La fertilità del terreno - Dipartimento di Scienze...

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NOTIZIARIO TECNICO LA FERTILIZZAZIONE DELLE DRUPACEE 11 La sostanza organica In termini generali, per sostan- za organica (S.O.) si intende quell’insieme di residui di ori- gine animale (mesofauna e mi- crofauna non più vitali) e vege- tale (radici, foglie, microflora) in differente stadio di evoluzione (Bongiovanni et al., 1) pre- senti nel terreno, in percentuali limitate (0,-10%) che variano in funzione dell’accumulo e della velocità di mineralizza- zione del materiale organico. Le piante sono fra le principali fonti di S.O. del suolo che viene apportata tramite i residui della chioma e la rizodeposizione. Il contributo delle radici è general- mente maggiore rispetto a quel- lo della parte aerea (Bolinder et al., 1); inoltre, i meccani- smi di protezione fisica operati dalla matrice argillosa del suo- lo (Oades, 1) e la maggio- re concentrazione di lignina e composti fenolici delle radici ne aumentano la resistenza alla mineralizzazione. La decompo- sizione della S.O. è più rapida nei suoli aridi, con temperatu- re elevate (Sequi, 1) e nei terreni sciolti (Hassink, 1; Strong, 1). L’intensità dei processi di mineralizzazione è poi maggiore in prossimità del- le radici (rizosfera) dove l’attivi- tà dei microrganismi, stimolati dagli essudati radicali, è più in- tensa e determina un aumento della disponibilità di nutrienti. Il ricorso alla sola concimazione minerale ed alle lavorazioni de- termina un’inevitabile riduzione della S.O. che mineralizza rapi- damente. La velocità di degra- dazione della sostanza organica dipende poi oltre che dal tipo di attacco microbico anche dalla consistenza fisica e dalle caratte- ristiche chimiche del composto organico (Sequi, 1); il rap- porto carbonio/azoto (C/N), in particolare influenza la velocità di decomposizione: tanto più alto è il rapporto C/N tanto più lenta è la mineralizzazione e maggiore la necessità di re- perire N dal suolo da parte dei batteri che decompongono la matrice organica povera di N. La componente organica può essere distinta in due tipi di fra- zioni: i costituenti primari (detti non umici) e i costituenti se- condari (frazione umica) (Sequi, 1). La frazione non umica riveste particolare importanza nel garantire buone caratteristi- che fisiche del suolo (struttura, capacità idrica, capacità ter- mica, ecc.), mentre la compo- nente umica ha un ruolo fonda- mentale a livello chimico-fisico (capacità di scambio cationico, formazione di complessi metal- lorganici). In particolare, i com- posti non umici sono quei ma- teriali che ancora conservano, in misura più o meno marcata, i segni dell’originaria organizza- zione cellulare (Sequi, 1), quindi carboidrati, amminoaci- di, proteine, lipidi, acidi nuclei- ci, lignine. Questi composti su- biscono nel terreno processi di degradazione che portano alla formazione di prodotti diversi in funzione delle condizioni del- l’ambiente in cui tali processi di verificano. In condizioni di buo- na aerazione del suolo e di tem- perature miti si avviano i pro- cessi di umificazione dai quali si originano le sostanze umiche che sono composti amorfi, di colore variabile fra il marrone e il nero e di dimensioni general- mente rilevanti (Sequi, 1). La fertilità del terreno

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NOTIZIARIO TECNICO

LA FERTILIZZAZIONE DELLE DRUPACEE

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La sostanza organica In termini generali, per sostan-za organica (S.O.) si intende quell’insieme di residui di ori-gine animale (mesofauna e mi-crofauna non più vitali) e vege-tale (radici, foglie, microflora) in differente stadio di evoluzione (Bongiovanni et al., 1���) pre-senti nel terreno, in percentuali limitate (0,�-10%) che variano in funzione dell’accumulo e della velocità di mineralizza-zione del materiale organico. Le piante sono fra le principali fonti di S.O. del suolo che viene apportata tramite i residui della chioma e la rizodeposizione. Il contributo delle radici è general-mente maggiore rispetto a quel-lo della parte aerea (Bolinder et al., 1���); inoltre, i meccani-smi di protezione fisica operati dalla matrice argillosa del suo-lo (Oades, 1���) e la maggio-re concentrazione di lignina e composti fenolici delle radici ne aumentano la resistenza alla mineralizzazione. La decompo-sizione della S.O. è più rapida nei suoli aridi, con temperatu-re elevate (Sequi, 1���) e nei terreni sciolti (Hassink, 1���;

Strong, 1���). L’intensità dei processi di mineralizzazione è poi maggiore in prossimità del-le radici (rizosfera) dove l’attivi-tà dei microrganismi, stimolati dagli essudati radicali, è più in-tensa e determina un aumento della disponibilità di nutrienti. Il ricorso alla sola concimazione minerale ed alle lavorazioni de-termina un’inevitabile riduzione della S.O. che mineralizza rapi-damente. La velocità di degra-dazione della sostanza organica dipende poi oltre che dal tipo di attacco microbico anche dalla consistenza fisica e dalle caratte-ristiche chimiche del composto organico (Sequi, 1���); il rap-porto carbonio/azoto (C/N), in particolare influenza la velocità di decomposizione: tanto più alto è il rapporto C/N tanto più lenta è la mineralizzazione e maggiore la necessità di re-perire N dal suolo da parte dei batteri che decompongono la matrice organica povera di N. La componente organica può essere distinta in due tipi di fra-zioni: i costituenti primari (detti non umici) e i costituenti se-condari (frazione umica) (Sequi,

1���). La frazione non umica riveste particolare importanza nel garantire buone caratteristi-che fisiche del suolo (struttura, capacità idrica, capacità ter-mica, ecc.), mentre la compo-nente umica ha un ruolo fonda-mentale a livello chimico-fisico (capacità di scambio cationico, formazione di complessi metal-lorganici). In particolare, i com-posti non umici sono quei ma-teriali che ancora conservano, in misura più o meno marcata, i segni dell’originaria organizza-zione cellulare (Sequi, 1���), quindi carboidrati, amminoaci-di, proteine, lipidi, acidi nuclei-ci, lignine. Questi composti su-biscono nel terreno processi di degradazione che portano alla formazione di prodotti diversi in funzione delle condizioni del-l’ambiente in cui tali processi di verificano. In condizioni di buo-na aerazione del suolo e di tem-perature miti si avviano i pro-cessi di umificazione dai quali si originano le sostanze umiche che sono composti amorfi, di colore variabile fra il marrone e il nero e di dimensioni general-mente rilevanti (Sequi, 1���).

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Le sostanze umiche possono essere separate in due frazioni distinte: gli acidi umici e gli acidi fulvici. Gli acidi umici sono dei polimeri caratterizzati dalla pre-senza di un gruppo aromatico al quale sono legate proteine, polisaccaridi, fenoli e metalli, hanno un maggior contenuto di C e N, sono meno idrofili e di dimensioni maggiori. La pre-senza di questi legami rende la struttura estremamente stabile e quindi difficilmente attaccabi-le dai processi di degradazione dei microrganismi del suolo. Gli acidi fulvici, invece, sono com-posti più ricchi di ossigeno, ad elevata reattività, caratterizzati da un peso molecolare più bas-so, maggiormente idrofili, più piccoli e più acidi rispetto alla componente umica. La forma-zione di humus, in seguito al-l’azione di organismi eterotrofi, è però un processo molto lento che, nei climi temperati, inte-ressa ogni anno circa 1,�-2% della S.O. presente nel suolo (Bonciarelli, 1���).

Diversi modelli cercano di de-scrivere le dinamiche della S.O. tra i diversi pool della biosfe-ra (Fallon e Smith, 2000). La maggior parte di questi modelli suddivide la S.O. del suolo in � pool: uno labile, caratterizzato da turnover rapido, uno refrat-tario, che presenta un turnover lento e uno inerte. Mentre la sostanza organica inerte non è interessata da processi dina-mici, gli altri due pool interagi-scono tra loro e costituiscono importanti sink di fissazione di anidride carbonica (CO2) atmo-sferica (Bouwman, 1���). Un buon contenuto di S.O. nel terreno determina una serie di effetti benefici che interessano: 1. struttura del terreno, 2. dota-zione e solubilità dei nutrienti, �. ritenzione idrica, �. capacità di scambio cationico e potere adsorbente, �. pH (mantenu-to prossimo alla neutralità), �. prevenzione della clorosi ferri-ca, �. biodiversità del suolo, �. erosione. Una buona struttura del terreno

deriva dalla formazione di ag-gregati stabili ad opera di gom-me polisaccaridiche di origine biologica e di colloidi umici che formano una maglia persistente di polimeri in grado di aggrega-re le particelle minerali del suolo (Oades, 1���). A ciò si aggiun-ge l’azione dei microrganismi (compresa la pedofauna) che porta all’apertura di pori e di cavità nel terreno che contribui-scono a limitare l’incidenza dei fenomeni di erosione e di com-pattamento nei terreni argillosi, un accrescimento della capacità di ritenzione idrica nei terreni sabbiosi e della permeabilità in quelli argillosi (Bongiovanni et al., 1���). La S.O. influisce in modo diret-to ed indiretto sulla nutrizione delle piante. L’influenza diretta è dovuta alla maggiore dispo-nibilità dei nutrienti durante il processo di mineralizzazione. L’N presente nel terreno sotto forma organica viene liberato gradualmente limitando i feno-meni di dilavamento. Le fun-zioni indirette sono esplicate dalle proprietà chelanti di molti gruppi funzionali (carbossilici, carbonilici, ammidici) presen-ti nelle sostanze umiche che contribuiscono a preservare i nutrienti dai fenomeni di insolu-bilizzazione. È il caso dei fosfati che in assenza di S.O. insolu-bilizzano fissandosi sui minerali ferrosi (sesquiossidi) attraverso ponti ferro-alluminio (Fe-Al) (Sequi, 1���). La decomposi-zione della S.O., inoltre, deter-mina la produzione di composti acidi che possono provocare

Figura 1. Prodotti di partenza (a sinistra) e di arrivo del processo di compostaggio,

(CRPA, 200�)

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la diminuzione del pH che, so-prattutto nei terreni sub-alcali-ni, risulta particolarmente utile al fine di aumentare la solubilità dei metalli quali il Fe, il manga-nese (Mn), lo zinco (Zn), ecc. La S.O. porta ad un aumento della capacità di scambio catio-nico (C.S.C.) nel terreno, grazie all’aumento dei siti con cariche negative in grado di adsorbire i cationi, col risultato che una quantità maggiore di elemen-ti minerali può rimanere più a lungo nella zona radicale, dove più facilmente può essere utiliz-

zata dalle piante (Bongiovanni et al., 1���). Anche le funzioni biologiche della S.O. sono molteplici; in-nanzitutto essa determina uno sviluppo equilibrato della mi-croflora e microfauna del terre-no che risultano essenziali per la degradazione di composti organici, comprese numero-se sostanze di sintesi derivanti da fonti d’inquinamento che potrebbero interferire nega-tivamente sulla crescita delle piante. La S.O. svolge un ruo-lo importante nella protezione

dell’attività enzimatica del suo-lo, infatti gli enzimi extracellu-lari, prodotti principalmente dai procarioti e da altri microrga-nismi, avrebbero un’esistenza effimera in mancanza di un adeguato substrato organico (Sequi e Nannipieri, 1���). Enzimi come ureasi e fosfatasi traggono particolare vantaggio dalla presenza di S.O. e rendo-no possibili reazioni di idrolisi (di urea e di macromolecole fo-sforate) anche in condizioni sfa-vorevoli alla vita microbica (per esempio nel periodo invernale) impedendo la perdita di N e fo-sforo (P). La S.O., soprattutto se derivante da letame maturo (Mazzanti, 2001), contribuisce ad un precoce ed abbondan-te sviluppo di radici, con con-seguente maggiore densità radicale e probabile migliore efficienza di assorbimento dei nutrienti (Baldi, 200�). La S.O. inoltre influenza positivamente alcuni aspetti di tipo agroam-bientale, come l’accumulo di C nel terreno (ritenuto positivo nei confronti dell’effetto serra) e la riduzione della predisposizio-ne del suolo all’erosione.Nei suoli a forte vocazione agri-cola spesso si determina un de-ficit medio annuo di S.O. con dati variabili in funzione delle condizioni ambientali (clima, terreno) e delle tecniche coltu-rali (gestione del suolo, tipo di rotazione). Tutto ciò ha contri-buito a fare sì che più del �0% dei terreni coltivati nel nostro paese sia classificato come po-vero di S.O. (Pinamonti, 1���), con situazioni molto diversifica-

Borlanda di melasso

Borlande concentrate

Carta e cartone

Deiezioni zootecniche

Fanghi selezionati di depurazione: urbani, agroindustriali, di cartiera

Potature del verde ornamentale: sfalci d’erba, fogliame

Residui di attività agroindustriali: scarti della lavorazione della frutta, delle olive

Residui di macellazione

Residui tessili di origine animale: cascami, scarti di lana e seta

Residui tessili di origine vegetale: cascami, scarti di cotone, lino, juta, canapa

Residui vegetali di coltivazioni (potature, stocchi, paglie, ecc.)

Rifiuti alimentari della ristorazione collettiva(pizzerie, trattorie, gastronomie)

Rifiuti dei mercati e dei supermercati (ortofrutticoli, ittici, dei fiori, ecc.)

Rifiuti organici domestici da raccolta differenziata

Sansa di olive

Scarti dell’industria del legno:cortecce, trucioli, segatura, frammenti di legno

Scarti di zuccherifici

Vinacce

Tab. 1. Principali matrici compostabili.

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LA FERTILIZZAZIONE DELLE DRUPACEE

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te in funzione delle diverse real-tà territoriali. La quantità di sostanza umica apportata con un fertilizzante organico non è di facile deter-minazione, essa dipende dal coefficiente isoumico (K1) del fertilizzante stesso, che però ri-sulta fortemente influenzato non solo dal tipo di matrice organi-ca, ma anche dal tipo di terreno (Sequi, 1���). Sia il letame che il compost ad esempio sono ca-ratterizzati da un K1 compreso tra 0,�� e 0,�, per cui con 100 kg di sostanza secca di ammen-dante si apportano, a seconda del terreno, ��-�0 kg di humus

stabile. La paglia di grano (K1 compreso tra 0,1 e 0,2), ca-ratterizzata dalla presenza di li-gnina e cellulosa, presenta una notevole inerzia biochimica che porta ad una lenta formazione di sostanze umiche stabili. In genere, tutti i prodotti vegeta-li freschi mostrano invece una scarsa formazione di humus e la S.O. è per lo più mineralizzata rapidamente.Negli ultimi decenni, a causa del-la sempre maggiore specializza-zione colturale, si è assistito ad una consistente riduzione della S.O. del suolo. Per ripristinare buoni livelli di S.O. è necessa-

rio reintrodurre, tra le pratiche di gestione del suolo, l’apporto di ammendanti. Il compost è il prodotto della decomposizione della sostanza organica operata da batteri, funghi, attinomiceti (batteri filamentosi), con forma-zione finale di sostanze umo-si-mili e umiche. Il compost può essere prodotto a partire da di-verse matrici: scarti provenienti dalla manutenzione del verde urbano, rifiuti organici deri-vanti dalle attività produttive, commerciali e di servizio, mate-riali di scarto provenienti dalle utenze domestiche, deiezioni zootecniche, fanghi di depura-zione urbani ed agroalimentari (Tab.1).Il compostaggio (Fig.1) è un processo biologico naturale, di tipo aerobico, nel corso del quale i microrganismi presenti nell’ambiente attaccano e de-gradano i composti organici traendone energia per le loro attività metaboliche e liberan-do prodotti finali come H2O (prima in forma di percolato e poi di vapore acqueo), CO2, sali minerali e S.O. stabilizzata ricca di humus (Silvestri et al., 1���). Lo scopo del processo di compostaggio è quello di ot-tenere un materiale stabile, non fitotossico, impiegabile come ammendante agricolo. Il compost prodotto deve essere ricco di sostanze umo-simili, do-tato di elementi nutritivi, di ele-vate proprietà fisiche, igienica-mente sicuro ed esente da semi vitali di erbe infestanti. Il com-post maturo si presenta di co-lore scuro, soffice al tatto, con

METALLI PESANTI (mg kg-1 s.s.)

Zinco 500

Rame 150

Piombo 140

Nichel 50

Mercurio 1,5

Cadmio 1,5

Cromo VI 0,5

MATERIALI INDESIDERATI (% s.s.)

Materiale plastico (≤ 3.33 mm) ≤ 0,45

Materiale plastico (3.33 mm - ≤ 10 mm) ≤ 0,05

Altri materiali inerti (≤ 3.33 mm) ≤ 0,9

Altri materiali inerti (3.33 mm - ≤ 10 mm) ≤ 0,1

Materiali plastici inerti (> 10 mm) Assenti

PARAMETRI BIOLOGICI

Salmonella Assenti in 25 g t. tq.

Enterobacteriacee totali < 1 x 102 UFC

Streptococchi fecali < 1 x 103 (MPN x g)

Nematodi Assenti in 50 g t. tq.

Cestodi Assenti in 50 g t. tq.

Trematodi Assenti in 50 g t. tq.

Tab. 2. Limiti di qualità degli ammendanti compostati.

UFC = unità formanti colonia; MPN: most probable number (numero probabile)

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una temperatura uguale o poco superiore a quella dell’ambiente esterno. Questo prodotto, dopo il processo di compostaggio, viene sottoposto a condiziona-menti di vario tipo (raffinazio-ne, triturazione, disidratazione, pellettaura, ecc.) allo scopo di renderlo commercializzabile (Cristoforetti, 1���). La commissione tecnico-con-sultiva per i fertilizzanti (Zorzi, 1���) ha individuato tre cate-gorie di ammendante: 1. am-mendante compostato verde: prodotto ottenuto attraverso un processo di trasformazione e stabilizzazione degli scarti della manutenzione del verde orna-

mentale, residui delle colture, altri scarti di origine vegetale, con esclusione di alghe e altre piante marine; 2. ammendante compostato misto: prodotto ot-tenuto attraverso un processo di trasformazione e stabilizza-zione della frazione organica dei residui solidi urbani (RSU) proveniente da raccolta diffe-renziata, da scarti di origine animale compresi liquami zoo-tecnici, da residui di attività agroindustriali e da lavorazione del legno e del tessile naturale e non trattato, da reflui e fanghi, nonché dalle matrici previste per l’ammendante compostato verde; �. ammendante torboso

composto: prodotto ottenuto per miscela di torbe (in quanti-tà > al �0%) con ammendante compostato verde e/o misto.Per tutte le tipologie sono stati stabiliti parametri agronomi-ci e igienico-sanitari (Tab.2) con limiti di qualità molto se-veri e cautelativi in termini di salvaguardia ambientale (legge ���/�� mod. dal D. 2� mar-zo 1���). Gli ammendanti che, in seguito al processo di com-postaggio, raggiungono carat-teristiche di elevata qualità (ad esempio grado e tasso di umi-ficazione molto alti) possono anche essere utilizzati nella for-mulazione di concimi organo-

TRATTAMENTO Letame bovinoCompost

da scarti dacolture orticole

Compost da scarti da

erbacee e frutta

Compost da scarti dell’industria

enologica

Sostanza secca (%) 32,7 82,1 74,1 63,7

Sostanza organica (%) 42,5 46,7 34,7 66,6

N totale (% SS) 1,63 2,4 2,38 2,88

C totale (% SS) 27,2 22,8 23,4 37,0

C/N 17 10 10 13

P totale (% SS) 0,59 0,58 0,52 0,49

K totale (% SS) 2,34 0,91 3,91 1,36

Conducibilità (mS cm-1) 2,63 4,12 2,88 4,4

pH 9,15 8,75 9,16 6,62

Acidi umici e fulvici (%SS) 12,1 7,9 9,53 15,5

Cu (mg kg-1 SS) 86 122 170 121

Zn (mg kg-1 SS) 316 365 324 220

Pb (mg kg-1 SS) 15 100 103 137

Ni (mg kg-1 SS) 23 41 31 15,6

Cd (mg kg-1 SS) 0,4 0,59 0,55 0,47

Hg (mg kg-1 SS) <0,05 0,15 0,31 0,16

Cr6+ (mg kg-1 SS) <0,2 0,25 0,4 0,63

(CRPA, Reggio Emilia)

Tab. �. Caratteristiche chimiche e fisiche del letame bovino e di alcuni ammendanti compostati misti, reperibili sul merca-to che si differenziano per le frazioni di scarti agro-industriali.

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minerali, attualmente prodotti in Italia con la torba quale com-ponente principale (Tittarelli et al., 1���). In generale, per un impiego corretto del compost in pieno campo, occorre tene-re conto dei vincoli posti dalle norme di tutela ambientale, dalle buone pratiche agricole e dagli eventuali disciplinari di produzione. È stato dimostra-to (Centemero, 2002) come la somministrazione di compost determini: 1. una diminuzione dei marciumi radicali e del col-letto, grazie a meccanismi com-petitivi e antibiotici da parte dei microrganismi saprofiti presenti all’interno dei materiali compo-stati; 2. l’apporto al suolo di meso e microelementi utili alla nutrizione vegetale; �. la dimi-nuzione del contenuto di nitrati nelle foglie di ortaggi destinati al consumo fresco. L’utilizzo di compost come ammendante, oltre che apportare elementi nutritivi liberati durante il pro-cesso di mineralizzazione della S.O., determina una crescente mobilizzazione delle risorse or-ganiche presenti nel terreno, un aumento della disponibili-tà di nutrienti già presenti nel suolo e un miglioramento del-l’efficienza delle concimazioni minerali (Centemero, 2002). Talvolta, l’utilizzo del compost risulta estremamente limitato a causa di un’inadeguata consi-derazione delle sue proprietà o dalla difficoltà del reperimento il materiale; è necessario perciò facilitare la diffusione di questo ammendante in quanto per-mette il recupero di materiali

ricchi di energia (reflui urbani) e, contemporaneamente, au-menta la dotazione di S.O. del terreno che, negli ultimi anni, sta calando rapidamente. In ta-bella � si riportano le analisi di alcuni ammendanti compostati misti ottenuti dai residui organi-ci domestici addizionati a scarti ligno-cellulosici (tagli di potatu-ra e sfalci del verde urbano) e ad una diversa frazione di scarti agro-industriali lasciati compo-stare per almeno � mesi.

I macronutrienti

L’azotoL’N è l’elemento nutritivo che riveste la maggior importan-za per le piante da frutto, in quanto influenza lo sviluppo dei germogli, delle radici e la quali-tà dei frutti. La concentrazione media di N nelle drupacee varia dallo 0,�% nei frutti, 1% nelle radici fino al �% nelle foglie al-l’inizio del loro sviluppo. Il prin-cipale sintomo da carenza di N è rappresentato dalla riduzione dello sviluppo vegetativo, men-tre le foglie vanno incontro a rapida senescenza, accentuata dalla pronta mobilizzazione del-l’N verso l’apice del germoglio. All’aumentare della disponibi-lità di N varia la composizione della pianta: in condizioni di carenze la somministrazione di N determina un aumento della sintesi proteica e un maggiore sviluppo delle lamina fogliare con conseguente aumento del-l’indice di area fogliare (LAI) che deriva dal rapporto tra superfi-cie fogliare e superficie della

proiezione della chioma sul ter-reno (Marschner, 1���). Fino a quando lo sviluppo fogliare è accompagnato da un aumento di attività fotosintetica, anche i diversi processi biosintetici lega-ti ai carboidrati (come la sintesi di amido, cellulosa, ecc.), non vengono modificati e si assiste ad un aumento di produttività dell’albero. Ulteriori sommini-strazioni di N determinano un aumento di prodotti di riserva a base di N e dell’enzima Rubisco nei cloroplasti, senza che vi sia un aumento dell’attività fotosin-tetica, quindi a spese degli altri costituenti della pianta. Eccessi di N ritardano la maturazione dei frutti, riducono il sovracolo-re, la pezzatura di pesche e net-tarine e il loro residuo secco ri-frattometrico (Day et al., 1���). L’aumento di disponibilità di N nitrico nel terreno determina, nel pesco, un aumento della produzione di apici radicali, ma contemporaneamente una di-minuzione della superficie radi-cale complessiva (Baldi, 200�). La disponibilità di N nel terreno presenta una serie di implica-zioni nel rapporto tra ospite-patogeno e/o parassita: mentre è risaputo che eccessi di N, fa-vorendo lo sviluppo e il ritardo di lignificazione dei germogli, espongono l’albero ad attacchi parassitari, recentemente è sta-to sottolineato che carenze di N rendono il pesco più sensibile ai cancri provocati da infezioni di Pseudomonas syringae (Cao et al., 200�).Nelle piante arboree, special-mente in quelle decidue, l’N è

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LA FERTILIZZAZIONE DELLE DRUPACEE

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caratterizzato da una notevole mobilità all’interno della pianta, che viene indicata come ‘ciclo interno dell’azoto’ (Millard et al., 1���). In primavera, la ripresa vegetativa avviene in gran parte a spese delle sostanze azotate di riserva, accumulate nell’anno precedente negli organi legnosi della pianta (radici, fusto, bran-che, rami) e rimobilizzate sotto forma di amminoacidi verso le gemme che stanno schiudendo. In questa fase l’utilizzo delle ri-serve è reso necessario dal fatto che l’assorbimento radicale è ancora limitato, ma soprattutto perché l’albero non dispone di una superficie fogliare per la sintesi degli assimilati. Prove di fertilizzazione condotte con azoto marcato (1�N) hanno con-fermato che la maggior parte dell’N presente nei germogli neo-formati e nei fiori proviene dagli organi di riserva (Muñoz et al., 1���; Quartieri et al., 1���a). Nel periodo estivo, du-rante la massima attività vegeta-tiva, la foglia accumula N; poco prima della filloptosi l’N migra dalle foglie senescenti verso gli organi legnosi, dove si accu-mula nuovamente sotto forma di aminoacidi di riserva che sa-ranno utilizzati nuovamente alla ripresa vegetativa.Sulla base di queste informazio-ni si può intuire che l’efficienza del fertilizzante azotato dipende dall’epoca di concimazione, la quale, a sua volta, condiziona la ripartizione dell’N all’interno dell’albero (Marangoni, 1���). Nelle prime fasi di sviluppo, l’N viene ripartito prevalentemente

verso i frutticini in fase di cito-chinesi, all’inizio dell’estate l’N viene polarizzato dai germogli in rapido sviluppo e solo in par-te dai frutti in fase di distensione cellulare, mentre in tarda estate l’N viene destinato soprattutto al ripristino delle riserve negli organi legnosi, che serviranno alla ripresa vegetativa seguen-te. La dinamica dell’N nel terreno è resa complessa per la diver-sità di forme in cui esso si può presentare: la maggior parte dell’N si trova, infatti, in forma organica, la quale viene minera-lizzata a ione ammonio (NH�

+) e successivamente a nitrato (NO�

-

). Quest’ultima forma è la più presente nei terreni calcarei per la rapida ossidazione dello ione ammonio a ione nitrico (Men-gel, 1��2). In forma nitrica, l’N non è trattenuto dai colloidi del terreno e viene facilmente lisci-viato con l’acqua di percolazio-ne. Tutto ciò rende questo ele-mento di più difficile gestione nella realizzazione dei piani di fertilizzazione rispetto agli altri elementi minerali.

Il fosforo Il P è presente nell’albero in un range ottimale compreso

tra 0,2 e 0,�%; carenze di P riducono l’efficienza fotosinteti-ca e si traducono in un minore sviluppo della superficie foglia-re e del numero di foglie. Al contrario, lo sviluppo radicale risulta essere molto meno sen-sibile alle carenze di P, tanto che non è raro in questa situa-zione assistere ad un aumento del rapporto radice:chioma e ad una maggiore ripartizione dei carboidrati verso l’apparato radicale. Nei casi di carenze di P, la differenziazione a fiore è ritardata, il numero di fiori e di semi è ridotto e le foglie vanno incontro ad una più precoce se-nescenza (Marschner, 1���).Il P in eccesso viene immagaz-zinato nelle foglie sotto forma di fitati o polifosfati, questi ul-timi costituiscono una fonte di energia di riserva e sono ritenu-ti il mezzo di trasferimento di P dalle ife fungine alle radici nei sistemi di simbiosi micorriziche. L’elevata affinità dell’acido fiti-co con i metalli pesanti (zinco, ferro ecc., ), inoltre, fa sì che il P svolga un’azione di detossifi-cazione nelle radici. La dinamica del P nel sistema suolo-pianta è meno comples-sa rispetto a quella dell’N e ciò rende più agevole la tecnica di

Tessitura P2O5

(mg kg-1)K2O

(mg kg-1)S.O.(%)

Grossolana (sabbia >60%) 25-37 102-144 0,8-1,3

Media 27-39 120-180 1,5-2

Fine (argilla >35%) 30-41 144-216 2-2,5

Tab. �. Concentrazioni di P assimilabile, K scambiabile e sostanza organica (S.O.) nel terreno ritenute normali per le colture arboree dell’Emilia Romagna in relazione alla tessitura del terreno

(Disciplinari di Produzione Integrata, Regione Emilia Romagna, 200�).

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NOTIZIARIO TECNICO

LA FERTILIZZAZIONE DELLE DRUPACEE

1�

fertilizzazione, soprattutto con-siderando che questo elemento è trattenuto nel terreno e quin-di non corre il rischio di essere dilavato. Il P viene asportato annualmente dalle piante ar-boree in piccole quantità, che raramente superano la decina di chilogrammi (Marangoni et al., 1���). Inoltre, la determi-nazione analitica del P fornisce l’esatta indicazione circa la fra-zione assimilabile dalle radici (Tab. �), per cui, a differenza dell’N, l’analisi del terreno può essere utilizzata per guidare agevolmente la concimazione.

Il potassioIl potassio (K) è caratterizzato da un elevata mobilità a tutti i livelli, dalla cellula, ai tessuti fino all’intero albero, lo si trova infatti sia nello xilema che nel floema. È l’elemento maggiormente presente nel citoplasma dove svolge un ruolo fondamenta-le nel controllare il potenziale osmotico delle cellule e dei tes-suti. Dopo l’N è l’elemento più utilizzato dall’albero, in caso di carenze viene mobilizzato dalle foglie più vecchie (che diven-tano clorotiche e nei casi più gravi necrotiche) a quelle più giovani.Nei casi di K carenza la pian-ta risulta meno tollerante agli stress idrici, più sensibile ai dan-ni da freddo ed agli attacchi dei patogeni. Questo perchè il K intervenendo nella regolazione dell’apertura degli stomi e del-l’equilibrio osmotico della cellu-la, svolge una insostituibile azio-

ne di regolazione dell’idratazio-ne dei tessuti e di conseguenza influenza la resistenza agli stress biotici ed abiotici. Eccessi di K possono rivelarsi negativi per l’assorbimento di calcio (Ca) e magnesio (Mg). Mediamente un albero di pesco asporta ogni anno circa 100-1�0 kg di K/ha che va ad accumularsi princi-palmente nei frutti dove que-sto elemento svolge un ruolo importante sulle caratteristiche organolettiche e commerciali del prodotto. Sebbene i suoli nelle principali aree di coltivazione delle drupa-cee siano ben dotati di K, infat-ti il K è trattenuto dai colloidi e quindi non corre il rischio di essere dilavato, carenze pos-sono verificarsi, oltre che nei terreni sciolti (con una limitata capacità di scambio cationico), anche in presenza di una eleva-ta dotazione di argille, le quali trattengono l’elemento renden-dolo indisponibile per l’albero (Poni et al., 200�). In queste condizioni, sulle foglie posso-no comparire sintomi di clorosi che evolvono successivamente in arricciamento, imbrunimen-to e disseccamento della lami-na fogliare. Simili sintomi sono stati descritti su susino europeo in California (Uriu et al., 1��0), soprattutto a seguito di elevate cariche produttive. I frutti infatti sono importanti poli di accumu-lo del K che, nel caso di insuf-ficienti disponibilità nel terreno viene richiamato dalle foglie. È per questo che i sintomi di ca-renza compaiono inizialmente sulle foglie in prossimità dei

frutti e sono particolarmente gravi in annate di forte carica produttiva.

Il calcioIl Ca è un elemento che svolge un ruolo importante nel con-ferire consistenza al frutto, in quanto contribuisce ad assicu-rare un’elevata coesione tra le cellule del mesocarpo; previene inoltre la disgregazione cellulare dei frutti per effetto dell’inibizio-ne della poligalatturonasi, en-zima responsabile della demoli-zione dei pectati che prelude al rammollimento dei tessuti. La maggior parte dei terreni del bacino del Mediterraneo essen-do di origine calcarea è ricca di carbonati di calcio, per cui il Ca non è un elemento limitan-te, tuttavia l’albero può trovare difficoltà ad assorbire il Ca per la competizione di molti altri ca-tioni quali il K, il Mg, l’ammonio (NH�

+), il rame (Cu), ecc.

Il magnesioIl Mg oltre ad essere un co-stituente fondamentale della molecola di clorofilla, si trova abbondantemente legato ai pectati della parete cellulare della foglia. Dal momento che il Mg inter-viene nella sintesi proteica, una sua carenza comporta una riduzione di sviluppo sia della radice che della chioma. Il Mg è un elemento mobile, per cui in condizioni di carenza le fo-glie più vecchie lo mobilitano verso le più giovani. In gene-rale, non esistono problemi di carenza di Mg nella maggior

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NOTIZIARIO TECNICO

LA FERTILIZZAZIONE DELLE DRUPACEE

1�

parte degli ambienti peschico-li italiani, eccezioni si possono presentare nei terreni partico-larmente sciolti o con pH sub-acido. L’assorbimento del Mg, infatti, risente negativamente della competizione di altri catio-ni quali il K, il Ca, il manganese (Mn), l’NH�

+ e gli stessi proto-ni (H+), tanto che i fenomeni di antagonismo sono tra le più comuni cause di carenza di Mg (Marschner, 1���). Eccessi di Mg nelle foglie (che presenta-no 2-� volte la concentrazione ottimale), possono rivelarsi dan-nosi nel caso di stress idrici che riducendo il volume cellulare aumentano la concentrazione di Mg a livelli tali da inibire la fotosintesi clorofilliana.

I micronutrienti

Il ferroIl Fe è un microelemento uti-lizzato dalle piante da frutto in quantità molto limitate (meno di un kg/ha all’anno) che esplica la sua funzione prevalentemen-te nella sintesi della clorofilla. Di conseguenza carenze di Fe si notano come ingiallimenti delle aree internervali delle foglie più giovani, mentre in prossimità delle nervature permane la co-lorazione verde.Quando i sintomi sono gravi, l’intera chioma è soggetta a clorosi, sulle foglie più giovani compaiono macchie necroti-che e la produzione può essere fortemente ridotta (Rombolà et al., 1���). La causa della clo-

rosi ferrica non è da ricercare nella carenza di Fe nel terreno, quanto nella scarsa disponibili-tà dell’elemento che precipita come idrossido (FeOH�) e non è disponibile per l’assorbimento radicale.

Il manganese La carenza di Mn ricorda la clo-rosi ferrica, tanto che spesso i sintomi si possono confondere. Essa compare frequentemente nei pescheti dove si fa largo uso, nella cura della clorosi fer-rica, di agenti chelanti, ritenuti i diretti responsabili dell’immobi-lizzazione del Mn nel suolo.

Lo zinco Caratteristici sintomi da caren-za di zinco (Zn) sono il raccor-ciamento degli internodi dei germogli, il rimpicciolimento della lamina fogliare e, nei casi più gravi, la necrosi dei germo-gli (Marschner, 1���). Carenze di Zn sono state segnalate a seguito di elevate concimazioni con P, allo stesso modo elevate concentrazioni di P nei tessuti vegetali possono determinare una diminuzione della solubilità e della mobilità dello Zn sia a livello cellulare che nel traspor-to a lunga distanza (Marschner, 1���). Anche se le carenze di Zn vengono riportate soprat-tutto nei terreni calcarei, am-piamente diffusi in frutticoltura, il pesco non sembra soffrirne particolarmente, anche in con-siderazione del fatto che sono ancora ammessi principi attivi

a base di ditiocarbammati (ric-chi di Zn) nella difesa da bolla e corineo.

Il boroSebbene i meccanismi di azio-ne non siano ancora comple-tamente noti, una buona con-centrazione di boro (B) nelle gemme fertili spesso migliora l’allegagione di quasi tutte le drupacee compreso il pesco (Shu et al., 1���), il ciliegio (Usenik e Stampar, 2002), il susino (Callan et al., 1���). In pesco, ad esempio, è stato os-servato che la concentrazione di B osservata nei fiori in mag-gio è correlata positivamente con la percentuale di allega-gione (Johnson et al., 2002). Dalla bibliografia si possono trarre informazioni circa il po-sitivo effetto del B sulla fertilità delle antere e germinabilità del polline, la divisione cellulare e la sintesi di acido nucleico nei frutticini durante la citochinesi (Marschner, 1���). Carenze di B si manifestano in prevalenza in terreni sabbiosi, oppure calcarei, ricchi di argil-la, con pH elevati e in condizio-ni di stress idrico. I sintomi riguardano le foglie più giovani che scoloriscono uniformemente, mentre sulle foglie mature possono compari-re clorosi internervali. Carenze di B possono provocare casco-le sia dei fiori che dei frutticini che, spesso, presentano una crescita stentata, malformazio-ni e spaccature.

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FRUTTICOLTURA - n. 3 - 201112

L’importanza della sostanza organicanella gestione sostenibile del suoloper una frutticoltura efficiente

Nel terreno, la sostanza organica(SO) è artefice di numerosi effet-ti benefici che interessano, tra

gli altri, la struttura, la ritenzione idrica,il potere adsorbente, il pH, la biodiver-sità, l’attività enzimatica, la microflorae la microfauna, l’erosione, ecc. Inol-tre, la SO influisce direttamente ed in-direttamente sulla nutrizione dellepiante, sia contribuendo ad aumentarela disponibilità e la solubilità dei nu-trienti in seguito alla mineralizzazionecui è soggetta, sia mediante le funzioniesplicate dalle proprietà chelanti dimolti gruppi funzionali (carbossilici,carbonilici, ammidici) tipici delle so-stanze umiche, che contribuiscono apreservare alcuni nutrienti dai fenome-ni di insolubilizzazione (es. fosfati).

La SO determina un aumento dellacapacità di scambio cationico del terre-no con conseguente miglior utilizzo daparte delle piante degli elementi fertiliz-zanti e minerali che sono disponibilinel terreno. In aggiunta, la decomposi-zione della SO porta alla sintesi di com-posti acidi in grado di abbassare il pHdel suolo contribuendo, soprattutto neiterreni sub-alcalini, ad aumentare la so-lubilità di alcuni metalli tra cui il ferro(Fe), il manganese (Mn) e lo zinco (Zn).È accertato, quindi, che la fertilità di unterreno è strettamente condizionatadalla sua concentrazione in SO. Que-st’ultima assume un ruolo significativoanche nel sequestro e stoccaggio di co-spicue quantità di carbonio (C), contri-buendo alla sottrazione di anidride car-bonica (CO2) dall’atmosfera con riper-cussioni positive sull’effetto serra.

A fronte di quanto appena esposto,anziché un logico aumento, nei suoli a

Ricerca

GIOVAMBATTISTA SORRENTI - MORENO TOSELLI - ELENA BALDI - MAURIZIO QUARTIERI, GRAZIELLA MARCOLINI,KATHERINE BRAVO - BRUNO MARANGONIDipartimento di Colture Arboree - Università di Bologna

SPECIALE PRODUZIONI BIOLOGICHE

forte vocazione agricola spesso si assi-ste ad un deficit medio annuo di SO va-riabile in funzione delle condizioni am-bientali (clima, terreno) e delle praticheagronomiche adottate (gestione delsuolo, tipo di rotazione). La diminuzio-ne della sostanza organica nei suoli è laconseguenza della ridotta presenza diorganismi e matrici organiche in de-composizione o dell’aumento della ve-locità di decomposizione determinatada alterazioni dei fattori naturali o an-tropogenici. Stime diffuse dalla Comu-nità Europea riportano che circa il 45%dei suoli europei, in particolare quellidei Paesi che si affacciano sul Mediter-raneo, presentano uno scarso contenu-to di SO, mentre oltre il 50% dei terrenicoltivati nel nostro Paese viene classifi-cato come povero di SO (Pinamonti,1997) con dotazione spesso inferiori al2%, sebbene con situazioni diversifica-te in funzione delle realtà territoriali.

Nel tentativo di contrastare tale ten-denza, gli Stati membri dell’Ue stanno

definendo una serie di misure e norma-tive che mirano ad incentivare l’utilizzoe la gestione sostenibile dei terreni agri-coli (Mantovi e Bonazzi, 2010).

La gestione della sostanzaorganica nel suolo

Mentre per preservare il tenore di SOnei terreni coltivati è auspicabilel’adozione di pratiche agronomicheconservative (es. lavorazioni ridotte),l’incremento della sua concentrazionenel suolo può essere ottenuto attraverso:

a) l’apporto di materiale organicovegetale (residui di potatura, biomassaottenuta da sfalci di prati, ecc.,) e/o ani-male (es. scarti dell’industria conciaria,tosature, deiezioni) fresco (Van Tine et.al., 2003) o compostato, ossia stabiliz-zato attraverso la decomposizione bio-logica controllata della frazione fresca;

b) la gestione del suolo che prevedacoperture vegetali permanenti o tem-poranee (Marsh et al., 1996);

c) le pacciamature con materialeorganico;

d) la distribuzione di materiale orga-nico diverso (digestati degli impianti dibiogas, biochar, fanghi di depurazione,effluenti zootecnici, rifiuti organici diprocessi agro-industriali, ecc.).

In ogni caso, la quantità di materia-le organico che è concessa apportare alsuolo è regolamentata da normativeambientali, basate principalmente sulcontenuto in nutrienti (azoto su tutti) e,per alcune matrici, dal contenuto dimetalli pesanti (es. cromo, piombo) oaltre sostanze potenzialmente nocive.

L’apporto al suolo di materiale orga-nico (animale o vegetale) caratterizzato

�Fig. 1 - È buona norma sfalciare il sovescioall’inizio dell’estate, quando le essenze sono in fioritura.

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FRUTTICOLTURA - n. 3 - 2011 13

da un rapporto C:N < 20 (es. biomassadel cotico erboso) promuove il rilascio diN in tempi relativamente brevi e legati al-la natura chimica della matrice organica,mentre con rapporti C:N > 30 (es. paglia,legno di potatura) la microflora batterica,responsabile della degradazione dellematrici a base di C, utilizza l’N mineraledisponibile nel suolo quale fonte energe-tica per il proprio metabolismo, impli-cando, talvolta, una temporanea condi-zione di N-carenza nell’albero.

Per esaltare l’effetto benefico sullafertilità del suolo il materiale organico di-stribuito deve essere opportunamentecompostato e stabilizzato, poiché la SOfresca interrata consuma ossigeno (O2) epuò determinare condizioni di asfissiaradicale. Fra i materiali organici riciclabi-li in agricoltura interessanti risultati sonostati ottenuti dall’impiego dei fanghi didepurazione, sopratutto quando compo-stati (Mantovi et al., 2008), mentre provein corso chiariranno le potenzialità lega-te ai digestati da effluenti zootecnici e al-le biomasse di origine agricola in consi-derazione della rilevanza che tali mate-riali stanno assumendo per effetto delladiffusione degli impianti di biogas (Bo-nazzi et al., 2008; Mantovi et al., 2009).

Tra i materiali impiegabili come am-mendanti/fertilizzanti si annoveranoanche gli scarti dell’industria di trasfor-mazione dei prodotti ortofrutticoli, iquali si caratterizzano da un limitato te-nore in N ed un elevato rapporto C:N,che li rendono idonei soprattutto se illoro apporto è finalizzato al migliora-mento delle proprietà chimico-fisichedel suolo nel medio-lungo periodo. At-tualmente, tali scarti sono destinati alladiscarica e/o all’incenerimento, con ag-gravio sui costi sociali per il loro smalti-mento, mentre se opportunamente trat-tati possono validamente essere ricicla-ti in agricoltura. Presso il Dipartimentodi Colture Arboree dell’Università diBologna sono in corso ricerche volte averificare la validità dell’impiego nellestrategie di fertilizzazione del pero dipanelli essiccati derivati da fanghi del-l’industria di trasformazione dei prodot-ti ortofrutticoli. Il prodotto in questionesi caratterizza per un elevato titolo in N(4,6%) ed un rapporto C:N = 8, insolita-mente basso per questo tipo di matrice.I risultati preliminari evidenzianol’effetto positivo del panello vegetalesulla disponibilità di N minerale nel ter-reno. La degradazione della frazioneorganica, infatti, risulta piuttosto lenta(17% e 25% del contenuto iniziale do-po 1 e 6 mesi, rispettivamente), condi-zione favorevole ad un rilascio gradua-

le di N nel tempo, che concorre a limi-tarne le perdite per lisciviazione.

Il sovescioIl sovescio è la pratica agronomica

che, nella fase di pre-impianto o in co-pertura del frutteto, utilizza una colturaa ciclo annuale, estesa a tutta la superfi-cie del frutteto o limitatamente all’inter-fila, con l’obiettivo di produrre biomas-sa fresca che verrà successivamente in-terrata, con effetti positivi sull’assorbi-mento dei nutrienti, l’erosione, la strut-tura del suolo, le infestazione di nema-todi, oltre che sull’aumento di SO.

Tra le specie adatte al sovescio rien-trano alcune leguminose quali il trifoglio(Trifolium spp.), il favino (Vicia faba), illupino (Lupins albus) e la veccia (Viciasativa), le quali, oltre a fissare l’N atmo-sferico in quantità variabili e stimate tra i20 e i 200 kg N/ha (Adjei et al., 2008;Rahman et al., 2004), sono caratterizza-te da un apparato radicale profondo chefavorisce l’aerazione e l’apporto di resi-dui vegetali negli orizzonti di suolo piùprofondi. Inoltre, il lupino ed il cece so-no in grado di aumentare la disponibilitàdi P nel suolo mediante la secrezione diacidi organici, fosfatasi e fitasi acide.

Tra le specie non leguminose, i ce-reali (come orzo, avena, loietto, sorgo)e le brassicacee (colza, senape, raviz-zone, ecc.) sono in grado di completa-re il loro ciclo produttivo nel periodoautunno-invernale. Tuttavia, tali essen-ze risultano particolarmente avide di Ne P, che una volta assorbiti vengono ri-partiti verso la parte aerea della pianta.Per tali ragioni concorrono ad aumen-tare la mobilità del P lungo il profilodel suolo e a limitare i rischi di liscivia-zione dei nitrati.

Gli essudati radicali e le sostanzeprodotte dalla degradazione nel terrenodei tessuti di alcune essenze erbacee ri-

ducono la proliferazione di microrgani-smi patogeni nel suolo. È il caso di mol-te specie appartenenti alla famiglia del-le Capparidaceae e delle Brassicaceae(es. B. napus, B. nigra, B. alba, B. jun-cea), le quali presentano riconosciuteproprietà allelopatiche e biocida neiconfronti di alcuni patogeni fungini (es.Rhizoctonia spp.) e di nematodi (es.Pratylencus penetrans). Un esempio diallelopatia è, invece, fornito da alcunevarietà selezionate di avena in grado disecernere la scopoletina, un essudatoche riduce la crescita del rafano, unacrucifera infestante. Buoni risultati nelcontrollo delle malerbe sono stati osser-vati impiegando anche l’orzo nel mi-scuglio del sovescio. Tra le crucifere, uneffetto rinettante apprezzabile è indottoricorrendo a B. juncea e alla senape.

Nella pratica, la miscela tra gramina-cee e leguminose consente di ottenereun sovescio in grado di svilupparsi anchecon basse temperature invernali (specienon-leguminose) e la possibilità di fissarel’N2 atmosferico (leguminose). Il sove-scio, in genere, si semina in autunno oalla fine dell’inverno, in funzione delleesigenze termiche, e si sfalcia all’iniziodell’estate, quando le piante sono in fio-ritura ed il rapporto C:N < 20. Successi-vamente, la biomassa sfalciata si lasciadisidratare un paio di giorni, quindi si in-terra a 20-40 cm di profondità.

L’inerbimentoMolti dei vantaggi descritti per il so-

vescio sono comuni anche all’inerbi-mento permanente. Inoltre, va annove-rato che la nutrizione ferrica dellepiante da frutto si avvantaggia dellaconsociazione con specie graminacee(es. Festuca spp.) le quali sono in gradodi secernere fitosiderofori, aminoacidi(es. ac. mugeneico) chelanti naturalidel ferro (Ma et al., 2003). La consocia-zione con specie graminacee sia incondizioni controllate, sia in pienocampo si è dimostrata in grado di pre-venire i sintomi di clorosi ferrica suspecie frutticole suscettibili a tale squi-librio nutrizionale (Sorrenti et al.,2010). Tuttavia, è da rimarcare che ilcotico erboso permanente, in partico-lare utilizzando essenze “aggressive”ed esteso a tutta la superficie del frutte-to, può competere con le piante arbo-ree per l’acqua ed i nutrienti (Sorrentiet al., 2010). Per evitare tale condizio-ne è necessario prevedere l’apporto diquote addizionali di acqua e nutrienti(es. K) già a partire dall’anno di inse-diamento del cotico erboso.

�Fig. 2 - Gli sfalci periodici del pratopermanente apportano quantitativi considerevolidi biomassa fresca, contribuendo ad aumentareil tenore di sostanza organica nel terreno.

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La quantità di SO apportata annual-mente con il prato permanente non è difacile determinazione; infatti, mentre labiomassa ottenuta dagli sfalci (Fig. 2) èfacilmente quantificabile, l’apporto del“turnover” radicale e la quota di rizode-posizione vengono spesso sottostimate.A titolo di esempio, Balesdent e Balaba-ne (1996) hanno stimato che sebbene laquantità di SO apportata con la parte ae-rea dei residui colturali del mais (345 gC m-2 anno-1) superi nettamente il contri-buto della parte ipogea (152 g C m-2 an-no-1), quest’ultima di fatto partecipamaggiormente all’incremento di SO delsuolo (57 g C m-2 anno-1) rispetto ai resi-dui della parte epigea (36 g C m-2 anno-

1). Prove condotte da Giovannini et al.,(2003) su pesco indicano un apporto disostanza secca (5 anni) pari a 30 t/hacon gli sfalci del prato, mentre 22 t/haper il sovescio utilizzando annualmenteuna miscela di orzo (80 %) e veccia (20%). Lo stesso studio riporta un incremen-to di SO nel suolo (fino al 25% in 7 anni) legato alla presenza del prato perma-nente (Tab. 1) ed anche la quantità di nu-trienti apportata annualmente con glisfalci del prato è superiore a quella delsovescio; tuttavia, l’inerbimento esteso atutta la superficie del frutteto (filare + in-terfilare) ha determinato una contrazio-ne produttiva del pescheto (26,3 t/ha) ri-spetto al sovescio (31,2 t/ha) e, soprattut-to, alla lavorazione integrale (34 t/ha).

Il rilascio dei nutrienti da parte del-la biomassa sfalciata del cotico erbosodipende principalmente dall’elementochimico; il K delle foglie di loietto, adesempio, viene rilasciato in gran partenel giro di 5 settimane, mentre il rila-scio di N, Ca e P richiede alcuni mesi(Tagliavini et al., 2007). Per questomotivo non è consigliabile accumula-re l’erba falciata sulla fila, ossia nellazona a maggiore densità radicale deglialberi, soprattutto nelle pomacee sen-sibili alle fisiopatie in post-raccolta(es. butteratura amara, disfacimentointerno, ecc.), riconducibili a squili-brati rapporti (>50) tra K e Ca.

Ammendanti compostatiGli ammendanti compostati deriva-

no dal processo controllato di decom-posizione biologica di diverse matriciorganiche. Il processo di stabilizzazione(o compostaggio) si compone di reazio-ni termofile generate dai microrganismidell’ambiente che attaccano e degrada-no i composti organici, traendone ener-gia per il loro metabolismo. Il processodi compostaggio, la cui temperatura ot-

timale è di circa 60-70 °C, terminaquando la matrice organica cessa diconsumare O2 (circa 90 gg). La massainiziale si riduce del 50% e la composi-zione chimica dell’ammendante ottenu-

to è funzione del materiale di partenza.Ipotizzando, ad esempio, il compostag-gio di biomassa ricca di lignina e cellu-losa, il prodotto finito sarà caratterizzatoda un rapporto C:N relativamente alto

FRUTTICOLTURA - n. 3 - 201114

TAB. 1 - VARIAZIONE DEL CONTENUTO % DI SO NEL TERRENO DOPO 7 ANNI DI GESTIONEDEL SUOLO DIFFERENZIATA NEL PESCHETO (CV NECTAROSS/GF677)

Gestionedel suolo Zona Strato

di terrenoContenuto %di SO iniziale Dopo 7 anni Variazione %

Inerbito1

Filare5-30 cm 1,54 1,70 *2 +10,730-60 cm 1,4 1,49 * +6,6

Interfilare5-30 cm 1,45 1,81 * +25,030-60 cm 1,39 1,70 * +22,0

LavoratoFilare

5-30 cm 1,54 1,45 * -6,430-60 cm 1,34 1,31 n.s. -2,4

Interfilare5-30 cm 1,46 1,42 * -3,130-60 cm 1,41 1,39 n.s. -1,8

1Nei primi due anni dall’impianto, l’interfilare è stato gestito con un erbaio autunnale di orzo e favino, sovesciato in primavera esuccessivamente inerbito con un prato permanente costituito da un miscuglio di graminacee (L. perenne, F. rubra, P. pratensis).2n.s., e * = effetto del trattamento non significativo o significativo al 5%, rispettivamente. Modificato da Giovannini et al., 2003.

�Fig. 3 - Sono diverse le fonti di materiale organico valide per il compostaggio e il successivoimpiego in agricoltura come fertilizzanti/ammendanti.

TAB. 2 - EFFETTO DEL TRATTAMENTO FERTILIZZANTE SULLA CONCENTRAZIONE (PPM) NELSUOLO DELL’AZOTO NITRICO (N-NO3

-) ED AMMONIACALE (N-NH4+) VERIFICATE NEL 2008

Fertilizzantemarzo maggio luglio novembre

N-NO3- N-NH4

+ N-NO3- N-NH4

+ N-NO3- N-NH4

+ N-NO3- N-NH4

+

Controllo 10,8 b 1,7 6,0 b 3,7 6,7 b 2,5 2,5 b 4,0 c

Minerale 9,8 b 1,4 14,8 a 3,9 7,1 b 2,3 10,7 a 5,9 bc

Letame primavera 21,6 a 1,4 6,5 b 4,9 6,9 b 3,2 4,1 b 6,3 bc

Compost primav. 11,4 b 1,5 5,7 b 4,3 7,2 b 2,7 4,4 b 6,9 b

Compost 5 t/ha 13,2 b 1,5 5,5 b 4,7 8,0 b 2,3 3,8 b 7,2 b

Compost 10 t/ha 16,6 ab 1,7 6,1 b 5,4 15,3 a 2 6,7 ab 9,6 a

Significatività * n.s. * n.s. *** n.s. * ***

Profondità(cm)

0-40 14,5 1,6 9,6 6,1 10,7 2,5 4,6 5,6

40-80 13,4 1,5 5,3 2,9 6,3 2,5 6,2 7,8

Significatività n.s1 n.s. * ** *** n.s. n.s. ***1n.s., *, **, *** = effetto del trattamento non significativo o significativo al 5%, all’1% o 1‰, rispettivamente. Valori seguiti dallastessa lettera non sono diversi statisticamente secondo il test SNK (P ≤ 0.05).

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FRUTTICOLTURA - n. 3 - 2011 15

rispetto ad uno ottenuto da materialericco di deiezioni animali e foglie.

Il materiale organico di scarto dei pro-cessi agro-industriali (es. residui di frutta evegetali dell’industria conserviera, vinac-ce, residui dell’industria saccarifera eolearia), i residui solidi urbani delle uten-ze domestiche, il materiale di potatura edel verde urbano, i rifiuti degli alleva-menti zootecnici (Fig. 3) possono essereconvenientemente impiegati per ottenereammendanti compostati misti, ovvero fer-tilizzanti organici che coniugano i van-taggi agronomici con l’opportunità di ri-ciclaggio di materiali di rifiuto. Proveagronomiche condotte su olivo riportanoche l’impiego di ammendanti ottenuti dareflui compostati provenienti della stessaindustria olearia hanno indotto perfor-mance di crescita e di produzione sullepiante comparabili a quelli ottenuti conla fertilizzazione minerale (Altieri e Espo-sito, 2008). Una sperimentazione su pe-sco, in corso dal 2001 presso l’AziendaSperimentale M. Marani di Ravenna, di-mostra come la gestione della concima-zione mediante l’apporto esclusivo di 10

t/ha anno (s.s.) di ammendante compo-stato misto abbia determinato, oltre chel’incremento della produttività delle pian-te, l’aumento della concentrazione di SOin misura del 169% (Fig. 4), di N, P, K edell’attività microbica del suolo, senza in-correre in concentrazioni eccessive di N-NO3

- (Tab. 2) o di metalli pesanti, con lasola eccezione delloZn e del Cu (Baldi etal., 2010).

Nel dettaglio, laconcentrazione dinitrati (N-NO3

-) nelsuolo si è mantenutasempre tra 5 e 20 mgkg-1, valori ritenutiottimali per lo svi-luppo del pesco (Ta-gliavini et al., 1996).Lo stesso ammen-dante, in una solastagione, ha stimola-to lo sviluppo di al-beri di pesco allevatiin ambiente control-lato, probabilmentein conseguenza del-l’effetto “innesco” (o“priming effect”)che, in accordo conKuzyakov et al.,(2000), consiste nel-l’intensa e rapidamodifica del turno-ver della SO del suo-lo a seguito di som-ministrazioni (ancheblande) di materialiorganici facilmentedegradabili e checomportano un au-mento dell’attivitàdella biomassa mi-crobica, con conse-

guente accelerazione del processo di mi-neralizzazione per la disponibilità dico-metaboliti. La mineralizzazione piùrapida si traduce in un aumento della di-sponibilità dei nutrienti ed in un maggio-re assorbimento radicale, con effetti be-nefici sullo stato nutrizionale e relativosviluppo vegeto-produttivo dell’albero.

Una risposta analoga è stata osserva-ta anche in prove sperimentali che han-no previsto l’impiego al suolo di deriva-ti di melia (Melia azedarach), comune-mente chiamata albero del rosario e di“neem cake”, prodotto di scarto dellaspremitura dei frutti dell’albero delneem (Azadiracthacindica). In partico-lare, l’impiego di foglie, frutti di meliatritati e di “neem cake” incorporati alterreno ha stimolato la respirazione mi-crobica e aumentato la concentrazionedi N nitrico con ripercussioni positivesullo sviluppo degli alberi di pesco (Tab.3) allevati in vaso (Toselli et al., 2010).

La distribuzione al suolo di sostan-za organica è riportata in diversi studicome metodo efficace per la preven-zione della clorosi ferrica (Rombolà eSorrenti, 2006). Le frazioni umiche efulviche della sostanza organica, infat-ti, formano complessi stabili e solubilicon il Fe. Inoltre, la sostanza organicastimola la crescita e l’attività radicale(es. ATPasi protonica), nonché la bio-massa e l’attività dei microrganismi iquali aumentano la disponibilità di Fenella rizosfera mediante la produzionedi siderofori1 (Chen et al., 2000) chechelano il ferro mantenendolo in unaforma biodisponibile anche per le

�Fig. 4 - Effetto della strategia di fertilizzazione (8 anni) sullaconcentrazione di sostanza organica del terreno in un pescheto adulto.

TAB. 3 - EFFETTO DELL’APPLICAZIONE AL SUOLO DI DERIVATIDELL’ALBERO DI MELIA (MELIA AZEDARACH, NOTO COME ALBERODEL ROSARIO) E DI “NEEM CAKE” (PRODOTTO DI SCARTO DELLASPREMITURA DEI FRUTTI DELL’ALBERO DEL NEEM = AZADIRACTHAINDICA) SULLA BIOMASSA MICROBICA DEL SUOLO, LA CLOROFILLAFOGLIARE E LO SVILUPPO DELL’ALBERO DI PESCO ALLEVATO IN VASO

Trattamento Biomassa microbica(mg C g-1 s.s.)

Clorofilla fogliare(Unità Spad)

Peso pianta(g s.s.)

Controllo 2,6 d 29,1 d 187 bNeem cake 16,0 b 49,4 a 270 a

Melia frutti 20 (g/kg) 11,5 c 37,5 c 244 aMelia frutti 40 (g/kg) 20,4 a 39,9 b 246 a

Significatività ***1 *** ***1***: effetto del trattamento significativo all’1‰. Valori seguiti dalla stessa lettera non sonodiversi statisticamente secondo il test SNK (P ≤ 0,05).Da Toselli et al., 2010.

TAB. 4 - EFFETTO DELLA SOMMINISTRAZIONE AL SUOLO DI FE-CHELATO E DI AMMENDANTECOMPOSTATO MISTO (COMPOST) SUL CONTENUTO DI CLOROFILLA FOGLIARE,PRODUTTIVITÀ E RIPARTIZIONE DELLA PRODUZIONE IN CLASSI DI PEZZATURA COMMERCIALESU ALBERI ADULTI DI PERO (CV ABATE FETÉL/BA29).

Trattamento Clorofillafogliare Produzione Ripartizione % della produzione

in classi di pezzatura (diametro in mm)

(Unità Spad) kg pianta-1 < 65 65/70 70/75 75/80 > 80

Controllo 37 b 31,0 b 36 a1 42 a2 33 20 5 b

Fe-chelato 41 a 49,0 a 32 a 40 a 40 17 3 b

Compost3 40 a 47, 8 a 15 b 16 b 33 31 20 a

Significatività ***4 *** * * ns ns **1Percentuale calcolata sul peso totale2Percentuale calcolata sul peso della produzione totale di calibro > 65 mm.3Il compost impiegato è stato ottenuto dal processo di compostaggio di materiali organici derivati da rifiuti domestici, scarti del-la manutenzione del verde pubblico e residui organici dell’industria agroalimentare, distribuito sulla fila per una larghezza com-plessiva di 1 metro ed interrato alla profondità di 15 cm.4n.s., *, ** e *** = effetto del trattamento non significativo o significativo al 5%, 1% o 1‰, rispettivamente. Valori seguiti dallastessa lettera non sono diversi statisticamente secondo il test SNK (P ≤ 0,05)Modificato da Sorrenti et al., 2005.

1 I siderofori microbici, secreti da alcuni microrgani-smi in condizioni di carenza di Fe, sono composti abasso peso molecolare in grado di complessare il Fe(III). L’elemento complessato dai siderofori consente ilsuo trasporto attraverso la membrana plasmatica. Seb-bene specifici per il Fe (III), i siderofori sono in grado dicomplessare anche altri metalli, ad esempio il Ga (III),Cr (III), Sc, In, Ni, U e Th.

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piante. Sono numerosi i siderofori mi-crobici già identificati ed alcuni di que-sti sono prodotti da microrganismi rin-venuti nel letame (Chen et al., 1998).Sperimentazioni recenti riportano chela somministrazione di ammendantecompostato misto (compost) in ragionedi 8 t/ha sia risultata in grado di preve-nire efficacemente la comparsa dei sin-tomi di clorosi ferrica su actinidia inmaniera analoga al chelato di ferro sin-tetico (Sorrenti et al., 2010), mentre supero ha influenzato positivamente an-che la produttività e la pezzatura deifrutti (Tab. 4; Sorrenti et al., 2005).

Conclusioni Il riciclo di diverse matrici organiche

utilizzate come fertilizzanti è un validostrumento al fine di mantenere adegua-ti livelli di fertilità nel suolo e di soddi-sfare, al contempo, le esigenze nutrizio-nali delle piante da frutto. Sono molte-plici, infatti, le fonti di SO a basso costoreperibili dagli scarti di numerosi pro-cessi di lavorazione, dalle utenze do-mestiche, dall’industria agro-alimenta-re, dalla gestione del verde ornamenta-le, ecc. che mantengono un valore ferti-lizzante, altrimenti perduto nel proces-so di smaltimento. In tale contestol’agricoltura assume un ruolo attivo neiprocessi di mitigazione del cambia-mento climatico globale, in quanto il ri-ciclo di abbondanti frazioni organicheconsente di contrastare le emissioni diC nell’ambiente (es. CO2), co-responsa-bile del noto effetto serra. A livello glo-bale, infatti, il suolo immagazzina circail doppio del carbonio presente in at-mosfera e tre volte quello trattenuto dal-le vegetazioni. Pertanto, i suoli agricolirappresentano un enorme serbatoio distoccaggio di carbonio organico.

Ai fini agronomici è auspicabile unasomministrazione annuale di SO taleda garantire una costante disponibilità

di nutrienti per tutto il ciclo vegeto-pro-duttivo dell’albero, scegliendo il mate-riale in base al rapporto C:N, in mododa regolare la disponibilità di N-NO3

-.Un rapporto C:N elevato, infatti, puòsottrarre nitrati dal suolo a scapito dellecoltivazioni, mentre un rapporto bassone aumenta la loro disponibilità talvol-ta in maniera eccessiva. Qualora si ri-corra alla distribuzione di materiale or-ganico non adeguatamente compostato(fresco) è necessario limitare i dosaggial fine di evitare fenomeni di asfissia ra-dicale indotti dal processo di stabilizza-zione. Nella pratica, ed in considera-zione del costo modesto, si consiglial’apporto annuale di materiale compo-stato anche in quantità elevate (5-10t/ha), distribuendo l’ammendante nelfrutteto a fine inverno e localizzandolosulla fila, avendo cura di interrarloprontamente.

Nei frutteti che prevedono la gestionedel suolo mediante l’inerbimento totale oparziale si rende opportuna l’oculatariformulazione del piano di concimazio-ne considerando le asportazioni relativeal cotico erboso che, soprattutto nelleprime fasi d’insediamento, risultano con-sistenti (es. N, K). ■

SUMMARY

For its beneficial effect on soil chemical, phy-sical and biological characteristics, organic mat-ter (OM) is the factor most tightly related to soilfertility. Moreover, soil the repeated incorpora-tion of OM over time allow the sequestretion of aconsiderable amount of organic C, with benefitfor the agroecosystem. The first aim of a correctand strategic tree nutrient management is the in-crease of soil OM. The best way to achieve thisgoal is the use of: 1. raw or stabilized manures (i.e. compost obtained from the controlled biologi-cal decomposition of organic material); 2. floorpermanent grass management; 3. mulches; 4. ab-scised leaves, and pruned wood, etc. Attentionmust be paid when fresh OM is incorporated in-to the soil, because it may create anoxia condi-tions. OM should be tilled into the soil to achie-ve not only a net release of N, but also an impro-vement of soil physical and biological fertility. IfOM with a C:N ratio > 30 is incorporated into thesoil, microbes use available soil N to break downorganic residues and a soil N depletion is expec-ted as well as an increase in soil humus content.With a C:N ratio < 20 a release of N is expected,although the timing depends on the chemicalcomposition of organic material. A potential ef-fect of the addition of OM is the ‘priming effect’that is a sudden increase of microbial activitywith a release of nutrients in their mineral formthat promote both root uptake and shoot growth.

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�Fig. 5 - Distribuzione sulla fila di ammendantecompostato misto in un pereto adulto.

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