La filiera agroalimentare e l'inflazione

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UNIONE EUROPEA REGIONE MARCHE PSR MARCHE 2007-2013 La Filiera agroalimentare e inflazione I recenti aumenti record dei prezzi dei prodotti, spinti dal caro benzina e dal caro gasolio fanno svuotare il carrello della spesa che evidenzia un calo del 2 per cento degli acquisti dei prodotti alimentari in quantità. E’ quanto emerge in riferimento all’andamento dell’inflazione a marzo secondo i dati divulgati dall’Istat che evidenzia un aumento del 4,6% per il carrello della spesa, il piu’ alto dal 2008. Per effetto della riduzione del potere di acquisto le famiglie italiane hanno tagliato anche le spese alimentari che già lo scorso anno si erano ridotte dell’1,3 per cento con meno carne bovina (-0,1 per cento), pasta (-0,2 per cento) carne di maiale e salumi (-0,8 per cento), ortofrutta (-1 per cento) e addirittura meno latte fresco (-2,2 per cento). Il calo dei consumi colpisce l’intera filiera agroalimentare a partire dalle imprese agricole che devono fare i conti anche con una riduzione dei prezzi alla produzione del 2.3 per cento a marzo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno piu’ evidente per i cereali (-12 per cento), e per la frutta (- 13 per cento), ma soprattutto per gli oli di oliva (-21,4 per cento). A pesare nei prossimi mesi sarà anche il record raggiunto dal prezzo dei carburanti in un Paese come l`Italia dove l'88 per cento dei trasporti commerciali avviene per strada. A subire gli effetti dell'aumento dei costi energetici sarà l'intero sistema agroalimentare, produzione, trasformazione e distribuzione, dove si stima che i costi di trasporto e della logistica siano circa un terzo del totale. Cercare di valutare come si formano questi fenomeni nell’ ambito del sistema agroalimentare sarà l’ oggetto di questa newsletter. L’interesse verso la conoscenza dei processi di formazione dei prezzi, dei margini di commercializzazione e dei meccanismi di trasmissione dei prezzi nel sistema agroalimentare è considerevolmente cresciuto negli ultimi anni. Le profonde modificazioni che hanno interessato la catena alimentare, l’eterogeneità delle filiere, l’evoluzione delle strutture di mercato, la crescente concentrazione delle imprese di trasformazione e di distribuzione, i recenti fenomeni di volatilità dei prezzi di alcuni prodotti agricoli, hanno contribuito a porre in primo piano, nell’agenda delle istituzioni pubbliche, la necessità di aumentare le conoscenze in questo campo. Studiare il meccanismo di formazione dei prezzi nella catena alimentare non è agevole, soprattutto a causa della mancanza di dati esaustivi e affidabili sui prezzi, sui ricarichi, così come sui costi in ogni sua fase. È un fenomeno complesso che dipende da diversi fattori: le specificità intrinseche dei prodotti (ad esempio la conservabilità, la deperibilità, la stagionalità) che ne condizionano l’offerta, la struttura del mercato (ad esempio il grado di concorrenzialità presente in ogni fase della catena e il numero di intermediari) così come l’impatto delle politiche pubbliche in atto. La valutazione di come avviene la trasmissione dei prezzi lungo la filiera alimentare, vale a dire l’entità e la velocità dei trasferimenti tra le varie fasi, è spesso utilizzata come indicatore della sua efficacia ed efficienza e del grado di concorrenza nella fase della trasformazione e della distribuzione. Come accennato, di recente, i prezzi di alcuni prodotti agricoli sono stati oggetto di forte volatilità. Tra il 2007 e il 2008 i prezzi di alcune materie prime agricole, cereali e latte soprattutto, hanno subito una forte crescita, generando significativi aumenti dei prezzi al consumo con conseguenze negative sull’inflazione. Successivamente, alcuni prezzi sono scesi ai livelli di partenza, alle volte anche più in basso. In una situazione in cui la crisi economica incide sempre più sul potere d’acquisto delle famiglie, mentre i consumi alimentari tornano a rappresentare una quota importante del reddito, queste dinamiche hanno creato una crescente preoccupazione nei consumatori, in

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                      UNIONE EUROPEA REGIONE MARCHE PSR MARCHE 2007-2013

 

 

La Filiera agroalimentare e inflazione I recenti aumenti record dei prezzi dei prodotti, spinti dal caro benzina e dal caro gasolio fanno svuotare il carrello della spesa che evidenzia un calo del 2 per cento degli acquisti dei prodotti alimentari in quantità. E’ quanto emerge in riferimento all’andamento dell’inflazione a marzo secondo i dati divulgati dall’Istat che evidenzia un aumento del 4,6% per il carrello della spesa, il piu’ alto dal 2008. Per effetto della riduzione del potere di acquisto le famiglie italiane hanno tagliato anche le spese alimentari che già lo scorso anno si erano ridotte dell’1,3 per cento con meno carne bovina (-0,1 per cento), pasta (-0,2 per cento) carne di maiale e salumi (-0,8 per cento), ortofrutta (-1 per cento) e addirittura meno latte fresco (-2,2 per cento). Il calo dei consumi colpisce l’intera filiera agroalimentare a partire dalle imprese agricole che devono fare i conti anche con una riduzione dei prezzi alla produzione del 2.3 per cento a marzo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno piu’ evidente per i cereali (-12 per cento), e per la frutta (- 13 per cento), ma soprattutto per gli oli di oliva (-21,4 per cento). A pesare nei prossimi mesi sarà anche il record raggiunto dal prezzo dei carburanti in un Paese come l`Italia dove l'88 per cento dei trasporti commerciali avviene per strada. A subire gli effetti dell'aumento dei costi energetici sarà l'intero sistema agroalimentare, produzione, trasformazione e distribuzione, dove si stima che i costi di trasporto e della logistica siano circa un terzo del totale. Cercare di valutare come si formano questi fenomeni nell’ ambito del sistema agroalimentare sarà l’ oggetto di questa newsletter. L’interesse verso la conoscenza dei processi di formazione dei prezzi, dei margini di commercializzazione e dei meccanismi di trasmissione dei prezzi nel sistema agroalimentare è considerevolmente cresciuto negli ultimi anni. Le profonde modificazioni che hanno interessato la catena alimentare, l’eterogeneità delle filiere, l’evoluzione delle strutture di mercato, la crescente concentrazione delle imprese di trasformazione e di distribuzione, i recenti fenomeni di volatilità dei prezzi di alcuni prodotti agricoli, hanno contribuito a porre in primo piano, nell’agenda delle istituzioni pubbliche, la necessità di aumentare le conoscenze in questo campo. Studiare il meccanismo di formazione dei prezzi nella catena alimentare non è agevole, soprattutto a causa della mancanza di dati esaustivi e affidabili sui prezzi, sui ricarichi, così come sui costi in ogni sua fase. È un fenomeno complesso che dipende da diversi fattori: le specificità intrinseche dei prodotti (ad esempio la conservabilità, la deperibilità, la stagionalità) che ne condizionano l’offerta, la struttura del mercato (ad esempio il grado di concorrenzialità presente in ogni fase della catena e il numero di intermediari) così come l’impatto delle politiche pubbliche in atto. La valutazione di come avviene la trasmissione dei prezzi lungo la filiera alimentare, vale a dire l’entità e la velocità dei trasferimenti tra le varie fasi, è spesso utilizzata come indicatore della sua efficacia ed efficienza e del grado di concorrenza nella fase della trasformazione e della distribuzione. Come accennato, di recente, i prezzi di alcuni prodotti agricoli sono stati oggetto di forte volatilità. Tra il 2007 e il 2008 i prezzi di alcune materie prime agricole, cereali e latte soprattutto, hanno subito una forte crescita, generando significativi aumenti dei prezzi al consumo con conseguenze negative sull’inflazione. Successivamente, alcuni prezzi sono scesi ai livelli di partenza, alle volte anche più in basso. In una situazione in cui la crisi economica incide sempre più sul potere d’acquisto delle famiglie, mentre i consumi alimentari tornano a rappresentare una quota importante del reddito, queste dinamiche hanno creato una crescente preoccupazione nei consumatori, in

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quanto spesso impongono loro dei vincoli nella scelta del proprio paniere alimentare. Le conseguenze della volatilità dei prezzi si ripercuotono dunque negativamente su:

gli agricoltori ai quali manca un preciso riferimento del prezzo di vendita dei propri prodotti a fronte di un continuo aumento dei costi di produzione, ritardando il riequilibrio dei prezzi delle materie prime agricole;

i trasformatori che non possono trasferire il totale aumento delle materie prime sui loro prezzi di vendita;

i distributori, che volendo mantenere un certo margine, si confrontano con la possibilità di spesa dei consumatori, con il rischio di vedere diminuire i loro volumi di vendita;

i consumatori il cui potere d’acquisto subisce un ridimensionamento anche a causa dell’aumento di alcuni prodotti agroalimentari.

In presenza di una trasmissione imperfetta, le variazioni di prezzo che intervengono a una estremità della filiera non si riflettono immediatamente nell’altra estremità, in quanto esse non sono interamente trasmesse lungo la catena, o perché gli aumenti o le diminuzioni sono distribuiti nel tempo, o perché la reazione è diversa, rendendo la trasmissione asimmetrica. Ad esempio, a partire dal secondo trimestre del 2008, mentre i prezzi delle materie prime agricole hanno subito una forte riduzione, i prezzi al consumo hanno continuato ad aumentare fino all’ultimo trimestre dello stesso anno, per ridiscendere soltanto nella seconda metà del 2009. Il calo nel mercato al consumo è cioè avvenuto molto più lentamente rispetto a quello delle materie prime agricole, evidenziando carenze nel sistema di trasmissione. Le divergenze tra l’andamento dei prezzi delle materie prime agricole e quello dei prezzi al consumo e la presenza di asimmetrie possono essere in parte ricondotte alla struttura del mercato. Mercati oligopolistici o oligopsonistici possono più facilmente causare distorsioni e ritardi negli aggiustamenti, anche se recenti studi sostengono che queste disfunzioni non implicano automaticamente la presenza di un ambiente non competitivo e/o l’esercizio di potere di mercato. La lentezza con cui le fluttuazioni dei prezzi sono trasmesse ritarda peraltro gli aggiustamenti necessari ed estende le disfunzioni del mercato ad ogni fase della filiera, accrescendo il tasso di volatilità dei prezzi nei mercati delle materie prime agricole.

L’ampiezza, il ritardo e l’asimmetria nella regolazione dei prezzi alimentari sollevano quindi numerose perplessità sul funzionamento delle filiere alimentari e sulla distribuzione del valore aggiunto tra produttori agricoli, trasformatori, grossisti e dettaglianti. Garantire l’efficacia e l’efficienza della catena di approvvigionamento alimentare è fondamentale per aumentare la sua competitività a beneficio di tutti gli attori, consumatori compresi. In anni recenti nell’UE si sono sviluppati numerosi studi che testimoniano l’importanza che le Istituzioni europee o i singoli paesi danno alla valutazione dei fenomeni in atto, per predisporre specifiche iniziative al fine di correggerli o prevenirli. Per quanto attiene alle indagini che hanno riguardato un numero ampio di filiere in più Paesi, vi è il rapporto curato da London Economics (2004) per conto del Ministero dell’agricoltura inglese sugli spread tra i prezzi alla produzione in agricoltura e i prezzi al consumo di 90 differenti prodotti in alcuni paesi europei, tra cui l’Italia, nel periodo compreso tra la metà degli anni Novanta e i primi anni del secolo corrente. Le principali conclusioni escludono la presenza di prove evidenti di: (a) sistematica trasmissione asimmetrica dei prezzi nelle filiere alimentari dei principali paesi europei; (b) presenza di filiere più soggette di altre all’asimmetria ad eccezione della quella lattiero-casearia, il cui periodo di osservazione è stato però più breve; (c) esistenza di Paesi in cui la trasmissione dei prezzi è sistematicamente più asimmetrica, tranne che in Francia dove nel lungo periodo la relazione tra prezzi alla produzione e prezzi al dettaglio non sembra mostrare stabilità; (d) significativo impatto nell’evoluzione delle differenze tra i prezzi pagati ai produttori e quelli al consumo in relazione all’aumentata concentrazione nella trasformazione e distribuzione. Lo studio commissionato nel 2007 dal Parlamento Europeo ha analizzato i differenziali di prezzo tra mercati alla produzione e mercati al consumo in 202 filiere alimentari di 16 paesi europei (Italia esclusa) nell’intervallo 2003-2005. Nel breve periodo esaminato gli effetti della concentrazione distributiva sui differenziali di prezzo è variabile da filiera a filiera e il maggiore impatto si registra in quella ortofrutticola, mentre è minore nel lattiero-caseario. In Francia un rapporto (Conseil

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Économique Social et Environnemental, 2009) evidenzia, tra l’altro, la necessità di avviare alcune azioni per: (a) contrastare il fenomeno della volatilità dei prezzi nell’interesse dei consumatori, dei trasformatori e dei produttori agricoli per evitare che forti aumenti dei prezzi, se trasmessi interamente lungo la filiera, riscaldino l’inflazione e sensibili diminuzioni dei prezzi determino sofferenze per le aziende agricole; (b) promuovere l’organizzazione delle filiere e la contrattualizzazione (1), come alternativa al laissez-faire dei mercati; (c) rendere più trasparente la formazione dei prezzi e dei margini, anche attraverso la pubblicazione annuale di un rapporto Le analisi a lungo termine tenderebbero invece a mostrare che esiste una certa correlazione tra l’evoluzione dei prezzi delle materie prime agricole e l’evoluzione dei prezzi al consumo. Due sono gli effetti, che combinati tra loro, spiegano questo risultato: non esiste nei fatti alcuna relazione tra i prezzi delle materie prime agricole e i prezzi alla produzione, soprattutto prima del 2007. Questa modalità di trasmissione dei prezzi lungo la filiera può essere spiegata da diversi fattori, tra i quali la limitata incidenza dei costi dei prodotti agricoli nei prezzi finali e le inefficienze della struttura della filiera (squilibri di potere contrattuale e/o pratiche anticoncorrenziali). Oggi i prezzi finali al consumo sono più influenzati dai costi della manodopera, dell’energia, compresi i costi di trasporto, e di marketing che dai costi delle materie prime agricole, appena il 20% in media, secondo le stime della comunità europea. A partire dal 2007, in seguito al forte aumento e al successivo crollo dei prezzi delle materie prime, vi è stato tuttavia un significativo cambiamento nel modello di trasmissione dei prezzi nella catena alimentare: è aumentata la velocità di trasmissione dei prezzi e tutti gli attori hanno cercato di trasmettere a valle l’aumento dei loro costi di produzione.

La situazione italiana, paragonata a quella dei principali Paesi europei, si presenta ancora più complessa e difficile da interpretare e affrontare considerato che accanto a problemi strutturali ne esistano altri di natura sociale, la cui soluzione non può essere affrontata all’interno delle singole filiere, ma solo in un’ottica più ampia. Ci si riferisce, in particolare, alle pesanti ripercussioni che provoca la presenza di un’economia parallela di origine malavitosa, fortemente radicata nelle principali filiere del Mezzogiorno, ortofrutticole soprattutto. L’attività dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nel settore agroalimentare e soffermandosi sui principali risultati raggiunti nell’indagine sulla distribuzione agroalimentare del 2007, ha evidenzianto comeme, sotto il profilo concorrenziale, è auspicabile una maggiore concentrazione dell’offerta agricola, anche per consentire che i vantaggi dell’accresciuta presenza della GDO si traducano in benefici anche per il consumatore. Le principali strategie attraverso le quali è possibile recuperare quote di valore aggiunto da parte della fase agricola, passano attraverso le aggregazioni di produttori e la promozione di relazioni contrattuali, al fine di equilibrare la crescente concentrazione della grande distribuzione. In questa ottica và visto il progetto della filiera agricola tutta italiana lanciata da Coldiretti che ha come obbiettivo quello di mettere a disposizione del consumatore cittadino dei cibi di provenienza certificata come agricoli e come italiani.

Agricoli perchè firmati dagli agricoltori che ci mettono la loro faccia, italiani perchè provenienti dalle aziende agricole italiane. Questo permetterà agli agricoltori di recuperare quel valore aggiunto che oggi si perde lungo la filiera nei tanti passaggi, ricordiamo che a fronte di un euro speso per prodotti alimentari appena 16 centesimi vanno all’ agricoltore, e ai consumatori di avere a disposizione prodotti di grande qualità freschi al giusto prezzo.

Piano di sviluppo rurale 2007-2013 Misura: 1.1.1. Azione nel campo della formazione professionale e dell’informazione.

Sottomisura: b) Attività informativa nel settore agricolo forestale con la partecipazione comunitaria -Domanda n. 4592/2010