Anno 3, Numero VIII - 10 Dicembre 2020 ISSN 2612-1638 ...

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Anno 3, Numero VIII - 10 Dicembre 2020 ISSN 2612-1638 8 Quadrimestrale d’informazione professionale dell’ANCEP ggi Cerim niale O IN PRIMO PIANO FEDERICO FELLINI: GENIO, DEDIZIONE E SENSO DELLO STATO di Mario Proli EDITORIALE PICCOLE GRANDI “RUOTE” CHE MUOVONO IL PAESE di Leonardo Gambo L’OSPITE SIMBOLI NAZIONALI E CORONAVIRUS (II PUNTATA) di Massimo Sgrelli ATTUALITÀ STILI DI ABBIGLIAMENTO E POLITICA di Donatella Campus

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Anno 3, Numero VIII - 10 Dicembre 2020 ISSN 2612-1638

8Quadrimestrale d’informazione professionale dell’ANCEP ggiCerim nialeO

IN PRIMO PIANO

FEDERICO FELLINI: GENIO, DEDIZIONE

E SENSO DELLO STATO di Mario Proli

EDITORIALE

PICCOLE GRANDI “RUOTE” CHE MUOVONO IL PAESE di Leonardo Gambo

L’OSPITE

SIMBOLI NAZIONALI E CORONAVIRUS (II PUNTATA) di Massimo Sgrelli

ATTUALITÀ

STILI DI ABBIGLIAMENTO E POLITICA

di Donatella Campus

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EDITORIALE

Cerimoniale OGGI | 3

Anno 3, Numero VIII – 10 Dicembre 2020

Registrazione del Tribunale di Bologna n. 8479 del 21 febbraio 2018

ISCRIZIONE AL R.O.C. n. 32711 del 13.03.2019Tiratura 250 copieDistribuzione gratuita

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EDITORIALE Piccole grandi “ruote” che muovono il paese 3

L’OSPITESimboli nazionali e coronavirus - II puntata 4

ATTUALITÀStili di abbigliamento e politica 6

Minigonne in classe? Divieti e proteste 9 I 50 delle Regioni a Statuto ordinario 10 Cerimoniale territoriale e galateo elettorale 11 Settecento anni dalla morte di Dante 13Baldassarre Castiglione, primo cerimonialista 14

PANORAMA ANCEP XIII assemblea, per la prima volta online 17

Un nuovo mondo, un nuovo protocollo 19Cerimonialisti sui banchi dell’università 21Conclusa la II sessione formativa 2020 22

IN PRIMO PIANO Federico Fellini: genio, dedizione e senso dello Stato 23

APPROFONDIMENTO L’insediamento del Presidente degli Stati Uniti 26

Nel segno della tradizione 29Tanto di cappello 30Tutti a dare del tu 32Epidemie nella storia: 1656, la peste a Roma 33

ETICHETTA IN BIBLIOTECA 36

NOTIZIE IN BREVE 38

ggiCerim nialeOQuadrimestrale d’informazione professionale dell’ANCEP

INDICE Piccole grandi “ruote” che muovono il paese

Trasformare le difficoltà in opportunità L’impegno di ANCEP e gli Auguri per il 2021

di Leonardo Gambo, Presidente ANCEP

Ad essere sinceri, parlare an-cora una volta di COVID 19 comincia ad essere, oltre che

ripetitivo, quasi un pericoloso luogo comune. Dico “pericoloso” perché quando si finisce con l’assuefarsi alla quoti-diana presenza dei comunicati tele-visivi sulla curva delle degenze, dei positivi, dei decessi, entra in campo una sorta di cortocircuito mentale che, vuoi per autodifesa inconscia, vuoi per il generale senso di smarri-mento che ha colto tutti di sorpresa davanti ad una sconosciuta entità che ci minaccia, porta quasi imper-cettibilmente a farci l’abitudine, in-somma: ad abbassare la guardia. Esattamente ciò che non dobbiamo fare.Se riflettiamo su noi stessi, sulla vita della nostra Associazione, sul senso che abbiamo voluto dare, di anno in anno, alle nostre iniziative in tutt’Ita-lia e all’Estero, non possiamo fare a meno di riconoscere che la quaran-tena, gli isolamenti forzati, il blocco totale nel periodo più acuto della cri-si, hanno paralizzato anche ciascu-no di noi: oltre che la vita ordinaria di tutte le Istituzioni e Associazioni che formano il grande tessuto di questo nostro strano e meraviglioso Paese.Troppo spesso siamo abituati ad auto criticarci, a guardare un po’ di più al bicchiere mezzo vuoto piut-tosto che a quello mezzo pieno! Poi, nel pieno della crisi più devastante per tutto il pianeta, ci scopriamo, im-provvisamente, in grado di essere solidali, di saper reagire con compo-stezza e serietà, di saperci esprimere con le migliori energie sociali, cultu-rali, economiche, professionali ed umane (se pensiamo al settore sani-tario!); scopriamo che tutto il mondo

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Fotografie e disegniFotografie e disegni sono in genere firmati o di uso libero. Eventuali involontarie omissioni saranno sanate.

In copertina.

Veduta invernale del centro storico di Bergamo:

un omaggio alla bellezza della città simbolo della pandemia di Covid-19 in Italia.

ci guarda con stima, meravigliando-si esso stesso di quanto abbiamo potuto e saputo mettere in campo appunto proprio in ambito sanitario.L’ANCEP ha vissuto, come tutte le realtà associative, un anno di grandi limitazioni. Eppure, anche in questo frangente, i legami non solo “lavora-tivi” e professionali ma anche affetti-vi e di sincera solidarietà fra tutti noi Soci si sono rinsaldati e, forse proprio perché costretti ad una forzata inatti-vità, abbiamo compreso che anche l’impegno, solo apparentemente secondario, di un’Associazione che si occupa di cerimoniale, assume invece un suo senso profondo se inserito nell’ambito generale delle tante piccole e grandi “ruote” che muovono quotidianamente il Paese.Proviamo, perciò, a trasformare una difficoltà in opportunità!Vedremo come, quando e quanto tutto questo si allenterà e poi avrà fine, e proviamo, già fin d’ora a ragio-nare su come trovarci preparati a ri-prendere in mano le tante cose che possiamo e sappiamo fare.Nello scorso mese di ottobre abbia-mo svolto, seppure in forma assai diversa da come eravamo abituati, la nostra XIII Assemblea annuale.Credo che lo spirito con cui abbia-mo affrontato tale appuntamento sia stato proprio quello di saper guarda-re lontano, di “pensare alto” nell’in-teresse della nostra professionalità posta al servizio di tutto il Paese.Permettetemi, quasi come chiusu-ra, una considerazione, che giunge come logica continuità alle poche cose che mi sono sforzato di espri-mere in questo editoriale.Questo ottavo numero di “Cerimo-niale Oggi”, a ben pensarci, sarà anche quello che segnerà la con-

clusione di questo 2020 che sta cre-ando un vero e proprio spartiacque per tutto il pianeta.Non so quanti fra noi (credenti o non credenti) abbiano avuto occasione di imbattersi nella lettura dell’Enci-clica di Papa Francesco “Laudato sì” che ha, come significativo sottoti-tolo, “Enciclica sulla cura della casa comune”, laddove per “casa comu-ne” il Pontefice intende il pianeta in cui tutti noi viviamo.Mi permetto sommessamente di suggerirne la lettura poiché gran parte delle riflessioni in essa conte-nute sullo stato del pianeta, sull’esi-genza di mutare stili di vita, sulla ur-genza che l’essere umano si renda conto di essere giunto ad un bivio ineludibile per la stessa sopravvi-venza della specie, contengono molte delle premesse che abbiamo poi visto esplodere concretamente con l’inattesa vicenda epocale del Coronavirus. Eppure Papa France-sco firmò quella lettera, come Egli stesso scrive a chiusura del testo “…il 24 maggio, Solennità di Pentecoste, dell’anno 2015, terzo del mio Ponti-ficato”. Cinque anni in cui è mancata la riflessione.Ecco: dopo aver proseguito con l’Assemblea di ottobre il nostro lavo-ro, e mentre ci avviciniamo alle Feste natalizie e di inizio d’un nuovo anno

- che tutti speriamo riesca a farci usci-re dalle secche - voglio dedicare a tutti noi un augurio speciale: quello di riuscire ad essere sempre più con-sapevoli del nostro impegno inqua-drandolo in una visione più ampia e generale.Solo così, forse, questa pandemia non sarà stata del tutto inutile.

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L’OSPITE L’OSPITE

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Nel centro di Piazza San Rufo, terminato il canto dell’Inno di Mameli con tutto l’impeto vo-

cale che possedeva,Mario scopre di avere anche lui gli occhi lucidi. Come quei concittadini reatini che ora lo osservano, con sempre mag-giore attenzione, dalle finestre che avevano repentinamente e gioiosa-

Nelle foto: Piazza San Rufo, Rieti,

“ombelico d’Italia”.

mente spalancato per associarsi in coro. A questo punto Mario si sente un protagonista, e si guarda intorno, come a teatro un attore al termine della recita.Scorge così molti volti, più com-piaciuti che sorridenti. Infatti gli sembra di cogliere una generale soddisfazione in quegli occasionali

IL RACCONTO - seconda puntata e conclusione

Simboli nazionali e coronavirus di Massimo Sgrelli

partecipi osservatori, i quali tengo-no, anche loro, a mostrare qualche protagonismo. Così, dopo pochi attimi, rivolgono a Mario un applau-so, che si fa sempre più fragoroso. Un applauso che rivolgono a lui ed, insieme, a loro stessi, volendosi così considerare coprotagonisti di quell’evento spontaneo, originato

con sorpresa, che a loro appare simbolico ed importante, oltreché gioioso.Si rendono tutti conto che cantare in coro l’Inno nazionale dall’ombe-lico d’Italia ha un significato che travalica loro stessi, rendendoli la-tori di un messaggio a tutti gli altri connazionali che stanno in questi giorni sopportando, non senza sof-ferenze, restrizioni personali, fami-liari, economiche , di lavoro e chis-sà quante altre. Soffriamo insieme, ma ci mostriamo reattivi! Questo il segnale che, con uno sguardo d’intesa, si scambiano da balcone a balcone.Mario, lì, in piazza, ne acquista consapevolezza e ne è fortemente compiaciuto, serra la mandibola e raddrizza la schiena, per assumere una postura più ufficiale, perché ora si sente effettivamente un pro-tagonista. Non sa se indossare di nuovo la mascherina, terminato il suo canto, e tergiversa, volendosi ancora mostrare nella sua identità, perché così qualcuno parlerà di lui domani anche a sua moglie, e lui vedrà risalire repentinamente il proprio indice di apprezzamento all’interno di tutta la sua famiglia. E non è detto che qualche altro non ne parli pure alla cassiera Rosina del supermercato, che certamente gli presterà, poi, maggiori attenzioni.Mentre nella mente di Mario si af-

fastellano immagini e idee di tutto ciò, ecco un nuovo accadimento impensabile:una donna giovane, dopo un cenno vocale di richiamo, che costringe Mario ad una rota-zione improvvisa, lancia verso di lui una delle bandiere tricolori delle quali aveva tappezzato la ringhiera del proprio balcone.Mario, forte delle sue reminiscenze militari, si precipita, perché sa che non è bene che una bandiera così importante cada a terra, e riesce ad afferrarne l’ultimo lembo che gli consente di risollevarla e sventolar-la in segno di intesa con tutti quei suoi concittadini che, dalle finestre, tuttora lo osservano, e dai quali egli sente, ora, di dover offrire ancora qualcosa che susciti la loro definiti-va approvazione.Così inizia a correre all’intorno, in un cerchio che vuole sottolineare quel punto fisico della piazza che rap-presenta il centro geografico dell’I-talia, e che ora viene disegnato da quel tricolore festosamente rotante nelle mani di Mario.Ecco, allora, che anche dalle fine-stre e dai balconi in tanti sventola-no le loro bandiere, verdi bianche e rosse, e più Mario corre, più i con-cittadini sventolano. È un tripudio generale che coinvolge tutti,ma nessuno incrocia gli occhi dell’altro, perché ciascuno sa di averli lucidi di commozione.

Mario pensa di essere al centro di un momento storico che vorrebbe protrarre, perché teme che altri-menti, come alla chiusura del sipa-rio teatrale, tutto svanisca e perfino il ricordo possa affievolire. Ma, al contempo, vuole correre a raccontare l’accaduto a più perso-ne possibile, perché si deve sapere che nell’ombelico d’Italia un italiano, che è proprio lui, Mario, ha cantato per tutti l’Inno nazionale e sventola-to per tutti la nostra Bandiera. Mentre continua a sventolare il tri-colore, ed una gioia tutta particola-re invade il suo cuore, gli corrono avanti immagini passate della pro-pria vita nelle quali si era reso prota-gonista di qualcosa, ma quasi nulla è paragonabile a quanto gli è acca-duto oggi, in modo inatteso, mentre si trovava con l’elenco della spesa in mano.La notizia circola in città più rapida-mente del previsto. Quello stesso pomeriggio, a casa e al supermer-cato si parla di Mario, e tutti sono orgogliosi di lui.

Noi, anche.

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ATTUALITÀ ATTUALITÀ

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Stili di abbigliamento e politica A colloquio con Donatella Campus, docente di Comunicazione Politica nel Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Bologna

Intervista di Ernestina Alboresi

Professoressa Campus, la di-sciplina che Lei insegna, Co-municazione politica, è tutto

sommato relativamente nuova nei nostri Atenei. Può illustrarci in cosa consiste esattamente? E quali sono i suoi elementi caratterizzanti?

“Non direi proprio nuova, ma senza dubbio l’attenzione nei confronti di questo campo di studi è cresciuta negli ultimi due decenni. In sintesi, possiamo dire che la comunica-

zione politica consiste nel flusso di informazioni che intercorre tra gli attori del mondo della politica, quindi candidati, partiti, istituzioni, i media, tradizionali e digitali e i citta-dini. Gli studiosi si occupano di tutti gli aspetti riguardanti queste intera-zioni: ad esempio, della produzio-ne del messaggio e dei suoi effetti sugli atteggiamenti dei cittadini; della mediatizzazione della politica; dell’evoluzione del fenomeno nel tempo, e di molti altri ancora.”

Fino a che punto aspetto fisico e ab-bigliamento sono da considerarsi elementi di comunicazione?

“Nella misura in cui nella comunica-zione rientra la dimensione visiva, chiaramente l’aspetto fisico gioca un ruolo perché fa parte di ciò che appunto“si vede”, e quindi dell’im-magine della donna o dell’uomo politico. Con l’avvento della televi-sione i politici sono entrati con le loro facce e la loro fisicità nelle case dei cittadini diventando personag-gi riconoscibili e familiari. Nei media digitali le immagini e i video sono al-trettanto centrali. Tutto ciò ha reso necessario per i politici in primo luo-go imparare a usare il video, anche dal punto di vista del body langua-ge, e a prestare attenzione al loro modo di apparire. L’abbigliamento non è forse una priorità quanto altri aspetti come la postura, la mimica o l’uso della voce, ma contribuisce all’immagine complessiva perché racconta comunque qualcosa del-la persona, del suo stile, delle sue preferenze.”

Dunque si può dire che nelle for-me della comunicazione politica e istituzionale rientra anche l’abbi-gliamento. Infatti, mentre nel secolo scorso il modo di vestire dei rap-presentati del mondo politico era alquanto uniforme (completi con giacca e cravatta per gli uomini, tail-leur o abiti classici per le donne) da alcuni decenni la tendenza si è mo-dificata. Ciò rispecchia soltanto lo stile del nostro tempo, oppure corri-sponde a precise strategie comuni-cative? E, in caso affermativo, fino a che punto la scelta di un look piut-tosto che di un altro incide sull’im-magine politica e sul successo dei singoli personaggi?

“Il dress code maschile è sempre stato più uniforme e convenzionale e comunque anche oggi quell’ab-bigliamento rimane un punto di riferimento nelle occasioni più for-mali. Per le donne ci sono stati mag-giori gradi di libertà nell’abbigliarsi anche perché a lungo sono state poco numerose in politica, e quindi

non c’era una prassi adottata alla quale ispirarsi. Le donne hanno cer-cato di sposare dettami della moda con la necessità di sentirsi a proprio agio in contesti formali e frequenta-ti soprattutto da uomini. Le scelte sono state più personali, difficile identificare uno stile standardizzato quanto quello maschile. Al tempo stesso, però, l’abbigliamento fem-minile è sempre stato più notato e discusso di quello degli uomini, a volte oggetto di uno scrutinio più critico. Il modo di vestire e di petti-narsi delle donne in politica fa spes-so parte del modo in cui sono rap-presentate dai media. In tempi recenti si può supporre che la tendenza nell’abbigliamen-to di chi ha ruoli politici vada di pari passo con un processo di po-polarizzazione della politica, quin-di minore formalità per entrambi i sessi, anche per rafforzare l’idea che i politici sono persone “norma-li”, che vivono e quindi anche che vestono come tutti noi. Dopodiché, ovviamente,la normalità può esse-re espressa in diversi modi: ci sono sempre preferenze soggettive.”

In generale, si può affermare che at-traverso l’abbigliamento, e più com-plessivamente, attraverso l’aspetto fisico, si trasmettono messaggi e si può ottenere - o perdere - consen-so?

“È chiaro che non si ottiene o si per-de consenso a causa di un vestito. Però il gradimento di un politico ha senz’altro a che fare con la sua capacità di mostrarsi autentico. Quindi l’immagine conta perché ci deve essere una certa coerenza nel modo di presentarsi in pubbli-co. L’abbigliamento riflette alme-no in parte la personalità e quindi contraddizioni o forzature possono rivelarsi controproducenti se crea-no un effetto di poca spontaneità. Conta anche l’essere riconoscibili. Per esempio, io ritengo che rinno-vare il proprio look in maniera molto radicale a metà di una campagna elettorale potrebbe essere un po’ rischioso perché potenzialmente spiazzante per un elettorato che è

abituato a vederti in modo comple-tamente diverso.”

Può illustrarci alcuni esempi di uso politico dell’abbigliamento e dell’a-spetto fisico?

“Un esempio evidente di uso esplici-to dell’abbigliamento per mandare un messaggio politico sono le fa-mose felpe di Matteo Salvini con scritte che cambiavano a seconda delle circostanze. Poi ci sono mes-saggi più sfumati ma non meno significativi. Quando il leader di Po-demos Pablo Iglesias va a incontra-re il re di Spagna in jeans e camicia, quello che da spettatori possiamo intendere è che voglia dire:“io non mi uniformo ai riti del potere e quindi vado vestito come faccio sempre”. Una specie di populismo vestimentario.”

Dal punto di vista della Sua discipli-na, la scelta degli abiti è più impor-tante per i rappresentanti politici uomini o donne?

“In parte ho già risposto a questa do-manda. L’abbigliamento delle don-ne è oggetto di maggiore scrutinio da parte dei media e di maggiori commenti in positivo o in negativo. Di come vestono gli uomini ci si occupa meno, anche se oggi, forse più che in passato, anche per loro l’aspetto fisico è centrale in quan-to la celebrity politics li porta sul palcoscenico dei media di intrat-tenimento. Però, tendenzialmen-te,possiamo dire che, mentre per le donne i dettagli dell’abbigliamento sono messi molto frequentemente in evidenza, per gli uomini di solito l’attenzione si risveglia se c’è qual-che dettaglio eccentrico o degno di nota. Justin Trudeau, premier canadese, ad esempio, è famoso per i suoi calzini coloratissimi, al-cuni perfino con la foglia di acero della bandiera canadese. In molti ricorderanno la bandana indossata da Berlusconi in Sardegna. A me sembra che sussista ancora una differenza sostanziale: i commenti sull’abbigliamento di un politico sembrano più un divertissement,

Salisburgo, 20 settembre 2018. Capi di Stato e di Governo dei Paesi

dell’Unione Europea posano per una “foto di famiglia” durante

un incontro informale. Gli abiti diventano

quasi divise se si eccettuano i tocchi di colore al femminile.

Alexandros Michailidis / Shutterstock.com

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ATTUALITÀ ATTUALITÀ

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una nota di colore; il modo di rac-contare il look di una politica spes-so appare quasi il tentativo di inter-pretarne la personalità.”

Negli ambienti politici, nel mondo del lavoro in generale e in modo particolare nelle posizioni di rilievo, in passato l’avvenenza femminile poteva rappresentare un problema, e le donne tendevano ed evitare di mettere in luce le proprie attrattive, che avrebbero reso loro ancora più difficile uscire dai ruoli tradizionali. È ancora così? o si può finalmente considerare questo un problema superato?

“È una domanda che tocca una questiona complessa. Mi limito a fare qualche osservazione rispetto all’ambito politico e alla leadership in particolare. Il fascino di un leader politico, uomo o donna che sia, è legato al suo carisma più che a un bell’aspetto. Per alcuni, tuttavia, an-che quest’ultimo elemento,spesso quando associato alla giovane età, contribuisce all’impatto di un’im-magine complessiva. Nel suo libro L’état spectacle Schwartzenberg parla dei“leader de charme”, tra i quali i fratelli Kennedy e Giscard d’Estaing. Pensiamo, ad esempio, a un’icona di stile a livello globale come Barack Obama. Che per le donne valga lo stesso discorso ed essere attraenti rappresenti a tutti gli effetti una risorsa è meno scon-tato. Nel loro caso, infatti, l’attenzio-

ne per l’aspetto fisico può diven-tare eccessiva e ciò distrae da altri elementi più sostanziali che sono invece quelli sui cui si costruisce la reputazione di un politico, come i tratti della personalità, il bagaglio di esperienze, le idee eccetera. Poi, mentre per un uomo l’apparire se-ducente può essere un elemento che perfino accresce il fascino del

“capo” né appare problematico che un politico abbia un suo seguito di fan adoranti, una donna leader non ha particolare interesse a essere percepita come oggetto di ammira-zione e desiderio, perché l’obiettivo da raggiungere è un altro: essere pienamente riconosciuta come un soggetto in grado di assumere il comando. Esistono, quindi, ancora delle più o meno evidenti disparità e dei retaggi culturali che è neces-sario combattere. È molto importan-te soprattutto la consapevolezza, il fatto di identificare e sottolineare pubblicamente quegli atteggia-menti tesi a ridimensionare il ruolo delle donne.”

Restiamo ancora in ambito femmi-nile: un tempo, ogni volta che le personalità comparivano in pubbli-co indossavano una nuova mise, e sarebbe stato considerato inade-guato il contrario. Oggi invece mol-te Signore del mondo istituzionale e politico hanno iniziato a riciclare i loro abiti, come viene puntualmen-te rilevato dalla stampa. Uno dei più recenti episodi è avvenuto in occa-

sione della campagna elettorale per le Presidenziali americane, durante il confronto televisivo fra il Presiden-te Donald Trump e lo sfidante Joe Biden, entrambi accompagnati dal-le rispettive famiglie. E mentre Me-lania Trump ha sfoggiato un nuovo tailleur pantaloni, Jill Biden ha scel-to una abito già indossato in pubbli-co in altre due occasioni. Quali sono a suo avviso le ragioni e le logiche di queste scelte, e quali risultati voglio-no ottenere?

“È opportuno distinguere il ruolo di First Lady da quello della donna che è in politica, perché le aspet-tative sono diverse. In entrambi i casi, comunque, non credo che indossare più volte lo stesso vestito possa essere visto oggi come ina-deguato; piuttosto fare sfoggio di abiti sempre nuovi potrebbe espor-re a critiche perché suggerisce l’idea del lusso o quantomeno di un dispendio eccessivo. Sarebbe in contraddizione con la tendenza alla normalizzazione che ho già sot-tolineato. Possono sempre esserci eccezioni, ma in generale i politici oggi non si possono permettere di essere troppo distanti da noi e quindi di condurre una vita di ap-parenti privilegi. In buona sostanza, l’obiettivo che devono perseguire è piuttosto quello di adottare uno sti-le “giusto”, nel senso di adeguato e in armonia con la propria personali-tà. Se anche è un po’ ripetitivo non penso possa guastare.”

Bruxelles, 1° dicembre 2019. La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyden e la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde, durante la celebrazione del 10° anniversario del Trattato di Lisbona. I foulard sono di scena. Alexandros Michailidis / Shutterstock.com

Femminilità ed eleganza possono convivere con naturalezza.

Minigonne in classe? Divieti e proteste Polemiche sia in Italia che in Francia all’inizio dell’anno scolastico

Il commento di Massimo Sgrelli, Direttore scientifico dell’Accademia del Cerimoniale Protocol Academy e già Capo del Dipartimento del Cerimoniale di Palazzo Chigi.

Di stili di abbigliamento più o meno adeguati si parla spesso. In set-tembre, all’avvio dell’anno scola-

stico, l’argomento è stato nuovamente oggetto di notizie di cronaca e anche di polemiche per due episodi, accadu-ti rispettivamente in Francia e in Italia.In Francia il primo giorno di scuo-la numerose studentesse, anche per le temperature che in quel pe-riodo erano ancora estive, si sono presentate in minigonna, scollate o con l’ombelico in vista. I regola-menti scolastici però stabiliscono che a scuola bisogna andare con abbigliamenti adeguati, e alcuni dirigenti scolastici hanno rifiutato l’accesso alle ragazze. L’accaduto ha suscitato scalpore, spingendo persino il Ministro dell’Educazione francese ad intervenire,affermando

che “Basta vestirsi normalmente e andrà tutto bene”.La cosa però non è piaciuta, tant’è che molte studentesse nei giorni suc-cessivi si sono ripresentate a scuola vestite alla stessa maniera, facendosi selfie prima di entrare in classe e po-stando le proprie foto sui social dove sono spuntati, uno dopo l’altro, ha-shtag come #liberationdu14, Lundi-14Septembre,#14septembre.Qualcosa di analogo, seppur meno eclatante, è accaduto anche in Italia in un liceo di Roma, dove la Vicepreside ha richiamato alcune studentesse che indossavano la minigonna perché - avrebbe detto - “a qualche professore potrebbe cadere l’occhio”, frase che ha scatenato le proteste delle ragazze e numerose prese di posizione. Non vogliamo qui entrare nel merito delle varie opinioni che sono state espresse sulla frase “incriminata”. È però un fatto che non tutti gli abbiglia-menti sono sempre idonei, che i vestiti andrebbero adeguati agli ambienti e alle situazioni, e che saper distinguere cosa è adatto indossare nelle varie cir-costanze aiuta a non avere problemi e a sentirsi sempre a proprio agio.Sulla vicenda è intervenuto anche Massimo Sgrelli, Direttore scientifico dell’Accademia del Cerimoniale Pro-tocol Academy e già Capo del Dipar-timento del Cerimoniale di Palazzo Chigi, con una dichiarazione all’Agen-zia di stampa Adnkronos. “Occorre conoscere sin dalla scuola qual è l’abbigliamento appropriato per ogni occasione - ha detto - ricordando poi agli studenti, ma anche ai loro genitori, che il compito della scuola è quello

dell’istruzione e della formazione. La scuola non solo può ma deve indicare i limiti alle libertà perché esse non di-ventino arbitrio. È pertanto necessario che gli studenti, femmine e maschi, si-ano richiamati se frequentano le aule con abbigliamenti non idonei. Perché così potranno comprendere che ogni contesto chiede un proprio compor-tamento e un proprio abbigliamento: il tempo libero, la cerimonia e il lavoro hanno tre tipi di abbigliamento diffe-renti. Non si può andar al lavoro ve-stiti da cerimonia e neppur da tempo libero, perché l’abito da lavoro deve essere sobrio. Quindi - ha proseguito

-bisogna conoscere l’abbigliamento appropriato per ogni occasione. An-che la scuola, che è luogo di lavoro, ha il suo abbigliamento appropriato, che non può essere libero. Maturare la coscienza di un perimetro con-tribuisce non poco alla formazione degli studenti per il loro futuro di vita, quando nel mondo del lavoro incon-treranno identiche limitazioni e capi-ranno che la forma è anche sostanza”. Sgrelli ha proseguito ricordando che

“negli Stati Uniti o in Giappone se una impiegata di una grande azienda si presenta al lavoro in minigonna sarà probabilmente licenziata. Noi europei invochiamo maggiori libertà indivi-duali anche nell’abbigliamento. Ma se vogliamo futuri cittadini migliori è opportuno che la libertà totale del vestire sia invocata come diritto nella fase scolastica? O non è preferibile

- ha concluso Massimo Sgrelli - che agli studenti sia indicata anche l’utile e doverosa regola della sobrietà su questo argomento?”

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ATTUALITÀ ATTUALITÀ

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I 50 anni delle regioni a statuto ordinario

Con l’elezione dei Consigli re-gionali, nel 1970, le Regioni entrarono nella storia istitu-

zionale italiana. Quest’anno hanno raggiunto 50 anni di attività: un lun-go periodo durante il quale hanno assunto e consolidato un importan-te ruolo nella vita del nostro Paese. La ricorrenza è stata ricordata in vari momenti con iniziative e inter-venti dalle singole Regioni, dalla Conferenza Stato Regioni, dalla Conferenza dei Presidenti delle As-semblee legislative delle Regioni e delle Province autonome e dalle massime Autorità dello Stato. Il Presidente della Repubblica Ser-gio Mattarella, in una dichiarazione,

ha sottolineato che con l’istituzione delle Regioni “Si completava il dise-gno dei Costituenti e la democrazia nel nostro Paese compiva un ulte-riore, significativo passo in avanti, ampliando le sue basi e rafforzando il carattere pluralista delle sue isti-tuzioni.” “La Repubblica - ha affer-mato fra l’altro il Presidente - nasce nel rifiuto del carattere autoritario e centralista dello Stato, inasprito dal regime fascista, contro la tradizione dei liberi Comuni e delle identità dei territori, ricchezza della civiltà dell’Italia. Il principio di autonomia, delle Regioni e degli enti locali, è alle fondamenta della costruzione democratica, perché appartiene

al campo indivisibile delle libertà e costituisce un regolatore dell’equi-librio costituzionale”.In occasione di questo significativo anniversario istituzionale, la Pre-sidenza del Consiglio dei Ministri ha inoltre promosso una specifica campagna di comunicazione, de-nominata “50° Anniversario delle Regioni 1970-2020”. Diffusa sulle reti RAI radiofoniche e televisive e sui canali social, la campagna si propone vari obiettivi, fra cui quello di promuovere fra la cittadinanza una migliore conoscenza delle ca-ratteristiche e delle funzioni regio-nali.

La sede principale della Regione Lazio a Roma. Filippo Bellantoni / Shutterstock.com

Palazzo Lombardia a Milano, sede della Presidenza

della Regione Lombardia.

MC MEDIASTUDIO / Shutterstock.com

Cerimoniale territoriale e galateo elettorale Incontro a Garlasco per gli amministratori locali promosso dal Comune con il patrocinio di ANCEP

di Maria Chiara Pugni

Si è recentemente svolto a Gar-lasco, nel cuore del Centro policulturale adiacente allo

storico Teatro cittadino “Francesco Martinetti”, un incontro in materia di Cerimoniale territoriale e galateo elettorale rivolto agli Amministratori locali, organizzato dal Comune di Garlasco con il patrocinio di ANCEP

(di cui la Città di Garlasco dal 2018 è sede territoriale).L’evento è stato ideato e gestito al meglio in ogni suo aspetto organiz-zativo, nonostante le difficoltà de-terminate dalla pandemia di COVID 19, da Maria Grazia Grioni, Respon-sabile del Servizio Amministrativo, Affari Generali e Cerimoniale del

Comune di Garlasco, nonché dele-gata Nazionale ANCEP ai Rapporti con gli Enti locali.In una Sala Polivalente affollata (ma nel rispetto delle disposizioni di distanziamento dettate dalla nor-mativa sanitaria vigente) di Sindaci ed Amministratori pubblici del terri-torio si sono susseguiti gli interventi

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in presenza dei relatori Giovanni Battista Borgiani, Giuseppe Damia-no Iannizzotto e Barbara Ronchi della Rocca. Hanno poi partecipato all’iniziativa in forma telematica il Presidente Nazionale ANCEP, Cav. Leonardo Gambo e, in videocolle-gamento da Roma, il Consigliere Massimo Sgrelli, già Capo del Di-partimento del Cerimoniale di Stato della Presidenza del Consiglio dei Ministri.Dopo il saluto ai colleghi presen-ti del Sindaco di Garlasco, Pietro Francesco Farina, Giovanni Bat-tista Borgiani, in qualità di consu-lente di cerimoniale e protocollo, ha fornito basilari e imprescindibili linee guida sul funzionamento del cerimoniale e dell’organizzazione degli eventi istituzionali e non solo, spiegando le ragioni dell’importan-za di una corretta comunicazione.Giuseppe Damiano Iannizzotto ha effettuato invece una ricognizione della normativa che guida l’azione dei Cerimonialisti in Italia, a partire dalla Costituzione repubblicana, prima fonte che ha conferito valore non solo simbolico ma anche le-gislativo alla nostra bandiera, con un’interessante digressione ac-compagnata da un ricco corredo di immagini sul modo corretto di esporre ed utilizzare i simboli più importanti della sovranità popolare (bandiere, gonfaloni, fasce di rap-presentanza istituzionale).Infine, Barbara Ronchi della Rocca, nota al grande pubblico come raf-finata “maestra delle buone manie-re e galateo”, con il garbo e l’ironia che la contraddistinguono, ha for-nito un manuale specifico di com-portamento ideale per un percorso istituzionale di rispetto del buon gusto, allo scopo di evitare que-gli “scivoloni” (nel comportarsi e nel vestire) che possono non solo creare imbarazzo ma anche far per-dere credibilità a donne e uomini politici e all’intera istituzione che rappresentano.Per sottolineare l’importanza di tale aspetto, in occasione dell’evento i partecipanti hanno ricevuto in omaggio una copia del volume Di-telo con i vestiti - L’abbigliamento

delle istituzioni, scritto da Barba-ra Ronchi della Rocca, Giuseppe Damiano Iannizzotto ed Ernestina Alboresi, Past President di ANCEP, sulle specifiche riguardo l’abbiglia-mento ed il comportamento miglio-re per risultare impeccabili nelle oc-casioni più formali.Ha concluso il simposio l’autorevo-le lezione del Consigliere Massimo Sgrelli, non solo esperto, ma anche

“creatore” di prassi e di norme del cerimoniale, che ha fra l’altro sot-tolineato l’importanza del rapporto dialettico nelle sedi politiche più

Alcuni momenti del seminario

sul Cerimoniale territoriale

e galateo elettorale a Garlasco.

Galileo Chini, Secentenario della morte di Dante 1321-1921,

cromolitografia, 1921, cm 200x150, dettaglio

Settecento anni dalla morte di Dante Le celebrazioni per l’importante ricorrenza inaugurate a Ravenna dal Presidente della Repubblica

Il commento del Sindaco della città Michele de Pascale

Il Presidente della Repubblica Ser-gio Mattarella ha inaugurato, il 5 settembre scorso a Ravenna, le

celebrazioni per il Settecentesimo anniversario della morte di Dan-te Alighieri. “Viva Dante - Ravenna 2020/2021”: questo il nome della ric-

ca serie di iniziative che comprende eventi istituzionali, letterari, espositi-vi, performativi, didattici e di ricerca, accompagnati anche da interventi strutturali di ripristino di importanti opere d’arte. Un programma molto corposo e articolato, alla cui realiz-

zazione hanno contribuito moltepli-ci Enti e Istituzioni fra cui il Comune di Ravenna, la Regione Emilia-Ro-magna, il Comitato dantesco di Ra-venna e numerose altre eccellenze culturali cittadine e nazionali. Fra gli eventi in programma, anche progetti internazionali di spettacolo dal vivo e importanti mostre, come quella alla biblioteca Classense in-titolata Inclusa est flamma. Ravenna 1921: il Secentenario della morte di Dante, prima mostra del proget-to espositivo Dante. Gli occhi e la mente, curato dalle istituzioni Mu-seo d’arte della città di Ravenna e Classense in collaborazione con al-tre importanti istituzioni museali, fra cui la Galleria degli Uffizi di Firenze. Inoltre dal 14 settembre scorso presso la Tomba di Dante è in cor-so un’originale iniziativa, che nelle intenzioni dei promotori dovrebbe proseguire fino all’ottavo centena-rio: L’ora che volge il disio, in cui protagonisti dell’arte e della società, alternati a cittadini e turisti, si cimen-teranno nella lettura quotidiana di un canto della Commedia.Durante l’anno di celebrazioni verranno realizzati interventi di restauro e ripristino su importanti monumenti quali, fra l’altro, anche il sepolcro di Dante. Saranno poi inaugurati il nuovo Museo Dante-sco e Casa Dante, uno spazio poli-funzionale e di esposizione, e orga-nizzati eventi di vario genere, fra cui un convegno nazionale promosso dall’Università di Bologna su Dante e la poesia contemporanea.

formali, suggerendo ed auspican-do comportamenti istituzionali volti a rafforzare lo spirito di leale colla-borazione e di appartenenza ad un sistema politico che deve tendere non alla sterile competizione, ma alla crescita materiale e spirituale delle collettività amministrate me-diante la riscoperta e la valorizza-zione di principi comuni.

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“Ravenna - ha commentato il Sinda-co Michele de Pascale - ha ricevu-to dalla storia un onore immenso, quello di ospitare le spoglie mortali di Dante Alighieri, ed è un onore al-trettanto immenso per tutti noi quel-lo di celebrare il settimo centenario della sua morte. Per questo appun-tamento straordinario la città si è posta quattro obiettivi ambiziosi: essere all’altezza della gratitudine che tutti noi dobbiamo provare per quanto Dante ha dato a Ravenna in questi settecento anni; valorizzare l’influenza fortissima che l’ispirazio-ne dell’opera dantesca ha sugli ar-

Baldassarre Castiglione, primo cerimonialista Cerimoniale e diplomazia nella vita di Baldassarre Castiglione, insieme a Raffaello uno dei grandi personaggi del Rinascimento italiano Una mostra a Urbino in occasione delle celebrazioni del “Divino Pittore”

Baldassarre Castiglione, ovvero il primo dei cerimonialisti. Suo, infatti, è Il Cortegiano, opera

che definì “il” modello di compor-tamento per le corti e l’alta società dell’intero continente. Edito a Ve-nezia nel 1528, è stato uno dei pri-mi grandi libri europei, diffuso in Italia e in tutta Europa nel XVI seco-lo e tradotto in spagnolo, francese, inglese, tedesco, polacco e latino.Castiglione fu una figura centrale del Rinascimento europeo, con un ruolo di primo piano tanto nel clima culturale quanto nel mondo politico dei primi decenni del Cin-quecento. Mantovano di origine ma urbinate d’adozione, fu un raf-finato intellettuale, vicino a scrittori,

studiosi, Re e Papi, attento politico, incaricato di ambascerie tra le più delicate del suo tempo. Fu anche amico di grandi artisti, primo fra tut-ti Raffaello Sanzio, insieme al quale contribuì alla creazione del mito di Urbino e della sua corte nei primi decenni del Cinquecento e all’af-fermazione del primato culturale del Rinascimento italiano in tutta Europa. È proprio al sodalizio fra queste due grandi personalità che Urbi-no ha dedicato l’originale mostra

“Baldassarre Castiglione e Raffaello. Volti e momenti della vita di corte” curata da Vittorio Sgarbi e Elisabet-ta Soletti.La mostra era parte dell’articola-

to programma delle celebrazioni raffaellesche nella città natale del

“Divino Pittore” e per le Marche, ed è stata promossa dal Comitato Nazionale per le Celebrazioni dei cinquecento anni dalla morte di Raffaello, dalla Regione Marche e dal Comune di Urbino, in collabo-razione con la Galleria Nazionale delle Marche - Palazzo Ducale.La rassegna, nelle Sale del Castella-re di Palazzo Ducale, ha raccontato in modo originale la vicenda di un uomo vissuto in un periodo storico alquanto complesso, riuscendo a sfuggire a intrighi e insidie. Suddi-visa in sette sezioni l’esposizione comprendeva oltre a dipinti, libri, manoscritti e lettere, anche abiti,

tisti contemporanei delle più diver-se discipline; consacrare Ravenna come grande città d’arte nazionale e internazionale; mostrare al mon-do quanto possa essere potente e affascinante l’amore che un’intera comunità può provare per un poeta.Il Settecentenario si concluderà nel settembre 2021 con un concerto diretto da Riccardo Muti. Il 10 ot-tobre inoltre siamo stati ricevuti da papa Francesco per la benedizione della croce donata per la tomba di Dante da Paolo VI nel 1961, settimo centenario della nascita del Poeta. Per dodici mesi non vi sarà giorno

in cui sia i cittadini che i tanti turisti non troveranno un’offerta dantesca nella città”.

Oltre a quelle già in corso a Raven-na, le iniziative programmate in Italia per celebrare il “Padre” della nostra lingua sono tantissime altre, dei generi più diversi: una testimo-nianza del profondo significato dell’opera del Poeta per il nostro Pa-ese e la nostra cultura, e un omag-gio all’importanza del suo operato come una delle fonti principali della nostra identità collettiva.

armi, armature, medaglie, monete e così via, collocando così appieno la figura del personaggio nel con-testo del suo tempo.Il libro Il Cortegiano, primo vero e proprio manuale di cerimoniale, a lungo ha rappresentato il mo-dello ideale dei valori della civiltà delle Corti, come è documentato dall’eccezionale successo edito-riale dell’opera che pare sia sta-ta, all’epoca, più letta della Bibbia, godendo per secoli di un grande seguito e continuando a svolgere una importantissima funzione di guida e insegnamento: è ad esso infatti che si sono ispirate tante suc-cessive figure di gentiluomini, quali ad esempio quelle dei lord inglesi.

Il “cortegiano” delineato da Casti-glione era un uomo con molteplici doti: sapeva duellare nei tornei ma anche conversare, ascoltare la mu-sica e apprezzare i bei dipinti, ma anche vestirsi e comportarsi nel modo più adeguato nei banchetti e nei ricevimenti. Un bell’ideale, an-che se ora come allora di persone così ce ne sono poche!

Il Palazzo Ducale di Urbino,

sede della mostra.

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PANORAMA ANCEP

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XIII Assemblea, per la prima volta online

di Giuseppe Damiano Iannizzotto

Non ci sono stati i soliti abbrac-ci, né il piacere di rivedersi tra colleghi almeno quell’unica

volta all’anno o le battute scam-biate prendendo insieme un caffè tra una sessione e l’altra dei lavori ma… d’altro canto, non si sarebbe proprio potuto fare diversamente.Si è infatti svolta online lo scorso 21 ottobre, la XIII Assemblea Na-zionale dei Soci ANCEP che, ini-zialmente convocata a Bologna per il 28 e 29 febbraio 2020, fu doverosamente annullata all’in-domani dei primi provvedimenti di contenimento dell’emergenza epidemica. Si è trattato, quindi, di un appuntamento molto atteso al quale oltre sessanta Soci sparsi in tutta Italia hanno voluto essere presenti in collegamento dal pro-prio ufficio o da casa perché in smartworking.La giornata è iniziata con un mo-mento formativo inedito ma parti-colarmente avvincente curato dal Vicepresidente Vicario Roberto Slaviero che, nel condurre un af-fascinante “viaggio tra coloro che sono al fianco delle Autorità” si è chiesto se “esiste ancora la First Lady”.“Dalle antiche civiltà ad oggi, consorti, amanti o concubi-ne - spiega il dott. Slaviero - hanno sempre avuto un ruolo decisivo per quanti esercitassero il potere in ogni sua declinazione arrivan-do in molti casi a condizionarne le scelte e, forse,anche a cambiare la storia. Ecco perché, pure ai nostri giorni, chi è professionalmente

chiamato ad occuparsi di rappre-sentanza pubblica e istituzionale deve essere pronto a rispondere con intelligenza ed efficacia a sfi-de del tutto nuove in una materia sempre più delicata e complessa”.Nel pomeriggio, i lavori assemble-ari sono stati aperti dal Presidente Nazionale Leonardo Gambo che, unitamente al Segretario Genera-le Giuseppe Damiano Iannizzot-to, alla Past President Ernestina Alboresi e al Delegato Nazionale ai Rapporti Internazionali, alla For-mazione e agli Eventi Giovanni Battista Borgiani ha presentato il “Rapporto sullo Stato dell’Asso-ciazione 2019” finendo però ine-vitabilmente per parlare anche di quanto accaduto in questo 2020.Dati alla mano, ANCEP cresce. In termini di numero di Soci, di quan-tità e qualità dell’offerta formativa specialistica erogata, di operativi-tà delle diverse sedi territoriali, di relazioni internazionali che spazia-no dall’Europa all’America Latina e di attività editoriale sia sulla carta stampata con Cerimoniale Oggi che attraverso i social, sempre at-tenti “alla missione originaria di va-lorizzare il ruolo dei Cerimonialisti rimanendo fedeli alla Carta Costi-tuzionale in ambito pubblico e au-mentando la professionalità di chi opera nel campo degli eventi in ambito privato”. “Facebook, Twit-ter, YouTube, Amazon, WhatsApp e Telegram - si ribadisce ancora durante l’incontro - sono gli stru-menti migliori per interloquire con

il mondo contemporaneo e il suc-cesso che registriamo in termini di followers ci dice che, nonostante quello che si possa pensare, c’è sempre più attenzione e voglia di approfondire i temi di cui ci occu-piamo da parte non solo di addetti ai lavori ma anche dei cittadini”.

“La pandemia - spiega il Presidente Leonardo Gambo - ha colpito du-ramente anche la nostra Associa-zione e il rischio di venire travolti dalla situazione è stato tutt’altro che remoto. Se ciò non è accadu-to, lo dobbiamo innanzitutto alla compattezza dei nostri organismi direttivi che hanno saputo trovare le soluzioni giuste per rispondere velocemente a quanto accade-va passando, per esempio, dalla formazione in presenza a quella online e a tutti i nostri Soci che, all’interno di ANCEP, hanno po-tuto trovare non solo un luogo di confronto professionale ma anche una comunità capace di esprime-re empatia e reciproca solidarietà”.Approvata poi, a larghissima mag-gioranza, la proposta di adozione di un nuovo Statuto che, pur senza modificare i meccanismi di funzio-namento interno dell’Associazio-ne, recepisse quanto previsto dal Codice del Terzo Settore “con l’o-biettivo - precisa la giovanissima Socia Alessia Intonti che si è occu-pata della revisione del testo - di avere tutti i requisiti necessari per aderire a questo nuovo sistema che, a regime, offrirà sicuramente molti vantaggi rendendo ANCEP

Un momento della XIII Assemblea Nazionale dei Soci ANCEP, la prima svoltosi a distanza.

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PANORAMA ANCEP PANORAMA ANCEP

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ancora più competitiva anche nei rapporti con la Pubblica Am-ministrazione”. Al termine dell’As-semblea si è proceduto, anche se solo virtualmente, al conferimento delle Attestazioni di Qualificazio-ne Professionale di Cerimonialista rilasciate da ANCEP ai sensi della Legge 4/2013 e alla consegna ideale delle tessere associative ai nuovi Soci. Come da tradizio-ne, l’evento si è concluso con una conferenza tenuta quest’an-no da Leonardo Marra, Capo del Protocollo Diplomatico del Gran Magistero del Sovrano Militare Ordine di Malta che ha affrontato il tema: “Interconnessioni, diffe-renze e similitudini tra protocollo istituzionale e protocollo privato”. Un’occasione preziosa per riflette-re, appunto, sul valore del “proto-collo quale elemento avanzato di comunicazione che, mettendo in atto la diplomazia, ha il compito di

unire l’interesse pubblico a quello privato e che, pertanto, non può che essere affidato a professionisti del settore in grado di unire rigore e passione”.

“Accanto all’auspicio, forse scon-tato, di poter svolgere la prossima Assemblea tornando ad incon-trarsi di persona - conclude il Pre-sidente Gambo - non si possono certo nascondere le fortissime preoccupazioni per il futuro di un settore, come quello del Cerimo-niale e degli eventi in generale, che è stato certamente tra i più colpiti dalle restrizioni imposte a causa del COVID e che ci auguria-mo davvero possa presto ritornare a vivere”.

Un nuovo mondo, un nuovo protocollo Il Foro Mundial de protocolo, comunicación e imagen - FMPCI 2020. Dall’Argentina l’invito a condividere conoscenze ed esperienze nei settori della comunicazione istituzionale per far fronte alle nuove esigenze operative dell’epoca COVID - 19

di Giovanni Battista Borgiani

La copertina del Forum e i soci ANCEP

che vi hanno preso parte.

Dall’1 al 3 ottobre 2020 si è svolto online il primo “Foro Mundial de Protocolo, Comu-

nicación e Imagen - FMPCI2020”: 40 ore di video-connessione, 83 esperti relatori provenienti da 35 Paesi diversi e oltre 550 parteci-panti. Un evento che ha fatto sentire uni-ti anche se lontani tanti addetti ai lavori che, anche nel nostro setto-re, negli ultimi mesi si sono trovati davanti alle sfide poste dal distan-ziamento sociale a causa della pandemia e che, in gran parte, de-vono - volenti o nolenti - imparare a cimentarsi con la tecnologia e i nuovi canali di comunicazione. Questo è stato chiaro fin da subito, fin da prima che l’evento comin-ciasse. Tutta l’organizzazione del Forum, infatti, è avvenuta in modo piuttosto nuovo (pratico e veloce?, non so fino a che punto - bisogna abituarsi), almeno per tanti di noi. Noi che in Italia diamo un certo peso alla forma, alla solennità…alla

In occasione della XIII Assemblea Nazionale

dei Soci ANCEP il Vicepresidente Vicario

Roberto Slaviero conduce il momento

formativo “Esiste ancora la First Lady”.

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PANORAMA ANCEP PANORAMA ANCEP

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burocrazia rischiando talvolta una sorta di staticità. Twitter, Instagram, FaceBook, Eventbrite e WhatsApp: così sono stati raggiunti e contattati i Rela-tori, così è stato organizzato tutto. E-mail? pare cosa di “altri tempi”. Sito internet? giusto perché è “tra-dizione”.Il mondo cambia, si “evolve”: an-che quello istituzionale.“Un mon-do nuovo, un nuovo protocollo”: questo infatti il Leitmotiv che ha accompagnato i lavori del Forum. L’intento è quello di impegnarsi per lo sviluppo di un Protocollo come processo dialogico, scambio di informazioni e costruzione di com-prensione tra i popoli. È infatti sem-pre più urgente concepire questa disciplina come lo strumento più potente per promuovere gli inter-venti governativi, privati, del terzo settore e nello sviluppo umano, per valutare e mitigare allo stesso tempo i rischi politici e sociali di tali interventi al fine di costruire una so-cietà più sostenibile.Come sostiene il peruviano Carlos Roberto Córdova, esperto del setto-re, protocollo, comunicazione e im-magine sono tre “materie” che un buon Maestro di Cerimonia deve studiare e imparare per svolgere al meglio il proprio lavoro. Molto infatti si è insistito sulla formazione e preparazione in questi tre ambiti non solo per chi è a servizio delle Istituzioni, ma per tutti coloro che, anche nel settore privato, vogliano conseguire con più agevolezza ed efficacia i propri scopi di relazione e mercato. Per questo motivo è stata partico-larmente apprezzata la presenta-zione di ANCEP (a cura del Pre-sidente Cav. Leonardo Gambo) come Associazione e come luogo di formazione anche in settori che, pur non essendo di immediata connotazione istituzionale, appor-tano competenze trasversali e dun-que un valore aggiunto al cerimo-nialista.Valore che non può prescindere dal riscoprire le proprie tradizioni, la propria cultura, la propria storia, di cui spesso si usano i simboli in

modo superficiale e inconsape-vole. Dal Guatemala, dal Brasile e dall’Africa (ma anche dalle Univer-sità sudamericane) giunge infatti l’invito a riscoprire i principi ance-strali che tutt’ora permeano la ritua-lità degli atti ufficiali: colori, suoni, costumi, gesti e tempi - vanto di molti Paesi - che, se non sono co-nosciuti anche al di fuori di questi, possono suscitare incomprensioni e urtare sensibilità. Dall’India inve-ce viene rimarcata la valenza e l’in-fluenza - anche economica - della moda, della necessità di investire in stili di abbigliamento che siano sostenibili. Le logiche di mercato e dell’ecologia si riflettono anche indubbiamente sull’immagine poli-tica e istituzionale che deve essere corretta e equilibrata. Istituzioni e aziende diventano, in-fatti, strategici su una scacchiera su cui i loro movimenti e le loro azioni hanno un impatto sulla loro iden-tità e reputazione. “Chi pensa che il protocollo e la diplomazia siano appannaggio esclusivo di re, nobili, diplomatici o ricchi uomini d’affa-ri, non ne conosce il vero signifi-cato. Il protocollo e la diplomazia nel XXI secolo sono una filosofia di vita che, esercitata con intelli-genza emozionale e strategica, si converte nella chiave maestra del-le nostre relazioni in qualunque contesto: sociale, interpersonale e interculturale”. Con queste parole, l’esperto spagnolo Pedro L. Sánc-hez Torres - consulente di proto-collo e diplomazia che ANCEP ha già avuto modo di apprezzare in altre circostanze - riprende una ci-tazione di Etna de Frague sottoline-ando l’importanza dell’intelligenza emozionale (fatta di conoscenza di sé, motivazione e empatia) in una scenografia protocollare costituita dalla diplomazia, dalla sicurezza, dalla comunicazione e ovviamente dal cerimoniale. Cerimoniale che, al di là di come viene interpretato e applicato nel-le serie Tv e nei film, e di come è veicolato e percepito attraverso lo schermo del PC in videoconfe-renza, è bene che sia insegnato e appreso. E il modo migliore per

impararlo è quello di condividere le proprie specificità e le proprie esperienze professionali. Così sco-priamo il curioso impiego della tecnologia cognitiva a servizio del protocollo, prezioso contributo del-la Dottoressa Gilana Mikhailova, Di-rettore Esecutivo della russa NASP

- National Association of Protocol Specialists. Impariamo che l’Africa sta investendo molto per consoli-dare un’immagine di sé che non sia ridotta a un luogo comune di com-miserazione. Impariamo le strate-gie per conferire la solennità più assoluta alle cerimonie anche in tempo di pandemia, come ha illu-strato l’ormai da noi ben conosciu-to Collega olandese Mark Verheul.Chiamato a partecipare al Forum in qualità di Delegato Nazionale ai Rapporti Internazionali di ANCEP, come hanno fatto altri Colleghi mo-strandoci “casa loro”, ho impostato il mio intervento illustrando le carat-teristiche principali del Cerimoniale italiano, il protocollo delle bandiere e le piccole e grandi “sfide” poste dalla realtà contemporanea del nostro cerimoniale italiano: la que-stione del femminile delle cariche, l’abolizione della poltrona presi-denziale e l’eterno dibattito sul nome corretto dei pasti (colazione e pranzo o pranzo e cena?). Auspi-co che gli stimati Colleghi colgano l’invito ad inviarci contributi con il loro punto di vista su tali questioni e sulla normativa in vigore nei loro Paesi riguardo alla disciplina dei propri ordini di precedenza tra le Cariche pubbliche. ANCEP è stata rappresentata all’e-vento anche dalla Dottoressa Vio-letta Tolmacheva, nostra socia e interprete di conferenza di fama internazionale. Invitata personal-mente dal Comitato Organizzativo Argentino ha apportato un prezio-so contributo sulla Diplomazia di-gitale, ambito cui è stato dedicato uno specifico corso in seno alle attività formative della Sessione autunnale promosse dalla nostra Associazione. Nel corso dei lavori, per ben due volte ANCEP ha avuto l’onore di es-sere stata salutata dalla Presidente

dell’Associazione Italiani Residenti all’Estero, Signora Marcela Crimi Giorgianni, che ha rivolto parole di apprezzamento e di incoraggia-mento per la sua opera di diffusio-ne della cultura cerimoniale italiana e dei valori del nostro amato Bel Pa-ese. ANCEP si congratula con lo stima-to Collega Don Francisco Caligiuri e con tutto il Comitato Organizzati-vo del primo Foro Mundial de Pro-tocolo, Comunicación e Imagen

– FMPCI 2020 per l’esitodell’even-to: importante occasione che ha

Cerimonialisti sui banchi dell’università Grande successo di partecipazione al I° corso di formazione universitaria su “Cerimoniale, protocollo e galateo istituzionale” organizzato da Sapienza Università di Roma con ANCEP e con l’Accademia Italiana del Galateo Gli interventi durante la lezione inaugurale

di Giuseppe Damiano Iannizzotto

Ha preso ufficialmente il via lo scorso 9 ottobre il primo corso di forma-

zione universitaria su “Ceri-moniale, protocollo e galateo istituzionale” organizzato da Sapienza Università di Roma in collaborazione con AN-CEP e con l’Accademia Ita-liana del Galateo che prose-guirà fino al prossimo mese di gennaio proponendo atti-vità didattiche ogni venerdì pomeriggio e sabato mat-tina. Degli oltre sessanta partecipanti provenienti da tutta Italia, molti possono

vantare importanti ruoli istituzionali e profili professionali con specifica esperienza nel settore, ma diverse sono anche le nuove e giovani leve che si approcciano per la prima volta a queste discipline.In occasione della lezione inaugu-rale, svoltasi rigorosamente online e presieduta dalla prof.ssa Roma-na Andò, Direttore del corso e Do-cente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso il grande ateneo capitolino, si sono alternati gli interventi di saluto del prof. Gaetano Lettieri, Direttore del Dipartimento di Storia, Antropo-logia, Religioni, Arte e Spettacolo

unito esperienza e professionalità dadiversi Paesi, anche nei mesi di distanziamento sociale in questo nuovo mondo per cui è necessario pensare un nuovo protocollo.

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APPROFONDIMENTI

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PANORAMA ANCEP

della Sapienza cui afferisce il corso, del Presidente dell’Associazione Nazionale Cerimonialisti Enti Pub-blici Leonardo Gambo e del Presi-dente dell’Accademia Italiana del Galateo Samuele Briatore. Presenti all’incontro anche il Segretario Ge-nerale dell’Associazione dei Ceri-monialisti italiani Giuseppe Damia-no Iannizzotto che ha coordinato i rapporti tra ANCEP e i responsabili accademici dell’importante iniziati-va formativa e il Delegato Naziona-le ANCEP ai Rapporti Internazionali e alla Formazione Giovanni Battista Borgiani.

“Per l’Università si tratta di un’espe-rienza del tutto nuova - spiega la prof.ssa Andò - resa particolarmen-te interessante dal fatto che i temi di cui ci occuperemo rappresenta-no ambiti poco indagati dalla no-stra tradizione accademica a diffe-renza di quanto accade invece in altri Paesi europei e non solo, dove invece vi sono da tempo percorsi

universitari rivolti a quanti intenda-no svolgere con successo questa attività professionale. È stato pro-prio pensando ai risvolti professio-nali che abbiamo voluto coinvolge-re in questo ambizioso progetto le associazioni di riferimento”. “L’av-vio di questo corso - ha sottoline-ato durante il suo intervento il Pre-sidente Gambo - oltre a costituire una pietra miliare nel nostro sforzo ultradecennale volto a promuo-vere una formazione sempre più approfondita e all’altezza della de-licata e complessa funzione svolta da chi si occupa di cerimoniale, au-spichiamo possa divenire anche il giusto catalizzatore per giungere finalmente ad una maggiore valo-rizzazione normativa e contrattuale dei colleghi che già lavorano nel cerimoniale degli Enti pubblici e ad una esatta definizione delle mo-dalità di accesso da parte dei più giovani a questa affascinante car-riera sia nel mondo delle Istituzioni

che in ambito privato e imprendi-toriale”. “Fino ad oggi - ha ribadito il Presidente Briatore - cerimoniale e galateo sono stati usati troppo spesso come sinonimi anche da-gli addetti ai lavori pur trattandosi, invece, di discipline con una storia e con dei contenuti differenti che saremo ben lieti di precisare duran-te i vari incontri”. “La necessità di sviluppare questo lungo itinerario interamente online a causa del CO-VID - concludono gli organizzatori

- renderà questa esperienza diversa da come la si era inizialmente pen-sata e da come la si sarebbe voluta sviluppare, ma sarà l’occasione per imparare sin da subito una lezione importantissima: nel Cerimoniale gli imprevisti sono sempre dietro l’angolo ed è compito del profes-sionista di successo saperli affron-tare efficacemente, con intelligen-za e spirito di pronto adattamento”.

Conclusa la II sessione formativa 2020Si è conclusa con successo la Seconda Sessione formativa ANCEP online - Autunno 2020: 15 corsi, di cui 5 di

nuova edizione, 18 giornate di lavori, oltre 30 nuovi partecipanti. Nelle attività formative dei mesi scorsi si è voluto dedicare ampio spazio alle nuove regole di Cerimoniale,

Protocollo e Galateo per rispondere alle esigenze operative e pratiche che le norme di prevenzione sanitaria pre-vedono. Di conseguenza, poiché molti momenti della vita istituzionale si sono “trasferiti” online, ANCEP ha voluto fornire anche quelle competenze e capacità trasversali che riguardano l’impiego dei nuovi mezzi di comunicazio-ne e degli strumenti atti alla creazione e diffusione d’informazioni e eventi online. Nelle prossime settimane saranno pubblicati il Catalogo dei Corsi per la Prima Sessione 2021 e le relative modalità di accesso. Ai corsi caratterizzanti e di specializzazione previsti, si aggiungeranno comunque ulteriori contenuti e nuove attività con l’intento di offrire una sempre più vasta e al contempo specializzata proposta formativa in ambito di Protocollo e Comunicazione Istituzionale.

Federico Fellini: genio, dedizione e senso dello Stato di Mario Proli

Roma, 30 novembre 2017. Parte dell’omaggio a Federico Fellini

negli Studi cinematografici di Cinecittà.

Antonello Aringhieri / Shutterstock.com

Cent’ anni fa, nel gennaio 1920, nasceva a Rimini il regista Federico Fellini, maestro del

cinema e straordinario narratore del Novecento. In suo onore, e per ricordarne l’opera, sono state orga-nizzate numerose iniziative ma l’e-mergenza COVID ne ha condizio-nato in parte lo svolgimento.

Il genioIl tributo è stato rivolto in particolare allo stile unico col quale ha sapu-to rappresentare l’Italia nel mon-do, fra realtà e sogno, paradosso e contraddizione, denuncia sociale e stupore. Questa dimensione ori-ginalissima, nata dalle esperienze maturate con altri giganti della set-tima arte, a cominciare da Roberto Rossellini, è divenuta l’essenza del-

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la sua personalità. “Avevo sempre sognato, da grande, di fare l’agget-tivo” disse a proposito del neologi-smo originato dalla declinazione del cognome. “Cosa intendano gli americani con felliniano posso im-maginarlo: opulento, stravagante, onirico, bizzarro, nevrotico, fregnac-ciaro”. Ricordare Fellini dal punto d’osservazione dei cerimonialisti potrebbe apparire forzato ma non lo è. Perché il percorso umano e professionale è stato caratterizzato da valori profondi e molto utili alla nostra professione. Rifiuto dell’imposizioneIn gioventù, Fellini mostrò riottosità rispetto alle gerarchie. Scavando nelle vicende biografiche, lo stori-co Davide Bagnaresi ha intercetta-to una vicenda significativa. Siamo nel 1938, quando il futuro regista frequentava l’ultimo anno del Li-ceo Classico parificato ”Giulio Ce-sare” di Rimini e proprio alla vigilia dell’esame finale (che sostenne a Forlì) la sua insofferenza tracimò in piccoli atti di provocazione. Nello svolgimento di un tema sulle man-sioni del “Capo Centuria” liquidò laconicamente il compito invitando l’insegnante a chiedere informa-zioni al compagno di classe, l’inse-parabile amico Titta Benzi. Quin-di, durante una parata di studenti, mentre l’intero drappello di ragazzi orientò la marcia in una direzione, lui se ne andò dalla parte opposta scatenando l’ilarità dei presenti e la furia di professori e autorità. Come effetto di quei comportamenti non ottenne la licenza in primavera ma fu rimandato a ottobre in “Cultura e disciplina militare” (all’epoca esiste-va la riparazione anche per la prova finale). Recuperò ottenendo un 8, il voto più alto di una pagella costel-lata di 6 e un paio di 7. Nel frattem-po aveva cominciato a far valere la vena artistica giungendo a pubbli-care vignette su La Domenica del Corriere. Terminati gli studi supe-riori si trasferì a Roma per studiare Legge ma arrivato nella capitale, anziché frequentare l’università, en-trò in contatto col mondo dell’arte (col periodico Marc’Aurelio) e del ci-

nema. Durante gli anni del conflitto oppose sempre un rifiuto al servizio militare fino alla renitenza. In questa condizione, a fine ottobre 1943 con Roma già sotto occupazione nazi-sta, sposò Giulietta Masina. Preparazione, rigore e successoIl palmares è costellato di riconosci-menti. Quattro pellicole conquista-rono l’Oscar come miglior film stra-niero (La strada, Le notti di Cabiria, 8½, Amarcord) e nel 1993, poco pri-ma della morte, ottenne l’Oscar alla carriera. Ritirò la statuetta con paro-le di ringraziamento e una gratitudi-ne speciale per la moglie con l’invi-to a smettere di piangere: “Giulietta, please, stop crying!”. La sua stella non brillò solo a Hollywood: Pal-ma d’oro a Cannes (1960), Leone d’oro alla carriera a Venezia (1985), premio al Festival di Mosca (1987); tributi in Francia, Gran Bretagna e Giappone oltre ai David di Dona-tello e ai Nastri d’argento. La filmo-grafia supera i venti titoli partendo dalla pellicola d’esordio nel 1950 Luci del varietà (diretta insieme ad Alberto Lattuada) fino al capolinea de La voce della luna (1990). Ha di-retto cast eccezionali che insieme alle star comprendevano compri-mari e comparse preparati con mi-nuzia. La propensione all’eccellen-za caratterizzò pure gli staff tecnici insieme ai quali valorizzò al massi-mo il potenziale di Cinecittà, con una dedizione maniacale. Alla base di tutto c’erano preparazione, stu-dio, confronto instancabile coi col-laboratori. Merito del successo va accreditato alle colonne sonore e al rapporto coi compositori, su tutti Nino Rota. Oltre al cinema, si misurò con l’illustrazione, la sceneggiatura, la televisione, la radio, la pubblicità. Era un lavoratore meticoloso, atten-to ai minimi dettagli. La forma è contenutoIl grande Fellini ha connotato la pro-pria personalità anche per uno stile sobrio nella partecipazione alle ma-nifestazioni pubbliche, con rispetto dell’etichetta e dei ruoli di respon-sabilità. Un approccio ben diverso

dall’insofferenza giovanile. Merito della maturazione personale, di anni durissimi forgiati dalla guerra e da sofferenze familiari ma, soprat-tutto, dal nuovo contesto di libertà. Il rispetto è lo stesso valore che muo-ve il regista alla ricerca di volti e di storie d’umanità, di espressioni che concorrono al riscatto degli ultimi e di coloro che sono traditi nelle spe-ranze, nei sogni, negli amori. Anche nei confronti della Repubblica, nel-le sue varie articolazioni, il rispetto è cristallino. Ne è testimonianza il valore da lui accreditato al rapporto con il Capo dello Stato. Gli archivi conservano memorie di incontri, relazioni, eventi (pure proiezioni al Quirinale) durante il quarantennio che va da Giovanni Gronchi a Oscar Luigi Scalfaro, Presidente che rese omaggio al suo feretro nel 1993. Uno scatto memorabile immortalò perfino l’onore e l’entusiasmo con i quali Fellini consegnò il David di Donatello a Sandro Pertini nel 1985. Così come ininterrotto e mai gua-stato da polemiche (che di certo non mancarono!) fu il rapporto con le massime cariche del Parlamen-to e con le forze politiche dell’arco costituzionale. Gli furono conferite onorificenze all’Ordine al merito della Repubblica: Grande ufficiale (1964) e Cavaliere di Gran Croce (1987). La metafora dell’orchestraUna riflessione significativa è offerta dal film Prova d’orchestra, del 1978. La trama. In un oratorio si prepara un concerto sinfonico. A dirigere il complesso è un direttore dal cari-caturale accento tedesco e dai toni perentori. I musicisti appartengono a generazioni diverse, così come differente è l’estrazione sociale. Sul-la scena si muovono anche rappre-sentanti sindacali e un giornalista televisivo che raccoglie interviste, facendo emergere competenze e speranze dei suonatori, insieme a latenti tratti di compiacimento nar-cisistico. Come in un gioco di ten-sioni e riflessi, dalla calma iniziale s’innesca un crescendo di fatica ed emozioni esaltato dalla colon-na sonora di Nino Rota che sfocia

nell’ammutinamento. La conte-stazione prende il sopravvento e diventa caos. Intanto l’edificio co-mincia tremare sotto l’incalzare da colpi sempre più forti provenienti dall’esterno. Nel pieno della bagar-re una gigantesca palla d’acciaio sfonda il muro e uccide una musici-sta. Davanti al cadavere la furia col-lettiva si placa e fra le macerie, con la paura più forte del dolore per la morte, gli orchestrali abbandonano la rivendicazione del diritto e ritro-vano le ragioni del dovere. La prova

ricomincia col direttore che sprona a fare sempre meglio. Attualità dell’esame di coscienzaFellini è un regista universale e le sue opere resistono al passar del tempo. Anche Prova d’orchestra sembra parlare dei giorni nostri. Una chiave di questa permanente capa-cità d’aggiornamento risiede certa-mente nella scelta di affrontare que-stioni legate all’animo umano come quella che intercorre fra senso di

Pubblicità del Museo di Rimini dedicato a Federico Fellini in un parco della città romagnola. Roman Sigaev / Shutterstock.com

responsabilità ed egoismo. Non si tratta d’una lotta fra bene e male ma, piuttosto, d’un esame di coscienza. Delle ragioni profonde che portaro-no a quel film Fellini non fece miste-ro: “Avevo altri progetti, non era ur-gente, non sentivo l’urgenza di fare questo. Non corrispondeva a un bi-sogno. A un certo punto il bisogno l’ho sentito, quando hanno ammaz-zato Moro. Sì, quando ho saputo che avevano ammazzato Moro. Mi fece un’impressione enorme. Ma non il fatto in sé, io me l’aspettavo. Ma il rifletterci su, per capire il senso profondo di quello che era accadu-to e del perché era accaduto. Che cosa avevano voluto fare quelli che l’avevano ammazzato? Che ci era successo a tutti noi che viviamo in questo Paese? Perché eravamo ridotti a questo punto?”. Davanti a un dramma come nelle ore della prova l’orchestra, che sembrava aver smarrito le ragioni del proprio compito, è richiamata a dar prova di responsabilità e di unità.Nella temperie di questo dramma-tico 2020 - stretti come siamo nella trincea di una guerra planetaria che mostra quanto sorprendentemente vasto possa essere lo scenario del-le reazioni umane di fronte a un pro-blema - sembra che la grottesca e assurda Prova d’orchestra parli me-taforicamente del deficit di rispetto che impera nell’attualità, e anche da prima della pandemia. Fra le persone che lavorarono a lungo con Federico Fellini e che gli furo-no amiche c’è lo scrittore, giornali-sta e regista Gianfranco Angelucci che alla domanda sul perché i film di Fellini sono ancora così amati e attuali ha dato questa risposta:

“Perché lui parla di noi, della nostra anima”.

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L’insediamento del Presidente degli Stati Uniti Fra storia, tradizioni e regole, le motivazioni e le caratteristiche di una fra le più importanti cerimonie istituzionali d’America

di Luca Romano

Nel momento in cui scrivo le certezze che fino ad ora pote-vamo dire di avere sono mes-

se in discussione da un virus che in maniera subdola e spietata conti-nua a colpire tutto il Pianeta.

E così, alla vigilia di un (forse) secon-do lockdown ognuno di noi, dal sin-golo cittadino al Capo di Stato, tor-na a fare i conti con l’organizzazione che dovrà (ri)mettere in piedi in vista dei prossimi provvedimenti per il contenimento di questo agente in-fettivo che ha messo in ginocchio il mondo intero.Ci sono cose che però non pos-sono e non devono fermarsi, cose che altrimenti potrebbero mettere in discussione la natura stessa di un sistema chinando di fatto il capo di fronte ad un nemico infimo quale il virus e a coloro che potrebbero ricercare un vantaggio speculati-vo dalla situazione. “Never give up”, mai rinunciare, o comunque battersi finché esiste una chance di ottenere quello che ci si prefigge: questo è un modo di approcciare le cose che ho particolarmente apprezzato tra la popolazione americana, per la qua-le esiste forse ancora quella libertà di sognare, provare, pensare che qualsiasi cosa può essere ancora raggiunta, basta volerlo (approccio oserei dire “romantico” ma decisa-mente affascinante e rincuorante).

Tra mille diatribe, scontri, campagne elettorali virtuali e difficoltà organiz-zative, una certezza gli abitanti del-la “land of the free and the home of the brave” la hanno: il cammino per l’elezione del loro Presidente, non importa quale sia la situazione ge-nerale, non si ferma.E così alle ore 12:00 in punto di mar-tedì 20 gennaio 2021 l’America avrà il suo Inauguration Day ed il Suo Pre-sidente, riconfermato o neo-eletto che sia, pronuncerà queste parole:

“I do solemnly swear thatI will faithfully execute the Office of the President of the United States, and will do the best of my Ability, preserve and defend the Constitution of the United States”.Con questa formula, l’uomo ricono-sciuto come il più potente del Piane-ta, diventa Presidente degli Stati Uniti d’America e, da lì a poco, farà il suo ingresso ufficiale al n. 1600 di Penn-silvanya Avenue. Un impegno politi-co lungo un quadriennio, rinnovabile, capace di alterare gli equilibri mon-diali ovvero di dettarne dei nuovi.La cerimonia di insediamento presi-denziale desta da sempre una certa curiosità tra cerimonialisti, organizza-tori di eventi e addetti ai lavori per il fatto di essere regolamentata da un forte elemento tradizionale che mai è però sfociato nella stesura di un protocollo. Va da sé che tale situazio-ne lascia un certo margine di discre-zionalità tanto al Presidente eletto

quanto al JCCIC (Joint Congressio-nal Committee on Inaugural Cere-monies), comitato incaricato dal 1901 dell’organizzazione e dell’ese-cuzione delle cerimonie di inaugura-zione e giuramento del Presidente e Vice Presidente degli Stati Uniti. Corre l’obbligo tuttavia di sottoline-are che storicamente laddove il neo

“Commander in Chief” abbia deside-rato o dovuto inserire/modificare ta-luni aspetti della propria cerimonia di insediamento, si è sempre tratta-to di cambiamenti determinati dalla situazione contingente ovvero rife-riti a particolari elementi evocativi.La famosa Carta che esordisce con “We the people” a sottoline-are in maniera dirompente che è il popolo americano a governare se stesso, prevede esclusivamen-te il momento in cui il giuramento debba avvenire (ore 12:00 del 20 gennaio successivo all’Election Day) e le parole che devono essere pronunciate per dar validità all’atto. Vedremo comunque a breve che la stessa formula viene generalmente modificata in senso estensivo. Non c’è invece menzione alcuna rela-tivamente al luogo in cui tale ceri-monia debba essere celebrata, né tantomeno nelle mani di chi il giu-ramento debba essere proferito, o, ancora, se debba essere utilizzato un testo sul quale adagiare la mano sinistra durante il giuramento.

Questi ed altri aspetti, sapientemen-te alterati e combinati,danno vita ad una simbologia che cela già in se le linee guida della nuova presidenza.Come poc’anzi affermato la formu-la recitata durante l’Inauguration Dayè stata integrata nel tempo con la frase “So help me God” a conclu-sione della stessa. Queste parole benché non contemplate nel rito previsto dal XX Emendamento del-la Costituzione, sono di fatto entra-te a far parte della prassi non sen-za rilievi da parte della comunità (votante) non religiosa. Con l’avvio della presidenza Obama si è infatti assistito al montare di un vero e pro-prio caso giuridico che aveva come punto centrale proprio queste paro-le: Michael Newdow, attivista ateo, mise in dubbio la legittimità del rito arrivando alla Suprema Corte di Giustizia che, dopo la Camera di Consiglio, non ritenne comunque di dover accogliere il ricorso.La prima volta che il “So help me God” venne fatto seguire alla formula ufficiale di sworn-in, fu nel 1881, più precisamente il 22 settembre, in occasione della ce-

rimonia di insediamento del 21° Presidente, Chester Arthur, avve-nuta a seguito della morte improv-visa del 20° Presidente James Garfield, Repubblicano dell’Ohio, ferito a morte da un colpo di arma da fuoco il 2 luglio 1881 che lo tenne in agonia per 79 giorni e lo fece scomparire dopo poco più di 6 mesi e mezzo alla guida della Nazione.Il contesto particolarmente inten-so indusse l’allora Vice Presidente Arthur, figlio di un predicatore bat-tista emigrato dall’Irlanda del Nord, ad affidarsi all’aiuto di Dio affinché Egli lo guidasse nelle proprie de-cisioni, e che lo proteggesse da attentati da parte degli oppositori. Scritta nel 1787 (ratificata nel 1788 ed operante dal 1789), la Costituzione Americana prevede-va lo svolgimento della cerimonia dell’insediamento presidenziale nel mese di marzo successivo alle elezioni. Questa articolazione era tuttavia foriera di incomprensioni e tensioni, talvolta capaci di mette-re in discussione anche la tenuta del Sistema stesso.

Il presidente Ulysses Grant nella processione

dalla Camera del Senato alla Rotonda del

Campidoglio (Capitol Hill).

Foto Library of Congress

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Due episodi possono essere ricor-dati quali emblematici. Il primo è riferibile all’inverno suc-cessivo l’elezione del 16° Presiden-te, Abraham Lincoln, nel quale il Presidente eletto dovette assistere inerme alla conquista di arsenali e forti federali da parte delle truppe secessioniste. Quando subentrò ufficialmente a James Buchanan, la Guerra Civile sembrava persa ancor prima del suo inizio. Il secondo caso invece è più recen-te nel tempo e coinvolge il passag-gio di consegne tra il Presidente Herbert Hoover e Franklin Delano Roosevelt. I due avevano rapporti ri-dotti, le vedute erano diverse e i cit-tadini americani anelavano per una decisione importante che ridesse la Speranza nel periodo della grande Depressione.

Nel 1933 venne quindi deciso di in-serire un emendamento nella Costi-tuzione, il XX appunto, che limitas-se sensibilmente il periodo di “lame duck” portandolo dal 4 marzo al 20 gennaio successivo all’elezione.Capitol Hill, più precisamente il West Fronté il luogo che associa-mo maggiormente all’Inauguration Day, tuttavia non é sempre stato così per ragioni che variano da cir-costanze fortuite all’indisponibilità dei luoghi, a precise scelte del neo eletto Presidente. Penso sia inte-ressante notare che ad oggi sono state realizzate 72 cerimonie di giu-ramento a fronte di 45 Presidenti e la motivazione sta nel fatto che alcuni Presidenti hanno giurato più volte. La Costituzione infatti indica chiaramente il 20 gennaio quale data del giuramento, ma quando

tale data capita di domenica, il Pre-sidente giura una volta in forma pri-vata il 20/01 e successivamente in forma pubblica il primo giorno utile della settimana. Il Presidente Hayes, nel 1877, Wil-son, nel 1917, Eisenhower, nel 1957 e Reagan, nel 1985, sono al-cuni esempi.

Vi é poi un’altro motivo che é lega-to alla prematura scomparsa dei Presidenti in carica. Un esempio é certamente quello del Presidente Arthur che dovette giurare nel 1881, dopo l’assassinio del Presidente Garfield, prima privatamente nella sua residenza a Manhattan, New York City, e successivamente a Ca-pitol Hill.Diverse sono state le locations del-le cerimonie di giuramento, e più precisamente:

• Parlamento (55 occasioni) - Portico Est - 34 - Camera dei Rappresentanti - 6 - Camera del Senato - 3 - Terrazza Ovest - 8 - Terrazza Est - 1 - Stanza Presidenziale - 1 - Rotunda - 1 - Stanza del Vice Presidente - 1

• White House - 6 • Old Brick Capitol- 1 • Washington, D.C. (non nel Parla-

mento o alla White House) - 2 • Fuori Washington D.C. - 7

George Washington, giurò nel 1789 in New York, mentre il primo ad aver

“assunto” il comando a Capitol Hill fu Thomas Jefferson nel 1801. Il primo a decidere di portare la cerimonia di insediamento alla White House per dare lustro maggiore alla figura pre-sidenziale fu Hayes nel 1877. Il Pre-sidente Calvin Coolidge nel 1923 fu raggiunto invece dalla notizia della propria elezione mentre era in visita al padre nel Vermont, e lì, in una bai-ta di montagna illuminata da una candela, prestò il suo giuramento in forma privata nelle mani di suo padre che era un funzionario giudi-ziario. Lyndon Johnson nel 1963 di-ventò Presidente sull’Air Force One a seguito dell’assassinio di John Fitzgerald Kennedy. Ronald Regan nel 1981 fu il primo ad utilizzare la Terrazza dell’ala Ovest di Capitol Hill per la cerimonia di insediamento. Nel 1985, invece, lo stesso Reagan decise di spostare la cerimonia nel-la Rotunda di Capitol Hill.Sulla necessarietà che il Presiden-te abbia con sé durante la cerimo-nia un testo particolare e che sia il

Capo della Corte Suprema di Giu-stizia ad amministrare il giuramento si é discusso molto e, anche in que-sto caso, é la tradizione a fornirci spiegazioni.Il primo Inauguration Day venne amministrato da Robert Livingston, cancelliere dello Stato di New York, il quale, per rendere il momento an-cora più solenne, nel momento del giuramento alzò la Bibbia ed il Pre-sidente eletto, George Washington, le si inchinò e la baciò, dando il via da allora alla tradizione di utilizza-re la Bibbia e di far amministrare la cerimonia ad un giudice. Curioso notare che dovette essere presa in prestito una copia del “Libro dei Libri” dalla vicina loggia massoni-ca di Saint John dal momento che nessuna ne era stata trovata nella Federal Hall. Nel 1793 Washington giurò nuovamente in occasione del suo secondo mandato sempre su una copia della Bibbia e sempre nelle mani di un giudice costituzio-nale, William Cushing, questa volta in Philadelphia mentre la capitale era ancora un grosso cantiere.Il primo a modificare la tradizione non baciando la Bibbia fu il Presi-dente Pierce nel 1853 mentre tanto il Presidente Adams quanto il Pre-sidente Roosevelth non inserirono proprio il Libro nella cerimonia. Le ragioni per quanto attiene Roose-velth non sono ancora chiare men-tre lo sono invece per John Quincy Adams, figlio del Presidente John Adams, che nel 1825 decise di pre-stare la sua formula di giuramento su un testo di legge marcando il fat-to che non dovevano esistere bar-riere di fede religiosa e che sarebbe stato il Presidente di tutti indipen-dentemente dal credo.In effetti l’Articolo VI della Costitu-zione Americana recita che “no reli-gious Test shall ever be required as a Qualification to any Office or pu-blic Trust under the United States”.Dwight D. Eisenhower con l’elezio-ne del 1953 ruppe un altro cliché recitando una preghiera invece di baciare la Bibbia.Per andare a tempi a noi più vicini, il Presidente Obama in occasione della sua seconda cerimonia di in-

sediamento decise di prestare giu-ramento su non una ma due Bib-bie: una appartenuta al presidente eroe della Guerra di Secessione, Abraham Lincoln, ed una a Martin Luther King. Jr, leader indiscusso del movimento per i diritti civili della popolazione afro-americana assas-sinato a Washington D.C. nel 1968.Sarà interessante vedere se il pros-simo 20 gennaio il Presidente op-terà per una cerimonia che richiami la tradizione oppure voglia sin da subito dare un segno di novità ri-spetto al passato.

I presidenti Harry Truman e Dwight Eisenhower sulla vettura che li porterà a

Capitol Hill per l’Inauguration Day.

Foto Library of Congress

Pagina a fianco.Capitol Hill, il luogo tradizonale

dell’Inauguration Day.

Nel segno della tradizione Uno dei temi che ha maggior-

mente attirato l’attenzione nei mesi scorsi è stato quello dell’e-lezione del Presidente degli Stati Uniti. L’Election Day, così viene definito il giorno delle elezioni pre-sidenziali americane, si è svolto il 3 novembre scorso in un clima segnato dalla pandemia da coro-navirus, ma sempre rispettando la tradizione: negli Stati Uniti infatti non si vota mai nei weekend, ma di martedì. Questo perché la do-menica era riservata alle funzioni religiose, e il lunedì era conside-rato necessario per il viaggio da affrontare per raggiungere le sedi elettorali. Il mandato presidenziale, di quattro anni, inizia il 20 gennaio dell’anno successivo a quello del-le elezioni.

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Tanto di cappello di Rossella Parrinello

Il saluto, nelle sue variabili moda-lità, è esistito in tutte le epoche e rappresenta una forma di consi-

derazione e comunicazione fra indi-vidui. Può essere familiare, formale, di cortesia o d’intesa, ma racchiude sempre un doppio e antitetico con-cetto: accoglienza e commiato, arri-vo e partenza, aspettative e abban-dono. Può essere intimo o sociale, gestuale o verbale, ma si rifà in ogni caso a precisi rituali, tanto più core-ografici e standardizzati quanto più ufficiale è l’occasione di incontro.La famosa stretta di mano che gli an-tichi greci chiamavano dexiosis nac-que per eludere la diffidenza tra le

parti e mostrare palesemente che le mani, specialmente la mano destra, fossero sgombre da oggetti contun-denti. Per un certo periodo andò in voga addirittura la stretta dell’avam-braccio,a testimoniare che anche il sottobraccio non nascondesse pericoli. Dagli antichi greci questa pratica, tra alti e bassi, si diffuse in va-rie parti del mondo e già nel secolo scorso si cominciarono a codificare i primi (variabili) precetti relativi alle modalità di comportamento per le forme di saluto. Oggi come ieri, sa-per stringere bene la mano signifi-ca(va) dare, in pochi secondi, una prima immagine di sé.

Di strette di mano storiche se ne annoverano parecchie, come per esempio quella che si dice avvenne a Teano tra Giuseppe Garibaldi e Vit-torio Emanuele II, quelle documen-tate tra Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov o tra Nelson Mandela e il presidente sudafricano De Klerk. Famosa anche la scena del saluto tra l’allora neo Presidente degli Sta-ti Uniti d’America, Obama, nella sua prima visita al veterano Imperatore del Giappone Akihito, suggellata da una foto apparentemente incom-prensibile, che fece il giro del mondo. La foto ritrae il Presidente che saluta l’Imperatore usando contempora-

neamente inchino e stretta di mano. Superfluo sottolineare lo stupore dei rispettivi cerimonialisti di fronte alla scena che violava protocolli ben noti a tutti i partecipanti: Obama sa-peva di dover salutare l’Imperatore con un inchino e mantenendo una certa distanza; Akihito, avvezzo a questo ruolo, era consapevole di dover applicare il solito rituale, ri-spettoso delle rigide formalità. Ma al momento dell’incontro istituziona-le, di fronte alle telecamere di tutto il mondo, l’Imperatore, vestito con impeccabile doppio petto, ritenne di omaggiare l’importante ospite con un contatto fisico. Così, mentre

il Presidente era chino rispettando il saluto nipponico si trovò davanti la mano dell’Imperatore che riuscì, imbarazzato, a stringere timidamen-te. Il Presidente Obama, sorpreso e spiazzato in quell’occasione, può comunque vantare l’ispirazione del-la modifica protocollare giapponese che da allora si applica in occasione delle visite di Capi di Stato o perso-naggi di un certo rango. Situazione magistralmente descritta da Massi-mo Sgrelli, che evidenzia come an-che le modifiche protocollari abbia-no sempre una motivazione.Della stretta di mano ha parlato Tri-lussa che, preconizzando quanto

tutti noi abbiamo vissuto negli ultimi mesi, manifesta in una sua poesia le perplessità circa questa diffusis-sima usanza. Si pensi, in ambito reli-gioso, al “segno della pace” (ahinoi in questi tempi abolito). O al saluto militare, ostentato e articolato, fina-lizzato a manifestare la propria defe-renza a un’autorità,a un superiore o anche a un simbolo (per es. il saluto alla Bandiera). Per non parlare dei

“saluti con”: la bandiera, la tromba, la sirena, i colpi di cannone, che spesso coincidono con cerimonie istituzionali. Molti di questi, con la loro spiccata ritualità, catalizzano l’attenzione degli astanti, facendoli talvolta emozionare proprio in virtù della disciplina e della preparazione che ne sta a monte.Tra i saluti sportivi quello che si usa nella scherma è uno tra i più antichi, gesto obbligatorio di signorilità e cavalleria che veniva eseguito an-che prima dei confronti mortali. Si racconta che gli spadaccini, alla fine del duello, davanti all’avversario uc-ciso, eseguivano un solenne e com-pleto saluto di scuola. Uno dei com-miati più eclatanti in ambito sportivo è stato espresso da due atleti afroa-mericani saliti sul podio dopo aver vinto la finale dei 200 metri a Città del Messico durante le olimpiadi del 1968: Tommie Smith e John Carlos, infatti, in attesa di ricevere, rispettivamente, la medaglia d’oro e d’argento, manifestarono la loro pro-testa contro la segregazione razziale alzando il pugno guantato di nero al suono dell’Inno americano.Ciao, amen, namaste, goodbye, au revoir: in qualsiasi forma si manifesti, il saluto rimane sempre un atto di educazione diffuso in tutto il mondo. Da “Ave Cesare” alle incerte moda-lità dei nostri giorni, anche la storia del saluto conferma che le regole di galateo e cerimoniale mutano e si adeguano ai cambiamenti. Per questo, in seguito alla pandemia, dopo un teatro prossemico iniziale quanto mai imbarazzante, tutti au-spichiamo che si istituzionalizzi un garbato movimento comune, che, rispettandole distanze fra i corpi, continui a manifestare attenzione per il prossimo.

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Tutti a dare del tu Ma così si sprecano parole. E dietro una finta familiarità si rischia l’insulto. Come ci si rivolge al prossimo: il lei è un gesto lessicale di pudore e di rispetto per l’altra persona. E non esclude né stima né affetto. La forzatura del tu invece rende simili tutte le relazioni umane, e le svuota di senso

di Antonio Galdo

(Articolo pubblicato nell’editoriale del 10 ottobre 2020 sul sitowww.nonsprecare.itSi ringrazia per la gentile concessio-ne)

Entri in un negozio e la commes-sa, che non abbiamo mai visto nella nostra vita, ci accoglie

con domande dirette e precedute da un secco tu. Come se fossimo fratelli, o amici di vecchia data. Stes-sa scena al bar. O in strada quando ci viene chiesta un’informazione: il tu, in questo caso non viene nean-che preceduto da un rituale «per favore» o «mi scusi». Tutto diretto, tutto immediato.

Abuso del tuQuante volte vi è capitato di restare piuttosto sconcertati di fronte alla facilità con la quale una persona, appena conosciuta, passa imme-diatamente a darvi del tu? Oppure vi scrive una mail come se fosse un fratello, una sorella, un cugino di primo grado? Tante, ne siamo convinti. Così come è evidente lo spreco che sottintende un atteg-giamento di questo genere: una perdita di senso e di significato delle parole. A partire dalle più utili ed essenziali nei rapporti di buona creanza, buona relazione umana, buona capacità di creare una sana empatia tra le persone. Le basi del-la civiltà dello stare insieme, in uno stile di vita davvero sostenibile.Dare del tuNon facciamo i nostalgici. E accet-tiamo di buon grado alcuni cambia-menti, anche nel linguaggio corren-te: non serve a nulla rimpiangere

l’epoca nella quale i figli davano del voi, un rispettoso voi, perfino ai ge-nitori. Il mondo è andato avanti ed è bene che sia così. Ma c’è un limite, invalicabile, da non attraversare, ov-vero il sovvertire ciò che appartiene di diritto a un eterno galateo e an-che a una componente fondamen-tale dell’educazione, individuale (si chiamano buone maniere) e collet-tiva (si definisce “civica”). Come ci si rivolge al prossimo.Capita sempre più spesso: cono-sciamo una persona e dopo po-chi minuti, zac, inizia a darci del tu. Come se appartenessimo a una delle tre categorie alle quali que-sto pronome così informale viene riservato per consuetudine e per galateo: familiari, amici, colleghi stretti di lavoro. Allo stesso tempo, e con un percorso inverso, il lei, ge-neralmente destinato ai rapporti più formali, sta diventando sempre più sporadico, mentre il voi, che pure aveva una sua musicalità e una sua interpretazione non solo lessicale (il grande rispetto per l’altro), è pra-ticamente scomparso.

Importanza di dare del LeiQuesto gioco dell’oca con i prono-mi più usati nel corso della nostra vita quotidiana, altro non è che un ennesimo segno di un imbar-barimento della lingua parlata, del quale abbiamo ragionato in altre occasioni. L’italiano si sta sempre più eclissando, e questa stretta e inconsueta familiarità di rapporti, subito regolati dal tu, ne traccia ine-sorabilmente il declino.Il lei innanzitutto è un gesto di pudo-re e di rispetto per l’altra persona. È

un modo delicato non per marcare le distanze, ma semmai per rafforza-re un legame appena costituito. La forzatura del passaggio immediato al tu fa evaporare questa chimi-ca delle relazioni umane e riduce tutto a un’indistinta marmellata di rapporti. Dove non esiste più alcu-na gerarchia di affetti, di amori, di considerazioni.

Dare del tu maleducazioneIl lei non esclude la stima per l’altro, e tantomeno sentimenti più intensi. Ho un carissimo amico, uno dei più cari della mia vita, al quale sono legato da circa trent’anni, e con il quale ci rivolgiamo, reciprocamente, ancora dandoci del lei. È un nostro codice di affetto, un segno unico e distintivo del legame speciale che ci unisce. Un modo per rimarcare la sua unicità.La deriva del tu, ovviamente, è stata forzata anche dall’invasione tecno-logica e dall’aumento esplosivo di quelle comunicazioni sul web, dalla mail al messaggio elettronico, che iniziano di solito con un generico

‘Ciao’. Un modo anche piuttosto rozzo di salutarsi e di introdursi tra Io-utenti più che tra persone: come il tu a raffica, che ci rende tutti più uguali, ma anche tutti più separati.Umberto Eco, che di lingua scritta e parlata se ne intendeva, a proposito dell’esagerato e sprecone uso del tu, lo definiva come «una finta fami-liarità che si trasforma in un insulto». Ecco, chi esagera con il tu sta trava-licando un confine del linguaggio ed è entrato nel territorio degli insul-ti. Garbati, ma sempre insulti.

Epidemie nella storia:1656, la peste a Roma Viaggio nelle disposizioni sanitarie e nelle misure per contenere i contagi, che hanno avuto molti punti in comune con quelle attraverso le quali, ai giorni nostri, si tenta di combattere la diffusione del coronavirus

di Federica Proni

I cambiamenti che stanno condi-zionando la nostra vita, sia quel-la di tutti i giorni, che quella che

riguarda la vita istituzionale dello Stato e delle sue più alte cariche, a causa dell’avvento del COVID-19, sembrano del tutto nuovi, quasi fossero decisi per la prima volta nella storia. Le vicende italiane non sono digiune di epidemie, alcune verificatesi anni fa, altre in epoche troppo lontane da essere raccon-tate di persona. La peste, nel 1656, condizionò la vita dei romani, i quali dovettero subire delle restrizioni emesse dalle autorità, in forma di editti, bandi e notificazioni, curioso a dirsi, molto simili a quelle che stia-mo subendo noi oggi nel mondo.

Premessa necessariaQuello che accadde nella metà del 1600, l’arrivo della peste, ha delle dinamiche ben diverse dalla diffu-sione che ha il Coronavirus. Non si diffondevano le notizie attraverso internet, non si sapeva molto di

L’Editto “Sopra la dispensa d’alcuni giorni

della Quaresima”, una dei 245 tra editti e

bandi, pubblicati nella Roma Pontificia durante

la peste del 1656-57.

Su concessione della Sovrintendenza Capitolina ai Beni

Culturali – Archivio storico capitolino”.

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APPROFONDIMENTI APPROFONDIMENTI

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come guarire la malattia, se non an-dando a tentativi, e le decisioni che venivano prese erano talvolta arbi-trarie, a discrezione del potere citta-dino, come anche le punizioni per i disubbidienti. Pertanto, vi propo-niamo un viaggio nelle disposizioni sanitarie della peste a Roma, e ve lo proponiamo come un’esposizione di misure per contenere la diffusio-ne, che hanno avuto molti punti in comune con i nostri DPCM, che ci troviamo a rispettare da febbraio 2020.

Incarico alla Congregazio-ne di SanitàNel 1656, ci troviamo in una Roma Pontificia, governata da Papa Ales-sandro VII, che al momento della notizia si trova fuori città. Appena saputo del contagio, fa riattivare la Congregazione di Sanità, creata in precedenza per emergenze sanita-rie, e da 4 che erano i componenti ne nomina altri 14, per controllare la diffusione del virus.Già questo ci ricorda qualcosa, quando con il DPCM 5 febbraio 2020 viene istituito un Comitato tecnico scientifico, composto da esperti e qualificati rappresentanti di Enti e Amministrazioni dello Stato, a supporto del Capo della Protezio-ne Civile, a sostegno dell’emergen-za epidemiologica da COVID-19.

Divulgazione restrizioniLe condizioni igieniche piuttosto malsane di alcuni rioni di Roma, ob-bligarono le autorità capeggiate da tribunali e dalla Congregazione di Sanità, già citata, ad imporre rigide regole per rispettare il distanzia-mento e per ottemperare a tutte le misure precauzionali, per non dif-fondere la malattia. La divulgazione di queste restrizioni avveniva con l’affissione di editti e bandi, in quel periodo furono ben 245, nei luoghi più visibili di ogni rione, attraverso i quali la cittadinanza veniva messa a conoscenza delle regole da ri-spettare, a partire dal quarto giorno di affissione del bando. Niente tele-giornali, dunque, dirette Facebook del Presidente del Consiglio, o pub-blicazioni sulla Gazzetta Ufficiale,

solo un foglio stampato affisso in piazza.Le pene per chi non rispettava que-ste disposizioni erano molto severe, dalla forca alla “confiscatione dei beni”, il tutto a discrezione degli incaricati della Congregazione di Sanità.

Stato di isolamentoPer arginare il diffondersi del virus, un modo efficace, all’epoca, sembra-va essere l’isolamento. Diverse furo-no le pratiche adottate per isolare le persone e le attività commerciali.

1) Chiusura delle attivitàVennero subito sospese le attività commerciali con il Regno di Napo-li, blocco esteso anche a chiunque arrivasse dal Regno, per poi chiude-re i contatti con Civitavecchia, Net-tuno e altre città limitrofe, diventate ormai cosiddette “zone rosse”.

2) Sospensione dei TribunaliCon l’Editto per la Sospensione dei Tribunali, del 1656, venne deciso che “Sino sotto li 25 Giugno furno sospesi i Tribunali con altra dichia-razione publicati alli 9. di Luglio, à fine che si evitasse con l’adunan-ze, & multiplicità delle Persone il pericolo, che da esse ne potesse risultare. Et perché si puo temere in questi ultimi giorni dell’Autunno più che in altro tempo qualche danno alla publica salute dalle unioni delle Persone”.

3) Chiusura di TrastevereNella notte tra il 22 e il 23 giugno 1656, tre cardinali con soldati e ope-rai, per ben 9 ore di fila, eressero un muro che chiudeva, circondandolo, il rione Trastevere. Questa decisio-ne drastica fu presa a seguito della certezza dei primi morti di peste, in una locanda di quel quartiere roma-no, da cui speravano non uscisse più il virus. Di fatto, era già uscito.

4) Chiusura del GhettoStessa sorte toccò al Ghetto de-gli Ebrei. Il 18 luglio 1656, venne emanato un Editto e prouisioni per Ghetto degli Hebrei, il quale recita-va: “dovendosi serrare le porte del

Ghetto degli Hebrei per cause, che riguardano la publica salute” era disposto “che nessuno dei suddetti Hebrei del recinto possa uscire, ò di dentro hauer commercio, ò manda-re ò riceuere robe, ò lettere se non per la porta del rastello […] e l’istes-sa prohibitione s’intenda per li Chri-stiani, & Hebrei, che sono di fuori.”

I bollettini di Sanità (le future Autocertificazio-ni del 2020)Non era consentito muoversi da Roma, se non muniti di “bollettini di sanità”, che non erano altro che le nostre autocertificazioni, introdotte nei primi mesi della Fase 1 del 2020. In realtà, furono già introdotte nel 1579, ai primi segnali di peste nella città di Genova, attraverso un ordi-ne da far rispettare a chiunque vo-lesse accedere a Roma, che doveva presentarsi con “fedi autentiche di Sanita in Stampa continenti il nome, cognome, patria, età, effigie, et line-amenti di esse, con segni et contra-segni evidenti, et il luogo donde si siano prima partite, et quelle revi-ste dalle guardie deputate alli falsi, alla pena di cinquanta feudi d’oro da pagarsi inremissibilmente”. Nel 1656 un bando recita “si procurerà, dove si potrà facilmente, che li bol-lettini siano stampati lasciandovi lo spatio di scrivere a mano li nomi, e contrasegni delle persone, & il gior-no […] si ponga il Sigillo dell’Arme della Città.” E ancora “li bollettini e fedi si diano gratis, ne si possa pi-gliare per essi cosa alcuna […] sotto pena della galera per sett’anni, e di scudi trecento.” E, si precisava, sempre nel 1656 Rinovatione er aggiunta Di alcuni Bandi fatti per la Sanità “che sotto la detta pena nelle Bollette si esprima non solo il luogo, donde la persona parte, ma anco quelle, al quale è incaminata […], fatto pena della Galera, & anco della vita”.

Qualcosa di già sentito …Era previsto il divieto di assembra-mento nei locali dove si mangiava, stabilendo “che gl’Hosti non possi-no fare stare più di quattro per tavo-la nelle loro Hostarie”.

Quando si diffuse la notizia della peste, la città di Roma si svuotò dei suoi abitanti. Il 19 giugno 1656 par-tirono da Roma migliaia di persone, si stima diecimila, per poi tornare alla popolazione prima della peste solo nel 1672.Chiunque veniva trovato conta-giato doveva restare a casa o nei lazzaretti, e non avere contatti con nessuno per 40 giorni.

CuriositàIn un editto è stato ritrovato il divieto di mutarsi il nome, in Roma e in ogni suo distretto. Per vietarlo, vuol dire che era una pratica diffusa, illegale, per sfuggire ai controlli della legge che verificavano, con elenchi detta-gliati, tutti i residenti dei rioni e delle loro condizioni fisiche. Chiunque venisse trovato positivo alla peste doveva essere rinchiuso nel lazza-retto, e sfuggire a questo obbligo era reato.Nel caso in cui si trovasse traccia di persone con la peste, veniva affis-so un cartello con la scritta SANITÀ sulla porta di casa. Oggi sarebbe impensabile, ragionando secondo i principi del Regolamento europeo per la Privacy. Stava ad indicare la presenza di peste in quella casa, sbandierando a chiunque vi pas-sasse davanti, le condizioni di salu-te degli abitanti. In un editto del 27 luglio 1656 veniva stabilita la pena di morte a chiunque lo togliesse.Era fatto divieto assoluto di portare in giro cani e gatti, come descritto da un bando del 1656 “che ogn’u-no tenga li cani, & gatti in casa, & che quelli si troveranno fuori di casa del Padrone vagando si ammazzino da chi se sia, & che in oltre in pena si paghi un testone dal Padrone di essi.” Agli animali domestici si attri-buiva la possibilità di diffondere il virus, per noi sono stati una via di fuga per respirare aria fuori casa, nel periodo della chiusura totale.Un bando del 1656 recitava “che niuno possa né entrare, né fermar-si di notte, né pernottare in casa di Cortegiane, sotto pena di scudi 25 & altre pene, etiam corporali ad ar-bitrio”. Di giorno era consentito, di notte assolutamente no.

Nonostante fossero vietate tutte le cerimonie pubbliche sia di carattere religioso che laico, si permetteva la partecipazione popolare alle esecu-zioni, per scoraggiare i disubbidienti.

Cerimoniale e protocolloAi diplomatici era permesso muo-versi in città solo con carrozze co-perte, senza segni distintivi e senza accompagnatori o popolo al se-guito. Questo feriva l’orgoglio dei custodi di cariche istituzionali o re-ligiose, i quali vedevano sminuire il loro potere e il loro prestigio.

Carlo Maratti, 1656 circa. Santa Rosalia intercede per le vittime della peste a Palestrina (Roma).

Harry G. Sperling Fund, 1985. The Metropolitan Museum of Art, New York. CC0 1.

L’8 settembre 1657 Papa Alessan-dro VII emanò un editto, nel quale si dichiarava ufficialmente debella-ta la peste, a poco più di un anno dalla sua comparsa a Roma. Che presto ci sia un annuncio ufficiale della fine del COVID-19, senza più disposizioni sanitarie, è la miglior speranza che possiamo coltivare per il benessere di tutti.

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ETICHETTA IN BIBLIOTECA ETICHETTA IN BIBLIOTECA

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Le pubblicazioni ANCEP nelle biblioteche

L a rivista Cerimoniale Oggi è stata inserita nel catalogo online della Biblioteca Universitaria di Bologna. Si tratta di un risultato di grande importanza, che fra l’altro riconosce il valore del periodico anche dal punto di vista scientifico e accademico.

Le pubblicazioni ANCEP, compresa naturalmente la rivista, sono presenti anche nel Catalogo del Servizio Bibliote-cario Nazionale, e in altre importanti Biblioteche come quelle della Biblioteca del Consiglio regionale della Regione Friuli Venezia Giulia e del Comune di Garlasco.Altri Enti eventualmente interessati a ricevere le pubblicazioni ANCEP per metterle a disposizione degli utenti nelle rispettive Biblioteche possono farne richiesta scrivendo a [email protected]

Non facciamo cerimonie! A spasso nelle vicende del protocollo di Stato di Enrico PassaroEditoriale Scientifica

L’ autore è il Responsabile dell’Ufficio del Cerimoniale di Stato e per le Onorificenze e ha scritto il libro prendendo spunto dalla sua impor-tante carriera, durante la quale ha curato il cerimoniale per ben sei

Presidenti del Consiglio.Una visuale privilegiata, dunque, da cui ha attinto le numerose esperien-ze che costituiscono il fulcro del volume, suddiviso in quattro sezioni. La prima, una sorta di ripasso di educazione civica vissuta, è intitolata “Tra regole e prassi, cerimoniando e protocollando”. Vi si illustrano riti e tradi-zioni istituzionali consolidate, come il passaggio della campanella tra il Presidente del Consiglio uscente e quello entrante, le procedure per l’in-sediamento di un nuovo Governo, l’uso corretto della bandiera e dell’inno nazionale, ma anche le battaglie tra vip per il “piazzamento” e la conquista dei posti migliori nelle cerimonie ufficiali, ad uso della storia ma anche dei fotografi. Nella seconda parte, “Dentro la storia e le tradizioni - Cerimonian-do nella memoria”, si ripercorrono episodi accaduti durante eventi, cele-brazioni, feste nazionali e così via. La terza parte intitolata “Protocollo ma non solo - Cerimoniando in allegria” contiene episodi divertenti accaduti durante gli incontri ufficiali. Il libro si conclude con un’appendice estrema-mente attuale su “Usi e costumi e cerimoniale al tempo del coronavirus”.

La dote e le sue carte di Federica ProniLampi di Stampa Edizioni

Il rito del matrimonio ha lasciato segni nella storia italiana, testimonianze di pra-tiche legate ad una società in continua evoluzione. Le carte di dote ne sono una traccia evidente, soprattutto quelle arrivate a noi attraverso i notai, che ne

hanno raccolto e conservato la memoria. Questi documenti raccontano una storia che coinvolge due famiglie, quelle degli sposi, che si accordano per uno scambio patrimoniale ai fini del matrimonio da combinare. Il libro racconta di una tradizione, che non ha nulla di romantico, ma va letta come pura analisi storica di un fenomeno sociale ed economico del Centro Italia, dalla fine del Settecento all’Unità d’Italia, in un paesino dell’Abruzzo, attraverso una meticolosa esposizione da tesi di laurea.

Come usare le parole giuste in qualsiasi occasione Ovvero l’arte delle buone maniere in conversazione e in società di Samuele BriatoreNew Compton Editori

Esprimersi con efficacia è alla base della convivenza sociale. L’arte del parlare non è solo un modo per farci capire dagli altri, ma è l’insieme di regole che stanno alla base di una buona conversazione, così come di un discorso pub-

blico di successo. Ma che cosa contraddistingue un bravo oratore? Quali sono le norme di cui è bene tenere conto quando parliamo? Il libro è una guida essenziale alle buone maniere della comunicazione: partendo dall’analisi del contesto in cui ci troviamo, passando per le origini del racconto e la sua funzione sociale, fino all’im-postazione della voce e della postura a seconda delle situazioni. Senza tralasciare, ovviamente, l’importanza delle emozioni come elemento essenziale di una con-versazione, in grado di scatenare empatia in chi ascolta. Un percorso approfondito nell’affascinante mondo della retorica, per imparare a dominare tutti gli aspetti del parlare e trovarsi a proprio agio in ogni situazione.Le buone maniere della comunicazione dalla conversazione privata al discorso in pubblico.Comunicare con gli altri è un bisogno essenziale: nel lavoro, con gli amici, in occa-sioni ufficiali e nella vita di tutti i giorni. Tutti possono diventare degli ottimi comuni-catori, basta volerlo!

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NOTIZIE IN PILLOLE NOTIZIE IN PILLOLE

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Balzo delle competenze digitali durante il lockdown

Il lungo periodo trascorso in casa durante il lookdown la scorsa primavera è stato certamente un enorme sacrifico ed espressione di un dramma collettivo, ma qualcosa di buono,

Vuoi un lavoro? Vestiti in blu!

S ono molteplici i contesti in cui l’apparenza conta. Uno di questi è senz’altro costituito dagli incontri per i collo-qui di lavoro, dove la scelta degli abiti dei candidati, in-

sieme naturalmente alle loro competenze, al loro aspetto e a al modo in cui si presentano, può incidere sulla scelta di una persona piuttosto che di un altra. Del resto, quella di vestirsi adeguatamente quando ci si pre-senta per chiedere un lavoro è una regola nota da sempre. Invece, è forse meno noto che, oltre al tipo di abito, è oppor-tuno prestare grande attenzione anche al colore: pare infatti che una tinta piuttosto che un’altra possa influenzare chi ha il compito di selezionare il candidato ideale.Lo afferma una ricerca recentemente effettuata su 2.786 persone, i cui risultati sono stati valutati dallo psicologo Lee Chambers. Dall’indagine è emerso che il maggior numero di persone assunte si era presentata al colloquio vestita di blu, mentre il numero più basso fra gli assunti aveva scelto abiti marroni. Nel mezzo, con percentuali decrescenti, coloro che avevano scelto il viola, il nero, il verde, il rosso, giallo e l’aran-cione, il bianco, grigio. Dunque attenzione a ciò che si indossa: evidentemente non basta un buon percorso di studio per procurarsi un lavoro…

Governatori o Presidenti? Premier o Presidente?

Da tempo si è affermata la consuetudine di utilizzare il termine Governatori per riferirsi ai Presidenti di Regione. È corretto? In realtà no, perché la nostra Costituzione non contempla il vo-

cabolo né come nome né come ruolo: in Italia il titolo di Governatore può essere correttamente attribuito soltanto alla figura di verti-ce della Banca d’Italia. In tutti gli altri casi il vocabolo è usato impropriamente, forse per l’abitudine sempre più diffusa di fare nostre espressioni di origine anglosassone. Lo stesso si può dire per il termine Premier, con cui spesso viene indicato il Presidente del Consiglio dei Ministri. Anche in questo caso si tratta di un inglesismo: la forma è inesatta, così come lo è la sua traduzione con Primo ministro. La Costituzio-ne italiana infatti nomina esclusivamente la figura del Presiden-te del Consiglio dei Ministri.Utilizzare i vocaboli “Governatore” per i Presidenti delle Regioni e “Premier” per il Presidente del Consiglio dei Ministri è senz’al-tro principalmente soltanto un’abitudine giornalistica motivata dalla brevità e semplicità dei termini, ma se le parole hanno un senso, allora ….. meglio usare quelle giuste, anche per evitare di diffondere un’interpretazione dei ruoli diversa da quella reale.

VITA ASSOCIATIVA

BENVENUTO ai nuovi Soci

Esprimiamo un caloroso benvenuto ai nuovi soci:Maria Caterina Andreini, Dottoressa in Progettazione e ge-stione di eventi per le arti e lo spettacolo presso l’Universi-

tà degli Studi di Firenze; Chiara Stella Capuano, Agente Immobiliare;Francesco Cevasco, Dottore magistrale in Politiche europee e internazionali presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano;Massimo Cuomo, Responsabile Affari Generali ed Eventi della Fondazione di Comunità “San Gennaro” ONLUS di Napoli;Fabio Di Pasquale, Luogotenente dell’Esercito Italiano in servi-zio presso il Multinational CIMIC Group di Motta di Livenza (TV);Ilaria Gagliardi, Laurenda in Scienze Politiche e Relazioni Inter-nazionale presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma;Roberto Martinelli, Segretario Generale Aggiunto del Sindacato Autonomo della Polizia Penitenziaria - SAPPE;Francesca Miceli, funzionario addetto alla Comunicazione Isti-tuzionale della Direzione Generale dell’ENAC - Ente Nazionale per l’Aviazione Civile;Giusj Maria Gabriella Priolo, funzionario presso il Segretariato Generale del Consiglio Regionale della Calabria;Flavia Pruner, Responsabile Relazioni Istituzionali della Presi-denza Nazionale della Croce Rossa Italiana.

Celebrazioni e ricorrenze in Italia e nel mondo

Nel mondo si celebrano tantissime ricorrenze, il cui elenco varia da un Paese all’altro: da alcuni anni a questa par-te ormai ogni giorno è dedicato ad un fatto storico,

un tema di rilevanza sociale, una malattia, o altro ancora.Non a caso le Nazioni Unite hanno deciso di pubblicare una lista con quelle promosse dall’Onu o da sue Organizzazioni. Si tratta di ben 168 date, alcune molto note, altre ricordate solamente in alcune aree del mondo, altre ancora quasi del tutto sconosciute. Il ca-lendario completo è consultabile nella pagina ufficiale creata dall’ONU, all’indirizzo https://www.un.org/en/sections/obser-vances/international-days/

E in Italia? Anche qui esiste un elenco ufficiale, che può essere consultato sulle pagine dedicate al Cerimoniale del sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Oltre alle domeniche, in Italia le giornate festive sono 11. Vi sono poi 7 solennità civili nelle quali è previsto l’imbandieramento degli edifici pubblici, e 30 giornate celebrative nazionali e internazionali. Queste ulti-me non sono considerate giornate festive, ma occasioni nelle quali gli organi pubblici organizzano eventi collegati alla circo-stanza che si intende celebrare. Fra queste, l’ultima in ordine di costituzione è il 17 marzo, la “Giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’inno e della bandiera”, istituita nel no-vembre del 2012. Com’è noto, si celebra il 17 marzo di ogni anno, nel giorno della proclamazione dell’Unità d’Italia avvenu-ta il 17 marzo1861.A queste date si aggiungono poi gli anniversari di nascita o morte di grandi personaggi del mondo dell’arte e della cultura che, in epoche e ambiti diversi e lontani fra loro, hanno contri-buito a dare all’Italia un ruolo di prestigio nella scena culturale internazionale. Anche nel 2020, nonostante le limitazioni e con le nuove modalità imposte dalla pandemia di coronavirus, nel nostro Paese si sono tenute molteplici iniziative, fra cui quelle in commemorazione di Federico Fellini, Raffaello Sanzio, Dan-te Alighieri, e altre per ricordare importanti avvenimenti istitu-zionali, come quello relativo al 50° anniversario dell’istituzione delle Regioni a Statuto ordinario, tutte celebrazioni di grande rilevanza di cui si parla anche nelle pagine di questa rivista.

Torino, Festa della Repubblica. Luigi Bertello / Shutterstock.com

Il Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte con l’ex

Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Junker.

Alexandros Michailidis / Shutterstock.com

NOTIZIE IN BREVE almeno in Italia, l’ha portato: un rapidissimo processo di acce-lerazione digitale. È quanto emerge da un’indagine svolta dalla società di ricerche di mercato e studi sociali SWG, che ha chiesto ad un campione rappresentativo dell’intera popolazione italiana se “vi sono delle attività che ha fatto per la prima volta durante il lockdown”. Il 31 per cento degli intervistati, percentuale corri-spondente a 13 milioni di persone, ha risposto “le videochiama-te”. Leggermente inferiori, ma sempre relative a oltre 10 milioni di persone, le risposte riguardanti altre attività online: ordinare le spesa a domicilio (28 per cento); ordinare cibo con food deli-very (26); seguire corsi formativi online (25); lavorare da casa in smart working (24); fare acquisti online (18); guardare film e serie tv in streaming (18); seguire corsi online per il tempo libero (17). Pare insomma che i nostri connazionali abbiano fatto - anche se non spontaneamente ma per necessità - un enorme balzo in avanti nelle competenze digitali. Si tratta ora di mantenere i progressi effettuati, consolidandoli e sfruttandone appieno le grandi potenzialità.

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ANCEP Associazione Nazionale Cerimonialisti Enti Pubblici

ANCEP si occupa dello studio e della valorizzazione del Cerimoniale e della rappresentanza istituzionale. Nata nel 2007, riunisce addetti del settore di comprovata esperienza, prove-nienti da tutti gli ambiti della Pubblica Amministrazione – Ministeri, Regioni, Province, Comu-ni, Università, Camere di Commercio e altri Enti – e si rivolge a tutto il sistema delle autonomie locali e funzionali.

Nel 2015 ANCEP è stata la prima Associazione di categoria ad essere inserita nell’elenco delle Associazioni Profes-sionali tenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico ai sensi della Legge n.4/2013.

Due i principali obiettivi dell’Associazione: • la salvaguardia delle corrette forme di rappresentanza istituzionale attraverso l’ applicazione di quanto previsto

dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 aprirle 2006 e successive integrazioni• la valorizzazione delle professionalità che operano in questo settore, affermando la funzione dei Cerimonialisti

ed il loro ruolo, quali interpreti della disciplina che governa l’attività di relazione fra le cariche pubbliche.

ggiCerim nialeOQuadrimestrale d’informazione professionale dell’ANCEP

Indirizzo: Via del Timavo, 6/b 40131 BolognaE-mail: [email protected].: +39 338 3720930Sito web: www.cerimoniale.net

Visitatori ammirano capolavori pittorici nella Galleria dell’Accademia di Firenze.

Federico MagonioShutterstock.com

“La bellezza salverà il mondo.”Principe Miškin ne L’idiota di Fëdor Dostoevskij