La Donna Nella Poesia Di Eugenio Montale

download La Donna Nella Poesia Di Eugenio Montale

of 14

Transcript of La Donna Nella Poesia Di Eugenio Montale

  • 7/29/2019 La Donna Nella Poesia Di Eugenio Montale

    1/14

    La donna nella poesia di Eugenio Montale (da Ossi di seppia a Satura)

    A trentanni dalla morte di Drusilla Tanzi, moglie di Eugenio Montale, pi nota a suoi lettori col

    nome-senhal di Mosca, vogliamo ripercorrere la parte fondamentale della poesia montaliana,

    seguendo il filo rosso della presenza femminile in essa, ma con una limitazione: non ciinteresseremo delle presenze episodiche o di quelle figure, pur importanti (Liuba, Dora Markus,

    Gerti e altre) che, a detta dello stesso autore, costituiscono suoi doppi.

    In nessuno dei grandi poeti italiani del 900 (con leccezione di Umberto Saba) la donna ha una

    collocazione centrale nellitinerario poetico.

    Particolare attenzione sar dedicata allaBufera, vertice dellopera montaliana e luogo di transito

    privilegiato di tutte le sue figure femminili.

    La donna che si salva

    Negli Ossi di seppia (la prima edizione esce nel 1925) colpisce lassenza pressoch assoluta di

    personaggi femminili. Il tu, che si pu considerare il segno stesso della poesia montaliana, negliscarni componimenti degli Ossi , di volta in volta, il poeta stesso, la memoria, il tempo, il lettore, il

    mare, e cos via. Leccezione importante (a parte quella di Ripenso il tuo sorriso, ed per me

    unacqua limpida, che non analizzeremo) costituita dal personaggio di Esterina di Falsetto. In un

    paesaggio caratterizzato con i tre elementi fondamentali della raccolta (lacqua, simbolo di

    rigenerazione, il sole, simbolo vitale ma anche causa di aridit del paesaggio reale e mentale, e il

    vento, simbolo di metamorfosi) la giovane, che sta per compiere i ventanni, distesa su uno

    scoglio. Alzatasi, si dirige su un ponticello e si tuffa a mare. Questo il fatto. Ai tre momenti

    (invocazione, descrizione di lei distesa, narrazione del tuffo) corrispondono tre strofe, che, come

    sempre nel primo Montale, partendo dallosservazione di un fenomeno, tentano la riflessione, la

    sentenza. La prima strofa immagina un futuro della ragazza, pura e orgogliosa come larciera

    Diana, di resistenza (ideale etico-estetico di Montale, mai chiarito nei suoi contenuti: resistenza

    alla vita, vista come male, sicuramente nella prima raccolta, come in Spesso il male di vivere).

    Nella seconda strofa la fanciulla paragonata ad una lucertola, che si nutre di sole. Ma la sua

    perfezione pare essere insidiata dallincipiente giovinezza. Perch? Il secondo paragone con

    unalga o un ciottolo, comunque con una creatura che dallacqua viene levigata e temprata

    (pensiamo allUngaretti deI fiumi). Nellultima strofa il poeta accetta il punto di vista di Esterina: il

    presente non deve essere offuscato dallangosciante pensiero del domani oscuro. Il tuffo sembra

    tagliare il nodo di Gordio: limmersione nellelemento vitale (ciclico) del mare, divino amico,

    suscita linvidia del poeta, che appartiene alla razza / di chi rimane a terra. La poesia richia di

    essere letta come un compiaciuto bozzetto impressionistico se non viene vista contestualmente al

    libro. Negli Ossi un tessuto di simboli opera costantemente in tutte le poesie: abbiamo gi accennatoai simboli elementari del sole, del vento e dellacqua(-mare) (da mettere ovviamente in correlazione

    con il paesaggio ligure della giovinezza del poeta). Nel tempo lineare e nel mondo dominato dalla

    necessit, Montale ha immaginato varchi, maglie rotte nella rete (da questo punto di vista va

    sottolineata linfluenza del pensatore russo Lev Sestov, oltre che, naturalmente, di Schopenauer).

    Ma alla fine degli Ossi la salvezza, la rottura delle catene spazio-temporali non si d. Nella suite

    Mediterrano il poeta intesse un fitto dialogo col il mare-padre. La fusione con lelemento

    primigenio (padre, ma soprattutto, madre: il regressum ad uterum-mare , per esempio, anche nella

    poesia del filosofo triestino Carlo Michelstaeder, la cui opera presenta non poche analogie con il

    primo Montale) appare lunica possibilit di salvezza: Avrei voluto sentirmi scabro ed essenziale /

    siccome i ciottoli che tu volvi (Mediterraneo VII), non per raggiungere uno stato di mistica fusione

    col Dio-Tutto (Ungaretti), ma per collocarsi al di fuori del tempo (la vera grande ossessione delpoeta): scheggia fuori del tempo, testimone / di una volont fredda che non passa. Ma non stato

    cos. La fusione salvifica col mare viene rifiutata dal doppio del poeta, Arsenio, nella poesia che

  • 7/29/2019 La Donna Nella Poesia Di Eugenio Montale

    2/14

    conclude idealmente la raccolta: tutto che ti riprende, strada portico / mura specchi ti figge in una

    sola / ghiacciata moltitudine di morti (Arsenio). Ecco allora che la figura di Esterina si illumina:

    essa colei che ha accettato dionisiacamente la fusione con il mare, che la preserver dalla precoce

    vecchia che colpir il poeta. Possiamo aggiungere che il nome della ragazza (di derivazione biblica)

    e il paragone con larciera Diana permettono di vederla come una di quelle disturbate Divinit

    di cui Montale parla ne I limoni. Ma allora come ci spieghiamo il titolo della poesia? Il falsetto,come si sa, un tono di voce pi alto (o pi basso) del normale. Che cos sopra le righe in questa

    poesia? Forse, con unironia che esploder solo nel suo quarto tempo (da Satura in poi) Montale

    vuole mettere in dubbio le affermazioni stesse dei versi, suggerire che la salvezza nella fusione

    panica con gli elementi improponibile per chi ha usato la ragione come un affilato strumento di

    distruzione: il mito di Esterina vive, in fondo, della sua incoscienza. E una creatura sovrumana

    proprio perch sub-umana, perch si libera della contraddizione scrollandosela dalle spalle [un

    crollar di spalle / dirocca i fortilizi / del tuo domani oscuro], anzich penetrarvi (Claudio Scarpati,

    Invito alla lettura di Montale, Mursia, 1988, pp. 47-48).

    Il visiting-angel

    Le occasioni (1939, con poesie dal 1926 al 1939) presentano a partire dalla VI edizione del 1949

    la dedica a I.B.: Irma Brandeis, studiosa ebreo-americana, amata dal poeta negli anni Trenta. E

    Clizia, la figura dominante del secondo e del terzo libro di Montale. Il senhalallude alla mitologia

    greca: Clizia, ninfa, figlia di Teti e dellOceano, amata da Apollo, tradita dal dio, si lasci morire di

    fame e fu da lui trasformata in eliotropio ( il girasole che gi in una poesia degli Ossi,Portami il

    girasole chio lo trapianti, si era caratterizzato come simbolo dellanima umana sempre rivolta alla

    luce). Tutta la sezione centrale de Le occasioni, i venti componimenti brevi chiamati Mottetti,

    sono un fitto dialogo con la donna evocata sempre in absentia, essere remoto e salvifico, divino e

    demoniaco, di cui il mondo serba vestigia e la cui potenza si trasmette investendo di s un qualsiasi

    elemento dello spazio e del tempo (Franco Fortini, I poeti del Novecento, Laterza, 1980, p. 135).

    Clizia si caratterizza subito come messaggera di un mondo altro, non regolato dal tempo lineare e

    dalla necessit. La struttura dominante dei Mottetti consiste nella descrizione di una terra

    desolata. Langoscia viene alleviata solo dal ricordo della donna o da oscuri segni che portano

    ancora tracce della sua presenza (il pegno solo chebbi in grazia / da te, I), da ambigui

    accadimenti ((a Modena, tra i portici / un servo gallonato trascinava / due sciacalli al guinzaglio),

    occasioni, appunto, che fanno scattare la rimembranza dellAssente: questo del ricordo gli si rivela

    come il solo scampo consentito agli uomini contro il nulla che tutto cancella (Alvaro Valentini,

    Eugenio Montale, in Letteratura italiana contemporanea, Lucarini, 1984, vol.II**, p.193). Ma

    spesso la memoria si rivela strumento scordato, come nella celebre Non recidere forbice quel

    volto. E un senso di scacco domina alla fine su tutta la sezione.

    E la fase stilnovistica della poesia di Eugenio Montale, caratterizzata da un lessico prezioso,da una metrica alta (centrata sullendecasillabo e il settenario), dominata da iperbati a arditi

    costrutti, con una forte riduzione della presenza di rime, che sostituisce leloquio prosastico degli

    Ossi.

    Clizia la protagonista di due grandi poesie de Le occasioni: Elegia di Pico Farnese e Palio

    (che non analizzeremo). Stavolta la donna c e diviene il centro stesso dellesperienza. NellElegia

    (per la quale rinviamo alla magistrale analisi di Giacomo Debenedetti, in Poesia italiana del

    Novecento, Garzanti, 1974) Clizia la messaggera alata e accigliata che porta a maturazione i

    processi vitali e si oppone alla volgarit e alla superstizione della religiosit tradizionale, necrofila

    e mortifera (alza il sudario) vista nel suo momento di massima degradazione: una festa di paese

    in un borgo in provincia di Frosinone con relativa processione e sagra (fatta di collana di

    nocciuole, / zucchero filato a mano). Allamore di donne barbute, a un vano farnetico il poetacontrappone lAmore (con la a maiuscola) di Clizia. Condotti da un segno i due amanti

    arrivano al baraccone del tiro a piattello. L avviene la metamorfosi: trovata la chiave del giorno,

  • 7/29/2019 La Donna Nella Poesia Di Eugenio Montale

    3/14

    Clizia trasforma il giovane addetto ai fucili Anacleto da lemure (ovvero spirito vagante dei morti)

    in divinit. Il suo potere consiste dunque nel far passare la potenza in atto. Il fanciullo, fino ad allora

    appartenente alla realt bassa, viene elevato inconsapevolmente a una realt sconosciuta. Che

    questo avvenga solo negli occhi del poeta lambiguit di questa e di tutta la poesia di Montale...

    Ha scritto uno dei pi acuti critici italiani:

    La privatizzazione dellesperienza (scompare il noi degli Ossi) comporta lapprofondimento

    della dialettica caso-miracolo e, soprattutto, di quel ruolo salvico del fantasma femminile, visiting

    Angel [definizione dello stesso Montale], che il vero basso continuo del libro: ruolo che nelle

    ultime liriche (come le Nuove stanze) diverr pi impegnativamente garanzia di una salvezza o

    speranza non pi solo private di fronte allavvicinarsi della rissa cristiana. E nelle Occasioni

    fissata anche la duplicit contraddittoria (passibile di sdoppiamenti) caratteristica della donna

    montaliana [...]: distanza dal mondo e sintomatologia angelico-celeste (lessere altrove di Clizia, il

    tema figurativo ricorrente delle ali, del volo, ecc., il carattere folgorante delle apparizioni), ma

    anche vitalit terrestre e quasi ferina [...]; luminosit e dolcezza troppo umane ma anche demonicit

    oscura, annientatrice (v. il finale di Ritorno) e algidit inflessibile di sibilla (il duro sguardo di

    cristallo, gli occhi di acciaio). Duplicit derivante, tra laltro, dal fatto che Montale ha rovesciato sulfemminino lambiguit stessa insita nella nozione del divino, o meglio del numinoso.

    (Pier Vincenzo Mengaldo,Poeti italiani del Novecento, Mondadori, 1978, p. 526).

    Clizia apportatrice di una salvezza (individuale, del solo poeta) non solo dalla volgarit della

    realt, ma anche dalla degenerazione storica che mandava gi i suoi sinistri bagliori di guerra. Se

    infatti torniamo allElegia vedremo, seguendo lanalisi illuminante di Angelo Jacomuzzi, nel lemure

    divenuto celeste, Anacleto, che ricarica i fucili anche una sottile allusione alla tragedia incombente

    della guerra (Jacomuzzi, La poesia di Montale. Dagli Ossi ai Diari, Einaudi, 1978, pp. 127-

    145). Clizia appare allora come la depositaria stessa della cultura europea, solare (come suggerisce

    il suo nome), apollinea, colei che ha e d forma al magmatico. Laltro mondo, lEldorado,

    anche la tradizione europea che va a pezzi sotto i colpi della barbarie nazi-fascista.

    Ma ne Le occasioni presente unaltra, pi misteriosa figura femminile. E Arletta, una ragazza

    morta giovane che evoca la Silvia leopardiana. Arletta protagonista di alcune poesie fondamentali

    della raccolta: La casa dei doganieri, Stanze, Lestate. Che cosa rappresenta questa fanciulla morta

    / Aretusa (Lestate)? Sicuramente lemersione del mondo ctonio dei morti, preannunciato dalla

    grande poesie degli Ossi:

    Cos

    forse anche ai morti tolto ogni riposo

    nelle zolle: una forza indi li tragge

    spietata pi del vivere, ed attorno,larve rimorse dai ricordi umani,

    li volge fino a queste spiagge, fiati

    senza materia o voce

    traditi dalla tenebra...

    (I morti)

    Ancora un dialogo in absentia. Ma i morti, a differenza di Clizia, non possono tornare e non

    irriadiano luce di salvezza, ma angoscia che si perpetua. Il recupero memoriale non sembra

    funzionare, perch i morti vivono in un altro tempo (La casa dei doganieri). Il poeta ricerca invano

    il punto onde si mosse / il sangue che ti nutre. Eppure in Lestate, in un clima di estraneit fra levarie realt naturali (Lombra crociata del gheppio pare ignota / ai giovinetti arbusti) la fanciulla

    morta forse torna, nel guizzo argenteo della trota / controcorrente (come non vedervi

  • 7/29/2019 La Donna Nella Poesia Di Eugenio Montale

    4/14

    unanticipazione de Languilla?). Allora c un rapporto tra il nostro mondo e i morti, ma

    necessario dimettere i panni del fedele che attende il miracolo che cali dallalto ad opera di una

    messaggera angelica e setacciare i minimi segni della realt naturale, bassa, acquatica. Qualcosa

    passer la cuna stretta della memoria, che, ancora una volta, lunica possibilit di salvezza.

    Servabo.

    Tre donne intorno al cor mi son venute...

    Ne La bufera e altro (del 1956, che raccoglie poesie dal 1940 al 1954) Montale incontra

    (forzatamente) i destini generali, la storia, nellassenza della donna:

    Come quando

    ti rivolgesti e con la mano sgombra

    la fronte dalla nube dei capelli,

    mi salutasti - per entrar nel buio.

    (La bufera)

    Nella bufera della guerra Irma Brandeis ripartita per lAmerica per sfuggire alla persecuzione

    razziale. Montale non avr la forza di seguirla: lAssente diventa ora la Lontana.

    Il poeta cerca ancora gli amuleti che lo salvino, ma essi sono minacciati oscuramente. Clizia

    uniddia che non riesce a incarnarsi. Gli orecchini gli vengono applicati da squallide mani di

    morti uccisi (Gli orecchini). La storia non ha piet per gli angeli custodi. Allora sar necessario che

    che Clizia si incarni e continui lopera lasciata imcompiuta da Cristo. Sulla colonna pi alta non si

    poser il Cristo giustiziere, ma la donna. La funzione in qualche modo rivelatrice del

    personaggio femminile, ha scritto Jacomuzzi, determina nellaBufera una particolare congenialit

    e analogia con la zona pi genuinamente sacra della nostra tradizione lirico-amorosa, lo stil novo,

    che nel libro riaffiora attraverso uninsistente e sbigottita serie di metamorfosi angeliche della

    donna (op. cit., p. 43).

    In Per un Omaggio a Rimbaud la donna viene definita in contrapposizione allesule di

    Charleville. Il volo di lei non sar di starna se si elever fino al padre Helios (Clizia definita

    figlia del sole). Jacomuzzi ha mostrato con una sottile analisi il rapporto di questa poesia con la

    dottrina di Plotino: Clizia serva del suo primo pensiero (il primo pensiero del Sole-Dio), che

    la natura, il mondo sensibile delle apparenze. Questa servit pu essere ribaltata con lelevazione,

    secondo la dottrina di Plotino, la tensione allUno (larte e lamore sono le due strade privilegiate):

    la sua padronanza [di Clizia] si collocher dunque lass, oltre la certezza fenomenica, nel

    rifiuto di essere testimonianza e imitazione del tempo (Jacomuzzi, op. cit., p. 121).Iride una sorta di epistola in versi dedicata a Clizia esiliata in America, e alla lontananza fisica

    si aggiunge la fede diversa (il Volto insanguinato sul sudario / che mi divide da te, dove

    lallusione ovviamente alla Sindone). Il poeta diventa il povero Nestoriano smarrito (Nestorio,

    vicino alleresia pelagiana, sosteneva lesistenza in Cristo non solo di personae sparatae ma anche

    di due nature separate, quella umana e quella divina, per cui contestava che si potesse affermare

    con tutto rigore che nella Passione il Verbo abbia sofferto, Danielo-Marro,Nuova storia della

    Chiesa, Marietti, 1970, vol. I, p. 397)). Lincarnazione del divino allora per il poeta si definisce

    come atto volontaristico. Secondo un sincretismo che gi abbiamo notato, Montale associa la ninfa

    Iride, messaggera alata degli dei anche allAde, con un personaggio biblico, Iri del Canaan, in cui

    rifiorisce, ri-nasce lopera di Dio (vedi lallusione ai vischi e pungitopi, che evocano il Natale).

    Ma la premessa perch ci accadesse stato il dilegurasi di lei, la separazione del poeta. Come inDante e in Petrarca si mette in azione una sorta di compensazione simbolica: la perdita della donna

    deve essere risarcita da un innalzamento del suo valore, essa deve divenire colei che dona

  • 7/29/2019 La Donna Nella Poesia Di Eugenio Montale

    5/14

    beatitudine (Beatrice), colei che conduce il poeta alla salvezza (Laura), colei che salva gli uomini

    (Clizia) nel tempo della distruzione, latroce vista. La vera essenza della donna il suo spirito: la

    sua presenza fisica sarebbe ostacolo (ultima strofa), una deviazione dallopera divina che

    devessere continuata. Clizia diventa occhio (iride, appunto) attraverso cui Dio vede (come

    Betrice nella Commedia):

    Forse non ho altra prova

    che Dio mi vede e che le tue pupille

    dacquamarina guardano per lui.

    (Verso Finistre)

    Da angelo custode (artefice della salvezza individuale del poeta e custode della tradizione

    occidentale) Clizia diventa cristofora, portatrice non pi di memoria ma di speranza. Laltro mondo

    si sposta dal passato al futuro, al di l del buio del presente, come sempre. (Succede, dunque, che la

    memoria, apparsa finora unica via di salvezza, si carica ora di attributi negativi, svelando laduplicit che sin dalla prima raccolta essa aveva avuto nella poesia di Montale: essa ritorna ad

    essere quel morto viluppo in putrefazione di cui aveva scrittoIn limine agli Ossi). Clizia dovr

    caricarsi sulle spalle il destino dellintera umanit non solo pi di un uomo amato. Ella non pi

    detentrice di un potere animistico in antitesi alla religione tradizionale, ma in accordo con lo

    sposo Cristo. Clizia diventa allora la cristofora, che nel sangue redimer il mondo distrutto dalla

    guerra. Il suo potere solare oscurato dalle tenebre della guerra (il cieco sole), sommerso dalla luce

    di Dio, salver il mondo:

    Guarda ancora

    in alto, Clizia, la tua sorte, tu

    che il non mutato amor mutata serbi,

    fino a che il cieco sole che in te porti

    si abbcini nellAltro e si distrugga

    in Lui, per tutti. Forse le sirene, i rintocchi

    che salutano i mostri della sera

    della loro tregenda, si confondono gi

    col suono che slegato dal cielo, scende, vince -

    col respiro di un alba che domani per tutti

    si riaffacci, bianca ma senzali

    di raccapriccio, ai greti arsi del sud...

    (La primavera hitleriana)

    Ma, come sempre nei libri di Montale, pi direzioni di ricerca si intrecciano, spesso

    contraddicendosi. Nel libro appare infatti la figura che poi sar centrale nei libri successivi: Mosca.

    Il poeta aveva conosciuto Drusilla Tanzi, donna gi sposata, nel 1927. Nel 1939 i due avevano

    iniziato a convivere (si sposeranno religiosamente solo nel 1962, un anno dopo civilmente). Nella

    magnifca Ballata scritta in una clinica il poeta delinea una figura femminile di resistenza. Siamo

    nel 44. Drusilla Tanzi in ospedale (tavevano chiuso di colpo / in un manichino di gesso).

    Niente ali, ma immobilit, pesantezza. Sibilano le bombe intorno, la morte (laltra Emergenza)

    vicina. Il poeta accanto alla moglie miope (non ha gli occhi divini di Clizia). Il Dio degli sposi

    non liddio taurino, simbolo della guerra e della ferocia nazista che distruggeva Firenze, ma ilgiglio rosso, simbolo della citt e immagine di incontaminato sacrificio (pensiamo al Cristo

    doloroso giglio di Jacopone da Todi). Gli amuleti (il bulldog di legno, la sveglia / col fosforo

  • 7/29/2019 La Donna Nella Poesia Di Eugenio Montale

    6/14

    sulle lancette) falliscono. Lunica speranza nella croce che fuori, rossa, sinasta, / si spiega sul

    bianco. E la croce richiama il giglio, il sacrificio. Lurlo finale (muto, come quello del cane di

    legno) lultimo gesto possibile di resistenza, a cui lo spinge lesempio della moglie. Non c

    salvezza dallalto nel momento critico. Clizia non agisce.

    Questesempio di resistenza fondamentale nel percorso montaliano perch alla base di quello

    che lo stemma araldico della sua poesia: languilla, allegoria di una vita bassa che afferma le sueragioni puramente biologiche nella roccia e nel fango, cercando vita l dove solo / morde larsura e

    la desolazione. Dalla sommit dellEmpireo alla terra profonda...

    Il rapporto con Clizia comincia a profilarsi nella sua ambiguit, che alterna attrazione e

    repulsione. Il suo gelo pu coincidere con una morte che non tocca solo il personaggio

    femminile (Romano Luperini, Storia di Montale, Laterza, 1986, p. 153)). Finita la guerra finisce

    del tutto la speranza di una salvezza collettiva (Non pi / il tempo dellunisono vocale). Varcare

    la distanza che separa il poeta da Clizia, nelloltrecielo, un fallimento. Il salto lo trasforma in un

    cefalo / saltato in secco al novilunio. / Addio (Lombra della magnolia). Parola definitiva, pietra

    tombale su unesperienza non tanto biografica quanto religiosa. Bisogna restare sulla terra.

    E simbolo terragno senzaltro la terza donna importante di questo libro: Volpe, la poetessa

    Maria Luisa Spaziani (il cui nome si legge nellacrostico di Da un lago svizzero). Nei Madrigaliprivati delineata la figura di questa anti-Cliza (Luperini), divoratrice di volatili (sebbene

    talvolta, in chiave parodica, anchella gode di attributi angelici). E la prima volta nellopera di

    Montale che al passato-futuro (intercambiali in qualche modo se entrambi promettono pienezza) si

    sostituisce limmediatezza del presente. Allatmosfera rarefatta dello stilnovismo delle Occasioni e

    di Finisterre subentra una sensualit terrestre:

    Sei tu che brilli al buio? Entro quel solco

    pulsante, in una pista arroventata...

    (Da un lago svizzero)

    Fortini ha mostrato come il rapporto di somiglianza fra il poeta e Pafnuzio (lanacoreta

    protagonista del romanzo Thais di Anatole France) della poesia Nubi color magenta...(Come

    Pafnuzio nel deserto, troppo / volli vincerti, io vinto), sottintenda il paragone Volpe-Thais (la

    cortigiana convertita da Pafnuzio che con la sua immagine lo fa schiavo per sempre). Succede allora

    che il disordine delleros porta in unautodifensiva esistenza di rinuncia - il mito fondamentale di

    Montale fra gli anni Trenta e i Cinquanta del secolo e dei suoi - si manifesta in moti ora centrifughi,

    ora centripeti; la parola, se vuole controllarli, deve accettare la propria corruzione e una corruzione

    generale, anche ideologica, anche politica (Franco Fortini, Saggi italiani, Garzanti, 1989, p. 170).

    Inizia cio quel processo di azzeramento del linguaggio che si compir in Satura, in stretto rapporto

    con il fallimento di un opzione erotica. Per la prima volta si incrina quel modello di comportamentostoico che Montale aveva faticosamente creato dalla prima raccolta. E, inevitabilmente allora,

    questa esperienza di rigetto rispetto a quella di Clizia viene vissuta con colpa: volpe, malgrado le

    intenzioni coscienti dellautore, rimer con colpe. Il dono della colpa non potr essere diviso

    con altri (Anniversario).

    Come presente il mondo dei morti che abbiamo visto in stretta correlazione alla questione che

    stiamo affrontando? Oltre alla figura di Arletta presente in alcune poesie (Nella serra, Nel parco,

    Lorto, dove si confonde con Clizia) presente per la prima volta nella poesia di Montale la figura

    della madre (morta nel 1942). La madre che implora il poeta di non preoccuparsi del suo corpo

    ottiene una risposta negativa: solo il corpo, il gesto la voce permettono il perpetuarsi della memoria:

    quelle mani, quel volto, il gesto dunavita che non unaltra ma se stessa

    solo questo ti pone nelleliso

  • 7/29/2019 La Donna Nella Poesia Di Eugenio Montale

    7/14

    folto danime e voci in cui tu vivi

    (A mia madre)

    E bisogna leggere questa poesia accanto alla magnifica Voce giunta con le folaghe, dove il padre

    del poeta chiede al figlio di non lasciare che lombra ossessiva di Clizia scalzi la memoria di lui. Emesso in scena dunque dal poeta, come nelle rappresentazioni allegoriche medievali (lui essendo

    spettatore interito, bloccato dalla paura) il conflitto tra il mondo ctonio e quello angelico

    (vogliamo dire tra spirito e carne, memoria e speranza?). Montale sembra segliere Clizia

    (Memoria / non peccato fin che giova. Dopo / letargo di talpe, abiezione / che funghise su

    s...), ma sappiamo che alla fine del libro egli sceglier una terza opzione: Volpe, il presente, la

    carne viva...

    Il cieco paradiso della memoria

    Con Satura (1971, che raccoglie poesie dal 1962 al 1969) la poesia di Montale muta

    radicalmente, suscitando stupore tra i suoi lettori.Il linguaggio subisce un abbassamento verticale, le misure del verso si dilatano o si restringono,

    le rime diventano insignificanti. Dopo il canzoniere amoroso in morte di Mosca, dove domina

    lelegia, la poesia di Montale diventer parodica mimesi del mondo moderno, frantumato in mille

    linguaggi.

    Il fallimento del sogno stilnovistico di fare della donna una scala a Dio, il deteriorsi

    nellimmediato dopoguerra della salvezza integrale per tutti operata dalla cristofora Clizia, il rifiuto

    della memoria che uccide la vita avevano portato alla scelta della vita nova dei sensi e della terra

    (non allacqua). Ma questo ritorno al secolo si rivela un inganno:

    Che senso aveva quella nuova

    palta? e il respirare altre ed eguali

    zaffate? e il vorticare sopra zattere

    di sterco? ed era sole quella sudicia

    esca di scolaticcio sui fumaioli,

    erano uomini forse,

    veri uomini vivi

    i formiconi degli approdi?

    (Botta e risposta I)

    Non ci sembra di forzare la lettera del testo (che per va interpretato prima di tutto in chiave didisillusione storica). Per un intellettuale che ha visto la resistenza al mondo come modello di vita e

    poesia accettarlo nella sua pienezza sensuale, come accadeva nei Madrigali, doveva portare a un

    rigetto.

    La morte della moglie accellera il processo di distacco. Mosca morta riesce finalmente a

    coniugare i due mondi separati, il mondo dei morti e la memoria attiva rappresenta dalla Lontana,

    Clizia, permettendo nello stesso tempo una sublimazione dellesperienza in tutti i suoi aspetti, anche

    aneddotici. E quel che accade nelle due serie di Xenia (offerte votive) dove Mosca diventa colei

    che dal mondo basso dei morti e non dalloltrecielo di Clizia illumina, per il poeta solo, la realt.

    Lossimoro si scopre la struttura reggente del mondo, la coincidentia oppositorum, e solo una

    morta che pi intensamente vive nel paradiso della memoria individuale pu comprenderlo e

    insegnarlo:

    Tu sola sapevi che il moto

  • 7/29/2019 La Donna Nella Poesia Di Eugenio Montale

    8/14

    non diverso dalla stasi,

    che il vuoto il pieno e il sereno

    la pi diffusa delle nubi.

    (Xenia I, 14)

    Mosca si rivela la dotta ignorante, colei che istintivamente, senza bisogno di filosofie, poesie,

    religioni (miti distrutti nellultimo degli Xenia da unallegorica alluvione che sommerge le

    sterminate dediche di Du Bos, / il timbro a ceralacca con la barba di Ezra, / il Valery di Alain,

    loriginale dei Canti Orfici) ha capito che la realt suprema finzione (Non torba mha

    assediato, ma gli eventi / di una realt incredibile e mai creduta) e ha educato il poeta ad una

    resistenza diversa da quella degli Ossi: l bisognava tirarsi fuori dal mondo e osservarlo con occhi di

    falco alto levato (Spesso il male di vivere ho incontrato), ora il poeta invece consapevole che la

    melma della vita sommerge anche lui, che non pu nascere laquila dal topo (Botta e risposta I).

    La poesia dellultimo Montale sembra essere una descrizione della condizione del prigioniero (a

    partire da Il sogno del prigioniero in La bufera, e Botta e risposta I in Satura). Lunica salvezza

    possibile per lui non si d nello spazio (illusione degli Ossi: che oltre la muraglia / che ha in cimacocci aguzzi di bottiglia diMeriggiare pallido e assorto ci sia la libert), ma nel tempo: il passato.

    Eppure resta

    che qualcosa accaduto, forse un niente

    che tutto.

    (Xenia, II, 13)

    Questo niente-tutto pu essere conservato solo nella memoria. Il rigetto della speranza e del

    presente sono la caratteristiche del quarto Montale, tutto chiuso nella ricerca ossessiva di lacerti di

    memoria.

    Ma possibile,

    lo sai, amare unombra, ombre noi stessi.

    (Xenia, I, 13)

    Montale, dunque, ritorna alle origini della lirica italiana, che nasce, con Dante e Petrarca, come

    canto di una morta, che, secondo la lettura di Denis de Rougemont (Lamore e lOccidente, Rizzoli,

    1977) era canto della Morte. La definitva liberazione dallossessione temporale avviene nella

    morte. Essa chiama il poeta irresistibilmente con la voce della moglie:

    Il mio sogno non sorge mai dal grembo

    delle stagioni ma nellintemporaneo

    che vive dove muoiono le ragioni

    e Dio sa sera tempo; o sera inutile.

    (Le stagioni)

    Da Ossi di seppia

    FALSETTO

    Esterina, i ventanni ti minacciano,

  • 7/29/2019 La Donna Nella Poesia Di Eugenio Montale

    9/14

    grigiorosea nube

    che a poco a poco in s ti chiude.

    Ci intendi e non paventi.

    Sommersa ti vedremo

    nella fumea che il vento

    lacera e addensa, violento.Poi dal fiotto di cenere uscirai

    adusta pi che mai,

    proteso a unavventura pi lontana

    lintento viso che assembra

    larciera Diana.

    Salgono i venti autunni,

    tavviluppano andate primavere;

    ecco per te rintocca

    un presagio nellelise sfere.

    Un suono non ti renda

    qual dincrinata broccapercossa!; io prego sia

    per te concerto ineffabile

    di sonagliere.

    La dubbia dimane non timpaura.

    Leggiadra ti distendi

    sullo scoglio lucente di sale

    e al sole bruci le membra.

    Ricordi la lucertola

    ferma sul sasso brullo;

    te insidia giovinezza,

    quella il lacciuolo derba del fanciullo.

    Lacqua la forza che ti tempra,

    nellacqua ti ritrovi e ti rinnovi:

    noi ti pensiamo come unalga, un ciottolo,

    come unequorea creatura

    che la salsedine non intacca

    ma torna al lito pi pura.

    Hai ben ragione tu! Non turbare

    di ubbie il sorridente presente.La tua gaiezza impegna gi il futuro

    ed un crollar di spalle

    dirocca i fortilizi

    del tuo domani oscuro.

    Talzi e tavanzi sul ponticello

    esiguo, sopra il gorgo che stride:

    il tuo profilo sincide

    contro uno sfondo di perla.

    Esiti a sommo del tremulo asse,

    poi ridi, e come spiccata da un vento

    tabbatti fra le bracciadel tuo divino amico che tafferra.

  • 7/29/2019 La Donna Nella Poesia Di Eugenio Montale

    10/14

    Ti guardiamo noi, della razza

    di chi rimane a terra.

    DaLe occasioni

    MOTTETTI, 1

    Lo sai: debbo riperderti e non posso.

    Come un tiro aggiustato mi sommuove

    ogni opera, ogni grido e anche lo spiro

    salino che straripa

    dai moli e fa loscura primavera

    di Sottoripa.

    Paese di ferrame e alberature

    a selva nella polvere del vespro.Un ronzio lungo viene dallaperto,

    strazia comunghia ai vetri. Cerco il segno

    smarrito, il pegno solo chebbi in grazia

    da te.

    E linferno certo.

    MOTTETTI, 6

    La speranza di pure rivederti

    mabbandonava;

    e mi chiesi se questo che mi chiude

    ogni senso di te, schermo dimmagini,

    ha il segni della morte o dal passato

    in esso, ma distorto e fatto labile,

    un tuo barbaglio:

    (a Modena, tra i portici,

    un servo gallonato trascinava

    due sciacalli al guinzaglio).

    LESTATE

    Lombra corciata del gheppio pare ignota

    ai giovinetti arbusti quando rade fugace.

    E la nube che vede? Ha tante facce

    la polla schiusa.

    Forse nel guizzo argenteo della trota

    controcorrente

    torni anche tu al mio piede fanciulla mortaAretusa.

  • 7/29/2019 La Donna Nella Poesia Di Eugenio Montale

    11/14

    Ecco lomero acceso, la pepita

    travolta al sole,

    la cavolaia folle, il filo teso

    del ragno su la spuma che ribolle -

    e qualcosa che va e troppaltro chenon passer la cruna...

    Occorrono troppe vite per farne una.

    DaLa bufera e altro

    BALLATA SCRITTA IN UNA CLINICA

    Nel solco dellemergenza:

    quando si sciolse oltremontela folle cometa agostana

    nellaria ancora serena

    - ma buio, per noi, e terrore

    e crolli di altane e di ponti

    su noi come Giona sepolti

    nel ventre della balena -

    ed io mi volsi e lo specchio

    di me pi non era lo stesso

    perch la gola ed il petto

    tavevano chiuso di colpo

    in un manichino di gesso.

    Nel cavo delle tue orbite

    brillavano lenti di lacrime

    pi spesse di questi tuoi grossi

    occhiali di tartaruga

    che a notte ti tolgo e avvicino

    alle fiale della morfina.

    Liddio taurino non erail nostro, ma il Dio che colora

    di fuoco i gigli del fosso:

    Ariete invocai e la fuga

    del mostro cornuto travolse

    con lultimo orgoglio anche il cuore

    schiantato dalla tua tosse.

    Attendo un cenno, se prossima

    lora del ratto finale:

    son pronto e la penitenza

    sinizia fin dora nel cuposingulto di valli e dirupi

    dellaltra Emergenza.

  • 7/29/2019 La Donna Nella Poesia Di Eugenio Montale

    12/14

    Hai messo sul comodino

    il bulldog di legno, la sveglia

    col fosforo sulle lancette

    che spande un tenue lucore

    sul tuo dormiveglia,

    il nulla che basta a chi vuole

    forzare la porta stretta;

    e fuori, rossa, sinasta,

    si spiega sul bianco una croce.

    Con te anchio maffaccio alla voce

    che irrompe nellalba, allenorme

    presenza dei morti; e poi lululo

    del cane di legno il mio, muto.

    SULLA COLONNA PIU ALTA

    Dovr posarsi lass

    il Cristo giustiziere

    per dire la sua parola.

    Tra il pietrisco dei sette greti, insieme

    sumilieranno corvi e capinere,

    ortiche e girasoli.

    Ma in quel crepuscolo eri tu al vertice:

    scura, lali ingrommate, stronche dai

    geli dellAntilibano; e ancora

    il tuo lampo mutava in vischio i neri

    diademi degli sterpi, la Colonna

    sillabava la Legge per te sola.

    IRIDE

    Quando di colpo San Martino smottale sue braci e le attizza in fondo al cupo

    fornello dellOntario,

    schiocchi di pigne verdi fra la cenere

    o il fumo dun infuso di papaveri

    e il Volto insanguinato sul sudario

    che mi divide da te;

    questo e poco altro (se poco

    il tuo segno, un annuncio, nella lotta

    che me sospinge in un ossario, spalle

    al muro, dove zaffiri celesti

    e palmizi e cicogne su una zampa non chiudonolatroce vista al povero

    Nestoriano smarrito;

  • 7/29/2019 La Donna Nella Poesia Di Eugenio Montale

    13/14

    quanto di te giunge dal naufragio

    delle mie genti, delle tue, or che un fuoco

    di gelo porta alla memoria il suolo

    ch tuo e che non vedesti; e altro rosario

    fra le dita non ho, non altra vampase non questa, di resina e di bacche,

    tha investito.

    * * *

    Cuore daltri non simile al tuo,

    la lince non somiglia al bel soriano

    che apposta luccello mosca sullalloro;

    ma li credi tu eguali se tavventuri

    fuor dellombra nel sicomoro

    o forse quella maschera sul drappo biancoquelleffige di porpora che tha guidata?

    Perch lopera tua (che della Sua

    una forma) fiorisse in altre luci

    Iri del Canaan ti dileguasti

    in quel nimbo di vischi e pungitopi

    che il tuo cuore conduce

    nella notte nel mondo oltre il miraggio

    dei fiori del deserto, tuoi germani.

    Se appari, qui mi riporta, sotto la pergola

    di viti spoglie, accanto allimbarcadero

    del nostro fiume - e il burchio non torna indietro,

    il sole di San Martino si stempera, nero.

    Ma se ritorni non sei tu, mutata

    la tua storia terrena, non attendi

    al traghetto la prua,

    non hai sguardi, n ieri n domani;

    perch lopera Sua (che nelle tua

    si trasforma) devessere continuata.

    ANNIVERSARIO

    Dal tempo della tua nascita

    sono in ginocchio, mia volpe.

    E da quel giorno che sento

    vinto il male, espiate le mie colpe.

    Arse a lungo una vampa; sul tuo tetto,

    sul mio, vidi lorrore traboccare.

    Giovane stelo tu crescevim e io al rezzodelle tregue spiavo il tuo piumare.

  • 7/29/2019 La Donna Nella Poesia Di Eugenio Montale

    14/14

    Resto in ginocchio: il dono che sognavo

    nono per me ma per tutti

    appartiene a me solo, Dio diviso

    dagli uomini, dal sangue raggrumato

    sui rami alti, sui frutti.

    Da Satura

    XENIA, I, 14

    Dicono che la mia

    sia una poesia dinappartenenza.

    Ma sera tua era di qualcuno:

    di te che non sei pi forma ma essenza.

    Dicono che la poesia al suo culmine

    magnifica il tutto in fuga,

    negano che la testugginesia pi veloce del fulmine.

    Tu sola sapevi che il moto

    non diverso dalla stasi,

    che il vuoto il pieno e il sereno

    la pi diffusa delle nubi.

    Cos megli intendo il tuo lungo viaggio

    imprigionata tra le bende e i gessi.

    Eppure non mi d riposo

    sapere che in uno o in due noi siamo una sola cosa.

    XENIA, II, 13

    Ho appeso alla mia stanza il dagherrtipo

    di tuo padre bambino: ha pi di un secolo.

    In mancanza del mio, cos confuso,

    cerco di ricostruire, ma invano, il tuo pedigree.

    Non siamo stati cavalli, i dati dei nostri ascendenti

    non sono negli almanacchi. Coloro che hanno presunto

    di saperne non erano essi stessi esistenti,

    n noi per loro. E allora? Eppure resta

    che qualcosa accaduto, forse un nienteche tutto.

    Lopera poetica di Montale leggibile in Lopera in versi, Einaudi, 1980 o in Tutte le poesie,

    Mondadori. 1984.

    Per una trattazione generale dellopera di Montale, con unattenzione notevole alla questione della

    presenza femminile: Romano Luperini, cit., passim.