LA DOCUMENTAZIONE DI FONTE PUBBLICA IN RETE NEL...

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DIPARTIMENTO DI SCIENZE DOCUMENTARIE, LINGUISTICO-FILOLOGICHE E GEOGRAFICHE DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE LIBRARIE E DOCUMENTARIE XXIV CICLO COORDINATORE: PROF. MARCO SANTORO LA DOCUMENTAZIONE DI FONTE PUBBLICA IN RETE NEL SERVIZIO BIBLIOTECARIO DI BASE DOTTORANDA CINZIA MESCOLINI TUTOR CO-TUTOR PROF.SSA PAOLA CASTELLUCCI PROF. GIOVANNI SOLIMINE

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DIPARTIMENTO DI SCIENZE DOCUMENTARIE, LINGUISTICO-FILOLOGICHE E GEOGRAFICHE

DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE LIBRARIE E DOCUMENTARIE XXIV CICLO

COORDINATORE: PROF. MARCO SANTORO

LA DOCUMENTAZIONE DI FONTE PUBBLICA IN RETE

NEL SERVIZIO BIBLIOTECARIO DI BASE

DOTTORANDA CINZIA MESCOLINI

TUTOR CO-TUTOR PROF.SSA PAOLA CASTELLUCCI PROF. GIOVANNI SOLIMINE

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INDICE INTRODUZIONE 3 PARTE I BIBLIOTECHE PUBBLICHE ISTITUTI DELLA DEMOCRAZIA NEL XXI SECOLO: DAI DIRITTI AI SERVIZI 1. LA BIBLIOTECA PUBBLICA CENTRO DI DOCUMENTAZIONE PER LA COMUNITÀ 1.1 Il quadro di riferimento 9 1.2 Il diritto di accesso nel Manifesto IFLA/Unesco per le biblioteche pubbliche 12 1.3 La biblioteca pubblica nella società dell’informazione: le politiche europee 17 1.4 Cultura dell’informazione e accesso alla Rete nel nuovo millennio 21 1.5 IFLA Public Library Service Guidelines 2010: dalla teoria alla pratica 28 1.6 Definire la biblioteca pubblica di base 39 1.7 Identità e stato dell’arte della biblioteca pubblica di base in Italia 45 2. LA DOCUMENTAZIONE DI FONTE PUBBLICA COME RISORSA PER LA CITTADINANZA 2.1 Documentazione pubblica e democrazia 51 2.2 La documentazione pubblica dalla carta alla Rete 55 2.3 La prospettiva europea: Libro Verde sull’informazione del pubblico settore 58 2.4 Verso L’Open Data Government 68 2.5 Open Knowledge, Open Government Data 71 2.6 Il potere del mashup 77 2.7 L’accesso alla documentazione pubblica in Italia 82 PARTE II INDAGINE SULLA DOCUMENTAZIONE DI FONTE PUBBLICA NELLE BIBLIOTECHE DI BASE: DOCUMENTI, BIBLIOTECARI, UTENTI 3. I DOCUMENTI: IL CASO DFP 3.1 Biblioteche e diffusione dell’informazione pubblica in Italia 94 3.2 Dal gruppo di studio sulle pubblicazioni ufficiali all’esperienza DFP 98 3.3 Da catalogo a banca dati 110 3.4 Evoluzione tra teoria e pratica 117 3.5 DFP come laboratorio per la presente attività di ricerca 121 3.6 Documentazione pubblica e DFP: quale futuro? 128 4. IL PUNTO DI VISTA DEI BIBLIOTECARI PUBBLICI 4.1 Le ragioni dell’indagine 131 4.2 Obiettivi e svolgimento dell’indagine 132 4.3 Profilo del campione 137 4.4 Internet in biblioteca 141

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4.5 Il punto di vista dei bibliotecari in diciotto interviste 143 4.6 Osservazioni conclusive 157 5. IL PUNTO DI VISTA DEGLI UTENTI 5.1 Bisogni informativi e nuovi diritti 166 5.2 Biblioteca comunale di Terni: l’indagine sul reference giuridico 168 5.3 Alcune osservazioni sul caso della Biblioteca comunale di Terni 176 5.4 Biblioteca comunale Guglielmo Marconi di Roma 178 5.5 Chi sono e cosa cercano in Rete gli utenti della mediateca Marconi 180 5.6 Analisi qualitativa: l’uso di Internet nella mediateca Marconi 189 5.7 Alcune osservazioni conclusive 202 CONCLUSIONI 204 GLOSSARIO 208 APPENDICE 215 Scheda 1-Biblioteche pubbliche incluse nell’indagine 216 Scheda 2-Questionario biblioteca comunale di Terni (utenza sezione periodici) 220 Scheda 3-Questionario/intervista biblioteca Marconi di Roma (utenza mediateca) 221 Scheda 4-Trascrizioni delle interviste all’utenza della mediateca Marconi 223 BIBLIOGRAFIA 246

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INTRODUZIONE

La disponibilità in Rete dei documenti di natura generalista continuamente prodotti dal

settore pubblico rappresenta un elemento portante della democrazia, in quanto influenza la

possibilità di avvalersi delle informazioni di interesse collettivo e di partecipare al dibattito

politico. In considerazione di ciò, la ricerca compiuta per il corso di Dottorato si è

incentrata sull’accesso alla documentazione di fonte pubblica on-line quale risorsa

informativa per la cittadinanza nel contesto delle biblioteche di base. Questo tema ha

implicato l’approfondimento teorico della biblioteca pubblica quale istituto democratico

nella contemporaneità, nonché l’analisi delle mutazioni, nel paradigma digitale, della

tipologia documentaria in oggetto.

Con l’obiettivo di definire criticità e possibili sviluppi nell’uso della documentazione di

fonte pubblica in Rete nel reference, la ricerca si è articolata in indagini mirate che hanno

coinvolto sia bibliotecari pubblici che utenti. Sulla base di quanto emerso, i presupposti per

uno sviluppo consapevole del servizio risiedono nel potenziamento di esperienze

professionali già diffuse nel quotidiano. Ci si riferisce in particolare al reference giuridico

e sociale, ma anche al reference digitale e al reference strutturato in sitografie tematiche

incentrate sulle esigenze informative dell’utenza.

La stessa percezione della biblioteca come luogo dove ‘documentare’ diritti e doveri di

cittadinanza gioca un ruolo determinante nello sviluppo di tali servizi. Il percorso di ricerca

ha pertanto condotto a formulare − nel paradigma emergente di biblioteca multipurpose1 −

il modello di ‘centro di documentazione per la comunità’ contraddistinto proprio da un

posizionamento ragionato della documentazione di fonte pubblica in Rete nel reference2.

Le ricerca si è articolata in tre fasi di indagine, ciascuna delle quali progettata sulla base di

quanto gradualmente emerso dalla consultazione della letteratura di settore e poi

dall’interpretazione dei dati disponibili. La prima fase è consistita in interviste a

bibliotecari pubblici mirate a raccogliere informazioni sull’uso della documentazione di

fonte pubblica in Rete nel reference. I dati quantitativi ottenuti sono stati elaborati e

rappresentati in grafici, mentre per l’interpretazione delle interviste ci si è avvalsi di

1 Anna Galluzzi, Oltre la modellizzazione: la “multipurpose library”, in Biblioteche per la città, Roma, Carocci, 2009, p. 135-167. 2 In continuità con quanto affermato nel Manifesto Unesco che definisce la biblioteca pubblica «centro informativo locale che rende prontamente disponibile per i suoi utenti ogni genere di conoscenza e informazione» (p. 1). Manifesto Unesco per le biblioteche pubbliche, traduzione di Maria Teresa Natale, “AIB Notizie”, 7, 5, 1995, p. 1-2.

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Atlas.ti, apposito software per le ricerche qualitative3. La seconda fase si è svolta mediante

interviste all’utenza del servizio di mediateca della Biblioteca Guglielmo Marconi di Roma

con l’obiettivo di focalizzare comportamenti e bisogni informativi nell’uso di Internet in

biblioteca. La sede, scelta sulla base di quanto emerso dalle interviste ai bibliotecari, ospita

il servizio Informagiovani e costituisce per questo un punto di osservazione privilegiato del

reference sociale. L’intervista si è articolata in due parti: la prima parte, finalizzata alla

raccolta dei dati quantitativi, conteneva quesiti a risposta chiusa circa il profilo dell’utenza,

le abitudini nell’uso di Internet e il tipo di informazione ricercata, mentre la seconda parte

si svolgeva in domande strutturate a risposta aperta sull’utilità del servizio, i bisogni

informativi e la percezione stessa della biblioteca. La rilevazione, condotta personalmente,

ha coinvolto complessivamente 104 utenti. Terminata la raccolta, si è proceduto allo

spoglio e all’elaborazione statistica dei dati quantitativi, nonché alla trascrizione in formato

testo delle risposta alle domande aperte, poi elaborate in fase di interpretazione con

l’ausilio di Atlas.ti. La terza e ultima fase ha avuto luogo mediante la compilazione di

schede di rilevamento relative all’utenza dell’emeroteca della Biblioteca comunale di

Terni, sede individuata attraverso le interviste ai bibliotecari come adatta all’osservazione

del reference giuridico. Le schede, finalizzate a delineare la tipologia di utenza, gli ambiti

tematici delle richieste informative, nonché le fonti usate nel reference, sono state

compilata dagli stessi bibliotecari impiegati in emeroteca. Conclusa la rilevazione, si è

proceduto allo spoglio delle schede e all’elaborazione statistica dei dati.

Gli esiti delle indagini, interpretati alla luce degli approfondimenti teorici, sono presentati

in questo lavoro, di cui si fornisce di seguito una breve sintesi al fine di agevolarne la

lettura. Il primo capitolo sviluppa, in un’ottica multifunzionale della biblioteca di base, il

concetto di centro di documentazione per la comunità in grado di garantire a livello locale

il diritto di accesso alla documentazione prodotta dal settore pubblico. L’esame dei

principali documenti internazionali sulla biblioteca pubblica, dal Manifesto Unesco del

1948 fino alle più recenti pubblicazioni dell’IFLA, dimostra come tale ruolo sia delineato

in modo sempre più netto con l’affermarsi della società dell’informazione.

La diffusione delle tecnologie di Rete ha infatti determinato un processo di riformulazione,

peraltro ancora in atto, del diritto di accesso sancito dall’articolo 19 della Dichiarazione

3Atlas.ti permette di codificare porzioni di testo, dunque di stabilire possibili relazioni concettuali tra le codifiche e di rappresentare l’esito del processo interpretativo in forma grafica. Cfr. Claudia Chiarolanza - Eugenio De Gregorio, L’analisi dei processi psico-sociali. Lavorare con Atlas.ti, Roma, Carocci, 2007; Eugenio De Gregorio - Francesca Mosiello, Tecniche di ricerca qualitativa e di analisi delle informazioni con ATLAS.ti, Roma, Edizioni Kappa, 2004. Il software è disponibile presso la biblioteca dell’ex Dipartimento di Scienze del libro e del documento.

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universale dei diritti umani − fondamento teorico della biblioteca pubblica moderna −

nella sua duplice valenza di libertà di informazione e di espressione. Il capitolo si sviluppa

poi nell’analisi delle esperienze concrete con le quali tale ruolo si esplicita in servizi

all’utenza nel contesto internazionale e in particolare europeo. In considerazione di ciò, ci

si sofferma nella parte conclusiva sulla realtà italiana.

Il secondo capitolo affronta invece il tema della documentazione di fonte pubblica in Rete

quale risorsa informativa per la cittadinanza. A tal fine si esaminano le politiche europee

avviate a partire dagli anni Novanta per il riconoscimento del valore economico e sociale

del Public Sector Information (PSI). Ci si riferisce nello specifico al Libro Verde

sull’informazione del settore pubblico del 1999 e alla successiva Direttiva Europea

2003/98/CE sul riutilizzo dell’informazione del settore pubblico, che regolamentano

l’accesso e il riuso4 di tale tipologia documentaria. Una lettura approfondita di questi due

documenti mostra l’impegno dell’Unione Europea nell’avvicinare i paesi membri alle

politiche di accesso aperto al PSI intraprese con successo dagli Stati Uniti. Alla luce di ciò

si analizza la diffusione del movimento Open Data, che prevede il rilascio dei dati pubblici

per il riuso commerciale e civile da parte di cittadini e imprese. Proprio in relazione

all’Open Data, ci si sofferma sullo stato dell’arte in Italia.

Il quadro epistemologico assunto nella prima parte della tesi si riferisce in particolare a due

economisti entrambi premiati con il Nobel: Amartya Sen − secondo il quale l’informazione

rappresenta un bene necessario alla democrazia − e Elinor Ostrom, la cui teoria dei beni

comuni si presta alla riformulazione in una chiave attualizzata del concetto stesso di

biblioteca pubblica quale «istituto della democrazia»5. Se infatti la documentazione

pubblica in Rete ad accesso aperto rappresenta un bene comune libertario, le biblioteche

pubbliche dovrebbero svolgere un duplice ruolo: il primo di rilevanza culturale come «aree

protette dei beni comuni della conoscenza»6 e il secondo di valore sociale in quanto

possibili «catalizzatori di beni comuni associativi» nell’ambito della società civile7.

4La Direttiva Europea 2003/98/CE sul riutilizzo dell’informazione del settore pubblico definisce così il termine ‘riuso’: «l’uso di documenti in possesso di enti pubblici da parte di persone fisiche o giuridiche a fini commerciali o non commerciali diversi dallo scopo iniziale nell’ambito dei compiti di servizio pubblico per i quali i documenti sono stati prodotti.» 5 Il premio Nobel per l’economia è stato riconosciuto a Amartya Sen nel 1998, mentre a Elinor Ostrom nel 2009. Ci si è riferiti in particolare a: Amartya Sen, L’idea di giustizia, Milano, Mondadori, 2010; La conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica, a cura di Charlotte Hess e Elinor Ostrom, Milano, Bruno Mondadori, 2009. 6Charlotte Hess - Elinor Ostrom, Introduzione. Panoramica sui beni comuni della conoscenza, in La conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica cit., (p. 3-27), p. 17. 7 La distinzione tra beni comuni libertari e beni comuni associativi è operata in Peter Levine, L’azione collettiva, l’impegno civile e i beni comuni della conoscenza, in La conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica cit., p. 263-296.

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Per verificare la rilevanza dei temi di ricerca nella dimensione quotidiana delle biblioteche

pubbliche italiane, nella seconda parte della tesi si presentano le indagini empiriche

incentrate sui tre nuclei dell’oggetto di ricerca: i documenti, i bibliotecari e gli utenti.

Il terzo capitolo concentra dunque l’attenzione sulle caratteristiche e le criticità della

documentazione di fonte pubblica in Rete nel contesto nazionale, anche in considerazione

di quanto emerso dalle interviste ai bibliotecari pubblici. A tal fine la banca dati DFP

dell’AIB, nata come semplice repertorio nel 1997 proprio nell’intento di offrire uno

strumento di ricerca utile alle biblioteche e ai cittadini, è qui assunta come strumento di

indagine in una duplice prospettiva, sia storica che documentale. Attraverso la sua

evoluzione si ricostruiscono infatti, sullo sfondo dello scenario internazionale, i momenti

decisivi del dibattito sull’accessibilità alla documentazione di fonte pubblica in Rete e al

ruolo svolto in tal senso dall’Italia. L’esame del patrimonio documentale della banca dati

DFP, personalmente effettuato nell’ambito dell’attività di redazione della DFP nei mesi di

maggio e giugno 20098, ha invece consentito di focalizzare le principali criticità

dell’accesso on-line alla documentazione istituzionale italiana. Si ripercorrono dunque le

modalità e gli esiti dell’indagine eseguita sull’intero corpus di 1267 schede con l’obiettivo

di verificare i casi di link failure alla luce delle politiche documentarie delle rispettive

istituzioni pubbliche. In conclusione del capitolo, si riflette sul possibile ruolo della DFP

nel futuro delle biblioteche di base.

Nel quarto capitolo viene presentata l’indagine su un campione ragionato di diciotto

biblioteche pubbliche, condotta mediante intervista ai bibliotecari. Nella fase interpretativa

i dati quantitativi e qualitativi sono stati posti in relazione con l’intento di disegnare un

quadro il più possibile ampio. L’esito più interessante risiede nell’individuazione di alcune

tipologie di reference in cui la documentazione di fonte pubblica rappresenta una risorsa

essenziale, quali il reference giuridico, il reference sociale, il reference digitale e il

reference strutturato in sitografie tematiche, qui trattati in dettaglio.

Il quinto capitolo è invece dedicato alle indagini sull’utenza, svolte rispettivamente nella

biblioteca comunale di Terni e nella biblioteca Guglielmo Marconi di Roma. Per quanto

riguarda la biblioteca di Terni si presentano i dati quantitativi, elaborati statisticamente,

desunti dalle schede di rilevamento. L’analisi ha permesso di focalizzare le caratteristiche

dell’utenza che si rivolge al servizio di reference giuridico: si tratta prevalentemente di

persone adulte, di sesso maschile e occupate, in particolare liberi professionisti, le cui

ricerche sono appunto motivate da esigenze professionali.

8 La collaborazione con la redazione di DFP, tuttora in essere, è iniziata nell’aprile 2009. La composizione attuale della redazione è consultabile all’indirizzo http://www.aib.it/dfp/redaz.htm3

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Al contempo è stato possibile rilevare la presenza di un secondo gruppo, molto

significativo sebbene più ridotto, costituito da un’utenza eterogenea per età e condizioni

culturali. Si tratta nella maggior parte dei casi di cittadini che si rivolgono ai bibliotecari

dell’emeroteca per ottenere documentazione utile a districare dubbi riguardanti la vita

quotidiana, che possono riguardare l’ambito lavorativo (es. contratti di lavoro, sicurezza),

fiscale (es. dichiarazione dei redditi) o abitativo (es. condominio).

Circa le fonti consultate dai bibliotecari nel reference si evidenzia un utilizzo nettamente

maggiore delle risorse di Rete − in quanto più aggiornate − rispetto alle banche dati in cd-

rom. Contemporaneamente si osserva un ricorso molto frequente alle banche dati a

pagamento disponibili mediante abbonamenti stipulati dalla biblioteca, a fronte di un uso

abbastanza marginale delle fonti ad accesso gratuito. Nelle ricerche di ambito giuridico in

particolare − in assenza di politiche definite di accesso aperto da parte delle istituzioni −

persistono infatti notevoli criticità relative alla qualità dei documenti liberamente

accessibili in Rete rispetto a quanto offerto dai prodotti editoriali.

L’indagine svolta presso la mediateca della biblioteca comunale Gugliemo Marconi di

Roma ha evidenziato, al contrario del caso di Terni, un’utenza molto eterogenea per età,

ma anche per caratteristiche culturali e sociali. Un dato significativo emerso riguarda

proprio la ricerca di documenti ufficiali in Rete, per la quale sono stati riscontrati valori

molto elevati9. L’analisi qualitativa delle risposte alle domande aperte ha invece consentito

di focalizzare aspetti complessi circa l’uso di Internet in biblioteca, relativi per esempio a

come il ‘luogo’ influisca sui comportamenti di ricerca. Nello specifico della mediateca

Marconi, ci si è soffermati sull’analisi delle motivazioni profonde di carattere individuale

(come la possibilità di relazionarsi), culturale (come la presenza di libri) e sociale (come la

ricerca di lavoro) che determinano il gradimento del servizio. Ciò ha permesso di riflettere

sul ruolo reale e ideale della biblioteca pubblica nella vita quotidiana delle persone, anche

alla luce dei mutamenti che il paradigma digitale ha determinato nei bisogni culturali e

informativi della collettività. A riguardo è interessante notare proprio come,

contemporaneamente a un atteggiamento diffuso di autonomia nell’utilizzo di Internet, gli

utenti manifestino molto spesso un senso di disorientamento rispetto all’eccesso di

documentazione accessibile in Rete. Si evidenzia in proposito una esigenza condivisa di

intermediazione professionale, soprattutto attraverso strumenti orientativi basati su criteri

di qualità, utili a supportare ricerche mirate e in minor tempo.

9 Alla domanda «In genere cerca in Rete per consultare documenti ufficiali?» la risposta «qualche volta» si osserva su quasi metà campione (48%) e si ottiene un valore molto elevato (75%) accorpandone i risultati alla risposta «spesso» (27%).

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Alla luce del percorso di ricerca, nelle conclusioni si suggerisce una definizione di centro

di documentazione per la comunità nella prospettiva multifunzionale della biblioteca

pubblica. Proprio in considerazione dei presupporti teorici e di quanto osservato con le

indagini empiriche, sono infine proposte linee di intervento destinate ai bibliotecari

pubblici perché possano formulare ipotesi di lavoro tenendo conto del contesto specifico in

cui operano.

Ogni capitolo è introdotto da una citazione. Nella prima parte gli incipit sono tratti dalla

Dichiarazione universale dei diritti umani e dalla Costituzione italiana, a definire la

cornice valoriale adottata. Per i capitoli della seconda parte, come per le conclusioni, si è

preferito invece ricorrere a immagini di biblioteca nella letteratura. La scelta, del tutto

personale, include sia classici della letteratura che narrativa di genere, a rispecchiare i

differenti interessi del pubblico generalista a cui la biblioteca pubblica di base, per sua

natura, si rivolge.

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LA BIBLIOTECA PUBBLICA CENTRO DI DOCUMENTAZIONE PER LA COMUNITÀ

«Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto a non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee tramite ogni mezzo e senza riguardo a frontiere». Dichiarazione universale dei diritti umani (art. 19)

1.1 Il quadro di riferimento

La biblioteca pubblica può essere definita un servizio locale di base che sostiene la

democrazia offrendo occasioni di apprendimento, personale e collettivo, lungo tutto

l’arco della vita1. I suoi scopi sono l’istruzione e l’informazione, sulla base dei quali si

delinea una duplice anima: agenzia per l’istruzione formale e informale − in cui rientrano

le attività culturali, artistiche e di promozione alla lettura − e centro di documentazione per

la comunità. L’elemento caratterizzante della biblioteca pubblica consiste nell’assoluta

libertà individuale di avvalersi o meno, con tempi e modi congeniali a ciascuno,

dell’offerta documentaria. Ciò determina che la crescita culturale si configuri quale esito di

un atto volontario, di volta in volta deliberato, a differenza della scuola o di altre agenzie

formative, senza pressioni esterne o vincoli temporali o economici. Questa caratteristica di

spazio aperto alle esigenze di formazione, informazione e svago, rende la biblioteca

pubblica un luogo di incontro e di aggregazione sociale in grado di incidere sulla qualità

della vita e sullo sviluppo della democrazia. Definita «salotto della comunità» e più

recentemente «piazza del sapere»2, rientra infatti nel concetto di sfera pubblica delineato

da Jürgen Habermas in quanto luogo della società civile dove si acquisiscono le

informazioni necessarie al dibattito democratico e al formarsi dell’opinione pubblica3.

1 Nelle linee guida dell’IFLA le biblioteche pubbliche sono definite «A locally based service». IFLA Public Library Service Guidelines, edited by Christie Koontz and Barbara Gubbin, Berlin-New York, De Gruyter Saur, 2010, p. 21. 2 «The drawing room of the community» è una delle definizioni di biblioteca pubblica riportata nelle linee guida dell’IFLA. IFLA Public Library Service Guidelines cit., p. 9. L’espressione «piazze del sapere» si riferisce invece al libro di Antonella Agnoli, Le piazze del sapere. Biblioteche e libertà, Roma-Bari, Laterza, 2009. 3 Jürgen Habermas, Storia e critica dell’opinione pubblica, Laterza, Bari, 1971 (1962). Sul rapporto tra biblioteche pubbliche e il pensiero di Habermas si segnala: Matthew Williamson, Social Exclusion and the Public Library: a Habermasian Insight, “Journal of Librarianship and Information Science”, 32, 4, 2000, p. 178-186.

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Il ruolo della biblioteca pubblica come centro informativo locale che garantisce l’accesso

ai documenti prodotti dalle istituzioni democratiche per un decisionismo consapevole e una

cittadinanza attiva, si delinea con sempre maggiore chiarezza a partire dalla prima edizione

del Manifesto Unesco fino ai più recenti documenti dell’IFLA. Tale processo di

definizione è strettamente collegato all’affermarsi della società dell’informazione, in cui le

tecnologie di Rete hanno determinato possibilità di accesso ai documenti ufficiali

precedentemente inimmaginabili. In proposito, Internet si configura infatti come uno

strumento potenziale di attuazione del diritto di informazione, in particolare nelle

declinazioni open di disseminazione dei documenti digitali.

I cambiamenti culturali e tecnologici degli ultimi sessanta anni hanno al contempo

ampliato le funzioni della biblioteca pubblica stessa, non più esclusivamente focalizzata

sull’attività di studio e di lettura. Il modello emergente della reference library orienta

piuttosto il servizio verso le esigenze informative dell’utenza, avvalendosi, dove

necessario, degli strumenti metodologici propri della disciplina documentaria4. La

biblioteca pubblica si configura pertanto sempre più come un sistema complesso, flessibile,

che risponde a esigenze sociali e culturali diversificate5. In questo quadro di riferimento, il

ruolo di centro di documentazione per la comunità deve affermarsi nella programmazione

dei servizi con la consapevolezza delle ricadute sulla democrazia effettiva e sulla stessa

qualità della vita.

I riferimenti teorici per il riconoscimento di tale valore risalgono al concetto di

emancipazione individuale e collettiva maturato nell’Illuminismo, poi sviluppato nel

dibattito moderno sulla sfera pubblica, fino all’attuale riflessione sul significato

dell’accesso all’informazione nelle democrazie contemporanee.

Un contributo significativo in tal senso deriva da Amartya Sen − premio Nobel per

l’Economia nel 1998 − che nel recente saggio L’idea di giustizia scrive:

In questo libro la democrazia viene considerata in termini di riflessione pubblica, un’impostazione che conduce a un’idea di democrazia come “governo per mezzo del dibattito”[...] La democrazia, però, deve essere inquadrata anche in termini più generali, alla luce della sua capacità di alimentare la partecipazione consapevole favorendo la disponibilità di informazione e la possibilità di dare vita a confronti interattivi6.

4 Il modello di reference library è stato definito in Giovanni Solimine, La biblioteca. Scenari, culture, pratiche di servizio, Roma-Bari, Laterza, 2004, p. 56-63; Anna Galluzzi, Biblioteche per la città. Nuove prospettive di un servizio pubblico cit., p. 67-70. 5 Nella sua analisi Anna Galluzzi, proprio per la compresenza di funzioni che caratterizza la biblioteca contemporanea, propone la definizione di multipurpose library. 6 Amartya Sen, L’idea di giustizia, Milano, Mondadori, 2010, p. 9. Sulla necessità di allargare l’orizzonte della riflessione sul ruolo della biblioteca nella società, si rimanda a Giovanni Solimine, La biblioteca non è un’isola, “BollettinoAIB”, 49, 4, 2009, p. 457-458. Nell’articolo sono citati sia Amartya Sen che Elinor Ostrom.

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Nelle parole di Amartya Sen l’informazione assume il valore di bene condiviso su cui si

fonda la partecipazione consapevole e il dibattito pubblico, ovvero di bene comune la cui

disponibilità diviene condizione necessaria alla democrazia.

Se il diritto sancito dall’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani

adottata dalla Nazioni Unite nel 1948 − nella sua duplice valenza di libertà di informazione

e di espressione − rappresenta il filo rosso dei documenti internazionali sulla biblioteca

pubblica a partire dal secondo dopoguerra, il quadro epistemologico di riferimento

introdotto con Amartya Sen si arricchisce ulteriormente della teoria dei beni comuni della

conoscenza recentemente sviluppata da Elinor Ostrom7.

Nella prospettiva di Elinor Ostrom − premio Nobel per l’Economia nel 2009 − la teoria dei

Commons8 viene applicata ai documenti digitali, la cui modalità aperta di disseminazione

in Rete amplia le proprietà di non esauribilità e non escludibilità già proprie della

conoscenza. Mentre Internet si configura dunque come spazio ideale per la disponibilità e

la condivisione dei beni comuni della conoscenza, introduce al contempo nuove forma di

recinzione che la biblioteca, ‘area protetta’ di tali beni, ha il compito di rimuovere

favorendo l’accesso e pertanto la produzione di ulteriore capitale sociale9. Se nel contesto

accademico la teoria di Elinor Ostrom coincide dunque con i presupposti etici dell’open

access riguardo la disseminazione della ricerca scientifica, nel mondo delle biblioteche

pubbliche − in particolare intese quali centri di documentazione per la comunità − trova

uno spazio di applicazione proprio nell’accesso alla documentazione ufficiale, da

considerarsi un bene comune necessario nelle democrazie contemporanee.

7La conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica, a cura di Charlotte Hess e Elinor Ostrom, Milano, Bruno Mondadori, 2009 (2006). Si considerino inoltre le politiche dell’Unesco in relazione alla società della conoscenza: Antonella De Robbio, Open Access alla conferenza Generale UNESCO-33. sessione Commissione V-Comunicazione e Informazione, in Archivi aperti e comunicazione scientifica, Napoli, ClioPress, 2007, p. 267-285. 8 La teoria del Commons, avviata da Garrett Harding alla fine degli anni Sessanta, nasce come riflessione sulle risorse pubbliche deperibili. Garrett Harding, The Tragedy of the Commons, “Science”, 162, 1968, p. 1243-1248. 9 Nell’introduzione alla miscellanea citata, Elinor Ostrom definisce la biblioteca «area protetta dei beni comuni della conoscenza». Cfr.: La conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica cit., p. 17. In un panorama tecnologico più articolato in cui aumentano le fonti documentali, si accentua infatti il divario nell’accesso (digital divide) tra paesi ricchi e paesi poveri, e, nei paesi ricchi, tra individui con differenti risorse economiche e culturali. Il tema dell’informazione accessibile in biblioteca come capitale sociale nello sviluppo dell’etica democratica è sviluppato da Peter Levine nel saggio L’azione collettiva, l’impegno civile e i beni comuni della conoscenza, in La conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica cit., p. 263-296.

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1.2 Il diritto di accesso nel Manifesto IFLA/Unesco per le biblioteche pubbliche Nella prospettiva globale dell’IFLA, la missione della Public Library consiste nel garantire

universalmente il diritto di accesso all’informazione sancito dall’articolo 19 della

Dichiarazione universale dei diritti umani. Nei decenni in cui l’avvento del Web ridisegna

le modalità di trasmissione e disseminazione della conoscenza, l’IFLA e conseguentemente

l’Unione Europea producono una serie di documenti sulle biblioteche pubbliche nei quali

viene incluso e progressivamente definito l’accesso alla Rete come diritto fondativo della

società dell’informazione. Tale diritto si coniuga con la cultura dell’informazione,

considerata l’humus necessario per lo sviluppo della democrazia. Pubblicato pochi anni

dopo la nascita del Web10, il Manifesto IFLA/Unesco del 1994 si profila, nella sua brevità e

incisività, come una vera e propria dichiarazione di principi, a partire dall’incipit:

Freedom, prosperity and the development of society and of individuals are fundamental human values. They will only be attained through the ability of well-informed citizens to exercise their democratic rights and to play an active role in society. Constructive participation and the development of democracy depend on satisfactory education as well as on free and unlimited access to knowledge, thought, culture and information11.

L’accesso libero alla conoscenza e all’informazione è dunque ritenuto condizione

indispensabile per l’esercizio dei diritti democratici e per una partecipazione consapevole.

L’etica democratica e l’attenzione per le tecnologie dell’informazione sono qui esito di un

percorso che può essere ricostruito attraverso la lettura delle precedenti edizioni del

Manifesto, necessaria per definire le basi concettuali su cui poggiano i documenti

dell’IFLA e dell’Unione Europea pubblicati negli anni Novanta sul ruolo delle biblioteche

pubbliche nella società.

10 Per la nascita del Web e la conseguente diffusione di Internet come fenomeno di massa si rimanda a: Paola Castellucci, Dall’ipertesto al Web. Storia culturale dell’informatica, Roma-Bari, Laterza, 2009; Giulio Blasi, Internet. Storia e futuro di un nuovo medium, Milano, Guerini, 1999. 11 L’originale in lingua inglese è stato pubblicato in “IFLA journal”, 21, 1, 1995, p. 66-67. Il Manifesto è disponibile sul sito dell’IFLA sia nella versione originale, sia tradotto in venti lingue. Si cita l’edizione italiana: «La libertà, il benessere e lo sviluppo della società e degli individui sono valori umani fondamentali. Essi potranno essere raggiunti solo attraverso la capacità di cittadini ben informati di esercitare i loro diritti democratici e di giocare un ruolo attivo nella società. La partecipazione costruttiva e lo sviluppo della democrazia dipendono da un’istruzione soddisfacente, così come da un accesso libero e senza limitazioni alla conoscenza al pensiero, alla cultura e all’informazione». IFLA, Manifesto UNESCO per le biblioteche pubbliche cit., p.1.

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Già la prima edizione, The Public Library. A Living Force for Popular Education12, con

cui nell’immediato dopoguerra l’Unesco intese precisare il ruolo e le funzioni della

biblioteca pubblica nel contesto di pace, definiva l’istituzione un prodotto della democrazia

moderna, tra i cui compiti vi era quello di promuovere lo sviluppo della cittadinanza

attraverso l’educazione.

Concepita come «an agency for popular education» (p. 3), tra gli obiettivi annoverava il

seguente incoraggiamento: «To be better social and political citizens of their country and

the world» (p. 2).

Si avverte nel documento la spinta etica di matrice umanista, fortemente orientata

all’universalità dell’educazione e della cultura che ha caratterizzato le origini stesse

dell’Unesco istituito nel novembre 1946 con l’obiettivo di favorire la pace nel mondo

mediante la libera circolazione delle idee.

Con questa finalità, che incarnava la tesi americana del free flow of information,

l’attenzione si rivolse fin da subito agli strumenti tecnologici che avrebbero facilitato tale

processo13. Nel descrivere l’offerta documentaria che la biblioteca pubblica avrebbe

dovuto rendere disponibile, il Manifesto proponeva infatti un ampio elenco di supporti

della conoscenza registrata, tale da coprire le tecnologie allora disponibili: «books,

magazines, newspaper, maps, pictures, films, music and recording».

In seguito ai cambiamenti culturali, sociali e soprattutto tecnologici avvenuti tra gli anni

Cinquanta e Sessanta, l’Unesco incarica la sezione Public Libraries dell’IFLA di preparare

una revisione del Manifesto, che viene presentata nel 1972, anno internazionale del libro,

in occasione dell’IFLA Conference di Budapest.

Già nella premessa, sotto la titolazione che rimane invariata nelle due versioni (Unesco and

Public Library) il segno del cambiamento è evidente. La frase del 1949 This manifesto [...]

proclaims UNESCO's belief in the public library as a living force for popular education è

infatti sostituita, nella nuova versione, con This manifesto proclaims UNESCO's belief in

the public library as a living force for education, culture and information. Se nella frase

citata l’eliminazione di popular si spiega in quanto il termine designava un’idea di

biblioteca pubblica filantropico-paternalistica non più attuale, la comparsa della parola

12 Unesco, The Public Library a Living Force for Popular Education, Parigi, 1949. Il documento in digitale è disponibile nella banca dati dell’Unesco “Unesdoc”. Il Manifesto Unesco del 1949 si compone delle seguenti sezioni: UNESCO and Public Librarie; The Public Library: a Democratic Agency for Education; What the Public Library Should Offer, A Vital Community Force, The Peoples University. 13 Sulla dottrina del free flow of information come espressione del Primo emendamento della Costituzione americana nel dopoguerra e durante la Guerra Fredda si rimanda a Armand Mattelart, Storia dell’utopia planetaria, Torino, Einaudi, 2003, p. 309-334.

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information risponde invece al coevo definirsi della nozione di società dell’informazione,

che avviene proprio negli anni Settanta14.

Il Manifesto del 1972 concentra l’attenzione, in un’ottica di apprendimento permanente,

verso l’inclusione sociale e la diversificazione degli utenti, temi a cui sono dedicate le tre

sezioni centrali: Use by Children, Use by Students, Use by Handicapped Reader15. Nella

ridefinizione generale del documento permane la spinta etica secondo cui l’opportunità di

accedere senza barriere alla conoscenza è condizione di sviluppo democratico, come

dimostra la definizione di Public Library con cui si apre la prima sezione:

The public library is a practical demonstration of democracy's faith in universal education as a continuing and lifelong process, in the appreciation of the achievement of humanity in knowledge and culture.

Nella sezione Resources and Servises, si specifica l’attenzione ai supporti multimediali

tecnologicamente avanzati con i quali la conoscenza registrata risulta disponibile:

The public library is concerned with the communication of information and ideas, whatever the form in which these may be expressed. Since the printed word has been for centuries the accepted medium for the communication of knowledge, ideas and information, books, periodicals, newspapers remain the most important resources of public libraries. But science has created new forms of record and these will become an increasing part of the public library's stock, including print in reduced form for compact storage and transport, films, slides, gramophone records, audio and video tape, for adults and children, with the necessary equipment for individual use and for cultural activities. (p. 3)

La successiva edizione del Manifesto Ifla/Unesco vede rafforzato sia l’impianto etico che

coniuga lo sviluppo democratico con il libero accesso alla conoscenza, sia l’attenzione alle

nuove tecnologie. Questa segue di un anno l’avvio da parte degli Stati Uniti del

programma National Information Infrastructure, finalizzato allo sviluppo di autostrade

dell’informazione16.

La necessità di una nuova edizione prende corpo in occasione della conferenza annuale

dell’IFLA del 1991, che si tiene a Mosca proprio mentre l’Unione Sovietica va

disgregandosi in Stati indipendenti dopo la caduta del muro di Berlino.

Hellen Niegaard − direttore della biblioteca pubblica di Hillerod in Dinamarca e presidente

del gruppo di lavoro per la revisione del documento − nell’intervento alla conferenza

14 L’espressione ‘società dell’informazione’ viene usata per la prima volta in ambito istituzionale in un rapporto dell’Ocse del 1975. Cfr. Armant Mattelart, Il propagarsi della nozione della società dell’informazione, in Storia della società dell’informazione, Torino, Einaudi, 2002, p. 102-105. 15 Unesco, Public Library Manifesto 1972, “Unesco Bulletin for Libraries”, 26, 3, 1972, p. 129-131. Le sezioni del documento sono: Unesco and Public Library; The Public Llibrary: A democratic Istitution for Education, Culture and Information; Resources and Servises; Use by Children; Use by Students; Use by Handicappen Reader; The Public Library in the Community. 16 Cfr. Armand Mattelart, Storia della società dell’informazione cit., p. 108-116.

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annuale dell’IFLA svoltasi a Cuba (Havana) nel 1994, presentando la nuova versione del

Manifesto, spiega:

The 1972 text was considered too western oriented, for example when speaking of “the printed word as being for centuries the accepted medium for communication of knowledge”. The 1994 version therefore is trying to reflect a more global approach. That is also the reason why, the 1994 version for example does not promote specific types of new technologies, however relevant they might be to libraries. The importance of new technologies are of course included in the manifesto, however expressed in more general terms reflecting the variety of the different circumstances of the public libraries within the developing and the developed world17.

Il tema delle nuove tecnologie, necessariamente declinato in una dimensione globale,

risulta di fatto centrale nel Manifesto del 1994. Rispetto alle precedenti versioni, la

biblioteca pubblica è qui presentata in una duplice anima − centro locale e centro

d’informazione − come specifica ancora Hellen Niegaard:

The 1949 manifesto focussed especially on the role of educational needs. The 1972 broadened the concept and stated that the public library, besides education, should promote culture and develop into a local cultural institution offering its users relaxation and pleasure. In the new version particular emphasis is attached to the dual role of the public library being both the local centre and that of information, a centre providing free and unlimited access to universal knowledge, thought and culture at the local level through its collections and through national library networks.

Nel nuovo scenario, il libro non è più considerato la prioritaria fonte d’informazione, ma si

affianca ad altri supporti con pari dignità e autorevolezza:

One thing is totally different from the former versions. Books are no longer the main-concern of the public library. Public library service should include all appropriate media. Collections and information should be based on a basis of quality and standards, related to local demands without any kind of censorship. To the developing as well as to the developed world this was an extremely important step. To the socalled developed world but also to other regions of the world this decision is highly relevant in order to catch up with demands from the users, asking for other media than books as more and more information and cultural products are found in form of audio-visuals, online-databases, CD-ROMs, multimedia and other computerized products.

Le diverse edizioni del Manifesto documentano dunque il progressivo slittamento dal

diritto alla formazione vincolato all’oggetto libro, al diritto di accesso all’informazione

proprio del mondo digitale. La nozione di centro informativo, la cui missione risiede nel

garantire il diritto di accesso all’informazione indipendentemente dalla tecnologia con cui

questa risulti disponibile, domina la stessa definizione di biblioteca pubblica del Manifesto

17 Il testo integrale dell’intervento di Hellen Niegaard è disponibile sul sito web dell’IFLA, all’indirizzo http://archive.ifla.org/IV/ifla60/60-nieh.htm In lingua catalana è invece pubblicato in: Hellen Niegaard, Manifest de la UNESCO de la Biblioteca Publica 1994: Introduccio, “Item”, 16, Gener- Juny 1995, p. 77-87. Della stessa autrice, sul tema, si veda anche The Right to Know. Revision of the UNESCO Public Library Manifesto 1994, “Libri”, 44, 2, 1994, p. 99-110.

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199418. Con una struttura più snella rispetto alle precedenti edizioni, il testo originale in

inglese19 non riporta il temine book, facendo semmai riferimento ai traditional materials.

Rispetto alle tipologie di documenti su cui basare i servizi, specifica:

Collections and services have to include all types of appropriate media and modern technologies as well as traditional materials. High quality and relevance to local needs and conditions are fundamental. Material must reflect current trends and the evolution of society, as well as the memory of human endeavour and imagination. 20 (corsivo mio)

La missione della biblioteca pubblica, a cui è dedicata una specifica sezione (Missions of

the Public Library) si riferisce a quattro aree di intervento − informazione,

alfabetizzazione, istruzione e cultura − funzionali agli obiettivi espressi nella premessa:

apprendimento permanente, indipendenza nelle decisioni e sviluppo culturale. Nella

sezione sono elencati, per punti, dodici compiti della biblioteca pubblica, alcuni dei quali

definiscono un ampliamento del tradizionale ruolo di mediazione:

9. ensuring access for citizens to all sorts of community information; 10. providing adequate information services to local enterprises, associations and interest groups; 11. facilitating the development of information and computer literacy skills21.

I servizi conseguenti rientrano negli ambiti della Community Information e della

Information and Computer Literacy, che si fondano sui materiali non librari e

presuppongono nello specifico la valorizzazione delle risorse di Rete.

Se nel Manifesto del 1994 non compare il termine book, confluito nella casistica dei

traditional materials, non è ancora presente il termine Internet, altrettanto genericamente

incluso nelle modern technologies. Nel corso degli anni Novanta, per impulso delle

politiche statunitensi di incremento delle ‘infostrade’ a cui fanno seguito analoghe

iniziative dell’Unione Europea, cresce la centralità di Internet come strumento di

comunicazione globale, con sensibili ricadute nell’ambito delle biblioteche pubbliche.

18 Nel Manifesto la biblioteca pubblica è così definita: «The public library is the local centre of information, making all kinds of knowledge and information readily available to its users». In merito all’ultima edizione del Manifesto esiste una bibliografia molto ampia. Nel contesto italiano, si segnala in particolare: Carlo Revelli, La biblioteca pubblica: missione, obiettivi, programmi, “Biblioteche oggi”, 14, 6, 1996, p. 42-48. 19 Il documento, dopo una breve introduzione, è articolato in cinque sezioni, anch’esse molto brevi: The Public Library; Missions of the Public Library; Funding, Legislation and Networks; Operation and Management, Implementing the Manifesto. 20 «Le raccolte e i servizi devono comprendere tutti i generi appropriati di mezzi e nuove tecnologie, così come i materiali tradizionali. L’alta qualità e la rispondenza ai bisogni e alle condizioni locali sono fondamentali. I materiali devono riflettere gli orientamenti attuali e l’evoluzione della società, così come la memoria dell’immaginazione e degli sforzi dell’uomo». IFLA, Manifesto UNESCO per le biblioteche pubbliche cit., p.1. 21 «9.garantire l’accesso ai cittadini a ogni tipo di informazione di comunità; 10.fornire servizi d’informazione adeguati alle imprese, alle associazioni e ai gruppi di interesse locali; 11.agevolare lo sviluppo delle capacità di uso dell’informazione e del calcolatore», Ibidem.

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1.3 La biblioteca pubblica nella società dell’informazione: le politiche europee Nel 1997 la Commissione Europea pubblica uno studio dal titolo Public Library and the

Information Society22, non tradotto in lingua italiana, nel cui incipit si afferma che

«Knowledge is the crucial competitive factor in the information society»23. La sezione

introduttiva, secondo uno schema ricorrente nei documenti programmatici sulle biblioteche

pubbliche, si appella ai diritti democratici, qui esplicitamente considerati nel contesto della

società dell’informazione, in cui si definiscono nuove disuguaglianze:

The Information Society will offer new opportunities for prosperity and will allow citizens to take a more active role in society. However, a widening gap between the information rich and the information poor could well result in social tension.

Alla luce degli effetti nella vita quotidiana di ciò che il documento definisce una digital

revolution, vengono proposte quattro strategie con cui le biblioteche pubbliche, facendo

leva sul radicamento locale nella comunità, dovrebbero rispondere ai cambiamenti in

corso:

to provide access, in a spirit of democracy, to all published information; to offer lifelong learning opportunities; to ensure that citizens can cope with computers and have access to the equipment and systems they need; to safeguard cultural identity in a rapidly changing world. (p.1)

Viene messo altresì a fuoco l’obiettivo prioritario nel contesto emergente:

The ultimate goal in the context of the information society is to provide access to any type of information for anyone, at any time, anywhere. Technology can already provide the answers but we need to overcome widespread dependence on traditional media. And we shall have to open up the possibilities offered by networked libraries. Even if, for years to come, the book will remain the most important vehicle for information, libraries limiting themselves to printed material will find they are increasingly lagging behind those providing modern networked services, often with astonishing success. (corsivo mio)

L’invito a superare la dipendenza dai media tradizionali e a valorizzare le nuove tecnologie

per fornire ogni genere di informazione per tutti, ovunque e in ogni momento, rappresenta

una spinta decisiva verso una nuova forma di biblioteca, qui denominata The Update

Public Library e così definita: «In this study, the term “updated library” is used to describe

22 Public Library and the Information Society, Luxembourg, The European Commission, 1997. Lo studio, finanziato nell’ambito del progetto Telematics for Libraries ha coinvolto undici paesi europei (Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Portogallo, Spagna, Regno Unito, Italia, Olanda). Il rapporto è disponibile all’indirizzo http://cordis.europa.eu/libraries/en/plis/homeplis.html 23 Il concetto sarà ripreso nella strategia di Lisbona definita nel marzo 2000, secondo cui l’Unione Europea avrebbe dovuto raggiungere un posizionamento competitivo nell’economia della conoscenza globale entro il 2010.

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public libraries dealing with traditional services as well as with new services and

technologies».

Accanto al compito tradizionale di mediazione documentale dei materiali a stampa e

multimediali, la Update Public Library deve offrire nuovi servizi, quali: «access to

networks and support for net navigation and information searching; open learning and

training opportunities, a physical place offering various meeting facilities». (p.2)

Si rafforza dunque la funzione proattiva della biblioteca, che non si limita a mettere a

disposizione i documenti per un accesso egualitario alla cultura, ma diventa luogo

d’incontro e di crescita culturale e civile, dove l’aspetto formativo è prevalentemente

orientato all’Information Literacy. Nell’assumere un ruolo incisivo nella comunità di

riferimento, la biblioteca pubblica dovrà inoltre:

co-operate closely with other memory institutions, schools and other educational institutions; be a community information provider; and offer special services to various target groups, from business information to service for ethnic minorities and the visually impaired.

Coerentemente all’idea di centro informativo locale proclamata nel Manifesto del 1994, la

Update Public Library dovrà rappresentare per la comunità un partner attivo nella difesa

della democrazia assicurando un accesso illimitato alla conoscenza in qualsiasi forma si

presenti. In questa stessa ottica, la biblioteca pubblica del futuro dovrà assumere le

funzioni di centro di documentazione per sostenere i diritti di cittadinanza strutturando le

informazioni anche in base alle esigenze di gruppi specifici della comunità, dagli attori

economici (business information) alle minoranze etniche. Il conclusione, Public Library

and the Information Society, individua le barriere tra lo stato dell’arte e la Update Public

Library − proposta come l’unica forma possibile nel contesto contemporaneo − nelle

politiche disomogenee degli Stati membri sulla società dell’informazione, all’origine delle

differenze tra i Paesi europei nell’informatizzazione delle biblioteche pubbliche così come

nell’aggiornamento professionale di chi vi opera.

L’anno successivo, nel 1998, il Parlamento Europeo emana una Risoluzione sul ruolo delle

biblioteche nella società moderna24. Nel quadro del modello europeo della società

dell’informazione, la risoluzione si propone di offrire gli strumenti necessari all’inverarsi

della dimensione culturale programmata nel trattato dell’Unione Europea e di realizzare, in

particolare, le condizioni per la cittadinanza attiva prevista dal trattato di Amsterdam

24 Risoluzione sul ruolo delle biblioteche nella società dell’informazione del Parlamento Europeo (1998). Il documento, reperibile in originale nella banca dati ad accesso gratuito dei documenti dell’Unione Europea EUR-Lex, è pubblicato in appendice al volume Biblioteconomia. Guida classificata, diretta da Mauro Guerrini, condirettore Gianfranco Crupi, a cura di Stefano Gambari, collaborazione di Vincenzo Fugaldi, presentazione di Luigi Crocetti, Milano, Editrice Bibliografica, 2007, p. 940-946. Le citazioni che seguono sono tratte da questa fonte.

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firmato nel 1997. In questa ottica, la biblioteca viene considerata un «ponte fra i mezzi

d’informazione tradizionale e i nuovi mezzi» (p. 941) con la funzione di garantire

l’accesso, tenendo conto della crescente quantità di documenti prodotti e diffusi in

ambiente digitale. Alle biblioteche pubbliche in particolare è affidato il compito di «offrire

in modo accessibile a chiunque le nozioni di base essenziali per una cittadinanza attiva»

con l’obiettivo di «edificare una società dell’informazione democratica, aperta e

trasparente» (p. 942). Contemporaneamente la Risoluzione, prendendo atto che il settore

bibliotecario europeo non dispone delle risorse adeguate per affrontare le sfide della

società dell’informazione, propone alcune raccomandazioni perché gli Stati membri si

impegnino in adeguate politiche di sviluppo25.

Due raccomandazioni in particolare appaiono determinanti per la diffusione, mediante le

biblioteche pubbliche, di una cultura dell’informazione necessaria alla cittadinanza attiva.

La prima si riferisce alle dotazioni strumentali, per cui si «raccomanda agli Stati membri di

dotare tutte le biblioteche di strumenti moderni, in particolare di collegamenti Internet,

nonché di risorse adeguate che consentano loro di far fronte alle esigenze dei cittadini nella

società dell'informazione» (p. 945).

La seconda riguarda invece l’opportunità di rendere accessibili mediante le biblioteche i

documenti di fonte pubblica realizzati grazie al gettito fiscale. Nel punto in questione si

specifica:

(Il Parlamento Europeo) raccomanda agli Stati membri di far sì che i documenti importanti, realizzati grazie al gettito fiscale − dalle leggi alle decisioni a livello locale e dalle statistiche alle bibliografie nazionali − siano accessibili ai cittadini dei rispettivi paesi e agli altri utenti per il tramite delle biblioteche, a prescindere dal loro formato, ed esorta, in particolare, ad analizzare i vantaggi che comporterebbe la realizzazione di versioni in Rete di tale materiale (p. 946).

Questa seconda raccomandazione focalizza l’attenzione sul diritto dei cittadini di accedere

ai «documenti importanti realizzati grazie al gettito fiscale» sollecitando i paesi membri a

pubblicare tale documentazione in Rete ed a utilizzare il tramite delle biblioteche. I

documenti ufficiali sono così considerati di dominio pubblico in quanto bene comune, la

cui disseminazione deve essere ad accesso aperto, secondo una logica analoga a quella

adottata dal movimento open access in ambito universitario per la disseminazione della

ricerca scientifica. Il Parlamento invita inoltre la Commissione ad accelerare i tempi per la

realizzazione di un Libro verde sul ruolo delle biblioteche nella società dell’informazione,

25 Nello stesso punto il documento stima che il settore bibliotecario europeo sia costituito da circa 100.000 biblioteche e 240.000 addetti, a rappresentare lo 0,4 del PIL comunitario.

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nei cui lavori preparatori era prevista una sezione specifica sull’informazione di comunità e

la cittadinanza attiva26.

Nell’ottobre del 199927, trenta paesi europei sottoscrivono una dichiarazione in materia di

biblioteche pubbliche in occasione della prima conferenza paneuropea Something for

Everyone: Public Libraries and the Information Society che si svolge a Copenhagen il 4 e

5 ottobre 1999, organizzata da PubliCA con il supporto dell’IFLA28. The Copenhagen

Declaration focalizza, nella prima sezione – Roles for the Public Libary – quattro ambiti di

intervento della biblioteca pubblica nella società:

DEMOCRACY AND CITIZENSHIP-Public libraries have a strategic opportunity to increase quality of life and democratic possibilities for citizens of the Information Societies by providing free and equal access to high-quality information. ECONOMIC AND SOCIAL DEVELOPMENT-Public libraries support the growth of communities through the provision of information services designed to meet local needs. They are important tools for reducing disparity between the information rich and the information poor citizens of Europe. LIFELONG LEARNING-Public libraries provide, through their widespread distribution across Europe, a cost-effective infrastructure for lifelong learning and easy access to the content of the virtual networks. They also support students at all levels of formal education. CULTURAL AND LINGUISTIC DIVERSITY-Public libraries are cultural institutions in accordance with the cultural dimension of the EU-Treaty with a great responsibility for cultural heritage, literature and literacy.

L’accesso libero e paritario alle informazioni di alta qualità viene posto al primo punto, in

quanto condizione necessaria per una partecipazione consapevole dei cittadini ai processi

democratici. L’azione delle biblioteche pubbliche assume inoltre un ruolo decisivo per lo

sviluppo economico, sociale e culturale della comunità di riferimento, oltreché per 26 Il Libro Verde purtroppo non è mai stato realizzato, nonostante le numerose discussioni sulla tematica tra il 1998 e il 2000. 27 Nello stesso anno l’IFLA/FAIFE diffonde la Dichiarazione sulle biblioteche e sulla libertà intellettuale in cui, in nome della Dichiarazione universale dei diritti umani, si afferma l’impegno delle biblioteche contro ogni forma di censura e in sostegno alla libertà di opinione e di accesso all’informazione. Il documento ribadisce nel secondo punto il ruolo della biblioteche da considerarsi «un supporto indispensabile per l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, per un decisionismo indipendente e per uno sviluppo culturale sia dei singoli individui che dei gruppi di persone». IFLA-FAIFE, Statement on Libraries and Intellectual Freedom, 1999. In italiano: Dichiarazione sulle biblioteche e sulla libertà intellettuale dell’IFLA/FAIFE, traduzione di Maria Teresa Natale, “AIB Notizie”, 11, 5, 1999, p. 4. Un’importante dichiarazione di autonomia che pone le biblioteche pubbliche a riparo da forme di strumentalizzazione politica da parte dell’ente finanziatore, è presente nell’ultimo punto che recita: «I bibliotecari e il resto del personale professionale utilizzato nelle biblioteche devono assumersi le proprie responsabilità sia nei confronti dei datori di lavori sia nei confronti degli utenti. In caso di conflitto tra queste responsabilità, i doveri nei confronti degli utenti devono avere precedenza». 28 Il rapporto della conferenza, che include il testo della dichiarazione, è disponibile in Rete all’indirizzo http://presentations.aakb.dk/CopenhagenConference99/report.pdf L’Italia non compare nella lista dei paesi partecipanti, che sono: Austria, Albania, Bielorussia, Belgio, Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania , Grecia, Ungheria, Islanda, Irlanda, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Portogallo, Romania, Federazione Russa, Slavacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Regno Unito, Ucraina. Su PubliCA (Concerted Action for Public Library), sezione della Commissione Europea per la promozione del ruolo della biblioteca pubblica nella società dell’Informazione, si veda: Susanna Giaccai, L’Azione concertata Publica, “AIB Notizie”, 9, 2, 1997, p. 3.

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l’apprendimento della persona in ogni fase della vita ribadito nelle diverse versioni del

Manifesto Ifla/Unesco. La seconda parte della dichiarazione invita i decisori istituzionali a

programmare investimenti mirati per assicurare risorse tecnologiche e professionali

appropriate. In particolare, il quarto punto specifica:

Ensure that public libraries are equipped to provide maximum access to the new information resources for all citizens regardless of financial, physical or educational abilities and that those libraries have adequate resources to sustain the services over time.

La dichiarazione ribadisce pertanto il concetto di biblioteca pubblica come centro

informativo locale, in grado di incidere sulla qualità della vita collettiva e individuale

svolgendo un ruolo attivo nello sviluppo della cittadinanza attraverso il libero accesso a

informazioni di diversa natura, inclusa l’informazione di comunità e l’informazione

economica.

1.4 Cultura dell’informazione e accesso alla Rete nel nuovo millennio

Il nuovo millennio si apre nel segno della Millennium Declaration29 adottata

dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per l’affermazione della pace, della giustizia

e del benessere nel mondo, che si ripropone tra gli obiettivi anche quello di estendere

universalmente i benefici della nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Al contempo l’Unione Europea definisce nel summit di Lisbona del marzo 2000 una

strategia di sviluppo orientata al raggiungimento di una posizione competitiva

nell’economia della conoscenza globale entro il 2010. Sulla spinta di ciò, i documenti

programmatici sulle biblioteche considerano sempre di più l’accesso alla Rete come diritto

fondamentale.

Nel 2000 il Consiglio d’Europa, in collaborazione con EBLIDA (European Bureau of

Library, Information and Documentation Associations)30 emana delle linee guida per

l’armonizzazione europea delle legislazioni nazionali in materia bibliotecaria. Le Linee

guida del Consiglio d'Europa-Eblida per la legislazione e le politiche in materia di

biblioteche in Europa31, nel definire i criteri generali per la programmazione legislativa,

29 La Millennium Declaration è disponibile integralmente, in lingua inglese, sul sito web dell’Unesco all’indirizzo: http://www.un.org/millennium/declaration/ares552e.htm 30 L’EBLIDA è un’associazione fondata nel 1992 che opera in ambito bibliotecario e documentario, la cui azione di lobbying influisce nelle scelte politiche e legislative. Sito web ufficale: http://www.eblida.org 31 Linee guida del Consiglio d’Europa-Eblida per la legislazione e le politiche in materia di biblioteche in Europa, versione italiana a cura di Margherita Spinazzola per conto del Coordinamento delle Regioni e delle Province autonome per i Beni culturali, Strasburgo, 20 gennaio 2000. Interessante per approfondire la genesi e l’influenza del documento è l’intervista a Giuseppe Vitiello uscita in “Aib Notizie”, 12, 9, 2000, p. 2-5, disponibile all’indirizzo http://www.aib.it/aib/editoria/n12/00-09vitiello.htm

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contribuiscono dunque a specificare ulteriormente il rapporto tra biblioteche e politiche

dell’informazione nell’Europa contemporanea. Rispetto al Manifesto Unesco del 1994,

l’istituzione bibliotecaria nel suo insieme è qui riformulata alla luce della rivoluzione

tecnologica e del processo di globalizzazione, fattori che ricorrono tra le ragioni per cui,

già nell’introduzione, si dichiara l’essenzialità delle biblioteche nella «infrastruttura

culturale, educativa e informativa». Oltre a garantire la protezione del «fondamentale

diritto umano alla libertà di espressione e all’accesso pubblico all’informazione» (punto 1),

il riconoscimento di tale ‘essenzialità’ «incoraggia uno sviluppo democratico delle nuove

tecnologie e della globalizzazione, dove le biblioteche sono punti chiave di una politica

culturale europea sull’informazione e le tecnologie della comunicazione» (punto 2),

«integra le tendenze alla globalizzazione, enfatizzando la dimensione locale e la crescita di

società plurilingui e multiculturali» (punto 3) e infine, rispondendo a un processo

geopolitico in corso, «sostiene le riforme istituzionali ed economiche che hanno luogo

nell’Europa dell’Est, riportando alla mente l’importanza delle biblioteche nella

democratizzazione degli stati» (punto 4).

Il legame tra democrazia e accesso all’informazione è il tema dominante delle linee guida

EBLIDA. Nella prima sezione, Libertà di espressione e libero accesso all’informazione, si

individuano i principi per lo sviluppo delle collezioni e per l’accesso alle reti elettroniche.

In proposito, il documento specifica:

Riguardo ai principi per l’accesso alle reti elettroniche, le biblioteche dovrebbero: -sfruttare a pieno il potenziale dell’informazione in Rete, in particolare di Internet, che consente un accesso all’informazione impossibile con le collezioni di materiale cartaceo; -cercare di ottenere l’accesso elettronico a fonti di informazioni nell’interesse degli utenti e fornire inoltre punti di accesso pubblico con livelli appropriati di supporto e guida che consentano l’uso indipendente dell’informazione in Rete; -non consentire scientemente l’accesso a materiale su Internet che sia illegale sul territorio di accesso; riguardo ad altri materiali è facoltà degli utenti determinare a quale informazione vogliono accedere; -formulare politiche sull’uso di Internet per definire gli obiettivi e i metodi dell’offerta di accesso pubblico all’informazione in Rete; -rispettare i diritti dell’utente, compreso il diritto alla riservatezza e alla privacy; -rivedere costantemente le loro politiche riguardanti i punti di accesso pubblico e la messa in pratica delle stesse politiche, sentiti gli enti e le associazioni della società civile, per assicurare che i compiti e gli obiettivi del servizio siano raggiunti.

Nel garantire l’accesso all’informazione quale diritto umano fondamentale e precondizione

della democrazia, la biblioteca deve dunque considerare, come sottolineato nella sezione

successiva, «tutti i tipi di veicoli di informazione, non ultima quella digitale disponibile su

Internet».

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Il riconoscimento del ruolo sempre più determinante di Internet e in particolare del Web

nella disseminazione dell’informazione, avviene compiutamente due anni dopo con il

Manifesto per Internet, redatto dall’IFLA/FAIFE nel 2002. Nello stesso anno l’IFLA

emana anche The Glasgow Declaration on Libraries, Information Services and Intellectual

Freedom − in cui si dichiara il sostegno delle biblioteche contro ogni forma di censura o

limitazione delle libertà di accesso e di espressione − nonché la Dichiarazione su

biblioteche e sviluppo sostenibile, dove si sottolinea il compito delle biblioteche nella

formazione della consapevolezza pubblica. Mentre entrambi i documenti contribuiscono a

rafforzare la cornice di valori democratici in difesa dei diritti civili universali in cui

operano le istituzioni bibliotecarie, è il Manifesto Ifla per Internet a definire per la prima

volta il valore sociale nell’uso della Rete in biblioteca32.

Il documento si articola in una breve introduzione e in tre sezioni: 1. La libertà di accesso

all’informazione, Internet e le biblioteche e i servizi informativi; 2. Principi della libertà di

accesso all’informazione tramite Internet; 3. Attuazione del Manifesto. La premessa

precisa il ruolo di Internet nel contesto della globalizzazione, ancorandone l’uso alla

partecipazione informata nei processi democratici:

Grazie a Internet, Rete globale, dai villaggi più piccoli e remoti alle metropoli, nel mondo intero, le persone e le comunità possono avere uguale accesso all’informazione ai fini dello sviluppo personale, dell’istruzione, dello stimolo e arricchimento culturale, dell’attività economica e della partecipazione informata alla democrazia.

Il concetto è rafforzato nella seconda sezione − Principi della libertà di accesso

all’informazione tramite Internet − in cui l’accesso è esplicitamente considerato un diritto

fondamentale, tanto che l’incipit specifica: «L’accesso a Internet e a tutte le sue risorse

dovrebbe essere coerente con la Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni

Unite e in particolare con l’articolo 19».

Il Manifesto per Internet prosegue facendo riferimento alla dimensione globale della Rete,

in cui l’esercizio dell’articolo 19 della Dichiarazione del 1948 trova nuove possibilità, così

da sottolineare: «L’interconnessione globale di Internet offre un mezzo tramite il quale tutti

32 IFLA/FAIFE, The IFLA Internet Manifesto, 2002. http://www.ifla.org/files/faife/publications/policy-documents/internet-manifesto-en.pdf. il documento è disponibile sul sito dell’IFLA tradotto in ventidue lingue. Si cita nel testo la traduzione italiana a cura di Maria Teresa Natale. FAIFE (Free Access to Information and Freedom of Expression) è un comitato dell’IFLA che si occupa di accesso all’informazione e libertà di espressione nato nel 1997. Tra i direttori del comitato si ricordano in particolare Paul Sturges e Alex Byrne. Nel contesto italiano, alla pubblicazione del Manifesto per Internet, sono seguiti alcuni contributi particolarmente significativi: Riccardo Ridi, Un manifesto deludente, “AIB Notizie”, 14, 8, 2002, p. 3-4; Stefano Gambari, Mauro Guerrini, Il Manifesto su Internet dell’IFLA, “Biblioteche oggi”, 20, 8, 2002, p. 7-20; Stefano Gambari, Mauro Guerrini, Il Manifesto per Internet dell’IFLA, “Bollettino AIB”, 42, 4, 2002, p. 393-394.

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possono godere di questo diritto»33. Individua poi nello specifico come principi

fondamentali il rispetto della privacy e la libertà per ogni utente di scegliere liberamente,

nei limiti della legalità, le fonti informative. Al contempo affida alle stesse biblioteche un

ruolo proattivo, dichiarando che «hanno il compito di facilitare e promuovere l'accesso

pubblico a un'informazione e a una comunicazione di qualità». L’invito a fornire una

selezione di tipo documentario, libera da censure o condizionamenti ideologici, è

giustificata in quanto − dichiara il Manifesto − «Oltre alle tante risorse valide disponibili

tramite Internet, ve ne sono di inesatte, fuorvianti e potenzialmente offensive». Pertanto,

specifica il documento, «I bibliotecari dovrebbero fornire informazioni e risorse che

aiutino gli utenti a imparare a utilizzare Internet e l'informazione elettronica in modo

efficace ed efficiente». Considerando il complesso informativo della Rete, si ribadisce qui

il ruolo dei bibliotecari nell’intermediazione fondata sulla qualità dell’offerta documentaria

nonché sulla promozione, in ambiente digitale, di competenze riferibili all’Information

Literacy.

Il processo di inclusione del diritto di accesso alle risorse di Rete nel diritto universale

all’informazione sancito nella Dichiarazione universale dei diritti umani, giunge a

compimento nel 2005 con la pubblicazione di due importanti documenti. Si tratta di Fari

nella società dell'informazione. La dichiarazione di Alessandria sulla cultura

dell'informazione e l'educazione permanente dell’IFLA/UNESCO adottata nella Biblioteca

Alessandrina di Alessandria d’Egitto il 9 novembre 2005 e il successivo Manifesto di

Alessandria sulle biblioteche: la società dell'informazione in movimento, approvato due

giorni dopo nella stessa sede. Entrambi i documenti fanno riferimento alla Dichiarazione

di principi con cui si è concluso il primo World Summit on the Information Society (WSIS)

organizzato dalle Nazioni Unite e tenutosi a Ginevra dal 10 al 12 dicembre 2003. La

dichiarazione WSIS riprende e di fatto sviluppa l’obiettivo della Millennium Declaration

rispetto alle tecnologie dell’informazione, individuando nelle biblioteche, nei musei e nelle

scuole i luoghi strategici per la diffusione delle competenze necessarie nel contesto

contemporaneo34.

33 Analogo l’incipit della dichiarazione di Berlino sull’accesso aperto alla letteratura scientifica del 2003 promosso dalla Max Planck Society e che può essere considerato tra i testi fondativi dell’Open Access: «Internet ha radicalmente modificato le realtà pratiche ed economiche della distribuzione del sapere scientifico e del patrimonio culturale. Per la prima volta nella storia, Internet offre oggi l’occasione di costituire un’istanza globale ed interattiva della conoscenza umana e dell’eredità culturale e di offrire la garanzia di un accesso universale». Si cita dalla traduzione italiana di Susanna Mornati e Paola Gargiulo disponibile in Rete all’indirizzo http://oa.mpg.de/files/2010/04/BerlinDeclaration_it.pdf 34 La dichiarazione è disponibile all’indirizzo http://www.itu.int/wsis/docs/geneva/official/dop.html Sul sito ufficiale del WSIS (http://www.itu.int/wsis/index.html) sono consultabili rapporti e documenti del Summit di Ginevra e del secondo WSIS tenutosi a Tunisi nel dicembre 2005. Sul WSIS 2003 si segnala Armand Mattelart, Il costo di un bene comune, Il Manifesto, 10 dicembre 2003. Si considerino inoltre i molti

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La dichiarazione di Alessandria considera pertanto la cultura dell’informazione e

l’apprendimento permanente «i fari che illuminano le vie per lo sviluppo, la prosperità e la

libertà nella società dell’informazione». In particolare si legge:

La cultura dell’informazione è centrale nell’educazione permanente. Lungo tutto l’arco della vita, essa rafforza l’individuo nel cercare, valutare, usare e creare informazione efficacemente, al fine di conseguire i propri obiettivi personali, sociali, occupazionali e formativi. Essa è nel mondo digitale un diritto umano e fattore d’inclusione sociale in ogni nazione35.

Il diritto all’informazione sancito nella Dichiarazione universale dei diritti umani è qui

declinato nel contesto digitale fino a determinare un nuovo diritto, la cultura

dell’informazione, che il documento definisce nei seguenti quattro punti:

1. comprende le competenze per identificare i bisogni informativi e per localizzare, valutare, applicare e creare informazione all’interno di ogni contesto culturale e sociale; 2. è cruciale per il vantaggio competitivo di individui, imprese (in particolar modo piccole e medie imprese), regioni e nazioni; 3. è la chiave per rendere efficaci l’accesso, l’uso e la creazione di contenuti utili a sostenere lo sviluppo economico, l’educazione, i servizi sanitari e sociali ed ogni altro aspetto della società contemporanea, e pertanto getta le basi vitali per soddisfare le finalità della Millennium Declaration e del World Summit on the Information Society; 4. spazia al di là della tecnologia attuale per incorporare – oltre i confini professionali – il saper apprendere, il pensiero critico e l’abilità interpretativa, e potenzia le capacità di individui e comunità.

Il Manifesto di Alessandria sulle biblioteche approvato l’11 novembre 2005 ribadisce al

contempo il legame delle posizioni espresse dall’IFLA con la Dichiarazione di principi del

WSIS, specificando:

L'IFLA, le biblioteche e i servizi di informazione condividono il progetto generale di una società dell'informazione aperta a tutti approvata dal World summit on the information society a Ginevra nel dicembre 2003. Questo progetto promuove l'idea di una società globale basata sul diritto fondamentale degli esseri umani di avere accesso all'informazione e, al tempo stesso, di potersi esprimere senza restrizioni, una società nella quale ognuno si troverà nelle condizioni di produrre, ottenere, utilizzare e condividere informazioni e conoscenza36.

Nella cornice valoriale propria dell’IFLA, è sottolineato il ruolo delle biblioteche nello

sviluppo di una società dell’informazione aperta e democratica attraverso la trasmissione

delle competenze necessarie alla cittadinanza attiva e, per la prima volta, in riferimento

all’e-government:

contributi di Stefano Rodotà sull’argomento, tra cui Tecnopolitica: la democrazia e le nuove tecnologie della comunicazione, Roma-Bari, Laterza, 2004 e l’intervento video Lectio magistralis sul tema: Democrazia, diritti e nuove tecnologie, Palinsesto Italia 2005, 2 dicembre 2005, Università di Bologna, indirizzo web: http://streaming.cineca.it/palinsesto/frames/frameset.php?dim=320&asx=live200 35 Si cita dalla traduzione italiana di Carla Basili: Fari nella società della conoscenza. La dichiarazione di Alessandria sulla cultura dell’informazione e l’educazione permanente dell’IFLA e dell’Unesco (2005), in Biblioteconomia. Guida classificata cit., p. 925-926. 36 Si cita dalla traduzione italiana di Elena Franchini, Manifesto di Alessandria sulle biblioteche. La società dell’informazione in movimento dell’IFLA (2005), in Biblioteconomia. Guida classificata cit., p. 923-924.

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Le biblioteche sono fondamentali per l’esistenza di una cittadinanza bene informata e di un governo trasparente, così come per l’incentivazione dell'e-government. Esse, inoltre, generano capacità promuovendo l'alfabetizzazione all'uso delle informazioni (information literacy) e fornendo supporto e istruzioni per un impiego efficace delle risorse informative, incluse le tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

L’anno successivo, nel 2006, sulla base del Manifesto per Internet il FAIFE pubblica

IFLA/UNESCO Internet Manifesto Guidelines37 con lo scopo di definire criteri condivisi

per l’accesso ad Internet nelle biblioteche pubbliche. La pubblicazione si apre con

un’ampia introduzione che rimanda alla Dichiarazione universale dei diritti umani e si

conclude con un glossario terminologico.

Le linee guida sono articolate in otto sezioni: 1. Principles of Public Access; 2. Public

Libraries and Other Public Access Points; 3. Users; 4. Content; 5. E-services, E-

governance, E-democracy; 6. Technological Choices; 7. Barriers; 8. User Training and

support; 9. Internet Use Policies. Il documento considera pertanto l’utilizzo di Internet in

biblioteca valutando le potenzialità documentali e focalizzando al contempo le principali

criticità. Il ruolo proattivo della biblioteca nel favorire i processi democratici garantendo

l’accesso all’informazione, a sintesi dell’evoluzione stessa del concetto di accesso, è

esplicitata nella quinta sezione delle linee guida che si riporta di seguito integralmente:

Libraries in addition to all their well-recognised roles in education, leisure and research, have an important, and not always fully-acknowledged, role to play in taking citizens from awareness to empowerment. Access to Internet and other forms of information technology services are at the centre of this role. -Libraries have a role to play in freedom of information, or right to information, structures in countries where the necessary legislation is in place, particularly by assisting users with freedom of information requests. -Libraries must contribute to democracy by playing a bridging role in the state-citizen relationship, particularly through the promotion of e-governance for the community. Furthermore, libraries should supplement and strengthen e-government through the provision of materials that will stimulate e-democracy: including materials created by campaigning organisations, lobbying groups, and political parties representing the whole spectrum of opinion -Librarians have a crucial role in using the special skills of their profession in collecting, organising and giving access to government information, whether in the form of printed grey literature or electronic documents. -Libraries should encourage citizens to make use of their online mechanisms for communicating with government. -Libraries should be open to taking on roles in the provision of full e-government services where such facilities are otherwise lacking, insufficient or inadequately provided by other institutions. (p. 22)

37 IFLA/UNESCO Internet Manifesto Guidelines è liberamente disponibile in diverse lingue dal sito dell’IFLA http://www.ifla.org/en/publications/the-ifla-internet-manifesto. Il documento è stato tradotto in inglese, spagnolo, francese, tedesco, russo, arabo, catalano e portoghese ma non in italiano.

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Il libero accesso alla conoscenza e all’informazione in quanto presupposto di

partecipazione democratica consapevole è qui per la prima volta posto in relazione con i

concetti di e-government e e-democracy.

Sulla base di ciò le biblioteche − già luogo di educazione, ricerca e svago − assumono una

funzione centrale sul piano dei diritti civili permettendo l’accesso alle risorse documentali

prodotte dalle istituzioni. Si sottolinea, in proposito, il ruolo cruciale dei bibliotecari nel

favorire la gestione e la consultazione dei documenti istituzionali pubblici sia a stampa che

digitali. La quinta sezione si sofferma in particolare sul diritto all’informazione legislativa,

politica e governativa, sottolineando il supporto delle biblioteche nell’esercizio del diritto

di espressione del cittadino, che trova attraverso l’interattività della Rete nuovi modi per

comunicare con le istituzioni. La stessa definizione di Freedom of information fornita nel

glossario rimanda alla documentazione pubblica e all’idea di open government:

Freedom of information can also be explicitly concerned with legislation. In this case, the term refers to a right of access by the public to official information. This is related to the idea of open government, a concept that includes the observation of government meetings by the public and consultation on planning and decision-making. The idea behind freedom of information laws is to give the public the right of access to information held by public authorities. There is a central principle of “access to files” in this definition, where “files” are documents accumulated by government in all its manifestations, from local to national level and everything in between. (p.37)

Il ruolo della biblioteca nel sostenere la trasparenza delle istituzioni pubbliche e il diritto

correlato dei cittadini ad accedere alle informazioni ufficiali torna con maggiore chiarezza

nell’IFLA Manifesto on Trasparency, Good Governance and Freedom from Corruption

emanato nel 2008 e non ancora adottato in Italia38.

La premessa del Manifesto, con il consueto riferimento all’articolo 19 della Dichiarazione

universale dei diritti umani, ribadisce l’azione dell’IFLA nel supportare il ruolo delle

biblioteche nella società, citando contestualmente alcuni passaggi significativi dei

documenti emanati in precedenza, a disegnare il quadro concettuale in cui si colloca il

Manifesto del 2008. Nello specifico:

The IFLA/UNESCO Public Library Manifesto (1994) states the importance of ‘the ability of well-informed citizens to exercise their democratic rights and to play an active role in society’; The Glasgow Declaration on Libraries, Information Services and Intellectual Freedom (2002) states that libraries and information services ‘help to safeguard democratic values and universal civil rights’; The Alexandria Manifesto on Libraries, the Information Society in Action (2005) reasserts the principle that ‘libraries and information services [are] vital to a democratic and open Information

38 Il documento è disponibile in diverse lingue, ma non in italiano, sul sito dell’IFLA all’indirizzo web: http://www.ifla.org/en/publications/ifla-manifesto-on-transparency-good-governance-and-freedom-from corruption Nella sezione riguardante l’Italia dell’IFLA Word Report 2010 si legge che l’AIB ha in programma di adottare il documento nei prossimi due anni. IFLA Word Report 2010 è consultabile all’indirizzo http://www.ifla-world-report.org/cgi-bin/static.ifla_wr.cgi.

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Society’; and adds that ‘Libraries are essential for a well informed citizenry and transparent governance’.

Le biblioteche sono qui considerate parte attiva nel sostenere la trasparenza delle istituzioni

come antidoto alla corruzione. I due poli concettuali su cui si articola il documento

vengono esplicitati nei primi due paragrafi, dove trasparenza e corruzione sono infatti

rispettivamente definiti considerandone le ricadute in termini democratici:

Transparency is the basis of good governance and the first step in fighting corruption. It provides a universal rationale for the provision of good records management systems, archives, and financial regulatory and monitoring systems. It is directly linked to the practice of socially responsible authorship and journalism, the work of editors, the publishing and the distribution of information through all media.

Corruption undermines basic social values, threatens the rule of law, and undermines trust in political institutions. It creates a business environment in which only the corrupt thrive. It hinders scientific work and research, weakens the functions of the professions and obstructs the emergence of the knowledge society. It is a major contribution to the creation and prolongation of human misery and the inhibiting of development. Corruption succeeds most under conditions of secrecy and general ignorance.

L’azione delle biblioteche nella lotta alla corruzione consiste dunque nel sostenere la

trasparenza, fornendo ai cittadini il supporto documentale necessario per la conoscenza dei

propri diritti e per lo svolgimento del dibattito pubblico39.

Sulla base della dichiarazione di principi espressa nella prima parte del Manifesto, L’IFLA

sollecita le biblioteche a supportare un preciso programma d’azione definito in dieci punti.

Tale programma stimola esplicitamente le biblioteche pubbliche al trattamento di risorse

documentali che vanno dalle informazioni professionali a quelle sociali, economiche e

politiche, prevalentemente prodotte da fonti istituzionali o comunque riguardanti la sfera

pubblica.

1.5 IFLA Public Library Service Guidelines 2010: dalla teoria alla pratica

A partire dalla sua fondazione avvenuta ad Edimburgo nel 1927, l’IFLA promuove eventi

internazionali − tra cui un congresso annuale − ed è impegnata in un’intensa produzione

editoriale che comprende attualmente la pubblicazione della rivista quadrimestrale IFLA

39 Il passaggio del documento in cui è esplicitata questa tesi è il seguente: «The information materials and access provided by libraries and information services contribute to good governance by enlarging the knowledge of citizens and enriching their discussions and debates. Libraries and information services should extend their mission so as to become more active components in good governance and the struggle against corruption. In particular they can perform a significant role in informing citizens of their rights and entitlements.» Sul tema della trasparenza in relazione alla gestione dei documenti nel paradigma digitale si segnala il numero monografico “Archivi & computer”, 19, 1, 2009.

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Journal40, il rapporto IFLA Annual Report, le collane IFLA Publications, IFLA

Professional Reports e IFLA Series on Bibliographic Control. L’IFLA si impegna nel consolidare il ruolo della biblioteca pubblica a livello mondiale41

con una sezione denominata Public Libraries, appartenente, nel nuovo assetto

organizzativo, alla divisione Library Types. La struttura dell’IFLA operativa dal 2009 è

infatti composta di cinque divisioni, in luogo delle otto precedenti42, ciascuna delle quali

include diverse sezioni che producono nel loro specifico ambito linee guida, manifesti,

rapporti e buon pratiche. Nel sito web ufficiale dell’IFLA la sezione Public Libraries è

così presentata:

This Section provides an active international forum for the development and promotion of public libraries which serve the whole community in the context of the information society and ensure free and equal access to information at the local level. It also includes mobile libraries43.

La biblioteca pubblica è dunque concettualmente collocata nel macrocontesto globalizzato

della società dell’informazione e al contempo se ne individua il campo d’azione nella

dimensione locale. Si configura pertanto come realtà glocale44, in grado di dominare la

complessità del sistema informativo con l’obiettivo di assicurare, per tutti gli individui, a

livello locale, un accesso libero e equo all’informazione.

All’impegno della sezione Public Libraries si devono le due più importanti pubblicazioni

che sono oggi di riferimento per la gestione delle biblioteche pubbliche: al citato

IFLA/UNESCO Public Library Manifesto del 1994 tradotto in oltre venti lingue, è seguito

infatti nel 2001 The Public Library Service: the IFLA/UNESCO Guidelines for

Development 45.

40 La rivista “IFLA Journal” è disponibile in Rete nella versione full text a partire dal 1993, all’indirizzo http://www.ifla.org/en/publications/ifla-journal 41 Per comprendere la vocazione globale dell’IFLA è sufficiente consultare il rapporto annuale 2009, che specifica: «IFLA is represented in 144 countries. This year IFLA welcomed several new countries: Ukraine, Iraq, Jordan, Lao People’s Democratic Republic and Rwanda». In quanto organizzazione internazionale, non governativa e no profit, l’IFLA si sostiene con il contributo di 1467 membri nei cinque continenti, con una prevalenza di adesioni in Europa. Cfr. IFLA Annual Report 2009, Compiled and edited by IFLA Headquarters The Hague, IFLA Headquarters, 2010, p.12. 42 Il nuovo assetto organizzativo è stato presentato in occasione del 75th IFLA Word Library and Information Congress, Libraries create futures: Building on cultural heritage, che si è svolto a Milano dal 23 al 27 agosto 2009 ed è consultabile in Rete sul sito IFLANET, all’indirizzo: http://www.ifla.org/en/activities-and-groups#list1. L’organizzazione precedente prevedeva le seguenti divisioni: I General Research Libraries; II Special Libraries; III Libraries Serving the General Public; IV Bibliographic Control; V Collection and Services; VI Management and Technology; VII Education and Research; VIII Regional Activities. La sezione Public Libraries apparteneva alla terza divisione. 43 http://www.ifla.org/en/public-libraries 44 Per l’origine del termine si veda Zygmunt Bauman, Globalizzazione e glocalizzazione, Roma, Armando Editore, 2005. Nel contesto delle biblioteche pubbliche il concetto di glocalizzazione è stato trattato da Giovanni Solimine, La biblioteca. Scenari, culture, pratiche di servizio cit., p. 46-50. 45 IFLA, The public library service: IFLA/Unesco guidelines for development, prepared by a working group chaired by Philip Gill on behalf of the Section of Public Libraries, München, Saur, 2001. Questo lavoro è preceduto da Standard for Public Library del 1973, Guidelines for Public Library by Philip Gill (editor), in

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Entrambi i documenti sono stati recentemente riformulati con una seconda edizione delle

Linee Guida − edita nell’agosto 2010 − aggiornata alla luce delle profonde trasformazioni

del sistema informativo iniziate negli anni Novanta del Novecento. Presentato in occasione

del congresso annuale di Gothemburg46, IFLA Public Library Service Guidelines riporta

infatti nell’appendice il documento Update of Ifla Manifesto47, quale integrazione al

Manifesto del 1994. Tali revisioni hanno origine nel riconoscimento di un processo di

metamorfosi tecnologica che, proprio a partire dagli anni Novanta, non sembra aver subito

rallentamenti. Questo concetto emergeva con chiarezza già nell’introduzione delle Linee

Guida del 2001 riproposta nell’ultima edizione con poche varianti, tanto che nella

citazione seguente, tratta dalle Linee Guida 2010, è stato aggiunto soltanto il riferimento −

che si evidenzia in corsivo − alla precedente edizione:

In the last few years the rapid and very exciting developments in information technology (IT) revolutionized the way in which information is collected, displayed and accessed. The synergy between information and communications technology (ICT) is allowing access to information in ways hardly imaginable when the Guidelines were published in 1986 as well as in 2001. The speed of change accelerates and continues to do so. There are few sectors of activity not affected and the public library, for which the provision of information is a primary role, is facing the challenge of radical changes in all aspects of its organisation and service delivery. Many public libraries are responding to the challenge of the electronic revolution, taking the opportunity to develop services in new and exciting ways. (p. XI) (corsivo mio)

Nel 2010, come accadeva nel 2001, la necessità di riformulare le strategie con cui la

biblioteca pubblica persegue il suo obiettivo primario muove dalla constatazione di un

sistema tecnologico di trasmissione documentale non solo mutato, ma in continua

trasformazione. Rispetto all’edizione 2001, questa seconda edizione presenta dunque

alcuni ampliamenti, si arricchisce del settimo capitolo − The marketing of public libraries

− e di due documenti in appendice: oltre al citato Update of Ifla Manifesto, è infatti

riportato Queensland Public Library Standards and Guidelines. Le buone pratiche e i

relativi collegamenti web sono aggiornati al 1 gennaio 2010, come la bibliografia a corredo

di ogni capitolo. Nella premessa, a firma dei curatori Christie Koontz e Barbara Gubbin, si

legge: «The public library is the dynamic and premiere community access point designed

to proactively respond to a multitude of ever-changing information needs.» (p. IX)

collab. with Section of Public Libraries del 1986. Edizione italiana: IFLA-AIB, Il servizio bibliotecario pubblico:linee guida IFLA/Unesco per lo sviluppo, trad. it. a cura di Adelaide Stella Ferrara, Roma, Associazione italiana biblioteche, 2002. La pubblicazione è disponibile in Rete all’indirizzo http://www.ifla.org/VII/s8/news/pg01-it.pdf 46 La presentazione ha avuto luogo il 14 luglio, si veda in proposito la relazione di Sjoerd Koopman disponibile nel sito dell’IFLA: http://www.ifla.org/en/news/new-publications. 47 Update of Ifla Manifesto in IFLA Public Library service guidelines cit., p.136-137. Il documento è stato pubblicato sul sito web dell’IFLA nel 2009 all’indirizzo http://www.ifla.org/files/public-libraries/publications/10-ways-to-make-a-public-library-work.pdf

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Si tratta di una definizione che pone l’accento sull’elemento dinamico della biblioteca

pubblica, necessario per sostenere il passo con i continui cambiamento del sistema

informativo. Tale consapevolezza nelle Linee Guida del 2010 spinge verso la

riformulazione di quanto sostenuto nel 1994 dal Manifesto IFLA/Unesco: «The Public

Library is the local centre of information, making all kinds of knowledge and information

readily available to its users».

Mantenendo saldo il concetto di centralità dell’istituzione come punto di accesso locale

all’informazione per la comunità, la definizione delle Linee Guida 2010 considera la

mutevolezza delle tecnologie di disseminazione documentale e conseguentemente delle

stesse esigenze informative degli utenti.

Il documento in appendice Update of Ifla Manifesto propone infatti dieci raccomandazioni

di aggiornamento all’IFLA/UNESCO Public Library Manifesto che, come viene specificato

in premessa, si ritengono necessarie in conseguenza alla diffusione di nuove tecnologie

non disponibili nel 1994. Nel nuovo paradigma, l’intento dell’IFLA è stimolare un ruolo

maggiormente proattivo delle biblioteche pubbliche rispetto al passato. Queste − sottolinea

la prima raccomandazione − più che depositi fisici della conoscenza, devono essere

piuttosto considerate luoghi aperti di incontro e di crescita culturale (community/cultural

spaces). Tale principio di apertura si riferisce tanto agli edifici quanto alle comunità

virtuali realizzabili con Internet e il Web, ai quali fanno riferimento la maggior parte dei

punti successivi del documento. Di qui l’invito non solo all’uso del Word Wide Web e del

Web 2.0 nella pianificazione dei servizi, ma anche a guardare in avanti, verso lo sviluppo

del Web 3.0 e del Web 4.0 (seconda raccomandazione) e ad offrire in tal senso adeguate

opportunità formative agli utenti (terza raccomandazione). L’obiettivo è contribuire a

sviluppare un word wide wisdom tramite il web − come specificato nelle due

raccomandazioni successive − che superi le barriere internazionali e al contempo

garantisca, nell’ottica globale, il rispetto di tutte le culture. La proattività della biblioteca

pubblica si esprime, in concreto, nello sviluppo di collezioni e servizi digitali che rendano

accessibili la conoscenza, l’educazione e l’informazione nelle diverse forme in cui queste

sono disponibili (raccomandazioni sei, sette e otto). Emerge dunque, nella parte

conclusiva, il modello di Hybrid Library, in cui Internet diventa lo strumento necessario

per supportare l’idea di una Comby Library capace di integrare diverse realtà culturali,

quali archivi e musei, come auspicato nell’ultima raccomandazione.

Nella revisione delle linee guida, in un’ottica complessiva di biblioteca pubblica come

luogo aperto di incontro e di crescita culturale che si avvale delle nuove tecnologie per

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l’abbattimento delle barriere fisiche e virtuali alla conoscenza, il ruolo di centro di

documentazione per la comunità risulta rafforzato.

Già nel primo capitolo – The mission and the purposes of the public library – si assiste

infatti all’introduzione di un tredicesimo paragrafo, titolato Value of public library che

rimanda esplicitamente all’importanza delle informazioni in Rete:

It is acknowledged that the public library provide great value to their communities. Value is often definited by what materials and services libraries provide to the communuties. In the past public libraries primarily offered access to printed information, and served as a public social and physical meeting place in the community. In the digitized age the role and value of public libraries has become enhanced by the advent of new information technologies. These may include workstations, increased available bandwidth, and provision of computer training. In some communities today, public libraries are the sole provider of free access to the Internet. (p.17)

Nel definire il concetto di value of public library, le linee guida segnalano lo studio

australiano Libraries Building Communities del 2005, il cui obiettivo era proprio

focalizzare il valore sociale generato dalle biblioteche pubbliche nella comunità.48

Libraries Building Communities merita un approfondimento sia per i contenuti, sia perché

rappresenta un valido esempio di come la ricerca possa supportare la definizione di

politiche gestionali efficaci.

Lo studio, cha ha coinvolto quarantacinque biblioteche dello Stato di Victoria, si articola in

quattro rapporti. Il primo, Setting the Scene, è di carattere introduttivo, definisce dunque la

cornice concettuale, soffermandosi sul concetto di Community Building e sullo sviluppo

connesso di capitale sociale (Social Capital) − inteso nelle diverse declinazioni possibili −

tramite le biblioteche pubbliche, a beneficio dell’intera comunità. Il rapporto successivo −

Logging the Benefits − illustra la metodologia di ricerca e gli esiti dell’indagine con cui

sono state raccolte, attraverso focus group e interviste, le opinioni di 10.000 persone sul

ruolo e i servizi della biblioteca pubblica. I dati includono elementi sia quantitativi, volti a

disegnare un profilo degli utenti reali e potenziali, sia qualitativi, producendo riflessioni

sugli esiti dei focus group. Il terzo report, Bridging the Gaps, alla luce del profilo sociale

degli utenti reali e potenziali, propone strategie per colmare il divario nella percezione del

servizio. Infine l’ultimo report − Showcasing the Best − presenta buone pratiche. Gli esiti

dello studio sono poi sintetizzati in una quinta parte, Executive Sommary, che focalizza

quattro aree, a definire il valore complessivo della biblioteca pubblica: combattere il digital

divide; favorire il consolidamento di una comunità ben informata; supportare

48 Lo studio è disponibile in accesso aperto all’indirizzo di Rete http://www2.slv.vic.gov.au/about/information/publications/policies_reports/plu_lbc.html

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apprendimento e alfabetizzazione; generare capitale sociale nelle diverse declinazioni

possibili. Si tratta dunque di alimentare, attraverso precise politiche di gestione, un circuito

virtuoso così rappresentato nell’Executive Sommary :

Figura 1 - Libraries Building Communities (Executive Sommary, p. 21.)

La biblioteca pubblica produce dunque ‘valore’ per la comunità sostenendone la cultura,

l’apprendimento, la lettura, l’informazione e la coesione sociale. L’obiettivo di creare una

comunità ben informata (creating well-informed communities) è uno dei punti esaminati in

dettaglio nel rapporto. Questo è perseguito dalle biblioteche dello Stato di Victoria in

particolare attraverso i servizi di Community Information e di Government Information,

che consentono il reperimento delle informazioni on-line necessarie sia alle esigenze

informative del quotidiano, sia al dibattito pubblico.

L’accesso alle banche dati private in Rete avviene attraverso il consorzio Gulliver, che,

attivo dal 2001, permette di condividere i costi degli abbonamenti altrimenti proibitivi,

consentendo così a ciascuna biblioteca di offrire oltre 21.000 risorse tra riviste, libri,

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quotidiani full-text e immagini49. Possono accedere alla collezione digitali gli utenti

registrati, sia in biblioteca che da remoto. I contenuti riguardano l’ambito educativo,

informazioni selezionate qualitativamente su eventi di attualità, business information

aggiornata, articoli di carattere medico e gli esiti più recenti della ricerca scientifica. Alla

gestione cooperativa degli accessi si aggiunge un servizio di Ask a Librarian attivo 24 ore

al giorno per 365 giorni l’anno.

Figura 2 – Victoria’s Virtual Library (Australia)

Le scelte adottate nello stato della Victoria nell’ambito delle biblioteche pubbliche

rispecchiano l’importanza del sistema bibliotecario nelle politiche australiane in materia di

accesso all’informazione. Ne è esempio lo stesso portale della National Library of

Australia, che permette di consultare on-line un’ampia tipologia di documenti con l’ausilio

di menù a tendina per l’identificazione di bisogni informativi specifici.

Dal menù Find della home page è infatti possibile selezionare la voce Government per

essere guidati nel reperimento delle pubblicazioni ufficiali:

49 http://www.libraries.vic.gov.au/cgi-bin/library_links/dbases.cgi

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Figura 3 – National Library of Australia

Dalla sezione Government publications si può accedere inoltre al catalogo di ricerca e alle

specifiche metarisorse governative in materia di documentazione di fonte pubblica,

scegliendo tra i diversi percorsi indicati (fig. 4).

Tra le risorse indicate, particolarmente interessante è l’archivio web PANDORA

(Preserving and Accessing Networked Documentary Resources of Australia) frutto di un

progetto nato nel 1996 con il coordimento dalla National Library of Australia e a cui

collaborano attualmente anche diverse biblioteche e archivi statali e nazionali50.

50 Cfr. http://pandora.nla.gov.au/

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Figura 4 - National Library of Australia (2)

Le pubblicazioni ufficiali sono dunque integrate nelle complesso delle 160.000 risorse

informative, educative e culturali proposte dalla biblioteca.

Tornando al testo delle Linee Guida 2010, il concetto di biblioteca pubblica come centro di

documentazione per la comunità è ulteriormente rafforzato nel secondo capitolo − The

legal and financial framework − con l’aggiunta del paragrafo E-Government services. Qui

si invitano le biblioteche pubbliche ad assumere un ruolo attivo nei processi di e-

government:

E-Government (E is for electronic) strives to engage citizenry in government in a user-centred manner, and thus develop quality government services and delivery sistem that are efficient and effective via new technologies. User-centred e-Government suggest that governments will provide services and resources tailored to the actual service and resource needs of users, including citizens, residents, government employees, and others. A key issue for libraries is that citizen-centred E-Government services may be tasked to local libraries. Public libraries are often identified as optimal patners for provision of E-Government services as they are the most logical public point of access. [...] Yet in the E-Government scenario public libraries are sometimes not prepared or forewarned of government clousures and elimination of in-person citizen services, with these being trasferred to the web. Therefore preparation and policies must be in place as to if or how the libary will provide these government services within its mission and available resources. It is raccomended to examine staff expertise and current government partnership to assure optimal preparation is in place for this seemingly inevitable trend occuring in communities. (p. 23-24)

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L’e-government rappresenta dunque per le biblioteche pubbliche un terreno di recente

acquisizione, da coltivare coerentemente con i valori consolidati del diritto di accesso

all’informazione, nonché di sostegno alla democrazia e all’inclusione sociale.

Anche in questo caso è segnalata una best pratice particolarmente interessante: si tratta di

Pasco Public Library System, in Florida (USA) che include una specifica sezione dove

operano bibliotecari specializzati in e-government. Come nel caso australiano, il sito web

offre l’opportunità di accedere a servizi e documenti governativi:

Figura 5 - Pasco Public Library System (Florida, USA)

La voce e-government rimanda alle risorse maggiormente utilizzate dagli utenti, oppure

distinte per locali, statali e federali. Seguono nel menù sezioni tematiche riguardanti la

salute (Pasco County Health Care), il lavoro (Pasco County Jobs), il trasporto pubblico

(Public Transportation), diverse risorse audio e video di carattere orientativo (e-

government tools) un blog tematico e il calendario delle iniziative.

In ciascuna sezione è presente il collegamento al servizio Ask a Librarian, mediante il

quale l’utente può inoltrare le proprie richieste informative on-line tramite un apposito

modulo o scegliendo la modalità chat.

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Pasco County Library System offre inoltre presso le biblioteche un servizio di assistenza

per le procedure e-government, nella cui presentazione è sottolineato il ruolo di supporto

alla cittadinanza, particolarmente significativo nel contesto della crisi economica corrente:

The library provides laptops with extended time limits and free help finding government information and filing online government forms such as Access Florida (food stamps and Medicaid), unemployment, county tax records, tax forms, and more! The laptops may also be used to search for jobs.51

Nel difficile scenario della depressione economica si colloca peraltro l’iniziativa intrapresa

dalla New Jersey State Library (USA) che ha sviluppato uno specifico sito web finalizzato

a sostenere i cittadini nella ricerca di lavoro, nelle problematiche abitative, famigliari e

riguardanti la salute52. I singoli ambiti tematici (Work; Tolls; Financial Tolls; Housing

Tolls; Healt Tolls; Parental Tolls; Tolls for Senior) raccolgono indirizzi web istituzionali

di qualità, attraverso i quali è possibile accedere a risorse e servizi in linea per la

risoluzione delle principali esigenze informative che si presentano nella vita quotidiana.

La home page del sito, con un linguaggio essenziale e diretto, si presenta così:

Figura 6 - New Jersey State Library (USA)

51 http://www.pascolibraries.org/egovtbox.shtml 52 http://gethelp.njlibraries.org/

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Si tratta di iniziative coerenti con le politiche recentemente promosse dall’ALA (American

Library Association)53 in tema di e-government, che affondano nella tradizione

bibliotecaria consolidata di Public Library come servizio pubblico locale.

Nel documento U.S. Public Libraries and Egovernment Services54 edito nel marzo 2009

dall’ALA, si evidenzia infatti il ruolo strategico della biblioteca pubblica nel favorire

l’incontro tra utenza e informazioni governative attraverso Internet. La pubblicazione

sottolinea in proposito l’utilità del servizio nella vita quotidiana della comunità, che

diventa fondamentale in particolari momenti di criticità determinati da catastrofi naturale

(in proposito si fa riferimento all’uragano Katrina) o sociali, come nel caso dell’attuale

recessione economica. L’ambito e-government, sia nel versante documentale che in quello

relativo ai servizi, costituisce dunque per la biblioteca pubblica un importante anello di

congiunzione tra la necessità di guardare ai rapidi cambiamenti generati dall’espansione di

Internet e la vocazione di centro di documentazione per la comunità. Come l’impegno

dell’IFLA evidenzia nello stesso aggiornamento delle Linee Guida, la biblioteca pubblica

si trova a dover necessariamente riformulare le tradizionali funzioni di mediazione nel

contesto della società dell'informazione, considerando soprattutto gli aspetti cruciali

dell’accesso nel panorama tecnologico del digitale. Il digital divide nelle sue diverse forme

− culturali, economiche e strutturali − costituisce l’aspetto di maggiore urgenza, in

particolare con l’introduzione di processi informatizzati nell’accesso ai documenti e nelle

pratiche burocratiche a carico dei cittadini.

In tale quadro di riferimento, la biblioteca pubblica assume un valore sociale molto forte

configurandosi come presidio democratico in grado di assicurare parità di accesso

all’informazione, dunque necessariamente al passo con il nuovo paradigma che ridisegna,

insieme alle modalità di trasmissione documentale, le stesse procedure che regolamentano

la democrazia.

1.6 Definire la biblioteca pubblica di base Nella letteratura biblioteconomica italiana l’istituzione rispondente alla Public Library

promossa dall’IFLA viene spesso definita biblioteca pubblica di base. La specificazione ‘di

base’ assume la funzione di disambiguare l'aggettivo ‘pubblica’, di per sé insufficiente a

connotare il sostantivo del ruolo sociale implicito nel Manifesto Unesco.

53 http://www.ala.org/ 54 http://www.ala.org/ala/research/initiatives/plftas/issuesbriefs/IssuesBrief-Egov.pdf

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L’espressione ‘biblioteca pubblica’, come è stato più volte osservato nella letteratura di

settore, risulta infatti ambigua a causa della poca chiarezza del concetto di ‘pubblicità’ nel

panorama nazionale. Riccardo Ridi e Fabio Metitieri nel libro Biblioteche in Rete

esplicitano la questione:

Biblioteche pubbliche. All’estero, in particolare nei paesi anglosassoni e scandinavi, è ben consolidato il concetto di «public library», ovvero di biblioteca «di base», che costituisce «il centro informativo locale che rende prontamente disponibile per i suoi utenti ogni genere di conoscenza e informazione» (Manifesto Unesco sulle biblioteche pubbliche, versione 1994, traduzione di Maria Teresa Natale per l’Associazione italiana biblioteche) e che è fortemente radicata nella vita quotidiana di tutti gli strati sociali e culturali della popolazione. In Italia invece il termine «biblioteca pubblica» può far sorgere degli equivoci rispetto alle «statali» e perfino rispetto ai ben più vasti ambiti, non coincidenti fra loro, delle biblioteche «di proprietà pubblica» e di quelle «aperte al pubblico».55 (neretto nel testo)

L’anomalia più evidente risiede proprio nella denominazione di biblioteche pubbliche

statali in riferimento alle quarantasette istituzioni con una vocazione conservativa gestite

dal Ministero per i beni e le attività culturali. Scrive in proposito Giovanni Solimine:

La stessa denominazione di “biblioteche pubbliche statali” attribuite alle strutture dipendenti dai beni culturali è causa di equivoci. Infatti, quando si definisce “pubblica” una biblioteca, in tutto il mondo si intende che essa è “per tutto il pubblico” – una biblioteca è pubblica non semplicemente perché è aperta al pubblico, ma perché è “rivolta a tutti” per il modo di formare le collezioni, di organizzare i servizi, e così via – e non solo che quella biblioteca è “appartenente a un ente pubblico.”56

La riflessione terminologica sottende dunque il dibattito sul concetto di pubblicità della

biblioteca, che ha avuto ampio spazio nella letteratura di settore nella seconda metà del

secolo scorso.57 Una rapida digressione in proposito dimostra infatti quanto sia penetrato in

ambito disciplinare, a partire dal secondo Dopoguerra, il modello della Public Library

proposto nel Manifesto IFLA/Unesco del 1949 e poi nelle edizioni successive del 1972 e

del 199458. Dei molti interventi sul tema, ci limitiamo a citare due esempi particolarmente

significativi: il primo è Alfredo Serrai, che nel 1983 àncora il significato di pubblicità al

fine etico della biblioteca, consistente nel «rendere applicativo, per tutti, il diritto

55 Fabio Metitieri, Riccardo Ridi, Biblioteche in Rete. Istruzioni per l’uso, Roma-Bari, Laterza, 2005, p. 23. 56 Giovanni Solimine, La biblioteca. Scenari, culture, pratiche di servizio cit., p. 178. 57 I termini del dibattito italiano sul concetto della pubblicità della biblioteca sono ricostruiti in Anna Galluzzi, Biblioteche per la città. Nuove prospettive di un servizio pubblico cit., p. 21-33. Tra le pubblicazioni recenti sul tema si segnala: Pubblica come, pubblica per chi. Il servizio bibliotecario pubblico tra passato e futuro, a cura della Biblioteca civica Bertoliana, Milano, Editrice Bibliografica, 2010. 58 A tale modello si lega peraltro la diffusione del mito americano di Public Library che ha conosciuto negli anni Cinquanta una grande fortuna in particolare grazie alle opere di Virginia Carini Dainotti. Cfr. Giovanni Solimine, Il mito americano e la nascita della Public Library, in La biblioteca e il suo tempo, Manziana, Vecchiarelli Editore, 2004, p. 165-187.

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fondamentale di ogni individuo alla progressione intellettuale»59; il secondo esempio,

all’inizio degli anni Novanta, viene da Luigi Crocetti, il quale specifica in un’ottica

funzionale:

Il fatto è che la condizione di pubblica la biblioteca non la riceve istituzionalmente (e infatti giuridicamente questa condizione non è definita), ma se la deve guadagnare e confermare giorno per giorno: con la sua attività. Insomma, la biblioteca è pubblica se funziona da biblioteca pubblica.60

Entrambi si riferiscono al Manifesto Unesco sulla biblioteca pubblica del 1972: il primo ne

rispecchia lo spirito ideale in relazione alla Dichiarazione universale dei diritti umani; il

secondo, dieci anni dopo, sposta l’accento sulla capacità della biblioteca di essere

contemporanea, dunque di rispondere dinamicamente a un contesto sociale, culturale e

tecnologico in profonda trasformazione.

Mentre in Italia la letteratura biblioteconomica assimila fin da subito l’accezione

anglosassone di biblioteca pubblica quale ‘istituto della democrazia’61, l’assetto legislativo

non fornirà gli strumenti adeguati per la definizione di una sistema bibliotecario pubblico,

moderno, radicato nella comunità di riferimento, come si è andato sviluppando altrove nel

mondo occidentale. Leggiamo ancora in Biblioteche in Rete:

Il modello della «public library» di stampo anglosassone e scandinavo, di biblioteca rivolta a soddisfare tutte le esigenze informative della comunità locale, si è espanso in area francofona, nella Germania e perfino in Portogallo, ma incontra notevoli difficoltà a radicarsi in Italia, Spagna e Grecia, dove le biblioteche di base oscillano fra un ruolo di semplice sala di lettura per gli studenti che non riescono ad essere ospitati dalle biblioteche universitarie e quello di laboratorio culturale per gli eruditi locali.62

L’identità di luogo per lo studio continuerà infatti a prevalere su quella di servizio

informativo pubblico, nonostante il clima di apertura e di partecipazione degli anni

Settanta che ha accompagnato la nascita delle biblioteche di ente locale63.

La questione terminologica assume dunque in Italia un significato che supera l’aspetto

formale. Non a caso l’espressione biblioteca pubblica di base non compare infatti nei

principali glossari di ambito biblioteconomico − dove ricorrono piuttosto voci come

59 Alfredo Serrai, Biblioteche e cataloghi, Firenze, Sansoni, 1983, p. 3-8. 60 Luigi Crocetti, Pubblica, in La biblioteca efficace. Tendenze e ipotesi di sviluppo della biblioteca negli anni 90, a cura di Massimo Cecconi, Giuseppe Manzoni, Dario Salvati, Milano, Editrice Bibliografica, 1992, p. 15. 61 Ci si riferisce in particolare a Virginia Carini Dainotti, La biblioteca pubblica istituto della democrazia, Milano, Fratelli Fabbri, 1964. 62 Fabio Metitieri, Riccardo Ridi, Biblioteche in Rete. Istruzioni per l’uso cit., p. 109. 63 Il fiorire delle biblioteche territoriali negli anni Settanta si lega al fermento ideologico e culturale che caratterizza gli anni della contestazione giovanile. Cfr. La legislazione regionale e le biblioteche territoriali, in Giorgio Montecchi, Fabio Venuda, Manuale di biblioteconomia, Milano, Editrice Bibliografica, 2006, p. 68-69.

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biblioteca di pubblica lettura o biblioteca civica − nonostante sia ampiamente presente

nella letteratura di settore64. Per limitare gli esempi ad anni recenti, l’espressione è stata

usata da Sergio Conti nel dibattito sull’identità e sul futuro della biblioteca pubblica che ha

animato le pagine del “Bollettino Aib” tra il 2005 e il 200765. Nella seguente citazione vi è

infatti l’intento di precisarne la stessa fisionomia:

la biblioteca pubblica di base non ha obblighi di conservazione, se non per la piccola parte della collezione di interesse locale, e pertanto la sua ragione di esistere sta nei servizi che eroga, ossia nel riscontro/riconoscimento di utilità che la comunità locale attribuisce alla biblioteca utilizzandola, frequentandola e usufruendone dei servizi. Occorre ricordare che questa tipologia di biblioteche è di fatto a frequentazione libera e facoltativa poiché non vi è nessun obbligo (di legge, scolastico, morale…) che costringa qualche cittadino a visitarla; pertanto chi lo fa, lo fa liberamente, per sua scelta, perché lo ritiene utile, piacevole o conveniente per sé66.

Un secondo esempio significativo risiede invece nella classificazione proposta da Giovanni

Solimine in appendice al saggio La biblioteca. Scenari, culture, pratiche di servizio

pubblicato nel 2004. Qui, in riferimento al contesto italiano, sono elencate le seguenti

tipologie di biblioteche:

-biblioteche statali e nazionali -biblioteche pubbliche di base -biblioteche specializzate di ricerca -biblioteche universitarie -biblioteche scolastiche67

Mentre la biblioteconomia ha dunque focalizzato da tempo l’istituzione che in Italia

dovrebbe svolgere il ruolo della Public Library definita dall’IFLA, come già osservato,

sono mancati gli strumenti legislativi per l’effettivo decollo del servizio. Se infatti la prima

tipologia elencata da Giovanni Solimine trova identità nel Regolamento recante norme

sulle biblioteche pubbliche statali (D.P.R. 5 luglio 1995, n. 417) per la seconda, riferibile

all’idea di biblioteca pubblica quale centro informativo locale proposta nel Manifesto

Unesco, non esiste una legge quadro che ne definisca la fisionomia, demandata alla

64 Opere consultate: Giuliano Vigini, Glossario di biblioteconomia e scienza dell’informazione, Milano, Editrice Bibliografica, 1985; Ferruccio Diozzi, Glossario di biblioteconomia e scienza dell’informazione, Milano, Editrice Bibliografica, 2003; Manuale/dizionario della biblioteconomia e delle scienze dell’informazione. Parte I: Indicizzazione e recupero semantico dell’informazione, a cura di Vilma Alberani, con la collaborazione di Sofia Enrica Amicarella, Annarita Barbero e Monica Zedda, Roma, Associazione italiana biblioteche, 2008. 65 Il dibattito è stato aperto dal seguente articolo: Claudio Leombroni, La biblioteca pubblica: un progetto incompiuto della modernità?, “Bollettino AIB”, 45, 3, 2005, p. 273-276. I termini della discussione sono stati recentemente riepilogati da Stefano Parise per il Rapporto annuale dell’Aib. Si veda: Stefano Parise, Sull’identità della biblioteca pubblica: una discussione, in Rapporto sulle biblioteche italiane 2007-2008, a cura di Vittorio Ponzani, direzione scientifica di Giovanni Solimine, presentazione di Miriam Scarabò, Roma, AIB, 2009, p. 41-49. 66 Sergio Conti, Ha un futuro la biblioteca pubblica? Spunti e provocazioni (in funzione scaramantica), “Bollettino AIB”, 45, 3, 2005, p. 264. 67 Giovanni Solimine, La biblioteca. Scenari, culture, pratiche di servizio cit., p. 267.

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disorganica legislazione regionale sulle biblioteche di ente locale. Le motivazioni di ciò

vanno ricercate nell’evoluzione normativa della Costituzione Italiana. Nel testo

costituzionale del 1948, le biblioteche di enti locali rientravano infatti con l’articolo 117 tra

le materie di potestà legislativa concorrente tra Stato e Regioni. In base a ciò, queste ultime

potevano emanare norme «nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello

Stato». L’ effettivo avviamento delle Regioni nel corso degli anni Settanta ha determinato

un processo di decentramento legislativo e amministrativo delle biblioteche pubbliche su

tutto il territorio nazionale, sebbene in assenza di una legge quadro statale di riferimento

più volte sollecitata dall’Associazione Italiana Biblioteche68.

Tra gli anni Settanta e Ottanta si è dunque assistito all'emanazione delle prime norme

regionali che hanno determinato il quadro attuale delle biblioteche locali, spesso derivate

dalle biblioteche popolari.69 Un rilievo particolare ha assunto nella definizione

dell’eterogeneo panorama regionale la Legge n. 142 dell’8 giugno 1990 (Riforma delle

autonomie locali, e successive modificazioni) con cui sono state introdotte nuove forme di

gestione, poi confluita nel Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali

(Decreto Legislativo n. 267 del 18 agosto 2000 e successive modifiche)70.

Alla fine degli anni Novanta, la Legge 59 del 15 marzo 1997, meglio conosciuta come

Legge Bassanini, e il Decreto Legislativo n. 112 del 1998, hanno ulteriormente esteso le

competenze amministrative delle Regioni. Con le Modifiche al Titolo V della parte

seconda della Costituzione (Legge costituzionale n. 3 del 21 ottobre 2001), l’articolo 117 è

stato poi riformulato verso un ulteriore decentramento. Lo Stato ha infatti assunto

competenza esclusiva in materia di tutela dei beni culturali, mentre gli aspetti della

valorizzazione e della promozione sono rimasti vincolati alla legislazione concorrente tra

Stato e Regioni. Questa diversificazione delle funzioni ha reso di fatto inattuabile la nascita

di una moderna legge quadro sulle biblioteche pubbliche71.

68Il trasferimento delle funzioni alle Regioni in materia di biblioteche è avvenuto con il D.P.R. n. 3 del 14 gennaio 1972 (Trasferimento alle regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di assistenza scolastica e di musei e biblioteche di enti locali e dei relativi personali e uffici) e con il D.P.R. n. 616 del 24 luglio 1977 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975). Sulle posizioni dell’Associazione Italiana Biblioteche in materia legislativa, si veda AIB, Ipotesi di legge quadro sulle biblioteche e sui servizi di accesso alla conoscenza, al pensiero, alla cultura e all’informazione, “AIB Notizie”, 10, 4, 1998, p. 4-7. 69 L’articolo 47 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 recita: «Sono comprese tra le funzioni trasferite alle regioni le funzioni esercitate da organi centrali e periferici dello Stato in ordine alle biblioteche popolari, alle biblioteche del contadino nelle zone di riforma, ai centri bibliotecari di educazione permanente nonché i compiti esercitati dal servizio nazionale di lettura». 70 Si veda La biblioteca servizio pubblico locale, a cura di Fausto De Rosa, Bergamo, CEL,1995, p. 11-39; p. 68-85. 71 Cfr. Mauro Guerrini, Guida alla biblioteconomia, Milano, Editrice Bibliografica, 2008, p. 316.

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Il panorama complessivo, ridisegnato da Paolo Traniello, si configura disorganico e ancora

distante da una definizione univoca di biblioteca pubblica assimilabile al modello

dell’IFLA. Lo stesso Paolo Traniello conclude:

Per limitarci all’unico vasto corpus normativo in vigore nel nostro Paese in campo bibliotecario, vale a dire alla legislazione regionale, appare abbastanza evidente la constatazione che né le molte norme di principio contenute in tale legislazione, né quelle più propriamente prescrittive, che si riferiscono a un dover fare da parte delle amministrazioni regionali e locali, sono state di per se stesse atte a delineare nuovi istituti giuridici percepibili come rilevanti perché effettivamente in grado di determinare la nascita di istituzioni che svolgano funzioni efficaci. Da questo punto di vista e nonostante i molteplici appelli a riferimenti internazionali, la biblioteca pubblica in senso contemporaneo ha avuto in Italia per lo più realizzazioni parziali e l’organizzazione dei servizi è rimasta troppo spesso carente sul piano strutturale72.

Soltanto nel 2004 si è giunti a una norma di riferimento nazionale per le biblioteche degli

enti locali, denominata Linee di politica bibliotecaria delle autonomie, approvata dalla

Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, dall’ANCI e dall’ UPI.

L’introduzione del documento recita:

Il sistema bibliotecario pubblico risponde al diritto primario di tutti cittadini a fruire, indipendentemente dal luogo di residenza, di un servizio di informazione e documentazione efficiente. In questo modo si creano le condizioni per il libero accesso alla conoscenza, al pensiero, alla cultura e alla informazione, che costituiscono le basi per l’esercizio pieno e consapevole dei diritti di cittadinanza, come auspicato dal Manifesto Unesco sulla biblioteca pubblica (1994) e dalle Linee Guida IFLA/UNESCO (2001) 73.

Tale norma, che recepisce i due fondamentali documenti dell’IFLA in materia di

biblioteche pubbliche, rappresenta attualmente l’unico quadro unitario a cui ispirare

l’azione delle biblioteche di ente locale. Coerentemente alle istanze dell’IFLA, le Linee di

politica bibliotecaria delle autonomie identificano lo scopo primario del sistema

bibliotecario pubblico locale nel garantire a tutti i cittadini, «indipendentemente dal luogo

di residenza, il libero accesso alla conoscenza, al pensiero, alla cultura e all’informazione».

La biblioteca pubblica di base, configurandosi come manifestazione italiana della Public

Library promossa dall’IFLA, persegue dunque l’obiettivo di garantire l’uguaglianza di

accesso alla conoscenza in qualunque forma o supporto questa sia disponibile nel rispetto

dell’articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani, nonché dell’articolo 3

della Costituzione italiana74.

72 Paolo Traniello, Aspetto istituzionale e normativo delle biblioteche italiane, in Biblioteconomia: principi e questioni, a cura di Giovanni Solimine e Paul Gabriele Weston, Roma, Carocci, 2007, p. 38. 73 Il documento è disponibile in Rete all’indirizzo: http://www.anci.it/index.cfm?layout=dettaglio&IdSez=2535&IdDett=10725 74 L’aricolo tre della Costituzione recita: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese».

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1.7 Identità e stato dell’arte della biblioteca pubblica di base in Italia

All’inizio degli anni Novanta si colloca una pubblicazione molto significativa per

ricostruire le caratteristiche della biblioteca pubblica di base in Italia: si tratta di La

biblioteca come servizio di base. Obiettivi, tecniche, criteri di gestione di Carlo Carotti. In

apertura del volume, pubblicato nel 1991, l’autore scrive:

La biblioteca di base, prima ancora di essere definita, deve dimostrare di avere ancora una sua funzione. Persa la definizione diminutiva di “popolare”, essa si trova ad operare in un contesto sociale in continua evoluzione75.

Carlo Carotti ne individuava dunque le origini nella biblioteca popolare rimandando in

nota, per la sua evoluzione, alla classica opera di Virginia Carini Dainotti, La biblioteca

pubblica istituto della democrazia pubblicata nel 196476 e, riguardo la funzione sociale

dell’istituzione, al Manifesto Unesco sulle biblioteche pubbliche del 1972. Stabilite le linee

di discendenza, storiche e concettuali, Carlo Carotti passa a formulare alcune ipotesi sulla

sua missione:

La biblioteca di base dovrebbe rappresentare la cellula ove si raccolgono i documenti cui tutta la collettività indistintamente può liberamente e gratuitamente accedere, per evitare che fra i suoi membri siano troppo evidenti le differenze determinate da una diversa acculturazione individuale. La biblioteca di base dovrebbe essere in grado di diventare la possibilità iniziale di rimuovere “gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana” in ordine all’accesso all’informazione. Che sarà, se non lo è già, nella società post-industriale, un bene primario. (p. 10-11)

Il brano citato rimanda esplicitamente all’articolo tre della Costituzione italiana, secondo

cui «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che,

limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo

della persona umana». L’accesso all’informazione e agli strumenti culturali necessari per

lo sviluppo dell’individuo si profila pertanto quale diritto inalienabile sancito dalla legge

fondativa della Repubblica. Alla definizione ideale segue nel saggio l’analisi reale della

biblioteca pubblica di base in Italia: fin dalle prime pagine emerge lo iato tra ciò che questa

dovrebbe essere e ciò che realmente è, ossia una realtà scarsamente percepita come luogo

dell’informazione, gestita molto spesso da un bibliotecario unico e con risorse

inadeguate77.

75 Carlo Carotti, La biblioteca come servizio di base. Obiettivi, tecniche, criteri di gestione, Milano, Editrice bibliografica, 1991, p. 9. 76 Virginia Carini Dainotti, op. cit. 77 Carlo Carotti, op. cit., p. 13. Il tema del bibliotecario unico è stato ampiamente negli anni recenti in: Nerio Agostini, La gestione della biblioteca di ente locale, Milano, Editrice Bibliografica, 2002; Id., Gestire una piccola biblioteca. Manuale della One Person Library, Milano, Editrice Bibliografica, 2005; Id., Il bibliotecario di ente locale, Milano, Editrice Bibliografica, 2010.

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Carlo Carotti identifica dunque la biblioteca pubblica di base con la Public Library definita

dall’IFLA e nel contesto nazionale con la biblioteca di ente locale che fatica a ritagliarsi

una funzione sociale incisiva.

Una seconda pubblicazione indispensabile per ricostruire il profilo della biblioteca

pubblica di base in Italia segue di pochi anni il lavoro di Carlo Carotti. Ci si riferisce al

rapporto conclusivo, pubblicato nel 1994, della ricerca Efficienza e qualità dei servizi nella

biblioteca di base, diretta da Giovanni Solimine e condotta dalla Commissione Nazionale

AIB Biblioteche Pubbliche e dal Gruppo di lavoro Gestione e Valutazione. Il volume,

Quanto valgono le biblioteche pubbliche? Analisi della struttura e dei servizi delle

biblioteche di base in Italia illustra e commenta i risultati dell’indagine su un campione di

duecento biblioteche pubbliche distribuite sull’intero territorio nazionale78. Nella

definizione dell’oggetto di studio si legge:

L’indagine ha per oggetto una precisa tipologia di biblioteche di Ente locale: le biblioteche cosiddette di base, sviluppatesi prevalentemente a partire dagli anni Settanta e di solito configuratesi come unico presidio per la pubblica lettura e la prima informazione sul territorio. (p. 3)

Il campione esaminato includeva le biblioteche di ente locale con requisiti di efficacia e

qualità tali da rappresentare un modello nel territorio, riferite a una popolazione d’area

inferiore ai 70.000 abitanti e ubicate in località prive di altre biblioteche con funzioni di

pubblica lettura79. I dati raccolti per la determinazione del campione evidenziavano una

situazione nazionale eterogenea, con un notevole divario tra Nord e Sud del paese80.

Particolarmente interessante risulta essere il profilo storico della biblioteca pubblica di

base che emerge nel quarto capitolo del volume:

Ben 127 biblioteche, l’88,2 per cento, ha indicato la data d’istituzione del servizio che mostra due picchi: il primo negli anni fino al 1965 e il secondo tra il 1970 e il 1975 con 35 casi il primo e 40 il secondo. Sembra evidente che le nostre biblioteche sono figlie legittime della migliore applicazione del più rispettato comandamento della politica culturale italiana fino a metà degli anni Settanta: quel “primo non leggere” solo in parte scardinato a partire dagli anni Settanta. (p. 48)

È qui evidente il riferimento al volume di Giulia Barone e Armando Petrucci, Primo non

leggere. Biblioteche e pubblica lettura in Italia dal 1861 ai nostri giorni pubblicato nel

1976, dove, nel ricostruire la storia delle biblioteche di pubblica lettura a partire dall’Unità,

78 Quanto valgono le biblioteche pubbliche? Analisi della struttura e dei servizi delle biblioteche di base in Italia. Rapporto finale della ricerca “Efficienza e qualità dei servizi nelle biblioteche di base”, condotta dalla Commissione nazionale AIB “Biblioteche pubbliche” e dal Gruppo di lavoro “Gestione e valutazione”, coordinamento del Gruppo e direzione della ricerca Giovanni Solimine. Gruppo di lavoro Sergio Conti, Dario D’Alessandro, Raffaele De Magistris, Pasquale Mascia, Vincenzo Santoro, Roma, Associazione italiana biblioteche, 1994. 79 Ivi, p. 4. 80 Ivi, p. 5.

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venivano evidenziati gli errori nelle politiche culturali ritenuti alla base di un servizio

bibliotecario pubblico particolarmente arretrato81.

In conclusione emergeva dall’indagine il seguente dato: «La maggior parte delle

biblioteche è nata tra il 1970 e il 1975, ha avuto un bibliotecario di ruolo tra il 1980 e il

1985 e la sede attuale tra il 1990 e il 1995.» (p. 48). Le biblioteche di base esaminate

risultavano essere prevalentemente a scaffale aperto e per quanto riguarda i servizi si

affermava che:

Tutte le biblioteche svolgono con successo i servizi tradizionali di pubblica lettura: prestito, consultazione, lettura in sede. È comunque il servizio di prestito quello sul quale la maggioranza ha investito maggiori risorse e sul quale, in definitiva, misura la sua efficacia e il suo successo.(p.49)

Alcune informazioni interessanti riguardavano inoltre lo stato dell’automazione delle

procedure, che nei primi anni Novanta poteva considerarsi appena agli esordi: il 66%

dichiarava infatti di aver attivato una procedura automatizzata nel trattamento dei

documenti, ma anche qui si evidenziava una ‘questione meridionale’ con dati bassissimi

per la Basilicata e la Campania.

A questo primo tentativo di tracciare un quadro d’insieme delle biblioteche di base in Italia

è seguita nel 2001 L’indagine nazionale sulla diffusione della documentazione pubblica

nelle biblioteche pubbliche italiane. Ideata dal gruppo di studio sulle pubblicazioni ufficiali

dell’AIB in collaborazione con l’ISTAT e le università di Perugia, Firenze e Trento,

l’indagine era finalizzata a raccogliere informazioni sull’organizzazione, le dotazioni

strumentali e in particolare l’uso delle fonti di documentazione pubblica nelle biblioteche.

Nella descrizione metodologica curata da Florinda Damiani, viene ribadita

l’identificazione della biblioteca pubblica di base italiana con la public library

nell’accezione che questa assume nei documenti d’indirizzo internazionali.

A differenza della precedente indagine, in questo caso non si è proceduto mediante

l’individuazione di un campione, ma estraendo gli indirizzi delle biblioteche pubbliche

dall'anagrafe ICCU con esclusione delle biblioteche speciali e universitarie82.

81 Giulia Barone e Armando Petrucci, Primo non leggere. Biblioteche e pubblica lettura in Italia dal 1861 ai nostri giorni, Milano, Mazzotta, 1976. Il libro individua tre fasi: la prima, dal 1861 al 1920, sostanzialmente caratterizzata da politiche fallimentari; la seconda, consistente nella fascistizzazione delle biblioteche e la terza, iniziata con il secondo dopoguerra, in cui si è tentato di importare il modello anglosassone della Public Library. 82 Indagine nazionale sulla diffusione della documentazione pubblica nelle biblioteche pubbliche italiane: indagine statistica sulle biblioteche pubbliche, metodologia di Florinda Damiani, ISTAT. Disponibile in Rete all’indirizzo: http://www.aib.it/aib/cen/q0106a/c/sld004.htm. L’indagine ottenne il 38,6 % di riscontri, che l’ISTAT ritenne insufficienti perché potesse essere interpretata di tipo censuario. Tuttavia, poiché per diffusione regionale e consistenza patrimoniale i dati potevano essere ritenuti rappresentativi della situazione italiana, l’indagine venne infine considerata di tipo campionario.

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Nel Rapporto sulle biblioteche italiane 2002 Elena Boretti specifica: «Sono stati estratti

dall’ICCU e consegnati all’AIB per l’invio del questionario gli indirizzi di tutte le

biblioteche pubbliche statali e di quelle appartenenti agli enti locali, per un totale di

6330»83. L’inclusione delle biblioteche pubbliche statali nel campione esaminato suscita la

riflessione dell’autrice riguardo il contraddittorio panorama normativo nazionale:

Questa statistica giunge tra l’altro in un momento molto opportuno, in cui la biblioteca pubblica viene riconosciuta sempre più ampiamente come servizio a sostegno della formazione per tutta la vita. Uno dei problemi principali che non aiutano lo sviluppo di questo servizio in Italia è il processo incompiuto di trasferimento alle Regioni delle competenze legislative in materia. Recentemente si è tornati a parlare di un possibile “accordo quadro” fra enti locali, Regioni e Stato. Uno dei problemi aperti è quello della mancata definizione del ruolo di 47 istituti statali con caratteristiche molto diverse fra loro, che di fatto non svolgono il servizio di biblioteche pubbliche, ovvero di uso pubblico corrente e attuale. Essi sottostanno però a un regolamento statale che li definisce “biblioteche pubbliche statali” e stabilisce le loro funzioni come volte contemporaneamente sia al prestito che alla conservazione. Nonostante la profonda differenza fra queste biblioteche statali e quelle degli enti locali, nonché fra le diverse statali stesse, che comprendono due nazionali, e le funzioni a queste specificamente proprie, l’indagine ha dovuto prenderle in considerazione. (p. 28-29)

Anche in questo caso emerge un quadro molto eterogeneo: il Nord risultava infatti avere un

concentrazione pari al 57% delle biblioteche − di cui il 21% soltanto nella Lombardia −

mentre il sud si attestava al 29% delle strutture e il centro addirittura al 13%.84 I primi

risultati diffusi nel 2003 restituivano dunque un panorama dominato da biblioteche di

piccole e medie dimensioni con coefficienti d’uso molto bassi, tanto che la stampa reagì

con toni di allarme. Il “Sole 24 Ore” in particolare pubblicò un articolo dal titolo

emblematico: Fallimenti nazionali: da un'indagine ISTAT emerge che il 48 % delle

strutture è frequentato da circa 4 persone al giorno. Nel deserto delle biblioteche

italiane.85 Il testo, di Antonello Cherchi, specificava:

Dati poco confortanti, che nascono dall'esistenza di numerosi posti dedicati alla consultazione, ma spesso di piccole dimensioni e con una patrimonio librario risicato. Elementi che non invogliano certo alla lettura.

In effetti il 30% delle biblioteche presentava una consistenza patrimoniale tra i 2000 e i

6000 documenti. Il quadro complessivo delineato dall’ISTAT concludeva pertanto:

L’universo delle biblioteche pubbliche è costituito principalmente da biblioteche di piccole dimensioni, con scarse dotazioni tecnologiche. La dimensione della biblioteca,

83 Elena Boretti, Indagine AIB-ISTAT sulle biblioteche pubbliche, in Rapporto sulle biblioteche italiane 2002, a cura di Vittorio Ponzani, 13 ottobre 2003, “AIB-WEB”, http://www.aib.it/aib/boll/rapp02.pdf, p. 28. 84 Elena Boretti, op. cit., p. 29. 85Antonello Cerchi, Nel deserto delle biblioteche, “Sole 24 Ore”, 30 giugno 2003; Si veda anche Laura Cerutti, L’hanno chiamato deserto ma erano oasi, “La rivisteria”, 128, luglio-agosto 2003, p.4-6. Fernando Venturini, Documentazione di fonte pubblica e biblioteche. Una nota di commento (...molto a freddo) sull’indagine nazionale AIB-ISTAT, in “AIB-WEB”, http://www.aib.it/aib/contr/venturini1.htm

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misurata tramite il patrimonio, è la variabile che più determina la differenza tra biblioteche86.

Il divario tra Nord e Sud risultava peraltro confermato dalle precedenti Statistiche

italiane87, pubblicate in appendice alla traduzione italiana del 2002 di The Public Library

Service: the IFLA/UNESCO Guidelines for Development. Nel volume, edito con il titolo Il

servizio bibliotecario pubblico: linee guida Ifla/Unesco per lo sviluppo, in riferimento

all’anagrafe ICCU si legge: «Vi si censiscono circa 15.000 biblioteche, di cui circa il 47%

biblioteche pubbliche, la maggioranza delle quali nate dopo il 1972». E più avanti:

Attualmente, studi recenti hanno formulato l’ipotesi che in Italia vi siano circa 6.000 biblioteche pubbliche (ci sono 8.000 Comuni in Italia), con circa 100.000.000 di volumi, 4.000.000 di acquisizioni annue, 7.000.000 di utenti iscritti, 45.000.000 di prestiti, forse 12.000 persone in servizio. E’ probabile che questi dati siano vicini alla realtà, e quindi si può pensare che circa il 13% della popolazione italiana è utente delle biblioteche pubbliche. Tuttavia la verità è che esiste una forte differenza dal nord al sud del paese. Nel sud vi sono effettivamente meno biblioteche in rapporto ai residenti, e mentre il nord raggiunge i risultati migliori, stimati attorno al 17% di iscritti sulla popolazione, la realtà di questo servizio diventa più povera via via che si scende verso il meridione, con ampie aree al di sotto del 10%. (p. 138)

All’inizio del nuovo millennio il quadro nazionale si presentava dunque contrassegnato da

un numero molto elevato di biblioteche pubbliche di base nate negli anni Settanta, con

livelli di vitalità disomogenei e con notevoli differenze territoriali88. Una realtà dunque da

difendere spesso senza il sostegno delle politiche pubbliche, come sottolineavano

opportunamente a metà degli anni Novanta Claudio Leombroni e Igino Poggiali

nell’articolo Biblioteche e reti civiche: un’alleanza per la libertà:

All'abbondanza delle norme che regolano l'attività della biblioteca come luogo di conservazione e organizzazione dei documenti e delle conoscenze che si sono sedimentate nel passato fa da contraltare l'assoluta assenza di disposizioni legislative che conferiscano dignità di infrastruttura irrinunciabile al servizio bibliotecario di base. Siamo costretti a difenderlo comune per comune, laddove esiste, e a perorarne la realizzazione senza ottenere risposte in larga parte del paese89.

Nonostante l’introduzione nel 2004 delle Linee di politica bibliotecaria delle autonomie −

unica norma di riferimento nazionale per le biblioteche di ente locale − la situazione

bibliotecaria pubblica è rimasta sostanzialmente invariata. 86 Indagine nazionale sulla diffusione della documentazione pubblica nelle biblioteche pubbliche italiane: indagine statistica sulle biblioteche pubbliche, primi risultati di Paola Geretto e Silvia Milozzi, ISTAT. Indirizzo: http://www.aib.it/aib/cen/q0106a/d/sld035.htm. 87 Elena Boretti, Statistiche italiane, in IFLA-AIB, Il servizio bibliotecario pubblico: linee guida IFLA/Unesco per lo sviluppo cit., p. 138-139. 88La questione meridionale è ancora molto attuale, si veda in proposito il recente contributo di Giovanni Solimine, Il sud delle biblioteche, in Pensare le biblioteche. Studi e interventi offerti a Paolo Traniello, a cura di Angela Nuovo, Alberto Petrucciani e Graziano Ruffini, Roma, Sinnos Editrice, 2008, p. 327-337. Id., La biblioteca. Scenari, culture, pratiche di servizio cit., p. 167. 89Claudio Leombroni e Igino Poggiali, Biblioteche e reti civiche: un’alleanza per la libertà, “Bollettino AIB”, 36, 3, 1996, p. 291-304.

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Inoltre, proprio a causa dello scarso riconoscimento sociale a cui allude l’articolo di

Claudio Leombroni e Igino Poggiali, la biblioteca pubblica di base non è stata percepita in

Italia come una risorsa per la comunità nel difficile contesto della crisi economica, ma ha

subito piuttosto tagli consistenti di personale e risorse economiche. In proposito Stefano

Parise nel Rapporto sulle biblioteche italiane 2009-2010 evidenzia una situazione ai limiti

del collasso, scrivendo nell’incipit del suo intervento:

«Biblioteche senza bibliotecari professionalmente consapevoli, riconosciuti e trattati come tali, non sono biblioteche». L'affermazione è presa dalle linee programmatiche di mandato dell'attuale Comitato esecutivo nazionale dell’AIB. Benché formulata di recente essa appare, alla luce dei fatti intervenuti negli ultimi mesi, a rischio di inattualità, perché molte biblioteche italiane sono ormai a rischio di collasso per mancanza di fondi. Il panorama non è lineare ma i segnali di sofferenza si moltiplicano e si trasformano in veri e propri allarmi. A inizio 2009 molte amministrazioni titolari di biblioteche, nel formulare i propri bilanci di previsione, hanno messo in conto riduzioni consistenti agli stanziamenti destinati al loro funzionamento90. (p. 9)

Nello scenario di riduzione delle risorse finanziarie per i servizi pubblici essenziali quali la

sanità e l’istruzione, la disastrosa condizione in cui versano le biblioteche pubbliche di

base trova di rado risonanza nell’informazione mediatica91. Nonostante il meritevole

impegno dell’Associazione Italiana Biblioteche, appare ancora molto debole in Italia la

consapevolezza diffusa delle ricadute sulla qualità della vita delle comunità di un sistema

bibliotecario pubblico efficiente, che sappia coniugare la duplice anima di agenzia

formativa e centro di documentazione, entrambi quanto mai necessari nell’attuale

recessione economica.

90 Stefano Parise, Biblioteche e crisi economica in Rapporto sulle biblioteche italiane 2009-2010, a cura di Vittorio Ponzani; direzione scientifica di Giovanni Solimine, Roma, AIB, 2010, p. 9-15. 91 Si segnala in proposito Michele Smargiassi, Le biblioteche senza libri “Uno sponsor o si muore”, “La Repubblica”, 6 ottobre 2010.

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LA DOCUMENTAZIONE DI FONTE PUBBLICA COME RISORSA PER LA CITTADINANZA

«Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Costituzione italiana (art. 3)

2.1 Documentazione pubblica e democrazia

Il settore pubblico produce senza sosta documenti di interesse collettivo − dall’ambito

politico e istituzionale al welfare − che condizionano i processi sociali, nonché una

notevole quantità di dati non elaborati riutilizzabili a fini commerciali o civili. L’accesso

equo a tale documentazione rappresenta un elemento portante della democrazia in quanto

influenza la possibilità di partecipare al dibattito politico, di avvalersi delle informazioni di

utilità pubblica e di creare, con il riuso, prodotti e servizi digitali.

Gran parte di questo continuo flusso documentale costituisce inoltre l’oggetto della

comunicazione pubblica, la cui nozione si delinea nella riflessione filosofica e politica a

partire dal diciottesimo secolo, agli albori della democrazia liberale, proprio quando

trovano definizione i concetti di società civile, opinione pubblica e pubblicità1. Dagli anni

Novanta del Novecento, le ricadute della Rete nella produzione e diffusione della

documentazione del settore pubblico hanno reso indispensabile una prospettiva di indagine

particolarmente attenta al diritto all’informazione nel paradigma tecnologico. Mentre

Internet si afferma come «luogo potenziale della disponibilità»2, emerge infatti la

consapevolezza che, come scrive Jeremy Rifkin nel saggio L’era dell’accesso, «Il divario

tra chi ha e chi non ha è ampio, ma sarà ancor più grande quello fra chi è connesso e chi

non lo è»3. Con la nascita e la progressiva diffusione del Web si concretizza dunque in

1 Paolo Mancino, Manuale di comunicazione pubblica, Roma-Bari, Laterza, 2006. 2 Fernando Venturini, La documentazione di fonte pubblica e le biblioteche, relazione presentata al convegno L’informazione pubblica nella società dell’informazione, Roma, 23-24 novembre 2000. Pagina web: http://www.burioni.it/forum/vent-dfp.htm 3 Jeremy Rifkin, L’era dell’accesso, Milano, Mondadori, 2000, p. 19.

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termini sociali e politici il rischio già individuato da Joseph Licklider alla vigilia del

progetto Arpanet, da cui si originerà Internet. Nel saggio Computer as a Communication

Device del 1968 lo scienziato statunitense scrive:

For the society, the impact will be good or bad, depending mainly on the question: Will “to be on-line” be a privilege or a right? If only a favored segment of the population gets a chance to enjoy the advantage of “intelligence amplification” the network may exaggerate the discontinuity in the spectrum of intellectual opportunity4.

L’accesso aperto alla documentazione pubblica, insieme al superamento del divario

digitale, assumono oggi una valenza politica fondamentale, non solo in quanto

teoricamente necessari alla democrazia, ma anche come indicatori in grado di rilevare lo

stato di salute di un sistema democratico5.

Come abbiamo già visto nel primo capitolo, Amartya Sen considera infatti possibile «il

governo per mezzo del dibattito» soltanto attraverso una partecipazione consapevole

strettamente connessa alla disponibilità di informazioni. In questa prospettiva, la

documentazione pubblica in Rete rientra a pieno titolo nei beni comuni della conoscenza,

poiché la possibilità equamente distribuita di accedervi criticamente genera, in un circolo

virtuoso, ulteriore valore sociale. La negazione di questa possibilità, al contrario, produce

un gap tra società civile e settore pubblico in grado di minare le fondamenta stesse del

sistema democratico6.

Nel quadro concettuale delineato si colloca il filone di ricerca condotto da Peter Levine

presso l’Università di Maryland, orientato a coniugare i principi dell’accesso aperto con la

partecipazione attiva dei cittadini alla vita collettiva. Come afferma chiaramente nel saggio

L’azione collettiva, l’impegno civile e i beni comuni della conoscenza7 in cui spiega le

4 Joseph C. Licklider - Robert W. Taylor, Computer as a Communication Device, “Science and Technology”, April 1968, p. 40. Disponibile in Rete all’indirizzo: http://memex.org/licklider.pdf 5 Sulla valenza politica dell’informazione in Rete esiste una bibliografia ampia. Nell’ambito disciplinare della Documentazione si segnalano: Fabio Ciotti-Gino Roncaglia, Nuove tecnologie e società globale, in Il mondo digitale. Introduzione ai nuovi media, Roma-Bari, Laterza, 2000, p. 388-428; Marco Calvo-Fabio Ciotti-Gino Roncaglia-Marco A. Zela, La dimensione politica di Internet, in Internet 2004. Manuale per l’uso della rete, Roma-Bari, Laterza, 2004, p. 296-314. Sul rapporto tra documentazione pubblica e democrazia si segnala in particolare Fernando Venturini, L’informazione di fonte pubblica in rete come strumento di democrazia in I diritti della biblioteca: accesso alla conoscenza, proprietà intellettuale e nuovi servizi, a cura di Cristina Borgonovo e Alessandra Scarazzato, Milano, Editrice Bibliografica, 2009, p. 145-158. 6 Sul valore sociale dell’accesso alla documentazione pubblica: Paul F. Uhlir, Policy Guidelines for the Development and Promotion of Governmental Public Domain Information, Unesco, 2004. Si tratta delle linee guida Unesco per la promozione del Public Sector Information in Rete come bene pubblico, pertanto si invitano gli stati membri a sviluppare strategie in termini di accessibilità e libertà dell’informazione. 7 Peter Levine, L’azione collettiva, l’impegno civile e i beni comuni della conoscenza, in La conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica cit., p. 263-296. Levine illustra un progetto locale promosso dell’organizzazione Prince George’s Information Commons dell’Università del Maryland in collaborazione con l’Università del Minnesota. Il progetto ha coinvolto studenti delle scuole superiori − la maggior parte dei quali afroamericani e nuovi immigrati − nella ricerca sul campo, con l’obiettivo di creare mappe georeferenziate per il web con cui definire il rapporto tra caratteristiche urbanistiche (presenza di parchi pubblici, strade sicure, strutture per praticare sport) e tasso di obesità. Ci si propone così, scrive l’autore, di «impegnare i giovani in ricerche di valore pubblico, usando le nuove tecnologie dell’informazione» (p. 265).

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strategie di indagine, Peter Levine non si limita a considerare nell’alveo dei beni comuni la

conoscenza in quanto tale, ma vi include lo stesso processo creativo con cui questa è

prodotta:

Ritengo che il processo di creazione della conoscenza pubblica sia anch’esso un bene, perché costituisce capitale sociale, rafforza la comunità e conferisce alle persone le capacità di cui hanno bisogno perché la loro cittadinanza sia efficace. Se questo è vero, allora dovremmo tendere a includere il maggior numero di persone possibile nella creazione collettiva di conoscenza “libera” (cioè ad accesso aperto). Non solo ricercatori e bibliotecari, ma anche le persone comuni dovrebbero essere creatori di conoscenza. (p. 263)

Nell’ampliare il tema dell’accesso aperto oltre la torre d’avorio del mondo accademico fino

a includere le persone comuni nel processo creativo della conoscenza pubblica, l’autore

individua come condizione necessaria la presenza di forme strutturate di aggregazione

sociale che agiscano localmente. Considerandole parte vitale della società civile, Peter

Levine definisce queste ultime beni comuni associativi, così distinti dai beni comuni

libertari:

In un bene comune libertario, ciascuno ha diritto di usare (e a volte anche di contribuire a) una risorsa pubblica; questo diritto è de facto se nessuno è in grado di bloccare l’accesso al bene o se nessuno sceglie di farlo, è de iure se discende da una legge o politica che garantisce il libero accesso. Al contrario, un bene comune associativo esiste quando un bene è controllato da un gruppo. (p. 268)

I beni comuni associativi presentano alcuni vantaggi rispetto ai beni comuni libertari, ossia

la capacità di proteggere il bene tutelato da forme di free riding8 (consumo opportunistico

che ne determina l’esaurimento) sulla base di valori democraticamente condivisi e di

diffondere al contempo questi stessi valori nella comunità. Secondo Peter Levine i beni

comuni associativi possono colmare in termini di identità civica il vuoto lasciato dal

declino dei partiti politici, dei sindacati e dell’associazionismo religioso, che hanno

rappresentato nel secolo scorso le principali istituzioni di mediazione della società civile.

L’autore introduce così una questione considerata cruciale nella dimensione politica

democratica, ossia il ruolo dei mediatori sociali nella costruzione della sfera pubblica9.

Il tema della disintermediazione nel contesto comunicativo delle nuove tecnologie è stato

indagato in una prospettiva politica da Stefano Rodotà, secondo il quale la pervasività della

Rete ha determinato nell’ultimo decennio un fenomeno definibile ‘democrazia continua’. I

cittadini accedono infatti direttamente alle informazioni, esprimono il proprio parere da

8 In ambito italiano il tema del free riding è esaminato in relazione all’economia editoriale in Giuseppe Vitiello, Open access, biblioteche e strategie italiane per i commons della conoscenza, “Biblioteche oggi”, 28, 2, 2010, p. 62-77. 9 Peter Levine, op. cit., p. 277. Levine peraltro specifica: «In effetti, non riesco a pensare a un esempio storico di successo di un bene comune sorto in condizioni di totale libertà individuale, o come dono di natura». (p. 273)

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qualsiasi luogo e in qualsiasi momento, generando in questo modo dibattito pubblico dal

basso senza ricorrere a forme strutturate di intermediazione10. Secondo l’autore, il

diffondersi di una partecipazione in tempo reale tramite Internet determina il superamento

della prassi storicamente consolidata della ‘democrazia intermittente’, quale fenomeno

collettivo scandito da pause temporali, riservato all’ufficialità dei luoghi e in cui trovava

spazio l’azione informativa di una pluralità di mediatori sociali.

Sebbene Internet come luogo della disintermediazione permetta la genesi di forme

spontanee di mobilitazione democratica (dal fenomeno di Seattle del 1999 alla recente

ondata rivoluzionaria nel Nord Africa) nasconde anche − come afferma lo stesso Stefano

Rodotà − l’insidia di derive populiste per il prevalere di una componente emozionale

facilmente manipolabile in assenza di una identità civica condivisa. Un esempio di questo

rischio − ammonisce l’autore − risiede nell’uso ricorrente dei sondaggi come leitmotiv

dell’azione governativa.

Mentre l’uso dalla Rete sottrae la comunicazione tra Stato e società civile da una logica

unidirezionale11, offrendo modalità nuove di espressione e partecipazione dal basso, rende

infatti quanto mai necessarie almeno due condizioni. La prima consiste nella disponibilità

di documentazione pubblica chiara, equamente accessibile e di qualità, affinché l’accesso

stesso non si riduca a «una chiave che apre una stanza vuota»12. La seconda risiede invece

nel favorire il consolidarsi di una società civile capace di interpretare criticamente i

documenti. Per quanto riguarda questo ultimo punto, Giacomo Marramao nel recente

saggio La sfera pubblica13 ravvisa una tendenza esattamente opposta:

Nelle democrazie occidentali in generale, e in modo particolarmente accentuato in quella italiana, è venuto meno quel coefficiente di consapevolezza dei cittadini, quel consenso informato e autoriflessivo che è condicio sine qua non per assicurare vitalità e dinamismo a qualunque forma democratica. Detto in breve: la patologia del nostro

10 L’autore analizza il fenomeno della democrazia continua in diversi scritti. Si segnalano in particolare: Stefano Rodotà, Tecnopolitica: la democrazia e le nuove tecnologie della comunicazione, Roma-Bari, Laterza, 2004; Id., 10 tesi sulla democrazia continua, in Dopo la democrazia? Il potere e la sfera pubblica dell’epoca delle Reti, a cura di Derrick de Kerckhove e Antonio Tursi, Milano, Apogeo, 2006, p. 65-100. Tra gli interventi più recenti sul tema si segnala: Id., Una costituzione per il web, “La Repubblica”, 19 febbraio 2010, p. 38. Come approfondimento, si è rivelata inoltre utile la conferenza La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea tenuta da Stefano Rodotà presso la Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari il 5 febbraio 2010 nell’ambito del modulo europeo Jean Monnet. Sulla democrazia deliberativa come risposta di partecipazione, non populistica, alla crisi della politica, particolarmente interessante è anche l’analisi di Luigi Bobbio. Cfr. Luigi Bobbio, Le arene deliberative, “Rivista Italiana di Politiche Pubbliche”, 3, 2002, p. 5-29; Luigi Bobbio e Gianfranco Pomatto, Il coinvolgimento dei cittadini nelle scelte pubbliche, “Meridiana”, 58, 2007, p. 9-32. Su democrazia e media si veda inoltre: Denis McQuail, Partecipazione politica, nuovi media e democrazia, in Sociologia dei media, Bologna, Il Mulino, 2007, p. 118-120. 11 Sul definirsi di uno Stato a rete che modifica le logiche della comunicazione politica, si veda Manuel Castells, Comunicazione e potere, Milano, Università Bocconi, 2009. 12 La citazione è tratta da Stefano Rodotà, Internet è un diritto. Va scritto in Costituzione, “Wired”, 4 novembre 2010. 13 Giacomo Marramao, La sfera pubblica, in Vivere la democrazia, costruire la sfera pubblica. Quaderno della Scuola per la buona politica (2007-2008), a cura di Catia Papi, Roma, Ediesse, 2010, p. 23-37.

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sistema sociopolitico appare in larga misura riconducibile a un trend esponenziale di deculturalizzazione che vincola sempre più il futuro della democrazia ai meccanismo mediatico-plebiscitario di un “consenso disinformato”. (p. 24)

Le espressioni ‘cittadino ben informato’ e ‘partecipazione consapevole’ rischiano dunque

di rimanere formule puramente retoriche in assenza di strategie volte a generare l’humus

perché l’informazione pubblica sia di fatto, e non solo in termini tecnologici, equamente

disponibile e riutilizzabile14. Sono pertanto necessarie politiche culturali mirate a creare le

condizioni perché tutti possano fruirne criticamente, affinché l’accesso aperto possa essere

davvero ritenuto un bene comune in grado di generare valore sociale. In proposito, la

biblioteca di base come centro di documentazione per la comunità garantisce la mediazione

culturale e promuove al contempo, in quanto luogo di apprendimento e di incontro

informale, lo sviluppo critico della società civile.

Riprendendo la distinzione operata da Peter Levine, se è infatti possibile considerare la

documentazione pubblica in Rete ad accesso aperto un bene libertario, le stesse biblioteche

potrebbero svolgere un duplice ruolo: il primo di rilevanza culturale, come «aree protette

dei beni comuni della conoscenza»15 e il secondo di tipo sociale, in quanto catalizzatori di

beni comuni associativi. Questa prospettiva conduce a riformulare, in una chiave

attualizzata, il concetto di biblioteca pubblica come «istituto della democrazia»16.

2.2 La documentazione pubblica dalla carta alla Rete Sulla base delle regole associative − non sequenziali − dell’ipertesto, nel paradigma della

Rete l’oggetto documento si è progressivamente svincolato dalla bidimensionalità della

stampa, assumendo una dimensione fluida, modificabile, riproducibile, efficacemente

rappresentata in metafora come ‘liquida’17. Se questo è vero per l’intero sistema

14 La nozione di cittadino ben informato è stata esaminata in chiave sociologica da Giuseppe Sciortino. Benché non recente, il saggio presenta interessanti spunti di riflessione. Cfr. Giuseppe Sciortino, Diritti di informazione e differenziazione sociale: un modello teorico interpretativo, in Il diritto all’informazione in Italia, a cura di Elisabetta Zuaneli, Roma, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per l’informazione e l’editoria, 1990, p. 196-204. 15 La conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica cit., p. 17. 16 Ci si riferisce qui a Virginia Carini Dainotti, La biblioteca pubblica istituto della democrazia cit. 17 Per la nascita e l’evoluzione dell’ipertesto si segnalano; Jay David Bolter, Le spazio dello scrivere. Computer, ipertesti e storia della scrittura, Milano, Vita e Pensiero, 1993 (1991); George P. Landow, L’ipertesto. Tecnologie digitali e critica letteraria, Milano, Mondadori, 1998 (1992); Paola Castellucci, Dall’ipertesto al Web. Storia culturale dell’informatica cit. In particolare la definizione di documento liquido risale a Ted Nelson, padre dell’ipertesto. Cfr. Paola Castellucci, op. cit., p. 198-199. L’aggettivo è stato poi riutilizzato dal sociologo Zygmunt Bauman come metafora della modernità. Cfr. Zygmund Bauman, Modernità liquida, Roma-Bari, Laterza, 2002. Si tratta dunque di una materia in continuo mutamento: si consideri che il Servizio per la Gestione informatica dei Documenti del CNR (SeGID) ha recentemente inaugurato la collana editoriale Documentalia finalizzata proprio a raccogliere i contributi scientifici inerenti le evoluzioni dell’archivistica e della documentazione nel paradigma digitale.

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documentale, l’incidenza di tale rivoluzione genera effetti diversi a seconda della

rappresentatività e funzione sociale dei documenti considerati. Secondo Maurizio Ferraris,

la documentazione pubblica può considerarsi per la maggior parte costituita da documenti

‘forti’ in quanto «iscrizioni di atti», in antitesi ai documenti ‘deboli’ quali «registrazioni di

fatti»18. A differenza di un’opera creativa, per esempio, una legge dello Stato richiede una

maggiore riconoscibilità della fonte e ha bisogno di mantenere una fissità nel tempo

modificabile soltanto con ulteriori interventi legislativi. Il documento istituzionale si

configura come ‘forte’, ossia altamente formalizzato, proprio perché il suo scopo primario

è regolamentare la vita sociale. La documentazione pubblica risulta dunque caratterizzata

da un grado elevato di ufficialità e autorialità e risente per questo delle trasformazioni

determinate dal Web più di altre tipologie di documenti. Paul F. Uhlir, autore di importanti

studi sull’informazione del settore pubblico, rappresenta così i cambiamenti intercorsi nel

sistema documentale dalla stampa al paradigma digitale in occasione del Workshop OECD

che si è tenuto a Parigi il 31 maggio 200619:

Figura 1 - Paul Uhlir, Workshop OECD (Parigi, 31 maggio 2006)

18 Maurizio Ferraris, Documentalità. Perché è necessario lasciar tracce cit., p. 299. Interessante inoltre il concetto di burocrazia informatica, p. 324-327. 19 Paul F. Uhlir, Policy Guidelines for the Development and Promotion of Governmental Public Domain Information cit.; Per il documento a stampa in lingua francese si veda: Linee guida Unesco per lo sviluppo e la valorizzazione delle informazioni governative di pubblico dominio, in “Rivista Italiana di comunicazione pubblica”, 22, 2004. Nell’immagine si riproduce il testo dell’interveto di Paul Uhlir, disponibile sul sito web della OECD, all’indirizzo web http://www.oecd.org/dataoecd/19/3/36874853.pdf

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Considerando le caratteristiche individuate da Paul Uhlir, il cambiamento di paradigma per

la documentazione del pubblico settore è talmente incisivo da metterne per la prima volta

in discussione gli elementi fondativi. Proprio sulla base di ciò, la documentazione di fonte

pubblica in Rete deve essere considerata distintamente dalla documentazione di fonte

pubblica a stampa20.

Un’importante conseguenza di questo cambiamento consiste nelle modalità di

consultazione: Internet ha esteso al comune cittadino la possibilità di accedere direttamente

a tale tipologia documentaria senza l’intervento di intermediari professionali (es. avvocati,

commercialisti, dipendenti pubblici) o sociali (es. partiti, sindacati, patronati, associazioni).

Questi ultimi, nel contesto della sola diffusione a stampa della documentazione di fonte

pubblica, detenevano infatti l’esclusiva dell’accesso, operavano una selezione e spesso

un’interpretazione mirata alla situazione contingente. All’ampliamento della base sociale

che può accedere alla documentazione di fonte pubblica in Rete, dunque in tempo reale e

senza vincoli geografici, è peraltro corrisposto un potenziamento di tale tipologia

documentaria in termini sia quantitativi che qualitativi.

L’aumento della produzione e della disseminazione in molteplici locazioni web (ufficiali e

non), la rende infatti facilmente reperibile dal comune cittadino ma anche difficilmente

valutabile − specialmente in assenza di competenze settoriali − per una selezione

finalizzata al bisogno informativo specifico. In termini qualitativi, la tensione tra liquidità

del Web e lo status di documento forte nell’accezione intesa da Maurizio Ferraris, produce

invece due conseguenze opposte: per un verso l’incertezza dell’integrità formale e per

l’altro modalità di consultazione infinitamente più potenti rispetto al documento a stampa.

Per fare un esempio, nel caso di un atto normativo, non sempre è possibile accertare che il

testo recuperato in Rete sia integrale o, più semplicemente, capire se è vigente. Al

contempo però la rappresentazione ipertestuale permette di accedere direttamente ai diversi

riferimenti normativi, che in formato cartaceo restavano ‘muti’ rendendo necessarie

ulteriori ricerche21. Sulla base di queste considerazioni è possibile individuare alcuni fattori

di ‘tensione’ propri della documentazione pubblica in Rete, così rappresentabili:

20 Si adotta qui la definizione di ‘documentazione di fonte pubblica in Rete’ proposta da Fernando Venturini nella relazione presentata al Convegno L’informazione pubblica nella società dell’informazione svoltosi a Roma il 23 e il 24 novembre 2000. Cfr. Fernando Venturini, La documentazione di fonte pubblica e le biblioteche, http://www.burioni.it/forum/vent-dfp.htm. 21 Sulle potenzialità dell’ipertesto rispetto agli atti normativi si veda: Lucia Antonelli, Normattiva. Una banca dati“liquida”, “Biblioteche oggi”, 28, 8, 2010, p. 67-70.

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Figura 2 - Fattori di tensione della Documentazione di fonte pubblica in Rete

Web liquido / Documento forte

Accessibilità / Necessità di una selezione quantitativa e qualitativa

Riproducibilità / Necessità di convalidare l’attendibilità della fonte

Diffusione dal basso / Ufficialità del documento

Ipertestualità / Integrità del documento

Mentre l’accesso ai dati non risulta più essere una risorsa scarsa, si pone, per i cittadini

della cosiddetta società dell’informazione, l’esigenza di reperire in Rete documenti

completi, affidabili e pertinenti alle finalità della ricerca. Per questo motivo il pubblico

settore deve rendere disponibile documentazione di qualità in formati interoperabili,

nonché agevolarne quanto possibile il recupero, la consultazione e il riutilizzo.

La specificità della documentazione di fonte pubblica in Rete richiede pertanto la

ridefinizione di alcune questioni chiave: dall’accesso al copyrigh, dalla tutela della privacy

alle possibilità di riuso. Proprio questi temi, dalla fine degli anni Novanta, sono oggetto di

analisi in ambito internazionale. La Commissione europea in particolare si è impegnata

nella definizione del Public Sector Information (PSI) e delle connesse problematiche con

l’obiettivo di favorirne lo sfruttamento nello spazio europeo in termini economici e

culturali. In questa prospettiva si inseriscono sia il Libro Verde sull’informazione del

pubblico settore pubblicato nel 1999, sia la Direttiva europea sul riutilizzo dei dati

pubblici del 2003.

2.3 La prospettiva europea: Libro Verde sull’informazione del pubblico settore Con la rivoluzione digitale l’informazione del settore pubblico ha assunto un valore

economico e sociale sempre più rilevante, tanto da essere considerata in ambito europeo

dalla fine degli anni Novanta una risorsa strategica per la società dell’informazione.22

22 L’informazione del settore pubblico (PSI) è ampiamente trattata nel portale sulla società dell’informazione dell’Unione Europea, all’interno della tematica e-government, disponibile all’indirizzo http://ec.europa.eu/information_society/policy/psi/index_en.htm. Si segnala inoltre, nell’ambito del progetto comunitario ePSIplus, il portale europeo dedicato a accessibilità, trasparenza e riuso del PSI: http://www.epsiplus.net/

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Questo principio trova espressione nel documento L’informazione del settore pubblico:

una risorsa fondamentale per l’Europa. Libro verde sull’informazione del settore pubblico

nella società dell’informazione, pubblicato dalla Commissione Europea nel gennaio

199923. Il Libro Verde si apre con una sezione introduttiva intitolata Il problema,

consistente in undici punti di sintesi volti a focalizzare l’oggetto della riflessione. Ciò

rivela la complessità della materia: la maggior parte dei Libri Verdi della Commissione

Europea iniziano infatti con una Introduzione discorsiva in cui è chiaramente descritto il

tema trattato24. Fin dal primo punto emergono due aspetti fondamentali: la necessità di una

definizione univoca di ‘informazione del pubblico settore’ e il valore che questa assume in

termini di economia di mercato:

1. L'informazione del settore pubblico25 svolge un ruolo fondamentale per il corretto funzionamento del mercato interno e la libera circolazione di merci, servizi e singoli individui. Senza informazioni amministrative, legislative, finanziarie o comunque pubbliche che siano di pronto e facile accesso, gli operatori economici non possono prendere decisioni pienamente informate.

L’informazione del pubblico settore, prima ancora di essere definita, viene dunque qui

considerata per il suo valore economico. Questo taglio interpretativo implica che il

concetto di accesso sia oggetto di regolamentazione non tanto perché diritto universale,

quanto per gli effetti sulla competitività del libero mercato globale26.

23 Commissione Europea, L’informazione del settore pubblico: una risorsa fondamentale per l’Europa. Libro verde sull’informazione del settore pubblico nella società dell’informazione, 1998. ftp://ftp.cordis.europa.eu/pub/econtent/docs/gp_it.pdf. Il Libro Verde si compone di 119 punti, articolati nella parte introduttiva e in tre capitoli: Perché l’informazione del settore pubblico è una risorsa fondamentale per l’Europa?; La società dell’informazione ed il settore pubblico; Questioni legate all’accesso e allo sfruttamento dell’informazione del settore pubblico. Tre allegati concludono il documento: Azione della Commissione delle Comunità europee relativa alle informazioni del settore pubblico: gli antefatti del presente libro verde; Situazione attuale negli stati membri per quanto riguarda la legislazione e la politica di accesso alle informazioni del settore pubblico; L’attuale situazione negli USA: il quadro giuridico. Sul libro verde e in generale sulle politiche dell’Europa in tema di PSI si segnala: Documenti e dati pubblici sul web. Guida all’informazione di fonte pubblica in rete cit., p. 38-40. 24L’obiettivo del Libro Verde era peraltro proprio quello di avviare un dibattito pubblico sulla base delle problematiche sollevate. A tal fine, il documento segnala un indirizzo web per l’invio e la consultazione del commenti: http://www.echo.lu/legal/en/access.html, attualmente non attivo. Una ricerca in Internet Archive (www.archive.org) che mantiene in memoria le pagine web rimosse, presenta una pagina risalente al 2000 con una lista di interventi di associazioni internazionali, non più scaricabili. Per l’Italia, compaiono l’ANCITEL e l’AIB. L’intervento dell’AIB, curato dal gruppo di studio sulle pubblicazioni ufficiali, è stato inoltre pubblicato nella rivista “Aib Notizie”. Maria Luisa Ricciardi, AIB Programma Info 2000. L’informazione del settore pubblico nella società dell’informazione, 11, 6, 1999, p. 14-15. In Rete: http://www.aib.it/aib/editoria/n11/99-06info.htm 25 Il testo rimanda alla seguente nota: «La definizione di settore pubblico è un problema oggetto di discussione, che viene ulteriormente analizzato al capitolo III». 26 Si noti che il diritto di accesso ai documenti comunitari sarà sancito poco dopo la pubblicazione del Libro Verde nell’articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, approvata a Nizza nel 2000, che riconosce «ad ogni cittadino dell’Unione e ad ogni persona fisica o giuridica che risieda o abbia la propria sede sociale in uno Stato membro il diritto di accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione». La carta sancisce con l’articolo 11, in continuità con la Dichiarazione universale dei diritti umani, la Libertà di espressione e d’informazione. Il testo e i relativi approfondimenti sono disponibili all’indirizzo web: http://www.europarl.europa.eu/charter/default_it.htm

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Mentre il secondo punto denuncia la scarsa chiarezza e accessibilità della documentazione

pubblica in Europa, riconducibile all’eterogeneità delle legislazioni nazionali degli Stati

membri, il terzo punto evidenzia infatti la posizione di svantaggio delle imprese europee

rispetto a quelle nordamericane:

3. La pronta disponibilità dell'informazione pubblica è assolutamente necessaria per la competitività delle industrie europee. Sotto questo profilo, le imprese UE si trovano ad un serio svantaggio competitivo rispetto alle loro controparti americane, che dispongono di un sistema informativo pubblico altamente efficiente e sviluppato, a tutti i livelli dell'amministrazione. La tempestiva disponibilità d'informazioni del settore pubblico è inoltre sempre più importante per incentivare l'economia su rete e valorizzarne il potenziale economico.

Il sistema informativo pubblico statunitense trova un ulteriore approfondimento

nell’allegato 3 del Libro Verde, che ne descrive il relativo quadro giuridico. La panoramica

della situazione europea è invece oggetto dell’allegato 1, in cui sono brevemente riassunte,

per ogni Stato membro dell’EU, le politiche legislative di accesso alle informazioni del

pubblico settore.

Il quadro complessivo che ne deriva può essere interpretato facendo riferimento ai due

principali modelli teorici sottesi nelle diverse soluzioni normative, convenzionalmente

riconducibili al modello statunitense e al modello francese diffuso nell’Europa

continentale27. Il primo, recepito anche nel Regno Unito, si origina nel FOIA (Freedom of

Information Act) del 1966, esteso ai documenti elettronici nel 1996 con la denominazione

di E-FOIA (Electronic Freedom of Information Act). Si tratta di una posizione basata sulla

dottrina liberista del free flow of information, da cui deriva una politica di messa a

disposizione dei dati grezzi da parte degli enti pubblici, anche al fine di lasciare l’iniziativa

di rielaborazione e diffusione ai soggetti privati28.

Il secondo, diffuso nell’Europa continentale, si fonda invece sul diritto di informazione e

implica la realizzazione di servizi informativi strutturati per il cittadino. Proprio in questa

prospettiva, già negli anni Ottanta, avvalendosi del sistema di comunicazione telematico

Minitel29, il governo francese ha avviato uno politica di servizi a distanza a servizi e

27 In ambito europeo, Francesco Merloni distingue tra il modello del Regno Unito e quello francese. Cfr. Francesco Merloni, Sull’emergere della funzione di informazione nelle pubbliche amministrazioni, in L’informazione delle pubbliche amministrazioni, Rimini, Maggioli, 2002, p. 15-93. 28La dottrina statunitense del free flow of information, fondata sul concetto di libertà di informazione sancito dal Primo emendamento della Costituzione americana, ha avuto sviluppi politici significativi nel secondo dopoguerra e poi negli anni Settanta, in particolare con la definizione del concetto di società dell’informazione. Cfr. Armand Mattelart, Storia della società dell’informazione cit., p. 104-105. Il Regno Unito ha adottato il Freedom of Information Act (FOIA) sulla base del modello statunitense nel 2000. Sul FOIA in ambito bibliotecario e documentario si segnala: Michele Carlo Marino, Freedom of Information Act: un’ occasione per le biblioteche?, “Bollettino AIB”, 42, 2, 2002, p. 187-200. 29 Il Minitel è lo sviluppo francese del Videotex, il primo esempio di Rete per lo scambio di dati. In Francia, lanciato nel 1982, ha avuto un notevole successo grazie ai servizi di pubblica utilità e alla fornitura gratuita del terminale da parte di France Telecom. Vedi: http://it.wikipedia.org/wiki/Videotex

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banche dati di informazione pubblica. La diffusione di Internet negli anni Novanta si è

dunque inserita in Francia in una tradizione consolidata di diritto all’informazione che ha

poi trovato espressione in alcuni documenti ufficiali. Tra questi, particolarmente

importante è il rapporto Mandelkern, Diffusion de donnèes publiques et rèvolution

numèrique del 1999, che teorizza l’accesso gratuito in Rete ai dati pubblici, definiti nel

testo ‘essenziali’ in quanto indispensabili per l’esercizio dei diritti di cittadinanza30.

La contaminazione di questi due modelli teorici, il primo ispirato alla libertà di

informazione e il secondo al diritto di informazione si situa alla base delle differenti

legislazioni nazionali europee31. Prendendo atto di tale eterogeneità (punto 6), il Libro

Verde auspica una armonizzazione legislativa orientata alla liberalizzazione dei dati, con

l’obiettivo di raggiungere una posizione concorrenziale rispetto agli Stati Uniti (punto 4) e

di rendere al contempo effettivi per i cittadini i diritti sanciti dal trattato europeo (punto 5).

Il primo capitolo del documento, rispondendo al quesito che ne costituisce il titolo −

Perché l’informazione del settore pubblico è una risorsa fondamentale per l’Europa? −

sottolinea l’importanza dell’accesso per la libera circolazione di persone e merci, ritenuta

un diritto fondamentale nel trattato istitutivo della Comunità europea e il cui esercizio

risulta minacciato dalla mancanza di trasparenza:

12. Il trattato CE conferisce tutta una serie di libertà fondamentali ai cittadini dell'Unione. Sussistono peraltro notevoli difficoltà pratiche che possono impedire ai cittadini di esercitare tali diritti. Queste difficoltà derivano principalmente dalla mancanza di trasparenza per cittadini, datori di lavoro ed amministrazioni a tutti i livelli. (neretto nel testo)

Un ostacolo all’accesso su scala europea è inoltre individuato nella eterogeneità linguistica

degli Stati membri, a cui il Libro Verde suggerisce di fare fronte con l’impiego di servizi

informativi multilingue resi possibili dalle nuove tecnologie.

Per quanto riguarda il diritto alla mobilità, il capitolo illustra l’esempio della Rete Eures

(EURopean Employment Services), creata nel 1993 proprio con lo scopo di facilitare lo

spostamento dei lavoratori nello spazio economico europeo. La rete si avvale attualmente

di 850 consulenti e consente l’accesso alle banche dati dei servizi pubblici per l’impiego

dei paesi coinvolti nel progetto tramite il portale europeo della mobilità professionale

30 L’esperienza francese è sintetizzata con chiarezza in Fernando Venturini, La documentazione di fonte pubblica e le biblioteche, relazione presentata al convegno L’informazione pubblica nella società dell’informazione, Roma, 23-24 novembre 2000. La relazione è disponibile in Rete all’indirizzo: http://www.burioni.it/forum/vent-dfp.htm. Il rapporto Mandelkern in traduzione è consultabile all’indirizzo: http://www.etx.it/cosa_succede/dwd/ita.pdf 31 Per quanto riguarda l’Italia l’accesso alla documentazione pubblica è regolamentato dalla legge 241 del 1990, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.

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Eures. Il portale, accessibile nelle lingue ufficiali dell’Unione, offre informazioni e

consulenza sia ai lavoratori che ai datori di lavoro, agevolando l’incontro tra domanda e

offerta. Come mostra l’home page, i dati sono continuamente implementati e, al 15 aprile

2011, consistono in 1.137.761 offerte di lavoro, 618.067 curricula e 23.542 datori di lavoro

registrati. Oltre all’orientamento occupazionale, Eures fornisce anche informazioni utili

sulla permanenza nei Paesi europei, nonché sulle opportunità di studio e di formazione

professionale:

Figura 3 – Eures, il portale europeo della mobilità professionale

Riguardo alla libera circolazione delle merci nel mercato unico, il capitolo pone invece in

evidenza la necessità di favorire l’accesso alle informazioni pubbliche sia per i

consumatori che per i produttori.

Un altro tema rilevante nel Libro Verde consiste poi nel processo di integrazione europea,

rispetto al quale si citano al punto 20 le conclusioni del Consiglio di Cardiff del giugno

1998:

20. Le conclusioni del Consiglio europeo di Cardiff, pertanto, hanno sottolineato ancora una volta l'importanza delle necessità di avvicinare maggiormente ai cittadini l'Unione europea d'assetto rendendola più trasparente e più vicina alla vita

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quotidiana attraverso l'impegno dell'UE per un accesso più ampio possibile alle informazioni sulle sue attività. Si tratta di un problema che interessa congiuntamente l'UE e gli Stati membri dato che un'aliquota significativa delle informazioni relative alle attività dell'Unione europea ha sede a livello nazionale.

La trasparenza e l’accesso alle informazioni pubbliche dell’Unione Europea a livello

nazionale e comunitario, vengono dunque considerate elementi essenziali nella definizione

di una identità europea collettivamente condivisa. La centralità della documentazione

nell’intento di sviluppare tale consapevolezza identitaria non stupisce se si osserva che,

come nota Maurizio Ferraris nel libro Documentalità, l’Europa stessa può essere

considerata un’entità fondata sui documenti. Maurizio Ferraris in proposito scrive:

L’Europa offre il caso unico di un continente unificato dai documenti: un organismo molto diverso, per esempio, dagli Stati Uniti, dove la Dichiarazione d’indipendenza è stata seguita dalle guerre contro l’Inghilterra (…) Al contrario, in Europa si è partiti da una serie di documenti sempre più impegnativi e si è giunti infine a un documento sommo, la moneta comune32.

La documentazione rappresenta quindi il DNA dell’Europa e al contempo il presupposto

stesso della sua esistenza. Il continuo flusso documentale di cui si alimenta condiziona

peraltro in maniera decisiva la vita quotidiana dei cittadini degli Stati membri, a

prescindere dalla loro percezione delle istituzioni europee, in realtà scarsamente radicata,

sebbene necessaria per la costruzione di una effettiva cittadinanza europea33.

Proprio considerando la priorità dell’accesso all’informazione in tale processo identitario,

il primo capitolo riporta come esempio delle iniziative intraprese in questa direzione il sito

web EUR-Lex, dedicato al diritto comunitario e liberamente consultabile, in modalità

gratuita, dal gennaio 2002. Il sito si presenta oggi in versione multilingue e ospita la banca

dati EUR-Lex. Gestita dall’Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, la banca dati

permette di recuperare documenti giuridici full-text in tutte le lingue ufficiali dell’Unione.

La raccolta contenuta in EUR-Lex copre dall’anno 1951 − quando è stata istituita la

Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) − fino all’attualità: aggiornata

quotidianamente, è arricchita ogni anno di circa 12.000 nuovi file di testo. EUR-Lex è

consultabile in modalità semplice e avanzata e contiene al momento poco meno di 500.000

documenti di pubblico dominio tradotti nelle lingue comunitarie per un totale di quasi tre

milioni di documenti.

32 Maurizio Ferraris, Documentalità. Perché è necessario lasciar tracce cit., p. 286-287. 33 Eurobarometro, il servizio della Commissione europea che dal 1973 analizza le tendenze dell’opinione pubblica negli Stati membri. Il report sulla percezione della cittadinanza europea, pubblicato nell’ottobre 2010, rivela che il 79% dei cittadini dichiara di conoscere l’espressione, ma soltanto il 43% afferma di conoscerne il significato. Soltanto il 32% si ritiene inoltre sufficientemente informato sui propri diritti di cittadino europeo. Il report è disponibile in inglese nel portale dell’Eurobarometro all’indirizzo: http://ec.europa.eu/public_opinion/flash/fl_294_en.pdf .

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Nello specifico permette l’accesso ad atti legislativi, accordi internazionali, atti preparatori

e interrogazioni parlamentari pubblicati nelle serie L (Legislativa) e C (Comunicazioni e

informazioni) della Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea. La serie S, supplemento

contenente i bandi di gara degli appalti pubblici e le informazioni sul Fondo europeo di

sviluppo è invece consultabile attraverso una banca dati distinta denominata TED34.

Nel novembre 2004 in EUR-lex è stato riversato l’archivio della banca dati CELEX

(Communitatis Europae Lex), istituita nel 1976 come sistema interistituzionale di

documentazione automatizzata multilingue. Disponibile in linea a pagamento per gli utenti

esterni dai primi anni Ottanta, CELEX è diventata ad accesso gratuito in Rete soltanto nel

luglio 2004, poco prima della dismissione e del riversamento dei dati in EUR-lex35.

Il portale EUR-lex, oltre l’accesso alla banca dati, offre servizi diversificati di

informazione, come una selezione di documenti recenti e dossier di raccolte legislative su

temi di attualità. Gli utenti possono iscriversi gratuitamente e creare un profilo

personalizzato per la gestione delle proprie ricerche. L’home page si presenta attualmente

in questa veste:

Figura 4 – Eur-Lex, l’accesso al diritto dell’Unione europea

34 TED (Tenders Electronic Daily) è accessibile all’indirizzo: http://ted.europa.eu/TED/misc/chooseLanguage.do 35 Su Celex: Elisa Ranucci, L’informatica a sostegno del multilinguismo:il servizio di traduzione della Commissione europea, “I quaderni di Telèma”, a cura di Alberto Mucci, supplemento a “Media Duemila. Mensile di Cultura informatica e ICT”, 22, 219, 2004, p. 79-84; Fabio Metitieri, Riccardo Ridi, Biblioteche in Rete. Istruzioni per l’uso cit., p. 208-211. Documenti e dati pubblici sul web. Guida all’informazione di fonte pubblica in rete cit., p. 111. Sul ruolo della Commissione europea nello sviluppo dei servizi d’informazione automatizzati si segnala anche Tommaso Maria Lazzari, Telematica e basi di dati nei servizi bibliotecari, Roma, Nis, 1982, p. 97-98.

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Le pagine successive del Libro Verde si concentrano invece sull’accesso all’informazione

pubblica come opportunità di crescita economica per le imprese, in particolare nell’ottica

del commercio transnazionale. La documentazione considerata di particolare utilità in

questo senso spazia dalle informazioni amministrative nazionali dei paesi membri al

settore statistico, fino ai dati brevettuali36. Il potenziale economico dell’informazione del

settore pubblico è mostrato graficamente nella figura di seguito riprodotta:

Figura 5 – Libro Verde sull’informazione del settore pubblico nella società dell’informazione

(Figura 2, p.6)

Il grafico è accompagnato dal seguente commento:

37. La figura 2 dimostra chiaramente che l’informazione del settore pubblico costituisce una risorsa fondamentale per una quota molto vasta dei servizi d'informazione, in quanto costituisce o la fonte principale (informazione politica/governativa, informazione giuridica) o una materia prima essenziale (profili d’imprese, informazioni brevettuali, informazione scientifica, tecnica e medica - STM, ecc.) (neretto nel testo)

36 Nel caso dei dati brevettuali, la mancanza di trasparenza è all’origine di investimenti su ricerche già effettuate, con una perdita economica stimata dall’ufficio brevetti europeo − alla data di pubblicazione del Libro Verde − in circa diciotto miliardi di euro ogni anno (punto 34). Per arginare il problema, il Libro Verde segnala la creazione del servizio on-line di informazioni brevettali gratuite gestito dall’Ufficio brevetti europeo, attualmente disponibile in tedesco, inglese e francese all’indirizzo Web: http://www.epo.org/

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Considerato il fiorente mercato in grado di generare, si ribadisce la necessità di

regolamentarne lo sfruttamento economico da parte dei privati, con l’obiettivo prioritario

di stimolare anche in Europa, come avvenuto negli Stati Uniti, l’industria immateriale

dell’informazione.

Il secondo capitolo del Libro Verde, maggiormente incentrato sulla documentazione

pubblica in quanto risorsa sociale, colloca il tema nel contesto dell’emergente società

dell’informazione in cui i servizi e-government sono destinati a crescere. Viene proposta

proprio in tema di e-government una interessante classificazione dei servizi on-line seguita

da una tavola esplicativa:

51. I servizi elettronici governativi possono generalmente essere suddivisi in funzione delle tre principali funzioni che svolgono. Servizi d'informazione per la fornitura su richiesta di informazioni strutturate e classificate (ad es. siti WWW). Servizi di comunicazione per interagire col pubblico (privati o imprese) ovvero gruppi di individui (ad es. tramite e-mail o gruppi di discussione). Servizi transazionali per acquistare prodotti o servizi on-line o per trasmettere dati (ad es., modulistica, voto elettronico).

Figura 6 - Libro Verde sull’informazione del settore pubblico nella società dell’informazione

(Tavola 1, p.8)

Osservando la tavola, è evidente che il processo di informatizzazione dei rapporti tra

settore pubblico e cittadino non può ridursi all’automatizzazione delle procedure

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burocratiche connesse alla cittadinanza (servizi transazionali, terza colonna) ma deve

garantire un diritto effettivo di accesso ai servizi di informazione (prima colonna).

La sezioni conclusiva del secondo capitolo − appunto intitolata Accesso elettronico per

tutti? − focalizza lo stato dell’arte e gli ostacoli a una piena democratizzazione

dell’accesso, specificando quanto segue:

64. Le nostre società stanno evolvendo verso una situazione in cui tutti hanno accesso ai nuovi strumenti elettronici. La penetrazione di Internet si sta sviluppando ad un ritmo molto più rapido di altri strumenti d'informazione come il telefono o la televisione. Tuttavia, ci vorrà tempo per arrivare ad un accesso generalizzato. La diffusione di informazioni del settore pubblico su Internet non significa automaticamente che tutti i cittadini hanno pari accesso ad essa. Esistono considerevoli differenze in materia d'accesso agli strumenti della società dell'informazione (computer/modem, ecc.) e alla capacità di utilizzarli. (neretto nel testo)

Il documento individua proprio nelle biblioteche, al punto 66, le istituzioni che hanno il

compito di arginare il digital divide nelle diverse declinazioni (economico, tecnologico,

culturale) con adeguati investimenti infrastrutturali e con appositi programmi di

Information Literacy.

Il terzo e ultimo capitolo apre invece il dibattito su alcune aspetti specifici

dell’informazione del settore pubblico diversamente regolamentati negli Stati membri e

sui quali il documento invita esplicitamente a raggiungere una armonizzazione.

In proposito sono evidenziati i seguenti temi: condizioni per l’accesso e relative

limitazioni stabilite dalle legislazioni nazionali, in particolare nei casi in cui queste

prevedano un interesse giuridico (come in Italia); la qualità, i formati digitali e i tempi con

cui gli enti devono rendere accessibile la documentazione richiesta; la creazione di

strumenti di ricerca user-friendly (dai cataloghi all’impiego dei metadati); la

determinazione dei prezzi per lo sfruttamento commerciale privato nel rispetto delle norme

di concorrenza leale e infine le questioni del diritto d’autore e della tutela della privacy. La

trattazione, che si limita a esaminare le problematiche senza proporre soluzioni, auspica

specifici interventi legislativi negli Stati membri e invita a politiche di istruzione e

formazione finalizzate a migliorare l’uso dell’informazione pubblica disponibile in Rete.

Il Libro Verde offre infine spunti interessanti sulla questione terminologica. Per quanto

riguarda la definizione di settore pubblico, vengono enucleati tre possibili approcci

riferibili alle politiche attuate dagli Stati membri, in grado di condizionare il concetto

stesso di informazione del pubblico settore: funzionale37, per cui il pubblico settore

37 Nel documento di sintesi a cura del Dipartimento per le politiche comunitarie, L’informazione del settore pubblico nella società dell’informazione. La posizione del settore pubblico in Italia, si ritiene maggiormente indicato l’approccio funzionale. Il documento è disponibile in Rete all’indirizzo web: ftp://ftp.cordis.europa.eu/pub/econtent/docs/gp_comments/dpc.pdf

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comprenderebbe tutti gli enti, pubblici e privati, che hanno autorità o compiti di pubblico

servizio; legalista-istituzionale, per cui questo sarebbe invece costituito dagli enti così

definiti nelle legislazioni nazionali; finanziario, in base al quale il pubblico settore

coinciderebbe con la totalità degli enti finanziati da fondi pubblici (p. 11). Proprio sulla

base di questa ultima interpretazione si fonda il principio, affermato dai movimenti open,

secondo cui la documentazione prodotta dagli enti finanziati con il gettito fiscale

appartiene alla comunità e pertanto deve essere gratuitamente accessibile.

2.4 Verso l’Open Data Government Con la Direttiva europea sul riutilizzo dei dati pubblici del 200338, si è inteso orientare le

politiche degli Stati membri in maniera ancora più decisa verso una liberalizzazione della

documentazione del settore pubblico, di cui si sollecita nel documento il rilascio digitale in

formato aperto. L’obiettivo della Direttiva è regolamentarne le pratiche di riutilizzo, così

definito nell’articolo 2:

«riutilizzo», l'uso di documenti in possesso di enti pubblici da parte di persone fisiche o giuridiche a fini commerciali o non commerciali diversi dallo scopo iniziale nell'ambito dei compiti di servizio pubblico per i quali i documenti sono stati prodotti.

Segue subito dopo la definizione di documento, inteso nell’accezione ampia del paradigma

digitale fino a riferirsi «a qualsiasi contenuto, a prescindere dal suo supporto (testo su

supporto cartaceo o elettronico, registrazione sonora, visiva o audiovisiva)» e, in una

logica di granularità propria della Rete, «a qualsiasi parte di tale contenuto»39.

Se l’articolo 2 si concentra sulle definizioni, lo spirito della direttiva è delineato con

chiarezza nel preambolo. Qui l’attenzione è prevalentemente rivolta ai contenuti digitali, la

cui produzione è considerata un volano economico in grado di generare posti di lavoro,

soprattutto nell’ambito della piccole imprese (punto 3). Come nel caso del Libro Verde, il

PSI è prevalentemente considerato in quanto risorsa economica, come emerge dalla prima

considerazione a cui pure segue in seconda battuta il tema della cittadinanza:

(1) Il trattato prevede l’instaurazione di un mercato interno e l’istituzione di un regime inteso a garantire l’assenza di distorsioni della concorrenza sul mercato interno. L'armonizzazione delle normative e delle prassi seguite negli Stati membri in relazione allo sfruttamento delle informazioni del settore pubblico contribuisce al conseguimento di tali obiettivi.

38 Direttiva 2003/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 novembre 2003, relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico. Il documento, pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea 345/90 del dicembre 2003, è composto di un preambolo comprendente 25 punti e di 15 articoli. Il testo è presente nella banca dati Eur-Lex. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2003:345:0090:0096:IT:PDF 39 Sul concetto di granularità nel paradigma digitale si veda: Maurizio Zani, Granularità: un percorso di analisi, “DigItalia”,1, 2, 2006, p. 60-128.

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(2) L’evoluzione verso la società dell’informazione e della conoscenza incide sulla vita di ogni cittadino della Comunità, consentendogli, tra l’altro, di ottenere nuove vie di accesso alle conoscenze e di acquisizione delle stesse.

Sebbene a livello comunitario sia citata − al punto nove − la Carta dei diritti fondamentali

dell'Unione europea approvata a Nizza nel 2000, che riconosce con gli articoli 41 e 42 il

diritto di accesso ai documenti pubblici, anche qui, come peraltro nel Libro Verde, si

auspica un’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri, ancora troppo differenti

tra di loro in tema di diritto di accesso. Il preambolo tenta inoltre di definire la materia

della Direttiva, lasciando ampi margini determinati dall’eterogeneità tipologica della

documentazione del settore pubblico:

(4) Il settore pubblico raccoglie, produce, riproduce e diffonde un'ampia gamma di informazioni in molti settori di attività, ad esempio informazioni di tipo sociale, economico, geografico, climatico, turistico, informazioni in materia di affari, di brevetti e di istruzione.

Il primo articolo circoscrive pertanto i dati pubblici esclusi dalla possibilità di riutilizzo: i

documenti protetti dal diritto d’autore o il cui accesso sia limitato dalle singole legislazioni

nazionali; le informazioni possedute dalle emittenti di servizio pubblico, dagli istituti

d’istruzione e di ricerca e dagli enti culturali, quali musei, archivi e biblioteche. Gli articoli

successivi regolamentano invece le condizioni del riutilizzo, vietando accordi di esclusiva

e stabilendo tempi e modi per il trattamento delle richieste, incluse eventuali tariffazioni e

licenze per il riuso. Gli Stati membri sono inoltre sollecitati, con l’articolo 9, a promuovere

quanto più possibile l’accesso ai documenti in formato riutilizzabile:

Articolo 9 Modalità pratiche - Gli Stati membri garantiscono che siano previste modalità pratiche per facilitare la ricerca di documenti disponibili per il riutilizzo, come elenchi di contenuti, di preferenza accessibili per via elettronica, dei documenti più importanti e dei portali collegati a elenchi di contenuti decentralizzati.

Nel 2009, sei anni dopo l’emanazione, è stato pubblicato un riesame dalla Direttiva con lo

scopo di verificare lo stato dell’arte40. Il documento ribadisce il ruolo trainante del PSI

dell’Unione Europea per l’economia immateriale, stimato dalla ricerca Mepsir del 2006 in

circa 27 milioni di euro41. Nell’intento di stabilire un bilancio dei passi in avanti e degli

ostacoli ancora in essere, il riesame sottolinea come Internet abbia modificato sempre di

più le modalità di accesso e riutilizzo, svolgendo un ruolo determinante nella creazione di

40Comunicazione della commissione al parlamento europeo, al consiglio, al comitato economico e sociale europeo e al comitato delle Regioni- Riutilizzo dell’informazione del settore pubblico - riesame della direttiva 2003/98/ce, 7 maggio 2009. Disponibile nella banca dati Eur-Lex: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2009:0212:FIN:IT:PDF Un ulteriore riesame è previsto per il 2012, come specifica il documento a pag. 8. 41 La ricerca Mepsir del 2006, dove sono riportati anche i dati relativi ai singoli Stati membri, è disponibile all’indirizzo: http://ec.europa.eu/information_society/policy/psi/mepsir/index_en.htm

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prodotti e servizi a valore aggiunto mediante la combinazione di informazioni provenienti

da fonti diverse. Come esempio di questo fenomeno sono citati i servizi di navigazione, le

informazioni sul traffico in tempo reale e i dati metereologici, che hanno recentemente

generato un ricco mercato in particolare nel settore della telefonia mobile.

Gli ostacoli per il pieno sfruttamento di tale risorsa − ribadisce il riesame del 2009 −

risiedono ancora nella mancanza di regolamentazioni nazionali trasparenti sulla possibilità

di riutilizzo, nonché nella scarsa propensione del settore pubblico a considerare il valore

economico delle informazioni prodotte, e infine nella permanenza di condizioni

concorrenziali sleali rappresentate soprattutto dai contratti di esclusiva.

Alla luce del Libro Verde e della successiva Direttiva sul riutilizzo, è possibile trarre

alcune conclusioni in merito alla diffusione dell’accesso aperto ai dati pubblici in ambito

europeo. Il tema raccoglie di fatto posizioni fortemente discordanti nell’ambito degli Stati

membri, che si traducono in differenti politiche nazionali da cui emergono, di volta in

volta, interessi di carattere pubblico, privato, istituzionale e sociale.

Gli elementi di tensione che l’accesso aperto al PSI suscita, come dimostrano anche gli

studi condotti da Luis Fernando Ramos Simón − docente di Documentazione presso

l’Universidad Complutense de Madrid − possono essere schematicamente rappresentati

nella tabella che segue42:

Figura 7 – Documentazione di fonte pubblica e accesso aperto

ARGOMENTI IN SOSTEGNO DELL’ACCESSO APERTO L’accesso aperto ai dati favorisce il riutilizzo dell’informazione del settore pubblico prodotta con il gettito fiscale dei contribuenti Possono accedervi più utenti In conseguenza all’abbattimento dei costi la domanda aumenta favorendo la nascita di nuovi prodotti

ARGOMENTI IN SOSTEGNO DELLA VENDITA La vendita dei dati consente di recuperare i costi di produzione che altrimenti ricadono per intero sul gettito fiscale dei contribuenti Tutela la qualità dei dati Se le istituzioni pubbliche non sono incentivate, non hanno interesse a rilasciare i dati in formato aperto

42 Il prof. Luis Fernando Ramos Simón (Ciencias de la Documentatión, Universidad Complutense de Madrid) ha tenuto due lezioni nell’ambito del dottorato di ricerca in scienze librarie e documentarie, rispettivamente il 9 e il 10 novembre 2009: La reutilización de la información del sector público:aplicación de la directiva europea e Las licencias de información. La tabella qui riprodotta è frutto di una riflessione in cui sono stati rielaborati i temi trattati nel corso della prima lezione.

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2.5 Open Knowledge, Open Government Data Nonostante le evidenti difficoltà, la Direttiva del 2003 e il riesame del 2009 indirizzano le

politiche europee verso l’Open Data Government, fondato sulla trasparenza amministrativa

(Open Government) e la conseguente ‘liberazione’ dei dati grezzi in formato aperto

prodotti dalle pubbliche amministrazioni (Open Data), affinché questi vengano riutilizzati

dalla società civile per fini commerciali e civile43. Si tratta di una strategia di

disseminazione documentale sostenuta da un vero e proprio movimento, le cui radici

risiedono nella filosofia open della Rete e nel concetto di condivisione della conoscenza

come bene comune.

Questa stessa filosofia è alle origini del movimento Open Access44 per l’accesso aperto alla

documentazione scientifica, come del movimento Open Source, secondo il quale si rende

accessibile il codice sorgente dei software perché ne siano implementate le funzionalità in

maniera collaborativa45.

In analogia con l’Open Access, la matrice economica giustifica il diritto di accesso e di

riuso: i dati della pubblica amministrazione sono prodotti con il gettito fiscale e pertanto i

cittadini devono potervi accedere creando valore aggiunto in un circolo virtuoso. A

sostegno delle istanze di apertura opera un vasto movimento composto da fondazioni no-

profit, oltre a specifici gruppi di interesse attivi in ambito politico, accademico e

professionale46. Proprio una fondazione no-profit, la Open Knowledge Foundation (OKF),

ha avuto negli ultimi anni un ruolo decisivo nell’affermazione dell’Open Data

Government47.

43 In ambito italiano il tema dell’Open Data Government è trattato in: Ernesto Belisario, Gianluigi Cogo, Roberto Scano, I siti web delle pubbliche amministrazioni. Norme tecniche e giuridiche dopo le Linee Guida Brunetta, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2011, p. 163-170. 44 Nel 1999 a Santa Fe, con l’obiettivo di formulare standard tecnologici interoperabili per supportare l’Open Access, è nato il progetto OAI (Open Archives Iniziative) (http://www.openarchives.org/). A partire dal 2001, OAI promuove convegni internazionali a cadenza biennale. 45 I riferimenti bibliografici sul tema dell’Open Access sono molto numerosi, in ambito internazionale si segnala: Charles W. Bailey Jr., Open Access Bibliography: liberating scholarly literature with e-prints and Open Access journals, Washington, Associations of Research Libraries, 2005; per quanto riguarda l’Italia, si rimanda a Maria Teresa Miconi, L’accesso aperto in Italia: una rassegna bibliografica, “Bibliotime”, 12, 1, 2009. Tra le pubblicazioni più recenti si segnalano: Luciano Paccagnella, Open Access. Conoscenza aperta e società dell’informazione, Bologna, Il Mulino, 2010; Mauro Guerrini, Gli archivi istituzionali: open access, valutazione della ricerca e diritto d’autore, Milano, Editrice Bibliografica, 2010. Sulle origini, i principi e la diffusione dell’Open Source si consideri invece: Mariella Berra, Angelo R. Meo, Informatica solidale 2. Libertà di software, hardware e conoscenza, Torino, Bollati Boringhieri, 2006. 46 Si considerino in particolare gli ingenti finanziamenti stanziati della Open Society Institute (OSI), nata nel 1993 per volontà del magnate statunitense George Soros. Cfr. http://www.soros.org/ 47Il sito ufficiale della Open Knowledge Fondation (OKF) è presente in Rete all’indirizzo web http://okfn.org/

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Nata nel 2004 a Cambridge con lo scopo di sostenere la diffusione dei dati aperti, OKF

esprime così il concetto di openness: «A piece of content or data is open if anyone is free

to use, reuse, and redistribute it — subject only, at most, to the requirement to attribute and

share-alike».

Questa definizione generica rientra nel più ampio progetto di OKF denominato Open

Definition che si propone di circoscrivere i criteri − in particolare riguardo alle licenze di

distribuzione − con cui dati, contenuti e software possono definirsi aperti.

La Open Definition, articolata in undici punti e pubblicata in versione multilingue nel sito

web dedicato al progetto, è anticipata da una precisazione terminologica che investe il

concetto stesso di conoscenza48:

Con il termine conoscenza si intende: Contenuti come musica, film, libri; Dati, siano essi scientifici, storici, geografici o di altro tipo; Informazione del settore pubblico.

L’informazione del settore pubblico è dunque inclusa a pieno titolo nell’alveo della

conoscenza da rendere accessibile in formato aperto. Gli Open Government Data, parte

integrante dell’Open Knowledge, sono così definiti nell’ambito del progetto:

Open government data and content is material that is: - “Open” as defined by this site’s Open Definition– in essence material (data) is open if it can be freely used, reused and redistributed by anyone. - Produced or commissioned by government or government controlled entities.49

La stessa OKF ha costituito un gruppo di lavoro internazionale, composto da ricercatori ed

esperti impegnati nello studio degli Open Government Data e che annovera, tra gli

obiettivi, l’elaborazione di linee guide per l’apertura e il riuso dell’informazione del settore

pubblico50.

Il portale, http://opengovernmentdata.org, si presenta così:

48 La vesione in lingua italiana, a cura di Primavera De Filippi, Andrea Glorioso e Juan Carlos De Martin (Nexa Center for Internet & Society, Politecnico di Torino) è disponibile all’indirizzo http://opendefinition.org/okd/italiano/. La definizione di ‘opera aperta’ in particolare si articola in undici punti così titolati: Accesso, Ridistribuzione, Riutilizzo, Assenza di restrizioni tecnologiche, Attribuzione, Integrità, Nessuna discriminazione di persone o gruppi, Nessuna discriminazione nei settori di attività, Distribuzione della licenza, La licenza non deve essere specifica per un pacchetto, la licenza non deve limitare la distribuzione di altre opere. 49 http://www.opendefinition.org/government/ 50 La composizione e gli obiettivi del gruppo di lavoro coordinato da Daniel Dietrich (OKF), sono consultabili nella sezione Wiki del portale http://opengovernmentdata.org/, all’indirizzo http://wiki.okfn.org/wg/government. Tra i partecipanti, lo stesso Paul Uhlir (Director, NRC Board on Research Data and Information, USA).

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Figura 8 – Open Government Data

Il progetto muove dalla definizione sopra citata (sezione What) per mettere a fuoco i motivi

sociali, politici e economici per i quali l’apertura dei dati pubblici è importante (sezione

Why), così sintetizzati in tre punti:

Transparency. In a well-functioning democratic society citizens need to know what their government is doing. To do that, they must be able freely to access government data and information and to share that information with other citizens. Transparency isn’t just about access it is also about sharing and reuse — often, to understand material it needs to be analyzed and visualized and this requires that the material be open so that it can be freely used and reused. Releasing social and commercial value. In a digital age, data is a key resource for social and commercial activities. Everything from finding your local post office to building a search engine requires access to data much of which is created or held by government. By opening up data, government can help drive the creation of innovative business and services that deliver social and commercial value. Participatory Governance. Much of the time citizens are only able to engage with their own governance sporadically — maybe just at an election every 4 or 5 years. By opening up data, citizens are enabled to be much more directly informed and involved in decision-making. This is more than transparency: it’s about making a full “read/write” society, not just about knowing what is happening in the governance process but being able to contribute to it. (neretto nel testo)

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Oltre le sezioni What e Why, il portale pone in evidenza il meeting Open Government Data

Camp tenutosi a Londra nella sede della University of London Union il 18 e 19 novembre

2010, nel corso del quale esperti provenienti da venticinque paesi si sono confrontati sul

tema dell’apertura e del riuso dell’informazione pubblica.

L’evento, realizzato dalla Open Knowledge Foundation, ha avuto il sostegno di ventitre

organizzazioni51 sia governative − come il governo inglese e il relativo progetto

governativo Data.Gov.uk − che private, quali Open Society Istitute, finanziata da George

Soros e W3C (World Wide Web Consortium), fondata da Tim Berners Lee e operativa

nella definizione di standard per il Web52.

La sezione Catalogues ospita una lista in progress di siti web nazionali e internazionali,

gestiti a livello governativo, che offrono accesso a collezioni di dati del settore pubblico in

formato aperto (tra i paesi compaiono Estonia, Finlandia, Danimarca, Spagna e Regno

Unito), mentre la sezione Competitions raccoglie portali di concorsi dedicati alle

applicazioni civili generate con il riuso dei dati pubblici, come nel caso autraliano

http://mashupaustralia.org/ e in quello statunitense http://www.appsfordemocracy.org/ .

Come dimostrano le liste pubblicate nel sito, le iniziative ufficiali di Open Goverment Data

sono in continua crescita. La filosofia open per l’informazione del settore pubblico ha

infatti avuto una concreta diffusione negli anni recenti, soprattutto grazie all’impulso delle

politiche statunitensi, alle quali si devono i primi passi concreti in questo ambito. Come

annunciato nella campagna elettorale, l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti

Barack Obama ha infatti adottato a partire dal 2009 la strategia Open Data Government per

stimolare la trasparenza amministrativa, la partecipazione pubblica e, in risposta alla crisi

economica, l’economia immateriale53.

51 Per quanto riguarda l’Italia, ha partecipato soltanto la Regione Piemonte. La lista completa delle organizzazioni è consultabile all’indirizzo: http://opengovernmentdata.org/camp2010/. 52 Nel sito ufficiale di W3C è presente una sezione dedicata all’e-government all’indirizzo http://www.w3.org/egov/. Sul tema Tim Berners Lee, inventore del Web, si è recentemente impegnato nella definizione di standard aperti, in particolare con l’obiettivo di far emergere il potenziale dei Linked Data nel contesto del Web semantico. Si consideri l’intervento in occasione della TED 2009, dove al grido «Data Raw Now!», Berners Lee ha sottolineato l’importanza del rilascio degli Open Data da parte delle istituzioni pubbliche. Il video è recuperabile nel sito web delle TED Conference, http://www.ted.com/ Si veda inoltre: Tim Berners-Lee, Putting Government Data ondine, 2009, http://www.w3.org/DesignIssues/GovData.html. 53 Tra i sostenitori di Obama, sia nella campagna elettorale, sia nell’avvio delle politiche Open Data Government, spicca il nome di Lawrence Lessig, giurista statunitense esperto nei diritti d’autore e docente presso l’Università di Harvard, nonché ideatore e presidente di Creative Commons. Le Licenze Creative Commons hanno trovano applicazione per il PSI proprio perché consentono di individuare soluzioni intermedie tra il copyright e il pubblico dominio per regolamentare il riuso dei dati. Si veda: http://creativecommons.org/tag/psi. Su Lawrence Lessig: Cfr. Mariella Berra - Angelo R. Meo, Informatica solidale 2. Libertà di software, hardware e conoscenza cit., p. 140. Sostenitore delle potenzialità democratiche di Internet, Lessig ha tenuto l’11 marzo 2010 una lectio magistralis in Italia dal titolo Il web e la trasparenza tra ideali e realtà presso la Camera dei Deputati.

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Il processo di apertura dei dati pubblici ha avuto inizio negli Stati Uniti con la direttiva

presidenziale sull’Open Government dell’8 dicembre 2009, con la quale si invitavano le

amministrazioni pubbliche a rilasciare i dati posseduti in formato aperto entro

quarantacinque giorni dall’emanazione del documento.

Nell’incipit della direttiva sono specificati i principi teorici a cui l’azione governativa si

ispira, già peraltro espressi nel documento programmatico presidenziale Transparency and

Open Government del 21 gennaio 200954:

The three principles of transparency, participation, and collaboration form the cornerstone of an open government.Transparency promotes accountability by providing the public with information about what the Government is doing. Participation allows members of the public to contribute ideas and expertise so that their government can make policies with the benefit of information that is widely dispersed in society. Collaboration improves the effectiveness of Government by encouraging partnerships and cooperation within the Federal Government, across levels of government, and between the Government and private institutions.

Trasparenza delle amministrazioni, partecipazione dei cittadini e collaborazione tra società

civile e settore pubblico rappresentano dunque i pilastri su cui poggia la politica

statunitense di apertura dei dati.

Con questi obiettivi i dati pubblici devono essere rilasciati in un formato indipendente dalla

piattaforma, in modo che ne sia agevolato, dove possibile , il riuso:

To the extent practicable and subject to valid restrictions, agencies should publish information online in an open format that can be retrieved, downloaded, indexed, and searched by commonly used web search applications. An open format is one that is platform independent, machine readable, and made available to the public without restrictions that would impede the re-use of that information.

Il portale Data.gov, destinato a raccogliere i dati resi disponibili dalle pubbliche

amministrazioni statunitensi in formato aperto, è stato progettato e lanciato nel maggio

2009 dal funzionario del CIO (Chief Information Officer) Vivek Kundra.

Attualmente, in conseguenza della continua implementazione, il portale contiene una mole

considerevole di collezioni di dati liberamente accessibili e riutilizzabili55:

54 La Direttiva e il documento programmatico in oggetto sono consultabili nel sito ufficiale della Casa Bianca: http://www.whitehouse.gov/open/documents/open-government-directive; 55 www.data.gov. Il sito conteneva, al 31 gennaio 2012, 390.247 dataset.

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Figura 9 – Data.gov (USA)

L’esempio statunitense ha avuto seguito in diversi paesi, con esiti particolarmente

interessanti in Gran Bretagna. Qui il relativo progetto governativo Data.gov.uk ha messo a

disposizione i dati sotto forma di Linked Data, pertanto in modo conforme agli standard

tecnologici sviluppati dal World Wide Web Consortium (W3C) nell’ottica dello sviluppo

del web semantico definito da Tim Berners-Lee56.

Come il portale statunitense, anche Data.gov.uk è corredato di informazioni e strumenti

interattivi, a cui si aggiungono un blog e uno spazio wiki per la condivisione di conoscenze

e progetti, come evidenzia l’home page del portale di seguito riprodotta:

56 Si segnala in proposito: Tim Berners-Lee, Linked Data, 2006, http://www.w3.org/DesignIssues/LinkedData I Linked Data sono trattati nel sito web del W3C al seguente indirizzo: http://www.w3.org/standards/semanticweb/data

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Figura 10 – Data.gov.uk (UK)

2.6 Il potere del mashup Il versante più promettente del riuso è certamente il mashup, ossia la creazione di nuovi

contenuti informativi per il web a partire da collezioni di dati disponibili in formato aperto

provenienti da fonti diverse. Il termine, che significa letteralmente ‘miscela’, sta ad

indicare nel lessico musicale una genere basato sul mixaggio di tracce o canzoni57.

La definizione corrispondente in ambito tecnologico del W3C eGovernment Glossary

Internal Draft è la seguente:

57 Dal verbo inglese to masch, che significa frullare, tritare, mescolare. Per il significato in ambito musicale si veda Urs Gasser - Silke Ernest, Da Shakespeare a DJ Dange Mouse: un rapido sguardo al copyright e alla creatività dell’utente nell’era digitale, in Nuove Tecnologie e diritti di libertà nelle teorie nordamericane, a cura di Giovanni Ziccardi, Modena, Mucchi Editore, 2007, p. 118. In ambito biblioteconomico il tema del mashup è affrontato in: Antonella De Robbio, Diritti vecchi e nuovi tra servizi bibliotecari e social web: come cambiano le regole di un gioco di ruolo, in I diritti della biblioteca. Accesso alla conoscenza, proprietà intellettuale e nuovi servizi cit.

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A Web application that combines data or functionality from two or more sources into a single integrated application. Often generated through access to open APIs and data sources to produce a new and distinct Web service that was not originally provided by either source. 58

Un chiaro esempio del potere informativo del mashup sono le applicazioni nate a seguito

della catastrofe nucleare di Fukushima che ha investito il Giappone dopo il devastante

terremoto dell’11 marzo 2011. Si tratta prevalentemente di mappe georeferenziate,

aggiornate in tempo reale con i dati dei livelli di radioattività resi disponibili dagli enti

pubblici. Generate da utenti della Rete, aggregano risorse provenienti fa fonti diverse

permettendo un monitoraggio costante dello stato di contaminazione del territorio.

TargetMap, un servizio web con sede a Barcellona che permette la personalizzazione in

modalità wiki di mappe geografiche, rappresenta la base del sito Japan Radation Maximum

by Prefecture, implementato pochi giorni dopo l’evento catastrofico con i dati governativi

in formato Excel elaborati dal System for Prediction of Environment Emergency Dose

Information (SPEEDI) del Nuclear Safety Technology Center59:

Figura 11 - Japan Radation Maximum by Prefecture

58 www.w3.org/egov/wiki/Glossary 59 http://www.targetmap.com/viewer.aspx?reportId=4870. Per la fonte dei dati si veda: http://www.bousai.ne.jp/eng/

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La legenda a destra mostra i livelli di radioattività indicati nella mappa e nella parte in

basso sono riportati i valori specifici comunicati dalle singole prefetture. Si noti come sia

per Fukushima − sede della centrale nucleare danneggiata − sia per la limitrofa Miyagi, al

13 aprile 2011, data di rilevazione della pagina web, non erano disponibili dati governativi

ufficiali, come peraltro confermato nelle comunicazioni SPEEDI diffuse dal Ministero

giapponese per l’educazione, la cultura, lo sport, la scienza e la tecnologia60.

Japan Status (http://japanstatus.org/), a differenza dalla mappa appena illustrata, non si

basa soltanto su dati governativi giapponesi ma attinge anche da fonti diverse, come

l’Agenzia atomica internazionale61, il settore giornalistico (Journalist Wall of Shame), liste

selezionate di account Twitter e il progetto RDTN.org di condivisione, dal basso, di dati

pubblici e privati dei livelli di radioattività su scala globale62. L’home page di Japan

Status, si presentava il 13 aprile 2011 nel seguente modo:

Figura 12 - Japan Status

60 I dati sono disponibili sul sito ufficiale del Ministero per l’educazione anche in cinese, coreano e inglese Cfr. http://radioactivity.mext.go.jp/en/. Si noti come le zone limitrofe a Fukushima (zona rossa nella mappa) misurino livelli di radioattività di molto superiori alla soglia massima di allarme. Per il monitoraggio dei dati della prefettura di Fukushima si veda: http://www.pref.fukushima.jp/j/index.htm 61 IAEA (International Atomic Energy Agency) Sito ufficiale: http://www.iaea.org/ 62 www.rdtn.org

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Proprio il progetto RDTN.org − presentato nella home page come «a collective voice

helping others stay informed» − rappresenta una tipologia di mashup che nell’integrare dati

di fonti ufficiali e non ufficiali assume un potere informativo rilevante.

Figura 13 – RDTN.org, a collective voice helping others stay informed

Il portale è disponibile in lingua giapponese, inglese e tedesca. Nel sito (submit a reading)

si invitano i cittadini in possesso di adeguati strumenti di misurazione a inserire i dati

rilevati, mentre nella legenda a destra viene indicata la fonte delle informazioni

georeferenziate.

Queste sono visualizzate in viola se il dato è inserito da singoli utenti del web (come nel

caso dell’immagine qui riportata, in cui compare il nome della persona che ha inserito la

rilevazione, il dato rilevato, la data e la strumentazione utilizzata); in grigio se governativa

(Mext, Ministero per l’educazione, la cultura, lo sport, la scienza e la tecnologia); in

azzurro se sono indicati i dati della comunità Pechube63; in rosso per il progetto Radation

63 Piattaforma per lo sviluppo di programmi Open Source, nonché per la diffusione dell’Open Access e dell’Open Data. Cfr. www.pachube.com.

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Crowdmap tramite Twitter64, in giallo se la fonte è United States Environmental Protection

Agency (US EPA)65, in verde se i dati provengono da Greenpeace e così via.

Questa miscela di fonti informative permette un quadro decisamente più ricco, in cui è

possibile incrociare i dati ufficiali con quelli implementati in modalità wiki da cittadini,

ricercatori, associazioni e chiunque abbia la strumentazione idonea. Le fonti pubbliche e

private possono così confermarsi a vicenda, o, al contrario, introdurre elementi nuovi di

conoscenza rispetto alla situazione reale. La mappatura non si limita soltanto al Giappone,

ma ha un’estensione globale ed è possibile immettere i dati dei livelli radioattivi da

qualsiasi parte del mondo:

Figura 14 - RDTN.org (Europa)

A seguito della catastrofe che nel marzo 2011 ha colpito il Giappone, anche diverse

istituzioni scientifiche hanno reso disponibili i dati in loro possesso in un formato aperto e

riutilizzabile.

64 http://radiation.crowdmap.com/ 65 Agenzia di protezione ambientale degli Stati Uniti. Sito ufficiale: http://www.epa.gov/japan2011/rert/radnet-data-map.html

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In proposito, particolarmente significativa l’iniziativa del centro di Harvard per l’analisi

geografica, che ha lanciato in Rete Japan Sendai Earthquake Data Portal, finalizzato

all’intercambio di dati aperti provenienti da diverse fonti di rilevanza scientifica. L’home

del portale si presenta nel seguente modo:

Figura 15 - Japan Sendai Earthquake Data Portal (Harvard)

La sezione Data è continuamente implementata e contiene numerose collezioni di dati

riutilizzabili a fini scientifici, ricercabili per termine.

2.7 L’accesso alla documentazione pubblica in Italia Sebbene la Direttiva europea sul riutilizzo dei dati pubblici del 2003 sia stata recepita in

Italia con il Decreto legislativo 36/200666, solo recentemente sono state avviate politiche

governative di apertura dei dati del tipo data.gov, analoghe dunque al modello statunitense

ormai molto diffuso anche in ambito europeo67.

66 Il decreto, Attuazione della direttiva 2003/98/CE relativa al riutilizzo di documenti nel settore pubblico n. 36 del 24 gennaio 2006, è stato recentemente modificato dalla Legge 96/2010. Tutte le leggi citate sono state consultate tramite la banca dati www.normattiva.it 67 Per una panoramica in ambito internazionale si veda: http://opengovernmentdata.org/data/catalogues/.

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Proprio nell’ottobre 2011 infatti, mentre veniva ultimata la stesura di questo lavoro, è stato

inaugurato il portale Dati.gov.it, sviluppato da Formez PA su indicazione del Ministero per

la pubblica amministrazione e l'innovazione. Come Data.gov.uk anche l’esperienza italiana

si ispira al modello statunitense. Il portale, che contiene ancora un numero ridotto di dati

(198 dataset alla data del 31 gennaio 2012), è ricco di informazioni per la condivisione di

esperienze e progetti:

Figura 16 – Dati.gov.it: i dati aperti delle PA

L’iniziativa nazionale è stata anticipata negli ultimi anni da un fermento di progetti Open

Data generati dal basso, sia promossi dalla società civile, sia per impulso di alcuni enti

locali 68.

68 Sono molte le iniziative nate nell’ambito della società civile, si segnalano qui a titolo di esempio: http://www.openpolis.it/; http://www.spaghettiopendata.org/; http://www.datagov.it;

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Tra questi ultimi, di particolare rilevanza il progetto della Regione Piemonte69, che ha

lanciato nel 2010 un portale per il rilascio dei dati in formato aperto con l’obiettivo di

facilitarne quanto più possibile il riuso. L’iniziativa si è avvalsa della collaborazione del

CSI regionale (Consorzio per il sistema informativo) e del centro Nexa per Internet e

Società del Politecnico di Torino70. Ispirato al modello anglosassone, il portale

http://www.dati.piemonte.it/ contiene una banca dati ma anche diverse sezioni per

l’aggiornamento sul tema Open Data, come dimostra l’home page di seguito riprodotta:

Figura 17 - Portale Open Data della Regione Piemonte

69 In particolare le Regioni si avvalgono degli Statuti Regionali per regolamentare la materia dell’accesso. Cfr. Paolo Mancini, op. cit., p. 133. Il portale della regione Piemonte è segnalato nel 2010 come unico esempio per l’Italia in tema Open Data, si veda in proposito il rapporto di ricerca a cura di Marco Fioretti, Open Data, Open Society. A research project about openness of public data in EU local administration, Laboratory of Economics and Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, 2010. Il documento è disponibile all’indirizzo: http://www.dime-eu.org/files/active/0/ODOS_report_1.pdf. Anna Cavallo (CSI Piemonte) definisce Open Data una vera e propria rivoluzione culturale nella seguente intervista: Claudio Forghieri, Open Data e aspetti organizzativi per un’amministrazione pubblica, “E-gov”, 7 aprile 2011, disponibile all’indirizzo: http://www.egovnews.it/. Sul portale della Regione Piemonte si veda anche: Cinzia Mescolini, Open Data in Italia: si inizia dal Piemonte, in “Aib Notizie”, 22, 5, 2010, p. 16. 70Il Centro Nexa è inoltre tra i partecipanti al progetto di ricerca Extracting Value from Public Sector Information (EVPSI), coordinato dal Dipartimento di Scienze Giuridiche di Torino con il supporto della Regione Piemonte, della facoltà di Economia di Novara e della Fondazione Rosselli. Sito ufficiale del progetto: http://www.evpsi.org/

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Il sito ospita infatti un blog, una sezione ‘eventi’ in cui si segnalano le più importanti

iniziative in ambito nazionale e internazionale sul riuso dei dati pubblici, uno spazio

dedicato alla normativa che ha permesso la nascita del progetto e, di particolare interesse

per gli utenti, una sezione ‘casi d’uso’ dove condividere i prodotti creati con il mashup.

I dataset disponibili possono essere gratuitamente scaricati in formato interoperabile e non

proprietario − prevalentemente csv e xml − nonché riutilizzati con licenza Creative

Commons71. Secondo le regole del Web 2.0 tutte le risorse sono condivisibili e votabili nei

social network. I dati riguardano diversi ambiti tematici, come evidenziato nella home page

dalla tag cloud sottostante il campo di ricerca per parola, e sono individuabili in dettaglio

nella sezione ‘statistiche’:

Figura 18 - Portale Open Data della Regione Piemonte : dati maggiormente scaricati

71 Si riporta qui la definizione tratta dall’Internet Manifesto Guidelines: «The Creative Commons (CC) is a non-profit organization devoted to expanding the range of creative work available for others legally to build upon and share. The Creative Commons enables copyright holders to grant some of their rights to the public while retaining others through a variety of licensing and contract schemes including dedication to the public domain or open content licensing terms. CC provided several free licences that copyright holders can use when releasing their works on the web. Officially launched in 2001 and headquartered in San Francisco, Creative Commons licences are currently used in several million web pages. More information can be obtained from http://creativecommons.org/». IFLA-UNESCO, Internet Manifesto Guidelines, p. 26)

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L’iniziativa − in anticipo sulle politiche governative − ha peraltro dimostrato come

sfruttare gli strumenti normativi a disposizione per dare inizio, dal basso, alla condivisione

dei dati pubblici. Sulla base della direttiva europea sul riutilizzo e in anticipo sul Decreto

legislativo n. 36 del 2006, la Regione Piemonte ha infatti deliberato nel 2005 un Protocollo

di intesa per la condivisione, valorizzazione e diffusione del patrimonio informativo

regionale aperto a tutti gli enti pubblici del territorio. Nel protocollo si sottolineava

l’importanza di valorizzare tale patrimonio con l’obiettivo di stimolare la creazione di

nuovi servizi digitali. Nel giugno 2009 sono state dunque emanate delle linee guida per il

riuso, revisionate nel novembre 2010 con la definizione di una licenza standard Creative

Commons con cui rendere accessibili tutti i dati non coperti da vincoli di privacy in

possesso della Regione Piemonte. All’esempio piemontese sono seguite diverse altre

iniziative di tipo regionale prima di giungere al portale Dati.gov.it72, in un panorama dove

nell’ultimo decennio l’attenzione governativa ha privilegiato strategie e-government di tipo

transazionale piuttosto che lo sviluppo della documentazione pubblica in Rete in quanto

servizio informativo per il cittadino73.

Per fare chiarezza sullo stato dell’arte, è utile accennare brevemente alle principali norme

vigenti in Italia sia in termini di diritto di accesso, sia di disponibilità, comunicazione e

pubblicità dei dati pubblici, con particolare riferimento all’uso della Rete.

Il diritto di accesso ai documenti amministrativi è regolamentato in Italia dalla legge 241

del 1990 Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai

documenti amministrativi, che, nonostante i numerosi aggiornamenti74, continua a

vincolarne l’esercizio alla dimostrazione di un interesse giuridico, in antitesi rispetto a

quanto avviene con l’applicazione del FOIA negli Stati Uniti e in Inghilterra.

72 In ambito regionale, si segnalano esperimenti interessanti come i dati geografici rilasciati dalla Regione Sardegna nel portale Sardegna territorio sul sito web: http://www.sardegnaterritorio.it; i dati sulla raccolta dei rifiuti solidi urbani della Regione Puglia: http://www.rifiutiebonifica.puglia.it/. Si noti inoltre che il Formez PA ha recentemente rilasciato la licenza Italian Open Data License, la prima in ambito italiano specificamente progettata per l’apertura dei dati pubblici, compatibile con i modelli Creative Commons. Per quanto riguarda i pacchetti open data, una rassegna costantemente aggiornata è curata da http://it.ckan.net/, progetto della Open Knowledge Fondation e del Centro Nexa del Politecnico di Torino. 73 Raramente le politiche governative si sono interessate al tema dell’accesso aperto ai dati pubblici. In proposito è doveroso segnalare la partecipazione di Beatrice Magnolfi, Sottosegretario per le Riforme e le Innovazioni nelle PA della Governo Prodi (Ministro Luigi Nicolais) alla conferenza Berlin 5 Open Access che si è tenuta dal 19 al 21 settembre 2007 presso l’Università di Padova con un intervento dal titolo L’Open Access nella Pubblica Amministrazione. 74 In particolare con la legge 15/2005, Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa. Il diritto di accesso ai documenti amministrativi è inoltre regolamentato negli articoli 59 e 60 del DPR 445 del 2000, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, che stabilisce le modalità di gestione e accesso informatico ai documenti amministrativi.

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La legge n. 241 del 1990 ne determina l’ambito all’articolo 22, in quanto «diritto degli

interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi»,

specificando subito dopo cosa si intende per interessati e controinteressati:

Interessati − tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso; Controinteressati − tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza. (corsivo mio)

La tutela della riservatezza rappresenta dunque uno dei motivi di esclusione dall’accesso,

insieme al segreto di Stato e alla sicurezza pubblica75. Nell’ambito di questo criterio

generale, vi sono specifici interventi normativi che garantiscono il diritto di accesso a

particolari tipologie di documenti di rilevanza pubblica anche in assenza di un interesse

giuridico dimostrabile. Ne è un esempio l’informazione statistica: l’articolo 24 della Legge

400 del 1988 Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del

Consiglio dei Ministri stabilisce infatti:

che sia garantito l'acceso diretto da parte del Parlamento, delle regioni, di enti pubblici, di organi dello Stato, di persone giuridiche di associazioni e singoli cittadini ai dati elaborati con i limiti espressamente previsti dalla legge e nel rispetto dei diritti fondamentali della persona76.

In alcuni casi, l’obbligo della pubblicità di dati e informazioni a garanzia del diritto di

accesso deve essere assolto, per legge, tramite la Rete. Così avviene per l’informazione

ambientale, regolamentata dal Decreto Legislativo 195 del 2005, in attuazione della

direttiva 2003/4/CE, che ne prevede la disponibilità proprio attraverso le tecnologie

informatiche77. Il primo articolo del decreto stabilisce infatti:

75 Questi vincoli sono individuati con l’articolo 24, intitolato Esclusione dal diritto di accesso, insieme ad altre condizioni specifiche, quali indagini giudiziarie, procedimenti tributari, ecc. 76 Sulla base dell’art. 24 della legge 400/1988 è stato emanato il decreto legislativo 332/1989, Norme sul Sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell’Istituto nazionale di statistica, ai sensi dell’art. 24 della legge 23 agosto 1988, n. 400, che obbliga l’ISTAT alla pubblicazione e diffusione dei dati, in particolare dell’Annuario statistico Italiano e del Bollettino mensile di statistica. Cfr.: Laura Ballestra, Piero Cavaleri, L’informazione statistica, in Documenti e dati pubblici sul web. Guida all’informazione di fonte pubblica in rete cit., p. 253-278. 77 La direttiva sostituisce la precedente 90/313/Cee, attuata in Italia con il decreto legislativo 39/1997, con cui veniva eliminato il requisito dell’interesse giuridico per l’accesso all’informazione ambientale. Cfr. Maurella Della Seta, Alessandra Ensoli, L’informazione scientifica: sanità e ambiente, in Documenti e dati pubblici sul web. Guida all’informazione di fonte pubblica in rete cit., p. 320.

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Il presente decreto, nello stabilire i principi generali in materia di informazione ambientale, è volto a: a) garantire il diritto d'accesso all'informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche e stabilire i termini, le condizioni fondamentali e le modalità per il suo esercizio; b) garantire, ai fini della più ampia trasparenza, che l'informazione ambientale sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico e diffusa, anche attraverso i mezzi di telecomunicazione e gli strumenti informatici, in forme o formati facilmente consultabili, promuovendo a tale fine, in particolare, l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.

Un altro ambito in cui Internet dovrebbe giocare un ruolo decisivo nel diritto di accesso

consiste nell’informazione giuridica nazionale, resa in parte consultabile nella forma

vigente soltanto di recente con la banca dati Normattiva. Si tratta di un strumento

potenzialmente fondamentale, considerando la funzione chiave in un sistema democratico

della conoscibilità delle leggi, finora accessibili in Italia con criteri di affidabilità soltanto

attraverso l’editoria privata a pagamento78.

La gestazione di Normattiva è iniziata oltre dieci anni fa con l’articolo 107 −

Informatizzazione della normativa vigente − della Legge finanziaria 2001 (Legge

388/2000) con cui si stanziava un fondo di finanziamento per la digitalizzazione delle

leggi in vigore al fine di promuoverne la ricerca e la consultazione gratuita da parte dei

cittadini. Con il Decreto legge 200 del 2008, Misure urgenti in materia di semplificazione

normativa, ha assunto l’onere del progetto l’ex ministro per la semplificazione

amministrativa Roberto Calderoli79.

Il portale Normattiva contiene al momento circa 75.000 atti e consente di consultare gli

atti originari, gli atti vigenti ad una data e i testi di legge in multivigenza, ovvero arricchiti

degli aggiornamenti che hanno subito nel corso del tempo.

78 La contraddizione per cui lo Stato si è trovato per lungo tempo a pagare prodotti editoriali privati per conoscere le proprie leggi, è stata messa a fuoco con precisione in Mauro Fioroni, Innovare nel Pubblico. Il caso emblematico della legge in rete, “ISDR. Il secolo della rete”, 1, 2006, p. 154-159. Per un quadro complessivo della documentazione normativa in Rete si veda in particolare: Fernando Venturini, Cercare le leggi quando Google non basta: consigli per bibliotecari, pubblicato sul sito web dell’AIB all’indirizzo: http://www.aib.it/aib/dfp/cercareleleggi.htm3; Id., L’informazione giuridica e politica di interesse generale, in Documenti e dati pubblici sul web. Guida all’informazione di fonte pubblica in rete cit., p. 89-154. 79Roberto Calderoli ha contemporaneamente avviato un processo denominato ghigliottina normativa o taglia-leggi, con cui sono stati cancellati, con criteri in verità poco trasparenti, 411.000 atti dei 430.000 esistenti e che mira a ridurre l’intero corpus legislativo a soli 5000 atti. L’informazione è disponibile nel sito web: http://www.semplificazionenormativa.it/

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Figura 19 – Normattiva, il portale della legge vigente

Le leggi sono ricercabili per parola in modalità semplice o avanzata secondo diversi criteri

di raffinamento. Visualizzato il testo di legge è possibile scegliere l’attivazione

ipertestuale dei riferimenti normativi, nonché l’elenco degli aggiornamenti di legge, come

nell’esempio di seguito riportato80:

80 Sulle modalità di consultazione si vedano: Fernando Venturini, La banca dati Normattiva, “Le carte e la storia”, 16, 1, 2010, p. 37-39; Lucia Antonelli, Normativa. Una banca dati “liquida” cit.

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Figura 20 – Normattiva: elenco degli aggiornamenti di legge

Il portale si propone di offrire «un servizio affidabile, gratuito e completo di informazione

sulle leggi italiane» come specificato nella presentazione della banca dati, con uno spirito

dunque analogo a quello sotteso nel modello francese Legifrance. Le service public de la

diffusion du droit 81.

Normattiva rappresenta però una soluzione parziale alla effettiva conoscibilità delle leggi,

in quanto l’avviso legale della banca dati recita testualmente:

I testi presenti nella banca dati "Normattiva" non hanno carattere di ufficialità. L'unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Italiana a mezzo stampa, che prevale in casi di discordanza. La riproduzione dei testi forniti nel formato elettronico è consentita purché venga menzionata la fonte, il carattere non autentico e gratuito. I Testi sono disponibili agli utenti al solo scopo informativo. La raccolta, per quanto vasta, è frutto di una selezione redazionale. La Presidenza del Consiglio dei Ministri e l'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A., non sono responsabili di eventuali errori o imprecisioni, nonché di danni conseguenti ad azioni o determinazioni assunte in base alla consultazione del portale. (neretto nel testo)

81 http://www.legifrance.gouv.fr/

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Siamo dunque ancora lontani in Italia da un servizio che renda gratuitamente possibile la

conoscibilità delle leggi dello Stato, ancora detenuta dall’editoria privata, nonostante le

potenzialità di Internet come luogo della disponibilità82.

In effetti, nonostante l’accesso alle informazioni di fonte pubblica mediante le nuove

tecnologie sia diffusamente riconosciuto in via di principio, non esistono specifici atti

normativi in cui questo è considerato come un diritto della persona.

L’unica dichiarazione di una certa rilevanza in tal senso risale al 2004 ed è contenuta nella

legge 4 − Disposizioni per favorire l'accesso dei soggetti disabili agli strumenti

informatici − denominata Legge Stanca dal nome del ministro che ne è stato promotore.

Come esplicita il titolo, l’intervento legislativo è finalizzato a tutelare le persone disabili

da forme di esclusione nell’accesso alle risorse digitali. Nel primo articolo si afferma però

un concetto generale, che rimanda al principio di uguaglianza dei cittadini sancito dalla

Costituzione italiana:

La Repubblica riconosce e tutela il diritto di ogni persona ad accedere a tutte le fonti di informazione e ai relativi servizi, ivi compresi quelli che si articolano attraverso gli strumenti informatici e telematici.

Rispetto alla possibile estensione di questo principio, sembra opportuno ricordare che in

occasione della terza edizione di Internet Governance Forum Italia − organizzata dalla

Provincia di Roma e dal CNR in collaborazione con il Centro NEXA su Internet e Società

del Politecnico di Torino tenutasi Roma il 29 e 30 novembre 2010 − Stefano Rodotà ha

proposto una modifica della Costituzione volta a riconoscere Internet come diritto

fondamentale attraverso l’inserimento di un articolo 21 bis, così articolato:

Tutti hanno eguale diritto di accedere alla Rete Internet, in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale 83.

D’altra parte, allo stato attuale, le stesse amministrazioni pubbliche non sono obbligate in

linea di principio a rendere disponibili i dati in loro possesso, tanto meno in modalità

riutilizzabile, sebbene il decreto legislativo n. 82 del 2005, Codice dell’Amministrazione 82 Si noti pealtro che l’ufficialità delle leggi riservata alla “Gazzetta Ufficiale Italiana a mezzo stampa, che prevale in casi di discordanza” è in contraddizione con l’articolo 27, appunto titolato Taglia-carta, del Decreto Legge 112 del 25 giugno 2008, con il quale si stabiliva che la diffusione della Gazzetta Ufficiale agli enti pubblici, a decorrere dal 1° del Gennaio 2009, sarebbe avvenuta esclusivamente tramite rete informatica. 83 La proposta è stata presentata in Parlamento. Alla tavola rotonda, moderata da Riccardo Luna (Direttore di “Wired Italia”) hanno partecipato anche Tullio de Mauro (Università “La Sapienza” di Roma) Domenico Laforenza (IIT-CNR di Pisa) Lella Mazzoli (Università di Urbino) Angelo Raffaele Meo (Politecnico di Torino) e Michele Polo (Università Bocconi di Milano). Il video dell’intervento è disponibile nel sito dell’IFG Italia http://www.igf-italia.it. Si veda inoltre: Stefano Rodotà, Internet è un diritto. Va scritto in Costituzione cit.

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Digitale (CAD), recentemente modificato, costituisca un’apertura significativa in tale

direzione. L’articolo 50 chiarisce in merito:

I dati delle pubbliche amministrazioni sono formati, raccolti, conservati, resi disponibili e accessibili con l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione che ne consentano la fruizione e riutilizzazione, alle condizioni fissate dall'ordinamento, da parte delle altre pubbliche amministrazioni e dai privati; restano salvi i limiti alla conoscibilità dei dati previsti dalle leggi e dai regolamenti, le norme in materia di protezione dei dati personali ed il rispetto della normativa comunitaria in materia di riutilizzo delle informazioni del settore pubblico.

Le pubbliche amministrazioni svolgono inoltre un compito definito di informazione e

comunicazione − che trova espressione nella Legge n. 150 del 2000, Disciplina delle

attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni − circa alcune

attività, attraverso i mezzi di comunicazione di massa, gli strumenti telematici e appositi

sportelli di relazioni con il pubblico84. Il comma cinque dell’articolo uno definisce nel

dettaglio le attività informative e comunicative in oggetto, i cui obiettivi risultano essere

prevalentemente di natura istituzionale, normativa, burocratica, sociale e di immagine:

Le attività di informazione e di comunicazione sono, in particolare, finalizzate a: a) illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni normative, al fine di facilitarne l'applicazione; b) illustrare le attività delle istituzioni e il loro funzionamento; c) favorire l'accesso ai servizi pubblici, promuovendone la conoscenza; d) promuovere conoscenze allargate e approfondite su temi di rilevante interesse pubblico e sociale; e) favorire processi interni di semplificazione delle procedure e di modernizzazione degli apparati nonché la conoscenza dell'avvio e del percorso dei procedimenti amministrativi; f) promuovere l'immagine delle amministrazioni, nonché quella dell'Italia, in Europa e nel mondo, conferendo conoscenza e visibilità ad eventi d'importanza locale, regionale, nazionale ed internazionale.

Per quanto riguarda gli enti locali, è invece prevista la pubblicità di tutti gli atti non

riservati per indicazione di legge, nei limiti stabiliti dall’articolo 10 del Decreto

Legislativo n. 267 del 18 agosto 2000, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti

locali85:

comma 1 - Tutti gli atti dell'amministrazione comunale e provinciale sono pubblici, ad eccezione di quelli riservati per espressa indicazione di legge o per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione del sindaco o del presidente della provincia che ne vieti l'esibizione, conformemente a quanto previsto dal regolamento, in quanto la loro diffusione possa pregiudicare il diritto alla riservatezza delle persone, dei gruppi o delle imprese.

Negli ultimi anni una spinta in termini di contenuti accessibili in Rete è stata determinata

da una serie di interventi legislativi sulla smaterializzazione dei documenti pubblici, dettati

prevalentemente dall’intento di ridurre la spesa pubblica. Si tratta dunque di iniziative

84Ci si riferisce qui soprattutto agli Uffici per le relazioni con il pubblico (URP) regolamentati dall’articolo 8 della Legge 150/2000. 85 Il Decreto legislativo 267/2000 ha sostituito la Legge 142/90, Ordinamento della autonomie locali, che stabiliva lo stesso principio all’art. 7.

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assunte senza riflessioni ulteriori sul significato profondo del cambiamento di paradigma in

corso e sulla conseguente modifica della natura documentaria in oggetto.

Ne è esempio l’articolo 27 − appunto titolato Taglia-carta − del Decreto Legge 112 del 25

giugno 2008 convertito con Legge 133 del 6 agosto 2008, con cui si stabiliva, per gli enti

pubblici, la sostituzione degli abbonamenti cartacei alla Gazzetta Ufficiale con gli

abbonamenti telematici a decorrere dal primo gennaio 2009. Il provvedimento si inserisce

nella riduzione del 50% della spesa per la stampa delle pubblicazioni di fonte pubblica86.

Nella stessa logica si colloca anche l’obbligo per gli enti locali di istituire l’albo pretorio

on-line, sancito con l’articolo 32 della Legge 69/2009 − Eliminazione degli sprechi relativi

al mantenimento di documenti in forma cartacea − divenuto effettivo dal primo gennaio

2011, termine a partire dal quale l’affissione dei documenti cartacei non ha più effetto di

pubblicità legale.

In tema di accesso ad alcune tipologie di informazione, sono infine da menzionare azioni

di adeguamento legislativo sulla spinta di precise direttive comunitarie, come nel caso del

progetto INSPIRE (Infrastructure for Spatial Information in Europe), il cui obiettivo è la

condivisione di dati geografici e ambientali in Rete nell’ambito dello spazio comunitario.

Definito con la direttiva europea 2007/2/CE, il progetto mira a una gestione condivisa di

dati territoriali interoperabili, facilmente accessibili per mezzo di un apposito portale web e

con condizioni di utilizzo trasparenti87.

86 Si ricorda che la Gazzetta Ufficiale delle Repubblica Italiana, edita dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato in collaborazione con il Ministero della Giustizia, è gratuitamente consultabile in Rete soltanto per gli ultimi 60 giorni. I numeri precedenti sono invece disponibili, a pagamento, mediante la banca dati GURITEL. Come nel caso di Normattiva, anche sul sito della Gazzetta Ufficiale compare il seguente avviso: «Ricordiamo che l’unico testo definitivo è quello pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale a mezzo stampa, che prevale in casi di discordanza. La riproduzione dei testi forniti nel formato elettronico è consentita purché venga menzionata la fonte, il carattere non autentico e gratuito». Vedi anche: Fernando Venturini, Cercare le leggi quando Google non basta: consigli per bibliotecari cit.; Id., Documenti e dati pubblici sul web. Guida all’informazione di fonte pubblica in rete cit., p. 105-106. 87 Per ora è consultabile in Rete soltanto un prototipo del geoportale europeo che dovrebbe raccogliere i dati messi a disposizione dai singoli Stati membri, disponibile all’indirizzo: http://www.inspire-geoportal.eu/index.cfm. Per informazioni più dettagliate si veda: http://inspire.ec.europa.eu La direttiva è stata recepita in Italia con il Decreto Legislativo n. 32 del 27 gennaio 2010, in cui si pianifica una infrastruttura nazionale con la quale lo Stato italiano dovrebbe partecipare al progetto.

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I DOCUMENTI: IL CASO DFP

«Voleva conoscere le cause dell’amnesia, se ne esistevano tipi diversi e quanto poteva durare. E, cosa ancora più importante, voleva informazioni sulle possibili cure. Dove si potevano reperire queste informazioni? In una biblioteca. Come si faceva a trovare una biblioteca? Si consultava una cartina. Se ne procurò una a un’edicola vicina al negozio di abbigliamento. Segnata in bella evidenza c’era la Central Public Library, all’intersezione tra New York Avenue e Massachusetts, dall’altra parte della città. Prese la macchina e vi si diresse». Ken Follett, Codice a zero

3.1 Biblioteche e diffusione dell’informazione pubblica in Italia A fronte degli esempi esteri citati nel primo capitolo, si assiste in Italia a una scarsa

penetrazione della documentazione ufficiale in Rete nei servizi bibliotecari pubblici.

Eccetto un numero esiguo di articoli sull’informazione di comunità, peraltro non

recenti1, la stessa letteratura di settore si è interessata raramente, sia prima che dopo la

diffusione del Web, all’uso delle fonti istituzionali nel reference della biblioteca di base.

Ciò determina un paradosso: proprio mentre diritti e doveri di cittadinanza dipendono

sempre più da un universo documentario tendente all’entropia2, la biblioteca pubblica non

sembra orientata a riposizionarsi come istituto democratico in grado di garantire un accesso

equo alla documentazione ufficiale.

Alle origini di tale mancanza vi sono criticità endogene ed esogene al sistema bibliotecario

pubblico italiano che l’attuale crisi economica e sociale del paese rende di difficile

risoluzione. Uno degli obiettivi della ricerca, di cui si dirà in dettaglio in questa seconda

1 Si segnalano in proposito: Daniele Danesi - Silvia Ermini, L’informazione di comunità: un servizio da scoprire. Le ipotesi di lavoro della biblioteca di Scandicci, “Biblioteche oggi”, 2, 2, 1984, p. 23-35. Chiara Papalia, L’informazione di comunità e una sua applicazione italiana: l’Informagiovani, “Bollettino AIB”, 45, 3, 2005, p. 309-324. Si veda inoltre la rassegna bibliografia a mia firma pubblicata sul sito dell’Aib nel gennaio 2010: Cinzia Mescolini, La documentazione di fonte pubblica in Rete nel servizio bibliotecario di base, http://www.aib.it/aib/dfp/biblio_mescolini.htm3 2 Norbert Wiener, padre della cibernetica, definisce il concetto di entropia come processo con il quale un sistema informativo può perdere ordine in maniera spontanea ma non può mai acquistarlo se ne è privo. Il processo comunicativo è dunque soggetto al fenomeno dell’entropia, che rappresenta la misura del disordine, dunque, della perdita dell’informazione. Si veda: Norbert Wiener, The Human Use of Human Beings, Bonston, Houghton Mifflin Company, 1950 (trad. it. di Dario Persiani, Introduzione alla cibernetica. L’uso umano degli esseri umani, Torino, Bollati Boringhieri, 2001), p. 32-33. Il temine entropia, mutuato dalla termodinamica, viene da εντροπή, che significa evoluzione. Cfr. John R. Pierce, Glossario, in La teoria dell’informazione, Milano, Mondadori, 1963, p. 292.

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parte, è proprio l’individuazione delle cause che ancora impediscono l’affermarsi della

biblioteca pubblica di base quale centro di documentazione al servizio della comunità.

Nello specifico, con l’intento di mettere a fuoco le criticità esistenti e i possibili sviluppi

connessi all’uso della documentazione di fonte pubblica in Rete nel reference, sono state

raccolte e analizzate diciotto interviste a bibliotecari pubblici coinvolti in percorsi

formativi e/o esperienze di servizio rilevanti per il tema trattato.

Sebbene la descrizione dell’indagine, la metodologia e l’esposizione degli esiti conclusivi

siano oggetto del quarto capitolo, si anticipa qui una delle network view sviluppate con

l’ausilio del software Atlas.ti nel processo di analisi testuale delle interviste3. Ciò, sia al

fine di delineare una panoramica delle criticità incontrate nel quotidiano da chi opera in

biblioteca, sia con l’obiettivo di presentare i nodi critici che è stato necessario considerare

nella progettazione delle fasi successive della ricerca.

Nella network view sull’uso della documentazione di fonte pubblica nei servizi di reference

riprodotta per intero nella pagina seguente, le criticità estrapolate dal testo delle interviste

sono state suddivise attorno a quattro aree tematiche: documenti, bibliotecari, utenti,

investimenti.

Le prime due, collocate nella parte superiore, includono le criticità esogene, ovvero

riguardanti fattori esterni alla gestione del servizio bibliotecario, quali le caratteristiche dei

documenti e i comportamenti degli utenti. Nella parte inferiore si collocano invece le

criticità endogene, dunque connesse alla gestione della biblioteca, ossia agli investimenti

economici per il funzionamento del servizio e alle stesse competenze professionali dei

bibliotecari.

Si tratta chiaramente di una distinzione formale, poiché nella realtà i fattori individuati

nell’interpretazione delle interviste incidono reciprocamente. Per esempio una percezione

positiva dei cittadini motiverà gli amministratori a investire più risorse nella biblioteca,

così come una maggiore qualità dei documenti e/o una intermediazione professionale

appropriata, possono attrarre un numero più elevato di utenti.

Di seguito la network view:

3Atlas.ti appartiene alla famiglia dei software CAQDAS (Computer Assisted Qualitative Data Analysis Software) sviluppati per supportare le ricerche di tipo qualitativo. Cfr. Claudia Chiarolanza, Eugenio De Gregorio, L’analisi dei processi psico-sociali. Lavorare con Atlas.ti cit.; Eugenio De Gregorio, Francesca Mosiello, Tecniche di ricerca qualitativa e di analisi delle informazioni con ATLAS.ti cit.

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Figura 1 - Criticità della documentazione di fonte pubblica in Rete nei servizi di reference

[]

====

[]

[]

==

[]

==

[]

[]

[]

[]

[]

[][]

Assenza di formazionenel reperimento delladocumentazione difonte pubblica in Rete

Carenza di organico

Carenza di risorseeconomiche

Costo delle banche dati

Digital divide

Dotazione tecnologicainadeguata

Le richieste provengonosoltanto da utentiesperti

Mancanza di personalespecializzato

Qualità/affidabilità deidocumenti pubblici online

Scarso interesse averificare leinformazioni

Uso tradizionale dellabiblioteca

CRITICITA'

UTENTI

BIBLIOTECARI

DOCUMENTI

INVESTIMENTI

Proprio per l’interdipendenza tra i diversi fattori, comprendere il circolo vizioso delle

criticità rappresenta il primo passo per elaborare strategie utili ad innescare meccanismi

virtuosi. A tal fine, nello schema proposto a seguire sono stati enucleati i principali punti

critici emersi dall’indagine:

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CRITICITÁ ESOGENE (DOCUMENTI, UTENTI)

CRITICITÁ ENDOGENE (INVESTIMENTI, BIBLIOTECARI)

QUALITÀ DEI DOCUMENTI La scarsa qualità di molti documenti pubblici accessibili on-line, spesso non aggiornati, lacunosi e poco chiari, rende gli utenti diffidenti.

DIGITAL DIVIDE Una fascia molto ampia di utenti, in particolare gli anziani, continua a preferire le risorse cartacee a quelle digitali.

PERCEZIONE DELLA BIBLIOTECA L’utente non sa che la biblioteca può essere di aiuto nella ricerca di documenti pubblici utili alla risoluzione di questioni che si presentano nella vita quotidiana (es. informazioni sulle tasse, pensioni, contrasti condominiali ecc.)

APPROCCIO ALL’INFORMAZIONE L’utente medio non ha interesse a verificare le informazioni diffuse dai mass media attingendo alle fonti primarie accessibili on-line.

COMPORTAMENTI DI NICCHIA Soltanto un ristretto numero di utenti, definibili esperti e in genere con un livello culturale alto, si interessano alla documentazione di fonte pubblica accessibile in Rete.

COSTI DELL’ACCESSO L’accesso ai documenti pubblici di qualità, in particolare di ambito giuridico, è vincolato all’acquisto di costosi abbonamenti a banche dati.

CARENZE STRUTTURALI Le biblioteche lamentano scarsi investimenti in strumentazione informatica e/o in personale da dedicare al servizio.

FORMAZIONE DEL PERSONALE Il personale bibliotecario non possiede una formazione specifica per la ricerca di documenti pubblici in Rete.

USO DELLE FONTI Il personale bibliotecario spesso si limita a ricercare i documenti tramite Google, ignorando il più delle volte l’esistenza di sistemi alternativi di ricerca e di specifiche banche dati come DFP.

ESTEMPORANEITÀ DEL SERVIZIO Il servizio è spesso affidato alle conoscenze personali dei singoli bibliotecari, che entrano in gioco nel caso in cui vi sia una richiesta spontanea da parte dell’utenza.

Nonostante il personale bibliotecario intervistato ne riconosca la potenziale importanza,

nelle biblioteche oggetto d’indagine non risulta esservi stata una pianificazione di strategie

orientate a creare un servizio di guida alla documentazione di fonte pubblica in Rete tale da

proporre la biblioteca come centro di documentazione per la comunità.

Si tratta di una funzione peraltro scarsamente immaginata dall’utenza, che in genere non

identifica la biblioteca di base quale luogo a cui rivolgersi per la ricerca di documenti

ufficiali necessari a una partecipazione informata alla vita pubblica e all’esercizio dei diritti

di cittadinanza. All’assenza di un disegno progettuale, si aggiungono spesso limiti

strutturali causati da una progressiva riduzione di investimenti in risorse e personale.

Proprio su questo doppio livello, di percezione e di organizzazione, devono essere

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interpretate le principali difficoltà che ostacolano oggi l’affermarsi della biblioteca

pubblica di base come centro di documentazione per la comunità.

A partire da queste osservazioni generali, nell’intento di cogliere non solo le criticità

esistenti ma anche i possibili sviluppi futuri, si è ritenuto necessario approfondire alcuni

aspetti specifici con indagini mirate. Il percorso di indagine, articolato tenendo presente sia

l’approfondimento teorico sia la dimensione esperienziale, è qui riproposto nella sequenza

che titola i capitoli: i documenti, le biblioteche, gli utenti.

3.2 Dal gruppo di studio sulle pubblicazioni ufficiali all’esperienza DFP Come risulta chiaramente dall’analisi delle interviste ai bibliotecari, la difficile

rintracciabilità in Rete di documenti pubblici qualitativamente affidabili costituisce un

primo ostacolo alla definizione della biblioteca di base quale centro di documentazione per

la comunità.

Proprio con l’intento di realizzare uno strumento di ricerca per la documentazione ufficiale

disponibile on-line − nella totale assenza di politiche pubbliche in tal senso − nasce nel

1997 il repertorio DFP, poi evoluto in database nel 2004.

Acronimo di documentazione di fonte pubblica, DFP è liberamente accessibile da

quattordici anni in AIB-WEB, sito internet dell’Associazione Italiana Biblioteche, grazie

all’impegno volontario di un gruppo di bibliotecari che ne cura l’aggiornamento.

Come spesso accade nella storia del Web, una banca dati nata negli anni Novanta si

configura oggi come un oggetto ricco di stratificazioni, sia per il contenuto, sia per il

dibattito che nel tempo ha suscitato4. Se poi, come in questo caso, si tratta di esperienze

non istituzionali generate dal basso e sviluppate su base volontaria, l’oggetto tecnologico

diventa anche espressione di una comunità che − in quanto bene comune associativo −

elabora, condivide e trasmette dei valori. Nelle evoluzioni del patrimonio documentale e

della stessa interfaccia di ricerca diventano pertanto leggibili le scelte di volta in volta

operate nella costruzione di un sistema valoriale riferibile al bene tutelato.

Negli ultimi quindici anni, il gruppo DFP ha infatti prodotto pubblicazioni, convegni,

documenti, in cui sono stati discussi e talvolta precisati alcuni importanti concetti sul tema,

a partire dalla stessa definizione di documentazione di fonte pubblica in Rete.

Per ripercorrere le origini di DFP occorre risalire alla fine del 1995, quando, nell’intento di

colmare un vuoto nella biblioteconomia italiana, nasce nell’ambito dell’Associazione

4 Per l’approccio di ricerca sulle banche dati si veda: Paola Castellucci, La banca dati MLA. Costruzione e ibridazione del canone letterario, “Nuovi Annali della Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari”, XVII, 2003, p. 205-219.

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Italiana Biblioteche un gruppo di studio sulle Pubblicazioni Ufficiali, poi rimasto in attività

fino al 2001. Il gruppo era composto da sette bibliotecari provenienti dal settore

istituzionale e dalla due Biblioteche Nazionali Centrali. Oltre a Fernando Venturini,

bibliotecario della Camera dei Deputati − che assumerà nel 1996 il ruolo di coordinatore −

vi aderivano Maurella Della Seta (Biblioteca dell’Istituto Superiore di Sanità), Paola

Geretto (Biblioteca dell’Istituto Nazionale di Statistica), Grazia Vecchio (Biblioteca

dell’Istituto di Studi sulle Regioni), Eugenia Nieddu (Biblioteca dell’Archivio Centrale

dello Stato), Antonio Giardullo (Biblioteca Nazionale di Firenze) e Paola Pugliesi

(Biblioteca Nazionale di Roma).

Nel testo del 1995 in cui si propone all’AIB l’istituzione di un gruppo di studio sulle

Pubblicazioni Ufficiali, sono messi in chiaro gli obiettivi: giungere a una definizione

univoca di pubblicazione ufficiale attraverso l’esame delle relative norme giuridiche e

della bibliografia nazionale e estera disponibile in Italia; indagare la produzione editoriale

ufficiale e le caratteristiche dei principali canali di diffusione, incluse le banche dati

«numeriche e testuali»; nonché formulare proposte di controllo bibliografico in

sostituzione della bibliografia nazionale di riferimento interrotta nel 19605.

Nel 2007 sono già visibili i risultati: i materiali di ricerca − con un resoconto delle prime

conclusioni − vengono raccolti in un dossier nel mese di marzo6, mentre in aprile sono resi

noti gli esiti dell’attività con una Relazione sul problema della definizione e del controllo

bibliografico pubblicata sul sito dell’AIB7.

Nel documento, con l’intento di definire e al contempo delimitare l’oggetto della ricerca, il

gruppo di studio giudica inadeguata l’espressione ‘pubblicazione ufficiale’, che ritiene

opportuno sostituire con ‘pubblicazione di fonte istituzionale’, considerando in particolare

ai fini del controllo bibliografico «tutte le pubblicazioni nelle quali risulta un qualche

legame editoriale o redazionale tra l’ente e la pubblicazione espresso dalla presenza del

nome dell’ente sul frontespizio». L’attenzione si rivolge dunque alla fonte, anche in

un’ottica catalografica, ovvero all’ente produttore della pubblicazione. A tal fine vengono

focalizzate due grandi categorie: «istituzioni costituzionali e amministrative» e «istituzioni

pubbliche della ricerca scientifica e università», la cui differenza funzionale implica la

genesi di oggetti documentali diversi e pertanto la formulazione di ipotesi distinte per il

controllo bibliografico.

5Testo della proposta di un gruppo di studio sulle pubblicazioni ufficiali presentato all’AIB nell’ottobre 2005 in La definizione e il controllo bibliografico. Raccolta di materiali, a cura del Gruppo di studio Pubblicazioni Ufficiali AIB, marzo 1997, p. 239-241. 6La definizione e il controllo bibliografico. Raccolta di materiali, a cura del Gruppo di studio Pubblicazioni Ufficiali AIB, marzo 1997. 7 http://www.aib.it/aib/commiss/pubuff/d9704d.htm

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Definito l’oggetto di indagine, il gruppo propone una possibile quantificazione fondata sui

dati bibliografici ed istituzionali disponibili, ipotizzando così, con esclusione delle

pubblicazioni di ente locale, la produzione di circa 2500 documenti annui di fonte

amministrativa licenziati alle stampe. Il dossier riporta inoltre un’indagine condotta dal

gruppo di studio per verificare la fattibilità della norma contenuta nel disegno di legge

Veltroni sulla riforma del deposito legale, secondo cui le biblioteche dei Consigli regionali

avrebbero dovuto assolvere tale compito in merito alle pubblicazioni ufficiali regionali e

subregionali8.

Sempre nel 1997 il gruppo inaugura DFP come repertorio on-line di documenti prodotti e

diffusi in Rete dalle istituzioni pubbliche. Si tratta in origine di un semplice elenco di

schede, intitolato L’informazione di fonte pubblica in rete, in cui, a cura dal coordinatore

Fernando Venturini, sono descritti siti web pubblici contenenti documentazione di fonte

istituzionale. La prima snapshot di DFP risale al 5 dicembre del 1998 e si presenta così:

Figura 2 – Internet Archive - snapshot 5 dicembre 1998

8 L’indagine è stata condotta inviando un questionario ai responsabili delle biblioteche regionali per avere un parere sulla fattibilità dell’ipotesi formulata dal “DDL Veltroni”.

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Negli anni immediatamente successivi l’elenco viene incrementato con l’intento di censire

le istituzioni in Rete e le relative politiche documentarie, proprio nel momento in cui il

settore pubblico italiano si affacciava al Web in assenza di una strategia definita.

In particolare, lo scarso coordinamento tra le diverse amministrazioni favoriva una

proliferazione incontrollata di portali e dunque una sostanziale inefficienza comunicativa9.

Nel 1998, con l’obiettivo di approfondire il problema della definizione e discutere al

contempo le prime conclusioni espresse nella relazione dell’anno precedente, il gruppo

organizza la Giornata di studio Dalle pubblicazioni ufficiali alla documentazione di fonte

pubblica. Il ruolo delle biblioteche tra controllo bibliografico e diffusione

dell’informazione. L’iniziativa ha luogo il 23 ottobre presso la Biblioteca della Camera dei

deputati10. Come sottende il titolo dell’evento, l’attenzione non è rivolta soltanto

all’aspetto terminologico: semmai la definizione è il pretesto per aprire interrogativi

ulteriori, ampi terreni di indagine, dal controllo bibliografico al ruolo delle biblioteche

nell’accesso, fino all’impatto di Internet nella produzione e diffusione della

documentazione di fonte pubblica.

Proprio nella relazione introduttiva, Fernando Venturini illustra la proposta terminologica

definitiva a cui nel frattempo è pervenuto il gruppo di studio sulle Pubblicazioni Ufficiali:

Mentre l’espressione pubblicazione ufficiale può restare per i fogli legali e le altre pubblicazioni con certezza giuridica, si propone l’espressione documentazione di fonte pubblica per l’insieme dei prodotti documentari (con diffusione o rilevanza esterna) delle amministrazioni pubbliche. In concreto si va dai documenti normativi, alla documentazione degli organismi politici, dalle serie statistiche alla letteratura grigia amministrativa fino alle diverse manifestazioni dell’editoria pubblica. Tuttavia preferiamo non utilizzare l’espressione “informazione pubblica” ma utilizzare termini come quelli di documento e di documentazione per sottolineare la specificità del mestiere del bibliotecario/documentalista (e dell’archivista aggiungerei) che è fortemente legato al

9 Cfr.: Attività delle Commissioni nazionali e dei Gruppi di studio in Rapporto annuale 1997 dell’Associazione italiana biblioteche, a cura di Enzo Frustaci, “Aib Notizie”, 10, 5, 1998, p. 1. Si noti come DFP possa essere considerata pionieristica in questo ambito. Soltanto nel 2003, il FORMEZ, su incarico del Dipartimento della Funzione Pubblica, nell’ambito del progetto Biblioteche per la PA avvierà una Biblioteca virtuale per la PA. Si tratta di uno strumento analogo al repertorio DFP, consultabile all’indirizzo http://oss.formez.it/spt/ che adotta lo stesso tipo di software e raccoglie risorse di documenti diffusi in rete dalle pubbliche amministrazioni. Si veda: Alessandra Cornero, La rete delle biblioteche per la pubblica amministrazione, “Le Carte e la Storia”, 14, 2, 2008, p. 90-91; Id., La biblioteca virtuale per la pubblica amministrazione, in Documentazione di fonte pubblica. Le biblioteche come servizio per gli amministratori locali, a cura di Silvia Falci, testi di Susanna Albanesi, Olimpia Bartolucci, Sonia Berrettini, Graziella Casarin, Alessandra Cornero, Piero Cavaleri, Alessandra Ensoli, Silvia Faloci, Giulio Stumpo, Fernando Venturini, Laura Zanella, Roma, Associazione Italiana Biblioteche, 2009, p. 77-83. 10 Gli atti sono pubblicati in: Dalle pubblicazioni ufficiali alla documentazione di fonte pubblica: il ruolo delle biblioteche tra controllo bibliografico e diffusione dell’informazione, Giornata di studio promossa dalla Biblioteca della Camera in collaborazione con l’Associazione italiana biblioteche, Roma, 23 ottobre 1998, Roma, Camera dei deputati, 2000. Il programma della giornata di studi e i testi di alcuni degli interventi sono disponibili sul sito dell’Aib all’indirizzo: http://www.aib.it/aib/commiss/pubuff/giornata.htm

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trattamento, alla conservazione, alla diffusione e alle tecniche di recupero dei documenti testuali o grafici.11 (neretto nel testo)

Il processo di definizione è dunque compiuto: come ricorda il titolo della giornata, da

‘pubblicazioni ufficiale’ − attraverso le espressioni intermedie ‘pubblicazioni di fonte

istituzionale’ e ‘informazione di fonte pubblica’ − il gruppo di studio approda a

‘documentazione di fonte pubblica’ come scelta terminologica definitiva.

Si tratta di uno slittamento semantico in cui sono precisati di volta in volta i termini della

questione: in primis la ‘fonte’ come responsabilità autoriale, la cui identificazione ha anche

una funzione catalografica utile ai fini del controllo bibliografico; poi la scelta del più

ampio aggettivo ‘pubblica’ in luogo di ‘istituzionale’; infine il legame con lo statuto

disciplinare della Documentazione nel cui ambito ricadono dati e documenti a prescindere

dalla tipologia, non necessariamente convenzionale, nonché dal supporto, cartaceo o

digitale, in cui si manifestano12.

Come spiega Fernando Venturini nell’intervento alla giornata di studi − e poi, due anni

dopo, nella relazione presentata al Convegno L’informazione pubblica nella società

dell’informazione − la scelta terminologica riflette uno sguardo d’insieme in cui ricadono

due questioni fondamentali: «da un lato l’evoluzione del rapporto tra amministrazioni e

cittadini e l’emergere di diritti generali all’informazione e all’accesso; dall’altro

l’innovazione tecnologica»13. L’impatto della Rete nella produzione e diffusione della

documentazione di fonte pubblica è peraltro un tema ricorrente del corso della giornata,

tanto che su di esso di concentrano due interventi specifici: La documentazione elettronica

di fonte pubblica nell’era di INTERNET di Nicola Palazzolo e La documentazione

normativa in rete di Gabriele Gatti14.

11 Fernando Venturini, Relazione introduttiva, http://www.aib.it/aib/commiss/pubuff/venturin.htm 12 Lo statuto e gli ambiti di ricerca della Documentazione sono stati esaminati nel contributo di Paola Castellucci, Eredità e prospettive per la documentazione in Italia, “Bollettino AIB”, 47, 3, 2007, p. 239-254. Di Paolo Bisogno, fondatore della disciplina in Italia, si ricorda in particolare: Teoria della documentazione, Milano, Franco Angeli, 1980. Per un approfondimento sul percorso intellettuale e professionale di Paolo Bisogno si segnala: Paola Castellucci, Paolo Bisogno: la precoce fondazione della disciplina della Documentazione, “AIDA Informazioni”, 21, 3, luglio-settembre 2003, p. 59-70; Ead., Perché rileggere un classico (Paolo Bisogno, 1999-2009), in Sinergie invisibili. Ricerca e Informazione Scientifica nell’Economia della conoscenza, a cura di Carla Basili, Roma, CNR, 2010, p. 113-156. 13 Fernando Venturini, La documentazione di fonte pubblica e le biblioteche cit. 14 Si citano qui i titoli degli altri interventi: Paola Geretto, La documentazione statistica; Alberto Petrucciani e Paolo Traniello, Il controllo bibliografico in Italia tra passato, presente e futuro; Grazia Vecchio, La documentazione di livello regionale; Giuliano Vigini, L’editoria pubblica nel contesto italiano; Giuseppe Vitiello, Il panorama internazionale. Alcuni testi integrali delle relazioni sono il Rete alla pagina: http://www.aib.it/aib/commiss/pubuff/giornata.htm Nicola Palazzolo è stato direttore dal 1996 al 2001 dell’ Istituto di Teoria e Tecniche dell’Informazione Giuridica del C.N.R. di Firenze (ITTIG). Tra le attività dell’ente si ricorda in particolare la IX Conferenza internazionale “Il diritto in Internet - Law via the Internet. Accesso libero, qualità dell’informazione, effettività dei diritti” tenutasi a Firenze il 30 e 31 ottobre 2008.

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Valutare le ricadute di Internet sulla documentazione di fonte pubblica diventa presto uno

dei principali focus di ricerca del gruppo di studio, come dimostra il testo Linee di lavoro, a

cura di Fernando Venturini, disponibile proprio dal 1998 nella relativa pagina web del sito

dell’Aib. Rispetto al documento fondativo del gruppo, pur ribadendo gli obiettivi iniziali,

l’attenzione al nuovo paradigma tecnologico assume un peso determinante:

Si tratta di valutare per l’Italia gli effetti delle nuove tecnologie sui tradizionali canali di diffusione delle informazioni di fonte pubblica. Sia negli stati che hanno una struttura tendenzialmente centralizzata (Stati Uniti) sia negli stati, come la Francia, a diffusione policentrica, ci si pone il problema di definire una politica coerente e integrata tra fonti tradizionali a stampa e fonti in formato elettronico e si valuta l’impatto di INTERNET sull’utilizzo di queste ultime. La questione è molto ampia e coinvolge problemi giuridici, organizzativi, tecnici che devono essere considerati anche dai bibliotecari e dai documentaristi che operano nel settore15.

All’inizio del 1998 prosegue inoltre l’incremento del repertorio on-line, che nel frattempo

ha assunto la denominazione di DFP (acronimo appunto di documentazione di fonte

pubblica) e attorno a cui si è costituita una redazione composta da alcuni componenti del

gruppo di studio (Fernando Venturini, Grazia Vecchio, Maurella Della Seta) e altre due

bibliotecarie: Graziella Casarin della Biblioteca comunale di Fiesole e Alessandra Ensoli

della Biblioteca dell’APAT16.

Nel maggio 1998, in occasione del seminario AIB-WEB Per un’integrazione delle risorse

in Rete, Fernando Venturini fa il punto della situazione: la redazione DFP è ora costituita

da otto redattori (se ne sono aggiunti, nel frattempo, tre) e il repertorio viene descritto in

questi termini:

Le caratteristiche della pagina “Documentazione di fonte pubblica in rete” sono abbastanza semplici . Si tratta di un elenco di link commentati, di uno schedario. Le schede sono suddivise in due sezioni, quella relativa all’informazione di carattere generale (ad es. le gazzette ed i bollettini ufficiali) e quella relativa all’informazione di settore (ad es. ambiente, istruzione). L’accento è posto − soprattutto per quanto riguarda la sezione generale − non tanto sui siti quanto sulle risorse disponibili in termini di archivi e raccolte documentarie accessibili dall’utente remoto. Segue poi una parte − curata da Alessandra Ensoli − che costituisce un repertorio alfabetico dei siti pubblici (una semplice lista di URL) suddivisi secondo la categoria dei vari enti. La pagina è cresciuta abbastanza rapidamente ed è giunta ad una dimensione che probabilmente impone una strutturazione in più file. La stessa organizzazione delle schede che ho appena descritto suggerisce una suddivisione abbastanza agevole in tre pagine17.

15 http://www.aib.it/aib/commiss/pubuff/obiettiv.htm 16 L’APAT (Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici) è stata successivamente assorbita dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) 17 Fernando Venturini, Per una guida ai documenti pubblici sul WEB, relazione presentata in occasione del seminario AIB-WEB Per un’integrazione delle risorse di Rete, Roma, 27 maggio 1998, disponibile in AIB-WEB all’indirizzo: http://www.aib.it/aib/commiss/cnur/awvent.htm

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La struttura originaria di DFP, composta di due grandi categorie, è dunque impostata in

un’ottica catalografica, così da richiamare l’idea di uno schedario. Al contempo però, man

mano che il repertorio cresce come esito di un lavoro collaborativo, DFP si configura

anche quale laboratorio di ricerca, punto di osservazione privilegiato dell’impatto di

Internet sulla documentazione di fonte pubblica in Rete.

Il successo di DFP, come spiega Fernando Venturini nel suo intervento al seminario AIB,

conferma infatti tre concetti chiave a cui il gruppo di studio è nel frattempo pervenuto: «il

superamento del concetto di pubblicazione ufficiale, l’importanza delle biblioteche come

strumento di accesso del cittadino all’informazione pubblica, il ruolo di Internet come

mezzo di diffusione dei dati pubblici.»

Proprio sulla base di tale riflessione, il gruppo di studio sulle Pubblicazioni Ufficiali inizia

a maturare l’idea di condurre un’indagine sulla diffusione della documentazione di fonte

pubblica nelle biblioteche italiane, con cui rilevare sia il ricorso a tale tipologia

documentaria nel reference, sia i bisogni informativi espressi dagli utenti. Il progetto inizia

a prendere corpo nel 1999, sostenuto della collaborazione con l’ISTAT e con le università

di Perugia, Firenze e Trento impegnate nella ricerca interuniversitaria L’informazione

amministrativa e la comunicazione pubblica nei rapporti tra P.A. e cittadino coordinata da

Francesco Merloni18.

Nello stesso anno il gruppo di studio sulle Pubblicazioni Ufficiali partecipa per conto

dell’AIB alla consultazione pubblica indetta dalla Commissione Europea in seguito alla

pubblicazione nel gennaio 1999 del Libro verde sull’informazione del settore pubblico

nella società dell’informazione19.

Vale la pena sottolineare che l’unico altro soggetto italiano intervenuto alla consultazione,

nel silenzio generale delle amministrazioni statali, sia stato l’Ancitel, società

dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) che affianca dal 1987 gli enti locali

nella gestione dei processi informatici.

Le osservazioni del gruppo di studio sulle Pubblicazioni Ufficiali, con data al 31 maggio e

pubblicate sul sito dell’AIB a giugno 1999, riguardano la definizione di settore pubblico, le

categorie di informazione considerate di maggiore interesse collettivo, i diritti di accesso,

nonché l’utilizzo dei metadati per il recupero documentale in Rete.

Per quanto riguarda il primo punto, in continuità con la riflessione terminologica, viene

proposto un approccio di tipo normativo, che possa dunque facilitare l’individuazione degli

stessi soggetti pubblici nazionali produttori di documenti, per i quali viene inoltre suggerita

18 Francesco Merloni è professore ordinario di Diritto amministrativo presso l’Università di Perugia. 19 Cfr. capitolo primo.

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la creazione di elenchi strutturati − come recita il documento − «in relazione ai diversi

doveri di diffusione ed accesso»20. Una posizione altrettanto chiara è assunta rispetto alle

categorie considerate di interesse collettivo. In proposito il gruppo specifica l’importanza

delle seguenti tipologie di documenti, ritenute determinanti per l’esercizio dei diritti di

cittadinanza:

a) informazione giuridica in quanto informazione relativa alle decisioni pubbliche (leggi, regolamenti, sentenze, ecc.) a tutti i livelli amministrativi (centrale, regionale, locale). b) informazione relativa ai documenti preparatori delle decisioni pubbliche (atti parlamentari, documenti preparatori come libri bianchi e rapporti di commissioni di studio, documenti di indirizzo e programmazione) c) informazione statistica d) informazione scientifica, soprattutto se relativa a tematiche che coinvolgono la vita dei singoli come la sanità e l’ambiente.

In merito al diritto di accesso, diversamente regolamentato negli Stati membri, si ritiene

necessario affermare il criterio della diffusione − o disponibilità − direttamente garantita

dai soggetti pubblici interessati. Nel trattare il quarto punto infine, il documento cita

l’esperienza DFP:

Per quanto riguarda il tema delle raccolte di metadati si ritiene che sia necessaria un’iniziativa europea per la costruzione di un catalogo dei repertori di informazione pubblica (una sorta di catalogo dei cataloghi) anche per favorire il confronto tra le esperienze sviluppate nelle diverse realtà nazionali e per facilitare il coordinamento spontaneo tramite la reciproca conoscenza. L’Associazione italiana biblioteche - in assenza di analoghe iniziative pubbliche - ha sviluppato sul proprio WEB un repertorio della documentazione di fonte pubblica (DFP: Documentazione di fonte pubblica in rete) all’indirizzo: <http://www.aib.it/aib/commiss/pubuff/guida.htm> Tale repertorio cerca di monitorare l’offerta di servizi o di raccolte di documenti di fonte pubblica con particolare attenzione alla documentazione giuridica. L’obiettivo è fornire un qualche supporto ai bibliotecari italiani nell’individuazione delle informazioni pubbliche disponibili sulla rete.

Si tratta di una definizione ulteriore del neonato repertorio DFP, che trova così ragione di

essere anche alla luce del dibattito europeo sull’informazione pubblica suscitato dal Libro

Verde. Alla fine del 1999, nella grafica spartana che caratterizza il sito AIB-WEB in cui il

repertorio è ospitato21, a richiamare, ancora, l’idea dello schedario, DFP si presenta così:

20 Il documento Il libro verde sull’informazione del settore pubblico nella società dell’informazione: Osservazioni a cura dell’Associazione italiana biblioteche - Gruppo di studio sulle pubblicazioni ufficiali è consultabile in Rete all’indirizzo:http://www.aib.it/aib/commiss/pubuff/librov.htm Si veda anche: Maria Luisa Ricciardi, AIB Programma Info 2000. L’informazione del settore pubblico nella società dell’informazione cit. 21 Cfr: Franco Carlini, Lo stupore di Tim, l’inventore, “Il Manifesto”, 19 novembre 2000, p. 9. L’articolo recita: «[...] Sul fronte opposto altri cercano un purismo eccessivo e persino estremista: un esempio totale è il sito, ottimo per contenuti e servizi, dell’associazione italiana dei bibliotecari (www.aib.it) che definire spartano sarebbe persino eccessivo».

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Figura 3 - http://www.aib.it/aib/commiss/pubuff/guida.htm, Internet Archive - snapshot 13 ottobre 1999

Lo sviluppo di DFP segue dunque di pari passo la riflessione teorica del gruppo di studio,

rappresentandone costantemente la manifestazione concreta.

È interessante notare quanto questo stretto legame tra teoria e pratica rifletta in realtà un

approccio proprio della disciplina documentaria. Come scrive Paolo Bisogno in Teoria

della Documentazione infatti: «l’individuo ha bisogno di attingere al patrimonio comune

nella differenziazione degli interessi e il compito di esaminare, analizzare, rendere

accessibile la somma delle multiformi conoscenze è proprio della documentazione, che si

fa scienza per conoscere e tecnica per far conoscere»22.

Proprio nel clima di interesse europeo alla documentazione pubblica in Rete suscitato dalla

pubblicazione del Libro Verde, si svolge nel 2000 a Roma dal 23 al 24 novembre il

convegno internazionale L’informazione e la comunicazione pubblica nella società

dell’informazione. Organizzato dalle università di Perugia, Firenze e Trieste con l’obiettivo

di presentare i primi esiti della ricerca L’informazione amministrativa e la comunicazione

pubblica nei rapporti tra P.A. e cittadino, l’evento vede la collaborazione del Consiglio

Nazionale delle Ricerche, che ospita il convegno nella sede di Roma, nonché del gruppo di

studio AIB sulle pubblicazioni ufficiali.

22 Paolo Bisogno, Teoria della documentazione cit., p. 17

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La prima giornata − introdotta dal responsabile della ricerca interuniversitaria Francesco

Merloni dell’Università di Perugia − affronta il tema in una prospettiva giuridica con la

sessione L’informazione pubblica, a cui partecipano Dieudonné Mandelkern del Conseil

d’Etat di Francia, Pasquale Costanzo dell’Università di Genova e Domenico Sorace

dell’Università di Firenze.

La seconda giornata si apre invece con due sessioni in parallelo: Gli strumenti per la

circolazione delle informazioni: La RUPA e le reti civiche introdotta da Enrico Carloni23 e

Gaetano Palombelli24 e la La documentazione di fonte pubblica: biblioteche, archivi,

editori pubblici moderata dallo stesso coordinatore del gruppo AIB sulle pubblicazioni

ufficiali Fernando Venturini. A quest’ultima sessione intervengono peraltro − oltre a Brian

M. Hall (Birminghan University), Maria Guercio25 e Nicola Palazzolo − la coordinatrice

della Commissione AIB sulle biblioteche pubbliche Elena Boretti e Paola Geretto,

componente del gruppo sulle pubblicazioni ufficiali dal 1995.

Il convegno prosegue poi con la sessione pomeridiana La comunicazione pubblica,

introdotta dal responsabile della ricerca per l’Università di Trento Gregorio Arena, alla

quale intervengono Joaquin Tornos Mas (Università di Barcellona) e Gaetano Azzariti

(Università di Perugia). La giornata di studi si chiude infine con la tavola rotonda Le

pubbliche amministrazioni della Società dell’Informazione in cui dibattono, moderati da

Francesco Merloni e Gregorio Arena, Raffaele Cananzi (Sottosegretario di Stato,

Dipartimento Funzione Pubblica),Vannino Chiti (Sottosegretario di Stato, Dipartimento

per l’informazione e l’editoria), Ugo De Siervo (Garante per la protezione dei dati

personali), Guido Rey (Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione) e

Alberto Zuliani (Istituto nazionale di statistica).

La multidisciplinarietà degli interventi organizzati in un programma serrato danno la

misura del confronto tra ambito accademico e ambito istituzionale, in cui le biblioteche e

gli archivi, insieme agli enti locali, si configurano come la nervatura ideale per pilotare

promesse e criticità della documentazione di fonte pubblica nel nuovo scenario, tanto

dibattuto proprio a inizio millennio, della cosiddetta ‘società dell’informazione’.

In tutto ciò il gruppo di studio AIB sulle pubblicazioni ufficiali gioca un ruolo di portavoce

dalla comunità dei bibliotecari e dei documentaristi anche in virtù dell’esperienza DFP e

del percorso di ricerca teorica avviato a metà degli anni Novanta.

23 Docente di Diritto della comunicazione pubblica, Università di Perugia. 24 Dottore di ricerca in Diritto Pubblico, Università di Perugia. 25 Docente di archivistica, di gestione informatica degli archivi e di teoria e tecnica dell’ordinamento e della descrizione archivistica, Università di Urbino.

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L’intervento di Fernando Venturini rielabora infatti alcuni concetti a cui è pervenuta

l’attività del gruppo per spingersi nella formulazione di ipotesi sulla funzione possibile

delle biblioteche di base, universitarie e amministrative, nel favorire la disponibilità

collettiva della documentazione di fonte pubblica accessibile in Internet.

La relazione dell’intervento −La documentazione di fonte pubblica e le biblioteche −

pubblicata in Rete nel dicembre 200026, si articola in tre punti: concetti di base e contesto;

disponibilità della documentazione di fonte pubblica in Rete; ruolo delle biblioteche e dei

professionisti dell’intermediazione documentale.

Un primo chiarimento riguarda proprio la questione terminologica, su cui come abbiamo

visto il gruppo di studio si è soffermato nella prima fase della sua attività:

Sul piano terminologico ci sembra preferibile utilizzare l’espressione “documentazione di fonte pubblica” rispetto all’alternativa “informazione del settore pubblico”. Documentazione (intesa come documenti e dati) è espressione ancorata alle professioni della mediazione documentaria poiché riferita ad un qualche supporto (cartaceo o digitale, locale o remoto) mentre “informazione” oltre ad essere termine più generico che si estende al risultato di comunicazioni verbali, è anche più impegnativo poiché l’informazione, in senso proprio, è il risultato della domanda informativa, cioè un passo ulteriore rispetto al documento che è sempre “strumento” per l’informazione. Per ciò che riguarda la “fonte pubblica” sembra più efficace di “settore pubblico” poiché chiarisce il genitivo del nel senso dell’appartenenza come origine e non riferimento (documenti relativi al settore pubblico sono prodotti anche da privati). Inoltre, settore pubblico è utilizzato nel Libro verde dell’unione europea in un’accezione ricalcata sui settori economici. Altre espressioni sono troppo parziali. Pubblicazione ufficiale, nella lingua italiana, è espressione inutilizzabile poiché destinata ad essere oggetto di continui equivoci e fraintendimenti derivanti dall’accezione giuridica di tale espressione.

Definito l’aspetto terminologico, la disamina prosegue con la messa a fuoco di alcuni

concetti di base – consultabilità, accesso, diffusione, disponibilità – di cui il paradigma

tecnologico e in particolare la Rete rendono necessaria la riformulazione.

Il potere innovativo di Internet è esplicitato nell’ipotesi conclusiva: in quanto «luogo della

disponibilità» permette infatti, potenzialmente, «a tutti i cittadini l’interrogazione degli

archivi pubblici e l’estrazione di informazioni di pubblico dominio».

Ciò non rende solo possibile la trasparenza, ma trasforma nella sostanza il patto

comunicativo tra società civile e istituzioni pubbliche, generando nuove esigenze

informative. Consente pertanto la verifica dei documenti originali su cui si articola il

dibattito pubblico per una partecipazione informata e infine, in quanto strumento di

aggregazione, apre nuovi spazi di espressione e condivisione.

26 Fernando Venturini, La documentazione di fonte pubblica e le biblioteche cit.

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Nell’analisi Internet rimane però luogo potenziale della disponibilità in grado di innescare

processi tanto radicali, affinché diventi fattuale sono infatti necessarie alcune condizioni, in

primis − specifica Venturini − la qualità dei documenti pubblici accessibili in Rete:

La completezza, l’integrità, l’integrazione e la ricercabilità dei documenti pubblici disponibili diventano condizione necessaria per l’esercizio di una cittadinanza consapevole nella società dell’informazione. (neretto nel testo)

L’altra grande questione in gioco è stabilire cosa le istituzioni pubbliche dovrebbero

rendere accessibile, il secondo punto dell’intervento è infatti titolato proprio La

documentazione di fonte pubblica in Internet: cosa è disponibile, cosa dovrebbe essere

disponibile, come renderlo disponibile. Qui Fernando Venturini disegna un quadro delle

politiche statunitensi, britanniche e francesi sull’accesso ai documenti pubblici in Rete, per

soffermarsi poi sulla situazione italiana e sulle iniziative governative messe in atto negli

anni 1999-2000 per lo sviluppo della società dell’informazione.

Il ruolo delle biblioteche e dei profili professionali che vi operano è invece il focus del

terzo e ultimo punto, in cui sono esaminate criticità e potenzialità delle biblioteche

amministrative, universitarie e pubbliche italiane nel trattamento della documentazione di

fonte pubblica in Rete. Se nel processo di trasformazione in corso le prime sono

considerate a rischio isolamento, un maggiore coinvolgimento interessa le biblioteche

universitarie, per loro natura tendenti a sviluppare − almento in riferimento ad alcune

discipline − competenze specifiche rispetto a tale tipologia documentaria, sebbene la loro

azione rimanga comunque confinata all’ambito accademico.

Riguardo alle biblioteche di base l’analisi di Fernando Venturini si concentra sul tema

dell’informazione di comunità, caldeggiata dai principali documenti internazionali sulla

Public Library e che trova ora, nella documentazione di fonte pubblica in Rete, possibilità

di sviluppo del tutto nuove.

L’attenzione si rivolge in particolare all’esperienza britannica formalizzata nel rapporto

inglese del 1997 New Library: the People’s Network27, da cui emergono tre tipologie di

servizi bibliotecari, nell’intervento presentate e commentate, che trovano fondamento

proprio nell’uso della documentazione di fonte pubblica,. La prima è identificata come

Citizens’ information and involvement in society, in cui le biblioteche pubbliche

stabiliscono un rapporto sinergico con le istituzioni a vantaggio del cittadino. In proposito

Venturini scrive:

I contenuti sono dati dalle informazioni relative ai servizi degli enti locali; dai documenti e dai dati relativi allo sviluppo economico e all’allocazione delle risorse; dall’informazione giuridica e amministrativa nazionale e comunitaria; dall’attività dei

27 Il rapporto è disponibile in Rete all’indirizzo: http://www.ukoln.ac.uk/services/lic/newlibrary/

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partiti politici e dei gruppi di pressione. Si potrebbe dire che, in questo modo, la biblioteca pubblica si configura come strumento per l’accesso dei cittadini alle decisioni pubbliche in tutte le loro forme e a tutti i dati e i documenti che contribuiscono, in una società democratica, alla elaborazione di tali decisioni, o alla discussione sulle decisioni già prese e sulle rispettive responsabilità, con particolare riferimento al livello dell’amministrazione locale e regionale. Inoltre, vengono individuati alcuni servizi, tipici di una biblioteca pubblica in rete, non solo per conoscere, tramite l’accesso ai documenti, ma anche per partecipare, utilizzando strumenti e informazioni predisposti dalla biblioteca (contatto con amministratori e politici, assistenza per il selfpublishing , assistenza per l’accesso a consulenze legali e specialistiche). Sul versante delle biblioteche pubbliche come strumenti dell’amministrazione locale, il documento si spinge ancora più in là, individuando servizi tipici di uno “sportello” come l’avvio, in biblioteca, di alcune procedure standard (richieste di licenze o prenotazioni di prestazioni amministrative, ad esempio) fino alla organizzazione di forme di teledemocrazia.

Le altre due tipologie citate nel rapporto inglese sono maggiormente specifiche e risultano

molto incisive per la qualità della vita e lo sviluppo culturale della comunità: la prima −

Business and the economy, training and employment − include infatti la business

information (dal supporto alle piccole imprese alla ricerca di lavoro) mentre la Community

history and community identity affida alla biblioteca di base un ruolo non solo nella

conservazione, ma anche nella diffusione in Rete dei documenti di storia locale.

L’interesse per le biblioteche pubbliche mostrato al convegno coincide con il

contemporaneo impegno del gruppo di studio nell’organizzazione dell’indagine nazionale

sulla diffusione della documentazione di fonte pubblica nelle biblioteche di base. Proprio

nel 2000, infatti, con il supporto della Commissione AIB sulla biblioteche pubbliche28, il

gruppo mette a punto la metodologia e gli aspetti organizzativi della rilevazione, il cui

avvio vero e proprio, inizialmente previsto per settembre 2000, slitterà a causa di disguidi

amministrativi interni all’Istat29.

3.3 Da catalogo a banca dati

Nel 2001 il Gruppo di studio sulle Pubblicazioni Ufficiali, esaurito il proprio ruolo con la

progettazione dell’indagine AIB-Istat, conclude i lavori. I componenti decidono però,

contestualmente allo scioglimento del gruppo, di proseguire l’attività sulla documentazione

di fonte pubblica in Rete come redazione DFP.

28 La Commissione AIB sulle biblioteche pubbliche, attiva dal 1997, è stata coordinata fino al 2003 da Elena Boretti. Proprio sulla base dell’esperienza DFP la commissione ha progettato Segna Web, selezione di risorse di Rete per le biblioteche pubbliche, disponibile nel sito dell’Aib. 29 Rapporto annuale 2000 dell’Associazione italiana biblioteche, a cura di Andrea Paoli, “Aib Notizie”, 13, 6, 2001, p. 2-15. In Rete nel sito dell’AIB all’indirizzo: http://www.aib.it/aib/editoria/n13/01-06paoli.htm Vedi anche: Indagine nazionale sulla diffusione della documentazione pubblica nelle biblioteche italiane, “AIB Notizie”, 12, 7, 2000, p. 19.

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A cinque anni di distanza dalla nascita, DFP si è infatti ulteriormente arricchito con

l’aggiunta di nuove sezioni, tra cui ‘servizi al cittadino’ gestita in collaborazione con la

biblioteca comunale di Fiesole, nonché ‘portali italiani’ e ‘periodici elettronici italiani’

curate della Biblioteca Mario Rostoni della LIUC30.

Il proliferare disordinato di risorse pubbliche in Internet rende peraltro sempre più ostico

l’intento originario di censire le istituzioni in Rete. Il catalogo continua infatti a crescere

richiedendo una nuova organizzazione e dunque la ricerca di una metodologia in grado di

contenere il magma documentale, che appare ora necessario strutturare in categorie ‘meta’.

Nella nota metodologica comparsa per la prima volta in DFP nel 2000 − poi aggiornata

negli anni successivi sulla base delle evoluzioni del repertorio − si legge per l’appunto:

La DFP ha un carattere fortemente selettivo (soprattutto nella parte relativa ai settori). Nel tempo si è sempre più sviluppata come un metacatalogo, cioè un catalogo degli elenchi e dei cataloghi di risorse Internet italiane che, nell'ambito dell'informazione giuridica e amministrativa, sono già presenti sulla rete e come uno strumento per monitorare le tendenze e le politiche informative dei vari enti pubblici nei diversi settori. E' quindi importante non solo la segnalazione di nuove risorse ma anche il costante aggiornamento delle schede in relazione alle modifiche intervenute nei siti recensiti.31 (neretto nel testo)

A differenza della documentazione ufficiale cartacea, la documentazione di fonte pubblica

in Rete si configura infatti come ‘liquida’: mentre nascono nuove risorse, altre

scompaiono o si trasformano radicalmente, e proprio questo continuo cambiamento

diventa indice delle politiche informative, in definitiva delle tendenze con cui il settore

pubblico, più o meno consapevolmente, stabilisce in Rete il patto comunicativo con il

cittadino.

In tutto ciò, una cosa appare molto chiara alla redazione DFP: implementare il repertorio

non è più sufficiente, risulta semmai necessario concentrasi con altrettanta cura

nell’aggiornamento delle risorse già segnalate e descritte.

Nonostante le evidenti difficoltà − che rappresentano comunque una incessante

sollecitazione a proseguire lo studio sulla natura della documentazione in oggetto − DFP

riesce ad imporsi, proprio grazie a un continuo sforzo metodologico, quale valido

strumento di ricerca riconosciuto dalla comunità dei bibliotecari e dei documentaristi.

Nell’edizione 2002 di Biblioteche in Rete. Istruzioni per l’uso, a proposito

dell’informazione giuridica in Rete, gli autori scrivono infatti:

30 Libero Istituto Universitario Carlo Cattaneo. 31 http://web.archive.org/web/20000417014101/http://aib.it/aib/commiss/pubuff/notadfp.htm

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Un punto di partenza molto completo e aggiornato è costituito dalla pagina dedicata alla Documentazione di fonte pubblica in Rete (Dfp) dall'Associazione italiana biblioteche <http://www.aib.it/aib/commiss/pubuff/guida.htm>, coordinata da Fernando Venturini, bibliotecario presso la Camera dei deputati, che ordina e commenta con chiarezza numerose banche dati giuridiche gratuite e tariffate, comprese quelle relative alla “Gazzetta Ufficiale”, molteplici e in continua evoluzione, e quelle della normativa regionale e comunitaria. Attraverso il gateway giuridico dell'Aib sono facilmente raggiungibili anche gli atti parlamentari, la giurisprudenza della Cassazione, del Consiglio di Stato, della Corte dei Conti, della Corte costituzionale, i contratti collettivi di lavoro, le circolari del Consiglio superiore della magistratura e numerose raccolte di documentazione giuridica settoriale (ambiente, fisco, sanità, pubblica istruzione, e via dicendo). Sempre allo stesso indirizzo, inoltre, è disponibile un ampio e aggiornato repertorio di siti delle istituzioni pubbliche italiane.32

Nei primi anni Duemila prosegue l’attività della redazione DFP, mentre vengono resi noti

gli esiti di quanto progettato dal gruppo di studio recentemente sciolto.

Il 2001 si chiude con lo svolgimento dell’indagine nazionale sulla diffusione della

documentazione di fonte pubblica nelle biblioteche di base, di cui i primi risultati, con gli

interventi di Elena Boretti, Paola Geretto, Silvia Milozzi e Fernando Venturini, vengono

presentati il 16 ottobre del 2002 a Bibliocom in occasione del quarantanovesimo congresso

nazionale dell’AIB33.

Sempre nel 2002, a conclusione della ricerca interuniversitaria L'informazione

amministrativa e la comunicazione pubblica nei rapporti tra P.A. e cittadino condotta dalle

università di Perugia, Firenze e Trento con la collaborazione del gruppo AIB sulle

pubblicazioni ufficiali, esce il volume L’informazione delle pubbliche amministrazioni a

cura di Francesco Merloni34.

La seconda parte della pubblicazione − La documentazione di fonte pubblica in rete: nuovi

ruoli per bibliotecari, archivisti, giuristi informativi − è a cura di Fernando Venturini e

raccoglie gli interventi, appositamente rielaborati quale esito della ricerca sulla

documentazione pubblica, al convegno internazionale L'informazione e la comunicazione

pubblica nella società dell'informazione del 2000 di Elena Boretti, Brian M. Hall, Maria

Guercio, Nicola Palazzolo e dello stesso Venturini.

Nello stesso anno, in collaborazione con l’AIB, si costituisce presso la Scuola speciale per

archivisti e bibliotecari dell’Università di Roma La Sapienza (SSAB) un gruppo di lavoro

32 L’informazione giuridica: come orientarsi in Fabio Metitieri, Riccardo Ridi, Biblioteche in Rete. Istruzioni per l’uso cit., p. 213. 33 Il programma del congresso Nuove biblioteche per nuovi bisogni: l’architettura di fronte alle sfide della tecnologia è disponibile in Rete all’indirizzo: http://www.aib.it/aib/com/bc02/programma.htm3 34 L’informazione delle pubbliche amministrazioni, a cura di Francesco Merloni, Rimini, Maggioli, 2002.

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composto di bibliotecari delle pubbliche amministrazioni, i cui primi esiti dell’attività di

ricerca saranno pubblicati nel 200435.

Nel 2003 − il 10 giugno − vengono presentati i risultati definitivi dell’indagine AIB-

ISTAT presso la Biblioteca Sala Borsa di Bologna36. Trattandosi della prima rilevazione

nazionale Istat sulle biblioteche pubbliche, gli esiti vanno oltre l’intento originario del

gruppo di studio, restituendo di fatto un quadro complessivo del servizio bibliotecario

pubblico italiano che susciterà l’interesse della stampa, ma anche molte polemiche37.

L’attività della DFP prosegue contemporaneamente anche oltre i confini nazionali: il

seminario della sezione IFLA Government information and official publications dal titolo

Practitioner training in use and promotion of government information - building the

future: enabling citizen participation in democracy, a cui partecipano Fernando Venturini e

Maurella Della Seta nell’agosto 2003 in occasione della sessantanovesima conferenza

generale dell’IFLA a Berlino, rappresenta proprio l’occasione per dare al repertorio DFP

una visibilità internazionale. La relazione dell’intervento − Information and training

through the net: the experience of DFP (Italian Government Information on the net) −

pubblicata in diverse lingue sul sito dell’Aib, illustra le origini di DFP a partire dal gruppo

di studio sulle pubblicazioni ufficiali, nonché l’obiettivo di offrire uno strumento di ricerca

e formazione rivolto a bibliotecari e cittadini38.

Il 2004 è un anno decisivo per la redazione DFP: la pubblicazione del libro Documenti e

dati pubblici sul web39, a cura di Fernando Venturini e Piero Cavaleri, rappresenta l’esito

di un lavoro cooperativo, raccogliendo gli scritti di parte dei redattori sulla base delle

singole competenze impiegate nella cura del repertorio. La struttura stessa del volume

costituisce una proposta di classificazione della documentazione di fonte pubblica in Rete.

La trattazione inizia infatti con La documentazione giuridica e politica di interesse

generale, curata da Fernando Venturini, per procedere nella seconda parte con sei capitoli,

ciascuno dei quali dedicati a precise tipologie documentarie: L’informazione regionale di

Grazia De Vecchio, L’informazione locale di Graziella Casarin, L’informazione economica 35 Le biblioteche dell’amministrazione centrale in Italia: contributi al dibattito e indagini sui siti web e sulla professione, a cura del gruppo di lavoro SSAB-AIB Lazio, prefazione di Guido Melis, testi di Fernando Venturini, Laura Pochesci, Cinzia Fortuzzi, Maria Pia Scarafoni, Alessandra Cornero, Roma, AIB Sezione Lazio, 2004. 36Si veda il programma dell’incontro Biblioteche pubbliche in Italia: presentazione dei risultati generali sulle biblioteche pubbliche, http://www.aib.it/aib/commiss/cnbp/presaibistat.htm 37 Sull’indagine AIB-ISTAT si tratta in modo più approfondito nel secondo e nel quarto capitolo. 38 Maurella Della Seta, Fernando Venturini, Information and Training Through the Net: the Experience of DFP (Italian Government Information on the Net), “IFLA Journal”, 29, 4, 2003, p. 321-327. Testo della relazione presentata al World Library and Information Congress: 69th IFLA General Conference and Council, Berlino, 1-9 agosto 2003. Il testo, aggiornato al 2006, è pubblicato anche nel volume: Irina Lynden, Jane Y. Wu, Best Practices in Government Information: A Global Prospective, edited on behalf of IFLA by Irina Lynden and Jane Wu, K.G. Saur, München, 2008, p. 174-184. 39 Documenti e dati pubblici sul web. Guida all’informazione di fonte pubblica in rete cit.

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e finanziaria e L’informazione statistica di Laura Ballestra e Piero Cavaleri e infine

L’informazione scientifica: sanità e ambiente di Maurella Della Seta e Alessandra Ensoli.

Di ciascuna tipologia documentale sono esaminate le caratteristiche e le fonti (siti web o

banche dati) disponibili in Internet. La pubblicazione viene pensata in continuità con il

repertorio, tanto che nelle prime pagine si specifica:

Qualunque libro sui fenomeni che si manifestano in Internet è destinato ad invecchiare rapidamente. Perciò, nel testo, si fa continuo riferimento alla guida Dfp: Documentazione di fonte pubblica in rete http://www.aib.it/dfp, nel sito dell’Associazione Italiana biblioteche, a cui gli autori del volume collaborano da molti anni. Le pagine di questo repertorio in rete raccolgono una selezione delle risorse citate e offrono altri strumenti di navigazione guidata tra i siti pubblici. La Dfp può quindi essere utilizzata come «estensione» e come strumento di aggiornamento del volume. (p. 13)

Nel 2004 viene inoltre pubblicato in DFP un commento di Fernando Venturini sugli esiti

dell’indagine nazionale Aib-Istat, in cui, nell’intento di superare le polemiche suscitate

dalla diffusione dei risultati ISTAT, l’autore propone un’interpretazione dei singoli aspetti

− offerta, soddisfazione, uso − che permette di individuare alcune costanti40. Oltre la nota

questione meridionale del servizio bibliotecario di base che l’indagine non manca di

rilevare41, i dati rivelano altri elementi significativi: la documentazione di fonte pubblica

trova un maggiore impiego nelle biblioteche di grandi dimensioni, mentre da parte

dell’utenza si riscontrano maggiori richieste di documentazione locale rispetto alla

documentazione nazionale, europea e internazionale. Inoltre, insieme alle risorse cartacee,

le risorse gratuite in Rete risultano essere le più utilizzate nel reference, a confermare

l’utilità di una guida come DFP.

Nel frattempo DFP si appresta a cambiare forma, superando la struttura del repertorio per

diventare nel novembre 2004 una vera e propria banca dati. Come specificato

nell’aggiornamento della nota metodologia, la pubblicazione del volume Documenti e dati

pubblici sul web chiude una fase pionieristica basata sull’impegno di un numero esiguo di

redattori, la maggior parte dei quali precedentemente coinvolti nel gruppo di studio sulle

pubblicazioni ufficiali42. L’intento, ora, è quello di coinvolgere la comunità di bibliotecari

e documentaristi nell’implementazione e nell’aggiornamento delle risorse. Il processo di

apertura si rivolge soprattutto alle biblioteche istituzionali e specializzate, il cui personale

possiede competenze settoriali per la selezione e la descrizione di documenti riconducibili

40Fernando Venturini, Documentazione di fonte pubblica e biblioteche: una nota di commento (...molto a freddo) sull’indagine nazionale AIB-ISTAT, <http://www.aib.it/aib/contr/venturini1.htm> Sull’indagine ci si sofferma anche nel secondo e nel quarto capitolo. 41 Sul tema si veda: Giovanni Solimine, Il sud delle biblioteche cit.; Id., La biblioteca. Scenari, culture, pratiche di servizio cit., p. 167. 42 Si veda in proposito la nota metodologica, in particolare la sezione SCOUT come strumento di gestione della DFP, all’indirizzo: http://www.aib.it/dfp/nota.htm

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a precisi ambiti tematici. Si tratta di un patrimonio documentale molto vasto − dalla sanità

all’ambiente − che può essere messo a disposizione di tutti mediante la Rete anche grazie

alle biblioteche pubbliche. Il primo risultato tangibile di questa nuova politica è

ovviamente l’ampliamento della redazione: all’inizio del 2005 vi collaborano quattordici

redattori, di cui otto subentrati nel 2004, dopo il passaggio da repertorio a banca dati43. Il

mantenimento tecnico della banca dati DFP è affidato al CILEA,44 mentre il software

scelto per la nuova veste è di tipo open source: Scout Portal Toolkit, sviluppato

nell’ambito del progetto Internet Scout Project dalla University of Wisconsin.

Nel novembre 2004 DFP presenta un duplice accesso: al tradizionale repertorio con

modalità di consultazione ad albero, come nell’immagine che segue si aggiunge la

possibilità di ricerca attraverso la banca dati:

Figura 4 - Internet Archive - snapshot 9 dicembre 2004

Il repertorio − secondo lo schema di classificazione maturato negli anni − risulta

organizzato in dodici voci di primo livello, ognuna delle quali si ramifica in un secondo ed

eccezionalmente in un terzo livello, per un totale di circa centottantasette voci

visualizzabili per intero nell’albero classificatorio. Ogni voce è seguita dal numero di item

corrispondenti, come risulta nella schermata. Le risorse sono catalogate mediante

43 La redazione attuale è composta di ventuno redattori (ventiquattro considerando lo staff Cilea), di cui quattordici subentrati dopo il 2004. Cfr.: http://www.aib.it/dfp/redaz.htm3 44Consorzio Interuniversitario Lombardo per l’Elaborazione Automatica, cfr: http://www.cilea.it/

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l’attribuzione di metadati (titolo, URL, classificazione, descrizione, editore, tipologia, ecc.)

conformi allo standard internazionale Dublin Core.

Al repertorio si affiancano inoltre strumenti di consultazione per specifiche tipologie di

risorse: una tabella per la documentazione giuridica, una per la normativa regionale e

infine una per la documentazione parlamentare. L’intento è quello di rendere agevole e

rapida non solo la ricerca ma anche l’aggiornamento: nella tabella di documentazione

giuridica sul web, ad esempio, i collegamenti utili sono elencati in colonne denominate

‘cercare’ e ‘tenersi aggiornati’:

Figura 5 - Tabella della documentazione giuridica DFP

Internet Archive - snapshot 9 dicembre 2004

L’immediatezza grafica si propone di guidare l’utente nell’individuazione delle fonti

attendibili per il recupero delle risorse normative, la cui presenza frammentaria in Rete è

riconosciuta fin da subito come un ostacolo alla conoscibilità delle leggi. Negli anni

successivi, le tabelle saranno progressivamente aggiornate mantenendo lo schema

originario, tanto da rappresentare nel tempo una costante di DFP.

La banca dati permette invece modalità di ricerca semplice o avanzata. Mediante la

maschera di ricerca avanzata è possibile raffinare l’interrogazione sulla base dei campi

descrittivi Dublin Core, considerando all’occorrenza specifiche caratteristiche della

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documentazione pubblica, quali l’origine, i diritti di accesso, il tipo di risorsa, la lingua e il

formato, come dimostra l’immagine di seguito riprodotta:

Figura 6 – Maschera di ricerca avanzata DFP - Internet Archive - snapshot 9 dicembre 2004

Ciascun redattore, tramite una apposita password, può accedere al sistema per creare nuove

risorse o aggiornare quelle presenti, attenendosi alle Linee guida per la catalogazione delle

risorse contenute nella nota metodologica. Agli utenti non è invece consentito modificare i

record, ma possono consultare e interrogare DFP anche senza identificarsi, mentre è

richiesta una procedura di registrazione per ricevere gli aggiornamenti tramite e-mail45.

3.4 Evoluzione tra teoria e pratica Negli anni successivi la crescita documentale della banca dati − in una continua osmosi tra

teoria e pratica − risulta costantemente accompagnata dalla riflessione sulla natura della

documentazione di fonte pubblica in Rete. A partire dall’inizio del 2006, la rivista

45 La possibilità di accedere alla banca dati DFP senza autenticazione se per un verso rende il sistema privo di barriere, per l’altro non permette di quantificare i reali utenti del servizio. Nel mese di luglio 2011 DFP rilevava 715 utenze registrate.

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Biblioteche oggi ospita una rubrica a cura della redazione DFP titolata L’informazione

pubblica in Rete. Si tratta di uno spazio editoriale in cui i redattori affrontano in brevi

articoli caratteristiche e criticità di specifiche tipologie documentali su temi di interesse

collettivo, dall’ambiente alla sanità, dall’economia alla politica, con l’intento di guidare il

lettore verso un utilizzo critico e consapevole della documentazione pubblica accessibile in

Internet46.

Nel contempo l’ideazione o anche la semplice partecipazione a seminari e convegni sul

tema della documentazione di fonte pubblica in Rete continuano a rappresentare per la

redazione DFP occasioni di confronto con gli ambiti più diversi, dalle biblioteche

istituzionali, universitarie e pubbliche alle amministrazioni locali47. Sull’argomento si

progettano in particolare seminari d’aggiornamento per bibliotecari48, e proprio in questo

ambito si tiene nel febbraio 2006 la prima edizione del corso gratuito Parlamento in

biblioteca. Documentazione parlamentare e fonti normative per il reference in biblioteca:

strumenti e metodi, organizzato dall’Aib in collaborazione con le biblioteche di Camera e

Senato. Nel 2006 vi partecipano venti bibliotecari di ente locale. L’appuntamento si è poi

rinnovato con cadenza annuale, anche se, a differenza della prima in cui l’attività formativa

era esplicitamente rivolta a bibliotecari pubblici, le edizioni successive, aperte a tutte le

tipologie di bibliotecari, sono state prevalentemente caratterizzate dalla frequenza di

bibliotecari universitari. Ciò a rivelare l’interesse marginale del settore bibliotecario

pubblico nei confronti di una tipologia documentaria spesso pregiudizialmente considerata

troppo specialistica per catalizzare l’interessare del cittadino49.

46 Per l’elenco degli articoli pubblicati nella rubrica DFP della rivista “Biblioteche oggi” si veda: http://www.biblio.liuc.it/scripts/biblogginj/ricerche.asp?tipo=rubrica&rubrica=11 Tra i titoli pubblicati se ne segnalano alcuni a titolo di esempio: Laura Ballestra, Gli annuari on-line Istat, “Biblioteche oggi”, 22, 2, 2006, p. 114-115; Piero Cavaleri, Rapporti annuali delle camere di commercio sulle condizioni economiche locali, “Biblioteche oggi”, 23, 2, 2007, p. 102-103; Cinzia Fortuzzi, La Relazione unificata sull’economia e la finanza pubblica (RUEF), “Biblioteche oggi”, 24, 7, 2008, p. 50-51; Alessandra Ensoli, Valutazione di impatto ambientale (VIA), “Biblioteche oggi”, 27, 3, 2009, p. 58-59. 47 Si ricordano in particolare: l’intervento Documenti e dati pubblici in rete: note da un punto di vista bibliotecario di Fernando Venturini al Forum PA del 2005; il seminario dell’Aib in collaborazione con la Sezione Lombardia e il Comune di Milano Le fonti informative della pubblica amministrazione: siti istituzionali e documentazione di fonte pubblica del 15 maggio 2006 presso la Biblioteca comunale centrale di Milano; il seminario Documentazione di fonte pubblica e servizi al cittadino, a cura del Consiglio della Regione Umbria ed AIB Sezione Umbria in collaborazione con l’Assessorato ai beni e alle attività culturali della regione Umbria tenutosi a Perugia il 26 settembre 2006. 48 È il caso del seminario d’aggiornamento rivolto ai bibliotecari organizzato in collaborazione con la Biblioteca universitaria di Bolzano: La documentazione di fonte pubblica per il reference: l’informazione economica, statistica e giuridica in rete tenutosi il 19 aprile 2006 presso la Biblioteca universitaria di Bolzano, con la docenza di Laura Ballestra e Piero Cavaleri. 49 L’accesso ai nominativi dei bibliotecari che hanno seguito il corso nel 2006 mi ha permesso di effettuare l’indagine presentata nel quarto capitolo. Con la partecipazione all’edizione 2009 ho avuto modo di confrontarmi con bibliotecari impegnati a diverso titolo nell’utilizzo della documentazione di fonte pubblica in Rete nel servizio di reference. Per un resoconto dell’esperienza si veda: Cinzia Mescolini, Resoconto del corso “Il Parlamento in biblioteca” (2-4 dicembre 2009), newsletter “Minervaweb”, 27, 2010, http://www.senato.it/relazioni/21616/48230/278878/278887/278888/genpagina.htm

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Nel 2007 la DFP celebra i primi dieci anni di attività, caratterizzati dunque non solo dalla

crescita della banca dati ma anche da numerose attività formative e di approfondimento,

con una giornata di studio − L’informazione pubblica dalla produzione alla disponibilità −

che si tiene a Roma il 23 novembre50. Uno degli obiettivi prioritari risiede nel presentare,

discutere e diffondere un documento di indirizzo redatto dalla redazione DFP, Stato e

necessità della documentazione di fonte pubblica in rete, quale esito della pluriennale

attività del gruppo. Al programma serrato della giornata, che si apre con l’intervento della

senatrice Beatrice Magnolfi, allora senatore dell’Ulivo e sottosegretario di Stato per le

riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, partecipano, oltre ad alcuni

redattori di DFP, esponenti di ambito sia universitario che istituzionale51.

Come avvenuto nel 2000 in occasione del convegno L’informazione e la comunicazione

pubblica nella società dell’informazione, il mondo della ricerca e quello istituzionale

tornano a confrontarsi sul tema. Ora però non si tratta più di trovare definizioni adeguate,

distinguere tra documentazione e informazione, prefigurare nuovi scenari di trasparenza,

semmai l’obiettivo è ragionare − dieci anni dopo la nascita di DFP e a partire dal

documento di indirizzo proposto − sulla effettiva disponibilità documentale in Internet,

nonché sulle ricadute sociali dell’accesso. In entrambe le sessioni − Informazione di fonte

pubblica e società e Informazione di fonte pubblica e la rete − una parola chiave, già nei

titoli degli interventi, risulta essere non a caso ‘democrazia’: La documentazione di fonte

pubblica per la democrazia economica di Lapo Berti; Informazione statistica e

democrazia : come evitare la confusione informativa nell'era di Internet? di Enrico

Giovannini e ancora La documentazione di fonte pubblica in rete come base per forme di

democrazia partecipata di Gino Roncaglia.

Un tema nuovo nell’ambito delle pubbliche amministrazioni è certamente l’Open Access,

le cui origini in ambito accademico non impediscono una possibile applicazione nel settore

istituzionale, come specifica Paola Galimberti – Direttrice della Biblioteca di Scienze

dell'antichità e Filologia moderna dell'Università di Milano – nel suo intervento L’Open

Access nella pubblica amministrazione52. Anche questa, come tutte le altre questioni

50 Il programma è disponibile all’indirizzo: http://www.aib.it/dfp/c0711.htm3 Gli atti dell’evento non sono mai stati pubblicati, né in Rete né a stampa. Per un resoconto della giornata di veda: Virginia Gentilini, L’informazione pubblica dalla produzione alla disponibilità, “AIB Notizie”, 20, 2, 2008, p. 22-23. 51 Della redazione DFP partecipano: Fernando Venturini, che presenta il documento di indirizzo, Piero Cavaleri, Maurella della Seta e Alessandra Ensoli; dal mondo accademico: Francesco Merloni e Enrico Carloni (Università di Perugia) Gino Roncaglia (Università della Tuscia) Paola Galimberti (Università di Milano) e Riccardo Ridi (Università Ca’ Foscari di Venezia); dall’ambito istituzionale: Lapo Berti (Autorità garante della concorrenza e del mercato) Enrico Giovannini (OECD) e Francesco Tortorelli (CNIPA). 52 Paola Galimberti, Open Access e Pubblica Amministrazione, slides presentate nella giornata di studio in occasione del decennale del repertorio DFP (1997-2007), L’informazione pubblica dalla produzione alla disponibilità, Roma, 23 novembre 2007, http://eprints.rclis.org/12343/

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trattate nel convegno, trovano riscontro nel documento di indirizzo DFP, Stato e necessità

della documentazione di fonte pubblica in rete53, sul quale è qui opportuno soffermarsi.

Il documento, dopo un brevissima presentazione delle origini e gli obiettivi di DFP che,

come è sottolineato − «opera affinché la distribuzione dei documenti di fonte pubblica su

web ne accresca l’utilizzo tra i non addetti ai lavori e migliori le attività di reference nelle

biblioteche e nei centri di documentazione» − si articola in cinque sezioni.

La prima, titolata Premesse, è composta di sette punti elencati numericamente, in cui si

evidenzia in primis l’importanza sul piano sociale, politico, economico e culturale della

documentazione pubblica, intesa come «L’insieme dei dati e dei documenti raccolti,

prodotti e gestiti dalla pubblica amministrazione nell’esercizio delle proprie attività

istituzionali». L’obiettivo del documento, come della stessa attività di DFP, è esplicitato

nel punto due: «riportare al centro del dibattito sull’e-government il tema dell'informazione

e dei documenti prodotti dalle istituzioni, al di là del loro utilizzo per fini economici o per

fini di efficienza amministrativa».

L’ottica è dunque chiara e coincide con l’interesse per l’aspetto documentale che

caratterizza la comunità dei bibliotecari e dei documentaristi da cui DFP proviene e a cui si

rivolge. Ciò consente di porre l’accento sui contenuti delle amministrazioni in Rete e non

sulla loro presenza nel Web con siti-vetrina, dunque di auspicare una trasparenza intesa

come accessibilità documentale sui processi istituzionali e amministrativi.

La documentazione istituzionale, in questa ottica, è fondamentalmente materia prima per

una partecipazione informata, pertanto la sua disponibilità in Rete deve essere tutelata da

logiche di privatizzazione con un approccio analogo all’Open Access, come espresso nel

documento:

7. La disponibilità di banche dati e documenti di fonte pubblica bilancia i fenomeni di privatizzazione dell’informazione in rete e agisce a vantaggio non solo del cittadino ma di tutti i soggetti che mediano tra cittadini e documenti pubblici (giornalisti, bibliotecari-documentalisti, professioni giuridiche, burocrazie), dell’associazionismo, delle organizzazioni non profit, del mondo della ricerca. L’interesse della comunità dei bibliotecari-documentalisti per l’informazione pubblica in rete è direttamente legato all’importanza che hanno i contenuti di qualità liberamente accessibili – presenti in rete – ai fini della soddisfazione dei bisogni informativi dei cittadini, ai fini della formazione continua, ai fini dello sviluppo di biblioteche digitali tematiche, ai fini dell’educazione alla conoscenza delle istituzioni pubbliche e alla partecipazione democratica.

53 Stato e necessità della documentazione di fonte pubblica in rete, documento di indirizzo della Redazione DFP presentato in occasione della giornata di studio per il decennale del repertorio DFP Documentazione di fonte pubblica in rete 1997-2007, Roma, 23 novembre 2007. http://www.aib.it/dfp/c0711d.htm3. Anche in “Biblioteche oggi”, 23, 8, 2007, p. 102-105.

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In particolare, la comunità dei bibliotecari-documentalisti ha interesse che gli enti pubblici coltivino una politica di accesso aperto ai documenti realizzati grazie alle risorse del gettito fiscale secondo un approccio simile a quello sviluppato in ambito accademico tramite il movimento Open Access, contro i rischi di “privatizzazione” o di mero sfruttamento economico dell’informazione pubblica.

Le sezioni successive, elencate alfabeticamente, raggruppano una serie di raccomandazioni

in ambiti specifici dirette alle pubbliche amministrazioni: A. Raccomandazioni di carattere

generale e relative ai documenti; B. Raccomandazioni relative ai siti istituzionali; C.

Raccomandazioni relative all'informazione giuridica e amministrativa; D.

Raccomandazioni relative all'informazione statistica.

Ciascuna sezione evidenzia in forma di elenco i nodi cruciali della documentazione

pubblica in Rete: cosa deve essere disponibile e come, dai contenuti al copyright54. Il

documento di indirizzo DFP si propone dunque in forma di linee guida, a cui le pubbliche

amministrazioni dovrebbero attenersi perché Internet possa davvero intendersi come

«luogo della disponibilità»55.

Le raccomandazioni sono di fatto l’esito delle riflessioni emerse nel decennale lavoro di

selezione e catalogazione di documenti pubblici in Rete, con cui la redazione DFP, erede

del gruppo di studio sulle Pubblicazioni Ufficiali, ha creato e fatto crescere il repertorio,

poi evoluto in banca dati. DFP si configura dunque in quest’ottica come un laboratorio, in

cui – citando ancora Paolo Bisogno – la Documentazione si fa «scienza per conoscere e

tecnica per far conoscere».

3.5 DFP come laboratorio per la presente attività di ricerca

Dopo il momento celebrativo del decennale si avvia una profonda fase di rinnovamento per

DFP: nell’ottobre 2009 la banca dati assume una nuova veste grafica con il trasferimento

nella piattaforma CWIS (Collection Workflow Integration System), evoluzione del software

open source Scout Portal Toolkit. Dopo la migrazione in CWIS, DFP appare il 2 ottobre

2009 nel seguente modo:

54Per quanto riguarda il copyright Il documento recita: «si raccomanda che l’informazione pubblica disponibile in rete non sia coperta da copyright oppure utilizzi licenze libere.» 55Alcuni principi elaborati nel documento di indirizzo, tra cui proprio la raccomandazione a coltivare una politica di accesso aperto ai documenti secondo un modello analogo a quello Open Access attraverso la creazione di repository istituzionali, sono stati recepiti dalla Linee Guida per i siti web della PA, documento previsto dalla direttiva del ministro Renato Brunetta n. 8 del 26 novembre 2009 per la razionalizzazione dei siti web pubblici. La versione definitiva delle Linee guida è stata rilasciata il 26 luglio 2010. La redazione DFP ha infatti partecipato alla consultazione pubblica on-line per la stesura della versione preliminare con gli interventi di Alessandra Ensoli, Fernando Venturini e Piero Cavaleri. La consultazione si è svolta per due mesi in un apposito forum aperto sul sito del Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione. Il documento è consultabile all’indirizzo: http://www.innovazionepa.gov.it/media/668413/linee%20guida%20siti%20web%20pa_2010.pdf

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Figura 7 – DFP in CWIS http://dfp.aib.it/index.php

In seguito all’attività di redattrice DFP iniziata nell’aprile dello stesso anno, oltre a

sperimentare le dinamiche di implementazione e manutenzione svolte in modalità

cooperativa, mi è stato possibile assistere personalmente a questa nuova fase di vita del

portale56. La versione aggiornata del software presenta alcune caratteristiche che

permettono un maggiore grado di interazione con l’utenza, orientando la ricerca e la

consultazione dei dati verso lo sfruttamento delle potenzialità del web 2.0.

Come nella versione precedente, la ricerca dei documenti può essere effettuata in modalità

semplice o avanzata, utilizzando le maschere indicate in alto a destra della home page,

oppure sfogliando la classificazione. L’interfaccia di ricerca avanzata ricalca quella di

Scout Portal Toolkit, permettendo di raffinare l’interrogazione sulla base dei campi di

descrizione Dublin Core:

56 Nello specifico il mio intervento ha riguardato sia la revisione delle 1267 schede allora contenute nella banca dati, sia la collaborazione nel luglio 2009 con Piero Cavaleri, redattore DFP dal 2000 e Andrea Marchitelli, dello staff Cilea, nella traduzione dall’inglese delle pagine statiche di CWIS, in particolare per la sezione “Aiuto” destinata all’utenza. Il processo di migrazione in CWIS e le attività connesse della redazioni DFP sono descritte in: Piero Cavaleri, Il nuovo database di DFP, “Biblioteche oggi”, 27, 10, 2009, p. 55-58. A cura dello stesso autore si segnala inoltre: DFP: documentazione di fonte pubblica in rete, in Rapporto sulle biblioteche italiane 2005-2006, a cura di Vittorio Ponzani, direzione scientifica di Giovanni Solimine, presentazione di Miriam Scarabò, Roma, AIB, 2006, p. 157-163. Per i dettagli di CWIS si veda invece: http://scout.wisc.edu/Projects/CWIS/

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Figura 8 – Ricerca avanza in DFP (CWIS)

In alternativa è possibile appunto navigare la classificazione, esito di una evoluzione

pluriennale del repertorio DFP e che, come spiega la nota metodologica57, ricalca

l'organizzazione delle risorse utilizzata nel libro Documenti e dati pubblici sul web.

Figura 9 – Ricerca per classificazione

57 http://www.aib.it/dfp/nota.htm3

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Di particolare interesse per il cittadino e dunque per l’attività di reference nelle biblioteche

pubbliche, la voce Settori contenente 506 item e la cui sottoclassificazione include ambiti

tematici connessi alle esigenze informative più frequenti:

Figura 10 – SETTORI in DFP

La maggiore novità della versione CWIS risiede però nel sistema di valutazione con cui è

possibile identificare i documenti ritenuti maggiormente significativi dagli utenti. Ciò è

alla base di un servizio di suggerimento delle risorse, fondato sulle valutazioni di rilevanza

(rating) che ciascuno può esprimere, purché registrato al portale.

L’indice di gradimento è indicato con delle piccole stelle verdi che compaiono accanto alle

risorse, come nei casi dei record Aree naturali protette e Certificazioni ambientali

nell’esempio di seguito riportato:

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Figura 11 – Sistema di valutazione delle risorse DFP

La registrazione permette inoltre la personalizzazione dell’interfaccia, il salvataggio delle

ricerche eseguite e prevede, come già in Scout Portal Toolkit, la possibilità di ricevere

aggiornamenti RSS (Really Simple Syndication) o tramite allerting e-mail.

L’implementazione e l’aggiornamento di DFP avviene in maniera cooperativa, dove

ciascun redattore abilitato dagli amministratori tecnici del sito può creare nuove schede o

aggiornare le esistenti. L’aggiornamento si rivela in particolare un’attività necessaria

considerando la fluidità della documentazione di fonte pubblica in Rete.

Proprio il lavoro di revisione delle schede contenute in DFP effettuato nei mesi di maggio

e giugno 2009 e che ha dunque preceduto la migrazione in CWIS, mi ha permesso di

individuare le motivazioni più ricorrenti di tale instabilità.

L’analisi ha preso in esame l’intero corpus documentale di 1267 schede, con l’obiettivo di

verificare le corrispondenze tra le aree degli elementi Dublin Core e la rispettiva risorsa

segnalata. Ho così potuto rilevare novantanove esempi di criticità, riconducibili

prevalentemente a situazioni di link failure dell’indirizzo indicato nell’area url o di una

mancata corrispondenza tra l’area della descrizione e la risorsa web58. Nei casi di link

58 L’esito di questo lavoro, poi condiviso con la redazione DFP, è un elenco di link failure accompagnato da brevi osservazioni.

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failure in cui è stato possibile intervenire, ho proceduto alla correzione di venti schede il

cui mancato funzionamento del link risultava determinato da un cambiamento, in alcuni

casi minimale, della url originariamente indicata nel record di descrizione, al quale l’ente

in questione non aveva fatto seguire un sistema di reindirizzamento. In questi casi è stato

pertanto sufficiente recuperare la risorsa in Rete attraverso i più comuni motori di ricerca,

verificarne la corrispondenza con l’area della descrizione della scheda − ricorrendo quando

necessario al sito www.archive.org − e infine correggere l’indirizzo nella corrispondente

area Dublic Core. Ciò ha consentito di individuare due tipologie di criticità ricorrenti nella

reperibilità a medio termine dei documenti di fonte pubblica in Rete:

MODIFICA URL DEL SITO SPOSTAMENTO DELLE RISORSE

ALL’INTERNO DEL SITO

Esempio - Il glossario dell’educazione degli adulti (EDA) realizzato dall’istituto INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione) non risultava più disponibile all’indirizzo web indicato nella scheda DFP (http://validi.invalsi.it/glossario/asp/home.asp) Con l’impiego dei più comuni motori di ricerca, è stato possibile recuperare il glossario EDA (http://glossario.invalsi.it/asp/home.asp) L’indirizzo del sito era stato modificato senza predisporre un sistema di reindirizzamento delle risorse.

Esempio - Le pubblicazioni di vigilanza della Banca d’Italia non risultavano più disponibili all’indirizzo di rete indicato nella scheda DFP (http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/vig). Anche in questo caso la risorsa è stata recuperate attraverso i più comuni motori di ricerca: http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/vigilanza La risorsa era stata spostata all’interno del sito senza predisporre un sistema di reindirizzamento alla nuova url.

Per gli altri settantanove casi in cui non è stato possibile reperire la risorsa web descritta

nella scheda si è pertanto stabilito con la redazione di lasciare l’intervento di correzione e/o

archiviazione ai rispettivi creatori del record originario.

L’elenco delle anomalie è stato dunque pubblicato on-line per consentire ai redattori di

valutare, di volta in volta, se procedere con un aggiornamento radicale della scheda o con

la sua archiviazione e il conseguente oscuramento al pubblico. Il lavoro di revisione ha

permesso di individuare alcune criticità che determinano una perdita informativa nella

gestione della documentazione di fonte pubblica in Rete da parte delle istituzioni.

Si indicano di seguito le principali, corredate dei relativi esempi:

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A) RIFORMULAZIONE DELL’ARCHITETTURA DEI PORTALI DI MINISTERI E DIPARTIMENTI IN CONSEGUENZA A PROCESSI DI RIORGANIZZAZIONE MINISTERIALE Esempio - Il sito http://www.lavoro.gov.it/lavoro/ faceva riferimento al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, successivamente trasformato con la legge finanziaria del 2008 nel dicastero Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e poi ancora nuovamente scorporato alla fine del 2009 in due ministeri: Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Ministero della salute. Il portale di volta in volta ha subito una riorganizzazione dei contenuti e una conseguente perdita informativa delle politiche documentali precedenti. Esempio - Il sito www.innovazione.gov.it ha subito diverse riformulazioni nell’ultima decade, riconducibili ai processi di riorganizzazione del Ministero, che ha assunto ogni volta una nuova denominazione, e dei quali si fornisce, di seguito, una rapida sintesi: II-III Governo Berlusconi (giugno 2001-maggio 2006) - Ministero per l’innovazione e le tecnologie, Ministro Lucio Stanca; II Governo Prodi (maggio 2006-maggio 2008) - Ministero per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, Ministro Luigi Nicolais; Governo Berlusconi (aprile 2008-novembre 2011) Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione, Ministro Renato Brunetta; Il portale è stato modificato ad ogni legislatura, è dunque difficile ricostruire una memoria storica delle politiche documentarie di cui è stato veicolo. Una parte dei numerosi rifacimenti sono visibili sul sito http://www.sitiarcheologici.palazzochigi.it/. B) RIFORMULAZIONE DEL SITO IN SEGUITO A UN CAMBIAMENTO DEL PROGETTO ISTITUZIONALE, SENZA CHE SIA PREVISTO UN ARCHIVIO DELLE ATTIVITÀ E DELLE RACCOLTE DOCUMENTARIE PREGRESSE Esempio - Il programma del dipartimento della funzione pubblica Cantieri, poi trasformato nel progetto Magellano (http://www.magellanopa.it/) risulta ora rintracciabile soltanto attraverso il sito www.archive.org: http://web.archive.org/web/20070723235855/www.cantieripa.it/inside.asp?id=502 C) SCOMPARSA DI SITI ISTITUZIONALI Esempio - La sospensione nel 2008 del progetto per la carta d’identità elettronica ha determinato la scomparsa del relativo sito http://www.cartaidentita.it. Alcune informazioni sullo stato del progetto sono recuperabili all’indirizzo: http://www.anci.it/index.cfm?layout=dettaglio&IdSez=4871&IdDett=16387 D) SCOMPARSA DI DOCUMENTI NEI SITI ISTITUZIONALI Esempio - Non è stato possibile reperire i documenti presenti nel sito della Polizia di Stato sui dati statistici sulla sicurezza in Italia dal 2002, descritti nel repertorio DFP con una apposito scheda nel 2005. La scheda rimandava al seguente indirizzo: http://www.poliziadistato.it/articolo/822-Dati_sulla_sicurezza_nel_2005 Una ricerca nel sito http://www.poliziadistato.it/ ha condotto all’individuazione di una sezione che raccoglieva i dati sulla sicurezza a partire dal 2006: http://www.poliziadistato.it/articolo/10273-Dati_sulla_Sicurezza

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Come dimostrano gli esempi, la maggior parte delle istituzioni pubbliche utilizzano il web

prevalentemente quale vetrina utile a promuovere la propria immagine piuttosto che come

luogo dove rendere disponibili dati e documenti ai cittadini. La trasparenza intesa come

disponibilità documentale risulta pertanto fortemente ridotta e lo spazio web diventa

unicamente narrazione del qui e ora.

Tutto ciò rende la documentazione pubblica utile al cittadino di difficile reperimento e

soprattutto molto istabile, per cui la stessa manutenzione di una guida come DFP − gestita

su base volontaria − risulta particolarmente impegnativa.

Infatti, la banca dati DFP necessita di un controllo periodico delle schede che integri quello

eseguito in modalità automatica dal software, che è ovviamente in grado di identificare i

casi di link failure, ma non di rilevare mutamenti nel contenuto e/o nella struttura della

risorsa segnalata nella scheda di descrizione.

Il lavoro di revisione della banca dati DFP è stato dunque occasione per indagare sulla

natura della documentazione di fonte pubblica in Rete. Le osservazioni emerse sono di

fatto in continuità con quanto già in parte evidenziato nel documento di indirizzo Stato e

necessità della documentazione di fonte pubblica in rete del 2007, che, a proposito dei siti

istituzionali, auspica proprio la creazione di un’area Documentazione, come si legge al

punto tre:

Si raccomanda che tutti i siti delle amministrazioni pubbliche abbiano un’area “Documentazione” sulla homepage identificata in modo chiaro (anche attraverso un apposito logo) dove vengano elencati i collegamenti a tutte le raccolte di risorse informative presenti sul sito (raccolte di documenti, banche dati) e a tutte le pubblicazioni curate dall’ente, anche se non contenute nel sito stesso.

Ciò a dimostrare come DFP abbia rappresentato finora non solo uno strumento utile per

biblioteche e cittadini, ma anche un laboratorio di ricerca, un punto di osservazione

privilegiato per cogliere le dinamiche sottese della presenza in Internet delle istituzioni

pubbliche.

3.6 Documentazione pubblica e DFP: quale futuro? Dopo quattordici anni dalla nascita, DFP si trova a ripensare il proprio ruolo: allo stato

attuale infatti la questione dell’accesso si pone non più in termini quantitativi, ma ha

assunto semmai una valenza qualitativa. Ciò di cui si avverte oggi maggiore necessità non

sono infatti le risorse on-line, quanto le competenze per reperire i documenti pertinenti alle

necessità informative nel mare magnum delle istituzioni pubbliche presenti in Internet.

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L’intento propagandistico, orientato alla ricerca di un consenso acritico, sembrerebbe

inoltre aver prevalso negli ultimi anni su quello documentale, rendendo il processo di

selezione ancora più complesso. Proprio le biblioteche pubbliche di base − centri di

documentazione per la comunità − potrebbero svolgere in questo senso un ruolo di

intermediazione necessario a ricondurre quanto disponibile in Rete alla finalità di

documentare i cittadini su diritti e doveri di cittadinanza.

Come osservato in apertura del presente capitolo, esistono ancora difficoltà sia endogene

che esogene al servizio bibliotecario pubblico italiano perché finalmente tale ruolo si

affermi con successo. In questi anni DFP ha dimostrato quanto, in un’ottica cooperativa e

sfruttando le potenzialità della Rete, sia possibile condividere conoscenze. Proprio su

questa capacità di condivisione volontaria, dunque libera, sembrerebbe ora giocarsi il

futuro non solo della banca dati, ma anche della documentazione di fonte pubblica in Rete

nelle biblioteche di base. Ci si può chiedere infatti se sia ancora sensato, oggi, catalogare i

documenti pubblici in un sistema informativo che si profila mutevole, volatile, inadatto alle

rigide logiche della classificazione, ma sembrerebbe fuori di dubbio l’utilità di condividere

le competenze acquisite in quattordici anni di ricerca teorica e pratica. Il terreno con cui ci

si confronta è certo impervio, come ha sottolineato Fernando Venturini in occasione del

56° congresso nazionale dell’Aib Accesso aperto alla conoscenza, accesso libero alla

biblioteca tenutosi a Firenze nel novembre 2010.59 Nel tirare le fila della lunga esperienza

di studioso della materia e di coordinatore DFP − ruolo, quest’ultimo, da cui si è peraltro

recentemente dimesso − Venturini ha così delineato lo stato dell’arte della documentazione

di fonte pubblica in Italia:

Purtroppo, la situazione italiana non è favorevole alla valorizzazione di questa risorsa informativa: in primo luogo manca una tradizione di uso della biblioteca come fonte di informazioni di comunità; le biblioteche universitarie dove nascono le competenze più forti in ambito disciplinare concentrano attenzione e risorse sull'informazione digitale e utilizzano largamente le fonti pubbliche ma non vi hanno mai dedicato un’attenzione particolare; infine le biblioteche degli organi istituzionali sono, salvo eccezioni, in gravissime difficoltà e in alcuni casi di fatto emarginate.60

59 Il tema scelto dimostra l’attualità del dibattito sull’accesso aperto in relazione al valore sociale della biblioteca pubblica, in cui l’uso della documentazione pubblica nel reference rappresenta un aspetto certamente non marginale. Il programma del convegno, che si è svolto a Firenze dal 3 al 5 novembre 2010 con il titolo Accesso aperto alla conoscenza. Accesso libero alla biblioteca, è consultabile all’indirizzo http://www.aib.it/aib/congr/c56/prog.htm3 60 Titolo dell’intervento: L’accesso all’informazione pubblica e le biblioteche: note sparse. La relazione è disponibile in Rete all’indirizzo: http://eprints.rclis.org/bitstream/10760/15125/1/CongressoAIB_2010_Relazione_Venturini.pdf

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Sostanzialmente in linea con quanto finora osservato, Venturini ha inoltre ribadito

l’assenza di politiche governative culturali mirate a considerare il valore sociale e culturale

delle biblioteche di base, specificando:

Sembra evidente che tutto lo sviluppo dell’e-government italiano e dei valori che ad esso sono propri (efficienza, comunicazione, interazione con gli utenti) hanno completamente ignorato le biblioteche come possibili partner. Nelle recenti iniziative del ministro Brunetta (ad es. Reti amiche o Linea amica) è impressionante constatare come tra le tante istituzioni e punti di contatto con l’utenza (dalle banche alle tabaccherie, dalle poste alla grande distribuzione alle farmacie) non si sia trovata una sola parola per le biblioteche.

Al giudizio lapidario sulle politiche nazionali si accompagnano osservazioni sulla

professione bibliotecaria, priva in Italia di una tradizione a cui fare riferimento in merito

all’uso della documentazione pubblica, ma anche responsabile di non aver finora dedicato

a questo tema sufficienti energie progettuali:

D’altro canto, in Italia non ci sono Government librarians, ovvero bibliotecari e documentaristi specializzati nella documentazione e nell’informazione prodotta dalle amministrazioni: il patrimonio informativo pubblico in rete è largamente utilizzato nei servizi di reference ma intorno ad esso non sono nate competenze né, in generale, servizi specifici. Come si è detto, non vi è una tradizione in questa direzione né per le biblioteche pubbliche, né per le biblioteche universitarie e le biblioteche istituzionali non riescono ad essere un punto di riferimento per la professione.

La formazione, nonché il supporto ai bibliotecari nella realizzazione di guide informative e

documentali tagliate sulle esigenze degli utenti, potrebbe allora essere il nuovo terreno

della redazione DFP, da condurre in linea con l’ampliamento della banca dati come spazio

di condivisione e di ricerca. Concentrarsi sull’aspetto formativo è peraltro una delle ipotesi

recentemente delineata in occasione del passaggio di testimone, ufficializzato dal comitato

esecutivo nazionale dell’AIB nel giugno 2011, da Fernando Venturini a Laura Ballestra al

coordinamento di DFP61.

Per agire incisivamente nel mondo bibliotecario pubblico, è però necessario considerare

anche altri due attori decisivi in questa sfida: i bibliotecari e gli utenti, ai quali sono

dedicati i capitoli che seguono.

61Fernando Venturini, Un nuovo coordinatore per la DFP, “Aib Notizie”, 23, 3, 2011, p. 6; Laura Ballestra, Le biblioteche che educano alla DFP, “Aib Notizie”, 23, 3, 2011, p. 7.

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IL PUNTO DI VISTA DEI BIBLIOTECARI PUBBLICI

«Forse il numero degli scrittori è pari a quello degli analfabeti, e fors’anche il problema dell’analfabetismo si potrebbe risolvere imponendo a ciascun autore di insegnare a leggere a un analfabeta, servendosi del suo libro inedito come di un sillabario. Simonetta fece un’altra proposta concreta per la crisi del libro: la biblioteca, si doveva utilizzare la biblioteca comunale, per farne un centro di lettura, di dibattito, di incontro». Luciano Bianciardi, Il lavoro culturale

4.1 Le ragioni dell’indagine La definizione ‘centro di documentazione per la comunità’ sottende l’idea di biblioteca

pubblica quale spazio aperto ai bisogni informativi che si presentano nel quotidiano e

implica, nella disponibilità delle fonti, l’integrazione del materiale bibliografico con le

risorse accessibili in Internet. In particolare l’uso di dati e documenti di fonte pubblica in

Rete nel reference − sia in risposta alle richieste degli utenti che predisponendo sitografie

su temi di interesse collettivo − agevola la conoscenza collettiva di quanto prodotto dalle

istituzioni, con ricadute in termini di trasparenza e partecipazione civica1.

L’utilizzo della documentazione di fonte pubblica in Rete nei servizi di informazione

richiede però un ampliamento delle attività tradizionali, peraltro necessario perché la

biblioteca di base − in quanto centro informativo locale − possa realmente garantire, in uno

scenario di apprendimento permanente, il diritto alla cultura e all’informazione ai fini del

libero sviluppo della persona. Tale ampliamento appare indispensabile soprattutto per le

piccole e medie biblioteche pubbliche, spesso ai limiti della sopravvivenza e poco difese

dalla cittadinanza, la quale, a fronte dei molteplici canali di accesso all’universo

informativo oggi disponibili, non riconosce alla biblioteca locale il ruolo di documentare la

realtà contemporanea2.

La stessa dotazione di postazioni Internet per l’utenza avvenuta a partire dagli anni

Novanta non ha stimolato strategie significative di ripensamento del servizio in un’ottica di

1 Sul tema della biblioteca pubblica come luogo di divulgazione della DFP si veda: Fernando Venturini, La documentazione di fonte pubblica e le biblioteche pubbliche: tra potenzialità e possibilità cit. 2 Si veda anche: Stefano Olivo, La gestione delle biblioteche in Italia. Sviluppo e prospettive di un servizio pubblico locale, Cargeghe, Documenta Edizioni, 2010. Si rimanda in proposito all’interessante intervento di Anna Galluzzi, Il servizio bibliotecario pubblico è un bene meritorio? Riflessioni a margine del volume di Stefano Olivo “La gestione delle biblioteche in Italia”, “Bibliotime”, 24, 2, 2011.

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centro di documentazione per i cittadini. L’indagine Aib-Istat nel 2001 rivelava per

l’appunto che soltanto il 10,6% dei bibliotecari pubblici, nel fornire all’utenza materiale

informativo della pubbliche amministrazioni, faceva ricorso a risorse gratuite in Rete,

mentre il 49,8% ricorreva alle tradizionali fonti cartacee. Questi numeri diventano ancora

più eloquenti se incrociati con i livelli di soddisfazione delle richieste: i bibliotecari

dichiaravano infatti di soddisfare ‘sempre’ le esigenze informative dell’utente soltanto

nell’8,6 % dei casi e ‘mai’ nel 31%3.

Dieci anni dopo l’indagine, l’uso di Internet in Italia è aumentato in maniera esponenziale4

ma non si registrano ancora, almeno nell’ambito delle biblioteche pubbliche, politiche di

intervento mirate ad aumentare l’utilizzo nel reference delle fonti istituzionali disponibili

in Rete5. Con la progressiva diffusione di Internet nelle case e negli uffici, si assiste

peraltro a un fenomeno sul quale sarebbe necessario riflettere: l’uso delle postazioni per

l’accesso alla Rete nelle biblioteche di base risulta spesso limitato alle fasce più deboli

della società. Ciò significa che il servizio bibliotecario pubblico non dovrebbe limitarsi alla

mera disponibilità delle tecnologie ma assumere piuttosto un ruolo attivo di mediazione

documentale, in cui la stessa documentazione di fonte pubblica sia considerata una risorsa

informativa utile all’intera comunità6.

4.2 Obiettivi e svolgimento dell’indagine L’esperienza diretta dei bibliotecari si configura, in questo scenario, come unico elemento

a cui riferirsi per ottenere informazioni sull’uso della documentazione di fonte pubblica in

Rete nel reference delle biblioteche di base. Per questo motivo si è ritenuto necessario

raccogliere, in merito, proprio le testimonianze dei bibliotecari pubblici, i quali

quotidianamente si confrontano con i bisogni informativi della cittadinanza, mediando tra

questa e un universo documentale sempre più articolato. Obiettivo dell’indagine è stato,

3 I risultati dell’indagine sono consultabili sul sito web dell’AIB all’indirizzo: http://www.aib.it/aib/cen/q0106a.htm 4 L’indagine Istat Cittadini e nuove tecnologie del 2000 rivelava che soltanto il 18,5% dei cittadini utilizzava Internet. Secondo Cittadini e nuove tecnologie 2010, le famiglie con un accesso Internet sono oggi il 52,4. Le indagini sono entrambi disponibili sul sito dell’ISTAT. 5 La questione dell’arretratezza delle biblioteche pubbliche italiane nella valorizzazione delle risorse di Rete è affrontata in Giulio Blasi, La biblioteca digitale pubblica, “Biblioteche oggi”, 27, 2, 2009, p. 15-33. Si noti che le biblioteche universitarie presentano un maggiore uso delle risorse gratuite di Rete anche grazie alla diffusione del movimento Open Access. 6 Ciò è tanto più necessario quanto più i processi di e-government e e-democracy si diffondono. La democrazia partecipativa mediante la Rete in particolare è un fenomeno in espansione: si consideri, per esempio, il caso dell’Islanda, dove si è tenuta una consultazione pubblica on-line per le modifiche del testo costituzionale. Cfr.: http://stjornlagarad.is/english/

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nello specifico, conoscere le criticità e al contempo individuare eventuali punti di forza da

cui muovere per i possibili sviluppi futuri.

Nella scelta delle biblioteche da includere nell’indagine è stata innanzitutto considerata la

tipologia funzionale: la ricerca doveva avere per oggetto biblioteche pubbliche di base,

dunque generaliste e facilmente accessibili alla comunità. L’indagine Aib-Istat aveva

identificato nel territorio nazionale un universo di riferimento costituito da 6.330

biblioteche di questo tipo7. Con l’esigenza di selezionare un campione contenuto ma al

contempo significativo, sono state qui focalizzate specifiche realtà coinvolte in percorsi

formativi e/o progetti orientati alla valorizzazione della documentazione di fonte pubblica

in Rete. La metodologia di rilevamento non si fonda dunque sul campionamento statistico

ma sul campionamento ragionato8, pertanto l’indagine non è finalizzata ad una

generalizzazione dei risultati alla situazione nazionale. Si è inteso, semmai, far emergere

elementi di riflessione a partire dalle esperienze concrete del personale impiegato in

biblioteche pubbliche molto diverse tra di loro per dimensioni e appartenenza geografica.

Sulla base di questo criterio sono stati definiti due gruppi:

• Il primo gruppo composto da undici biblioteche pubbliche di base partecipanti al corso

Parlamento in Biblioteca9, realizzato in diverse edizioni dall’AIB con la collaborazione

delle biblioteche di Camera e Senato. Otto di queste sono state individuate sulla base

dell’edizione 2006 rivolta ai bibliotecari di ente locale; mentre le ultime tre si

riferiscono all’edizione 2009, destinata a bibliotecari pubblici e universitari.

• Il secondo gruppo composto da sette biblioteche pubbliche di base per le quali è stato

possibile rintracciare nella bibliografia professionale esperienze riconducibili al tema

oggetto di ricerca.

Nelle tabelle di dettaglio riportate di seguito sono specificate le relative esperienze e/o

rimandi bibliografici a cui si è fatto riferimento per l’individuazione delle biblioteche da

includere nel campione:

7 Sull’indagine AIB ISTAT del 2001 si veda la relativa sezione sul sito dell’AIB all’indirizzo: http://www.aib.it/aib/cen/q0106a.htm 8 Sul campionamento ragionato si veda: Alison Jane Pickard, La ricerca in biblioteca. Come migliorare i servizi attraverso gli studi sull’utenza, Milano, Editrice Bibliografica, 2010, p. 134-141: 9 Del corso Parlamento in biblioteca si è trattato nel terzo capitolo.

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Tabella 1 – 1° gruppo

Biblioteca civica Cologno Monzese (MI) (Lombardia) Biblioteca comunale di Lomazzo (CO) (Lombardia) Biblioteca comunale Filelfica di Tolentino (MC) (Marche) Biblioteca comunale di Castiglione del Lago (PG) (Umbria)

Biblioteca Archivio Storico comunale di Frascati (RM) (Lazio) Biblioteca comunale di Grottaferrata (RM) Biblioteca comunale Mi libro di Sant’Antimo (NA) (Campania)

Partecipazione al corso Parlamento in Biblioteca. Documentazione parlamentare e fonti normative per il reference in biblioteca: strumenti e metodi (edizione 2006).

Mediateca comunale Simone Augelluzzi di Eboli (SA) (Campania)

Biblioteca comunale di Terni (Umbria)

Biblioteca comunale mons. Amatulli di Noci (BA) (Puglia)

Partecipazione al corso Parlamento in Biblioteca. Documentazione parlamentare e fonti normative per il reference in biblioteca: strumenti e metodi (edizione 2009).

Biblioteca comunale Giuseppe Angelo Nociti di Spezzano Albanese (CS) (Calabria)

Tabella 2 – 2° gruppo

Produzione di sitografie che includono la documentazione di fonte pubblica in Rete. Si veda a titolo esplicativo Come si vive in Italia nella sezione ‘bibliografie’ del sito ufficiale della biblioteca: http://www.bibliotecasalaborsa.it/bibliografie/1495

Biblioteca Sala Borsa di Bologna (Emilia Romagna)

Produzione di sitografie che includono la documentazione di fonte pubblica in Rete. Si veda la raccolta all’indirizzo Internet: http://www.comune.empoli.fi.it/biblioteca/zip/zip.htm#DEPLIANT

Biblioteca comunale Renato Fucini di Empoli (FI) (Toscana)

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Maria Stella Rasetti, L’odalisca sul risciò, “Biblioteche oggi”, 18, 9, 2000, p. 8-20. Sperimentazione del servizio di informazione di comunità. Daniele Danesi-Silvia Ermini, L’informazione di comunità: un servizio da scoprire. Le ipotesi di lavoro della biblioteca di Scandicci, “Biblioteche oggi”, 2, 2, 1984, p. 23-35.

La biblioteca di Scandicci (FI) (Toscana)

Biblioteca comunale Dante Alighieri di Foligno (PG) (Umbria) Biblioteca comunale Giovanni Eroli di Narni (TR) (Umbria)

Ciclo di seminari Documentazione di fonte pubblica. Le biblioteche come servizio per gli amministratori locali. Documentazione di fonte pubblica. Le biblioteche come servizio per gli amministratori locali, a cura di Silvia Faloci, Roma, AIB Sezione Umbria, 200910.

Nuova biblioteca comunale Luigi Fumi di Orvieto (TR) (Umbria)

Servizio Informagiovani nella sala multimediale.

Biblioteca Guglielmo Marconi di Roma (Lazio)

La progettazione dell’indagine è avvenuta tra novembre e dicembre 2009, mentre la

raccolta delle interviste e dei dati di struttura ha avuto luogo tra gennaio e giugno 2010.

Una volta individuato il campione, si è infatti proceduto alla raccolta delle informazioni

con le seguenti modalità:

• Interviste ai bibliotecari in cui si chiedevano informazioni sull’uso della

documentazione di fonte pubblica in Rete nel reference e sulle eventuali criticità. A tutte le

biblioteche incluse nel campione è stata inviato un messaggio di posta elettronica

indirizzato al responsabile del servizio, in cui, dopo una breve presentazione dell’indagine,

si chiedevano informazioni sull’uso della documentazione di fonte pubblica in Rete e sulle

criticità eventualmente riscontrate. All’invio è seguito un colloquio, al termine del quale è

10 Per quanto riguarda l’evento Documentazione di fonte pubblica. Le biblioteche come servizio per gli amministratori locali, occorre precisare che sono state incluse nell’indagine le biblioteche sede dei seminari ad eccezione della biblioteca comunale di Terni, già inserita nel primo gruppo, e della biblioteca comunale di Città di Castello, poiché − secondo quanto riferito dalla referente − durante la raccolta dei dati la biblioteca si trovava in fase di trasferimento di sede e di riorganizzazione del personale. Sulla pubblicazione contenente gli atti dei seminari, si segnala la seguente recensione: Cinzia Mescolini, Documentazione di fonte pubblica: le biblioteche come servizio per gli amministratori locali, “Bollettino Aib”, 50, 1-2, 2010, p. 141.

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stata sollecitata una risposta scritta. Questa procedura ha permesso di ottenere il 100% di

riscontri.

• Compilazione di schede relative ai dati di struttura11, con l’obiettivo di delineare un

quadro essenziale per ciascuna biblioteca. A tal fine sono state utilizzate diverse fonti, a

seconda del tipo di informazione che si intendeva acquisire. Al termine della raccolta è poi

seguito un controllo con il personale della biblioteca interessata (nella tabella denominato

«fonte interna»). Si precisano di seguito le fonti utilizzate in base al tipo di informazione:

Tabella 3 – Fonti per la raccolta dei dati di struttura

TIPO DI INFORMAZIONE FONTE

Popolazione di riferimento Banca dati Geodemo dell’Istat12

Denominazione e localizzazione Anagrafe ICCU, sito web della biblioteca

Tipologia dell’edificio, apertura sede attuale, orario di apertura

Anagrafe ICCU, fonte interna

Personale impiegato,patrimonio dichiarato, postazioni internet all’utenza

Fonte interna

Nell’elaborazione dei risultati si è fatto ricorso a tecniche quantitative per i dati di struttura

e qualitative per le interviste, anche se i due approcci sono stati posti in relazione

nell’intento di disegnare un quadro il più ampio possibile.

In una prima fase l’analisi delle interviste è avvenuta mediante una lettura approfondita dei

testi, finalizzata ad evidenziare questioni ricorrenti, successivamente interpretate alla luce

dei dati di struttura, rielaborati all’occorrenza in istogrammi o grafici. Si è considerata, per

esempio, la presenza di adeguate infrastrutture tecnologiche in relazione alla comunità

servita, da cui si è potuto rilevare una prima criticità consistente proprio nel digital divide

che interessa alcune delle biblioteche esaminate.

La lettura comparata delle interviste è stata effettuata in un secondo tempo con l’ausilio di

Atlas.ti, software specifico per le analisi qualitative dei testi13. Il programma permette

infatti di codificare e memorizzare porzioni di testo classificandone il contenuto in temi

11 Per la definizione di dati di struttura si veda: Quanto valgono le biblioteche pubbliche? Analisi della struttura e dei servizi delle biblioteche di base in Italia. Rapporto finale della ricerca Efficienza e qualità dei servizi nelle biblioteche di base, condotta dalla Commissione nazionale AIB “Biblioteche pubbliche” e dal Gruppo di lavoro “Gestione e valutazione” cit, p. 128 -129; Anna Galluzzi, Modelli e strumenti per la valutazione dell’efficacia, in Gestire il cambiamento. Nuove metodologie per il management della biblioteca, a cura di Giovanni Solimine, Milano, Editrice Bibliografica, 2003, p. 292. 12 Il dato della popolazione residente, relativo all’anno 2009, è stato tratto dalla banca dati dell’Istat: http://demo.istat.it/index.html 13 Su Atlas.ti: Introduzione, nota 3; terzo capitolo, nota 3.

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ricorrenti, dunque di individuare le possibili relazioni concettuali e di rappresentarle in

forma grafica (network view). Si è così potuto formalizzare il processo interpretativo e

formulare ipotesi sia su aspetti generali (es. criticità, possibili sviluppi del servizio) che

particolari (es. tipologia di utenza coinvolta, presenza di personale con competenze di

information retrieval, fonti utilizzate dai bibliotecari per il reperimento dei documenti

pubblici).

4.3 Profilo del campione La maggior parte delle biblioteche incluse nell’indagine sono situate nel centro Italia e

caratterizzate da un patrimonio documentale compreso tra 10.000 e 100.000 documenti.

Mentre il primo gruppo appare distribuito anche nelle aree settentrionali e meridionali del

paese, il secondo gruppo, ad eccezione della Sala Borsa di Bologna, comprende infatti

esclusivamente biblioteche dell’Italia centrale. Complessivamente, si ha la seguente

situazione:

Grafico 1 – Distribuzione geografica complessiva del campione

0

2

4

6

8

10

12

NordCentroSud

Tale prevalenza geografica si spiega alla luce di due fattori: lo svolgimento a Roma del

corso Parlamento in Biblioteca che ha attratto soprattutto biblioteche del Centro Italia per

il primo gruppo, mentre per il secondo gruppo risulta decisivo il ciclo di seminari

Documentazione di fonte pubblica come servizio per gli amministratori locali organizzato

dalla Regione Umbria con la collaborazione di biblioteche pubbliche territoriali.

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Per quanto riguarda il dimensionamento delle biblioteche, questo è stato determinato sulla

base del patrimonio documentale, ovvero l’insieme dei documenti cartacei e multimediali

posseduti. Ci si è riferiti specificamente al criterio delle classi di patrimonio − di seguito

riprodotte − adottato in occasione dell’indagine Aib-Istat14:

Tabella 4 - Classi di patrimonio indagine Aib-Istat

PRIMA CLASSE fino a 2000

SECONDA CLASSE 2001-5000

TERZA CLASSE 5001-10.000

QUARTA CLASSE 10.001-50.000

QUINTA CLASSE 50.001- 100.000

SESTA CLASSE 100.001-500.000

SETTIMA CLASSE 500.000-1.000.000

OTTAVA CLASSE oltre 1.000.000

Nel primo gruppo − emerso dalla partecipazione al corso Parlamento in biblioteca − si

riscontra la presenza di due classi patrimoniali: vi sono infatti nove biblioteche di quarta

classe e due biblioteche di sesta classe, la Biblioteca di Cologno Monzese e la Biblioteca di

Terni.

Il secondo gruppo risulta invece prevalentemente composto da biblioteche con una

dotazione patrimoniale superiore ai 100.000 documenti, pertanto definibili di sesta classe.

Nell’insieme dunque il campione include biblioteche il cui dimensionamento è

riconducibile a tre classi di patrimonio: la quarta (10.001-50.000) con dieci biblioteche, la

quinta (50.001-100.000) con due e la sesta (100.001-500.000) con sei.

Nella tabella seguente si riporta l’elenco delle biblioteche distinte per classe di patrimonio:

14 Il dato è stato rilevato in un primo momento tramite la consultazione della banca dati dell’Anagrafe ICCU e poi riscontrato con quello dichiarato dal personale di ciascuna biblioteca. Considerato lo scarto considerevole tra le due fonti e il mancato aggiornamento dell’Anagrafe ICCU si è ritenuto opportuno prendere in considerazione soltanto il patrimonio dichiarato, come peraltro avvenuto con l’indagine Aib-Istat.

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Tabella 5 – Biblioteche per classe di patrimonio

QUARTA CLASSE DI PATRIMONIO

Biblioteca comunale di Lomazzo (CO) (Lombardia)

Biblioteca comunale Filelfica di Tolentino (MC) (Marche)

Biblioteca comunale di Castiglione del Lago (PG) (Umbria)

Biblioteca comunale Giovanni Eroli di Narni (TR) (Umbria)

Biblioteca Archivio Storico comunale di Frascati (RM) (Lazio)

Biblioteca comunale di Grottaferrata (RM)

Biblioteca comunale Mi libro di Sant’Antimo (NA) (Campania)

Mediateca comunale Simone Augelluzzi di Eboli (SA) (Campania)

Biblioteca comunale mons. Amatulli di Noci (BA) (Puglia)

Biblioteca comunale Giuseppe Angelo Nociti di Spezzano Albanese (CS) (Calabria)

QUINTA CLASSE DI PATRIMONIO

La biblioteca di Scandicci (FI) (Toscana)

Biblioteca Guglielmo Marconi di Roma (Lazio)

SESTA CLASSE DI PATRIMONIO

Biblioteca civica Cologno Monzese (MI) (Lombardia)

Biblioteca Sala Borsa di Bologna (Emilia Romagna)

Biblioteca comunale Renato Fucini di Empoli (FI) (Toscana)

Nuova Biblioteca comunale Luigi Fumi di Orvieto (TR) (Umbria)

Biblioteca comunale di Terni (Umbria)

Biblioteca comunale Dante Alighieri di Foligno (PG) (Umbria)

Si osservi che, secondo quanto rilevato con l’indagine Aib-Istat, il 25% delle biblioteche

pubbliche italiane appartiene a queste tre classi, e di tale percentuale, ben il 21,3% rientra

nella quarta classe, come evidenzia la seguente elaborazione dei dati nazionali sulla

distribuzione delle biblioteche per classi di patrimonio15:

15 I dati elaborati nel grafico sono disponibili in: Indagine nazionale sulla diffusione della documentazione pubblica nelle biblioteche pubbliche italiane: indagine statistica sulle biblioteche pubbliche, primi risultati, di Paola Geretto e Silvia Milozzi, ISTAT, 2003. Indirizzo: http://www.aib.it/aib/cen/q0106a/d/d.htm

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Grafico 2 – Nostra elaborazione grafica dei dati in percentuale dell’indagine Aib-Istat sulla distribuzione delle biblioteche per classi di patrimonio

prima classeseconda classeterza classequarta classequinta classesesta classesettima classeottava classenon quantificato

Nelle classi precedenti alla quarta si collocano infatti oltre il 70% del totale, costituito da

biblioteche pubbliche molto piccole, con un patrimonio inferiore ai 10.000 documenti,

spesso caratterizzate da un livello di vitalità piuttosto basso16.

Proprio alla quarta classe appartengono invece la maggioranza delle biblioteche pubbliche

locali nate negli anni Settanta e disseminate capillarmente nel paese, mentre nella sesta

rientrano alcune eccellenze, in genere di recente istituzione, come la biblioteca Sala Borsa

di Bologna. Entrambe le tipologie svolgono la funzione di biblioteca pubblica di base,

sebbene nel primo caso in un’ottica di disseminazione territoriale e nel secondo con un

logica di accentramento degli investimenti in strutture di grandi dimensioni.

Dunque il campione risulta prevalentemente situato nel centro Italia, nonché caratterizzato

da biblioteche con un dimensionamento riconducibile alla quarta, alla quinta e alla sesta

classe di patrimonio, che possiamo convenzionalmente definire piccole, medie e grandi. Si

osservi che nel primo gruppo − selezionato sulla base della partecipazione al corso

Parlamento in biblioteca − prevalgono le piccole biblioteche evidentemente più motivate a

investire nella formazione del personale, mentre più della metà del secondo gruppo,

ricavato dalla consultazione della bibliografia, è costituita da grandi biblioteche, a cui la

letteratura biblioteconomica si rivolge infatti con maggiore frequenza.

16 Per vitalità si intende la disponibilità economica e la dotazione documentaria di una biblioteca. Si veda: AIB, Gruppo di lavoro “Gestione e valutazione”, Linee guida per la valutazione delle biblioteche pubbliche italiane. Misure, indicatori, valori di riferimento, Roma, AIB, 2000, p. 95.

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4.4 Internet in biblioteca Dalla lettura delle interviste non si evincono servizi strutturati nell’uso della

documentazione di fonte pubblica in Rete nel reference. Ciò nonostante, ad eccezione della

Biblioteca comunale Giuseppe Angelo Nociti di Spezzano Albanese, tutte le biblioteche

oggetto di indagine riferiscono l’esistenza di una domanda spontanea dell’utenza a cui è

possibile rispondere con tale tipologia documentaria. Occorre notare che la biblioteca

Giuseppe Angelo Nociti rappresenta una particolare situazione di disagio, unica nel

campione considerato ma affatto isolata nel contesto nazionale17. Sulla base di quanto

appreso dall’intervista al referente, la biblioteca di Spezzano Albanese non solo è priva di

dotazioni tecnologiche, ma versa in condizioni di difficoltà per la carenza di personale e di

risorse economiche. Ciò pone in evidenza un elemento apparentemente ovvio ma che

suscita comunque una riflessione necessaria: un servizio di reference orientato a

valorizzare risorse di Rete è strettamente collegato alla presenza di adeguate infrastrutture

tecnologiche. In proposito l’indagine Aib-Istat evidenziava nel 2001 una panoramica

caratterizzata da uno spiccato divario digitale tra l’area meridionale e quella settentrionale

del paese, tale da ribadire l’esistenza di un ben noto «sud delle biblioteche»18. Di seguito la

rielaborazione grafica dei dati emersi dall’indagine nazionale19:

Grafico 3 - Nostra elaborazione grafica dei dati in percentuale delle biblioteche in possesso di PC sulla base della tabella Biblioteche per attrezzatura posseduta e regione, percentuali, indagine AIB-Istat.

0

20

40

60

80

100

italia nord-occidentaleitalia nord-orientalecentroitalia meridionaleitalia insulare

17 Sono molte le biblioteche fantasma nel territorio nazionale. Cfr. Antonello Cerchi, Nel deserto delle biblioteche cit.; Laura Cerutti, L’hanno chiamato deserto ma erano oasi cit. 18 Giovanni Solimine, Il sud delle biblioteche cit. 19 http://www.aib.it/aib/cen/q0106a/attrezz_reg.htm

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Come evidenzia il grafico, le biblioteche prive di dotazioni informatiche risultavano infatti

concentrate nell’Italia meridionale. In assenza di indagini più recenti, è difficile definire

quale sia la situazione oggi, considerando peraltro l’ampia diffusione di Internet negli

ultimi dieci anni.

Le caratteristiche della presente ricerca non permettono, come è ovvio, di interpretare la

testimonianza di Spezzano Albanese come rappresentativa del sud Italia, a maggior ragione

in quanto costituisce un caso isolato nel campione esaminato. Le altre biblioteche collocate

nel meridione − tutte appartenenti al primo gruppo e alla quarta classe di patrimonio −

sono infatti regolarmente dotate di postazioni Internet all’utenza. Si tratta nello specifico di

due biblioteche campane, la Biblioteca comunale Mi Libro di Sant’Antimo e la Biblioteca

comunale Simone Augelluzzi di Eboli, che dispongono ciascuna di una mediateca con otto

postazioni destinate all’utenza e della Biblioteca comunale Mons. Amatulli di Noci

(Puglia), con quattro postazioni. Queste ultime due hanno avviato il servizio Internet al

pubblico con un progetto denominato piano d’azione mediateca 2000, promosso a partire

dal 1997 dal Ministero per i beni e le attività culturali con lo scopo di diffondere nel

territorio nazionale l'uso della Rete20.

Continuando a considerare la quarta classe di patrimonio, a cui appartengono nel totale

dieci delle biblioteche esaminate, l’indagine include per il nord Italia la Biblioteca

comunale di Lomazzo con quattro postazioni Internet e cinque biblioteche situate nel

centro Italia, nelle quali non si superano le dieci postazioni.

Due delle biblioteche incluse nell’indagine appartengono invece alla quinta classe di

patrimonio: la biblioteca Guglielmo Marconi di Roma possiede quattordici postazioni per

l’utenza, mentre la biblioteca di Scandicci, in provincia di Firenze, ne ha dieci.

Oltre la soglia dei 100.000 documenti, si trovano infine le sei biblioteche riconducibili alla

sesta classe, di cui tre superano ampiamente il numero di dieci postazioni Internet

all’utenza.

In riferimento al campione esaminato, si può pertanto osservare che oltre i 50.000

documenti le postazioni Internet all’utenza aumentano con l’aumentare del patrimonio, e in

particolare nelle grandi biblioteche il numero di postazioni è spesso superiore a dieci.

Questo dato è coerente con quanto emerso dall’indagine Aib-istat, di cui si riporta la

tabella seguente, considerando lo scarto in avanti determinato dalla diffusione delle

tecnologie informatiche negli ultimi dieci anni:

20 Nell’ambito del progetto sono nate complessivamente sessantaquattro mediateche, situate prevalentemente nelle biblioteche comunali del meridione. Il piano d’azione Mediateca 2000 ha dato origine a un sito web, tuttora attivo, che serve da piattaforma di incontro delle mediateche stesse: http://www.mediateca2000.net

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Tabella 4 – rapporto classi di patrimonio/classi di computer indagine Aib-Istat

CLASSI DI PATRIMONIO-CLASSI DI COMPUTER 0 1 2-5 6-10 OLTRE I 10 100,0

FINO A 2000 42,4 41,1 12,1 3,8 0,5 100,0

2001 - 5000 18,6 57,5 22,8 0,9 0,2 100,0

5001 - 10000 6,5 42,4 48,5 2,0 0,6 100,0

10001 - 50000 3,0 14,6 59,6 16,5 6,2 100,0

50001 - 100000 3,5 8,2 22,7 32,8 32,9 100,0

100001 - 500000 1,4 6,0 9,9 25,2 57,5 100,0

500001 - 1000000 - - - - 100,0 100,0

OLTRE 1000000 - - 18,2 - 81,8 100,0

NON QUANTIFICATO 39,7 32,4 20,5 4,6 2,8 100,0

TOTALE 17,7 39,0 33,4 6,2 3,6 100,0

In considerazione di ciò è possibile tornare a quanto emerso dall’analisi delle interviste,

ovvero l’esistenza generalizzata di una domanda spontanea dell’utenza a cui è possibile

rispondere con la documentazione di fonte pubblica in Rete. Circa questo aspetto è stato

necessario definire, sulla base delle testimonianze dei bibliotecari, quale tipo di domanda

prevale, il profilo dell’utenza che la rivolge e quali sono le fonti prevalentemente usate nel

reference dai bibliotecari.

4.5 Il punto di vista dei bibliotecari in diciotto interviste Per quanto riguarda le biblioteche di piccole dimensioni21 l’analisi della interviste rivela

una domanda spontanea, anche se poco frequente, di documentazione di fonte pubblica

riconducibile all’area giuridica.

Alla luce di ciò, non sorprende che tale esigenza informativa sia definita residuale e

soprattutto unicamente espressa da utenti esperti, come è riportato dai bibliotecari referenti

21 Ci si riferisce alle biblioteche appartenenti alla quarta classe di patrimonio.

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di Grottaferrata, Eboli e Noci. Soltanto nel caso di Lomazzo si accenna infatti a utenti non

esperti, come per esempio gli studenti, i quali manifestano richieste informative generiche

alle quali è possibile rispondere con la documentazione pubblica intesa nella sua

eterogeneità tematica.

Questa tendenza a identificare la documentazione di fonte pubblica in Rete

prevalentemente con l’ambito giuridico costituisce un primo elemento di riflessione.

Accanto all’utente esperto, esiste infatti un’ampia fascia di utenza non esperta che può

avere necessità informative legate allo studio o a questioni di vita quotidiana, alle quali è

possibile fare fronte con documenti pubblici pertinenti − non necessariamente di carattere

giuridico − reperibili in Rete22.

Molto spesso tali esigenze informative, in particolare se riguardanti diritti e doveri di

cittadinanza, rimangono inespresse, in quanto la biblioteca pubblica viene considerata dal

cittadino come luogo della cultura e non dell’informazione quotidiana. Si tratta dunque di

una domanda potenziale, la cui manifestazione è strettamente legata al modo in cui la

comunità percepisce la biblioteca stessa.

In considerazione di ciò, il bibliotecario pubblico dovrebbe dunque lavorare su due fronti:

comunicare un’immagine di biblioteca non solo come tempio della cultura ma anche come

centro di documentazione per la comunità, nonché tradurre, dove possibile, le esigenze

informative del cittadino individuando di volta in volta la documentazione pertinente23.

In entrambe i casi la padronanza della fonti nel reference diventa necessaria per sfruttare al

meglio il potenziale informativo della documentazione pubblica in Rete. Proprio rispetto

allo sviluppo di specifiche competenze professionali, due dei referenti tra quelli impiegati

in biblioteche di quarta classe (biblioteca comunale di Frascati e biblioteca comunale di

Tolentino) hanno citato nelle interviste come fondamentale la partecipazione al corso

Parlamento in biblioteca24.

La formazione rappresenta infatti un fattore chiave, in grado di influenzare in modo

determinante l’uso delle fonti nel reference. La necessità di interventi formativi mirati è di

conseguenza molto sentita dai bibliotecari operativi in biblioteche di piccole dimensioni,

tanto da ricorrere in tre delle interviste come osservazione spontanea.

22 Secondo l’indagine Istat Cittadini e nuove tecnologie 2010, il 37,8 delle persone che ha usato Internet ha cercato informazioni sulla Pubblica Amministrazione. Ad utilizzare la Rete per il reperimento di informazioni e dati pubblici sono soprattutto gli adulti tra i 45 e i 64 anni e con un livello socio culturale elevato: tra gli occupati infatti il 57,5% è composto da dirigenti, imprenditori, liberi professionisti e impiegati, rispetto al 22,5% degli operai. Il documento integrale dell’indagine è disponibile all’indirizzo: http://www.istat.it/salastampa/comunicati/in_calendario/nuovetec/20101223_00/testointegrale20101223.pdf 23 Su questo aspetti di sofferma Antonella Agnoli, Le piazze del sapere. Biblioteche e libertà cit., p. 15 24 Le biblioteche di quarta classe incluse nell’indagine il cui personale ha partecipato al corso Parlamento in biblioteca sono complessivamente sette. Si consideri però che, per la tipologia di intervista, le dichiarazioni in merito sono spontanee e non sollecitate da un quesito mirato.

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Come sottolineano i referenti della biblioteca comunale mons. Amatulli di Noci e della

biblioteca comunale Mi libro di Sant’Antimo, in assenza di precise strategie di formazione

del personale, l’individuazione dei documenti pertinenti è spesso infatti determinata dalle

competenze sviluppate autonomamente dal singolo bibliotecario.

Per quanto riguarda le fonti più utilizzate, diversi i richiami alla banca dati DFP: oltre ai

due referenti della biblioteca comunale di Tolentino e della biblioteca comunale di

Frascati, DFP è infatti considerata uno strumento di ricerca utile anche dal personale

intervistato della biblioteca comunale di Lomazzo, della biblioteca comunale di Noci e

della mediateca comunale Simone Augelluzzi di Eboli. L’altra tipologia di fonte citata

consiste nelle banche dati editoriali, prevalentemente di carattere giuridico. Questi prodotti

presentano naturalmente criticità dovute ai costi molto elevati, spesso sostenibili soltanto in

una logica di rete, come nel caso della Biblioteca comunale di Tolentino, che, grazie al

Sistema Bibliotecario Maceratese, accede alle risorse attraverso il sito web dell’Università

di Macerata. Non sempre tuttavia una strategia di rete è sufficiente a garantire il servizio in

assenza di adeguati finanziamenti, come dimostra il caso del sistema bibliotecario dei

Castelli Romani, che si è visto costretto a sospendere l’abbonamento alla banca dati

Guritel. A maggior ragione, una piccola biblioteca non sostenuta dalla cooperazione con

altre istituzioni, raramente può disporre di abbonamenti a pagamento. Il problema dei

ridotti investimenti costituisce, d’altra parte, la maggiore criticità evidenziata per lo

sviluppo del servizio dai referenti intervistati.

La mancanza di finanziamenti adeguati determina infatti ricadute non solo sugli acquisti

dell’accesso alle banche dati − questione che sarebbe facilmente risolvibile, nel caso

specifico della documentazione di fonte pubblica on-line, con l’affermazione di una logica

ad accesso aperto da parte delle istituzione − ma anche sull’organico e sulla formazione del

personale. Nella difficile situazione economica in cui versano le biblioteche pubbliche,

come è ovvio, l’accesso alle banche dati a pagamento rappresenta dunque, il più delle

volte, un costo troppo elevato da sostenere.

Al contempo la grande quantità di risorse disponibili gratuitamente in Rete non sempre

corrisponde a criteri di qualità. Proprio la mancanza di affidabilità dei documenti di fonte

pubblica in Internet viene infatti individuata quale principale fattore critico dai referenti

della biblioteca di Noci e della biblioteca di Castiglione del Lago.

Concludendo questa prima fase di analisi, sono possibili alcune osservazioni. Innanzitutto

una lettura attenta delle interviste ai bibliotecari impiegati in biblioteche di piccole

dimensioni rivela quale aspetto comune l’identificazione del concetto di documentazione

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di fonte pubblica con i documenti giuridici25. Viene cioè scarsamente considerata la

possibilità di proporre nel reference, accanto a soluzioni bibliografiche, documenti prodotti

dalla pubblica amministrazione su temi di interesse collettivo − società, famiglia, ambiente

− liberamente disponibili in Internet. Lo stesso utilizzo di DFP appare prevalentemente

limitato alla ricerca della documentazione giuridica, sebbene la banca dati faciliti, come

dimostra la stessa classificazione delle risorse, l’accesso a diverse tipologie di fonti che si

riferiscono a ambiti tematici di interesse per i cittadini.

Proprio per questo sono necessari interventi formativi mirati a garantire un accesso

ragionato alla documentazione di fonte pubblica in Rete da parte dei bibliotecari, a seconda

delle esigenze informative reali e potenziali dell’utenza.

Rispetto ai costi per l’accesso a documentazione di qualità, si può osservare come

l’affermarsi di una logica di diffusione ad accesso aperto per le risorse giuridiche − e in

generale per tutta la documentazione di fonte pubblica − consentirebbe l’abbattimento

della spesa traducendosi in un valido servizio al cittadino in ogni biblioteca, a prescindere

dalle dimensioni e dalle risorse economiche disponibili. Il risparmio così ottenuto potrebbe

peraltro essere investito in formazione con l’obiettivo di attivare un circolo virtuoso in

grado di incidere sull’impatto collettivo delle piccole biblioteche civiche.

La documentazione di fonte pubblica in Rete, sfruttata in tutta la sua ricchezza

documentale, si presta infatti anche per la pianificazione del reference sociale, necessario

per avvicinare il cittadino alla biblioteca, percepita ancora da molti come un luogo di alta

cultura riservato unicamente a una élite intellettuale.

Per quanto riguarda le biblioteche di medie dimensioni26, l’indagine ha considerato la

biblioteca comunale Guglielmo Marconi di Roma e la biblioteca di Scandicci. Nella loro

diversità, si tratta di due casi significativi da cui trarre possibili spunti per lo sviluppo di

servizi di reference in cui la documentazione pubblica in Rete possa essere valorizzata

quale risorsa informativa per il cittadino.

La biblioteca comunale Guglielmo Marconi è la più grande del sistema Biblioteche di

Roma e dispone di una mediateca con quattordici postazioni Internet destinate all’utenza.

La mediateca è gestita da tre operatrici esterne che garantiscono il funzionamento dello

sportello Incontragiovani. Informagiovani di Roma Capitale rivolto a giovani d’età

25 La stessa definizione di documentazione di fonte pubblica tratta dal glossario allegato all’indagine Aib-Istat è esplicita in questo senso: «Documentazione di fonte pubblica: insieme dei documenti prodotti dalle pubbliche amministrazioni e diffusi all’esterno delle amministrazioni stesse anche tramite editori privati. Comprende sia documenti che costituiscono unità bibliografiche autonome (studi, relazioni, periodici) sia documenti giuridici che vengono diffusi tramite pubblicazioni ufficiali, oppure tramite i canali dell’editoria giuridica o le basi di dati on-line (leggi, sentenze, atti amministrativi a carattere generale, circolari, disegni di legge ...)». http://www.aib.it/aib/cen/q0106a1.htm 26 Ci si riferisce alle biblioteche appartenenti alla quinta classe di patrimonio.

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compresa tra i 14 e 35 anni27. Di fatto l’utenza della mediateca è molto diversificata per età

e condizioni socio-culturali, pertanto le esigenze informative a cui le operatrici fanno

fronte non provengono esclusivamente da questa fascia d’età28.

Sulla base di quanto emerge dall’intervista al referente, nel caso della biblioteca Guglielmo

Marconi non ci troviamo, come finora riscontrato nelle biblioteche di piccole dimensioni,

davanti a una domanda spontanea e residuale di documentazione di fonte pubblica in Rete.

La documentazione pubblica in Rete risulta infatti qui utilizzata nel reference sociale,

ovvero nella risoluzione di bisogni informativi specifici e concreti che possono riguardare

diversi ambiti, dal lavoro alla scuola, dal welfare al fisco.

Nelle attività dello sportello Informagiovani per esempio, la fornitura di documenti

pubblici può essere necessaria per la scelta di un iter formativo, la preparazione di un

concorso o la presentazione di un progetto di imprenditorialità giovanile. Lo stesso

reference giuridico − con il recupero di leggi e norme − ha la finalità di rispondere a

esigenze sociali che si presentano nel quotidiano, spesso manifestate dalle fasce più deboli

della popolazione, quali anziani, immigrati e in generale l’utenza socialmente svantaggiata.

A fronte di un terreno così fertile, si può osservare come il limite allo sviluppo del servizio

risieda nell’assenza di un bibliotecario documentarista in affiancamento alle operatrici

dell’Informagiovani. Nonostante infatti sia garantito all’utente il recupero di leggi e norme

utili, resta marginale l’uso di altre tipologie di documentazione − studi, rapporti, statistiche,

ecc. − che pure potrebbero costituire un approfondimento aggiornato su diversi temi,

magari accanto a quanto di bibliografico sull’argomento è disponibile nel catalogo.

Se l’utilizzo della documentazione di fonte pubblica in Rete nella biblioteca Guglielmo

Marconi si colloca nell’ambito dei servizi informativi destinati all’utenza in sede, molto

diversa si configura la situazione della biblioteca di Scandicci29.

Qui infatti tale tipologia documentaria risulta prevalentemente orientato al reference

digitale, come specifica il referente nell’intervista. Il servizio di reference cooperativo

digitale Chiedi in biblioteca − sul modello diffuso in Europa e negli Stati Uniti30 − si

rivolge all’utente remoto, il quale esprime bisogni informativi di diversa natura.

27 Sull’Informagiovani in biblioteca come esempio di Community Information si veda: Chiara Papalia, L’informazione di comunità e una sua applicazione italiana: l’Informagiovani cit. 28 Per l’analisi del profilo e dei comportamenti dell’utenza della mediateca si rimanda al quinto capitolo. 29 Negli anni Ottanta, proprio la biblioteca di Scandicci ha sperimentato modelli di informazione di comunità. Cfr.: Daniele Danesi-Silvia Ermini, L’informazione di comunità: un servizio da scoprire. Le ipotesi di lavoro della biblioteca di Scandicci cit., p. 23-35. 30 Tra i molti esempi di Ask a librarian, si cita The Metropolitan Cooperative Cooperative Library System (MCLS, www.mcls.org) che raggruppa biblioteche pubbliche e universitarie dell’area di Los Angeles.

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Nel rispondere ai quesiti on-line il personale bibliotecario ricorre spesso alla

documentazione di fonte pubblica in Rete, e non soltanto in relazione a richieste di ambito

giuridico31. Non si tratta dunque di una domanda specifica di tale tipologia documentaria

da parte dell’utenza, bensì di un uso nel reference in cui questa risulta integrata sia con

altre fonti on-line che con indicazioni bibliografiche pertinenti. Per averne conferma è

sufficiente scorrere le risposte nell’archivio delle domande, interrogabile per tema o per

parola:

Figura 1 – Archivio domande e risposte del servizio Chiedi in biblioteca di reference digitale cooperativo della Regione toscana.

Oltre alla voce di carattere esplicitamente giuridico (‘leggi e diritto’) tutte le altre voci

presentano quesiti per i quali i bibliotecari si sono avvalsi, nel formulare la risposta, a

documentazione di fonte pubblica disponibile in Rete.

Si riporta di seguito un esempio tra i molti possibili:

DOMANDA: Cercavo informazione riguardanti i criteri museologici e museografici dei musei archeologici toscani (ma soltanto dei musei costruiti e organizzati dagli anni 80 in poi)

31 Il servizio è on-line: http://www.cultura.toscana.it/biblioteche/servizi_web/chiedi_biblioteca/

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RISPOSTA: Le consigliamo di visitare il sito “Toscana musei” della Regione (http://www.cultura.toscana.it/musei); riporta molte notizie, oltre alla normativa amministrativa e tecnica. In particolare vi sono vari materiali su i “criteri tecnico-scientifici e standard per i musei”. Per la specifica area dei musei archeologici riteniamo sia utile una ricognizone dei principali istituti toscani, così come descritti e catalogati nel sito dell’AMAT (Associazione dei Musei Archeologici Toscani, http://www.archeologiatoscana.it), e nella banca dati di Toscana Musei (http://web.rete.toscana.it/cultura/musei?command=search), impostando la condizione “Archeologia” nel campo “Classe/Type of museum”. Purtroppo non è possibile specificare la data di istituzione del museo, che comunque trova sempre citata nelle descrizioni. Nelle due banche dati trova inoltra diversi riferimenti bibliografici. Per ulteriori approfondimenti e per attivare eventualmente prestiti interbibliotecari le consigliamo di rivolgersi alla sua biblioteca di riferimento.

L’utente viene dunque orientato nella ricerca in Internet e poi invitato a rivolgersi alla sua

biblioteca per la consultazione dei riferimenti bibliografici segnalati. Si tratta dunque di

un’intermediazione che integra le risorse di Rete con il patrimonio bibliografico, a cui la

biblioteca può accedere peraltro anche tramite prestito interbibliotecario o document

delivery.

L’indagine ha infine coinvolto sei biblioteche di grandi dimensioni32. Anche in questo caso

emerge la tendenza a identificare l’uso della documentazione di fonte pubblica in Rete con

la ricerca di norme e leggi. A differenza delle biblioteche di dimensioni modeste, alcune di

queste presentano però un servizio strutturato di reference giuridico.

Per quanto riguarda le tre biblioteche umbre per esempio, le interviste dei referenti

associano l’uso di tale tipologia documentaria alla disponibilità di banche dati editoriali a

pagamento. Sia nel caso della biblioteca di Orvieto che in quello della biblioteca di Foligno

viene infatti sottolineata l’impossibilità di sostenere l’onere economico per l’accesso ai

documenti pubblici mediante tali prodotti.

La biblioteca di Terni offre invece, presso l’emeroteca, un servizio strutturato di reference

giuridico prevalentemente basato sull’accesso alle banche dati editoriali. Al contempo,

rende disponibile in remoto diverse sitografie tematiche, come ad esempio la sezione web

Job on the net, area informativa on-line destinata ai giovani dove sono accessibili risorse

per la ricerca di lavoro e per l’avviamento di progetti di imprenditorialità giovanile. Job on

the net si presenta così:

32 Con un patrimonio documentale superiore ai 100.000 documenti, dunque riconducibili alla sesta classe di patrimonio.

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Figura 2 – Job on the net, area del sito della biblioteca comunale di Terni (BTC) dedicata ai giovani. - http://www.bct.comune.terni.it

Anche la biblioteca civica Cologno Monzese garantisce un servizio di reference giuridico

all’utenza che ne fa richiesta. In questo caso, la fonte esplicitamente indicata dal referente

è la banca dati DFP, utilizzata proprio in caso di quesiti a carattere giuridico e normativo.

Occorre inoltre sottolineare che la biblioteca civica Cologno Monzese collabora dal 2001

con la redazione di SegnaWeb, selezione di risorse di Rete destinate a bibliotecari pubblici

e cittadini promossa dall’AIB e dal CILEA, coordinata da Elena Boretti e gestita con un

modello cooperativo analogo alla DFP33. Proprio sulla scorta di questa esperienza la

biblioteca ha realizzato sul proprio sito un’area denominata ‘Risorse web’ che raccoglie

indirizzi di rete sotto voci di utilità pubblica.

33 SegnaWeb nasce tra il 2000 e il 2003 sulla base del modello di DPF per opera della Commissione sulla biblioteche pubbliche dell’Aib con un progetto coordinato da Elena Boretti. Recentemente SegnaWeb è stato trasferito nella piattaforma CWIS (Collection Workflow Integration System), evoluzione del software open source Scout Portal Toolkit già adottata nell’ottobre 2009 per DFP. SegnaWeb è consultabile all’indirizzo: http://www.segnaweb.it/index.php Riferimenti bibliografici: Elena Boretti, SegnaWeb: risorse Internet selezionate dai bibliotecari italiani, in Rapporto sulle biblioteche italiane 2005-2006, a cura di Vittorio Ponzani, direzione scientifica di Giovanni Solimine, Roma, AIB, 2006, p. 134-138. Id., SegnaWeb e le specificità del reference generale: collaborare fra diversi? relazione al convegno “Informare a distanza”, Firenze, 10 dicembre 2003. La relazione è disponibile all’indirizzo: http://www.cultura.toscana.it/biblioteche/servizi_web/chiedi_biblioteca/convegno/boretti.shtml Elena Boretti è inoltre autrice di importanti pubblicazioni sul reference nelle biblioteche pubbliche, tra cui si segnala il volume I servizi di informazione nella biblioteca pubblica. Competenze e metodi per collaborare nel reference tradizionale e digitale, Milano, Editrice Bibliografica, 2009.

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Figura 3 – Risorse web nel sito della biblioteca civica di Cologno Monzese

Alcune di queste voci − concorsi, leggi, fisco, politica, salute, statistica − sono interamente

costituite da documentazione di fonte pubblica in Rete.

La biblioteca offre inoltre all’utenza un servizio di reference remoto, denominato Chiedilo

a noi, che in un’ottica di servizio personalizzato sfrutta la posta elettronica, non

prevedendo dunque, come nel caso del sistema cooperativo toscano Chiedi in biblioteca, la

condivisione dei quesiti in archivio:

Figura 4 – Biblioteca civica di Cologno Monzese – servizio Chiedilo a noi!

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La biblioteca comunale Renato Fucini di Empoli, di dimensioni analoghe alla biblioteca

civica Cologno Monzese34, presenta un quadro molto diverso nell’uso della

documentazione di fonte pubblica in Rete nel reference. Qui prevale infatti la produzione

di sitografie tematiche di interesse pubblico, come evidenzia l’intervista al referente.

Emergono criticità comuni a molte biblioteche circa la carenza di personale specializzato,

ma anche un uso interessante della documentazione pubblica in Rete proprio nella

realizzazione di bibliografie/sitografie tematiche, accessibili sia in formato cartaceo per la

consultazione in sede, sia in digitale sul sito della biblioteca35. Nell’ambito del reference

giuridico è stato per esempio pubblicato Pro jure et lege, un numero speciale del bollettino

della biblioteca Biblioinforma consistente in un ricco repertorio di risorse a stampa e

digitali:

Figura 4 – Servizio di informazione giuridica – Biblioteca Comunale Renato Fucini di Empoli

34 Entrambe le biblioteche dichiarano un patrimonio di circa 120.000 documenti. 35 Sulla comunicazione web della biblioteca Renato Fucini di Empoli si veda l’interessante articolo di Maria Stella Rasetti, che ha diretto la biblioteca dal 1997 al 2008: Maria Stella Rasetti, L’odalisca sul risciò, “Biblioteche oggi”, 18, 9, 2000, p. 8-20.

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Ciascuna risorsa è corredata di una breve descrizione e, nel caso della documentazione di

fonte pubblica in Rete ad accesso libero, del relativo collegamento web.

La biblioteca di Empoli produce inoltre dépliant informativi su temi sociale o culturali di

interesse collettivo, che spaziano dal cinema alla sanità, dalla scuola alla politica

internazionale. Nel caso dei pieghevoli editi nell’ambito del progetto La biblioteca in

diretta dalla cronaca sono trattati, per esempio, argomenti al centro dell’attenzione

giornalistica.

Per alcuni temi specifici, la documentazione pubblica on-line rappresenta − citando

un’espressione usata dal referente intervistato − un vero e proprio «epicentro

documentario». Il dépliant sull’AIDS, di cui si riporta di seguito la prima pagina, dimostra

chiaramente come una selezione qualitativa di siti web istituzionali possa rappresentare un

valido strumento informativo per il cittadino:

Figura 5 – Dèpliant Aids 1981-2007 – biblioteca comunale Renato Fucini di Empoli

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Questo modello, che affianca risorse di Rete con il patrimonio documentario della

biblioteca, è stato utilizzato per dépliant simili sull’influenza aviaria e la SARS, ma anche

per documentare il fenomeno del bullismo, per diffondere la conoscenza della Comunità

Europea o per fare il punto sulle condizioni dell’ambiente.

La stessa biblioteca Sala Borsa, la più grande tra le biblioteche incluse nell’indagine,

dedica molto spazio al reference strutturato in sitografie tematiche. Sala Borsa rappresenta

certamente una punta di eccellenza nel panorama bibliotecario pubblico nazionale e per

averne conferma è sufficiente scorrere le statistiche 2010, da cui risultano dati elevati,

come per esempio 1.310.972 ingressi in biblioteca e 567.518 visite al sito web36.

Con 444 posti a sedere e un patrimonio documentario di circa 245.000 documenti, la nota

biblioteca di Bologna possiede una strumentazione tecnologica consistente, dispone infatti

di quarantuno postazioni multimediali per la consultazione del catalogo on-line, quattro per

le banche dati e i periodici, trentadue per la navigazione Internet, otto per white-list

(selezione siti) e altrettante per la visione dei film.

Nell’uso della documentazione di fonte pubblica in Rete nel reference, come nel caso di

Empoli, prevale l’ibridazione tra fonti cartacee e accessibili in Internet, sia gratuite che a

pagamento.

L’offerta delle risorse disponibili nel sito web della biblioteca è molto ricca. Merita

attenzione in particolare la guida alla ricerca di documentazione giuridica che si configura

come un repertorio commentato di fonti pubbliche possedute in catalogo e presenti in Rete,

in maniera analoga a Pro jure et lege realizzato dalla biblioteca di Empoli. Di seguito la

relativa sezione web:

36 Le statistiche sono disponibili sul sito web della biblioteca Sala Borsa all’indirizzo: http://www.bibliotecasalaborsa.it/documenti/22561. Sulla biblioteca Sala Borsa esiste una consistente letteratura biblioteconomica, si citano qui alcuni riferimenti: Anna Maria Brandinelli, La Biblioteca Sala Borsa di Bologna : storia del progetto e dei luoghi, “Biblioteche oggi”, 20, 4, 2002, p. 6-18; Elena Boretti, Maria Luisa Rinaldi, Sala Borsa un anno dopo, “Biblioteche oggi”, 21, 10, 2003, p. 25-28; Igino Poggiali, Due realtà urbane, in Rapporto sulle biblioteche italiane 2004, a cura di Vittorio Ponzani, direzione scientifica di Giovanni Solimine, presentazione di Miriam Scarabò, Roma, AIB, 2004, p. 57-67; Fabrizia Benedetti, L’esperienza di Sala Borsa sul reference tradizionale e remoto, “Bibliotime”, 8, 1, 2005; Piero Cavaleri, Biblioteca Sala Borsa, 7, 2006, p. 77-79; Anna Galluzzi, Biblioteche per la città. Nuove prospettive di un servizio pubblico, Roma, Carocci, 2009, p. 91-94; Ead., Costruire nuove biblioteche o costruire un nuovo modo di essere biblioteche? Un percorso italiano attraverso 19 interviste, “Bollettino AIB”, 49, 4, 2009, p. 459-482; Virginia Gentilini, Il wiki di Sala Borsa, “Biblioteche oggi”, 27, 2, 2009, p. 35-39. Nonostante il prestigio, la biblioteca Sala Borsa non è sfuggita ai tagli economici che hanno imposto nel 2011 una riduzione dell’orario di apertura con la chiusura del lunedì.

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Figura 6 – Documentazione giuridica nella Biblioteca Sala Borsa http://www.bibliotecasalaborsa.it/documenti/8725

Con un modello analogo di segnalazione dei documenti in catalogo e in Rete, vengono

periodicamente proposte nella sezione ‘Risorse on-line’ bibliografie/sitografie tematiche di

interesse collettivo locale e nazionale, i cui temi spaziano dalla letteratura alla storia della

città, dal lavoro al diritto, dalla scuola alla vita domestica.

Tra queste particolarmente interessante risulta essere la sitobibliografia Come si vive in

Italia? incentrata sulle condizioni economiche e sociali del paese. Organizzata in dodici

voci − annuari generali, finanza, economia, settore agroalimentare, ambiente, sanità,

turismo, lavoro, politiche sociali, cultura, politica, strumenti − ciascuna delle quali riporta

sia i documenti pertinenti presenti in catalogo con il relativo collegamento alla scheda

dell’opac, sia i link ai documenti di fonte pubblica riguardanti l’argomento trattato.

Si noti che, nella presentazione della sitografia/bibliografia Come si vive in Italia?, la

banca dati DFP è esplicitamente citata quale fonte per la ricerca e selezione di documenti e

siti istituzionali. Nelle figure seguenti è riprodotta la presentazione del prodotto e la

relativa organizzazione delle risorse:

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Figura 7 – Come si vive in Italia? (Sala Borsa) http://www.bibliotecasalaborsa.it/bibliografie/1495

Figura 8 – Come si vive in Italia? - Organizzazione delle risorse

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Il servizio di reference digitale a distanza Chiedilo al bibliotecario − come nel caso del

reference cooperativo toscano Chiedi in biblioteca − permette di consultare l’archivio dei

quesiti: anche qui sono presenti sezioni specifiche come ‘diritto’ o ‘economia e lavoro’.

Nelle risposte ricorrono, accanto alle indicazioni bibliografiche, segnalazioni di

documentazione di fonte pubblica da consultare direttamente in Rete.

Figura 9 – Archivio domande del servizio Chiedilo al bibliotecario della biblioteca Sala Borsa http://www.bibliotecasalaborsa.it/content/reference/online-domande-risposte.php

L’intervista al referente, che esamina con accuratezza i diversi aspetti della questione

osservata da un punto di vista di eccellenza quale Sala Borsa, offre spunti di riflessione

molto interessanti. In particolare la sua analisi si sofferma sull’uso in biblioteca dei diversi

tipi di documentazioni pubblica (statistica, giuridica ecc.) individuando quale criticità

principale lo scarso interesse degli utenti per la verificabilità delle informazioni. Al

contempo, specie nel caso degli utenti più anziani, evidenzia il persistere di una certa

diffidenza nei confronti dei documenti digitali rispetto a quelli cartacei.

L’aspetto più interessante dell’intervista consiste nell’affermazione secondo cui la

documentazione di fonte pubblica in Rete non costituisce una «categoria degna di interesse

di per sé» ma assume valore all’interno di un contesto tematico specifico.

Di particolare rilievo inoltre la proposta emersa dal colloquio tenutosi nella biblioteca Sala

Borsa circa lo sviluppo di sitografie tematiche, per il quale le biblioteche pubbliche

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potrebbero agire in maniera cooperativa ricorrendo non solo alla consultazione della banca

dati DFP per la selezione delle risorse, ma anche alla consulenza della stessa redazione.

4.6 Osservazioni conclusive Si può innanzitutto osservare che il maggiore dimensionamento delle biblioteche non

sembra determinare necessariamente un uso più consapevole della documentazione di

fonte pubblica in Rete nel reference. Come dimostra il caso delle biblioteche umbre, le

criticità individuate risultano essere infatti analoghe a quelle riscontrate in altre tipologie di

biblioteche. Nonostante ciò, appare necessario considerare perlomeno le realtà di medie

dimensioni per rintracciare la manifestazione spontanea di bisogni informativi da parte

dell’utenza a cui sia possibile rispondere con la documentazione di fonte pubblica37.

Questo probabilmente perché la piccola biblioteca di ente locale è considerata dalla

collettività come un luogo unicamente deputato alla consultazione e al prestito librario, per

cui l’idea di centro di documentazione sembrerebbe ancora interamente da costruire38.

Ciò non toglie che anche nelle biblioteche di medie e grandi dimensioni − sebbene per loro

natura siano maggiormente percepite come luoghi di intermediazione documentaria in

senso ampio − la documentazione di fonte pubblica in Rete, in particolare ad accesso

aperto, dovrebbe trovare un utilizzo tale da esplicitarne le reali potenzialità informative.

Dove infatti, come nel caso della biblioteca di Terni, si configura un servizio di reference

specificamente basato su tale tipologia documentaria, questo è di carattere giuridico e si

avvale prevalentemente di risorse a pagamento.

Conviene a questo punto considerare le network view elaborate attraverso l’analisi

comparata delle interviste ai bibliotecari pubblici. La fig.10 − in cui si riporta la network

view già anticipata all’inizio del terzo capitolo − dimostra come nelle biblioteche di diverse

dimensioni, sebbene con esiti differenti, ricorrano criticità analoghe.

Segue la tabella riassuntiva delle codifiche raggruppate in macrotemi (documenti, utenti,

investimenti, bibliotecari), ciascuna delle quali accompagnata, a titolo di esempio, da uno

stralcio in forma anonima tratto delle interviste ai bibliotecari, nonché dalla frequenza della

relativa codifica nei testi (tabella 5).

37 L’osservazione è confermata anche da quanto emerso nell’indagine nazionale AIB-ISTAT. Cfr.: Fernando Venturini, Documentazione di fonte pubblica e biblioteche. Una nota di commento (...molto a freddo) sull’indagine nazionale AIB-ISTAT cit. 38 Sulla biblioteca di ente locale, spesso One Person Library, si veda: Nerio Agostini, Gestire una piccola biblioteca. Manuale della One Person Library cit.

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Figura 10 – Criticità ricorrenti emerse dall’analisi della interviste

[]

====

[]

[]

==

[]

==

[]

[]

[]

[]

[]

[][]

Assenza di formazionenel reperimento delladocumentazione difonte pubblica in Rete

Carenza di organico

Carenza di risorseeconomiche

Costo delle banche dati

Digital divide

Dotazione tecnologicainadeguata

Le richieste provengonosoltanto da utentiesperti

Mancanza di personalespecializzato

Qualità/affidabilità deidocumenti pubblici online

Scarso interesse averificare leinformazioni

Uso tradizionale dellabiblioteca

CRITICITA'

UTENTI

BIBLIOTECARI

DOCUMENTI

INVESTIMENTI

Tabella 5 - Criticità ricorrenti emerse dall’analisi della interviste

CODIFICHE FREQUENZA

DOCUMENTI

Mancanza di qualità/affidabilità dei documenti pubblici on-line

«In sede utilizziamo preferibilmente banche dati giuridiche editoriali […] perché consentono l’accesso ai testi vigenti non sempre garantito ad es. da Normeinrete.»

3

UTENTI

Le richieste provengono soltanto da utenti esperti 4

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«Le richieste spontanee sono poche e vengono da parte di utenti esperti che sanno già della disponibilità in rete di documentazione pubblica»

Uso tradizionale della biblioteca

«Prevalgono le richieste di bibliografie di stampo tradizionale, la localizzazione di documenti, ecc.»

2

Scarso interesse a verificare le informazioni

«Il concetto di fonte di informazione primaria è largamente assente nel cittadino medio (generalizzando), per il quale non esiste un forte interesse verso l’idea della verificabilità o dell’attendibilità della fonte delle informazioni.»

2

Digital Divide

«Abbiamo ancora attivo l’abbonamento alla versione cartacea della Gazzetta Ufficiale e anzi riteniamo che il passaggio alla versione digitale produrrà alcune criticità almeno in un'area del nostro pubblico, ad esempio quella degli anziani.»

1

BIBLIOTECARI

Assenza di formazione nel reperimento della documentazione di fonte pubblica in Rete

«Le stesse biblioteche però, specialmente quelle piccole, avrebbero bisogno di essere informate sulla presenza della documentazione di fonte pubblica in rete e sulle modalità di accesso e di uso.»

4

Carenza di organico

«Per poter giungere ad una piena valorizzazione della documentazione di fonte pubblica in rete nei servizi della biblioteca sarebbe necessario una maggiore sensibilizzazione dell’Ente a cui la biblioteca appartiene attraverso l'erogazione di fondi adeguati e l' ampliamento dell'organico che è purtroppo alquanto carente.»

3

Mancanza di personale specializzato

«La mancanza di personale specializzato è effettivamente uno dei limiti principali allo sviluppo del servizio di documentazione legale. Non abbiamo mai eccessivamente pubblicizzato il servizio proprio alla luce della sua debolezza.»

3

INVESTIMENTI

Carenza di risorse economiche

«Proprio la mancanza di risorse economiche costituisce una delle difficoltà che si incontrano per fornire un adeguato servizio di informazione all'utenza.»

3

Costo delle banche dati

«I costi per abbonamenti in cd oppure on-line sono un onere che la nostra biblioteca non è in grado di sostenere.»

3

Dotazione tecnologica inadeguata

«La biblioteca comunale non assolve al momento a questo ruolo, sia per mancanza di personale che di mezzi informatici adeguati.»

1

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161

I nodi critici sono stati dunque organizzati e rappresentati nella network view sulla base di

quattro criteri: documenti, utenti, investimenti, bibliotecari. Come emerge dall’analisi, se la

disponibilità in Rete di documenti pubblici qualitativamente soddisfacenti e ad accesso

aperto costituisce un requisito fondamentale, molto c’è da lavorare anche sul fronte

dell’utenza.

La percezione collettiva della biblioteca pubblica è infatti spesso lontana dall’idea di centro

di documentazione a cui rivolgersi per esigenze informative non immediatamente

identificabili con l’immagine di una cultura elitaria, estranea alle problematiche della vita

quotidiana e prevalentemente ancorata all’oggetto libro. In questo scenario, la formazione

dei bibliotecari all’uso della documentazione di fonte pubblica in Rete nel reference

sembrerebbe essere la vera spinta in grado di stimolare lo sviluppo del servizio.

La capacità di selezionare con criteri qualitativi e dunque valorizzare le risorse di fonte

pubblica ad accesso gratuito per far fronte alle esigenze informative dell’utenza in ambiti

tematici diversi, permetterebbe infatti di svincolare il servizio stesso dagli angusti confini

del reference giuridico.

La biblioteca di base intesa come centro di documentazione per la comunità dovrebbe

peraltro utilizzare la documentazione di fonte pubblica in Rete considerandone il

potenziale informativo generalista, in modo trasversale per i diversi livelli di reference e in

riferimento a tutte le tipologie di utenza.

La carenza di investimenti economici per il funzionamento delle biblioteche di base

costituisce certo uno degli ostacoli maggiori. I bibliotecari, tanto più in questa fase

caratterizzata da una progressiva riduzione dei finanziamenti per i servizi sociali e

culturali, sono spesso costretti a fronteggiare disagi derivanti da un quantitativo

insufficiente di personale specializzato, come da risorse economiche irrisorie per l’acquisto

di dotazioni tecnologiche adeguate e per la stessa formazione.

Nonostante le criticità emerse, i presupposti per uno sviluppo consapevole del servizio

risiedono proprio nel potenziamento di esperienze di reference già diffuse nel lavoro

quotidiano dei bibliotecari pubblici. La fig. 11 e la successiva tabella riassuntiva

focalizzano in proposito le tipologie di reference in cui la documentazione di fonte

pubblica assume un ruolo centrale e dalle quali, dunque, sarebbe opportuno muovere per

un potenziamento ragionato del servizio.

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Figura 11 – La documentazione di fonte pubblica in Rete nel reference

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[] Accesso a banchedati giuridicheeditoriali

Assistenzadestinata allecategorie socialideboli

Communityinformation

Dossiér tematici

Refence digitalecooperativo (Chiediin biblioteca)

Reference giuridicodi base

Servizi informatividestinati ai giovani

Sito-bibliografietematiche

Sitografie per laricerca di lavoro

DOCUMENTAZIONEDI FONTE PUBBLICAIN RETE

REFERENCEDIGITALE

REFERENCEGIURIDICO

REFERENCESOCIALE

REFERENCESTRUTTURATO INSITOGRAFIETEMATICHE

Tabella 6 – La documentazione di fonte pubblica in Rete nel reference

CODIFICHE FREQUENZA

REFERENCE GIURIDICO

Reference giuridico di base

«Utilizziamo il VRD “Documentazione di fonte pubblica in rete” abitualmente nel nostro lavoro di reference e lo segnaliamo ai nostri utenti come fonte informativa quando forniamo risposte di carattere giuridico e normativo.»

10

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163

Accesso a banche dati giuridiche editoriali

«A questo proposito abbiamo acquistato tre valide banche dati con aggiornamento on-line: “Leggi d’Italia Professionale”, “De Jure”, “Il Foro Italiano on-line”; questi prodotti offrono legislazione regionale, nazionale (sia storica che vigente), diritto comunitario, diritto del lavoro, diritto tributario, diritto di famiglia e minori, contratti nazionali ed internazionali, appalti, repertorio di giurisprudenza, sentenze della Cassazione civile e penale, Corte costituzionale, TAR e Consiglio di Stato, Corte dei Conti, Corti di Merito e relativa dottrina.»

6

REFERENCE SOCIALE

Community Information

«La Community Information viene di norma svolta col semplice reperimento di indirizzi di enti, associazioni ecc. a cui rivolgersi sul territorio. Tenderei a dire che lo strumento utilizzato normalmente in questi casi è la rete, puntando direttamente ai siti degli enti.»

2

Assistenza informativa destinata alle categorie sociali deboli

«Nella nostra biblioteca le postazioni Internet sono spesso utilizzate da anziani, stranieri, e anche utenza svantaggiata, e per come è organizzato il servizio più che di vero e proprio servizio di reference si può parlare di assistenza e orientamento nella ricerca on-line.»

2

Servizi informativi destinati ai giovani

«[La biblioteca offre] un servizio di consulenza e orientamento Informagiovani.»

1

Sitografie per la ricerca di lavoro 1

«Per facilitare la ricerca di lavoro, tirocini formativi, stage da parte dei giovani, oltre al nostro reference , c’è un servizio on-line sul sito della biblioteca che permette di collegarsi a diversi link.»

REFERENCE DIGITALE

Reference digitale cooperativo (Chiedi in biblioteca)

«In tale ambito [il personale] ha sviluppato una certa esperienza nell'uso diversi tipi di fonti per soddisfare esigenze informative molto varie, non soltanto dunque di tipo bibliografico.»

1

REFERENCE STRUTTURATO IN SITOGRAFIE TEMATICHE

Sito-bibliografie tematiche

«Nella bibliografia online Come si vive in Italia? citiamo diversi rapporti di ricerca. […] Viene qui citato direttamente il repertorio DFP come fonte di alcune delle risorse utilizzate.»

2

Dossier tematici

«L'elaborazione di altri opuscoli e pubblicazioni bibliografiche hanno fatto riferimento a fonti di documentazione pubblica gratuite, ad esempio il depliant su AIDS […] dove si fa riferimento a fonti web come “epicentro”, così il depliant sull’influenza aviaria.»

2

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164

La network view nella fig. 11 dimostra come l’uso della documentazione di fonte pubblica

in Rete può articolarsi secondo una rete complessa di relazioni, dove non è possibile

attribuire dei confini rigidi se non convenzionalmente. Ciò premesso − pur rimanendo

lontani da qualsiasi pretesa di generalizzazione che non sarebbe pertinente con le modalità

di ricerca adottate − è possibile proporre una panoramica delle principali tipologie di

reference emerse dall’indagine, in cui la documentazione di fonte pubblica rappresenta una

risorsa essenziale (tabella 6).

La prima tipologia è rappresentata dal reference giuridico. Si tratta di un servizio di base

che risponde ai bisogni informativi espressi dall’utenza, generalmente con un livello socio

culturale medio-alto, a prescindere dall’offerta della biblioteca. Nelle biblioteche di piccole

dimensioni raramente è un servizio a se stante, in quanto presuppone l’impiego di

personale con conoscenza approfondite di information retrieval in banche dati

specializzate ad accesso gratuito, nonché costosi abbonamenti a banche dati giuridiche. Lo

sviluppo del reference giuridico richiede dunque una adeguata formazione del personale,

ma anche la disponibilità di documentazione pubblica ad accesso aperto affidabile e

completa, necessaria per abbattere i costi delle banche dati.

La seconda tipologia individuata è quella del reference sociale, prevalentemente basato

sulla Community Information, il cui obiettivo consiste nel rispondere ai bisogni informativi

espressi e inespressi che emergono nella vita quotidiana dei cittadini. Sulla base di

un’attenta analisi della comunità a cui la biblioteca si riferisce, può rivolgersi a specifiche

tipologie di utenti (per esempio disoccupati) e avvalersi del supporto di altri servizi

informativi esistenti nel territorio (per esempio Informagiovani). Lo sviluppo del reference

sociale è pertanto strettamente collegato alla percezione che l’utente matura della

biblioteca quale centro di documentazione per la comunità.

La documentazione di fonte pubblica in Rete può assumere inoltre un ruolo determinante

nel reference digitale, che trova sviluppo in progetti del tipo Chiedi al bibliotecario. Nel

reference digitale l’utente remoto presenta infatti esigenze informative diversificate,

dunque non necessariamente di tipo bibliografico. Il servizio trova una forte valorizzazione

nel modello cooperativo e nella condivisione dei quesiti risolti in Rete, come avviene nel

caso del reference cooperativo toscano Chiedi in biblioteca, che permette la consultazione

dell’archivio di domande e risposte.

In ultimo, ma non per importanza, va considerato il reference strutturato in sitografie

tematiche. Trasversale a tutte le altre tipologie di reference qui esposte, implica la

pianificazione di precise politiche documentarie da parte della biblioteca, in quanto si

articola nella produzione e diffusione di biblio-sitografie su temi di interesse collettivo. Il

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165

reference strutturato in sitografie tematiche si presta particolarmente allo sviluppo

cooperativo, per il quale sarebbe auspicabile la creazione di una piattaforma on-line per la

produzione e condivisione delle risorse, da personalizzare di volta in volta in base alle

esigenze della singola biblioteca e della relativa utenza.

A partire dalla biblioteca comunale di Terni e dalla Biblioteca Guglielmo Marconi di

Roma, qui individuate rispettivamente come validi punti di osservazione per il reference

giuridico e per il reference sociale, l’indagine esposta nel quinto capitolo si propone di

mettere a fuoco i bisogni informativi dell’utenza espressi nei diversi contesti.

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166

IL PUNTO DI VISTA DEGLI UTENTI

«E poi venne la città di Oakland, e negli scaffali della biblioteca pubblica scoprii un vasto mondo al di là dell’orizzonte. C’erano migliaia di libri buoni come i miei quattro, e qualcuno anche meglio». Jack London, John Barleycorn

5.1 Bisogni informativi e nuovi diritti Oltre l’idea di custodia a cui è etimologicamente legata, la biblioteca pubblica moderna ha

il compito di tessere ‘conversazioni’ sulla conoscenza1, diventando autrice di percorsi

significativi che non si limitino all’organizzazione funzionale del catalogo ma offrano

possibili letture critiche della realtà in grado di stimolare nuove letture e approfondimenti.

Per fare ciò deve stabilire un rapporto dialogico con la comunità, aprirsi ai valori e ai

bisogni informativi delle persone e dei gruppi con l’obiettivo di interpretarli e documentarli

in percorsi dotati di senso, restituendo di volta in volta porzioni di significato all’entropia

informativa contemporanea2. In questa dimensione propositiva la biblioteca pubblica non

solo custodisce i beni comuni della conoscenza passata e presente, ma gli restituisce

continuamente nuova vita alla luce di coordinate storiche, culturali, sociali riconoscibili,

ispirate all’etica professionale quanto agli interessi della società civile. Comprendere i

bisogni informativi − ma anche culturali e sociali − delle persone, significa, in tale

prospettiva, aprire un dialogo con la collettività, stabilire una sinergia orientata a un

servizio bibliotecario migliore, in grado di incidere positivamente sulla stessa qualità della

vita dei cittadini3.

Un valido strumento per agire in questa direzione è l’indagine sull’utenza reale e/o

potenziale, con cui è possibile raccogliere informazioni preziose circa il livello di

soddisfazione del servizio, ma anche sui desideri, le necessità e la percezione stessa della

1Il concetto di biblioteca come conversazione è espresso in David R. Lankes - Joanne Silverstein - Scott Nicholson, Le reti partecipative, la biblioteca come conversazione, traduzione a cura del Gruppo di studio sulle biblioteche digitali dell’AIB. http://www.aib.it/aib/cg/gbdigd07.htm3. 2 Sulla biblioteca come laboratorio di produzione documentale si segnala: Giovanni Solimine, La biblioteca. Scenari, culture, pratiche di servizio cit., p. 224-229. Si veda inoltre: Paolo Traniello, Biblioteche e società, Bologna, Il Mulino, 2005, p. 83-92. 3 Proprio al ruolo fondamentale della biblioteca pubblica nella crescita culturale e civile delle persone è dedicato il film-documentario Hollywood Librarian di Ann Seidl, prodotto in USA nel 2007. Vedi: Cinzia Mescolini, The Hollywood Librarian. Dagli USA un documentario sulle biblioteche, “AIB Notizie”, 22, 3, 2010, p. 14-15.

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biblioteca4. A partire dagli anni Novanta, sulla spinta di analoghe esperienza internazionali,

anche in Italia la biblioteconomia ha iniziato a ricercare strumenti di valutazione dei servizi

bibliotecari, individuando come mezzo privilegiato l’indagine statistica di tipo quantitativo

fondata sull’elaborazione di indicatori uniformi di misurazione5.

Non si intende qui riproporre i termini del dibattito metodologico tra tecniche di

rilevazione quantitativa e qualitativa che ha percorso le scienze sociali e la stessa disciplina

biblioteconomica, ambito in cui il tema risulta ancora tuttora molto vivace. Vale però la

pena evidenziare quello che Giovanni Solimine ha recentemente definito «un vero e

proprio movimento», il cui interesse è rivolto alle metodologie di rilevazione qualitativa

con l’obiettivo di interpretare fenomeni complessi6. Quanto più si cerca di aprire un varco

per comprendere le cause profonde di determinati processi, tanto più infatti diventa

necessario considerare le opinioni delle persone superando l’approccio unicamente

quantitativo.

Nel progettare le indagini sull’utenza circa l’uso della documentazione di fonte pubblica in

Rete qui esposte, si è pertanto tenuto conto di entrambe i metodi7. Tuttavia non ci si è mai

inoltrati nella ricerca qualitativa in profondità − con il ricorso a focus group e interviste

non strutturate − in quanto ciò avrebbe comportato una sperimentazione del metodo

qualitativo in ambito biblioteconomico che non è obiettivo di questo lavoro8.

Interessava semmai, in continuità con l’argomento di ricerca, capire le esigenze

informative degli utenti e la loro percezione della biblioteca in contesti individuati a partire

dalle interviste ai bibliotecari, dunque caratterizzati dall’uso della documentazione di fonte

pubblica nel reference.

A tal fine la scelta è ricaduta sull’emeroteca della biblioteca comunale di Terni e sulla

mediateca della biblioteca pubblica Guglielmo Marconi di Roma: due realtà

4 Sono molti i fattori – sociali, culturali, economici – che incidono sulla percezione della biblioteca. Sul tema particolarmente interessante è il report della OCLC dal titolo Percezione delle biblioteche dove si indagano, proprio in questo ambito, gli effetti prodotti dalla crisi economica. Il rapporto è disponibile all’indirizzo: http://www.oclc.org/reports/2010perceptions.htm 5 Fondamentale il contributo dell’Associazione Italiana Biblioteche. Ci si riferisce a: Linee guida per la valutazione delle biblioteche pubbliche italiane. Misure, indicatori, valori di riferimento, a cura del Gruppo di lavoro Gestione e valutazione, Roma, AIB, 2000. 6 Cfr. Giovanni Solimine, Presentazione, in Emiliano Santocchini, Analizzare l’utenza di una biblioteca. I casi della Biblioteca di Sociologia e Comunicazione dell’Università “La Sapienza” e delle biblioteche di Poli scientifico-didattici della Romagna cit., p. 7-8. 7 Il manuale di riferimento sulle metodologie di indagine è stato Alison Jane Pickard, La ricerca in biblioteca. Come migliorare i servizi attraverso gli studi sull’utenza cit. 8 Per una riflessione sul metodo qualitativo in ambito biblioteconomico si veda: Chiara Faggiolani, Studio dell’efficacia dell’approccio qualitativo applicato all’analisi dell’utenza reale e potenziale dei servizi bibliotecari attraverso ricerca empirica, tesi di dottorato, ciclo XXIII, Dipartimento di scienze librarie e documentarie.

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profondamente diverse che rappresentano, proprio per questo motivo, punti di osservazione

interessanti.

Se con l’indagine presso l’emeroteca di Terni ci si proponeva di indagare i bisogni

informativi manifestati nel reference giuridico e le fonti utilizzate dai bibliotecari, nel caso

della biblioteca Guglielmo Marconi si è cercato invece di cogliere nelle parole degli utenti

il rapporto tra biblioteca e esigenze informative, nonché culturali e sociali della comunità.

Nello specifico della tipologia documentaria considerata, l’attenzione è stata rivolta in

particolare al servizio di accesso Internet. Ciò nella convinzione che comprendere il ruolo

della biblioteca pubblica nella vita quotidiana delle persone rappresenti il primo passo per

definire, tra i molti profili possibili, anche quello di centro di documentazione per la

comunità.

5.2 Biblioteca comunale di Terni: l’indagine sul reference giuridico

La biblioteca comunale di Terni è situata nel cuore della cittadina umbra capoluogo di

provincia, nell’antico palazzo Faustini in Piazza della Repubblica9. Già sede di un centro

multimediale, dal gennaio 2004 il palazzo ospita la nuova biblioteca, denominata BTC,

nata dall’integrazione della bibliomediateca gestita dal centro multimediale con la

biblioteca storica e la biblioteca per ragazzi, prima collocate in altri edifici della città. Il trasferimento in un’unica – prestigiosa – sede, è avvenuto a seguito di un complesso

progetto di riorganizzazione del servizio al quale ha collaborato, con il Comune di Terni, la

Facoltà di conservazione dei beni culturali dell’Università della Tuscia di Viterbo. Nel

definire quasta nuova sede, la sfida maggiormente impegnativa si è rivelata proprio quella

di stabilire un equilibrio tra il mondo del libro e quello della multimedialità10.

Il frutto di questo lavoro è una struttura che fonde tradizione e modernità in un servizio per

la cittadinanza articolato in quindici aree, ciascuna delle quali pensata per diverse utenze e

specifiche esigenze informative11. La fotografia di seguito riprodotta rende bene l’idea

della centralità della BTC rispetto alla vita pubblica della città di Terni:

9Sulle origini del Palazzo Faustini e gli interventi di restauro si veda Marisa Gregori, BCT: il palazzo, “Biblioteche oggi”, 17, 8, 2003, p. 36. 10Per il progetto e la sua evoluzione si veda Stefania Fabri, Da bibliomediateca a biblioteca “normale”? A Terni decolla il progetto della nuova BTC, “Biblioteche oggi”, 17, 8, 2003, p. 35-41. 11La struttura della biblioteca è descritta in dettaglio nel sito web della biblioteca, alla pagina: http://www.bct.comune.terni.it/page.php?id=strut

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169

Figura 1 - Biblioteca Comunale di Terni (BCT), Palazzo Faustini

Il personale impiegato comprende cinquantuno persone, di cui trentuno bibliotecari.

Complessivamente il patrimonio ammonta a circa 195.000 documenti, di cui 10.000 unità

di materiale multimediale.

L’emeroteca, scelta come sede dell’indagine in quanto particolarmente idonea per

l’osservazione del reference giuridico, è collocata al secondo piano del palazzo. La sezione

possiede circa 672 testate di periodici, di cui 275 correnti e quindici testate di quotidiani

nazionali. È inoltre abbonata alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica, al Bollettino

Ufficiale delle Regione Umbria, alla Gazzetta della comunità Europea, e a diverse banche

dati in cd-rom e on-line, tra cui alcune specifiche di ambito giuridico, quali Foro Italiano

Zanichelli, DeJure Giuffrè e Leggi d’Italia De Agostini.

L’indagine è stata progettata nel corso di ripetuti incontri con il personale della biblioteca

tra novembre 2010 e gennaio 2011. La scheda di rilevamento, finalizzata a delineare la

tipologia di utenza, gli ambiti tematici delle richieste informative, nonché le fonti usate nel

reference, è stata compilata dagli stessi bibliotecari impiegati in emeroteca nel periodo

compreso tra il 15 febbraio 2011 e il 19 aprile 201112.

12 Il periodo di rilevazione è stato determinato dalla necessità di raggiungere un numero minimo di cento schede, quantitativo utile per elaborare i dati in percentuale.

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170

Nel dettaglio la scheda predisposta è stata articolata in due aree, la prima tesa a raccogliere

dati sull’età, il sesso, il titolo di studio e la situazione lavorativa di ciascun utente, mentre

la seconda era finalizzata a rilevare i motivi della ricerca e le fonti utilizzate nel reference.

Al termine della rilevazione si è personalmente proceduto allo spoglio delle schede e

all’elaborazione statistica dei dati.

Una prima osservazione di quanto emerso, come dimostra il grafico a seguire, risiede nella

netta predominanza di utenti di sesso maschile che rappresentano infatti il 68% del

campione:

Grafico 1 – Sesso

utenza maschile 68%; utenza femmile 32%

Gli utenti intervistati hanno tra i venti e i settantatre anni, con un’età media complessiva di

circa cinquant’anni.

Come evidenzia il seguente successivo, il 64% è in possesso di laurea, il 33% ha un

diploma di scuola secondaria superiore, mentre soltanto il 3% del campione ha conseguito

esclusivamente la licenza di scuola media inferiore:

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Grafico 2 – Titolo di studio

laurea 64%; diploma 33%; licenza media 3%

Rispetto alla situazione lavorativa, la maggior parte degli utenti percepisce un reddito:

abbiamo infatti settantaquattro occupati (di cui quarantacinque liberi professionisti),

quindici pensionati e soltanto sei disoccupati e cinque studenti.

Grafico 3 – Situazione lavorativa occupato 74%; pensionato 15%; disoccupato 6%; studente 5%

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In oltre la metà dei casi rilevati, i motivi della ricerca sono riconducibili a esigenze di tipo

professionale, il 25% a questioni di vita quotidiana, mentre nessuna delle altre voci

indicate nella scheda − formazione, ricerca di lavoro, sanità e informazioni sulla politica −

supera il 7%.

Grafico 4 – Motivo della ricerca Esigenze professionali 58%; Questioni di vita quotidiana 25%; Formazione 7%; Ricerca di lavoro 6%; Informazioni sulla politica 2%; informazioni sanitarie 2%)

L’utenza emersa dall’indagine risulta dunque prevalentemente composta da persone di età

media, di sesso maschile e occupate, le cui ricerche sono appunto motivate da esigenze di

aggiornamento professionale. Ciò è coerente con quanto affermato dal referente

dell’emeroteca di Terni, che descrive l’utenza abituale come composta da liberi

professionisti i quali, per motivi di lavoro, hanno bisogno di essere costantemente

aggiornati sulla legislazione regionale, nazionale e europea.

È interessante notare però anche l’esistenza di un secondo gruppo, molto significativo

sebbene più ridotto, composto da cittadini che si rivolgono ai bibliotecari della sala

periodici per ottenere documentazione o districare dubbi riguardanti la vita quotidiana.

Per focalizzare meglio questo tipo di esigenza informativa, proprio accanto alla voce

«questioni di vita quotidiana» è stato chiesto all’utente di specificare il motivo della

ricerca. L’opzione era presentata come facoltativa. Dove il dato è stato espresso evidenzia

con chiarezza necessità documentali ricorrenti nella dimensione quotidiana di pensionati,

immigrati, casalinghe, lavoratori o giovani alla ricerca di lavoro. Ricorrono infatti la

motivazione «condominio», «permesso di soggiorno», «detrazioni nella dichiarazione dei

redditi», «sicurezza sul lavoro», «contratto di lavoro».

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Circa le fonti utilizzate dai bibliotecari nel reference si evidenzia un utilizzo nettamente

maggiore delle risorse di Rete − in quanto più aggiornate − rispetto alle banche dati in cd-

rom. Contemporaneamente si osserva un ricorso molto frequente alle banche dati a

pagamento disponibili grazie agli abbonamenti stipulati dalla biblioteca, a fronte di uso

abbastanza marginale delle fonti ad accesso gratuito.

Per quanto riguarda l’ambito giuridico in particolare, in assenza di politiche definite di

accesso aperto da parte delle istituzioni, persistono infatti notevoli criticità relative alla

qualità dei documenti liberamente accessibili in Rete rispetto a quanto offerto dai prodotti

editoriali disponibili sul mercato. L’utilizzo di più tipologie di fonti per una stessa ricerca

non consente di calcolare il dato in percentuale, ma permette comunque di quantificare la

frequenza d’uso rappresentata nel grafico di seguito:

Grafico 5 – Documentazione di fonte pubblica nel reference, fonti consultate

0

10

20

30

40

50

60

70

banche dati in cd rom

banche dati on line apagamentorisorse ad accessolibero

Nel dettaglio emerge infatti che le banche dati su cd-rom (Juris Data Giuffrè; Foro

Italiano Zanichelli, Pubblico impiego Sole 24 ore; Edilizia e Territorio Sole 24 ore) sono

state consultate soltanto nel 7% delle ricerche:

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Grafico 6 – Consultazione di banche dati su CD-Rom si 7%; no 93%

Al contrario risulta elevato il ricorso alle banche dati on-line editoriali, delle quali la

biblioteca comunale di Terni ha acquistato l’abbonamento per l’accesso e che gli utenti

possono consultare gratuitamente. Queste risorse sono state utilizzate nel 66% delle

ricerche:

Grafico 7 – Consultazione di banche dati on-line editoriali

si 66%; no 34%

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Per quanto riguarda invece il ricorso alle risorse di Rete ad accesso gratuito, questo è

avvenuto circa nel 40% dei casi:

Grafico 8 – Consultazione di risorse di Rete ad accesso gratuito si 39%; no 61%

Le risorse accessibili in Internet sono dunque state considerate in seconda battuta rispetto

alle banche dati on-line possedute dalla biblioteca. Nel dettaglio la ricerca si è direzionata

verso le seguenti risorse:

Grafico 9 - Risorse di Rete ad accesso libero più consultate per la ricerca Siti web istituzionali: 51%; motori di ricerca 22%; motori di ricerca; Gazzetta Ufficiale 10%; B.u.r. Umbria 8%; altre banche dati istituzionali 4%; Normattiva 4%

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In oltre la metà dei casi (51%) il personale bibliotecario ha consultato direttamente il sito

web istituzionale dell’ente pubblico pertinente alla richiesta, nel 22% si è invece proceduto

tramite query nei motori di ricerca più conosciuti.

Il sito web della Gazzetta Ufficiale da cui è possibile visionare ad accesso gratuito i numeri

pubblicati negli ultimi sessanta giorni è stato consultato nel 10% delle ricerche, mentre il

Bollettino Ufficiale della Regione Umbria on-line, che dal 2011 consente l’accesso gratuito

alle pubblicazioni a partire dal 2001, è stato visitato nell’8% dei casi. Basso invece l’uso

del portale Normattiva e di altre banche dati istituzionali, le cui voci sono state segnalate

rispettivamente nel 4% delle ricerche in Internet. Occorre inoltre notare che DFP e

Cittadino Lex, sebbene indicate nella scheda di rilevamento, non sono mai state indicate tra

le risorse consultate.

Ciò evidenzia un comportamento interessante nella consultazione delle risorse ad accesso

libero in Rete: la tendenza infatti è stata quella di accedere direttamente alla fonte

istituzionale on-line dove questa era facilmente individuabile. Il sito web, espressione del

ministero o dell’ente, è stato dunque percepito come la fonte prioritaria a cui riferirsi per

individuare la documentazione pubblica necessaria a risolvere il quesito posto dall’utente.

Per le richieste più complesse si è invece preferito ricorrere ai più noti motori di ricerca

generalisti piuttosto che a strumenti di ricerca tematici quali appunto Dfp e Cittadino Lex.

5.3 Alcune osservazioni sul caso della biblioteca comunale di Terni Il quadro emerso dall’indagine nell’emeroteca della biblioteca di Terni dimostra in primo

luogo quanto già osservato nel precedente capitolo, vale a dire l’impossibilità di connotare

in categorie rigide le tipologie di reference in cui è possibile ricorrere − nel contesto delle

biblioteche di base − alla documentazione di fonte pubblica.

L’utenza generalista propria della biblioteca pubblica sposta infatti inevitabilmente

l’epicentro oltre l’ambito specialistico, per cui anche considerando un settore specifico

quale l’emeroteca della biblioteca di Terni non ci si può riferire esclusivamente al

reference giuridico. Sebbene infatti l’utenza di cui si è tracciato il profilo presenta elementi

fortemente caratterizzanti quali l’età, il sesso, il livello culturale e la situazione lavorativa,

si assiste comunque a una domanda informativa riconducibile alle esigenze di una

cittadinanza maggiormente indistinta e articolata. Per un verso infatti il servizio è molto

frequentato da avvocati, notai, liberi professionisti che manifestano esigenze informative

determinate dalla condizione lavorativa, per l’altro, anche se in misura minore, sono

presenti richieste più generiche relative alla vita quotidiana della cittadinanza.

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Proprio considerando tale tipologia di richieste, la biblioteca pubblica potrebbe

rappresentare un presidio informativo per il cittadino, sia rintracciando la documentazione

inerente in Rete, sia valorizzando il proprio patrimonio documentale con segnalazioni

bibliografiche di approfondimento.

Si tratta di un ruolo che, contrariamente a quanto potrebbe sembrare, non snatura affatto la

dimensione culturale della biblioteca pubblica. Questa infatti non andrebbe a sostituire

istituzioni caratterizzate da compiti specifici come i sindacati o le associazioni di settore,

ma ne affiancherebbe l’azione documentando il cittadino perché acquisisca le conoscenze

necessarie alla consapevolezza civica.

Una seconda riflessione riguarda invece l’uso delle fonti da parte dei bibliotecari.

L’emeroteca di Terni presenta un ricorso notevole alle banche dati on-line a pagamento,

più aggiornate dei prodotti in cd-rom e come abbiamo già avuto modo di osservare, spesso

più affidabili di analoghe risorse ad accesso libero, proprio per l’assenza di politiche open

access da parte delle istituzioni pubbliche.

Nell’uso delle risorse on-line la banca dati DFP, la cui ricchezza documentaria è stata

dimostrata nel terzo capitolo del presente lavoro, risulta essere assente, dove invece sono

molto usati i più comuni motori di ricerca generalisti. Alla luce di ciò è forse opportuno

ipotizzare che il futuro di DFP, quantomeno nelle biblioteche pubbliche, non consista tanto

nel diventare uno strumento di ricerca standard per la documentazione di fonte pubblica in

Rete, quanto semmai nella condivisione delle competenze che la redazione ha affinato in

anni di esperienza. Tale condivisione potrebbe concretizzarsi in percorsi di formazione per

bibliotecari e cittadini o ancora in consulenze dirette alle biblioteche pubbliche mirate a

progettare strumenti sito-bibliografici di approfondimento su temi di interesse collettivo.

Proprio verso il ruolo ‘educativo’ di DFP si muove peraltro la riflessione dell’attuale

coordinatore Laura Ballestra, come dimostra un suo recente articolo pubblicato in “Aib

Notizie”:

Di fronte ad una realtà complessa come l’informazione nelle sue molteplici forme, tra cui anche quella via web e anche quella di fonte pubblica, considerare che la scuola sia l'unico punto di riferimento per innalzare la percezione della complessità del relazionarsi con i documenti è una pura illusione. Sarebbe inoltre miope, perché si aprono spazi per le biblioteche che vogliano cogliere l'occasione per presentare ai cittadini servizi e documenti, per portare questo spesso “lontano” e-government a concretizzarsi e a prendere un senso per le persone, il tutto facendo perno sulle competenze informative dei bibliotecari. Questo valorizzerebbe anche il ruolo dei bibliotecari di fronte agli amministratori, rendendo molto visibile e concreto un sapere che riguarda appunto l'informazione e i documenti. 13

13 Laura Ballestra, Le biblioteche che educano alla DFP cit, p.7.

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La DFP dovrebbe dunque diventare soprattutto un veicolo di competenze per supportare

l’idea di biblioteca pubblica quale centro di documentazione per la comunità, capace di

assumere un ruolo forte nella comunità, riconosciuto e considerato dalla cittadinanza quale

bene comune inalienabile e pertanto da difendere.

5.4 Biblioteca comunale Guglielmo Marconi di Roma

La biblioteca comunale Gugliemo Marconi si trova nel quartiere Portuense, XV Municipio

del Comune di Roma, nell’area sud-ovest della città, e appartiene al Sistema delle

Biblioteche Centri Culturali della capitale. Con un’estensione di 3000 mq articolati in tre

piani, è la più grande delle trentasei biblioteche pubbliche gestite dall’Istituzione delle

Biblioteche di Roma14.

La biblioteca è ospitata in un moderno edificio in via Gerolamo Cardano − parallela di

Viale Guglielmo Marconi, noto per la vitalità del commercio e dei servizi − e nella veste

attuale è stata inaugurata nel 2006, a seguito di un radicale intervento di restauro e

riorganizzazione del servizio. Il patrimonio documentale è costituito da oltre 57.000

documenti, di cui circa 5000 multimediali, a cui vanno aggiunti i fondi d’autore di alcuni

protagonisti della cultura novecentesca, come i poeti Sandro Penna, Giorgio Caproni e

l’anglista e critico letterario Agostino Lombardo. Vi sono impiegati tra personale interno

ed esterno circa trenta dipendenti, di cui venti con il ruolo di bibliotecario.

Complessivamente sono accessibili al pubblico duecento posti: c’è un’ampia sala studio,

una sala video e ascolto musicale, due sale dedicate ai più giovani (Nati per leggere e

Lettura ragazzi), l’emeroteca e la sala multimediale o mediateca La sala multimediale, sede

dell’indagine, offre quattordici postazioni Internet a cui è possibile accedere tramite

Bibliocard, una tessera facoltativa dal costo simbolico di cinque euro. La Bibliocard

consente infatti all’utente di usufruire di alcuni servizi aggiuntivi rispetto alla tessera

d’iscrizione Bibliopass, rilasciata gratuitamente e necessaria per l’accesso ai servizi di

base. Entrambe le tessere hanno validità di un anno nell’intero circuito delle biblioteche di

Roma. Nella sala multimediale, riprodotta nella fotografia a seguire, è possibile navigare in

Internet e usare il pacchetto office.

14 Costituita nel 1996, l’Istituzione delle Biblioteche di Roma è l’ente con cui il Comune di Roma gestisce il Sistema delle Biblioteche Centri Culturali, in autonomia amministrativa e progettuale secondo quanto previsto dalla L. 142/90. Cfr.: Elena Boretti, Biblioteche di Roma: Sistema delle biblioteche centri culturali, “Biblioteche oggi”, 14, 6, 2000, p. 72-73.

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Figura 2 – Sala multimediale della biblioteca comunale Guglielmo Marconi

La sala ospita lo sportello Incontragiovani. Informagiovani di Roma capitale gestito da tre

operatrici dipendenti della società Zetema15. Il servizio si articola in colloqui orientativi per

giovani tra i quattordici e i trentacinque anni. Gli operatori − oltre a garantire assistenza su

richiesta per l’uso delle postazioni informatiche − predispongono dèpliant e bacheche

informative per aree di interesse sulla cultura e la vita di comunità.

Come evidenziato dal referente nell’intervista, la sala multimediale è frequentata da

un’utenza molto eterogenea per condizione socio-culturali ed è particolarmente numerosa

la presenza di fasce socialmente deboli quali immigrati, anziani e disoccupati.

Proprio per questo la mediateca Marconi è stata individuata quale sede ideale per

l’osservazione del reference sociale. Con l’obiettivo di focalizzare comportamenti e

bisogni informativi nell’uso di Internet in biblioteca, tra giugno e settembre 2010 è stato

predisposto un’apposita intervista desinata agli utenti, utile alla rilevazione di dati sia

quantitativi che qualitativi. La prima parte infatti, finalizzata alla raccolta dei dati

quantitativi, conteneva quesiti a risposta chiusa circa il profilo dell’utenza, le abitudini

nell’uso di Internet e il tipo di informazione ricercata, mentre la seconda parte si svolgeva

in domande strutturate a risposta aperta sull’utilità del servizio, i bisogni informativi e la

percezione stessa della biblioteca. La rilevazione è stata condotta personalmente presso la

sala mediateca in orario di apertura al pubblico nelle settimane dall’11 al 16 ottobre e dal

15 Sito web: cfr. http://www.incontragiovani.it/

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22 al 27 novembre 2010 e ha coinvolto 104 utenti di età superiore ai diciotto anni.

Conclusa la raccolta, si è proceduto allo spoglio e all’elaborazione statistica dei dati

quantitativi, nonché alla trascrizione in formato testo16 delle risposta alle domande aperte,

poi elaborate in fase di interpretazione con l’ausilio del software Atlas.ti.

5.5 Chi sono e cosa cercano in Rete gli utenti della mediateca Marconi L’analisi dei dati quantitativi a riposta chiusa è avvenuta mediante l’elaborazione statistica

di diverse variabili volte a definire sia il profilo dell’utenza, sia i comportamenti di ricerca

in Rete. Il campione esaminato è composto da 104 utenti di età compresa tra i diciotto e i

settantatre anni, di cui quarantanove femmine e cinquantacinque maschi. L’età media,

diversamente da quanto potrebbe far pensare la presenza del servizio Incontragiovani

destinato a giovani under trentacinque, è di circa trentanove anni.

La maggior parte degli intervistati ha un diploma di scuola secondaria superiore (47%),

mentre il 35% è in possesso di laurea e soltanto il 18% ha interrotto il proprio percorso

formativo con la licenza di scuola secondaria inferiore. Come dimostra il seguente grafico,

tra i laureati il numero di donne è maggiore; le percentuali tra maschi e femmine invece

quasi si equivalgono nel caso di coloro in possesso della licenza media, mentre tra i

diplomati prevale la componente maschile:

Grafico 10 - Percentuale maschi femmine in rapporto al titolo di studio

16 Ci si riferisce al formato di testo txt, compatibile con la versione Atlas.ti 5.0 utilizzata per la presente ricerca. Delle specificità del software, creato per l’analisi qualitativa, si è trattato nel terzo capitolo.

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Un dato molto significativo riguarda la situazione lavorativa, da cui emergono i seguenti

valori: il 28% dei rispondenti è disoccupato, il 35% è occupato, l’11% percepisce una

pensione e il 26% è composto da studenti. Sommando disoccupati e studenti, è evidente

che più della metà degli utenti intervistati (53%), a differenza di quanto rilevato nella sala

periodici della biblioteca di Terni, non percepisce reddito17:

Grafico 11 – Situazione lavorativa occupato 35%; disoccupato 28%; studente 26%; pensionato 11%

Per quanto riguarda il tempo di connessione pro capite il 40% degli intervistati dichiara di

utilizzare Internet in biblioteca dalle due alle cinque ore a settimana, mentre il 27% per

circa un’ora. Soltanto il 18% si collega per più di cinque e una percentuale ancora minore,

il 14%, non supera un’ora.

L’età media del gruppo che dichiara di collegarsi meno di un’ora a settimana è

significativamente più alta di coloro che superano le cinque ore di connessione,

dimostrando, come ci si poteva peraltro aspettare, che chi utilizza molto Internet è in

genere più giovane di chi lo utilizza poco tempo.

17 Si consideri inoltre che tra gli occupati non sono state rilevate statisticamente le situazioni di precariato. Va qui ricordati che il tasso di disoccupazione in Italia è progressivamente cresciuto negli ultimi tre anni. Per quanto riguarda la provincia di Roma, il tasso di disoccupazione è aumentato dal 7% del 2008, al 9,1% del 2010. Fonte dei dati: I.Stat, banca dati delle statistiche prodotte dall’Istat, accessibile on-line all’indirizzo: http://dati.istat.it/Index.aspx

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Grafico 12 – Ore di utilizzo Internet in biblioteca a settimana 2-5 ore 40%; un’ora 27%; più di 5 ore 18%; meno di un’ora 14%

Considerando la progressiva diffusione di Internet nelle case e negli uffici rilevata

dall’Istat18, si è ritenuto utile chiedere agli utenti se l’accesso alla Rete avviene solo in

biblioteca o anche in altri luoghi. Poco più della metà (52%) ha risposto di connettersi

abitualmente da casa e soltanto il 9% dal luogo di lavoro19.

Piuttosto significativo nell’insieme il numero di persone che, non disponendo di una

connessione Internet personale, accede alla Rete soltanto in biblioteca (29%) o ricorre in

alternativa agli Internet point (10%).

18 Ci si riferisce allo sudio dell’Istat, Cittadini e nuove tecnologie, 2010. Disponibile in Rete all’indirizzo: http://www.istat.it/it/archivio/4319 19 Si noti come il dato rispecchi quanto rilevato con la citata indagine Cittadini e nuove tecnologie, secondo cui nel 2010 soltanto il 52,4 % delle famiglie italiane aveva l’accesso Internet da casa.

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Grafico 13 – Altri luoghi, oltre la biblioteca, per l’accesso a Internet casa 52%; nessun altro luogo 29%; altri luoghi 10%; lavoro 9%

Il quesito successivo si proponeva di individuare, in linea generale, le attività prevalenti

svolte con Internet in biblioteca. In proposito, la maggior parte degli utenti intervistati ha

dichiarato di connettersi alla Rete per cercare in formazioni sul web (59%), mentre risulta

minore ma comunque significativa la percentuale di coloro per i quali l’utilizzo prioritario

consiste nel mandare o ricevere mail (20%). La quota restante – circa un quinto del totale –

si divide tra l’uso di chat o social network (10%), la consultazione di opac bibliotecari

(9%) e, in misura davvero residuale, di banche dati (2%).

Grafico 14 – Utilizzo di Internet in biblioteca Cercare informazioni in Rete 59%; mandare e ricevere mail 20%; comunicare in chat o nei social network 10%; consultare opac bibliotecari 9%; consultare banche dati 2%.

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Confrontando questi dati con le tendenze emerse nell’indagine Istat Cittadini e nuove

tecnologie del 2010, secondo cui il 79% delle persone accede a Internet per mandare e

ricevere mail, si può osservare come verosimilmente il ‘luogo’ biblioteca influenzi i

comportamenti di connessione, predisponendo più alla ricerca dell’informazione che alla

finalità comunicative e relazionali in remoto, quali la posta elettronica e i social network.

Al contempo è opportuno notare come la ricerca di informazioni avvenga soltanto in

pochissimi casi attraverso la consultazione di banche dati, il cui uso è assolutamente

residuale rispetto alla ricerca non strutturata che solitamente inizia con l’interrogazione di

un motore di ricerca e prosegue con la navigazione ipertestuale20.

I quesiti successivi erano dunque finalizzati a delineare, in maniera più specifica, i temi di

ricerca e la tipologia di documentazione consultata. Uno degli aspetti più interessanti

riguarda proprio la ricerca di documenti ufficiali in Rete. Alla domanda «In genere cerca in

Rete per consultare documenti ufficiali?» − seguita da alcuni esempi circa la natura di tale

tipologia documentaria − la risposta «qualche volta» si osserva infatti su quasi metà

campione (48%) e si ottiene un valore molto elevato (75%) accorpandone i risultati alla

risposta «spesso» (27%), come dimostra il grafico 15.

Grafico 15 - Ricerca di documenti ufficiali qualche volta 48%; spesso 27% mai 25%

20 Per un’analisi delle modalità di ricerca in Rete e la definizione di informazione strutturata si rimanda a Marco Calvo - Fabio Ciotti - Gino Roncaglia - Marco A. Zela, Come si fa ricerca in Internet, in Internet 2004. Manuale per l’uso della rete cit., p. 185-248.

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Si può inoltre osservare una polarizzazione nei livelli di istruzione considerando le due

risposte affermative (spesso, qualche volta) e la risposta negativa (mai), dove nel secondo

gruppo il titolo di studio risulta essere tendenzialmente più basso. Ciò significa che la

disposizione a cercare documenti ufficiali in Rete aumenta con l’aumentare del livello di

istruzione.

Questa differenza non è invece rilevabile nel caso della ricerca in Rete orientata a risolvere

esigenze informative della vita quotidiana, il cui esito è anch’esso molto significativo. Il

quesito – «cerca in Rete per risolvere esigenze concrete?» – era accompagnato da alcuni

esempi, come le agevolazioni pubbliche, il fisco, o la ricerca di lavoro. In questo caso

(grafico 16), le risposte affermative «qualche volta» (41%) e «spesso» (40%) quasi si

equivalgono, raggiungendo in totale l’81 %.

Dunque una fascia molto ampia di utenti, equamente distribuiti per età e livelli di

istruzione, utilizza la Rete per ottenere informazioni e documenti circa diritti e doveri di

cittadinanza. Di questi però, soltanto chi possiede un livello di istruzione elevato, sebbene

ricorrendo raramente a strumenti di ricerca specifici quali le banche dati − come mostra il

graf. 14 sull’utilizzo di Internet − è solito consultare la documentazione di fonte pubblica

in Rete.

Grafico 16 – Cerca in Rete per risolvere esigenze informative della vita quotidiana qualche volta 41%; spesso 40% mai 19%

Poco più della metà del campione dichiara invece di non ricorrere mai a Internet per

cercare risposte a quesiti di natura sanitaria, come viene evidenziato nel grafico successivo:

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Grafico 17 – Ricerca informazioni sanitarie mai 51%; qualche volta 35%; spesso 14%

È interessante notare come il gruppo che dichiara di usare spesso Internet per quesiti

sanitari (14%) risulti prevalentemente composto da donne (graf. 18) mentre, in rapporto ai

livelli d’istruzione, la modalità scuola secondaria inferiore sia completamente assente a

fronte di una netta prevalenza di persone laureate (graf. 19).

Grafico 18 – Ricerca informazioni sanitarie per sesso

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Grafico 19 – Ricerca informazioni sanitarie per istruzione

Torna ad essere elevata invece la percentuale di utenti che dichiara di utilizzare Internet per

organizzare il tempo libero. In questo caso prevale la risposta «qualche volta» (47%) che,

sommata a «spesso» (33%), dimostra come l’80% del campione ricerchi in Rete per

pianificare attività culturali, sportive o turistiche.

Grafico 20 – Ricerca informazioni per organizzare il tempo libero qualche volta 47%; spesso 33%; mai 20%

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Una percentuale piuttosto bassa nel campione esaminato (23%) utilizza Internet per

aggiornarsi sulla politica, mentre il 42% dichiara di non farlo mai. In merito è possibile

osservare che chi ricerca informazioni in Rete sulla politica presenta un’età media inferiore

rispetto a chi non lo utilizza.

Grafico 21 – Ricerca informazioni sulla politica mai 42%; qualche volta 35%; spesso 23%

Dagli esiti dell’ultimo quesito a risposta chiusa, si evidenzia infine una scarsissima

conoscenza del servizio di reference digitale Chiedi al bibliotecario, riservato agli utenti in

possesso di bibliocard delle biblioteche di Roma. Il 75% del campione dichiara infatti di

non conoscere il servizio, il 13% di non usarlo mai, il 10% di usarlo «qualche volta» e solo

il 2% «spesso».

Grafico 22 – Utilizzo del servizio Chiedi al bibliotecario non lo conosco 75%; mai 13%, qualche volta 10%, spesso 2%

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5.6 Analisi qualitativa: l’uso di Internet nella mediateca Marconi La seconda parte dell’intervista è stata predisposta per raccogliere informazioni −

attraverso quattro domande strutturate a risposta aperta − sui comportamenti di ricerca in

Internet degli utenti della mediateca, ma anche per definire elementi ricorrenti nella stessa

percezione della biblioteca. Il clima accogliente e informale dell’area antistante la

mediateca ha certamente contribuito alla buona riuscita delle interviste, nel corso delle

quali la maggior parte degli utenti si è mostrata disponibile e desiderosa di esprimere il

proprio pensiero. Si è proceduto annotando le risposte, successivamente trascritte in

formato testo e rielaborate con il software Atlas.ti.

Con la prima domanda − «Ritiene utile in servizio di navigazione Internet in biblioteca?

Perché?» − si è inteso appunto raccogliere le opinione sull’utilità del servizio di accesso

alla Rete in biblioteca. Nella codifica testuale delle risposte, come evidenzia la tabella 1, si

è voluto riprodurre quanto possibile la terminologia utilizzata dalle persone intervistate. La

frequenza, nella colonna di destra, indica invece quante volte, nel corpus complessivo delle

interviste, è stata riscontrata la relativa codifica21.

Tabella 1 – Internet in biblioteca CODIFICHE FREQUENZA

È un servizio pubblico oggi indispensabile 33

Integra il materiale a stampa 17

È un diritto 16

È necessario per lo studio 11

Permette un vantaggio economico 8

Non genera isolamento come Internet a casa 6

Aiuta l’integrazione degli immigrati 5

Stimola comportamenti di ricerche più mirati 4

Le relazioni possibili tra le codifiche sono state rappresentate graficamente nella seguente

network view:

21 Si noti che la somma delle frequenza non corrisponde al numero delle interviste. Infatti, in una stessa risposta, possono essere presenti più codifiche.

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Figura 1 - Internet in biblioteca

==

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[]

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[]

[]

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==[]

==

INTERNET INBIBLIOTECA

aiuta l'integrazionedegli immigrati

vantaggio economico

è un diritto

è un servizio pubblicooggi indispensabile

integra il materiale astampa

è necessario per lostudio

non genera isolamentocome Internet a casa

stimola comportamentidi ricerca più mirati

Si può innanzitutto osservare che tutti gli intervistati considerano Internet un servizio utile

in biblioteca. Secondo l’opinione più ricorrente, l’accesso a Internet in biblioteca

rappresenta anzi un servizio pubblico indispensabile, come negli esempi a seguire:

«Devono esserci dei luoghi pubblici per l’accesso a Internet, sempre più le pratiche amministrative sono on-line, ora c’è anche la posta elettronica certificata obbligatoria per i concorsi, sarebbe ingiusto che i costi del collegamento fossero del tutto a carico dei cittadini».

«Consentire anche a chi non ha la possibilità economica di usare Internet, è un servizio minimo, di base per la cittadinanza».

«Non tutti hanno l’accesso a casa, anche per l’alfabetizzazione informatica è importante che ci sia un servizio pubblico che permette l’accesso a tutti».

«È un servizio pubblico fondamentale, è gratuito e tutti possono accedervi, oggi è imprescindibile».

È interessante notare come, coerentemente con quanto affermato nel primo capitolo circa

l’evoluzione del diritto di accesso nella società dell’informazione, alcune delle risposte

siano caratterizzate proprio dall’estensione del concetto stesso di accesso − di cui la

biblioteca è percepita quale garante − dai libri alla Rete:

«Internet è un servizio importante, deve esserci per forza in biblioteca, in fondo il compito della biblioteca è dare accesso alla cultura e oggi la cultura passa anche attraverso Internet».

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«Le biblioteche nascono per agevolare l’accesso al sapere per tutti, oggi non ci si può limitare ai libri, le biblioteche devono avere anche Internet se non vogliono chiudere, altrimenti chi ci verrebbe?».

«Riesco a scoprire cose che sui libri non trovo, Internet è un grande libro delle scoperte e quindi deve stare in biblioteca».

La maggior parte delle altre codifiche individuate spiegano di fatto l’indispensabilità di

Internet in biblioteca con motivazioni più specifiche. In questa logica, alcuni utenti

considerano l’accesso alla Rete un vero e proprio diritto, il cui esercizio non può essere

condizionato dalla disponibilità economica delle persone:

«Per chi non ha accesso a casa è fondamentale, è un diritto di tutti ma che oggi non tutti possono permettersi».

«Per trovare velocemente i libri di cui ho bisogno per lo studio vengo comunque in biblioteca, è importante ci sia Internet, è una questione di completezza dell’informazione e del diritto di accesso».

«Deve esserci un posto dove accedere a Internet gratuitamente, sarebbe assurdo se in biblioteca non ci fosse».

Due codifiche in particolare − «Integra il materiale a stampa»; «È necessario per lo studio»

– sono riconducibili alla consapevolezza che la natura della documentazione

contemporanea non è più identificabile con la sola dimensione cartacea, come mostrano gli

esempi a seguire:

«È assolutamente necessario, la cultura oggi è una realtà integrata di cartaceo e digitale, sarebbe assurdo non ci fosse, non ci verrei».

«Per le informazioni aggiornate è necessario, i libri non bastano».

«Per motivi di studio soprattutto. Ormai i manuali dell’università e le dispense segnalano sempre siti web, se non ci fosse Internet in biblioteca mi troverei in difficoltà».

«Mentre studio posso verificare e approfondire alcune informazioni in Rete, non riesco più a studiare senza avere a disposizione Internet».

Si evidenziano poi codifiche meno ricorrenti, ma che rivelano aspetti connessi alla

percezione della biblioteca. Così «Aiuta l’integrazione degli immigrati», espressa sia da

persone immigrate che da cittadini italiani, rientra nella logica dei diritti e al contempo

della biblioteca come luogo di apprendimento:

«Soprattutto per imparare l’uso di Internet, ma anche la lingua, vengo dal Ciad e non conosco bene l’italiano».

«Per imparare l’italiano ho usato e uso molto Internet, sono iraniana, con Internet posso tradurre il persiano con facilità».

«Per l’inserimento degli immigrati per esempio, è importante essere accoglienti, aiuta l’integrazione; comunque consente a tutti l’accesso».

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La percezione della biblioteca come luogo in cui non si è mai soli è all’origine delle ultime

due codifiche: «Non genera isolamento come Internet a casa» e «Stimola comportamenti di

ricerche più mirati». Quest’ultima in particolare risulta scaturire dell’evitamento del nesso

isolamento-naufragio che può caratterizzare l’uso di Internet in ambiente domestico, come

emerge chiaramente da alcune risposte:

«In biblioteca Internet è utile perché ti permette di non diventare schiavo del computer, qui c’è un uso più mirato, meno dispersivo».

«Consente di stare insieme agli altri e di fare ricerche mirate, a casa può essere alienante. Qui si ha il controllo del tempo, non si rischia di diventare dipendenti».

«Se è usato bene (Internet) è uno strumento che facilita la vita. Io non sono molto brava quindi lo uso poco. Mi piace dipingere e cerco soltanto i quadri. Alla mia età, settant’anni, preferisco fare altre cose, incontrare persone, vengo qui anche per questo».

«Consente ai cittadini di accedere liberamente e gratuitamente, ce l’ho a casa ma preferisco usarlo qui, così non mi fossilizzo chiuso dentro casa».

Obiettivo del secondo quesito era invece mettere a fuoco i vantaggi specifici riscontrati

dagli utenti nell’uso di Internet in biblioteca. La domanda rivolta è stata per l’appunto:

«Quali vantaggi ha riscontrato nella ricerca Internet in biblioteca rispetto alla ricerca

autonoma?» Le codifiche individuate nelle risposte sono state rappresentate graficamente

nella seguente network view, mentre le relative frequenze sono riportate nella tabella

successiva:

Figura 2 – Vantaggi nell’uso di Internet in biblioteca

==

==

==

==

==

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VANTAGGI NELL'USODI INTERNET INBIBLIOTECAaiuto del personale se

necessariocome a casa

presenza di libriricerche più mirate

socializzazione

tranquillità

vantaggio economico

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Tabella 2 – Vantaggi nell’uso di Internet in biblioteca

Nonostante la mediateca Marconi preveda la possibilità di utilizzare Internet in completa

autonomia22, uno dei vantaggi più ricorrenti è risultato essere «l’aiuto del personale se

necessario». L’intermediazione professionale continua dunque ad avere, nella vita

quotidiana delle biblioteche, un ruolo decisivo anche per quanto riguarda l’accesso alla

Rete. La presenza discreta degli operatori risulta una caratteristica percepita dagli utenti

come rassicurante rispetto alla ricerca in Rete compiuta in altri luoghi, come mostrano gli

stralci delle risposte di seguito proposti:

«Il vantaggio più grande è poter chiedere al personale se sono in difficoltà».

«Qui posso chiedere aiuto, non conosco bene la lingua, per me è importante comunicare con le persone per imparare bene l’italiano».

«C’è il personale a cui chiedere, all’inizio avevo parecchie difficoltà, ho imparato qui a usare internet».

«Non è il mio caso, ma se non si è molto pratici qui si può avere assistenza».

«Qui c’è la mediazione del bibliotecario, l’aspetto umano è importante quando si parla di informatica».

«La possibilità di chiedere agli operatori mi sembra il vantaggio più significativo».

22 Rispetto al diritto dell’utente di utilizzare Internet in biblioteca in completa autonomia, lo stesso Manifesto Ifla per Internet recita nella sezione Principi della libertà di accesso all’informazione tramite Internet: «Le biblioteche e i servizi informativi dovrebbero sostenere il diritto degli utenti di cercare informazioni di loro scelta. Le biblioteche e i servizi informativi dovrebbero rispettare il diritto degli utenti alla riservatezza e riconoscere che le risorse di cui fanno uso debbano rimanere confidenziali» Il documento, tradotto a cura di Maria Teresa Natale, è disponibile sul sito web dell’IFLA all’indirizzo: http://archive.ifla.org/III/misc/im-it.htm

CODIFICHE FREQUENZA

Aiuto del personale se necessario 37

La presenza di libri 24

Come a casa 21

È più economico 18

Si fanno ricerche più mirate 16

Socializzazione 13

Tranquillità 9

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Un secondo elemento che conferisce valore aggiunto all’uso di Internet in biblioteca

risiede proprio nel patrimonio documentale e in particolare nella presenza di libri. Molto

eloquenti, in tal senso, le dichiarazioni degli utenti, di cui si riportano alcuni tra gli esempi

più significativi:

«Qui c’è un continuo rimando tra libri e risorse di rete, è una doppia opportunità, dalle informazioni di Rete si ha spesso lo stimolo a consultare dei libri e viceversa».

«La ricerca in Internet in biblioteca è migliore perché qui ci sono molti libri, è possibile verificare le informazioni e approfondirle».

«Qui ci sono più libri che a casa e quindi si può verificare più facilmente un'informazione».

«Per approfondire una cosa devi sempre comunque consultare un libro e in biblioteca ci sono. Internet da solo non basta e qui i libri certo non mancano».

«Il vantaggio più grande è la sinergia tra libri, DVD, Internet, è importante, anche a casa ho molte cose ma qui sono di più».

«Qui è possibile un approfondimento maggiore perché ci sono maggiori risorse e personale disponibile quando si è in difficoltà nella ricerca di informazioni».

Diversi utenti dichiarano invece di non individuare vantaggi specifici, anche se in alcuni

casi proprio la possibilità di usare Internet in biblioteca come se si fosse nell’ambiente

domestico viene riconosciuta in modo favorevole:

«Come a casa, non ci sono differenze, proprio questo è il vantaggio».

«Nessuno, è come a casa e al lavoro, faccio le stesse cose».

«Non ci sono vantaggi specifici; è come la ricerca che svolgo da casa. Il vantaggio forse è proprio che anche in biblioteca ho le stesse comodità di casa».

«Nessuno in particolare, ricerco anche qui, come farei a casa se lo avessi. Non so se questo può essere considerato un vantaggio, per me lo è».

Un altro aspetto ricorrente consiste poi nel riconoscimento di un vantaggio economico.

Nelle affermazioni a seguire riportate a titolo di esempio si avvertono in particolare le

condizioni di difficoltà determinate dalla crisi economica e dall’aumento della

disoccupazione. In questo senso la biblioteca pubblica rappresenta una vera e propria

risorsa sociale nel garantire a tutti, indipendentemente dal reddito, il diritto di accesso a

Internet:

«È economico. A casa spendi molto e senza lavorare non posso proprio permettermelo».

«Per chi non può più permetterselo, sia il PC che la connessione hanno un costo non sempre sostenibile».

«Per la gratuità del servizio, ho disdetto l'abbonamento per far quadrare meglio i conti».

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«Specie per chi non ha possibilità economiche, non tutti possono permettersi Internet, specie con questa crisi».

Quanto già emerso nel primo quesito circa la tendenza a usate Internet in biblioteca per

effettuare ricerche più mirate è qui indentificato come un vantaggio specifico. Sulla base

delle risposte degli utenti, di cui se ne riportano alcune, il contesto della biblioteca

sembrerebbe infatti influenzare direttamente i comportamenti di ricerca:

«C’è più tranquillità e si ha più il senso del tempo. Qui faccio ricerche più mirate, mi perdo meno che a casa o sul lavoro».

«Qui ci sono molti materiali diversi che rendono più sensata la ricerca in rete: dépliant, volantini, l’aiuto degli operatori, sono tutti sostegni importanti, in Rete c’è il rischio di perdersi».

«Il contesto induce meno a giocare in Rete e più a cercare informazioni, questo è un luogo istituzionale, è naturale che qui ci sia un uso più serio di Internet».

«Noto che qui le ricerche sono più risolutive, più pratiche, più mirate, a casa certe volte è frustrante, si rimane le ore in Rete e non si conclude niente».

«È più veloce e poi in biblioteca si fanno ricerche più mirate, non ci si perde come a casa».

«Ricerco in Internet solo qui, a casa preferisco non usarlo perché perdo il senso del tempo, qui sono obbligato a rispettare degli orari e non corro il rischio di alienarmi».

«Qui c’è gente, a casa ci si isola, questo è un luogo pubblico, uno spazio di condivisione, si ha la possibilità di scambiare due parole con qualcuno e poi ci si può distrarre con le riviste e i libri. Insomma, non si rischia di rimanere collegati tutto il tempo in rete, non concludere niente e poi avere quella brutta sensazione di vuoto».

Anche in questo caso la biblioteca come luogo di incontro consente di superare il rischio di

isolamento proprio della navigazione in Rete. Significative le espressioni con cui gli utenti

rappresentano gli stati d’animo associati al naufragio della ricerca: «mi perdo», «è

frustrante», «corro il rischio di alienarmi», «brutta sensazione di vuoto».

Come già osservato, il contesto della biblioteca quale luogo pubblico in cui opera

personale specializzato con un ruolo di intermediazione non invasivo, stimolando al

contempo un utilizzo più consapevole della Rete, sembrerebbe costituire un antidoto a

queste sensazioni sgradevoli. A ciò si aggiunge la possibilità di socializzare, considerata un

vantaggio rispetto al rischio di isolamento proprio dell’uso di Internet nell’ambiente

privato:

«Studio con gli amici, a casa sono solo e rimango collegato troppo tempo, qui invece al massimo un’ora».

«Qui c’è tranquillità e allo stesso tempo non sei solo, per il resto è la stessa cosa, anche perché so usare bene Internet e non chiedo mai aiuto».

«Fa piacere che non sei solo davanti al PC, per il resto lo uso come a casa».

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«La presenza di persone a cui chiedere è importante, siano conoscenti o personale, c’è comunque uno scambio umano, è brutto stare solo davanti al computer».

Infine è interessante notare come anche la tranquillità degli ambienti − similmente a quanto

considerato nel caso della lettura − compare, con una di nove volte, tra i vantaggi del

servizio di accesso a Internet in biblioteca.

Con il terzo quesito si chiedeva agli utenti se avrebbero utilizzato, esplicitando i motivi

della risposta, sitografie preparate dai bibliotecari su temi di interesse collettivo.

La domanda è stata dunque posta nel seguente modo: «Troverebbe utili elenchi di siti su

temi di interesse collettivo in cui la biblioteca segnalasse risorse di qualità? Perché?».

La quasi totalità degli intervistati, con due sole eccezioni, ha dato una risposta affermativa.

A fronte di un gradimento così elevato l’analisi delle motivazioni − espresse in codifiche

nell’analisi testuale − si mostra particolarmente interessante.

Come per i precedenti quesiti, le codifiche si riportano di seguito sia nell’elaborazione

grafica in Atlas.ti, sia in tabella con le relative frequenze:

Figura 3 – Utilità di sitografie preparate dalla biblioteca

== []

[]

==

====

==

==

UTILITA' DISITOGRAFIEORIENTATIVE SU TEMIDI INTERESSECOLLETTIVO

completezzadell'informazione

non le userei

possibilità di ricerchepiù mirate

risparmio di tempo

sicurezza sullaqualità/affidabilitàdelle risorse

dipende dagli argomenti

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Tabella 3 - Utilità di sitografie preparate dalla biblioteca

CODIFICHE FREQUENZA

Sicurezza sulla qualità/affidabilità delle risorse 50

Possibilità di ricerche più mirate 40

Completezza dell’informazione 17

Risparmio di tempo 16

Dipende dagli argomenti 5

Non le userei 2

La motivazione più ricorrente consiste dunque nella qualità e affidabilità delle risorse di

Rete che la biblioteca potrebbe segnalare. Sembrerebbero qui coesistere due tendenze: la

fiducia nel valore professionale del bibliotecario a garanzia del processo di selezione delle

fonti e una valutazione del Web come luogo in cui, a causa dell’eccesso di informazione,

risulta talvolta difficile individuare la qualità. Questi due aspetti ricorrono infatti di

frequente, come mostrano gli stralci delle interviste di seguito riportati:

«Sì, le userei, in Internet ci sono troppe cose e non sempre affidabili».

«Sì, è faticoso trovare i siti che contengono documentazione affidabile. Io lavoro con i documenti dell’Archivio di Stato, capita che alcuni fondi siano su altri siti, e non dove ti aspetti che siano».

«Sì, spesso non si sa come cercare e dove. Internet è un po’ come una biblioteca enorme, servono strumenti adatti per orientarsi».

«Sì, sarebbe una cosa ottima. Ormai ci sono troppe cose in Internet e sono vaghe, spesso ti portano a siti rischiosi per virus o peggio».

«Sì, per approfondire meglio le informazioni. Mi dicono “Io su Internet trovo tutto”; bisogna vedere di che qualità. Io verifico sempre nei libri e nei giornali, non mi fido di quello che trovo».

«Sì, soprattutto per chi non ha gli strumenti critici, culturali, per individuare risorse di qualità. Le persone si fidano di tutto quello che c’è in Rete, non sanno valutare, oggi si dice “l’ho letto su Internet” come prima si diceva “l’ha detto la televisione”. Internet però, a differenza della televisione, permette di verificare le informazioni, solo che servono gli strumenti giusti e proprio la biblioteca e la scuola dovrebbero darli».

L’utilità delle sitografie è inoltre posta in relazione con la possibilità di effettuare ricerche

più mirate. Come già emerso nell’analisi delle risposte ai precedenti quesiti, il ‘luogo’

biblioteca in quanto tale sembrerebbe stimolare comportamenti di ricerca meno dispersivi

rispetto al contesto domestico e ciò è percepito dagli intervistati come un vantaggio del

servizio. La funzionalità delle sitografie preparate dai bibliotecari per recuperare

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efficacemente in Rete le informazioni necessarie su temi di interesse collettivo, è pertanto

riconosciuta dagli utenti quale motivo di gradimento:

«Sarebbe un’iniziativa davvero meritoria. Agevolerebbe la ricerca, che così sarebbe più mirata. I motori di ricerca generano confusione, quasi mai i risultati sono subito soddisfacenti».

«Sì, oggi c’è un gran bisogno di orientarsi. Ci vuole molto tempo per fare indagini mirate. C’è molto in Rete e non è facile orientarsi».

«Sì, le poche che ci sono le uso. Con Google è difficile cercare annunci di lavoro, escono sempre troppe cose».

«Sì, si va alla cieca, sarebbe utilissima una guida. Oggi è necessaria la sintesi; c’è troppa informazione».

In alcuni casi ciò risulta associato alla completezza delle informazioni, infatti gli

intervistati riconoscono alla figura del bibliotecario la capacità di segnalare risorse non

individuabili con i motori di ricerca più comuni:

«Sì, Internet da molte possibilità ma è dispersivo. Molte cose sono sommerse, non tutto è raggiungibile da Google».

«Sì, è più affidabile avere siti segnalati dalla biblioteca che da Google».

«Sì, per approfondire e per arrivare alle informazioni corrette, non è facile trovare materiale attendibile, specie nel caso di leggi e bandi pubblici».

Tra i motivi di gradimento ricorre poi il fattore tempo, molti utenti infatti troverebbero utili

delle sitografie tematiche proprio per l’opportunità di rintracciare rapidamente le

informazioni di cui necessitano23:

«Sì, mi fido più della biblioteca che di Google, che ti fa perdere molto tempo».

«Sì, sarebbe molto comodo. Non perdi tempo nella ricerca e non rischi di finire in siti poco sicuri».

«Sì, oggi c'è un gran bisogno di orientarsi. Ci vuole molto tempo per fare indagini mirate. C'è molto in Rete e non è facile orientarsi».

«Sì, è difficile orientarsi in Rete, capita di passarci delle ore senza trovare ciò che si cerca».

«Sì, cercando da soli ci vuole più tempo e alcune volte diventa frustrante non trovare quello che ti serve».

Solo una porzione marginale dell’utenza ha invece dichiarato che non le userebbe o che le

userebbe soltanto in relazione ad alcuni temi.

23 Questo aspetto in particolare riconduce alle cinque leggi della biblioteconomia di Shiyali Ramamrita Ranganathan, di cui proprio la quarta recita «risparmia il tempo del lettore». L’opera di Ranganathan è stata recentemente pubblicata in traduzione italiana: Shiyali Ramamrita Ranganathan, Le cinque leggi della biblioteconomia, traduzione e note a cura di Laura Toti, saggio introduttivo di Giovanni Solimine, Firenze, Le Lettere, 2010.

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L’elevato livello di gradimento conferma le difficoltà nel reperire l’informazione

pertinente e spesso un senso di disorientamento rispetto all’eccesso di documentazione in

Rete, di cui è necessario prendere atto pur considerando l’autonomia di ricerca a cui

ciascun utente ha diritto24.

L’ultimo quesito era infine orientato a individuare cosa spinge le persone a frequentare la

biblioteca. Trattandosi nello specifico di utenti della mediateca, è sembrato necessario

escludere tra i motivi la navigazione Internet, per cui la domanda è stata posta in questi

termini: «Oltre la navigazione Internet, per quali motivi frequenta la biblioteca?»

Le risposte sono state per la maggior parte più articolate rispetto ai quesiti precedenti:

molti utenti si sono infatti soffermati sul proprio vissuto emotivo, evidenziando la

predominanza di motivazioni legate non tanto all’aspetto funzionale quanto all’esperienza

in sé. Per questo il processo di analisi testuale ha richiesto un maggior numero di codifiche,

riportate nella tab. 4 con le relative frequenze e rappresentate nella successiva network

view: Tabella 4 – Percezione della biblioteca

CODIFICHE FREQUENZA

La lettura 36

I libri, i giornali, i materiale multimediali 27

È un luogo d’incontro 26

Studio 22

È un luogo piacevole dove passare il tempo libero 21

Per la tranquillità 16

Per gli eventi culturali 13

È un luogo culturalmente stimolante 9

Informazioni locali 9

Solo per Internet 8

Per le occasioni formative 6

24 Si noti come la sezione Principi della libertà di accesso all’informazione tramite Internet del Manifesto Ifla per Internet specifichi: «Le biblioteche e i servizi informativi hanno il compito di facilitare e promuovere l’accesso pubblico a un’informazione e a una comunicazione di qualità. (…) Oltre alle tante risorse valide disponibili tramite Internet, ve ne sono di inesatte, fuorvianti e potenzialmente offensive. I bibliotecari dovrebbero fornire informazioni e risorse che aiutino gli utenti a imparare a utilizzare Internet e l’informazione elettronica in modo efficace ed efficiente. Dovrebbero promuovere attivamente e agevolare un accesso responsabile a informazioni di qualità per tutti i loro utenti, compresi i bambini e i giovani».

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Coltivare gli interessi 6

Aggiornamento professionale 3

Figura 4 – Frequentazione della biblioteca

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MOTIVI DIFREQUENTAZIONEDELLA BIBLIOTECAOLTRE L'USO DIINTERNET

aggiornamentoprofessionale

coltivare gli interessi

è un luogoculturalmentestimolante

è un luogo di incontro

è un luogo piacevoledove passare il tempolibero

i libri, i giornali, imateriali multimediali

informazione dicomunità

la lettura

per gli eventi culturali

per la tranquillità

per le occasioniformative

solo per l'uso di Internet

studio

Sul totale degli intervistati, soltanto otto dichiarano di non avere altri motivi per

frequentare la biblioteca oltre l’uso di Internet.

Come mostra la frequenza delle codifiche, la lettura in generale − nonchè la possibilità di

accedere a libri, giornali e altro materiale multimediale − rappresentano invece le

motivazioni più ricorrenti. Ciò sembrerebbe di fatto confermare come l’elemento fondante

della biblioteca pubblica continui ad essere il patrimonio documentale fisicamente

disponibile per la consultazione e il prestito. In proposito, si riportano qui alcune tra le

dichiarazioni più significative:

«È il luogo della cultura, i libri sono la prima cosa, li prendo molto in prestito, anzi, posso dire che vengo in biblioteca soprattutto per i libri, non certo per Internet».

«Mi piacciono le biblioteche, amo i libri, quando entro in una biblioteca è sempre un’emozione, qui entro in contatto con il mondo della letteratura, mi muovo con l’immaginazione nel tempo e nello spazio; è un modo per non invecchiare».

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«Per molti motivi: libri, DVD, riviste, passo tempo quando non so cosa fare, ci sono stimoli di ogni tipo, è bello».

«Per molti motivi: prendo i libri in prestito ma spesso passo molte ore a leggere in biblioteca, è un luogo accogliente, mi fa sentire protetta».

«La biblioteca risponde a bisogni primordiali, oltre Internet che ci collega con il mondo è un luogo per imparare e per fare scoperte. Leggere fa bene e qui c’è di tutto. Prima non aveva mai tempo per dedicarmi ai miei interessi, troppi impegni familiari, ora sono sola e approfitto, vengo qui molto spesso».

La biblioteca è dunque innanzitutto percepita come un ‘luogo’ che risponde a bisogni sia

informativi e culturali che relazionale. È infatti «un luogo ideale per lo studio» ma anche

«un luogo di incontro», come emerge nelle seguenti risposte:

«Vengo per studiare, ma è soprattutto un luogo di incontro. Qui ho gli amici, la ragazza e spesso faccio nuove conoscenze, è stimolante».

«È un luogo sociale, è costruttivo, ci sono giovani, fai anche vita sociale, è un posto stimolante, sano, qui non gira droga per esempio».

«La biblioteca è uno spazio sociale importante, un luogo di aggregazione, e soprattutto ha dei ritmi lenti, al contrario del mondo fuori che è frenetico».

«Perché ci sono i libri e poi è un luogo di aggregazione. La biblioteca è il posto più bello del mondo. In Inghilterra è concepita diversamente, ho frequentato le biblioteche pubbliche inglesi per motivi di studio, è molto accogliente. In Italia la biblioteca pubblica intesa come in Inghilterra esiste solo nei libri».

«Per incontrare belle persone, lontane dalla logica della televisione».

«Qui posso conoscere sempre persone nuove, è importante, fuori ormai corrono tutti, non si fermano mai, è difficile fare amicizia».

Per alcuni invece la biblioteca è soprattutto «un luogo piacevole dove passare il tempo

libero»:

«È rilassante, prendo i libri in prestito, ma spesso vengo qui e passo tempo solo a sfogliarli; quando posso lo faccio, così libero la mente».

«(…) è un servizio pubblico che aiuta a vivere meglio il tempo libero».

«Libri in prestito, DVD, è gratuito. È un modo economico per passare il tempo libero».

Proprio come emerso nel terzo quesito, la tranquillità sembrerebbe inoltre costituire un

tratto distintivo della biblioteca, capace di favorire una condizione di raccoglimento che

non si traduce mai in solitudine:

«È un luogo di raccoglimento e socialità allo stesso tempo, è la cultura, sono i libri a fare questi miracoli».

«Vengo per studiare ma non solo. L’ambiente in se è accogliente, è fuori dall’isterismo che c’è fuori, è tranquillo e allo stesso tempo pieno di stimoli».

«Per il prestito e consultazione di libri, DVD, CD, riviste, è un luogo dove studiare in

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pace. È un’isola felice».

«Sono buddista e qui medito, c’è silenzio, rispetto e calore.»

Una parte degli intervistati, non molto numerosa ma comunque significativa, considera poi

la biblioteca «un luogo culturalmente stimolante»:

«È un luogo di cultura, è fuori dagli ingranaggi quotidiani che mortificano l’intelligenza».

«Per stare con le altre persone, scambiare due chiacchiere, studiare a casa è alienante, non si può vivere solo tra casa e lavoro, serve qualche altro luogo per spezzare la monotonia, e poi qui ci sono molti stimoli culturali».

Più specificamente gli eventi culturali e il bisogno di coltivare gli interessi ricorrono con

frequenza tra i motivi di frequentazione della biblioteca. Più rare sono invece le

motivazioni funzionali, come «aggiornarsi sulle informazioni locali», «avvalersi di

occasioni formative» o, al contrario di quanto emerso nella biblioteca comunale di Terni,

«l’aggiornamento professionale».

5.7 Alcune osservazioni conclusive Una lettura comparata delle indagini nell’emeroteca di Terni e nella mediateca Guglielmo

Marconi dimostra innanzitutto come l’organizzazione del servizio di accesso alle risorse di

Rete determini la tipologia di utenza e pertanto lo stesso utilizzo della documentazione di

fonte pubblica in Rete nel reference.

Come abbiamo visto la mediateca della biblioteca Marconi è frequentata da un’utenza

generalista, al contrario dell’emeroteca di Terni a cui si rivolgono in prevalenza utenti

definibili esperti. Chi si reca nella mediateca Marconi, secondo quanto previsto dal

Manifesto Ifla per Internet, ha infatti l’obiettivo di accedere in maniera autonoma alla Rete

utilizzando le postazioni disponili, ma è anche consapevole di poter ricorrere, se

necessario, alla consulenza del personale. Non sempre è quindi motivato dalla risoluzione

di un’esigenza informativa specifica.

Chi si rivolge al reference giuridico della biblioteca comunale di Terni, nella maggior parte

dei casi ha invece già individuato un bisogno informativo, spesso attinente la propria

professione, e conta sulla mediazione del bibliotecario per la consultazione di prodotti

editoriali di nicchia, altrove disponibili a pagamento, come le banche dati di

documentazione giuridica.

La differenza che intercorre tra il servizio Internet della mediateca Marconi e il reference

giuridico di Terni è metaforicamente analoga a quella tra la consultazione a scaffale aperto

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e la richiesta di consultazione da catalogo. Nel primo caso, l’obiettivo può anche essere

semplicemente ‘brucare’ tra i documenti come tra libri in cerca di stimoli e suggestioni, nel

secondo caso invece la richiesta di un documento risponde a un obiettivo documentale già

individuato con precisione.

Questa distinzione polarizza in maniera emblematica le due anime della biblioteca

pubblica di cui è necessario tener conto: la dimensione formale − connessa all’utilità del

servizio − e quella informale, che risponde a bisogni meno codificabili nell’immediato ma

che hanno comunque un peso determinante nella qualità della vita delle persone. La stessa

percezione della biblioteca come luogo di libertà, di incontro, di emancipazione culturale e

civile emersa dalle interviste agli utenti della mediateca Marconi costituisce infatti il

macrocontesto all’interno del quale pensare la biblioteca pubblica come centro di

documentazione per la comunità. Si tratta, come già osservato, di una delle molte funzioni

possibili in un’ottica di biblioteca pubblica come sistema complesso, capace di rispondere

ai mutamenti sociali conservando sostanzialmente invariato il compito originario: quello di

assicurare l’accesso equo all’informazione e alla cultura indipendentemente dal supporto.

Nel mantenere saldo questo obiettivo, l’intermediazione professionale del bibliotecario tra

utenza generalista e documentazione di fonte pubblica in Rete deve necessariamente tenere

conto delle possibili varianti del servizio, in particolare alla luce di quanto enunciato dal

Manifesto Ifla per Internet circa l’equilibrio tra il rispetto della libertà di accesso a Internet

e la promozione attiva delle risorse di qualità disponibili on-line.

Per un verso infatti il bibliotecario deve possedere le competenze e gli strumenti di ricerca

per rispondere all’utenza esperta su quesiti riguardati tipologie documentarie specifiche,

come nel caso del reference giuridico di Terni. Al contempo però è suo compito anche

interpretare esigenze informative di carattere sociale manifestate da utenti meno esperti,

individuando la documentazione di fonte pubblica intesa in tutta la sua ampiezza tematica

e tipologica, disponibile in locale o in remoto, di volta in volta pertinente. Non meno

importante, proprio nell’intento di agevolare la conoscenza delle risorse di qualità, si

configura infine la produzione di sitografie tematiche ‘scorribili’ in Rete come se si

trattasse di documenti consultabili a scaffale aperto. In questa ottica, utilizzare le

potenzialità della Rete per la condivisione delle risorse su temi di interesse collettivo

consentirebbe infatti di produrre ulteriore conoscenza da intendersi come bene comune

libertario a disposizione dell’intera società civile25.

25 Come già osservato, la definizione di bene comune libertario è fornita da Peter Levine, L’azione collettiva, l’impegno civile e i beni comuni della conoscenza, in La conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica cit., p. 263-296.

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CONCLUSIONI

«Col nuovo assetto statale la biblioteca non era più, come un tempo, il privato possesso della casa regnante, ma una istituzione pubblica della provincia romana (ora il “sacerdote del Museo” veniva designato direttamente da Augusto)». Luciano Canfora, La biblioteca scomparsa

L’incertezza politico-economica che investe oggi le democrazie occidentali, e in

particolare l’Italia, ha acuito le disparità sociali sostanziando il rischio di esclusione dal

mondo del lavoro e dunque dalla vita sociale e politica di fasce sempre più ampie della

collettività. In questo scenario la biblioteca pubblica di base intesa quale istituto

democratico costituisce un servizio essenziale non solo in termini culturali ma anche

sociali e civili. Nel garantire un accesso equo all’informazione la biblioteca pubblica

rappresenta infatti un presidio formativo e informativo ‘aperto’ la cui disponibilità sul

territorio permette a ciascuno − in qualsiasi momento e senza vincoli − l’acquisizione di

informazioni, conoscenze e competenze necessarie all’emancipazione individuale e

all’inserimento nella vita sociale e lavorativa. Al contempo si configura come spazio

relazionale ispirato all’accoglienza e alla libertà di espressione, pertanto come luogo della

sfera pubblica dove la società civile può accedere liberamente alle informazioni

indispensabili per il dibattito democratico e dunque per l’esercizio consapevole della

cittadinanza.

La biblioteca pubblica di base costituisce dunque un servizio essenziale per le comunità e,

particolarmente in questa congiuntura socio-economico, rappresenta una risorsa necessaria

al cittadino. Proprio riconoscendone il valore non solo culturale, ma anche sociale e civile,

il documento Rilanciare le biblioteche pubbliche italiane pubblicato dall’AIB nel

settembre 2011 auspica un cambio di prospettiva, così delineato:

La chiave di lettura per ricollocare la biblioteca entro i confini della percezione di utilità sociale è quella di inserirla in un quadro più ampio, legato ad alcune priorità nazionali, prima fra tutte quella della crescita culturale del Paese, questione che riguarda molto da vicino sia la competitività sia la tenuta democratica della nostra nazione. Ad essa le biblioteche pubbliche potrebbero recare un contributo importante come integratori di saperi, concentratori di informazione e di contenuti qualificati da porgere a ciascuno secondo bisogni e capacità. Serve, insomma, un cambio di prospettiva che tenga conto dell'evoluzione del contesto sociale. In questa prospettiva la biblioteca di ente locale, non caratterizzata come semplice “servizio culturale” ma come “istituto del welfare”, inteso come sistema diretto a promuovere lo sviluppo

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socio-economico degli individui e la qualità della vita, può affiancare alle funzioni tradizionali di promozione della lettura e supporto allo studio altre attività1.

Il modello di biblioteca pubblica come centro di documentazione per la comunità proposto

quale esito del presente lavoro, si colloca a pieno titolo in questa definizione di «istituto del

welfare» che include peraltro − ampliandone l’influenza alla sfera civile a sociale − il ruolo

di servizio culturale in un’ottica polivalente opportunamente denominata da Anna Galluzzi

multiporpuse2.

Nel documentare diritti e doveri di cittadinanza, il ricorso alla documentazione di fonte

pubblica in Rete quale risorsa informativa per il cittadino rappresenta al contempo un

passo obbligato. Sulla base di quanto emerso dalla ricerca, persistono tuttavia ancora molti

ostacoli al posizionamento nel reference di tale tipologia documentaria considerata nella

sua ampiezza tematica e tipologica. Questi sono in parte riconducibili alle criticità proprie

della documentazione pubblica nel paradigma della Rete e in parte alla stessa percezione

della biblioteca di base, ancora oggi identificata dalla collettività come luogo di una cultura

elitaria e non come bene comune la cui utilità sociale risiede nel garantire equamente il

diritto all’informazione.

In assenza di precise strategie culturali assunte a livello nazionale, il processo di

ripensamento della biblioteca pubblica può intanto avere inizio con una spinta dal basso,

individuando proprio nei bibliotecari − a partire dalla gestione quotidiana del servizio e dal

rapporto con la comunità di riferimento − i promotori del cambiamento auspicato

dall’associazione italiana biblioteche.

Per questo motivo, in considerazione dei presupporti teorici fin qui evidenziati e di quanto

osservato con le indagini empiriche, si ritiene opportuno formulare alcune ipotesi di lavoro

rivolte proprio ai bibliotecari pubblici, affinché possano operare in tale senso tenendo

conto del contesto specifico in cui agiscono.

Si suggerisce in particolare di:

• Tracciare una mappatura dei soggetti presenti nel territorio che offrono, senza

scopo di lucro, assistenza al cittadino. Dai consultori famigliari ai centri per il

lavoro, dagli uffici per le relazioni con il pubblico (URP) istituiti dagli enti locali ai

patronati sindacali, la biblioteca dovrebbe avere un quadro il più possibile ampio di

tali enti, con l’obiettivo di supportarne l’azione per ciò che riguarda le necessità 1 AIB, Rilanciare le biblioteche pubbliche italiane, http://www.aib.it/aib/cen/iniz/in1109pb.htm Si ricorda inoltre tra le iniziative dell’AIB l’appello pubblico a favore delle biblioteche italiane La notte delle biblioteche, volto a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle condizioni di instabilità del settore causate da politiche di restrizione delle risorse economiche e lavorative. L’appello può essere firmato in Rete dal 23 ottobre 2011. 2 Anna Galluzzi, op. cit.

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documentali e di stabilire al contempo una reciproca funzione di indirizzamento

degli utenti, a seconda che questi esprimano esigenze di assistenza o di

documentazione.

• Includere nel patrimonio della biblioteca collezioni digitali remote costituite da

documentazione di fonte pubblica in Rete su temi di interesse collettivo, e darvi

opportuna visibilità. Nel fare ciò è necessario considerare tale tipologia

documentaria nella sua ampiezza tematica e tipologica, dunque non come categoria

interessante di per sé, ma funzionale a specifiche esigenze informative (per esempio

le linee guida sulla prima infanzia redatte dal Ministero della salute possono

rappresentare un materiale utile nell’ambito del progetto Nati per leggere). Sia per

la creazione che per l’aggiornamento di tali collezioni tematiche, la banca dati DFP

rappresenta uno strumento di lavoro da scoprire e valorizzare.

• Utilizzare le sale multimediali non solo per l’accesso libero alla Rete ma anche per

offrire servizi informativi specifici, ospitando eventualmente, in relazione alle

esigenze locali, sportelli di pubblica utilità in cooperazione con altri soggetti

presenti nel territorio, come per esempio centri per il lavoro o Informagiovani.

• Allestire gli ambienti facilitando la consultazione integrata di risorse cartacee e

digitali. Le sale multimediali dovrebbero infatti contenere scaffali con collezioni

periodiche e raccolte librarie, così come le sale di lettura dovrebbero comunque

prevedere la possibilità di accedere alle risorse digitali locali o remote.

• Considerare il reference giuridico non soltanto come un servizio destinato a utenza

definibile esperta, ma quanto possibile trasversale alle esigenze informative della

comunità. Nel caso di utenti privi di conoscenze di ambito giuridico, questo implica

l’interpretazione del bisogno informativo e l’individuazione delle specifica

normativa di utilità.

• Estendere il reference digitale dalla semplice informazione bibliografica

all’assistenza documentale intesa in senso ampio, indirizzando all’occorrenza

l’utente verso i soggetti pubblici o della società civile che si occupano di assistenza

al cittadino. Promuovere nel reference l’ampia gamma di risorse rese disponibili

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on-line dalle amministrazioni pubbliche, dai dati aperti ai dèpliant informativi su

temi di interesse generale.

• Predisporre periodicamente sitobibliografie tematiche su temi di interesse collettivo

individuati sulla base delle esigenze della comunità. Promuovere quanto possibile

la diffusione e lo scambio di tali repertori documentali coinvolgendo sia altre

biblioteche sia i soggetti pubblici presenti nel territorio. L’utilizzo di piattaforme

web dove depositare ad accesso libero la documentazione prodotta rappresenta una

modalità ideale per rendere disponibile tale documentazione e favorirne il riuso.

• Promuovere la conoscenza dell’open data e delle potenzialità di riuso dei dati

pubblici da parte della società civile. In tal senso la biblioteca potrebbe promuovere

specifiche attività formative rivolte a singoli cittadini o a enti pubblici o privati.

• Coinvolgere l’utenza − dai singoli cittadini alle associazioni che operano nel

territorio − nella pianificazione dei servizi documentali considerando proposte e

desiderata con l’obiettivo di rispondere alle effettive esigenze informative della

comunità e di sviluppare al contempo nella società civile un sentimento di

appartenenza rispetto alla biblioteca.

• Estendere l’orario di apertura della biblioteca garantendone tutti i servizi anche a

chi lavora, dunque in orario serale e festivo, con lo scopo di ampliare il più

possibile le fasce di utenza.

La biblioteca di base come centro di documentazione per la comunità deve dunque

proporsi come glocale3, attenta alla comunità locale e al contempo proiettata nella

dimensione globale della Rete. Nel tutelare i beni comuni della conoscenza ha peraltro il

compito di estendere quanto possibile i benefici dell’informazione e della cultura − con

particolare attenzione alle risorse di Rete ad accesso aperto − all’intera società civile, che

ne può così riconoscere il valore essenziale – come afferma Antonella Agnoli – «al pari

della scuola materna, della polizia locale e dei pompieri»4.

3 Per il concetto di biblioteca glocale si veda: Giovanni Solimine, La biblioteca. Scenari, culture, pratiche di servizio ct., p. 49. 4 Antonella Agnoli, Le piazze del sapere. Biblioteche e libertà cit., p. 157.

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GLOSSARIO Questa sezione raccoglie una selezione di termini, accompagnati dalla corrispondente voce

in lingua inglese, inerenti al tema della ricerca. Le definizione sono state desunte sia da

documenti ufficiali che da glossari di ambito bibliotecario e documentaristico, talvolta

inclusi nella saggistica consultata come nel caso del volume La conoscenza come bene

comune a cura di Charlotte Hess e Elinor Ostrom. Per alcuni termini recepiti nel lessico

della discipline documentarie direttamente dall’originale inglese, si propone una

definizione in lingua italiana. Si è proceduto in proposito alla traduzione solo nel caso di

testi non ancora tradotti.

Accessibilità = Accessibility

«Proprietà dei sistemi informatici di essere fruibili senza discriminazioni». (AIPA, I dati

pubblici: linee guida per l’accesso, la documentazione e la diffusione, “I Quaderni”, 4, 8,

2002, p. 21).

«Disponibilità e facilità di accesso ai documenti per consultarli dovuta sia ad

autorizzazione legale sia all’assistenza di strumenti di ricerca». (ISO 5127. Information

and documentation – Vocabulary, Geneve, International Organization for Standardization,

2001. Citato da: Manuale/dizionario della biblioteconomia e delle scienze

dell’informazione. Parte I: Indicizzazione e recupero semantico dell’informazione, a cura

di Vilma Alberani, Roma, Associazione italiana biblioteche, 2008, p. 19).

«Proprietà che consente alle persone con disabilità di accedere a tutti i servizi, metodi di

comunicazione e sistemi interattivi a disposizione dei cittadini». (W3C eGovernment

Glossary Internal Draft, trad. a cura dell’autore).

Accesso = Access

«Diritto, possibilità o mezzo per acquisire informazioni (fatti, concetti, oggetti, eventi,

idee, procedimenti, ecc.) da documenti». (ISO 5127. Information and documentation –

Vocabulary cit., p. 20).

«La possibilità dei cittadini di accedere a servizi e informazioni». (W3C eGovernment

Glossary Internal Draft cit.).

«Politica biblioteconomica che privilegia la capacità, delle biblioteche e/o di altre

organizzazioni di gestione dell’informazione, di rendere disponibile l’accesso alle risorse

informative per il maggio numero di utenti, rispetto al possesso fisico dei documenti (libri,

periodici, report, software, ecc.) di varia tipologia». (Ferruccio Diozzi, Glossario di

biblioteconomia e scienza dell’informazione, Milano, Editrice Bibliografica, 2003, p. 12).

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«Accesso (giuridico) ai dati. La normativa vigente prevede l’accesso agli atti

amministrativi (legge n 241/1990, art. 25, comma 1) e l’accesso ai dati personali (legge n.

675/1996, art. 13)». (AIPA, op. cit., p. 21).

«Accesso (informatico) ai dati. Possibilità di utilizzo che permette direttamente al soggetto

di esprimere le esigenze e di fruire dei dati. Va dalla sola visualizzazione alla possibilità di

formulare interrogazioni o ricerche, all’utilizzo (elaborazione, trasferimento) fino

all’aggiornamento (inserimento, modifica e/o cancellazione). L’utilizzo è solitamente

predeterminato ed eventualmente associato a profili di autorizzazione di singoli utenti o

intere classi di utenti. L’iniziativa è per lo più di chi accede e gli accessi possono essere

effettuati sia da persone sia da sistemi». (AIPA, op. cit., p. 21).

Accesso a Internet = Access to the Internet

«L’accesso a Internet e a tutte le sue risorse dovrebbe essere coerente con la Dichiarazione

universale dei diritti umani delle Nazioni Unite e in particolare con l’articolo 19: “Tutti

hanno diritto alla libertà di opinione e di espressione; questo diritto presuppone la libertà di

avere delle opinioni senza subire ingerenze di sorta, e di cercare, ricevere e impartire

informazioni e idee con qualsiasi mezzo, indipendentemente dalle frontiere.”

L’interconnessione globale di Internet offre un mezzo tramite il quale tutti possono godere

di questo diritto. Di conseguenza, l’accesso non dovrebbe essere sottoposto ad alcuna

forma di censura ideologica, politica o religiosa, né a barriere economiche. Le biblioteche e

i servizi informativi hanno anche la responsabilità di servire tutti i membri della comunità

senza discriminazioni di età, razza, nazionalità, religione, cultura, appartenenza politica,

disabilità fisiche o di altro tipo, genere o orientamento sessuale, o qualsiasi altra

condizione». (Manifesto IFLA per Internet, trad. it. a cura di Maria Teresa Natale).

«Il significato più comune di accesso a Internet consiste attualmente nel disporre di un

computer con hardware e software appropriati e con una connessione adeguata per il

collegamento a Internet. Tuttavia, il concetto di accesso è in realtà più complesso. Gli

utenti che dispongno di un computer collegato a Internet si differenziano infatti

enormemente per la capacità di usarlo e di recuperare informazioni per loro rilevanti».

(IFLA-UNESCO, Internet Manifesto Guidelines, trad. a cura dell’autore, p. 29).

Accesso all’informazione = Access to information

«Diritto di accedere a informazioni e documenti prodotti da istituzioni pubbliche. Più in

generale, il diritto/opportunità di accedere alle risorse informative di più varia tipologia

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attraverso sistemi bibliotecari e organizzazioni che gestiscono informazioni o attraverso le

fonti rese disponibili direttamente all’utente». (Ferruccio Diozzi, op.cit., p. 12).

«La libertà di accesso all’informazione indipendentemente dal mezzo e dalle frontiere, è

responsabilità fondamentale dei bibliotecari e dei professionisti dell’informazione.

(Manifesto IFLA per Internet cit.).

Accesso aperto = Open Access

«Alle terre e alle proprietà tangibili: libertà di accesso per tutti senza regole e restrizioni

efficaci. Alla conoscenza e alle informazioni: libertà di accesso online alle informazioni

senza la maggior parte delle restrizioni imposte da copyright e licenze». (Glossario, in La

conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica, a cura di Charlotte Hess e Elinor

Ostrom, trad. it. a cura di Paolo Ferri, Milano, Bruno Mondadori, 2009, p. 369).

«L’Open Access (OA) o accesso aperto è un movimento, nato in ambito accademico, che

incoraggia scienziati, ricercatori e studiosi a diffondere i propri lavori scientifici rendendoli

liberamente e pubblicamente accessibili e trova attuazione in due strategie complementari:

il canale del deposito da parte degli autori entro gli open archive d’ateneo, e quello delle

attività editoriali alternative o sostenibili di e-publishing (editoria elettronica); l’accesso

aperto è divenuto quindi una strategia, un insieme di iniziative internazionali con al centro

gli scienziati e i bibliotecari delle università di tutto il mondo, alleati contro il rischio del

monopolio dell’informazione da parte delle case editrici e di un accesso costoso alla

produzione scientifica». (Biblioteconomia. Guida classificata, diretta da Mauro Guerrini,

Milano, Editrice Bibliografica, 2008, p. 324).

«Definiamo l’accesso aperto come una fonte estesa del sapere umano e del patrimonio

culturale che siano stati validati dalla comunità scientifica […] I contributi ad accesso

aperto includono le pubblicazioni di risultati originali della ricerca scientifica, i dati grezzi

e i metadati, le fonti, le rappresentazioni digitali grafiche e di immagini e i materiali

multimediali scientifici». (Dichiarazione di Berlino, trad. it. a cura di Susanna Mornati e

Paola Gargiulo).

Alfabetizzazione informativa = Information Literacy

«Il concetto di information literacy implica in genere la capacità di fare un uso efficace

delle fonti informative, come analizzare e valutare le informazioni e organizzare e

utilizzare in un contesto individuale o collettivo». (IFLA-UNESCO, op. cit., p. 38).

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«Consapevolezza del potenziale dell’informazione, quale conoscenza comunicata e quale

processo comunicativo per accrescere la conoscenza, e delle relative fonti, e la capacità di

usarle». (ISO 5127. Information and documentation – Vocabulary cit., p. 24).

Bene comune = Commons

«Termine generale che indica una risorsa condivisa da un gruppo di persone e spesso

vulnerabile ai dilemmi sociali».(Glossario, in La conoscenza come bene comune. Dalla

teoria alla pratica cit., p. 369).

«In un bene comune, la risorsa può essere piccola e servire a un gruppo ristretto (il

frigorifero di famiglia), può prestarsi all’utilizzo di una comunità (i marciapiedi, i parchi

giochi, le biblioteche ecc.), oppure può estendersi a livello internazionale o globale (i

fondali marini, l’atmosfera, Internet e la conoscenza scientifica). I beni comuni possono

essere ben delimitati (come nel caos di un parco pubblico o una biblioteca), possono

attraversare confini e frontiere (il fiume Danubio, gli animali che migrano, Internet),

oppure possono essere privi di confini delimitati (la conoscenza, lo strato di ozono)». (La

conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica cit., p.5-6.).

«I beni comuni sono risorse che possono essere fruite in modo equo da una o più persone.

Normalmente, ogni componente della comunità ha diritto a fruirne senza alcun permesso,

come nel caso delle strade pubbliche, dei parchi e delle spiagge. Questi sono beni tangibili,

ma le risorse in comune possono anche essere le idee, come la teoria della relatività di

Einstein o gli scritti di pubblico dominio, come per esempio le opere di Shakespeare».

(IFLA-UNESCO, op. cit., p. 26).

Bene comune associativo = Associational Commons

«Sussiste quando un bene è controllato o gestito da un gruppo». (Glossario, in La

conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica cit., p. 369.)

Bene comune libertario = Libertarian Commons

«Sussiste quando chiunque ha diritto di utilizzare (e a volte anche di contribuire a) una

risorsa pubblica». (Glossario, in La conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla

pratica cit., p. 369.)

Dati aperti =Open Data

«Filosofia e prassi secondo cui alcuni dati devono essere liberamente a disposizione di

tutti, senza restrizioni di copyright, brevetti o altri meccanismi di controllo. Si distingue

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dalle espressioni Open Source e Open Standard in quanto enfatizza l’accesso e il riutilizzo

dei dati scientifici e governativi come strumenti per ampliare la collaborazione, per

generare consapevolezza civica nei cittadini e per accelerare scoperte e innovazioni».

(W3C eGovernment Glossary Internal Draft cit.).

Dato grezzo = Raw Data

«Dato che si trova nella forma in cui è stato acquisito inizialmente».

(AIPA, op. cit., p. 22).

Dato pubblico = Public Data

«Dato detenuto da soggetti pubblici perché raccolto o utilizzato da soggetti pubblici,

nell’ambito dei propri fini istituzionali». (AIPA, op. cit., p. 22)

«Il dato conoscibile da chiunque». (Decreto legislativo Attuazione della direttiva

2003/98/CE relativa al riutilizzo di documenti nel settore pubblico n. 36 del 24 gennaio

2006)

Documentazione di fonte pubblica = Government Information

«Insieme dei documenti prodotti dalle pubbliche amministrazioni e diffusi all’esterno delle

amministrazioni stesse anche tramite editori privati. Comprende sia documenti che

costituiscono unità bibliografiche autonome (studi, relazioni, periodici) sia documenti

giuridici che vengono diffusi tramite pubblicazioni ufficiali, oppure tramite i canali

dell’editoria giuridica o le basi di dati on-line (leggi, sentenze, atti amministrativi a

carattere generale, circolari, disegni di legge ...)». (Glossario allegato all’indagine Aib-

Istat, http://www.aib.it/aib/cen/q0106a1.htm).

Informazione del settore pubblico = Public Sector Information

«Le informazioni del settore pubblico sono un’importante materia prima per i prodotti e i

servizi imperniati sui contenuti digitali. Esse diventeranno una risorsa contenutistica

ancora più importante con lo sviluppo dei servizi di contenuti via comunicazioni mobili. In

tale contesto sarà fondamentale anche un’ampia copertura geografica oltre i confini

nazionali. Più ampie possibilità di riutilizzo delle informazioni del settore pubblico

dovrebbero, tra l’altro, consentire alle imprese europee di sfruttarne il potenziale e

contribuire alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro». (Direttiva

2003/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 novembre 2003 relativa al

riutilizzo dell’informazione del settore pubblico).

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«L’informazione del settore pubblico svolge un ruolo fondamentale per il corretto

funzionamento del mercato interno e la libera circolazione di merci, servizi e singoli

individui. Senza informazioni amministrative, legislative, finanziarie o comunque

pubbliche che siano di pronto e facile accesso, gli operatori economici non possono

prendere decisioni pienamente informate». (Commissione Europea, L’informazione del

settore pubblico: una risorsa fondamentale per l’Europa. Libro verde sull’informazione

del settore pubblico nella società dell’informazione, 1998.

ftp://ftp.cordis.europa.eu/pub/econtent/docs/gp_it.pdf).

Mash-up

«Una applicazione Web che combina i dati o le funzionalità di due o più fonti in un’unica

applicazione integrata».(W3C eGovernment Glossary Internal Draft cit.).

Riutilizzo = re-use

«L’uso di documenti in possesso di enti pubblici da parte di persone fisiche o giuridiche a

fini commerciali o non commerciali diversi dallo scopo iniziale nell’ambito dei compiti di

servizio pubblico per i quali i documenti sono stati prodotti». (Direttiva 2003/98/CE del

Parlamento europeo e del Consiglio del 17 novembre 2003 relativa al riutilizzo dell’

informazione del settore pubblico).

«L’uso del dato di cui è titolare una pubblica amministrazione o un organismo di diritto

pubblico, da parte di persone fisiche o giuridiche, a fini commerciali o non commerciali

diversi dallo scopo iniziale per il quale il documento che lo rappresenta è stato prodotto

nell’ambito dei fini istituzionali». (Decreto legislativo Attuazione della direttiva

2003/98/CE relativa al riutilizzo di documenti nel settore pubblico” n. 36 del 24 gennaio

2006).

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FONTI

AIPA, I dati pubblici: linee guida per l’accesso, la documentazione e la diffusione, “I Quaderni”, 4, 8, 2002. http://archive.forumpa.it/archivio/0/200/230/237/Aipalineeguidadatipub02.pdf Biblioteconomia. Guida classificata, diretta da Mauro Guerrini, condirettore Gianfranco Crupi, a cura di Stefano Gambari, collaborazione di Vincenzo Fugaldi, presentazione di Luigi Crocetti, Milano, Editrice Bibliografica, 2007. COMMISSIONE EUROPEA, L’informazione del settore pubblico: una risorsa fondamentale per l’Europa. Libro verde sull’informazione del settore pubblico nella società dell’informazione, 1998. ftp://ftp.cordis.europa.eu/pub/econtent/docs/gp_it.pdf Decreto legislativo Attuazione della direttiva 2003/98/CE relativa al riutilizzo di documenti nel settore pubblico n. 36 del 24 gennaio 2006. Dichiarazione di Berlino, trad. it. a cura di Susanna Mornati e Paola Gargiulo, http://oa.mpg.de/files/2010/04/BerlinDeclaration_it.pdf Ferruccio DIOZZI, Glossario di biblioteconomia e scienza dell’informazione, Milano, Editrice Bibliografica, 2003. Direttiva 2003/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 novembre 2003 relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico. Banca dati Eur-Lex. http://eurlex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2003:345:0090:0096:IT:PDF Glossario in La conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica, a cura di Charlotte Hess e Elinor Ostrom, trad. it. a cura di Paolo Ferri, Milano, Bruno Mondadori, 2009 (2007), p. 369-373. Glossario allegato all’indagine Aib-Istat, http://www.aib.it/aib/cen/q0106a1.htm IFLA-UNESCO, Internet Manifesto Guidelines, http://archive.ifla.org/faife/policy/iflastat/Internet-ManifestoGuidelines.pdf La conoscenza come bene comune. Dalla teoria alla pratica, a cura di Charlotte Hess e Elinor Ostrom, trad. it. a cura di Paolo Ferri, Milano, Bruno Mondadori, 2009 (2007). Manifesto Ifla per Internet, trad. a cura di Maria Teresa Natale, http://archive.ifla.org/III/misc/im-it.htm Manifesto Unesco per le biblioteche pubbliche, trad. it. a cura di Maria Teresa Natale, “AIB Notizie”, 7, 5, 1995, p. 1-2. Manuale/dizionario della biblioteconomia e delle scienze dell’informazione. Parte I: Indicizzazione e recupero semantico dell’informazione, a cura di Vilma Alberani, Roma, Associazione italiana biblioteche, 2008. W3C eGovernment Glossary Internal Draft http://www.w3.org/egov/wiki/Glossary#Glossary

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APPENDICE

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SCHEDA 1 BIBLIOTECHE PUBBLICHE INCLUSE NELL’INDAGINE

BIBLIOTECA CIVICA DI COLOGNO MONZESE Localizzazione Cologno Monzese (MI) (Lombardia); 47.567 abitanti Indirizzo Piazza Mentana, 1 Sede edificio storico Unità di personale impiegato 22 Patrimonio documentale dichiarato ca. 120.000 documenti Postazioni Internet all’utenza 13 Anno di apertura della sede attuale 1992 Sito web http://www.biblioteca.colognomonzese.mi.it/ BIBLIOTECA COMUNALE DI LOMAZZO Localizzazione Lomazzo (CO) (Lombardia); 9.425 abitanti Indirizzo Brolo San Vito, 4 Sede edificio storico Unità di personale impiegato 1 Patrimonio documentale dichiarato ca. 30.000 documenti Postazioni Internet all’utenza 4 Anno di apertura della sede attuale 2000 Sito web http://www.ovestcomobiblioteche.it/biblioteche_01.asp?id=18 BIBLIOTECA SALABORSA DI BOLOGNA Localizzazione Bologna (Emilia-Romagna) ; 377. 220 abitanti Indirizzo Palazzo d'Accursio, Piazza del Nettuno 3 (Piazza Maggiore) Sede edificio storico Unità di personale impiegato 55 Patrimonio documentale dichiarato 244.338 Postazioni Internet all’utenza 32 Anno di apertura della sede attuale 2001 (ampliamento nel 2008) Sito web http://www.bibliotecasalaborsa.it/home.php BIBLIOTECA COMUNALE RENATO FUCINI Localizzazione Empoli (FI) (Toscana); 47.549 abitanti Indirizzo Via Cavour, 36 Sede edificio storico Unità di personale impiegato: 19 Patrimonio documentale dichiarato ca. 120.000 Postazioni Internet all’utenza 18 Anno di apertura della sede attuale 1853 Sito web http://www.comune.empoli.fi.it/biblioteca/biblioteca.htm

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LA BIBLIOTECA DI SCANDICCI Localizzazione Scandicci (FI) (Toscana); 50.071 abitanti Indirizzo Via Roma 38/A Sede edificio storico Unità di personale impiegato 15 Patrimonio documentale dichiarato ca. 65.000 Postazioni Internet all’utenza 10 Anno di apertura della sede attuale 2009 Sito web http://biblioteca.scandiccicultura.it BIBLIOTECA COMUNALE DI CASTIGLIONE DEL LAGO Localizzazione Castiglione del Lago (PG) (Umbria); 15.574 abitanti Indirizzo Piazza Antonio Gramsci, 1 Sede edificio storico Unità di personale impiegato 3 Patrimonio documentale dichiarato ca. 18.000 documenti Postazioni Internet all’utenza 6 Anno di apertura della sede attuale 2003 Sito web http://www.bibliocastiglione.it/ BIBLIOTECA COMUNALE DI TERNI (BCT) Localizzazione Terni (Umbria); 112.735 abitanti Indirizzo Piazza della repubblica, 1 Sede edificio storico Unità di personale impiegato 51 Patrimonio documentale dichiarato ca. 195.000 documenti Postazioni Internet all’utenza 22 Anno di apertura della sede attuale 2004 Sito web http://www.bct.comune.terni.it/ BIBLIOTECA COMUNALE DANTE ALIGHIERI Localizzazione Foligno (PG) (Umbria); 57.758 abitanti Indirizzo Piazza del Grano Sede edificio moderno Unità di personale impiegato 12 Patrimonio documentale dichiarato ca. 171.443 documenti Postazioni Internet all’utenza 10 Anno di apertura della sede attuale 1997 Sito web pagina informativa sul sto web del Comune http://www.comune.foligno.pg.it/MEDIACENTER/FE/CategoriaMedia.aspx?idc=121

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BIBLIOTECA COMUNALE GIOVANNI EROLI Localizzazione Narni (TR) (Umbria); 20.427 abitanti: Indirizzo Via Saffi Sede edificio storico Unità di personale impiegato 3 Patrimonio documentale dichiarato ca. 19.000 Postazioni Internet all’utenza 2 Anno di apertura della sede attuale 2007 Sito web pagina informativa sul sto web del Comune http://www.narni.it/biblioteca/default.htm NUOVA BIBLIOTECA COMUNALE LUIGI FUMI Localizzazione Orvieto (TR) (Umbria); 21.059 abitanti Indirizzo Piazza Febei,1 Sede edificio storico Unità di personale impiegato 9 Patrimonio documentale dichiarato ca. 102.000 Postazioni Internet all’utenza 5 Anno di apertura della sede attuale 2009 Sito web http://www.bibliotecaorvieto.it BIBLIOTECA GUGLIELMO MARCONI Localizzazione Roma (Lazio); 274.3796 abitanti Indirizzo Via Gerolamo Cardano, 135 Sede edificio moderno Unità di personale impiegato 30 Patrimonio documentale dichiarato ca. 57.106 documenti Postazioni Internet all’utenza 14 Anno di apertura della sede attuale 2006 Sito web http://tinyurl.com/6kvff6 BIBLIOTECA COMUNALE MI LIBRO Localizzazione: Sant’Antimo (NA) (Campania); 31157 abitanti Indirizzo Corso Michelangelo, 31 Sede edificio storico Unità di personale impiegato 4 Patrimonio documentale dichiarato ca. 10.100 documenti Postazioni Internet all’utenza 8 Anno di apertura della sede attuale 2006 Sito web pagina informativa sul sto web del Comune http://www.comune.santantimo.na.it/cultura/biblioteca.htm

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BIBLIOTECA COMUNALE SIMONE AUGELLUZZI Localizzazione Eboli (SA) (Campania); 37.766 abitanti Indirizzo Piazza San Francesco Sede edificio storico Unità di personale impiegato 8 Patrimonio documentale dichiarato ca. 20.000 documenti Postazioni Internet all’utenza 8 Anno di apertura della sede attuale 1999 Sito web pagina informativa sul sto web del Comune http://www.comune.eboli.sa.it/index.php?id_area=26 BIBLIOTECA COMUNALE MONS. AMATULLI Localizzazione Noci (BA) (Puglia); 19.410 abitanti Indirizzo Via Cappuccini, 4 Sede edificio storico Unità di personale impiegato 4 Patrimonio documentale dichiarato ca 35.000 Postazioni Internet all’utenza 4 Anno di apertura della sede attuale 2006 Sito web http://www.bibliotecanoci.it/ BIBLIOTECA COMUNALE GIUSEPPE ANGELO NOCITI Localizzazione Spezzano Albanese (CS) (Calabria); 7.260 abitanti Indirizzo Via Nazionale, 254 Sede edificio storico Unità di personale impiegato 2 Patrimonio documentale dichiarato ca. 10.000 documenti Postazioni Internet all’utenza 0 Anno di apertura della sede attuale 1982 Sito web nessuno

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SCHEDA 2 QUESTIONARIO BIBLIOTECA COMUNALE DI TERNI (UTENZA SEZIONE PERIODICI) M F Età Titolo di studio Professione 1. Ambito tematico della ricerca • Esigenze professionali • Questioni di vita quotidiana • Formazione • Sanità • Informazioni sulla politica internazionale/nazionale/locale • Ricerca di lavoro 2. Fonte Banche dati in cd-rom • Foro Italiano Zanichelli; • Juris Data Giuffrè; • Pubblico Impiego Sole 24ore; • Edilizia e Territorio Sole 24ore; Banche dati on-line a pagamento • Leggi d’Italia De Agostini; • DeJure Giuffrè; • Foro Italiano Zanichelli Risorse di Rete ad accesso libero • DFP • Normattiva • Gazzetta Ufficiale • B.U.R. Umbria • Cittadino lex • Altre banche dati istituzionali (specificare) • Siti web istituzionali (specificare) • Motori di ricerca (specificare)

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SCHEDA 3 QUESTIONARIO/INTERVISTA BIBLIOTECA MARCONI DI ROMA (UTENZA MEDIATECA)

PRIMA PARTE M F Età Titolo di studio Professione

1) In media, quanto tempo alla settimana utilizza Internet in biblioteca? • meno di un’ora • un’ora • 2-5 ore • più di 5 ore 2) Utilizza Internet anche da altri luoghi? • no • casa • lavoro • altro (specificare) 3) Utililizza Internet in biblioteca prevalentemente per: • cercare informazioni sul web • consultare opac bibliotecari • consultare banche dati • mandare e ricevere email • comunicare in chat e/o nei social network • altro (specificare)

4) In genere cerca in Rete per: Consultare documenti ufficiali (leggi e regolamenti, bandi e concorsi pubblicati in Gazzetta Ufficiale, Bollettino Regionale, albo pretorio, ecc.)

Spesso Qualche volta Mai Risolvere esigenze concrete (es. accedere alle agevolazioni pubbliche, cercare lavoro, accedere a percorsi formativi ecc.)

Spesso Qualche volta Mai

Quesiti sanitari

Spesso Qualche volta Mai

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Organizzare il tempo libero (manifestazioni culturali, viaggi ecc.)

Spesso Qualche volta Mai Aggiornarsi sulla politica internazionale/nazionale/locale

Spesso Qualche volta Mai 5) Utilizza il servizio di reference digitale “chiedi al bibliotecario”?

Spesso Qualche volta Mai Non lo conosco

SECONDA PARTE 1) Ritiene utile il servizio di navigazione Internet in biblioteca? Perché? 2) Quali vantaggi ha riscontrato nella ricerca Internet in biblioteca rispetto alla ricerca autonoma? 3) Troverebbe utili sitografie/dépliant su temi di interesse pubblico (pensioni, ambiente, ecc.) in cui la biblioteca segnalasse risorse di Rete di qualità? Perché? 4) Oltre la navigazione Internet, per quali motivi frequenta la biblioteca?

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SCHEDA 4 TRASCRIZIONE DELLE INTERVISTE ALL’UTENZA DELLA MEDIATECA MARCONI DI ROMA DOMANDA 1 RITIENE UTILE IL SERVIZIO DI NAVIGAZIONE INTERNET IN BIBLIOTECA? PERCHÉ? 1. Sì, perché è gratuito e più sicuro che a casa. 2. Sì, consulto principalmente le novità in ambito ambientale. In biblioteca Internet è utile perché ti permette di non diventare schiavo del computer, qui c’è un uso più mirato, meno dispersivo. 3. Sì, non ho Internet a casa, sono immigrato e mi serve per rimanere in contatto con il mio paese. 4. Sì, perché è gratuito e accessibile. Ormai Internet è fondamentale per accedere alle informazioni più aggiornate, le risorse a stampa invecchiano presto. 5. Sì, per la ricerca di informazioni, mi aggiorno su ogni cosa che mi serve. 6. Sì, deve esserci un posto dove accedere a Internet gratuitamente, sarebbe assurdo se in biblioteca non ci fosse, ormai la cultura e l’informazione sono nella Rete, non a stampa. 7. Sì, offre un’informazione completa ed è più veloce e più pratico rispetto ai libri. 8. Sì, sono pensionata, è bello venire qui e potersi collegare a Internet, è un motivo per uscire da casa. 9. Sì, perché consente di accedere a informazioni di tutti i generi, vieni qui, leggi i giornali e ti colleghi in Rete: c’è un bel risparmio economico, sono cose che costano. 10. Sono etiope, mi informo sulla politica internazionale e la mia attività, sono infermiere. In biblioteca passo il tempo libero ed è utile che ci sia Internet. 11. Sì, soprattutto per lo studio, Internet è importante per la ricerca dei testi e per approfondire alcuni temi. 12. Moltissimo, qui ho libri e Internet insieme, studio Intelligenza Artificiale, come farei senza portemi collegare alla Rete? 13. Certo, per le consultazioni veloci Internet è più utile delle enciclopedie cartacee e più aggiornato. La stessa cosa per i dizionari di lingua, preferisco usare Internet, se qui non ci fosse sarei in difficoltà. 14. Sì, soprattutto per chi non ha la possibilità di collegarsi altrimenti. Le biblioteche nascono per agevolare l’accesso al sapere per tutti, oggi non ci si può limitare ai libri, le biblioteche devono avere anche Internet se non vogliono chiudere, altrimenti chi ci verrebbe?

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15. Sì, secondo me è importante perché non tutti hanno Internet a casa. L’informazione in Rete consente di crescere, come i libri, leggi e impari molte cose. 16. Sì, se è usato bene è uno strumento che facilita la vita. Io non sono molto brava quindi lo uso poco. Mi piace dipingere e cerco soltanto i quadri. Alla mia età, settant’anni, preferisco fare altre cose, incontrare persone, vengo qui anche per questo. 17. Sì, è un’opportunità gratuita e sicura, non c’è rischio di virus e i computer sono di ultima generazione e sempre aggiornati. 18. Sì, consente l’accesso anche a chi non ha Internet a casa per problemi economici ed è un aiuto importante per chi non lo sa usare. Ormai Internet fa parte della cultura attuale, non se ne può fare a meno. 19. Internet è un servizio importante, deve esserci per forza in biblioteca, in fondo il compito della biblioteca è dare accesso alla cultura e oggi la cultura passa anche attraverso Internet. 20. Sì, molto. Permette la prenotazione e il numero delle postazioni è adeguato. Se non ci sono richieste si può rimanere collegati anche oltre un’ora, è una delle poche biblioteche di Roma che lo consente. 21. Sì, per motivi di studio soprattutto. Ormai i manuali dell’università e le dispense segnalano sempre siti web, se non ci fosse Internet in biblioteca mi troverei in difficoltà. 22. Sì, per coloro che per motivi economici o altro non possono averlo a casa. Per noi studenti è importante per approfondire alcune cose ma anche per distrarsi dallo studio. 23. Per renderlo accessibile a tutti coloro che non ce l’hanno a casa ma è utile anche per chi ce l’ha a casa e preferisce studiare qui. 24. Sì, per le ricerche, per gli studenti che vogliono approfondire dei temi e anche per risolvere aspetti concreti della vita quotidiana, per esempio informarsi sui viaggi, ma anche sugli scioperi dei mezzi pubblici e molto altro. 25. Sì, per chi non può permettersi un collegamento a casa. È utile il fatto che ci siano i libri e che è possibile contemporaneamente approfondire alcuni spunti che sono nei libri con la ricerca in Internet. 26. Sì, Internet in biblioteca è utile perché mi permette di fare ricerche veloci anche quando non sono a casa. 27. Ti dà altre possibilità, la biblioteca è uno spazio per i giovani, mentre studio posso fare delle pause e vedere chi c’è su Facebook, magari con i compagni di classe ci scambiamo impressioni e consigli sui compiti. 28. Permette la fruibilità gratuita di informazione, è importante per la lotta al divario digitale, non tutti possono permettersi Internet per problemi economici o strumentali. 29. È economico, è per tutti. Per me è fondamentale, pubblico corsi web di recitazione in Rete. È un’attività innovativa, poi qui posso lavorare con il portatile perché c’è anche la navigazione Wi-Fi.

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30. La biblioteca è un luogo di cultura, non si può fare a meno di Internet per essere aggiornati, la cultura contemporanea non passa solo sui libri ma anche in Rete. 31. Sì, è un accesso pubblico e gratuito, Internet è utile per tutto, non se ne può più fare a meno, altrimenti si resta fuori dal mondo. 32. Sì, per la ricerca negli opac soprattutto. Sono austriaco e in Austria tutte le biblioteche collaborano tra loro. Da una biblioteca puoi prenotare un libro che si trova in un’altra. Qui le cose sono più difficili. 33. Sì, non tutti hanno la possibilità di una connessione a casa, e poi è un punto di riferimento importante per ogni cosa, non sarebbe completa senza Internet. 34. Sì, soprattutto per imparare l’uso di Internet, ma anche la lingua, vengo dal Ciad e non conosco bene l’italiano. 35. Sì, se non hai la possibilità altrove è giusto averla qui. Così puoi vedere i libri ma anche svagarti un po’ su Facebook o cercare informazioni che ti servono. 36. Sì, permette l’accesso a tutti, oggi è importante. 37. Sì, è molto utile, vengo qui per i libri e per controllare la posta. 38. Agevola la comunicazione e permette a tutti la connessione, anche a chi non ha la possibilità economica. 39. Ti offre la possibilità di accedere alle informazioni che non sono sui libri e poi così possono collegarsi anche le persone che non hanno la possibilità economica. 40. Non tutti hanno l’accesso a casa, anche per l’alfabetizzazione informatica è importante che ci sia un servizio pubblico che permette l’accesso a tutti. 41. Per l’inserimento degli immigrati per esempio, è importante essere accoglienti, aiuta l’integrazione; comunque consente a tutti l’accesso. 42. Sì, per le ricerche, in Internet ci sono informazioni sempre aggiornate, se la biblioteca ha libri e riviste, deve avere anche Internet. 43. Per consentire anche a chi non ha la possibilità economica di usare Internet, è un servizio minimo, di base per la cittadinanza. 44. È più veloce la ricerca in Internet che sui libri. E comunque i libri non sempre sono aggiornati. 45. Sì, non riesco a studiare senza avere accesso Internet. Se non ci fosse Internet non potrei venire qui a studiare. 46. Sì, chi prima veniva solo per leggere ora può imparare ad usare Internet. A casa non lo voglio, mi angoscia. 47. Sì, per la consultazione ormai è indispensabile.

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48. Quando sono fuori casa c’è sempre una biblioteca vicina e poi la gratuità, uso molto la videoscrittura e in un Internet point spenderei moltissimo. 49. Utilissimo, non esco con il mio computer, è pesante, sono anziano, vengo qui, leggo i libri e ogni tanto controllo la posta o ricerco nelle banche dati, sono fisico nucleare e mi occupo della bonifica delle aree radioattive. 50. Sì, è un luogo aggiuntivo per collegarsi, è comodo, lo uso già a casa e al lavoro, è importante che ci sia anche qui. 51. Se non si ha un portatile è l’unico modo. Serve anche per spezzare il tempo dello studio. 52. Devono esserci dei luoghi pubblici per l’accesso a Internet, sempre più le pratiche amministrative sono on-line, ora c’è anche la posta elettronica certificata obbligatoria per i concorsi, sarebbe assurdo che i costi del collegamento fossero del tutto a carico dei cittadini. 53. Sì, mentre studio posso verificare e approfondire alcune informazioni in Rete, non riesco più a studiare senza avere a disposizione Internet. 54. Assolutamente necessario, la cultura oggi è una realtà integrata di cartaceo e digitale, sarebbe assurdo non ci fosse, non ci verrei. 55. Sì, molto, è gratuito e affidabile, è un sostegno importante per i cittadini, ormai è necessario consultare Internet per molte cose, la biblioteca è un servizio pubblico e deve averlo. 56. Sì, molto, lo uso per le ricerche nei cataloghi delle biblioteche e delle librerie, ma anche per vedere le novità, mi occupo di editoria e qui ho tutto quello che mi serve. 57. Ricerche informative, sono importanti per ogni cosa, oggi sarebbe strano se la biblioteca non lo avesse. 58. Sì, l’informazione è più completa, solo i libri non bastano più. 59. Sì, qui è possibile una navigazione sicura senza pericolo di virus e in piena tranquillità. 60. Sì, è necessario per il reperimento di informazioni. Cambia il supporto, ma si tratta di una questione di accessibilità, deve essere per i libri come per Internet. 61. Sì, molto, la televisione nasconde molte cose, solo in Rete è possibile un’informazione libera. Qui faccio soprattutto ricerche umanistiche. Consulto un libro e poi cerco un sito che può aiutarmi ad approfondire di più, a capire meglio. È una questione di informazione libera. 62. Sì, specie se non posso usarlo da casa. Per trovare velocemente i libri di cui ho bisogno, per lo studio vengo comunque in biblioteca, è importante ci sia Internet, è una questione di completezza dell’informazione e di diritto di accesso. 63. Sì, è un mezzo che tutti dovrebbero avere a disposizione, è importante che non siano solo coloro che possono permettersi una connessione a poter accedere a Internet.

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64. Sì, perché offre la possibilità a tutti di connettersi, la biblioteca però dovrebbe anche offrire più corsi di informatizzazione, già ci sono per gli anziani ma non sono gli unici ad averne bisogno. E poi è un servizio gratuito, ormai si paga tutto. 65. Sì, specie per chi non ha possibilità economiche, non tutti possono permettersi Internet, specie con questa crisi. 66. Soprattutto per chi non ha Internet a casa, devono esserci punti di accesso pubblici e gratuiti. 67. Sì, perché in biblioteca ci sono i libri, se devo approfondire qualcosa in Internet preferisco farlo qui che a casa dove non ho mai tempo. 68. Internet è utile ovunque e comunque, non vedo perché non dovrebbe esserci. 69. Consente di stare insieme agli altri e di fare ricerche mirate, a casa può essere alienante. Qui si ha il controllo del tempo, non si rischia di diventare dipendenti. E poi è economico, è gratuito. 70. Per chi non ha accesso a casa è fondamentale, è un diritto di tutti ma che oggi non tutti possono permettersi. 71. Riesco a scoprire cose che sui libri non trovo, Internet è un grande libro delle scoperte e quindi deve stare in biblioteca. 72. Per la gratuità del servizio, a casa ho disdetto l’abbonamento per far quadrare meglio i conti. 73. Non ho il computer a casa e non so usarlo bene, qui sto imparando, ho già fatto un corso in biblioteca ma ora devo usarlo il più possibile per imparare veramente. 74. Sì, è un servizio pubblico fondamentale, è gratuito e tutti possono accedervi, oggi è imprescindibile. 75. Sì molto, per permettere ricerca connesse allo studio, ma anche per permettere a tutti l’accesso, la biblioteca è un servizio pubblico, deve avere anche Internet. 76. Sì, moltissimo, soprattutto per ridurre il divario digitale, fino al 2003 solo il 30% degli italiani avevano Internet a casa, è importante che ci sia in biblioteca, senza Internet si rischia di rimanere fuori dal mondo. 77. Sì, offre la possibilità a tutti di accedere e completare così lo studio con Internet, ormai è impossibile aggiornarsi o studiare solo sui libri. 78. Per consentire l’accesso a tutti, anche a chi non lo sa usare o a chi non ha la possibilità Economica di avere un abbonamento veloce a Internet. 79. Se devi fare delle ricerche per la scuola non ne puoi fare a meno. 80. Sì, non tutti possono accedere a Internet da casa, non c’è sempre la possibilità economica e poi la linea non è ancora veloce ovunque.

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81. Sì, così possono fare le ricerche anche le persone che non hanno Internet a casa. 82. Sì, completa la disponibilità di informazioni, oggi la stampa non basta più. 83. Moltissimo, è gratuito, a casa non posso permettermelo. 84. Sì, per l’utilizzo del web e la ricerca di informazioni, poi qui ci sono molti dépliant. E poi è importante perché è gratuito, per problemi economici sono stata costretta a disdire l’abbonamento a casa e qui ho potuto fare due corsi di formazione on-line in e-learning, che altrimenti non avrei potuto fare da casa. 85. Certo, per chi non ha Internet a casa, per esempio gli studenti fuori sede. 86. Sì, per le informazioni aggiornate è necessario, i libri non bastano. 87. Molto, ce l’ho vicino casa, è un servizio importante per me, in questo periodo non posso permettermi la connessione privata. 88. Sì, per avere tutte le informazioni subito, è a portata di mano, pubblico e gratuito. 89. Sì, quando studi o prendi un libro e ti servono approfondimenti è utile. Internet è un grande libro. Per imparare l’italiano ho usato e uso molto Internet, sono iraniana, con Internet posso tradurre il persiano con facilità. 90. Sì, consente di cercare lavoro in portali affidabili che segnala l’Informagiovani e poi a casa non posso permettermelo. 91. È fantastico, gratuito, per noi pensionati è importante. A casa Internet ha costi elevati, con la connessione che ho pago due euro l’ora, sono pensionato e non posso permettermelo. 92. Ci consente di stare in Rete, è un sistema complesso, bisogna esserci, senza Internet si rischia di rimanere esclusi. 93. Per chi non può più permetterselo, sia il PC che la connessione hanno un costo non sempre sostenibile. 94. È veloce e gratuito e poi si esce da casa. 95. Non avendolo a casa per me è comodissimo, con l’Internet Point spenderei moltissimo. 96. Internet è uno spazio che offre informazioni ad ampio raggio, è imprescindibile in biblioteca. 97. Sì, vengo qui per cercare lavoro e informazioni sulla mia disabilità. 98. Non avendolo a casa, per me è utilissimo. 99. Sì, per rimanere aggiornati, altrimenti si rimane isolati, fuori dal mando, oggi è imprescindibile.

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100. Molto, consente ai cittadini di accedere liberamente e gratuitamente, ce l’ho a casa ma preferisco usarlo qui, così non mi fossilizzo chiuso dentro casa. 101. Sì molto, non ce l’ho a casa e non ho neanche il computer, è un costo che non posso sostenere. 102. Sì, per chi non ha la possibilità economica, qui è gratuito, e poi Internet è comunque una finestra sul mondo. La biblioteca è anche per il tempo libero, deve esserci. 103. Sì, è economico. A casa spendi molto e senza lavorare non posso proprio permettermelo. 104. Per la gratuità e per chi studia serve per spezzare. Oggi sarebbe inconcepibile se non ci fosse. DOMANDA 2 QUALI VANTAGGI HA RISCONTRATO NELLA RICERCA INTERNET IN BIBLIOTECA RISPETTO ALLA RICERCA AUTONOMA? 1. Il vantaggio più grande è poter chiedere al personale se sono in difficoltà. 2. Ricerco in Internet solo qui, a casa preferisco non usarlo perché perdo il senso del tempo, qui sono obbligato a rispettare degli orari e non corro il rischio di alienarmi. 3. Qui posso chiedere aiuto, non conosco bene la lingua, per me è importante comunicare con le persone per imparare bene l’italiano. 4. Nessuna, lo uso come a casa. 5. Posso chiedere al personale se non riesco a trovare quello di cui ho bisogno. 6. Nessuno, studio, leggo, quello che consulterei a casa consulto qui. 7. Non lo so, a casa non ce l’ho, mi collego solo da qui. 8. C’è il personale a cui chiedere, all’inizio avevo parecchie difficoltà, ho imparato qui a usare internet. 9. C’è il personale a cui chiedere anche se il vantaggio più grande è quello economico. 10. Ci sono i libri, il materiale della biblioteca, leggo i libri e uso Internet per imparare l’italiano. Qui posso parlare con gli italiani, a casa no. 11. Grosso modo è la stessa cosa, qui però ho un aiuto se ho bisogno. 12. La presenza dei libri, quando non ho i libri a disposizione non posso verificare niente, mi innervosisco. 13. Non ho distrazioni, qui non mi lascio trasportare dai link, faccio un uso più mirato della Rete.

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14. Qui consulto meno cose banali, soprattutto uso meno i social network, qui consulto quello che mi serve e basta, non mi isolo come a casa, qui ci sono persone in carne e ossa con cui parlare. 15. Il silenzio, c’è più concentrazione e posso chiedere aiuto se ho dubbi. 16. Sarà per l’età ma non ho molta ansia di imparare. Qui però mi sento sicura perché posso chiedere un aiuto se sono in difficoltà. 17. È gratuito e assistito. 18. Non è il mio caso, ma se non si è molto pratici qui si può avere assistenza. 19. Qui c’è gente, a casa ci si isola, questo è un luogo pubblico, uno spazio di condivisione, si ha la possibilità di scambiare due parole con qualcuno e poi ci si può distrarre con le riviste e i libri. Insomma, non si rischia di rimanere collegati tutto il tempo in Rete, non concludere niente e poi avere quella brutta sensazione di vuoto. 20. Preferisco collegarmi in biblioteca perché sono spesso fuori casa. Le biblioteche di Roma sono sparse per tutta la città e mi capita sempre di averne una nei dintorni. L’utilizzo in se è uguale, forse il vantaggio è proprio questo. Cerco informazioni sulla politica e lo sport, ma anche sul lavoro, perché come molti oggi sono precario. 21. Nessuno, è la stessa cosa, ma qui mi perdo di meno. 22. Nessuno, è la stessa cosa, anche se qui ci sono più libri che a casa e quindi si può verificare più facilmente un’informazione. 23. Studio con gli amici, a casa sono solo e rimango collegato troppo tempo, qui invece al massimo un’ora. 24. C’è un continuo rimando tra libri e risorse di Rete, è una doppia opportunità, dalle informazioni di Rete si ha spesso lo stimolo a consultare dei libri e viceversa. 25. Il confronto immediato con i libri, il silenzio, la possibilità di concentrarsi sul lavoro. 26. La ricerca in Internet in biblioteca è migliore perché qui ci sono molti libri, è possibile verificare le informazioni e approfondirle. 27. Nessuna, è la stessa cosa, però se qui non ci fosse anche Internet non ci verrei a studiare, starei a casa. 28. La presenza di libri, studio biologia, passo dalla sala lettura a quella multimediale, spesso cerco in Rete testi in inglese e qui c’è un ottimo vocabolario, il migliore, con i traduttori Internet non mi trovo proprio. 29. Nessuno, è uguale, è come a casa o in qualunque altro luogo, mi collego ovunque posso per la mia attività. 30. Molti, qui c’è tutto il materiale per fare ricerca, specie sull’adolescenza. Scrivo racconti e romanzi per l’infanzia. Integro i libri con il Web.

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31. Non lo so, lo uso solo qui. 32. Per approfondire una cosa devi sempre comunque consultare un libro e in biblioteca ci sono. Internet da solo non basta e qui i libri certo non mancano. 33. Nessuna in particolare, è la stessa cosa, all’inizio chiedevo aiuto quando ero di difficoltà, poi non mi è più servito. 34. Nessuno, è come a casa, ma a casa non ce l’ho. 35. Nessuno, lo uso come a casa, non chiedo mai aiuto, faccio sempre da solo. 36. Qui c’è tranquillità e allo stesso tempo non sei solo, per il resto è la stessa cosa, anche perché so usare bene Internet e non chiedo mai aiuto. 37. Non molti, controllo prevalentemente la posta. 38. L’ambiente è tranquillo e faccio ricerche più mirate. E poi è di passaggio, al lavoro non ho mai tempo. 39. C’è più tranquillità, puoi chiedere agli operatori se hai difficoltà, spesso accompagno i miei figli, preferisco che consultino Internet qui anziché a casa. 40. Nessuno, però fa piacere che non sei solo davanti al PC, per il resto lo uso come a casa. 41. Qui c’è un sistema operativo più semplice, e personale a cui chiedere. Sono cose che mi aiutano a vivere meglio, sono solo. Qui parlo con molte persone, spazio in Rete, è uno stimolo. 42. Più o meno come a casa, però se sono nei paraggi e mi serve lo uso, ma vengo anche solo per passare il tempo. 43. Sicuramente la presenza di libri e di personale a cui poter chiedere se serve. 44. Soprattutto qui hai molti libri a disposizione, così puoi cercare le informazioni in modi diversi. 45. Qui ci sono i libri e se hai difficoltà c’è il personale che ti aiuta. 46. Mi piace perché mi spinge ad uscire da casa, sono sola e qui c’è sempre gente, questa cosa mi rallegra. 47. Nessuno, gli orari sono troppo ridotti, sono stato due anni negli Stati Uniti, lì le biblioteche sono aperte fino a mezzanotte e non ci sono limiti di orario per la ricerca in Rete e per i libri. Uso molto la Rete per seguire nelle banche dati gli aggiornamenti in ambito medico, sono approfondimenti per lo studio. 48. Velocità e assitenza, a casa la mia linea è lenta e poi mi isolo troppo. 49. Come a casa, non ci sono differenze, proprio questo è il vantaggio. 50. Nessuno, è come a casa e al lavoro, faccio le stesse cose.

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51. Dipende dalla ricerca, se è bibliografica il personale è importante. 52. C’è più tranquillità e si ha più il senso del tempo. Qui faccio ricerche più mirate, mi perdo meno che a casa o sul lavoro. 53. Nessuno, è indifferente, L’uso che ne faccio a casa è come quello della biblioteca. 54. Così la biblioteca è un servizio completo, puoi chiedere informazioni e consultare materiale informativo in Rete, ma anche libri e giornali. 55. Qui ci sono molti materiali diversi che rendono più sensata la ricerca in Rete: dépliant, volantini, l’aiuto degli operatori, sono tutti sostegni importanti, in Rete c’è il rischio di perdersi. 56. Il vantaggio più grande è la sinergia tra libri, DVD, Internet, è importante, anche a casa ho molte cose ma qui sono di più. 57. Nessun vantaggio specifico, lo uso alla stessa maniera qui e a casa. 58. Non ci sono vantaggi specifici; è come la ricerca che svolgo da casa. Il vantaggio è proprio che anche in biblioteca ho le stesse comodità che ho a casa. 59. Soprattutto l’aspetto economico. 60. Qui c’è la mediazione del bibliotecario, l’aspetto umano è importante quando si parla di informatica. 61. Il vantaggio è la ricerca autonoma, se ho difficoltà chiedo agli amici, non ho mai pensato a chiedere agli operatori della biblioteca. 62. Qui c’è la disponibilità di molti libri e questo è importante per me. 63. Il contesto induce meno a giocare in Rete e più a cercare informazioni, questo è un luogo istituzionale, è naturale che qui ci sia un uso più serio di Internet. 64. Cerco diversamente a casa, qui ho meno tempo, le ricerche sono meno dispersive. 65. Studio qui e posso anche consultare Internet, ci sono i libri che mi interessano, ho tutto per approfondire gli argomenti che studio. 66. La possibilità di chiedere agli operatori mi sembra il vantaggio più significativo. 67. Soprattutto i libri e la presenza di personale a cui chiedere. 68. Qui è possibile un approfondimento maggiore perché ci sono maggiori risorse e personale disponibile quando si è in difficoltà nella ricerca di informazioni. 69. Noto che qui le ricerche sono più risolutive, più pratiche, più mirate, come dicevo a casa certe volte è frustrante, si rimane le ore in Rete e non si conclude niente.

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70. La presenza di libri, per questo è più utile la rete Wi-Fi per navigare in Rete nelle sale in cui ci sono i libri, però bisogna avere un portatile e siamo alle solite, non tutti ce l’hanno. 71. La presenza di persone a cui chiedere è importante, siano conoscenti o personale, c’è comunque uno scambio umano, è brutto stare solo davanti al computer. 72. I vantaggi oltre che economici sono legati al materiale della biblioteca, qui ci sono libri, riviste, manuali, ma anche alla possibilità dell’assistenza degli operatori nella ricerca. 73. Presenza degli operatori, posso chiedere se ho difficoltà. 74. Ci sono input maggiori, per esempio leggi qualcosa e vuoi approfondire. Mi è capitato poco tempo fa di leggere un libro di Banana Yoshimoto che avevo visto qui e mi aveva incuriosito. Non sapevo niente di questa scrittrice, così ho cercato in Rete. 75. Qui ho la possibilità di accedere a materiali preparati dalla biblioteca, come le guide sul lavoro e i servizi dell’informagiovani. 76. Il vantaggio più grande è avere molti libri a disposizione, solo così la ricerca è completa e migliore di quella che si può fare a casa. 77. Qui è più veloce, ci sono i libri e il personale se si ha bisogno. 78. L’assistenza, ho imparato a usare Internet poco tempo fa con un corso della biblioteca ma ancora non sono molto pratica. 79. Qui ci sono libri, enciclopedie e poi i bibliotecari spesso mi aiutano quando devo preparare le tesine, mi dicono che libri usare o che siti posso vedere. 80. Faccio una passeggiata, prendo un boccata d’aria. Se mi collego a casa non esco più, non voglio che la mia vita sia casa-lavoro. 81. Qui posso venire con gli amici della mia classe, studiamo e facciamo ricerche in Rete. 82. La possibilità di confrontarsi con gli altri e di avere assistenza se necessario. 83. Nessuno in particolare, se lo avessi a casa non verrei in biblioteca. 84. Molti, ad esempio corsi di formazione on-line, ne ho fatti due, all’inizio non sapevo usare bene il computer e neanche cercare informazioni, ho imparato qui usandolo. 85. La presenza del personale, così non c’è il rischio di perdersi, le ricerche qui sono più mirate. 86. É più veloce e poi in biblioteca si fanno ricerche più mirate, non ci si perde come a casa. 87. La disponibilità del personale, se ho dubbi chiedo. 88. La possibilità di chiedere agli operatori in caso di difficoltà.

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89. In biblioteca la ricerca è più mirata e più responsabile, è un luogo istituzionale. 90. Un vantaggio economico rispetto a casa, uso molto il centro Informagiovani, chiedo spesso agli operatori. 91. Gli operatori sono importanti, mi hanno insegnato molte cose. 92. Uguale, però qui non sono solo. 93. È veloce e pratica. 94. La tranquillità che a casa non ho. 95. Nessuno, ricerco comunque in modo autonomo. 96. Gestione del tempo, qui c’è più concentrazione, a casa tendo a perdermi. 97. Preferisco il contatto umano a quello che avviene solo con il computer, qui c’è sempre qualcuno con cui parlare. 98. Nessuno in particolare, ricerco in automatico anche qui, come farei a casa se lo avessi. Non so se questo può essere considerato un vantaggio, per me lo è. 99. Rapidità, comodità, per il resto raramente chiedo al personale. 100. C’è personale a cui chiedere e poi è un luogo di incontro. 101. L’accesso è molto rapido e qui se serve ho l’aiuto del personale. 102. Nessuno in particolare, come a casa. 103. Qualcuno che ti aiuta ed è più economico. E poi con i libri e i giornali puoi informarti meglio. 104. La componente sociale, a casa mi isolo molto davanti al computer. DOMANDA 3 TROVEREBBE UTILI SITOGRAFIE/DÉPLIANT SU TEMI DI INTERESSE PUBBLICO IN CUI LA BIBLIOTECA SEGNALASSE INFORMAZIONI DI QUALITÀ? PERCHÈ? 1. No, non li userei, quello che mi serve lo trovo da solo con Google. 2. Dipende dagli argomenti, non tutto mi interessa. 3. Sì, così ho più possibilità di ricerca, non conosco ancora bene l’Italia. 4. Sì, è faticoso trovare i siti che contengono documentazione affidabile. Lavoro con i documenti dell’archivio di Stato, capita che alcuni fondi siano su altri siti, e non dove ti aspetti che siano.

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5. Sì, specie per le visite ai musei e per il tempo libero. Cerco spesso informazioni sulle mostre, non sempre so cosa andare a vedere. 6. Moltissimo, è importante essere guidati e alcune volte spronati, come la biblioteca fa con i libri dovrebbe fare con i siti: proporre. 7. Sì, mi fido più della biblioteca che di Google, che ti fa perdere molto tempo. 8. Sì, molto, non mi oriento bene, tendo a perdermi. 9. No, mi occupo di statistiche sportive e dubito che si possa definire un tema di interesse pubblico. Mi riferisco sempre agli stessi siti web. 10. Sì, per un risparmio di tempo e per l’affidabilità, non conoscendo bene la lingua sarebbe d’aiuto. 11. Sì, sarebbe utilissimo. Non sempre si trovano cose di cui ci si può fidare. 12. Solo se segnalassero indirizzi di specialisti, di persone, non di istituzioni, non mi fido delle istituzioni. 13. Sì, per avere già dei riferimenti è importante, poi sarebbero affidabili e non è poco. 14. Sì, moltissimo. La biblioteca dovrebbe aprire le persone alle esperienze culturali più diverse, è importante che orienti su quello che c’è in Internet. 15. Sì, sarebbe molto comodo. Non perdi tempo nella ricerca e non rischi di finire in siti poco sicuri. 16. Sì, moltissimo. Alcune volte non so proprio da dove cominciare. 17. Sì, li userei per raffinare ricerche su temi che mi interessano e sarei sicura della qualità e dell’affidabilità. 18. Sì, è comunque un modo per avere informazioni di qualità. La biblioteca dovrebbe essere un luogo di aggregazione e di incontro proprio intorno a informazioni che interessano tutti. 19. Certo, a maggior ragione se di interesse collettivo, essere informati è importante, specie oggi che ogni cosa è diventata difficile. 20. Sarebbe un’iniziativa davvero meritoria. Agevolerebbe la ricerca, che così sarebbe più mirata. I motori di ricerca generano confusione, quasi mai i risultati sono subito soddisfacenti. 21. Sì, se riscontrassero i miei interessi, specie se i siti sono più sicuri e selezionati. 22. Sì, sarebbe una cosa ottima. Ormai ci sono troppe cose in Internet e sono vaghe, spesso ti portano a siti rischiosi per virus o peggio. 23. Sì, anche se Internet è una grande banca dati, non è per niente facile trovare quello che si cerca.

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24. L’utilità c’è, se sono argomenti di mio interesse possono servirmi per approfondire.È comunque una guida. 25. Sì, ci sono molte cose utili che dovrebbero essere segnalate. Fa anche parte di un uso consapevole di Internet, per informarsi correttamente insomma. L’uso prevalente sono i social network e non sono utili. 26. Sì, sarebbero molto utili per semplificare la ricerca. 27. Sì , per noi giovani è una guida alla ricerca, non è sempre facile trovare le informazioni giuste, si rischia di finire sui siti che non hanno niente a che fare con quello che si cerca. 28. Sì, permetterebbe una ricerca veloce e affidabile, per esempio sulla mobilità a Roma, è una questione complicata, sarebbe utile per chi ha poca dimistichezza con Internet facilitando la possibilità di trovare subito informazioni affidabili. 29. Perché no, una delle potenzialità maggiori di Internet sono i siti. Non tutti ne conoscono la ricchezza, la biblioteca dovrebbe proprio fare sitografie orientative. 30. Sì, oggi c’è un gran bisogno di orientarsi. Ci vuole molto tempo per fare indagini mirate. C’è molto in Rete e non è facile orientarsi. 31. Sì, specie se sono selezionati, non conosco molti siti e non sono bravo nel fare ricerche.Per me sarebbe ideale. 32. Sì, mi fiderei di più perché sarebbero prodotti realizzati da persone professionalmente preparate e senza altri scopi, commerciali o politici. 33. Sì, specie sui problemi legati alla politica, allo sport, ci sono tante cose poco serie in Rete, sarebbe molto utile avere delle guide per orientarsi meglio. 34. Sì, specie per i mezzi pubblici, sul lavoro, per cose pratiche, non parlo bene l’italiano e mi vergogno a chiedere alle persone delle indicazioni, se riesco mi informo prima su Internet. 35. Sì, è in più, è giusto che la biblioteca faccia guide così, su tutto, dovrebbe farle proprio per i giovani e sui temi che ci interessano di più come la musica. 36. Sì, le userei, in Internet ci sono troppe cose e non sempre affidabili. 37. Sì, è difficile orientarsi in Rete, capita di passarci delle ore senza trovare ciò che si cerca. 38. Sì, agevola la comunicazione, sono a favore di tutto ciò che è interattivo. 39. Sì, sarebbero comodi. La possibilità di conoscere siti sicuri per i bambini, li porto qui. Ma non sono sempre tranquilla, non li lascio. 40. Sì, cercando da soli ci vuole più tempo e alcune volte diventa frustrante non trovare quello che ti serve.

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41. Sì, per approfondire le informazioni. Mi dicono “io su internet trovo tutto”; bisogna vedere di che qualità. Io verifico sempre nei libri e nei giornali in emeroteca, non mi fido di quello che trovo. 42. Sì, non sempre quello che è in Rete è attendibile. 43. Sì, Internet da molte possibilità ma è dispersivo. Molte cose sono sommerse, non tutto è raggiungibile da Google. 44. Sì, saprei dove andare a cercare le cose che mi interessano, spesso in Rete mi perdo. 45. Sì, andrei a colpo sicuro e risparmierei tempo. 46. Sì, mi darebbe più fiducia a monte, io vado a caso, avrei una selezione coerente e affidabile. 47. Sì, darebbero informazioni attendibili e utili per le persone, non tutti si sanno orientare. 48. Sì, per l’approfondimento, quelli che ci sono li uso molto. 49. Moltissimo, dovrebbe informare, per esempio sull’inquinamento, e sensibilizzare l’opinione pubblica, aiutare ad assumere consapevolezza su temi importanti. 50. Molto, anche chi non è inserito in ambiti specifici troverebbe rapidamente dei riferimenti, per rintracciare le leggi ad esempio è un delirio, non è facile capire quali siti sono affidabili. 51. Sì, perché sarebbero utili in particolare sulla cultura, l’attualità e l’informazione per i cittadini, sulla vita della città e sui servizi. 52. Sì molto. Risparmierei tempo, con Google escono fuori troppi risultati e non sempre sono affidabili. 53. Sì, sarebbero affidabile, non tutto in Internet lo è, bisogna saper cercare e valutare i risultati, non tutti sono in grado. 54. Utilissimo, noi giovani non guardiamo mai la fonte delle informazioni, sarebbe utile avere un orientamento valido. 55. Sì, purché siano affidabili, devono avere una sorte di certificato di qualità, altrimenti tanto vale Google. 56. Sì, sarebbe utile. In internet c’è troppo e spesso è scadente e poi si perde tempo per fare le ricerche. 57. Sì, dipende dalle informazioni. È comunque uno scambio, sarebbe anche interessante creare un angolo per lo scambio, dove ognuno è libero di segnalare i siti web interessanti. 58. Sì, purché sia neutrale e affidabile, non mi fido della biblioteca, non vorrei che facesse pubblicità a partiti o peggio. 59. Sì, una guida per la ricerca sarebbe utile.

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60. Sì, in particolare nel senso della cittadinanza attiva. Il problema è la preparazione e la neutralità, se ci sono queste due cose, sarebbero utilissimi degli strumenti di guida. 61. Sì, amplierebbe di molto le possibilità di ricerca e in meno tempo. 62. Sì, la biblioteca dovrebbe farne anche in ambito accademico, con la documentazione in Open Access per esempio, sarebbe bellissimo portare la ricerca ai cittadini. 63. Sì, spesso non si sa come cercare e dove. Internet è un po’ come una biblioteca enorme, servono strumenti adatti per orientarsi. 64. Sì, internet è molto molto dispersivo, sarebbero davvero utili. 65. Sì, darebbero la possibilità di tenersi aggiornati con risorse di qualità, è difficile rintracciare le cose giuste, sarebbe utilissimo, spero inizino a farlo presto. 66. Sì, moltissimo, faciliterebbe la ricerca, permetterebbe un significativo risparmio di tempo e darebbe certezza di affidabilità, magari lo facessero. 67. Sì, specie per i più giovani che non sanno valutare le informazioni. Non sempre quello che c’è in Rete è di qualità. 68. Sì, amplierebbe di molto le possibilità di ricerca e in meno tempo. 69. Sì, mi agevolerebbero molto nella ricerca, è importante la qualità delle informazioni a cui si accede e non sempre è garantita. 70. Sì, soprattutto per chi non ha gli strumenti critici, culturali, per individuare risorse di qualità. Le persone si fidano di tutto quello che c’è in Rete, non sanno valutare, oggi si dice “l’ho letto su Internet” come prima si diceva “l’ha detto la televisione”. Internet però, a differenza della televisione, permette di verificare le informazioni, solo che servono gli strumenti giusti e proprio la biblioteca e la scuola dovrebbero darli. 71. Sarebbe utilissimo, specie per i bambini, devono imparare a usare la Rete. 72. Sì, sarebbero una fonte in più e consentirebbe di risparmiare tempo prezioso. 73. Sì, ho bisogno di lavorare e saprei come orientarmi, non è facile trovare lavoro oggi, specie alla mia età. 74. Sì, quando ci sono li uso, veramente non amo molto il web, è un mondo sconfinato, troppo sconfinato, però è indubbiamente utile. Avere degli strumenti preparati dalla biblioteca per l’orientamento sarebbe davvero utile, così la ricerca si ottimizza. 75. Sì, molto, permettono di trovare informazioni mirate, accreditate, selezionate, quando ci sono li uso sempre. 76. Sì, in Rete non si capisce l’attendibilità delle risorse. La biblioteca dovrebbe funzionare da garante della qualità delle informazioni. 77. Sì, specie come orientamento, è facile perdersi in internet, ci sono troppe cose e non sempre aggiornate.

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78. Sì, per la conoscenza è importante, oggi è necessario informarsi e essere sempre aggiornanti. 79. Sì, sarebbero più sicuri di altri, a volte le informazioni non sono attendibili. 80. Magari, si potrebbe venire a conoscenza con rapidità di cose importanti. In Internet ci sono troppe informazioni e anche molte cose inutili o peggio sbagliate e pericolose. 81. Sì, sarebbero più affidabili di Wikipedia dove può scrivere chiunque, mi fido di più della biblioteca che di quello che trovo da sola. 82. Sì, per la possibilità di avere informazioni complete e attendibili, l’informazione giornalistica non è completa, neanche affidabile. 83. Sì, soprattutto per la ricerca di lavoro, qui ci sono quelli dell’informagiovani e li uso molto. 84. Sì, spesso è difficile orientarsi, trovare risorse affidabili, spesso non lo sono, sarebbero molto utili. Capita che anche i siti dei Ministeri spesso non sono aggiornati, è difficile trovare informazioni attendibili. 85. Sì, per approfondire e per arrivare alle informazioni corrette, non è facile trovare materiale attendibile, specie nel caso di leggi e bandi pubblici. 86. Sì, molto, per risparmiare di tempo, si perde molto tempo per trovare le informazioni utili. 87. Sì, risparmio tempo e posso fare ricerche mirate, sarebbero utilissime. 88. Sì, per l’orientamento, specie nel lavoro, non sono italiano e ho difficoltà. 89. Sì, risparmio tempo e sono sicura che è affidabile. Sarebbe come quando leggo un libro e lo consiglio. È uno scambio importante. 90. Sì, le poche che ci sono le uso. Con Google è difficile cercare annunci di lavoro, escono sempre troppe cose. 91. Sì, si va alla cieca, sarebbe utilissima una guida. Oggi è necessaria la sintesi; c’è troppa informazione. 92. Sì, soprattutto per il lavoro, il lavoro è importante ed è importante anche il lavoro dei bibliotecari, loro ci devono orientare ed aiutare. 93. Sì, tempi più rapidi nella ricerca e fonti più affidabili, non sempre quello che si cerca è aggiornato. 94. Sì, specie per informazioni di lavoro e per i concorsi, ma anche per la formazione. 95. Sì, è importante avere indicazioni su fonti attendibili, in Rete c’è molto ma anche molte cose di cui non fidarsi.

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96. Sì, dipende dai criteri di selezione, dovrebbero essere riconoscibili, basati sul criterio delle fonti e dell’affidabilità. 97. Sì, molto, non sempre sono sicura se quello che ho trovato è affidabile. 98. Sì, moltissimo, non sempre le risorse sono affidabili. 99. Sì, è più affidabile avere siti segnalati dalla biblioteca che da Google. 100. Sì, aprirebbe orizzonti e opportunità nuove, potremmo conoscere cose che altrimenti non sapremmo mai. 101. Sì, così potrei aggiornarmi con risorse affidabili, in Internet c’è di tutto. 102. Sì, non amo navigare, sarebbero utili e sicuri sia per i contenuti che per i virus. 103. Sì, per avere più informazioni valide. 104. Moltissimo, per migliorare le ricerche, non tutto è reperibile, un filtro è comodo. DOMANDA 4 OLTRE LA NAVIGAZIONE INTERNET, PER QUALI MOTIVI FREQUENTA LA BIBLIOTECA? 1. Qui leggo i giornali, le bevande costano di meno e occupo il tempo libero, mi piace molto la caffetteria. 2. Soprattutto per i libri, sono molto felice perché ho inserito tra i desiderata un titolo sulla botanica di cui avevo bisogno con un costo molto alto e la biblioteca lo ha acquistato. 3. L’ambiente è tranquillo e le persone sono educate, poi non costa nulla. Prendo spesso i libri per i bambini e mi esercito con l’italiano. 4. Nessuno, solo Internet. 5. Solo Internet, qualche volta libri e DVD. 6. Vengo per studiare, ma è soprattutto un luogo di incontro. Qui ho gli amici, la ragazza e spesso faccio nuove conoscenze, è stimolante. 7. Solo per Internet. 8. Per molti motivi: prendo i libri in prestito ma spesso passo molte ore a leggere in biblioteca, è un luogo accogliente, mi fa sentire protetta. 9. Per molti motivi:per libri, c’è materiale antico e moderno: mi piace passare il tempo libero leggendo le riviste in emeroteca, poi ci sono i cineforum, gli eventi culturali, sono molto soddisfatto delle biblioteche di Roma, offrono un servizio ottimo e di qualità. 10. Libri, informazioni, DVD, caffetteria, è un bel posto, è accogliente.

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11. Perché ci sono molti libri, si può trovare tutto quello che si desidera, le biblioteche comunali sono importantissime. 12. Sono buddista e qui medito, c’è silenzio, rispetto e calore. 13. Come luogo di studio e per conoscere persone con interessi simili, vengo anche per aggiornarmi sugli eventi culturali della città. 14. Per coltivare i miei interessi e per studiare con tranquillità, puoi consultare più fonti, c’è completezza. 15. Per i libri e i DVD. La biblioteca è utilissima per i giovani, è uno spazio molto stimolante. Addirittura alcuni miei libri comprano i libri! Io li prendo in prestito qui. È un peccato che della mia età non vengano in molti. 16. La biblioteca risponde a bisogni primordiali, oltre Internet che ci collega con il mondo, è un luogo per imparare e per fare scoperte. Leggere fa bene e qui c’è di tutto. Prima non aveva mai tempo per dedicarmi ai miei interessi, troppi impegni familiari, ora sono sola e approfitto, vengo qui molto spesso. 17. La biblioteca è uno spazio sociale importante, un luogo di aggregazione, e soprattutto ha dei ritmi lenti, al contrario del mondo fuori che è frenetico. 18. Perché ci sono i libri e poi è un luogo di aggregazione. La biblioteca è il posto più bello del mondo. In Inghilterra è concepita diversamente, ho frequentato le biblioteche pubbliche inglesi per motivi di studio, è molto accogliente. In Italia la biblioteca pubblica intesa come in Inghilterra esiste solo nei libri. 19. Offre dei servizi importanti al cittadino, qui c’è anche l’informagiovani e molte locandine sulle manifestazioni culturali della città, è un servizio pubblico che aiuta a vivere meglio il tempo libero. 20. Per l’emeroteca, i libri e i dvd, in particolare il cinema d’autore, che amo molto. 21. Per lo studio e per le iniziative culturali della città. 22. È un posto tranquillo dove si può studiare con gli amici e anche distrarsi un po’ insieme. Poi è utile per il prestito dei libri, in libreria non trovo mai quello che mi serve, qui invece trovo tutto. 23. Gli amici, qui possiamo studiare insieme e ci divertiamo anche. 24. Per socializzare, fare amicizia e magari trovare il compagno ideale. 25. Per leggere in silenzio e per la possibilità di accedere a molti libri, per l'emeroteca, ma anche per la possibilità di socializzazione. Penso che la biblioteca sia un posto dove la cultura è un piacere e non un dovere, mi piace per questo motivo. 26. Per studiare, questa biblioteca è organizzata bene, è ricca ed ha molti materiali anche multimediali. 27. Studio, mi concentro di più, c’è silenzio e le pause sono più divertenti.

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28. Studio e consultazione, vengo molto spesso, è un bel posto. 29. Solo Internet, i libri preferisco comprarli. 30. È un luogo di cultura, è fuori dagli ingranaggi quotidiani che mortificano l’intelligenza. 31. Per molte cose, porto qui mio figlio a fare i compiti, seguo anche un corso di spagnolo. 32. Per incontrare belle persone, lontane dalla logica della televisione. 33. È il luogo della cultura, i libri sono la prima cosa, li prendo molto in prestito, anzi, posso dire che vengo in biblioteca soprattutto per i libri, non certo per Internet. 34. Nessuno, solo per Internet, un mio amico mi ha detto che qui si può usare gratuitamente e così ho iniziato. 35. Soprattutto per studiare in gruppo. 36. È un bel posto, è accogliente, ci vengo volentieri. 37. È rilassante, prendo i libri in prestito, ma spesso vengo qui e passo tempo solo a sfogliarli; quando posso lo faccio, così libero la mente. 38. Per la lettura e gli incontri, è un bel posto e quando posso ci vengo molto volentieri. 39. Tranquillità, specie per i miei figli, qui sono sicura, incontrano altri bambini e guardano i libri, così passiamo la mattinata quando non vanno a scuola. 40. La biblioteca non è Internet, Internet è aggiuntivo: è eventi culturali, corsi di lingue, cineforum, ma vengo anche semplicemente per i libri e le riviste, spesso ci sono anche presentazioni di libri. Insomma, vengo per studiare ma anche per il tempo libero. 41. Mi piacciono le biblioteche, amo i libri, quando entro in una biblioteca è sempre un’emozione, qui entro in contatto con il mondo della letteratura, mi muovo con l’immaginazione nel tempo e nello spazio; è un modo per non invecchiare. 42. Per molti motivi, libri, DVD, riviste, passo tempo quando non so cosa fare, ci sono stimoli di ogni tipo, è bello. 43. Ci si studia bene, c’è una rassegna stampa completa e prendo spesso DVD in prestito. 44. Per l’ampia scelta di libri che puoi prendere in prestito o consultare. Così non devi comprarli, si risparmia molto, spendo già tanto per l’Università. 45. Per lo studio, qui riesco a concentrarmi. 46. I libri, non li compro più. Suscita la curiosità di leggere, c’è tanta scelta, passo molto tempo a curiosare negli scaffali. Proprio ultimamente ho riletto dei classici dimenticati perché li ho rivisti qui. È un posto accogliente. 47. Prestito libri e DVD, materiale multimediale, è un posto ideale per leggere.

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48. Solo per Internet, raramente prendo libri in prestito. 49. Soprattutto giornali, prima compravo cinque quotidiani, ora sono pensionato e non posso più permettermelo, vengo qui e li leggo. 50. Consultazione di libri, video, è anche un luogo di incontro. 51. Studio, mi concentro di più qui che a casa e fumo anche di meno. 52. È un luogo di raccoglimento e socialità allo stesso tempo, è la cultura, i libri a fare questi miracoli. 53. Soprattutto per motivi di studio. 54. Vengo per studiare ma non solo. L’ambiente in sé è accogliente, è fuori dall’isterismo che c’è fuori, è tranquillo e allo stesso tempo pieno di stimoli. 55. È un ambiente gradevole, si possono prendere libri e DVD in prestito, è un servizio molto utile. 56. Libri, film e poi è un luogo accogliente. 57. Soprattutto per la musica, due CD a settimana sono pochi e bisogna cercarli nel catalogo, è scomodo, dovrebbe essere a disposizione come i libri. 58. Per il prestito dei libri, ma è anche un luogo di incontro e di eventi culturali. 59. Libri, dischi, giornali, consulto di tutto, sono curioso. 60. Autoformazione, oggi si parla di apprendimento permanente, è necessario per il lavoro. 61. Qui posso conoscere sempre persone nuove, è importante, fuori ormai corrono tutti, non si fermano mai, è difficile fare amicizia. 62. Per i libri e per lo studio in particolare. 63. Libri di narrativa, mi occupo di educazione alla lettura, specie per i più piccoli. Vengo qui quando mi servono informazioni di diverso tipo, per il lavoro, ma anche per la vita quotidiana. 64. Per il prestito e consultazione di libri, DVD, CD, riviste, è un luogo dove studiare in pace. È un’isola felice. 65. Studio, mi concentro meglio, c’è silenzio qui e l’ambiente è gradevole, a casa ho troppe distrazioni. 66. Accessibilità alle informazioni, ricchezza di offerta e possibilità di scelta, anche la socializzazione è importante: qui c’è sempre qualcuno con cui parlare. 67. Per stare con le altre persone, scambiare due chiacchiere, studiare a casa è alienante, non si può vivere solo tra casa e lavoro, serve qualche altro luogo per spezzare la monotonia, e poi qui ci sono molti stimoli culturali.

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68. Per la formazione, ci sono anche i corsi di lingua straniera, mi sembra una cosa molto utile. 69. Per il prestito di libri, DVD e per l’emeroteca, dove mi piace rilassarmi ogni tanto sfogliando giornali. 70. Per leggere soprattutto, qui mi concentro di più. 71. Libri ma non spessissimo, di più per il prestito DVD e Internet. 72. Disponibilità di libri, opuscoli orientativi. Per la cultura e per vivere la città, qui si trovano sempre informazioni sugli eventi culturali per esempio, e molti sono gratuiti. 73. No, solo per questo, non è molto che vengo, ho iniziato con il corso di informatica, piano piano scoprirò gli altri servizi. 74. È il luogo della cultura per eccellenza, le biblioteche sono bellissime, nei paesi nordici, anche nei luoghi più sperduti c’è una Public Library, è un segno di civiltà. 75. Soprattutto per prendere i libri in prestito ma anche per avere informazioni sulla vita culturale della città. 76. Eventi culturali, a casa non riesco a studiare, qui ci sono i libri per la consultazione e per il prestito. Anche l’emeroteca è fondamentale, è un servizio utilissimo. 77. Vado molto nella sala studio, la tranquillità e il silenzio, c’è più concentrazione, sto preparando un concorso, preferisco studiare qui che a casa, ma vengo anche quando ho tempo libero. 78. Il cineforum, eventi culturali, mi piace come è attrezzata, per i giovani è importante, offre la possibilità di scambi culturali interessanti, è bello anche che fanno mostre con artisti del quartiere, così fanno vivere il territorio. 79. Per i libri principalmente, sono curiosa, li vedo non solo per studiare, mi piacciono. 80. Libri in prestito, DVD, è gratuito. É un modo economico per passare il tempo libero. 81. Soprattutto per studiare con gli amici. 82. Per trascorrere il tempo libero tra i libri, prendere DVD, per me è soprattutto un luogo di confronto con le persone. 83. Quotidiani, mi informo molto sullo sport. 84. Porto i bambini in biblioteca, fanno i compiti e per loro è anche un luogo di incontro con gli amici, li lascio nella sala ragazzi mentre io uso Internet o vado in altre sezioni. Anche per la formazione, ho fatto un corso regionale e l’informazione l’ho avuta qui, tramite l’Informagiovani. 85. Il servizio “Roma c’è”, con cui sono aggiornata sulle iniziative culturali della città, il prestito dei DVD, le ricerche, i libri in prestito, è stato importante per la mia tesi di laurea venire in biblioteca, i libri costano molto, anche questo è diritto allo studio.

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86. Soprattutto per il prestito di libri. 87. Libri, specie nel settore archeologico e turistico, nel quale lavoro. 88. Nessuno, solo per Internet. 89. Amo le biblioteche, da bambina in Iran quando andavo in biblioteca avevo il desiderio di dormirci. C’è silenzio ma non è silenzio vero, i libri ti parlano. Chi lavora in biblioteca è vicino ai libri, non pensa ai soldi. È un’ energia molto bella, magica, che invade tutto. 90. Solo per internet, non faccio altro. 91. Input culturale, ora che sono pensionato posso coltivare le mie passioni e usare Internet, speriamo che con i tagli dello stato sociale non ci tolgano anche le biblioteche. É un posto meraviglioso, qui non mi sento mai sola. 92. Per i libri, ogni tanto vado nella sala lettura e non mi accorgo più del tempo. 93. Libri, DVD, CD, e lettura giornali, anche questi hanno un costo. 94. Per gli eventi culturali, come le mostre e le manifestazioni. Uso molto anche lo scaffale multiculturale, sono di madrelingua cecoslovacca. 95. Per il prestito libri e DVD. 96. Prestito e consultazione di libri e riviste, il patrimonio a disposizione qui è molto ed è importante. 97. Sì, leggere i libri, vedere i film, è bellissimo avere tutto a disposizione. 98. Luogo di incontro, eventi culturali come film e mostre, raramente prendo libri in prestito. 99. Consultare libri e soprattutto quotidiani. 100. Leggere i giornali quotidiani in emeroteca, vengo ogni mattina ed è la prima cosa che faccio. 101. Libri in prestito, eventi culturali, e poi è anche un luogo di incontro. 102. Libri e DVD, ma anche eventi culturali della città. 103. È un luogo sociale, è costruttivo, ci sono giovani, fai anche vita sociale, è un posto stimolante, sano, qui non gira droga per esempio. 104. Lettura di libri e quotidiani.

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