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ENZO GRADASSI I CANTI PARTIGIANI COME DOCUMENTO Materiali ed analisi su canti partigiani nell’Aretino* *Pubblicato in Amministrazione Provinciale di Arezzo, Guerra di sterminio e resistenza. La Provincia di Arezzo 1943-1944, a cura di Ivan Tognarini, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1990, atti del convegno internazionale di studi: “2 a guerra mondiale e sterminio di massa. Stragi e rappresaglie nella lotta di liberazione”, Arezzo 24-28 novembre 1987.

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ENZO GRADASSI

I CANTI PARTIGIANICOME DOCUMENTOMateriali ed analisi su canti partigiani

nell’Aretino*

*Pubblicato in Amministrazione Provinciale di Arezzo, Guerra di sterminio e resistenza.La Provincia di Arezzo 1943-1944, a cura di Ivan Tognarini, Edizioni Scientifiche Italiane,Napoli, 1990, atti del convegno internazionale di studi: “2a guerra mondiale e sterminio dimassa. Stragi e rappresaglie nella lotta di liberazione”, Arezzo 24-28 novembre 1987.

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1. I canti partigiani come documento

“Nell’estate del 1944, cioè al culmine della guerra di liberazione,non vi è reparto partigiano di qualche importanza che non abbia il suo gior-nale e la sua canzone corale: questo è il fatto nuovo su cui sembra necessa-rio dare qualche prima indicazione di massima…”.

Questa affermazione di Roberto Battaglia ricordata nel corso di unconvegno da Giorgio Luti1 , racchiude una indicazione di estremo interesseche, sviluppata, porta ad una conclusione perentoria: se esaminiamo ciòche l’intellettualità antifascista ha prodotto nella Resistenza, nel corso del-la lotta di liberazione, potremmo dedurre con molta facilità che una partestraordinariamente grande di opere, pure originate “dall’interno” del movi-mento, ha visto la luce ed ha avuto una diffusione di massa soltanto moltopiù tardi, ad anni di distanza dalla Liberazione Nazionale.

Sia che si tratti di letteratura che di poesia, di pittura che di musica,la caratteristica comune alla produzione intellettuale-individuale di questoperiodo sta nell’epoca di diffusione che è quasi sempre di molto successivaalla Resistenza, analogamente a quanto avviene, per motivi assai diversi,per il cinema ed il teatro. Perfino opere di straordinario rilievo come leLettere di condannati a morte della Resistenza Italiana non sfuggono aquesta sorte: scritte in sincronia storica con la lotta di liberazione da uominiche incarnano, singolarmente, la Resistenza, videro la luce e conobberouna diffusione di massa soltanto molto più tardi. Stesso destino è quellodella letteratura e della poesia di “partigiani-scrittori” (al di là degli intentimemorialistici, diaristici o letterari originari).

Uniche produzioni che sfuggono a questa sorte sono la stampa clan-destina ed i canti partigiani, entrambe legate ad una analoga questione di“funzione”: stampa e canti si presentano come strumenti di comunicazioneche consentono di diffondere storie ed episodi e, al tempo stesso, le idee-base della lotta che sì va combattendo; sono facilmente assimilabili a livel-lo di massa e sono veicolo di identificazione per uomini accomunati dallemedesime aspirazioni di libertà e di riscatto.

Per i ceti popolari il canto ha sempre rappresentato - assieme ad

1 G. Luti, Resistenza e letteratura, in “Fascismo, lotta di Liberarione, dopoguerra”, Firen-ze, Tip. commerciale fiorentina, 1975, p. 211.

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altre forme - uno strumento di espressione fra i più diretti ed immediati edun vero e proprio mezzo di comunicazione del “sapere”: la concezione del-la vita e del mondo di quei ceti permea di sé canti e favole, aneddoti eproverbi. Il fatto che fra le formazioni partigiane sia fiorito “spontanea-mente” l’uso del canto, di una forma di comunicazione tradizionale propriadelle classi socialmente subalterne, è la prima conferma (se mai ce ne fosseancora bisogno) del carattere popolare della Resistenza.

La seconda notazione circa i canti partigiani2 è riferita al fatto cheessi rappresentano da un lato il legame più diretto ed evidente fra il movi-mento della Resistenza e la tradizione culturale popolare prefascista e, dal-l’altro, la manifestazione più palese della rottura totale, sul piano culturaleoltre che politico, con il fascismo.

2. La rottura dal fascismo nei canti partigiani

“Nella cultura italiana il fascismo introdusse la paura dell’indoma-ni. Non di quell’indomani materiale che consiste in comodo e cibo, ma delpossibile catastrofico domani in cui sarebbe scoppiata la guerra, la sconfit-ta o la vittoria, il cataclisma [...].Di fatto, adesso che è finita, ci par chiaroche soltanto attraverso la strettoia di sangue e dolore dovremo ostentarlacome un problema o una distinzione. Basterà viverla”3 .

Questa è, a posteriori, la “rottura”.Sarà sufficiente, per comprendere “da cosa”, in tema di canzoni e

canzonette, avveniva lo strappo, rammentare che attorno agli anni Quaran-ta la Radio del regime, “italianizzava” Luis Armstrong traducendolo in LuigiFortebraccio e Benny Goodman in Beniamino Buonuomo e trasmetteva

2 L’accezione “canti partigiani” è preferibile a quella più generale di “canti della Resisten-za” per significare che intendiamo riferirci ai canti nati e diffusi fra 1’8 settembre 1943 e il25 aprile 1945.3 C. Pavese, 1l fascismo e la cultura, in “Saggi letterari”, Torino, Einaudi, 1968, pp. 205-206.

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Natalino Otto intento a cantare:

Da diridi darada diridi darada di.Che ritmo! Che ritmo! senti che ritmo!Nelle vene scorre svelto va su e giùsvelto svelto come un matto Belzebùche ritmo! che ritmo! Ma senti quanto ritmo!4

L’apparato di propaganda del regime faceva incidere dischi distornelli riecheggianti motivi popolari e popolareschi nonostante i risultatidavvero mediocri:

Fior tricoloreil bianco il rosso il verde che splendoreformano la bandiera tricolore

Fiore di piniquesta bandiera sventola ai confinila tiene salda in pugno Mussolini.…

Come retroterra culturale del colonialismo fascista si diffondeva:

Osteria dei tre moschettiin Italia stiamo strettiallunghiamolo stivalefino all’Africa Orientale

dammela a me biondinadammela a me biondà5

e, ancora:

La moglie di Neghestié andata in aereoplanoper far vedere le cosceal popolo italiano6

4 O. De Santis, Che ritmo!5 L. Mercuri-C. Tuzzi, Canti politici italiani 1793-1945, Roma, Editori Riuniti, 1962, vol.

I, p. 22.6 E. Gradassi, (a cura di), Giocondo re di paglia, Pisa, Giardini, 1987, p. 95.

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Niente di particolarmente diverso, insomma, dal classico canto squadrista

E la verza la vien col giazzoe la viola la vien col caldoe la Rosa la vien col cazzoogni frutto a la so’ stagion 7

E si potrebbe ancora andare avanti, ma tanto basta per comprenderecome la generazione di ventenni che si ritrovò in montagna, armi alla mano,a combattere fascismo e nazismo, doveva per forza aver cercato modellidiversi, legati a ricordi quasi fetali del movimento operaio prefascista osopraggiunti da altri paesi.

3. Un giudizio ed una chiave di lettura

Accanto ai canti del lavoro, dell’emigrazione, contro il servizio mi-litare e contro la guerra, ai canti del carcere e della tradizione anarchica,comunista e socialista, i canti partigiani occupano un posto importante fra icanti sociali italiani anche oltre il loro significato ed il loro valore letterarioe poetico-musicale. Si può anzi affermare che occorre tenere separati i giu-dizi relativi alla concezione poetico-musicale dei singoli canti rispetto alvalore politico-culturale dei canti partigiani come assieme, come sistema.

In effetti, i canti partigiani, presi singolarmente, non presentano, salvorarissime eccezioni, particolari novità sul piano poetico-musicale e sono,anzi, di modesta fattura letteraria e generalmente composti su arie e paro-die di canti precedenti; una parte consistente di essi é direttamente legata alfilone storico dei canti sociali del periodo prefascista e ad esso, sul pianopoetico-musicale, non aggiunge nulla di nuovo o di particolarmente signi-ficativo.

Visti come “sistema”, i canti partigiani assumono invece un valoreparticolare perché offrono una efficace documentazione “di prima mano”

7 L. Mercuri-C. Tuzzi, Canti politici, cit. p. 19. Riadattamento squadristico, durante l’im-presa fiumana di “Ta-pum”, canto militare della grande guerra.

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del carattere popolare della Resistenza: sulle montagne, incarnato dai parti-giani in armi, c’è il popolo che agisce in nome dell’interesse generale e siesprime con gli strumenti propri della sua cultura.

Allo stesso modo dei contadini o delle comunità marginali che can-tavano i propri eroi ed i propri campioni, che si trasmettevano - anche conil canto - nozioni e cultura di generazione in generazione, informazioni enotizie di villaggio in villaggio, i partigiani cantavano i propri morti, levittorie e le sconfitte, i contenuti della propria lotta e le linee di fondo dellafutura società.

Come nei riti contadini di propiziazione, cantavano una sorta di“evento magico” (la sconfitta militare, dopo quella politica, del fascismo) ela futura prosperità.

Con qualche (ma non eccessiva) forzatura, si può dire che i partigia-ni vivevano il buio di vent’anni di fascismo come corrispettivo dell’inver-no nei riti primaverili di fertilità.

Nelle canzoni si possono facilmente rintracciare segnali che porta-no a questa conclusione: i partigiani si battono e vanno...

... a conquistare la rossa primaveradove sorge il sol dell’avvenir...8

con un esercito ritualmente senza capi, di “uguali”:

... non c’è tenente né capitanoné colonnello né generalequesta é la marcia dell’ideale ...9

I partigiani si battono fra due estremi inconciliabili come il buio e laluce, l’inverno e la primavera, il fascismo e la libertà e, ritualmente, i cadutisono coloro che «si sacrificano» proprio come in un rito pagano per l’espul-

8 Fischia il vento, testo attribuito a Felice Cascione, comandante della II DivisioneGaribaldina di Imperia sull’aria di una canzone d’amore russa, Katiuscia, di MichailIsakovski.9 Marciam, marciam, testo attribuito ad Antonio Di Dio, della formazione ossolana diFilippo Beltrami, sull’aria di un canto militare, Il Bersagliere. Altre lezioni mixano questamusica con quella della Marsigliese per alcune evidenti similitudini di testo fra il “marciam,marciam” ed il “marchons, marchons”.

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sione del male. Così:

...Quando poi ferito cadenon piangetelo dentro il cuoreperché se libero un uomo muoreche cosa importa di morir...10

Ritualizzato é anche il momento finale, quello auspicato, della liberazione:

...Dai monti e dalle valligiù giù scendiamo in frettacon questa banda infettanoi la farem finita...11

perché l’obiettivo é quello di scendere nelle città

...Per liberare l’Italia nostrada questa setta schifosa e mostra…12

E proprio per la particolare situazione nella quale i canti nasconoche non c’è da aspettarsi la stessa franchezza e la stessa spontaneità propriedella canzone popolare d’origine contadina: si tratta di una constatazioneperfino ovvia che tuttavia non deve porre in secondo piano il fatto che lacoscienza popolare censurata, mistificata e repressa negli anni di dominiodel regime, torna a manifestarsi e ad esprimersi con la Resistenza e con ilclima nuovo che essa determina, con i nuovi valori di cui il movimento èportatore. E con la nuova manifestazione della coscienza popolare tornanodunque a fiorire i canti che, nel clima di ribellione, assolvono al compito dispinta liberatoria e liberatrice.

La modestia dei risultati poetico-musicali è determinata anche dalfatto che i canti raccontano, di regola, fatti che sono vivissimi nella mentedi chi li compone o li canta e questa coincidenza influenza profondamenteil risultato finale: ecco che i toni sono generalmente fervidi ed emozionati ela narrazione vera e propria dei fatti occupa gran parte dei testi.

10 Il Partigiano, versione partigiana di un canto militare, Il Bersagliere ha cento penne.11 Avanti siam ribelli, rielaborazione di un omonimo canto anarchico (noto anche comeFigli dell’officina) a sua volta costruito su un precedente canto militare di artiglieria. Au-tori di questo testo sarebbero Giuseppe Raffaelli e Giuseppe Del Freo, mentre il cantopartigiano é attribuito ad Alfonso Failla. Cfr. “II nuovo canzoniere italiano” n° 11, Milano,1971.12 Cfr. Addio mammina addio, di questa raccolta.

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4. Il giudizio sul “sistema” dei canti partigiani

Diverso invece è il giudizio che si può esprimere in relazione agliaspetti politico-ideologici dei canti partigiani: la coincidenza tra lotta poli-tica e militare, fra ideale di patria ed ideale di classe, fanno sì che le compo-sizioni assumano una forte carica di rottura nei confronti degli schemi im-posti dal fascismo: una lampante dimostrazione di questa affermazione èindividuabile nel ricorso, da parte dei partigiani-compositori, a riferimenticulturali e musicali che vanno al di là di quelli del fascismo, salvo quei casiin cui, volutamente, si utilizzano in chiave ironica o parodistica “arie” ocanzoni del regime che, con lo stesso metodo (diventato tradizionale neglianni Venti) vengono trasformate in canzoni antifasciste e rigettate, comeboomerang, contro il regime.

Una analisi attenta dei modelli poetico-musicali di riferimento per icanti partigiani potrebbe consentire teoricamente (area per area) di defini-re, con sufficiente approssimazione ed attendibilità, uomini e movimentiche presero parte alla lotta di liberazione e che, loro malgrado, trasferirononei canti l’essenza della loro conoscenza e della loro esperienza prima edurante il fascismo.

I riferimenti individuali nei canti partigiani consentono infatti di “ri-conoscere” voci di diversa origine e provenienza: vecchie canzoni del re-pertorio di montagna, canti militari delle guerre mondiali, adattamenti dicanti del filone anarchico, socialista e comunista, riferimenti alla culturamusicale sovietica e slava.

È a Roberto Leydi che dobbiamo uno degli studi più attenti attornoai canti della Resistenza ed uno dei più compiuti tentativi di classificazionedel “sistema” dei canti partigiani.

Leydi suddivide i canti in 7 categorie e avverte che l’ultima è quellapiù difficilmente individuabile e più rara. Questa è la classificazione cheegli propone e che non si può non condividere:

- Canzoni ispirate o derivate da canti tradizionali, popolari opopolareschi, con adozione integrale della linea molodica e modificazioneparziale del testo poetico.

- Canzoni ispirate o derivate dal repertorio militare della guerra ’15-’18, o anche precedenti: anche in questo caso i canti conservano pressochéintatto il motivo originale con poche modificazioni d’occasione.

- Canzoni derivate dai canti risorgimentali o quarantotteschi. È ilgruppo più esiguo.

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- Canzoni ereditate dal movimento operaio e dalle organizzazionirivoluzionarie del periodo prefascista.

- Canti derivati da motivi in voga, da canzonette del periodo dellaguerra, da canti fascisti parodiati in chiave antifascista.

- Canzoni assunte dal repertorio rivoluzionario di altri paesi: i mo-delli più seguiti sono quelli sovietici e quelli slavi, ma non mancano marcetteinglesi e americane.

- Canzoni originali: è il gruppo di più difficile definizione poiché inquesto rientrano canti dei quali si conosce l’autore del testo, ma che inqualche modo si rifanno, musicalmente, ad una delle categorie preceden-ti13.

Nelle pagine che seguono sono riportati i canti partigiani da consi-derare “aretini” perché tutti raccolti nel territorio di Arezzo e della sua pro-vincia dalla voce di partigiani aretini. Si è evitato di trascrivere i testi dicanti diffusissimi senza indagare se siano stati memorizzati durante la Re-sistenza o in epoche successive, come nel caso di Fischia il vento o di testicomposti da Spartacus Picenus (come La battaglia della Neva ed altri).

Vale la pena di segnalare, tuttavia, che alcuni canti, pure testimonia-ti da partigiani aretini, possono avere provenienze diverse poiché è quasiimpossibile indagare se essi siano stati memorizzati nel corso della Resi-stenza nell’aretino o più tardi, dopo la liberazione di Arezzo, quando centi-naia di patrioti si arruolarono volontari nei gruppi di combattimento“Cremona” e “Friuli” e proseguirono la lotta fino alla liberazione del nord.In quei mesi i contatti con partigiani provenienti da altre aree (e quindi conun proprio “bagaglio” di canti) possono avere determinato una sorta di scam-bio che oggi non può essere accertato.

Esiste in questo senso una testimonianza “incrociata” circa un cantoche consente di comprendere ciò che può essersi verificato14.

13 La classificazione di Roberto Leydi è in: Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resi-

stenza, Milano, La Pietra, 1976, vol. III, alla voce Inni e canti della Resistenza, pp. 56-71.14 Cfr. le note a Abbasso la casa Savoia, di questa raccolta.

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DIARIO PARTIGIANO

Sono le 16. È l’ora.La banda arriva. Ordini veloci, serrati, si susseguono. Ecco ora i mitraglie-ri: sempre in testa, silenziosa, é “Rosamunda” la più terribile delle armi innostro possesso.Si inizia la marcia. Ognuno, a modo suo, canta. Ma, infine, una canzonepredomina; la colonna si snoda fra le balze rocciose, fra i viottoli da capre,al canto di

Rosamunda, Rosamundala mitraglia indiavolata...

Sono le 20, Siamo di nuovo a quota 800. “Rosamunda” tace.È contenta. Laggiù si vedono due punti che bruciano.“Rosamunda” ha acceso due nuove fiaccole ardenti sulle tombe dei nostrimorti.Un canto si alza nella pallida notte lunare, mentre le fiamme guizzano an-cora.

Rosamunda, tu sei la vita per mepiù ne guardi, più ne ammazziRosamunda tu ...

Sono brani tratti da una cronaca, in forma di diario, stampata in 24° econservata presso l’archivio della sezione provinciale dell’ANPI di Arezzo.Nel testo é citato “Raul” come comandante, il che fa supporre che il testosia stato scritto da un partigiano della formazione autonoma del Raggrup-pamento Bande esterne, quello appunto di Raul.Il riferimento musicale é evidentissimo.

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In: “La Falce”, organo della Federazione comunista aretina, a. XX-VII (nuo-va serie), n. 26, 11 luglio 1944. L’autore dell’articolo, che si firma DRO., èEnzo Droandi.Il testo citato è una parodia della canzonetta Olandesina.

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TRASCRIZIONE DI REGISTRAZIONI MAGNETICHEDI CANTI PARTIGIANI E ALTRI DOCUMENTI

Abbasso la casa Savoiabagnata di fango e di sanguesi sveglia il popol che languesi sveglia il popol che langue

O ladri del nostro sudoregiustizia in cuore già fremespezziam le servili catenespezziam le servili catene

Sorgiamo che giunta è la finSorgiamo che giunta è la finEvviva i Soviét evviva LenìnEvviva i Soviét evviva Stalìn

Sull’aria di Noi siam la canaglia pezzente, di autore anonimo sia il testooriginale che questa variante.Comunicazione di Francesco Burroni, registrata ad Arezzo il 30 settembre1977.Burroni attesta che questo canto fu intonato dai volontari della “Cremona”nel corso di una visita di Umberto di Savoja in veste di Luogotenente. Lanotizia è confermata in: G. Ginestri, J. Carioli, Il canzoniere ribelledell’Emilia Romagna, Bologna, Edizioni del Gruppo FREE, 1967, p. 23.Altra conferma è in: “La Falce”, 23 maggio 1946, in un articolo titolato:“Ma i soldati della Cremona non erano monarchici” nel quale si legge fral’altro: “... La cosa si svolse in due tempi: al 21° Btg prima e al 22° poi, mail risultato fu lo stesso. Ho visto poche riviste in vita mia, e mai ne avevoveduta una tanto pietosa. All’ordine di presentare le armi successe il fini-mondo. Chi gridava, chi fischiava, chi cantava, chi infine, più pacifico, simetteva a sedere. I gridi di ‘porco’, ‘vigliacco’, ‘traditore’, s’incrociavanoai fischi e infine si levò unito e forte il canto ‘Abbasso la casa Savoja ba-gnata di fango e di sangue...’ ”.

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Addio mammina addiocantava il partigiano nel partirpregalo tanto Iddioper questo figlio che non vuol tradir

La causa santa della riscossadi Garibaldi camicia rossaed é orgoglioso d’esser coi ribelliprima d’andare contro i suoi fratelli

Se tu vedessi o mammaquanti compagni che trovai quassùgià tutta la montagnaé presidiata dalla gioventù

Canti di gioia come una festaanche se infuria vento e tempestaNoi siamo fieri coraggiosi e baldile gesta seguirem di Garibaldi

Se tu vedessi o bellaquella bandiera che piantai lassùlassù di sentinellaora i fascisti non la tolgon più

Moschetto pronto mitragliatricerendon la vita gaia e felicela bomba é sempre pronta nella manoil distintivo ch’è del partigiano

Tremate o maledettiquesto é il grido della gioventùche irrompe in tutti i pettiil desiderio non si frena più

Di liberare l’Italia nostrada questa setta schifosa e mostraE tutti i pianti che ci han fatto farecon la lor pelle li dovran pagare

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Ma il bravo partigianovigila tutto anche di lassùe vede non lontanoil giorno bello che scenderà giù

Allor vedrai le nostre legionicombatteranno come leonie brucerem per sempre questi canicon la vittoria di noi partigiani

Sull’aria di un vecchio canto in uso durante la grande guerra e trasforma-to, durante la resistenza, con molte varianti, in canto partigiano. Il testooriginale era:

Addio mia bella addiocantava nel partir la gioventùe il bersagliere mioé già tre mesi che non scrive più

l’han visto là sulla frontieradove il mio cuore aspetta e sperae pensa sospirando cielo e maree non lo vedo ancora ritornare...

La lezione qui pubblicata é frutto del contributo di diversi informatori e,particolarmente, Enzo Piccoletti (Arezzo), Francesco Burroni (Arezzo) eEzio Croci (Talla).Noto come Addio mammina addio, questo canto é considerato l’inno deipartigiani aretini. Varie lezioni di questo canto sono in: I. Guasti-F.Manescalchi, La veglia lunga, Firenze, Vallecchi, 1978, p. 115, che ne indi-ca l’origine sul Monte Morello, fra i partigiani fiorentini; D. Carpitella,Musica contadina dell’Aretino, Roma, Bulzoni, 1977, p. 67, che la attribu-isce a Braccio di Ferro e ne fa una Canzone di Licio Nencetti.In Appendice una trascrizione esemplificativa della linea melodica.

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Armata bianca al servizio stranierotenta rimetter sul trono gli zarma dagli Urali alle sponde del Mar Nerol’Armata Rossa all’erta sta

Avanti avanti rosse falangidalle callose dalle dure manal sole brillano le baionettedei battaglioni del lavor

Guai a chi tocca la Russia dei sovietticontro di noi dovranno cozzar

Avanti avanti rosse falangidalle callose dalle dure manal sole brillano le baionettedei battaglioni del lavor

Cfr. Canzoniere 2 della protesta / canti della resistenza armata in Italia,Roma, Newton Compton, 1972, p. 12. Comunicazione di Enzo Piccoletti,registrata ad Arezzo il 10 febbraio 1975.In Appendice una trascrizione esemplificativa della linea melodica.

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Armata Rossa torrente d’acciaionelle tue file si vince o si muorArmata Rossa torrente d’ardorela borghesia vogliamo schiantar

Avanti avanti rosse falangispezziam le reni all’oppressoral sole brillano le baionettedei battaglioni del lavor

Armata bianca al serviziostraniero tenta di rimetter sul trono gli zarma dagli Urali alle sponde del Mar Nerol’armata Rossa l’attende in pie’

Stringendo intrepida le baionettenelle callose nelle dure manal sole brillano le baionettelottiam per 1’Internazional

Cfr: la precedente.Comunicazione di Francesco Burroni, registrata ad Arezzo il 30 settembre1977.In Appendice una trascrizione esemplificativa della linea melodica.

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A solo diciott’anniun caro giovinettosenti per tanti affannibattergli un cuore in pettoTanti compagni esso infiammòdivenne capo pieno d’ardor

Bello diritto impavidopronto contro il nemicotremavano i fascistisoltanto al nome “Licio”Per la sua patria tutto l’amorper l’ideale tutto 1’ardor

Amava i suoi compagnidi rischio e di avventurada essi ricambiatoperché senza pauraLa nostra Italia vuol liberarda questa setta di criminal

Per romper la colonnadi quest’eroe già fierocon diabolica astuziafu fatto prigionieroEd i furfanti lo portan làma il nostro eroe non vuol parlar

Allora nel nemicocomincia il gran fermentoe toccan della mammail grande sentimentoE il nostro martire si accasciòsol quando mamma si rammentò

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Poi riprese il coraggiorivide il morto babboe disse al genitoreson pronto al tuo viaggioTe lo prometto e lo faròi miei compagni non tradirò

Allora nel nemicocomincia la gran rabbiacominciano a gridarelo porteremo a TallaDove il suo covo s’annida làla gran lezione si deve dar

Fu il ventisei di maggionel fare del mattinoche a Talla fu commessoquesto vile assassinioMa lui sereno si confessòchiamò la mamma e poi cascò

Gentaccia vile e infameindegna e disonestasaziate le tue bramevolevi far la festaMa un innocente che di chiesa scappòcon Licio in cielo se ne volò

O trema Sorrentinoche l’ordisti il misfattoé sempre più vicinoil giorno del riscattoEd il suo mitra rispareràsu te canaglia senza pietà

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E voi cari compagnie amici che restatela verità di Licioda forti propagateE anche da morto vi guideràil nome “Licio” trionferà.

Sull’aria di Addio a Lugano o Addio Lugano bella, canzone anarchica com-posta da Pietro Gori nel 1894 su un’aria preesistente, probabilmente un’ariapopolare toscana.II testo qui proposto conserva, oltre alla linea melodica del canto anarchico,la struttura letteraria e qualche frammento del testo con leggere modifiche(“E voi cari compagni...”).Ezio Croci si attribuisce la stesura del testo con una revisione curata da unainsegnante elementare casentinese.Comunicazione di Ezio Croci, registrata a Talla il 26 luglio 1978.

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Storia del giovane partigiano “Licio Nencetti”Comandante della squadra “Volante”

A soli diciott’anniun caro giovinettosi sente tanti affanni,gli batte il cuore in petto.Fra tanti compagni, lui si affermò;Divenne capo pieno d’ardor.

Da tutti quanti amato,esempio al sacrificio,rianimò i compagniil nostro caro Licio.Con grande amore poi li guidò,per la giustizia di Patria al sol.

Destava l’entusiasmo,del popolo toscano,e solo dell’infamicolpiva la sua mano.Per la sua Patria tuttol’amor e l’ideale, tutto 1’ardor.

Bello, diritto ed impavido,pronto contro il nemico,tremavano i fascistidi fronte al nome Licio.E la giustizia del suo buon cuorera spavento dei traditor.

O voi cari compagniamici che restate!la verità di Licioa tutti propagate.Che anche da morto vi guiderà,ed il suo nome trionferà!

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Per romper la colonnadi questo Eroe sì fiero,con diabolica astuzia,fu fatto prigioniero.Delle canaglie lo portan là,ma il nostro Eroe non vuole parlar.

Comincia la tortura,bestiale e snaturata,nella sua bella frontedanno una pugnalata.E ‘l primo sangue, che gli schizzòil suo bel volto gli colorò.

In più di cento vilicominciano a menare,e così tanti strazia lui possono fare.Ma il nostro martire mai parlòsolo la mamma spesso invocò.

Ai suoi loschi compagnigridava Sorrentino:cosa volete fare?si deve fucilare!Mentre quegl’altri stanno a gridarperché canaglia non vuoi parlar...

Così il ventisei maggio,sul fare del mattino,in Talla fu commessovilmente l’assassinio.Ma lui sereno si confessò,e con un grido forte se ne cascò.

Gente crudele e infameindegna e disonesta,saziasti le tue bramenella macabra festa.

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Ma l’Iddio grande ti punirà,con l’infallibile giusta sua man!...

Or trema Sorrentinoche ha comesso il misfattoè sempre più vicinoil giorno del riscatto.E il suo mitra rispareràsul manigoldo, senza pietà...

Questo testo è conservato, dattiloscritto, presso l’archivio ANPI di Foianodella Chiana con tanto di timbri e firme che ne attestano l’autenticità e chelo propongono, un po’, come “versione ufficiale” del canto.È, come il precedente, impostato sulla linea melodica di “Addio a Lugano”.E composto di 12 sestine rispetto alle 11 del testo di Ezio Croci con alcuneparti quasi identiche ma collocate diversamente del testo.Rispetto al precedente appare più elaborato quasi a disegnare un’immaginedi Licio Nencetti diversa, più emblematica.Nel documento dell’ANPI di Foiano l’autore è indicato con la dicitura:“Versi di Orlando Innocenti. Pieve a Socana, Rassina”.

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Attraverso valli e montieroici avanzano i partigianper scaccià i nazifascistisulla tuta del lavor

Lascian campi ed officinee all’assalto eroici vanper scaccià i nazifascistisulla tuta del lavor

Partigiani morte a HitlerViva l’Internazional

Sull’aria di una canzone rivoluzionaria russa “Partigiani dell’Amur” (mu-sica di A.V. Alexandrov). Una lezione analoga é in: L. Mercuri-C. Tuzzi,Canti politici italiani 1793-1945, cit., voi. II, pp. 120-121.Comunicazione di Oliviero Meacci, registrata a Montevarchi 1’8 agosto1972.

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Compagni se vi assiste la memoriaricorderete i tempi d’oppressionequell’epoca funesta della storiache mise tutto il mondo in perdizione

I popoli tra loro fecer guerraognuno perse il senno e la ragionela morte dilagò sopra la terraovunque fu rovina e distruzione

Nel cielo tuonò il rombo del cannonela patria si dovette inginocchiarei tedeschi vi fecero invasionesi videro i fratelli deportare

Per noi non ci fu pace e compassioneabbandonati fummo a triste sorteil re tradì per primo la nazioneed al nemico spalancò le porte

Così il fascismo si risentì forteunito col tedesco distruttorela strage seminò tra fame e morteportando la nazione al disonore

Di delinquenti strinsero una coorteper aiutarlo il barbaro invasorea dar la caccia ai più puri italianigiovani baldi e fieri partigiani

Molti fatti di sangue e disumanisi videro dovunque consumarefamiglie trucidate come caniin ogni casa e in ogni casolare

Sian maledetti quei “repubblicani”che tanto strazio si dettero a fareperseguitando i figli predilettiche di fuggire furono costretti

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D’esempio a Arezzo fu Licio Nencettiche alla ventura gli toccò scapparela sua memoria meriti rispettie la sua storia ognun deve ascoltare

Con lui lasciaron molti terra e tettie le proprie famiglie abbandonatearmati di coraggio e di moschettocol nome degli eroi stampato in petto

L’otto settembre Licio aveva dettoche vendicato alfine avrebbe il padrepure pensando bene il poverettoal gran dolore della vecchia madre

Gli sgherri del partito maledettoche in ogni luogo avevano le squadrecon tutto l’odio e losca rappresagliasul bravo Licio misero una taglia

E sempre più su lui furor si scagliadal Lucignano gli toccò scappareperseguitato da tanta canagliain Casentin si dovette rifugiare

Allora Licio dichiarò battagliae si mise i partigiani a radunarefacendo su pei monti accampamentodella vendetta attese il gran momento

Giù al piano venne tosto preparatoil bando infame dei “repubblicani”che se non si presenta lo sbandatoverrà sotto plotone fucilato

Rapidamente passano le oresi scorge già il nemico da lontanoil cuor di Licio palpita d’ardoreed ai compagni tende la sua mano

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Il partigiano pugna con ardorecontro il fascismo truce e disumanoed ora che la sorte a noi si avanzaannienterem la loro tracotanza

Puntiam le armi pieni di esultanzavolto sereno e l’animo felicein ogni cuore regna la speranzadi far cantare la mitragliatrice

Ognuno sa che siamo in minoranzaperò di aver paura nessun diceal primo cenno scoppia la battagliae sibila rabbiosa la mitraglia

La peggio fu per quella vil gentagliapriva di fede e priva di ardimentodi farabutti tutta un’accozzagliache furono sbandati in un momento

Ma Licio del successo non s’incagliarinnova coi compagni il giuramentoe dice “Per maggiore precauzionedecido di cambiar la posizione”

“Bisogna sempre far molta attenzionee dislocarsi in piú protetti montinon farsi prender mai dall’emozioneper poi tenersi all’erta sempre pronti

Ritorneranno a farla un’incursionebattendo mulattiere strade e pontie quando ci sarà il rastrellamentocol piombo gli faremo un complimento”

A Monterosi fu il trasferimentoma vennero scoperti e circondatiperò la sorte non recò sgomentodal gran coraggio furono animati

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Ognuno tenne fede al giuramentoper quanto si trovassero isolatipassarono con impeto all’attaccoed al nemico ancor diedero smacco

Poi per non farsi prendere nel saccoe per agire con cervello finopensaron bene di girarlo il taccoe ritornare tutti in Casentino

Nessuno tra di loro fu vigliaccostettero uniti di sera e mattinoe Licio potè far la sua vendettasu quella stirpe infame e maledetta

Ma la sciagura era già in vedettae contro Licio preparò l’agguatoil ventitré di maggio per disdettada quelle belve venne catturato

In carcere fu messo in tutta frettafra pugni e calci a Poppi fu portatoma Licio ai sgherri nulla volle direperché i compagni non volea tradire

Più d’uno strazio gli toccò subirema solo alla sua mamma lui pensavaqualche notizia farle pervenireormai che a morte certa se ne andava

Nulla importava a lui di quel partirenessuna grazia ai sgherri domandavae dopo un giorno che fu carceratosol per finzione venne liberato

Di nuovo fu ripreso e interrogatoma nessuna risposta volle dareallora col sistema più spietatopugni e pedate presero a menare

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Dell’ira furibonda il disgraziatovide la dura sorte prepararetutto il veleno di quei delinquentis’accese fracassandogli anche i denti

Il nostro eroe mantenne il suo coraggioe disprezzò il nemico con fierezzafinché il mattin del ventisette maggiofinir doveva la sua giovinezza

Di salvarlo non c’era alcun miraggioattese il suo verdetto con coraggioe fuor dalla prigione fu portatodove il plotone stava preparato

E nel piazzal di Talla ben legatolo portan quella massa di aguzzinipoi l’ordine di fuoco venne datoe sparan su di lui quegli assassini

L’eroico suo corpo é crivellatodal piombo infame dei repubblichinie mentre a Licio la morte gli scoccastramazza a terra col sorriso in bocca

Alla sua cara mamma con amoreogni persona onesta asciughiil pianto e sulla tomba a lui gli ponga un fioreche esalti della gloria tutto il vanto

Licio Nencetti è tua questa canzonecol cuore di compagno te la cantoriposa in pace non ti scorderemola tua memoria un di vendicheremo

Un giorno la giustizia noi faremol’Italia sarà alfine liberatail lurido fascismo stroncheremoin nome della patria tanto amata

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La patria nostra noi difenderemoda tanti manigoldi profanatae ai martiri i nostri partigianidiranno un giorno alfin “Siamo italiani”

Erroneamente considerato un canto in ottava rima, questo testo è eseguitosu una melodia assai simile a quella dei canti “a braccio”, ma non ha lastruttura classica dell’ottava a rima incatenata.L’esame del testo poetico del canto mostra anche l’intervento di “mani”diverse nella composizione che è, in parte, descritta in prima persona e, inparte, in terza persona.Non sfugge neppure una certa diversità di linguaggio presente in tutto l’ar-co della composizione, quasi a testimoniare più interventi in tempi diversi,anche se il canto è attribuito all’improvvisatore A. Casini.Comunicazione manoscritta di Enzo e Sergio Piccoletti s.i.d. cfr. Caterina:Se vi assiste la memoria, Cetra folk, lpp. 263 (n° 28).

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Cosa importa se ci hanno banditi?Nostro popolo conosce i suoi figlivogliamo i fascisti finitinoi vogliamola libertà

A morte il fascio repubblicanA morte il fascio siam partigian

A morte il fascio repubblichinA morte il duce viva LeninA morte Hitler viva Stalin

Sull’aria di un notissimo canto irredentista («Inno a Oberdan») che celebra-va l’attentato (fallito) di Guglielmo Oberdan alla vita di Francesco Giusep-pe imperatore d’Austria.Comunicazione registrata nel corso di una festa de l’Unità a Civitella dellaChiana, 3 luglio 1973, dalla voce di uno sconosciuto qualificatosi come expartigiano.

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Dalle valli e dai monti lontaniun canto si sente avvicinaré l’inno di tutti i partigianiche sanno morire e pur cantarO gioventù d’Italia ascoltanon senti la Patria tua chiamar?È giunto il momento di riscossai tedeschi dobbiam scacciarItaliano italianose redimerti tu vuoidevi farti partigianoe salvar l’Italia puoiPrendi in pugno qualche armae vieni via con noila bella terra nostrapurifichiamo dai traditorDella 23' brigatanoi siamo del gruppo Casentinosiam pronti a sfidare il destinoe l’onore d’Italia a salvarIn piedi compagni alla riscossai fascisti dobbiam scacciaral canto della mitraglia nostra i morti dobbiamo vendicarItaliano italianose redimerti tu vuoidevi farti partigianoe salvar l’Italia puoiPrendi in pugno qualche armae vieni via con noila bella terra nostrapurifichiamo dai traditor

L’inno dei partigiani casentinesi, scritto da William Pallanti pochi giorniprima di essere fucilato dai tedeschi fu musicato, dopo la liberazione, dalm. Giommoni.Cfr. Raffaello Sacconi, Partigiani in Casentino e Valdichiana, Firenze, LaNuova Italia, 1975, p. 204.

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Operai e contadinitutti uniti avanti andiamall’appello di Stalinsiamo i primi partigianAll’appello di Stalinsiamo i primi partigian

Su per l’orride montagnes’ode un grido: Libertà!Son le bande partigianeche all’assalto eroiche vanPartigiani morte a HitlerViva l’Internazional

Sulla stessa linea melodica di Attraverso valli e monti n. 7 di questa raccol-ta. Cfr. la nota corrispondente.Comunicazione di Francesco Burroni, registrata ad Arezzo il 30 settembre1977.

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Per voi bambine belle della viaper voi future spose di domaniper voi che siete tutte poesiae sorridete a tutti i partigianiper voi queste canzoni canteremoe dalla schiavitù vi leveremo

Ohi partigianici han da menar le mani (sta a noi!)ci han da menar le mani

Ma quando i fascisti tu vedraile gambe in capo se le metterannonon domandare questo come maisennó da noi le botte prenderannoma tanto sarà inutile il fuggiread uno ad uno dovranno morire

Ohi partigianici han da menar le mani (sta a noi!)ci han da menar le mani

Quando l’Italia sarà liberataed i fascisti non esisterannola schiavitù sarà dimenticatae tutti al suo lavoro tornerannoringraziare dovrete solo quelliche un giorno li chiamavano “i ribelli”

Ohi partigianici han da menar le mani (sta a noi!)sono i veri italiani

Cfr: Canzoniere 2, cit., p. 49. In altre versioni registrate ad Arezzo il grido“sta a noi!” é modificato in “hurrà”.E’ una parodia di un canto fascista.Comunicazione di Ezio Croci, registrata a Talla il 26 luglio 1978.In Appendice una trascrizione esemplificativa della linea melodica.

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Quando passano i giovani ribellicon lo sguardo lo sguardo sempre fierTravolgenti come l’uraganosui fascisti noi ci scaglierem

Chi ci fermerà? Chi ci vincerà?Vent’anni abbiamvent’anni abbiame il sangue daremper la patria per la patriala patria libera o morir

Cara mamma sono partigianodammi un bacio senza lacrimarson contento fiero e bene armatovittorioso voglio ritornar

Chi ci fermerà? Chi ci vincerà?Vent’anni abbiam vent’anni abbiame il sangue darem per l’Italiaper l’Italia l’Italia libera o morir

Di questo canto non è stato possibile documentare alcunché circa riferi-menti a melodie preesistenti.Comunicazione di Francesco Burroni, registrata ad Arezzo il 30 settembre1977.Una seconda comunicazione, perfettamente identica, è di Ezio Croci, regi-strata a Talla il 26 luglio 1978.

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Siam giovani ribellitemprati dal soffrirema non vogliam servire‘na setta di assassin

Ci hanno chiamato alle armicontro i nostri fratelliper questo siam ribelliabbiamo in petto un cuor

Addio cara famigliadeh non piangete mammase tutta la montagnanoi la presidierem

Anche se fame e freddoda intirizzirci l’ossail grido di riscossanoi ci riscalderà

E i vili repubblichiniche ci han questa sortenel cuore della nottetutti li beccherem

Sull’aria di una canzonetta del tempo «Piemontesina bella»Comunicazione di Ezio Croci, registrata a Talla il 26 luglio 1978

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Bibliografia generale

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APPENDICE

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Addio mammina addio

Armata bianca armata rossa

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Cosa importa se ci chiaman banditi

Per voi bambine belle della via