La Garzetta - novembre/dicembre 2011

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Novembre-Dicembre 2011 - Numero 39 - Anno IV www.ecodemravenna.it Sulla scorta dei dibattiti che negli ultimi tempi si sono sviluppati nella nostra città ed in attesa dei risultati prodotti dalla prima fase del processo partecipativo “La Darsena che Vorrei”, ma anche e soprattutto in una continua e costante tensione a creare occasioni di confronto e crescita civica delle questioni legate allo sviluppo sostenibile, vogliamo insistere nellʼimpegno e nel tentativo di garantire un futuro migliore ai nostri figli, per garantire loro buone possibilità e ai quali dobbiamo possibilmente lasciare una città almeno un poco migliore di quella che abbiamo trovato. La nostra Associazione si prefigge quindi, di sollecitare riflessioni sul tema della città e del suo centro storico, sulle difficoltà, ma soprattutto sulle possibili azioni che possono e aggiungerei, devono, essere messe in campo nel prossimo futuro. Lʼobiettivo è quello di aprire un dialogo con la città, su un centro storico che, se da un lato e per certi aspetti è riconosciuto come modello di riferimento, dallʼaltro richiede unʼosservazione costante che non lasci il passo a incognite e difficoltà sociali che, seppur latenti (e neanche tanto), tendono a crescere nonostante la riqualificazione materiale in parte attuata. Il centro storico di Ravenna è già stato oggetto di progetti di riuso e di recupero, i quali hanno avviato significativi e noti processi di valorizzazione ed estetizzazione dello spazio urbano, non sempre Città sostenibili, la qualità urbana del centro storico Le brevi pag 6 A Durban ultima occasione per un nuovo protocollo sul clima pag 7 Intervista a Gabrio Maraldi, assessore del Comune di Ravenna sul tema Darsena pag 5 Il proverbio dicembre e la storia del calendario pag 8-9 "Manovra: più equità e più green economy, servono correzioni" pag 4 "Un milione di alberi per il pianeta", l'iniziativa dei Lions anche a Ravenna pag 4 I migliori auguri e qualche proposta al Presidente del Consiglio Monti pag 3 Roberto Sauli www.ilsalesullacoda.it

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La Garzetta, il giornale online degli Ecologisti Democratici della provincia di Ravenna

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Novembre-Dicembre 2011 - Numero 39 - Anno IV www.ecodemravenna.it

Sulla scorta dei dibattiti che negli ultimi tempi si sono sviluppati nella nostra città ed in attesa dei risultati prodotti dalla prima fase del processo partecipativo “La Darsena che Vorrei”, ma anche e soprattutto in una continua e costante tensione a creare occasioni di confronto e crescita civica delle questioni legate allo sviluppo sostenibile, vogliamo insistere nellʼimpegno e nel tentativo di garantire un futuro migliore ai nostri figli, per garantire loro buone possibilità e ai quali dobbiamo possibilmente lasciare una città almeno un poco migliore di quella che abbiamo trovato.La nostra Associazione si prefigge quindi, di sollecitare riflessioni sul tema della città e del suo centro storico, sulle difficoltà, ma soprattutto sulle possibili azioni che possono e aggiungerei, devono, essere messe in campo nel prossimo futuro. Lʼobiettivo è quello di aprire un dialogo con la città, su un centro storico che, se da un lato e per certi aspetti è riconosciuto come modello di riferimento, dallʼaltro richiede unʼosservazione costante che non lasci il passo a incognite e difficoltà sociali che, seppur latenti (e neanche tanto), tendono a crescere nonostante la riqualificazione materiale in parte attuata.Il centro storico di Ravenna è già stato oggetto di progetti di riuso e di recupero, i quali hanno avviato significativi e noti processi di valorizzazione ed estetizzazione dello spazio urbano, non sempre

Città sostenibili, la qualità urbana del centro storico

Le brevipag 6

A Durban ultima occasione per un

nuovo protocollo sul climapag 7

Intervista a Gabrio Maraldi, assessore del

Comune di Ravenna sul tema Darsena

pag 5

Il proverbio dicembre e la storia del

calendariopag 8-9

"Manovra: più equità e più green economy, servono correzioni"

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"Un milione di alberi per il pianeta",

l'iniziativa dei Lions anche a Ravenna

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I migliori auguri e qualche proposta al

Presidente del Consiglio Monti

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Roberto Sauli www.ilsalesullacoda.it

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però quegli interventi sono stati in grado di curare anche l’identità storica e sociale del luogo e di elaborare un nuovo immaginario collettivo attrattivo per le imprese e le attività. Le opere fisiche –dal risanamento edilizio all’arredo urbano– pensiamo si debbano accompagnare anche a interventi “immateriali”, a progetti nel campo culturale, sociale e soprattutto di programmazione economica.Questi presupposti sono essenziali per un processo di trasformazione che proponga il centro storico come “centro delle culture”, culture imprenditoriali e delle comunità in esso presenti. L’esito che tutti auspichiamo è quello di conservare una complessità, urbana e sociale, che nello stesso tempo sia fonte di ricchezza, culturale e materiale, e che sia anche in grado di controllare eventuali conflitti che richiedono verifica e monitoraggio delle strategie di intervento operate. Tutto ciò anche in funzione e nella prospettiva di azioni concrete e utili al successo della nostra città nella competizione alla candidatura di “RAVENNA CAPITALE DELLA CULTURA 2019”.

Ma che cosa significa in fondo riqualificare il centro storico? Significa dargli un ruolo capace di identificare le varie parti della città e di riconnetterne le diverse identità “scoprendo il nuovo in ciò che esiste” (Purini).

I centri storici racchiudevano al loro interno una complessità di servizi e funzioni che di fatto li rendevano autonomi e autosufficienti, oggi le città, ed in particolare proprio i loro centri storici, sono in crisi perché non sono in grado di sfruttare al meglio le loro potenzialità consolidate, in t e r m i n i d i v a l o r e d a promuovere come identità locale. Questo accade perché la qualità della vita collettiva non è sufficientemente g a r a n t i t a n e i s e r v i z i fondamentali (mobilità, sosta, luoghi di aggregazione, polarità attrattive, servizi) così la città appare non adeguata per esprimere quel livello di qualità urbana che i cittadini si aspettano, per riconoscersi con l a c i t t à s tessa e immaginare il loro futuro. Il processo di salvaguardia, riqualificazione e valorizzazione della città storica, pensiamo si debba attuare attraverso la ricostituzione dell’effetto città, da intendersi come la capacità di questa di assicurare ai suoi cittadini un elevato livello d’accesso al sistema di funzioni e servizi (e cioè il lavoro, l’abitare, lo studiare), di “luoghi” fisici (la piazza, i portici, la strada) e di “luoghi” metafisici (la socializzazione, la comunicazione, la cultura, l’esperienza, la scoperta) che la compongono.

Quindi CENTRO non solo patrimonio della memoria, ma anche “centro dinamico, d’attrazione e di interesse economico”, abbandonando la visione contemplativa del centro come: “cuore” della città. Attraverso l’attuazione di politiche organiche, che però superino ogni sporadicità di azione, è possibile far leva su una forte concertazione fra l’Amministrazione e i soggetti interessati, quelli cioè operanti all’interno del centro storico. Crediamo quindi, che non si debba prevedere

solo la riqualificazione urbana ed edilizia, ma che sia necessario p u n t a r e a d u n a rigenerazione del tessuto dinamico del centro storico, anche e magari, attraverso un sistema premiante e incentivante per i privati, che intendano investire. Investimenti sia dal punto di vista strutturale, edilizio, sia da quello di coloro che vogliano rilanciare il tessuto delle attività commerciali, artigianali, culturali e turistiche. Se tali azioni verranno fatte mantenendo un approccio culturale ispirato alla necessità di una forte tutela del patrimonio storico, si favorirà il riuso e il recupero degli edifici e degli spazi degradati, che potrebbero usufruire di idonee misure di premialità”.

Tutti siamo ormai coscienti che il modello di realizzare enormi poli attrattivi fuori dalle città è da ripensare e sia, quindi, assolutamente necessario trovare un equilibrio tra il cuore della città e il fuori. Un approccio innovativo per la riqualificazione urbana e la rivitalizzazione delle città finalizzato a reinserire i residenti, migliorare l’accessibilità e la mobilità nei centri abitati anche attraverso la mobilità alternativa, favorire la sostenibilità ambientale e il risparmio energetico, ma anche potenziare e sviluppare attività

economiche e culturali, il recupero e restauro di edifici storici, valorizzando le e m e r g e n z e d i p r e g i o ambientale ed archeologico.

Ma in particolare per quanto riguarda le attività produttive, prevedere azioni di marketing urbano, in cui promozione della città, organizzazione degli eventi e delle attività culturali, rilancio delle attività economiche, siano concepiti con una logica di sistema. La focalizzazione su tanti aspetti

del contesto urbano, il commercio, l’artigianato, la residenza, il turismo, la green economy, vuole stimolare una visione (e gestione/promozione) olistica o sistemica, proprio perchè riteniamo che questi temi, vadano considerati alla stregua di binari paralleli, tutti però orientati verso un fine e un bene comune.

Illustra in maniera eccelsa questo concetto una famosa metafora di Calvino: Marco Polo descrive un ponte, e lo fa pietra per pietra.

«Ma qual è la pietra che sostiene il ponte?» Chiede Kublai Khan.

«Il ponte non è sostenuto da questa o quella pietra, risponde Marco, ma dalla linea dell’arco che esse formano».

Kublai Khan riflette in silenzio. Poi soggiunge: «Allora, perché mi parli delle pietre?È solo dell’arco che m’importa».

Polo risponde: «Senza pietre non c’è arco».

Marco Turchetti

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Eravamo stati forse facili profeti nell’ultimo numero de La Garzetta, prima della grande manifestazione del PD del 5 Novembre, a giudicare il Governo Berlusconi un governo ormai cotto e bollito, ma che continuava a nuocere gravemente alla salute dell’Italia.

Il governo Berlusconi è caduto sotto i colpi del crollo della credibilità internazionale, dei quotidiani pesantissimi giudizi dei mercati finanziari e della dissoluzione progressiva della propria maggioranza.

E in brevissimo tempo, anche grazie allo straordinario ruolo di Napolitano e al forte senso di responsabilità di diverse forze politiche tra cui in primo luogo il PD (coerente con il suo slogan PRIMA DI TUTTO L’ITALIA e con una strategia pluriennale che sta dando i suoi frutti), si è formato un Governo del tutto nuovo, inedito in Italia, dove pure di esperimenti ne sono stati fatti tanti; un governo tecnico snello e di elevato profilo, di “salute pubblica“ presieduto da un economista di prestigio internazionale, ex commissario presso l‘UE quale Mario Monti,sostenuto da una vasta maggioranza da cui si è dissociata (non a caso) solo la Lega Nord, dopo tanti anni di sostegno incondizionato a Berlusconi.

E’ una svolta profonda. Certo di forma, ma non solo di forma, perché il berlusconismo con il suo populismo, il suo invito a fare ognuno per sé ammiccando costantemente ai più furbi, il suo disprezzo a ogni regola democratica e civile, con la sua lunghissima negazione della crisi, i suoi modi e vizi da basso impero è stata forma ma anche contenuto, un contenuto che ha danneggiato all’interno e all’estero il Paese, colpito duramente gli interessi dei ceti popolari, mortificato le istituzioni e la politica,ostacolato ogni politica innovativa e progressista in ogni campo, primo fra tutti il tema dell’ambiente, come più volte abbiamo scritto.

Certo, non ci facciamo illusioni. Il Governo Monti è un governo di emergenza contro la crisi economica e finanziaria, con una maggioranza ampia ma dagli equilibri delicatissimi ed è un governo che ha la priorità di riconquistarsi in breve tempo la fiducia dell’Europa e dei mercati. Dunque come preannunciato non lesinerà rigore e sacrifici anche duri e diffusi. Ma, ne siamo certi, non sarà mai più come prima.

Fermo restando questo, noi pensiamo che la politica, i partiti, associazioni tematiche come la nostra, non debbano ritrarsi e attendere. Non è vero che la democrazia è sospesa come dice Berlusconi. E’ vero piuttosto che ognuno deve dare il meglio di sé e che la politica deve avere una rinnovata capacità di avanzare proposte e progetti coerenti e innovativi rivolti anche al Presidente Monti, ma soprattutto al Paese.

Noi Ecologisti Democratici vorremmo porre due temi a Monti e al Paese:

1) L’obiettivo di una maggiore uguaglianza economica e sociale. Questo vuol dire equità nei sacrifici certo (non può esserci una ulteriore stretta sulle pensioni da un lato e niente patrimoniale dall’altro, così servirebbe solo a far crescere gli indignati e si partirebbe molto male!). Ma anche qualcosa di più, ad alcune fasce vanno

restituiti diritti e dignità economica e sociale; in particolare pensiamo ai giovani disoccupati e a quelli permanentemente precari, mentre altri, a partire dai grandi evasori debbono cominciare a pagare e a fare la loro parte per risanare il Paese. Questa, come ha detto Bersani, è necessità sociale, economica e democratica.

2) Rigore e sviluppo: selettivo, innovativo e sostenibile. In questa fase il rigore per sistemare i nostri conti pubblici e ridurre l’indebitamento finanziario è inevitabile, anche perché i tassi di interesse hanno avuto un trend di crescita impressionante.

Ma non si riuscirà a uscire dalla crisi, dallo sviluppo zero che ci attanaglia, dal rischio recessione, solo con politiche di rigore. L’Italia ha bisogno, al contempo e sia pure con oculatezza e gradualità, di politiche per lo sviluppo e l’occupazione. Ma debbono essere politiche selettive non solo perché i soldi pubblici sono e saranno pochi, ma perché lo sviluppo deve essere qualificato, innovativo e sostenibile per essere durevole.

Insomma bisogna puntare su scuola, ricerca, su politiche industriali mirate, sulla valorizzazione dei beni culturali, bisogna ridare un po’ di respiro a Regioni e Enti Locali virtuosi allentando a loro favore il patto di stabilità per riprendere a fare i piccoli investimenti sul territorio, le attività essenziali di manutenzione, ridando fiato a tante imprese e al lavoro. Mentre follie come lo stretto di Messina vanno definitivamente cancellate.

E bisogna puntare in primo luogo su Ambiente e green economy, quali leve di sviluppo buono e qualificato.

Perché per ritornare tra l’Europa avanzata non bastano i conti a posto, ma bisogna essere in regola anche con l’obiettivo del 20/20/20 da cui siamo ancora lontani.

Perché dobbiamo rafforzare le politiche di messa in sicurezza del territorio, altrimenti i casi della Liguria e del sud purtroppo si moltiplicheranno.

Perché la Green Economy (dalle energie rinnovabili alle tecnologie pulite) in tutto il mondo è l’unica parte dinamica e in crescita dell’economia, destinata a diffondersi in tutti i settori perché corrisponde al bisogno primario del nostro tempo: poter continuare a vivere, se possibile sempre meglio, in 7 miliardi di uomini in un mondo ormai piccolo, degradato e con risorse naturali comunque non infinite.

Non sono teorie, fin dai prossimi giorni chiediamo al Governo e soprattutto a un Ministro serio, conosciuto e preparato come Clini, segnali concreti: ad esempio, sbloccare le risorse per la tutela del territorio da un lato e dall’altro prorogare la detrazione fiscale del 55% per gli interventi di risparmio energetico, che in questi anni ha aiutato l’ambiente, ha favorito enormi investimenti privati e quindi le imprese e l’occupazione e a facilitato la lotta, almeno in questo comparto, all’insopportabile costume italiano dell’evasione fiscale, che colpisce lo stato e l’economia sana.

Dunque fiducia e lealtà. Ma anche piena consapevolezza che dobbiamo proseguire a svolgere con forza il nostro ruolo di forza ambientalista seria e responsabile, consapevole che lo sviluppo sostenibile è una strada senza alternative.

Alberto Rebucci

I migliori auguri e qualche proposta al Presidente del Consiglio Monti

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“Un milione di alberi per il pianeta”, l’iniziativa dei Lions anche a Ravenna

I Lions di Ravenna con la collaborazione della Provincia di Ravenna (presente all’iniziativa l’Assessore all'Ambiente Mara Roncuzzi), del Comune di Ravenna (presente l'Assessore all'Ambiente, Guido Guerrieri) e del Corpo Forestale dello Stato hanno realizzato alcune significative iniziative di alto valore ambientale ne l l ’ambi to de l l ’ob iet t ivo in ternaz iona le dell’Associazione “Un Milione di Alberi per il Pianeta”.

In particolare, nel comune di Ravenna, i 4 L i o n s c l u b r a v e n n a t i h a n n o piantato, con l ’ a i u t o d i b a m b i n i e insegnanti,

un piccolo ma qualificato bosco ad uso didattico presso la scuola di Classe

e hanno contribuito a qualificare un'area verde pubb l i ca p resso l a rotonda di Via Galilei.

A Cervia i due Lions Club di quel comune hanno r e a l i z z a t o u n bell’intervento con piante e arbusti nella pineta di Pinarella in collaborazione

con il Comune di Cervia (presente il delegato al verde Riccardo Todoli) e con diverse scuole.

“Manovra: più equità e più green economy, servono correzioni”

Riportiamo Le dichiarazioni di Vigni presidente nazionale Ecologisti Democratici sul decreto Monti.

“Sappiamo che in gioco c’è davvero il destino dell’Italia e dell’Europa. Di fronte alla manovra del governo Monti la prima consapevolezza deve

essere questa, ognuno è chiamato a dare prova di grande senso di responsabilità. Ma la manovra può e deve essere corretta, sia per distribuire in misura più equa i sacrifici che per far ripartire l’economia nella direzione giusta”: questo il commento di Fabrizio Vigni, presidente nazionale Ecologisti Democratici sul decreto.

“Nell’azione di risanamento serve più determinazione nella lotta all’evasione, più coraggio nel tassare di più i patrimoni e le rendite finanziarie alleggerendo la tassazione sul lavoro e sulla produzione, così come non è socialmente tollerabile il blocco dell’adeguamento delle pensioni al costo della vita”.

“Più coraggio è necessario anche per rilanciare l’economia italiana facendo della green economy la leva per creare lavoro e sviluppo sostenibile, con politiche industriali e fiscali mirate. Valutiamo positivamente misure come il recupero di finanziamenti per il trasporto pubblico locale, la tassazione delle auto di grossa cilindrata, il ‘no’ ad ogni forma di condono, compreso quello edilizio, mentre aspettiamo di vedere il testo definitivo per avere la certezza della proroga degli incentivi per l’efficienza energetica”.

“Va bene la decisione di rendere permanenti le detrazioni fiscali del 36 per cento per le ristrutturazioni edilizie, giustamente estese alla sicurezza antisismica ed alle calamità naturali, ma ci auguriamo che sia confermata quantomeno anche la proroga per il 2012 del 55 per cento per l’efficienza energetica delle abitazioni. Continuiamo a pensare, infatti, che l’ecobonus, che premia in modo selettivo il risparmio energetico, sia la misura più importante e che debba diventare permanente, sia perché ha dimostrato di svolgere una efficace funzione di sostegno dell’economia, sia perché gli incentivi devono sempre più essere utilizzati per obiettivi di qualità ambientale”.

“Così come vorremmo – conclude Fabrizio Vigni – che si facesse di più per la difesa del suolo dal dissesto idrogeologico: se è vero che questa è la più grande opera pubblica di cui l’Italia ha bisogno, occorre consentire ai Comuni di sbloccare investimenti per gli interventi di messa in sicurezza del territorio, in deroga al patto di stabilità, e concentrare un po’ di risorse in più su questa grande priorità nazionale”.

La GarzettaDirettore: A. MazzottiCaporedattore: M. TurchettiRedazione: A. Borsotti, M.Cavallari, S.Patrizi, P.Montanari, D.Paviani, A.Rebucci, M.Turchetti, P.TurchettiGrafica: M. RoncuzziContributi: P. Pingani

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Intervista a Gabrio Maraldi,Assessore all’Urbanistica ed

Edilizia del Comune di Ravenna

sul tema Darsena

La riqualificazione urbana della Darsena è uno dei progetti più ambiziosi dell’amministrazione comunale di Ravenna: un obiettivo per il quale saranno di grande rilevanza le scelte ambientali che potranno essere concretizzate. L’assessore all’urbanistica Gabrio Maraldi, che segue in prima persona il progetto, ci aiuta a capire come è nato il cammino che porterà a una trasformazione in termini moderni della grande area urbana e quali sono i suoi passaggi obbligati.

Quando si è cominciato a pensare a una riqualificazione della Darsena?«Nel 1994 esisteva già un Piano di riqualificazione urbana, che però aveva bisogno di essere aggiornato: in sostanza, si pensava a un semplice ampliamento del quartiere urbano esistente. Invece abbiamo compreso che serviva una nuova pianificazione e, soprattutto, nuovi obiettivi: a quel punto abbiamo scelto di aggiornare il piano confrontandoci con i cittadini, aprendo quindi un dibattito in città su cosa era meglio fare della Darsena».

Qual è stato il risultato del confronto con i cittadini?«Che la Darsena, un’area urbana con caratteristiche uniche, vale la pena di ricordarlo, a cominciare dal canale Candiano, era un’opportunità per tutta la città. A partire proprio dalle sue caratteristiche di unicità, come la presenza forte dell’acqua, del waterfront costituito appunto dal Candiano che ha moltissime possibilità di utilizzo; ma anche di edifici pregiati di archeologia industriale che sono una risorsa importante pensando a una riqualificazione moderna dell’area. Insomma, si è compreso che la riqualificazione della Darsena poteva e doveva coinvolgere tutta la città, dal punto di vista turistico e culturale».

Come procede il cammino di progettazione?«È un tema complesso, perché stiamo ripianificando un’area già pianificata, dove erano state fissate regole e dove esistono diritti acquisiti. Per capirci, stiamo intervenendo su un’area molto vasta, dove la sostenibilità economica degli interventi è un punto fondamentale. Il fatto che la Darsena non sia ancora decollata è dovuto alla natura degli interventi, che erano parzialmente finanziati con risorse pubbliche. Per questo dico che la sostenibilità economica, cioè la possibilità di trovare investitori, è fondamentale».

Come avete strutturato il confronto con i cittadini?«Il primo obiettivo è stato quello di fornire un’informazione corretta: abbiamo cioè dato ai cittadini le informazioni corrette sullo stato delle cose nella Darsena. Questo perché per anni si parlato di cosa fare senza gli elementi su cui costruire valutazioni corrette: per capirci, si è parlato di darsena molto anche a sproposito. Abbiamo quindi portato avanti un confronto con la città su elementi chiari».

E adesso?«Si è conclusa la fase di partecipazione e coinvolgimento. Il documento che ne uscito verrà consegnato al sindaco e agli uffici tecnici che si occupano del ‘progetto Darsena’. Ma i soggetti che hanno partecipato all’elaborazione del documento non hanno esaurito il compito: saranno coinvolti anche nelle fasi successive, quelle cioè che riguarderanno la progettazione».

E arriviamo finalmente al tema ambientale…«Personalmente ne ero convinto e i fatti lo hanno confermato: dal confronto con i portatori di interesse e i cittadini è emerso con forza che se si vogliono rendere più appetibili gli interventi nell’area le questioni ambientali sono centrali. Nel senso che una riqualificazione che portasse l’impatto ambientale quasi a zero, renderebbe più appetibile l’investimento. Questo perché oggi è più attrattiva per vivere e lavorare una zona dove la qualità architettonica, il risparmio energetico, il verde, la mobilità seguono criteri di sostenibilità».

La mobilità soprattutto è un tema che sta impegnando molte amministrazioni pubbliche.«Esatto. L’obiettivo è realizzare un’area dove la mobilità sia sostenibile, dove cioè si possa usare meno la propria auto per gli spostamenti, perché esistono alternative più valide, con ampie zone di divieto d’accesso o limitazione per le auto, a cominciare da testata e banchine. Ma un altro tema che è emerso con forza è l’importanza della presenza di aree verdi di grandi dimensioni».

Per concludere, lei una volta ha affermato che la difesa dellʼambiente deve venire anche da un maggiore utilizzo delle tecnologie.«E lo confermo. Per esempio, uno degli obbiettivi del Comune è portare a termine il piano telematico. Dobbiamo fare conoscere ai cittadini quanti servizi esistono, attualmente pochissimo utilizzati, a cui si può accedere da casa con il computer. È facile capire come rappresenti un risparmio economico e anche ambientale».

Paolo Pingani

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Big Belly Solar è un cestino compattatore dotato di modulo fotovoltaico integrato, presentato in occasione di Ecomondo; grazie al dispositivo la frequenza di raccolta potrà essere ridotta dell’80% e, grazie al controllo da remoto, si potrà garantire la piena efficienza del sistema.

La caratteristica principale è che il compattatore ad energia solare è in grado di ridurre da 5 a 8 volte il volume dei rifiuti in esso contenuti ottimizzando il circuito di ritiro e, di conseguenza, le emissioni nocive collegate allo spostamento dei furgoni per il ritiro.

Il cestino, grazie al compattatore interno, fa sì che si possa ridurre il volume dei rifiuti fino all 80% quindi il costo di smaltimento e delle emissioni di CO2 per la loro movimentazione. Se a ciò aggiungiamo le zero emissioni per il suo fabbisogno energetico, attraverso il pannello fotovoltaico di cui è dotato, e la comodità del suo controllo da remoto, il quadro è completo.

Un patrimonio edilizio da 400 miliardi e una 'roadmap' per portarlo a 'consumi quasi zero'.

E' la sfida degli enti locali sull'efficienza energetica, emersa nel convegno 'La riqualificazione energetica degli edifici come nuova opportunità di sviluppo. Il ruolo delle Regioni, delle Province e dei Comuni' promosso dal tavolo Epbd2 (un network di esperti affiancati alla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile), insieme con Enea e Federcasa.

Regioni, Province e Comuni potranno ''diventare i nuovi e decisivi protagonisti della grande svolta per l'efficienza in edilizia sviluppando progetti adeguati sugli edifici di proprietà pubblica, un patrimonio edilizio valutato in circa 400 miliardi''. Su questo la Commissione europea si e' espressa in modo chiaro con la direttiva sul rendimento energetico degli edifici, con il Piano europeo di efficienza energetica e con una nuova direttiva in cantiere (in cui si chiede sostanzialmente che i Paesi membri si impegnino a portare gli edifici verso 'consumi quasi zero').

E le proprietà pubbliche dovrebbero essere le prime a dare il buon esempio. In Italia, per esempio, il valore economico del patrimonio edilizio dei Comuni si aggira intorno ai 227 miliardi di euro, quello delle Province 29 miliardi, quello delle Asl 25.

Per farlo occorre impostare un percorso operativo che spiani la strada agli Enti locali, indicando le soluzioni praticabili caso per caso, i dispositivi di finanziamento possibili, le formule di garanzia. Strumenti possibili possono essere i contratti di servizio energia con il Servizio energia plus, il Project financing, il 'Leasing in costruendo', i contratti di garanzia e le Società di servizio energetico (Esco).

Le Brevi

Convegno sviluppo sostenibile, in Italia 400 mld patrimonio

Big Belly Solar, il cestino pv amico dellʼambiente

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Si stanno svolgendo a Durban, in Sud Africa, i lavori della 17a Conferenza delle parti che hanno sottoscritto la Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti del clima e la 7a Sessione delle parti che hanno sottoscritto il Protocollo di Kyoto.

Sarà molto difficile che, alla chiusura dei lavori, prevista con la cosiddetta “sessione ministeriale”, i rappresentanti di 190 e passa Paesi trovino un qualche accordo significativo per contrastare, con politiche comuni di prevenzione (taglio delle emissioni di gas serra) e di adattamento, i cambiamenti del clima del pianeta.

Due i grandi temi sul tappeto.

Il primo riguarda la definizione di un reale impegno di contrasto dei cambiamenti climatici giuridicamente vincolante per tutti i Paesi – ricchi, emergenti e poveri – che hanno sottoscritto la Convenzione delle Nazioni Unite. Adattarsi ai cambiamenti climatici significa mettere ciascun paese nelle condizioni di rispondere al meglio all’aumento, in atto, della temperatura media del pianeta. L’adattamento impone una doppia sfida: una tecnica - allestire una costellazione efficace di interventi puntuali - l’altra economica: chi paga il conto (che si aggira intorno ad alcune centinaia di miliardi l’anno)? Mitigare i cambiamenti climatici significa prevenire, per quanto possibile ormai, gli aumenti della temperatura media: ovvero tagliare le emissioni antropiche di gas serra. La Convenzione sui cambiamenti climatici a tutt’oggi non prevede impegni vincolanti. Ma ora che tutti riconoscono la realtà e la gravità del fenomeno, occorre rispondere con urgenza a due domande: chi lo dovrà fare? Come?

Il secondo riguarda il Protocollo di Kyoto, che impegna i soli paesi di antica industrializzazione (ed è in scadenza nel 2012) che l’hanno ratificato (anche se non sono previste sanzioni per gli inadempienti) a ridurre le emissioni di gas serra di circa il 5% rispetto all’anno di riferimento 1990. A Durban si verifica chi lo ha rispettato e chi no, e si decide se e come rinnovarlo per i prossimi anni.

Le due classi di decisioni che dovranno essere prese -l’accordo globale su mitigazione e adattamento e il rinnovo del Protocollo di Kyoto - sono fortemente interconnesse. Alcuni Paesi che hanno ratificato Kyoto - Giappone, Canada e Russia - hanno già fatto sapere che senza un accordo globale e senza un impegno concreto e vincolante per tutti, in particolare per Stati Uniti e Cina che sono i due massimi produttori di gas serra, non parteciperanno a nessun rinnovo del Protocollo.

La situazione politica è drammatica, ma chiara: o a Durban si troverà una strategia globale oppure la politica di contrasto ai cambiamenti climatici tornerà indietro di vent’anni, a quando la Convenzione sul clima venne proposta a Rio del 1992.

Il quadro scientifico e politico, rispetto a Rio, è cambiato. Venti anni fa i paesi di antica industrializzazione erano ancora i massimi produttori di gas serra. Oggi il 58% delle emissioni avviene a opera di paesi che a Rio

venivano definiti in via di sviluppo. Restano le antiche responsabilità: la gran parte dei gas serra sono stati emessi da Europa, Stati Uniti e Giappone. Ma occorre prendere atto che senza il contributo attivo di Cina, India e Brasile le politiche di mitigazione perdono molto del loro significato.

La crisi economica incombe su Durban. Molti ritengono che difficilmente l’Amministrazione Obama potrà assumere impegni stringenti e vincolanti, con uno dei due rami del Parlamento in mano ai repubblicani. Altri ritengono che l’Europa - dopo la figuraccia a Copenaghen, dove fu esclusa dalle decisioni che contano - con la sua attuale debolezza sia ancora più marginale e comunque meno credibile. Forse le uniche speranze restano proprio i paesi a economia emergente: la Cina, il Brasile, la Corea del Sud. Non sono attraversati dalla crisi economica e puntano molto - molto più di Usa ed Europa - sulla "green economy".

Vedremo a Durban quanto matura è la “coscienza ecologica degli emergenti”.

Le opzioni tecniche sono due. La prima è la politica dei vincoli stringenti, sul modello del Protocollo di Kyoto: precise quote di gas serra da abbattere, differenziate per paese. L’altra opzione è quella della "no-binding policy", degli impegni morali non vincolanti, sostenuti unicamente da meccanismi di mercato.

L’opzione no-binding, senza vincoli, è forse la più realistica. Ma ha un difetto: non offre alcuna certezza che gli obiettivi saranno raggiunti. La storia degli ultimi 20 anni dimostra che in un regime di libertà per tutti le emissioni di gas non diminuisco. Ma crescono. Senza vincoli, appunto.

La Redazione

A Durban ultima occasione per un nuovo protocollo sul Clima

Roberto Sauli www.ilsalesullacoda.it

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E’ dè d’Santa LuzeiaL’è e’ dè piò curt ch’s’i seia(Il giorno di Santa Lucia – 13 dicembre ‐È il giorno più corto che ci sia)Par la PasquettaUn’urèta (Per la Pasquetta (Epifania)Un’oretta)Par S. Antoni AbetI dè i s’aslonga un’òra e un quert. (Per Sant’Antonio Abate (17 gennaio)Il giorno si allunga di un’ora e un quarto).

Cerchiamo di spiegare un po’ l’origine di questi proverbi ma, per fare questo, bisogna fare un piccolo salto all’indietro sino ad andare alle origini di Roma.

Secondo la tradizione, il primo calendario della storia fu istituito nel 753 a.C. da Romolo., fondatore di Roma: subì diverse modifiche nel corso dei secoli, venendo infine sostituito nel 46 a.C. dal calendario giuliano promulgato da Giulio Cesare.

Il calendario di Romolo, che iniziava il primo giorno di marzo, prevedeva 10 mesi:

Martius – 31 giorni Aprilis – 30 giorniMaius – 30 giorniIunius - (30 giorni)Quintilis - (31 giorni)Sextilis - (30 giorni)September - (30 giorni)October - (31 giorni)November - (30 giorni)December - (30 giorni)Pochi anni dopo, nel 713 a.c., Numa Pompilio, il secondo dei sette re di Roma, modificò il calendario, aggiungendo i mesi di gennaio e febbraio ai dieci preesistenti, aggiungendo 51 giorni ai 304 del calendario di Romolo e, togliendo un giorno da ciascuno dei mesi che ne avevano 30 (facendoli così diventare dispari) e portando a 57 giorni il totale di quelli che i mesi di gennaio e febbraio dovevano spartirsi. A gennaio vennero quindi assegnati 29 giorni e a febbraio 28: poiché i numeri pari erano ritenuti sfortunati, febbraio fu considerato adatto come mese di purificazione. Degli undici mesi con un numero dispari di giorni, quattro ne avevano 31 e sette ne avevano 29.

Il nuovo calendario era così composto:

Furono apportate altre modifiche, fino a che un certo signore di nome Giulio Cesare (scusate se è poco) nel 46 a.C., istituì il calendario giuliano, portando la durata dell'anno a 365 giorni e introducendo l'anno bisestile.

Il calendario giuliano rimase in vigore per molti secoli, anche dopo la caduta dell'impero romano, sostituito solo nel 1582 dal calendario gregoriano.

Papa Gregorio XIII, nel 1582, su varie proposte degli studiosi del tempo, modificò il calendario per adattarlo al ciclo delle stagioni. L’anno, si compone di 12 mesi di durate diverse, per un totale di 365 o 366 giorni. Gli anni di 366 giorni sono detti bisestili: è bisestile un anno ogni quattro, con alcune eccezioni.

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Il proverbio di dicembre

e la storia del calendario

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In totale, quindi, il calendario durava 304 giorni e c'erano circa 61 giorni di inverno che non venivano assegnati ad alcun mese: in pratica, dopo dicembre, si smetteva di contare i giorni per riprendere nuovamente il conteggio al marzo successivo.

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E, adesso ci addentriamo nella spiegazione un po’ più complicata (mi sono servito di alcune enciclopedie in particolare del grande dizionario enciclopedico UTET). Vediamo se ci riesco.

Giulio Cesare, oltre che a regalare i telefonini ai suoi amici e le cravatte ai suoi nemici (secondo un moderno racconto televisivo) stabilì che l’anno durava 365 giorni e 6 ore recuperando quelle 6 ore ogni quattro anni dando così vita all’anno bisestile. Ma, ahi ahi ahi Caro Giulio, Sosigene di Alessandria (Alessandria d'Egitto per intenderci) un astronomo greco vissuto nel I secolo a.C., consigliere di Giulio Cesare, non tenne conto di 11 minuti e 12 secondi che mancano alle succitate 6 ore complementari dei 365 giorni. Di conseguenza, il calendario giuliano accumulava un giorno di ritardo ogni circa 128 anni rispetto al trascorrere delle stagioni.

Tra il 325, anno in cui il Concilio di Nicea stabilì la regola per il calcolo della Pasqua, e il 1582 si era ormai accumulata una differenza di circa 10 giorni. Questo significava, ad esempio, che l’equinozio di  primavera, in base alle osservazioni astronomiche, non risultava più iniziare il 21 marzo, ma l'11 marzo. Così la Pasqua, che sarebbe dovuta cadere la prima domenica dopo il plenilunio di primavera, veniva spesso a cadere nella data sbagliata.

Papa Gregorio XIII, sotto la consulenza di alcuni scienziati valentissimi, prima di tutto il medico e astronomo calabrese Luigi Giglio oltre che il matematico perugino Ignazio Danti, stabilì che:

♣ bisognava recuperare i giorni perduti, per riallineare la data d'inizio delle stagioni con quella del 325;

♣ modificare la durata media dell'anno, in modo da prevenire il ripetersi di questo problema.

Per recuperare i dieci giorni perduti, si stabilì che il giorno successivo al 4 ottobre 1582 fosse il 15 ottobre; inoltre, per evitare interruzioni nella settimana, si convenne che il 15 ottobre fosse un venerdì, dal momento che il giorno precedente, il 4, era stato un giovedì.

Il calendario gregoriano entrò in vigore il 15 ottobre 1582 (5 ottobre secondo il calendario giuliano) in Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Polonia – Lituania e Belgio – Olanda – Lussemburgo, e negli altri paesi cattolici in date diverse nell'arco dei cinque anni successivi (Austria a fine 1583, Boemia e Moravia e cantoni cattolici della Svizzera a inizio 1584, ...). Gli altri paesi si uniformarono in epoche successive: gli stati luterani, calvinisti e anglicani durante il XVIII secolo, quelli ortodossi ancora più tardi. Le Chiese ortodosse russa, serba e di Gerusalemme continuano a tutt'oggi a seguire il calendario giuliano: da ciò nasce l'attuale differenza di 13 giorni tra le festività religiose "fisse" ortodosse e quelle delle altre confessioni cristiane.

Naturalmente essendo il Calendario Gregoriano di provenienza cattolica non è sembrato vero alle altre religioni di adottarne uno esclusivamente per loro. Così esiste il calendario mussulmano, copto, etiopico, ebraico e addirittura anche “massonico”.

Concludo questo sunto (non so con quanta chiarezza sono riuscito a trasmettervi il tutto) con il dirvi che esisteva anche il calendario “fascista”, che non abolì quello Gregoriano, ma che si fece cominciare dal 28/10/1922. Mah!

Ma, veniamo a noi, cosa cʼentra Santa Lucia con Gregorio XIII?Prima dello spostamento dei dieci giorni indietro, la festa di Santa Lucia cadeva proprio nel giorno del solstizio d’inverno che è considerato il giorno più corto e la notte più lunga che ci sia.

Analogamente anche la Pasquetta, la festa dell’Epifania che viene il 6 gennaio, era più avanti di dieci giorni e così la festa di Sant’Antonio che viene il 17 gennaio, ma prima della riforma gregoriana avveniva 10 giorni più avanti.

Ho cercato di darvi una quanto mai problematica spiegazione di questi nostri proverbi che, in barba alla riforma Gregoriana hanno comunque continuato (e continueranno) a riproporre questi nostri vecchi detti.

Ma, per ristabilire la verità e per dare al solstizio invernale tutto il suo avere, il 21 dicembre si festeggia San Tommaso e, allora

Par San TmèsI dè i torna a slunghès

(Per San TommasoI giorni tornano ad allungarsi)

Cari Amici ho proprio finito. Sono stato lungo, forse poco chiaro ma, come sempre, cerco di trasmettervi il mio amore per le nostre tradizioni romagnole, per il nostro dialetto oltre che l’affetto verso i nostri vecchi che con i loro proverbi e con le loro tradizioni hanno alimentato la cultura popolare che mai, dico mai, deve essere dimenticata.

Buon Natale a tutti voi e alle Vostre famiglie. Un Natale pieno di serenità e di Pace.

Auguri anche per un 2012 felice nonostante le premesse non siano delle più confortanti.

Mettiamocela tutta e ce la faremo.

Av Salut

Paolo Turchetti