"Creta" Capitolo VIII
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VIII CAPITOLO
RENATO ALTERIORENATO ALTERIO
CARI GENITORICARI GENITORI
Creta
DESTINAZIONE CRETADESTINAZIONE CRETA
1941 - 19431941 - 1943
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VIII CAPITOLO
CRETA
P.M. 121
27 GIUGNO 1943
Carissimi Genitori …in questi giorni ricevete
regolarmente la mia corrispondenza, perciò se qualche
volta si verifica un po’ di ritardo non mettetevi in
pensiero non sempre arriva periodicamente….…il filo
grigio verde che mi avete inviato a mezzo raccomandata
l’ho ricevuto. Mi è molto dispiaciuto di apprendere la
triste notizia di Achilletto ( morto in guerra ), io l’ho
prevedevo perché avevo il suo indirizzo e lo zio
Berardino mi accennava dove si trovava…
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VIII CAPITOLO
Berardino era uno zio di Fausto residente a Caporciano e
la triste storia di Aghilletto, così come lo chiamavano,
riguardava proprio suo figlio morto tragicamente nella
campagna in Russia. Lo zio Berardino “mi accennava
dove si trovava” e già questo bastava per temere il
peggio.
CRETA
P.M. 121
12 LUGLIO 1943
Carissimi Genitori: Mi è grato rispondere alle vostre due
care lettere con le rispettive date del giorno 26 e 28
giugno u. s……Immaginavo che Francesco sarebbe stato
rimandato a ottobre per l’italiano perché conoscevo che
nella suddetta materia zoppicava…
Era il mese di luglio e Francesco, il maggiore dei fratelli
di Fausto, era stato rimandato ad ottobre per l'italiano!
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VIII CAPITOLO
Ormai si era in piena estate quando Fausto scrisse tale
lettera. Tutto andava ancora per il meglio a Creta. Le
cicale sugli ulivi cantavano tranquille e Fausto prendeva
bagni di sole, si abbronzava come non gli era mai
capitato prima. Beh! Però anche lui, Fausto, zoppicava in
italiano, solo che lui non se ne curava perché a Predazzo
nessuno si era preoccupato di bocciarlo! Non ce n'era
stato bisogno. Alla Guardia di Finanza Fausto andava
bene anche così com'era. Del resto era un ragazzo
giudizioso, tanto che, da figlio maggiore, si sentiva in
dovere di dare consigli alla sua famiglia ed ai suoi
fratelli.
…per Francesco consiglierei di fargli frequentare le
industriali a Popoli stesso e domani non si dovrà
pentire…Questo sarà anche per ( il fratello ) Aldo se
vuole guardare Francesco……Ora comprendo quanto
vale un titolo di studio; ora che vorrei è già troppo tardi,
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VIII CAPITOLO
debbo riconoscere che la colpa è tutta la mia e adesso
me ne trovo pienamente pentito…
A quei tempi a Navelli o a Popoli il titolo di studio non
era strettamente necessario, pochi potevano vantarsi di
averne uno, però le cose cambiavano per chi si muoveva
in un ambito come quello in cui si era inserito Fausto e
lui evidentemente se ne era accorto. Lui aveva capito
subito di non avere cultura però aveva tanta voglia di
imparare e di ben figurare e la sua confessione ce lo
testimonia.
CRETA
P. M. 121
6 AGOSTO 1943
Carissimi Genitori…Con grande gioia ho ricevuto anche
la cara e indimenticabile foto del fratellino Carlo…
…Appena aperta la busta è caduta fuori la fotografia, il
mio sguardo s’è posato sull’occhietto destro e con gran
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VIII CAPITOLO
dispiacere ho dovuto riconoscere che è rimasto alquanto
nascosto…Per capire quel che Fausto osservò guardando
la fotografia del “ fratellino Carlo” occorre spiegare che
Carlo era rimasto vittima di un grave incidente domestico
a causa del quale aveva perso l’occhio destro e nella
fotografia si vedeva perché quell'occhio era“alquanto
nascosto”..…mi sono ricordato di quel giorno ormai
lontano quando m’inginocchiai anch’io ai piedi
dell’Altare per ricevere per la prima volta Gesù
Eucaristico…In una vostra prossima mi manderete una
bustina di aghi di diversa grandezza e mi fate
possibilmente una raccomandata…
P.M. 121
13 AGOSTO1943
….L’altro giorno mi è arrivata una cartolina illustrata di
Aniceto che ho molto gradita. Attraverso la cartolina ho
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VIII CAPITOLO
rivisto la metropoli di Popoli…e speriamo che fra non
molto potrò farvi ritorno.
Purtroppo era forte la speranza di Fausto di rivedere
Popoli ma la sua era una speranza destinata a rimanere
tale perché fra Popoli e Creta c'era di mezzo il mare e
non solo quello, perciò a lui non restò altro se non la
consolazione di rivedere Popoli in cartolina. La cartolina
che aveva ricevuta gli era stata inviata dal suo amico e
collega Aniceto di Navelli, quello che a Predazzo gli
aveva lavato la gavetta, il quale compariva e scompariva
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Popoli (Pe.)
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VIII CAPITOLO
a tratti dal suo orizzonte. Ad Aniceto però la sorte aveva
riservato un destino più benevolo rispetto a quello che
stava preparando per lui, basta osservare che, mentre
Fusto si trovava a Creta tormentato dalle sue tristezze e
dalle sue nostalgie, Aniceto invece, anche lui sfornato
dalla scuola per allievi della Guardia di Finanza di
Predappio, passeggiava tranquillamente per le strade di
Navelli (l'Aq.)
Popoli a due passi dalla sua residenza di Navelli.
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VIII CAPITOLO
Tuttavia poiché a Creta il cielo era ancora sereno e nulla
lasciava presagire il peggio Fausto aspettava impaziente
tempi migliori per tornare. Nell'attesa si sforzava di stare
calmo e passava il suo tempo libero prendendo bagni di
sole. Si abbronzava al bel sole di Creta! Non poteva fare
altro. Oziava!
…Ormai sono già due anni che ho lasciato il paese,
ardentemente desidero rivederlo e speriamo che il buon
Gesù conceda questa grande grazia.
Il sole di Creta
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VIII CAPITOLO
Il giorno della Vittoria non è ancora molto lontano,
preghiamo il buon Dio che faccia ancora una volta
trionfare la nostra bella bandiera…
Fausto aspettava, sperava e credeva, chissà perché, che
“il giorno della vittoria non è ancora molto lontano”,
pensava che almeno dopo quel giorno avrebbe potuto
tornare a casa. Il buon Dio però la pensava diversamente!
E ci dispiace che il buon Dio non tenne conto delle sue
accorate preghiere rimanendo solo a guardare senza
intervenire. Ci dispiace perché qualche soddisfazione
Fausto l'avrebbe, alla fin fine, pur meritata.
Ho ricevuto una cartolina dal zio Berardino il quale mi
parlava del suo figlio, io già lo sapevo perché me
l’avevate comunicato voi……Inviate ogni tanto un obolo
agli orfanelli di S. Antonio. In attesa di una vostra
prossima invio infiniti saluti forti bacioni con un caro
abbracci vostro figlio Fausto
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VIII CAPITOLO
Il buonismo di Fausto era tale da non trascurare di
esortare i suoi genitori ad inviare “ ogni tanto un obolo
agli orfanelli di S. Antonio”
L’ULTIMA LETTERA
P.M. 121
26 AGOSTO 1943
…Come mi informate che questo mese di luglio u.s.,
avete ricevuto solo tre lettere, io invece ne ho inviate
qualcuna in più di quanto voi mi numerate.
Probabilmente qualche lettera andrà smarrita…
…Io vi assicuro ancora una volta che mi trovo in un
posto più che sicuro lontano da qualsiasi pericolo
possibile e immagginabbile. Riguardo ad Aniceto non
comprendo il perché non è ritornato dov’era prima;
speriamo che mi arriva subito un suo scritto così potrò
avere sue nuove……In quanto riguarda all’oliva mi
dispiace molto che per quest’anno non c’è ne quasi
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VIII CAPITOLO
niente; certamente non tutti gli anni le piante fruttano,
ogni due o tre anni non germogliano e si riposeranno….
….Mi farete una raccomandata per inviarmi una ventina
di buste e foglietti aerei per scrivere. Possibilmente
anche qualche lametta per barba. Io sto benissimo e
godo ottima salute.
Le osservazioni sulla raccolta “dell'oliva” mettono in
luce la primitiva e consolidata anima contadina di Fausto.
Il destino però a volte è cinico e baro e ci cambia la vita
quando noi meno ce lo aspettiamo ed infatti, mentre
Fausto scriveva:…”Io vi assicuro ancora una volta che
mi trovo in un posto più che sicuro lontano da qualsiasi
pericolo possibile e immagginabbile”, nuvole nere di
burrasca stavano invece formandosi all'orizzonte. Una
immane tragedia era già in gestazione tanto è vero che
quella precedente fu l'ultima lettera che Fausto inviò da
Creta alla famiglia scrivendo che: “ Io sto benissimo e
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godo ottima salute”. Dopo di allora nulla più. Silenzio
assoluto! Che angoscia!
QUEL CHE ACCADDE DOPO
La corrispondenza di Fausto con la famiglia, iniziò in
data 05 Agosto 1941, immediatamente dopo la sua
partenza da Popoli per la scuola delle Guardie di Finanza
di Predazzo e finì il 26 Agosto 1943 quando scrisse la sua
ultima lettera alla famiglia inviata dall’isola Creta. Quel
che avvenne dopo è poco certificato dalle fonti ufficiali e
perciò non è per niente chiaro. Spesso coloro che hanno
voluto saperne di più si sono recati di persona nei posti
della tragedia in cerca di informazioni. Chi non lo ha
potuto fare, per disseppellire la verità, si di è dovuto
accontentare di scavare nelle scarne notizie esistenti negli
archivi storici, con molta pazienza e molta fatica.
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VIII CAPITOLO
8 SETTEMBRE 1943
Quel che avvenne dopo è tutto da imputare a quello che
avvenne in Italia in data 8 settembre 1943 mentre la
conquista di Creta era avvenuta prima di quella data. Fu
nel maggio 1941 che scattò a tal fine l'operazione
militare tedesca e subito dopo seguì quella del regime
fascista. Mussolini volle contribuire con un tributo di
sangue italiano perché voleva partecipare anche lui al
bottino. Perciò in fretta e furia fece allestire un corpo di
spedizione italiano con 2500 uomini e 150 muli il quale
sempre nell'anno 1941, in maniera rocambolesca, riuscì a
stento a sbarcare nell'isola. Poi, a distanza di tempo, ossia
nel dicembre dell'anno 1942, sbarcò a Creta anche un
altro contingente italiano questa volta costituito dai circa
600 uomini del XVI° battaglione mobilitato della
Guardia di Finanza che si unì al contingente che lo aveva
preceduto. Poiché Italia e Germania erano alleate in virtù
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VIII CAPITOLO
del cosiddetto “ patto d'acciaio” dell'asse Roma- Berlino,
le truppe italiane e quelle tedesche si ritrovarono a Creta,
gomito a gomito, disposte sullo stesso fronte. Senonché,
a partire dalla data 8 settembre 1943, in conseguenza
dell'armistizio fra italiani ed anglo-americani, vi fu un
ribaltamento delle alleanze e quindi un repentino
capovolgimento di fronti. Italiani e tedeschi si
ritrovarono inopinatamente su fronti opposti. La
conseguenza fu che mentre gli italiani, frastornati,
rimasero imbambolati non sapendo come comportarsi, i
tedeschi invece si dettero da fare e immediatamente
disarmarono senza colpo ferire i nostri militari compresi i
Finanzieri del 16° battaglione mobilitato della divisione
Siena, posta militare 121 e furono tutti internati in un
campo di concentramento nei pressi di Tymbakhion
località cretese situata nella costa meridionale dell'isola.
Il ribaltone però non finì così perché i tedeschi ebbero
l'ordine di Hitler di sbarazzarsi in ogni modo dei
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VIII CAPITOLO
prigionieri italiani anche inviandoli nei campi di
concentramento in Germania a costo di stiparli come
bestie su navi che spesso non erano in grado di reggere il
mare. Per questo motivo accadde quel che doveva
accadere perché molte di quelle navi “carretta” o
vennero silurate ed affondarono oppure naufragarono da
sole per il mare in tempesta. La fretta ed il cinismo dei
tedeschi fu tale che in alcune navi non si curarono
neanche di allestire l'elenco degli imbarcati e questa è
stata anche una delle ragioni per cui molti naufraghi
scomparvero poi in mare senza lasciare traccia, e “ senza
nome”. Come accadde al povero Fausto. Per questo
motivo, chi ha voluto saperne qualcosa è stato costretto a
basarsi sugli indizi o su quanto riferito da qualche
naufrago superstite. Così facendo, allo stesso modo di
come viene fuori il pulcino dall'uovo, alla fine è venuta
fuori la verità anche nel caso di Fausto. Infatti dall'esame
accurato di alcuni indizi ed a furia di cercare conferme,
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alla fine è stato chiarito il mistero sia di quando che di
come avvenne il suo affogamento in mare. Ecco come
andarono i fatti: a Creta i tedeschi, pur di disfarsi dei loro
prigionieri non si fecero scrupoli, ne
stiparono quanti più ne poterono a
bordo della nave Sinfra e ne
predisposero la partenza. Purtroppo,
per disgrazia degli annegati e per
fortuna dei superstiti, tale nave venne
silurata da un sommergibile inglese subito dopo la
partenza ed affondò. Il naufragio avvenne nella notte del
18 settembre del 1943 durante la quale, la nave Sinfra,
con 2389 persone a bordo, colò a picco nello stesso mare
di Creta e nel naufragio persero la vita 1850 persone
molte delle quali erano appartenenti al XVI° battaglione
mobilitato della Guardia di Finanza proprio quello di
Fausto. Si salvarono a nuoto 539 persone compreso il
loro cappellano militare. Fausto però non sapeva nuotare!
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VIII CAPITOLO
IL CAPPELLANO MILITARE
Una conferma da un superstite del SINFRA
“Era stato il cappellano del XVI° battaglione di stanza a
Creta. Dopo l'armistizio venne catturato dai tedeschi, ma,
durante il siluramento e l'affondamento della nave
SINFRA riusci a fuggire dopo essere rimasto in acqua
con gli altri naufraghi superstiti per più di 14 ore.
Ricaduto nelle mani dell'esercito tedesco convinse i suoi
carcerieri a farlo rimanere assieme ai soldati italiani
ancora internati a Creta. Per il coraggio dimostrato nei
mesi di prigionia, il comandante del campo tedesco lo
propose per la croce di guerra al merito tedesca che però
non fu mai consegnata. Poi però fu Sua Maestà il Re
Umberto II a conferirgli la Gran Croce dei Santi
Maurizio e Lazzaro per la fedeltà dimostrata alla Patria e
per la rettitudine e coerenza al Suo ministero di Ordinario
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VIII CAPITOLO
Militare. Inoltre fu anche insignito della Gran Croce
conventuale del Sovrano Militare Ordine di Malta.”
L'AFFONDAMENTO DELLA NAVE PETRELLA
Quello del Sinfra non fu l'unico affondamento di nave
La nave Petrella
carica di prigionieri partita da Creta, ce ne fu almeno un
altro. Anche se non ha nulla a che fare con la fine di
Fausto ve lo voglio descrivere ugualmente perché vi
furono coinvolti molti altri nostri soldati della
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VIII CAPITOLO
guarnigione di Creta anche questi anonimi. Però è da
notare che si trattò proprio della parte rimanente dei
militari della base italiana 121 perché non ce n'erano altri
di nostri soldati a Creta. Era il giorno 8 di febbraio 1944,
il cielo era coperto, c'era forte pioggia. La Petrella partì
da Creta insieme alla scorta diretta al Pireo ma, verso le
ore 11 di quello stesso giorno, la nave fu attaccata da un
sommergibile nemico appena fuori da Suda e, colpita da
2 siluri, alle 11.20 incominciò ad affondare Un superstite
di quel naufragio ormai ultranovantenne, “lucidissimo”, è
stato scovato da un cercatore di informazioni ed ha
raccontato per filo e per segno dell'orrore vissuto per
oltre dodici ore di rimanenza in mare, con i superstiti
aggrappati ai cadaveri che ormai già venivano a galla
prima che fossero presi a bordo dai pescatori locali
accorsi per soccorrerli. Non diversamente erano andate le
cose per Fausto nell'affondamento del Sinfra se si fa
eccezione per il fatto che lì i pescatori non c'erano.
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VIII CAPITOLO
Cimitero di uerra a Suda
E perciò Fausto invece non si era salvato perché da buon
montanaro aveva imparato a sciare però non sapeva
nuotare ed allora, in un attimo, dovette dire addio ai suoi
sogni e dovette arrendersi ad un amaro destino che fu
quello affondare insieme alla seconda nave sulla quale, in
vita sua, era salito lasciando che il suo corpo si fermasse
a riposare per sempre in fondo al mare adriatico. Per
tener conto di ogni ragionevole dubbio, non essendoci
testimonianze dirette, la conclusione è che Fausto, di
certo, se non annegò con il Sinfra annegò con il Petrella.
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VIII CAPITOLO
PERCHE' DOPO L'OTTO DI SETTEMBRE
Breve cronistoria riassuntiva
Perché avvenne tutto dopo l'8 di settembre del 1943?
Vediamolo riprendendo però il racconto da quando la
nostra sfortunata Guardia di Finanza scrisse da Creta la
sua ultima lettera alla famiglia in data 26/08/1943, ossia
alla fine del mese di agosto. Da
quanto lui scrisse ai suoi genitori
si deduce che in quella data lui
godeva ottima salute e,
sconsideratamente, riteneva di
essere in un posto al sicuro da
ogni pericolo, era tranquillo, tanto che si soffermava a
discutere con i genitori, pensate un po’, della raccolta
delle “olive” a Navelli. Da persona semplice, credulona e
generosa non aveva, e per la verità non poteva avere,
nessun sentore di ciò che gli sarebbe capitato di lì a pochi
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VIII CAPITOLO
giorni. Ma, a dire il vero, gli avvenimenti che si
susseguirono a partire dall’otto di settembre dell’anno
1943, colsero tutti di sorpresa. All’improvviso ci fu la
fine di un mito, ci fu il crollo del fascismo. Gli italiani
dettero un addio al Duce che venne sfiduciato, spodestato
ed arrestato dai suoi congiurati capeggiati dal generale
Badoglio. Per toglierlo definitivamente di mezzo, fu
trasportato in segreto sul monte Gran Sasso D’Italia. Ma
quello fu il segreto di Pulcinella perché i tedeschi lo
vennero a sapere subito e se lo andarono a riprendere. Se
lo portarono via con un piccolissimo aereo chiamato
“Cicogna”. Una delle prime conseguenze fu che il
generale Badoglio ritenne di dover firmare un armistizio
con gli anglo americani ripudiando l'oscena alleanza con
i tedeschi. Fu questo repentino capovolgimento di fronte
a provocare la catastrofe. Nessuno vi era preparato e
perciò la nazione si disintegrò. Non fu facile girare la
mira dei nostri fucili che prima erano puntati contro gli
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VIII CAPITOLO
anglo-americani e poi avrebbero dovuto puntare sui
tedeschi. Nella confusione generale si determinò un
vuoto di potere, un ribaltone che portò tutta la nazione a
saltare da un giorno all’altro da un campo all’altro. E fu
così che i vecchi nemici anglo-americani diventarono
alleati mentre i vecchi alleati nazisti diventarono i nostri
peggiori nemici e per la verità come tali si comportarono,
senza pietà. Si può quindi immaginare quale
disorientamento si verificò anche fra i comandanti delle
nostre truppe a Rodi, a Cefalonia, a Creta, dove insieme
con i soldati italiani coesistevano contingenti tedeschi.
Occorreva capirlo subito che, essendoci stato un
repentino capovolgimento di fronte, sarebbe stato
necessario prendere decisioni fulminee cercando, quando
possibile, di disarmare le truppe tedesche. Ed invece ci fu
una gran confusione che determinò la disfatta del nostro
esercito dentro e fuori ai confini della Patria. Ma i
tedeschi no, loro non ebbero esitazioni furono loro ad
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VIII CAPITOLO
intimare agli italiani di arrendersi e tutti quelli che non
vollero ubbidire vennero massacrati pur essendo, a volte,
i nostri soldati numericamente molto superiori a quelli
tedeschi. Tutto questo accadde anche nelle isole
dell'Egeo, dove i nostri soldati dovettero arrendersi ai
soldati tedeschi consegnando loro le armi, magari a denti
stretti, solo perché furono costretti ad ubbidire agli ordini
di resa arrivati inopportunamente da Roma. Le
conseguenze furono tragiche perché, parte degli italiani
vennero fucilati sul posto, molti altri furono imbarcati su
vecchie “carrette del mare” dirette verso la Grecia o
verso la Germania che però o non erano in grado di
reggere il mare oppure furono silurate o bombardate.
Dopo tutto quel caos nulla per lungo tempo si era saputo
delle vicissitudini di Fausto anche perché nessuno era
stato in grado di occuparsene. Sino a quando,
inaspettatamente, in un giorno imprecisato di un anno
imprecisato, quando erano ancora troppo piccole per fare
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VIII CAPITOLO
domande, le sorelle di Fausto ricordano che si recò
presso il loro domicilio un abruzzese sopravvissuto
proprio all’affondamento del Sinfra per riferire alla
famiglia ciò che poteva riferire solo lui. In base a quella
testimonianza è stato possibile confermare quello che
prima era solo un sospetto. Il racconto di quello
sconosciuto riguardava proprio il naufragio del Sinfra
durante il quale, ricordiamolo, si salvarono 539 persone
Ma se malgrado ciò il mistero della morte di Fausto
dovesse ancora rimanere tale perché a distanza di tempo i
ricordi elle sorelle sono vaghi, non importa perché,
chiunque sia stato quell'uomo, e comunque sia stato il
suo racconto fu pur sempre quello che riferì di persona
ai genitori di Fausto quello che conta. Lui e Fausto erano
insieme sulla nave quando quella affondò e perciò fu in
grado di riferire alla famiglia anche un penoso
particolaree cioè che mentre la nave stava affondando, lui
esortò Fausto a buttarsi in mare prima che quella colasse
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VIII CAPITOLO
a picco gridandogli: Buttati, buttati! Fausto! Fine
dell'avventura.
I NUMERI DELLA TRAGEDIA
“Un prezzo altissimo: 11 mila soldati e ufficiali
annegati, stipati come bestie dai tedeschi su navi
scassate avviate al naufragio; 10 mila internati in
Germania; 124 caduti in combattimento; quasi 200
fucilati; 150 morti di denutrizione nei campi tedeschi sull’isola;” “i mercantili che i tedeschi stiparono di
italiani mandandoli letteralmente a morire nell’Egeo: il
“Donizetti”, il 23 settembre, silurato da
cacciabombardieri britannici, con 1.825 uomini, tutti
annegati; nella notte del 18 settembre del 1943, la naveSinfra con 2389 persone a bordo affondò nello stesso
mare di Creta e nel naufragio persero la vita 1850
persone molte delle quali erano appartenute al XVI°
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VIII CAPITOLO
battaglione mobilitato della Guardia di Finanza. il
“Petrella”, l’8 febbraio 1944, silurato con 3.173
prigionieri ( perirono in 2.646); l’”Orion” salpato l’11
febbraio, naufragato con ben 4.000 italiani: si salvarono
in 20…”. “ Uno di quei 20 fu il caporale abruzzese
Francesco Norcia, Storia pazzesca. Salvato in mare da
un equipaggio tedesco, piantonato in un campo di
concentramento poi fuggito nei boschi di Alaerma,
catturato, torturato, costretto ad assistere alle fucilazioni
di italiani, evaso di nuovo verso un tratto isolato di costa
a Campochiaro, sopravvissuto per tre mesi nutrendosi di
pesci e polpi, ricatturato dalle Camicie Nere, consegnato
ai tedeschi. Una notte Norcia uccide con la baionetta la
sentinella, scappa, si nasconde di nuovo tra gli scogli
dove riesce a sopravvivere sino a Maggio”. ( da
l'ESPRESSO )
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