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Anno 4 - Numero 7 Anno 4 - Numero 7 Settembre 2007 Settembre 2007 No alla guerra tra guardie e ladri di Bruno Pizzul Una nuova stagione nel contrasto al doping di Giovanna Melandri La percezione del rischio “doping” di Tiziano Agostini Alla farmacia del diavolo senza ricetta di Elio Acquas Adesso è muscolomania di Guido Fumagalli Se lo conosci lo eviti! di Massimo Baraldo La farmacomania sportiva di Silvio Garattini Meglio secondi che imbroglioni di Manuela Di Centa L’allarme dei pediatri di Pietro Mennea Poste Italiane s.p.a. Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB TS questo risultato giustifica i mezzi?

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Anno 4 - Numero 7Anno 4 - Numero 7Settembre 2007Settembre 2007

No alla guerra traguardie e ladridi Bruno Pizzul

Una nuova stagione nelcontrasto al dopingdi Giovanna Melandri

La percezione del rischio“doping”di Tiziano Agostini

Alla farmacia del diavolosenza ricettadi Elio Acquas

Adesso è muscolomaniadi Guido Fumagalli

Se lo conosci lo eviti!di Massimo Baraldo

La farmacomania sportiva di Silvio Garattini

Meglio secondi cheimbroglionidi Manuela Di Centa

L’allarme dei pediatridi Pietro Mennea

Poste Italiane s.p.a. Spedizione in A.P. - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB TS

questo risultato giustifica i mezzi?

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3 Un giorno da “leoni”di Massimiliano Fanni Canelles

4 Le guerre tra scarpari e sportividi Angelo Maria Perrino

5 La farmacomania sportivadi Silvio Garattini

6 Mens sana in corpore sano?di Davide Giacalone

7 Una nuova stagione nelcontrasto al dopingdi Giovanna Melandri

8 Le colpe dei mediadi Eugenio Capodacqua

9 No alla guerra tra guardiee ladridi Bruno Pizzul

10 Meglio secondi che imbroglionidi Manuela Di Centa

11 L’allarme dei pediatridi Pietro Mennea

13 Farmaci o integratori?di Aldo Rosano

14 Alla farmacia del diavolosenza ricettadi Elio Acquas

17 Adesso è muscolomaniadi Guido Fumagalli e Roberto Leone

18 Le pecche di mister muscolodi Cinzia Lacalamita

19 La paura del fallimentoinaccettabiledi Emanuel Mian

20 La percezione del rischio“doping”di Tiziano Agostini e Giovanni Righi

22 Se lo conosci lo eviti!di Massimo Baraldo

24 Unione europea e dopingda Lina Musumarra

26 Corpi perfetti tra pillolee falsi traguardidi Alberto Foggia

28 Atleti come caviedi Valmi Fontanot

29 L’ossessione delle classifichee dei primatidi Emanuela Pierantozzi

30 Storia di una ferita dell’animadi Giuliana Salce

"Alcuni di noi sono davvero strani: si appassionano per ciò che l'umanità abbandonaquando ti impongono la moda più consumistica; piangono per la perdita di un libroanche se la televisione parla solo di calciomercato; accolgono nelle loro case i disere-dati ma si oppongono al commercio della droga; combattono per i bambini senzainfanzia e senza padri ma rifiutano la guerra e le armi di distruzione. Alcuni di noi sonodavvero strani: lottano a fianco dei lavoratori sfruttati; combattono per il riconoscimen-to dei senza terra, dei senza voce; difendono le donne oppresse, mutilate, violate; met-tono in discussione tutto per raccogliere un fiore e rischiano la propria vita per dona-re un sorriso. È proprio vero, siamo davvero strani: abbiamo scelto di urlare al mondol'importanza del valore della vita". Il direttore

SOCIAL NEWSAnno 4 - numero 7 - Settembre 2007

Direttore responsabile:Massimiliano Fanni CanellesDirigente medico azienda sanitaria n°4

Direttore editoriale:Luciana Versi

Redazione:Claudio CettoloCapo redattore, graficaPaolo Buonsante Giornalista pubblicista, satiraIvana Milic Redattore Social News on-lineSerenella PesarinDirettrice Generale DGM Ministero GiustiziaPaola Viero Esperta UTC Ministero Affari EsteriCristina Castelli Professore ordinario università CattolicaDaniela CarrettiUfficio legalePaola Pauletig Segreteria di redazione, Social News on-lineMarina CenniCorrezione ortograficaElena VolponiCorrezione ortografica

Sedi di Redazione: Trieste, Udine, Milano, Novara,Roma, Napoli, Palermo, Torino, Bologna

Collaboratori di Redazione:Maria Rosa DominiciCinzia LacalamitaMicaela MarangoneEmanuel MianValeria PomponiDavid RoiciGrazia RussoMartina SeleniCristina SirchAlessandra SkerkClaudio TommasiniIvan VadoriAntonello VanniCristian Vernucci

Con il contributo di:Elio AcquasTiziano AgostiniMassimo BaraldoEugenio CapodacquaManuela Di CentaAlberto FoggiaValmi FontanotGuido FumagalliSilvio GarattiniDavide GiacaloneCinzia LacalamitaRoberto LeoneGiovanna MelandriPietro MenneaEmanuel MianLina MusumarraAngelo Maria PerrinoBruno PizzulEmanuela PierantozziGiovanni RighiAldo RosanoGiuliana Salce

Si ringraziano:la Rivista di Diritto ed Economia dello Sport

(www.rdes.it) fondata e diretta dall’Avv. Michele ColucciLuca Casadei

comunicazione facoltà scienze motorie di Bologna

Un giorno da "leoni"Massimiliano Fanni Canelles

www.socialnews.it - [email protected]

Copertina diPaolo Maria Buonsante

Tutti i nostri collaboratori lavorano per la realizzazione della presente testata a titolo completamente gratuito. Social News non è responsabile di eventuali inesattezze e non si assume la responsabilità per il rinvenimento del giornale inluoghi non autorizzati. È consentita la riproduzione di testi ed immagini previa autorizzazione citandone la fonte. Informativa sulla legge che tutela la privacy: i dati sensibili vengono trattati in conformità al D.LG. 196 del 2003. Ai sensidel D.LG. 196 del 2003 i dati potranno essere cancellati dietro semplice richiesta da inviare alla redazione.

Registr. presso il Trib. di Trieste n. 1089 del 27 luglio 2004 - ROC Aut. Ministero Garanzie Comunicazioni n° 13449Proprietario della testata: Associazione di volontariato @uxilia onlus www.auxilia.fvg.it - [email protected]: Grafiche Manzanesi - Manzano (Ud)

Questo periodico è associatoall’Unione Stampa PeriodiciItaliana

a sempre l’uomo ha cercato di migliorare le proprie pre-stazioni sportive utilizzando metodi leciti ed illeciti. Inogni tipo di competizione, sulla spinta del prestigio e

degli interessi economici, sono state utilizzate svariate tipo-logie di sostanze ed è proprio da una miscela di oppio,tabacco e narcotici (chiamata “oop”), somministrata aicavalli da corsa nei primi anni del ‘900, che deriva il termi-ne “doping”. Negli ultimi 50 anni lo sviluppo delle cono-scenze sulla fisiologia umana e sulla chimica molecolarehanno portato ad uno sviluppo impressionante di nuovemolecole adatte a migliorare le prestazioni e di pari passo èaumentato il numero di atleti che ne fanno un utilizzocostante. Nel 2005, la Commissione di Vigilanza e Controllosul Doping, ha rivelato che il 2,1% (32) dei 1560 atleti esa-minati, è risultato positivo ai test antidoping. Ma ancor piùallarmante è il risultato delle analisi sugli sportivi amatoria-li dalle quali risulta come questi ricorrano maggiormenteall'uso di sostanze dopanti rispetto agli atleti professionisti.Gli steroidi anabolizzanti vengono assunti già dall’età di 8anni mentre nell’adolescenza e la giovane età si utilizzanoprevalentemente cannabinoidi (44,7%), diuretici e agentimascheranti (15,8%), stimolanti, corticosteroidi (7,9%),ormoni e sostanze attive sul sistema ormonale (5,3%) eBetabloccanti (2,6%) (Xagena2006). Ma il rovescio dellamedaglia (d’oro o d’argento o bronzo che sia) è il danno allasalute provocato dall’utilizzo sconsiderato di queste moleco-le. Le sostanze mascheranti conducono ad aritmie cardia-che; gli anabolizzanti e i cortisonici stimolano rotture tendi-nee, infiammazioni ai legamenti ed inibiscono il trofismotesticolare. Sono frequenti le disfunzioni renali, le epatopa-tie e alcune forme tumorali. Inoltre, uno studio condotto su160 atleti, ha confermato che l’assunzione di anabolizzan-ti porta ad un maggior rischio di incorrere in effetti di tipopsichiatrico ed è di notevole interesse il dibattito sulla pos-sibile relazione tra doping e sclerosi laterale amiotrofica(SLA) (Xagena2006).Per contrastare questo fenomeno sempre più dilagante nel1999 è stata istituita la WADA (World Anti-Doping Agency)che annualmente aggiorna il World Anti-Doping Code con la“proibited list” che determina le sostanze illecite. Con lalegge n. 294 del dicembre 2000 (“Disciplina della tutelasanitaria delle attività sportive e della lotta al doping”)l’Italia ha fatto del doping un reato penale, per il quale èperseguibile chi lo pratica e chi lo “procura, somministra ofavorisce..”. Ed infine l’11 luglio 2007, la Commissioneeuropea, ha adottato il Libro Bianco sullo Sport, chiarendoil concetto di “specificità dello sport” nei limiti delle attua-li competenze dell'UE.Ma l’impossibilità di un adeguato controllo nelle attivitàsportive amatoriali soprattutto nell’infanzia e nell’adolescen-za, la difficoltà di rintracciare nel sangue e nelle urine tuttele sostanze dopanti, le continue nuove sostanze scoperte emesse a disposizioni degli atleti rendono difficile l’applica-zione di tutte le normative istituite nella lotta al doping. Ecosì, mentre in Pennsylvania si prepara il “doping genetico”grazie ad un virus che inserisce nel citoplasma muscolare ungene sintetico capace di ipertrofizzare il muscolo anchesenza esercizio, gli interessi economici e politici spingonoorganizzazioni, governi e multinazionali a cercare esseriumani disponibili a mettere in gioco la propria vita per ungiorno di gloria.

DD

IL FENOMENO DEL DOPINGIl problema

Le sue origini affondano nella storia: infatti, il ricorso a sostanzeassunte allo scopo di modificare le capacità di prestazione sporti-va o, "più semplicemente", la propria struttura muscolare e corpo-rea rappresenta un fenomeno che ha radici lontane (antica Grecia)e che assume ai nostri tempi preoccupanti dimensioni ed è in con-tinua espansione. Nello sport di vertice sembra sia diventato unapratica quasi “necessaria”, ma con rischi elevatissimi, anche dimorte, come rivelano alcuni casi del passato.Alle Olimpiadi di Roma, del 1960, un ciclista danese, KurtJensen, muore in gara per avere fatto ricorso ad amfetamine.Sempre per uso di amfetamine nel 1967 al Tour de France muoreil ciclista inglese Tommy Simpson.La morte di una notissima atleta come Florence Griffith Joyner(1998) per crisi cardiaca all’età di soli 38 anni, è accompagnatada molti sospetti.Nel ciclismo dal 2003 al 2004 sono morti per problemi cardiaciben 6 corridori, alcuni di primissimo piano: Zanette (33), un dilet-tante di 16 anni, il francese Salanson (23); Marco Rusconi (24).Lo spagnolo Jimenez (32) e Pantani (34) per overdose di cocaina.Uno degli ultimi casi: il 2 novembre 2004: l’ex campione delmondo di ciclismo Gerrie Kneteman (53).L'elenco si allunga di anno in anno anche se non sempre è possi-bile correlare direttamente la pratica dopante con il decesso.

Sottovalutato Diffuso e radicato in moltissimi paesi, il problema doping per anniè stato sottovalutato o considerato di secondo piano dalle autoritàsportive e governative non solo nostrane. Limitato, cioè, alle fascealte dei praticanti, agli atleti di élite. Nella realtà, il modello pro-posto al vertice, cioè la caccia alla prestazione massima e/o alrisultato ad ogni costo, rimbalza in tutti i suoi aspetti (metodolo-gici e - soprattutto - farmacologici) fino ai livelli più bassi (giova-nissimi, allievi, amatori), contaminando dalle basi la correttaimpostazione dei valori legata allo sport. E costituendo uno deipericoli maggiori per la salute. Secondo le statistiche Istat piùrecenti in Italia ci sono circa 12 milioni di praticanti sportivi e 3milioni di “agonisti” (tesserati alle varie federazioni sportive e aglienti di promozione). Ebbene quei 12 milioni non sono tutelati nédalla legge italiana (376/2000) né dalle regole dello sport. Intantoil doping progredisce.

L’escalation della “farmacia del diavolo”Antica Grecia: misture di erbe, infusi, ecc.;ANNI ‘50 – ‘70: Stimolanti (amfetamine);ANNI ‘70 – ‘85: Stimolanti, anabolizzanti;ANNI ‘85 – 2000: Stimolanti, anabolizzanti, ormoni (eritropoieti-na, gh, ecc.);ANNI 2000: Stimolanti, anabolizzanti, ormoni, “carrier” dell’ossi-geno;2003: Thg, la prima molecola “pensata”solo per fare doping; IL FUTURO (VICINISSIMO): doping genetico.Negli anni, il modello tradizionale del doping, proposto fino allafine degli anni '70 singolarmente da medici, tecnici e/o allenato-ri, si è evoluto e diffuso ad ampie categorie di sportivi. È stata lacosiddetta "specializzazione" dei metodi di "preparazione chimica"che ha proceduto di pari passo con l'evoluzione e le scoperte nelcampo della metodologia dell'allenamento, mescolandosi e inte-grandosi con essa. Presto è risultato evidente che i farmaci usati,le manipolazioni fisiologiche (trasfusione autogena, arricchimentodel sangue attraverso ormoni e/o molecole sintetiche nuove,ecc.)erano così complicate e di difficile realizzazione da richiedereapposite strutture mediche, laboratori di analisi specializzati, non-ché notevoli investimenti di denaro.

Perché il doping si è diffuso?Le spinte individuali. La “mondializzazione” della competizione el’uso “politico” dello sport. La monetizzazione marcata dello sport La medicalizzazione della società. La crisi dei valori.

Eugenio Capodacqua Rivista SportPro International - www.sportpro.it

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Questo periodico è aperto a quanti desiderino collaborarvi aisensi dell’art. 21 della Costituzione della Repubblica Italianache così dispone: “Tutti hanno diritto di manifestare il propriopensiero con la parola, lo scritto e ogni mezzo di diffusione”.La pubblicazione degli scritti è subordinata all'insindacabilegiudizio della Redazione: in ogni caso, non costituisce alcunrapporto di collaborazione con la testata e, quindi, deve inten-dersi prestata a titolo gratuito.

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atleta moderno è sempre più ossessionato dal primato edalla prestazione al di là dei limiti umani. Questo risultaparticolarmente vero per l'atleta professionista, continua-mente spinto a superarsi, incalzato com'è dalla pressionedei media e degli sponsor. Per rispondere a esigenze di

questo tipo, la preparazione dello sportivo ha dovuto raggiungereun grado di professionalità e scientificità sconosciuto nel passato.E, in questo contesto, lo sport è arrivato a chiedere, sempre più difrequente, aiuto alla medicina, nel tentativo di superare barriere einfrangere record fino a ieri considerati insormontabili. Se a ciò siaggiunge che viviamo in una società "farmacocentrica", tesa a tro-vare soluzioni nei farmaci anche per i problemi che nulla hanno ache fare con la medicina, apparirà chiaro che il fenomeno dopingnon sia altro che un particolare aspetto di questa "farmacomania".Ma, in campo sportivo, la "farmacomania" acquista un significatoparticolare: appellandosi a essa, l'atleta infrange una legge fonda-mentale dello sport, la lealtà. Cercare, in una gara sportiva, di otte-nere vantaggi con metodi non ammessi, significa falsare il risulta-to, anche quando il risultato sperato non è raggiunto. Si tratta, quin-di, di stabilire fino a che punto l'intervento medico sia lecito e quan-do, invece, esso superi i limiti imposti dall'etica professionale esportiva. La medicina, per sua stessa natura, dovrebbe limitarsi asvolgere un'azione nell'ambito della prevenzione e della cura dellemalattie. In campo sportivo, l'utilizzo di pratiche mediche dovrebbeessere limitato alla prevenzione degli infortuni e di eventuali statipatologici, conseguenza dell'attività agonistica, al controllo dieteti-co e nutrizionale, oltre che al controllo dello stato di salute psico-fisico dell'atleta. L'atleta è un individuo sano, anche se a rischio disviluppo di patologia acuta o cronica, conseguente alla sua attività.In quest'ottica, ritengo che la medicina, intesa come pratica ingrado di alterare le risposte fisiopatologiche dell'individuo, non sidebba occupare di favorire la prestazione in altro modo che ottimiz-zando nutrizione e metodiche di allenamento. Ritengo, quindi, cheil doping, in senso lato, comprenda qualsiasi manovra medica,attuata sull'atleta, che non rientri nei limiti sopra indicati. In questaaccezione, il doping acquista un significato più ampio di quelloattribuitogli dal Comitato internazionale olimpico (Cio). Non si ridu-ce alla "somministrazione o uso di qualsiasi sostanza fisiologicaassunta in quantità anormale o introdotta nell'organismo per viaanormale, con la sola intenzione di aumentare, in maniera artificia-le o sleale, la prestazione durante la gara"(Drug and Ther. Bull.,1987). Il medico sportivo che somministri farmaci e attui pratiche,semplicemente per accrescere le potenzialità dell'atleta, qualoranon lo richieda una situazione patologica, compie un atto che nonesito a definire non-deontologico. Infatti, qualsiasi scelta in medici-na dev'essere valutata nei termini del rapporto tra beneficio appor-tato alla salute dell'individuo e rischio che comporta per lo stesso.Quand'anche il rischio implicato fosse noto - e spesso non lo èappieno - è chiaro che il beneficio delle manovre dopanti è nullo,per quanto riguarda la salute dell'atleta. Non solo. C'è un altro con-cetto che lo sportivo dovrebbe tenere ben presente e cioè che ilvantaggio ricercato assumendo doping, in termini di prestazione, èspesso puramente ipotetico. Nella grande maggioranza dei casinon esistono studi seri e documentati, che attestino l'efficacia dellesostanze considerate doping nel migliorare il rendimento agonisti-co dell'atleta. Quindi, abbiamo un doping rischioso in termini disalute, indipendentemente dai normali effetti collaterali associatiall'assunzione di una determinata sostanza, e dubbio quanto abeneficio in gara. Questo dovrebbe bastare a scoraggiare l'assun-zione di sostanze dopanti. A determinarne il divieto d'assunzione.In effetti, il Comitato internazionale olimpico ha stilato una lista disostanze e pratiche mediche proibite, d'abuso. A questo punto,

però, vorrei rimarcare il fatto che ildivieto di far uso di doping haanche natura etica. L'atleta che loviola compie un atto sleale, indi-pendentemente dal fatto che ilgiovamento in termini di prestazio-ne sportiva sia effettivo, dubbio o,addirittura, inesistente. Ritengoche lo sport debba ancora sotto-stare ad alcuni principi generali,tanto in ambito dilettantistico,quanto in ambito professionistico.Fintanto che lo sport è sport e nonspettacolo, la lealtà nella competi-zione rappresenta uno dei più importanti di tali principi. Quando ilcalcio, l'atletica, il ciclismo e altre discipline sportive, maggiori eminori, saranno equiparati a qualsiasi altra performance artistica,allora tutto sarà lecito, ferma restando la condizione di non lederela salute del protagonista. Per tutte queste ragioni auspico che l'usodi qualsiasi sostanza farmacologicamente attiva e qualsiasi praticamedica, atta a migliorare la prestazione dell'atleta (eccezion fatta -lo sottolineo - per la possibilità d'intervento nell'ambito nutrizionalee delle metodiche di allenamento), venga bandito, indipendente-mente dal fatto che esse si trovino o meno all'interno delle liste diproscrizione del Cio o di altre federazioni. Tali liste, infatti, sonocostruite sulla base del fatto che tracce di sostanze doping possa-no essere individuate con appositi test. Non comprendono, pertan-to, tutta una serie di sostanze, non perchè queste non possanocausare problemi a livello di salute, ma piuttosto per l'assenza diuna metodologia che sia in grado di determinarne la presenza. È,dunque, lecito giustificare l'atleta che utilizza sostanze farmacolo-gicamente attive, unicamente perchè queste non sono presentinelle liste dei composti proibiti? A mio parere, la risposta è no.Addirittura, senza voler estremizzare il problema, ci sarebbe dachiedersi anche se sia giusto che un atleta partecipi a una gara incondizioni fisiche menomate dopo assunzione di sostanze in gradodi curare la sintomatologia e non proibite dalla legge. Penso agliatleti colpiti da malanni muscolari, ossei o articolari, che partecipa-no a competizioni dopo la somministarzione di sostanze anesteti-che, oppure agli atleti che entrano in gara in stato influenzale o feb-brile. Anche in questi casi si sottopone il soggetto trattato a unrischio di malanni peggiori di quelli iniziali: unicamente per consen-tirgli di partecipare alla gara, si ignora la loro situazione fisica nonottimale. In situazioni come queste, il margine tra il lecito e ilrischioso può essere molto tenue. È giunto il momento che il medi-co sportivo e l'atleta comincino a riflettere. Stroncare la piaga deldoping è certamente una questione di controllo da parte delle auto-rità preposte ma è anche soprattutto una questione culturale e didivulgazione dell'informazione. Viviamo infatti in una società in cui- come ho accennato all'inizio - sin dalla più tenera età, si insegnaall'individuo a credere che ogni problema possa essere risolto dal-l'utilizzo di farmaci. Così, nella vita di tutti i giorni, sviluppiamo lostesso tipo di mentalità che, nello sportivo, sta alla base del ricorsoalla sostanza dopante. La tentazione è quella di ricorrere al miraco-lo medico o farmacologico. Ed è compito delle varie componentidella società sportiva, non del solo medico sportivo, mettere l'atle-ta in guardia dai rischi associati a un tale atteggiamento. Questorichiede un livello di educazione e di professionalità sempre più alti.

Silvio GarattiniFondatore e direttore dell'Istituto di ricerca farmacologica

"Mario Negri" di Milano

La farmacomaniasportiva

Sostanze chimiche e performance atletiche

Il fondatore e direttore dell'Istitutodi ricerca farmacologica "Mario Negri"di Milano riflette su causee implicazioni del fenomeno

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Silvio Garattini

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he show must go on: cinque paro-line che in inglese significano lospettacolo deve continuare. E initaliano: il morto, (pace all’anima

sua) lo abbiamo già pianto, abbiamo soli-darizzato abbastanza, ora lasciateci lavo-rare. Abbiamo i contratti con le tv, i pub-blicitari, i satelliti, gli alberghi, gli spetta-tori, gli appassionati con yacht che hannogià prenotato la banchina a Montecarlo.Abbiamo le date del calendario intasate,dove andremo a piazzare il recuperodella finale di Super Coppa Siviglia-Milan? Non sorprende dunque, cheDemetrio Albertini, ex milanista ed exazzurro, vice presidente dellaFedercalcio, abbia sommessamentedetto in una intervista ad Affari Italiani,che, fosse stato per lui, si sarebbe orien-tato per un rinvio della gara per rispetto diAntonio Puerta, il ventiduenne difensoredel Siviglia morto d’infarto sul campo e,per rispetto del dolore dei suoi compagni.Albertini è stato un calciatore esempla-re,ora è un dirigente serio, responsabile,attento ai valori morali sensibili a certesfumature. E non sorprende neppure,che il suo parere sommesso era e som-messo sia rimasto, ignorato o seminasco-sto da quasi tutta la stampa, sportiva enon, che s’è guardata bene, non dicodall’enfatizzarlo e sostenerlo, ma addirit-tura dal farlo arrivare con un minimo dievidenza alla gente. Non sorprende, per-ché le persone sensibili come Albertini ele loro posizioni siano fuori dal tempo,fuori dalla logica di un pragmatismo avolte spietato fino al cinismo.

Lo sport continua a sciacquarsi la boccacon il cognome di un signore francese:De Coubertin, che dando prova di insu-perabile ipocrisia, spropositò che sigareggia non per vincere, ma per parteci-pare. Ma nonostante i periodici gargari-smi di retorica decubertiniana, lo sportaffoga sempre di più nelle acque non lim-pidissime di un mercantili-smo intollerante di ogni inter-ferenza, disturbo, alterazionedi natura etica, che presto otardi lo sommergerà.Chercher l’argent: parole chein francese significano cer-cate i quattrini e, in tutte lealtre lingue vogliono dire:quando si decide qualcosanello sport domandatevisempre chi ci guadagna,quali entrate si salvano, qualiaffari si fanno. Siviglia-Milan,la finale di Super Coppa europea aMontecarlo non può essere rinviata. Maai mondiali di sci in Valtellina fu rinviatauna discesa non perché fosse mortoqualcuno, ma semplicemente perché icameraman erano in sciopero e, senza tv,andavano in fumo gli investimenti deglisponsor e allora fu pausa. E gli spettatoriche erano andati apposta fin lassù? E gliatleti che avevano regolato la loro prepa-razione per quella data? Chi se ne frega.Si plachino i censori dello spionaggioindustriale in formula uno. All’Olimpiadeè peggio e non da ora. Un velocista cheaveva fatto il record mondiale dei centonel 1987, Ben Johnson, Roma, era

i m m a c o l a t o ,anche se nero,ma l’anno dopogli venne ritiratala medaglia d’oroOlimpica perdoping: BenJohnson, Seul’88. Che cos’erasuccesso nel frat-t e m p o ?Semplice, avevacambiato marcadi scarpette. Lafederazione atle-tica tedescarinunciò allemedaglie cheKatrin Krabbeavrebbe sicura-

mente vinto alle olimpiadi di Barcellona’92, indagando e denunciando la propriaatleta per doping. Come mai tanto scru-polo? Semplice, la Krabbe all’epoca dellarepubblica democratica tedesca avevafirmato con una marca di scarpe diversada quella che finanziava la nazionaletedesca di atletica leggera. Cosa c’entra

lo sport con queste guerresotterranee e, mica tanto,fra “scarpari” sportivi?Oggi, la federazione interna-zionale di atletica leggerastorce la bocca per le prote-si di Oscar Pistorius: diceche gli da condizioni di van-taggio sugli altri atleti.Fioritissime balle. Pistorius èuna straordinaria occasioneche lo sport ha per rendersiutile all’umanità.È l’emblema del disabile

messo davvero alla pari con tutti gli altri,anzi, davanti a tutti gli altri. È la speri-mentazione per affinare la tecnica diquelle protesi, renderle meno costose emetterle a disposizione di tanti esseriumani senza piedi: pensate agli invalididelle mine. L’olimpiade di Pechinopotrebbe essere la vetrina di questa svol-ta tecnologica, ma lo sport, nobilmente sioppone. Sapete quando disinteressata-mente cederà? Ve lo dico io, quando gliesperti pubblicitari convinceranno qual-che fabbricante di scarpe sportive asponsorizzare Oscar Pistorius e a scrive-re la marca sulle sue protesi, il che avver-rà quando la federazione internazionaledi atletica leggera sarà stata già convintaa spalancare le porte di Pechino. Nientedi male, si fa per dire ovviamente.Pecunia non olet, tre paroline che in lati-no significano il denaro non puzza e intutte le altre lingue del mondo, vuol dire:anche lo sport, alla faccia dell’ipocrita DeCoubertin, s’è venduto l’anima. Ma allora,abbandoni certi puritanesimi, non predi-chi purezza di regole di sangue, nonriempia le piscine con l’acqua santa, sitolga la maschera e allora, nessuno simeravigli se i compagni di Antonio Puertasono scesi in campo a Montecarlo, per-ché come dicono gli inglesi, the showmust go on.

Angelo Maria PerrinoDirettore di Affari Italiani

(primo quotidiano online)

Le guerre tra scarpari e sportiviSport e mercato

Un velocista che aveva fatto il record mondiale dei cento nel 1987, Ben Johnson,a Roma, era immacolato, anche se nero, ma l’anno dopo, a Seul,gli venne ritirata la medaglia d’oro olimpica per doping. Che cos’era successo nel frattempo? Aveva cambiato marca di scarpette……

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Lo sport continua

a sciacquarsi la bocca con

il cognome di un signore

francese: De Coubertin,

che dando prova di

insuperabile ipocrisia,

spropositò che si gareggia

non per vincere,

ma per partecipare

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a parte della retorica antica, ripetu-ta per secoli, l’idea che un corposano aiuta tanto il pensiero quantol’anima. L’attività fisica, lo sport, è

da sempre un buon modo per conserva-re e rendere florida la forma fisica. C’èqualche cosa di storto, quindi, nel fattoche spesso discutiamo di sport più a pro-posito di sostanze che danneggiano ilcorpo che di sconfitte onorevoli e merita-te vittorie.Mi ha stupito sperimentare, sulla pelledei figli, che nelle scuole italiane sonorimaste le ore d’educazione fisica, ma èsparita l’educazione fisica. Certo, lo so,non si deve generalizzare e se scrivessiun saggio sul tema dovrei andare adocumentarmi in giro per l’Italia, ma,insomma, fra scuole e campi estivi unacerta esperienza ce la siamo fatta, edabbiamo visto che la ginnastica è semprepiù una sconosciuta, mentre prendepiede la pratica di questo o quello sporta squadre. Che sono importanti, ci man-cherebbe, ma sono pur sempre cosadiversa dal gareggiare a chi corre piùvelocemente o salta più in alto o lanciapiù lontano il peso. Mettendosi in giocopersonalmente e personalmente doven-do fare i conti con la sconfitta. Nullaaiuta più a crescere delle sconfitte, pre-messa indispensabile per responsabili,ed auspicabili, vittorie.

Quando i nostri ragazzi chiedono diandare a studiare negli Stati Uniti, peresempio, le loro domande sono più favo-revolmente accolte se raccontano di pra-ticare uno sport con impegno e costanza.Da noi la cosa è giudicata irrilevante. Nelmondo del lavoro si dice di voler premia-re il “gioco di squadra”, ma sovente lo siinterpreta nel turpe modo di saper limita-re le proprie aspirazioni e potenzialitàpersonali.L’esempio che viene dal mondo adulto,poi, non sempre è confortante. Gli atletiche si preparano con sacrificio, investen-do non solo le proprie giornate, ma lapropria mente negli allenamenti, fannonotizia solo in pochi casi e per pocotempo. Abbiamo campioni italiani di cuia stento ricordiamo il nome. Al contrario,invece, domina il discorso sul doping,sulle prestazioni drogate che aumentanoi casi di vittoria e ne declassano il valore.Non mi scandalizza affatto che il succes-so possa essere misurato in denaro, cheè un buon segno di crescita, se meritato,ma non è normale che l’agonismo si pie-ghi allo sfruttamento commerciale esa-sperato. Se il rapporto fra il gareggiare el’apparire fosse corretto l’atleta che vincecorrompendo il proprio corpo (o accet-tando che lo si corrompa) avrebbe più diuna ragione per vergognarsene. Capita,invece, che si rammarichi d’essere stato

scoperto, o si arrabbiper esserlo stato senzache altri, o tutti gli altri,lo siano. Non c’è, inquesto, una gran diffe-renza etica fra chi sidroga per vincere e chiaccetta di superare untest universitario cono-scendo in anticipo lerisposte. In tutti e due icasi la vittoria è consi-derata strumentale albenessere economico,e non alla propria sod-disfazione morale ecrescita individuale.Essendomi capitato diseguire squadre di gio-vani giocatori ho trova-

to amaro lo spettacolo offerto da moltigenitori. Il tifo è una bella cosa, ed ancheil sostegno vociante alla propria squadraed ai propri ragazzi è lecito. Ma le accu-se lanciate agli arbitri, i fischi od il rumo-reggiare sul gioco degli avversari, l’ec-cesso di esultanza per prove che certonon troveranno spazio nella storia dellosport, trovo che sia un modo alterato,direi drogato, d’interpretare l’educantesalubrità di una gara. Per non dire deicontinui interventi sugli allenatori (deno-minati quasi sempre in lingua inglese)affinché non sia tolto spazio o ruolo allapropria stella casalinga. Tutto questoinduce a non credere che sia migliorechi corre più velocemente, e diseduca ipiù giovani dall’impegnarsi per batterlonell’unico modo razionale: correndoancora più velocemente.Quando questo è l’umore che attraversamolti campi periferici e molte realtà cheè giusto considerare amatoriali, non èdifficile immaginare cosa succede quan-do si sale il gradino che porta ad unimpegno più organizzato, su su ascen-dendo fino al professionismo. I ragazzi,in questo mondo, diventano oggetti alservizio delle ambizioni (talora delle fru-strazioni) adulte. In altre parole: nonvedo una relazione fra il problema delladroga e quello del doping, se non neldeclassamento concettuale del corpo.Chi si droga non ha certo ambizioni ago-nistiche e la fuga dalla realtà non è para-gonabile al tentativo truccato di vittoria.Mentre la droga ha radici diffuse in moltiatteggiamenti giovanili, e lì va combattu-ta, il doping è più un riflesso malato delmondo adulto. Non faccio classifiche dipericolosità (lo sono entrambe), ma ènecessario distinguere se si vuole inter-venire in modo efficace e non inutilmen-te declamatorio.

Davide GiacaloneDirettore dei periodici

"La Ragione" e "Smoking",già capo della segreteria del presidente del

Consiglio dei Ministri,già consigliere del Ministro delle Poste

e delle Telecomunicazioniwww.davidegiacalone.it

Mens sana in corpore sano?I valori dello sport nella società italiana

Gli atleti che si preparano con sacrificio, investendo non solo le proprie giornatema la propria mente negli allenamenti, fanno notizia solo in pochi casi e per poco tempo.Abbiamo campioni italiani di cui a stento ricordiamo il nome. Al contrario, invece, domina il discorso sul doping

FFl contrasto al doping è, già dai tempi in cui ero Ministrodei Beni e delle Attività culturali, una delle priorità delmio lavoro politico. Fu proprio infatti nel 2000, quandoancora ricoprivo il mio precedente incarico di governo, cheinsieme a Rosy Bindi, allora Ministro della Salute, dotam-

mo il nostro Paese di uno strumento legislativo innovativo che,ancora oggi, resta uno dei più avanzati d’Europa. Mi riferiscoalla legge 376, che ci ha visti, insieme alla Francia, tra i primiPaesi del mondo ad assumersi la responsabilità e l’impegno digiocare una partita decisiva per il mondo dello sport, in nomedell’affermazione dei principi che ne sono la sua stessa base:il benessere di chi lo pratica e la lealtà e il rispetto delle rego-le e della trasparenza delle competizioni. Ma la domanda chedobbiamo porci oggi, è: quella legge è ancora attuale? La rispo-sta a questa domanda è duplice. Da un lato, infatti, la 376 haconsentito al nostro Paese di dotarsi di uno strumento efficaceper promuovere la tutela della salute degli atleti nella praticasportiva agonistica. Dall’altro, per rilanciare in Italia la lotta aldoping, è necessario definire nuovi e più effica-ci strumenti d’azione, in grado di rispondereanche all’esigenza, in costante aumento, di con-trastare il cosiddetto doping domestico, ovvero ildoping sempre più diffuso nelle palestre e neicircuiti sportivi amatoriali. Rafforzare le politi-che antidoping varate, quindi, significa anchetrovare il coraggio di andare oltre le strade giàesplorate e inaugurare una nuova stagione dicontrasto al doping. Proprio per questo, ilConsiglio dei Ministri ha provveduto alla ratificadella Convenzione contro il doping nello Sportpromossa dall’Unesco nell’ottobre 2005 aParigi e ora siamo in attesa della sua approvazione da parte delParlamento. Oltre trenta Paesi hanno già provveduto ad ema-nare una legge di ratifica di questa Convenzione, riconoscendol’urgenza di armonizzare le varie iniziative nazionali intrapresea livello mondiale nella lotta al doping. Stiamo recuperandoproprio in queste settimane il ritardo su questo fronte, ancheper superare quel veto che la WADA ha giustamente imposto eche impedisce ai paesi che non hanno ratificato laConvenzione di ospitare grandi eventi sportivi internazionalicome quelli che il nostro paese si candida a ospitare nei pros-simi anni. L’Italia, comunque, continua innegabilmente a rap-presentare un punto di riferimento nella lotta al doping. Larecente inaugurazione della nuova sede del laboratorio Anti-Doping di Roma ne offre una limpida dimostrazione. IlLaboratorio di Roma è ormai da qualche anno, uno dei “fioriall’occhiello” dell’azione italiana di contrasto al doping e con

la sua attività ha consentito alnostro Paese di essere tra i piùaffidabili e all’avanguardia inmerito ai controlli e alla ricerca.Il Laboratorio rappresenta ilsegno tangibile di politiche bencongegnate, che hanno trovatoproprio nella legge 376 unabase solida. Ma oggi si presentano davanti anoi nuove sfide. Il futuro oriz-zonte della nostra azione deveessere, infatti, quello di allarga-re il raggio di intervento dellenostre politiche antidoping,portandole ben oltre il terreno dello sport professionistico a cuioggi si limitano. Per questa ragione, il nuovo Ministero delloSport è al lavoro per predisporre e definire politiche antidoping

di “ampio spettro” che ci chiamino ad un’azionetrasversale, che non si esaurisca nel “tempo dellanorma”, nella revisione della 376 sic et simpliciter. In tal senso, è necessario allargare il quadro di rife-rimento della legge anche al cosiddetto “dopingdomestico” o diffuso e rafforzare la cultura sportivae la cultura antidoping, soprattutto tra i ragazzi.Proprio in virtù di queste considerazioni, dobbiamoavviare una nuova stagione di politiche di contrastoal doping che si fondi sull’alleanza strategica trapolitiche per la salute e politiche sportive e giova-nili. Il primo passo verso questa direzione è statocompiuto con l’istituzione di una Commissione ad

hoc, formata dal CONI, dal Ministero della Salute e dalMinistero per le Politiche giovanili e le Attività sportive, cui èstato affidato il progetto di riforma della legge 376. I lavoridella Commissione hanno portato alla predisposizione di unProtocollo d’Intesa, che verrà firmato entro qualche settimana.Non è un caso che la vice-presidenza della Commissione siastata affidata a Sara Simeoni, una grande atleta, esempio peri più giovani di rispetto delle regole e grande lealtà sportiva.Atleti ed ex atleti, infatti, sono una risorsa fondamentale perrendere l’impegno contro il doping popolare, sentito, diffusotra la platea dei professionisti e degli amatori. La partita è incorso e siamo fermamente determinati a vincerla. Per il benedegli atleti e di tutto il mondo dello sport nel nostro Paese.

Giovanna MelandriMinistro per le politiche giovanili e le attività sportive

Una nuovastagione

nel contrastoal doping

Gli strumenti della politica

On. Giovanna Melandri

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Nel 2000 la Legge 376 era considerata tra le piùavanzate d’Europa e con essa l’Italia, è stata tra iprimi Paesi del mondo ad assumersi la responsabilitàe l’impegno di giocare una partita decisiva per ilmondo dello sport in nome dell’affermazione deiprincipi che ne sono alla base: il benessere di chi lo pratica e la lealtà e il rispetto delle regolee della trasparenza delle competizioni: oggi, quella legge, ha bisogno d’esser migliorata

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Il LaboratorioAnti Doping di Roma è

uno dei “fiori all’occhiello”dell’azione italiana di

contrasto al doping e con lasua attività ha consentito

al nostro Paese di essere tra i più affidabili

e all’avanguardia in meritoai controlli e alla ricerca

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e il fenomeno doping è arrivato alle dimensioni e alla attualediffusione capillare fin nelle categorie più insospettabili disportivi – giovani, giovanissimi e perfino gli "amatori" - unagrossa fetta di responsabilità spetta proprio ai "media", a

come cioè hanno nel tempo affrontato il problema, come lo hannoproposto (o non proposto) all’opinione pubblica, come hanno ten-tato di risolverlo, se hanno tentato in qualche modo di risolverlo. Daex atleta e (attualmente) amatore praticante, mi capita di toccarecon mano la diffusione a macchia d’olio di una mentalità vera epropria, radicata e difficile da estirpare. L’idea di sport legata indis-solubilmente a quella del farmaco. Un’idea difficile da estirpareanche oggi che il fenomeno – quanto meno - è stato portato allaluce e pare di intravedere una certa volontà concreta di farvi fron-te. Però di questo problema si stenta a trovare traccia sui giornali.Tranne che nei casi clamorosi, quando sono coinvolti atleti dinome. Le responsabilità degli operatoriEbbene, se tutto questo è ancora realtà oggi - e lo è - allora noi ope-ratori dei media dobbiamo domandarci perché. Come sia statopossibile arrivare a questo. Cosa abbiamo fatto e come abbiamoaffrontato il problema in questi anni. Intanto la scienza farmacolo-gica ha fatto enormi passi in avanti negli ultimi anni; l’uso distortodi prodotti anche importanti per la salute pubblica (l’Epo è uno diquesti: serve per curare i dializzati) consente in tante discipline, daquelle di squadra a quelle individuali, da quelle di resistenza aquelle di forza, di compiere significativi passi in avanti dal punto divista della prestazione e del risultato. E, a differenza del passato,consente anche all’atleta mediocre di fare importanti progressi,costringendo spesso il campione – quello con le doti naturali – afare altrettanto per non essere superato. Inoltre, l’uso di certi pro-dotti ha richiesto e richiede l’intervento di medici esperti, di staffattrezzati, di un’organizzazione anche economica, cioè, che neltempo ha portato alla formazione di una vera e propria ragnatela di"addetti", medici soprattutto più o meno "bravi" nel calibrare alchi-mie e prodotti pericolosissimi per la salute; più o meno e conosciu-ti; più o meno seguiti. Una ragnatela impressionante. Ebbene, ditutto questo se ne è parlato e se ne parla pochissimo e quasi condisagio. Perché i "media" conservano ancora una sorta di fastidionell’affrontare un argomento ed un fenomeno che ormai per la suadiffusione capillare diventa problema di salute pubblica? Comegestori dei "media" abbiamo sbagliato e forse continuiamo a sba-gliare. Da una parte non abbiamo sottolineato abbastanza i rischie il dilagare del fenomeno; dall’altra quando il problema è esplosonella sua virulenza, non ne abbiamo parlato a sufficienza, non loabbiamo affrontato come si dovrebbe. Il clamore sull’atleta dinome e poi il vuoto. Il nulla o quasi. Siamo dunque tutti compro-messi noi giornalisti e operatori del settore? Tutti in malafede, com-plici, comprati, venduti? Malafede e complicità ci sono state, cer-tamente. Malinteso senso degli interessi comuni anche. Ma credopiuttosto alla superficialità, all’ignoranza, all’impreparazione legateall’idea o meglio al pregiudizio diffuso di cosa sia e debba esserelo sport nella nostra società. Della sua funzione sociale, come parteimportantissima della vita di tutti i giorni. Del messaggio che - suifatti di sport - per anni è passato dai "media" al grosso pubblico. La grande illusioneNell’opinione comune, nell’inconscio collettivo, nella mentalitàdella gente al termine sport è generalmente abbinato un qualcosadi leggero, un concetto di evasione, relax, riposo; un mondo a

parte con le sue regole, apparentemente certe e sicure; un mondoche funziona perché produce vittorie e risultati, che investe con-cetti importanti e positivi per l’individuo come la salute, lo starebene, il benessere fisico, la realizzazione di sè. Ebbene questi con-cetti, questa idea dello sport, è stata alimentata dalla scuola, dallafamiglia, dalla dirigenza sportiva e dai "media" anche quando conil tempo e con l’avvento del denaro (gli sponsor) lo sport - almenoquello di vertice, il più appariscente - si è trasformato radicalmen-te. Divenendo cioè né più né meno che un fenomeno dalle fortibasi economiche, regolato dalla legge degli interessi. Con tuttoquello che concerne e ne deriva. Però – almeno dal punto di vistadell’informazione - lo si è continuato a trattare come se fosse losport di prima: ingenuo, limpido, non condizionato da interessi.Solo a forza di scandali e casi clamorosi questa visione sta lenta-mente cambiando. E qui sta, secondo me la prima grande respon-sabilità dei "media": aver accettato questo compromesso mai scrit-to; aver fatto finta che tutto fosse come prima; aver continuato atrattare lo sport, come un fenomeno becero da baraccone: ilrecord, il risultato, i gol, gli aspetti più superficiali. Magari alimen-tando un tifo per il quale certe tendenze campanilistiche assai dif-fuse nel nostro paese costituivano il terreno, l’humus ideale. Si èguardato solo alla superficie. Si è rinunciato, si rinuncia ad appro-fondire. Perché? È troppo noioso? Troppo rischioso? Troppo diffici-le? Abbiamo contribuito ad alimentare una illusione di massa. Chefaceva comodo a tanti. Si dice: ma al pubblico non importa nulladel doping. Il pubblico vuole sognare e illudersi. Tesi suggestiva econ un certo contenuto di verità. Sognare è importante come vive-re. Ma mi permetto di dissentire, almeno per un motivo: come si faa dire che la gente vuole solo quello quando non è mai stato offer-to qualcosa di diverso? Non è vero che alla gente piace essereingannata. Già, perché quello del doping nello sport è forse il piùgrande inganno perpetrato dai "media", specie negli ultimi anni.Un inganno che continua quando si raccontano mezze verità, siassumono atteggiamenti fintamente comprensivi, si fugge la realtàdel problema. E qui un ruolo decisivo lo ha la televisione. Uno stru-mento dalla potenza enorme perché entra in tutte le case. Il fasti-dio nell'affrontare l'argomento è palese: non se ne deve parlare;l'immagine del ciclismo (o di qualsiasi altro sport) "si rovina" non apraticare la farmacia proibita, bensì a parlarne. Insomma, si imbro-gli pure, ma non si dica. Guai a "rompere il giocattolo" attorno cuiruotano miliardi. Per non parlare del potentissimo calcio, che, unavolta squarciato il velo del doping si è esibito in uno slalom invere-condo fra regole cambiate in corsa, processi rapidi e assai pococredibili, assoluzioni e pene all’acqua di rose. Ma almeno adessol’opinione pubblica probabilmente ha capito: quando ci sono dimezzo gli interessi, le regole dello sport non contano nulla. E que-sto è un dramma per lo sport. Qualcosa, adesso, sia pur timida-mente, si muove. Ma è sempre poco di fronte all’entità del proble-ma. La cronaca nera ha fatto sì che ci sia più attenzione anche daparte dei media. Ma manca una linea, una strategia di fondo, unatensione continua verso l’obbiettivo, specie alla tv. E senza la tv,con il suo potere di entrare in tutte le case, tutti i discorsi sulla"mentalità da cambiare", sulla cultura dello sport da rifondarediventano esercitazioni accademiche.

Eugenio CapodacquaDirettore della rivista SportPro International. www.sportpro.it

Scrive per il Corriere dello sport, Olimpico, La Repubblica

Le colpe dei mediaA monte della diffusione del doping

Quello del doping nello sport è forse il più grande inganno perpetratodagli strumenti di informazione negli ultimi anni. Un inganno che continua quando si raccontano mezze verità, si assumono atteggiamenti fintamentecomprensivi, si fugge la realtà del problema

SS on arriveremo mai a risolvere l'angoscioso problemadel doping nello sport se lo trasformeremo in una spe-cie di guerra tra guardie e ladri. Per quanto possamigliorare e perfezionarsi il sistema dei controlli, nonsarà mai in grado di scoprire ed evidenziare le nuove

frontiere escogitate per migliorare artificialmente e in modotruffaldino le prestazioni degli atleti. È una convinzione chederiva da un’esperienza ormai pluriennale e tale da indurrea quasi fatalistica rassegnazione. Ma è chiaro che non ci sipuò arrendere, non si può accettare che vengano minate inmodo così palese e volgare le più elementari regole di lealtàsportiva. Non ho veste né titolo per poter affrontare la que-stione in chiave scientifica, per cui mi limiterò ad alcuneosservazioni di carattere generale. Va da sé che un minimodi coscienza professionale e deontologica dovrebbe costitui-re un vincolo assoluto per medici e ricercatori a non mette-re le proprie conoscenze al servizio di soluzioni contrarie all’etica sportiva e dannose per il fisico degli atleti, lo si dice dasempre. Appelli che restano inascoltati, anche se è dovero-so non generalizzare: ma bastano pochi soggetti senza scru-poli per far gettare ombre e sospetti su intere categorie.Non che ci siano maggiori speranze di raccogliere nell’im-mediato risultati importanti, ma ritengo che sia opportunoanalizzare la questione anche da un punto di vista stretta-mente sportivo. Ci si chiede da sempre perché l’attività ago-nistica generi tanti consensi e approvazioni nell’opinionepubblica, perché piaccia così tanto alla gente e sappia mobilitare passioni e stuzzicare fantasie. Una delle rispostepossibili sta nella natura stessa della pratica sportiva attiva:tra tutte le attività dell’uomo, lo sport, se correttamenteinterpretato ed esercitato, è l’unica che consenta di stabili-re classifiche e gerarchie di valori incontestabili. Di chi èdiventato ricco si potrà sempre dire chissà quanto ha ruba-to; sulla stellina diventata famosa si potranno ricamare dice-rie di ogni genere; il telecronista che ha raccontato per annile partite della nazionale sarà arrivato solo grazie a fior diraccomandazioni. Che poi sia vero o meno, poco importa, sisa che spesso il sospetto è sufficiente a sporcare carriere esituazioni. In linea teorica nulla di simile dovrebbe essereproposto sui campioni dello sport: se uno salta due metri equaranta in alto, a nessuno salta in mente di dire che ha rag-giunto quella misura perché raccomandato, che so io, dallozio cardinale. Ma ecco che l’ombra inquietante del dopingviene a cancellare ogni certezza, annulla quel valore autono-mo e unico dello sport, semina sospetti e scandalo.In quest’ottica diventa quasi automatico sostenere che ildoping è la negazione stessa dello sport, la profanazione vol-gare e inaccettabile dei valori primi e originari dell’agoni-smo.Esistono riscontri interessanti anche nella valutazione chenormalmente viene riservata al doping nello sport. Viviamoin una società che è malata di farmacomania: alla pilloletta-aiutino ricorre lo studente che deve sostenere un esameimportante, l’avvocato alle prese con una causa insidiosa, lamassaia che ha paura di cadere in depressione, l’amantenon del tutto sicuro e via elencando. Abitudini discutibili e

non raccomandabili ma che alivello di percezione socialeoriginano al massimo una lar-vata disapprovazone, con fre-quenti giustificazioni rappor-tate al buon risultato conse-guito. Fossi difeso da un avvo-cato in una causa penale, nontroveri nulla da ridire se venis-si a sapere che, per essere piùbrillante e farmi assolvere, s’èaiutato con la famosa pillolet-ta. Completamente diversa lareazione sociale nel campodello sport: l’atleta scoperto afar uso di sostanze dopanti genera scandalo e riprovazioneassoluta,viene bollato dall’opinione pubblica, privato di vit-torie e medaglie. Un’altra implicita dimostrazione che losport è qualcosa di particolare, ha e dovrebbe rispettare sueregole specifiche, pretende lealtà e trasparenza di compor-tamenti. Certo non bastano simili considerazioni dal saporemoraleggiante a indicare la strada da percorrere per debella-re la piaga del doping nello sport, ma fanno intendere cheuna più accurata e consapevole educazione sportiva consen-tirebbe una presa di coscienza da parte degli atleti forse pro-duttiva di effetti positivi. Del resto il problema non è nuovoné tipico del mondo moderno. Abbiamo testimonianze diret-te di testimoni contemporanei i quali riferiscono che, inoccasione dei Giochi classici di Olimpia, Corinto ePanellenici, di frequente venivano scoperti atleti che infran-gevano le regole: per esempio mangiavano di nascosto dellesuccose bistecche, cosa proibita nel periodo delle gare, conla speranza di accumulare maggior forza e vincere il lanciodel giavellotto. La moderna dietologia ci dice che l'effettonon era quello sperato, ma da un punto di vista etico quegliantichi imbroglioni si comportavano esattamente come imoderni dopati. Chiaro che appaiono del tutto diverse anchele possibili conseguenze negative sul piano della salute, oggicon le sofisticate sostanze si corrono rischi ben maggiori enon sempre valutabili a breve termine. Il guaio è che quan-do il successo sportivo garantisce grandi gratificazioni mate-riali (soldi, fama, gloria, successo, popolarità) scattano nel-l'uomo meccanismi perversi di tentazione: si fa qualsiasicosa, si ricorre a qualsiasi mezzo pur di vincere. Accadeoggi, accadeva un tempo e non solo nell'antica Grecia. Chefare, allora, arrendersi all'inevitabile? No davvero, vanno por-tate avanti le operazioni di controllo, applicate sanzioni certee tempestive, ma al tempo stesso va curato anche l’aspettoinformativo ed educativo, nella speranza che chi fa sport neaccetti e apprezzi le regole e i significati. Con particolareattenzione per la pratica agonistica giovanile, dove il dopingnon deve mai assolutamente poter entrare.

Bruno PizzulGiornalista sportivo e commentatore televisivo

No alla guerratra guardie

e ladri

Quando l’attenzione non basta

Vanno portate avanti le operazioni di controllo eapplicate sanzioni certe e tempestive. Ma al tempo stesso va curato anche l'aspettoinformativo ed educativo, nella speranza che chi fasport ne accetti e apprezzi le regole e i significati

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Bruno Pizzul

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el 2005, i pediatri dell’ospedale Bambino Gesù di Roma,hanno segnalato che il doping è ormai presente anche tra igiovanissimi. Il dottor Marco Cappa, dell’unità operativa di

endocrinologia ha, tra l’altro affermato: “Il doping è diventato unfenomeno sociale preoccupante, non più circoscritto alla sola cer-chia degli atleti professionisti, e non più limitato al giorno prima dellagara, ma esteso ad ampi strati della popolazione sportiva, con coin-volgimento dilagante dei più giovani ed anche dei bambini: la fasciadi età a rischio si è infatti progressivamente abbassata, arrivando adinteressare bambini e adolescenti di 8-17 anni, con gravi rischi perla salute». Fino a non molto tempo fa si riteneva che il doping nonfosse molto diffuso fra gli atleti più giovani, cioè tra coloro che svol-gevano attività sportiva nelle categorie giovanili e juniores.«Il sudanese Idriss Abdulagadir, campione mondiale allievi dei 400hs (50”78) sarebbe risultato positivo (nandrolone) ai Mondiali dicategoria svoltisi nel luglio del 2005 a Marrakech. La medagliad’oro passerebbe al saudita Daak Mohammed, 2° in 50”90».Si credeva, che si mantenessero "puliti", nella fallace convinzioneche almeno in giovane età essi fossero ancora motivati unicamen-te dalla grande passione per lo sport. Quale sorpresa, dunque,quando è stata riscontrata la positività ai controlli in atleti insospet-tabili proprio in grazia della loro giovanissima età! La responsabili-tà, talvolta, è di alcuni allenatori e medici senza scrupoli che li con-vincono a fare ricorso ai farmaci proibiti. Costoro, una volta scoper-ti, andrebbero radiati e costretti ad abbandonare qualsiasi attività inambito sportivo: in ogni caso dovrebbero essere severamente puni-ti. Infatti, ha causato un grande clamore, quando alcuni funzionaridel Comitato olimpico cinese, durante un’ispezione effettuata adAgosto 2006 presso il centro d’allenamento di atletica leggera(nella provincia cinese del Liaoning), hanno sequestrato prodottiilleciti (illegali) come l’eritropoietina (EPO) e testosterone, e aghiipodermici trovati nel frigorifero dell’ufficio dell’allenatore (preside)Shao Huibin. Le autorità hanno trovato 300 dosi di EPO, 94 ditestosterone e 124 di steroidi; inoltre 25 dosi (flaconi) di EPO e 141dosi di steroidi anabolizzanti erano pronte per essere somministra-te agli atleti fra i 15 e i 18 anni. L’accusa che viene mossa agli auto-ri degli atti delittuosi è che i ragazzi che frequentavano la scuola (trai 13 e i 19 anni) sarebbero stati dopati per migliorare le prestazionisportive in vista dei campionati provinciali. Per molti, il problemadel doping è legato all’attività di alcuni medici senza scrupoli, a cuisono legati alcuni atleti e se non si riesce a spezzare questa cate-na sarà difficile che il doping possa subire una battuta d’arresto.Houlihan riporta da “Hormonal doping and androgenization ofathletes, a secret program of the German Republic Government” ilseguente commento degli autori, W.W. Franke & Berendonk: «Ilruolo che scienziati e medici hanno giocato in questo sistema clan-destino è particolarmente triste, non solo perché questi professio-nisti hanno attivamente contribuito alla frode di livello mondiale, maanche perché hanno violato l’etica medica e scientifica». Infatti,l’incremento della diffusione del doping nello sport, è stata possibi-le anche grazie all’avvento di medici che hanno scoperto di avertrovato nello sport una buona fonte di guadagno che gli avrebbeconsentito di arricchirsi in modo facile e rapido.Così, molti medici si sono trasformati in preparatori di atleti, le cuitecniche accompagnate da risultati eclatanti, sono state classifica-te come “moderne metodologie” che naturalmente hanno fattopresa in quegli sport molto popolari presso l’opinione pubblica.

Alla luce dei risultati agonisticirilevanti ottenuti da alcuni atleti,molti sport si sono dovuti inchina-re a questi medici-scienziati, moltidei quali non facevano altro cheintrodurre il doping nello sport.Agli inizi degli anni ‘80 e durantetutti gli anni ‘90, molti di questimedici hanno creato dei veri epropri laboratori-imprese, sfug-gendo alle leggi ordinarie a cuiriescono a sottrarsi ancora oggi.Questi medici, sono riusciti acreare una fitta rete commerciale,costringendo di fatto, molti sportad essere vincolati a queste organizzazioni che, con il passare deglianni, sono state prese in mano, anche dalla criminalità organizza-ta. L’ex pm di Bologna, Giovanni Spinosa, ha recentemente affer-mato per quanto riguarda il doping: «È un mercato con fatturatomiliardario che trae la propria manovalanza dalla malavita organiz-zata e si dirama in una rete di connessioni e connivenze che vannodal medico al farmacista complice, al portantino dell’ospedale chetrafuga prodotti vietati, al gestore di palestre». «Molti di questimedici, sono passati alla storia per aver favorito e somministrato ildoping nello sport. Il primo della lista dal punto di vista cronologicoè il dottor Ziegler, che realizzò il potenziale distruttivo degli steroidi.Ben Johnson […] seguiva le direttive del suo medico, JamieAstaphan. Negli Stati Uniti, negli anni ottanta, si calcola che vierano almeno settanta medici della zona di Los Angeles che pre-scrivevano steroidi anabolizzanti agli atleti. Il dottor Ara Artinian diToronto, che seguiva soprattutto giocatori di football americano epraticanti di body building, prescrisse più di 200.000 dollari di ste-roidi tra il 1981 e il 1988. La Commissione Black del senato austra-liano durante un’audizione scoprì che il 4% dei praticanti di bodybuilding in Australia ottenevano la fornitura di steroidi dai medici».Il Dottor Michele Ferrari, nell’ottobre 2004, è stato condannato inprimo grado dal Tribunale di Bologna ad un anno di reclusione e900 euro di multa. Michele Ferrari è stato ex assistente del Prof.Francesco Conconi, all’Università di Ferrara, noto per aver consi-gliato l’uso di EPO ed altri prodotti dopanti agli atleti suoi assistiti.Infatti, Michele Ferrari, era considerato uno dei medici sportivi piùfamosi del mondo per alcune discipline sportive. Nel corso deglianni a lui si sono rivolti alcuni dei più forti ciclisti professionisti, tracui il texano Lance Armstrong (vincitore di sette Tour de France).«A Michele Ferrari è attribuito lo slogan tanto in uso nel mondodello sport: “È doping solo quello che risulta dai controlli».Nelle motivazioni della sentenza, il Giudice Maurizio Passarin, hascritto: «quando a ricorrere al doping sono, come nel caso del Dott.Ferrari, i migliori medici sportivi, quelli usciti dall’eccellenza di uncentro di ricerca finanziato dallo stesso CONI, allora forse c’è vera-mente da temere che l’imbroglio, il volgare imbroglio, per quantofarmacologicamente raffinato, continuerà ad avere la meglio sull’ef-fettivo valore degli atleti. C’è da temere che prevalga la cultura del“così fan tutti” e che, dietro le più o meno sincere affermazioni diprincipio, la convinzione aberrante resti quella che non sia possibi-le ottenere grandi risultati senza ausili farmacologici».Nel maggio del 2005, il dottor Michele Ferrari, verrà assolto in

L’allarme dei pediatriIl doping fra i giovani, un fenomeno sociale preoccupante

Ha fatto scalpore il ritrovamento, da parte di funzionari cinesi del comitato olimpico,presso un centro d’allenamento nella provincia cinese del Liaoning, di 300 dosi di EPO,94 di testosterone e 124 di steroidi; inoltre 25 dosi (flaconi) di EPO e 141 dosi di steroidi anabolizzanti erano pronte per essere somministrate agli atleti fra i 15 e i 18 anni

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empo addietro, chiunque si dedicasse ad una attività spor-tiva era tenuto o forse è meglio dire, obbligato, ad interes-sarsi esclusivamente della propria preparazione atletica.Tutto ciò che esulava da questo era visto come estraneo

all’atleta stesso e, per questo motivo, considerato non di suacompetenza. Allo sportivo andava il compito di allenarsi, ad altritutto il resto.Oggi le cose sono cambiate, in meglio direi. Il terzo millennio staportando con sé una ventata di innovazione e ha fatto sì che glisportivi e atleti abbiano finalmente potuto iniziare ad occuparsinon solo della loro preparazione atletica, ma anche degli aspettiorganizzativi, legati per esempio, alle gare cui partecipano. Oggil’atleta, dall’essere elemento “passivo”, è diventato quindi, nonsenza sforzo, elemento “attivo”, anche nei confronti degli aspet-ti politici e a volte persino dirigenziali dello Sport. Per fare unesempio: attualmente sono quindici gli atleti di tutto il mondo afar parte, come me, del cosiddetto “Parlamento” dello Sportmondiale e questo è da considerarsi una specie di “rivoluzione”,un vero e proprio traguardo. In effetti tali incarichi non sono cheil frutto del nuovo ruolo ricoperto dall’atleta di oggi. Ruolo spes-so oneroso, ma sempre appagante perché regala un senso dicompletezza che un tempo, per forza di cose, non poteva esiste-re. Personalmente, sin dagli inizi della carriera ho impostato lamia attività sportiva credendo che essere atleta non significassesoltanto gareggiare, ma anche occuparsi dei diritti e, parimenti,dei doveri dello sportivo. La gara fine a se stessa è troppo sem-plice e riduttiva. Quando si parla di diritti dell'atleta, ci si riferisce,ad esempio, al diritto di partecipare all'organizzazione, anche dalpunto di vista dei controlli in materia di doping, di strutture, diquestioni tecniche, dell’ambiente, della parità, della culturainsomma. Per quel che mi riguarda, tra i vari compiti che svolgocome membro CIO eletto dagli atleti di tutto il mondo, in partico-lare seguo la commissione mondiale su radio e TV, commissioneche esamina le questioni inerenti i proventi radiotelevisivi dellegare, che costituiscono la parte più consistente delle entrate conle quali il CIO si finanzia. Con il mio impegno propongo e miauguro, di poter vedere crescere un nuovo tipo di formazione esoprattutto, una diversa coscienza del “nuovo” atleta. È vero chestiamo lavorando in tal senso ancora da poco tempo, ma i risul-tati non sono stati pochi e, ci si auspica che le cose continuinoad evolversi verso una direzione sempre più positiva. Questo è

l’ideale che ho portato con medurante le olimpiadi: contribuirea costruire, attraverso l'educa-zione dei giovani, un mondomigliore, un mondo fatto dipace, dove lo sport viene prati-cato senza discriminazioni dialcun tipo (sesso, religione, cul-tura, educazione). Lo spiritoolimpico richiede comprensionereciproca, va vissuto con sempli-cità e tenacia, spirito di amiciziae solidarietà, fair play e lealtà.Esiste infatti una regola nonscritta, stabilita da un codiced’onore presente in qualsiasi sport, che prevede l’onestà sia neiconfronti dell’avversario quanto di sé stessi. Si tratta di un insie-me di valori morali sani ed educativi, che possono aiutare, in par-ticolar modo chi si avvicina allo sport in tenera età, a rafforzare ilcarattere e a vivere nel rispetto del prossimo. Per questi motivi,l’uso e l’abuso di sostanze dopanti e il conseguente voler vince-re a tutti i costi trasgredendo la regola del “fair play” non è ovvia-mente previsto all’interno di un contesto sportivo di qualità.Contesto dove per qualità non ci si riferisce solo al risultato otte-nuto dall’atleta, ma al modo in cui esso è stato ottenuto. D’altraparte, vincere con disonestà, alla fin fine può rivelarsi meno gra-tificante che arrivare secondi, avendo dato invece il massimo dise stessi. Da sportiva e da Deputato nazionale, mi accade spes-so di ragionare su questi concetti e ancor più, di soffermarmi ariflettere sulla particolare bellezza di questa universalità presen-te nel pensiero olimpico. Penso alla profondità del suo simbolo,nel quale, i cinque cerchi stanno a rappresentare l’umanità chevive in un unico meraviglioso mondo, tutta insieme, senza distin-zioni. Tutti alla pari, tutti con lo stesso potenziale di vincere o per-dere. Volete che vi dica il mio sogno attuale? Spero che il simbo-lo olimpico diventi un giorno l’espressione di un futuro di egua-glianza, dove la filosofia di vita che incarna si applichi alla quoti-dianità di tutti, sportivi e non. Il principio olimpico è ormai unqualcosa di radicato, che sento fortemente dentro di me, in qual-siasi tipo di attività che svolgo, inclusa quella che prevede i mieinuovi progetti alpinistici, progetti di cui non posso che andare

fiera, ma che forse, non avrebbe-ro avuto lo stesso valore senzal’applicazione di questo principioche mi è stato insegnato dallosport.

Manuela Di CentaPluricampionessa olimpica;

recordmen mondiale; vincitrice dellacoppa del mondo di sci di fondo,

conduttrice Rai, vice presidentevicario del CONI, membro CIO,

parlamentare

Meglio secondi che imbroglioniI diritti e doveri dell’atleta

L’abuso di sostanze dopanti e il conseguente voler vincere a tutti i costi trasgredendo laregola del “fair play” non è previsto all’interno di un contesto sportivo di qualità. Contesto dove per qualità non ci si riferisce solo al risultato ottenuto, ma al modo in cui esso è stato ottenuto, della parità ed uguaglianza universali, e non da ultimo della cultura

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On. Manuela Di Centa Pietro Mennea

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appello, per prescrizione. A tale proposito va evidenziato che moltesentenze emesse dalla Suprema Corte di Cassazione, hanno indi-cato che il medico dello sport deve avere nei confronti dei suoi assi-stiti-atleti «maggiore diligenza» di un medico generico verso i suoipazienti. Gli atleti che fanno parte di queste organizzazioni si giusti-ficano sostenendo che “se lo fanno gli altri, lo devono fare tutti”, edè naturale che i medici-preparatori hanno interesse a sostenerequeste tesi, facendo si che il doping nello sport dilaghi sempre più.Dinnanzi ad una realtà così evidente è necessario l’intervento dellagiustizia ordinaria, senza la quale non si può interrompere ed inflig-gere dei duri colpi a queste organizzazioni criminali. Il largo uso disostanze dopanti, capaci (in grado) di migliorare la prestazionesportiva è fonte di preoccupazioni nell’intera società, per le graviconseguenze spesso irreversibili per la salute. Nei giovani sportivi,la tentazione di utilizzare queste sostanze deriva dal desiderio delsuccesso, perché la vittoria è considerata uno dei traguardi piùimportanti da raggiungere, poiché la nostra società premia il suc-cesso sportivo, con la fama (popolarità) e una posizione sociale edeconomica invidiabile. Varie sono le motivazioni, che inducono ilgiovane sportivo a fare ricorso al doping; e che, in particolare, pos-sono essere così riassunte:1) il successo nello sport, viene considerato più importante dellegravi conseguenze che il doping può procurare alla salute; compli-cazioni che possono compromettere la crescita e la maturazione(sviluppo) dell’organismo. Spesso, per molti giovani, (adolescenti)l’uso del doping, coincide con il passaggio alla pubertà, “periodo incui si definisce l’identità sessuale”, e che pertanto viene irrimedia-bilmente compromessa.2) l’emancipazione dalla famiglia, diventa un bisogno, si cerca diconquistarla a tutti i costi e spesso al di fuori di essa ci si identificacon coloro che vengono considerati “miti”;- gli adolescenti si preoccupano molto, forse troppo della loroimmagine, dell’apparenza e quindi avere un fisico ben proporzio-nato, muscoloso, gratifica il giovane, e gli dà maggiore sicurezza;Si assiste pertanto, ad una situazione in cui molti giovani pur nonfacendo parte del circuito delle competizioni ufficiali-agonistiche, facomunque uso di sostanze dopanti.Da un’indagine effettuata nel nostro Paese, risulta che i giovani dai14 ai 18 anni, nella misura del 6% (ragazzi) e del 2% (ragazze) hafatto uso, almeno una volta, di sostanze dopanti.Questa è una percentuale piuttosto alta se la si confronta con quel-la di altri Paesi (ad esempio gli USA), in cui la pratica sportiva èmolto più diffusa. Da questa indagine è emerso anche che il 30%dei giovani ha fatto uso di sostanze dopanti autonomamente, il17% è stato spinto dal consiglio di un amico, il 14% da quello del-l’allenatore, il 9% dal responsabile di una palestra, mentre il 18%dei giovani ha seguito il suggerimento ricevuto dal medico di fami-glia o sportivo. La lotta al doping, passa attraverso un’attività di pre-venzione di tipo educativo e formativo, per sconfiggere la “culturadel bisogno della vittoria ad ogni costo”, cioè quel comportamento

che non accetta la sconfit-ta. Raffaele Alessandrini,ha scritto sull’osservatoreRomano del 19 Dicembre2004: «È ormai evidente lanecessità che il fenomenodoping vada affrontato alivello educativo, essendo-si imposto sul piano cultu-rale, espressione di unavisione del mondo consu-mistica, asservita alle logi-che dell’apparenza, del-l’esteriorità e del successo.Un successo da raggiun-gere con qualsiasimezzo».Una campagna di preven-zione deve essere rivolta

soprattutto ai giovani e posta in essere dagli organismi competenti:in primis dal Ministero della Salute, dalla scuola, dall’Università,nonché dagli organismi sportivi istituzionali, il cui fine non develimitarsi alla propaganda e alla diffusione di una disciplina sportiva.I medici di famiglia, i professori e gli insegnanti di educazione fisi-ca, dovrebbero essere i riferimenti per una campagna preventivaper la lotta al doping, anche se da una recente indagine, condottadall’Istituto Italiano di Medicina Sociale, emerge che solo il 30% deimedici è in grado di offrire informazioni sul doping.Il medico, dovrebbe essere sempre contrario a proporre sostanzedopanti, anche se ciò può comportare la perdita di pazienti.Infatti, l’opera e la prestazione dei medici deve essere indirizzatasempre alla tutela della salute dell’individuo (assistito); e non vacondiviso neanche il comportamento di coloro che credono diridurre il danno, tollerando un comportamento sbagliato e limitan-dosi ad offrire siringhe sterili per iniettare le varie sostanze, per evi-tare, per lo meno il contagio da epatite virale o Hiv.. La campagnaeducativa e formativa contro il doping deve essere capillare, masono ancora assai pochi coloro che possono parlare con professio-nalità del problema doping e delle conseguenze dell’uso impropriodi sostanze e di metodi dopanti. Quanti si impegneranno in questamissione, dovranno essere preparati e comunque dovranno essereaffiancati da personale medico esperto che conosca gli effetti e idanni che possono derivare da un uso improprio. Gli insegnantidovranno seguire dei corsi, sulle conseguenze negative che posso-no derivare dall’uso delle sostanze dopanti. Dovranno, infine, esse-re chiamati a collaborare, anche esperti di diritto in materia che for-niscano le relative nozioni elementari. Il personale da utilizzarepotrebbe essere ricercato tra i laureati (i docenti) del corso di lau-rea in Scienze motorie o i laureati in materie affini; gli specialisti dimedicina dello sport, nonché il corpo docente di facoltà universita-rie che siano in grado di occuparsi di questo tipo di problematiche.In Italia, il compito di promuovere campagne informative a tuteladella salute e per la lotta al doping, spetta alla Commissione di vigi-lanza sul doping (CVD) e ai centri regionali antidoping, che sonostati istituiti recentemente, e che dovranno rivolgersi ai genitori, aidirigenti sportivi, ai tecnici, alle società, e alle associazioni sportive.In applicazione della legge n. 376/2000 che in materia di dopingaffida competenze scientifiche anche alle regioni, è sorto nelnovembre 2005 il primo Centro Regionale Anti-Doping in EmiliaRomagna, con sede a Modena, come servizio dell’azienda USL,presso il Centro di Medicina Sportiva. Detto centro, ha tra i suoiruoli primari quello «della prevenzione ed ha proposto la program-mazione di un elenco di esami biochimici, da suggerire agli atleti,caratterizzato da parametri indicativi dello stato di salute e del-l’eventuale utilizzo di sostanze dopanti, tra le più comuni, senzaricercare direttamente le stesse, bensì effettuando una valutazionesull’indicatore biologico indiretto di potenziale assunzione». Tra icompiti dei centri regionali antidoping, vi è quello di controllo sullecompetizioni sportive, attraverso laboratori autonomi, indispensabi-li (importanti) se si desidera fare una campagna di prevenzione edi tutela della salute. I requisiti organizzativi di cui devono esseredotate le strutture sono stabiliti dal Ministero della Salute. Il primoostacolo da superare sarà predisporre la formazione del personalespecializzato che dovrà operare in questi laboratori regionali, stabi-lire chi li accrediterà a livello internazionale; e conciliare l’attività diqueste strutture con quelle già esistenti e facenti capo al CONI,senza dimenticare e sottovalutare che il CONI, le Federazioni spor-tive ad esso affiliate, e il CIO in realtà non vogliono affidare la poli-tica, le strategie e l’antidoping a nessun ente estraneo alla propriaorganizzazione, perché desiderano sovraintendere a tutto ciò chedirettamente o indirettamente li possa riguardare in modo da porrei problemi e le soluzioni come meglio credono, anzi il più delle volteil problema in questa spinosa materia, neanche viene sollevato.

Pietro MenneaCampione olimpionico e recordman mondiale dei 200 m,

avvocato, docente universitario di diritto dello sport,già parlamentare europeo

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egli ultimi anni l’uso di sostanze dopanti, sia in ambito ago-nistico sia non agonistico, ha avuto un forte incremento,non solo tra chi pratica sport ad alto livello, ma anche trachi pratica lo sport a livello amatoriale. È soprattutto l’atleta

in formazione che può essere indotto all’uso di sostanze con effet-to doping, sia per imitazione di atleti famosi, sia perché sottopostoa crescenti pressioni da parte di genitori, allenatori e, non da ulti-mo, coetanei, per il miglioramento a tutti i costi delle prestazioniatletiche. Ci si avvicina all’uso di farmaci ed integratori dieteticiancor prima di apprendere le tecniche basilari dell’allenamento.Occorre considerare che gli integratori alimentari hanno lo scopo diintegrare la razione alimentare nel caso non sia possibile con i solialimenti soddisfare i bisogni nutrizionali; pur non configurandosicome doping, qualora l’assunzione di integratori provochi unaumento delle quantità disponibili per l’organismo di gran lungasuperiore al fabbisogno (per alcune sostanze si arriva fino a 1.000volte il fabbisogno) siamo di fronte a veri e propri interventi farma-cologici. L’uso di tali sostanze ha raggiunto livelli preoccupantianche tra i giovanissimi. In una ricerca compiuta a fine duemila fra12.000 scolari delle scuole medie romane (11-13 anni), emergechiaramente come l’uso di prodotti come la creatina e gli aminoa-cidi a catena ramificata ad “integrazione” dell’alimentazione, ma inrealtà assunti nella ricerca di ipotetici miglioramenti nelle prestazio-ni sportive, costituisca un’abitudine diffusa oltre ogni aspettativa(7,1% degli intervistati) ed estremamente pericolosa prima di tuttoper le implicazioni sanitarie. A questi dati nazionali fanno riscontroi risultati di una revisione di studi in materia di doping da cui èemerso che negli adolescenti praticanti attività sportiva agonisticala prevalenza di uso di sostanze dopanti va dal 3% al 5%, mentretra gli adulti che praticano sport amatoriali va dal 5% al 15%.Secondo l’ISTAT gli italiani che praticano regolarmente un attivitàsportiva sono circa 18 milioni, tra questi gli assuntori, saltuari eassidui, di sostanze dopanti possono essere stimati in quasi duemilioni. Considerando i gravi effetti sulla salute che deriva dall’usodi tali sostanze possiamo parlare di un vera emergenza sanitaria.Un argine a questo fenomeno potrebbe venire dalla formazione diuna cultura antidoping, già dall’età scolare, che aiuti i giovani adifendersi quando, sempre più di frequente, questi venissero acontatto con sostanze dopanti o con chi le promuove. I veicoli delle informazioni sul doping possono essere la scuola, leassociazioni sportive, i media. Molti sforzi sono fatti nel nostropaese per diffondere un cultura anti-doping. Nel volume pubblica-to di recente dall’Istituto Italiano di Medicina Sociale (IIMS) sonorecensite oltre 30 iniziative promosse da scuole, università, entilocali e associazioni sportive volte ad indagare e far conoscere l’uni-verso delle sostanze dopanti. Un ruolo di rilievo potrebbe esseresvolto dai medici di base (MDB), che tra l’altro certificano l’idonei-tà alla pratica degli sport non agonistici. L’uso di sostanze dopantitra atleti agonisti e non ha raggiunto livelli tali da doversi considera-re un fenomeno epidemico, che non può essere ignorato da chi hala responsabilità di tutelare la salute pubblica. È compito dei medi-ci di base e dei pediatri occuparsi della salute di coloro che prati-cano attività sportiva non agonistica, accertandone l’idoneità gene-rica in relazione all’attività che dichiarano di voler intraprendere. Ilmedico per poter valutare l’integrità psicofisica dell’atleta deve,

quindi, possedere una adeguata preparazione scientifica, aggiorna-ta e specifica. Egli deve, inoltre, conoscere la natura e gli effetti deifarmaci dopanti, le loro indicazioni e controindicazioni, le interazio-ni e le possibili reazioni individuali. Un primo passo per il coinvol-gimento diretto dei MDB è stato intrapreso dall’IIMS che con unostudio condotto su un campione di 1.000 medici in quattro provin-ce, Novara, Padova, Perugia e Napoli, ha investigato attraverso unquestionario strutturato le conoscenze sul doping, la consapevolez-za della sua diffusione e la disponibilità a partecipare a campagnedi prevenzione. Lo studio ha evidenziato come tra i MDB esistaun’evidente percezione dell’entità del fenomeno doping, ma allostesso tempo come molti di questi si sentono impreparati sul tema.Le conoscenze dei MDB sugli integratori alimentari sono senz’altromigliori di quelle manifestate sul doping. Gli intervistati sono benconsci che solo una minima parte degli assuntori utilizza talisostanze per reintegrare stati di carenza, mentre la gran partespera in un miglioramento delle prestazioni, della propria composi-zione corporea e del proprio aspetto fisico. Ciononostante, la mag-gioranza dei MDB intervistati dichiarano di prescrivere integratoriagli adulti che praticano sport più di ogni altro farmaco. Si puòdedurre che il MDB, pur non suggerendo l’uso degli integratori,diventi di fatto un prescrittore acritico di tali prodotti. L’uso di integratori alimentari andrebbe prescritto solo da persona-le medico in situazione metaboliche che ne giustifichino l’uso, pre-scrivendone la somministrazione al solo scopo di migliorare la pre-stazione dello sportivo. Tale indicazione è tanto più vera se si con-sidera che, se trova giustificazione la necessità di somministrareintegratori ad atleti sottoposti ad elevati carichi di lavoro, anche ascopo preventivo, nell’interesse esclusivo della loro salute, tale giu-stificazione è totalmente assente nella pratica sportiva giovanile,ove bisogna porre molta più attenzione anche ai danni indotti dasovraccarichi eccessivi in soggetti in età evolutiva. L’assunzionenon giustificata di integratori è quindi inutile e può essere danno-sa., Pur non configurandosi come doping, l’assunzione di integra-tori è una pratica che ha forti affinità con la cultura del doping, cioècon l’idea di intervenire farmacologicamente sul proprio corpo alloscopo di aumentarne le prestazioni. I risvolti sanitari dell’attivitàsportiva, in termini di prevenzione primaria, ma anche come fatto-re di rischio per eventi traumatici e acuti, sono del tutto evidenti. Imedici di base garantiscono un assistenza capillare e hanno anchela responsabilità di indicare agli assistiti gli sport più consoni alleloro condizioni e informarli correttamente sull’uso di sostanzedopanti ed integratori. È quindi sempre più evidente la necessità didare ai medici di base nozioni di medicina dello sport, purtroppoancora non previste dal curriculum di studi universitari, e di coin-volgerli attivamente nella lotta al doping. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità considera il dopingun vero e proprio problema di salute pubblica. Ne consegue che ènecessario trattarlo con i dovuti mezzi analizzandone i determinan-ti, i fattori di rischio, gli aspetti clinici, le complicazioni immediate ea lungo termine, preoccupandosi della presa in carico di chi neabusa dal punto di vista terapeutico e sociale.

Aldo RosanoRicercatore dell’Istituto Italiano di Medicina Sociale

Farmaci o integratori?Il doping nello sport amatoriale

Talvolta si ricorre all’integrazione della razione alimentare nel caso non sia possibile,con i soli alimenti, soddisfare i bisogni nutrizionali. Pur non configurandosi come doping, se l’assunzione di integratori provoca un aumento delle quantità disponibili per l’organismodi gran lunga superiore al fabbisogno, siamo di fronte a veri e propri interventi farmacologici

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ran parte delle numerose trattazionisul doping prende avvio facendoriferimento ai tempi in cui gli atleti,per migliorare le proprie prestazioni

fisiche, ricorrevano all’uso di estrattivegetali dalle decantate proprietà stimo-lanti, ovvero seguivano regimi dieteticicon improbabili proprietà energizzanti, abase di grandi quantità di fichi secchi,carne cruda e vino rosso (Galeno, ca.130-200 d.C.). L’affermazione “l’atletaper divenire forte non può vivere a lungo”attribuita a Ippocrate (ca. 460 - 370 a.C)ci appare significativa, e in qualche modoprofetica, di quanto sarebbe accadutonei secoli successivi.Nel senso moderno del termine il dopingdeve essere fatto risalire alla fine del XIXsecolo, epoca in cui venne messo adisposizione degli atleti un armamentariofarmacologico straordinariamente poten-te e selettivo. In tal senso, è possibiletracciare un parallelismo tra l’evoluzionedel doping nell’età moderna e nel corsodel XX secolo e l’evoluzione e la diffusio-ne delle sostanze d’abuso: la capacitàinfatti di estrarre in forma purificata e/o disintetizzare sostanze farmacologicamen-te attive ha fornito insperati e insospetta-bili strumenti capaci di alterare profonda-mente le prestazioni atletiche (doping)ma anche il comportamento (tossicodi-pendenza) di un individuo. Il ricorso al

doping viene generalmente spiegatotenendo conto di numerosi e complessifattori che richiederebbero da soli un’ac-curata analisi che esula, tuttavia, dal pre-sente discorso. In questa sede vogliamoalmeno richiamare quelli che riteniamopiù significativi: la profonda crisi dell’eticasportiva; l’elevata professionalizzazionedegli atleti e l’enorme interesse economi-co suscitato dallo sport; la fortissimapressione dei media e del pubblico; il dif-fuso convincimento che il doping migliorile prestazioni e che anche gli avversari vifacciano ricorso (si veda in proposito latabella 1 che riporta i risultati di uno stu-dio condotto in Italia tra giovani di etàcompresa tra i 12 e i 19 anni). Questoinsieme di fattori deve sfortunatamenteessere trasferito, con i dovuti correttivi,dal cosiddetto sport di èlite agli sport pra-ticati a livello amatoriale, non agonistico enei settori giovanili, dove l’emulazione deicampioni e la pressione di allenatori, diri-genti e talvolta familiari espongono i gio-vani atleti al rischio di ricorrere a sostan-ze vietate.In questo contesto si inserisce un altrofenomeno noto come doping cosmetico.Questo interessa fasce sempre più estesedi giovani e conferma ancora di più comenella nostra società farmacocentrica(dove si tende a risolvere i problemi dinatura non solo medica con un massiccio

ricorso ai farmaci), l’uso di sostanze vie-tate si accompagna tanto nella praticasportiva quanto nel body shaping (model-lamento del corpo) alla sottovalutazione epiù spesso alla totale ignoranza di nume-rose reazioni avverse.In accordo con la American Academy ofPediatrics (AAP) che ufficialmentedenuncia la circostanza per la quale “unsignificativo numero di adolescenti noncoinvolti a livello agonistico utilizzasostanze destinate al miglioramento delleperformances”, una recente indaginepubblicata dall’organo ufficiale della AAP(Calfee and Fadale, Pediatrics, 2006) harilevato come un numero sempre cre-scente di adolescenti americani ricorraall’uso di steroidi anabolizzanti (testoste-rone) e dei loro precursori (androstene-dione e diidroepiandrosterone), dell’or-mone somatotropo (ormone della cresci-ta - hGH) e di alcaloidi dell’EphedraSinica (efedrina e composti analoghi).Questo preoccupante quadro della situa-zione è confermato dal “Monitoring thefuture: National Results on AdolescentDrug Use?” rapporto annuale delNational Institute on Drug Abuse (NIDA)sull’Uso di sostanze da parte dei giovaniamericani, che sottolinea nel 2006 per-centuali d’uso in crescita, a fronte diun’aumentata facilità nella reperibilitàdelle sostanze e di una ridotta percezionedel rischio conseguente al loro utilizzo. Insintesi ciò che risulta evidente è che l’as-sunzione di steroidi e di ormone dellacrescita in particolare, riguarda non sol-tanto i giovani impegnati nella praticasportiva a livello agonistico ma più diffu-samente giovani con problemi comporta-mentali quali “limited coping strategiesand social skills” (giovani con compro-messe capacità reattive e di socializzazio-ne), che li espongono a maggiore rischiodi utilizzo di sostanze con finalità didoping cosmetico.La situazione sul versante europeo nonappare meno preoccupante. Uno studiofrancese (Morente et al., AddictiveBehaviors, 2005) condotto in seiUniversità di Scienza dello Sport, sommi-nistrando un questionario agli studentidel secondo e terzo anno sull’uso della

cannabis nella pratica sportiva e non, harivelato un’alta correlazione tra l’uso dicannabis fuori dallo sport (for relaxingand forgetting problems – per rilassarsi eper allontanarsi dai problemi) e il suo usonella pratica sportiva (performanceenhancer – miglioratori delle performan-ces) con una reciproca influenza dell’uso(di cannabis) nello sport sull’uso fuoridallo sport e viceversa. La situazionetedesca è descritta dettagliatamente daun recente studio (Wanjek et al., Int. J.Sports Med., 2007) che denuncia un usodi sostanze proibite da parte del 15% dei2319 adolescenti intervistati, con unadistribuzione percentuale d’uso pari allo0.7% per gli steroidi anabolizzanti, allo0.4% per l’ormone della crescita, allo0.3% per l’eritropoietina e al 13.2% perla cannabis. Come detto, le ragioni percui un individuo assume farmaci senzaprescrizione medica e con presunte fina-lità di doping (sportivo, amatoriale,cosmetico etc.) possono variare molto dapersona a persona, ma hanno in comunel’ignoranza o quanto meno lagrave sottovalutazione delleconseguenze – gli effettiavversi a breve e a lungo ter-mine – che invariabilmente siaccompagnano all’assunzio-ne non terapeutica dei farma-ci. L’eritropoietina (la famosaEPO più volte assurta aglionori della cronaca recenteper le vicende legate a famo-si ciclisti) è un farmaco chetrova indicazioni terapeutichenel trattamento di forme molto gravi dianemia e in alcune pratiche chirurgicheortopediche e cardiache, per la sua pro-prietà di stimolare la produzione di globu-li rossi da parte del midollo osseo e per-tanto di arricchire il sangue di emoglobi-na e ossigeno. La sua somministrazionesotto il controllo medico prevede unmonitoraggio sistematico di tutti i para-metri ematologici e l’eventuale correzionedel regime terapeutico. Gli sportivi che si

dopano con l’eritropoieti-na lo fanno per aumenta-re la loro “cilindrata aero-bica”, per aumentarecioè la quantità di ossige-no veicolata dal sanguedurante prove di durata eresistenza come, peresempio, nello sci difondo o nel ciclismo. Lereazioni avverse che siaccompagnano all’usodell’eritropoietina sonotutte conseguenze dell’ef-fetto di concentrazione o,come si dice, “ispessi-mento” del sangue evanno dall’ipertensionearteriosa (con un’inciden-za variabile dall’1 al 30%) alla tossicitàcardiovascolare caratterizzata da acci-denti ischemici, infarto miocardico, infar-to cerebrale e trombosi venosa profonda.Non meno preoccupante appare la situa-zione sull’insidioso versante degli steroidi

anabolizzanti. Impiegati permodellare e accelerare surretti-ziamente la crescita dellemasse muscolari (attraversoun’incrementata sintesi protei-ca a livello della muscolaturascheletrica), gli steroidi anabo-lizzanti o i loro precursori sonoanche assunti dagli sportivi perla loro proprietà di fare aumen-tare la forza e la resistenzamuscolare, la resistenza adallenamenti e impegni agonisti-

ci sempre più frequenti e la performanceaerobica. Il tutto a dosaggi da 5 a 10 voltesuperiori a quelli che si utilizzerebbero interapia per trattare disturbi ormonali qualiipogonadismo, endometriosi o tumoredella mammella. Quanto agli effetti avver-si degli steroidi anabolizzanti basterebbecitare la cronaca nostrana della morte diun giovane body builder per miocardio-patia dilatativa ed elencare le gravi con-seguenze a livello cardiovascolare (ictus,

infarto, ispessi-mento della pare-te ventricolaresinistra), epatico(tumori, iperpla-sia nodulare foca-le, colestasi) e acarico del siste-ma nervoso cen-trale (euforia,mania, aggressi-vità, depressione,dipendenza psi-chica). Inoltre,mentre la crona-ca quotidianasegnala le vicen-de di questo o

quel campione (punta dell’iceberg), trop-po spesso tralascia di mettere in eviden-za le dimensioni sommerse del fenome-no, delle quali possiamo avere una misu-ra indiretta dall’entità dei furti di farmacidopanti nonché dei sequestri operatidalle forze dell’ordine, che sono arrivate aconfiscare in una sola circostanza unquantitativo dell’ordine di milioni di con-fezioni di eritropoietina per un valore disvariati milioni di euro, stimato sufficientea dopare 50.000 atleti per un’intera sta-gione agonistica. La carenza di informa-zione è testimoniata anche da due inda-gini indipendenti promosse dallaCommissione di Vigilanza sul Doping(CVD), istituita dal Ministero della Salute,dalle quali risulta che i giovani italianipossiedono conoscenze fortemente ina-deguate sulle sostanze dopanti menonote (si veda la tabella 2). A questi aspet-ti si aggiunge quello della continua rin-corsa sul filo dell’interpretazione dellanormativa tra le pratiche mediche lecite egli sviluppi analitici per l’individuazionedell’uso di sostanze dopanti da una parte,e l’uso per finalità illecite e lo sviluppo dimetodi per eludere i controlli dall’altra. Ildoping, in altre parole, sempre più prepo-tentemente pone il problema di comeseparare lo sviluppo della ricerca farma-cologica di sostanze progettate e realizza-te per fini terapeutici dalla loro applica-zione illecita. Questo dilemma è ancoraoggi ben lungi dal trovare una soluzione.Lo studio e la formazione culturale degliallenatori e degli educatori, prima ancorache degli atleti e dei ragazzi, sollecita pre-potentemente un’opera di divulgazione diuna cultura scientifica ancora oggi colpe-volmente assente dalle nostre scuole edalle nostre famiglie.

Elio AcquasProfessore associato dipartimento di

tossicologia e centro di eccellenza per lo studiodella neurobiologia della tossicodipendenza,

università degli Studi di Cagliari

Da Galeno ai giorni nostri

Nel senso moderno del termine, il doping va fattorisalire alla fine del XIX secolo, epoca in cui vennemesso a disposizione degli atleti un armamentariofarmacologico straordinariamente potente e selettivo.In tal senso, è possibile tracciare un parallelismotra l’evoluzione del doping nell’età modernae nel corso del XX secolo e l’evoluzionee la diffusione delle sostanze d’abuso

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Alla farmacia del diavolo

senza ricettamedica

PRINCIPALI E PIÙ DIFFUSE SOSTANZE DOPANTIE LORO EFFETTI COLLATERALI (1)

Ormoni e sostanze correlateUtilizzati per aumentare la disponibilità di ossigeno nei tessuti;impiegati soprattutto in quegli sport che richiedono sforzi prolungati,(es.: ciclismo).Eritropoietina e Darbepoetina - Effetti generali:- Aumento della viscosità del sangue, e di conseguenza del rischio dieventi trombotici, compresi l'ictus e l'infarto miocardico;- gli atleti ai quali vengono anche somministrate dosi elevate di ferropossono andare incontro a danni organici irreversibili, tra i quali lacirrosi epatica;- induzione di una sindrome simil-influenzale caratterizzata da stan-chezza, dolori articolari, cefalea e debolezza.Commenti- In seguito a stimolazione della produzione di globuli rossi da partedel midollo osseo vi può essere un aumento della viscosità del san-gue. Il rischio di eventi trombotici è massimo quando l'ematocritosupera il 50% e in caso di disidratazione. www.xagena.it

La carenza di informazione è

testimoniata da dueindagini indipendentidalle quali risulta che

i giovani italiani possiedono conoscenzefortemente inadeguatesulle sostanze dopanti

meno note

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enché il fenomeno del doping abbia origini molto lonta-ne, di fatto riconducibili alle prime “gare sportive” orga-nizzate a memoria d’uomo, è indubbio che esso siadiventato un problema sociale soltanto negli ultimi

decenni. A ciò hanno contribuito la trasformazione dello sportda gioco di pochi a spettacolo di massa, gli enormi interessieconomici coinvolti, una mentalità farmaco-centrica in cui pre-vale l’idea che “ci sarà pure un farmaco per risolvere il proble-ma”, la spinta delle ditte produttrici di farmaci e integratori, latrasformazione dei valori della società con l’esaltazione della“cultura dell’immagine” e l’accettazione del principio per cuiper emergere e guadagnare si è disposti a qualsiasi compro-messo o “imbroglio”. L'edonismo sportivo della fine degli anni'80 e dei primi anni '90 ha portato ad enfatizzare gli aspettiestetici del corpo favorendo l'affermazione di canoni fisici dimuscolarità. Ulteriormente favorito dalla dismorfofobia musco-lare giovanile, l'uso delle sostanze dopanti si è diffusa dal“ristretto” mondo degli atleti professionisti di vertice agli atletiamatoriali, ai giovani e fin anche ai bambini. Alla diffusione del doping ha anche contribuito il colpevoleritardo delle autorità sportive mondiali nell’affrontare e contra-stare il doping. Come non ricordare, a puro titolo esemplifica-tivo, che gli steroidi anabolizzanti sono stati inclusi dal

Comitato Olimpico Internazione (CIO) tra le sostanze vietatesolo nel 1974, dopo almeno venti anni di loro utilizzo in moltediscipline sportive. Oggi, nonostante il problema del doping siaampiamente trattato dai mass-media, nonostante l’istituzionedella World Anti Doping Agency (WADA), il miglioramento el’ampliamento dei controlli anti-doping e l’istituzione di penepiù severe per i casi di positività, non di meno si osserva cheun certo numero di atleti continua ad utilizzare farmaci inmodo improprio per ottenere un beneficio sportivo illecito. Come farmacologi non possiamo esimerci dal far presente chetutte le sostanze dopanti (specialmente quando utilizzate nelledosi in cui manifestano effetti dopanti) causano gravi dannialla salute. Per gli steroidi anabolizzanti: cardiomiopatia, infar-to del miocardio, carcinoma della prostata, impotenza, atrofiadell’utero, chiusura prematura dell’epifisi nei bambini, aggres-sività, paranoia. Per le amfetamine: aggressività, anoressia,ipertermia, collasso circolatorio, convulsioni, emorragia cere-brale, infarto del miocardio, dipendenza fisica, allucinazioni.Per l’eritropoietina: convulsioni, embolia polmonare, infarto delmiocardio, ictus, anemia post-trattamento. Per l’ormone dellacrescita: carcinoma del colon, acromegalia, cardiomegalia,diabete. Abbiamo qui citato i possibili effetti pericolosi (talvoltamortali) delle sostanze dopanti più diffuse. Ma la lista dellesostanze e dei rischi ad esse connessi è ben più ampia e tal-volta anche al di fuori dell’immaginazione; è questo il caso deldoping genetico, di cui non sappiamo se e quanto sia già pra-tica corrente. È importante considerare che spesso questi gravi effetti nega-tivi sulla salute si manifestano a distanza di anni dall’assunzio-ne della sostanza e che quindi l’atleta non ha percezione delmale che si sta facendo. Ciò non dovrebbe costituire “scusan-te” in quanto la pratica del doping porta con se un veleno benpiù rilevante e sicuramente noto a tutti: l’emulazione. I vantag-gi mediatici (oltre che economici) che derivano dalle impresesportive rendono di fatto il “campione” personaggio pubblico e“simbolo da emulare”. Il campione sa che il suo comporta-mento (sia nella gara che nella vita) è preso a modello daglisportivi amatoriali/dilettanti, specialmente da quelli con minoricapacità critiche: i giovani. Quale è la diffusione del doping tra gli adolescenti? Qualisostanze vengono utilizzate? Quali le motivazioni che spingonoall’uso? Non è semplice rispondere a queste domande in quanto glistudi disponibili non sono molti. Inoltre le metodiche d’indagi-ne, basate su interviste e/o questionari, presentano gli ovvilimiti legati all’omertà/vergogna associate all’utilizzo di praticheillecite. L’unico sistema inoppugnabile sarebbe quello di deter-minare l’effettiva assunzione di una sostanza dopante attraver-so l’esecuzione a tappeto di test antidoping. Tale pratica è difatto irrealizzabile, non fosse altro che per motivi economici. Diconseguenza, quasi tutti gli studi si basano su interviste strut-turate, in cui si chiede (più o meno direttamente) se si è fattoricorso a sostanze dopanti (auto-denuncia) o se si conoscequalcuno che fa uso di sostanze dopanti (uso proiettato). Varicordato che l’approccio della “auto-denuncia” comportastime delle percentuali di utilizzatori di sostanze dopanti che

sono generalmente più basse rispetto a quelle che si ottengo-no con “l’uso proiettato”. Al di là dei limiti intrinseci di questi tipi di indagine, i dati dispo-nibili nella letteratura internazionale sono comunque significa-tivi ed evidenziano come il ricorso al doping tra gli adolescen-ti sia un problema rilevante. Una meta-analisi su 31 studi epi-demiologici ha evidenziato una prevalenza del 3-5% di ricorsoagli anabolizzanti nei bambini a partire dall’età di 8 anni. Lostudio ha anche dimostrato un maggior ricorso alle sostanzedopanti in chi pratica sport a livello amatoriale rispetto agli atle-ti professionisti [Laure P. Presse Med 2000; 29:1365-72].Negli USA almeno 375.000 ragazzi e 175.000 ragazze hannoutilizzato almeno una volta anabolizzanti [Elliot D, GoldbergerL. Am J Sport Med 1996; 20:1552-63]. Dati altrettanto allar-manti si riscontrano in Canada, dove il Center for Drugs FreeSport ha stimato che nel 1993 circa 83.000 ragazzi tra gli 11e i 18 anni hanno utilizzato anabolizzanti [Dawson RT. JEndocrinol 2001; 170:55-61]. In Svezia è stata riscontrata unaprevalenza d’uso di anabolizzanti del 3,6% nei maschi di 16anni e del 2,8% nei maschi di 17 anni. Dato ulteriormenteallarmante di questo studio è il fatto che i ragazzi utilizzatori dianabolizzanti ricorrevano all’alcool e agli oppiacei più frequen-temente della media dei coetanei [Nilsson S et al. Eur J PublicHealth 2001; 11:195-7]. In Francia un’analisi su un campionedi 1.459 studenti praticanti sport ha portato alla conclusioneche la percentuale di adolescenti che facevano uso di sostan-ze dopanti era pari al 4% [Laure P et al. Int J Sports Med2004; 25:133-8]; un analogo studio condotto su 16.119 stu-denti canadesi stima in 2,8% la percentuale di utilizzatori dianabolizzanti [Melia P et al. Clin J Sport Med 1996; 6:9-14].Analoghe indagini su studenti USA praticanti calcio evidenzia-no una percentuale di utilizzatori di anabolizzanti pari al 6,3%[Stilger VG, Yesalis CE. J Community Health 1999; 24:131-45].Anche in Italia sono state condotte simili indagini epidemiolo-giche tra gli adolescenti e i risultati sono assolutamente con-frontabili con quelli sopra riportati. Una ricerca della ASL 6 diLivorno del 2005 [Becherini D e coll., Unità Funzionale diMedicina dello Sport], basata su 1.248 questionari compilatida studenti della seconda classe delle medie superiori, eviden-zia che circa il 2% dei giovani per migliorare la propria presta-zione fisica ricorre a farmaci o integratori (non necessariamen-te considerati dopanti dalla WADA); la percentuale sale a circail 12% come uso proiettato. In una indagine simile da noi con-dotta nelle Scuole Medie di Verona, il ricorso al doping (comeuso proiettato) tra gli adolescenti è risultato superiore al 25%. In conclusione, nonostante le limitazioni metodologiche e ilnumero relativamente limitato di studi condotti, si può afferma-re che il fenomeno è sicuramente diffuso con percentuali d’uti-lizzo in età giovanile stimabile in Italia intorno ad almeno il 2-5%. Con una popolazione di età inferiore ai 15 anni pari acirca 10 milioni, gli adolescenti italiani coinvolti sono quindi200-500 mila! Percentuali ancora più elevate si hanno in spe-cifici contesti (es. palestre, ciclismo, sport individuali). Come

Facoltà di Scienze Motorie dell’Università di Verona da alcunianni ci stiamo occupando del problema della diffusione deldoping tra gli adolescenti e delle strategie da mettere in attoper contrastarlo. Nel 2004 abbiamo svolto un’indagine cono-scitiva tra gli studenti delle classi III e IV delle Scuole MedieSuperiori della Provincia di Verona con l’obiettivo di valutare ilgrado di conoscenza, le opinioni e i comportamenti degli ado-lescenti nei confronti del doping e dei farmaci in generale[Leone R, Fumagalli G. In: Sport Formazione Umana Società.Padova: CLEUP, pp. 235-250, 2004]. L’analisi è stata fatta suun campione utile di 969 giovani che è rappresentativo dell’in-tera popolazione studentesca della provincia di Verona com-presa nella fascia III e IV Media Superiore (livello di confiden-za del 95% e margine di errore del 3%; età media del campio-ne: 16,8 anni). I due dati più interessanti dell’indagine sono:1) la scarsa conoscenza dei giovani sulle sostanze dopanti (esui farmaci in genere) e sui loro effetti (ad esempio solo il 28%degli intervistati sa come funziona l’eritropoietina); 2) l’elevatapercentuale di giovani con un atteggiamento ambiguo (16,1%)o decisamente favorevole (13,5%) nei confronti del doping. Èinteressante notare che gli atteggiamenti non contrari aldoping sono più frequenti, in modo statisticamente significati-vo, tra i maschi che praticano sport (complessivamente quasiil 38%).Sulla base di questa e di altre indagini da noi condotte in diver-si ambiti (es. palestre) e sport (es. nuoto, ciclismo, arti marzia-li) e che hanno costituito oggetto di tesi di laureandi in ScienzeMotorie, abbiamo attivato un programma di lotta al doping chesi basa innanzitutto sulla realizzazione di interventiformativi/informativi nella scuola e nel mondo sportivo rivoltesia a studenti ed atleti che ai loro docenti e allenatori. In que-sta strategia di formazione/informazione rientra la realizzazio-ne di un corso on-line [https://fad.motorie.univr.it/dopingno-grazie], realizzato in collaborazione con l’Istituto Superioredella Sanità e il finanziamento della “Commissione per la vigi-lanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelleattività sportive”. Rivolto prioritariamente agli insegnanti e aglioperatori sportivi (allenatori, dirigenti, preparatori, ecc.), ilcorso consente di raggiungere un livello di informazione/for-mazione sull’argomento utile “agli adulti” per promuovere ecoordinare attività di lotta al doping direttamente “condotta daigiovani” (vedi figura sotto, prodotta dagli studenti di un liceoartistico veronese a seguito di un intervento della Facoltà incollaborazione con i loro docenti di educazione fisica).Crediamo infatti che solo attraverso un continuo interventoeducativo a tutti i livelli (scuola, famiglia, mondo dello sport) ela partecipazione attiva dei giovani si possa operare quel cam-biamento culturale che potrà portare a riscoprire gli aspettipositivi delle attività motorie e sportive e, di conseguenza, adabbandonare le facili scorciatoie del doping.Indipendentemente dal metodo educativo che si vorrà utilizza-re, rimane importante adottare nella lotta al doping un approc-cio scientifico che consenta di definire efficacia, fattibilità esostenibilità (anche economica) dei vari interventi. Solo l’ap-proccio scientifico è in grado di togliere il problema del dopingdalla sfera dell’emotività mediatica per ricondurlo alla sua realeessenza: una questione culturale di rapporto tra corpo e mentee, soprattutto, una questione di dialogo e apertura nei confron-ti dei giovani.

Guido FumagalliProfessore ordinario di farmacologia,

preside della facoltà di scienze motorie, università di Verona

Roberto LeoneProfessore associato di farmacologia

Adesso è muscolomania I risvolti della cultura dell’immagine

Ulteriormente favorito dalla dismorfofobia muscolare giovanile, l'uso delle sostanze dopantisi è diffusa dal “ristretto” mondo degli atleti professionisti di vertice agli atleti amatoriali,ai giovani e finanche ai bambini. Alla diffusione del doping ha anche contribuito il colpevole ritardo delle autorità sportive mondiali nel contrastarlo

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PRINCIPALI E PIÙ DIFFUSE SOSTANZE DOPANTI ELORO EFFETTI COLLATERALI (2)

Sostanze anabolizzantiUtilizzate per aumentare la massa, la forza e la potenza muscolare.Testosterone e i derivati esogeni con struttura chimica simile al testostero-ne,quali il M1T (Metil-1-Testosterone), Nandrolone, Danazolo.Effetti generali:- difetti nel tessuto connettivo che predispongono a rotture dei tendini sottosforzo;- aumento del rischio di ictus e di infarto dovuto ad un possibile incrementodei livelli pressori ed ematici di colesterolo LDL, e ad una diminuzione deilivelli di colesterolo HDL;- psicosi, stati maniaco-depressivi, aumento dell'aggressività, nausea, vomito;- aumento del rischio di tumori al fegato e alla prostata;- sindrome da astinenza dopo uso cronico.Effetti sull'uomo:- riduzione della produzione di spermatozoi e, di conseguenza, della fertilità(quando assunti ad alte dosi tutti gli androgeni possono bloccare la secrezio-ne di gonadotropine e la funzione endogena testicolare);- ipertrofia della prostata e diminuzione del flusso urinario;- atrofia dei testicoli (in seguito all'uso prolungato).Effetti sulla donna:- acne severa, cisti sebacee, foruncolosi e dermatiti, irregolarità mestruali inassociazione con la comparsa di tratti tipicamente maschili come crescitaeccessiva di peli o calvizie e abbassamento del timbro della voce.Effetti sul bambino:- arresto della crescita dovuto ad una prematura fusione delle epifisi delleossa lunghe. Tra i potenziali rischi per la salute legati all'assunzione di M1Tvi potrebbero essere disordini epatici e ispessimento/sclerosi della paretearteriosa. Per tale motivo Health Canada sta raccomandando di non usareprodotti che contengono tale ormone.- Per mascherare gli effetti degli anabolizzanti alcuni atleti ricorrono anchead altri farmaci, ad esempio Tamoxifene e Testolattone per contrastare laginecomastia; Tretinoina per l'acne; gonadotropine per l'atrofia testicolare,tutto ciò aggiungendo ai rischi degli anabolizzanti quelli degli altri farmaci.

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e motivazioni psicologiche che spingono uno sportivo a fareuso di sostanze farmacologiche per migliorare la performan-ce atletica e/o aumentare la massa muscolare sono moltepli-ci e vanno dal desiderio di controllare il dolore e l'attivazione

psicofisica, alla possibilità di aumentare la concentrazione e l´auto-stima. L'atleta che ricorre al doping ha solitamente una personalitàche mal tollera lo stress della competizione e nella quale è frequen-te il pensiero dicotomico: "o vinco o perdo". Arrivare secondo o noninfrangere un record, viene vissuto come un fallimento inaccettabi-le. Tale caratteristica, unita, specie negli atleti d´elitè, alla dipenden-za dal successo e dall’acclamazione del pubblico, sfocia in una sot-tomissione alla sostanza dopante difficile da gestire. Il protrarsi diuna situazione in cui lo sport viene vissuto solo ed esclusivamentedal punto di vista competitivo, a livello intrapsichico fa sì che l´atle-ta non sia più in grado di sopportare la sconfitta e che per questo,nel corso degli anni faccia di tutto per continuare a risultare sem-pre il "vincente"; non esiste perciò un piacere dato dall´attività chesi pratica, ma solo quello derivante dal risultato ottenuto: la vittoria.È fuor di dubbio, che l´uso di tali sostanze crei dipendenza sindall´inizio della loro assunzione e comporti anche importanti, talvol-ta irreversibili, cambiamenti psicologici. I cambiamenti psicologicivariano all´aumentare della dose assunta e sono sensibili all´intera-zione con altri farmaci di struttura simile o meno. Alcuni effetti pre-coci presenti sin dall´inizio (aumento della motivazione, resistenzamaggiore allo stress dato dagli allenamenti, uno stato di euforiaunito ad un aumento, talvolta ai limiti delle manie di onnipotenza,della fiducia nelle proprie capacità), sono in sintonia con l´obiettivodi performance atletica, e perciò aumentano la cosiddetta "fiducianella sostanza", rendendo quasi impossibile l´interruzionedell´assunzione. Con un utilizzo più intensivo di tali sostanze, indi-pendentemente se ci riferiamo ad eccitanti quali efedrina, caffeinaed amfetamine o ad anabolizzanti steroidei androgeni o meno,compaiono effetti indesiderati quali irritabilità, insonnia, agitazioneed aumento della libido. Ad alte e prolungate dosi, gli effetti psico-logici difficilmente sono reversibili e minano anche i rapporti sia consé stessi che con gli altri. La perdita di giudizio obiettivo, la difficol-tà di concentrazione, l’instabilità emotiva, mista ad una spesso

incontrollabile aggressività, possono causare l´isolamento dell´atletacon periodi di depressione anche grave. Non è rara in questa fasela comparsa o un aumento dei conflitti relazionali e matrimoniali(Pope & Katz, 1998; Yates, 2000), come non lo è un comportamen-to tipicamente antisociale. Dati recenti indicano che tale fenomenoinveste un numero sempre maggiore di giovani sportivi, infatti, gliadolescenti di sesso maschile che fanno uso di queste sostanze(Yesalis & Bahrke), vanno dal 3% al 12%, mentre le ragazze sonol´1%/2%: numeri sicuramente in difetto vista l´alta propensione amantenere segreto l´uso di tali farmaci proibiti sia in ambiente pro-fessionistico, che in quello amatoriale. Il "caso doping" ha ormaiinquinato gran parte degli ambienti sportivi raggiungendo giovani emeno giovani e ad esso, pare non esservi rimedio, almeno non abreve termine. E´chiaro che davanti al dilagare di un fenomeno cosìgrave, sorge spontaneo chiedersi: cui prodest? A chi giova? A cheserve avere una massa di atleti che elevano artificialmente le pro-prie prestazioni e che gareggiano tutti sotto l´effetto di tali sostanze?Tanto varrebbe restare "natural" e confrontarsi in maniera sana vistoche comunque il doping non è ormai un segreto sia fra i professio-nisti che, e duole dirlo, fra gli atleti "della domenica". Forse questiinterrogativi sarebbe corretto porgerli più che a noi stessi, alle indu-strie farmaceutiche, che tanto per fare un esempio, solo in Italia,producono tanto GH (ormone della crescita), quanto ne servirebbead un´intera popolazione di nani ipofisari. In conclusione, le conse-guenze psicologiche del doping, specie in atleti cosiddetti "d´elìte",sono anche connesse alla possibilità di subire accuse, derisioni ecolpevolizzazioni da parte dell'opinione pubblica, come è accadutonel corso di inchieste antidoping, che hanno causato un crollo ine-sorabile dell'immagine pubblica (e anche dell'identità privata adessa strettamente collegata) di molti atleti. L´atleta diventa una vitti-ma della propria paura di perdere e, nel miraggio della vittoriaperenne, mette in atto un comportamento autodistruttivo: meglioardere per un secondo o spegnersi lentamente?

Emanuel Mian Psicologo, presidente dell'Istituto

internazionale sul disagio e la salute nell'adolescenza

La paura del fallimento inaccettabileDoping e motivazioni psicologiche

Il protrarsi di una situazione in cui lo sport viene vissuto solo ed esclusivamente dal puntodi vista competitivo, a livello intrapsichico fa sì che l´atleta non sia più in grado disopportare la sconfitta e che per questo, nel corso degli anni faccia di tutto per continuare a risultare sempre il "vincente". Non esiste perciò un piacere dato dall´attivitàche si pratica, ma solo quello derivante dal risultato: la vittoria

LL

Talvolta la potenza fisica nasconde la fragilità interiore

Le pecche di mistermuscolo

ell´osservare un body builder, si ha l´impressione di trovarsidavanti ad una massa di carne umana dove ogni singolocentimetro è stato sottoposto ad allenamento minuzioso per

apparire esattamente così come lo si vede. Chi pratica questo sport,ostenta una massa, intesa come "volume" muscolare, che porta apensare che si tratti di esseri dalla forza sovrannaturale. Un esem-pio lampante è quello dato dai wrestler, lottatori diventati miti televi-sivi dei bambini, che in un susseguirsi di finzioni sceniche, si sfida-no a suon di calci e pugni. E´un dato di fatto che gli attuali canoni di bellezza maschile, predili-gono una fisicità snella, tonica, con addominali scolpiti e muscoli diuna "misura standard", che non vadano cioè oltre un certo volume,superato il quale, diventano "grotteschi"; perché allora sono fre-quenti i casi caratterizzati da una ricerca ossessiva della "muscola-rizzazione"? Nel `93, Pope con alcuni collaboratori, fu il primo a stu-diare questo fenomeno, che venne descritto come una particolaredismorfobia, la cui peculiarità è proprio quella di voler ottenere adogni costo un fisico estremamente voluminoso. Stiamo parlando difisici che ambiscono ad evidenziare potenza fisica, ma che nascon-dono una fragilità interiore e un´insicurezza personale di notevoleentità: il confronto con gli altri, è possibile solo attraverso un corpoche fa da scudo e che come tale, deve per forza di cose diventaresempre più esteso; a livello inconscio, il "corpo-scudo", funge da fat-tore protettivo in quanto demarca una linea di confine immaginaria,che in teoria, coloro che posseggono una fisicità "normale", dovreb-bero preferire non oltrepassare. In realtà, il body builder, proprio acausa del suo essere enorme, assume spesso movenze goffe chesuscitano ilarità e lo portano ad ottenere un risultato opposto a quel-lo sperato: il "corpo-scudo", che dovrebbe salvaguardare l´invasionedel proprio campo, diventa il canale d´accesso più rapido per unconfronto dove la derisione la fa da padrona; il senso di inadegua-tezza che ne consegue, dà il via ad un meccanismo secondo ilquale si crede di non essere stati in grado di tener testa a chicches-sia, perché non ancora sufficientemente "grossi". Per quanto si tentidi modificarla, la propria immagine corporea non risulta mai esserequella ideale.

Ai frequentatori di palestre, sarà capitato di sentire qualcuno cheimplora di essere aiutato ad aumentare la massa muscolare: sedopo un paio di mesi, si rivede la stessa persona, si nota che quel-lo che sembrava essere un fisico "non felice", si è trasformato inqualcosa di piacevolmente tonico e ben strutturato. Se ne deduce,che il lui in questione, ha svolto un allenamento sano e ha seguitouna dieta corretta e bilanciata con l´obiettivo di migliorarsi. In alcu-ni casi però, si assiste ad una trasformazione totale, dove non siparla più di tonicità, ma di aumento di volume esagerato dellamassa muscolare a tempo di record: la dismorfobia prevede oltreche continui allenamenti in palestra e un´attenzione eccessiva per ladieta, anche, e oserei dire soprattutto, il ricorso abituale a steroidi eanabolizzanti. I soggetti colpiti vivono in un costante stato di ansia inquanto non riescono mai ad essere soddisfatti della loro condizionefisica: la continua e disperata corsa verso un corpo sempre piùmuscolarizzato che non corrisponde mai a quello voluto, implica ilbisogno di far uso di sostanze dagli effetti collaterali devastanti. Ilgrado di insoddisfazione è tale da pregiudicare qualsiasi tipo di rap-porto: più alto è il grado di sofferenza dato dalla situazione che siviene a creare, maggiore risulta il bisogno di cercare una soluzionedefinitiva attraverso sostanze dopanti. La gravità di questa patologia,che a partire dal `97 è stata denominata, dallo stesso Pope, come"reversa anoressia" (in quanto le caratteristiche di tale disturboappaiono opposte rispetto a quelle della reverse anorexia), staanche nel fatto che chi ne è affetto è a conoscenza dei danni fisicie psicologici correlati all´assunzione di sostanze quali gli anaboliz-zanti: nonostante possa andare incontro ad impotenza, sterilità,cancro al fegato e nella peggiore delle ipotesi alla morte causata daarresto cardiaco, il body builder è inarrestabile. Non sono un frenonemmeno i disturbi dell´umore, talvolta associati a sintomi psicoticiche scaturiscono in pesanti forme di irascibilità e manie persecuto-rie. Il desiderio di aumentare sempre di più la massa muscolare,rende ciechi a tal punto da preferire di correre rischi altissimi, piut-tosto che accettarsi per quello che si è, o perlomeno, porsi dei limi-ti per salvaguardare la propria salute fisica e mentale. Fra le possi-bili cause della Dismorfia muscolare, vi è la teoria della "mascolini-tà minacciata" ("threatened masculinity" - Mishkind e collaboratori,1986), nella quale gli Autori ipotizzano che un corpo muscolarizza-to rappresenterebbe il tentativo da parte del maschio di riappropriar-si del proprio ruolo rispetto alla femmina, che ormai ha acquisitouna parità tale da non consentire più distinzione tra "sesso forte edebole". L´ostentazione di un fisico esagerato, potrebbe significarequindi la volontà da parte dell´uomo di dimostrare la sua virilità enello specifico, il suo essere dominante in quanto maschio. È vero-simile ritenere che il body builder attui una specie di "corteggiamen-to silenzioso", che purtroppo per lui, non solo viene raramenteapprezzato dal gentil sesso, che sembra non prediligere simili carat-teristiche fisiche, ma che cosa ben più triste, non vengono apprez-zate nemmeno da chi le possiede. In questi casi, oltre al dannocreato da steroidi e anabolizzanti, vi è anche la beffa.

Cinzia Lacalamita Responsabile delle relazioni pubbliche

del gruppo di ricerca “Body-Image”

NN

A livello inconscio, il "corpo-scudo"funge da fattore protettivo,in quanto demarca una lineadi confine immaginaria che dovrebbesalvaguardare dall´invasionedel proprio campo da parte degli altri

IL LIBRO: GENTE DI PALESTRA - LUCI E OMBRE DI UN MONDO VARIEGATOUno, due, tre,... dieci ! La terza serie da dieci flessioni è fatta. Chi meglio di un istruttore di palestra poteva raccontarne e metterne afuoco le luci e le ombre. Milioni di italiani le frequentano: chi per benessere fisico, chi per passione, chi per puro narcisismo. In Italiale palestre (chiamati anche centri fitness) pullulano di gente di ogni età, e molti non possono, o non riescono, fare a meno di frequen-tarle assiduamente: la routine quotidiana lo impone, è indispensabile staccare la spina e scaricare la tensione, magari lanciandosi suun tapis-roulant per simulare una corsa in salita pedalando a ritmo di musica (spinning) o facendo vari esercizi con i pesi. Il libro entranelle palestre raccontandone gli aspetti più curiosi e simpatici, ma non manca anche di aiutare a difendere noi e i nostri figli dal doping.La dilagante assunzione di farmaci dopanti oggi è un fenomeno allarmante in tutto il mondo sportivo e nelle palestre più che mai. Soloalcuni assuntori controllano il proprio corpo costantemente dosando i farmaci in modo sempre equilibrato, mentre i più si fanno traspor-tare dagli eventi, non rendendosi conto dellegravi conseguenze fisiche cui possono incorrere. E, in certe occasioni, "ci scappa il morto".Non sono poi da sottovalutare i rischi giuridici dell'assunzione, sommi-nistrazione e commercio di farmaci proibiti. Leggere per staremeglio! Quante sono le palestre in Italia? Chi le frequenta? Per quale motivo? E sono soltanto gli attrezzi a rendere muscolosi, ad aumen-tare le possibilità fisiche? Si parla ormai ovunque, ne parla ormai chiunque: nelle palestre "girano" farmaci di ogni tipo, farmaci proibi-ti, che creano ogni anno fatturati impressionanti e che, a lungo termine, le medicine usate per potenziare un corpo sano possano crea-re un corpo malato che nessuna medicina riuscirà a curare sta diventando molto più che un sospetto.

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dati che verranno presentati in questa breve relazione sonoil frutto di una ricerca scientifica realizzata dalDipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi diTrieste (Mind in Sport Lab) tramite l’implementazione di

un’indagine sociale finanziata dalla Regione Friuli VeneziaGiulia. Il progetto di ricerca ha voluto significare un’occasione diindagine preliminare nell’ambito dell’analisi degli elementi psi-cosociali tipici della realtà giovanile nella Regione Friuli VeneziaGiulia. Nel dominio specifico dello sport, alla luce delle politi-che di promozione di una pratica agonistica che sia un momen-to di consolidamento delle best practices relative alla salute per-sonale, si è voluto sondare il tema della percezione dei rischilegati alle pratiche dopanti per fornire alcuni elementi di valuta-zione scientifica in relazione agli ambiti di studio previsti dallanormativa regionale di settore.GLI OBIETTIVI SPECIFICI DELL’INDAGINE - Sono stati fissati 3 ele-menti di valutazione complessiva dell’importanza applicativadell’indagine condotta sulla tematica in oggetto. Al di là degliaspetti metodologici e di una valutazione scientifica della ricer-ca proposta sono stati fissati 3 livelli attesi di output:a) definizione di una tabella di codifica dei pesi relativi dei sin-goli fattori determinanti un livello sensibile di rilevazione e per-cezione efficace della condizione di “rischio”; b) consolidamento di una baseline quantitativa e qualitativa perl’implementazione di un prosieguo “follow up” della ricerca;c) individuazione di alcuni criteri che si configurino come possi-bili linee guida della comunicazione relativa al rischio dopingcon particolare riferimento all’esperienza sportiva in giovani-adulti frequentanti i corsi di laurea universitari di primo livello.LO STRUMENTO DI INDAGINE - Il questionario utilizzato nel corsodell’indagine è stato pensato e costruito per questa indagine. Lascelta delle aree tematiche e dei singoli item è stata definita nelcorso di un processo di valutazione ex-ante curato dal gruppo diricerca responsabile dell’attuazione del progetto. Vista la speci-ficità del dominio nel quale va inquadrata l’indagine (“La perce-zione del rischio doping e la sua prevenzione”), si è scelto di pro-cedere, nonostante l’onerosità del percorso, alla definizione diuno strumento di indagine ad hoc per meglio aderire alle finali-tà del progetto e agli obiettivi di fondo dell’indagine. Le areetematiche affrontate nel questionario sono le seguenti:- il doping come compromesso;- il valore del rischio insito nel compromesso;- le figure professionali legate ai processi di recupero e di pre-venzione dell’esperienza doping;- i costi economici diretti dell’esperienza doping;- i rischi dell’esperienza doping sotto il profilo della salute per-sonale. Non sono stati volutamente affrontati, in maniera espli-cita, i temi della legalità e della esperienza diretta con le prati-che dopanti per meglio aderire alle finalità dell’indagine e ai suoiobiettivi specifici. La compilazione del questionario era precedu-ta da una breve relazione anagrafica e da una sommaria descri-zione del rapporto personale con la pratica sportiva. Tali datisono stati utilizzati per la definizione puntuale delle categorie dianalisi utilizzate nella stesura del report tecnico sui risultati. IL CAMPIONE DELL’INDAGINE - Al di là delle specifiche tecnicheriferite nel sopraccitato report, il campione della popolazioneregionale interessato dall’indagine ha una consistenza nominaledi 600 soggetti individuati tra gli studenti delle università regio-

nali frequentanti i corsi di laurea di primo livello. Ai fini di unaequa distribuzione tra le classi della popolazione è stata predi-sposta una suddivisione in 3 livelli degli ambiti disciplinari distudio dei soggetti che hanno preso parte all’indagine (Facoltàscientifiche, Facoltà umanistiche, Corso di Laurea in ScienzeMotorie). L’indagine ha coinvolto, in maniera bilanciata, sia stu-denti di sesso maschile che studentesse.I RISULTATI - Come già anticipato, le tematiche proposte nel que-stionario hanno voluto affrontare alcune sfaccettature della pro-blematica generale “rischio doping”. Vedremo brevemente alcu-ne evidenze emerse dall’analisi dei dati.Il doping come compromesso - L’opinione della popolazione inrelazione alla tematica generale della possibilità dell’adozione dipratiche dopanti in funzione del raggiungimento dell’obiettivo didiventare un professionista dello sport è positiva per poco menodel 20 %. Nella specifica valutazione della disponibilità indivi-duale di adesione ad un compromesso “doping-professionismosportivo” va riscontrata una decisa propensione per il rifiuto, ele-mento che viene sensibilmente mitigato, in termini quantitativi,in relazione ad una eventuale riferita disponibilità dei coetaneiall’adesione al compromesso. In continuità con tale tendenza,che può essere descritta come “…un rifiuto personale di unapratica diffusa…” va sottolineata la diffusa convinzione che ilmondo sportivo professionistico, quello dei professionisti giàaffermati, sia corrotto dal doping per la metà dei suoi membri.Il valore del rischio insito nel compromesso - Se le pratiche dopan-ti possono essere alla base di un compromesso in ambito sporti-vo, si è voluto indagare in maniera specifica se il valore dellacontropartita insita nell’accettazione del rischio doping sia con-solidato alla pari dell’accettazione del compromesso e se que-st’ultimo sia legato solo ad aspetti sportivi o anche ad altri fat-tori, economici in primis. Per ognuno di questi livelli si è volutochiedere ai soggetti una quantificazione puntuale del livello di“premio” legato a quello del rischio, definendo implicitamente ildoping come un elemento negativo che richiede una qualcheforma di giustificazione per poter essere accettato. Secondo unaquota significativa del campione intervistato il compromessodoping può essere giustificato sia da un possibile successo ditipo sportivo che da un tornaconto economico. Per entrambi ilivelli, ad un livello quantitativo sostanzialmente indifferenziato,il giudizio positivo viene espresso da poco meno del 30% deisoggetti. Molto alto è il livello del successo sportivo riferito come“premio adeguato” del compromesso (con la vittoria a livelloolimpico e mondiale come elemento più ricorrente), leggermen-te inferiore, rispetto ai valori massimi proposti è invece il targetdel tornaconto economico. Quest’ultimo, in termini assoluti,rimane comunque su livelli elevati sia per quanto riguarda unavincita (con una preferenza per la fascia 250.000 - 500.000Euro) che per quella dello stipendio mensile come sportivo pro-fessionista (con una tendenza a collocare le proprie aspettativenella fascia 10.000 - 20.000 Euro). Nessun elemento significa-tivo di valutazione, diverso da quello sportivo e da quello econo-mico, è stato invece proposto dai soggetti.Prevenzione e recupero dell’esperienza doping - Significativitàdelle figure professionali - Ai fini di ottenere alcuni elementi divalutazione sull’importanza delle figure professionali del medicosportivo e dello psicologo dello sport in relazione ai percorsi diprevenzione e di recupero delle situazioni di rischio e di concre-

ta esperienza con il doping è stata chiesta ai soggettiuna valutazione puntuale sulla loro significatività, inte-sa in termini operativi, nelle situazioni contingenti. Irisultati raccolti sono speculari se si pongono a confron-to in maniera incrociata le professioni e, rispettivamen-te, la situazione relativa alla prevenzione e al recupero.A fronte di una stabile convinzione dell’importanza dientrambe le figure in relazione al problema doping nellosport, va notata una leggera preferenza dei soggetti nel-l’assegnare un ruolo importante al medico nella fase diprevenzione e allo psicologo nella fase di recupero.L’esperienza doping - costi e rischi delle pratiche dopanti- Un elemento di valutazione importante del rischiodoping, al di là di un generale atteggiamento e di unaconcreta disponibilità ad accettare un determinato com-promesso, è sicuramente la corretta percezione dei costidel compromesso intesi sia in maniera diretta che inprospettiva delle cure mediche future. Dalla valutazioneincrociata tra il valore del “premio” associato al rischiodel compromesso e il costo stimato delle possibili con-seguenze dello stesso può essere effettuata, come verràevidenziato nell’esposizione delle analisi contenute nelreport tecnico, una misurazione attendibile della perce-zione soggettiva del rischio. Al di là delle considerazio-ni generali e sul valore assoluto dei costi stimati, è dove-roso sottolineare come la tendenza del campione a sti-mare il costo delle pratiche dopanti si collochi su unvalore medio-alto rispetto a quelli proposti (con un costopresunto identificabile in una cifra prossima ai 1000euro mensili), e, parimenti, vi sia una valutazione deirischi per la salute nel rapporto tra “età” e “gravità deidisturbi” che segua un decalàge naturale (aumentodella gravità direttamente proporzionale a quello dell’etàdel soggetto con un vissuto di esperienza doping). Lastessa tendenza è riscontrabile nelle valutazioni dei sog-getti rispetto al rapporto tra costo economico delle curee gravità dei disturbi associati ad un’esperienza dopingpassata. CONCLUSIONI - L’indagine legata al presente progetto diricerca si pone come un paradigma di studio che ilDipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi diTrieste ha già posto all’attenzione del Centro NazionaleInter-Universitario di psicologia dello sport Mind inSport Team (MIST). Quest’ultimo è impegnato, perconto del Ministero della Salute, in un’indagine sultema del doping che mira ad indagare aspetti diversi diquelli legati alla percezione del rischio, ma assoluta-mente integrabili con un questionario del tipo di quellousato nell’indagine con gli studenti universitari del FriuliVenezia Giulia. Oltre a indagini che utilizzano il paradig-ma psico-sociale, il Dipartimento di Psicologiadell’Università di Trieste si propone come unico centrodi ricerca nazionale in cui si studia la psicologia dellosport da una prospettiva sperimentale. In quest’ottica,le attività del laboratorio sono centrate sull’applicazionedel metodo sperimentale alle più diverse situazioni spor-tive sia in ambito prettamente agonistico che per ilmiglioramento delle tecniche di allenamento. In taleprospettiva la psicologia dello sport si configura comeun’alternativa scientifica al doping e come il veicoloprincipale per il recupero della centralità dell’atleta(rispetto alla ricerca spasmodica della performance!) nelcontesto di un diffuso interesse nei confronti dello sportcome fenomeno sociale.

Tiziano Agostini Professore ordinario di metodologia della ricerca psicologica,

Dipartimento di psicologia università di Trieste

Giovanni Righi Dipartimento di psicologia università di Trieste

La percezione del rischio “doping”Doping: rischio, prevenzione, alternative, il ruolo della psicologia dello sport

Con questa indagine sociale finanziata dalla Regione Friuli Venezia Giulia,si è voluto sondare il tema della percezione dei rischi legati alle pratichedopanti per fornire alcuni elementi di valutazione scientifica in relazioneagli ambiti di studio previsti dalla normativa regionale di settore

II

COSA POTER FARE PER ARGINARE IL FENOMENOL’ordinamento sportivo dagli anni ’60 si è dotato di una normativa antidoping, stilan-do una lista delle sostanze proibite e introducendo i controlli. Le differenze tuttaviaesistenti fra le diverse federazioni e fra i diversi paesi, hanno reso questo strumentoscarsamente efficace. Per tale motivo nel 1999 è stata istituita la WADA (World Anti-Doping Agency), con la finalità di elaborare un Codice Mondiale Antidoping, destina-to ad armonizzare le norme, i procedimenti e le sanzioni. Il World Anti-Doping Code,stilato nel 2003 ed entrato in vigore il primo gennaio 2004, è stato sottoscritto da 184Paesi. Cosa sia proibito o meno si ricava da una lista che viene aggiornata ogni anno.Il nostro paese poi con la legge n. 294 12/2000 (“Disciplina della tutela sanitariadelle attività sportive e della lotta al doping”), sicuramente una delle più avanzate alivello internazionale, ha fatto del doping un reato penale, perseguendo, non solo chilo pratica, ma anche chi “procura, somministra o favorisce…”. Rimangono tuttaviaaperti ancora diversi problemi. 1) Tutte le attività amatoriali, soprattutto nell’infanziae nella adolescenza, sono fuori da qualsiasi possibilità di controllo istituzionale. 2) Icontrolli sono mirati alla ricerca delle sole sostanze inserite nella lista e pertanto essarischia di essere utilizzata come “guida pratica” da parte degli atleti, che sono porta-ti a pensare che sia lecito assumere tutto ciò che non vi è ricompreso. 3) Vi sono inse-rite delle sostanze che non possono essere rintracciate con gli attuali controlli. 4) Lalista è discrezionale e incompleta: discrezionale perché alcuni farmaci sono spessoinclusi od esclusi senza un sicuro razionale scientifico e incompleta perché l’uso dinuove sostanze arriva sempre prima del loro inserimento; sul futuro (ma c’è già qual-cosa più di un’avvisaglia) incombe l’avvento del doping genetico; medicina genomicae ingegneria genetica disegnano i nuovi scenari, così come la proteomica, accoppiataall’analisi genetica rappresentano le possibili armi per un antidoping genico. 5) Il san-zionamento di atleti provenienti da paesi in cui l’uso dei derivati della canapa indiana(la sostanza più diffusa fra i giovani e che dà luogo ai maggiori riscontri di positività aicontrolli antidoping) è severamente proibito, sino alla pena di morte, pone un serio pro-blema etico e medico-legale. Il processo in atto sotto l’egida della WADA renderà piùincisiva l’efficacia dell’antidoping. Tutto ciò comporta comunque una lievitazione deicosti che rende indispensabile l’intervento e l’assistenza dei singoli governi in tutti ipaesi. La collaborazione delle autorità governative può aprire la possibilità di finanzia-re programmi di ricerca e di educazione su questo terreno. È inoltre necessario svilup-pare nuove tecniche di analisi per rendere i controlli sempre più precisi e sicuri. Èchiaro comunque che l'antidoping non costituisce uno strumento sufficiente per risol-vere il problema. È assodato che una certa percentuale di sportivi sarà sempre tenta-ta di fare uso di farmaci per vincere. L’appello alle leggi ed ai principi morali che gover-nano lo sport viene vanificato dai vantaggi psicologici e materiali: il desiderio di appa-rire ed essere invincibili e il miraggio finanziario prevalgono. Continuare ad asserireche “una migliore performance si ottiene solamente col duro lavoro e con un intelli-gente allenamento e non esiste sostanza o mistura che possa migliorare in modo con-sistente la prestazione” (D.F. Hanley) comporta perdita di credibilità e significa averperso la battaglia in partenza. Non esiste certo, come alcuni credono, una molecola ingrado di fare di un mediocre sportivo un atleta di alto livello, ma la ricerca spasmodi-ca di quel piccolo aiuto in più, fisico o mentale, che consenta di prevalere, spiegal’ampia diffusione del problema. Esistono sicuramente farmaci ergogeni, in grado dimigliorare la prestazione. Insistere pertanto sulle limitate dimostrazioni di efficaciasignifica fare cattiva informazione e la cattiva informazione svolge spesso un ruolo pro-mozionale, in un ambito, quale quello sportivo, dove le notizie scorrette prevalgono suquelle corrette. Una reale azione preventiva può essere basata solo su una puntualeopera di educazione, iniziata precocemente e contemporaneamente alla pratica spor-tiva stessa. Se scarsi sono i dati sugli effetti “positivi”, molti sono al contrario quellisui rischi. Comunque condannabile sotto il profilo etico, l’uso di sostanze può mette-re a repentaglio l’incolumità e la vita stessa degli atleti. Piuttosto che lanciare appel-li, è proprio su questi aspetti che bisogna puntare a livello di educazione. I giovanidevono sapere che il “piccolo vantaggio” comporta la possibilità di conseguenze acutee/o a lungo termine. Qualcuno tuttavia potrebbe scegliere di vincere ora per ottenerefama e ricchezza e pagare dopo. In questa eventualità potrebbe avere un impatto disin-centivante condurre delle ricerche per verificare quanti, fra coloro che abusano di far-maci, non ottengono alcun risultato sportivo di alto livello. Il tentativo di abolire com-pletamente il problema è probabilmente irrealistico, tuttavia garantire la lealtà di chigareggia e tutelare la salute dei praticanti devono costituire impegni irrinunciabili pertutti coloro che gravitano intorno al mondo dello sport. Bisogna agire con dei program-mi a lungo termine, con impostazioni diverse a seconda dell’utenza, sotto l’egida delleorganizzazioni sportive nazionali e locali e possibilmente con il coinvolgimento delleistituzioni. Questa capillare opera di educazione deve essere svolta non solo in ambi-to sportivo, ma deve coinvolgere anche il mondo della scuola e le famiglie dei bambi-ni e dei ragazzi che praticano o praticheranno sport. Fondamentale su questo terrenopuò essere il ruolo del medico dello sport, che gode della credibilità da parte delleautorità sia sportive che scolastiche, della fiducia degli studenti, dei genitori e degliatleti. Corsi per allenatori, preparatori, medici sociali dovrebbero essere incentrati sulvalore etico dello sport, strumento di prevenzione all’abuso di droghe e non incentivo.Gli atleti devono sapere che sono dei modelli per i giovani e per la società in genera-le, che il fair play è altrettanto importante della vittoria e che sono essi stessi la chia-ve per risolvere il problema. Non dobbiamo infatti attendere dalla giustizia, sia essaordinaria o sportiva, la soluzione di quesiti che investono l’etica, la deontologia profes-sionale e la scienza. Parafrasando Henry D.Thoreau si può concludere dicendo che “laLegge non renderà mai liberi gli uomini, ma sono gli uomini a rendere libera la Legge”.

Antonio Bonetti - Professore ordinario cattedra di medicina dello sportdipartimento di scienze cliniche - università degli studi di Parma

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imitare la lotta al doping al solomondo del professionismo sporti-vo, dove l’atleta assume sostanzechimiche per migliorare le proprie

prestazioni non è oggi più possibile. Sirende infatti necessaria una sua esten-sione a tutti quegli ambiti cosiddetti“amatoriali”, in cui gli atleti possono,per varie ragioni, essere esposti mag-giormente ai pericoli del doping. Unatleta professionista ha, alle propriespalle, una società, una federazione,un preparatore atletico, uno o piùmedici sportivi, uno staff insomma,efficace ed efficiente, che lo può infor-mare, formare ed aiutare in ognimomento ed in ogni evenienza. Unatleta amatoriale è abbandonato allalibera iniziativa, talvolta all’improvvisa-zione, in carenza, se non nell’assolutaassenza, di controlli sanitari. Neglisport amatoriali si diffondono notiziesu sostanze da assumere chespesso non hanno fondamentiscientifici e sono per lo piùbasate su esperienze di singo-li individui. Tutto ciò trasfor-ma il “doping” da problemaesclusivo dell’etica sportiva, afenomeno che coinvolgedrammaticamente l’ambitodella salute pubblica in sensopiù ampio.Gli agenti dopanti sono in pre-valenza dei farmaci e quindila loro assunzione può avere sia deglieffetti terapeutici che collaterali. Glieffetti terapeutici di un farmaco sonoquelli desiderati, mentre quelli collate-rali possono essere indesiderati e, avolte, avversi. I farmaci, prima dellaloro immissione in commercio, vengo-no sperimentati sull’animale (fase pre-clinica) e sull’uomo (fase clinica) conlo scopo di valutarne le migliori indica-zioni, la dose terapeutica, gli effetticollaterali ed avversi. Ogni farmaco allafine del percorso sperimentale, vieneimmesso sul mercato con una o più“indicazioni”, ovvero deve essereimpiegato per trattare un determinato

sintomo od una malattia. Va da sé cheimpiegare i farmaci per indicazionidiverse da quelle terapeutiche o utiliz-zarli in dosi non sperimentate puòessere dannoso per la salute. Purtroppochi pratica sport spesso impiega farma-ci in maniera non corrispondente alleindicazioni oppure non ne segue il cor-retto utilizzo (dose più elevata e mag-giore frequenza di assunzione). Glieffetti di un farmaco sono in generecorrelati alla dose, ovvero aumentandola dose si aumenta l’effetto terapeuticofino a raggiungerne il massimo. A que-sto punto aumentando ulteriormente ladose, come spesso capita nel mondodello sport, non si aumenta l’effettoterapeutico ma possono comparireeffetti da sovradosaggio.Questo non corretto impiego dei farma-ci può provocare, a breve, medio eanche a lungo termine, rischi, talvolta

danni, per la salute. Essendo l’attività fisica con-sigliata dalla medicina nellaprevenzione e nella cura didiverse patologie, non èinfrequente trovare tra glisportivi amatoriali soggettigià in terapia farmacologicacon le più varie indicazioni.In questi individui, l’assun-zione di farmaci a finidopanti, potrebbe portare adinterazioni farmacologiche

con ricadute sfavorevoli sulla terapia inatto, come l’aumento o la riduzionedell’effetto farmacologico. Spesso miviene chiesto se assumere integratorialimentari possa essere consideratodoping. Certamente non lo è quandoqueste sostanze sono assunte per rein-tegrare ciò che si perduto con un’attivi-tà fisica intensa. Il fatto che questesiano già introdotte nell’organismo conuna dieta equilibrata in una quantitàidonea al fabbisogno corporeo, è undato ignorato dai più, sottolineandocome certa pubblicità e le leggi delmercato abbiano avuto la meglio subuon senso e corretta informazione.

L’impiego degli integratori alimentari èmolto diffuso tra gli sportivi, che spes-so li assumono senza sapere che, per lamaggior parte di essi, manca un razio-nale scientifico che ne avvalori l’utiliz-zo in ambito sportivo. C’è anche chiassume integratori alimentari di usoveterinario che hanno dosaggi moltopiù elevati, essendo calcolati per ilpeso di un cavallo o di una mucca gra-vida. In questo caso, poiché lo scopo èraggiungere dei risultati migliori ed inminor tempo, va da sé che parliamo didoping! Dosi esagerate di sali minerali,aminoacidi e vitamine possono esserenon compatibili con i nostri meccani-smi fisiologici di metabolismo ed elimi-nazione e possono a lungo termine pro-vocare danni fisici. Sta emergendo ilproblema dei prodotti adulterati edimmessi illegalmente in commercio mache sono oramai facilmente acquistabi-li mediante internet. Si tratta di inte-gratori alimentari e prodotti fitoterapiciche contengono farmaci. Lo sportivoquindi può doparsi assumendo prodot-ti non considerati dopanti.L’argomento come si vede è molto com-plesso e le possibili interazioni tra atti-vità sportiva, salute, farmaci, integrato-ri ed altro sono poco conosciute dal-l’opinione pubblica e spesso anche dachi opera nel settore.Una corretta informazione accompa-gnata da una formazione degli operato-ri è la base di qualsiasi intervento cheabbia come obiettivo principale quellodi prevenire degli eventi dannosi allasalute.Al fine di rendere più capillare la lottaal doping, il Ministero della Salute haquindi previsto di sviluppare in ambitoregionale, integrando le attività di com-petenza statale e degli organi sportivi,delle attività sul piano della prevenzio-ne e della repressione. Ecco perché il 1Dicembre 2005, a seguito di un Atto diConvenzione tra Regione autonomaFriuli Venezia Giulia e Università degliStudi di Udine, è stato costituito ilCentro per lo Studio, l’Informazione e

la Formazione sul Doping (CSIFD), cheho il piacere di dirigere. IL CSIFD, real-tà regionale ben inserita nel mondouniversitario e sportivo, realizza effica-ci azioni di prevenzione, informazionee formazione sugli effetti nocivi da unpunto di vista fisico, psichico e socio-culturale dell’uso di sostanze dopanti.Il centro ha attivato un numero verdeINFO-DOPING 800 838 800, anonimoe gratuito per il FVG, funzionante neigiorni di martedì ore 14.00-17.00,mercoledì ore 09.00-13.00 e giovedìore 14.00-17.00, che è stato attivatoper consentire ad atleti, allenatori,insegnanti, studenti e genitori di acce-dere ad informazioni qualificate su untema importante e ancora troppo pococonosciuto.Le persone che hanno usufruito delservizio sono state per la maggior parteuomini con un’età compresa tra i 19 ei 55 anni (media di 33 anni),frequentatori di palestre ociclisti amatoriali. Propriol’estrazione degli utenti facapire come le sostanzedopanti siano facilmentereperibili in palestra o trami-te la rete web, nonostantesiano vietate dalle leggi ita-liane. Inoltre, i soggetti chehanno chiamato per informa-zioni su prodotti specificiproposti in palestra o consi-gliati e acquistati via inter-net, non erano minimamente consape-voli che tali sostanze fossero non soloproibite, ma anche pericolose per laloro salute e venivano, invece, da loroconsiderate alla stregua di integratorialimentari o poco più. Rimanevano per-plessi nello scoprire come tali prodotticontenessero sostanze quali steroidianabolizzanti, di gran lunga tra i prin-cipi attivi vietati quelli maggiormenteutilizzati. È inquietante che l’utilizzo di

queste sostanze sia molto diffuso trafrequentatori di palestre e nei cicloamatori, persone che dovrebbero eser-citare uno sport esclusivamente per lapropria salute psicofisica. L’attività delnumero verde INFO-DOPING ha rileva-to che le persone che utilizzano steroi-di anabolizzanti vogliono a tutti i costimigliorare il loro aspetto fisico, nell’in-coscienza più totale di quello che puòaccadere sia a breve termine (insonnia,ansia, tachicardia, ecc.) che con l’uti-lizzo cronico (tumori testicolari, gine-comastia).Alla fine della telefonata, che media-mente dura una decina di minuti, il cit-tadino risulta di solito molto soddisfat-to del servizio ricevuto, apprezzandol’utilità di aver potuto conoscere inmodo rapido la natura dei prodottiassunti e di poter avere una coscienzacritica della scelta fatta. Le persone

che hanno chiamato da fuoriregione, hanno spesso sottoli-neato l’opportunità di esten-dere il servizio su tutto il ter-ritorio nazionale.Il CSIFD si propone comepunto di riferimento per ladivulgazione delle conoscen-ze scientifiche sull’argomen-to, da attuarsi anche nellescuole di ogni ordine e gradoe con corsi di formazione perinsegnanti.Anche i genitori, coinvolti in

un’indagine epidemiologica sulle cono-scenze sul doping, hanno dimostratouna significativa sensibilità all’argo-mento e la consapevolezza del perico-lo dei danni alla salute che il dopingpuò arrecare ai loro figli. Secondo igenitori, le notizie fornite dai mezzi diinformazione non sono sufficienti ascoraggiarne la pratica. Se un genitorescopre che il proprio figlio utilizzasostanze dopanti, come si comporta?

Dalla nostra indagine si evince che igenitori in queste circostanze si trova-no disorientati e non hanno un punto diriferimento preciso e comune.Sicuramente il Medico di MedicinaGenerale può essere un utile ausilio(42% si rivolgerebbe al Medico) ma lastessa percentuale di soggetti haauspicato l’esistenza di un centro spe-cializzato INFO-DOPING.Oltre all’informazione ed alla formazio-ne, si ritiene necessario attivare deiLaboratori Antidoping Regionali (LAD),così come previsto dall’art. 5 dellaLegge 14 dicembre 2000 n.376, chehanno il compito di garantire l’attivitàdi controllo antidoping e di tutela dellasalute dei praticanti l’attività sportiva,andando così a ricoprire un ruolo attivoe capillare di prevenzione su quelleattività a livello locale che attualmentesi sottraggono a qualunque forma dicontrollo.In conclusione, la disinformazione èuno dei principali fattori che predi-spongono all’uso improprio ed all’abu-so di supplementi dietetici, farmaci eprodotti fitoterapici soprattutto nellosport amatoriale. Le normative ed icontrolli sono indispensabili, ma fon-damentale è promuovere un correttostile di vita, fornendo una corretta ecapillare informazione.Bisogna trasmettere ai giovani il con-cetto che il doping è senza dubbio unaprocedura scorretta e non etica mache, soprattutto, può nuocere grave-mente alla salute. “Se conosci ildoping lo eviti, informati sul doping.Telefona al 800 838 800”.

Massimo Baraldo Professore associato di farmacologia,

direttore del Centro per lo studio,l’informazione e la formazione sul doping -

università degli studi di Udine

Se lo conosci lo eviti!Un numero verde per sapere tutto sul doping

Un atleta amatoriale è abbandonato alla libera iniziativa, talvolta all’improvvisazione,in carenza, se non in assenza, di controlli sanitari. Negli sport amatoriali si diffondononotizie su sostanze da assumere che spesso non hanno fondamenti scientifici e sono basatesu esperienze di singoli individui. Tutto ciò trasforma il “doping” da problema dell’eticasportiva a fenomeno che coinvolge drammaticamente l’ambito della salute pubblica

LL

È NATO ALL’ATENEO DI UDINE IL CENTRO PER LO STUDIO DEL DOPINGGrazie alla collaborazione fra Università e Regione

Informazioni al numero verde 800 838 800

La guerra al doping passa anche da un numero verde. Basta digitare 800 838 800 per avere informazioni sugli effetti e

i rischi derivanti dall’utilizzo delle sostanze dopanti, farmaci e integratori, nella pratica sportiva. Il numero verde gratui-

to e anonimo Info-Doping, attivo martedì e giovedì dalle 14 alle 17 e mercoledì dalle 9 alle 13, è il principale servizio

fornito dal Centro per lo studio, l’informazione e la formazione sul doping (Csifd). Il Centro è stato istituito dal diparti-

mento di Scienze e tecnologie biomediche dell’Università di Udine, in collaborazione con il corso di laurea in Scienze

motorie e gli assessorati regionali all’Istruzione, cultura, sport e pace e alla Salute e protezione sociale, e con il sostegno

della facoltà di Medicina e chirurgia dell’ateneo udinese. Il Csifd, che ha sede presso la Casa dello studente di Gemona

del Friuli, ha attivato anche un sito internet all’indirizzo http://infodoping.uniud.it/.

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L’impiego degliintegratori alimentariè molto diffuso tra gli

sportivi, che spessoli assumono senzasapere che, per la

maggior parte di essi,manca un razionale

scientifico che neavvalori l’utilizzo in

ambito sportivo

L’attività del numeroverde INFO-DOPING

ha rilevato chele persone che

utilizzano steroidianabolizzanti vogliono

a tutti i costimigliorare il loro

aspetto fisico,nell’incoscienza piùtotale di quello che

può accadere

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el Libro Bianco sullo Sport pre-sentato dalla Commissione euro-pea l’11 luglio 2007 si affermache lo sport è un fenomenosociale ed economico d’impor-

tanza crescente che contribuisce inmodo significativo agli obiettivi strate-gici di solidarietà e prosperità persegui-ti dall’Unione europea. Anche lo sportperò si trova ad affrontare le nuoveminacce e sfide emerse nella societàeuropea, come la pressione commercia-le, lo sfruttamento dei giovani giocato-ri, il doping, il razzismo, la violenza, lacorruzione e il riciclaggio del denaro. Ildoping, in particolare, rappresenta,secondo la Commissione, una minacciaper lo sport in tutto il mondo, anche inEuropa. Esso mina alla radice il princi-pio di una competizione aperta e leale(…) e minaccia seriamente la salutedegli individui. La Commissione invita,in tal senso, tutti i soggetti responsabi-li della salute pubblica a tenere contodei rischi dovuti al doping e si rivolgealle organizzazioni sportive affinchéelaborino norme di buona pratica pergarantire una migliore informazione ededucazione dei giovani sportivi perquanto riguarda le sostanze dopanti, imedicinali su ricetta che potrebbero

contenere tali sostanze e i loro effettisulla salute.Il fenomeno del doping nello sport haassunto, in questi ultimianni, aspetti e dimensioni diestrema gravità, una vera epropria emergenza sociale,trovando un sempre maggio-re coinvolgimento delmondo dei giovani sportivi, alivello non solo professioni-stico, ma soprattutto dilet-tantistico e amatoriale: sudiecimila ragazzi che fannosport, tra i tredici e i diciotto anni, il 7per cento ha ammesso di fare uso disostanze dopanti e di averle utilizzatedietro consiglio di amici o allenatori.In generale, sono stati stimati in 500mila gli italiani che fanno uso disostanze dopanti e, calcolando quantoavviene in altri Paesi europei, come laGran Bretagna o la Germania, sono 2milioni gli europei che ricorrono asostanze dopanti, e 15.5 milioni i“clienti” del doping in tutto il mondo.Dall’entrata in vigore, in Italia, dellalegge n. 376/2000, in tema di lottacontro il doping, l’assunzione e lo spac-cio di sostanze dopanti sono in nettacrescita: dai dati ufficiali forniti dal

Comando dei Carabinieri per la Tuteladella Salute risulta che, nel 2006, isequestri totali di sostanze ad azione

anabolizzante sono stati pari a88.550.In totale il giro d’affari corri-spondente alle operazioni piùimportanti è stato di circa 20milioni e mezzo di euro. Lefonti per l’approvvigionamentodelle sostanze illecite, comeevidenziato dai Carabinieri,sono molteplici e coinvolgonodirettamente familiari, amici,

compagni, allenatori, medici e farmaci-sti, ma anche esponenti della crimina-lità organizzata (cfr., www.ministerosa-lute.it, sezione Antidoping).I dati emersi devono indurre ad unariflessione seria, accurata, che abbiacome scopo principale la tutela dell’in-tegrità psicofisica degli sportivi, che lalegge n. 376/2000, nella sua interpre-tazione giurisprudenziale anche recen-te, solo in parte persegue. La tendenzacomunitaria muove ormai da tempo,come ribadito nel Libro Bianco, daipossibili danni agli atleti, prescindendodalla distinzione tra sport professioni-stici, dilettantistici o amatoriali, e con-sidera, solo in un secondo momento, iprofili attinenti agli illeciti sportivi. Ciòche occorre evidenziare e promuoverecon maggior rigore è il sistema di infor-mazione e formazione relativo ai rischiconnessi all’utilizzo di sostanze dopan-ti (e/o all’abuso di integratori), soprat-tutto nei confronti dei giovani che siavviano alla pratica sportiva, nonché diquelli che frequentano le palestre e icentri fitness.In tale direzione si è mosso il progettoeuropeo “Palestre Sicure - Attivitàmotoria e benessere dei consumatori”,cofinanziato dalla Commissione euro-pea e promosso dall’AssociazioneConsumatori Utenti-ACU, in collabora-zione con Coni Servizi, Iusm e numero-si enti pubblici, a livello regionale elocale, e istituti scolastici (cfr.,www.palestresicure.net).

Nel progetto in parola si è evidenziatocome il profilo della sicurezza nellepalestre e centri fitness è da intendereriferito a molteplici aspetti, tra i quali,in particolare:- la qualificazione professionale deglioperatori dello sport e del fitness;- la salubrità e sostenibilità ambientale;- la corretta educazione alla pratica fisi-co-sportiva;- l’uguaglianza sostanziale delle oppor-tunità d’accesso all’attività sportiva emotorio-ricreativa;- la cultura antidoping.Tra gli elementi di criticità emersi dal-l’indagine, si segnala, in questa sede,la qualificazione degli istruttori e deglioperatori del settore, anche per il ruoloeducativo nella promozione della salutee nella prevenzione del doping e del-l’abuso di integratori alimentari (cfr., IlSole 24 Ore Sport, n. 7/8, p. 1, 2007).La necessità di rafforzare la consapevo-lezza nei giovani sportivi o praticantiattività fisico-motoria del diritto allasicurezza ha determinato, nel corso del2006, una serie di azioni da parte dellaCommissione per la vigilanza ed il con-trollo sul doping e per la tutela dellasalute nelle attività sportive (cd. CVD),istituita dalla legge n. 376/2000. Taleorganismo ha stipulato, in particolare,un accordo di collaborazione biennalecon l’Istituto Superiore di Sanità (ISS)per la realizzazione dei seguenti obiet-tivi:1) campagne informative/formative edorganizzazione di convegni, in collabo-razione con le istituzioni universitarie escolastiche, il Coni, gli enti del serviziosanitario nazionale, le federazioni spor-tive nazionali, le leghe nazionali, lediscipline associate, gli enti di promo-zione sportiva, le società affiliate;2) campagne informative/formative diaggiornamento indirizzate ai medici;3) campagne di informazione rivolteprincipalmente ai giovani, tese a pro-muovere stili di vita sani, nonché avalorizzare il ruolo sociale ed etico dellosport.Tra i progetti finanziati rivolti all’infor-mazione sui temi del doping, si richia-ma l’indagine condotta sugli adolescen-ti dal Dipartimento di Psicologiadell’Università “La Sapienza” di Roma,la quale ha evidenziato che quelli disesso maschile più costantementedediti allo sport sono più propensi a uti-lizzare sostanze (steroidi anabolizzanti)per aumentare la performance sportiva,ignorando, però, le conseguenze danno-se che possono provocare sull’organi-smo. Un’altra indagine dell’Universitàdegli Studi di Roma “Tor Vergata” ha

rivelato che su 921 giovani di età com-presa fra i 12 e i 19 anni, il 64 percento dichiara di sapere che cos’è ildoping, ma soltanto una percentualemolto bassa sa riconoscere le sostanzedopanti. In generale emerge che l’80per cento dei ragazzi sono molto inte-ressati a ricevere informazioni su que-ste sostanze e consapevoli dell’inade-guatezza delle notizie che hanno adisposizione (la ribalta mediatica è dataa chi si dopa e non alle cause che por-tano al doping, come alla droga, all’al-cool, alla violenza).Dalle interviste si evidenzia inoltre ilruolo marginale degli allenatori e deidirigenti sportivi nell’informazione suitemi del doping, mentre il 18 per centodei giovani vorrebbe essere informatoproprio dal mondo dello sport e il 24per cento dai medici. I più giovani pre-feriscono rivolgersi ai genitori; tra i 14e 15 anni scelgono gli insegnanti, men-tre tra i 16 e i 19 anni confrontano idati raccolti con gli amici. La scuola,rispetto alla famiglia, diventa quindi larisorsa informativa più importante. Gliintervistati hanno dimostrato di fareancora confusione sull’uso di integrato-ri, considerandoli, in ogni caso, impor-tanti per l’attività sportiva, in sostitu-zione, spesso, di una sana alimentazio-ne. La medicalizzazione dell’atleta èormai diventata una vera e propriaricetta, con l’uso di sostanze facilmen-te reperibili (supermercati, erboristeria,internet).Più di un ragazzo su due è convinto,infine, che il doping serva per vincere,mentre più bassa è la percentuale dicoloro che pensano che migliori la forzafisica, la concentrazione, i riflessi, cheallontani la fatica muscolare e miglioriil recupero fisico.Si pone quindi la necessità di perveni-re ad un coordinamento a livello nazio-nale (ma anche regionale) - comerichiesto dalla stessa Convenzione

Internazionale contro il Doping, appro-vata dall’Assemblea Generaledell’Unesco il 19 ottobre 2005 e infase di ratifica ed esecuzione anche perl’Italia - tra tutti gli enti interessati allalotta al doping, per garantire una mag-giore efficacia e costanza delle azioni diprevenzione. Un altro punto qualifican-te è infatti il diretto coinvolgimentodelle Regioni nella lotta al doping. Inparticolare, nell’Accordo siglato il 28luglio 2005 tra il Ministero dellaSalute, le Regioni e le ProvinceAutonome di Trento e di Bolzano, sonostate definite le “Linee guida sui requi-siti organizzativi e di funzionamento deilaboratori antidoping regionali”. I laboratori devono garantire non solol’effettuazione dell’attività di controlloantidoping, ma anche la tutela dellasalute dei praticanti l’attività sportiva,soprattutto a livello amatoriale.Nonostante emerga una realtà localepiuttosto disomogenea, si rilevano, tragli altri, piani regionali antidoping diparticolare interesse a favore dei giova-ni sportivi, come quello della RegionePiemonte per il 2007, caratterizzatodalla costituzione di un gruppo interdi-sciplinare che sviluppa un’articolatariflessione etica, psicologica, filosoficae antropologica sull’attività sportiva,organizzando su questi temi corsi dieducazione permanente per allenatoridi squadre/gruppi giovanili, i qualicostituiscono il canale privilegiato dipromozione dell’etica sportiva.Lo scambio di informazioni e le buonepratiche tra governi, organizzazioniantidoping e laboratori (nazionali eregionali) è l’auspicio rivolto dallaCommissione europea nel Libro Biancosullo Sport per combattere il dilagantefenomeno del doping.

Lina Musumarra Avvocato. Professore di diritto dello sport,

università di Firenze

Unione europea

e doping

Le azioni di prevenzione

Il Libro Bianco presentato dalla Commissione

europea, se da un lato conferma il ruolo

sociale ed economico dello sport, dall’altro

rimarca il peso delle “nuove minacce” tra

cui lo sfruttamento dei giovani giocatori

NN

PRINCIPALI E PIÙ DIFFUSE SOSTANZE DOPANTIE LORO EFFETTI COLLATERALI (3)

Ormone della crescita ( GH ) - Effetti generali:- Acromegalia, indebolimento muscolare, modificazioni della fisionomia del cranio e del viso, artrosi,diabete mellito, impotenza, cardiopatia, cancro colorettale ed accorciamento dell'aspettativa di vita.Commenti- L'Istituto Superiore di Sanità ha istituito un Registro nazionale di utilizzatori che controlla profilo disicurezza e congruità della prescrizione.

Gonadotropina corionica umana ( HCG ) - Effetti generali:- Effetti collaterali più gravi: trombosi, ginecomastia, induzione di pubertà precoce nei bambini con con-seguente arresto dell'accrescimento, aumento e rottura delle cisti ovariche, aumento del volume deigenitali maschili e disturbi della sfera psichica.Commenti- Utilizzata prevalentemente dagli atleti maschi allo scopo di stimolare la secrezione degli ormoni andro-geni prima delle competizioni e di prevenire l'atrofia del tessuto gonadico indotta dalla protratta assun-zione di androgeni.Fattore di crescita insulino-simile ( IGF-1 )- Effetti collaterali simili a quelli connessi all'uso del GH. www.xagena.it

Sono stati stimati in500 mila gli italiani

che fanno uso disostanze dopanti,

2 milioni gli europei e15.5 milioni

i “clienti” del dopingin tutto il mondo

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port = salute psicofisica; Sport = divertimento; Sport =abilità; Sport = coraggio; Sport = spirito di iniziativa; Sport= difesa da molti mali sociali (droga, solitudine, stress…); Sport = serenità; Sport = aggregazione; Sport = … (epotremmo continuare all’infinito …) Peccato, però, che

oggigiorno tutto ciò sia diventato troppo bello per essere vero! Ineffetti ora lo Sport è spesso sinonimo di soldi, trucchi, raggiri, vio-lenza e, soprattutto, doping! Il doping (il cui termine pare risalen-te ad un’antica tribù dell’Africa Sud Orientale che col termine“dop” indicava un forte liquore che utilizzava come stimolante inoccasione delle cerimonie religiose) è da intendersi come l’assun-zione/somministrazione di medicinali o effettuazione di pratichemediche illecite non giustificate da condizioni patologiche, edidonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche del-l’organismo al fine di alterare le prestazioni degli atleti; talemodus operandi si è ormai sviluppato (senza alcun ritegno) amacchia d’olio in tutte le pratiche sportive sia nell’attività agoni-stica che non, e perfino in età scolare. Studi recenti hanno messoin luce, soprattutto tra i giovani sportivi che svolgono attivitàamatoriale, sia una superficiale conoscenza delle problematicheconnesse al doping sia la tendenza ad assumere anche sostanzedopanti pur di raggiungere traguardi ambiti; molti di tali giovanisi trovano nelle palestre nostrane ed è facile riconoscerli: fisiciscultorei e armoniosi, a volte perfetti. Ma il gioco vale la cande-la? Chi assume sostanze dopanti può incorrere, oltre che in graviconseguenze fisiche invalidanti, alterazioni psichiche e, talvolta,secondo l’attività praticata (professionistica o amatoriale), in ille-citi sportivi e anche in reati. Senza poi trascurare che dietro ilcommercio di integratori alimentari (dalla legge autorizzati), sinascondono spesso floridi mercati clandestini – i più attivi prove-nienti dall’Europa dell’Est – che, senza alcun controllo, introdu-cono nelle nostre palestre prodotti che in talune occasioni posso-no addirittura rivelarsi letali. Ben venga quindi l’opera di preven-zione finalmente attuata con ottimi risultati dalle Autorità diPubblica Sicurezza nostrane e dalle Istituzioni tese – da unaparte – a sensibilizzare maggiormente gli sportivi sulla natura, glieffetti e le conseguenze delle sostanze dopanti (le recenti cam-pagne antidoping del Ministero della Sanità ne sono un esempio),e – dall’altra – a delineare chiaramente i confini tra lecito e ille-cito (lo testimonia la legge 376/2000). Evoluzione legislativaL’inquadramento giuridico dell’allarmante fenomeno del doping ècosa tutt’altro che semplice a causa dei numerosi provvedimentilegislativi che, nel tempo, si sono succeduti nel settore, l’ultimodei quali intervenuto ad opera della legge n.376 del 2000: unbreve excursus storico seguito dalle risposte ad alcuni dei più fre-quenti interrogativi in merito all’applicazione della attuale leggein vigore può comunque servire ad orientare il lettore in questolabirinto di leggi e decreti tanto caro al legislatore italiano.1) La legge 26 ottobre 1971, n. 1099 (Tutela sanitaria delle attivitàsportive). Per la prima volta, nella nostra legislazione si prevede come reatosia la condotta dell’atleta che fa uso di sostanze (nocive alla salu-te) al fine di alterare le proprie prestazioni agonistiche sia quelladi colui che somministra tali sostanze allo sportivo. Purtroppo, nella sua applicazione pratica la legge si è rivelatascarsamente efficace nel combattere il doping sia a causa della

tenuità delle sanzioni penali previste (solo un’ammenda) sia per-ché l’elenco delle sostanze dopanti non è mai stato aggiornato ainuovi farmaci via via introdotti sul mercato.Oltretutto, la legge n. 689 del 1981 ha depenalizzato i reati inquestione derubricandoli a semplici illeciti amministrativi, al paridell’eccesso di velocità o della sosta vietata! È di tutta evidenza,dunque, che le conseguenze sull’effetto deterrente esercitato dasanzioni di così modesta entità vengano quasi sempre vanificate.2) La legge 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore delgiuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezzanello svolgimento di manifestazioni sportive). Seppure introdotta essenzialmente per altro scopo, ovvero percercare di combattere il fenomeno delle scommesse clandestinesportive, tale normativa sembra punire anche il doping nelle com-petizioni sportive organizzate dal Coni, dall’Unire o da altri entisportivi riconosciuti dallo Stato. Le opinioni in proposito deglioperatori del diritto sono diametralmente opposte, con buonapace per le soluzioni semplici. La querelle nasce essenzialmentedal tenore letterale della disposizione di legge che prevede lapunizione di chiunque “compie atti fraudolenti … al fine di rag-giungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto eleale svolgimento della competizione”. Secondo una corrente dipensiero, il doping sarebbe da considerarsi un atto fraudolentoche l’atleta compie con il fine di alterare l’esito della competizio-ne sportiva; per un’altra, invece, la condotta fraudolenta sarebbeesclusivamente quella dell’accordo tra lo sportivo e un soggettoesterno che paga l’atleta per pilotare il risultato finale della com-petizione già stabilito a tavolino. Può essere utile a questo propo-sito riportare il dictum di una tra le tante pronunce della Corte diCassazione in materia, secondo la quale “i comportamenti frau-dolenti previsti dalla suddetta norma consistono in attività proiet-tate all’esterno delle persone che le hanno deliberate ed in qual-che modo sinallagmatiche posto che collegano alla distorsionedella gara, che il soggetto esterno persegue, denaro od altra uti-lità perseguita dall’altro soggetto partecipante alla gara: dettecaratteristiche mancano nei fenomeni autogeni di doping che tro-vano adeguata sanzione negli ordinamenti sportivi”. 3) La legge 14 dicembre 2000, n. 376 (Disciplina della tutela sani-taria delle attività sportive e della lotta contro il doping). Viene intro-dotta col compito di ricomporre i piccoli frammenti di tutela con-fusamente sparsi in alcune (precedenti) leggi speciali. La nuovalegge – in cui si richiama il decreto del Ministero della Salute del15 ottobre 2002 recante l’elenco dei farmaci, delle sostanze bio-logicamente e farmacologicamente attive e delle pratiche medi-che dopanti (emanato solo il 15 ottobre 2002) – ha inteso privi-legiare soprattutto il valore della salute dell’atleta e della suaintegrità psicofisica Ciò è facilmente ricavabile dalla dizione delsuo art. 1, comma 1, per il quale “L’attività sportiva è diretta allapromozione della salute individuale e collettiva e deve essereinformata al rispetto dei valori etici e dei principi educativi richia-mati dalla Convenzione di Strasburgo contro il doping”.Tale legge, nei successivi commi 2 e 3 dello stesso art. 1 sopracitato, definisce doping “la somministrazione o l’assunzione difarmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente atti-ve e l’adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giusti-ficate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condi-zioni psicofisiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le

prestazioni agonistiche degli atleti” (comma 2), e la somministra-zione delle stesse sostanze “finalizzate e comunque idonee amodificare i risultati dei controlli sull’uso dei farmaci, dellesostanze e della pratiche indicati nel comma 2” (comma 3). Contale normativa, quindi, vengono ora equiparati al doping vero eproprio anche le condotte cosiddette “mascheranti”, ovvero l’as-sunzione di farmaci o pratiche che consentono di nascondere, inoccasione dei controlli, gli effetti del doping (si pensi alla sosti-tuzione o manomissione delle urine). Ma quali sono, oltre a quella sopra citata relativa al perseguimentodegli “agenti mascheranti”, le più importanti novità della legge376/2000?Innanzitutto, l’introduzione di responsabilità penali gravi, mai inpassato previste, sia a carico dell’atleta che di chi somministra lesostanze proibite; in secondo luogo, un’estensione della normati-va a tutte le competizioni agonistiche in cui siano coinvolti gliatleti (e non solo a quelle organizzate dal Coni, dall’Unire o daaltri enti sportivi riconosciuti dallo Stato, come era previsto dallaprecedente legge); inoltre, specifiche sanzioni accessorie (interdi-zione temporanea o permanente dall’attività sportiva e sanitaria)per chi assume e somministra sostanze vietate; pene consistentiper chi commercia illegalmente farmaci o sostanze dopanti; isti-tuzione di una Commissione di Vigilanza e di Controllo(Commissione Antidoping) di nomina ministeriale. La nuova leggeprevede anche un’articolata casistica di reati, in particolare: a) Il delitto di procacciamento, somministrazione, assunzione ofavoreggiamento dell’utilizzo di sostanze dopanti, punito, salvoche il fatto costituisca più grave reato, con la sanzione da tre mesia tre anni di reclusione e con la multa da 2.582,00 a 51.645,00Euro. Viene dunque punito nello stesso modo sia l’atleta cheassume sostanze dopanti sia chi ne favorisce il suo uso.b) Il delitto di adozione o sottoposizione a pratiche medichedopanti punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, sem-pre con la sanzione da tre mesi a tre anni di reclusione e con lamulta da Euro 2.582,00 a Euro 51.645,00.Vi rientrano tutte le attività di prescrizione e predisposizione dipratiche mediche dopanti comprendenti, oltre che l’utilizzo deisopra citati “agenti mascheranti”, anche il cosiddetto “dopingematico o trasfusione ematica” (autologa e/o eterologa).c) Il delitto di commercio illegale di farmaci o sostanze dopanti.Viene punito chi commercia farmaci e sostanze dopanti attraver-so canali diversi dalle farmacie aperte al pubblico, dalle farmacieospedaliere, dai dispensari aperti al pubblico e dalle altre strut-ture che detengono farmaci destinati alla loro utilizzazione sulpaziente.Ad oggi, da una disamina delle varie pronunce in materia, non èancora ben chiaro e definito se per commercio di sostanze dopan-ti debba intendersi esclusivamente un’attività organizzata, svoltain modo continuativo, o anche qualsiasi forma di cessione dietrocompenso.Vi sono poi circostanze che aggravano il reato quando:a) dal fatto deriva un danno per la salute;b) il fatto è commesso nei confronti di un minorenne;c) il fatto è commesso da un componente o da un dipendente delConi, ovvero di una federazione sportiva nazionale, di una socie-tà, di un’associazione o di un ente riconosciuti dal Coni. In talcaso, a tale condanna consegue l’interdizione permanente del reodagli uffici direttivi del CONI, delle federazioni sportive naziona-li, società, associazioni ed enti di promozione riconosciuti dalCONI. Se il fatto è commesso da chi esercita una professionesanitaria, alla condanna consegue anche l’interdizione tempora-nea dall’esercizio della professione.Alla legge n. 376 del 2000 ha fatto seguito il già citato decretodel Ministero della Salute 15 ottobre 2002, recante l’elenco deifarmaci proibiti e con esso è sorto subito un dubbio interpretati-vo: posto che la nuova legge ha introdotto una serie di reati primanon previsti e posto che solo nel 2002 è stato stabilito da unpunto di vista strettamente farmacologico quali siano le sostanzedopanti, tutti coloro che hanno commesso quei reati prima del2002 possono essere puniti a prescindere dal fatto che ancoranon si sapesse con precisione quali sostanze fosse o meno lecitosomministrare, assumere o commerciare a vario titolo? Nullum

crimen sine lege recita un famoso brocardo latino che riassumeuno dei principi fondamentali del nostro diritto penale: nessunopuò essere punito per un fatto che nel momento in cui è statocommesso non era previsto dalla legge come reato. Inutile direche anche in questo caso si sono formati due diversi orientamen-ti come per molti altri aspetti della legge antidoping: da un latoc’è chi ritiene che i reati di doping introdotti dalla legge 376/00sono configurabili anche se i relativi fatti sono stati commessiprima della emanazione del Decreto Ministeriale del 2002 diripartizione in classi delle sostanze dopanti, sempre che si trattidi farmaci inclusi nella legge 522/95 con la quale è stata ratifi-cata in Italia la Convenzione di Strasburgo contro il doping del 16novembre 1989; dall’altro, c’è invece chi non ritiene condivisibi-le questa conclusione, poiché se il legislatore avesse voluto rite-nere direttamente applicabile la Convenzione di Starsburgo loavrebbe fatto in maniera esplicita. Il caso è arrivato fino alleSezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, che hannorisolto tale conflitto giurisprudenziale, statuendo che il reato didoping è ascrivibile anche a coloro che abbiano assunto o som-ministrato sostanze dopanti prima che il Ministero della Saluteemanasse la “black list” dei farmaci vietati.Legge 376/2000:cosa manca e cosa migliorare.Sulla regolamentazione sportiva nulla da dire, mentre la normati-va 376/2000, presenta almeno tre grandi lacune:a) persegue e punisce (sostanzialmente) solo gli atleti professio-nisti (e non anche quindi quelli dilettanti ed amatoriali, comeinvece era previsto nel testo licenziato dal Senato prima della suamodifica definitiva), né – tantomeno – ad es. il cittadino che fre-quenta una palestra;b) fa riferimento ad un elenco di sostanze e di pratiche dopantiche, seppure aggiornato, come per legge, con cadenza semestra-le, non assicura la possibilità di individuare le varie metodiche ei prodotti dopanti che sono in continua evoluzione; c) difetta di prevedere responsabilità penali a carico di chi rifiu-ta di sottoporsi ai controlli antidoping – oggi punito solo dal puntodi vista sportivo –. Si potrebbe quindi intervenire per colmare le lacune suindicate:a) estendendo la portata sanzionatoria della normativa non soloagli atleti dilettanti, ma anche a tutti gli amatoriali;b) prevedendo l’applicazione della normativa anche all’uso disostanze e di pratiche dopanti “affini” a quelle menzionate nel-l’elenco sopra citato;c) applicando le stesse sanzioni tanto a chi dai controlli risultipositivo quanto a chi invece si rifiuti di effettuarli.Il doping in palestra.Principio informatore della legge 376/2000 è, ovviamente, nonsolo quello di assicurare una sostanziale equità nella possibilitàdi raggiungere validi risultati sportivi, ma è anche – e soprattutto– quello di tutelare quel bene costituzionalmente garantito che èla salute dei cittadini. L’arretratezza della norma in questionebalza di tutta evidenza quando si consideri come l’attuale gene-rale interesse per la forma fisica e la “bellezza” del corpo abbiaspinto e spinga una grandissima percentuale (giovane e menogiovane) di cittadini a frequentare assiduamente centri fitness epalestre, fenomeno questo, assolutamente sconosciuto solo qual-che decennio fa. Il considerare oggetto della normativa solo la“casta” degli atleti (professionisti), si estrinseca in una inam-missibile cecità o rifiuto di porre attenzione a quello che èoggettivamente un fenomeno universale e cioè che prima o poi,con maggiore o minore frequenza, ognuno di noi si trova a fre-quentare una palestra. Considerato ciò, non è forse condanna-bile non tenere conto che è proprio il singolo cittadino, non assi-stito e tutelato da medici o equipes di preparatori come per glisportivi professionisti, a correre il più grave pericolo di assume-re sostanze dopanti (anche per un semplice gesto di imitazioneed emulazione), con un apparato fisico certamente di qualitàinferiore (a quello di un atleta) e quindi più a rischio?

Alberto Foggia Avvocato, specializzato in diritto civile e societario

autore della banca dati sul diritto sportivo

Palestre, sport e legge

Chi assume sostanze dopanti può incorrere, oltre che in gravi conseguenze fisiche e alterazionipsichiche in illeciti sportivi e in reati. Inoltre, dietro il commercio degli integratori alimentariautorizzati dalla legge, si nascondono spesso floridi mercati clandestini che senza alcun controllo introducono nelle nostre palestre prodotti che possono addirittura rivelarsi letali

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Corpi perfetti tra pillolee falsi traguardi

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l doping nello sport d’alto livellorappresenta a tutt'oggi un proble-ma che si cerca di debellare, consempre maggiore successo,mediante controlli in allenamento

da parte non solo delle organizzazioninazionali, ma anche delle Federazioniinternazionali competenti. Tuttavia, inmolti Paesi, non vengono ancora effet-tuati controlli antidoping soddisfacenti;in particolare sussistono gravi carenzeper quanto concerne le misure di con-trollo da mettere in atto in allenamento.Bisogna mettere allo scoperto meccani-smi di carattere economico che sonoalle radici dell’induzione all’uso disostanze dopanti. Io ho la fortuna diappartenere a una categoria sportivaappena sfiorata dal doping (almeno inItalia), ma in certe discipline pratica-mente te lo impongono. Infatti in alcunisport (vedi ciclismo, atletica, calcioecc.) il doping è diventato un virusormai radicato e difficile da combattere.Questo è avvenuto, a parer mio, a causadei troppi interessi economici in giocoche portano ad esasperare il tutto infunzione di più spettacolarità quindi piùpopolarità e quindi più soldi.Tutto ciò porta ad usare gli atleti comedelle cavie ed a farli entrare in un siste-ma dal quale è difficile uscire (in alcunicasi gli atleti sono all’oscuro del tipo disostanza che gli viene somministrata).

Nella pallavolo,per fortuna, non presen-zia un problema di proporzioni cosìgrandi. Io pratico questo sport da quasi15 anni giocando a medio-alto livello(A2-B1), e non mi è mai capitato diassistere o essere indottoall’uso di sostanze dopanti.Questo non significa che nonci sia il problema ma solo cheè molto ridotto, dato che: gliinteressi in gioco sono minoridi altre discipline, la discipli-na stessa non incentiva l’usodi sostanze e merito anche diun linea di pensiero che, gra-zie alla nazionale degli annid’oro guidata dal sig. Velasco, si è diffu-sa nel mio sport.IL NON VOLER CREARE LA CULTURADELL’AIUTO.Questo concetto è molto formativo nonsolo per lo sportivo d’alto livello maanche per l’individuo in genere. Insostanza avere comunque la certezzache ci sia l’aiuto esterno (le sostanzedopanti) in caso di non perfetta condi-zione,porta una rilassatezza a livellomentale (sufficienza, deconcentrazione,minore caparbietà) dell’atleta che loporta a non centrare gli obbiettivi checon le sue forze avrebbe raggiunto edunque ricorrere al doping creando uncircolo vizioso. Tale concetto, secondo ilmio modesto parere, andrebbe diffusoin tutti gli ambienti sportivi di qualsiasilivello. Ma, soprattutto, andrebbe inse-gnato ai giovani facendogli capire chegli obbiettivi sportivi si raggiungonousando tutte le proprie risorse fisiche ementali,e che la soddisfazione che siottiene al raggiungimento di un traguar-do (senza “l’aiutino”) è impagabile. Unaltro problema che andrebbe toccato è ilcosto degli esami antidoping. Infattispesso le federazioni non riescono adeffettuare molti controlli a causa deicosti degli stessi. Bisognerebbe dunqueincentivare i controlli (e quindi combat-tere il doping) mettendo a disposizionedelle federazioni degli staff di speciali-sti che abbiano costi nulli o molto limi-tati. Ho avuto il piacere di allenarmi egiocare con diversi campioni di diversenazionalità ed attraverso i loro racconti

ho conosciuto realtà diverse. Ad esem-pio in alcuni paesi il doping nella palla-volo è molto più diffuso (casualmentenegli ultimi anni in questi paesi giranocifre astronomiche per il volley) e che

quasi tutti gli atleti stranieriche vanno a giocare lì perqualche loro club, non sannoche a loro insaputa gli vengo-no somministrate sostanzedopanti. Molti club russifanno credere (a detta di mieicolleghi che hanno militato lìper qualche stagione) all’atle-ta di dargli normali integratorialimentari (sali minerali,

amminoacidi ecc.) mentre non è così. Insomma il problema e molto vasto ecolpisce tutti chi più chi meno e tuttoquesto, spesso, a causa del businessche c’è dietro le società sportive e lefederazioni. È chiaro che senza il dena-ro non sarebbe possibile dar vita ai cam-pionati ed alle varie manifestazioninazionali ed internazionali, ma il giocovale la candela? Le persone che seguo-no lo sport lo seguirebbero ancora con lastessa passione sapendo cosa c’è die-tro? Ma ancora più importante i genitorisarebbero ancora entusiasti di mandarei loro figli ad intraprendere una discipli-na sportiva? Certo, queste domandesono un po’ drastiche ma, purtroppo, èin questa direzione che si sta andandocioè si sta togliendo credibilità allo sported agli atleti che lo praticano (e nondimentichiamo la salute degli atleti cheviene minata drasticamente). Per nonpensare a tutti gli sportivi che militanoin serie dilettantistiche che si dopanoper cercare di accedere al professioni-smo o per emulare i grandi campionisenza considerare che, ad alto livello, cisono dei medici che seguono gli atletimentre loro improvvisano mettendo arepentaglio la propria salute ed in alcu-ni casi la vita.Lo sport deve rimanere un piacere sanoe formativo che rappresenti dei valoriben precisi quindi non deve essere con-taminato dal doping.

Valmi Fontanot Pallavolista del “Volley Brolo” serie B1

Atleti come cavie

Una piaga che sta togliendo credibilità allo sport

In certe discipline l’uso di sostanze dopantiviene praticamente imposto e in ciclismo,atletica, calcio e altro il dopingè diventato un virus ormai radicatoe difficile da combattere

II

Valmi Fontanot in azione

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Salute e competizione

L’ossessionedelle classifiche

e dei primatil doping viene definito e intesocomunemente come la “droga” dellosportivo. Anche se dal punto di vistafarmacologico l’espressione “droga”

viene riferita a qualsiasi sostanza la cuiassunzione provochi modificazioni psico-fisiche, in ambito sportivo la linea didemarcazione con il doping risulta moltopoco definita. Purtroppo la mia esperien-za mi ha insegnato che molti “addetti ailavori” giocano su questa ambiguità met-tendo a repentaglio la salute dell’atleta.Mi è capitato anche, ad essere sincera, didiscutere con persone che invece consi-derano lo stesso allenamento sportivouna forma di doping, in quanto esso puòalterare alcuni parametri psicofisici e, allalunga, nuocere alla salute di chi lo prati-ca in modo eccessivo. Per me il dopingnello sport è una pratica finalizzata unica-mente al “barare”, contravvenendo alleregole e nuocendo alla salute fisica e psi-chica dell’atleta. Penso che il principalevalore dello sport consista proprio nelconfronto corretto e leale fra gli atleti, nelpieno rispetto delle regole. Il doping è perlo sport come un virus letale che si insi-nua in un corpo sano, causando la finedel concetto stesso di sport. Quindi, nellalotta al doping, non possono essercimezze misure, va combattuto con deter-minazione, fino in fondo, senza alcuncompromesso. Anche se in Italia è attiva,dal 2001, una legge che rende il dopingreato penale e ormai ogni cittadino è con-sapevole delle problematiche legate aldoping, dai recenti fatti di cronaca sem-bra che il fenomeno non si sia ridimen-sionato, anzi pare che tenda ad allargarsianche a fasce, fino a poco tempo fa,meno a rischio, come ad esempio quellegiovanili. Dobbiamo chiederci perché ciòaccada. Prima di cercare una rispostavorrei soffermarmi su alcuni aspetti dellosport. Lo sport è un valido strumentoeducativo, formativo e di sviluppo psicofi-sico per l'individuo, in quanto permette dimisurarci con i nostri e altrui limiti, diconoscerli e sfidarli, o semplicemente, diaccettarli. L’avversario e la competizionevengono sempre dopo, prima c’è la garacon se stessi nel cercare di trovare la giu-

sta concentrazione ed energia, la propriamotivazione e sicurezza. Le regole eticomorali da seguire sono semplici qualsiasisia la disciplina scelta e si basano,soprattutto, sulla lealtà e il rispetto del-l’avversario. Ogni situazione sportiva ciallena sempre alla vita, come ad esempioimparare a sapere gestire sia l’euforiadella vittoria che la frustrazione dellasconfitta. Lo sport, visto in quest’ottica,non è per l’individuo un risultato, ma unpercorso. La nostra società, tuttavia, amale classifiche. Si preferisce parlare deirisultati ottenuti, enfatizzando esclusiva-mente il “come” si è arrivati: primo,secondo... Quando battere il record ol’avversario a tutti i costi cancella ogniricerca di crescita e di rispetto verso sestessi e verso l’altro, allora il doping è ine-vitabile. Chi fa uso del doping corre piùveloce, nuota più a lungo, ha la mano piùferma, solleva più peso; il doping può illu-derci di vincere la gara contro i nostrilimiti, lo spazio e la nostra stessa naturaumana. Penso che, se la sfida fosse uni-camente questa, lo Sport e l’Uomo sareb-bero degli eterni sconfitti! Il doping fa vin-cere sicuramente allenatori scorretti, diri-genti senza scrupoli, medici criminali eingorde case farmaceutiche. L’atleta chesi dopa potrà anche diventare ricco,famoso, recordman ma è, e sarà sempre,lo sconfitto numero uno, perdendo la pro-pria la salute, la dignità e l’autostima.Oggi si parla di performance in tantiambiti non solo sportivi; l’“aiutino” ester-no, richiesto per raggiungerle, sembraassolutamente naturale e indispensabile.Gli stessi genitori si rivolgono, spesso, alpediatra di famiglia per chiedere un “aiu-tino” farmacologico che permetta, adesempio, al proprio figlio di essere piùintelligente a scuola, di crescere maggior-mente di statura e, magari, di esseremeno vivace e più ubbidiente. Per ogniproblema si cerca una soluzione in “pillo-la” acquistabile senza “fatica e pazien-za”. Siamo nell’era del “tutto e subito”,possibilmente senza sforzo e sacrificio, eil doping nello sport è una conseguenza,più che scontata, di questo tipo di cultu-ra. Ma lo sport, ripeto, deve vivere nella

totale tra-sparenza,correttez-za e leal-tà, altri-menti nonsi può piùd e f i n i r et a l e .Par l iamoora dello“ s p o r tspettaco-lo”. Ognicultura hai propri spettacoli e le proprie distrazionie lo sport può davvero essere spettacolo,ma non certo a discapito della salute odella dignità degli atleti, i quali devonorestare sempre e comunque atleti anchequando raggiungono la fama. Chi amal’agonismo sportivo ha il diritto di vivereserenamente uno sport pulito. I dirittivanno difesi ed è un dovere di tutti, dal-l’atleta agli allenatori, dai medici ai diri-genti, dai genitori agli educatori, battersiper tutelare tale diritto. L’atleta deveemanciparsi e capire quanto possa esse-re utile anche la lotta del singolo percombattere il doping, prima di tutto cer-cando di formarsi culturalmente e pre-tendendo d’essere un soggetto e non unoggetto. Studiare e crescere devonodiventare per l’atleta una priorità. Gliorganismi sportivi dovrebbero stipularedelle convenzioni con il Ministerodell’Istruzione e dell’Università per per-mettere agli sportivi “professionisti” didiplomarsi e laurearsi pur praticando l’at-tività agonistica al massimo livello.Questo sarebbe un chiaro segnale, daparte delle istituzioni, di un aiuto a favoredell’atleta, che costituisce l’anello piùdebole del sistema sportivo.

Emanuela PierantozziMedaglia d’argento a Barcellona ’92

e di bronzo a Sidney 2000,ricercatrice presso la facoltà di

scienze motorie di Bologna,docente di judo

II

Il doping fa vincere sicuramente allenatori e dirigenti senza scrupoli, medici criminalie case farmaceutiche. L’atleta che si dopa potràanche diventare ricco, famoso, recordman ma è,e sarà sempre, lo sconfitto numero uno perchéperderà la propria la salute, la dignità e l’autostima

Emanuela Pierantozzi

In alcuni sport

(vedi ciclismo,

atletica, calcio ecc.)

il doping è diventato

un virus ormai

radicato e difficile

da combattere

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30

vevo poco più di dieci anni, era inverno, faceva freddo,ma il sole di quel giorno mi avrebbe segnato per sem-pre. Nella carne e nell’animo, come un marchio afuoco: qualcuno aveva deciso, per un motivo folle o pernessun motivo, di farmi crescere subito. Un uomo

infermale: Vieni. Ti riscaldo le mani, sei tutta fredda». Daquel momento la mia vita si fece pesante. Eppure mai mivenne in mente di liberarmi da quel peso. Avevo paura dipassare per una bambina cattiva. Da allora ho attraversato tutti i miei anni sforzandomi di daredi me un’immagine perfetta e ricercando il modo per poterdimostrare quanto ero brava.Avevo quarant’anni quando mi decisi a tirare fuori questastoria. Lo feci con una psicologa. Il black out è dovuto allaperversione di uno zio. Lo zio che rappresenta l’uomo nerocon sfondo sessuale: imprevisto, incomprensibile, cattivo.Cresco, e di pari passo crescono le problematiche che deri-vano dalle oscenità subite.Da adolescente sognavo di diventare molto brava. Nellosport. Sarei diventata un’atleta, ma di quelle vincenti. Logiurai a me stessa. Lo giurai a mio padre. Tenni fede al giu-ramento. Avevo dentro una grande passione, l’atletica legge-ra e le Olimpiadi. Ma ero diventata piuttosto rotonda e con losport questo non va molto d’accordo. Mi venne una malattiapiuttosto grave e stetti ferma per sei mesi: dimagrii, bendieci chili. Così iniziai a somigliare ad un’atleta e trovaiparecchi consensi intorno a me. Poi, la svolta, perché ebbiun incidente e un intervento. Per fare la riabilitazione mimisi a marciare. Mi innamorai in modo sensazionale di que-sta disciplina. Feci il record italiano sui tremila metri. Ebbiil mio primo articolo sul giornale e un po’ di considerazione.Un giorno vado a vedere una gara a Milano. Vince una sviz-zera e mi dico: «La batterò». A casa dichiarai che sarei pas-sata alla marcia. Mio marito, mi disse con tono di chi nonammette repliche: «No, sei matta, non arriverai da nessunaparte!» Una mattina arrivò a casa accompagnato da un’altra.Se ne andarono e io corsi in bagno a vomitare la mia ama-rezza e non solo. Lo facevo da un po’, mi aiutava a starmeglio. Quando avevo problemi con mio marito bastava rim-

pinzarmi, poi svuotarmi e tutto assumeva più leggerezza. Nelgiugno 1979 faccio la prima gara e frantumo il record italia-no, ne segue subito un altro sui cinque chilometri. Partecipaialla Coppa del Mondo ed erano soltanto quattro mesi che micimentavo con la marcia: arrivai diciottesima. Mio marito miconvinse che senza di lui non sarei diventata forte, ad altolivello. Lui solo era il più forte degli allenatori. Accettai, per-ciò, che mi allenasse per fare questa scalata nel mondo dellosport e nella mia vita. Ma per compensare le voragini affetti-ve, ormai ero pienamente entrata nel vortice dell’anoressia edella bulimia. Ai campionati italiani arrivo prima. Finalmentesono qualcosa, valgo. Segue un record del mondo battuto suitre chilometri. Ci metto l’anima nel preparare i miei primiCampionati del Mondo e alla fine sono Campionessa delMondo con il record italiano. Penso che neppure la vittoriapossa regalarmi il calore di un uomo troppo vuoto, che pensasolo agli affari suoi, a maltrattarmi troppe volte, al punto difarmi stare talmente male da non avere più voglia di vivereuna vita vera.Mi piace la bici. Un inverno intero ho dedicato tutte le mieenergie mentali e fisiche per prepararmi a vincere i mondia-li del 2000. Siamo alla mattina della corsa. Faccio colazio-ne in un albergo di lusso, pagato (almeno così credevo) dalmio presidente nonché consigliere federale che mi ha ancheportato una fiala. Mi dice: «Ti farà andare forte». L’ha avutada un allenatore, un ex atleta, uno forte insomma, che se neintende. È la prima volta che prendo qualcosa di proibito. Eil doping me lo passa proprio lui, il dirigente di una federa-zione che fa della lotta al doping un fiore all’occhiello.«Sentirai un po’ di bruciore. Ma poi passa, e allora vedrai...»A cosa penso mentre sento il bruciore salirmi alle tempie?Per un attimo mi viene paura. Paura che svanisce con il bru-ciore. L’iniezione, comunque, mi fa male. Anche se il dolo-re, forse, è solo nella mia mente. Non finisco la gara. Mi ven-gono dei crampi micidiali alle cosce, ogni volta che provo arialzarmi sui pedali vado a planare sulla sella. Mi fermo.Prendo la mia bellissima bici, la butto nel canale che costeg-gia la strada. Si graffia un po’. Beata lei, che si è graffiatasolo un po’. Io invece sento una grande ferita dentro. So che

avrei potuto vincerlo, quel campionato. O ancheperderlo, ma in ogni caso sarei arrivata al tra-guardo. E arrivare senza quella “zozza” punturasarebbe stato comunque un successo. Scoproun mondo che mai avrei immaginato. Far risultare negativo l’antidoping quando faiuso di doping? Non c’è bisogno di una maestriaparticolare. Il Consigliere mi diceva che il GHnon si sarebbe mai “visto” e tanto meno l'EPO.Io poi ero anemica, e il mio ematocrito potevapassare da 36 a 42-43. “Volavo” e risultavopulita. Fino a quando non mi sono fatta l’antido-ping da sola, con la mia coscienza. Mi sonopunita e pulita da sola. Per dare un aiuto a mestessa, ma anche ai nostri figli, a tutti i giovani. Parole quali depressione, tumori, dipendenza,

infarto possono diventare realtà per quanti si dopano. Inutilepensare «tanto a me non accade», più stupido ancora nonpensare affatto. Tumore? Ma che dici? Mi disintossico, fac-cio le flebo, prendo vitamine, integratori. E poi, hai visto chefisico? Ho visto. Perciò, perché prendi l’EPO se non sei mala-to? L’EPO serve, certo. Ma solo a chi è gravemente malato. Eancora, perché prendi l’ormone della crescita? Sei un nano? Sono alta un metro e sessantotto. Eppure ho preso il GH,l’ormone della crescita. Per poco tempo, d’accordo.Sufficiente, tuttavia, a farmi ammalare? Una domanda senzarisposta. Come tante altre. Domande di atleti malati, o addi-rittura morti, senza che il loro dubbio fosse fugato. Destino?O doping? Impossibile sapere. Impossibile conoscere glieffetti provocati dall’abuso di farmaci (Dosi da cavallo!) daparte di persone sane: gli effetti di ogni medicinale vengonotestati in base a dosaggi equilibrati e soprattutto terapeutici.Senza contare che il doping è un veleno subdolo: può ucci-derti a distanza di anni. Il doping può provocare anche altrimali. Striscianti, subdoli, bastardi. Gravi. Non ti condanna-no a morte. Ti condannano a vivere: potresti svegliarti, unamattina, con un senso di angoscia che ti attanaglia lo stoma-co; inizi a sentirti inutile, non sai più cosa vuoi. Eppure haitutto, no? Una famiglia, la salute (a volte), i soldi (qualcu-no)... Eppure non ti senti. Bene? Male? Non ti senti. E basta.E alla fine crolli. Sei depresso. Stai male. Ma gli altri non lovedono: non sei malato. Sei solo scontento. Viziato? Ma chedepressione e depressione! Sei un atleta, perbacco. Un vin-cente. I depressi sono dei deboli. Eppure il doping puòlasciarti anche questo regalo, la depressione. Duro sconfig-gerla, riconoscerla, ammettere di averla è già un successo. Ioci sono passata. L’ho capito solo dopo, quando la mia testaha ripreso finalmente a ragionare. Ho preso ancora medici-

ne. Questa volta, però,in dosi previste e pre-scritte. E soprattuttocon uno scopo “nor-male”, per guarire dauna malattia. Ora misembra di vivere, com-battere, ammirare lecose semplici. Mipiace dire e capire laparola amore nel suosignificato vero: amoreper i miei cari, per mestessa, per un idealein cui credo.Esiste un glossario deldoping: «Ho la mar-mellata al posto delsangue», «Va comeuna moto», «Lo strego-ne, cioè un medicoche elargisce dopingcome l’acqua quandosi muore di sete e usa gli atleti “come carta igienica neglihotel di lusso”», «Quello è carico e vedrai che quest’annovince i mondiali». Ma come si arriva a convincersi che dopar-si va bene? Come è possibile tendere una mano e stringerlaintorno a una fiala per spedirne il liquido nel nostro corpo?Come non capire che quel liquido, una volta dentro al nostroorganismo, prima o poi esploderà come una bomba a orolo-geria e farà danni irreparabili? Spesso non si crede che suc-cederà “proprio a noi”. Altre volte si vince la paura perché ilrisultato, ad ogni costo, è più importante di una sconfitta. Ecomunque nessuno ti dice mai: «Guarda che se prendi que-sta roba puoi morire». Parlare di “cure” anziché di dopingcrea confusione. Anche se in realtà sai ciò che fai. Ma quel-le cure ti seducono anche se sono una minaccia che tiannienta, paralizza, uccide. Lì per lì, però, la fatica svaniscenel nulla e credi di aver vinto. Ma è a quel punto che, pro-prio quando meno te lo aspetti, quando ormai credi di averevitato tutti i divieti che la natura ti ordina, si chiude persempre il passaggio a livello della sopportazione del tuo fisi-co: ti ammali. A quel punto vorresti tornare indietro, vorrestinon subire questa “punizione”, ma ormai è tardi, puoi solosperare che ti vada bene. Puoi andare avanti il più in frettapossibile, senza mai voltarti perché potresti inciampare epotrebbe essere fatale. Un giorno, di ritorno da un allena-mento, passo davanti a una chiesetta. La vedo, ma non laguardo. Non posso fare a meno, però, di sentire i rintocchidelle campane. Suonano a morto. Rintoccano e rimbomba-no, prima nella testa e poi giù, fino al cuore, quasi a carpir-ne il ritmo. Sono viva ma in realtà sono morta. Come donna.La Giuliana di una volta è morta. Cerco di cacciare dal miocuore il suono delle campane. Questa è l’onnipotenza del-l’atleta, ti senti forte, sempre e comunque. Ma sei vulnerabi-le, e in fondo lo sai. Non si può essere forti quando ci siabbassa a compromessi così meschini. Si è forti quandoquelle fiale le butti nel secchio, quando accetti di perdere.«Voglio uscire allo scoperto. Denunciare me stessa. E denun-ciare il doping». Mio figlio ha quattordici anni. Ama il calcioe una madre che ha fatto tanti sbagli. Tutti errori che lui hadovuto subire. Scusami Barnaba.

Giuliana Salce Campionessa mondiale di marcia, record mondiale

di marcia sui 5 Km. Autrice del libro “Dalla vita in giù”una battaglia contro il doping, una battaglia per la vita

Storia di una ferita dell’animaSe “l’uomo nero” entra nella vita di una bambina

“Mio marito mi convinse che senza di lui non sarei diventata forte, ad alto livello. Lui solo era il più forte degli allenatori. Accettai, perciò, che mi allenasse per fare questascalata nel mondo dello sport e nella mia vita. Ma per compensare le voragini affettive,ormai ero pienamente entrata nel vortice dell’anoressia e della bulimia”

AA

Giuliana Salce, durante la realizzazione delrecord mondiale di marcia sui 5 Km

Giuliana Salce ricevuta da Papa Giovanni Paolo II

PRINCIPALI E PIÙ DIFFUSE SOSTANZE DOPANTIE LORO EFFETTI COLLATERALI (4)

Stimolanti - Utilizzati per aumentare l'aggressività, la competitività, la resi-stenza alla fatica e per perdere di peso.Amfetamine - Effetti generali:- Vomito, dolori addominali e scomparsa dell'appetito;- effetti indesiderati a livello cardiovascolare: palpitazioni, angina, aritmie,collasso cardiovascolare;- effetti indesiderati a livello del SNC: delirio, paranoia, psicosi, allucinazio-ni, riflessi iperattivi;- ipertermia che può risultare fatale in competizioni effettuate a temperatureelevate o per tempi prolungati;- astinenza che si manifesta con depressione, stanchezza cronica e famesmodata;- l'assunzione di dosi eccessive può portare a convulsioni ed emorragie cere-brali;- danni ai tendini, muscoli e articolazioni.Commenti: Mascherando la fatica possono indurre a sforzi eccessivi, con con-seguenti danni ai tendini, muscoli e articolazioni.Cocaina - Effetti generali:- Disturbi del sonno, attività motoria involontaria, comportamento stereotipa-to, paranoia, cambiamenti di umore imprevedibili, irritabilità aumentatorischio di comportamento violento (soprattutto negli utilizzatori cronici),aumento (dose-dipendente) della frequenza cardiaca e della pressione arte-riosa;- fenomeni di dipendenza;- sindrome da astinenza caratterizzata da stanchezza, depressione, convulsio-ni e un aumento della fame e del sonno;- altri rischi: aritmie cardiache, ischemia/infarto del miocardio, miocarditi,vasocostrizione cerebrale e convulsioni.Diuretici e sostanze mascheranti - Effetti generali:- Ipotensione severa che può portare a collasso, ipocalemia che può degenera-re in arresto cardiaco, anemia emolitica, pancreatite, insufficienza renale e alte-razione della funzionalità epatica. Tali effetti si sommano inoltre a quelli di cuisi vuole mascherare l'utilizzo (principalmente anabolizzanti e stimolanti).Commenti: - I diuretici non sono considerati mascheranti, nello sport, concategorie di peso come il pugilato, perchè facendo diminuire il peso permet-tono all'atleta di gareggiare in categorie inferiori.

www.xagena.it

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in collaborazione con ilCentro Europeo di Studi sulla Devianza Minorile

Dipartimento Giustizia Minorile Ministero della Giustizia

con il contributo del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli

NisidaCentro Europeo di StudiNapoli, 8 ottobre 2007 ore - 9:00

convegno

Abbandono scolastico: incidenza sulla devianza minorileLe iniziative del volontariato socialeper una rete di coordinamento con le istituzioni per ricuperare la funzione educativa

È evidente che esiste un rapporto diretto tra evasio-

ne scolastica, disagio sociale e devianza. Il fenomeno

della dispersione scolastica in Campania assume

connotazioni ben più pericolose.

Con il suo comportamento lo studente assenteista

rischia l’emarginazione sociale e conseguentemente

è più portato ad assumere atteggiamenti che posso-

no sfociare in condotte penalmente sanzionabili .

Le azioni preventive, volte a favorire la regolare fre-

quenza scolastica, sono da tempo messe in pratica

nelle scuole in cui gli studenti mostrano difficoltà di

integrazione nella comunità, premessa quest’ultima

per un fallimento degli obiettivi posti dalla società e

dalla realtà quotidiana del vissuto familiare.

La collaborazione tra le scuole ed il Comune è at-

tuata attraverso i servizi sociali. Ma anche le associa-

zioni di volontariato, che operano sul campo, da tem-

posono impegnatenella lottaall’esclusionescolastica

con iniziative che hanno prodotto anche buoni risulta-

ti.Attività messe in campo e i cui risultati ottenuti sono

frutto di piani specifici che possono essere adottati

anche da altre strutture o enti preposti per recuperare

il maggior numero di minori a rischio. Se la loro azione

fosse coordinata con i diversi interventi posti in essere

da ciascun ente istituzionale, si potrebbero ottenere

risultati ben più apprezzabili con la speranza di veder

diminuire nelle strade delle nostre città i delinquenti

baby e nei sotterranei delle tante fabbriche diminuire

la produzione che sfrutta manodopera minorile.

Scopo di questa iniziativa, promossa da due enti

Croce Rossa ed @uxlia che operano nel volontariato

sociale, punta ad un coinvolgimento interattivo tra di-

versi enti istituzionali eassociazioni di volontariato,mi-

rando alla creazione di reti di lavoro interdisciplinari e

alla standardizzazione di piani di azione che possano

produrre risultati e diventare una formula applicabile a

questioni di simile natura.

Ciò che si intende sollecitare e promuovere è una

cultura del lavoro di rete tra istituzioni e servizi pre-

senti sul territorio, stabilire delle relazioni con delle

associazioni sollecitandone la collaborazione, per far

convergere risorse competenze e disponibilità e per

la costruzione di una comune metodologia di lavoro,

una programmazione coordinata degli interventi posti

in essere da ciascun ente o associazione che punta-

no verso un obiettivo comune: migliorare la società

in cui viviamo.

Un minore salvato oggi sarà un uomo migliore

domani. Sarebbe un bel passo in avanti e un gros-

so contributo verso un cambiamento sociale in un

ambiente distorto.

Francesco Cimmino Grazia Russo

Con il patrocinio di:

CORECOM

CROCE ROSSA ITALIANAComitato Regionale della Campania

U MANITARIA

ROTARY

P R O G R A M M ASSAALLUUTTII AAUUTTOORRIITTÀÀ PPRREESSEENNTTIIInvitati Ministro della Giustizia, Ministro dell’Istruzione,Ministro delle Riforme e Innovazioni nella P.A., Autorità localiRREELLAATTOORRII::IIssaabbeellllaa MMaassttrrooppaassqquuaa - Dirigente del Centro Studi Europeo sulla devian-za minorile Dipartimento Giustizia MinorileMMaassssiimmoo BBaarrrraa - Presidente Nazionale Croce Rossa ItalianaVViinncceennzzoo SSccooggnnaammiigglliioo - Vicepresidente Nazionale Croce Rossa ItalianaMMaassssiimmiilliiaannoo FFaannnnii CCaanneelllleess - Direttore Responsabile Social News e diri-gente medico Asl n.4 TriesteEEmmaannuueell MMiiaann - Presidente Istituto Internazionale sul disagio e la salutenell’adolescenza - @uxiliaPPiieerroo AAmmooss NNaannnniinnii - Presidente Società UmanitariaFFrraannccoo TToorrttoorraannoo - Presidente Consiglio Ordine Avvocati di NapoliFFaabbrriizziiaa BBaaggnnaattii - Coordinatrice Commissione diritto minorile delConsiglio Ordine Avvocati di NapoliLLuuiissaa EErrrriiccoo - Esperta Diritto Minorile, Presidente Associazione CentroStudi Diritto degli AffettiAAnnttoonniioo SSaassssoo - Direttore quotidiano ROMA per il progetto “minicronistasportivo per un giorno”

AAnnggeellaa CCoorrtteessee - Assessore alle Politiche Formative della Provincia diNapoli per il progetto “Space goal”MMaarriiaa TTeerreessaa RRoottoonnddaarroo - Procura Minorile di NapoliCCaarrmmeellaa CCaavvaalllloo -- Capodipartimento Giustizia Minorile – Ministero dellaGiustiziaSSeerreenneellllaa PPeessaarriinn - Direttore Generale per l’attuazione dei provvedimentigiudiziari – Dipartimento Giustizia MinorileRRoobbeerrttoo FFaallaavvoollttii - Presidente Innovazione Italia s.p.a.Ministero delle Riforme nella P.A.RRoossaa DD’’AAmmeelliioo - Assessore Politiche Sociali della Regione CampaniaGGiiuusseeppppee GGaammbbaallee - Assessore Educazione del Comune di NapoliVViittttoorriioo MMoosscchhiittttii - Rotary NapoliGGiiuusseeppppee CCaallooggeerroo - Ideatore del programma “Monitore” per la SocietàUmanitariaLLuuiiggii NNaappppii - Esperto in comunicazione, realizzatore progetto“Comunicando”OOrreessttee DD’’AAuurriiaa - Presidente Croce Rossa Italiana Comitato RegionaleCampaniaMMOODDEERRAATTOORRII:: FFrraanncceessccoo CCiimmmmiinnoo,,GGrraazziiaa RRuussssoo