi ( costretti a

sopportare inesorabilmente le pene della fame e della sete).

Nella settima cornice, infine si trovano le anime dei lussuriosi (che espiano la loro colpa nel tormento delle fiamme).

In ogni cornice, oltre alle pene fisiche, i penitenti sono sottoposti - perché sia

completa la loro espiazione - anche allo stimolo morale degli "esempi": si tratta di avvenimenti della storia sacra o del mondo classico scolpiti

nella roccia, trascorrenti come rapide "visioni", oppure pronunciati

dalle stesse anime o da angeli, che ricordano la gravità della colpa;

infatti ognuna delle sette cornici è governata da un angelo, che sta a

custodia delle anime penitenti e indica ai due poeti il cammino per salir e per proseguire il viaggio.

Traversando così nella loro ascesa, tutto il Purgatorio, Dante e Virgilio

raggiungono la vetta della santa montagna, dove ha sede la "divina foresta"

del Paradiso terrestre, simbolo dell'innocenza e della liberazione del male. Qui Dante incontra la celestiale figura di Matelda e assiste,

religiosamente stupito, a una simbolica processione, che raffigura la storia della Chiesa.

A questo punto Dante, mentre Virgilio tacitamente scompare e lo abbandona, incontra la luminosa figura di Beatrice.

Il poeta viene infine immerso nelle acque purissime del Lete (che fa

dimenticare le colpe commesse) e dell'Eunoè (cha fa ricordare le buone

opere compiute) e si sente ormai puro e disposto a salir al cielo, sotto la guida affettuosa della sua donna.

Il significato allegorico e morale della Commedia

Per una più approfondita comprensione del poema è necessario analizzare

l'opera alla luce della vasta rappresentazione e del complesso significato allegorico e simbolico dei temi trattati.

Occorre ricordare che - a giudizio dello stesso Dante - le opere d'arte potevano essere lette secondo la dottrina dei quattro sensi delle scritture (e

precisamente secondo il senso letterale, allegorico, morale, anagogico). pertanto la Divina Commedia va interpretata, oltre all'esplicito senso letterale,

che è quello di rappresentare lo stato delle anime dopo la morte, anche

nel suo senso più specificamente allegorico secondo cui il poeta mira a

rappresentare l'uomo in quanto, meritando o demeritando per la

libertà dell'arbitrio, è sottoposto alla Giustizia che premia e punisce.

Il poema l'ha un duplice significato allegorico:

-un significato personale, autobiografico, riguardante la redenzione

dell'anima di Dante dopo il traviamento (rappresentato dalla selva oscura) per opera di Beatrice;

-un significato universale riguardante la redenzione dell'umanità.

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Dante quindi rappresenta ed esprime, con la forza e il vigore della sua poesia

- sotto l'aspetto di un viaggio per i tre regni dell'oltretomba - la storia

inquieta e difficile della sua personale redenzione e liberazione dal peccato per opera di Beatrice (simbolo della grazia divina e della

teologia).

Inoltre egli auspica e sogna la redenzione politica e religiosa dell'umanità

intera sconvolta dallo spirito di cupidigia e di malizia che corrompe tutta la

terra, lacerata dal contrasto tra le due massime autorità del governo

temporale e spirituale (l'Imperatore e il Pontefice).

Il giudizio di Dante è severo e fiducioso nello stesso tempo: l'umanità del suo

tempo, menomata dall'ombra del peccato originale, si trova smarrita

nell'abisso di una profonda crisi morale e civile, ma può maturare

ormai le forze spirituali per instaurare in sé la legge universale della

giustizia e della pace, e pervenire - con il soccorso della ragione (rappresentata da Virgilio) e della grazia divina (rappresentata da

Beatrice) - alla felicità naturale su questa terra e alla felicità

soprannaturale nella beatitudine eterna de cielo.

L'immagine iniziale della selva oscura, per esempio, pur nell'evidenza

rappresentativa dei suoi aspetti (selvaggia, aspra, amara), trova il suo più

profondo significato nel valore allegorico e metaforico, come il simbolo del

personale "traviamento" dantesco e, più in generale, come l'immagine

paurosa del peccato.

Allo stesso modo le tre fiere (la lonza, il leone e la lupa) che Dante incontra nella selva e che gli impediscono il cammino verso la luce e la

salvezza, sono da interpretare -pur nella loro vivacità rappresentativa - come il

simbolo delle più generali disposizioni peccaminose (superbia, lussuria e

avarizia) che ostacolano l'anima umana tesa a ritrovare la "diritta via" del

bene e della redenzione spirituale. Le stesse considerazione valgono per le figure esemplari di Virgilio e di

Beatrice, le due guide di Dante attraverso i tre regni dell'oltretomba.

Virgilio è nello stesso tempo, personaggio storico e figura allegorica: è

il famoso poeta latino, a lungo studiato e ammirato da Dante, ed è

anche il simbolo della ragione umana e della filosofia.

Anche Beatrice è, nello stesso tempo, personaggio storico e figura

allegorica: è la giovane e gentile fiorentina amata da Dante ed è anche

il simbolo della grazia divina e della teologia.

Le varie figurazioni allegoriche e simboliche, così come l'allegoria generale del

poema e il suo significato morale, si traducono spesso in una poesia umana è

reale, ricca di immagini e di creazioni vive e concrete.

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Gli elementi culturali

La poesia di Dante è una poesia colta. Il solido impianto concettuale e

dottrinale della Commedia ha il suo fondamento nella scienza filosofica di Aristotele e di San Tommaso (con alcune influenze anche del pensiero

averroistico); mentre il fervore religioso che anima il poema non può non

rivelare l'esperienza culturale della letteratura mistica, che ha i suoi testi più

noti e più notevoli nelle opere di San Bernardo e di San Bonaventura.

Per quanto riguarda la cultura più specificamente letteraria, sappiamo che

Dante si ispirò e fece propria tanto la letteratura classica quanto la

letteratura medievale.

Tra gli autori classici, greci e latini, ammirò in modo particolare Omero (pur

conosciuto solo attraverso citazioni e frammenti), Orazio, Ovidio e Cicerone (il cui Somnium Scipionis diede spunto a qualche passo del Paradiso).

Il vero autore che educò la sensibilità e il gusto letterario di Dante, e che fu per

lui un autentico maestro di vita e di poesia, fu però Virgilio, la cui opera

(specialmente il VI libro dell'Eneide) costituì un insostituibile stimolo e un

organico modello culturale per l'immaginazione e la struttura del poema

dantesco (specialmente per l'Inferno e il Purgatorio).

Per l'elaborazione di qualche spunto immaginativo e descrittivo Dante si ispirò

alla vasta materia della letteratura d'oltretomba di tradizione medievale (una serie di composizioni in latino come la Visione di San Paolo, la Visione di

Tundalo, la Navigazione di San Brandano...). Ogni elemento culturale assume nella sua opera un'impronta personale e

sempre nuova, per via della sua forza e del suo grande sentimento poetico.

La struttura e la poesia

La Divina Commedia è un'opera multiforme e complessa: si notano l'organica

compattezza del disegno narrativo e strutturale, l'intima serietà degli

ideali morali e religiosi, la significativa complessità della trama culturale e

concettuale e la vibrante tensione degli interessi storici e politici. Tutto il complesso mondo spirituale e culturale di Dante trova la sua

espressione in un linguaggio vigoroso e personale, in una forma d'arte espertissima e profonda, che trasfigura ogni tema e ogni motivo nel ritmo della

poesia.

L'inferno è la cantica più drammatica più umana, veramente mirabile per la

plasticità della rappresentazione e per l'energica evidenza dei

sentimenti e delle passioni che animano le singole individualità dei dannati

(Francesca, Farinata, Ulisse, il conte Ugolino) e lo stesso Dante come personaggio che affronta la difficile esperienza di visitare il regno del male e

del peccato.

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Il Purgatorio è la cantica più suggestiva e delicatamente elegiaca, che

suscita i sentimenti più commossi per la pacata malinconia delle immagini e

per l'atmosfera sospesa e serena, in cui si muovono incontro a Dante le anime dei penitenti che attendono, nel conforto del pentimento e della

preghiera, il termine della loro espiazione. Il purgatorio e anche il mondo dove

si manifestano le pure gioie dell'arte, i dolci sentimenti dell'amicizia. In questo

mondo di pitture e di sculture Dante si è circondato di artisti: Casella, Sordello,

Guido Guinizzelli, Bonagiunta da Lucca, Stazio...; e ha costruito episodi

commoventi. Tutto il complesso mondo spirituale di Dante (i suoi sentimenti, le sue idee, le

sua ansie, le sue aspirazioni) si traduce nel ritmo incalzante di un'ispirazione

fortemente unitaria; è proprio questo accento così vigoroso e unitario uno dei

caratteri più significativi della poesia e dell'opera dantesca. Tutto ciò nasce in

Dante da un intimo impegno ideale.

L'arte di Dante

Nella composizione della Commedia Dante fu animato da una vivissima

coscienza estetica, da un rigoroso senso dell'arte: la puntuale precisione e ricchezza dei particolari, l'armoniosa proporzione delle parti, la

grandiosa architettura del disegno generale.

Dalla Commedia emergono la personalità e l'anima di Dante, con la

ricchezza è il fervore dei suoi interessi ideali e con l'appassionata

individualità della sua ispirazione.