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LA CONNESSIONE SVIZZERA - Gian Trepp, Unionverlag, 1996 SWISS CONNECTION Traduzione in italiano a cura di Maritsì Dal Monte Meha'r.. Editing: Marco Saba.(2009) Indice INTRODUZIONE INTRODUZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE 1 MATERIALE DA MEDELLIN 8 Il riciclatore Giuseppe Lottusi condannato. 2 FIMO OVVERO LA BUONA FEDE 12 Misteriose dimissioni in massa. Oro e gioielli. Società a responsabilità limitata. Un immediato certificato Persil per Cotti. Un colpo di spugna. Comifin ovvero il copricapo magico che rende invisibili. Entra in azione Mani Pulite. L'uomo dal piede d'oro. Il presidente della Fimo parla chiaro. Settembre nero. Smentita ambigua. Ha inizio il grande repulisti. SBG: il gioco a nascondino riesce. La Giustizia Ticinese partorisce un topolino. Con quanta serietà ha indagato la Del Ponte ? Un caso esemplare. Excursus: Domande senza risposta dall'Italia. Il caso Fidia: Abuso di farmaci. 3 LA MISTERIOSA TRADE DEVELOPMENT BANK 31 La capitale mondiale del sistema bancario sefardita. Edmond Safra e la TDB. L'esodo da Beirut. Ginevra, patria elettiva. Safra vende la TDB. La grande campagna denigratoria. Safra restituisce il colpo. Decollo in verticale della nuova banca. Il pesce piccolo mangia il pesce grosso. Confessioni a cuore aperto. Il caso fiscale Graf. Safra, l'intoccabile. Niente a che fare con Iran-Contra. Critica della giustizia penale di Ginevra. Sempre avanti fino a Zurigo, Paradeplatz .

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LA CONNESSIONE SVIZZERA - Gian Trepp, Unionverlag, 1996SWISS CONNECTION Traduzione in italiano a cura di Maritsì Dal Monte Meha'r.. Editing: Marco Saba.(2009)

Indice

INTRODUZIONE

INTRODUZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE

1 MATERIALE DA MEDELLIN 8

Il riciclatore Giuseppe Lottusi condannato.

2 FIMO OVVERO LA BUONA FEDE 12

Misteriose dimissioni in massa. Oro e gioielli. Società a responsabilità limitata. Un immediato certificato Persil per Cotti. Un colpo di spugna. Comifin ovvero il copricapo magico che rende invisibili. Entra in azione Mani Pulite. L'uomo dal piede d'oro. Il presidente della Fimo parla chiaro. Settembre nero. Smentita ambigua. Ha inizio il grande repulisti. SBG: il gioco a nascondino riesce. La Giustizia Ticinese partorisce un topolino. Con quanta serietà ha indagato la Del Ponte ? Un caso esemplare. Excursus: Domande senza risposta dall'Italia. Il caso Fidia: Abuso di farmaci.

3 LA MISTERIOSA TRADE DEVELOPMENT BANK 31

La capitale mondiale del sistema bancario sefardita. Edmond Safra e la TDB. L'esodo da Beirut. Ginevra, patria elettiva. Safra vende la TDB. La grande campagna denigratoria. Safra restituisce il colpo. Decollo in verticale della nuova banca. Il pesce piccolo mangia il pesce grosso. Confessioni a cuore aperto. Il caso fiscale Graf. Safra, l'intoccabile. Niente a che fare con Iran-Contra. Critica della giustizia penale di Ginevra. Sempre avanti fino a Zurigo, Paradeplatz .

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4 PIÙ LUCE SUL BUSINESS DELL'OFFSHORE 46

Paradisi parassitari. L'offshore è utile a molti. Il Liechtenstein, piazza-offshore. La Svizzera, piazza offshore ? La fondazione familiare Sandoz: Novità nel business dell'offshore. Il Lussemburghese. Ilex Trust Services SA, Ginevra. Vaste attività. Koloyan Stoyanov. Jürg Stäubli. JS Holding: scorrono i milioni. Tentativo di acquisizione della Publicitas. Stäubli vuole diventare serio. Da Stäubli si pretende troppo. Una cometa si spegne. Stäubli inciampa. Perché Pierre Arnold ? Segnale ambiguo.

5 MANI PULITE 65

Denaro del grande fratello. Il compromesso storico liquidato. Giustizia contro corruzione. Il primo caso. La slavina comincia a precipitare. Ritorno dell'eternamente identico ?

6 IL MISTERIOSO CONTO PROTEZIONE 68

Una vecchia storia. Un giudice superiore di debole memoria. Viene sollevato il velo. Mazzette per i socialisti. Certificato Persil per la SBG. Dirigenti della SBG in veste di testimoni. Assistenza giuridica restrittiva.

7 ENI - LA MADRE DELLA CORRUZIONE ITALIANA 75

Venti milioni dispersi a Zurigo. In carcere. Voce di bilancio "mazzette". La storia di un'azienda di stato. L'ENI si espande. Delitto o incidente? I socialisti si prendono l'ENI. Il ruolo di Eugenio Cefis. Saluti e baci da Mosca. Società legali ENI in Svizzera. Il presidente della Saipem Cavelty in grande difficoltà. Speculazioni della "Banda dei sette". Excursus: fila dello scandalo BCCI. L'unica filiale BCCI pulita al mondo ? Servizio completo Svizzero.

8 IL CASSIERE DELLE TANGENTI ENI A GINEVRA 89

Un allegro terzetto sul Rodano. Che cos'è la banca Karfinco ? Il salvataggio della Karfinco. Due grandi affaires. Fatture da Berna. Chi c'era dietro il gruppo RAD ?

9 LA CENTRALE DEI FONDI NERI DI FERRUZZI A LOSANNA 97

Fiducianti in Italia. Inspiegabili operazioni finanziarie a Zurigo. Fiduciari in Svizzera. Il caso Elosua. Un buco di milioni a Lugano. La Revisione Curator dormiva. Enimont: "La madre di tutte le tangenti". I peccati della banca vaticana . Merchantbank Cragnotti & Partners. C'è vita dopo Enimont ?

10 LUGANO. L'HINTERLAND DI BERLUSCONI 108

L'operazione Mato Grosso. Mani Pulite colpisce Berlusconi. Giudici romani con conti bancari a Lugano. Il caso IMI/SIR. La fine di Berlusconi.

11 INTERROGATIVI SU CARLA DEL PONTE 113

Scelta ideale o flop? L' attivismo della procuratrice federale. Leggi strapazzate. La "Pizza Connection" ticinese. Il riciclatore Salvatore Amendolito. Il riciclatore Franco Della Torre. Continui rinvii della

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giustizia ticinese. Oliviero Tognoli ritorna. Quale giustizia per Oliviero Tognoli ? L'enigma Amendolito.

12 NUOVA LUCE SULL' AMBROSIANO 126

Ascesa e caduta di Roberto Calvi. La banca vaticana IOR. Il banchiere della mafia Michele Sindona. La P2 salva Calvi. Calvi in grande difficoltà. La fine di Calvi. La Banca del Gottardo di Lugano sopravvive. Mandati d'arresto nei confronti dei banchieri del Vaticano. Carlo von Castelberg non fa le vacanze in Italia. Il caso Duft. Il caso Poncet.

13 LA LOGGIA SEGRETA MASSONICA P2 137

Cospiratori sovversivi ? Arricchimento criminale ? La loggia massonica P2. Guerra ai Papi. Alleanza con la finanza. I Maltesi. Il Gran Maestro Licio Gelli. Politica assassina. Lo stato nello stato. Berlusconi e la P2. Il Grande Oriente viene scomunicato. Licio Gelli e la Svizzera. Scandalo a Champ Dollon. Excursus: I massoni svizzeri. Colpo di scena al Brockenhaus di Zurigo. Storie di cantine da Berna.

14 WINNIE TRA I BRIGANTI 151

Il delitto quasi perfetto. Winnie cade in trappola. Speculatori e spie. La vendita dei certificati rubati. Inciampata o sfruttata. Che cosa sapeva il ministro della Giustizia Martelli ?

15 LA PIU' GRANDE BANCAROTTA DELLA SVIZZERA 158

Economia da clan alla Sasea. Vecchia nobiltà napoletana. Nell'orbita della mafia. Comincia l'avventura. I fiori del male della speculazione bancaria. L' istituto di pulizie Sasea. Società sospette. Guadagni mediante trucchi di registrazione contabile. Flop del petrolio e degli immobili. Il caso Europrogrammi. Crollo a Hollywood. L' inizio della fine. L' arresto. Molto lavoro per la Giustizia. Il direttore di banca parigino perde le staffe. Chi e’ responsabile ?

16 IL RE DELL'OFFSHORE TITO TETTAMANTI 175

L'asse d'oro Lugano-Vaduz. La Banca Regionale BSI. La bancarotta della Weisskredit. A Montecarlo! A Montecarlo! - L'Iracheno straricco. Alleanza profana con la Banca D G. Finanziere d’assalto a Wall Street. Senza successo con la Sulzer. Sfortunato con la Saurer. Il caso Cogefar. Un re abdica. C'è qualche rapporto con Martin Ebner?

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE: TECNICHE DEL RICICLAGGIO 190

INDICE DEI NOMI 192

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INTRODUZIONE

"Il denaro non puzza" disse al figlio Tito l'imperatore Vespasiano quando 2000 anni fa impose una tassa sulle latrine pubbliche.

Questo motto ormai classico vuole mettere in luce un contrassegno positivo dei soldi, vale a dire : il loro valore è indipendente dalle circostanze in cui li si è fatti . Ma quello che valeva 2000 anni fa per il denaro dell'imperatore romano , non vale più oggi nei confronti del crimine organizzato . Soldi guadagnati illegalmente possono essere ritirati dalla circolazione dallo stato anche se sono stati " deodorati " in un graduale processo di lavaggio, come si definisce in tedesco il riciclaggio. Il lavaggio di denaro o riciclaggio è stato fino agli anni 80 inoltrati una metafora pregnante del linguaggio giornalistico e solo agli inizi degli anni '90 si è trasformato in concetto giuridico . Nel 1990 il gruppo delle nazioni economicamente più importanti (G 7) presentò delle direttive fatte elaborare dal Financial Action Task Force on Money ( FATF ) . In seguito numerosi paesi, tra i quali la Svizzera, adeguarono la propria legislazione .

Nel 1990 il codice penale svizzero fu integrato con un articolo sul riciclaggio e sulla insufficiente meticolosità nelle operazioni finanziarie, divenuto una legge sul riciclaggio di denaro nel 1997, al più tardi nel 1998 . A seconda delle legislazioni nazionali vigenti il riciclaggio di denaro è perseguibile penalmente in misura diversa nei singoli paesi . Ciò che era permesso in Svizzera fino al 1990, oggi è vietato . Ciò che è ancora permesso in Svizzera nel 1996 è già reato negli USA e sarà forse punibile in Svizzera con la prossima legge sul riciclaggio . Ma alle Seychelles, per esempio, lo stesso fatto può restare ancora a lungo impunito . Quando nelle pagine che seguono si parla di riciclaggio di denaro , pagamento di bustarelle, evasione fiscale ecc . , ciò non implica affatto nel caso singolo secondo la legislazione vigente in quel paese un " comportamento " sempre " criminoso . " Ma il fenomeno economico resta lo stesso dovunque . Là dove viene riciclato denaro sporco l'economia cade in tentazione. A sedurre sono un capitale d' investimento a buon mercato per l' industria , il commercio e le libere professioni così come onorari lucrosi per il ramo finanziario . Oggi interi settori economici , anzi intere economie nazionali sono minacciate dall'infiltrarsi del crimine organizzato . I riciclatori di denaro lo aiutano ad accedere alle posizioni di potere dell'economia e della società legali .

Il fondo monetario internazionale ( FMI ) ritiene che nel 1995 siano stati immessi clandestinamente nei mercati finanziari legali complessivamente 500 miliardi di dollari di denaro sporco , nonostante si siano rafforzate le misure contro il riciclaggio . Dopo che la " guerra alle droghe " è terminata ormai con una sconfitta , lo stesso destino incombe sulla lotta al riciclaggio di denaro.

La Svizzera NON HA una piazza finanziaria , la Svizzera è una piazza finanziaria . Il vecchio detto è valido oggi più che mai.

Le banche svizzere hanno un ruolo primario a livello mondiale nel campo del " Private Banking ", dell'amministrazione dei beni di individui ricchi. In Svizzera vengono amministrati depositi di clienti che ammontano presumibilmente a 2400 miliardi di franchi. A ciò si aggiungono i fondi di investimento dell'amministrazione patrimoniale istituzionale ( casse pensione , fondi di investimento , assicurazioni) . Questi miliardi vengono spostati continuamente qua e la' sui mercati finanziari , a caccia del massimo profitto . Nasce così un volume d' affari enorme , che crea le nicchie di cui i riciclatori di denaro hanno bisogno per fornire al loro denaro sporco un retroterra apparentemente legale. La fiducia della clientela nella riservatezza del banchiere è il cuore del " Private Banking " . Le banche svizzere hanno fama mondiale di baluardo della discrezione. In questo paese i dettagli di un conto bancario sono protetti meglio dei segreti della camera da letto. Particolarmente gratificante per i riciclatori di denaro è che l'evasione fiscale venga considerata una trasgressione perdonabile .

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Definiscono quindi il loro denaro sporco un capitale che vuole evadere le tasse e con ciò si procurano presso certe banche e certi amministratori fiduciari una legittimazione accettata . Ma il tradizionale vantaggio stanziale della Svizzera nell'amministrazione del patrimonio privato è minacciato dalla forte pressione concorrenziale dei cosiddetti centri finanziari offshore, quelle isole e mini stati che hanno adeguato le loro leggi alle necessità degli investitori stranieri. Questa concorrenza ha rafforzato ulteriormente il tradizionale riflesso condizionato alla segretezza di banche, avvocati , fiduciari e amministratori patrimoniali. Mania del mistero anziché trasparenza resta il contrassegno delle pubbliche relazioni in questi ambienti. Un atteggiamento miope, come dimostra l'argomento del patrimonio dell'Olocausto.

Il segreto bancario, favorito dalla guerra fredda, ha certo impedito per 50 anni un' analisi storica approfondita del ruolo della Svizzera come piazza finanziaria nella seconda guerra mondiale. Ma la maledizione dell'oro nazista e del patrimonio dell'olocausto si è rivelata alla fine più forte. Ciò che dopo la fine della guerra era stato dissimulato e rimosso si ripresento' nel 1995 come passato non rielaborato, vergognoso non solo per le banche ma per l'intera Svizzera. Nella primavera 1992 un gruppo di quattro procuratori milanesi, chiamati nei media "Mani pulite", cominciarono le loro inchieste contro la corruzione.

Appena due anni dopo il corrotto ordine italiano postbellico era crollato. Alcune delle sentenze di Mani Pulite hanno costituito il punto di partenza delle indagini condotte per questo libro. Ben presto fu chiaro che la Svizzera da decenni era servita da piazza - Offshore del sistema di corruzione italiano, definito Tangentopoli . Si consenta il paragone : se l'analisi di questi temi viene rimossa come quella di ciò che accadde sulla piazza finanziaria Svizzera durante la guerra, ne nascerà il passato non rielaborato di domani. La lotta contro il riciclaggio di denaro è considerata in tutto il mondo un compito primario. Altrettanto grande è l'interesse generale alla pubblicazione di informazioni e analisi sui percorsi del denaro sporco.

Far luce è il motto di questo libro. Non si vuol tanto portare l'attenzione su singoli casi, avvenimenti, scandali quanto render visibili quelle strutture e intrecci finanziari , in cui il flusso del denaro sporco si mescola con quello legale . Fare i nomi di società e persone diventa perciò inevitabile.

Conformi a questo approccio sono anche le numerose note a piè di pagina disseminate nel testo, che contengono particolari concreti sui punti nodali e le diramazioni di strutture finanziarie invisibili. Questo libro si basa su ricerche condotte dal 1993 al 1995 insieme a Paolo Fusi in Svizzera, Italia, Lussemburgo, Liechtenstein, Inghilterra e Germania. Successivamente ho continuato da solo le indagini che hanno portato alla pubblicazione del presente volume. Le "Swiss Connections" di portata mondiale non possono essere descritte senza collaborazione internazionale.

La mia gratitudine va alle tante colleghe e ai tanti colleghi di numerosi paesi che hanno supportato il mio lavoro.

Senza di loro questo libro non sarebbe stato possibile.

Gian Trepp, Zurigo, agosto 1996

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INTRODUZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE

Il 17 settembre 1996 "Swiss Connection" fu presentato alla stampa a Zurigo. Lo stesso giorno i giornali italiani annunciarono l'arresto di Pierfrancesco Pacini Battaglia, italo-svizzero con doppia nazionalità, l’ ex cassiere di bustarelle del gruppo petrolifero statale italiano ENI a Ginevra,di cui si parla nel capitolo 8. Grazie alla sua loquacità negli interrogatori e ai protocolli delle sue conversazioni telefoniche intercettate, cominciò una nuova serie di rivelazioni sulla corruzione in Italia. La portata che le sue confessioni rivestono per la Svizzera non è ancora calcolabile. A Ginevra Pacini Battaglia nel settembre 1996 era un grosso azionista ( non è chiaro se azionista di maggioranza) della Banque de Patrimoines Privés di Ginevra (BPG), che aveva contribuito a fondare nel 1987 ancora sotto il vecchio nome Banque Karfinco e che aveva adoperato come cassa per i fondi neri dell'ENI. Dopo l'arresto di Pacini Battaglia la Procura della Repubblica di La Spezia chiese assistenza legale a Berna. Al centro dell'interesse italiano c'era la BPG. In seguito a ciò cominciò in Svizzera un singolare gioco al depistaggio. In un comunicato stampa del 24 settembre 1996 la BPG , erede della Karfinco, smentì gli annunci dei media italiani, di aver subito controlli e perquisizioni e sostenne con forza che i suoi organi dirigenti non avevano niente a che fare con gli avvenimenti in Italia. Alcuni giorni dopo la BPG parlò della "visita" del procuratore federale Carla del Ponte, mentre lei a sua volta dispose il blocco dell'informazione. Secondo notizie di stampa italiana la del Ponte si sarebbe incontrata a Lugano a fine settembre con due giudici istruttori di La Spezia. Il 5 ottobre avrebbe visto addirittura il presidente dell'ENI Franco Bernabè, che avrebbe chiesto di prendere misure contro la BPG. Tutte queste notizie della stampa italiana non furono confermate dalla Procura federale. Già il 4 ottobre Erwin Heri si era dimesso dal consiglio di amministrazione della BPG. L'esperto finanziario Heri è direttore generale dell'assicurazione Winterthur ed era stato portato nel consiglio d'amministrazione dal presidente della BPG, Richard Schäfer, per elaborare una nuova strategia d'investimento per la banca. Secondo le dichiarazioni dello stesso Heri egli si dimise perché questo compito era stato espletato, e le sue dimissioni non avrebbero avuto niente a che fare con l'arresto di Pacini Battaglia. Mentre la procuratrice federale manteneva un ferreo blocco dell'informazione, si apprendeva alla fine di ottobre dalla stampa italiana che un giudice istruttore di La Spezia aveva incontrato di nuovo a Lugano la del Ponte. Si sarebbe trattato di documenti da lei sequestrati alla fine di settembre presso la BPG, la cui consegna all'Italia sarebbe tuttavia stata bloccata da un ricorso della banca.

La confusione creata ad arte sui reali avvenimenti alla BPG evidenziano di nuovo le gravi carenze della politica di informazione della Procura Federale Svizzera. Anche per il libro gli eventi precipitarono già dopo il primo giorno di vendita. La Ilex Trust Services di Ginevra ottenne presso il tribunale di Ginevra

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un divieto provvisorio cautelativo di ‘Swiss Connection’ . La stessa richiesta della Iley insieme ad altri cinque querelanti non aveva avuto successo un'ora prima a Zurigo. Due settimane più tardi il tribunale di Ginevra sospese la disposizione di divieto, obbligò i querelanti ad un indennizzo processuale e rinviò l'azione giudiziaria a Zurigo. Nell'ambito di trattative concordatarie al tribunale distrettuale di Zurigo si ebbe in seguito una rielaborazione del capitolo 4 , che tiene conto delle obiezioni del giudice. In un giudizio sommario questo aveva rimproverato al testo di accostare ingiustamente la Ilex e gli altri querelanti all'ambito del riciclaggio di denaro e di fare in alcuni passi offese personali nei confronti di singoli querelanti. Un nuovo titolo del capitolo, modifiche del testo e una rielaborazione redazionale dei passi criticati hanno tenuto conto di questo. Rispetto alla prima edizione è stato eliminato il passaggio sulla catena di boutiques Trois Pommes della Signora Trudie Götz . Sulla base di un'indicazione inesatta contenuta in un'opera di consultazione il passo sopracitato del testo poneva Trois Pommes nell'ambito di un gruppo internazionale Offshore. Alla luce di documenti e informazioni forniti dopo l'apparizione del libro è risultato che il supposto collegamento non c'è stato mai. Per uno spiacevole errore tecnico nella prima edizione si è fatto il nome alle pagine 313 e 321 di una ditta Indaco AG, in realtà non implicata in alcun modo negli avvenimenti descritti. I passi in questione si riferiscono alla ditta Inadco AG.

Gian Trepp, Zurigo, inizio di novembre 1996

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1 MATERIALE DA MEDELLIN

Tutto prese l'avvio per caso il 9 novembre 1988. Nel corso di un controllo di routine sull'autostrada Miami-New York la polizia stradale scoprì un carico di cocaina nell'automobile di Giuseppe Cuffaro. L'italoamericano fu arrestato e dopo alcuni mesi di prigione cominciò a collaborare con la FBI. In qualità di teste principale pentito poteva contare su un verdetto più mite. Siciliano di nascita, Cuffaro era emigrato a New York nel 1970 e lì si era legato alla leggendaria famiglia mafiosa Gambino. Nel 1983 si spostò a Miami, dove prese a collaborare, con un altro emigrante siciliano, John Galatolo, e la sua Scirocco Fan Company. Galatolo riceveva grandi quantità di cocaina dal Sudamerica, che immagazzinava provvisoriamente e divideva in porzioni presso la Scirocco. Anche Galatolo era un mafioso, ma non apparteneva alla famiglia Gambino di New York come Cuffaro ma alla famiglia Galatolo di Palermo. I Galatolo operavano in alleanza strategica con il clan dei Madonia. (1) Negli anni seguenti Galatolo e Cuffaro organizzarono un fiorente commercio di cocaina tra la Florida e New York. Cuffaro confessò anche di avere collaborato ad una fornitura di cocaina diretta a Palermo dalla Colombia. La FBI informò di questa confessione i colleghi a Roma e il 20 gennaio 1990 agenti investigativi italiani poterono interrogare nella sua cella Cuffaro tanto ben disposto a parlare.(2) I poliziotti italiani non si pentirono del viaggio. Il connazionale emigrato negli USA rivelò i dettagli di un commercio di 600 kg. di cocaina della mafia siciliana con il cartello delle droghe di Medellin. La procura della repubblica di Palermo iniziò quindi un'istruttoria internazionale col nome in codice "Big John", che appena due anni dopo avrebbe regalato alla Svizzera lo scandalo Fimo. Fornitore di cocaina dei Madonia era il cartello delle droghe di Medellin, rappresentato da Waldino Aponte Romero e Angel Leon Sanchez. Con i due colombiani Galatolo aveva trattato nell'ottobre 1987 ad Aruba (3), isola delle Antille, per il padrino Madonia il prezzo di 21000 dollari al Kg. (in tutto circa 12 milioni di dollari) e le esatte modalità di consegna. La merce doveva essere portata a Castellammare del Golfo presso Palermo (e Trapani n.d.t.) con la nave "Big John" al comando del cileno Allen Nox, detto "Brito", e lì trasbordata su un peschereccio siciliano. Le coordinate esatte del luogo di consegna, le frequenze radio e una foto della "Big John" furono portate a Palermo ai Madonia da Cuffaro. Il trasporto andò liscio come l'olio. Il 9 gennaio 1988 davanti a Castellammare del Golfo 565 Kg. di cocaina poterono essere trasbordati dalla "Big John" al peschereccio già in attesa. Alcuni giorni più tardi Cuffaro, Aponte Romero e Leon Sanchez si incontrarono a Roma. I due Colombiani erano nervosi perché la rimessa delle prime rate per la cocaina fornita era in ritardo e insistettero per un rapido pagamento. Come tramite indicarono un uomo di nome Giuseppe, al quale il denaro doveva essere consegnato con il contrassegno "Garzon". Come Aponte Romero osservò, questo Giuseppe godeva della fiducia illimitata del suo "chefe" il dott. Garzòn di Medellin, per il quale già da molti anni aveva organizzato transazioni finanziarie internazionali. Cuffaro e Galatolo (4) rintracciarono questo Giuseppe a Milano e gli pagarono il prezzo d'acquisto della cocaina in contanti in banconote italiane.(5) Dell'indirizzo esatto di Giuseppe il Cuffaro pentito non fu più in grado di ricordarsi nella sua confessione. Aveva solo ancora in mente che il suo ufficio era nelle vicinanze del duomo di Milano e decorato che numerose fotografie di cavalli da corsa facevano bella mostra alle pareti.

A Milano cominciò subito la ricerca febbrile del riciclatore di denaro Giuseppe. Il sospetto cadde tra l'altro su Giuseppe Lottusi, agente finanziario con ufficio in Piazza S. Maria Beltrade 1, vicino al Duomo. Lottusi era il consigliere d'amministrazione unico di due società, la Interpart Finanziaria e la Scuderia "Gielle", denominata con le iniziali GL. Il 4 giugno funzionari di polizia italiana mostrarono a Cuffaro nella sua cella di prigione in America una foto di Giuseppe Lottusi, nel quale egli riconobbe immediatamente quel Giuseppe. "L'identificazione di Giuseppe Lottusi" si dirà più tardi nella sentenza " fu la rivelazione decisiva per le indagini" (6). La Criminalpol milanese diretta da Gianni De Gennaro del "servizio centrale operativo" lo sottopose a sorveglianza permanente e al controllo delle linee telefoniche. Dopo più di un anno fu infine arrestato mentre lasciava la sua abitazione la mattina presto

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del 15 ottobre 1991. Era diretto all'aeroporto milanese di Linate e aveva nel bagaglio un biglietto aereo per Zurigo. Contemporaneamente la polizia perquisì abitazione e ufficio in Piazza S. Maria Beltrade e sequestrò una grande quantità di materiale.

IL RICICLATORE GIUSEPPE

Dalla sorveglianza di Lottusi era emerso che per lo meno una volta la settimana faceva la sua comparsa a Chiasso in Corso S.Gottardo 89 presso la Società Finanziaria Fimo SA, nei cui uffici aveva a disposizione una propria scrivania con linea telefonica. (7) "Di quando in quando portava alla Fimo denaro contante o carte valori"(8) Secondo il vicedirettore della Fimo Enzo Coltamai Lottusi portava sia denaro dall'Italia alla Fimo sia denaro da Chiasso in Italia, all'anno in media da 5 a 6 miliardi di lire, per lo più in tranche da 500 milioni.(9) Oltre che nel traffico di denaro contante Lottusi aveva inserito la Fimo anche nel suo ingegnoso sistema di pagamenti per assegni o accreditamenti oltreconfine. Inoltre egli stesso o le sue società e prestanome gestivano tutta una serie di conti, mediante i quali egli pagava denaro in Svizzera, non appena i suoi clienti gli avevano dato in Italia la somma corrispondente in contanti. La consegna veniva fatta per lo più al suo factotum Bruno Verri nella pasticceria Excelsa in Piazza De Angelis a Milano. Il sistema di compensazione funzionava anche in senso opposto : versamenti sui conti di Lottusi in Ticino, pagamenti in contanti a Milano, detratta la commissione, naturalmente. Tra il giugno 1988 e il novembre 1989 le forniture di denaro si sarebbero raddoppiate fino a più di dieci miliardi di lire. Lottusi l'avrebbe informato in anticipo di volta in volta dell'arrivo di una spedizione da Milano. Le banconote italiane da 50.000 e 100.000 lire in in confezioni di plastica sarebbero state messe ,su indicazione di Lottusi, in sacchi delle Poste e Telegrafi Ticinesi e spedite come raccomandate assicurate alla Trade Development Bank (TDB, Ginevra). Beneficiario : Oficina de Cambio Internacional , contrassegno "Garzòn"(10). Aveva la delega per il conto Giancarlo Formichi Moglia. Tra il 16 giugno 1988 e il 13 febbraio 1990 arrivarono alla TDB complessivamente 11 spedizioni assicurate per un totale di 10 miliardi e 275 milioni di lire con il contrassegno "Ref. Garzòn".(11) Questo affare era considerato allora alla Fimo una faccenda del principale. Il superiore del vicedirettore Coltamai, il vicepresidente della Fimo Lorenzo Aloisio, conoscente di Lottusi da lunghi anni, aveva approvato la transazione. Dopo che Lottusi gli aveva chiesto se fosse in grado di versare 10 miliardi su un conto della TDB Aloisio gli aveva risposto che la cosa era fattibile. Invii fino a 300 miliardi sarebbero stati trasferiti a Ginevra in forma di bonifico, nel caso di importi più alti sarebbe stato spedito materialmente denaro contante come assicurata.(12) Il controllo del telefono di Lottusi aveva rilevato colloqui particolarmente frequenti con Giancarlo Formichi Moglia, titolare del conto "Oficina de Cambio Internacional" presso la TDB a Ginevra.

Formichi Moglia, emigrato negli USA agli inizi degli anni '70, era gestore d'affari della ditta R.C.G. Entreprises in South Hill Street 550 a Los Angeles. Allo stesso indirizzo erano domiciliate altre due società, l'Oficina de Cambio e L'Oficina de cambio Internacional. Tutte e tre le ditte di Formichi Moglia usavano lo stesso numero di registro presso il registro di commercio californiano (P53728870) e gli stessi conti presso la Security Pacific Bank of Los Angeles.(13) Come società madre dell'Oficina de Cambio e l'Oficina de Cambio Internacional firmava una società venezuelana con sede a Caracas,(14) come loro procuratori firmavano Formichi Moglia e la sua segretaria Rose Kirby.(15) Le tre società di Formichi Moglia a Los Angeles erano sorvegliate nell'ambito dell'azione anti-droghe "Polar-Cap" dell' FBI e furono infine smascherate quale veicolo di riciclaggio di denaro per il cartello di Medellin. Giancarlo Formichi Moglia e la sua segretaria Rose Kirby dalla fine del 1987 alla fine del 1988 avevano trasferito da Los Angeles al Venezuela circa 40 milioni di dollari di denaro derivante dal traffico di droga.(16) Dopo l'arresto di Lottusi Formichi Moglia e Kirby se ne andarono in Australia, dove entrambi furono infine arrestati il 13 ottobre 1992 e estradati in Italia.(17)

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LOTTUSI CONDANNATO

Quasi due anni dopo l'arresto, Lottusi fu processato a Palermo nel 1993 (insieme con 15 coimputati in parte fuggiti). Fu condannato a 20 anni di prigione, sentenza contro cui il suo avvocato Giorgio Sanseverino fece appello. Lottusi non sarebbe stato un mafioso ma semplicemente un galoppino della mafia che riceveva ordini da Formichi Moglia. L'istanza giudiziaria immediatamente superiore si conformò a questa argomentazione e lo condannò per riciclaggio di denaro ad una pena ridotta a 12 anni.(18) A molti anni di prigione per riciclaggio di denaro furono condannati alla fine del 1994 a Palermo anche Formichi Moglia e la sua segretaria Kirby. Significativo è che la loro difesa aveva sostenuto una versione dei fatti esattamente contraria a quella di Lottusi, e cioè che loro erano solo gli inconsapevoli esecutori delle disposizioni di un Giuseppe Lottusi pienamente informato.

Per i giudici di Palermo era provato che il clan Madonia pagava in contanti al riciclatore Giuseppe Lottusi il prezzo della cocaina, fornita dal cartello di Medellìn. Lottusi versava il denaro via Fimo sul conto di Giancarlo Formichi Moglia, prestanome di Medellìn, presso la Trade Development Bank di Ginevra. (19) Abbiamo con ciò un tipico riciclaggio di denaro in più stadi attraverso due istituti finanziari svizzeri. La Fimo (Chiasso) e la Trade Development Bank (Ginevra), usate come stazioni di riciclaggio, vengono esaminate in maniera più analitica nei due capitoli seguenti.

Note:

1) Francesco Madonia era il capo o capofamiglia della famiglia Resuttana. Dalla fine degli anni '70 fino al suo arresto in seguito all'affare "Big John" fece parte della cosiddetta cupola o commissione interprovinciale, il supremo organo mafioso in Sicilia. I Madonia erano alleati al clan dei Corleonesi, il cui capo Totò Riina era uscito vincitore dalle sanguinose lotte mafiose siciliane dell'inizio degli anni '80. Nel dicembre 1989 fu arrestato a Palermo. (Cfr. Falcone, Giovanni : ‘Cosa Nostra ‘, Parigi 1991)

2) Tribunale Civile e Penale di Palermo: Sentenza contro Aponte Romero,Waldino (Sentenza anno 1993 /N:248 bis/ 93 Sent./B163 /91 Reg.Gen./(+131/92 Reg.Gen.)/N.6981/90 P.M.), 24. 3. 93,p.9. Questo verdetto viene qui di seguito citato come TCPP (+14).

3) L'isola caribica Aruba si trova davanti alla costa del Venezuela. Diversamente dall'isola sorella Curaçao, che vuole restare con l'Olanda, nel 1986 Aruba ha votato per la piena indipendenza dlla ex potenza coloniale a cominciare dal primo gennaio 1996. Aruba gestisce come Curaçao un'importante piazza finanziaria offshore. Numerosi resoconti documentano il massiccio infiltrarsi ad Aruba delle organizzazioni criminali, soprattutto dalla Colombia e dall'Italia.

4) John Galatolo fu arrestato nel febbraio 1990 grazie alla confessione di Giuseppe Cuffaro.

5) TCPP (+14), p.12

6) TCPP (+14), p.102

7) TCPP (+14), p.104

8) Criminalpol Milano : Rapporto 9009001, s.d..,pp.14 segg.

9) Interrogato da procuratori italiani a Lugano il 17 dicembre 1991 Enzo Coltamai ha confermato che Lottusi da ben più di dieci anni intratteneva buoni rapporti con la Fimo e aveva un posto di lavoro con telefono. Era stato presentato dal suo predecessore Ernesto Bongiovanni che aveva lavorato con la Fimo già dall'inizio degli anni '60. Il 5 marzo 1992 Coltamai fu messo a confronto in una prigione milanese con Lottusi, che confermò per intero le sue dichiarazioni; un giorno prima Lottusi aveva confermato anche le dichiarazioni di Cuffaro.

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10) TCPP (+14), p.104 segg.

11) TCPP (+14), p.109

12) TCPP (+14), p.109

13) TCPP (+14), p.26

14) Nel loro consiglio di amministrazione erano presenti Nelson Manuel Garcìa Ramirez e Alvaro Velez Trilloz.

15) TCPP (+14),p.109

16) TCPP (+14), p.36

17) Lottusi telefonava spesso anche al fiduciario in pensione Ernesto Bongiovanni a Perugia. Era stato lui a insegnargli il mestiere di consulente finanziario, a introdurlo alla Fimo e a lasciargli dopo il suo pensionamento la clientela abituale (TCPP [+14], p.103). Altri frequenti partner delle conversazioni telefoniche di Lottusi erano Savino Porcelluzzi, Andrea Palombini e i due lussemburghesi Emile Vogt e Marc Neuen. Neuen lavorava per la Filiale des Crèdit Industriel d'Alsace et Lorraine lussemburghese. Vogt faceva parte del consiglio di amministrazione della Compagnie Financière de Gestion e della Banque de Luxembourg. La Compagnie Financière de Gestion era già finita sui giornali un anno prima in relazione alla cosiddetta Duomo Connection milanese. Gaetano Nobile, accusato di traffico di droga, aveva parcheggiato lì il suo denaro. Nel corso dell'istruttoria contro Lottusi emerse marginalmente anche il nome della filiale di Henry Ansbacher & C.ic. a St. Peter Port (Guersney). Il suo agente di collegamento Roberto Pizzuti a St.Peter Port era titolare di numerosi conti presso la locale Filiale della Henry Ansbacher & Cic. (“Eco di Locarno”, 10. 11. 91). Secondo “L' Eco” il partner di Lottusi Pizzuti faceva parte anche del Plaiderie Trust, St.Peter Port (Guersney) . Oltre ad avere collegamenti a Guersney Lottusi aveva fondato 9 società anche in inghilterra, e precisamente Varvelta Ltd., Vecta Glass Company, Gateway Consultant Company, Rexfinch, Maytime Development, Landama, Riteridge, Trindust, Nordstern.

18) Contro la sentenza si appellò da parte sua la Procura della Repubblica. In base alle dichiarazioni del pentito Cuffaro, l'accusa ritiene che Lottusi sia un mafioso. (TCPP [+14], p.114 segg.)

19) Un'ulteriore base d'appoggio di Lottusi in Ticino era la Kreditanstalt svizzera di Lugano che in un comunicato stampa del 31 ottobre 1991 escluse ogni coinvolgimento negli affari di Lottusi e ribadì la sua disponibilità ad una piena collaborazione con la giustizia. La filiale di Lugano del grande mediatore di borsa statunitense Merril Lynch, che era stata pure messa in relazione con Lottusi, aveva fatto sapere il 18 ottobre attraverso l'avvocato Pier Felice Barchi, di aver agito sempre secondo l'uso comune in ambito finanziario. (Nello studio legale di Pier Felice Barchi la del Ponte aveva fatto quasi 20 anni prima i suoi primi passi come avvocatessa). Anche la filiale di Lugano della Ilex Trust Services (Ginevra) fu citata come interlocutrice di Lottusi sulla base di un comunicato di polizia italiano sull' “Eco di Locarno” (10. 11. 91). Già il 18 ottobre 1991 il procuratore di stato Carla del Ponte attestò alla Kreditanstalt (Lugano), a Merill Lynch (Lugano) e alla Ilex Trust Services (Lugano) che poteva essere escluso ogni coinvolgimento di quadri direttivi e consiglieri di amministrazione.

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2. FIMO OVVERO LA BUONA FEDE

La Finanziaria Mobiliaria SA, detta in breve Fimo, era stata fondata il 21 marzo 1956 dal notaio Ercole Doninelli a Chiasso. Il capitale di fondazione ammontava a 100.000 franchi ed era suddiviso in mille azioni, sottoscritte da due ticinesi e cinque italiani, tra cui Carlo Vincenzo Aloisio di Torino. (1) Gli affari in seguito debbono essere andati bene se nel 1963 il capitale azionario si era decuplicato raggiungendo il milione di franchi. Le 9000 nuove azioni furono sottoscritte da due direttori della filiale di Chiasso della Schweizerische Bankgesellschaft (SBG), Edgardo Botta e Gianfranco Keller. Con ciò la SBG (Chiasso) controllava il 90 percento delle azioni Fimo. Contemporaneamente due dei consiglieri amministrativi ticinesi fino allora in carica (2) diedero le dimissioni e cedettero le loro quote di capitale in forma fiduciaria a Ercole Doninelli, che entrò nel consiglio di amministrazione. Un altro nuovo arrivo in questo comitato fu costituito da Lorenzo Aloisio (3), figlio dell'azionista di fondazione torinese Vincenzo Aloisio, e abitante a Besazio. Negli anni '60 la Fimo continuò ad espandersi fortemente e nell'aprile 1972 il capitale salì da uno a tre milioni, sottoscritto di nuovo interamente dalla SBG (Chiasso). Nuovo presidente divenne il notaio Ercole Doninelli, nuovo vicepresidente Lorenzo Aloisio. Nel dicembre 1976 la SBG negoziò per il partner Aloisio l'acquisto della piccola banca zurighese Bank Roulston. (4) Aloisio cambiò il nome dell' istituto in Banca Albis, raddoppiò il capitale a due milioni e prese in affitto uffici più grandi in Gerbergasse 6, vicino alla Zürcher Bahnhofstrasse. In seguito la nuova acquisizione di Aloisio servì alla società finanziaria Fimo, a presentarsi come banca col nome Albis senza possedere una licenza della commissione bancaria. La Fimo e i suoi clienti erano allora in assoluto i clienti più importanti della banca Albis.(5) Nella seconda metà degli anni '70, mentre la piazza finanziaria Ticino era sconvolta dallo scandalo della filiale di Chiasso della Kreditanstalt e dallo scandalo di Weisskredit,di cui non si è ancora parlato, il discreto trio di successo SBG-Aloisio-Doninelli, passando del tutto inosservato, incassava con la Fimo lauti guadagni nel mondo degli affari finanziari italo-svizzero. Nel 1982 un'operazione di scambio non ortodossa sistemò la posizione contraria alla legge bancaria della società gemella Fimo-Banca Albis. La Fimo sottoscrisse un aumento di capitale di tre milioni della banca Albis che pagò con un apporto di beni in natura. Ciò consistette nel trasferimento dell'attività di tipo bancario della Fimo alla banca Albis. Concretamente accadde questo : La banca Albis aprì nei locali della Fimo in Corso San Gottardo 89 a Chiasso una filiale, che prese 27 dei 30 posti di lavoro e attivi e passivi della Fimo per 30 milioni di franchi, dei quali 10 milioni in oro. Da allora la filiale di Chiasso della banca Albis e la Fimo lavorarono negli stessi uffici in Corso San Gottardo 89. Grazie all'abile operazione si erano adeguati alla legislazione bancaria senza dover veramente mutare qualcosa nell'andamento degli affari. Da un punto di vista economico Fimo e Banca Albis rimasero gemelli monozigotici. Vale a dire che la società finanziaria Fimo non sottoposta alla legislazione bancaria aveva una porta posteriore aperta su una banca. Che questo stratagemma degno di un azzeccagarbugli non fosse allora in contraddizione con gli standard dell'etica degli affari della SBG è significativo. (6) Già un anno più tardi, nell'aprile 1983, la Fimo aumentò il suo capitale da tre a sei milioni, sottoscritto per metà rispettivamente da Ercole Doninelli, mediante la sua Stefany Financing Company SA (Chiasso) e da Lorenzo Aloisio. Con ciò erano cambiate anche per la prima volta dal 1963 le quote di partecipazione al gruppo Fimo-Banca Albis: la SBG (Chiasso) controllava ora anzichè il 90 percento, ancora circa la metà delle azioni Fimo, mentre Doninelli e Aloisio ne avevano circa un quarto. Nel gennaio 1986 infine la SBG (Chiasso) ridusse la sua partecipazione alla Fimo a circa il 45 percento. Vendette appena il 5 percento alla Itoko Holding SA, che (attraverso la GiBi Fiduciaria SA) erano detenuti da Guido Brioschi, Luisa Gianella Brioschi e Giancarlo Tramezzani.(7)

MISTERIOSE DIMISSIONI IN MASSA

Nella primavera 1988 si ebbero dimissioni in massa dal consiglio d'amministrazione della Banca Albis,

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gemella della Fimo. Nel febbraio e nel marzo 1988 Roberto Feller (8) e Andrè W. Cornu (9) annunciarono il loro ritiro solo poche settimane prima dell'assemblea generale a Zurigo. Nel corso di quest'assemblea diede le dimissioni anche il presidente della banca e avvocato Giordano Borradori di Lugano. Nell'organo supremo della banca Albis restò solo l'avvocato Fernando Rizzoli, collega d'ufficio del famoso avvocato e consigliere nazionale della CVP, Gianfranco Cotti.(10) I tre dimissionari furono sostituiti alla Banca Albis dall'avvocato zurighese Rudolf Hegetschweiler in qualità di nuovo presidente e dalla allora consigliera nazionale liberale Geneviève Aubry, originaria del Giura bernese. La Aubry, priva d'esperienza nel campo delle operazioni bancarie, aveva un ruolo di facciata, come si deduce dal fatto che era l'unica consigliera d'amministrazione a non far parte del comitato. Anche alla Fimo dopo il terremoto presso la Banca Albis affiliata si ebbe nel giugno 1988 un rimpasto. Un'assemblea generale straordinaria elesse nuovo presidente della Fimo Gianfranco Cotti.(11) Divenne nuovo membro del consiglio d'amministrazione Demetrio Ferrari, collega di Cotti ed ex granconsigliere della CVP. Nel mondo politico Ferrari e Cotti erano considerati eminenze grige della CVP ticinese. Il motivo dei cambiamenti precipitosi nei consigli di amministrazione del gruppo Fimo / Banca Albis non è noto- si tratti o no di un caso : poco prima delle dimissioni Giuseppe Lottusi alla fine del 1987 aveva chiesto per sua stessa ammissione a Lorenzo Aloisio, se il gruppo Fimo/ Banca Albis poteva trasferire circa dieci miliardi di lire in contanti alla Trade Development Bank (Ginevra).(12) Di fatto il gruppo Fimo/ Banca Albis fu rafforzato dal rimpasto. I due politici conosciuti a livello nazionale, Geneviève Aubry e Gianfranco Cotti, gli procurarono rispettabilità. Sia Cotti, uomo del CVP che la liberale Aubry appartenevano all' ala destra dei loro partiti. Entrambi comparvero nell'agosto 1988 nell'elenco degli oratori del Congresso anticomunista WACL.(13) Il 22 novembre 1988 entrò infine nel consiglio di amministrazione della Fimo Valentino Foti, amico di gioventù di Lorenzo Aloisio. Già nel 1971 i due avevano comprato in Friuli (San Vito, Pordenone) la vetreria Sirix. (14) "Lorenzo credeva allo sviluppo del settore industriale nella Fimo", disse Foti," ogni volta che avevo bisogno di denaro per la Sirix era sempre pronto a condividere il rischio con me".(15) Grazie alle iniezioni di capitale della Fimo, Foti fu in grado di trasformare la Sirix in un gruppo di cinque vetrerie con circa 600 dipendenti e con un volume di affari annuo di più di 100 miliardi di lire. (16) Contemporaneamente il suo amico Aloisio fece una brillante carriera in Svizzera. Nel 1988 la Fimo, sotto l'influsso di Foti, che poi entrò nel consiglio di amministrazione, acquistò una quota minoritaria della SA Financière Patience Beaujonc (PB Finance) di Antwerpen, un investimento di cui più tardi la Fimo dovette pentirsi. (17) Ma i sogni di Aloisio e Foti di figurare nella prima classe delle vetrerie europee non si realizzarono. Aloisio morì all'inizio del 1990 e Foti in caso di problemi finanziari non potè più contare sull' aiuto della Fimo. Diversamente dal suo amico Lorenzo "il resto della sua famiglia era più interessata alla finanza (che all'industria vetraria ). Perciò si giunse più tardi ad una rottura." (18) Gli affari andarono sempre peggio e la Fimo si ritirò dalla PB Finance belga.

ORO E GIOIELLI

Prosperava invece il commercio d'oro e gioielli. Il 4 aprile 1991 la Fimo fondò la Società per il Commercio di gioielli Fimo Gem Stone con un capitale di 300.000 franchi e domicilio in Corso San Gottardo 89. Presidentessa divenne Luisa Gianella Brioschi della Itoko, azionista di minoranza Fimo. Il consiglio d'ammministrazione fu composto da Emilio Aloisio di Torino, parente di Lorenzo Aloisio, e da Luigi Tamburini, a lungo direttore della Fimo ticinese e più tardi consigliere d'amministrazione della Fimo. Direttore della ditta per il commercio di gioielli Fimo Gem Stone divenne Saverio Repetto (19) di Torino. Dopo l'arresto di Lottusi nell'ottobre 1991 la Fimo Gem Stone cambiò nome in Fingems Financial Gems Invest SA. Nel dicembre 1991 la Fimo costituì una joint-venture con la Società Vietnam Oro, Argento e Pietre preziose (Hanoi), con un capitale di un milione di dollari, versato per metà dal partner vietnamita e per metà da quello svizzero. Per la Fimo fa parte del consiglio di amministrazione Giovanni Cararra, per la Società Vietnam Oro, Argento e Pietre preziose Le Thanh-

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Lung.(20)

SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA

Quando il riciclatore Giuseppe Lottusi fu arrestato a Milano il 15 ottobre 1991, il consiglio d'amministrazione della Fimo si presentava così: oltre al presidente Gianfranco Cotti e al vice Emilio Aloisio di Torino ne facevano parte anche Elio Fiscalini (21), Demetrio Ferrari, Lucia Galliano-Aloisio e Valentino Foti. La direzione della Fimo era composta da Piergiorgio Aloisio e Luigi Tamburini, vicedirettore era Enzo Coltamai.(22) Nel consiglio di amministrazione della Banca Albis, affiliata alla Fimo, c'era in qualità di presidente Rudolf Hegetschweiler di Zurigo. Membri erano Geneviève Aubry, Bernhard Burkhard e Fernando Rizzoli. Direttori erano Fabrizio Donati e Pier Luigi Gallo.(23) Il nome Fimo compare per la prima volta nei media svizzeri il 16 ottobre 1991 sul ticinese "Dovere", dopo che la stampa italiana il giorno prima aveva informato dell'arresto di Lottusi senza nominare ancora la Fimo. Il nome della Fimo e del suo presidente Gianfranco Cotti apparvero sia in "Dovere" che sul giornale italiano "La Repubblica" solamente il 17 ottobre. Il giorno stesso sia la direzione della Fimo che Cotti fecero pervenire ai media dichiarazioni che furono pubblicate il 18 ottobre. La direzione della Fimo dichiarò di aver agito sempre nel rispetto degli obblighi di scrupolosità, usuali nel settore e di essere naturalmente pronta ad ogni collaborazine con le autorità. Non c'era -aggiunse- alcuna inchiesta pendente nei confronti di organi o impiegati della Fimo.(24) Cotti da parte sua dichiarò che come presidente della Fimo non aveva constatato alcun atto della società contrario alla legge vigente e non aveva mai avuto contatti diretti o indiretti con le persone sospettate.(25)

UN IMMEDIATO CERTIFICATO PERSIL * PER COTTI

Lo stesso giorno della dichiarazione stampa di Cotti si fece sentire a sua volta con una dichiarazione stampa Carla del Ponte allora ancora in carica come procuratore di stato del Ticino. La Signora del Ponte comunicò che nel caso Lottusi era stato aperto un procedimento penale contro ignoti , per il sospetto di ripetuto e grave riciclaggio di denaro ed eventuale violazione del dovere di meticolosità negli affari finanziari. Già nella frase successiva la del Ponte contestava categoricamente ogni corresponsabilità del consiglio di amministrazione e della direzione della Fimo, la possibile implicazione di impiegati non venne invece esclusa fin da principio. Una simile dichiarazione di un procuratore di stato che annuncia un' inchiesta penale e nello stesso momento scagiona categoricamente i potenziali responsabili, non si conosceva prima negli annali della giustizia penale svizzera. La del Ponte non ha saputo poi mai spiegare da dove abbia tratto allora la giustificazione per l'istantaneo certificato Persil, cosa che non ha nuociuto però in alcun modo alla sua carriera successiva. Al contrario. Quando Giuseppe Sergi ,consigliere cantonale del partito socialista definì più tardi discutbile il suo comportamento in questa faccenda e chiese un'inchiesta amministrativa contro il procuratore del Ponte, fu duramente biasimato dal governo ticinese: avrebbe voluto gettare di proposito discredito sulla del Ponte.(26) Se l'affare Fimo/ Cotti nonostante il certificato Persil della del Ponte riuscì a trasformarsi da avvenimento locale ticinese in tema dei media nazionali, ciò avvenne grazie alla televisione svizzera. Il programma televisivo di informazione e intrattenimento "10 minuti alle 10", allora nuovo, aveva bisogno di storie piccanti per aumentare le percentuali d'ascolto. Questo condizionamento fu più forte di tutto il lavorio di lobby da parte di Cotti per far passare sotto silenzio la cosa. Il redattore capo di "10 minuti alle 10" Jürg Wildenberger mandò a Palermo il giornalista Klaus Vieli dal procuratore della repubblica Giusto Schiacchitano che illustrò subito l'importante ruolo della Fimo come stazione di transito nelle transazioni di Lottusi per la mafia e il cartello di Medellìn. Nella trasmissione TV del 15 novembre 1991 si accennò anche, come di dovere, al fatto che l'allora consigliere nazionale CVP Cotti presiedeva la commissione del parlamento federale che doveva stabilire le norme penali nel caso di infrazioni ai paragrafi di legge sul riciclaggio di denaro, mentre

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Lottusi contemporaneamente portava alla Fimo, presieduta dallo stesso Cotti, il denaro da narcotraffico in sacchi di plastica. Cotti si oppose con successo alle mozioni di minoranza socialiste che prevedevano un aggravarsi del fenomeno riciclaggio di denaro- chiese invece fiducia nei confronti delle banche e delle società finanziarie. Dopo che la televisione aveva reso di pubblico dominio lo scandalo Fimo, Cotti fu costretto ad agire: sul "Corriere del Ticino" del 19 novembre 1991 rese note le sue dimissioni da presidente della società. (27) E non mancò naturalmente di far riferimento al certificato Persil della del Ponte. Alla radio del Ticino Cotti aveva dichiarato già il 17 novembre di aver lasciato la presidenza della Fimo il 10 ottobre, dunque già prima dell'arresto di Lottusi, e che lui non aveva niente a che fare con quest’ultimo. Si sarebbe ritirato perché non era d'accordo sulla gestione della Fimo. Il nome Lottusi l'avrebbe appreso dai media. Non avrebbe potuto occuparsi in maniera approfondita dei singoli affari delle imprese, del cui consiglio di amministrazione faceva parte. Anche degli stretti legami della Fimo con la banca affiliata Albis sostenne di non aver saputo niente- sebbene il suo socio di studio Fernando Rizzoli fosse membro del consiglio d'amministrazione della Banca Albis.(28) E sebbene l'assemblea generale della Fimo del 22 novembre 1988 in base a documenti del dossier Fimo del Registro di Commercio di Mendrisio si sia tenuta nello studio che divideva con Rizzoli. Inattendibile appare la motivazione delle dimissioni data da Cotti, se confrontata con la sua prima dichiarazione ai media del 17 ottobre, in cui non diceva ancora nulla di un ritiro dalla presidenza Fimo. Al contrario egli prendeva qui posizione in maniera chiara e inequivocabile come presidente della Fimo. Anche al Registro di Commercio di Mendrisio manca una lettera di dimissioni del 10 ottobre 1991. C'è solo la sua lettera del 13 novembre in cui rimanda ad un presunto scritto del 10 ottobre. Il dipartimento di polizia e giustizia del Ticino gli comunicò infine il 14 novembre e ancora il 4 dicembre, che il suo ritiro non era avvenuto in modo conforme alla legge. La data delle dimissioni è il 22 novembre, nel Bollettino commerciale svizzero le dimissioni furono rese pubbliche il 25 novembre. Le circostanze quanto mai strane del ritiro di Cotti sono così destinate a rimanere oscure. Si può pensare che la sua lettera non sia stata recapitata o che sia andata perduta al Registro di Commercio. Questa fu comunque la spiegazione di Cotti (29). Nei mesi seguenti egli fu preso di mira pesantemente da diverse parti per il suo ruolo di presidente della Fimo. Il cabarettista Lorenz Keiser lo prese in giro nel suo programma, e Cotti lo denunciò per oltraggio al suo onore, cosa che portò ad una lunghissima controversia in tribunale. All'assemblea generale della CS Holding l'addetta stampa di Zurigo Ruth Binde fece la proposta che Cotti non fosse eletto nel consiglio di amministrazione della CS. (30) Non ottenne la maggioranza, ma dalla sala si levò un applauso fragoroso. Allorché il presidente dell'assemblea Rainer Gut,a causa del consenso alla richiesta della Binde, deliberò per Cotti l'elezione per iscritto, un candidato visibilmente pallido visse alcuni istanti di paura. In una trasmissione della televisione della Svizzera occidentale nel giugno 1994 Jean Ziegler, il critico delle banche, citò la Fimo come esempio dell'infiltrazione in Svizzera del crimine organizzato. In conseguenza di ciò fu denunciato dalla Fimo. Ma sia il Consiglio nazionale che il Consiglio degli Stati rifiutarono di di togliergli l'immunità parlamentare. Il consigliere nazionale Charles Poncet (PLS,Ginevra) espresse l'opinione che Ziegler avesse esagerato ma che fondamentalmente avesse detto la verità.(31)

UN COLPO DI SPUGNA

Nell'estate 1992 lo scandalo Fimo cominciava già ad essere dimenticato. A Lugano la del Ponte manteneva un silenzio assoluto, e i media rinunciarono ad ulteriori indagini. Il consiglio d'amministrazione della Fimo approfittò abilmente del momento favorevole per limitare i danni e si adattò prontamente sotto il successore di Cotti Elio Fiscalini (32) alla nuova situazione.L'avvocato d’affari Fiscalini aveva l'ufficio in Corso San Gottardo a Chiasso e come Cotti era una colonna portante dell' establishment ticinese. Grazie a questa figura di primo piano la SBG di Chiasso, azionaria Fimo, potè continuare con successo la politica di basso profilo portata avanti dal 1963. I media e l'opinione pubblica non sapevano chi in fondo fosse responsabile del gruppo Fimo /Banca

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Albis. Anche nel consiglio di amministrazione della Banca Albis, affiliata alla Fimo, che aveva superato indenne lo scandalo della società madre, si arrivò nel 1992 ad alcuni cambiamenti. Nell'ottobre 1991 l'avvocato Max Schmidlin divenne un nuovo membro di questo organo. Nel novembre 1992 Fernando Rizzoli, collega di studio di Cotti, fu sostituito dall'avvocato Hans Rudolf Staiger. (33) Ma il cambiamento più importante era già andato in scena nell' agosto 1992 quando l'ex direttore della banca popolare Bernhard Burkhard era stato sostituito dall'ex procuratore di stato ticinese Venerio Quadri.(34) Il predecessore della del Ponte, lasciato il servizio statale nel dicembre 1990, aveva aperto uno studio legale a Lugano, e continuò tuttavia a far parte dell'apparato giudiziario ticinese come giudice supplente del PPC nel tribunale cantonale di secondo grado. Mutar di campo procurò a Quadri alcuni mandati di non poco interesse finanziario: con la Banca Commerciale di Lugano e la Banca Atlantis di Ginevra rappresentava clienti con i quali aveva già avuto a che fare come procuratore di stato.(35) Passaggi simili da parte di un avvocato dall'ambito giuridico a quello economico - a differenza di quanto avviene ad esempio in Italia- in Svizzera non sono vietati ma sono considerati discutibili sul piano etico. (36) perché le conoscenze da insider di un ex magistrato danno ai suoi clienti un vantaggio non fair nel complesso intrico delle vie legali e ostacolano la ricerca della verità. Non si è dimenticato che il procuratore di stato Quadri nell'ottobre 1990 aveva aperto su iniziativa milanese un procedimento contro ignoti in relazone al caso del riciclatore Lottusi. Una delle prime clienti che sfruttarono le competenti cognizioni da insider del novello libero professionista fu nella primavera 1992 la Fimo. (37) In estate Quadri entrò a far parte del consiglio di amministrazione della Banca Albis e si mise in luce anche sui giornali come difensore del gruppo Fimo-Banca Albis.Ad esempio su" Le Nouveau Quotidien" di Losanna cercò di ottenere la comprensione dei lettori : "perché la Fimo avrebbe dovuto insospettirsi , Lottusi era conosciuto nel loro ambiente dal 1975."(38) Anche con i mandati da consigliere d'amministrazione presso la Fardafid SA (Lugano) e la Fardafin Holding (Lugano) (39), dove aveva un ruolo importante Elio Fiscalini, l'impegno di Quadri per il gruppo Fimo / Banca Albis risultò fruttuoso.(40)

COMIFIN OVVERO IL COPRICAPO MAGICO CHE RENDE INVISIBILI

Il gruppo Fimo-Banca Albis non solo si rinnovò con successo a livello di consiglio di amministrazione ma si riorganizzò anche sul piano operativo. All'inizio del luglio 1992 il vicedirettore della Fimo Enzo Coltamai, già persona di riferimento di Lottusi, lasciò la sua vecchia datrice di lavoro e passò alla Comifin SA appena fondata. Coltamai non ebbe bisogno di trasferirsi, perché la Comifin aveva gli uffici allo stesso indirizzo della Fimo e della Banca Albis, precisamente in Corso San Gottardo 89 a Chiasso. Ben presto fu chiaro che la Comifin portava avanti gli affari della Fimo sotto un nuovo nome. La Comifin era stata fondata il 25 maggio 1992 con un capitale azionario di 200.000 franchi. Azionista di fondazione fu la Fiduciaria GiBi (Lugano), azionista di minoranza della Fimo, che ricevette 198 azioni a 1000 franchi. La Fiduciaria GiBi deteneva attraverso la Itoko SA anche non più del 5% delle azioni Fimo.(41) La presidentessa della GiBi Luisa Gianella Brioschi firmava anche come presidentessa Comifin. Gianella Brioschi ricevette un'azione Comifin esattamente come il fiduciario Giancarlo Tramezzani di Ponte Tresa che era pure entrato nel consiglio di amministrazione della Comifin.

ENTRA IN AZIONE MANI PULITE

Quando il nome Fimo era stato ormai dimenticato dall'opinione pubblica, la società comparve il 18 marzo 1993 per la prima volta nelle istruttorie dei pubblici ministeri milanesi Antonio Di Pietro e Gherardo Colombo contro la corruzione nella società petrolifera italiana di stato ENI. Il cassiere delle bustarelle ENI Pierfrancesco Pacini Battaglia, vicepresidente e principale azionista della Banca Karfinco di Ginevra, vuotò il sacco. Questa storia avventurosa viene narrata in maniera dettagliata più

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avanti, qui ci interessano solo le dichiarazioni di Pacini Battaglia sulla Fimo. Pacini Battaglia descrisse al pubblico ministero Di Pietro come egli di volta in volta portava a Roma al tesoriere del partito socialista Vincenzo Balzamo le bustarelle dell' ENI: "Consegnavo le banconote a Balzamo nella sua Lancia Tema verde, che lui parcheggiava sotto la finestra del mio ufficio (a Roma). Domanda di Di Pietro: Dove prendeva il denaro? Pacini battaglia : da un conto Eni all'estero. Domanda di Di Pietro : Come arrivava in Italia? Pacini Battaglia: Veniva portato da una società specializzata di spalloni [termine italiano per indicare i contrabbandieri]. Domanda di Di Pietro : Come si chiama questa società? Pacini Battaglia: Si chiama Fimo.(42) Nel corso della sua testimonianza Pacini Battaglia dichiarò anche di avere collaborato dall'inizio del 1992 fino al maggio 1992 con un certo "Enzo e un Rino presso la Comfin-Fimo in Corso San Gottardo 89 a Chiasso". Pacini Battaglia: "La Comifin- Fimo è un'agenzia di cambio che dà lavoro a spalloni e che fornisce direttamente denaro contante a determinati indirizzi" (43)In questo modo contrabbandieri della Comifin-Fimo avrebbero portato direttamente alla sede centrale della Democrazia Cristiana in Piazza del Gesù bustarelle dell' Eni. Alla domanda perché avesse scelto per i suoi trasferimenti di denaro proprio una ditta finita sui giornali per riciclaggio di denaro della mafia con titoli a caratteri cubitali, Pacini Battaglia rispose: "perché sono i migliori spalloni che esistano"(44)

L' UOMO DAL PIEDE D' ORO

Il gruppo Fimo- Banca Albis era implicato nel 1994 in altri scandali italiani oltre a quello delle bustarelle ai politici. "I miliardi per Lentini nella banca- tangenti" titolava il "Corriere della Sera".(45) Il riferimento era alla Banca Albis di Chiasso, stazione di transito di mazzette che il club calcistico di Berlusconi AC Milan aveva pagato al presidente Gianmauro Borsano dell'AC Torino. Il motivo era il trasferimento del campione di calcio Gianluigi Lentini da Torino a Milano. (46) Il "Corriere della Sera" non dimenticò di far cenno alla notorietà del gruppo Fimo/ Banca Albis definendolo nel sottotitolo "punto di distribuzione delle tangenti ENI e sportello utilizzato dalla mafia".(47) Il caso Lentini dimostrò di nuovo come aveva funzionato il sistema Fimo -Banca Albis . L'AC Milan (proprietà privata di Berlusconi) voleva assolutamente avere nella sua squadra il supercampione Lentini. Ma Lentini intendeva restar fedele ai suoi fan torinesi. Berlusconi gli offrì però tanti soldi che il giocatore tradì i suoi fan e passò al Milan. Il presidente del Torino Gianmauro Borsano ricevette una tangente perché organizzasse rapidamente il trasferimento. (48) Come Borsano rivelò al pubblico ministero milanese Gherardo Colombo, si mise in contatto con Emilio Aloisio, il consigliere amministrativo della Fimo residente a Torino e cugino dell'ex vicedirettore- Fimo Lorenzo Aloisio, morto nel 1990. Nella primavera 1992 l'AC Milan versò la prima rata -mazzetta di 4 miliardi di lire alla Banca Albis. Il denaro proveniva da un conto del manager del Milan Galliani presso la SBG di Chiasso. La Banca Albis pagò la cifra , detratta la commissione, alla società finanziaria torinese Cambio Corso di Aloisio , che trasmise al Borsano, lasciatosi corrompere, il controvalore in obbligazioni di stato. Poco tempo dopo passarono allo stesso modo ancora tra i 6,5 e gli 8,5 miliardi di lire (49). La procura della repubblica di Torino fece una perquisizione domiciliare presso la Cambio Corso e sulla base dei documenti rinvenuti presentò una rogatoria alla Svizzera.Circa un anno dopo arrivò a Torino la documentazione richiesta della transazione della Banca Albis.

IL PRESIDENTE DELLA FIMO PARLA CHIARO

La comparsa del gruppo Fimo - Banca Albis nel vortice delle inchieste di Mani Pulite sembrò non impressionare più di tanto il presidente della Fimo Elio Fiscalini. Allo stesso modo non si era lasciato impressionare due anni prima dall'affare Lottusi a proposito del quale disse allora ad un giornalista del quotidiano romano "La Repubblica": "La Fimo non ha alcuna responsabilià nel caso Lottusi. Fino al

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momento del suo arresto era stato un uomo incensurato , raccomandato da terze persone al di sopra di ogni sospetto. La Fimo ha agito nel caso Lottusi in perfetta buona fede." (50) A proposito delle confessioni di Pacini Battaglia Fiscalini osservò:" Questi soldi sono arrivati dalla Banca Karfinco [ di Pacini Battaglia] a Ginevra. Mi sembra del tutto normale che una società finanziaria abbia rapporti con istituti di credito. Quando leggo le dichiarazioni di Pacini Battaglia appare chiaro che era informato sulla natura delle sue transazioni. In fin dei conti una parte del denaro andava al suo ufficio a Roma."(51) E ancora: "La Karfinco si rivolse alla Fimo, che a sua volta come altre società finanziarie si rivolse ad una di quelle organizzazioni che portano materialmente denaro contante oltreconfine. A esser precisi non si tratta di vere e proprie organizzazioni ma di singole persone che - diciamolo chiaro- realizzano gran parte dei guadagni della piazza finanziaria ticinese".(52) Del resto secondo Fiscalini la Fimo dovette essere trasformata in una semplice società di partecipazione per evitare in futuro questi incidenti. Si rinunciò-disse Fiscalini-al traffico delle transazioni , che prima era stato l'attività principale . Per questo l'ex direttore della Fimo Enzo Coltamai sarebbe passato dopo l'arresto di Giuseppe Lottusi alla Comifin appena fondata , che si sarebbe assunta le attività rischiose della Fimo. " E la Fimo", aggiunse Fiscalini, " detiene solo una piccola quota di partecipazione alla Comifin".(53)

SETTEMBRE NERO

Poco dopo l'offensiva di Fiscalini, la Fimo incassò in Belgio il 14 settembre 1993 un altro colpo basso. Il giudice istruttore di Bruxelles, Jean Claude Van Espen, aprì un procedimento contro Valentino Foti, consigliere amministrativo della Fimo. (54) Il giudice belga lo accusò di manipolazioni finanziarie illegali nelle quali erano stati coinvolti a suo parere anche Lorenzo Aloisio e la Fimo. Valentino Foti aveva fatto parte dal 22 novembre 1988 fino al 3 febbraio 1993 del consiglio di amministrazione della Fimo, da cui aveva dovuto dimettersi a causa degli affari andati male in Belgio, ed era un vecchio amico del vicedirettore della Fimo Lorenzo Aloisio, morto all'inizio del 1990. Foti aveva convinto Aloisio a fare massicci investimenti nella sua vetreria italiana Sirix.(55) Il nuovo presidente della Fimo Fiscalini decise di interrompere quello che era stato il coinvolgimento di Aloisio nella Sirix e nella società madre belga della Sirix PB Finance. Senza l'aiuto finanziario di Aloisio la Sirix non potè sopravvivere e il 5 novembre 1992 fallì. La sua filiale francese Eurinval fu messa sotto curatela fallimentare. La società madre della Sirix, PB-Finance, subì una grave perdita. Foti cominciò a smobilitare la PB Finance , cosa che spinse gli azionisti di minoranza ad intraprendere un'azione giudiziaria. Nel marzo 1993 il presidente della PB Finance Jean Verdoot (56) morì per un infarto cardiaco durante il volo di ritorno da Ginevra a Bruxelles. Poco tempo dopo i membri del consiglio d'amministrazione della PB-Finance che erano rimasti deposero volontariamente il loro mandato e il tribunale di Lüttich nominò due liquidatori d'ufficio. (57)

SMENTITA AMBIGUA

Valentino Foti e la Fimo si diedero da fare per avere visibilità sulla stampa belga, e reagirono poi ad un articolo critico della rivista di informazione "Le Vif / L'Express" con una replica- cosa che in Svizzera, nonostante accuse analoghe, non avevavo mai osato fare. In essa si diceva:" La Fimo è una finanziaria svizzera e si attiene a tutte le norme legali del suo paese. Non ha mai fatto da mediatrice per la famiglia Madonia, un'altra famiglia mafiosa o il cartello di Medellìn. La Fimo non ha mai avuto a che fare con denaro di provenienza criminale. L'assenza di tali legami, a differenza di quanto si sostiene nel Suo articolo del 20 maggio 1994, è già stata confermata più volte. Da una parte nella relazione della nota società di revisione Arthur Andersen dell'11 novembre 1991, che stabilisce che alla Fimo non esisteva alcun conto a nome di persone o società notoriamente coinvolte in affari di riciclaggio di denaro. Inoltre il pubblico ministero del Canton Ticino, dove la Fimo ha sede, ha fatto indagini approfondite che hanno avuto termine l'11 novembre 1993. Quest'inchiesta ha ridisegnato le transazioni criminali

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organizzate dal Signor Lottusi, per le quali egli fu condannato dalla giustizia penale italiana. Le inchieste contro la Fimo e i suoi organi invece non hanno dato alcun risultato. Da allora non è stato aperto alcun procedimento ulteriore contro la Fimo e i suoi organi nè in Svizzera nè in Italia nè altrove. Un'altra informazione errata [ contenuta nell'articolo ] riguarda il signor Tramezzani: non è stato mai alla Fimo. Era membro del consiglio di amministrazione della Comifin, che non ha niente a che fare con la Fimo. è invece vero che il Signor Tramezzani è morto e che si suppone si sia trattato di suicidio. Dal momento che Tramezzani non ha mai avuto rapporti con la Fimo, il collegamento fatto tra il suo suicidio e la Fimo deve essere definito un'ipotesi puramente arbitraria ".(58)Con questa replica la Fimo ha manipolato in modo grave i fatti. Gli undici miliardi e passa di lire in banconote , spediti a Ginevra per Lottusi, non erano forse denaro da narcotraffico? I miliardi di tangenti ENI , che portava a Roma attraverso la Banca Karfinco di Pierfrancesco Pacini Battaglia alle sedi centrali di partito dei socialisti e dei democristiani, non erano forse illegali in base al diritto italiano? E che dire delle mazzette dell' AC Milan di Berlusconi per Gianmauro Borsano, presidente dell' AC Torino alla Banca Albis? Anche l'affermazione che Tramezzani e la Comifin non avevano avuto niente a che fare con la Fimo è falsa.La Comifin fu fondata dalla Fimo al suo stesso indirizzo per trasferirvi gli affari rischiosi. Il vicedirettore della Fimo Enzo Coltamai ne divenne il direttore.La Comifin era controllata dalla Fiduciaria GiBi, che deteneva pure un pacchetto di minoranza di più del 5% alla Fimo. Viceversa la Fimo come aveva dichiarato Elio Fiscalini, allora suo presidente, il primo aprile 1993 al giornale "La Regione", aveva una piccola quota di partecipazione alla Comifin.

HA INIZIO IL GRANDE REPULISTI

Il terzo schiaffo che la Fimo si prese in Belgio fu troppo perfino per Elio Fiscalini : il 15 settembre 1993, con una comunicazione telegrafica al Registro commerciale di Mendrisio, egli si dimise senza preavviso da presidente della Fimo. Come era accaduto a suo tempo con Gianfranco Cotti anche queste dimissioni avvennero in modo del tutto inusuale. Le formalità da compiersi in caso di ritiro presso il Registro di Commercio vengono espletate di solito dalla ditta interessata con una raccomandata. L'attacco di panico che sembrava aver portato Fiscalini alle dimissioni dipende probabilmente dall'aggravarsi dei suoi problemi in Italia, dove erano finite nel vortice delle inchieste sul denaro riciclato parecchie società per le cui affiliate svizzere lavorava come consigliere d'amministrazione. L'uscita di scena dalla Fimo dello stimato avvocato d'affari Fiscalini fu contemporaneamente il segnale del ritiro della famiglia Doninelli, che era stata legata alla Fimo dalla sua fondazione. Con ciò l'establishment ticinese aveva abbandonato il gruppo Fimo/ banca Albis. (59) Il 16 settembre 1993, due giorni dopo l'apertura del procedimento contro Foti a Bruxelles e un giorno dopo le dimissioni di Fiscalini il consigliere d'aministrazione della Comifin Capitano Giancarlo Tramezzani morì nel corso di un'esercitazione per riservisti. Il comandante di compagnia fu trovato morto presso Rodi-Fiesso nella Leventina vicino ad un piccolo lago, dopo esser stato dato per disperso per alcune ore. Il portavoce della stampa dell'EMD disse allora:"A causare la morte sono stati probabilmente uno o più spari di un fucile automatico. Sembra che si tratti di un suicidio. Non si può escludere però la colpevolezza di terzi."(60) Che Tramezzani si sia sparato con un fucile automatico appare strano, perché l'arma personale dell'ufficiale Tramezzani non era un fucile automatico ma la pistola. Questa morte misteriosa lasciò aperte molte domande. Il 20 settembre 1993, quattro giorni dopo la morte di Tramezzani, Gianfranco Cotti comunicò del tutto inaspettatamente il suo ritiro dal Consiglio nazionale. Come motivo addusse il peso del suo incarico di presidente d'amministrazione della Volksbank, che tuttavia egli aveva assunto già nel marzo 1993. Con la stampa Cotti si lamentò che venisse sempre rivangata la vecchia storia della Fimo. "Per me questa vicenda è chiusa. Non so perché venga continuamente riproposta."(61) Il 25 ottobre 1993 la Banca Albis cambiò sorprendentemente il nome in Banca Adamas AG ( in ebraico : diamante) e raddoppiò il

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capitale azionario da cinque a dieci milioni di franchi. Con l'aumento del capitale azionario vennero esercitati i diritti di opzione legali, si legge nel Registro di Commercio di Zurigo. Ciò significa evidentemente che continuò a sussistere il tradizionale partenariato SBG con circa il 45%, i Doninelli e gli Aloisio con circa il 25% per uno, e la Itoko con circa il 5%. La filiale di Chiasso venne chiusa, i 27 posti di lavoro (62) vennero trasferiti immediatamente in Via Nassa a Lugano. Licenziamenti non ce ne furono,i quadri dirigenti che avevano dato buona prova sotto il direttore Fabrizio Donati restarono invariati, altrettanto il consiglio di amministrazione , formato dal presidente Rudolf Hegetschweiler e dai membri Max Schmidlin, Geneviève Aubry, Venerio Quadri e Hans Rudolf Staiger. Il fulmineo cambiamento di sede, la variazione del nome e l'aumento di capitale della Banca Albis si ebbero durante la riunione straordinaria del 25 ottobre 1993 e ci si chiese chi fosse stato in grado nell'esausto gruppo Fimo / Banca Albis di mettere in atto entro pochi giorni un'efficiente strategia per gestire la crisi. La famiglia di azionisti di Doninelli al momento delle dimissioni di Fiscalini si era decisamente defilata, e su Aloisio pendeva dal 25 settembre la spada di Damocle di Bruxelles. Nessuno era in grado di sapere se nel procedimento contro Foti non sarebbero emersi nuovi fatti incriminanti per Lorenzo Aloisio. Il gruppo Comifin /Itoko/ GiBi si ritrovò paralizzato dalla morte di Giancarlo Tramezzani. Solo la SBG , da 30 anni massima azionista della Fimo , aveva le risorse necessarie per contenere i danni. Cosa che fece con la sua strategia di gestione della crisi : raddoppio del capitale come misura rassicurante per i clienti della Banca Albis ,separazione solo apparente dalla non più efficiente società madremediante immediato trasferimento di sede e cambiamento di nome.(63)

SBG: IL GIOCO A NASCONDINO RIESCE

La SBG è riuscita ad agire totalmente nell'ombra. In Ticino circolava la voce che la Banca Albis appartenesse alla SBG solo come pettegolezzo. La "Regione" del 29 ottobre 1993 informò sul cambiamento di nome e di sede della Banca Albis e accennò al fatto che questa apparteneva alla Bankgesellschaft. A stretto giro di posta il direttore della SBG (Chiasso) Claudio Rezzonico fece pervenire alla "Regione" il 30 ottobre 1993 la seguente precisazione :"Tra la SBG e la Banca Albis non esiste alcun tipo di rapporto." Evidentemente Rezzonico non sapeva che i suoi predecessori alla direzione della filiale SBG di Chiasso Botta, Keller e Pozzi, avevano sottoscritto nel 1963 e nel 1972 azioni Fimo complessivamente per 2,9 milioni di franchi e che la Banca Albis dal 1982 era affiliata alla Fimo. Sebbene le informazioni sulla posizione della SBG nel registro di commercio di Mendrisio siano accessibili al pubblico, per il periodo che va dall'arresto di Lottusi all'imputazione di Foti, alla banca era riuscito di non venir riconosciuta come azionista principale e quindi anche come principale responsabile del gruppo Fimo-Banca Albis. Un risultato eccellente dell' ufficio di pubbliche relazioni , se si considera il clamore che questo scandalo aveva suscitato in tutta l'Europa nel 1991, nel 1993 e ancora nel 1994. Solo nell'edizione del 1996 del catalogo Who owns Whom della casa editrice Orell Füssli la SBG si era decisa dopo un decennale imbarazzato silenzio a documentare pubblicamente la partecipazione alla Fimo per il 50%.

LA GIUSTZIA TICINESE PARTORISCE UN TOPOLINO

Il 27 novembre 1993 il "Corriere del Ticino" titolava nel miglior stile del comunicato giornalistico:"Fimo: istruzione penale terminata. Il pubblico ministero del Ponte scagiona la finanziaria di Chiasso dall'accusa di riciclaggio di denaro da narcotraffico. Con un decreto la del Ponte ha messo fine all' inchiesta giudiziaria per riciclaggio di denaro sporco contro la Fimo e il suo vicedirettore Enzo Coltamai. Secondo Carla del Ponte la Fimo non può aver fatto consapevolmente da riciclatrice di proventi da traffico di droga."64) Inoltre il "Corriere" informò che la del Ponte nella disposizione emanata già l'11 novembre aveva stabilito che la tariffa di 1, 5 fino a 1,75 percento per la transazione di 10, 2754 miliardi di lire eseguita per Lottusi alla Trade Development Bank di Ginevra (TDB) era

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usuale. Il vicedirettore Coltamai, che alla Fimo si occupava di queste transazioni, aveva sostenuto in maniera convincente che non aveva potuto nutrire alcun sospetto nei confronti di Lottusi: Lottusi era conosciuto alla Fimo e personalmente da lui fin dagli anni '70 e in Italia aveva una vasta clientela.

CON QUANTA SERIETA' HA INDAGATO LA DEL PONTE ?

L' "accurata indagine" del Pubblico Ministero che il "Corriere" liberale e vicino alle banche aveva salutato con giubilo, ad un attento esame deve essere parecchio ridimensionata. La del Ponte non è stata in grado di spiegare neppure approssimativamente la durata estremamente lunga delle indagini, più di tre anni, nè la mancanza di informazioni precise sull'andamento dell'inchiesta. Nè informò mai sulle perquisizioni che su richiesta della magistratura italiana lei aveva fatto compiere il 22 ottobre 1991 presso la Fimo, la Banca Albis, la Kreditanstalt di Lugano, la Trade Development Bank (Ginevra) e presso Merrill Lynch (Lugano). E questo sebbene per trasportare il materiale raccolto fosse stato necessario un camion. Dopo le perquisizioni la del Ponte interrogò Lottusi e alcuni rappresentanti dei quadri della Fimo e della Trade Development Bank. perché abbia avuto bisogno per questo di più di due anni non si è capito. Restò insoluta l'importante questione della data esatta dell'apertura, nell’autunno 1990, dell'inchiesta contro ignoti nell'affare Lottusi da parte di Quadri, predecessore della del Ponte. Carla del Ponte aveva indicato come data vagamente la metà di ottobre 1990. (67) L'inizio delle indagini avvenne su richiesta della polizia milanese quattro mesi dopo che era cominciata la sorveglianza di Lottusi. Quali atti istruttori abbiano avviato in questo procedimento contro ignoti Venerio Quadri dall'ottobre 1990 fino al suo ritiro nel dicembre 1990 e in seguito Carla del Ponte fino al 18 ottobre 1991, è restato un segreto di entrambi i magistrati. Manca anche una giustificazione dello scandaloso immediato certificato Persil della del Ponte per Gianfranco Cotti il 18 ottobre 1991. Alla domanda perché nè in Ticino nè a Ginevra si fosse giunti ad un'incriminazione per riciclaggio di denaro nei confronti di Giuseppe Lottusi e Giancarlo Formichi Moglia, la del Ponte aveva risposto nel luglio 1992 come segue :" La legge ci consente di fare indagini. Ma si deve esser consapevoli che queste non possono aver sempre successo. In Svizzera la giustizia dispone di validi strumenti per combattere il crimine organizzato. Il nuovo paragrafo di legge sul riciclaggio di denaro è una buona cosa. Ma è difficile avere prove sufficienti. Il denaro sporco usa troppo spesso gli stessi canali del denaro pulito."(68) perché dopo questa dichiarazione la del Ponte abbia avuto bisogno ancora di 16 mesi per terminare le indagini sulla Fimo -poco dopo la vendita della banca Albis- resterà sempre un mistero. Il governo e il comitato di sorveglianza della Giustizia, il cosiddetto Consiglio di Magistratura ticinesi hanno fatto di tutto per impedire un'inchiesta amministrativa ufficiale sull'operato della del Ponte. I rappresentanti del primo non si fecero neppure scrupolo di offendere Giuseppe Sergi, consigliere cantonale socialista, che al Consiglio cantonale aveva richiesto l'indagine. Questa la reazione di un governo cantonale i cui ex membri tadizionalmente si rendono più gradevole la vita da pensionati con mandati e incarichi diversi presso banche e società finanziarie.

UN CASO ESEMPLARE

Lo scandalo della Fimo /Banca Albis può entrare negli annali della piazza finanziaria Svizzera in questi termini: In Italia fu dimostrato che attraverso i conti e i corrieri di denaro contante di questo gruppo finanziario soldi della mafia italiana e mazzette della centrale svizzera delle tangenti Eni sono passati rispettivamente al cartello della droga di Medellìn e a Roma nelle casse di partiti corrotti. La giustizia ticinese ebbe bisogno di tre anni per stabilire che nessuno del gruppo Fimo-Banca Albis aveva trasgredito la legge svizzera. Dall'importante consigliere nazionale che presiedeva la società fino alla direzione che controllava l'attività quotidiana, tutte le persone coinvolte agivano sempre con scienza e coscienza. Quando la Fimo si scontrò per la terza volta con la giustizia in Belgio, la SBG, maggiore azionista Fimo, che agiva sempre nell'ombra, entrò in azione: la Banca Albis cambiò nome, trasferì il

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domicilio - e il tran tran di sempre potè continuare.

EXCURSUS : DOMANDE SENZA RISPOSTA DALL' ITALIA.

Non in Svizzera ma in Italia la stampa si occupò in maniera più approfondita della persona del presidente della Fimo Elio Fiscalini. I giornalisti avevano notato che la Fimo appariva non solo in affari di tangenti e transazioni mafiose, ma che il suo nuovo presidente compariva anche ai margini di altri due grandi affari di mazzette, legati alla Socimi di Milano e alla Fidia Pharmaceutica di Abano Terme. La Socimi gestiva a Milano e a Brescia fabbriche di veicoli e di armi ( veicoli blindati, pistole, fucili e armi automatiche ) e impiegava circa 1200 persone. Alessandro Marzocco, delegato del consiglio di amministrazione, aveva confessato di aver pagato all'uomo politico socialista ed ex vicepresidente dell'azienda trasporti milanese Sergio Radaelli, dal 1978 al 1990, tangenti di 13 miliardi di lire per forniture alle aziende di trasporto milanesi e alle ferrovie italiane.(69) Numerosi manager delle ferrovie vennero poi incarcerati. A quell'epoca la Socimi aveva la maggioranza in due società ticinesi, la AKG Holding (Mendrisio) e la società Bremse (Bellinzona) ,ai cui consigli di amministrazione Fiscalini prendeva parte con il cognato Giuseppe Doninelli. In un'intervista fax concessa a "La Repubblica" di Roma Fiscalini rispose ad alcune domande sull' affare Socimi. Dichiarò che come consigliere amministrativo non aveva avuto niente a che fare con la direzione operativa. Delle tangenti avrebbe appreso per la prima volta dalla confessione di Marzocco pubblicata sul giornale.(70) Anche delle fatture truccate che secondo gli inquirenti milanesi erano state rilasciate per legittimare le mazzette dall' Istituto Brakers del Liechtenstein, Fiscalini sostenne di non aver saputo nulla. Chi fossero i proprietari della AKG e della Bremse, non volle dirlo.(71)

IL CASO FIDIA: ABUSO DI FARMACI

Il secondo grande caso di corruzione riguardò la Fidia Pharmaceutica di Abano Terme. La Fidia era controllata per quanto concerne il capitale dalla Fidiafin, che a sua volta era detenuta dalla Hyaline (Mendrisio). Presidente della Hyaline era Giuseppe Doninelli , delegata del Consiglio di amministrazione era Stefania Doninelli e Elio Fiscalini faceva parte del Consiglio di amministrazione. La Hyaline era stata creata nel 1964 dal fondatore della Fimo Ercole Doninelli insieme con sua moglie Stefania. (72) Sulla scena di Tangentopoli la Fidia era finita al centro dell’attenzione con l'arresto il 22 giugno 1993 di Francesco Della Valle, suo ex direttore ,ritiratosi nel febbraio 1991, e per il fallimento annunciato poche settimane dopo.Fino al fallimento l'azienda dava lavoro a circa 1200 dipendenti ad Abano Terme e dal 1975 viveva essenzialmente della vendita di farmaci Cronassial e Sygen. Della Valle si era presto assicurato la collaborazione della professoressa Rita Levi Montalcini. Sebbene l'efficacia del Cronassial sia stata sempre molto discussa negli ambienti specialistici, il fatturato della Fidia salì dalla fine degli anni '70 fino al 1991, soprattutto grazie al Cronassial, da 50 miliardi fino a 421 miliardi di lire. Ma poi cominciò un forte declino.(73) Dopo che la registrazione del Cronassial in altri paesi come gli USA, l' Inghilterra, la Germania era fallita, il critico farmaceutico tedesco Ulrich Moebius scrisse diversi articoli allarmanti. Secondo Moebius l'assunzione di Cronassial può provocare la sindrome letale detta di Guillain- Barrè. In seguito a ciò i rapporti tra la Fidia e il Ministero italiano della salute cominciarono a guastarsi. Della Valle dovette dare le dimissioni, il Cronassial fu vietato dallo stato all'inizio del 1993 e poco dopo riammesso, il fatturato scese del 90 %. Otto mesi dopo il Cronassial fu proibito in maniera definitiva. Una decisione fatale per la Fidia, che perdette circa un terzo del suo giro d'affari. Nel luglio 1993 la Fidia fallì. La maggior parte del personale rimase disoccupata, la ditta passò sotto curatela fallimentare dello stato. Della Valle, presidente della Fidia da anni, giustificò sempre il fallimento con la scomparsa del Cronassial, ma la Procura della Repubblica di Padova aveva trovato alcuni inspiegabili buchi neri nel bilancio. Nonostante il crollo vertiginoso delle vendite di Cronassial la Fidia aveva comprato sempre più materie prime. Materia prima principale per

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la produzione del farmaco sono i cervelli di bovini:per un chilo di Cronassial ne occorrevano alcuni quintali. La Fidia acquistava decine di migliaia di teste di bovini soprattutto in Brasile e pagava per vie avventurose attraverso diverse società in Irlanda, Spagna e su piazze offshore. I pubblici ministeri di Padova sospettarono che qualcuno all'interno della Fidia avesse saputo della proibizione del farmaco e avesse svuotato rapidamente le casse a spese del personale prima dell'imminente fallimento. Il 29 settembre 1993 Duilio Poggiolini, direttore generale del ministero della salute italiano e capo della sezione per l' autorizzazione dei farmaci, fu arrestato a Losanna e spedito a Roma. Il pubblico ministero Di Pietro aveva fatto un cenno alla polizia federale svizzera. Contemporaneamente sua moglie Pièrr Di Maria fu arrestata a Roma. La storia dei 200 miliardi e passa di tangenti in lire, in piccola parte della Fidia, che il corrotto Poggiolini aveva accumulato insieme a sua moglie fu traumatica perfino per gli Italiani ormai a prova di scandalo.(74) Quando i carabinieri durante la perquisizione nella villa dei Poggiolini fecero aprire il grande armadio blindato, non fu poca la meraviglia dei funzionari. Nella cassaforte c'era un vero e proprio tesoro da fiaba in oro, platino e diamanti, valutato poi 200 miliardi di Lire. Migliaia di monete d'oro, Krueger-rands, napoleoni, più di cento lingotti d'oro da 10 grammi fino ad un 1 kg., gioielli, diamanti, monete d'oro romane. Duilio e Pièrr finirono in galera. Dopo 5 mesi di detenzione nel carcere di Poggioreale a Napoli Poggiolini cominciò a collaborare con la giustizia il 31 gennaio 1994. La minuta Pièrr che pesava appena 40 Kg. rimase invece irremovibile e rifiutò ogni collaborazione. Le dichiarazioni di Poggiolini produssero una valanga di ulteriori inchieste di Tangentopoli e attizzarono il fuoco che covava sotto la cenere dello scandalo Fidia. Secondo Poggiolini Giulio Andreotti di persona era intervenuto nel 1992 insistentemente presso di lui, perché lasciasse il Cronassial sulla lista dei farmaci passati dalla mutua.(75) Poggiolini dichiarò inoltre ai pubblici ministeri che per anni la Fidia aveva esportato illegalmente capitale, acquistando bovini in Brasile a prezzi maggiorati. Questo gliel'avrebbe detto il commendatore Fabio Bertarelli, direttore della Ares Serono a Ginevra.(76) Grandissimo stupore suscitò Poggiolini con l'affermazione che il direttore della Fidia Della Valle aveva versato 14 miliardi all'Istituto Nobel in Svezia affinchè la principale ricercatrice della sua società Rita Levi Montalcini ricevesse il premio Nobel. Mentre il comitato per il Nobel di Stoccolma smentì tutto ciò con veemenza, una ricerca del quotidiano svedese "Dagens Nyheter" sembrò invece confermare l'assegnazione truccata del Nobel.

Note:

1) Gli altri azionisti erano : Germano Sprela (Milano), Fortunato Milanesi (Santa Margherita Ligure), Emilio Bianchi (Vacallo ,TI ), Luigi Veronelli (Morbio Inferiore, TI), Italo Bevilacqua (Como), Ennio Saskia (Genova).

2) Emilio Bianchi e Luigi Veronelli

3) Nel 1981 Aloisio, sua moglie Ines e i due figli ottennero la cittadinanza a Besazio.

4) Questa banca era stata fondata alla fine degli anni '40 e si chiamava in origine Bank Haerry AG. Cambiò nome dopo che nel 1973 era stata acquistata dalla Roulston & Company Inc. (Cleveland, USA).

5) Lettera della Fimo del 6 aprile 1982 al Registro di Commercio zurighese

6) Anni più tardi la differenza tra banca e non-banca diventò importante per il consigliere federale Otto Stich. Allorché il consigliere nazionale ticinese della FDP Sergio Salvioni chiese nell'ottobre 1995 perché la Commissione bancaria non fosse intervenuta a proposito delle bustarelle della Fininvest di

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Berlusconi passate attraverso la Fimo, Stich disse che era compito della Giustizia ticinese e che inoltre la Fimo non era una banca (“Neue Zürcher Zeitung”, 6. 10. 95.)

7) Luisa Gianella Brioschi e Guido Brioschi lavorano a Lugano in uno stesso studio con Daniele M.Timbal, l'ex marito di Carla del Ponte.

8) All'inizio del 1982, poco prima del fallimento avvenuto nell'ottobre 1982, Roberto Feller entrò nel consiglio di amministrazione della Sasea Holding di Ginevra. Era direttore della Società finanziaria zurighese Glaux AG e faceva parte del consiglio di amministrazione della Buonvicini AG di Zurigo, una ditta per il commercio di frutta e verdura. (Unico consigliere d'amministrazione della Glaux è l'avvocato zurighese Hans Rudolf Staiger, che nel 1992 divenne a sua volta consigliere d'amministrazione della Banca Albis.)

9) Andrè W. Cornu era direttore dell' Amministrazione fiduciaria Refidar a Zurigo.10) Fernando Rizzoli, che era entrato nel giugno 1987 nel consiglio d'amministrazione della Banca Albis, lavorò dal 1980 al 1994 nello stesso studio di Gianfranco Cotti a Locarno. Nel 1994 si separò da Cotti e aprì un proprio studio. Il 20 maggio 1995 Rizzoli morì in uno spettacolare incidente nel suo garage a Camedo. (“La Regione”, 22.5.95)

11) Predecessore di Cotti era stato Piergiorgio Aloisio, succeduto a sua volta a Ercole Doninelli, il presidente della Fimo, morto il 26 gennaio 1988.

12) La WACL nacque nel 1966 a Seoul come erede della Lega anticomunista dei popoli dell'Asia di Tschang Kai-schek. Negli anni '70 le sezioni europee della WACL furono occupate in gran parte da neonazisti e estremisti di destra. Ne erano membri ad es. il neofascista italiano Giorgio Almirante, ma anche i dittatori sudamericani Stroessner, Banzer, Somoza e Pinochet. All'inizio degli anni '80 il generale statunitense in pensione John K.Singlaub in qualità di nuovo presidente ripulì la WACL dai neofascisti troppo compromettenti. Singlaub più tardi fu implicato nel caso Iran-Contra. Altri uomini illustri della WACL sono stati Alfonso Calero, capo della FDN antisandinista (Contras) in Nicaragua, l'ideologo della nuova destra francese Jean-Marie Benoist e l'ex capo di stato del Vietnam del Sud fino al 1975, Nguyen Van Thieu. Era annunciato come oratore al XXI. congresso WACL anche l'ex consigliere federale Rudolf Friedrich, ma all'ultimo momento si ritirò.( Programmi del XXI. Congresso WACL, 25-28 agosto 1988,Ginevra)

14) “Il Mondo”, 13./ 20.6.94

15) Vanempten, Jean, e Verduyn, Ludwig: ‘Le Blanchiment en Belgique’, Bruxelles 1994, p.92

16) All'inizio degli anni '80 Foti divenne presidente dell'Assovetro, l'associazione vetraria italiana di categoria.

17) La PB Finance faceva parte di ciò che restava del gruppo Empain del barone belga Empain, già a capo del consorzio Schneider ,ed era diretta da Jean Verdoot. Verdoot dirigeva anche la Cofibel e Cofimines a Bruxelles, due società che amministravano per Schneider i resti dell'ex impero coloniale di Empain nell'ex Congo belga, divenuto indipendente nel 1960 ,oggi Zaire. In seguito Verdoot portò la Cofibel come azionista di minoranza alla PB Finance,investimento Fimo.Nell'olandese Aia Foti e Aloisio attivarono un'ulteriore Joint-venture nel commercio del vetro, e precisamente la N.V. Euver, di cui Foti tenne il 45% e Aloisio il 55%. (« L'Echo de la Bourse », Bruxelles, 18.4. 89)

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18) Vanempten, Jean, e Verduyn, Ludwig: ‘Le Blanchiment en Belgique’, Bruxelles, 1994, p.92

19) Saverio Repetto apparteneva anche alla famiglia: il fondatore della Fimo Carlo Vincenzo Aloisio era stato sposato con Maria Repetto di Torino

20) Agence France Press, 8.12.91

21) Era entrato nel Consiglio d'amministrazine Fimo il 22 settembre 1990 dopo la morte di Lorenzo Aloisio

22) Procuratori erano Tiziana de Piaggi e Daniela Pettinello

23) Facevano le funzioni di vicedirettori Marco Calmes e Hansjürg Giezendanner, procuratori erano Fiorenzo Albisetti e Maurizio Giannetta.

24) “Giornale del Popolo”, 18.10.91

25) “Giornale del Popolo”, 18.11.91* Espressione usata per indicare un certificato con cui soprattutto dopo il 1945 le autorità preposte alla denazificazione certificavano la pulizia morale di un presunto nazista.n.d.t.

26) „Neue Zürcher Zeitung“, 18. 10. 94

27) „Corriere del Ticino“, 19.11.91

28) „Weltwoche“, 21. 11. 91

29) Anche il consigliere dell'amministrazione Fimo Demetrio Ferrari sostiene di aver dato le dimissioni dal consiglio di amministrazione il 14 otobre, sebbene la sua lettera di dimissioni sia irreperibile nel Registro di Commercio di Mendrisio esattamente come quella di Cotti. Le dimissioni di Ferrari sono avvenute legalmente il 22 novembre.

30) Cotti faceva parte già da anni del Consiglio d'amministrazione della Banca popolare svizzera e aveva guidato il gruppo Pro SKA (Schweizerische Kreditanstalt). Come segno di gratitudine il direttore della CS Holding Rainer Gut lo promosse nel 1993 a presidente della banca e a consigliere d'amministrazione della CS Holding.

31) “Neue Zürcher Zeitung”,16. 5. 95

32) Il molteplice, avventuroso coinvolgimento di Fiscalini nel sistema italiano delle bustarelle viene trattato separatamente (vedi p.56 segg.)

33) Hans Rudolf Staiger faceva parte anche del consiglio di amministrazione della Neuen Schauspiel AG, che gestisce il Zürcher Schauspielhaus e attraverso il suo studio legale aveva legami con il presidente della Banca Albis Rudolf Hegetschweiler.

34) Politicamente Venerio Quadri così come Gianfranco Cotti e Geneviève Aubry debbono essere collocati nel'ampio spettro della destra cattolica. Nel 1983 egli aveva pubblicato presso una casa editrice tradizionalista di destra nel frattempo scomparsa di nome Libertas Schweiz uno studio sul

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comportamento degli avvocati nei processi per terrorismo e per risse di giovani. Anche la Aubry era membro della Libertas. Due rappresentanti non noti della Libertas presero parte nel 1980 al Congresso di Ginevra della World Anti-Communist League (WACL). (Frischknecht, Jürg e altri.:”Die unheimlichen Patrioten.Politische Reaktion in der Schweiz“, (‘I patrioti inquietanti. La reazione politica in Svizzera’), Zurigo 6, 1987, p.637.

35) “Beobachter” 24/92. Nel consiglio di amministrazione sia della Banca Commerciale di Lugano che della Atlantis Bank di Ginevra erano presenti l'ex consigliere federale Nello Celio e l'avvocato ticinese Rubino Mensch.

36) Altri esempi sono l'ex procuratore di stato Paolo Bernasconi, l'ex poliziotto cantonale di Zurigo Walter Zimmerli o l'ex avvocato di circoscrizione zurighese Hans Baumgartner (PS).

37) “Weltwoche”, 21.11.93

38) “Le Nouveau Quotidien”, 24.4. 94

39) Suoi colleghi nel consiglio di amministrazione erano qui oltre al presidente della Fimo Elio Fiscalini anche Giovanni Gianola, ultimo presidente della Sasea Holding di Ginevra, che aveva provocato il più grande fallimento in Svizzera, e l'ex consigliere di stato ticinese Ugo Sadis.

40) In qualità di rappresentante legale della Fimo SA Venerio Quadri inviò a fine marzo 1993 a Gian Trepp e a Paolo Fusi un'ingiunzione di pagamento di più di 999 000 franchi ciascuno per affermazioni "lesive della personalità" in diversi non meglio definiti articoli.

41) Il controllo di Gianella Brioschi sulla Itoko era strutturato in modo più complesso: la Hulsa SA (Lugano, capitale 50 000 franchi) controllava la Interinvestment Corp. Ltd. (Lugano, capitale 50.000 franchi) che a sua volta controllava la fiduciaria GiBi (Lugano, capitale 50.000 franchi). La GiBi aveva la maggioranza nella Karelion Anstalt Etablissement (Vaduz, capitale 1436 000 franchi), che a sua volta deteneva il 95% della Itoko Holding ( Lugano, capitale 1 500 000 franchi). La Interinvestment Corp. Ltd. deteneva anche la metà della Fiduciaria Tramezzani Sa (Ponte Tresa ).

42) Interrogatorio di Pacini Battaglia del 18 marzo 1993 , citato in : Calvi, Fabrizio e Sisti, Leo : ‘Les Nouveaux Réseaux de la Corruption’(‘Il nuovo labirinto della corruzione’, Parigi 1995, p.83

43) "L' Espresso", 4. 4. 93

45) "Corriere della Sera", 6. 3. 94, p.11

46) Lo scandalo Lentini era venuto alla luce , dopo che Gianmauro Borsano , deputato socialista al parlamento e presidente dell' AC Torino , era stato interrogato dalla procura della repubblica di Torino e aveva parlato anche dei suoi affari in campo calcistico.

47) "Corriere della Sera", 6.3.94

48) Calvi, Fabrizio e Sisti,Leo : ‘Les Nouveaux Réseaux de la Corruption’. Paris, 1995, p.308 segg.

49) "Corriere della Sera ", 6.3.94

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50) "La Repubblica", 7.9.93

51) "La Regione", 1.4.93. Per ironia della sorte Lottusi fu condannato a Palermo a 20 anni di prigione proprio il giorno in cui "La Regione" intervistò Fiscalini.

52) ivi

53) ivi

54) Coimputato fu anche il presidente del complesso industriale elettronico Schneider SA Didier Pineau-Valenciennes. La multinazionale Schneider è un agglomerato di società attive prevalentemente nel settore dell'elettrotecnica e occupa 90.000 collaboratori in 130 paesi. è sorto da Schneider-Le Creusot,gruppo di industria pesante e costruzione di macchine con una lunga tradizione ,dopo una serie di metamorfosi e fusioni. Negli anni '70 Schneider era sotto controllo dell'industriale belga barone Empain. Dopo il ritiro di Empain e la vendita del gruppo d'industria pesante e costruzione di macchine da parte del successore francese di Empain Didier Pineau-Valenciennes, i complessi industriali elettronici francesi di Merlin Gerin e Tèlèmècanique così come il gruppo di elettrotecnica statunitense Square D costituivano i caposaldi della Schneider SA. La Schneider rappresenta un caso estremo perfino per le strutture imprenditoriali francesi notoriamente interdipendenti. Con l'offerta di fusione fatta al gruppo immobiliare Spie- Batignolles all'inizio del 1995 Pineau-Valenciennes ha rafforzato questo trend.

55) Il giudice istruttore Van Epen accusò Foti di aver venduto la Sirix ad un prezzo eccessivo alla PB Finance, presso cui la Fimo aveva una quota di partecipazione.

56) Verdoot aveva collegato,mediante una partecipazione al capitale, la PB Finance / Sirix anche con la belga Cofibel ,affiliata alla Schneider, il cui presidente era Didier Pineau- Valenciennes ;Verdoot faceva parte del consiglio di amministrazione. La Fimo deteneva indirettamente il 10% della Cofibel, per metà attraverso Euver e per l'altra metà attraverso la Banca Albis (Vanempten,Jean e Verduyn, Ludwig: ‘Le Blanchiment en Belgique’, Bruxelles 1994, p.88). Inoltre la Fimo possedeva circa l'1,5 percento della Spep, la società capogruppo del complesso industriale Schneider. In un documento interno del gruppo Schneider si parlava nel 1990 di "una politica di collaborazione con il gruppo Fimo" ( “Le Nouvel Economiste”, 3.6.95 )

57) Il 12 maggio 1993 le cose si misero ancor peggio per Foti. Il Dipartimento Investigativo Antimafia italiano DIA, un reparto speciale della polizia italiana, fondato alla fine del 1991, arrestò nel corso di un'azione in grande stile sotto il comando del tenente colonnello Michele Riccio 36 persone, in maggioranza sulla riviera ligure. Si giunse all'arresto dopo che la camorra, era già stata sorvegliata da mesi mentre investiva denaro illegale in borsa. Tra gli arrestati, accanto ai boss della camorra Antonio Sarnatoro e Michele Zaza,c’era anche Attilio Repetti , un manager cattolico (era membro di primo piano della UCID, Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti) e presidente della Società finanziaria Ferrovie Torino Nord (FTN) quotata alla Borsa di Milano. Repetti faceva parte insieme a Foti del Consiglio di amministrazione della Brondi e Saroldi ( Voghera, Pavia), affiliata alla Sirix-Intervitrum (“Il Mondo”, 1. / 8. 11. 93). Giornalisti italiani trovarono allora degno di nota che un consigliere d'amministrazione della Fimo, la cui società era stata al servizio della mafia siciliana e del cartello di Medellìn come stazione di transito di denaro, facesse parte di un altro consiglio di amministrazione proprio con un camorrista. ( “Il Mondo”, 1./ 8.11.93) Gli autori del libro ‘Le Blanchiment en Belgique’ sostennero : " I piccoli azionisti ( PB Finance) avrebbero dovuto reagire più in fretta. Ma è ugualmente significativo che nessuna autorità belga si sia sentita qualificata ad indagare la provenienza dei soldi

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investiti alla PB Finance. Ciò non riuscì neppure alla stampa."(Vanempten, Jean, e Verduyn, Ludwig : ‘Le Blanchiment en Belgique’, Bruxelles 1994, p.96)

58) ''Le Vif/L'Express'', 10.6.94

59) Nel consiglio di amministrazione Fimo rimasero Luigi Tamburini, Lucia Galliano-Aloisio e Piergiorgio Aloisio. La Fimo restò in seguito quasi due anni senza presidente, fnchè il 17 febbraio 1995 la società duramente provata ebbe un nuovo presidente nella persona di Franco Galliano (Torino).

60) “Tessiner Zeitung”, 21./22.9.93

61) “Cash”, 1.10.93

62) Fosse un caso o no: come già detto, la filiale della Banca Albis a Chiasso quando si accollò gli affari di carattere bancario della Fimo contava ugualmente 27 posti di lavoro.

63) La strategia di crisi ben arrangiata della Banca Albis ricorda in qualche modo la vendita della Banque de Commerce et de Placements BCP al gruppo turco çukurova nel giugno 1991, pochi giorni dopo che la casa madre BCP, la Bank of Commerce and Credit International BCCI, era stata chiusa coercitivamente dalla Bank of England e dall'Institut Monètaire del Lussemburgo . La SBG mantenne una partecipazione di minoranza alla BCP e con la vendita alla çkurova riuscì ad evitare che la filiale svizzera BCP della BCCI dovesse venir chiusa. Un' eventuale chiusura avrebbe prodotto solo un inutile scandalo e il baccano dei media. (cfr. p.177 segg)

64) "Corriere del Ticino ", 27. 11. 93

65) ivi

66) "Corriere del Ticino", 29. 10. 91

67) Il 15 luglio 1992 in un'intervista al "Nouveau Quotidien" la del Ponte ha giustificato il suo certificato Persil per Cotti come segue :" Le indagini [ al momento del rilascio del certificato il 18 ottobre 1991] erano in corso già da un anno. Avevo intrapreso procedimenti d'inchiesta e avevo in mano elementi più che sufficienti per direquello che allora dissi"

68) "Le nouveau Quotidien", 15.7. 92

69) "Il Giornale", 4. 4. 93

70) Fiscalini e Giuseppe Doninelli facevano parte insieme a Marzocco del Consiglio di amministrazione della francese Franchi France di Rungis presso Parigi, una società che importava in Francia e vendeva armi da caccia e munizioni.

71) "La Repubblica", 7. 9. 93

72) Fino al 12 luglio 1965 la Interchange Bank (Chiasso) era stata proprietaria della Hyaline. Questa banca ,presieduta dall'avvocato Bixio Bossi, diede adito al primo scandalo bancario in Ticino dopo la guerra. Nel marzo 1967 il delegato del consiglio di amministrazione Angelo Maternini e il direttore e azionista unico Umberto Fraschetti furono arrestati, la Interchange fu chiusa dal pubblico ministero e la

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porta sigillata. Maternini aveva fatto parte del consiglio di amministrazione della Hyaline e della Stefany con Ercole e Stefania Doninelli. Già dal 1964 la Interchange non era più stata liquida. Interchange trattava con monete d'oro e aveva una filiale a Caracas in Venezuela. L'istituto era stato fondato nel 1954 da Remo Cademartori, un industriale di Como. Quest' uomo aveva un passato movimentato e doveva aver avuto sempre buoni contatti. Infatti egli collaborò subito dopo la guerra con il colonnello Charles Poletti, capo dell'amministrazione militare alleata a Roma e più tardi a Milano. Dalla relazione della commissione delle banche emerse allora chiaramente che le autorità ticinesi avevano preso la faccenda un pò alla leggera, come scrisse la National Zeitung di Basilea. (10.4.67) Prima che si arrivasse al processo contro Cademartori, Maternini e Fraschetti passarono 7 anni. Nel 1974 i tre vennero condannati al carcere per fallimento fraudolento, Cademartori a 8 anni, Maternini a 4 anni e Fraschetti a 27 mesi. Tutti e tre erano assenti e non andarono mai in una prigione ticinese. Fino alla conclusione del procedimento fallimentare contro la Interchange nel settembre 1989 passarono ben 15 anni. Molti della parte lesa erano morti, tra questi non pochi emigranti italiani ai quali la Interchange si era presentata come cassa di risparmio. Nel febbraio 1996 si tornò a parlare di nuovo della Banca Interchange. Un tribunale di New York aveva condannato il Canton Ticino ad un risarcimento di 125 miliardi di dollari. Una società americana, la Granville, presieduta dal cittadino statunitense Abdul Hafez Muhammed, aveva in prima istanza fatto valere questa sua richiesta. Secondo Hafez Muhammed la Graiville aveva versato fiduciariamente nel 1966 alla Interchange 600 milioni di dollari senza che le fossero più restituiti. Il Canton Ticino fece ricorso in appello a New York con successo.

73) L'arresto dell'azionista di minoranza della Fidia, Pia Vecchia, e di suo marito, il cardiologo Riccardo Buchberger, il 17 febbraio 1993 a Ponte Chiasso, fa luce sulla crisi della Fidia. I Buchberger avevano in auto documenti che dimostravano che avevano versato 432 milioni di lire sui loro conti bancari svizzeri. Inoltre Pia Vecchia aveva 4 titoli rubati del Banco di Santo Spirito. Facevano parte di quei 294 titoli che il 2 novembre 1990 erano stati rubati a Roma e nel 1992 erano comparsi in diverse banche in Italia, Svizzera, Inghilterra e Lussemburgo. Questi titoli aveva cercato di venderli anche Winnie Kollbrunner, collaboratrice del ministro della giustizia italiano d'allora, nell'ottobre 1992 a Ginevra ed era stata arrestata. (v. p.309 segg) Nella sua rubrica telefonica Pia Vecchia aveva anche il numero di telefono di Ugo Ziletti, ex vicepresidente del supremo consiglio dei giudici italiani CSM, che 3 giorni prima era stato arrestato perché coivolto nella bancarotta della Compagnia generale finanziaria di Sergio Cerrutti. La CGF amministrava denaro di Licio Gelli e di altre persone della P2.( "L'Unità", 26.8.93)

74) Duilio Poggiolini e sua moglie Pièrr sarebbero argomento per un intero libro. Nato nel 1929 in una famiglia di modeste condizioni, dopo la guerra potè studiare medicina e divenne medico di campagna. Partecipò ad un concorso per un posto di funzionario al ministero della salute. Grazie alla fortuna e a buone relazioni ottenne l'incarico. Da allora cominciò per lui una brillante ascesa. Diventò professore universitario e nel 1973 direttore generale del reparto per l' autorizzazione dei farmaci. Egli incassava senza ritegno ricche tangenti dall' industria farmaceutica per l'autorizzazione di farmaci inutili o addirittura dannosi a prezzi eccessivi. Nel 1979 finì nel mirino della stampa per una complessiva inefficienza e per la sua scandalosa prassi delle autorizzazioni. Per difendersi aderì alla loggia massonica segreta P2 di Licio Gelli, e immediatamente gli attacchi diminuirono. All'inizio degli anni '80 la procura della repubblica di Torino aprì un'istruttoria nei suoi confronti. L'inchiesta fu trasferita a Roma dove si insabbiò (“Panorama”, 28.3.93). L'"Espresso" del 4.7.93 cita ad esempio lo spray Calcitonnia della Sandoz contro l'osteoporosi. Il farmaco non era riconosciuto negli USA, in Inghilterra, in Francia perché la sostanza era efficace solo se iniettata sottocute. O Timunox della Cilag AG (Schaffhausen), un medicinale per rafforzare il sistema immunitario, venduto solo in Italia. O anche TP1 della Ares Serono (Ginevra), contenente la stessa discutibile sostanza del Timunox, solo

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molto più cara.

75) "Corriere della Sera",27 10 93

76) "L'Espresso", 28 10 93

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3 LA MISTERIOSA TRADE DEVELOPMENT BANK

Seconda stazione svizzera di transito del denaro da narcotraffico, nel percorso che dalla mafia portava al cartello di Medellìn, era il conto Oficina de Cambio Internacional presso la Trade Development Bank di Ginevra (TDB). E come alla Fimo anche alla TDB nessuno, secondo le sentenze di Carla del Ponte, sapeva qualcosa di proventi da traffico da droga. A giudicare dalle ordinanze di archiviazione delle indagini sulla Fimo, Victor Dana e Thierry Dana, due membri dei quadri TDB, credevano in buona fede che le banconote in lire, consegnate dal riciclatore Giancarlo Formichi Moglia di Chiasso, provenissero dalla vendita di oro venezuelano negli USA. (1) Conclusione: La TDB non si era resa colpevole di concorso in riciclaggio di denaro come la Fimo o il servizio postale ferroviario che aveva trasportato i sacchi valore con le banconote italiane da Chiasso a Ginevra.(2) Mentre la giustizia ticinese aveva archiviato il dossier TDB subito dopo averlo aperto, vale la pena considerare in questo libro con particolare attenzione la banca ginevrina in buona fede a cui si appoggiava per le sue operazioni il riciclatore di denaro da narcotraffico Formichi Moglia. perché questa banca ginevrina era stata il perno e il cardine dell'ascesa di Edmond Safra a "banchiere di maggior successo da Morgan e Rockfeller".(3) Edmond Safra è un ebreo sefardita di Beirut con passaporto brasiliano.(4) Insieme con altre tre famiglie sefardite medio-orientali egli ha fatto di Ginevra la capitale del settore bancario sefardita. Senza questo retroscena la storia della TDB non può essere analizzata. Perciò bisogna presentare brevemente le famiglie de Picciotto, Gaon e Dweck prima di cominciare a parlare della TDB di Safra. Edgar de Picciotto, un finanziere libanese emigrato in Svizzera da Beirut passando per l'Italia, ha fondato insieme ai suoi due figli Guy e Daniel una nuova potente dinastia di banchieri ginevrini.(5) Diversamente dal suo connazionale levantino Edmond Safra, che non ha mai voluto prendere la cittadinanza svizzera, Edgar de Picciotto nel 1972 è diventato cittadino di Waadt. Insieme con i protagonisti del mondo bancario locale è membro anche dell'istituto "Gèneve Place Financière" (6). Già nel 1969 De Picciotto aveva fondato con il banchiere privato zurighese Nicolas Baer la Compagnie de Banque et d'Investissements (CBI). Nel 1978 Baer diede le dimissioni dal Consiglio di amministrazione CBI e fu sostituito dal ginevrino Michel Brunschwig. (7) Nel 1989 entrò nel consiglio di amministrazione CBI Rodolfo de Benedetti, figlio del presidente dell'Olivetti, Carlo de Benedetti (8), mentre de Picciotto deteneva quote di minoranza delle holding familiari di De Benedetti CIR (Parigi) e Sofigen (Ginevra). Nel 1990 infine la CBI, suscitando lo stupore degli specialisti del settore, comprò la TDB, dieci volte più grande, fondata da Safra. Se ne parlerà ancora più avanti. Nessim Gaon, presidente del congresso sefardita mondiale, era nato nel 1922 in una famiglia di ebrei turchi in Sudan, dove suo padre era un alto funzionario coloniale britannico. Nel 1957 venne a Ginevra e ottenne più tardi la cittadinanza ma senza essere mai veramente accettato. Si occupava di commercio e di operazioni immobiliari. Il direttore cantonale dei lavori edili Chistian Grobet (PS) si oppose ad alcuni dei suoi progetti edilizi. All'inizio degli anni '90 la famiglia Gaon controllava due dozzine e più di società, ad esempio la Sècheron Holding SA (9) e la Noga SA con il direttore Joel Herzog, figlio dell'ex presidente israeliano Chaim Herzog. Nel febbraio 1995 Gaon arrivò sull'orlo della bancarotta, perché era stato coinvolto nel crac immobiliare di Ginevra con un grande progetto nel settore industriale della Sècheron dietro la stazione ferroviaria Cornavin. Sebbene non confermato ufficialmente, Gaon potrebbe essere stato aiutato da Safra ; il manager di Safra Isaac Ormyron fa parte del consiglio di amministrazione della Noga SA di Gaon. Nel dicembre 1994 il tribunale di Ginevra concesse a Gaon, dopo una richiesta di riscossione della Olympia & York, Toronto (Fratelli Reichmann), un rinvio del fallimento di per lo meno due anni (10). La terza potente dinastia sefardita di Ginevra è rappresentata dagli Dwecks. Questi sono originari come i Safra di Aleppo e sono giunti più tardi a Ginevra passando per Beirut prima e per l'Italia poi. Giacomo Dweck aveva lavorato dall'inizio degli anni '60 per la TDB di Safra. Maurizio Dweck fondò agli inizi degli anni '70 la Soditic di Ginevra , che più tardi divenne la Banca privata SG Warburg Soditic e dopo la vendita della Warburg SG al Bankverein nel 1995 fu

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chiamata di nuovo Soditic.(11) Maurizio Dweck fa parte anche del comitato direttivo della Borsa di Ginevra.

LA CAPITALE MONDIALE DEL SISTEMA BANCARIO SEFARDITA

L'integrazione delle famiglie Safra, de Picciotto, Gaon e Dweck - analogamente all'accoglienza degli Ugonotti alcune centinaia di anni prima - sottolineò la tradizionale capacità di assimilazione di Ginevra. Con ciò la città ospita oggi oltre al gruppo locale dei tradizionali banchieri privati un secondo centro decisionale globale nel cosiddetto "Private Banking", il business della gestione patrimoniale per gente ricca: Una potenza autonoma con la quale anche gli organi decisionali delle tre grandi banche svizzere residenti a Zurigo debbono fare i conti. Senza tener conto delle radici comuni di una parte dell' aristocrazia ginevrina del denaro nell' ebraismo sefardita, non si possono prendere in esame i misteri dell'ascesa della TDB nè l'avvenire di Ginevra come centro decisionale nella piazza finanziaria Svizzera. E bisogna considerare che religiosità personale e impegno politico delle grandi famiglie sefardite di Ginevra sono diversi. Mentre Nessim Gaon era presidente del Congresso mondiale sefardita, i de Picciotto e i Dwecks mantennero un basso profilo. Il ricchissimo e potentissimo Edmond Safra non fa mistero della sua religiosità personale e del suo impegno per gli interessi terreni dell' ebraismo sefardita. (12) Nato nel 1932, è il patriarca della famiglia Safra, di cui fanno parte i suoi fratelli più giovani che vivono in Brasile, Joseph, Moise, Evelyn, Ughette, Gabi e Arlette. Ci asono poi i figli che Edmond ha adottato sposando Lily Monteverde e la numerosa prole dei suoi fratelli e sorelle. Safra che ha definito una volta le banche i suoi figli, ha sempre sottolineato che guadagnr denaro non era per lui fine a se stesso. Voleva piuttosto fondare una banca che sopravvivesse mille anni. (13) Il primo traguardo l'ha raggiunto il discendente di quei mercanti sefarditi che 150 anni fa nella Aleppo allora osmanica avevano cominciato a commerciare in denaro e oro. Si può affermare che la famiglia Safra abbia superato oggi i Rothschild, la dinastia di banchieri ebrei finora preminente. Negli anni '90 sembrava in declino soprattutto la stella del ramo inglese dei Rothschild. La NM Rothschild di Londra fu superata dalle banche d'affari Schroders e Fleming, tradizionali concorrenti, cosa di cui il "Sunday Times" incolpò il capo dei Rothschild, Sir Evelyn. (14) Il tragico suicidio del successore designato di Sir Evelyn, Amschel Rothschild, nel luglio 1996, dopo una seduta decisiva a Parigi, sottolineò ulteriormente la profonda crisi della casa. Ma anche i Rothschild francesi avevano conosciuto giorni migliori. Dopo che nella famiglia non era stato possibile trovare nessun successore adeguato, nel settembre 1995 Gérard Worms passò infine alla guida della società in accomandita Rothschild et Cie. Banque (Parigi). Nell'estate 1995 Worms era stato destituito da presidente della finanziaria Compagnie de Suez (Banque Indosuez, Sociétè Générale de Belgique) in gravi difficoltà e ricevette il compito di organizzare il rilancio dei Rothschild - costi quel che costi. Il ramo franco-svizzero dei Rothschild, la ginevrina Banque Privée Edmond de Rothschild del padre Edmond e del figlio Benjamin de Rothschild faceva ancora, per lo meno esteriormente, un'ottima figura.

EDMOND SAFRA E LA TDB

Motore dell'ascesa di Edmond Safra fu la TDB, la cui vicenda, ricca di successi, deve essere vista sullo sfondo della storia della famiglia Safra. Jacob Safra, padre di Edmond, nacque nel 1891 ad Aleppo quale figlio di un cambiavalute e commerciante in oro.(15) Ancor giovane entrò nella banca Safra Frères, fondata intorno alla metà dell' '800 da suo nonno, che aveva filiali ad Alessandria e a Istanbul. Durante l'infanzia di Jacob Safra Aleppo era una città in declino. L'impero turco ottomano subiva la pressione degli imperialisti inglesi e francesi e insieme del nascente nazionalismo arabo. Nel 1914, a 23 anni, Jacob Safra andò nell'ambiziosa Beirut e aprì qui una filiale di Safra Fréres. Quattro anni dopo,

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dopo la prima guerra mondiale l'impero ottomano era storia. I quattro cugini e soci dell'istituto bancario (David a Istanbul, Ezra ad Aleppo, Jacques ad Alessandria e Jacob a Beirut) dovettero chiudere i loro sportelli. Col crollo dell'impero ottomano molti ebrei di Aleppo, chiamati Calabi, si erano rifugiati a Beirut. Così ad es. le famiglie dei Dweck, Tawil, Shammah e Sasson. Alcuni dei discendenti di queste famiglie di commercianti e banchieri sefarditi entrarono più tardi nei quadri delle banche controllate da Edmond Safra. Nel 1920 Jacob aprì a Beirut, che ora era in territorio di mandato francese, una nuova banca: Jacob E. Safra, Maison de Banque. Nel 1922 ebbe da sua moglie Esther il figlio Elie. Dopo dieci anni seguì il secondo figlio Edmond, più tardi seguirono Joseph, Moise, Evelyn, Ughette, Gabi e Arlette. Negli anni venti e trenta gli affari di Jacob Safra andarono bene ed egli divenne uno dei leader dell'allora grande comunità ebraica di Beirut. I suoi clienti erano non solo ebrei, ma anche musulmani e cristiani, che allora avevano in Libano rapporti piuttosto buoni. La banca Safra si occupava soprattutto di finanziamenti commerciali per prodotti come caffè, cacao, oro e diamanti. Di Edmond si racconta che già all'età di otto anni lo si poteva incontrare ogni giorno nell'ufficio commrciale del padre. Durante la seconda guerra mondiale il Libano fu amministrato da un alto commissario del governo filonazista di Vichy del maresciallo Pétain. Il padre di Edmond, essendo un leader della comunità sefardita frequentava l'alto commissario di Vichy e sapeva quale minaccia incombesse sugli ebrei di Beirut nel caso che il feldmaresciallo tedesco Erwin Rommel avesse conquistato il Cairo. Il regime di Vichy aveva già preparato leggi eccezionali per "il trattamento degli Israeliti", che legalizzava la consegna degli ebrei in Nordafrica e nel levante alla Germania nazista. Ma per fortuna il corpo d'armata dell'esercito tedesco in Africa fu sconfitto dai britannici ad ElAlamein, e gli ebrei di Beirut sopravvissero allo spettro di Vichy più o meno senza danni. Ma subito dopo la guerra si presentarono nuovi pericoli. Nella Palestina del mandato britannico cominciò una guerriglia tra gli ebrei europei emigrati e i palestinesi lì residenti Con ciò ebbe una fine improvvisa la tradizionale tolleranza tra Arabi ed Ebrei che per secoli erano stati sudditi dei Turchi. Ad Aleppo la sinagoga fu distrutta nel 1947 e la Banca Safra, guidata da un cugino di Jacob, andò in fiamme. Anche a Beirut imperversava l'antisemitismo, e di fronte alla banca Safra ci fu una dimostrazione : Non fidatevi dell'ebreo Jacob Safra, si leggeva su un trasparente.

L'ESODO DA BEIRUT

Jacob Safra sapeva che i suoi giorni in Libano erano contati. Inviò i suoi due figli più giovani Joseph e Moise in Inghilterra in una scuola privata, il sedicenne Edmond lo mandò invece nel 1948 in Italia, dove avrebbe dovuto creare un punto d’appoggio per la Banca Safra in Europa. Il figlio maggiore Elie, che conformemente alla tradizione sefardita avrebbe dovuto assumere l'attività del padre, fu scavalcato. Da questo Elie non si riprese mai. Andò in Svizzera, si ritirò completamnte dagli affari e morì giovane. Si dice che ancor oggi Edmond soffra sotto il peso del tragico destino del fratello maggiore. Seguito da un domestico e dal fedele impiegato di suo padre, Jacques Tawil, Edmond volò nel 1948 a Roma e più tardi a Milano, dove commerciò in oro. L'Italia del Nord era allora meta preferita degli ebrei mediorientali, che non erano riusciti a provare amicizia per il nuovo stato di Israele dominato dagli ebrei europei. Accanto a Safra ad esempio anche Edgar de Picciotto e Maurizio Dweck. C'erano inoltre i sefarditi residenti da lungo tempo, e nel frattempo italianizzati, come i De Benedetti. Per cinque anni Edmond Safra fece la spola tra Beirut e l' Europa e portò a termine operazioni finanziarie. Allo stesso tempo teneva sempre gli occhi aperti alla ricerca di un paese in cui la sua gente potesse emigrare. Nel 1952 individuò infine la meta agognata in Brasile, dove era dovuto volare per l'ispezione di una cartiera. Edmond cominciò ad imparare il portohese, levò le tende da Milano e si trasferì in Brasile, dapprima a Rio, poi a Sao Paulo. Nel 1953 il padre Jacob con i fratelli e le sorelle lo seguirono da Beirut. La banca di Beirut Jacob Safra la cedette ad un fedele impiegato. Sebbene il vecchio edificio sia stato distrutto nel 1976 durante la guerra civile, essa esiste ancor oggi. In Brasile c'era allora un media

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borghesia ebraica. Non poche di queste persone avevano dovuto sfuggire a suo tempo ai nazisti e ora divennero i primi clienti della piccola banca, che i Safra avevano comprato a San Paolo. Inoltre continuarono a finanziare il commercio, come avevano già fatto cento anni prima.

GINEVRA, PATRIA ELETTIVA

Già dopo tre anni a San Paolo Edmond venne di nuovo in Europa, questa volta a Ginevra. Qui fondò nel 1956 la Finanziaria Sudafin con un capitale di 100.000 franchi.(16) Quattro anni più tardi la Sudafin, sotto il nome Trade Development Bank, fece richiesta di una licenza bancaria presso la Commissione Confederale delle Banche. Anche il padre di Edmond, Jacob Safra, entrò nel consiglio di amministrazione. Negli statuti si diceva che l'attività si svolgeva soprattutto all'estero. Sebbene dal 1956 Safra fosse solo raramente in Brasile ricevette nel 1960 la cittadinanza brasiliana. Non ha una residenza fissa, ma fa la spola tra Ginevra, la Costa Azzurra, Londra, San Paolo e New York. Per poter andar in giro senza bagaglio, ha in tutti questi luoghi un set di camicie e abiti azzurri identici e un cameriere che tiene tutto in ordine. Nel 1962 Edmond vendette la sua partecipazione al Banco Safra SA di San Paolo ai suoi fratelli più giovani Joseph e Moise, per concentrarsi completamente sulla TDB. (17) Nel 1963 morì a nella città brasiliana il padre Jacob. Già dopo un anno dalla fondazione della TDB il capitale potè essere aumentato a 26 milioni di franchi. Ai posti di comando strategici Safra mise, conformemente alle antiche tradizioni, preferibilmente correligionari mediorientali. Alcuni di loro avrebbero fatto una grande carriera: ad esempio Joseph A. Shalam o Emile Saadia. Nel gennaio 1963 la TDB aprì una filiale a Chiasso. Vicedirettore divenne Giacomo Dweck, un calabi di Aleppo che aveva preso la cittadinanza italiana. Più tardi si unirono al management di Chiasso anche Alber M.Benezra, un ebreo turco di Istanbul, e il vecchio uomo di fiducia Jacques Tawil con cui Safra nel 1948 aveva fatto per la prima volta un viaggio in Italia. L'impiego di tre tra le più qualificate e strette persone di fiducia nella piazza finanziaria di Chiasso, allora ancora piccola, sottolinea l'importanza di questa filiale. Negli anni '60 e '70 gli affari andavano lisci come l'olio, senza che si fossero presentati problemi di rilievo. Dopo Chiasso furono aperte filiali anche a Londra e a Nassau (Bahamas). La filiale londinese divenne uno dei maggiori operatori sui mercati monetari d'Inghilterra. Nel 1973 la TDB si era trasformata nella più grande banca svizzera controllata da stranieri con un capitale di 165 milioni di franchi. Nonostante il suo fenomenale successo Safra continuò allora a rimanere quasi del tutto sconosciuto all'opinione pubblica svizzera. Gran parte della clientela si trovava in Sudamerica, che in quegli anni era dominata per lo più da dittature fasciste.

SAFRA VENDE LA TDB

Nel 1983 Safra vendette la sua TDB per 550 milioni di dollari al gruppo di servizi finanziari statunitense American Express.(18) La vendita era stata avviata da Peter Cohen , presidente della Shearson Lehman, affiliata di American Express. Cohen aveva lavorato dal 1978 al 1980 per Safra ed era diventato poi presidente della Shearson Lehman.(19) I capi dell'American Express Jim Robinson e Jack Smith volevano rilanciare l'American Express Bank e ritenevano che a questo scopo fosse ideale una fusione con la TDB. E questo sebbene il campo d'azione principale della TDB fosse il Sudamerica scosso allora da una crisi causata dai debiti, e dove la banca aveva molti crediti pendenti. Safra vendette, la TDB confluì nell’American Express Bank, e Safra ne divenne presidente. Nello stesso tempo si impegnò per iscritto di non fondare per tre anni una nuova banca in Svizzera, nel caso di un ritiro dall'American Express. Si scontrarono due culture: da una parte la TDB con il suo carattere marcatamente ebraico e il forte legame con Safra presidente onorario e fondatore, dall'altra l'American Express Bank con la sua mentalità tradizionalmente WASP (White-Anglo-Saxon-Protestant). Safra e il capo dell'American Express Jim Robinson ben presto litigarono. Già alla fine del 1984 e pochi mesi

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dopo anche il suo fedele sottotenente Giacomo Dweck uscirono dal consiglio di amministrazione. Nel corso del 1985 cominciò il grande esodo dall'American Express Bank dei rappresentanti dei quadri fedeli a Safra. Michel Cartillier, Sem Almaleh, Jacques Tawil e circa cento altri del seguito di Safra lasciarono l'istituto. Nel caso che a Safra e agli uomini del suo seguito fosse riuscito di portarsi via oltre ai quadri anche i vecchi clienti migliori della TDB fusasi con la American Express Bank, la TDB sarebbe divenuta praticamente senza valore per American Express e la discreta cifra d'acquisto di 550 milioni di dollari sarebbe andata perduta. Perciò il capo dell'American Express Jim Robinson ingaggiò dei detectives privati e incaricò le più note agenzie di investigazioni economiche come Jules Kroll (New York) e Carratu International (Londra) di cercare motivi d'accusa contro Safra. La fiducia dei clienti in Safra avrebbe dovuto essere distrutta affinchè non passassero alla sua Republic National Bank of New York (RNB). La RNB era stata fondata da Safra nel 1966, sei anni dopo la TDB, come suo punto d'appoggio a New York.

LA GRANDE CAMPAGNA DENIGRATORIA

Sulla campagna internazionale che il capo dell'American Express Jim Robinson condusse dal 1986 fino al 1989 contro Safra il reporter del “Wall Sreet Journal” Bryan Burrough scrisse un libro di 500 pagine dal titolo: ‘Vendetta - La campagna diffamatoria dell'American Express contro il concorrente Edmond Safra’. (20) Il libro comincia con la frase: "Il finanziere internazionale Edmond Safra fu accusato di essere implicato in numerosi delitti di riciclaggio di denaro sporco fino al delitto su commissione. Per quanto ho potuto riscontrare nelle mie ricerche si tratta di pure calunnie". Secondo Burrough "tutte le dicerie di narcotraffico "si basano solo su pettegolezzi intorno alla famiglia di bancheri levantina tradizionalmente discreta, generati da "antisemitismo e invidia per le ricchezze di Safra". Per Burrough "il problema d'immagine di Safra nasce dal tradizionale impegno della famiglia di banchieri in due branche d'affari considerate sospette da numerosi osservatori occidentali: le operazioni bancarie svizzere e il commercio d'oro." In breve: Non è sospetto Safra ma la piazza finanziaria Svizzera. Nel tentativo di difendere Safra, lo zelante reporter dello “Wall Street Journal” è divenuto critico involontario della piazza finanziaria Svizzera. Se si segue coerentemente la logica di Burroughs, le figure sospette non sono da cercarsi nell'ambiente di Safra, ma piuttosto nel suo elitario ambiente svizzero. Tutte colonne portanti della migliore società ginevrina: Nel 1982 facevano parte del consiglio di amministrazione della TDB ad esempio l'ex direttore del Bankverein Giuliano Pelli e il consigliere d'amministrazione di Merkur Robert Baur. Gli avvocati ginevrini di Safra erano nomi famosi come Pierre Guinaud (21), Marc Bonnant (22), Charles-Andrè Junod (23) e Jean-Pierre Jacquemoud.(24) Anche se l'autore di ‘Vendetta’ documenta in modo del tutto attendibile la massiccia campagna denigratoria di American Express, il suo libro resta una difesa acritica di Edmond Safra. E non meraviglia affatto che gli sia stato rimproverato di scrivere al soldo del finanziere. L'argomentazione unidimensionale assomiglia all'arringa di un avvocato per il suo cliente. Sebbene Safra non avesse bisogno di quest'arringa: il capo dell'American Express Jim Robinson si scusò personalmente per la campagna denigratoria - di cui sostenne di non aver saputo niente - e versò 8 milioni di dollari a enti assistenziali indicati da Safra. L'unilateralità di Burrough gli impedisce ad esempio di rilevare che la vendita della TDB all'American Express può essere stata una cosa combinata fin dall'inizio. Il manager dell'American Express che aveva arrangiato quest'affare, Peter Cohen, lavorava prima e dopo per Safra.(25) è possibile che egli abbia spinto i capi dell'American Express ad acquistare la TDB nell'interesse di Safra. Sebbene questa banca come nessun'altra, in ultima analisi fosse a misura del suo fondatore e guida, Edmond Safra. "Nella sua banca Edmond è presidente, giudice e giuria", scriveva ad esempio la rivista economica "Business Week".(26) La lealtà di Safra nei confronti dei suoi dirigenti spesso

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sefarditi era leggendaria; quando qualcuno aveva problemi poteva contare sul capo. I dirigenti a loro volta ripagavano, come è comprensibile, con un grande attaccamento. Stando così le cose, sarebbe comprensibile che una volta che Safra aveva incassato il prezzo d'acquisto dall'American Express, i dirigenti fedeli tornassero dopo un certo periodo di nuovo dal loro vecchio capo. E come l'esperienza insegna, i clienti delle banche tendono a seguire gli amministratori patrimoniali a loro noti. Come detto, questa è solo un'ipotesi. Ma in un libro di 500 pagine meriterebbe di venir analizzata.

SAFRA RESTITUISCE IL COLPO

è un fatto che quasi cento dei più importanti quadri della TDB abbandonarono la TDB-American Express. Basti qui citare oltre al direttore generale Michel Cartillier con la segretaria, il direttore dell’elaborazione elettronica dei dati (EED) Hans Hofer per esempio, il capo contabile Claude Frossard, il manager del sistema Costakis Plastiras e l'esperta tributaria Claire Favre. Si concentrarono alla Prochimex SA in Rue François Billot. Nello stesso edificio aveva il suo studio anche l'avvocato di Safra, Jean-Pierre Jacquemoud.(27) La segretaria di Cartillier e altri tre disertori dall'American Express lavoravano alla Rasmal Finance SA, del cui consiglio d'amministrazione faceva parte lo stesso Jacquemoud. All'inizio del 1987 venne a mancare alla TDB-American Express una serie di atti che documentava i più importanti sistemi di computer e di comunicazione della TDB. Il 23 marzo 1987 il presidente della TDB-American Express Bob Terrier fece denuncia contro ignoti per furto. Il procedimento si insabbiò. Il 31 agosto 1987 l'American Express intentò un'azione contro Edmond Safra presso la commissione confederale delle banche. Lo accusò di contravvenzione sistematica al divieto di concorrenza, di portar via il personale altrui per la sua nuova banca e richiese che fosse vietato a Safra di aprire un’altra banca in Svizzera. Non avrebbe offerto alcuna garanzia di una gestione irreprensibile dell'impresa. La commissione delle banche respinse il ricorso.

DECOLLO IN VERTICALE DELLA NUOVA BANCA

Nel 1988 Safra fondò la Republic National Bank of New York (Suisse), il cui nome fu poi abbreviato in RNB (Suisse). A far parte del consiglio di amministrazione chiamò oltre ai suoi avvocati svizzeri Jean-Pierre Jacquemoud e Charles-André Junod anche il fedele Jacques Tawil, con il quale nel 1948 era venuto da Beirut in Italia, e Guido Hanselmann, vecchio direttore generale della Schweizerische Bankgesellschaft. Presidente della direzione generale divenne Sem Almaleh, sefardita di Beirut, già ai vertici della TDB. Lo affiancava Joseph Benhamou. C'era anche la giovane generazione dei Safra: aveva funzioni di procuratrice Camila Safra.(28) La nuova banca svizzera di Safra, RNB (Suisse), era un’ulteriore componente del suo gruppo RNB. Alla fondazione della RNB numerosi dirigenti della TDB andarono a New York, ad esempio Cyril Dweck o Jacques Tawil. Safra non aveva alcun ufficio operativo presso la sua banca a New York, era solo presidente onorario. Ma come "Business Week" informa, gli statunitensi per lo più ebrei che aveva chiamato a far parte del topmanagement dovevano essere sempre ai suoi ordini. (29) La RNB fu un grande successo e nel giro di appena 30 anni si espanse dalle poche agenzie sulla Park Avenue al ventesimo posto delle banche USA con 69 filiali a New York, Florida e California. Inoltre il gruppo RNB comprende molti altri operatori di borsa, amministratori patrimoniali e casse di risparmio. Era considerato inoltre il massimo commerciante in oro degli USA per le monete e i lingotti e anche nel commercio di banconote era annoverato tra i maggiori. (30) Al gruppo RNB appartiene la Republic Mase Bank (Londra), una delle maggiori banche al mondo per il commercio dell'oro, e Republic Factoring con filiali in California e North Carolina. Le operazioni della Factoring hanno bisogno di un'elevata liquidità: la banca compra crediti già prima della loro scadenza in contanti con una riduzione. Alla scadenza di pagamento incassa dal debitore

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l'importo intero. A metà del 1994 Safra possedeva il 28,7 % del capitale azionario del gruppo RNB, una concentrazione eccezionalmente alta da parte di un unico proprietario tra le grandi banche USA. Gran parte, del resto, lo controllava mediante alcune holding. Gli attivi complessivi del gruppo RNB all'inizio del 1996 ammontavano a più di 60 miliardi di dollari. La Republic National Bank of New York (Suisse) dal 1988 al 1995 si accrebbe fino a divenire la maggior banca svizzera di proprietà straniera con un importo di bilancio di più di nove miliardi di franchi. Insieme con le altre banche Safra riunite nella Safra Republic Holding del Lussemburgo sorse nel giro di pochi anni un gruppo internazionale di banche private con circa 16 miliardi di dollari di bilancio totale (1995). Oltre alla RNB (Suisse) la Republic Holding lussemburghese di Safra aveva ancora due partecipazioni: la SR Transport Service di Ginevra, succeduta alla Republic New York Corporation Air Transport il cui nome compare nello scandalo Iran-Contra. Essa gestisce i jet dell'azienda per i dirigenti di Safra. Più importante è tuttavia la Compagnie de Participations Industrielles et Financières SA (CPIF) di Losanna, del cui consiglio d'amministrazione faceva parte Jacob Safra junior di New York.(31) Era consigliere d'amministrazione insieme a lui l'avvocato Dominique Rochat dello studio Lenz & Staehelin di Ginevra. Dominique Rochat è uno di quegli avvocati d'affari che fanno collezione di mandati di banche e società finanziarie. Una dozzina di mandati esteri fanno di lui un intermediario particolarmente importante per Safra con questi istituti. (32) Una composizione interessante ha anche la L&S Conseil (Ginevra) che ha riunito la RNB (Suisse), la Banque Unigestion e la Kreditanstalt: Safra era rappresentato dal direttore generale Joseph Benhamou, la Banque Unigestion dal suo azionista e consigliere d'amministrazione Bernard Sabrier e dal suo consigliere d'amministrazione Robert Pennone.(33) Nel maggio 1996 Sabrier vendette infine la Banque Unigestion alla RNB (Suisse), il cui organico salì a circa 450 persone ed il bilancio totale a 9,5 miliardi di franchi.

IL PESCE PICCOLO MANGIA IL PESCE GROSSO

La campagna del presidente dell'American Express Jim Robinson non riuscì a bloccare Safra e la RNB (Suisse) di nuova fondazione passò rapidamente da un record all'altro. La TDB, sotto l’ala dell'American Express, non aveva invece successo senza Safra. Nello stesso tempo anche la casa madre dell'American Express a New York finiva sempre più in rosso. Nel 1989 i dirigenti della banca americana decisero di intraprendere un programma di risanamento che includeva la vendita della TDB. Tra i primi interessati ci fu nientemeno che Edmond Safra. Ma non gli fu aggiudicata, anche se si dice che abbia offerto circa un miliardo di franchi, il doppio della cifra che l'American Express nel 1983 aveva pagato per la TDB. All'inizio del 1990, dunque poco dopo l'ultimo trasferimento di denaro da narcotraffico dalla Fimo alla TDB, l'American Express vendette l'80 % della TDB alla Compagnie de Banque et d'Investissements (CBI) di Ginevra. Uomo di punta della CBI era Edgar de Picciotto. La CBI-TDB, sorta dalla fusione della CBI con la TDB dieci volte più grande,rappresentò per de Picciotto il coronamento dell'opera di tutta una vita. Alcuni mesi più tardi la banca cambiò ancora nome e ne assunse uno complicato, Union Bancaire Privée CBI-TDB, abbreviato in seguito in UBP. Poichè la CBI di de Picciotto era dieci volte più piccola della TDB, si cercò di indovinare la provenienza della cifra d'acquisto compresa tra i 500 milioni e un miliardo di dollari, che de Picciotto aveva pagato all'American Express per l'80 % della TDB (il 20% lo mantenne l'American Express). La voce che allora circolava, vale a dire che Safra avesse prestato a de Picciotto il denaro necessario, sarebbe una risposta plausibile a questa domanda. La voce non era del tutto fuori luogo, perché anche Safra si era mostrato interessato all'acquisto della TDB, ma non aveva trovato buona accoglienza. L'ipotesi che Safra fosse il discreto finanziatore di de Picciotto, è suffragata dal ritorno di numerosi dirigenti di Safra alla UPB dopo il ritiro dei quadri dell'American Express: Per primi il presidente della direzione generale Michel Cartillier e il direttore generale Daniel Solari, che avevano lasciato la TDB nel 1985/86. Ma anche dirigenti di primo piano del Backoffice come ad esempio l'analista dei sistemi Costakis Plastiras o il capo contabile Claude Frossard. Nel consiglio d'amministrazione dell'UBP,

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ampliato da de Picciotto, entrarono due vecchi compagni di viaggio di Safra dagli inizi degli anni '60, originari di Beirut, Emile Saadia e Joseph A. Shalam. Saadia era entrato in servizio nel 1962 come direttore della TDB, mentre Shalam era stato nominato nel 1965 procuratore commerciale. Nella prima metà degli anni '90 la UPB continuò a crescere e con l'assorbimento della Zürcher Nordfinanz Bank nel novembre 1995 con poco meno di 1000 dipendenti, un importo di bilancio di circa 16 miliardi di franchi e depositi di clienti stimati fra i 35 e i 45 miliardi di franchi, divenne infine probabilmente la maggiore banca svizzera dopo le tre grandi banche (escluse le grandi banche cantonali e forse la banca Bär di Zurigo).

CONFESSIONI A CUORE APERTO

Nell'ottobre 1995 Edgar de Picciotto smentì in modo fuori del consueto ogni collegamento dell'UBP con "affari finanziari oscuri". Ed elencò cinque casi incresciosi, dei quali allora per lo meno uno era sconosciuto alla stampa svizzera.(34) In tutte queste storie la sua banca si sarebbe mantenuta integerrima, colpevoli sarebbero stati gli impiegati disonesti. Nel reato più grave era implicato l'assistente di direzione UBP, che alla fine di novembre 1994 fu arrestato a Miami con un collaboratore per sospetto di riciclaggio di denaro. Secondo de Picciotto la sua banca era stata vittima a Miami di un impiegato delinquente. Egli promise piena cooperazione con le autorità e disse inoltre di aver incaricato Bernhard Ziegler, ex direttore di polizia giudiziaria di Ginevra di escogitare misure semplici ed efficaci per un maggiore controllo interno.(35) Le indagini in Florida portarono alla denuncia di numerose persone tra cui Handali e il direttore finanziario di un discount americano di commercio al dettaglio, per riciclaggio di denaro e appartenenza ad un'associazione criminale. Ad Handali si rimprovera di essere stato membro di una grande organizzazione per il riciclaggio, che aveva predisposto un servizio di corriere per portare denaro contante degli USA in Svizzera e per far ciò si appoggiava ad un complesso sistema di contabilizzazione della UPB. Tra i sospetti figurò a Miami anche l'ultraottantenne Albert Shammah, che avrebbe messo a disposizione i suoi conti bancari, cosa che egli in ogni modo negò.Un altro caso criminale pendente della UBP-Connection è il procedimento penale a Ginevra contro il consigliere patrimoniale Pierre Hafner. Per Hafner la UBP sarebbe stata solo banca di deposito e non attore indipendente, ha sostenuto Edgar de Picciotto. In ogni caso Hafner, che fu arrestato per sospetto di appropriazione indebita di fondi d'investimento per l’ammontare di milioni, fino all'aprile 1994 era stato consigliere d'amministrazione dell'UBP. La UBP sarebbe stata vergognosamente sfruttata anche nel caso del socialista verosimilmente corrotto Luis Roldan, già "chefe" della milizia spagnola accasermata Guardia Civil, che aveva trasferito mazzette mediante conti UBP (36), e così pure nel caso dello speculatore immobiliare tedesco Jürgen Schneider, che aveva parcheggiato 245 milioni di marchi alla UBP, prima di dileguarsi in incognito a Miami. Nel suo esercizio difensivo Edgar de Picciotto citò ancora un affare di contrabbando con oro sudafricano, per cui la UBP era innocente, sul quale tuttavia non fu possibile apprendere niente di più preciso.

IL CASO FISCALE GRAF

La pubblicità più sgradita fu procurata all'UBP dalla tennista tedesca Steffi Graf. Dopo che suo padre era stato arrestato per sospetto di infrazione fiscale per l'ammontare di milioni, anche il settimanale illustrato "Stern" si occupò dettagliatamente di questo caso. Manager di Steffi era Phil de Picciotto. Padre di Phil era Maurice de Picciotto che viveva negli USA, un fratello del capo dell'UBP Edgar de Picciotto. Il padre di Phil Maurice fa parte del consiglio d'amministrazione dell'UBP. Phil dirige la Advantage International, la seconda agenzia di sportmarketing al mondo in ordine di grandezza secondo Mc Cormack, il cui capitale di fondazione fino al 1992 era depositato presso la holding della famiglia de Picciotto, la Compagnie de Banque et d'Investissements CBI Holding SA. Alla fondazione

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dell'Advantage (Switzerland) a Zug entrò nel consiglio di amministrazione Rudolf Hug, un ex consigliere d'amministrazione CBI (la banca precedente la UBP), che aprì un conto alla CBI. Dopo l'arresto di papà Graf il manager di Steffi, de Picciotto, e lo sponsor di Steffi, il produttore automobilistico della Opel, litigarono sul modo di affrontare la crisi. (37) Questo conflitto divenne pubblico e la Opel ricevette un dossier sulla UBP e la famiglia de Picciotto. A questo proposito scrive "Stern": "Contenuto: cose sgradevoli sulla parentela di de Picciotto - padre, zio e cugini – tutti occupati in operazioni economiche per la "Union Bancaire Privèe", coinvolta in grandi scandali finanziari". (38) Mittente del dossier era un certo Dean Andromidas dell' "Executive Intelligence Review" (EIR). Andromidas appartiene al gruppo che si raccoglie intorno allo statunitense Lyndon H. Larouche, che guida una rete internazionale di partiti, associazioni e case editrici. "Il settantatreenne Larouche aveva scontato fino al 1993 una pena di parecchi anni di detenzione negli USA per truffa ed evasione fiscale. In Germania i suoi seguaci svolgono un'attività cospirativa con organizzazioni come lo Schiller-Institut o "Patrioti in Germania". Al centro della loro campagna diffamatoria c'è "l'alta finanza ebraica". Anche la famiglia de Picciotto è di origine ebraica".(39)

SAFRA, L'INTOCCABILE

Lasciamo l' UBP sorta dalla vecchia TDB di Safra e torniamo a Safra stesso. Nell'ottobre 1991, quasi contemporaneamente all'arresto del corriere finanziario Lottusi, cominciò a Ginevra un processo per lesione dell'onore. Safra l'aveva intentato contro l'allora redattore capo Jacques Pilet della rivista d'informazione svizzero-occidentale "L'Hebdo" e il redattore dell'" Hebdo" Jean-Claude Buffle. I due, dopo più di un anno di ricerche in patria e all'estero, avevano scritto che l'impero bancario di Safra era stato sospettato di interessarsi di narcotraffico e di riciclaggio di narcodollari. In opposizione alla richiesta dell'avvocato di Safra Marc Bonnant il giudice di Ginevra ha concesso ai giornalisti la prova della verità. Ma Edmond Safra ha sporto querela con successo per oltraggio all'onore. I due giornalisti cercarono di convalidare i sospetti formulati, presentando al tribunale materiale, di cui non sapevano che detectives privati, comprati dall'American Express, l'avevano falsificato. Le manipolazioni non erano rimaste ignote all'esercito internazionale di avvocati e detectives privati che Safra senza badare a spese aveva ingaggiato. La truppa di investigatori al suo servizio fu in grado di ricostruire il percorso del materiale falsificato e nell'aula del tribunale Bonnant potè smontare il castello accusatorio che era alla base dell'articolo. Ad esempio il pezzo forte rappresentato dal sospetto di riciclaggio di denaro nei confronti di Safra. Il 17 gennaio 1988 il settimanale italiano "L'Espresso" aveva pubblicato un servizio sulle vicende di Albert Shammah, accusato di riciclaggio. Shammah aveva origine come Safra da una famiglia sefardita di Aleppo e viveva come lui di quando in quando a Ginevra. Nel 1977 aveva chiesto un permesso di soggiorno nella città svizzera, e Safra gli concesse una firma di garanzia. (40) Quando nel 1985 Shammah fu coinvolto in un'inchiesta sul riciclaggio di denaro e narcotraffico a Milano, il pubblico ministero milanese emise un ordine di cattura internazionale. Il narcotrafficante turco Celal Erdogan era stato fermato con 35 kg di eroina e aveva fatto il nome dell'iracheno Abdullah Isaacs come mandante, che a sua volta fece il nome di Shammah. Shammah venne poi arrestato a Ginevra, ma non estradato bensì lasciato di nuovo libero. Questo, dopo che il suo avvocato Dominique Poncet ebbe inviato all'Ufficio federale di polizia a Berna una richiesta di rilascio provvisorio , sottoscritta da sei personalità. I firmatari erano: Nessim Gaon, Maurice Salam (TDB), Albert Benezra (TDB), Giuliano Pelli (TDB), Carlo Ripa di Meana (noto uomo politico italiano dei Verdi) e Giovanni Testori. (41) La notizia bomba contenuta nell'articolo dell' "Espresso" su Shammah non era tuttavia questa faccenda, ma l'accenno ad un rapporto dell' "U. S. Bureau of Narcotics" dell'anno 1957: Safra sarebbe stato coinvolto nel contrabbando di eroina-base da Beirut a Milano. Safra incaricò l'avvocato di Ginevra Charles- André Junod, consigliere d'amministrazione della RNB (Suisse), di rintracciare questo rapporto. Lo si ritrovò presso Rudolf Wyss, direttore dell' Ufficio centrale di polizia a Berna. La polizia svizzera

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l’aveva ricevuto il 21 agosto 1957 con preghiera di informazioni su Edmond Safra. Ma più tardi era risultato - così Wyss- che si era trattato di uno scambio di nomi. Non sarebbe stato ricercato Edmond Safra ma un certo David Safra, forse un parente di Edmond. Ma poichè non c'era motivo di supporre un collegamento criminale tra Edmond e David, l'inchiesta su Edmond era stata sospesa. Wyss si scusò che questo fatto non fosse mai stato comunicato alla polizia di Ginevra. Junod rintracciò poi negli USA l'autore del rapporto, il poliziotto della sezione narcotici nel frattempo più che ottantenne e pensionato Andrew Tartaglino, che confermò lo scambio di nomi. Secondo Wyss l' U.S. Bureau of Narcotics chiese per la seconda volta informazioni su Edmond Safra il 24 giugno 1966. Il 12 settembre 1966 gli Svizzeri risposero che non c'era alcun motivo di sospettare che Safra fosse coinvolto in affari di droga. (42) Con ciò questo rapporto aveva perso valore accusatorio per i giornalisti davanti al tribunale. Anche altri documenti furono messi in dubbio dall'avvocato di Safra Bonnant. Ad esempio la relazione della Drug Enforcement Administration USA su Shakarchi, che citava anche Safra e la RNB. Testimoni a discarico la definirono un documento di routine privo d'importanza.

NIENTE A CHE FARE CON IRAN-CONTRA

Un ulteriore successo nei confronti dei giornalisti gli avvocati di Safra lo registrarono in relazione al presunto coinvolgimento delle società del loro assistito nel cosiddetto scandalo Iran-Contra. Si parlò di affare Iran-Contra a proposito della politica estera illegale "privata", attuata insieme da Oliver North, consulente in materia di sicurezza del presidente Reagan, dal generale USA in pensione Richard Secord, dal mercante d'armi iraniano Albert Hakim e dall'avvocato statunitense William Zucker (43). Hakim e Secord dirigevano a Ginevra lo Stanford Technologies Trading Group, che aveva lo stesso domicilio di Republic Air Transport Services, cui era affidato il jet privato di Safra a 8 posti. Safra contestò di essere in qualche modo legato a clienti o partner di Zucker,che avrebbe fondato ditte per lui solo come fiduciario, ad es. la Republic Air Transport Services o la società che possedeva la villa di Lily Safra Monteverde, la vedova brasiliana, sposata da Edmond nel 1976 e della quale aveva adottato i figli. Dopo un processo della durata di due mesi il giudice di polizia di Ginevra condannò i due giornalisti Pilet e Buffle a 5000 franchi di multa e dieci giorni di carcere con la condizionale. La casa editrice Ringier , proprietaria di "L'Hebdo", rinunciò ad un'impugnazione della sentenza e dovette farla pubblicare a proprie spese in 15 giornali. Da allora sia "L' Hebdo" che "Le Nouveau Quotidien", fondato più tardi da Jacques Pilet, dove anche Buffle trovò rifugio, lasciarono in pace Safra.

CRITICA DELLA GIUSTIZIA PENALE DI GINEVRA

Dopo il verdetto draconiano della giustizia penale di Ginevra i giornalisti che si erano messi ingenuamente nei guai con Safra, trovarono un aiuto inaspettato. Hermann Bodenmann, allora presidente della commissione delle banche, e perciò massimo supervisore delle banche della Svizzera, mise in dubbio che un semplice giudice di polizia avesse veramente il tempo necessario e le conoscenze per valutare il caso in modo adeguato. "A molti giudici manca l'esperienza. Se un caso difficile arriva sulla scrivania di un non specialista, questo è tentato, di addurre motivi di tutti i generi per non dovere proseguire l'inchiesta finanziaria. Anche la prescrizione è una specialità ginevrina."(44) Bodenmann sottolineò anche che il lavoro d'indagine dei media nell'ambito della criminalità finanziaria era utile non meno alla commissione delle banche. Del fatto che Pilet e Buffle si fossero fidati di documenti sudamericani falsi disse: "La commissione delle banche in quanto autorità di controllo ufficialmente riconosciuta non ha i mezzi per fare verifiche. Come può farlo un giornalista?" L'inusuale sostegno morale di Bodenmann ai due giornalisti puniti è tanto più significativo in quanto l'insider del controllo delle banche aveva potuto seguire l'intera ascesa di Safra dalla piccola finanziaria ginevrina alla banca privata internazionale. Il suo intervento non avrebbe potuto essere più chiaro e deve essere inteso come segnale alla giustizia ginevrina perché non lasciasse con troppa condiscendenza che il

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potere di Safra crescesse in maniera incontrollata.

SEMPRE AVANTI FINO A ZURIGO, PARADEPLATZ

Nel settembre 1996 la filiale zurighese della RNB (Suisse) ha preso possesso a Zurigo della sua nuova sede nel ristrutturato edificio di proprietà a Paradeplatz. Il trasferimento nel centro della piazza finanziaria svizzera aveva anche un significato simbolico. Quarant'anni dopo la fondazione della sua prima piccola finanziaria a Ginevra, Edmond Safra si trova ben in vista ai vertici del mondo della finanza. Conosce l'importanza che l’indirizzo ha nel "Private Banking” e sa che in questo settore dopo "Zurigo, Paradeplatz" non è possibile salire più in alto. Ma ora è il momento di lasciare Edmond Safra. Altri uomini un pò meno potenti ma non meno misteriosi della piazza finanziaria Svizzera attendono di essere presi in attenta considerazione.

Note:

1) "Corriere del Ticino", 27. 11. 93

2) La Trade Development Bank era già comparsa prima dello scandalo Fimo in un altro affare di riciclaggio di denaro in Svizzera, la cosiddetta Libanon Connection, che nel 1990 era terminata con la condanna dei fratelli Magharian per riciclaggio a favore dei trafficanti di droga colombiani e sospetto di rapporti con narcotrafficanti turchi a 4 anni di prigione. Nell'incartamento del processo Magharian, datato 5 dicembre 1988, la procura federale constatava che il nome TDB appariva in quasi tutti gli affari di riciclaggio, citati nella relazione. ("Le Nouveau Quotidien ", 24. 4. 92)

3) "Business Week", 7.3.94

4) Si chiamano sefarditi gli ebrei che prima della fondazione dello stato di Israele vivevano in paesi islamici. La parola deriva dall'ebraico Sefard (Spagna), perché la regina Isabella la Cattolica nel 1492 aveva cacciato gli ebrei spagnoli in Marocco e nell'impero osmanico.

5) I de Picciotto hanno buoni rapporti con la Banca Cantonale di Ginevra : Renè de Picciotto ha rilevato nel 1995 dalla SBG una partecipazione del 40 % alla Cantrade Banque Privée Lausanne, a cui è sostanzialmente collegata anche la Banca Cantonale di Ginevra. Altri azionisti di questa Cantrade Banque Privée (da non confondersi con la banca Cantrade, affiliata alla SBG zurighese) sono il libanese Adel Kassar e Philippe Setton.

6) Ad es. con Thierry Lombard e Nicolas Pictet delle banche private con lo stesso nome. Georges Urban, consigliere d'amministrazione della banca privata Darier, Hentsch & Cie. e il presidente VR del "Journal de Gèneve", così come Anton Affeltranger, direttore della SBG e Jean Louis Delachaux, direttore della Schweizerische Kreditanstalt.

7) La famiglia Brunschwig lavora soprattutto nel settore tessile (Bon Génie/Grieder, Ermenegildo

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Zegna) e in base al bilancio del dicembre '95 viene valutata tra i 200 e i 300 milioni.

8) Anche i De Benedetti sono di origine sefardita, i loro avi sono comunque emigrati in Italia già nel secolo scorso. Oltre alle italiane CIR (Compagnie Industriali Riunite) e Cofide (Compagnia Finanziaria De Benedetti) la famiglia possiede in Francia la Cerus Holding, diretta da Michel Cicurel, in Svizzera la Cicurel presieduta pure dal francese Sofigen ( Société Financiére de Genève). A metà degli anni '90 Cerus e Sofigen si trovavano in una cattiva situazione finanziaria. Questo dopo le grandi perdite con la banca ginevrina Duménil Leblé alla fine di dicembre 1991. Allora la Cerus dovette versare dalla sera alla mattina 120 milioni di franchi del proprio recente capitale per impedire il ritiro della licenza bancaria da parte della commissione delle banche. De Benedetti incolpò il finanziere torinese Roberto Caprioglio con la sua finanziaria Dominion Trust di fallimento fraudolento. Si dice che Caprioglio sia responsabile del buco nero alla Dumènil Leblè. Per tenersi la Dumènil Leblè De Benedetti dovette nell'ottobre 1992 vendere il suo pacchetto di minoranza del 10 % della CBI Holding.

9) Sècheron Holding SA: proprietari: Banque Cantonale de Genève, Ginevra (86%; solo ad interim); Famiglia Gaon, Ginevra (14 %); Management: Helfland Henry (Commugny); Cohen Aslan (Genéve); Graves Clément (Ginevra); Consiglio di amministrazione: Gaon Nessim (Ginevra); Chapuis Maurice (Ginevra); Coen Danielle (Ginevra); Coen David (Ginevra); Gaon David-Nessim (Ginevra); Gaon Renée (Ginevra); Herzog Joel (Ginevra); Herzog Marguerite (Bernex); Partecipazioni: Autométers Sécheron Ltd., Noida New Dehli (51%); CKD Sécheron spol SR. O, Praha (61,5 %); Sécheron SA, Ginevra (100 %); Shangai Sécheron Electrical Apparatus Corp.Ltd. (Shangai); Skoda Sécheron spol SR. O (Pilsen). (Fonte: Orell Füssli /Teledata: I CD-ROM. dell'economia svizzera. Release 1996/ 1, giorno fissat : 1.8.95)

10) Per i suoi commerci internazionali, Gaon è stato anche bersaglio della critica di Jean Ziegler. Nell'ottobre 1995 Ziegler ha dovuto pagare a Gaon 7500 franchi di ammenda, dopo che il tribunale federale aveva respinto il suo ricorso. Secondo una sentenza della suprema corte Ziegler aveva definito ingiustamente Gaon trafficante di cotone africano e di petrolio.

11) Partner dei Dwecks alla Soditic erano la Mercury Holding inglese e la Smith Barney Holding.

12) Sebbene Safra nel 1947 avesse rinunciato a passare nello stato ebraico appena fondato, ne ha sostenuto sempre la costruzione. Si dice che Safra abbia assegnato più di 7.000 borse di studio a giovani sefarditi, e anche negli USA i sefarditi possono contare sul suo aiuto finanziario. Negli USA ha potuto profittarne soprattutto il defunto Rebbe Lubavitch Menahem Schneerson, eminente personalità dell'ebraismo statunitense, di cui Safra ha ammirato la militanza. Alla Wharton Business School dell'Università di Pennsylvania a Philadelphia Safra donò una ricca biblioteca. L'istituto Safra ha sovvenzionato la traduzione francese del libro di Stephan Keller su Paul Grüniger, che durante il nazismo fece entrare di nascosto profughi ebrei in Svizzera, per questo fu licenziato dalla polizia, presso la quale prestava servizio, condannato con sentenza del tribunale, e venne riabilitato solo nel 1955.

13) "Business Week", 7 3 94

14) "Sunday Times", 1 10 95

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15) I dati sulla storia della famiglia Safra sono tratti da : Burrough, Bryan: ‘Vendetta. American Express and the Smearing of Banking Rival Edmond Safra’. Londra 1992, pp30-37

(16) Azionisti fondatori con un terzo ciascuno erano in primo luogo André Guinard, François Boissier e Georges Vuataz.

(17) All'inizio degli anni '90 il ramo israeliano dei Safra comprò la maggiornza della First International Bank (Fibi-Bank), la maggiore banca privata israeliana. Una minoranza della Fibi rimase alla Israel Discount Bank della famiglia Recanati. Da allora la Fibi ebbe un forte incremento e fu considerata presto tra le banche israeliane a maggior crescita.

18) Tra il giugno 1988 e il febbraio 1990, quando gran parte dei più di dieci miliardi di lire del riciclatore Lottusi passò dalla Fimo alla TDB di Ginevra, Safra non aveva niente a che fare con la TDB.

19) Nel 1989 Peter Cohen si dimise da presidente della Shearson Lehmann. Nel novembre 1992 divenne capo del settore titoli della Republic New York Bank di Safra, per la quale aveva già lavorato. Nel maggio 1994 la Republic New York decise di rinunciare alla compravendita in proprio e di evadere solo ordini di clienti. Cohen fondò una propria ditta Wall Street con Safra come azionista di minoranza.

20) Burrough, Bryan:’ Vendetta. American Express and the Smearing of Banking Rival Edmond Safra’, Londra ,1992

21) Pierre Guinod (nato nel 1907), a lungo presidente onorario dell' "Ordre des Avocats de Genève", lavorava dal 1956 per Safra, allorché la Sudafin, stadio precedente della TDB, era ancora una operazione finanziaria secondaria.

22) L'avvocato difensore e autorità superiore di giustizia (Justizoberst) Marc Bonnant annoverava tra i suoi clienti oltre a Safra anche il capo della Sasea Florio Fiorini e il maestro della loggia P2 Licio Gelli.

23) Charles-André Junod divenne più tardi consigliere d'amministrazione della Republic Bank of New York (Svizzera).

24) Jean Pierre Jacquemoud, membro con funzioni direttive del PPD, faceva parte del consiglio d'amministrazione della Republic National Bank of New York (Svizzera). Dal 1989 al 1991 Jacquemoud fu membro del consiglio di amministrazine della Republic New York Corporation Air Transport, quella società che comparve nello scandalo Iran-Contra. Dell'apparizione della Republic Bank of New York in quest'affare si parla più tardi. Jean-Pierre Jacquemoud sedeva nel consiglio d'amministrazione della Finanziaria di Ginevra Atlanticomnium SA, in cui erano rappresentati anche Anthony Jack Smouha, Richard Smouha e Georges Fiechter. Anthony Jack e Richard Smouha sono sefarditi con cittadinanza inglese residenti a Ginevra. Il fratello di Richard Smouha è Brian Smouha, partner della grande ditta a gestione fiduciaria Touche Ross & Co., dove egli dirige il Forensic Department (Sicurezza d'esercizio e polizia aziendale interne ed esterne). Brian Smouha era stato

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liquidatore dell'Ambrosiano Holding Luxembourg e della BCCI Holding Luxembourg. Georges Fiechter faceva parte dal 1987 del consiglio d'amministrazione della MKS Finance SA di Ginevra, in precedenza Shakarchi Mahamoud SA, casa madre del gruppo Shakarchi in Svizzera. I Shakarchi, trasferitisi da Beirut a Ginevra, erano stati a lungo grandi clienti della TDB di Safra. La consigliera federale Elisabeth Kopp fu costretta a ritirarsi, perché aveva ammonito suo marito Hans Kopp che la Shakarchi Trading AG Zürich, del cui consiglio d'amministrazione Hans Kopp faceva parte, era stata nominata in un rapporto interno di polizia. Dal 1987 al 1990 Fiechter fece parte anche del consiglio d'amministrazione della Middle East Bank SA (Mebco Bank) di Ginevra. La Mebco è controllata dalla Socofi SA ginevrina, controllata a sua volta dalla famiglia libanese Halabi, originaria di Aleppo.

25) Dopo che Cohen aveva rotto con il capo dell'American Express Jim Robinson, cominciò a sondare il terreno da Safra. Alcuni mesi più tardi passò con alcuni uomini della Shearson-Lehman a Republic New York di Safra.

26) "Business Week", 7. 3. 94.

27) La moglie di Jacquemoud, Laura, è giudice istruttore a Ginevra.

28) Una Patricia Safra è direttrice della finanziaria ginevrina Frimusa, un Jacques Safra è presente in alcune società immobiliari e nelle due finanziarie Hiparion e Safra SA.

29) cfr. Burrough, Bryan: ‘Vendetta. American Express and the Smearing of Banking Rival Edmond Safra’. Londra 1922, p.46 segg.

30) Nel gennaio 1996 apparve nel “New York Magazine” un articolo di Robert Friedman, che criticava la fornitura a Mosca di banconote da 100 dollari. Secondo Friedman, la Republic National Bank trasportava a Mosca ogni settimana più di 100 milioni di dollari in banconote nuove da 100 dollari, con l'assenso del Federal Reserve System, cosa che Friedman disapprovava, considerando l'elevata contaminazione delle banche russe da parte della mafia.

31) All'inizio del 1996 Jacob Safra aveva fatto parlare di sè per l'acquisto della casa editrice Encyclopaedia Britannica a Chicago. La casa editrice, valutata 900 milioni di franchi, è da anni deficitaria.

32) Rochat faceva parte tra l'altro del consiglio di amministrazione della Banque Audi (Suisse) a controllo libanese, della banca privata Coutts & Co. ( gruppo National-Westminster ), della Banque Française de l'Orient (Banque Indosuez), del trust Barclay (Barclay Bank London), di Mees Pierson Suisse (Bank Mees Pierson, Amsterdam), della Worms Demachy % Cie. (la Banque Worms di Parigi appartiene all'assicurazione francese UAP), della Dai Ichi Suisse (Dai Ichi Kangyo Bank, Tokio) e della Banque Robeco Suisse (Robeco Bank, Amsterdam).

33) Robert Pennone era anche consigliere d'amministrazione della MC Finance, collegata alla Kreiditanstalt, e direttore della ATAG Ernst & Young.

34) "Neue Zürcher Zeitung", 25. 10. 95

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35) "Neue Zürcher Zeitung", 20. 12. 94

36) Secondo la rivista "Facts" (49/95) in quest'affare di tangenti si fa anche il nome dell'avvocato d'affari zurighese Ulrich Kohli. è possibile che Roldan abbia usato i conti di Kohli, sebbene lui l'abbia negato. Si dice che la tangente per Roldan provenga dalla Siemens tedesca - come "commissione" ai socialisti spagnoli - per un ordine di fornitura di locomotive. Kohli e l'ex Consigliere degli Stati del PPC Alois Dobler (Schwyz) già nel febbraio 1992 erano finiti sulle prime pagine dei giornali, perché facevano parte del consiglio d'amministrazione della Casalee AG (Lachen), che trattava tabacco e armi, e che attraverso la Casalee Italia era implicata in forniture di mine antiuomo all'Iran e all'Irak. Nella primavera 1993 Kohli si ritirò da giudice amministrativo di Zurigo per questioni fiscali a titolo di carica secondaria, ma rimase nella commissione per l'università zurighese. Più tardi Dobler dovette dare le dimissioni dall'ufficio di difensore civico delle banche svizzere, non da ultimo a causa di questo affare.

37) cfr. sull'argomento: Brinkbäumer, Klaus, Leyendecker,Hans, Schimmöller, Heiner: ‚Reiche Steffi, armes Kind’[‚Ricca Steffi,povera bambina’],Amburgo 1996

38) "Stern" 44/95

39) Ivi

40) "Il Mondo", 21/30/95

41) Anche l'allora presidente dei ministri Bettino Craxi in una lettera alla figlia di Shammah prendeva posizione a favore dell'arrestato. Ruth Andrée Shammah, regista teatrale a Milano, nel marzo 1987 era stata nominata da Craxi Cavaliere della Repubblica. Ruth Shammah inviò la lettera a Berna. "La richiesta italiana di estradizione era molto incompleta", disse allora Edgard Gillioz dell'Ufficio Federale per la Giustizia, "ma non si può contestare che l'intervento di uomini politici importanti sortì l'effetto". Shammah fu rilasciato dalla prigione contro una cauzione di 250.000 franchi e gli fu restituito il passaporto. Nel 1988 la corte di cassazione di Roma tolse il caso Shammah all'avvocato di sinistra Mario Vaudano e lo passò ad un'altra magistrata. Questa annullò immediatamente l'ordine d'arresto italiano nei confronti di Shammah.(Cfr. anche: Auchlin, Pascal e Garbely, Frank: ‘Das Umfeld eines Skandals’ (‘Il contesto di uno scandalo’)Zurigo, 1990, p. 177

42) Burrough, Bryan :’ Vendetta. American Express and the Smearing of Banking Rival Edmond Safra’. Londra, 1992, p. 158

43) Di Zucker si era saputo nel novembre 1986 che i contras nicaraguensi per l'acquisto di un aereo da combattimento presso una sua ditta alle Bermude avevano pagato con conti bancari della RNB. Zucker era un avvocato statunitense, che all'inizio degli anni '70 si era stabilito a Ginevra. Negli anni '60 aveva lavorato con Bernard "Bernie" Cornfeld e Robert L.Vesco della leggendaria ditta-truffa Investors Overseas Services (IOS), con cui anche lo speculatore Werner K. Rey aveva un tempo collaborato. L'avventuriero Vesco si rifugliò nel 1982 a Cuba, dove visse indisturbato nella sua villa a L'Avana, fino al 31 maggio 1995, quando Fidel Castro lo fece arrestare. Il processo annunciato contro Vesco promette di diventare interessante, perché non si può non chiedersi che cosa avesse procurato ad un uomo come lui la benevolenza di Fidel Castro. ]NdT: Vesco poi venne condannato a 13 anni di carcere nel 1996. Morì in un carcere all'havana nel novembre 2007]

44) "Tages-Anzeiger”, 3.2.92

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4 PIU' LUCE SUL BUSINESS DELL' OFFSHORE

La piazza finanziaria Svizzera non può essere presa in esame senza considerare le crescenti ripercussioni del business dell'offshore. Il concetto “piazza finanziaria offshore” è divenuto d'uso comune anche in lingua tedesca. Indica un luogo la cui legislazione rende possibile la presenza di società in sede, controllate da stranieri, dunque delle pure società di comodo senza un proprio ufficio, per non parlare di un'attività economica locale. Queste società offshore permettono al committente l'occultamento della propria identità, per cui vengono impiegate come strumento per l'amministrazione di patrimoni o come stazioni di passaggio per transazioni finanziarie. Oggi esistono in tutto il mondo circa 40 zone il cui diritto commerciale, fiscale, societario, è commisurato alle esigenze di queste società appartenenti ad una clientela internazionale.(1) Il concetto "finanza offshore" diventò d'uso corrente all' inizio degli anni '60, quando si cominciò a parlare dei cosiddetti eurodollari. Era esploso allora il deficit commerciale USA, causato dalla guerra in Vietnam. Vari depositi in dollari si accumularono nelle mani di non statunitensi e furono investiti presso banche fuori degli USA, soprattutto a Londra. In quegli anni perfino Londra, la piazza finanziaria arciliberale, era soggetta ancora a innumerevoli controlli e norme statali per quanto riguardava il movimento dei capitali. Per aggirarli, gli eurodollari ripiegavano su minibanche in centri offshore con poche regole, che esistevano già come eredità storica dell'imperialismo britannico e olandese. Ad esempio, le isole britanniche del Canale (Guersney, Jersey, Sark), l'Isola di Man tra l'Inghilterra e l'Irlanda, numerose isole caraibiche inglesi e olandesi. Ma anche alcuni ministati europei: Lussemburgo, Liechtenstein, Monaco. Della questione se anche l'amministrazione patrimoniale per stranieri in Svizzera sia da annoverare nella categoria del business offshore, si parlerà ancora più avanti.

PARADISI PARASSITARI

Le piazze offshore sono sorte - non per caso - su quelle isole o stati minuscoli ai quali, per un capriccio della storia, è stato concesso il diritto di emanare le loro leggi interne indipendentemente dal grande fratello del momento (Inghilterra, Francia o Olanda). Chi potrebbe rimproverare a questi paesi spesso poverissimi di vendere, con opportuni adattamenti, un tale diritto ad una clientela internazionale agiata? Le giurisdizioni tipicamente offshore permettono agli stranieri di fondare società di comodo con agevolazioni fiscali che hanno bisogno solo di un capitale proprio minimo e non richiedono né un'iscrizione al Registro di Commercio né un revisore contabile esterno. Le funzioni della gestione e dell'azionista possono essere delegate per statuto a dei fiduciari locali, che non fanno nulla se non vuotare cassette delle lettere, spedire la posta dopo averla imbustata di nuovo ed eventualmente prima copiata su altra carta da lettere. (Nell'epoca di Natel e dell' E-Mail questo servizio postale diventa sempre più superfluo). Tirando le somme: Chi è autorizzato a gestire economicamente la società offshore può fare affari a nome di questa in qualsiasi parte del mondo, senza perdere con ciò l’anonimato.

L' OFFSHORE E' UTILE A MOLTI

Dell'attività dell'offshore profittano in molti, a cominciare dalla mafia siciliana fino a rispettabili gruppi industriali di portata mondiale come l'ABB. In concreto: dal 1988 al 1992 la famiglia mafiosa Cuntrera-Caruana di Siculiana (Agrigento) ha investito una cifra di parecchi milioni di dollari ad Aruba, isola delle Antille, un centro offshore davanti alla costa venezuelana. Nel capoluogo Oraniestad, Don Alfonso Caruana arraffò, con i profitti della droga, quanto più possibile, fondò società e fece con i politici locali piani ambiziosi per la costruzione di un enorme complesso composto da un hotel e un casinò. Nel 1992 fu infine arrestato e estradato in Italia. La ABB a sua volta risparmia tasse a Curaçao, isola vicina ad Aruba, perché per i suoi prestiti obbligazionari in franchi, offerti in Svizzera, si serve

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dell'ABB International Finance NV, domiciliata a Pietermaaiplein nella capitale dell’isola Willemstad. Lo scopo di questa società offshore consiste nell'acquisizione di fondi e nel suo inoltro al gruppo ABB. Così il capo dell'ABB, Percy Barnevik, sottrae alle casse statali della Svizzera tributi fiscali e li fa scomparire nel portamonete dell'azionariato internazionale ABB- mentre l'(ex) consigliere d'amministrazione ABB, David de Pury, fiancheggiandolo, favorisce la spoliazione della società svizzera. I centri offshore si dividono in due grandi gruppi: la serie A, in cui il paese d'origine della clientela ha stretto con il centro offshore un accordo sulla doppia imposizione fiscale, e la serie B, dove un tale accordo manca. Con la doppia imposizione fiscale gli stati contraenti riducono, vicendevolmente, l'imposta preventiva su interessi e dividendi. Questo è particolarmente importante nell'amministrazione patrimoniale, perché le convenzioni di doppia imposizione fiscale rendono possibile agli stranieri un'amministrazione patrimoniale fiscalmente legale alle basse aliquote d'imposta offshore, senza che vengano loro sottratti gli alti tassi del loro paese. Quanto possano essere cinici i legislatori delle piazze offshore, lo rivela l'esempio delle Seychelles, un'ex colonia britannica nell'oceano indiano. Per migliorare le condizioni economiche catastrofiche, il presidente Albert René presentò, all'inizio del 1996, una legge che concede assoluta immunità nei confronti di procedimenti penali internazionali agli uomini d'affari stranieri che investano per lo meno 10 milioni di dollari USA in progetti locali e non prevede l'estradizione dei rei. Punibili restano solo il narcotraffico e atti di violenza sul suolo delle Seychelles. Alle Seychelles, come descritto nel capitolo sulla bancarotta della Sasea, Florio Fiorini nel 1985 aveva fondato la Seychelles International Bank (SI Bank, con ufficio a Montecarlo). Questa ebbe negli intrighi oscuri che portarono alla più grande bancarotta della storia economica svizzera, un ruolo essenziale su cui la Giustizia ginevrina non ha potuto, o voluto, far chiarezza. Ma c'è offshore e offshore: accanto alle scandalose Seychelles ed Aruba, ci sono i più seri centri caraibici Bermudas o Curaçao. L'oasi fiscale Curaçao gode di alta considerazione presso i dirigenti finanziari di grandi ditte. Le Bermudas a loro volta sono considerate un porto sicuro per le grandi assicurazioni del mondo: secondo le indicazioni del settimanale "Business Week", circa in 1.300 hanno qui una casella postale. Un caso, reso noto nel febbraio 1996, mostra come una di queste società d'assicurazione abbia profittato della sua casella postale alle Bermudas. A metà del 1995 l'assicurazione Electric-Mutual, affiliata del gruppo industriale statunitense General Electric (GE) a Boston, si divise in due società separate. Una delle due trasferì la sede a Hamilton, capitale dell'isola. Appena giunta qui, la nuova assicurazione offshore identificò nel suo portafoglio assicurativo richieste potenziali (amianto e altri danni ambientali) per 750 milioni di dollari USA e dichiarò bancarotta. Con ciò i capi della GE presero due piccioni con una fava: la società madre si era liberata elegantemente dei rischi peggiori, nel momento in cui le leggi delle Bahamas permettevano una liquidazione controllata dell'affiliata offshore in bancarotta, a delle condizioni che la vigilanza statale sull'assicurazione in Massachusetts non avrebbe mai tollerato.

IL LIECHTENSTEIN, PIAZZA OFFSHORE

Alla fine della prima guerra mondiale il principato del Liechtenstein era una delle regioni più povere d'Europa. Un consorzio di banche svizzere, composto da Kreditanstalt, Bankverein, Bankgesellschaft e Bank Leu, classificò allora il principato, il cui principe risiedette a Vienna fino al 1939, come non degno di credito, e rifiutò di concedere una somma di un milione di franchi, di cui aveva urgente bisogno. Nel 1926 il Liechtenstein fu tra i primi che crearono il diritto societario offshore. Questo mette a disposizione degli stranieri un gran numero di società in sede con vantaggi fiscali. Esse possono essere iscritte nel registro pubblico (registro di commercio) senza esercitare un'attività nel paese, anzi, non hanno neppure bisogno di aprire un ufficio. Alla fine del 1995 erano registrate in Liechtenstein 73.300 società con sede o con casella postale. Vale a dire 2,5 società per abitante. Complessivamente le società con sede versarono, nel 1995, 77,5 milioni di franchi in tasse. Il numero delle ditte con attività

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economica nazionale ammontava a 1800. (2) Hanno particolare importanza in Liechtenstein l' "istituto", la fondazione non di pubblica utilità e il "trust", forme societarie che non esistono altrimenti da nessuna parte nell' Europa continentale. L' "istituto" è patrimonio resosi autonomo, con propria personalità giuridica, per cui garantisce solo il patrimonio dell'istituto (non il proprietario del patrimonio), e può perseguire gli stessi scopi di una società per azioni. Uno dei primi istituti fu l'Istituto presidenziale fondato dal Consigliere Dr. Rupert Ritter a Vaduz, che ancor oggi è la più grande impresa a gestione fiduciaria nel minuscolo stato. (3) E il Liechtenstein è anche l'unico paese del continente europeo a conoscere il "trust" secondo il modello anglosassone. Un trust del genere è un rapporto giuridico tra un fiduciante e un fiduciario con una propria personalità giuridica. Il primo affida al secondo il patrimonio, che il fiduciario amministra a suo nome ma per conto del fiduciante. L'iscrizione nel registro pubblico non è obbligatoria in tutti i casi, all'esterno l'identità del fiduciante può restare segreta. Dunque, il mezzo ideale di amministrazione patrimoniale per vedove, evasori fiscali, orfani e mafiosi. Questi trust offshore costituiscono il nocciolo dell'amministrazione patrimoniale discreta. La sua importanza aumenta continuamente in tutto il mondo. Il Liechtenstein si presenta particolarmente attraente come meta dei patrimoni stranieri grazie alla sua rinuncia a qualsiasi tipo di tassa preventiva (in Svizzera ammonta al 35 %). Oltre alle leggi favorevoli agli stranieri, anche le banche del Liechtenstein hanno contribuito alla trasformazione del vecchio ospizio per poveri in un hotel di lusso. Il Liechtenstein non conta neppure 30.000 abitanti, in compenso ha tre grandi banche con circa 25 miliardi di franchi di bilancio: la Banca regionale statale del Liechtenstein con 8 miliardi e passa, la Banca del Liechtenstein, sotto il controllo del principe, con la stessa cifra, e la Banca privata e amministrativa SpA (VP Bank) con 5 miliardi e più. Ci sono poi due piccoli istituti, la Centrum Bank e la Nuova Banca, ed inoltre l'unica banca straniera, l'olandese ABN-Amro. Con ciò il Liechtenstein offre alla clientela straniera la possibilità di gestire i propri conti sulla piazza offshore, cosa che molti clienti desiderano per motivi di segretezza, sebbene una società offshore possa aprire un conto bancario dovunque nel mondo. A differenza della maggior parte delle altre piazze offshore, servite in maniera primaria da istituti finanziari gestiti da stranieri, la piazza bancaria Liechtenstein, grazie all'alta concentrazione di banche nazionali, è un centro decisionale autonomo.

LA SVIZZERA, UNA PIAZZA OFFSHORE ?

Se anche la Svizzera sia una piazza finanziaria offshore, è un argomento su cui si può discutere. In verità le banche svizzere con circa 2.400 miliardi di franchi amministrano con grande probabilità molti più patrimoni esteri dell'Inghilterra o degli USA. (4) (I centri caraibici Grand Caiman e Bahamas praticano poca amministrazione patrimoniale, perché hanno troppo poco personale; essi sono in primo luogo delle stazioni di rapido passaggio per occultare l'identità). Ma la Svizzera non è né un ministato né una piccola isola con 30.000 abitanti, in grado di conformarsi totalmente alle esigenze dei clienti stranieri, ma un piccolo stato con 7 milioni di abitanti nel cuore dell'Europa. Da ciò deriva un dinamismo sociale ed economico che impedisce la nascita di pure e semplici leggi offshore nell'interesse dei riciclatori di denaro stranieri. La Svizzera non è la più grande piazza finanziaria offshore ma la più piccola nella prima serie, dopo New York, Tokio, Londra, Francoforte, Parigi. Vale a dire che nella legislazione svizzera confluiscono non solo gli interessi del settore offshore, ma anche le esigenze di tipo diverso dell'economia reale. Ciò è illustrato da un piccolo episodio avvenuto in Consiglio nazionale durante la revisione della legge bancaria nel dicembre 1993. Allora il Consiglio decise che le autorità straniere preposte alla sorveglianza bancaria potessero trasmettere alle autorità del loro paese le informazioni ricevute dalla commissione delle banche, se queste prima avessero ricevuto assistenza giudiziaria dalla Svizzera. In considerazione dei ritardi di anni dell'assistenza giudiziaria, per via dei ricorsi, il mutuo aiuto fra pubbliche autorità di paesi diversi in questo ambito sarebbe stato reso di fatto impossibile - dunque una tipica legislazione offshore a protezione degli utenti stranieri del sistema finanziario interno. I massimi rappresentanti di questo tentativo furono

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allora l'avvocato d'affari di Ginevra Charles Poncet (Lib.), il presidente della SVP Christoph Blocher e il lobbista della piazza finanziaria Georg Stucky (FDP) di Zug. Ma il gruppo parlamentare pro offshore aveva sottovalutata l'alleanza della Sinistra e del Centro, per i quali il cinismo di Blocher e degli altri oltrepassava ogni limite. Dopo che anche nei media si era gridato allo scandalo, il Consiglio nazionale cancellò di nuovo il passo di cui sopra dalla legge bancaria. Mentre la Svizzera complessivamente non può essere considerata una classica piazza finanziaria offshore, si è sviluppato nei decenni passati il fenomeno delle piazze finanziarie – inhouse. Notoriamente alcuni cantoni hanno conformato elasticamente le loro leggi fiscali alle necessità di società straniere e di ricchi privati con profitti non indifferenti, per esempio Zug, Schwyz, Glarus o Freiburg. In qualche misura anche il Liechtenstein può essere considerato una stazione inhouse della piazza finanziaria Svizzera, come indirizzo raccomandabile per i ricchi che hanno particolarmente bisogno di discrezione e i superricchi, per i quali il segreto bancario svizzero è ancora troppo poco rigoroso. Negli anni '90 le banche svizzere hanno combinato questo principio inhouse con il classico business offshore. Si ritiene che fino al 1996 quasi la metà dei depositi negli istituti finanziari dell'isola del canale britannico Guernsey provengano da banche e società finanziarie svizzere. E anche in Lussemburgo e nelle isole Cayman le banche svizzere hanno una posizione ragguardevole. Il futuro profilo della gestione patrimoniale svizzera sembra consistere nella funzione di piattaforma girevole. Ai clienti privati stranieri viene offerta una piazza finanziaria con tradizione e know-how, i cui operatori possono elaborare soluzioni confezionate su misura in tutte le piazze offshore e inhouse di questo mondo.

LA FONDAZIONE FAMILIARE SANDOZ : NOVITA' NEL BUSINESS DELL' OFFSHORE.

L'acquisto della Citco (Curaçao International Trust Company), numero uno nel business offshore, da parte della fondazione familiare Sandoz nell'agosto 1995, conferma questo trend. La Citco, con sede sull'isola caraibica olandese Curaçao, amministrava a metà degli anni '90 dei patrimoni che ammontavano a 80 miliardi di dollari. Era rappresentata a Ginevra, Losanna e in altri 23 paesi e dava lavoro a più di 500 persone. La famiglia fondatrice della Citco, Smeets di Curaçao, mantenne una quota di minoranza, mentre il presidente della nuova fondazione Sandoz, azionista di maggioranza, Pierre Landolt, divenne nuovo presidente della Citco. La famiglia Landolt, al terzo posto secondo Forbes nel 1996 tra le famiglie più ricche della Svizzera con un patrimonio di 4,5 miliardi di dollari, controlla anche la Banque Scandinave en Suisse e la banca privata Landolt & Cie (Lausanne). La famiglia è inoltre azionista di maggioranza dell'hotel di lusso Beau-Rivage di Losanna, ha una quota di partecipazione alla ditta di orologi Parmigiani e alle acque minerali Henniez, e detiene il dieci percento del "Journal de Genève". La fondazione familiare domiciliata a Glarus e diretta da Losanna, fu fondata nel 1964 dallo scultore Marcel Sandoz, il figlio più giovane del fondatore della ditta. I principali beneficiari oggi sono la figlia di Edouard Sandoz, Nicole Landolt-Sandoz, suo marito Pierre e i loro figli. La Banque Scandinave si è profilata ingegnosamente come rappresentante di "portafogli eticamente responsabili". Per cui un "ethical investment" può aumentare efficacemente la rendita di portafogli azionari svizzeri, dove per etica si intende un comportamento che rispetta le convenzioni usuali nel settore e offre trasparenza all'esterno.

IL LUSSEMBURGHESE

Negli anni '70 e '80 il lussemburghese Francis Hoogewerf fece progressi e divenne un Big Player del business offshore. Gestiva filiali dei suoi uffici d'amministrazione fiduciaria, di revisione e patrimoniale in Lussemburgo, a Ginevra e a Monaco. A ciò si aggiunsero centinaia di società offshore, dove egli compariva con funzioni alterne di azionista, consigliere di amministrazione o revisore. (5) Tra i suoi clienti c'era ad esempio anche il capo della Sasea Florio Fiorini, la cui società offshore Beaverbrook Ltd. (Dublino) aveva la sede nell'ufficio di Hoogewerf & Cie. a Montecarlo. (6) Il

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Companies register di Londra (Registro di commercio) elencava nel maggio 1994 sotto Francis Hoogewerf con indirizzi diversi in Lussemburgo, Ginevra e Montecarlo, 32 registrazioni o come revisore o come consigliere d'amministrazione. 27 di queste erano estinte e cinque attive, e precisamente quattro mandati come consigliere d'amministrazione e uno come revisore.(7) Poichè per il Lussemburgo e altri centri offshore non c'è un registro in ordine alfabetico di tutti i consigli di amministrazione, è praticamente impossibile riconoscere le società di Hoogewerf in quel paese. Inoltre, nel businnes dell'offshore, le società cambiano continuamente ragione sociale, vengono ristrutturate e messe in vendita. Alcuni esempi di società di Hoogewerf sono tuttavia noti. Così la Arden Investments Ltd. E Avondale Nominees Ltd. (St. Peter Port, Guersney), da lui controllate, costituirono nel maggio 1991 in Lussemburgo l'Eurotrust International Holding Corp. Revisore: Roger Usher. Eurotrust offrì al rispettabile pubblico ogni tipo di servizio come la fondazione di società in Svizzera e Lussemburgo, revisioni, servizio telefonico e inoltro di posta ad un nuovo indirizzo. Come persona di riferimento il prospetto informativo dell'Eurotrust fa il nome di Urs von Sury, direttore generale degli OCRA Management Services (Basilea). Quest' OCRA di Basilea lavorava in collegamento con la Overseas Company Registration Agents Ltd. a Ramsay, Isola di Man. Di questa faceva parte anche Hoogewerf. L'OCRA con più di una dozzina di indirizzi di contatto internazionali, divenne fino alla metà degli anni '90 una delle maggiori venditrici al mondo di società offshore e dei relativi servizi erogati. Secondo un'inserzione, apparsa sul settimanale " The Economist" del gennaio 1996, l' OCRA dava lavoro a più di 230 specialisti, avvocati, contabili, banchieri e segretarie. OCRA si trova anche su Internet, indirizzo: hptt://www.ocra.com. Nella pubblicazione "Offshore Investment" dell' Offshore Institute (Douglas. Isola di Man) Hoogewerf firmava come consigliere del redattore capo. Il numero di febbraio del 1989 contiene una lista di indirizzi di circa 150 Offshore-Professionals da Andorra a Vanuatu, stampata fitta in 15 pagine. Per la Svizzera si indicano 4 indirizzi: Hoogewerf & Cie. (Ginevra), Arner SA (Lugano), Riggs Valmet (Ginevra) e Citco (Losanna e Ginevra). L'Arner SA precorre la Banca Arner.(8) La Valmet a Ginevra è il braccio offshore della Riggs National Bank a Washington, D.C.(9) E la Citco della fondazione familiare Sandoz infine è il più grande istituto offshore del mondo. A Hoogewerf riuscì di passare sempre inosservato. Una ricerca sul database diede solo due risultati. Il comunicato del "Financial Times" del 13 luglio 1994 non mette nella miglior luce il professionista Hoogewerf. Allora il ministero britannico del Commercio e dell'Industria (DTI) aveva ammesso i membri della piccola associazione di revisori Association of International Acountants (AIA) nell'inglese Gateshead come revisori dei conti riconosciuti dallo stato. Ma, conformemente alla normativa per l'attività di revisore, i membri dell'AIA dovettero prima farsi registrare a livello statale. Hoogewerf, che non era solo membro dell'AIA , ma anche revisore della Cassa sociale dell' AIA, temeva le richieste dello stato e come revisore AIA dovette essere sostituito dalla ditta BDD Binder Hamlyn. (10) La seconda notizia proviene dall' edizione lussemburghese de "Le Republicain Lorrain" del 16 novembre 1994: Hoogewerf (con foto) si presentava fianco a fianco della regina inglese del salmone Joanne Spencer come finanziatore del suo affumicatoio di salmone Riverstar (nome della marca: Van Pieters). Certamente un appoggio non sgradito alla Spencer: proprio in Lussemburgo lei aprì una filiale e annunciò un going public (apertura al pubblico) della sua Riverstar alla Borsa di Lussemburgo.

ILEX TRUST SERVICES SA, GINEVRA

Fu fondata nel marzo 1975 col nome Rossminster SA e con sede presso l'ufficio di amministrazione fiduciaria Hoogewerf, Usher & Co. (11) nell'edificio di proprietà a Ginevra. Del consiglio di amministrazione facevano parte l'inglese Roger John Usher e il lussemburghese Karl Ulrich Sanne, entrambi collaudati esperti contabili in Lussemburgo. Usher era già noto in Svizzera. Era revisore presso la Società lussemburghese Coim-Suisse SA, mentre il ticinese Tito Tettamanti era membro del

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consiglio di amministrazione. Dall' aprile1973 Hoogewerf era vicepresidente della filiale lussemburghese Fidinam di Tettamanti. Nel 1981 la Rossminster cambiò il nome in Ilex, si trasferì in uffici propri e aumentò infine, nel febbraio 1983, il capitale da 50.000 a 250.000 franchi. Usher, presidente dell'Ilex, si trasferì dal Lussemburgo a Ginevra e divenne membro ordinario della Camera per l'amministrazione fiduciaria della Svizzera, mentre Hoogewerf e Sanne rimasero in Lussemburgo e fondarono le loro ditte. In pubblico Usher e Hoogewerf cominciarono a non apparire più in coppia. In qualità di direttore della Ilex, Usher assunse l'indiano Raj Nair che più tardi fece anche parte del consiglio di amministrazione. Come nuovo consigliere d'amministrazione Ilex Usher acquisì l'esperto tributario di Losanna Kaloyan Stoyanov ben introdotto nella migliore società di Waadtland. Oltre alla Ilex, Usher ha fondato anche la Usher and Co. con sede a Ginevra e filiale a Lugano. In apparenza avwva interrotto i legami con Hoogewerf, nell'ombra tuttavia rimaneva legato a lui e al suo gruppo, tra l'altro nella veste di procuratore della ginevrina Hoogewerf & Cie. (12) Da parte sua Hoogewerf fondò dal Lussemburgo contemporaneamente due nuove ditte in Svizzera, la Hoogewerf Trustees (Neucha^tel) e la società in nome collettivo di Ginevra MacPhail & Co., insieme con l'ex direttore dell' Ilex Donald Mac Phail. Anche il vecchio socio di Hoogewerf, Sanne, lavorò in Svizzera col proprio nome, e precisamente come presidente della Safes Fidelity SA a Ginevra. (13) Inoltre Sanne dirigeva per la Compagnie Financière Espiritu Santo in Lussemburgo la Partridge Investments SA.(14) Nel 1992 e nel 1993, Hoogewerf e Usher appaiono più volte nella "Gazzetta Ufficiale" del Lussemburgo rispettivamente come consigliere d'amministrazione e revisore delle stesse società di recente fondazione. Così Hoogewerf era ad esempio consigliere d'amministrazione delle seguenti sei holding per azioni "société anonyme holding ", precisamente B.E.G. International SA ,Trinity Finance Holding SA, Euro-Oil Invest SA e Vitco SA, Multiestate Holdings SA e Sea Star Seven Holding SA. In tutte e sei le società Usher ricopriva l'ufficio di revisore legale. I collegamenti tra Hoogewerf e Usher, che risultano dal Registro di Commercio lussemburghese e svizzero, possono essere interpretati come indizi del fatto che i due coordinano sistematicamente la loro attività, senza che questa loro collaborazione fosse comprensibile nei dettagli agli estranei. Quindi i due, in termini economici, si rapporterebbero come il dare e l'avere nella contabilità a partita doppia, ma legalmente una parte non potrebbe essere considerata responsabile per le attività dell'altra. Questa lettura dei fatti farebbe di Hoogewerf e Usher l'esempio di una di quelle strutture sorte negli anni '90 che si possono definire “parabanca virtuale”. Parabanca perché vengono offerti servizi finanziari globali non soggetti, o solo parzialmente, alle leggi nazionali bancarie e fiscali in vigore. E virtuale perché la struttura che produce profitto viene tenuta insieme da invisibili legami personali e non da reali organismi economico-aziendali, giuridici o amministrativi.

VASTE ATTIVITA'

Nel 1981 fu fondata a Ginevra una società di comodo di nome Corakges SA. L'azionista era il canadese Roger G.Francis, che viveva a Ginevra, e fungeva da società di revisione la Hoogewerf, Usher & Co. Lo scopo statutario della società era così formulato: "fornire servizi e consulenze di ogni genere, nell'ambito della finanza, del commercio e della produzione ad un gruppo di società attive nel settore del petrolio".(15) Nel febbraio 1984 la Corakges cambiò nome in RGF Counsel SA, e Kaloyan Stoyanov si insediò nel consiglio di amministrazione. Nel 1992 la Usher and Co. divenne società di revisione. Il 20 dicembre 1993 la RGF Counsel andò in liquidazione. Liquidatrice diventò la Ilex Trust Services. La liquidazione fu probabilmente dovuta al fatto che Roger Francis era finito sulle prime pagine dei giornali in Italia con titoli a caratteri cubitali dall'inizio del 1993. Nello scandalo delle tangenti ENI egli era sospettato di avere emesse in maniera massiccia e sistematica da Ginevra fatture false per consulenze (non prestate) ad affiliate ENI a Milano e a Roma. Esse erano necessarie per la registrazione delle spese, sostenute per le tangenti, nel bilancio dell'ENI. Francis non fu arrestato ma

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interrogato più volte a Milano. All'inizio dell' agosto 1995 la Ilex Trust dava lavoro a 15 impiegati nella sede principale di Ginevra e a tre nella filiale di Lugano. Del consiglio di amministrazione facevano parte Roger Usher, Kaloyan Stoyanov, Raj Nair, Walter Koenig, Rico Luginbühl e Jürg Stäubli.(16) L'azione esercitata da Luginbühl e Stäubli è limitata dal fatto che sono gli unici a non poter firmare insieme. Dei due consiglieri d'amministrazione della Ilex è finora divenuto famoso solo Jürg Stäubli. Ma procediamo con ordine. Qui di seguito si esaminano in maniera dettagliata i più importanti consiglieri d'amministrazione della Ilex in base alla loro effettiva influenza. L'inglese Roger Usher, classe 1935, può essere definito il veterano del business offshore. Dopo aver iniziato in Inghilterra, Zurigo e Lussemburgo si trasferì, come già ricordato, a Ginevra. Qui egli diresse dall'inizio degli anni '80 oltre alla società per azioni Ilex Trust Services anche la società in nome collettivo Usher and Co. A Londra (17) e in Lussemburgo (18) fu soprattutto revisore dei conti. Insieme con l'indiano Raj Nair quale direttore e più tardi consigliere d'amministrazione dell'Ilex, riuscì ad Usher di stabilirsi a Ginevra e Lugano. Nella persona dell'ex procuratore dell'Ilex, Jean-Louis Hurst potè formare un valido successore. Hurst firmava nell'estate 1995 come amministratore di Usher and Co. (Lugano) e aveva creato per il suo protettore una rispettabile filiale ticinese. Collaborava strettamente con l'italiano Sergio Avanzi, attivo a Londra, e la sua White Eagle Holding di Ginevra, per la quale firmava anche come procuratore. Dei consigli di amministrazione delle società di Avanzi, la Holding White Eagle (Ginevra e Lugano), la Suni Trading Associates (Lugano) e la Rose-Bud & May Partnership SA (Lugano) facevano parte anche i due ticinesi Antonio Canavesi e Renata Scacchi, stretti collaboratori di Hurst. (19) Il collaboratore di Canavesi, Hurst, era inoltre presente nel consiglio di amministrazione della società di partecipazione Gurta SA, insieme con Fausto Gianini, direttore della filiale di Bankverein a Lugano. La Gurta è guidata da due dirigenti Fidinam, precisamente dal manager della Fiduciaria Fidinam Sergio Croci e del suo collega Flavio Maggioni, che fa parte anche del consiglio d'amministrazione della società consociata alla Fidinam Inse & Pessina. Un'altra linea porta al noto procuratore ticinese Roberto Bassi (Roberto Bassi & Partners). Il collaboratore di Hurst Canavesi fa parte del consiglio di amministrazione della Building Development Components Ltd. (Dublino), filiale di Lugano. Qui troviamo anche Claudio Morotti, un manager di Roberto Bassi & Partners.(20) La collaboratrice di Hurst Renata Scacchi nell'estate 1995 faceva parte a sua volta di 31 consigli di amministrazione ed era procuratrice della Metals and Chemical Promotion (MCP) Ltd. (Londra), Filiale di Lugano. I suoi mandati amministrativi erano per lo più esclusivi. A ciò si aggiungevano quelle società che lei amministrava insieme a Hurst e Canavesi. Chi vuole scoprire i misteri del sistema offshore, deve seguire tutte queste ramificazioni. Sono gli assi vitali di questo business. Non possiamo dunque risparmiarci del tutto tali peregrinazioni attraverso il labirinto delle mutue partecipazioni. Ma non dobbiamo perdere la visione d'insieme, e dobbiamo richiamare ancora alla memoria le linee di forza della Usher and Co.(Lugano). Roger Usher a Ginevra è il capo, Jean-Louis Hurst è la sua mano destra a Lugano. (21) Sul posto Antonio Canavesi e Renata Scacchi lavorano per il miglior cliente ticinese, precisamente per l'italiano Sergio Avanzi. Canavesi assicura inoltre il collegamento con l'alta finanza ticinese, dalla Fidinam attraverso il Bankverein fino a Roberto Bassi & Partner.(22)

KALOYAN STOYANOV

Il consigliere d'amministrazione dell’Ilex Kaloyan Stoyanov, residente a Losanna, sembra essersi concentrato soprattutto sulla Svizzera occidentale a complemento di Usher, attivo in Ticino. Stoyanov firmava come consigliere d'amministrazione unico di un'intera serie di società, i cui libri venivano esaminati dalla Usher and Co. di Roger Usher, suo socio d'affari per anni.(23) Con ciò le società di Stoyanov, che era membro ordinario della Camera fiduciaria svizzera, non davano proprio esempi da manuale di revisione contabile indipendente. Stoyanov intratteneva rapporti con i migliori indirizzi dell' Establishment del canton Vaud. Con Jean Chevallaz faceva parte del Consiglio di amministrazione

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della società finanziaria di Losanna Cofiducia. Chevallaz, che dopo una carriera movimentata divenne nel 1989 sindaco di Pully presso Losanna (24), è il fratello del vecchio consigliere federale Georges-André Chevallaz.(25) Un importante contatto di Stoyanov era rappresentato dalla A.Testoni AG, commercio di articoli di cuoio, a Zug. Del consiglio di amministrazione facevano parte oltre all'amministratore fiduciario lussemburghese Robert McGaw, all'avvocato di Zug e consigliere cantonale-FDP Christoph Straub (26), anche il commerciante in pellami Antonio Lembo di Ginevra. Robert McGaw è una figura di grande rilievo sulla scena offshore del Lussemburgo e ha lavorato di quando in quando anche con Usher e Hoogewerf (Usher era revisore della sua International Financial Development Luxemburg SA).(27) McGaw aveva anche società in comune con esponenti della Arner Holding SA (Lugano), ad esempio la Energy Investments SA (Lussemburgo) con il consigliere di amministrazione Nicola Bravetti. (28) Che Mc Graw in Lussemburgo avesse un ruolo leader, lo dimostrò anche il suo mandato di rappresentanza legale del Fountainhead Group SA (Domicilio presso Hoogewerf & Cie.). Nel 1987 Fountainhead era controllato dalla famiglia Gaon di Ginevra, del consiglio d'amministrazione facevano parte tra l'altro i famosi Leon Gaon, David Gaon, Sammy Hanein e Guy Fontanet (29), tutti di Ginevra. Insieme con Pascale King e Lim Keen di Singapore, Stoyanov faceva parte anche del consiglio di amministrazione della ditta ginevrina d'orologi SA de la Montre Royal. La King lavorava per Farhad Baktiar ( cugino del leader assassinato dell'opposizione iraniana Shapour Baktiar), ad esempio come consigliera d'amministrazione della Firsec SA (Ginevra) di Shapour. Baktiar fu arrestato nel 1992 in relazione ad una presunta frode nel pignoramento di due delle sue società. Egli aveva anche società in comune con la Sasea, ad esempio la Société Hotelière d' Investissements. Un ultimo, significativo mandato di consiglio d' amministrazione di Stoyanov è l'incarico presso la JS Consulting ginevrina di Jürg Stäubli. Jürg Stäubli è protagonista di una storia a sè. Venuto come una cometa dal nulla, comparve per anni sulle prime pagine dei giornali nel ruolo di multimilionario che si è fatto da sè, arrivò ad essere "uomo del mese" della rivista "Bilanz" e scomparve di nuovo dalla scena quasi da un giorno all' altro. Insieme a Tettamanti e ad altri fa parte del gruppo dei maghi della finanza degli anni '80.(30)

JUERG STÄUBLI

Jürg Stäubli, classe 1957, crebbe a Zollikofen, sobborgo di Berna, dove i suoi genitori gestivano un piccolo negozio di vendita al dettaglio. Assolse poi un periodo di apprendistato come commerciante. Tornato a Berna, il giovane frequentò corsi di aggiornamento per commercianti, tra cui uno sul tema: beni immobili. All'esame impressionò talmente l'esperto esaminatore e pescecane immobiliare Toni Stiffler che questo gli offrì un impiego presso la sua Stifag AG.(31) Dal 1980 Stäubli costruì per Stiffler case per le vacanze in Spagna. Nel luglio 1981, a soli 24 anni, diventò capo della filiale Stifag di Ginevra. In un modo collaudato con successo Stäubli comprava vecchi immobili e, dopo un restauro, metteva in vendita l'abitazione a prezzi elevati . Per Stäubli un affare lucrativo dal momento che gli inquilini per la carenza d'alloggi allora a Ginevra erano praticamente costretti a comprare, se non volevano perdere l'abitazione. Nell'ottobre 1982 l'esattore del valore aggiunto ebbe per la prima volta dei problemi. Un gruppo di giovani occupò un immobile Stifag sulla Avenue Soret Nr. 12 a Ginevra. Staeubli trattò con gli inquilini indesiderati, alcuni si lasciarono convincere ad uscire con un assegno di 2.000 franchi o dal fatto che egli si assumesse i costi del trasloco. Ma altri restarono irremovibili. Stäubli andò a Berna e ingaggiò per 10.000 franchi la gang dei rocker Broncos. Armati di mazze da baseball, i Broncos gettarono gli occupanti sulla strada a suon di botte, una donna finì in ospedale con ferite alla testa. Il comportamento brutale della sua squadra di mercenari procurò allora a Staeubli cattiva stampa in tutta la Svizzera. Di più, nel settembre 1984 egli si prese una condanna a 8 mesi di prigione con la condizionale e 20.000 franchi di ammenda. Gli otto Broncos ebbero tra i due e i quattro mesi con la condizionale. (32) Poco tempo dopo la vicenda dei Broncos Stäubli fece una bizzarra

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escursione nella politica locale di Ginevra. Come presidente del "Rassemblement Genevois hors Partis" voleva entrare nel consiglio cittadino. Nonostante egli ritirasse ben presto la candidatura, presentò le perdite di voti dei partiti di sinistra che allora si registrarono, come "la sconfitta dei socialcomunisti a Ginevra", e come merito della sua campagna.(33) Dopo questi due flop Staeubli ne ebbe abbastanza di Ginevra e il suo capo Toni Stiffler, nel 1983, lo fece direttore a soli 26 anni del gruppo Stifag (volume d'affari annuo d'allora: circa 150 milioni). Nonostante il trasferimento a Berna, Staeubli non interruppe mai del tutto i contatti con Ginevra in quanto comproprietario della locale Régie Immobilière SA .

JS HOLDING: SCORRONO I MILIONI

Il 21 novembre 1984 Stäubli fondò la JS Holding con un capitale azionario di 100.000 franchi e domicilio presso la Ilex Trust Services in Place des Eaux-Vives a Ginevra. Presidente era l'avvocato di Ginevra Louis Waltenspühl, che allora aveva lavorato per la Stifag. In seguito Stäubli sembra aver operato con immobili sia per la Stifag che per conto proprio. Nel luglio 1985 egli trasferì il domicilio della JS Holding alla sede della filiale Stifag di Ginevra, e il capitale fu accresciuto ad un milione. L'anno 1985 vide l'ascesa di Stäubli a sponsor del club calcistico di Berna “Young Boys”, che allora con tre milioni di franchi di debito era sull'orlo della bancarotta. Il giovane capitalista spendereccio era presidente fondatore del "Palace-Club", il cui compito doveva essere quello di trovare denaro per gli Young Boys. Membro del club era il suo boss Toni Stiffler, segretario era il notaio di Berna Rico Luginbühl. Più tardi Stäubli, Stiffler e altri fondarono la Fimag AG (Finanza e Management SA per lo sport e la cultura). A questa società appartenevano allora alcuni giocatori YB, tra i quali Lars Lunde. Quando YB nel maggio 1986 vinse il campionato, la Fimag AG vendette Lars Lunde per 1,5 milioni di franchi al Bayern Muenchen e intascò la metà del guadagno; Lunde era costato solo 155.000 franchi. La sponsorizzazione dello sport da parte di Stäubli era più egoistica del previsto. Nell'aprile 1986 Stäubli trasferì il domicilio a Montecarlo, ma continuò a lavorare a Berna con i due fan degli YB Stiffler e Luginbühl. (34) Poco dopo cominciarono a scorrere i milioni e la JS Holding si espanse. Nel marzo 1987 Stäubli aumentò il capitale da uno a tre milioni, in aprile entrò con Luginbühl nel consiglio di amministrazione della Ilex Trust Services, in novembre la JS Holding elevò il capitale a 3,5 milioni di franchi e nel dicembre 1987 la Holding spostò la sede dalla Stifag (Ginevra) di nuovo alla Ilex Trust. Stäubli, che risiedeva ormai da un anno a Montecarlo, aveva un sacco di soldi. Comprava e comprava, tra l'altro, una casa in Rue Bellot 11. Secondo la stampa locale d'allora, che si riferiva ad interviste con Stäubli, egli fece questo col proposito di cacciare di casa il presidente dei liberaldemocratici di Ginevra e consigliere nazionale Gilbert Couteau, che vi abitava. Questo come punizione per aver firmato un appello politico per la tutela degli inquilini. All'agenzia telegrafica svizzera Stäubli disse allora che giudicava "una porcheria assoluta" il fatto che un liberale prendesse partito per gli inquilini.(35) Del resto lui non era un mostro, perché la vedova dello svizzero occidentale Ernest Ansermet, che abitava nella stessa casa, avrebbe potuto rimanervi. Oggi Stäubli nega di avere mai concesso interviste del genere. Tra il marzo e l'ottobre 1988 egli aumentò il capitale della JS Holding gradualmente da 3,5 a 9 milioni di franchi. Diventò presidente del Genf-Servette, un club dell'hockey su ghiaccio di lunga tradizione e rilevò ditte senza un piano preciso. Ecco una piccola selezione dei suoi acquisti: nella prima metà del 1988 la JS Holding prese una partecipazione di minoranza alla casa di distribuzione cinematografica di Ginevra Alpha Ciné, la terza in grandezza della Svizzera. Comprò la fonderia mal ridotta di Friburgo e una partecipazione di minoranza ad una società che possedeva l'immobile del locale di streaptease di Ginevra Maxim's. Ai giornalisti Stäubli raccontò di investimenti in Tunisia e Venezuela. Per curare l'immagine egli fondò inoltre un proprio ente culturale con a capo nientemeno che l'ex presidente della città, il socialdemocratico Claude Ketterer. Inoltre acquistò una partecipazione alla Filocity 7 (media, sport), la società pubblicitaria di Ginevra Diffusia SA, quote delle stazioni radio locali Radio Plus e Radio Nostalgie oltre che del canale TV privato Mont Blanc. Nell'ottobre 1988

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Stäubli lanciò infine l'organo di informazione gratuito Jeudi Sports con una tiratura di 200.000 esemplari.

TENTATIVO DI ACQUISIZIONE DELLA PUBLICITAS

Già alla fine dell'agosto 1988 Stäubli aveva reso noto di voler rilevare la grande società pubblicitaria svizzera Publicitas SA. La società, fondata nel 1890, era l'indiscusso numero uno del business pubblicitario svizzero con un volume d'affari valutato in due miliardi di franchi. Controllava ad esempio la Orell Füssli Annoncen AG e la "Tribune de Genève". La JS Holding lanciò un'offerta d'acquisto non favorevole per il 51% delle azioni Publicitas ad una quotazione di 4.150 franchi per azione - 900 franchi in più del corso di borsa d'allora, operazione che sarebbe costata circa mezzo miliardo di franchi. (36) Tutti si chiesero da dove Staeubli prendesse questo denaro. La JS Holding stessa dichiarò di agire per contò proprio e per conto di terzi. Sui giornali della Svizzera occidentale si fecero congetture su chi mai potessero essere questi terzi. La rivista "L'Hebdo" nominò ad esempio Tito Tettamanti, Werner K.Rey e il grande editore Pierre Lamunière. (37) Ci si può chiedere se non fossero invece persone del tutto diverse, intenzionate a procurare a Stäubli tutto quel denaro. Il progetto Publicitas si risolse infine per lui in un flop, nonostante l'aiuto dei suoi potenti alleati dietro le quinte. L'establishment della Svizzera occidentale seppe infine impedire che per l'offerta di Stäubli si trovassero azionisti a sufficienza. Uno dei motivi fu forse anche il numero crescente dei suoi precedenti penali. Dopo la condanna a causa della brutale azione dei picchiatori Broncos, il giudice nel 1985 gli aveva tolto la patente per eccesso di velocità. Nel 1987 finì di nuovo nelle grinfie della polizia autostradale presso Aigle VD per via della velocità troppo elevata ed una patente monegasca. Per questi reati fu infine condannato dal tribunale penale di Vevey in seconda istanza a due mesi di prigione senza condizionale in regime di semilibertà e a 5.000 franchi di multa. (38) Dopo il flop con Publicitas sui giornali della svizzera tedesca ci furono alcuni articoli critici nei confronti di Stäubli. Così la "Handelszeitung" non lamentò solo l'assenza di trasparenza della JS Holding ma criticò anche che Stauebli non avesse dato prova di capacità come direttore d'impresa nel settore industriale. (39) Un articolo prevalentemente positivo su Juerg Stäubli, "divenuto nel corso degli ultimi anni più tranquillo, quasi signorile”, apparve invece sul numero di dicembre di "Bilanz". La rivista parlò della JS Holding come di " un conglomerato dall'apparenza un po' folle".(40) L'organigramma, pubblicato da "Bilanz", mostrava che la febbre degli acquisti di Stäubli aveva creato dal nulla quattro settori d'attività quanto mai distanti uno dall'altro, precisamente tempo libero e comunicazione, industria e commercio, immobili, servizi e finanziamenti.

STÄUBLI VUOLE DIVENTARE SERIO

Nel 1989 Stäubli cominciò una grande offensiva. Voleva scrollarsi di dosso l'immagine negativa e trasformarsi definitivamente in un grande imprenditore serio. La JS Holding si stabilì per la prima volta in uffici propri in Rue Gautier: "La targhetta della cassetta della posta sull'edificio appare modesta, quasi volutamente inappariscente: un'etichetta di cartone attaccata alla svelta con lo scotch".(41) La sua Testarossa dovette da quel momento restare in garage a Montecarlo, in Svizzera aveva al suo servizio due autisti, uno era medico, l'altro pilota. Il rimprovero della rivista d'economia "Cash", che alla chiusura dell'Hermes Precisa International ad Yverdon egli avesse guadagnato moltissimo con un sospetto insider trading, fu respinto categoricamente da Stäubli.(42) Egli promise invece di salvare i posti di lavoro alla fonderia di Giessen in dissesto. Nel cantone di Friburgo Stäubli trovò buona accoglienza, particolarmente soddisfatto si mostrò il socialdemocratico dissidente e consigliere di stato Félicien Morel: "Un uomo che merita rispetto e fa cose eccellenti per le finanze del cantone." (44)

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Stäubli annunciò un rapido accrescimento della sua holding e, per la prima volta, anche rispettabili conti consolidati. Parlò di un prestito convertibile di 40 milioni di franchi e del progetto di andare in borsa. (45) Il rilancio della società Stäubli lo condusse sulla stampa della Svizzera occidentale. Che il giornale francese di Migros "Construire" salutasse con particolare benevolenza Stäubli, non desta meraviglia se si conosce l'impegno dell'ex presidente di Migros Pierre Arnold in consigli di amministrazione di società affiliate della JS-Holding. (46) Del ruolo di Arnold si parlerà ancora in maniera dettagliata. Anche Jean Chevallaz, fratello del consigliere federale, assicurò di avere piena fiducia in Juerg Staeubli, allorché questo nel 1989 rilevò la maggioranza del gruppo alberghiero Leysintour Let da lui presieduto. Inoltre, Stäubli aveva in Rico Luginbuehl una specie di dama di compagnia. Dai giorni del "Palace-Club", Luginbühl era stato sempre al suo fianco negli affari ed era consigliere d'amministrazione nelle società importanti collegate alla JS-Holding. (47)

DA STÄUBLI SI PRETENDE TROPPO

Presto si rivelò che Stäubli era quanto mai inadeguato al nuovo ruolo di grande industriale a lui riservato. Lo si riconosce dai suoi significativi principi guida che in un' intervista presentò così: "Domanda: Lei controlla più di 40 società. Come riesce a mantenere una visione d'insieme? Stäubli: Ogni ditta lavora in modo autonomo. Ma qui a Ginevra nella holding abbiamo uno stato maggiore generale composto di dieci alti dirigenti, tutti specialisti nel loro settore. Ognuno di loro si occupa di un paio di ditte ed è sempre a disposizione, quando una di queste ha bisogno di aiuto. Io stesso incontro ogni lunedì ognuno dei miei dieci collaboratori dello stato maggiore per una seduta di un'ora. Ogni lunedì aspetto da ogni ditta un rapporto scritto e voglio essere informato con esattezza su ogni deroga dal budget. Mi preoccupo sempre di movimentare le sedute, perché un gruppo non può starsene tranquillo, altrimenti si impigrisce." (48) La JS Holding assunse altri impegni: col gruppo per l'imballaggio Papival del Vallese, con il fabbricante di abiti sportivi di Thurgau Blacky, che a sua volta aveva partecipazioni presso il produttore di costumi da bagno Lahco. Nel giugno 1991 Stäubli ebbe un successo strepitoso con la JS Finance Canada. Le azioni della sua filiale canadese (volume d'affari: 20 milioni di dollari canadesi appena) furono quotate alla borsa di Montreal. La JS Finance Canada aveva partecipazioni in diverse società di settori completamente diversi, ad esempio nella catena di negozi sportivi André Lalonde e nella fabbrica di spaghetti Cortina. (49) Anche qui siamo in presenza di una febbre degli acquisti irrazionale che si manifesta quando uno ha troppi soldi in tasca.

UNA COMETA SI SPEGNE

L'8 luglio 1991 Stäubli organizzò a Ginevra una specie di conferenza stampa per fare il bilancio della JS Holding. In quest’occasione dichiarò che dopo una fase di crescita di tre anni era venuto il momento del consolidamento e rese noto che lui stesso manteneva ancora l'80 % del capitale. Il resto si trovava presso la Banca Cantonale di Ginevra e i quadri delle sue ditte. (50) Staubli sprizzava allora un ottimismo indomito. Ma ancora per poco. Sulla società collegata Let Holding si vedevano già addensarsi le nuvole. La Let Holding, con alcuni hotel a Leysin, quotata alla borsa di Ginevra e diretta dall’eminente presidente Jean Chevallaz, era stata fondata da Staeubli un anno prima. Più tardi questa società acquisì una partecipazione di minoranza presso la ditta tessile Blacky. Circa due anni più tardi la Blacky rilevò la Lahco. Inoltre la Let Holding sottoscrisse un prestito obbligazionario della ditta del produttore di veicoli da pista svizzero-tedesco Rolba. Era pianificato un aumento di capitale della Let Holding da 10 a 14 milioni di franchi sotto la responsabilità della banca cantonale del Vaud. All'inizio di agosto l'analista di borsa Pierre Tissot della banca privata di Ginevra Lombard, Odier & Cie. mise in guardia insistentemente dall'acquisto di azioni Let: "è molto difficile raccomandare la Let Holding ai

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nostri clienti, perché in tutto il gruppo Staeubli manca la trasparenza. Non si sa che strategia venga perseguita. Tutto resta nebuloso." (51) Staeubli smentì, ma un'altra notizia funesta era alle porte: La belga-lussemburghese Filocity 7, produttrice della racchetta da tennis Snauwaert, di cui la JS Holding deteneva il 30%, era sull'orlo della bancarotta. Il suo settimanale gratuito "Jeudi Sports", fondato solennemente a Ginevra, dovette all'improvviso interrompere le pubblicazioni nell'ottobre 1991. L’inizio del 1992 portò la vendita di tre importanti partecipazioni: Chimica Agol Luginbühl, Ilex Trust Services e WTC Management. (52)

STÄUBLI COMMETTE UN FALLO

Nell'edizione di luglio-agosto 1992, la rivista economica della Svizzera occidentale "Bilan" pubblicò un articolo dal titolo "Le bluffeur de Monaco". Vi si diceva che la JS Holding era oberata di debiti. Inoltre in inserzioni di giornali, che facevano pubblicità a "Bilan", si leggeva che la JS Holding era sull'orlo del crollo. Stäubli annunciò immediatamente un'azione giudiziaria (53) e trasferì la residenza da Montecarlo al Cantone di Friburgo. L'articolo di "Bilan" fece vacillare la fiducia nella JS Holding ed ebbe conseguenze determinanti per Stäubli. Egli si dimise da presidente e il consiglio di amministrazione venne totalmente rinnovato. I consiglieri d'amministrazione, da lui nominati, sconosciuti all'opinione pubblica, diedero le dimissioni ad eccezione di Rico Luginbühl. Staeubli stesso divenne delegato del consiglio di amministrazione. Nuovi consiglieri furono nominati i noti rappresentanti dell'economia della Svizzera occidentale Pierre de Chastonay, Roland Soldati e Bernard Taramarcaz. Pierre de Chastonay di Siders è una figura di rilievo del mondo economico del Vallese ed ex consigliere nazionale. (54) Entrò anche in diverse società collegate alla JS che hanno una certa importanza nella regione, come la Papival Holding (Sitten) o la Let Holding (Ginevra) e diverse imprese edili della Svizzera occidentale. Roland Soldati era direttore della Banca Cantonale di Ginevra, diventata azionista di minoranza in quanto grande creditrice. Bernard Taramarcaz fu presentato infine dalla rivista "L'Hebdo" come il vero autore del risanamento. (55) Si ha l'impressione che i nuovi tre siano entrati nel consiglio di amministrazione per salvare le importanti società affiliate della Svizzera occidentale nel settore dell'economia edilizia, del turismo e dell'industria. (56)

PERCHE' PIERRE ARNOLD?

Alla fine del 1992 l'ex capo della Migros Pierre Arnold diventò nuovo presidente della JS Holding. Dopo il pensionamento dai vertici della Migros, Arnold, nel 1985, era diventato presidente del consorzio per la produzione d'orologi SMH e progressivamente era entrato nei consigli di amministrazione di più di trenta altre ditte, in parte famose. La prima misura presa da Arnold fu di mettere il bavaglio a Staeubli. Da allora nei media non si è più sentito niente di lui. Anche della JS Holding non si udì più nulla da quando Arnold era alla testa dell'impresa. Nel giugno 1993 Arnold rispose alla domanda del "Bund" di Berna: "Signor Arnold, Lei è considerato uno dei cervelli dell'economia svizzera. Come è successo che si ritrovi presidente del consiglio di amministrazione di una società relativamente insignificante come la JS Holding di Ginevra? Pierre Arnold: conosco il signor Staeubli da lungo tempo. è stato sempre corretto nei miei confronti. In quanto persona intelligente, laboriosa, attiva e ricca di idee, conosce la mia inflessibilità e le mie pretese. Con me ha sempre mantenuto la parola data. Ogni volta che l'ho pregato di aiutare una persona o un'associazione caritativa in difficoltà, è sempre intervenuto senza esitare e con generosità. Quando fu attaccato da "Bilan", la rivista d'economia - questo è del resto oggetto di un processo in corso - io trovai ingiuste e pericolose le accuse mossegli. Nella mia ricerca di giustizia accettai di assumere l'incarico di presidente del consiglio di amministrazione alla Holding, e ciò in accordo con le banche." (57) Poi gli fu rivolta la

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domanda: "Signor Arnold, per Lei Juerg Staeubli è un uomo d'affari di successo? ". Risposta di Arnold: "Il Signor Stäubli è un uomo d'affari che ha dimostrato la sua capacità di essere all'altezza dei problemi, di avere idee e conseguire risultati positivi. è un'eccellente controparte nelle trattative e, a conoscerlo meglio, ci si guadagna".(58) Anche Stäubli parlava di Arnold in modo favorevole, come Arnold di lui. Stäubli nell'ottobre 1990: "Pierre Arnold è una specie di padre spirituale, abbiamo una sorta di rapporto padre-figlio. Ci siamo conosciuti sei o sette anni fa, quando facevamo parte della ditta Agol di Berna. L'intesa fu immediata e, da qualche anno, lavoriamo insieme. Ci telefoniamo due volte la settimana e Pierre Arnold vuol sapere esattamente come vanno le cose."(59) Staeubli ha dichiarato più volte ai media di considerare Arnold il proprio padre spirituale. (60) Questo non meraviglia, se si pensa che il potente Arnold gli procurò quella rispettabilità di cui egli, dopo l'articolo critico di "Bilan", aveva urgentemente bisogno. Alla ditta Agol, dove Arnold e Staeubli nel 1983/84 si erano conosciuti, il primo nel 1994 era presidente, mentre Staeubli, Stiffler e Luginbühl, facevano parte del consiglio di amministrazione. (61)

SEGNALE AMBIGUO

"Anche dopo il colloquio con Jürg Stäubli", scrisse la "Schweizer Handelszeitung" (“Il giornale finanziario svizzero”) nel dicembre 1988, "non è chiaro che cosa sia veramente la JS Holding SA, da dove provenga in effetti il denaro investito e che cosa si persegua con una strategia di partecipazione piuttosto destrutturata. Le malelingue dicono, a Ginevra, che Stäubli sia solo una figura di facciata,una pedina destinata a far effetto sul pubblico nel gioco condotto da finanziatori stranieri".(62) Ciò che la "Handelszeitung" scrisse su Stäubli non vale forse anche per Pierre Arnold? Il veterano capitano d’industria si mise come pompiere e parafulmine alla testa di un agglomerato impenetrabile di ditte. Nasce così L’interrogativo se egli abbia reso possibile di dissimulare i veri rapporti di forza all’interno della JS Holding. Con il suo comportamento, Arnold ha dato un segnale che fino ad oggi non è stato ancora discusso pubblicamente. Onestamente bisogna dire che questa critica non tocca solo Arnold ma anche la Banca cantonale del Vaud. L'istituto ha fondato all'inizio del 1994 a Leysin, che per una diminuzione di un terzo dei pernottamenti soffriva con particolare intensità la crisi del turismo, una società per l'acquisto di hotel in difficoltà: la Leysin Holding. Il suo presidente è Jean Chevallaz, ex presidente della società, collegata alla JS-Holding, Leysintours, i cui alberghi furono pure assorbiti dalla nuova Leysin Holding. Nel consiglio di amministrazione di questa è presente accanto ad alcuni rappresentanti di banche e del settore turismo, anche Juerg Stauebli. Facendo un'analisi di carattere economico, ciò non significa altro che la banca cantonale del Vaud, nel suo comprensibile tentativo di salvare Leysin da un tracollo totale, si appoggia a organismi non trasparenti. Gli affari fatti in centri offshore non sono assolutamente equiparabili di per sé al riciclaggio di denaro. Ma queste piazze finanziarie vengono sfruttate come importante stazione di collegamento delle correnti di denaro sporco ai mercati finanziari legali. La richiesta in tutto il mondo di una lotta più incisiva al riciclaggio di denaro rende necessaria più trasparenza nel business offshore. Sul piano internazionale ciò significa maggior regolamentazione dei paradisi fiscali e dei porti dei capitali in fuga da parte di istituzioni sovrastatali. Per quanto riguarda la Svizzera, è necessaria anche avere chiarezza sui finanziatori segreti di quelle società svizzere finanziarie e d'investimento che si nascondono dietro uno schermo protettivo offshore di istituti, trust e fondazioni.

Note:

1) Nei Caraibi: Anguilla, Antigua, Aruba, Bahamas, Barbados, Bermudas, Isole Vergini britanniche, Isole Cayman, Montserrat, Curaçao, Sint Maarten, Nevis, Panama, Turks & Caicos. In Europa:

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Andorra, Cipro, Gibilterra, Guernsey, Irland, Isola di Man, Jersey, Sark, Liechtenstein, Luxemburg, Madeira, Malta, Monaco. Nel Pacifico: Vanuatu, Isole Cook. Nell'Oceano Indiano: Seychelles, Mauritius.

2) "Neue Zürcher Zeitung", 9 5 96

3) Nel 1944 l'austriaco Helmuth Merlin giunse ai vertici dell'Istituto presidenziale. L'ufficio di Vaduz della "Colonia tedesca in Svizzera", un'organizzazione popolare nazionalsocialista in Svizzera con succursale in Liechtenstein, si serviva allora della stessa casella postale di Merlin e dell'Istituto presidenziale.

4) Uno studio del centro ricerche sul mercato del lavoro e l'economia industriale ha valutato il patrimonio amministrato dalle banche svizzere nel giugno 1996 in 2.340 miliardi di franchi. Si dice quindi che il settore dell'amministrazione patrimoniale crei 50.000 posti di lavoro e produca due terzi dei guadagni bancari.

(5) Hoogewerf esercita anche l'attività di revisore contabile internazionale. Hoogewerf & Cie. firmano insieme con la First Professional Audit di Fausto Vitucci (Roma, Milano, Prato, Verona) come Ufficio di revisione di Cragnotti & Partners capital Investement SA Luxembourg. La Cragnotti & Partners fu fondata dall'ex topmanager Enimont Sergio Cragnotti, implicato in numerosi scandali di tangenti, del quale si parla in maniera approfondita nel capitolo sull'ENI.

6) "Eurobusiness" 11/1993

7) I quattro mandati in consiglio d'amministrazione erano: Almeria Properties Ltd., Geldof Sales Promotion Ltd., Imperio Reinsurance (UK) Ltd., Coastline Securities Ltd. Alla Portomega Ltd Hoogewerf infine firmava come revisore.

8) Su Arner SA vedi il capitolo 10, p.226 segg. Hoogewerf e Arner hanno collaborato. La società di Hoogewerf Wenham Ltd. (Douglas, Isle of Man) e la società di Arner Wedel Holdings (Tortola, Isole Vergini britanniche) partecipava alle 4 società lussemburghesi Etairoi Holding, Carib Holding, Caribbean Estate Company SA e Caribbean Hotel & Resort.

9) Valmet SA : Proprietari: Riggs National Bank, Washington (51%); Management : Aubertinaz Claire; Nicolin Danièle; Ghillani Jean-Philippe; Consiglio d' amministrazione: Michel Christian; Degeller Otto; Fasel Roland; Partecipazioni: Valmet Fiducie et Conseils SA, Ginevra (100 %). (Fonte: Orell Füssli/Teledata : Il CD-ROM dell'economia svizzera. Versione 1996/1, scadenza: 1.8.95)

10) Binder Hamlyn è parte di Arthur Andersen dal 1984. La ditta finì sulle prime pagine dei giornali nel 1994 quando fu condannata in prima istanza da un tribunale di Londra ad un risarcimento danni di 100 milioni di sterline. Aveva valutato troppo con un cliente una candidata all'accettazione e dovette prendersi la responsabilità dell'ammanco.

11) Le formalità di fondazione furono sbrigate dall'avvocato di Basilea Walter Koenig, che entrò anche nel Consiglio di amministrazione - dove si trovava ancora venti anni dopo. Tra i mandati di consiglio di amministrazione di Koenig c'era nell'estate 1995, la società di comodo Tecom Pipeline Consultants AG, Basilea. Un altro interessante mandato Koenig l'ha presso la Medisafe SA (Ginevra), dove Georg Walker Balzers, è direttore. Walker è manager di 13 società , nel consiglio di amministrazione di nove dei quali c'è Barbara Merz Wipfli. Merz Wipfli è la donna di punta del guppo Curator di Zurigo che si

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occupa di consulenza aziendale, revisione, finanza e commercio. Anche Walker è un uomo della Curator e fa parte di alcuni consigli di amministrazione di questo gruppo zurighese (a proposito della Curator cfr. p. 210 segg.)

12) Oltre a Roger Usher anche François Mehrmann collega la Ilex e Usher and Co. Mehrmann: firma in entrambe le società come procuratore.

13) Altri consiglieri d'amministrazione della Safes Fidelity: Etienne Costomeni (Losanna) e René Wuergler (Borex). (fonte: Orell Füssli/Teledata: Il CD-ROM dell'economia svizzera. Release 1996/1, data di scadenza: 1.8.95). In Lussemburgo Sanne e Hoogewerf gestirono insieme dal 1976 l'amministrazione fiduciaria e patrimoniale Webber, Wentzel & Co. GmbH, dal 1992 Maitland AG.

14) La società finanziaria era stata fondata dalla famiglia Espiritu Santo dopo la nazionalizzazione della loro banca a Lisbona nell'ambito della rivoluzione dei garofani. Più tardi gli Espiritu Santo riebbero la loro banca. Nel consiglio di amministrazione della Partridge Investments c'erano, nell'aprile 1994, oltre a Sanne il manager dell'Espiritu-Santo di Losanna, Rui Barros, Roland Cottier e Michel Joseph Ostertag, anche lui dipendente dell'Espiritu Santo.

15) Régistre de Commerce, Genève, dossier no. 2423, 1981

16) Nel 1994 anche Robert March era entrato a far parte del Consiglio d'amministrazione Ilex.

17) Delle 15 registrazioni al Companies House di Londra (Registro di Commercio ) nel maggio 1994, undici erano estinte e quattro attive. Dei complessivi 15 mandati 13 erano mandati di revisore e 2 di consigliere d'amministrazione. I mandati attivi nel maggio 1995 erano Trentplus Ltd., Visualrout Ltd., Arden Equities Ltd., Rarecall Ltd.

18) In Lussemburgo fu anche revisore delle società di Hoogewerf, ad esempio alla società madre OCRA Eurotrust International Holding Corp.

19) Canavesi e Scacchi erano nel Consiglio d'amministrazione della Barinvest SA di Lugano, la cui affiliata di Vaduz Barinvest AG nell'aprile 1994 fondò insieme con la Heathland Ltd. (Douglas, Isola di Man) in Lussemburgo la società di partecipazione Arnus Holding SA. Consigliere d'amministrazione è Jean-Louis Hurst che è iscritto nel Registro di commercio lussemburghese come Louis Hurst (per rendere più difficile la ricerca!) Commissario della Arnus Holding è la Gestinv SA (Lugano). Del consiglio d'amministrazione di questa società Hurst fa parte insieme con Renata Scacchi, Vincenzo Chiarella e Elio Castaldini, entrambi originari di Genova.

20) Morotti fa parte anche dell'Overland Trust Holding (Lugano) controllata da Roberto Bassi della KPMG Fides (Lugano). Roberto Bassi & Partner a sua volta firma come revisore di alcune società Hurst. Ad esempio: Gestinv SA (Lugano); Gurta AG (Lugano); Laconfida SA (Lugano); Plettli SA (Lugano).

21) Un mandato di consiglio d'amministrazione di Hurst, particolarmente importante, è la Duferco SA, una società a partecipazione di Lugano con 70 posti di lavoro. è presieduta dall'italiano Bruno Bolfo, Maurizio Bergonzi è delegato del Consiglio d'amministrazione.

22) Nel maggio 1996 la Procura della Repubblica di Pisa rese note presunte frodi dell'uomo d'affari italiano Fabrizio Serra in relazione a bilanci manipolati della Casa editrice pisana Giardini. La Procura

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della repubblica accusò Serra di essere riuscito ad ottenere con informazioni false, da tre banche svizzere (Kreditanstalt, Bankverein e Gotthard Bank), crediti per 240 milioni di franchi. Roberto Bassi era consigliere d'amministrazione della filiale ticinese della casa editrice Giardini. Serra si definì vittima di un complotto di Roberto Bassi & Partners, del cui Consiglio d'amministrazione fa parte anche l'ex avvocato Paolo Bernasconi. Nella "Sonntagszeitung" del 12.5.96 Bassi definì "assurde" le accuse di Serra, e tuttavia "quasi logiche nella sua posizione". Lui stesso avrebbe fatto fallire Serra, quando si era accorto di essere incappato in un imbroglione. Ma per gli inquirenti italiani il ruolo di Roberto Bassi non era ancora chiaro (nel maggio 1996), egli aveva tuttavia avuto per anni rapporti d'affari con Serra.

23) Si tratta di Palma Medical Supplies SA (Villars-sur-Glane),la Nord Marine Trading SA (Ginevra), la RACB Communication SA (Friburgo), la Comsefin SA (Ginevra).

24) Pully sembra esercitare un fascino discreto. Il finanziere d’assalto Asher Edelmann di New York regalò al comune la sua squisita raccolta d'arte. Lo specialista francese di offshore Eduard Chambost, autore di una nota guida ai paradisi fiscali (Editions Sand,1993), prese la residenza a Pully.

25) Prima di iniziare la carriera politica Chevallaz era stato per dieci anni giornalista sportivo, poi presidente della scuola alberghiera di Losanna, fu poi a capo della Camera dell'Agricoltura di Vaud, per vendere infine birra nei cantoni di Waadt e del Ticino come rappresentante del gruppo Sibra. ( “24 Heures”, 11.7.96)

26) Insieme a Stoyanov, Straub faceva parte del consiglio d'amministrazione oltre che della A.Testoni AG anche della Nummus Tugensis AG di Zug, specializzata nel commercio di monete d'oro. Straub è uno di quegli avvocati che collezionano mandati d'amministrazione a dozzine. Tra i suoi mandati si trova anche la Reiluma Anlage AG (Zug), nel cui consiglio d'amministrazione è presente anche Rudolf Hegetschweiler, temporaneo consigliere d'amministrazione della Banca Albis/Adamas. Ulteriori mandati nell'agosto 1995: Alma SA (Cormagens); ES Consult AG (Zug); ISM Consult and Investment AG (Zug); Plasticos Holding AG (Zug); Assem AG (Zug); Sindacato di vendita Bruker-Spectrospin AG (Zug); Foseco Trading AG (Zug); Laetitia AG (Zug); Nutrasweet AG (Zug); Admina AG ,Baar; Altawa AG ( Zug); FIA Fachinspektorat für Aufzüge AG (Schaffhausen); Gazinvest AG (Zug); Jaspen AG (Zug); Kamer Martin Ltd. (Zug); Lisag-Liftcheck AG (Sarnen); Società del mercoledì di Zug (Zug); Orbo Finanz AG (Zug); Otopex-Holding AG (Zug); Pecufina AG (Zug); Fondazione per l'assistenza sociale al personale della Foseco Holding AG (Zug); Quim-Invest AG (Zug); Siromatic AG (Zug); Sondia AG (Zug); Walzstahl AG (Zug); Westport AG (Zug); Fenrir AG (Zug). (Fonte: Il CD-ROM dell'economia svizzera, scadenza: 1.8.95)

27) L'8.4.94 Francis Hoogewerf diede le dimissioni dalla Sycomore Investments SA (Luxemburg) e fu sostituito da McGraw. Il 27.4 si ritirò anche Roger Usher e fu sostituito dalla General Trust Company (Lussemburgo). La General Trust Company fu fondata lo stesso giorno e apparteneva a McGaw e a R. Turner.

28) Predecessore di Bravetti fino al 12.12. 91 fu Reto Kessler, direttore della Banca svizzera italiana (BSI).

29) Guy Fontanet, ex consigliere di stato del Cantone di Ginevra, faceva parte del consiglio di amministrazione del World Economic Forum insieme con Klaus Schwab e Helmuth Maucher, tutti e due dell'Allgaeu, con l'ex premier francese Raymond Barre e altri. Inoltre Fontanet era presente nel consiglio di amministrazione della fondazione Ignacia di Friburgo, rigidamente cattolica.

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30) Altri mandati amministrativi di Kaloyan Stoyanov: Credex AG (Zurigo); Ilex Trust Services SA (Ginevra); Braxton & Cie. SA (Ginevra); Compimassa SA (Lugano); Granser Société de Services SA (Ginevra); HTC SA (Ginevra); Nummus Tugensis AG (Zug); Safinco Holding SA pour le financement de l'Industrie et du Commerce (Friburgo); Seldeco SA (Villars -sur- Glane); SI Louvois SA (Ginevra); Trimaco Trading SA (Ginevra); Fortress Trust Company SA (Ginevra); Associazione svizzera degli esperti tributari diplomati (Solothurn). (Fonte: Orell Fuessli/Teledata: Il CD-ROM dell' economia svizzera. Versione 1996/ 1, Scadenza: 1.8.95)

31) Toni Stiffler, originario di una famiglia di albergatori di Davos, era con la sua Stifag AG uno dei più grandi speculatori immobiliari di Berna. Aveva cominciato già negli anni '60, i più grandi affari li fece, secondo la rivista economica "Bilanz" (12 / 89), negli anni 1987 e 1988. "Bilanz" valutava il suo patrimonio privato a più di 100 milioni di franchi. Nel 1989 Stiffler cooperò anche con la fiduciaria zurighese Huber, che più tardi dovette essere liquidata a causa di affari immobiliari andati male. Negli anni '90 l'impero di Stiffler si ridusse decisamente. Diversamente da colleghi del settore, come ad esempio Albert Heer di Solothurn o Stephan Goetz di Zurigo, gli riuscì di evitare la bancarotta - per lo meno fino all'estate 1996.

32) "Berner Zeitung, 19. 9. 84

33) "Tribune de Genéve" ,5. 5. 83

(34) Il legame di Stäubli con la Stifag non si interruppe fino al 1991, gli restò il diritto di firma come procuratore e consigliere d'amministrazione.

35) "24 Heures", 4.2.87

36) "Berner Zeitung" 1.9.88

37) "L'Hebdo", 8.9.88

38) "Blick", 26.4.88

39) "Schweizer Handelszeitung", 8.12.88

40) "Bilanz" 11/88

41) "Politik und Wirtschaft", 26 . 7. 89

42) "Cash", 22.9.89

43) In realtà Stäubli mostrò nei confronti dei suoi impiegati un atteggiamento arrogante. Anche alla fonderia di Friburgo. Dopo che lo SMUV in un comunicato aveva manifestato la sua disapprovazione per il piano sociale presentato, in "La Liberté" di Friburgo dell' 8.2.89 Stäubli fece annunciare quanto segue: " Per me un licenziamento è un licenziamento di troppo. Ho cercato le migliori soluzioni e ho affrontato il rischio di continuare a gestire la fonderia. All'interno i sindacati hanno apprezzato molto il nostro atteggiamento e ci hanno ringraziato. Alcuni giorni dopo hanno reso nota la questione al pubblico a mia insaputa . Se i sindacati vogliono una piccola guerra a coltelli tratti, si accomodino. Io non sono abituato a perdere queste battaglie (...) Se dovessi leggere di nuovo qualcosa di simile dello

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SMUV, anche una sola volta, licenzierò tutti". Un mese più tardi nella "Tribune de Genève" (14.3.89) diede una strigliata ai giocatori del suo Hockeyklub Genève-Servette: "Io che lavoro da 12 a 14 ore al giorno so che cosa significa la parola pressione. I giocatori, con il loro training e due partite alla settimana, non ne hanno idea. Sono stato troppo amabile! Ma non sarà più così."

44) "Politik und Wirtschaft", 26.7.89

45) "Bund", 23.10.89

46) "Construire", 26.4.89

47) Luginbühl era diventato noto con il caso del cinema Splendid a Berna. Nel 1986 egli voleva abbattere l'immobile adibito a cinema, appartenente alla sua Hipleh-Walt AG, e sostituirlo con negozi e uffici. Seguì una disputa di anni con la città e la protezione dei monumenti, finché nel 1994 rinunciò all'abbattimento della sala Art-déco e restaurò l'edificio.

48) "Schweizer Illustrierte ", 22.10.90

49) "Agefi", 24.6.91

50) "24 Heures", 9.7.91

51) "Cash", 2.8.91

52) Il WTC Management (World Trade Center Management) era attivo in Canada. A Francoforte e a Monaco Rico Luginbuehls Marua Holding (Berna) deteneva il 49% del WTC-Management GmbH (rispettivamente a Francoforte e a Monaco).

53) Nel novembre 1994 egli ha infine vinto l'azione legale, intentata stranamente a Parigi. La 17esima camera della corte penale parigina ha accertato il reato di diffamazione in tre parti dell'articolo e ha condannato il redattore capo Max Mabillard e il giornalista ad una pena pecuniaria di 10.000 franchi francesi e ad un risarcimento simbolico di un franco. Max Mabillard era uno dei pochi giornalisti francesi che negli anni '80 non si erano lasciati ingannare da Staeubli (vedi ad esempio: “Le Matin”, 28.3.87)

54) De Chastonay firma anche come consigliere d'amministrazione della CSC Impresa Costruzioni (Lugano, appartenente al complesso industriale Fiat). La società madre italiana Cogefar Impresit fu nel 1993 una delle prime imputate negli scandali per le tangenti.

55) Taramarcaz è presidente del deposito franco doganale di Ginevra e fa parte come l'avvocato d'affari Carlo Sganzini di Lugano e il presidente dell' Unigestion di Ginevra, Bernard Sabrier, del consiglio di amministrazione della Kofisa Trading di Ginevra, un'affiliata del gruppo turco Koç.

56) Una società del genere è ad esempio l'officina per macchine agricole Hämmerli et Cie. SA a Nyon con 60 posti di lavoro. E’ stata acquisita dalla JS Holding e, conseguentemente, anche Pierre Arnold e de Chastoney sono entrati nel consiglio di amministrazione.

57) "Der Bund", 25.6.93

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58) Ivi

59) "Schweizer Illustrierte", 22.10.90

60) Ad esempio il "Tages-Anzeiger", 14.3.87

61) "Schweizer Illustrierte", 22.10.90

62) "Schweizer Handelszeitung", 8. 12. 88

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5. MANI PULITE

Dalla fine della seconda guerra mondiale l'Italia ha vissuto una serie ininterrotta di scandali, affaires e congiure. I poteri segreti che agivano fuori di ogni controllo erano qui più forti che in ogni altra democrazia rappresentativa europea. (1) La corruzione moderna in Italia risale all'inizio della guerra fredda, a metà del 1946. Fu allora che si inasprì la critica degli USA nei confronti dei ministri comunisti, che avevano assunto l'incarico al crollo del fascismo nell'Italia del nord, e culminò nella richiesta ultimativa di estromettere il PCI dal governo. Questa domanda non fu tuttavia facile da soddisfare da parte dei sostenitori degli USA. (2) I comunisti si accrebbero soprattutto nel Norditalia industrializzato, divenendo la forza organizzata più forte. Il segretario generale del PCI Palmiro Togliatti fu ministro della giustizia dal 1945 al 1948, inoltre i comunisti ricoprirono altri tre ministeri e fornirono diversi segretari di stato. Nata nel 1945 dalla fusione di diverse correnti cattoliche, la Democrazia Cristiana (DC) sotto Alcide De Gasperi, segretario Giulio Andreotti, era troppo debole nell'Italia del Nord per poter escludere i comunisti. Per rafforzare la loro base al Nord, De Gasperi e Andreotti cercarono di copiare la politica sociale progressista dei comunisti. Contemporaneamente lavoravano con tutte le loro forze per indebolirli. Gli USA promossero questa politica. L'Italia fu, insieme alla Francia e alla Grecia, il fronte principale della guerra contro il comunismo nell'Europa occidentale.(3) Nel 1948 De Gasperi e la Democrazia Cristiana ottennero, sotto il segno della guerra fredda, il 48% dei voti e si sentirono abbastanza forti per estromettere i comunisti dal governo. (4) Con ciò la DC ebbe l'egemonia della politica italiana per 45 anni. Fino al 1993 le lotte delle frazioni interne al partito ebbero un influsso maggiore sulla politica italiana delle controversie parlamentari con l'opposizione. Anche se dagli anni '60 l'egemonia poté essere mantenuta solo grazie a mutevoli coalizioni con partiti minori, l'Italia rimase di fatto, fino a Mani Pulite, dominio di un partito. Nel corso di 45 anni ci furono invero 50 cambiamenti di governo e sei elezioni parlamentari anticipate, ma il gruppo dirigente non è cambiato. Il leader democristiano Giulio Andreotti è stato sette volte primo ministro. Il suo collega di partito Emilio Colombo ricoprì tra il 1948 e il 1993 tutti gli incarichi di governo, da presidente dei ministri a ministro degli esteri.

DENARO DAL GRANDE FRATELLO

Come contropartita per l'estromissione dei comunisti De Gasperi ricevette dagli USA grande sostegno economico per il suo partito. Una parte di questo denaro passò per i canali legali del piano Marshall, un'altra parte per vie illegali. A questo proposito l'ex direttore della CIA e capo della sezione CIA a Roma, William Colby ha detto: "Noi abbiamo una responsabilità storica, in certo qual modo Washington ha attizzato la corruzione in Italia. Per noi il finanziamento della DC e dei socialisti ha significato condurre la battaglia contro il comunismo. Il futuro dell'Europa occidentale era allora in gioco in Italia, Grecia e Francia".(5) Nell'ambito del piano Marshall anche l'istituto per la ricostruzione industriale (IRI) ha ricoperto un ruolo centrale. L'IRI era ancora un'espressione dell'epoca del corporativismo fascista. Il suo fondatore , Alberto Beneduce, era un compagno del Benito Mussolini del periodo socialista antecedente la prima guerra mondiale e aveva dato alle sue due figlie i nomi Idea Proletaria e Idea Socialista. Più tardi Beneduce condivise la svolta di Mussolini da socialista a fascista. L'holding di stato IRI, da lui concepita, comprese presto ampi settori della grande industria (tranne Fiat e Pirelli) e anche le grandi banche come il Banco di Roma, la Banca Commerciale Italiana, il Credito Italiano e la Banca Nazionale del Lavoro. Dopo la guerra ci furono tentativi della cerchia delle grandi famiglie di capitalisti, gli Agnelli, i Pirelli e altri, di privatizzare di nuovo le aziende IRI. Ma esse avevano nemici anche tra i politici dell'Italia centrale e del sud, perché il sistema IRI aveva concentrato la sua politica di sviluppo nel Norditalia. De Gasperi risolse il conflitto dell'IRI con il sud nell'ambito della sua strategia di conciliazione nazionale. Per promuovere l'industrializzazione del sud fu creato un nuovo

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istituto, la Cassa per il Mezzogiorno. Nel 1946 il banchiere Enrico Cuccia diventò capo di una nuova banca, organizzata nell'ambito dell'IRI, Mediobanca. (6) Questa doveva garantire, nell'interesse dei grandi capitalisti privati in tutta Italia, finanziamenti industriali a lungo termine a interessi favorevoli, ricorrendo al gettito del risparmio, e oltre a ciò garantire che gli interessi delle grandi famiglie di capitalisti come Agnelli e Pirelli fossero rappresentati all'interno della burocrazia IRI. 50 anni dopo Mediobanca era, sotto l'ottantasettenne Cuccia , ancor sempre una delle banche italiane più importanti. (7) La sua filiale in Svizzera fu la Graucom SA (Chiasso).

IL COMPROMESSO STORICO LIQUIDATO

Il sistema di potere di De Gasperi e Andreotti entrò in una crisi strutturale all'inizio degli anni '70. Per la prima volta nella storia italiana postbellica si profilò un'alternativa promettente: il compromesso storico dei democrstiani con i comunisti. Il segretario del Partito comunista Enrico Berlinguer e il segretario del partito democristiano Aldo Moro, lavoravano alla riassunzione dei comunisti al governo. Il prezzo fu la rinuncia del Partito comunista italiano alla rivoluzione socialista, il riconoscimento della proprietà privata e dell'economia di mercato e la presa di distanza dall'URSS. Un fine importante del compromesso storico fu il superamento dell'economia della corruzione. Il compromesso storico rappresentava un pericolo anche per l'influenza americana in Italia. Accadde allora che Moro fosse sequestrato dalle Brigate Rosse il 16 marzo 1978, la stessa mattina in cui in parlamento doveva andare in scena il primo governo DC con presidente dei ministri Giulio Andreotti e sostegno parlamentare del Partito comunista italiano. Il 9 maggio 1978 il suo cadavere fu ritrovato nel portabagagli di un’auto a Roma, e da allora si discute sui retroscena di questo delitto. (8) Il ruolo centrale in tutto questo della loggia segreta massonica P2, di cui si parlerà con maggiori dettagli, è sicuro. Nessuno aveva da temere da riforme di fondo più di Gelli e dei suoi fratelli di loggia che ricavavano ricchi profitti dalla corruzione.

Note:

1) Sulla storia degli scandali italiani dal 1943 vedi Galli, Giorgio: ‘Staatsgeschäfte: Affären, Skandale, Verschwörungen. Das unterirdische Italien 1943-1990’(‘Affari di stato.L’Italia sotterranea 1943-1990: storia politica, partiti, corruzione, misteri,scandali.’,Milano 1991) Amburgo, 1994

2) Durante l'occupazione dell'Italia dopo la seconda guerra mondiale gli USA si appoggiarono anche alla mafia. Importanti mafiosi italoamericani, come ad esempio Lucky Luciano, erano stati rilasciati nel 1943 dal carcere negli USA e inviati in Sicilia. La collaborazione degli occupanti statunitensi con la mafia produsse, nel vuoto economico tra il 1943 e il 1948, soprattutto al sud, un effetto fortemente corruttore. Il sistema di mercato nero, controllato dalla mafia, divenne presto la base economica del mezzogiorno. Questa palude fu anche il fondamento economico della nuova classe politica di tutti i partiti, sorta qui dopo il 1945.

3) La politica, che più tardi sfociò in "Gladio", cominciò immediatamente dopo la seconda guerra mondiale, quando l' organizzazione di spionaggio statunitense OSS (precorritrice della CIA) promosse anche in Italia la creazione di cosiddetti programmi "Stay-behind". Gladio si chiamò quell'esercito di resistenza, finanziato dagli USA e non controllato dal governo italiano, composto di elementi fascisti e della destra radicale, che nel caso di un'invasione sovietica avrebbero dovuto continuare a combattere dietro le linee nemiche.

4) Togliatti cercò di opporre resistenza al corso di centro della DC con una strategia del fronte

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popolare. Dopo che egli ebbe perduto le elezioni del 1953, il blocco di sinistra, composto di socialisti e comunisti, si scisse.

5) Calvi, Fabrizio , et Sisti, Leo: ‘Les Nouveaux Réseaux de la Corruption’. Parigi 1995, p.111

6) Cuccia era originario della Sicilia e durante la guerra fu membro del Partito d'Azione antifascista. Insieme con Andrè Meyer della Lazard Frères (Parigi) nel 1945, quando la stella rossa del comunismo splendeva più fulgida, si dice si sia adoperato ad assicurare il predominio del capitalismo mediante il sistema finanziario. Cfr. Galli, Giancarlo: ‘Il Padrone dei Padroni. Enrico Cuccia - Il Potere di Mediobanca e il Capitalismo Italiano’. Milano, 1995. (Nota nella nota: qualcuno dice che Cuccia era figlio di un padrino della Piana degli Albanesi e che il suo vero cognome era Cuccìa, con l'accento sulla "i".)

7) La composizione del consiglio di amministrazione alla fine del 1992 rivela nel migliore dei modi l'importanza di Mediobanca. Membri erano tra gli altri: Gianni Agnelli (Fiat), Carlo De Benedetti (Olivetti), Raul Gardini (Ferruzzi / Montedison), Leopoldo Pirelli, Antoine Bernheim (Lazard Frères), Wolfgang Graebner (Deutsche Bank).

8) Vedi a questo proposito Raith, Werner: ‘In höherem Auftrag. Der kalkulierte Mord an Aldo Moro’. (‘Per ordine superiore. L'assassinio calcolato di Aldo Moro’), Zurigo, 1985

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6. IL MISTERIOSO CONTO PROTEZIONE

"Ciò che portò al successo Mani Pulite" disse il procuratore Gherardo Colombo, "fu la scoperta del conto 633.369 Protezione presso la Schweizerische Bankgesellschaft di Lugano. Coloro che stavano dietro questo conto delle tangenti alla Bankgesellschaft luganese si rivelarono i principali burattinai della corruzione italiana" (1). Il conto Protezione collegava il segretario socialista Bettino Craxi con il presidente del Banco Ambrosiano, Roberto Calvi, e con Licio Gelli, il gran maestro della loggia massonica segreta P2. L'elevato ruolo politico ed economico di questo terzetto faceva ben capire che qui non si trattava di un caso singolo ma del sistema delle tangenti nel suo complesso. Anche in Svizzera, lo smascheramento del conto Protezione alla fine di gennaio 1993 segnò una svolta. Da quel momento gli aiuti sistematici, forniti per decenni alla corruzione italiana sulla piazza finanziaria Svizzera, non poterono essere più oggetto di rimozione.

UNA VECCHIA STORIA

L'esistenza del conto Protezione era già divenuta nota nel maggio 1981. Allora Colombo e il suo collega Giuliano Turrone indagavano contro il banchiere della mafia Michele Sindona. Nel corso delle indagini la Guardia di Finanza perquisì anche la villa di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi presso Arezzo.(2) Nel corso di questo rastrellamento i funzionari scoprirono una busta non appariscente con la scritta: " Deputato Claudio Martelli", e all'interno la seguente annotazione: "SBG-Lugano, Conto 633.369 Protezione: numero di Claudio Martelli, sul quale il 28.10.1980 all'attenzione di Bettino Craxi per il contratto con l'ENI è stata versata, per ordine del Dr. Roberto Calvi, una somma di 3,5 milioni di dollari. Dopo la firma il 20.11.1980 da parte del Dr. C.R. e D.D.L. vengono pagati ancora 3,5 milioni di dollari." (3) Dopo che la rivista romana "L'Espresso" ebbe pubblicato questo documento, Martelli si preoccupò di avere una spiegazione alla SBG (Lugano) e la ottenne, nel senso che egli non era intestatario di un conto presso la banca né aveva beneficiato di un bonifico. La procura romana (4) rivolse una richiesta di rogatoria alla Svizzera per la consegna della documentazione del conto. Al ché l'avvocato di Lugano John Rossi, dello studio legale Tettamanti & Spiess, a stretto giro di posta fece ricorso in nome della SBG e dell' (allora) sconosciuto intestatario del conto presso il Tribunale cantonale di seconda istanza.(5) Dopodiché non successe più nulla. Secondo dichiarazioni di Rossi i giudici istruttori romani avrebbero archiviato il procedimento.(6)

UN GIUDICE SUPERIORE DI DEBOLE MEMORIA

Ma del misterioso Conto Protezione non ci si dimenticò. Nel 1984 giunse a Lugano una seconda rogatoria. Questa volta da Milano da parte dei due giudici istruttori Antonio Pizzi e Renato Bricchetti, che indagavano contro i responsabili del Banco Ambrosiano per sospetto di bancarotta fraudolenta. Di nuovo l'avvocato Rossi fece ricorso a nome della SBG e dell'intestatario sconosciuto del conto. Il giudice superiore Claudio Lepori, presidente della Camera dei ricorsi ticinese, tirò poi per le lunghe questa richiesta in maniera sistematica. La domanda di rogatoria per anni fu come dimenticata. Più tardi Lepori non riuscì più a ricordarsi come si fosse arrivati a questo. "Negli ambienti del palazzo di giustizia di Lugano si viene a sapere che sotto il giudice Lepori sono scomparsi o sono stati rinviati altri ricorsi. è stato biasimato questo giudice venuto meno ai suoi doveri? No. Come giudice superiore appartenente al partito popolare cristiano-democratico, con maggiore anzianità di servizio nel Cantone, egli ha rinunciato nel 1992 a presentarsi al suffragio popolare diretto per questo tribunale. Ma alla fine dello stesso anno il Gran Consiglio Ticinese l'ha eletto nel piccolo collegio dei giudici istruttori, che egli da gennaio [1993] anche presiede." (7) La cortina di ferro con cui Lepori, il giudice superiore smemorato aveva protetto per otto anni il Conto Protezione presso la SBG (Lugano), fu infine aperta con forza. E precisamente da una direzione inaspettata, precisamente da Ginevra, dove il 30 ottobre

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1992 la Sasea Holding era finita in bancarotta. Il suo delegato al consiglio di amministrazione Florio Fiorini era già in prigione per frode nel pignoramento. Con un ammontare del danno a circa tre miliardi di franchi, il fallimento della Sasea diventò la più grande bancarotta della storia economica svizzera; del caso si parlerà ancora nei particolari.

VIENE SOLLEVATO IL VELO

Il giudice istruttore di Ginevra Jean-Louis Crochet, che guidava le indagini contro Fiorini, perquisì alla fine del 1992 a Montecarlo gli uffici di una piccola banca sospetta appartenente al gruppo delle più di 300 banche collegate alla Sasea-Holding. La SI Bank a Montecarlo si presentò come un ufficio non appariscente, sulla cui scrivania c'era tra le altre carte una lettera che identificava un certo Silvano Larini quale titolare del conto Protezione a Lugano. Crochet sapeva che in Italia fino allora 10 procuratori e la commissione parlamentare d'inchiesta sulla P2 non erano riusciti a trovare l'intestatario del conto. Il 22 dicembre 1992 egli fece visita alla SBG (Lugano). Più tardi ha così descritto questo episodio: "Chiedemmo al direttore di poter prendere visione degli estratti conto, del cui titolare eravamo in grado per la prima volta di dire il nome. Il direttore dichiarò che questo nome non esisteva sulle liste della banca. Dopo che con la dovuta chiarezza gli ebbi spiegato che avrei apposto legalmente i sigilli alla sua banca, se non mi avesse fornito immediatamente le documentazioni dei conti, disse scusandosi che il conto era effettivamente esistito ma che era stato estinto".(8) La risposta della SBG alla visita del giudice istruttore di Ginevra fu un ricorso contro la consegna del materiale richiesto. "Questi documenti li avrete solo quando avrete vinto in tribunale" disse il direttore.(9) Egli sapeva di non avere cattive chances. L'assistenza giuridica o rogatoria intercantonale dovette superare ostacoli grandi quasi quanto quella internazionale. (10) Il primo procuratore del Cantone di Ginevra, Bernard Bertossa, si vide più tardi costretto a protestare: "è inaccettabile che in Ticino un cantone svizzero venga trattato come un paese del terzo mondo, ad esempio le Filippine".(11) In un'intervista alla rivista "L'Espresso" di Roma Bertossa ha confermato con più forza la critica alla letargica giustizia ticinese. (12) La risposta del primo procuratore ticinese Piergiorgio Mordasini fu immediata: "Per quanto concerne la rogatoria intercantonale e internazionale", disse Mordasini, "non abbiamo bisogno di lezioni" (13). Il 23 gennaio 1993 la radio ticinese annunciò che il giudice superiore Michele Rusca, successore di Lepori presso la Camera dei ricorsi, aveva respinto le istanze della SBG a proposito del conto Protezione, ma il rivio di anni il giudice non seppe spiegarlo. (14) L'avvocato Rossi bloccò immediatamente questa sentenza con un'impugnazione presso il tribunale federale. Ma alcuni giorni più tardi, il 7 febbraio 1993, il titolare del conto Silvano Larini si presentò alla polizia italiana. La cosa prese l'avvio. L'amico intimo e, come più tardi si rivelò, tesoriere di Bettino Craxi, era scomparso nel maggio 1992, sottraendosi ad uno dei primissimi ordini d'arresto dell'inchiesta di Mani Pulite. (15) Interrogato dai due procuratori Antonio Di Pietro e Pierluigi Dell'Osso, Larini si rivelò loquace. Il suo cliente sapeva fin troppo bene - disse più tardi un avvocato di Larini alla stampa - che la colpa in un affare del genere era sempre dei fuggiaschi e dei morti. Larini chiarì anche il mistero del Conto Protezione: Un bel giorno del 1980 egli aveva fatto una passeggiata a Milano con i suoi due vecchi compagni, Bettino Craxi (più tardi presidente del consiglio dei ministri) e Claudio Martelli (poi ministro della giustizia). Craxi mi interrogò su conti bancari all'estero. "Io risposi: alla SBG di Lugano, dopo di che Bettino mi chiese il numero del conto che Claudio annotò subito su un foglietto." (16) Questo foglietto -disse ancora Larini- poteva essere lo stesso dell'appunto trovato nella villa di Gelli. Quando del conto Protezione si parlò sui giornali, lui aveva prelevato quasi tutto il denaro in contanti, precisamente 4,7 milioni di dollari. Larini sottolineò che non aveva tenuto una lira per sè ma aveva sempre portato tutto a Craxi - un servizio da amico socialista nel contesto di una militanza politica comune decennale.

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MAZZETTE PER I SOCIALISTI

A poco a poco il mistero si svelò. Il conto Protezione, di cui era titolare Larini, serviva da stazione di transito per tangenti del valore di sette milioni di dollari al partito socialista italiano (PSI), guidato da Bettino Craxi e Claudio Martelli. Chi pagava era Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, la più grande banca privata italiana. Con questo denaro Calvi, vicino alla bancarotta, acquisì un credito di cinquanta milioni di dollari dall'impresa petrolifera di stato ENI. L'operazione fu ordita dal Gran Maestro della P2 Licio Gelli. Il vice dell'ENI, Leonardo Di Donna, era membro della P2. Inoltre l'ex comunista era insieme a Bettino Craxi e a Claudio Martelli un leader del partito socialista (PSI). Contro il pagamento di 7 milioni di dollari i socialisti tollerarono infine che l'ENI, a spese del contribuente fiscale, cedesse al malconcio Banco Ambrosiano 50 milioni di dollari poco prima del fallimento della banca. Fu il capo del settore finanziario dell'ENI, Florio Fiorini, più tardi bancarottiere della Sasea a Ginevra, a eseguire la transazione illegale. Egli non stava con i socialisti né nella P2, sapeva tuttavia di che cosa un tecnocrate senza partito era debitore al suo presidente.(17) Dopo la confessione di Larini la procura milanese aprì un'inchiesta contro Craxi e il ministro della giustizia Martelli. Martelli lasciò l'incarico di ministro e Craxi diede le dimissioni da segretario del partito socialista. Il 10 febbraio 1993 i procuratori italiani interrogarono Fiorini a Ginevra. Egli confermò le dichiarazioni di Larini.(18) Nelle sue memorie, scritte nella prigione di Ginevra Champ Dollon, che vennero pubblicate nel 1993 col titolo ‘Ricordàti da lontano’, Fiorini si occupa anche del Conto Protezione. Inoltre parla di due noti banchieri svizzeri: il presidente della SBG Nikolaus Senn e il direttore della SBG Karl Janjoeri. Secondo Fiorini, i due sarebbero intervenuti presso organi della giustizia svizzera contro la rogatoria italiana. E racconta così la storia: "Un anno dopo il mio licenziamento dall'ENI [1981] mi chiamò Leonardo Di Donna, il mio ex capo: Craxi voleva diventare presidente dei ministri ed era estremamente inquieto per via del Conto Protezione. Il vertice della SBG doveva essere sensibilizzato ad ogni prezzo, disse Di Donna. Il vicedirettore della SBG Romano Bertoli [a Lugano], che gestiva il conto, era tuttavia troppo poco importante, per ottenere qualcosa. Io invece avevo coltivato secondo lui contatti cordiali con i capi della SBG a Zurigo, ad esempio con il direttore generale [Karl] Janjoeri, presidente della holding ENI all'estero Hydrocarbons International (HIH), e con il presidente della SBG [Nikolaus] Senn, predecessore del primo presso la HIH. Di Donna chiese un intervento alla SBG contro la consegna della documentazione del conto all'Italia. E non dimenticare -disse minaccioso- che se la storia viene alla luce, sei nei guai anche tu. Alla fine accettai di parlare col capo supremo della SBG, ma volli prima essere informato con esattezza sul retroscena della faccenda. Alcuni giorni più tardi in uno studio notarile di Lugano (19) Di Donna mi fece conoscere l'architetto Larini che si rivelò un idiota completo. In confronto all'ENI, Larini usava metodi da età della pietra. Si serviva del suo numero di conto personale, senza mettere in mezzo una società. E ancora: I pagamenti avvenivano senza plausibilità economica e privi di qualsiasi legittimazione. Maledizione, se questo Larini avesse per lo meno stipulato in Italia un contratto di consulenza! In questo caso la giustizia svizzera avrebbe dovuto dimostrare che questo contratto era solo fittizio, cosa che è praticamente impossibile. Ma se nonostante tutto ci fosse riuscita, saremmo ricorsi ad una superperizia.[...] Nel corso della mia visita mi riuscì infine di convincere la SBG di non dare pubblicità eccessiva a questa faccenda. Il dossier finì poi nelle mani dei migliori avvocati di Lugano e al tribunale federale di Losanna. Avemmo pure fortuna. Il pubblico ministero ticinese a noi ostile, Bernasconi, diede le dimissioni e fu sostituito dal Lahmsieder Luison. Per leggere le 500 pagine di memorandum che noi depositavamo a scopo di rinvio ogni venerdì presso il pubblico ministero a Lugano, il poveretto aveva bisogno ogni volta di due settimane di tempo; Bernasconi li gettava regolarmente nel cestino della carta senza leggerli. Passarono così gli anni e infine Roma archiviò la richiesta di rogatoria per insufficienza di prove" (20).

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CERTIFICATO PERSIL PER LA SBG

Le denunce di Fiorini nei confronti di Senn e Janioeri fecero straripare all' inizio dell'aprile 1993 lo scandalo nei media svizzeri. L'addetta stampa della SBG Gertrud Ehrismann smentì: "Queste accuse sono prive di ogni fondamento e lesive dell'onore."(21) La SBG avrebbe fatto allora ricorso contro la richiesta italiana di avere visione del Conto Protezione, perché si trattava di una questione politica piuttosto che penale. Alla riunione generale della SBG di fine aprile 1993 allo stadio Hallon di Zurigo un presidente Senn visibilmente agitato rispose alla domanda di un azionista che aveva chiesto cosa significassero le accuse di Fiorini. Egli non contestò di conoscere Fiorini né di avere parlato con lui del Conto Protezione. Respinse invece in maniera categorica l’accusa di essere intervenuto presso le autorità svizzere contro la richiesta di rogatoria. "Se quest’italiano sostiene", disse Senn, "che i miei rapporti con lui siano stati di natura particolarmente cordiale, è affar suo." Sulla base delle accuse di Fiorini si attivò anche la Confederazione confederale delle banche, l'organo di controllo statale per una gestione d'affari irreprensibile da parte delle banche svizzere. Dopo un'inchiesta di due mesi la SBG ricevette il 18 luglio 1993 dalla Commissione confederale delle banche il certificato Persil: il conto collettivo Protezione presso la SBG (Lugano) era stato gestito in modo corretto senza occultare nulla e senza irregolarità. La SBG trasse da parte sua le conseguenze: il sistema di pagamento dei conti collettivi cifrati per "clienti con elevate necessità di discrezione" (22) sarebbe stato cambiato, per ovviare alle interpretazioni errate che c'erano state. Si rinunciava al sistema del numero collettivo comune per una pluralità di singoli clienti, identificati con una parola in codice. Ad ogni singolo cliente che aveva bisogno di un conto per fare incassi o pagamenti senza render noto il suo nome, fu assegnata non solo una parola in codice separata ma anche un numero separato.

DIRIGENTI DELLA SBG IN VESTE DI TESTIMONI

In Svizzera il caso Conto Protezione si considerò chiuso, per la SBG, nell'estate 1993 con il certificato Persil della commissione delle banche. Le cose andarono diversamente in Italia. Nel luglio 1994 il tribunale penale di prima istanza a Milano condannò Silvano Larini, Bettino Craxi, Claudio Martelli, Leonardo di Donna e Licio Gelli, a lunghe pene detentive e ad un risarcimento danni ai liquidatori del Banco Ambrosiano per concorso in bancarotta fraudolenta. Nel corso delle indagini della giustizia milanese erano stati interrogati grazie alla rogatoria anche il presidente della SBG Nikolaus Senn e il direttore generale della SBG Karl Janjöri. I verbali degli interrogatori relativi a queste audizioni rivelano che Fiorini, nel suo libro prima citato, non ha detto tutta la verità. In effetti egli aveva parlato del Conto Protezione alla SBG non solo dopo il suo licenziamento dall'ENI, ma già nel 1981, ancora in qualità di direttore finanziario dell'ente. Come il presidente della SBG Senn ha spiegato al giudice istruttore nel maggio 1994, che Fiorini, a lui noto come direttore finanziario dell'ENI, gli fece visita nel 1981. Egli aveva supposto si trattasse di una faccenda che riguardava l’ente. Ma Fiorini aveva portato la sua attenzione sul Conto Protezione che sarebbe stato una questione molto delicata per motivi politici. "Io assicurai Fiorini", disse Senn, "che in Svizzera un conto in banca era sempre protetto dal segreto bancario, anche se era implicato in delitti punibili secondo il diritto svizzero."(23) Inoltre Senn disse che in seguito egli era stato informato sullo sviluppo dell'affare solo in modo sommario da Karl Janjöri [direttore generale della SBG]. Janjöri da parte sua dichiarò al giudice istruttore che nell'estate 1981 Fiorini aveva affermato al telefono che in Italia erano in corso inchieste per identificare il titolare del conto Protezione," e mi chiese se fosse possibile tener segreta quest'informazione. Io consigliai a Fiorini", così Janjöri, "che l'unica cosa che il titolare o i titolari del conto potevano fare era andare da un avvocato, per poter difendere i loro interessi nell'ambito delle leggi svizzere. (24) Janjöri disse inoltre di aver parlato brevemente con il direttore della SBG (Lugano), Amilcare Berra,(25) che gli aveva confermato che il conto esisteva e che era in corso un'inchiesta. Janjöri continuò: " Più tardi Fiorini comparve di persona da me, in compagnia di Leonardo Di Donna, un altro manager ENI che io

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non conoscevo. Allora, nel 1981/82, non avevo ancora sentito il nome di Larini. In seguito l'ho incontrato una sola volta a Zurigo, in compagnia del direttore della SBG Bertoli. Egli si limitò a porgermi i saluti di Fiorini. Non so più la data esatta della visita, ma deve essere stato un anno dopo l'incontro con Fiorini e Di Donna. Il direttore Romano Bertoli avrebbe sostenuto, di avere parlato ripetutamente con me del conto Protezione, e questo è possibile, sebbene io non me ne ricordi con esattezza. Ma sicuramente non siamo più entrati nei dettagli. Con Bertoli io ho regolari contatti di lavoro. Probabilmente anche con il Dr.Senn ho scambiato alcune parole sul conto Protezione, sicuramente però senza soffermarmi sui particolari, perché la cosa era di competenza della direzione della filiale a Lugano".(26)

ASSISTENZA GIURIDICA RESTRITTIVA

Per dodici anni la SBG e Larini avevano impedito la rogatoria con ricorsi sistematici. Forse un caso estremo ma sicuramente non un caso unico di ostruzione. Al contrario. Complessivamente l'Italia ha fatto dal 1992 al 1995 più di 800 richieste di rogatoria alla Svizzera. Una delle prime fu l'istanza collettiva della procura di Milano del 13 Maggio 1992 presentata per poter esaminare i documenti bancari di 44 conti in totale, sospetti di corruzione. Contro questa richiesta l'associazione ticinese delle banche ha invitato il 19 maggio 1992 i suoi membri ad un ricorso comune.(27) Tre anni più tardi, il 19 maggio 1995, il procuratore milanese Colombo rispose alla domanda se la Svizzera avesse trattato i ricorsi del 13 maggio con sollecitudine: "Molte risposte e documenti non sono ancora pervenuti. Anche delle documentazioni bancarie richieste successivamente è giunta solo una piccola parte." (28) I motivi della lentezza dell'assistenza legale svizzera sono le possibilità di ricorso quasi sconfinate contenute nella legge federale sulla rogatoria internazionale in materia penale. (29) Le persone coinvolte possono non solo impugnare la decisione di principio, ma anche opporsi ripetutamente alla trasmissione di ogni singolo documento finché non si arrivi all'ingiunzione del tribunale federale.(30) In linea di principio la Svizzera, conformemente all'articolo 3 comma 3 della legge sulla rogatoria, non concede alcuna assistenza giuridica nel caso di evasione fiscale, per violazione delle disposizioni valutarie e per contravvenzione alle leggi commerciali. Nonostante questa complessa situazione giuridica non ci sono nè libri di testo né commenti alle leggi, e le sentenze praticamente non vengono mai pubblicate.(31) Nell'estate 1996 mancava ancora una statistica nazionale della rogatoria. L'Ufficio federale di polizia a Berna ha indicato un numero forfettario di richieste di assistenza legale compreso tra 15.000 e 20.000. Nel gennaio 1990 il consiglio federale aveva deciso il riesame della legge per la rogatoria in vigore dal 1983. Solo cinque anni più tardi, nel dicembre 1995, questa revisione della legge è stata infine discussa al consiglio nazionale, la prima Camera. Il Consiglio nazionale approvò una limitazione delle possibilità di ricorso e inserì nella legge la disposizione che l'assistenza legale di regola doveva avvenire entro nove mesi. La rogatoria in caso di evasione fiscale fu respinta con 100 voti contro 62. (32) Nel 1996 l'entrata in vigore della legge si presentava ancora quanto mai lontana.

Note:

1) Conversazione di Colombo con Gian Trepp e Paolo Fusi, il 2 agosto 1994.

2) Il principale ritrovamento durante questo rastrellamento fu l'elenco dei membri della loggia massonica segreta P2, di cui si parla ancora più avanti.

3) "La Repubblica", 26. 1. 93

4) A Roma per il fatto che le indagini per lo scandalo P-2 erano state sottratte ai procuratori progressisti

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Gherardo Colombo e Giuliano Turrone di Milano e trasferite a Roma. La procura romana era considerata allora in Italia "porto delle nebbie", perché indagini contro persone d'alto rango spesso vi si trascinavano fino alla prescrizione.

5) Gli avvocati Tito Tettamanti e Giangiorgio Spiess lavorarono dall'inizio degli anni '60 in uno studio comune. Alla fine degli anni '80 Tettamanti si ritirò, nel 1994 Spiess fuse il suo studio con quello di Gianfranco Cotti.

6) "Corriere della Sera", 27.1.93

7) "Tages-Anzeiger", 17.2. 93

8) "Le Nouveau Quotidien" , 24. 1. 93

9) ivi

10) Da allora numerosi cantoni hanno aderito ad un concordato sulle rogatorie che permette alle autorità responsabili di ognuno di questi di intervenire anche in altri cantoni. Con ciò viene meno la rogatoria intercantonale.

11) "Le Nouveaux Quotidien", 24.1.93

12) "L'Espresso", 26.9.93

13) "La Regione", 23.9.93 (apparsa due giorni dopo l' "Espresso" predatato)

14) "Neue Zürcher Zeitung", 27.1.93

15) Nel marzo 1994 venne denunciata a Milano una serie di ditte e persone per corruzione in relazione all'assegnazione degli appalti per la costruzione della linea 2 della metropolitana milanese. L'accusa imputa a diverse grandi industrie come la ABB, la Siemens e la Ericsson, di avere corrotto alti funzionari statali e funzionari di partito con una somma equivalente circa a 8 milioni di franchi. Tra gli imputati ci sono oltre a Bettino Craxi e a Silvano Larini anche il manager dell’ ABB Werner Huber di Aargau, nel frattempo morto.

16) "Corriere della Sera", 11.2.93

17) Grazie ai 7 milioni di tangenti, che col favore di Gelli riuscì a spremere al malconcio Banco Ambrosiano, Craxi fu in grado di diventare il dittatore del Partito Socialista. Il denaro pervenuto attraverso l'allora tesoriere ufficiale del partito, servì a Craxi ad eliminare l'opposizione di sinistra e a prendere il potere. Vicepresidente del partito divenne Claudio Martelli, fino allora praticamente sconosciuto. Nei dieci anni successivi Craxi e Martelli ebbero un ruolo di primo piano nel fare della corruzione in Italia un sistema di dimensioni nazionali.

18) "Corriere della Sera", 11. 2. 93

19) Avvocato John Rossi dello studio Tettamanti & Spiess

20) Fiorini, Florio: ‘Ricordàti da lontano’, Milano, 1993, p.76 segg.

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21) "Tages-Anzeiger", 7.5.93

22) "Sonntagszeitung", 18.7.93

23) Citazione dal testo della sentenza pubblicata nel libro: ‘UBS Lugano 633369 Protezione’. Milano 1996, p.32 segg.

24) ‘UBS Lugano 633369 Protezione’. Milano 1996, p.35

25) Amilcare Berra fece parte per alcuni anni, dopo il pensionamento, della commissione delle banche.

26) ‘UBS Lugano 633369 Protezione’. Milano 1996,p.37

27) "Tages-Anzeiger", 17.2.93

28) "Tages- Anzeiger", 19.5.95

29) L'affare Marcos, il caso di rogatoria certamente più noto della Svizzera, dimostra in modo esemplare come la legge sulla rogatoria favorisca coloro che presentano il ricorso. Il 24 marzo il Consiglio federale, in base alla costituzione federale, congelò i fondi del clan Marcos in Svizzera, circa 500 milioni di franchi, soprattutto alla Kreditanstalt, alla Volksbank e alla Bankgesellschaft. Gli avvocati del clan Marcos e delle banche organizzarono una vera e propria cascata di ricorsi e si rivolsero più di cinquanta volte al tribunale federale. Con ciò la decisione di principio della consegna di documenti bancari alle Filippine fu procrastinata di cinque anni fino al 1991. In effetti, fino all'estate 1996 il denaro non era stato ancora rimborsato alle Filippine.

30) Nel 1993 il procedimento di rogatoria svizzero era regolato giuridicamente in numerosi trattati internazionali e in due leggi federali. I più importanti trattati internazionali sono la Convenzione europea del 1959 per l'Europa occidentale e il trattato internazionale con gli USA degli anni '70. Esistono inoltre numerosi trattati singoli che risalgono in parte ancora al secolo scorso. Le due leggi sono la legge federale sulla rogatoria internazionale in materia penale e la legge federale per la rogatoria con gli USA. La posizione privilegiata degli USA, in relazione alla rogatoria, si manifestò anche nella centralizzazione della rogatoria USA presso l'Ufficio federale di polizia a Berna, per tutti gli altri stati sono competenti i cantoni.

31) Secondo la lista di controllo dell' Ufficio federale di polizia (1994) una richiesta di rogatoria doveva comprendere quattro punti: 1. il fondamento giuridico della richiesta d'aiuto; 2. la persona di cui si tratta; 3. l'autorità che richiede la rogatoria; 4. una breve definizione del fatto. La rogatoria può includere l'estradizione di persone, l'appoggio ad un procedimento penale all'estero, l'azione penale sostitutiva o l'esecuzione di decisioni amministrative infliggenti una pena.

32) "Neue Zürcher Zeitung", 21.12.95

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7 ENI - LA MADRE DELLA CORRUZIONE ITALIANA

L'ENI, Ente Nazionale Idrocarburi, era nel 1993 l'ottavo complesso industriale per l'energia al mondo. Aveva un capitale di 7,1 miliardi di dollari, un volume d'affari di 44,2 miliardi di dollari, e 132.000 dipendenti.(1) La multinazionale, attiva in campo energetico a livello mondiale, era suddivisa in dodici società settoriali, le più importanti delle quali erano l'Agip (prospezione del petrolio e raffinerie), Agip Petroli (distributori di benzina), Snam (gas naturale), Enichem (petrochimica), Saipem (trivellazioni profonde, costruzione di oleodotti), Snamprogetti (costruzione di impianti per petrochimica e gas naturale) e Enirisorse (materie prime).(2) L'attività quotidiana dell'ENI era diretta da un "Giunta esecutiva", composta da cinque persone, che risiedeva nel grattacielo ENI in Piazza Enrico Mattei alla periferia di Roma. Presidente e vicepresidente di questa giunta erano anche a capo di un Consiglio di amministrazione di cui facevano parte rappresentanti dei più diversi ministeri. All'inizio del 1993 era presidente il socialista Gabriele Cagliari, il suo vice si chiamava Alberto Grotti.

VENTI MILIONI DISPERSI A ZURIGO

Nella primavera del 1990 una società milanese di nome Piico denunciò la Saipem, collegata all' ENI, per appropriazione indebita.(3) Le inchieste triennali del procuratore Gherardo Colombo diedero come risultato che questo denaro era scomparso, senza lasciar traccia, alla Saipem AG di Zurigo. Il 13 febbraio 1993 il procuratore Colombo fece arrestare il delegato del Consiglio di amministrazione della Saipem, Paolo Ciaccia, per sospetto di appropriazione indebita. Una settimana prima Silvano Larini, titolare del Conto protezione e manager personale in fatto di tangenti del segretario del partito socialista Craxi, dopo una fuga di alcuni mesi si era costituito alla polizia italiana. Larini, che faceva parte anche del Consiglio di amministrazione della Snamprogetti, collegata all'ENI, fu molto loquace. Ai procuratori di Mani Pulite, Gherardo Colombo e Antonio Di Pietro, era stato chiaro, già dopo il primo interrogatorio, che avevano smascherato la corruzione dell'ENI. Larini e Ciaccia fecero a gara a chi faceva più confessioni. Ciaccia raccontò ai procuratori anche di un misterioso tesoriere di fondi neri ENI di nome Pierfrancesco Pacini Battaglia e della sua Banque Karfinco a Ginevra. Disse di aver visto come Vincenzo Balzamo, il cassiere del Partito socialista, nell' ufficio romano di Battaglia aveva ritirato mazzette in contanti.(4) Il 17 febbraio e ancora il primo marzo 1993, il procuratore Colombo emise un mandato d'arresto contro Pacini Battaglia per sospetto di concorso in truffa e appropriazione indebita. Il 10 marzo 1993 Battaglia si presentò infine all'interrogatorio. Dopo una prima audizione fu rilasciato con la promessa di tenersi ulteriormente a disposizione. Il collega di Colombo, il procuratore Di Pietro, interrogò ancora tre volte Pacini Battaglia nel marzo 1993. Il tesoriere dei fondi neri e la sua Banque Karfinco a Ginevra sono qui oggetto di un capitolo a parte. Per completare le rivelazioni, in quei giorni storici del febbraio 1993, i procuratori milanesi erano andati anche a Ginevra. Lì era in prigione Florio Fiorini che parlò con franchezza dei tempi in cui era stato direttore finanziario dell'ENI, fino al 1982. Tra il 1972 e il 1982 egli avrebbe trasferito ai partiti italiani di governo a Roma, mese per mese, secondo un codice prestabilito, qualche centinaio di migliaia di dollari.(5)

IN PRIGIONE!

Poi gli eventi precipitarono. L'8 marzo fu arrestato il presidente dell'ENI Gabriele Cagliari. Contro di lui alla Procura di Roma era già in corso un procedimento per possibile coinvolgimento nel caso delle tangenti Enimont, chiamato dai media italiani "la madre di tutte le tangenti". Qui se ne parla a parte più avanti. Due giorni dopo il loro capo Cagliari anche il presidente della Saipem Gianni Dell'Orto, il presidente della Snam Pio Pigorini e il presidente dell'Agip Raffaele Santoro, finirono nel più che centenario carcere milanese di San Vittore. Dovettero andare in prigione anche il presidente della Saipem Italia, Carlo Fiore, e il presidente della Snamprogetti Mario Merlo. Dalla Guardia di Finanza

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vennero perquisite le sedi delle ditte Saipem, Snam e Snamprogetti, situate a San Donato presso Milano. Più di mille dipendenti furono costretti a rimanere per parecchie ore fuori del loro posto di lavoro. Alla fine di marzo il ministro socialista delle finanze Franco Reviglio dovette dare le dimissioni. Era stato il predecessore di Gabriele Cagliari come presidente dell'ENI. Anche Reviglio fu coinvolto nello scandalo perché si supponeva implicato nel pagamento di tangenti della Saipem in Nigeria e in Irak. Negli ingranaggi di Mani Pulite finirono tutta una serie di direttori ed ex direttori. Tra di loro anche Renato Marnetto che confessò di aver pagato all'inizio degli anni '70 venti milioni di dollari al numero due della Libia, il colonnello Jalloud, per impedire la statalizzazione di Agip Lybia. (6) All'inizio di aprile erano in prigione complessivamente undici top manager dell'ENI e delle loro società settoriali; venivano loro imputati falso in bilancio, pagamenti di tangenti e infrazioni alla legge di finanziamento dei partiti. Il quadro che i procuratori misero infine insieme, in base alle deposizioni di questi, rivelò una corruzione di proporzioni gigantesche e non meno la predisposizione strutturale delle aziende di stato alla piaga delle tangenti e ai fondi neri.

VOCE DI BILANCIO "MAZZETTE"

Nell'estate 1993 il presidente ad interim dell'ENI, Franco Bernabè, passò all'offensiva. Ad eccezione di Gabriele Cagliari che si era suicidato in carcere i dirigenti dell' ENI furono liberati. Furono sostituiti insieme ai loro clan da un nuovo management. Alle riunioni generali delle società collegate Saipem e Nuovo Pignone vennero presentati per la prima volta in Italia bilanci con la voce: conto "tangenti".(7) In base a questo, Nuovo Pignone, la società per costruzioni meccaniche collegata all'ENI, nell'anno finanziario 1989/90 aveva pagato tangenti per circa quattro miliardi di lire a partiti politici, secondo il cambio d'allora 4, 5 milioni di franchi. Inoltre, dal 1987 al 1990 aveva fatto pervenire ad altre società settoriali dell'ENI tangenti per 21 miliardi di lire. La Saipem, da parte sua, espose dettagliatamente nella relazione d'accompagnamemto al bilancio 1992 di avere versato all'estero "commissioni e provvigioni di intermediazione" per 128,58 milioni di dollari. Di questo denaro presumibilmente 21,6 milioni di dollari sarebbero rifluiti a partiti italiani. Il presidente uscente della Saipem Gianni Dell'Orto spiegò di essere stato praticamente costretto a pagare tangenti perché senza di esse la Saipem non avrebbe ricevuto ordini né dallo stato né dall'economia privata. Destinatario delle tangenti sarebbe stato in gran parte Pierfrancesco Pacini Battaglia e la sua Banque Karfinco a Ginevra. Inoltre la società collegata svizzera Saipem AG (Zurigo) avrebbe sborsato 50,83 milioni di dollari di "commissioni e provvigioni d'intermediazione". Il presidente dell' ENI Franco Bernabè mezz'anno più tardi fece ammontare la cifra complessiva delle tangenti, che Saipem, Nuovo Pignone e Snamprogetti avevano pagato dal 1985 al 1992, a 500 miliardi di lire, secondo il cambio d'allora più di 500 milioni di franchi.(8) Anche Bernabè sottolineò il ruolo avuto in ciò da Pacini Battaglia a Ginevra che aveva amministrato e trasferito la gran parte di questo denaro. Le dichiarazioni dei massimi dirigenti dell'ENI, per non parlare delle confessioni dei loro galoppini (Fiorini, Ciaccia e Pacini Battaglia), non lasciano il minimo dubbio che l'ENI avesse in Svizzera, accanto alle società legali collegate, una struttura segreta illegale. Senza i buoni servizi della piazza finanziaria Svizzera, il sistema di tangenti ENI non avrebbe potuto funzionare. Ma prima di esaminare in maniera approfondita questa struttura segreta si deve considerare brevemente la storia dell'ENI.

LA STORIA DI UN'AZIENDA DI STATO

L'ENI era una creazione di Enrico Mattei. Nel 1945, subito dopo la fine della guerra, Mattei, un capo partigiano antifascista del gruppo cristiano, aveva ricevuto dal governo provvisorio postbellico l'incarico di liquidare le holding di stato fasciste Agip (benzina) e Snam (gas). Ma dopo che grandi ritrovamenti di metano in Lombardia e, tre anni più tardi, in Emilia avevano procurato alla Snam una propria base di approvigionamento di gas naturale, Mattei non voleva più saperne di una liquidazione.

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Voleva invece assicurare al suo gruppo Agip/Snam il diritto esclusivo allo sfruttamento e alla commercializzazione di questi giacimenti di gas. Per rendere appetibile ai politici un simile monopolio, Mattei, divenuto nel frattempo parlamentare democristiano, riesumò le idee autarchiche e corporativistiche di Mussolini.(9) Nell'agosto 1949 il congresso nazionale DC approvò la sua proposta di un'agenzia statale per l'energia al fine di assicurare l'indipendenza dell'Italia nel settore dei combustibili fossili. Tra gli avversari di Mattei interni al partito, c'era anche il padre fondatore della DC Don Luigi Sturzo, un prete siciliano. Il carismatico antifascista cattolico era considerato allora l'autorità morale della politica italiana. (10) "Non si può essere contemporaneamente controllore politico e manager responsabile di un gruppo industriale statale, vale a dire di denari pubblici", scrisse Don Sturzo nel 1949 sul settimanale cattolico "Via". (11) Con ciò il sacerdote cattolico aveva previsto quasi profeticamente la futura corruzione dell'ENI. Sebbene nel 1952 Don Sturzo si scagliasse in senato contro un'agenzia statale per l'energia e i conflitti d'interesse di Mattei in quanto politico e manager, l'ENI fu infine fondata ufficialmente nel febbraio 1953.

L'ENI SI ESPANDE

Conformemente alle sue idee autarchiche Mattei voleva rendere indipendente la crescente sete di petrolio greggio delle raffinerie Agip dalle sette società petrolifere anglosassoni che dominavano i mercati, le cosiddette "sette sorelle". (12) Egli stipulò contratti diretti di fornitura con i paesi produttori. Non solo nel vicino oriente ma - nel pieno della guerra fredda - anche con l'Unione Sovietica e la Cina. Dall'Iran nazionaldemocratico, sotto il primo ministro Mossadeq, Mattei comprò all'inizio degli anni '50, nonostante il boicottaggio USA, grandi quantità di petrolio greggio. Dopo che Mossadeq era stato fatto cadere dai servizi segreti CIA, Mattei cominciò ben presto a far affari anche con lo scià.Per la prima volta un acquirente straniero lasciò al produttore di petrolio il 75% del guadagno. Il sistema corrente di ripartizione delle sette sorelle era allora fifty-fifty. Mattei trattava anche con il presidente dell' Egitto Nasser, con re Idris el Senussi di Libia e con il Fronte di liberazione algerino FLN già prima che andasse al potere. Nel frattempo il peso economico dell'ENI in Italia continuava a crescere. Il logo Agip con il cane a sei zampe che sputa fuoco divenne simbolo di sviluppo economico in tutto il paese. Mattei fondò società per la prospezione di gasolio e la costruzione di oleodotti, per la produzione e la vendita di gas, per la costruzione di turbine a gas e anche innumerevoli ditte minori. Sul mercato italiano della benzina la concorrenza straniera fu emarginata. L'Agip e l'IP-Petroli (Ex-BP), da questa controllata, e Monte-Shell, la Joint-venture tra Montedison e Shell, dominavano all' inizio degli anni '90 più della metà del mercato della benzina , dopo che controlli dei prezzi, crisi valutarie e scandali avevano scacciato dal mercato italiano Shell e BP negli anni '70 e Gulf, Texaco, Chevron, Elf, Total, Amoco e Mobil negli anni '80. Ma l'ascesa dell' ENI è lastricata di tangenti. Di più, il giornalista conservatore di destra Indro Montanelli ha definito Mattei il vero e proprio padre fondatore del sistema italiano delle tangenti chiamato più tardi "Tangentopoli". Mattei stesso avrebbe detto una volta: "I partiti politici io li uso come se fossero un taxi, una volta arrivato alla meta, scendo." Di lui si dice anche che nel 1955 abbia contribuito con tangenti in maniera decisiva all'elezione di Giovanni Gronchi a presidente della repubblica. Il suo modo abituale di gestire il finanziamento in nero dei partiti è stato descritto ai procuratori milanesi nell'estate 1993 da Eugenio Cefis, suo successore come presidente dell'ENI: "Pagava i partiti solo alla terza richiesta e dava al massimo dal 25 al 30% della cifra pretesa".(13)

DELITTO O INCIDENTE ?

Il 27 ottobre 1962 Enrico Mattei morì, precipitando con il suo aereo privato in arrivo all' aereoporto milanese di Linate. Sulla sua morte non si è ancora finito in Italia di discutere. Ufficialmente la caduta

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fu causata da forti raffiche di vento durante un temporale all'atterraggio. Un'altra tesi sosteneva che il servizio segreto CIA aveva sabotato l'aereo con l'aiuto della mafia siciliana per togliere di mezzo il fastidioso concorrente delle multinazionali petrolifere anglosassoni e insieme il petroliere politicamente non corretto. Nell'estate 1993 fecero nuovamente il giro della stampa italiana notizie che rafforzavano la tesi dell'attentato. Le informazioni erano divenute di dominio pubblico nel corso di un'inchiesta contro il corrotto servizio segreto militare italiano SISMI. Il pilota dell'aereo di Mattei sarebbe stato chiamato al telefono nella torre di controllo dell'aereoporto di Catania poco prima del decollo. Quando andò all'apparecchio, non gli rispose nessuno. Mentre il pilota si trovava nella torre di controllo, tre uomini avrebbero simulato di ispezionare l'aereo. Al Carabiniere che faceva la guardia all'aeroplano, uno disse: "Sono il capitano Grillo, dobbiamo fare un controllo." Né il pilota Irneri né Mattei ne erano stati informati. (14) Anche l'ex mafioso pentito Tommaso Buscetta ha dichiarato che la mafia siciliana aveva sabotato l'aereo di Mattei per ordine della mafia degli USA.(15) Oltre alla CIA, Mattei aveva molti nemici in Italia e all'estero che attentavano alla sua vita: ad esempio l'organizzazione francese terrorista di destra dei Francesi d'Algeria ( OAS). Questa odiava Mattei perché conduceva trattative con i ribelli algerini per forniture di petrolio. Che si sia trattato di una disgrazia o di un assassinio, la morte di Mattei non ha fermato l'ulteriore ascesa dell'ENI.

I SOCIALISTI SI PRENDONO L'ENI

Aldo Moro nel 1963 portò i socialisti al governo e furono quindi assegnati loro anche posti quadro nel settore statale. Nel putsch interno di Bettino Craxi contro l'ala sinistra del PSI, nel 1976, i due transfughi della sinistra PSI Giorgio Mazzanti e Leonardo Di Donna vennero gratificati con un alto incarico all'ENI: Mazzanti diventò presidente, Di Donna vicepresidente. I due erano anche membri della loggia massonica P2 di Licio Gelli. (16) Mazzanti dovette dimettersi già nel 1979 dopo un breve periodo di servizio: era ormai di dominio pubblico che la società Petronim, collegata all'ENI, aveva pagato una tangente di 100 miliardi di lire per un contratto di fornitura di più di dieci milioni di tonnellate di petrolio greggio proveniente dall'Arabia Saudita. Con la forte crescita dell'ENI aumentò anche il suo bisogno di divise. Gli acquisti di petrolio greggio dovevano pagarsi in dollari, mentre le entrate legate alla vendita di benzina risultavano soprattutto in lire. Alcune società collegate, concorrenziali a livello internazionale, come ad esempio la Saipem, che aveva successo con la costruzione di oleodotti subacquei, producevano non trascurabili redditi in dollari, ma questi non bastavano a pagare le importazioni miliardarie di petrolio greggio. La gran parte dei dollari necessari l'ENI dovette procurarseli vendendo lire all'estero. Gli affari con l'estero erano concentrati nel Palazzo di vetro in Piazzale Mattei a Roma. Qui il direttore finanziario dell'ENI elaborava i piani finanziari internazionali, gestiva l'acquisto di divise e coordinava la collaborazione con le banche nazionali e internazionali delle società consociate.

IL RUOLO DI EUGENIO CEFIS

Architetto dell'ascesa fu negli anni '60 Eugenio Cefis che durante la guerra aveva combattuto, come Mattei, con i partigiani cristiano-democratici. Cefis aveva compiuto gli studi all'Accademia militare fascista di Modena e nell' autunno 1944 fu sottotenente nella Repubblica partigiana di breve vita in Val d'Ossola. Qui egli fece conoscenza con l'agente dei servizi segreti inglesi John McCaffery, più tardi socio della Hambros Bank di Londra, che faceva affari con Sindona, il banchiere della mafia. (17) Il 18 ottobre 1944 presso Bagni di Craveggia a Centovalli, Cefis cercò rifugio in Svizzera insieme con 256 uomini e donne (18). Dopo aver atteso la fine della guerra nel sicuro esilio svizzero, cosa che più tardi gli tirò addosso critiche, Cefis tornò a Milano. Negli anni '50 diventò il braccio destro di Mattei. Al culmine delle dispute dell'ENI con le multinazionali petrolifere americane, nel 1961, Cefis disertò. Dopo la morte di Mattei un anno più tardi il governo lo nominò di nuovo vicepresidente dell'ENI e nel

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1967, infine, presidente. Nel 1971 egli lasciò definitivamente l'ENI e diventò presidente della holding chimica milanese Montedison. Ora era uno degli uomini più potenti uomini d'Italia, capo del secondo maggior gruppo industriale italiano dopo l'ENI. Grazie al suo passato nell'ente idrocarburi poteva contare su un filo diretto con l'economia pubblica che gli forniva capitale a buon prezzo per la sua espansione. Cefis voleva infrangere i vincoli nazionali e trasformare la società per azioni Montedison in un'impresa chimica globale a gestione privata. Inoltre egli cercò anche di manipolare la stampa in grande stile. Mentre in pubblico negava ogni interesse per il controllo di giornali, nel 1974 comprò partecipazioni alla "Gazzetta del Popolo" di Torino, al "Messaggero" di Roma e al "Corriere della Sera" di Milano. Con un impiego mirato della pubblicità per inserzioni, la Montedison cercava di condizionare anche l'informazione di alcuni altri giornali, ad esempio del "Borghese" di Giorgio Pisanò, settimanale romano, cattolico di destra e di "Paese Sera" di Giorgio Terenzi, giornale romano comunista. Terenzi incassava anche le tangenti che l'ENI doveva pagare ai comunisti italiani quando si concludevano contratti con l'Unione Sovietica. Con il "Corriere della Sera" Cefis aveva addirittura stipulato un contratto che assicurava quote per la pubblicità di per lo meno 2,5 miliardi di lire in cambio della “completa e realisticamente obiettiva" considerazione degli interessi del gruppo Montedison nella parte redazionale del giornale. (19) Questi ambiziosi piani espansionistici fallirono infine con la recessione economica mondiale iniziatasi nel 1974. "Il distruttore dell' industria chimica [italiana]" (20) andò in esilio a Zurigo nel 1976.(21)

SALUTI E BACI DA MOSCA

Nella primavera 1993 Cefis fu interrogato in maniera approfondita dal pubblico ministero Dall'Osso sul conto Protezione. Cefis parlò dell'acquisto del quotidiano "Il Messaggero" e del tentato acquisto del "Corriere della Sera" da parte della Montedison, ma soprattutto delle tangenti che l'ENI per desiderio del Cremlino aveva pagato al partito comunista italiano. (22) La rivista "L'Espresso" pubblicò più tardi il protocollo delle sue dichiarazioni su una supertangente di 12 milioni di dollari, da lui pagata nel dicembre 1969. "Coordinai l'azione con il direttore generale dell'ENI Angelo Fornaca", disse Cefis. "Dall'altra parte avevamo a che fare con l'ambasciatore russo a Roma Rijov e Amerigo Terenzi, direttore della stampa comunista italiana. Per forniture di gas del valore di un miliardo di dollari, la Snam avrebbe dovuto pagare al PCI dodici milioni di dollari. Agostino Diana della holding straniera dell'ENI a Zurigo Hydrocarbons International, eseguì la transazione. Terenzi ci indicò un conto cifrato di una banca svizzera il cui nome mi è sfuggito. Il conto apparteneva ad un istituto del Liechtenstein di nome Rodetta, chi ci fosse dietro non lo sapevo. (23) Stupisce che quella vecchia volpe di Cefis dopo 25 anni sia in grado di ricordarsi di tutti i dettagli tranne che del nome della banca svizzera che allora serviva da stazione di transito.

SOCIETA' LEGALI DELL'ENI IN SVIZZERA

Per operazioni in valuta e altre operazioni finanziarie, l' ENI creò nel corso degli anni una rete gigantesca: circa 200 società straniere che giuridicamente erano riunite sotto il tetto dell'ENI International Holding (Amsterdam). Questa aveva un' importante centrale operativa nella Bahnhofstrasse a Zurigo: la Hydrocarbons International Holding (HIH). Fondata nel marzo 1963, la HIH era la prima società finanziaria dell'ENI in Svizzera. Un anno dopo la morte di Enrico Mattei, Eugenio Cefis e il suo braccio destro Raffaele Girotti passarono all' estero. Le formalità di fondazione a Zurigo le sbrigò il bibliofilo zurighese Albert Ronc, che più tardi doveva fondare in Svizzera altre società ENI. (24) Nel primo consiglio di amministrazione della HIH c'erano accanto a Cefis, Girotti e Ronc anche Hermann Budich, direttore generale della Schweizerische Bankgesellschaft (SBG), inoltre il direttore della SBG Richard Schait e l'avvocato di Zurigo Werner L. Scherrer.(25) La SBG sottolineò l'importanza di questo mandato, facendosi rappresentare da un direttore generale. A Hermann Budich

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seguì Nikolaus Senn e infine Karl Janjöri. (26) La centrale dell'ENI a Roma delegava di volta in volta da due a tre quadri direttivi al consiglio d'amministrazione di Zurigo, uno dei quali ricopriva l'incarico di vicepresidente. Così Florio Fiorini fu dal 22 agosto 1977 fino all'ottobre 1982 vicepresidente della HIH. Tra il 1981 e il 1987 anche l'avvocato Ettore Tenchio (ex presidente della Banca della Svizzera Italiana) era membro del consiglio di amministrazione della HIH. La HIH di Zurigo aveva dal punto di vista legale tre società collegate, precisamente la International Bank dell'ENI, la HIH Luxemburg e la Finas Versicherung, l' assicurazione Finas. Le attività di queste tre società non erano tuttavia controllate a Zurigo. L'ENI International Bank con sede legale a Nassau, Bahamas, aveva gli uffici a Montecarlo e nel 1991 vantava un capitale di 160 milioni di dollari e un importo di bilancio di 4,2 miliardi di dollari. (27) Era una tipica banca offshore, dunque un istituto le cui attività sono completamente sottratte all'attività di sorveglianza del paese (economico) d'origine. (28) Anche la Finas Assicurazioni era una struttura analoga. Aveva il reparto contabilità a Montecarlo, ma veniva di fatto gestita dalla Saipem a San Donato Milanese. (29) Accanto all'HIH c'erano in Svizzera all'inizio degli anni '90, una buona dozzina di altre società ENI con un capitale complessivamente di più di un miliardo di franchi. Si dividevano in tre gruppi: holding finanziarie, società di distribuzione e società per la gestione delle attività internazionali delle affiliate ENI. Le più importanti erano il gruppo Saipem a Zurigo (Saipem AG Zurigo e Saipem International), il gruppo Snamprogetti a Ginevra (Snamprogetti e Snamprogetti International) e la Snam International Holding a Ginevra. La Saipem era stata fondata un anno dopo la HIH dal collaudato duo Ronc e Scherrer. Scherrer entrò nel consiglio di amministrazione, mentre Ronc aveva funzioni di controllo. Come banca di riferimento della Saipem fu scelta la SBG. Il consiglio d'amministrazione della Saipem era strutturato come quello dell'HIH e precisamente era composto di manager dell'ENI, rappresentanti della SBG e governatori dell'ENI svizzera. Basti qui ricordare brevemente i nomi più importanti: Giancarlo Cappello entrò nel comitato nel novembre 1973 e un anno più tardi la sua Curator Revision fu scelta come ufficio di controllo legale. Di una revisione contabile indipendente non si poteva qui parlare. Nel luglio 1980 fece la sua comparsa nel consiglio d'amministrazione il direttore della SBG Karl Janjoeri e nel maggio 1988 il marito della consigliera federale Hans W. Kopp fu eletto presidente. Per lungo tempo Kopp, condannato dal tribunale federale nel caso Trans KB per frode e falsificazione di documenti, non ebbe molto da rallegrarsi del suo incarico presso la corrotta holding di stato italiana. Dopo le dimissioni di sua moglie egli fu sostituito, il 19 dicembre 1988, dall'avvocato di Chur e allora consigliere delle corporazioni di Buend, Luregn Mathias Cavelty. Nel 1993 la Saipem AG (Zurigo) aveva un capitale di 130 milioni di franchi. Presidente era Cavelty, delegato del consiglio di amministrazione era Nicola Grillo mandato a Zurigo dalla centrale di Milano. Si aggiunsero poi il presidente della Saipem Gianni Dell'Orto, il topmanager dell'HIH Agostino Diana e il manager romano dell'ENI Cesare Pessina ed inoltre gli svizzeri: Karl Janjoeri, Giancarlo Cappello, Adriano Cavadini, Albert Ronc e Alois Ehrler, un manager del gruppo Curator di Cappello. Già nel dicembre 1985 la Saipem AG di Zurigo aveva creato una succursale, la Saipem International. In questa società furono parcheggiate le azioni di diverse filiali internazionali, come l'Iran Saipem (Teheran), la Saipem Argentinia (Buenos Aires), la Saipem UK (Londra), la Saipem Nigeria (Lagos) e la Saipem Saudi Arabia (Riad). Nel 1992 la Saipem International aveva un capitale di 224 milioni di franchi. Presidente era il presidente zurighese della Saipem Gianni dell'Orto, del consiglio d'amministrazione facevano parte Karl Janjöri, Albert Ronc, Giancarlo Cappello, Luregn Mathias Cavelty, Alois Ehrler, Cesare Pessina, il manager della Saipem milanese Fortunato Lo Presti e Giorgio della Flora della centrale della Saipem nel sobborgo milanese di San Donato detto "Metanopoli". La Snamprogetti SA (Ginevra) fu fondata nel 1964 e aveva un capitale di 10 milioni di franchi, la Snamprogetti International SA ne aveva uno di 63,8 milioni di franchi. Presidente della prima Snamprogetti fu Francesco Chiariello, uomo di punta della casa madre milanese. Delegati del consiglio di amministrazione erano i due italiani Romulo Chiari e Borromeo Peschiera. Nel consiglio di amministrazione erano presenti, oltre ai già noti Karl Janjöri e Albert Ronc, anche il direttore generale del Bankverein Ulrich Leber, il capo del settore finanziario dell'ENI Enrico Ferranti di Roma, il

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manager della Snamprogetti Rinaldo Pollak di Milano e il ticinese Franco Noel Croce (presidente della Banque Karfinco di Ginevra). Presidente della Snamprogetti International era l'italiano Mario Merlo, mentre Francesco Chiariello aveva funzione di delegato. Del consiglio di amministrazione facevano parte oltre ai già citati Karl Janjöri, Ulrich Leber e Franco Noel Croce anche gli italiani Giorgio Della Flora, Rinaldo Pollak e Patrick Piergili della Snamprogetti di Milano, e ancora lo svizzero François Goeldlin. Nel gennaio 1986 l'Agip aprì per la prima volta una filiale in Svizzera, l'Agip International Holding con sede nella Bahnhofstrasse 18 presso la HIH. Ma questa società disponeva unicamente di un piccolo capitale di 1,1 milioni di franchi. Presidente del consiglio di amministrazione e delegato era l'italiano Salvatore Portaluri, nel consiglio d'amministrazione erano presenti Giancarlo Cappello e Alois Ehrler. La Snam International Holding fondata nel dicembre 1990 con sede parimenti presso l'HIH, era una semplice società di partecipazione e aveva un capitale di 129,5 milioni di franchi. Come unico consigliere d'amministrazione firmava Giancarlo Cappello. Anche il settore chimico dell'ENI Enichem aveva numerose società finanziarie e di distribuzione svizzere, precisamente a Lugano-Viganello (quattro) e a Zug (tre). Presidente delle due società più importanti, l'Enichem Finance SA (Lugano-Viganello) con un capitale di 66,1 milioni di franchi e l'Enichem Overseas AG con un capitale di 6,5 milioni di franchi, era il presidente dell'Enichem Ferdinando Belli di Roma. Nel consiglio d'amministrazione di Zug c'erano accanto ai manager italiani anche gli avvocati locali Iso Lenzlinger (30) e Urs Schwyter, mentre a Viganello, oltre ai già citati Giancarlo Cappello e Adriano Cavadini, era presente anche il famoso avvocato di Lugano Carlo Sganzini. Le restanti cinque società Enichem svizzere collegate erano la società per le vendite Enichem Distribution e Enichem Supply e le società finanziarie Enichem Servizi a Viganello. A queste si aggiungevano la Enichem Suisse e la Enichem Schweiz a Zug.

IL PRESIDENTE DELLA SAIPEM, CAVELTY, IN GRANDE DIFFICOLTA'

Alcuni importanti esponenti italiani delle filiali svizzere dell'ENI finirono nella primavera 1993 in carcerazione preventiva: ad esempio, il capo della Snamprogetti Francesco Chiariello, il presidente del settore finanziario ENI Enrico Ferranti e il capo della Saipem Gianni dell'Orto. A differenza di questi sfortunati i loro colleghi svizzeri in consiglio d'amministrazione non ebbero alcun problema né con i media e né con la giustizia. (31) Con un' eccezione: il consigliere di stato Cavelty cominciò a vacillare. Cavelty era diventato presidente della Saipem Ag (Zurigo) nel 1988 succedendo ad Hans W. Kopp. Dopo che la "WochenZeitung" (WoZ) ebbe informato sugli scandali delle tangenti in Italia, sull'arresto del delegato zurighese della Saipem Nicola Grillo e l'implicazione della Saipem di Zurigo nelle inchieste di Mani Pulite, Cavelty smentì il 27 maggio 1993 sulla "Buendner Zeitung" ogni coinvolgimento in affari di tangenti. Tre settimane più tardi dovette ritirare la smentita e confermare i pagamenti di mazzette: il presidente della Saipem Gianni Dell'Orto in persona aveva parlato all'assemblea generale di Roma di una cifra di 50 milioni di dollari, pagata via Zurigo come tangente a scopo di corruzione. Cavelty sottolineò che i pagamenti fatti da Zurigo erano stati eseguiti per ordine della Saipem di Milano. Le motivazioni sarebbero state sempre credibili e corrette. Che cosa con quei soldi fosse infine successo in Italia sarebbe stato fuori della portata e dall’ambito di influenza della società affiliata di Zurigo. " Da parte della Saipem non è stato fatto nulla di scorretto. Non abbiamo né conti in nero né entrate o uscite di denaro non registrate." (32) Nel 1995 Cavelty diede le dimissioni da presidente della Saipem S.p.A. (Zurigo), ma restò tuttavia consigliere d'amministrazione delle società collegate all'ENI Oleodotto del Reno, Enichem e Snam International. La Oleodotto del Reno gestisce l'oleodotto che da Genova, attraverso il passo dello Spluga, arriva al lago di Costanza e poi a Ingolstadt. L'oleodotto è considerato dai politici verdi nella Svizzera dell'est, nel Voralberg e in Baviera un grande rischio ambientale. Già all'inizio degli anni '60 Cavelty aveva lavorato per l'Oleodotto del Reno. Allora molti comuni si sentirono ingannati perché Cavelty e il suo capo d'allora, Ettore Tenchio,

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non avevano pagato nulla per i diritti di attraversamento, mentre questo era un fatto abituale in altri paesi.

SPECULAZIONI DELLA "BANDA DEI SETTE"

Un caso particolare tra le consociate ENI in Svizzera era rappresentato dalla Banque de Commerce et de Placement (BCP) a Ginevra, con filiali a Zurigo, Lugano e Lussemburgo. L'ENI ebbe presso di essa, dal 1968 al 1976, la maggioranza delle azioni. La BCP era stata fondata alla fine degli anni '50 a Basilea come banca commerciale e banca di investimenti e, più tardi, aveva francesizzato il nome. Fu poi rilevata dalla Bankgesellschaft e nel 1963 trasferì la sede a Ginevra. Il presidente fu, per lunghi anni, il direttore generale della SBG, Hermann Budich, che faceva parte anche del consiglio di amministrazione della HIH. Nel luglio 1968 la Bankgesellschaft vendette la maggioranza delle azioni dell'istituto all' ENI e al Banco di Napoli e ne tenne solo una minoranza. Budich restò presidente e l'uomo dell'ENI Agostino Diana (33) entrò nel consiglio di amministrazione. Alcuni mesi dopo lo seguirono l'avvocato dell'ente italiano di Zurigo Werner L. Scherrer, l'avvocato di Chur Ettore Tenchio e Giorgio Corsi di Roma. Nel 1971 entrò in consiglio di amministrazione il direttore finanziario dell'ENI Renato Marnetto, un anno dopo lo seguì il suo braccio destro Florio Fiorini. Nel libro ‘Ricordati da lontano’ Fiorini ha spiegato come la BCP sia stata usata dall'ENI per una speculazione in grande stile sui cambi: "Come diceva il mio conterraneo toscano Machiavelli: Il fine giustifica i mezzi. Abbiamo portato avanti il finanziamento dei partiti, cominciato con Cefis [presidente dell'ENI dal 1963 al 1970], per dieci anni. E precisamente senza impoverire il bilancio ENI, vale a dire senza usare denaro pubblico. Avevamo un sistema molto semplice che funzionava a spese delle banche centrali. L'ENI era ed è una grande potenza sul mercato valutario. Compra circa il 25 % di tutti i dollari in Italia, perché deve pagare circa il 50 % del conto energetico nazionale. In base a questa grande forza di mercato e a informazioni privilegiate, provenienti dagli ambienti degli sceicchi del petrolio e delle banche centrali, facevamo grandi guadagni da speculazione che usavamo in maggior parte per il finanziamento dei partiti. Era un sistema efficiente e anche eticamente pulito." (34) Secondo Fiorini, il mercato valutario dal 1970 al 1980 era stato una partita a poker con carte segnate, in cui i membri di un certo club potevano solo vincere. "Ai miei tempi c'ero io dell'ENI, e inoltre Sexauer della Deutsche Bank, Semadeni della Schweizerische Bankgesellschaft, Voroschilov della Vneschtorgbank, Roger Fiss della Citibank, Cadario della Renault Finance e Pellegrini della Schweizerische Bankgesellschaft. Agivamo con coordinazione per cui ci avevano chiamato la banda dei sette. Eravamo il terrore delle banche centrali che tuttavia ci tolleravano perché avevamo imparato a renderci utili di quando in quando.[...] In quegli anni, i partiti avevano ancora bisogno di meno denaro di oggi. Allora erano 300.000 dollari al mese. Il 40% sia ai socialisti che ai democristiani e il 10% ai socialdemocratici (PSDI) e ai repubblicani (PRI)." (35) Fino al 1975 Fiorini si servì per le sue operazioni sul mercato valutario della BCP a Ginevra, di cui l'ENI controllava la maggioranza delle azioni. Ma dopo il fallimento della Herstatt Bank, che dovette chiudere gli sportelli in seguito a speculazioni nei cambi andate male, intervenne la commissione confederale delle banche e vietò alla BCP le operazioni speculative rischiose. Anche altre banche avevano avuto grandi perdite, quando i corsi delle divise, dopo il crollo del sistema di cambio fisso Bretton-Woods, cominciarono a oscillare fortemente. Nel 1976 intervenne la SBG e comprò dall'ENI la BCP, divenuta inutile. Fiorini trasferì le sue operazioni in divise a Beirut dove collaborava con la Marine and Merchant Bank di Samir al Mussa.

EXCURSUS: FILA DELLO SCANDALO BCCI

Seguiamo ancora un istante il destino successivo di questa banca, spinta qua e là come una figura degli scacchi. Dopo una ristrutturazione operata da Rolf Balli, vicedirettore della SBG, (36) la

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Bankgesellschaft vendette, nel febbraio 1977, l'85 % del capitale azionario al banchiere pachistano Agha Hasan Abedi, che entrò anche nel consiglio di amministrazione BCP. Il compratore Abedi era fondatore e presidente della Bank of Commerce and Credit International (BCCI) con sede a Londra e Lussemburgo. Azionista principale di questa con circa tre quarti del capitale era lo sceicco Zayed bin Sultan di Abu Dhabi. Altri azionisti erano l'ex presidente del servizio segreto dell'Arabia Saudita Kemal Adham e il finanziere saudita Ghait Pharaon. Abedi era nato musulmano nell' India britannica e quando nel 1947 ci fu la divisione tra un'India induista e un Pakistan musulmano, dovette fuggire a Karachi. Qui egli portò a compimento l'apprendistato bancario, iniziato a Bombay alla Habib Bank.(37) Più tardi entrò al servizio della United Bank della famiglia Saigol a Karachi, per la quale egli negli anni '60 fondò una filiale a Zurigo. Dopo la statalizzazione della United Bank da parte di Ali Bhutto, Abedi nel 1971 fu per breve tempo in prigione. Nel 1972 fondò la BCCI, destinata a diventare tristemente famosa. La Banque de Commerce et de Placements (BCP) era dunque ora una filiale della BCCI. Nuovo presidente della BCP divenne Franz Muheim di Urn, ex consigliere degli stati.(38) Abedi aveva conosciuto Franz Muheim all'inizio degli anni '70 come direttore amministrativo della United Bank a Zurigo, dove quest'ultimo faceva parte del consiglio d'amministrazione. Muheim portò alla BCP come consigliere amministrativo il connazionale Marco Bruesch, un ex direttore della fabbrica di articoli di gomma Daetwyler a Altdorf. In seguito anche il braccio destro e numero due della BCCI, Mohammed Swaleh Naqvi, entrò nel consiglio d'amministrazione della BCP, cosa che sottolinea ulteriormente l'importanza di questa banca nel sistema criminale BCCI. A Muheim, dopo sei anni di presidenza della BCP, subentrò Alfred Hartmann (39), che più tardi entrò anche nel consiglio di amministrazione della BCCI Holding in Lussemburgo. La BCP divenne, soprattutto con le filiali a Zurigo e in Lussemburgo, un anello di congiunzione tra la BCCI ufficiale ed una "banca nella banca" illegale, creata da Abedi. (40) La relazione della Bank of England, che portò alla chiusura della BCCI, registra che alla BCP di Zurigo e di Lussemburgo venivano tenuti sistematicamente conti sotto falso nome, dove il denaro scompariva anonimamente in buchi neri. Per quanto riguarda BCP di Zurigo questa relazione parla di 226 milioni di dollari di pagamenti inspiegabili. (41) Presidente di questa filiale BCP zurighese era dalla fine del 1986 Kazem Naqvi.

L' UNICA FILIALE BCCI PULITA AL MONDO ?

Nel luglio 1991 la BCCI fu chiusa per l'azione congiunta della Bank of England e dell'autorità di vigilanza bancaria del Lussemburgo. Era fallita con un buco in bilancio di circa dieci milioni di sterline. La bancarotta si rivelò il più grande scandalo bancario della storia.(42) Abedi non aveva solo trasferito in Inghilterra e negli USA da paesi in via di sviluppo capitali in fuga di elites corrotte e comprato banche centrali, affinché investissero le loro riserve valutarie presso la BCCI, ma aveva anche riciclato sistematicamente i proventi da narcotraffico dei baroni della cocaina. In apparenza egli restava nonostante tutto un galantuomo che si valeva di personaggi illustri come l'ex presidente Jimmy Carter e l'ex cancelliere dello scacchiere britannico lord Calaghan in qualità di consiglieri regolarmente retribuiti. Grazie ad una struttura offshore, composta da una holding in Lussemburgo, una società di comodo sulle isole Cayman e un quartier generale di fatto, giuridicamente non indipendente, a Londra, la BCCI aveva potuto lavorare indisturbata da controlli bancari di qualsiasi genere. Solo nel 1988 i riciclatori di denaro della BCCI incapparono nei doganieri USA. Questi scoprirono una rete di riciclaggio di proporzioni mondiali in cui comparivano anche conti della filiale svizzera BCP. Ora Abedi cominciò ad avere gravi difficoltà con l'autorità inglese di sorveglianza bancaria. Quando la pressione a Miami divenne più forte, si attivò anche la Banca di Inghilterra, che aveva archiviato per anni il caso BCCI. Negli USA si arrivò più tardi al processo contro alcuni rappresentanti di alto rango della BCCI. Il numero due, Swaleh Naqvi, fu condannato nel 1994 a 11 anni di prigione. Abedi era fuggito nel 1991 in Pakistan, che lo protesse da un'estradizione, e morì nel 1995. Delle più di settanta filiali e società consociate della BCCI in tutto il mondo - con l'eccezione del Pakistan- solo la filiale

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svizzera BCP restò indisturbata. Cinque giorni dopo la chiusura della casa madre la BCP fu venduta dalla SBG, che all'epoca della BCCI era rimasta sempre azionista di minoranza, alla holding turca Cukurova. Perché la BCCI ufficialmente chiusa abbia potuto vendere la sua filiale svizzera e quale ruolo abbia avuto in ciò l'azionista di minoranza SBG è rimasto fino ad oggi una domanda senza risposta. Alla fine del giugno 1995 l'avvocato di Ginevra Laurent Kasper-Ansermet rese nota in un comunicato la fine dell'inchiesta sul fallimento della BCCI. Non si arrivò ad una denuncia, e i 250 milioni di dollari, confiscati nel giugno 1991, vennero messi a disposizione della liquidatrice Touche Ross. Dopo questo piccolo excursus torniamo all'ENI: Anch'essa aveva collaborato con la banca dello scandalo, la BCCI. Nell'ottobre 1979 Florio Fiorini per l'ENI, Mohammed Swaleh Naqvi e Sayed Mohammed Akbar per la BCCI e Cristina d' Alessandro per la Kuwait International Finance Company, fondarono a Roma la società finanziaria Italfinance international Spa. Fiorini fu sostituito più tardi dall'uomo dell'ENI Giorgio Della Flora e dal capo dell'Agip Raffaele Santoro.

SERVIZIO COMPLETO SVIZZERO

Anche se i gruppi statali per l'energia, come ad es. la Elf-Aquitaine in Francia, la Repsol in Spagna o la Pemex in Messico, sono generalmente inclini alla corruzione - nessun altro è stato così fortemente pervaso dall'etica perversa delle tangenti come l'ENI. L'organizzazione estera legale dell'ENI in Svizzera fu per trenta anni parte integrante di questo sistema illegale di tangenti e di finanziamento dei partiti unico al mondo. In Svizzera il pagamento di tangenti all'estero a stranieri non è, a differenza di quanto accade in Italia, un crimine. Al contrario. è detraibile dalle tasse come spesa sostenuta per la propria attività. L' ENI non aveva quindi problemi a ricoprire decine di posti di consigliere d'amministrazione delle sue società svizzere affiliate con ogni sorta di persone importanti, dal marito della consigliera federale Hans W. Kopp all'ex consigliere di stato Luregn Cavelty fino all'uomo di punta del gruppo Curator Giancarlo Cappello. Gli italiani presenti nei consigli di amministrazione delle filiali svizzere dell'ENI, ad es. Gianni Dell' Orto o Francesco Chiariello, dovettero andare in prigione. I rappresentanti dell'economia svizzera naturalmente no, a differenza dei loro colleghi italiani non si erano infatti resi colpevoli di alcun reato. Anche la più grande banca svizzera per trenta anni non si curò affatto della corruzione all'ENI. Alla SBG l'ENI era tradizionalmente affare del presidente, la banca collocava i suoi più alti dirigenti come Nikolaus Senn o Karl Janiöri tra i consiglieri d'amministrazione dell'ente italiano. Con ciò Senn e Janiöri vennero a contatto personalmente con i grandi burattinai della scena delle tangenti ENI come Florio Fiorini e Silvano Larini. Anche l'esame prescritto per legge (revisione) della contabilità e del rendiconto annuale delle società svizzere affiliate all'ENI non trovò mai motivo di scandalo nell'economia delle tangenti. Il nono principio della revisione del bilancio di chiusura della Camera fiduciaria svizzera esclude espressamente dalla categoria delle azioni delittuose il pagamento illegale di tangenti o la violazione di norme fiscali. Per la maggior parte delle società svizzere affiliate all'ENI fungeva tradizionalmente da ufficio di controllo la Curator Revision di Zurigo.(43) Fondatore e uomo di punta del gruppo Curator era Giancarlo Cappello. Dall' inizio degli anni '70 egli compare anche in parecchi consigli di amministrazione delle società ENI, che sono state controllate dalla Curator, ad es. la Hydrocarbons International Holding (Zurigo), la Saipem Zuerich AG, la Snam International (Ginevra) e molte altre. Con ciò Cappello fungeva de facto contemporaneamente da consigliere d'amministrazione e da revisore, e di conseguenza non c'era una revisione contabile indipendente. Perfino quando Cappello non esaminava e convalidava personalmente le contabilità, lo facevano impiegati che dipendevano da lui. Si può obiettare che questo era perfettamente conforme alla legge e si atteneva alla prassi regolare in Svizzera. Può darsi. Teniamo a mente che l'ENI stessa nel corso del suo processo di "autodepurazione" ha ammesso l'esistenza di fondi neri per l'ammontare di 500 miliardi di lire, allora circa 500 milioni di franchi. Si trattava esclusivamente di fondi, che dal 1985 al 1992 sono stati accresciuti da Saipem, Snamprogetti e Nuovo Pignone. (44) Gran parte di questi transitò per le società affiliate svizzere. Passando il confine il denaro

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illegale italiano diveniva denaro svizzero legale.

Note:

1) Dopo la graduale privatizzazione, queste cifre, dal 1994, si sono ridotte.

2) Le restanti società ENI erano: Nuovo Pignone (costruzione di macchine), Savio (macchine tessili), Tefin (Consulting), Sofid (Finanziamento Italia) e ENI International Holding (Gestione e finanziamento internazionale).

3) Piico e Saipem avevano ricevuto in Iran, ancora ai tempi dello scià, l'incarico di costruire otto stazioni di pompaggio del gas. La rivoluzione di Komeini fermò i lavori. A metà degli anni '80 la Saipem ottenne la riapertura del cantiere e nel bilancio finale Piico si sentì frodato dalla Saipem per venti milioni di dollari. ("Il Giornale", 22. 4. 93)

4) "L'Espresso", 11.4.93. Come già detto, questo denaro era stato portato a Roma da corrieri della Fimo di Chiasso.

5) Per trasferire il denaro Fiorini usava gli stessi portavalori di Pacini Battaglia, quelli della Fimo di Chiasso.

6) Mediatori di quest'affare furono la mano destra di Licio Gelli, Umberto Ortolani e un alto funzionario del ministero degli esteri, Ruggiero Firrao, che era pure membro della P2. Firrao si stabilì più tardi a Lugano come consulente finanziario autonomo e fu qui arrestato nel 1993 e più tardi condannato in Italia.

7) "L'Unità", 8.6.93

8) "L'Unità", 8.1.94

9) Il postfascista Gianfranco Fini, segretario di Alleanza Nazionale e alleato di Berlusconi, era solito provare il suo distacco da Mussolini, facendo notare di aver rinnegato qualsiasi corporativismo e interventismo statale in economia.

10) Don Sturzo aveva fondato il Partito Popolare, il primo partito cattolico in Italia, dopo la prima guerra mondiale. Dapprima i papi, come vendetta per la liquidazione dello stato della chiesa da parte dei Piemontesi, avevano imposto ai cattolici praticanti che si astenessero dalla politica. Dopo l'assassinio del socialista Matteotti da parte dei fascisti nell'anno 1924, Don Sturzo abbandonò il suo seggio al parlamento per protesta. Quando il papa stipulò con Mussolini i patti lateranensi, fece cadere Don Sturzo, che dovette emigrare negli USA. Dopo la seconda guerra mondiale egli tornò, ma divenne presto una figura puramente simbolica, perché nel primo congresso postbellico del partito De Gasperi e Andreotti avevano prevalso su di lui. (Cfr. "Neue Zürcher Zeitung", 6 /7. 5. 95)

11) Galli, Giorgio: Staatsgeschaefte. Das unterirdische Italien 1943-1990’, Amburgo,1994, p.30

12) Esso, Shell, BP, Mobil, Texaco, Chevron e Gulf.

13) "L'Espresso", 6.6.93

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14) "Panorama", 20.6.93

15) Arlacchi, Pino: ‘Addio Cosa Nostra. La vita di Tommaso Buscetta’, Milano, 1994

16) "L' Unità", 21.7.93

17) Galli, Giorgio: ‘Affari di stato. L' Italia sotterranea 1943-1990’, Amburgo, 1994, p. 155 segg.

18) Come ha raccontato Aline Valangin nel suo romanzo "Villaggio al confine", la Svizzera concesse inizialmente l'ingresso ai civili della Val d'Ossola solo con esitazione. Il 18 ottobre 1944 truppe delle SS e le camicie nere neofasciste della repubblica di Salò aprirono il fuoco su un gruppo numeroso di partigiani e civili in fuga e ne uccisero alcuni. Mitraglieri dell'esercito svizzero, guidati dal capitano Carlo Speziali, risposero al fuoco e permisero ai fuggiaschi di passare il confine.

19) "L' Espresso", 4.7.93

20) Galli, Giorgio: ‘Affari di stato. L'Italia sotterranea 1943-1990’, Amburgo, 1994, p.168

21) Da allora Eugenio Cefis vive a Zurigo. All'inizio del 1994 era ancora molto attivo professionalmente. Insieme alla figlia Cristina Cefis faceva parte del consiglio di amministrazione della Cohor Holding di Zurigo. Membro dello stesso consiglio è Barbara Merz Wipli. Presidente della Cohor Holding è Giancarlo Cappello, insieme al quale Cefis è presente anche nel consiglio di amministrazione della White Con-Trading Company AG (Lugano). L'altra società della Cohor si chiama Sycofin AG (Zug). Giancarlo Cappello, presidente dell'amministrazione fiduciaria zurighese Curator, fa parte anche del consiglio di amministrazione delle grandi affiliate ENI svizzere Hydrocarbons International Holding, Saipem AG (Zurigo), Saipem International. Nel 1992 Cefis pagò a Zurigo le imposte su un reddito di 1,123 milioni di franchi e un patrimonio di 34,748 milioni di franchi.

22) "L'Unità", 23.4.93

23) "L'Espresso", 6.6.93

24) Nel 1991/92 c'erano tra i mandati di consiglio d'amministrazione di Albert Ronc, anche due società di comodo con 50.000 franchi di capitale: AG (S.p.a.) per progettazioni tecniche e AG (S.p.a.) per progettazioni industriali. Insieme con l'avvocato di Lugano Marco Gambazzi, Ronc controllava nel 1991/92 anche la Cofaba SA (Lugano).

25) Ulteriori mandati di consiglio d'amministrazione di Wener L. Scherrer sono: Apolab AG (Zug); Honeywell AG (Wallisellen); Hirschi AG (Brügg b. Biel); Air Express International Enterprises Ltd. (Zug); Credinter AG (Zug); Domino Musik AG (Chur); Dumex AG (Zug); General Electric Information Services AG (Zürich); Golbrig AG (Zollikon); Handels- und Finanzgesellschaft HFZ (Zug); Heraf Holding AG (Zug); HMF Holding AG (Zug); Jordan Brushes SA (Zug) ; Lely Patent AG (Chur); Newap Trading AG (Luzern); Nopal International AG (Zug); Peri AG (Seuzach); SMH Steel- and Metal -Trading Ltd. (Trübbach); Transmark Automanet AG (Ebmatingen); Utilité Chur SA (Chur); Weinberger Josef AG (Glarus); Olivetti (Svizzera) S.p.A (Wallisellen); Patra Holding AG ( Chur); MCC Mobile Communications Company AG (Maur). (Fonte : Orell Füssli / Teledata: Die Schweizer Wirtschafts-CD-Rom. Version 1996/1, termine fissato: 1.8. 95)

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26) Dopo le cattive esperienze fatte da Nikolaus Senn e da Karl Janjoeri con il mandato in consiglio di amministrazione presso la HIH, che li aveva coinvolti nell'affare increscioso del conto Protezione, un direttore generale della SBG non avrebbe più potuto entrare in questo consiglio. Al business con l’ENI la SBG naturalmente non vuole rinunciare, per cui dal 1995 si fa rappresentare dall' avvocato d'affari André Wicki. Wicki cominciò la sua carriera nel settore legale della SBG e anche dopo che si era reso autonomo continuò a lavorare come avvocato per la SBG, ad esempio nei processi contro Martin Ebner e la BZ Bank.

27) Rendiconto annuale 1991 dell'HIH, Zurigo.

28) La banca dell'ENI si chiamava inizialmente Tradinvest Bank e nel 1981 servì all’allora presidente del settore finanziario dell'ENI, Florio Fiorini, per versare i sette milioni di dollari di tangenti destinate ai socialisti sul conto Protezione della SBG (Lugano).

29) La Finas fu coinvolta nel 1993 in uno scandalo di tangenti con lo speculatore milanese, originario della Sicilia, Salvatore Ligresti. L'assicurazione SAI di Ligresti aveva pagato alla Finas 13 miliardi di lire, per poter stipulare assicurazioni con l'ENI. ("L'Unità", 30/31.5.93)

30) La rivista "Bilanz" del settembre 1994 si occupò di Iso Lenzlinger, in qualità di padrino di oscure società di comodo di ex agenti del KGB e di clan della vecchia nomenclatura sovietica, ai quali veniva imputato traffico illecito di divise e ogni sorta di altri affari a Ginevra, Zug e Vaduz.

31) La cattiva stampa che ebbero il direttore generale della SBG e il presidente della HIH Karl Janjoeri, era soprattutto il risultato del coinvolgimento nel conto Protezione.

32) "Bündner Zeitung", 18. 6. 93

33) Agostino Diana faceva parte anche del consiglio di amministrazione della Treuhandbank Luzern, la banca fiduciaria Lucerna. Qui si trovavano anche Giangiorgio Spiess, avvocato e partner di Tettamanti, Willi Futterknecht (che negli anni '90 era diventato famoso per le sue posizioni ostili alla UE) e André Curiger (direttore del Crédit Commercial de France a Zurigo e rappresentante del Vaticano nel consiglio di amministrazione della Sasea)

34) "L'Espresso", 21.3.93

35) Ivi

36) Negli anni '70 Rolf Bolli fu uno specialista della SBG per il grande business con i petroldollari. Più tardi creò nella sede principale l'archivio storico. Morì nel 1992 inseguito ad un tragico incidente - era caduto dal tetto della sua villa nell'Arni di Aargau.

37) Anche gli Habib nel 1947 si rifugiarono in Pakistan. Nel 1974 la loro banca, la più grande di questo paese, fu statalizzata da Zulfikar Ali Bhutto. Gli Habib dovettero emigrare per la seconda volta, questa volta in Svizzera, dove a Zurigo possedevano già una piccola banca. Fino al 1995 la loro Habib Bank AG Zürich ebbe uno sviluppo enorme. Divenne la banca svizzera con la più grande rete internazionale di filiali dopo le tre grandi banche. Habib AG Zuerich ha più di trenta filiali in tutto il mondo, un importo di bilancio di 1,8 miliardi di franchi e circa 900 dipendenti. La banca Habib rappresenta un problema per la commissione delle banche, perché la sua attività si svolge in gran parte in paesi

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islamici (Pakistan, Stati del Golfo) e viene condotta in lingue come l'arabo e l'urdu che alla commissione delle banche nessuno capisce.

38) Franz Muheim, di origini proletarie - suo padre, socialdemocratico, lavorava nell’ufficio della fabbrica di munizioni Altdorf - potè fare la maturità nel collegio Carlo Borromeo ad Altdorf e più tardi studiare legge. All'inizio degli anni '50 aprì uno studio d'avvocato a Altdorf e fece rapidamente carriera in ambito economico, politico e militare. In politica militò all'inizio nell'ala cristiano-sociale dei lavoratori della CVP e già a 31 anni divenne presidente comunale di Altdorf. La sua fiorente attività d'avvocato lo portò a passare all'ala cattolico-conservatrice della CVP, vicina al mondo economico. Per lunghi anni Muheim fu consigliere degli stati di Urn e presidente della commissione militare. Nel 1973 e nel 1982 si candidò senza successo al consiglio federale. Come colonnello di stato maggiore ebbe un ruolo importante nella politica svizzera della sicurezza. "Alternative Uri" del dicembre 1990-gennaio 1991 informò che Muheim negli anni '80 era anche membro del comitato consultivo parlamentare segreto autoproclamatosi dell'esercito segreto P-26. Negli anni '70 Muheim fu successivamente presidente di due banche pachistane in Svizzera, precisamente della United Bank e della BCCI. "L'atmosfera da mondo degli affari orientale", scriveva "Bilanz" nell'agosto 1983, "la Weltanschauung" degli uomini d'affari di fede maomettana è molto vicina alla sensibilità di Muheim". Come si è rivelato più tardi, l’ideologia della BCCI di Abedi prevedeva fin dall'inizio il riciclaggio e la frode sistematici. Alla fine degli anni '80 Muheim raggiunse l'apice della carriera come consigliere d'amministrazione del Bankverein e presidente della Schindler.

39) Alfred Hartmann era stato all’inizio direttore generale della Bankgesellschaft, che lasciò più o meno volontariamente. Più tardi diventò direttore generale della Hoffmann-La Roche a Basilea, dove dovette andare nel 1976 dopo lo scandalo di Seveso. Presto ricomparve come direttore generale della Rothschild Bank AG (Zurigo). Alcuni mesi dopo che la Bank of England aveva chiuso la BCCI, Hartmann diede le dimissioni nel febbraio 1992 da presidente della BCP. Più di un anno dopo lo scandalo che aveva coinvolto il direttore della Rothschild Jürg Heer, egli dovette rinunciare anche all'incarico di direttore generale della Rothschild. Strano che uno debba lasciare per quattro volte il posto di presidente in seguito ad uno scandalo, senza che questo abbia per lui altre conseguenze.

40) Nel consiglio di amministrazione della BPC furono presenti di tanto in tanto anche John Hilbery e Johann D. Van Oenen. I due erano inizialmente manager della Bank of America, che alla fondazione della BCCI, avevano preso e poi nuovamente venduto una partecipazione di minoranza. Vennero più tardi alla BCCI per compiti speciali.

41) Bank of England : Report on Sandstorm SA [nome in codice per la BCCI] under Section 41 of the Banking Act 1987. 22. June 1991

42) Cfr. a questo proposito ad esempio Truell, Peter e Gurwin, Larry: ’False Profits’, New York, 1992 o Kochan, Nick e Whittington, Bob: ‘The BCCI Fraud’. Londra 1991

43) A proposito della Curator vedi anche p.210 segg.

44) "L' Unità", 8.1.91

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8 IL CASSIERE DELLE TANGENTI ENI A GINEVRA

Con l'appellativo metafisico "Quello appena sotto Gesù Cristo", che gli aveva dato il procuratore Antonio Di Pietro, il tesoriere delle tangenti ENI a Ginevra fece il suo ingresso sulla scena di Mani Pulite per la prima volta nel marzo 1993. Si parla di Pierfrancesco Pacini Battaglia. In seguito alle prime audizioni dei manager dell'ENI arrestati, il suo nome era balzato repentinamente al centro delle inchieste. Dopo che la giustizia milanese già il 17 febbraio 1993 aveva emesso un ordine di cattura internazionale contro Battaglia, egli si presentò infine volontariamente il 10 marzo per essere interrogato. Complessivamente quattro volte nel marzo 1993 e ancora nel febbraio 1994 il "maestro occulto" (1) dei circuiti segreti del denaro ha vuotato il sacco di fronte ai procuratori di stato. Pacini Battaglia rese noti centinaia di conti segreti e di società offshore, che egli aveva usato per ordine dei capi dell' ENI per transazioni illegali. Beninteso: illegali secondo il diritto italiano. Secondo i parametri svizzeri Pacini Battaglia era un rispettabile banchiere straniero a Ginevra, che eseguiva gli ordini di pagamento dei suoi stimati clienti a favore di destinatari altrettanto stimati. Ad esempio per il presidente dell' ENI Gabriele Cagliari o il presidente della Saipem Gianni Dell'Orto al tesoriere del partito socialista Vincenzo Balzamo. Per la sua loquacità Pacini Battaglia divenne il teste principale contro la corruzione nell'ENI e rese infine possibile ai pubblici ministeri la ricostruzione di un colossale circuito di fondi neri.

UN ALLEGRO TERZETTO SUL RODANO

Dopo lo scandalo del conto Protezione l'ENI cambiò il sistema delle tangenti. Dai pericolosi pagamenti diretti si passò alle fatture falsificate: società di comodo offshore di prestanome presentavano all'ENI il conto per servizi mai prestati. In tal modo le tangenti potevano apparire nella contabilità come spese regolari. Il nuovo metodo richiedeva abili professionisti, e venne l'ora di Pacini Battaglia. Ad aprirgli le porte dell'ENI era stato il cassiere delle tangenti di Craxi Silvano Larini. Larini gli fece conoscere personalmente la maggior parte dei capi dell'ENI, a cominciare dai due presidenti Franco Reviglio e Gabriele Cagliari, poi il presidente della Saipem Gianni Dell'Orto fino al capo dell'Agip Raffaele Santoro. Presso i socialisti Pacini Battaglia era considerato già negli anni '80 l'uomo dell'allora ministro dei trasporti PSI Claudio Signorile, più tardi Larini lo introdusse anche presso il tesoriere del PSI Vincenzo Balzamo. Pacini Battaglia viveva a Ginevra dal 1980 dove collaborava con l'avvocato ticinese Franco Noel Croce, che qui svolgeva la sua attività. L'avvocato ticinese Franco Noel Croce, allora non ancora trentatreenne (2), aveva contatti con il Gran Maestro della P2 Licio Gelli. Il numero di telefono ginevrino di Croce era stato trovato nel 1981 nel corso della perquisizione nella villa di Gelli a Castiglion Fibocchi, (3) insieme con i numeri telefonici della SBG a Ginevra e a Zurigo, del Banco Financieiro sudamericano in Avenue Miremont 20 (sede della Karfinco) e quello dell'avvocato di Ginevra Fritz Von Aesch. (4) Fin dai primi tempi a Ginevra Pacini Battaglia e Croce si ritrovarono insieme in affari fantasiosi. Alla fine degli anni '70 la Siai Marchetti italiana vendette ai libici 240 aeroplani del tipo SF- 260. Costo: 35 miliardi di lire l'uno ad esclusione dell'avionica, fornita dall' industria degli armamenti USA Hughes. Per addestrare i piloti libici il generale d'aviazione italiano Paolo Moci fondò l'impresa Aero Leasing Italiana (ALI), che ingaggiò 180 piloti militari italiani come istruttori per la Libia. Si dice che Gheddafi abbia compensato il loro impegno nel deserto con un guadagno sei volte più alto di quello percepito presso l'aviazione italiana. Mogli e fidanzate dovevano tuttavia rimanere a casa. Dopo la firma del contratto, secondo la stampa italiana, Pacini Battaglia e Croce sarebbero stati cooptati nel consiglio di amministrazione dell'ALI. I due avrebbero fondato in Svizzera una struttura finanziaria segreta per eseguire le transazioni della grande vendita di aerei che non potevano figurare nei bilanci ufficiali di Siai-Marchetti, ALI e Hughes.(5) Ma Pacini Battaglia contestò queste illazioni oltraggiose già nel numero successivo di "Panorama" (4.4.93): egli e Croce sarebbero entrati nell’ALI solo nel 1984 quando il business con la Libia era già concluso. Il terzo

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nell'alleanza con Battaglia e Croce era il canadese che viveva a Ginevra Roger G. Francis. Era particolarmente utile a Pacini Battaglia perché parlava perfettamente undici lingue e ogni volta gli faceva conoscere uomini d'affari arabi che volevano lavorare in Italia. (6) Già nel 1981 Francis aveva fondato la società di comodo Corakges SA con un capitale azionario di 50.000 franchi. (7) Scopo statutario di questa era: "Fornire ad un gruppo di società attivo nel settore del petrolio servizi e consulenze di ogni tipo in relazione alla finanza, al commercio e alla produzione". (8) Nel febbraio 1984 la Corakges cambiò nome in RGF Counsel SA, e comparve nel consiglio di amministrazione Kaloyan Stoyanov, consigliere d'amministrazione dell'Ilex e business partner di Roger Usher. Nove anni più tardi il 20 dicembre 1993 la RGF Counsel andò in liquidazione, con la Ilex Trust Services come liquidatrice. La liquidazione potrebbe essere dipesa dal fatto che dall'inizio del 1993 Roger Francis era comparso con gran risalto sulle prime pagine dei giornali in tutt'Italia come collaboratore di Pacini Battaglia. Un caso di tangenti analogo riguardò la Nigeria. A questo proposito Pacini Battaglia raccontò a Di Pietro: "Quest'operazione fu organizzata da Nicola Grillo della Saipem di Zurigo e dal mio collaboratore Roger Francis. Anche qui fu impiegato il sistema delle fatture false." (9)

CHE COS' è LA BANQUE KARFINCO?

Nel 1981 Pacini Battaglia e Croce fondarono la società finanziaria Karfinco che nel 1987 ricevette dalla commissione delle banche la licenza bancaria e divenne Banque Karfinco.(10) Suo presidente fu Croce, vicepresidente Pacini Battaglia. Già dopo un anno la Karfinco raddoppiò il suo capitale da 15 a 30 milioni di franchi con un’operazione stravagante. Le azioni furono emesse con un aggio del 20 % ed erano suddivise in azioni con diritto di voto da 100 franchi e azioni ordinarie da 1000 franchi. Le azioni ordinarie furono sottoscritte fiduciariamente a Ginevra dalla Paribas (Svizzera). (11) Chi fosse stato allora disposto a rendere più attraenti i 15 milioni di azioni Karfinco con un aggio di 3 milioni, non si è mai saputo. Si può supporre ragionevolmente che questo denaro provenisse dalla società ENI, poiché finanziariamente la Karfinco era una creatura del sistema delle tangenti ENI. Pacini Battaglia si addossò in ogni caso tutte le responsabilità e scagionò la Karfinco. Croce invece si astenne da qualsiasi presa di posizione pubblica. Significativi sono anche i numerosi azionisti con diritto di voto. Oltre a Pacini Battaglia e Croce sono tra questi quattro società di Panama: Mora Overseas, Doren Overseas, Pelter Business Corp. e Hemlock Business Corp., tutte a Panama City, inoltre l'immobiliarista Luigi Paolo Serra di Cassano, pure a Panama City, il direttore delle vendite Günther Franke (Düsseldorf), la casalinga Adelheid Da Empoli-Gautschi (Interlaken), Gabriel Thomas (Montecarlo), e Marcel Morard, Dominique Pugnat e Dominique Gherardi di Ginevra. (12) Ci sono poi la Nadex SA di Croce, la Investair SA di Friburgo, la nota Ebel Finance dell'industriale degli orologi di Neuenburg Pierre Alain Blum e la non meno nota Emaco Holding, affiliata del gruppo Cortaillod (13), pure di Neuenburg. Evidentemente Pacini Battaglia, che prima di fare la sua apparizione a Ginevra aveva vissuto qualche tempo a Neuchatel, si era fatto lì alcuni buoni amici. Nel marzo 1991 la Karfinco aumentò il capitale da 30 a 40 milioni di franchi, questa volta con un aggio del 50%. A quel punto lo speculatore di borsa Werner K. Rey era già crollato, la Sasea di Florio Fiorini versava in gravi difficoltà e la crisi immobiliare di Ginevra era già cominciata. In una situazione del genere, in un tale ambiente un aggio del 50% con un aumento di capitale non è finanziariamente sostenibile. L'aumento di capitale avvenne nel 1991 secondo il vecchio schema: le azioni ordinarie furono sottoscritte fiduciariamente dalla Paribas (Svizzera), e di nuovo si può tranquillamente ritenere che nessuno tranne l'ENI fosse pronto a comprare le azioni di questa piccola banca di Ginevra.(14)

IL SALVATAGGIO DELLA KARFINCO .

Dopo che nella primavera 1993 sui media italiani si era parlato per settimane di Pacini Battaglia e della sua Karfinco, Croce e Pacini Battaglia si dimisero rispettivamente da presidente e da vicepresidente.

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L'ex direttore generale del Bankverein e ex consigliere d'amministrazione della società finanziaria FGNA Montecarlo di Tito Tettamanti Hubert Baschnagel diventò nuovo presidente. In un'intervista al "Corriere della Sera" Pacini Battaglia disse di aver dato le dimissioni dall’incarico di vicepresidente, ma che rimaneva tuttavia azionista di maggioranza.(16) Sembrarono opportuni un cambiamento di nome e un movimento di personale: dal settembre 1993 la Karfinco si chiamò Banque Privée Genevoise. Già all'inizio del 1994 Baschnagel si ritirò e anche Sergio Bassi lasciò il consiglio di amministrazione. La banca cambiò nome una seconda volta in Banque de Patrimoines Privés Genève (BPG). Il team di successo che risanò e salvò la Karfinco in gravi difficoltà divenuta ormai BPG, apparteneva alla crème del settore finanziario svizzero. Nuovo presidente della banca divenne Richard Schäfer. Era presidente della fiduciaria Fidirevisa, che apparteneva all'impero Fidinam di Tito Tettamanti. Nell'ambito del gruppo Fidinam Richard Schäfer era un uomo di punta. Fino al 1991 fece parte del consiglio d'amministrazione della società madre Fidinam Servizi Fiduciari Holding SA (Lugano), insieme con Tito Tettamanti, il direttore generale Giorgio Ghiringhelli della Banca della Svizzera Italiana e altri. (17) Nuovo vice divenne l'avvocato d'affari zurighese Johannes Stolba. Faceva parte del consiglio di amministrazione della Arner Bank di Lugano (18) e del famoso Studio Uckmar pure di Lugano (Il prof. Victor Uckmar insegna alle università di Genova e alla Bocconi di Milano, è presidente della camera fiduciaria e dei revisori italiana e presidente della camera di commercio Italia-Russia). Un mandato non privo d'importanza di Stolba era anche l'incarico di consigliere d'amministrazione alla R.F. & W. Partner di Zurigo: Gertrud Weber, René Feybli e Gustave Adolphe Rychner rappresentavano in Svizzera Technische Projektleitungen (TPL, Zug) [gestioni tecniche di progetti], la Technip Zug e la Technipetrol di Roma. Queste tre società sono filiali del gruppo petrolifero francese Elf-Aquitaine. Secondo il presidente dell'Agip Raffaele Santoro il presidente di Elf Loik Le Floch-Prigent apparteneva a quel club di mediatori, nel business internazionale del petrolio, ai quali si annoverava anche Pacini Battaglia, e ha sempre seguito con attenzione gli affari della TPL. (19) La filiale TPL di Roma e il suo direttore generale Mario Maddaloni compaiono nello scandalo delle tangenti Enimont, di cui si parla più avanti, separatamnte. (20) Altre due figure importanti del settore finanziario svizzero accompagnarono la trasformazione della Karfinco in BPG: Erwin W. Heri e Robert Vieux. Heri è dirigente finanziario dell'assicurazione Winterthur e fa parte del consiglio d'amministrazione della filiale svizzera della Deutsche Commerzbank. Robert Vieux è una colonna portante della piazza finanziaria Ginevra. Faceva parte del consiglio di amministrazione di due società dello statunitense naturalizzato a Ginevra Bruce Rappaport, precisamente della EP Services per il commercio di petrolio e della Soviet Intershipbuilders. (21) Inoltre Vieux era nel consiglio d' amministrazione della società finanziaria Norfinsud.(22) Lo troviamo anche nell'ente "Un Avenir pour Genève" con la presidentessa della SMUV Christiane Brunner, l'ex consigliere federale Renè Felber (SP) e i due banchieri privati Ivan Pictet e Thierry Lombard. E ancora nella "Fondation pour Genéve" con il manager della banca Rothschild Pierre Sciclounoff. Il desiderio di Pacini Battaglia che la Karfinco potesse sopravvivere al disastro, tutto sommato si è realizzato. Ha resistito finora brillantemente all'uragano di Mani Pulite, anche se sotto nuovo nome e con una nuova squadra. Piano, la squadra non è poi cosi nuova. Il presidente appena incaricato della BPG, e presidente di Fidirevisa, Richard Schäfer era già comparso in precedenza nell’orbita di un azionista Karfinco, Rafic Claude Abdallah Defouni del Cairo (23), di cui dovremo ancora occuparci. Ma prima debbono essere illustrati due grandi affaires di fondi neri, che la "struttura" di Pacini Battaglia aveva elaborato per l'ENI: l'affaire Transmed e l'affaire Ipsa 2.

DUE GRANDI AFFAIRES

Dei vari scandali che Pacini Battaglia ha rivelato ai pubblici ministeri verrano qui descritti nei particolari due grandi casi: l'affaire Transmed e l'affaire Ipsa 2. Per quanto riguarda Transmed si trattava dell'acquisto di grandi quantità di gas naturale algerino per l'Italia. Per ottenere un prezzo del

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metano il più possibile favorevole, il presidente dell' ENI Gabriele Cagliari ingaggiò alla fine del 1989 il diplomatico turco di origine libica Omar Yehia, residente a Ginevra. Egli aveva rapporti eccellenti con il presidente algerino d'allora Chadli Bendjedid. Questo consiglio il presidente dell'ENI Cagliari l'aveva ricevuto niente meno che dal presidente dei ministri Giulio Andreotti. Dopo colloqui preliminari con il presidente della Snam Pio Pigorini, Yehia richiese per il suo passo diplomatico presso Bendjedid una provvigione di 30 milioni di dollari, che dovevano essere accreditati sul conto 61900 della United Overseas Bank (24) di Ginevra, diretta dal suo banchiere Ken Scott. Pigorini incaricò Pacini Battaglia di versare a Yehia questa somma e gli affidò anche la trattativa dei tempi e delle modalità esatte. Poichè secondo le leggi italiane e secondo le convenzioni internazionali d'appalto il pagamento di commissioni di intermediazione era vietato, questo denaro doveva passare fuori bilancio. Poichè la Snam non potè procurarsi una somma così elevata di denaro in nero, Pacini Battaglia fu indirizzato da Pigorini ai dirigenti della Saipem Gianni Dell'Orto e Paolo Ciaccia, che avrebbero messo a disposizione il denaro. Pacini Battaglia ha così descritto ai pubblici ministeri l'operazione condotta insieme a Ciaccia: "La International Investment Development, con sede a Guernsey nelle isole britanniche del canale, diretta dal mio collaboratore Roger Francis, emetteva fatture di comodo per provvigioni alla Chemtrade & Finance (Vaduz) [una società Saipem per l'accrescimento dei fondi neri]. Altre quattro società di Guernsey, la Burbridge, la Rodvale, la Coral Fish e la IOOC, emettevano alla Saipem UK a Londra fatture fittizie". (25) Con il pagamento di tutte queste fatture false la Saipem trasferì a Pacini Battaglia 33,65 milioni di dollari, 3,65 milioni di più di quanto Yehia avesse a disposizione. La ripartizione di questo denaro Pacini Battaglia la presentò così: "22 milioni di dollari li incassò il banchiere di Yehia Ken Scott [Scott firma alla United Overseas Bank come procuratore]. 2,1 milioni di dollari, una parte dei quali in obbligazioni statali, li consegnai a Ciaccia nel mio ufficio a Roma. Il resto lo versai sul conto 14925 / SCT Albatros presso la Republic National Bank (Suisse) a Ginevra. 310.000 dollari li prese il presidente della Saipem Dell'Orto. 1,4 milioni di dollari li incassò un funzionario libico, di cui mi aveva fatto il nome Ciaccia. E rimasero ancora le tangenti per i partiti: 3,5 miliardi di lire per il PSI e il miliardo di lire per la DC. Tra la fine del 1991 e il maggio 1992 feci portare da Chiasso a Roma questo denaro in contanti dai corrieri di fondi neri della Comifin/Fimo. I soldi per il PSI furono consegnati in strada davanti all' ufficio romano di Pacini Battaglia ad un inviato del tesoriere Vincenzo Balzamo. Il denaro per la DC fu portato direttamente alla centrale di partito in Piazza del Gesù." (26) Quando nell'aprile 1993 questo caso finì sulle prime pagine dei giornali italiani, anche la stampa algerina ne parlò e pubblicò alcuni articoli su Omar Yehia. La procura della repubblica di Algeri aprì un'inchiesta e il ministro algerino della giustizia Mohamed Teguia promise di far luce su questo caso di corruzione. Se questa sua iniziativa coraggiosa si sia conclusa con successo, non si è saputo. Il caso Ipsa 2 riguardava la costruzione di un oleodotto per l'Irak. Durante la guerra Iran-Irak del 1986 Saddam Hussein voleva raddoppiare un oleodotto lungo circa 900 km., che trasportava petrolio greggio iracheno ad una destinazione in Arabia Saudita, fuori della portata dell'artiglieria iraniana. Quattro consorzi internazionali si contendevano quest'incarico: uno italofrancese (Saipem, Snamprogetti, Spie-Capag), uno giapponese-coreano (Mitsubishi, Hyndai), uno statunitense (Bechtel) e uno tedesco (Impiantistica Mannesmann). Si trattava di un volume di commesse per un miliardo e mezzo di dollari, da qui la durezza delle trattative. Infine il contratto concupito andò per metà al consorzio italofrancese e per metà al consorzio giapponese-coreano. Il 26 marzo 1993 Pacini Battaglia confessò ai pubblici ministeri perché Saipem, Snamprogetti e Spie-Capag avevano ricevuto l'incarico: il presidente della Saipem Gianni Dell'Orto gli avrebbe assegnato il compito di pagare ad un mediatore iracheno una commissione di 16,5 milioni di dollari e 26,5 milioni di marchi. Questo mediatore era l'iracheno con cittadinanza inglese Nadhmi Auchi, residente a Londra e in Lussemburgo. Auchi era allora grande azionista della Investmentbank francese Paribas. All'inizio della guerra del golfo egli controllava il 4,4 % del capitale e il 6,4 % dei diritti di voto. Inoltre possedeva il 20 % della Paribas Luxemburg e l'8% della società finanziaria Compagnie de Navigation Mixte, che a sua volta deteneva l' 8 % della Paribas. Tutto questo inquietò moltissimo, nel pieno della guerra del golfo, il conservatore

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"Figaro".(27) Auchi era particolarmente potente in Lussemburgo dove presiedeva la General Mediterranean Holding (GenMed ), del cui consiglio di amministrazione facevano parte anche l'avvocato ticinese e fondatore della Fidinam Tito Tettamanti. Del collegamento tra Tettamanti e Auchi si parla ancora dettagliatamente nel capitolo 16. Pacini Battaglia fornì un quadro dettagliato della transazione della tangente con Auchi: "L'iracheno mi ordinò di pagare il denaro alla sua Barsy Services a Panama City. Per questo mi servii della mia Projecta a St. Peter Port, Guersney. Il denaro passò dapprima attraverso una cassa per fondi neri della Saipem, Promoters & Contractors (Vaduz) alla Projecta. Per giustificare il trasferimento di tanto denaro, Promoters & Contractors avevano stipulato con la Saipem un contratto fittizio di consulenza. La partner della Saipem Spie-Capag pagò direttamente la sua partecipazione alla tangente Auchi direttamente con un finto contratto di consulenza con la Projecta. Complessivamente 20,28 milioni di dollari e 31,178 milioni di marchi giunsero alla Projecta. Di questi pagai 16,5 milioni di dollari e 26,5 milioni di marchi a Auchis Barsy. Con il resto pagai due milioni di marchi alla Spie-Capag e un milione di dollari li tenni per me. 3,5 miliardi di lire li lasciai, su richiesta del presidente dell'ENI Franco Reviglio, a disposizione di Silvano Larini. Questo mi ordinò di portare immediatamente il denaro a Roma al tesoriere del PSI Franco Reviglio. L'operazione si svolse nei primi sei mesi del 1988 con l'aiuto della Fimo di Chiasso".(28)

FATTURE DA BERNA

Nel settembre 1993 la Procura della Repubblica di Milano nominò una commissione speciale per l'ENI sotto la direzione del revisore Giorgio Laganà di Monza. Laganà aveva ricevuto dal tribunale ampie competenze. Egli era autorizzato a richiedere alle società ENI tutti i documenti e le informazioni, a controllare la contabilità e a sottoporre i "contratti di consulenza " ad un test economico di plausibilità. L' ex procuratore Paolo Bernasconi dichiarò nel febbraio 1994 sulla "Neue Zürcher Zeitung" in relazione al problema delle fatture false: "In base agli atti allegati alle richieste di assistenza giuridica i giudici civili e penali svizzeri hanno dovuto prender atto nel 1993 che in Svizzera decine di società fiduciarie producono ogni anno come per magia infinite fatture fittizie per mascherare pagamenti di mazzette- onorate conformemente all'importo della fattura".(29) Il presidente dell'ENI Bernabè ordinò ai presidenti delle società settoriali di collaborare lealmente con gli ispettori giudiziari, chiamati dalla stampa "sceriffi". (30) Sei mesi più tardi la squadra di Laganà aveva scoperto nuovi fondi neri per circa 70 miliardi di lire (allora circa 70 milioni di franchi) alla Snamprogetti e 12 milioni di dollari alla Saipem. Inoltre solo alla Snamprogetti furono considerate sospette per formulazioni non chiare fatture di più di 37 miliardi di lire: Ad esempio un conto di oltre dodici miliardi di lire per un'analisi dell'economia energetica russa che la Snamprogetti aveva ricevuto da una società offshore. Più tardi la stessa Snamprogetti rivendette il medesimo studio all'Agip e alla Snam.(31) Tra quelle società che avevano emesso all'ENI fatture, la cui plausibilità economica era considerata sospetta da Laganà, comparvero anche tre ditte di Berna: la RAD- Trading, la RAD-Tecnica e la RAD-Fiduciaria. A queste società è finora riuscito di tener nascosti il contesto, la connessione dei fatti.

CHI C'ERA DIETRO IL GRUPPO RAD?

Presidente delle tre società RAD era Rafic Claude Abdallah Defouni del Cairo.(33) Alla fondazione di RAD-Trading (capitale 200.000 franchi), RAD-Tecnica (capitale 200.000 franchi) e RAD Fiduciaria (capitale 100.000 franchi) nel maggio 1989 egli sottoscrisse il 98% del capitale azionario. Le azioni furono liberate in base all'iscrizione nel registro commeciale di Berna, mediante pagamento in contanti presso il Bankverein di Berna. Quel poco che restava del capitale lo presero i due fiduciari bernesi Robert Wöhrle e Peter Stampfli, che entrarono a far parte anche dei tre consigli di amministrazione. RAD-Fiduciaria e RAD-Tecnica avevano domicilio nella Giacomettistrasse presso l'Altra Fiduciaria, la RAD-Trading in Niesenweg 2 pure presso la fiduciaria Altra. Pochi mesi dopo l'insediamento della

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commissione speciale dell'ENI, il gruppo RAD si sciolse. Il 25 novembre l'assemblea generale decise la liquidazione. Defouni era assente e si fece sostituire da Robert Wöhrle. Liquidatrice era la fiduciaria Altra.(34) Fondatore e consigliere d'amministrazione di questa era Robert Wöhrle che dunque contribuì a liquidare ciò che nel 1989 aveva contribuito a fondare. Wöhrle è, in quanto bibliofilo con diploma federale, uno specialista riconosciuto del suo settore a Berna. Come presidente di Altra ritroviamo Richard Schaefer, presidente della BPG, succeduta alla Karfinco.(35) Secondo le convenzioni svizzere un comportamento del genere non era reato. Le linee guida della camera fiduciaria svizzera per la revisione contabile escludevano espressamente il pagamento illegale di tangenti all'estero dalle "azioni delittuose". Anche il consiglio federale dichiarò nel settembre 1993 che solo di rado era possibile riconoscere tangenti in base ai libri contabili e distinguerle da commissioni legali.(36)

Note:

1) Pacini veniva chiamato dal delegato della Saipem Paolo Ciaccia "il vero dominus occulto della Snam e dell'Agip". ("L'Espresso", 11.4.93)

2) Croce aveva trasferito il domicilio della società finanziaria Nadex SA da Lugano a Ginevra e fondato lì la Orox SA, mentre Pacini Battaglia contemporaneamente fece registrare la società finanziaria Karfinco al registro commerciale. A Roma i due fondarono una filiale dell' Orox , dove oltre a Pacini Battaglia e Croce anche il direttore dell' Agip Bruno Cimino e il presidente della SNAM Nicola Melodia facevano parte del consiglio di amministrazione.

3) Camera dei Deputati, IX. Legislatura, Disegni di Legge e Relazioni, Documenti, p.433

4) Nel 1991 Fritz Von Aesch era consigliere d' amministrazione della Borak SA a Cologny, che apparteneva al finanziere turco residente a Ginevra Mehemet Karamehmed, la cui Cukurova holding comprò la filiale svizzera della BCCI ( vedi p.181).

5) "Panorama", 28. 3. 93

6)Interrogatorio condotto da Antonio Di Pietro il 2. 2. 94

7) Negli anni 1986 e 1987 2,5 milioni di dollari passarono dalle casse dell'ENI ad una Corak Ltd. senza visibile contropartita (Verbale dell'interrogatorio di Pacini Battaglia del 2.2.94, p.89)

8) Registre de Commerce, Genève, dossier no. 2423, 1981 (vedi p.107)ù

9) Verbale dell'interrogatorio di Pacini Battaglia, 26.3.93

10) Azionisti fondatori della banca furono Pacini Battaglia e il suo socio Franco Noel Croce con 750.000 franchi per uno, inoltre la Karfinco Holding NV (Amsterdam) di Pacini Battaglia con 13,5 milioni di franchi.

11) Il direttore generale della filiale svizzera della più grande Investment Bank Paribas francese era allora Michel de Werra. La Paribas (Svizzera) fu fino al 1989 la banca di riferimento della Sasea di Florio Fiorini, finchè essa passò questo cliente alla concorrente Crédit Lyonnais. Prima di diventare direttore generale a Ginevra, de Werra si era affermato alla filiale della Paribas a Lugano. Nell'estate 1995 si svolse a Parigi un'istruzione penale contro il presidente della Paribas André Lévy-Lang per

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supposto falso in bilancio.

12) Gherardi era socio della Compagnie Financière du Chateau d'Allaman insieme con il direttore generale della Paribas Michel de Werra e l'avvocato di Losanna Paolo Gallone. Gallone ha dichiarato al giornale "El Pais" all'inizio del 1996 di avere gestito a Losanna società per il presidente corrotto della Guardia Civil spagnola. Gallone era anche presidente della Multi Media Consult di Ginevra, del cui consiglio di amministrazione faceva parte Markus Binggeli della Fidinam Fiduciaire di Ginevra.

13) Il gruppo Cortaillod, nel cui consiglio di amministrazione era presente anche l'ex presidente della FDP e presidente della Sasea Yann Richter, appartiene al gruppo industriale francese Alcatel-Alsthom. Contro il presidente dell'Alcatel Pierre Suard la giustizia francese indagò per supposti reati economici.

14) L’insieme degli azionisti con diritto di voto mostrò una composizione leggermente mutata. Accanto a Pacini Battaglia e a Croce compare per la prima volta come azionista anche Roger Francis. E ancora la casalinga Adelheid Da Empoli-Gautschi di Interlaken, Luigi Paolo Serra di Cassano di Panama City e le cinque società panamensi Doren Overseas, Morland Overseas, Morland Finance, Pelter Business Corp. e Malden Overseas. Nel consiglio d'amministrazione della Karfinco erano presenti nel 1991 oltre al presidente Franco Croce e al vicepresidente Pacini Battaglia anche l'ex direttore generale del Bankverein Hubert Baschnagel, il direttore della Karfinco di Ginevra Marcel Delley e Giovanni Gilardoni di Roma. C’era poi il consigliere finanziario di Lugano Sergio Bassi, al cui indirizzo (Via dei Solari 4) si trovava anche la filiale di Lugano della banca Karfinco.

15) Croce perdette anche i suoi mandati alla Snamprogetti International, la Snamprogetti SA e l' affiliata della Snamprogetti Comerint, tutte a Ginevra.

16) "Corriere della Sera", 30. 7. 93

17) Anche la composizione di alto livello del consiglio di amministrazione della Fidirevisa, presieduto da Schäfer, indica l'importanza dell'uomo dell'Oberland bernese. Vi si trovano accanto all'inglese Michael Golding di stanza a Milano e Gilberto Zwahlen, presidente della sezione ticinese della camera fiduciaria svizzera, residente a Lugano, anche Hansjakob Strickler, direttore di Ringier (?) e Luciano Giudici, consigliere d'amministrazione della Banque Bruxelles Lambert (Svizzera ). Schäfer aveva un filo diretto anche con la Fidinam di Ginevra: il procuratore della Fidirevisa di Ginevra Christian Durussel firmava anche come direttore della Fidinam di Ginevra.

18) La Arner Bank era stata perquisita nel dicembre 1994 dalla polizia in relazione ad un affare di tangenti di Berlusconi (cfr. capitolo 10)

19) Calvi, Fabrizio, e Sisti, Leo: ‘Les Nouveaux Réseaux de la Corruption’. Parigi, p.292

20) Qui basti dir questo: nel 1989 Pacini Battaglia pagò al presidente dell' ENI Sergio Cragnotti per ordine di Maddaloni una tangente di 5 miliardi di lire (verbale dell' interrogatorio di Pacini Battaglia del 2.2.94, p.129 segg.). Retroscena era un contratto per la costruzione di un petardo all'etilene, che la TPL aveva concluso con l'Enichem, la società precedente l'Enimont. Quando l'Enichem nel 1989 si fuse con la Montedison a formare l'Enimont, il nuovo uomo di punta dell'Enimont, Raul Gardini, voleva togliere il contratto alla TPL. La TPL potè conservarlo solo prchè Maddaloni pagò una tangente al topmanager di Gardini Cragnotti.

21) Rappaport è anche presidente della Bank of New York - Inter Maritime Bank. I consigli di

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amministrazione delle sue società furono da lui dotati di nomi prestigiosi come l'ex consigliere federale Nello Celio o il professor Raoul Oberson.

22) Lucio Velo, presidente della Arner Bank, era anche consigliere d'amministrazione della Norfinsud.

23) Nel dicembre 1988 sottoscrisse 10 azioni con diritto di voto a 100 franchi.

24) La United Overseas Bank (Ginevra) è una Joint-venture della Dresdner Bank e della Banque Nationale de Paris (BPN).

25) Verbale dell'interrogatorio di Pacini Battaglia, 10.3.93

26) Verbale dell'interrogatorio di Pacini Battaglia, 26.3.93

27) "Le Figaro", 2.4.91

28) Verbale dell'interrogatorio di Pacini Battaglia, 26.3.93

29) "Neue Zürcher Zeitung", 7.2.94

30) "Milano Finanza", 23.9.93

31) "Milano Finanza", 15.2.94

32) Intervista a Giorgio Laganà, giugno 1994

33) Nel marzo 1992 Pacini Battaglia aveva fatto versare una tangente sul suo conto presso la Allgemeine Bank Nederland, con l'annotazione "Defouni". Il denaro era destinato al socialista Claudio Signorile e fu pagato da Enzo Papi, direttore dell'impresa di costruzioni Cogefar del gruppo Fiat. ("L'Espresso", 23.5.93)

34) Era rappresentata dalla Fiduciaria Kristall con potere di firma.

35) A proposito di Richard Schäfer vedi anche p.385.

36) "Neue Zürcher Zeitung", 7.2.94

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9 LA CENTRALE DEI FONDI NERI DI FERRUZZI A LOSANNA

"Il mio ruolo nell'ambito del gruppo Ferruzzi consisteva nella gestione di fondi fuori bilancio, sia per il gruppo che per la famiglia Ferruzzi"(1). Questa confessione Giuseppe Berlini la fece nell'ufficio del procuratore Antonio Di Pietro a Palazzo di Giustizia a Milano, quando il 25 luglio 1993 si presentò con due grosse valigie piene di documenti e estratti conto bancari. Giuseppe "Pino" Berlini si occupava allora in qualità di leale amministratore delegato del presidente della Ferruzzi Raul Gardini della cassa dei fondi neri a Losanna. Le coraggiose rivelazioni, che fece al pubblico ministero, gettano luce sulle consuetudini diffuse in un ambiente che altrimenti resta ignoto ai comuni mortali: la gestione finanziaria di un ambizioso clan familiare miliardario - in franchi, non in lire ! Grazie ai fondi neri custoditi da Pino Berlini a Losanna, sia il gruppo Ferruzzi che le casse private delle varie ramificazioni dei membri del clan potevano aggirare in tutto il mondo le disposizioni e le leggi dello stato. Pino aveva creato per la Ferruzzi, in Svizzera, una vera e propria finanza parallela segreta e in ciò si valeva solo di collaboratori di prima qualità, come l'ufficio fiduciario KPMG Fides (Losanna) o la Fidinam Fiduciaire a Ginevra. Della struttura finanziaria in nero di Berlini si parlerà presto dettagliatamente, ma, come si conviene in questi ambienti, prima di passare alle rivelazioni dell'amministratore delegato è il caso di prendere in considerazione il padrone.

FIDUCIANTI IN ITALIA

I Ferruzzi erano da generazioni commercianti di cereali residenti a Ravenna. All'inizio del "miracolo economico" italiano nei primi anni '50 il presidente fondatore Serafino Ferruzzi entrò nel settore immobiliare e nel business del cemento (Calcestruzzi, Cementi Ravenna). Nel 1957 il giovane Raul Gardini sposò Idina, la figlia del patriarca. Nel corso degli anni '60 e '70, il gruppo Ferruzzi si espanse nel settore edilizio e immobiliare italiano e divenne una presenza notevole nel business agronomico internazionale con filiali nel mondo intero. Serafino Ferruzzi era considerato allora la personificazione degli aspetti migliori del capitalismo familiare italiano: partendo dal commercio di prodotti agricoli della pianura del Po aveva messo insieme quasi inosservato nella città di provincia di Ravenna un impero economico di portata mondiale. Rivelatore del suo stile negli affari è l'acquisto del quotidiano romano "Il Messaggero", agli inizi degli anni '70. Poiché l'informazione del giornale sul suo gruppo non gli andava a genio, senza pensarci su si comprò la casa editrice. Il presidente fondatore morì nel 1979 quando il suo LearJet si schiantò al suolo all'arrivo all'aeroporto di provincia di Forlì. Nuovo patriarca della Ferruzzi non divenne il primogenito di Serafino, Vittorio, ma il genero Raul Gardini. Il cognato di Raul, Carlo Sama, e Vittorio Giuliani Ricci, che avevano sposato le altre due figlie di Ferruzzi, entrarono nel top management dell'azienda a conduzione familiare. Nel corso degli anni '80 Gardini moltiplicò rapidamente l'eredità di Serafino. Nel 1981 acquistò la Béghin-Say, la più grande azienda produttrice di zucchero, e la fuse con Eridania, leader italiana nel settore. La sua posizione nel settore della stampa fu completata dall' acquisizione della maggioranza delle azioni della stazione televisiva Telemontecarlo.(2) A metà degli anni '80 rivolse infine l'attenzione al gruppo chimico Montedison, allora il terzo gruppo industriale privato più importante d'Italia dopo Fiat e Olivetti. Attraverso prestanome, come Pino Berlini, e soci in affari, come il banchiere francese Jean Marc Vernes e il finanziere milanese Gianni Varasi, Gardini si accapparrò segretamente le azioni Montedison. Nel dicembre 1987 l'acquisizione, condotta in modo scorretto, fu infine perfezionata. Il presidente della Montedison Mario Scimberni, che gli aveva creato difficoltà, dovette dare le dimissioni.(3) Poi Gardini riunì la Ferruzzi e la Montedison nella Ferfin Holding e trasferì la sede principale da Ravenna a Milano.

INSPIEGABILI OPERAZIONI FINANZIARIE A ZURIGO

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Per prima cosa, Gardini fece redigere un rapporto di revisione esterno su tutte le società Montedison, tra queste la Montedison International a Zurigo. La relazione, consegnata nell'autunno 1988, appurava operazioni finanziarie inspiegabili soprattutto alla Montedison International NV a Curaçao, nelle Antille olandesi.(4) Vennero alla luce ad esempio anche contratti di consulenza della Montedison International NV con la Tradilor di Ginevra. La Tradilor apparteneva a Carlo Massimiliano Gritti, l'ex presidente del servizio segreto della Montedison, interno all'azienda, nell'era del presidente Eugenio Cefis all'inizio degli anni '70. Più tardi Gritti divenne presidente della Montefibre strettamente collegata alla Montedison e quando infine Cefis,il suo padre spirituale, si ritirò a Zurigo, se ne andò pure lui in Svizzera a Ginevra. Allora Gardini archiviò con discrezione questo rapporto, ma nel corso di un'operazione segreta trasferì la sede della Montedison International da Zurigo a Lugano-Viganello. Dopo il crollo dell'Enimont nel 1989 (vedi p.215 segg.) e una grande speculazione sbagliata con Sojafutures al mercato a termine di Chicago (5), Gardini ruppe con i discendenti di Ferruzzi Arturo, Franca e Alessandra. Sua moglie Idina, pure figlia di Severino, restò dalla sua parte e i due si fecero liquidare nel 1991 dalla ditta di famiglia con 505 miliardi di lire. (6) Gardini fondò una nuova ditta, la Gardini Srl, ereditata da suo figlio Ivan. Due anni dopo la grande lite in famiglia, il passato riafferrò Gardini. Vennero alla luce i suoi affari di tangenti. Il suo complice, il presidente dell'ENI Cagliari, aveva confessato tutto. In quei giorni caldi del luglio 1993, l'Italia visse la fase più drammatica di Mani Pulite: il 20 luglio il presidente dell'ENI Gabriele Cagliari fu trovato morto con un sacco di plastica sul capo nella sua cella a San Vittore. Tre giorni più tardi, Raul Gardini si diede la morte con una pallottola nel suo appartamento di lusso in Piazza Belgioioso a Milano. Aveva un mandato di comparizione sul tavolo e il giorno stesso avrebbe dovuto essere interrogato da Di Pietro. Ciò che non sapeva: era già stato firmato il suo ordine d'arresto. Idina, la sua vedova, che era stata sempre molto religiosa, entrò più tardi in convento.

FIDUCIARI IN SVIZZERA

Prendiamo ora in esame il leale amministratore svizzero di Gardini. Solo poche ore dopo la morte dell’imprenditore italiano, gli avvocati di Giuseppe Berlini, residente a Losanna, segnalarono alla procura di Milano la disponibilità del loro mandante a rispondere alle domande. Ciò che Berlini ignorava: Di Pietro aveva già firmato anche il suo ordine d'arresto. Dopo che Roberto Magnani, il direttore generale della finanziaria Ferruzzi, all'inizio di luglio aveva cominciato a cantare, i procuratori sapevano del ruolo centrale di Berlini quale "piattaforma girevole dei fondi neri" in Svizzera. L'ex portiere d'albergo Berlini era stato inviato a Losanna all'inizio degli anni '70 dal presidente fondatore Serafino Ferruzzi per sostituire il suo uomo di fiducia Florence Ley Ravello. Berlini creò rapidamente una struttura segreta per gli affari finanziari fuori bilancio del vecchio Serafino. La piattaforma girevole segreta dei fondi neri Ferruzzi fu amministrata dal 1980 al 1991 dalla Partival SA (domicilio in Avenue de Rumine 20 presso la fiduciaria KPMG Fides). L'acquisizione della Partival coincide con l'ascesa di Gardini a capo della Ferruzzi. La Partival era già stata fondata nel 1968 con il nome Rapaga e fu controllata, dal 1975 al 1980, dal finanziere pachistano Mohammed Mir Khan. Consigliere d'amministrazione della Partival era l'avvocato di Losanna e direttore generale della KPMG-Fides Eric Baudat. Il suo mandato finì nel settembre 1986. Dal marzo 1985 Baudat era anche consigliere d'amministrazione alla Sasea di Florio Fiorini, dal 1989 al 1991 egli firmò come presidente. Altri consiglieri d'amministrazione della Partival erano Charles-Daniel Pache e François Kirschmann, uomini della KMPG-Fides. Nell'ottobre 1991 la Partival fu liquidata e, contemporaneamente, Berlini fondò la Solem Gestion SA, anch'essa domiciliata nella sede della KPMG-Fides. Pache e Kirschmann rimasero nel consiglio d'amministrazione dove comparve per la prima volta anche Berlini. Quest'operazione fece allora capire chiaramente agli addetti ai lavori che Berlini, dopo la scissione di Gardini dal gruppo Ferruzzi, era rimasto con il primo. (7) Berlini ricavava i fondi neri o mediante prestiti delle società legali affiliate alla Ferruzzi, ammortizzate periodicamente nella contabilità

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ufficiale come perdita dovuta alle tasse, o mediante i cosiddetti affari "back to back". Vengono chiamati "affari back-to-back" i finanziamenti in cui importanti società offrono in segreto garanzie per una società oscura, rendendola degna di fiducia. Così le società offshore di Berlini avevano credito presso le banche solo grazie alle garanzie e fideiussioni di importanti società Ferruzzi. Berlini descrisse in questo modo ai procuratori le sue tecniche finanziarie: "Per poter eseguire le mie operazioni economiche in maniera discreta, avevo creato uno schermo protettivo di società offshore. Bisogna infatti sapere che la legislazione commerciale nelle cosiddette zone offshore è molto generosa: nessun obbligo di tenere i libri, esenzione fiscale, segreto bancario assoluto. Su queste piazze si può operare senza che terzi possano sapere chi si nasconde dietro le transazioni. Le società offshore si possono comprare belle e pronte direttamente in Lussemburgo ma anche in Svizzera, ad esempio a Ginevra o a Friburgo, da fiduciari specializzati. Oppore si può farsene fondare una nuova nel corso di una settimana. Si possono stipulare anche contratti fiduciari e servirsi così di società preesistenti per i propri movimenti finanziari bisognosi di discrezione. Le più importanti piazze offshore sono, in base alla mia esperienza, le isole britanniche del Canale, le isole Vergini britanniche, Curaçao, Panama, le Bahamas, Irlanda e Lussemburgo. Io stesso ho gestito da quattro a cinque società offshore di questo tipo a Panama e nelle Isole Vergini britanniche. Inoltre mi servivo, per compiti speciali, anche della Fidinam a Ginevra, dove collaboravo con il Signor Binggeli".(8)

IL CASO ELOSUA

Un esempio della collaborazione di Berlini con la Fidinam Fiduciaire (9) di Ginevra è il caso Elosua. Il retroscena di questo caso è stato illustrato ai procuratori, il 22 novembre 1993, da Renato Picco, direttore finanziario di Eridania (si chiamava così la più grande impresa italiana produttrice di zucchero appartenente a Ferruzzi) come segue: "Elosua è la più grande produttrice d'olio spagnola. Era controllata dal governo spagnolo, dal Banco Pastor e dalla famiglia Elosua. Nel luglio 1989 i fratelli Andreas e José -Manuel Elosua resero noto il loro desiderio di vendere la propria partecipazione del 30%. Il gruppo Ferruzzi, che in Spagna controllava già l'importante ditta produttrice d'olio d'oliva Koipe, era intenzionato a comprare. Avrebbe tuttavia dovuto fare un'offerta pubblica di acquisto, perché la partecipazione da comprare superava il 25%. Inoltre, sarebbe divenuto noto il controllo della Koipe da parte della Ferruzzi che avrebbe dominato il mercato spagnolo dell'olio d'oliva e sarebbe entrata in conflitto con le leggi antimonopolio. Stando così le cose, 448.071 azioni Elosua furono rilevate dalla Fidinam.(10) Il dott.Gardini mi aveva detto, allora, che Berlini mi avrebbe fatto conoscere il nome della società acquirente, che mi fu poi indicato come Fidinam, una nota società fiduciaria internazionale. 420.000 azioni furono comprate su incarico del [banchiere francese] Jean Marc Vernes dalla [banca francese] Paribas."(11) Berlini stesso aveva fatto luce già il 15 settembre 1993 sul caso Elosua: "Dal luglio al novembre 1989 comprai con la mia struttura, su ordine del Dott. Gardini e del direttore dell'Eridania Renato Picco, 450.000 azioni Elosua del valore di ca. 36 milioni di dollari. Lo scopo di quest'operazione era l'entrata dissimulata della Ferruzzi in Elosua per impedire un rialzo delle quotazioni alla borsa di Madrid. Più tardi, la mia struttura cedette queste azioni al gruppo Ferruzzi". (12) Alcuni mesi dopo questi acquisti mascherati, Gardini cominciò a trattare con il governo spagnolo su un'offerta pubblica di acquisto per la Elosua, cosa che non portò tuttavia ad alcun risultato. Infine la Koipe comprò nel giugno 1991 il 24,9 % della Elosua, il massimo consentito secondo la legge dei cartelli senza offerta pubblica di acquisto, vale a dire 448.071 azioni della Fidinam e 298.929 della Paribas. Nel settembre 1992 si pervenne infine con successo ad un’offerta comune di acquisizione della Koipe e della statale Tabacalera per Elosua. Purtroppo però il prezzo delle azioni dell'offerta era più basso di quello che la Fidinam aveva pagato al suo acquisto fiduciario per Gardini. "Nel novembre 1992 Berlini mi comunicò che il saldo dell'operazione Fidinam era stato negativo".(13) Dopo delle trattative, la Ferruzzi risarcì infine alla Fidinam una parte delle perdite per l'operazione fiduciaria.

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UN BUCO DI MILIONI A LUGANO

Il 28 giugno 1993, appena un mese prima della scomparsa di Cagliari e Gardini, Carlo Sama, delegato del consiglio di amministrazione, rese nota del tutto inaspettatamente all'assemblea generale della Montedison una perdita di 742 miliardi di lire per la Montedison e di 1.697 miliardi per tutto il gruppo Ferruzzi-Montedison e annunciò le sue dimissioni. A Lugano era venuto alla luce poco prima un buco di 320 miliardi di lire alla Montedison International (Lugano-Viganello). (14) Spiegazione: crediti irrecuperabili. Più tardi la cifra aumentò ulteriormente fino a 435 miliardi di lire. (15) Concretamente il buco in bilancio era emerso alla Financing and Investments NV (FAI) a Curaçao nelle Antille olandesi, un'affiliata della Montedison International a Lugano-Viganello. La Montedison International (capitale: 834 milioni di franchi) era presieduta allora dal manager della Ferfin Romano Venturi. Vicepresidente era il consigliere d'amministrazione della Kreditbank, Hanspeter Bruderer, consigliere d'amministrazione e direttore generale era Emilio Binda, consiglieri d'amministrazione erano il consigliere d'amministrazione della Karfinco, Hubert Baschnagel, il vicepresidente della Banca del Gottardo, Francesco Bolgiani, Alberto Ferrari, il direttore generale della SBG Karl Janjöri e il noto avvocato d'affari Carlo Sganzini, socio dello studio dell'ex procuratore Paolo Bernasconi.

LA REVISIONE CURATOR DORMIVA

Quando un grande gruppo industriale come la Montedison il giorno dell'assemblea generale è costretto a rivelare una perdita di miliardi, di cui fino allora non si sapeva nulla, può essere che i revisori contabili, che nelle società per azioni sono responsabili della contabilità regolare, non siano all’altezza del loro compito. La revisione della Montedison era affidata alla Price Waterhouse, il cui collaboratore Matteo Dunatov certificava i bilanci di Montedison e Ferruzzi finanziaria. "Dov'erano i revisori?" si è chiesto "L' Espresso". Dunatov: "In un gruppo così ramificato la Price non poteva fare tutto da sola. Numerose società erano controllate da altri revisori, ad esempio la Deloitte , la Reconta o l'Arthur Andersen. E noi coordinavamo tutto. La società in cui si è presentato il buco era stata esaminata dalla Curator Zuerich. "Espresso": E che cosa le ha scritto la Curator? Il signor [Ernst] Esslinger ci ha inviato il suo attestato incondizionato che tutto era in ordine. - E ora, avete richiesto chiarimenti? - Cerchiamo di capire tutto meglio e riesaminiamo le nostre precedenti valutazioni. Se Esslinger dichiara di conoscere la Financing and Investments NV, che non figura nell'elenco delle società da consolidare, deve anche sapere a chi questa società ha prestato denaro". Interpellato a questo proposito dall' "Espresso", Ernst Esslinger disse lapidario: "La Financing and Investments è stata sempre una società poco attiva". (16) Il 30 agosto 1993 la società di revisione Deloitte & Touche produsse la relazione analitica sulla Montedison International a Viganello, richiesta dal nuovo uomo di punta della Montedison, Guido Rossi. In essa la Financing and Investments NV si rivela una rilevante interfaccia tra la Ferruzzi-Montedison legale e la cassa fuori bilancio di Giuseppe Berlini: "Secondo informazioni della direzione della Montedison International (Viganello) l'operazione Fal faceva parte di quelle transazioni che sono state compiute per ordine dei massimi esponenti della Ferruzzi-Montedison a favore di terzi sconosciuti. Dal dicembre 1988 all'ottobre 1992, la Montedison International NV, Curaçao, ha concesso crediti straordinari a terzi, estranei alla Montedison. Questi finanziamenti furono accordati a banche, per cui usualmente valevano convenzioni che permettevano a terzi l'accesso alla somma in questione, o furono concessi direttamente a terzi. Ad esempio, a Clubeira Establishment Eschen, Fürstentum Liechtenstein; Etablissement Valina / Fidinam Fiduciaire SA, Ginevra (17); Wesex, Panama; Greengage Investments Ltd. Tortola, British Virgin Islands; Yerovi SA, Panama. Una parte di queste società collaborava anche con la Ferruzzi Trading International SA. I motivi di questi finanziamenti non risultavano dai documenti presi in esame. La direzione della Montedison International [Lugano], che predisponeva materialmente le relative somme, ha dichiarato di non aver conosciuto né il motivo del pagamento né il destinatario finale e di aver agito per ordine dei massimi

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esponenti della Ferruzzi-Montedison. Il collegamento di questi finanziamenti con convenzioni fiduciarie a favore di terzi non risulta né dal bilancio della Montedison International NV nè dal conto consolidato della Montedison SpA di Milano."(18) Giuseppe Berlini ha confermato le indicazioni di Deloitte & Touche. Interrogato dal procuratore Di Pietro, nominò 23 società con cui nel corso del tempo aveva compiuto transazioni per la famiglia e per il gruppo Ferruzzi. A questi nomi ha aggiunto quelli delle più importanti banche a cui ogni società appoggiava le proprie operazioni finanziarie. (19) Nell'aprile 1994 la Montedison ha intentato un’azione legale contro Price Waterhouse per carenze nel controllo durante la decennale attività di revisione, dal 1983 al 1992, e chiesto il risarcimento-danni di più di 1.000 miliardi di lire (allora circa 850 milioni di franchi). Il 18 giugno la Ferruzzi Finanziaria replicò con un'analoga denuncia contro la Price per 650 miliardi di lire. Furono queste le prime grandi azioni giudiziarie a chiarimento delle responsabilità nel controllo delle società di revisione in Italia.(20) La Curator svizzera invece, che revisionava la Montedison International Holding di Lugano, restò al riparo da una denuncia, ma perdette il mandato di revisione che passò alla Deloitte & Touche Experta. Fondatore e uomo di punta della Curator, un gruppo quanto mai ramificato, era il ticinese Giancarlo Cappello, che abitava in un sobborgo di Zurigo. (21) Fino al 1990, Cappello fu anche presidente della Revisione Curator prima che gli succedesse Ernst Esslinger. (22) Diversamente dalla Price Waterhouse, che a causa della sua attività per la Montedison in Italia dovette subire molti attacchi della stampa e una denuncia miliardaria, la Curator fu risparmiata da critiche.(23) Strano veramente, se si pensa che i rendiconti annuali di gestione della Montedison International, da questa esaminati e convalidati, secondo le confessioni dei suoi massimi dirigenti, contenevano sempre, dal 1984 al 1992, movimenti di fondi neri fino a cifre miliardarie. In Svizzera, la prassi della revisione ostacola la lotta ai reati economici. Questa era la conclusione di una dissertazione di San Gallo sul ruolo deirevisori contabili nella scoperta di crimini economici. (24) Ciò può essere spiegato chiaramente con l'esempio della Revisione Curator. Per circa venti anni Cappello o i suoi manager controllarono diverse affiliate svizzere del gruppo statale ENI e la Montedison di Raul Gardini. Cappello faceva contemporaneamente parte anche di alcuni consigli di amministrazione ENI in Svizzera. Per tutti questi anni, l'ENI e la Montedison furono tra le società più corrotte in Italia. Tangenti di molte centinaia di milioni di franchi passarono per le casse delle loro affiliate svizzere. Ma di questo i revisori della Curator non si interessavano. Conformemente alle direttive della camera fiduciaria svizzera, la scoperta della criminalità economica non è l'obiettivo di un normale controllo del bilancio annuale da parte dell'istituto di revisione. Inoltre, come già ricordato, questi principi stabiliscono che il pagamento illegale di tangenti o l'infrazione di disposizioni in materia di diritto tributario sono espressamente escluse dalla categoria delle azioni delittuose. Finchè questi principi di revisione superati non saranno sostituiti da norme più severe, le pecore nere tra i fiduciari svizzeri avranno via libera. Questo incide tanto più negativamente in quanto è aumentata l'importanza della lotta ai reati economici mediante la revisione, da quando il paragrafo sul riciclaggio di denaro rende difficile l'utilizzo del sistema bancario per legalizzare il denaro sporco. Se i riciclatori operano in nome di società di copertura con finti affari e ricevute falsificate, possono semmai essere d'aiuto solo tecniche di controllo di più facile uso.

ENIMONT: "LA MADRE DI TUTTE LE TANGENTI"

Il presidente della Ferruzzi Raul Gardini può rivendicare di avere pagato la tangente più alta d'Italia, "la madre di tutte le tangenti". Nel 1989 ENI e Ferruzzi-Montedison decisero di fondersi con il nuovo nome di Enimont. Ogni partner della Joint-venture doveva tenere il 40% delle azioni Enimont, il restante 20% era destinato al libero mercato. Gardini non si attenne ai patti e fece comprare segretamente in borsa azioni Enimont dai suoi alleati (25) In questo modo controllò infine il 51% di Enimont. Gardini voleva quindi assumere il potere, cambiare il consiglio di amministrazione e allontanare dal management gli uomini dell'ENI. Il piano fallì. Il 9 novembre il presidente del tribunale

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di Milano Diego Curtò ordinò il sequestro delle azioni Enimont di Gardini e dell' ENI e convocò l'avvocato socialista e consigliere d'amministrazione della Banca Commerciale Italiana Vincenzo Palladino dall'amministratore fiduciario di queste azioni. (26) Gardini capì che l'ENI, controllata dai socialisti, non gli avrebbe ceduto mai il dominio esclusivo sull'Enimont. Il 22 novembre rese nota la vendita all’ENI della sua quota Enimont del 40%. Nei 13 giorni tra il 9 e il 22 novembre, l'ENI e Ferruzzi si erano accordati. L'ENI era disposta a pagare per le azioni un prezzo di riacquisto maggiorato: 2.805 miliardi di lire. Affinchè i politici e i grandi partiti sostenessero questo mercato delle vacche, Gardini avrebbe distribuito una tangente ammontante a 130 miliardi di lire (allora più di cento milioni di franchi). Di fatto questo sporco affare equivaleva ad un furto ai danni del patrimonio statale italiano e del contribuente fiscale italiano. Giuseppe Berlini, Giuseppe Garofano, Carlo Sama e il presidente finanziario della Montedison, Roberto Michetti, hanno rivelato nei dettagli ai pubblici ministeri la storia di questa enorme tangente. Il direttore finanziario Michetti propose di pagare la mazzetta ai socialisti attraverso la Montedison International NV, Curaçao, che aveva nelle sue casse tra i 15 e i 20 milioni di dollari. Michetti prese contatto con il direttore finanziario dell'ENI, Enrico Ferranti. Questo gli indicò la Allied Engineering Ltd. (Londra) che avrebbe emesso una fattura falsa alla Montedison International, che lui Michetti avrebbe pagato. Il denaro passò così dalla Montedison all'ENI. La Allied era una società del tesoriere dei fondi neri dell'ENI Pacini Battaglia e veniva diretta dal suo collaboratore Roger Francis. (27) Francis inviò, come ordinato, una fattura della Allied per più di 10,5 milioni di dollari alla Montedison International NV, che fu pagata prontamente il 17 gennaio 1991. Quindi Pacini Battaglia, secondo le indicazioni del direttore finanziario dell'ENI Ferranti, distribuì il denaro al partito socialista e a diverse persone nell'ambito di influenza dei socialisti come ad esempio il direttore dell'ENI Gabriele Cagliari. Con ciò Berlini e Pacini Battaglia avevano suddiviso con successo la quota della tangente Enimont spettante ai socialisti.

I PECCATI DELLA BANCA VATICANA

I pagamenti alla Democrazia Cristiana erano di competenza dei due uomini di fiducia di Gardini, Sergio Cusani e Luigi Bisignani. La raccolta fondi per la quota di questa tangente passò per affari immobiliari fittizi di Gardini a Roma a carico della Montedison. I fondi così procurati figuravano in forma di cosiddetti CCT. I CCT sono obbligazioni di cassa della Repubblica italiana al portatore e avrebbero potuto compromettere i loro destinatari, mediante il numero di serie, se fossero stati venduti ad una banca. I democristiani insistettero per avere denaro contante. Poiché Cusani, l'uomo di fiducia di Gardini, aveva buoni rapporti con il Vaticano e con la banca vaticana IOR, il procuratore Di Pietro suppose che lo IOR avesse riciclato una parte delle tangenti Enimont, vale a dire cambiato i CCT in denaro contante. Nell'ottobre 1993 Di Pietro presentò al Vaticano una richiesta di assistenza giuridica. Senza grande speranza, in verità, perché Pio Cipriotti, giudice supremo del Vaticano, non l’aveva mai concessa prima alla giustizia italiana. Già dopo il crollo del Banco Ambrosiano nell'anno 1982 il Santo Padre aveva rifiutato la collaborazione e aveva protetto Paul Marcinkus, l'arcivescovo a capo dello IOR, gravemente incriminato. Karol Wojtyla preferì vendere il Banco di Roma per la Svizzera, filiale IOR, alla SBG e rabbonire i creditori danneggiati dell'Ambrosiano con i 241 milioni di dollari così ricavati. (28) Nel 1987 il papa rifiutò una richiesta di estradizione a Milano dell'arcivescovo Marcinkus, richiamandosi ai patti lateranensi, stipulati con Mussolini nel 1929. Ma nel dicembre 1993 il Vaticano, suscitando lo stupore generale, ebbe un ripensamento e, per la prima volta nella sua storia, concesse assistenza giudiziaria all'Italia in un caso di corruzione. E si trattò di una sorta di confessione che rivelò che anche nella Banca vaticana si pecca. (29) Sergio Cusani aveva collaborato con Luigi Bisignani che fungeva, senza legami con altri, da intermediario con il Vaticano. Bisignani era una figura pittoresca: giornalista dell'agenzia ANSA, membro della P-2 e consigliere di Licio Gelli, lavorò più tardi come uomo di collegamento di persone potenti, come Giulio Andreotti, con il Vaticano. Era

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anche buon amico dell'amico di Andreotti Lamberto Dini, più tardi direttore generale della Banca d'Italia e presidente dei ministri italiano. Dal 1989 Bisignani lavorò anche come "consulente esterno" di Raul Gardini. Bisignani, Cusani e il manager della Ferruzzi Carlo Sama, trattarono con monsignor Donato de Bonis, presidente dello IOR, la fondazione dell'Istituto San Serafino con domicilio presso lo IOR. Scopo della fondazione doveva essere quello di versare ai partiti italiani e ad altre opere caritatevoli generosi contributi. Bisignani riempì la cassa della San Serafino con obbligazioni statali da riciclare. Una parte del controvalore delle obbligazioni lo ricevette dallo IOR in contanti. (30) I partner della trattativa erano in stretti rapporti anche a livello personale. Monsignor De Bonis aveva unito in matrimonio in Vaticano il manager della Ferruzzi con Alessandra Ferruzzi, la figlia erede del gruppo industriale. Dopo che si era dimesso da presidente dello IOR, nel settembre 1993, il papa nominò Monsignor De Bonis prelato dell'Ordine di Malta.

MERCHANTBANK CRAGNOTTI & PARTNERS

Abbiamo già appreso da alcune testimonianze che gli acrobati della finanza pensano volentieri per "strutture", che oltrepassano paesi e legislazioni, eludono governi e parlamenti. Non si preoccupano di limitazioni economico-politiche nazionali. Sono instabili come il capitale che le attraversa. Cambiano sempre nome, domicilio, forma giuridica e personale - in totale conformità con le esigenze del giorno. Ad una buona "struttura" si addicono amministratori leali perché bisogna sfruttare al massimo ogni pertugio. Al di là di tutti gli intrecci organizzativi, una "struttura" è una rete di persone e di fedeltà mafiose. Un esempio è la "struttura Cragnotti & partners". Sergio Cragnotti era un manager in carriera della Ferruzzi nel settore finanziario e negli anni '80 era considerato il braccio destro di Raul Gardini. Nel 1990 comprò alla Matsack UK Ltd. di Londra nella Dublino irlandese una società di comodo senza impiegati di nome Standuff Limited, nel cui consiglio di amministrazione egli entrò con il suo collaboratore Paolo Opromolla. Più tardi anche Giuseppe Berlini, tesoriere dei fondi neri Ferruzzi a Losanna, e Jean Marc Vernes, alleato di Gardini in Francia, entrarono nel consiglio di amministrazione Standuff. A metà del 1991 la Standuff cambiò nome in Cragnotti & Partners. Da Raul Gardini, Arturo Ferruzzi e Carlo Sama in giù, l'intero top management responsabile degli affari finanziari internazionali della Ferruzzi - Montedison entrò nel consiglio di amministrazione, non escluso l'uomo di fiducia di Gardini, Sergio Cusani .(31) Già nel febbraio 1991 Cragnotti aveva fondato a Lugano la Cragnotti & Partners, Services, con domicilio nello studio legale Sganzini & Partner. A questa società seguì nel marzo 1991 la Cragnotti & Partners Finance, pure a Lugano. Del consiglio di amministrazione della C & P Finance facevano parte l'allora consigliere nazionale ticinese FDP Geo Camponovo di Chiasso, l'avvocato Carlo Sganzini, il manager della Ferruzzi-Montedison Paolo Opromolla e il presidente della Curator, Giancarlo Cappello. (32) Presidente della Cragnotti & Partners Finance era Roberto Marziale, consigliere delegato della Montedison International a Viganello. Marziale era, allora, nonostante avesse appena 30 anni, un esperto specialista finanziario internazionale. Aveva cominciato nel 1984 come praticante presso la Ferruzzi Services a Ginevra, era passato nel 1987 alla Montedison Finance Lugano, prima di diventare presidente della Montedison International. Marziale era anche consigliere d'amministrazione di Fal NV (Curaçao), dove, nel 1993, si era prodotto il buco già descritto di 320 milioni di lire. Inoltre Marziale era presidente finanziario della filiale Enimont a Lugano-Viganello. Quando nell'estate 1993 le pustole purulente si aprirono e Cragnotti entrò a far parte dei sospettati nello scandalo Ferruzzi-Montedison (33), il più scaltro Marziale se ne era già andato alla C&P. Nel maggio 1991 era stata fondata la Cragnotti & Partners Capital Investment Luxemburg. Azionista principale di questa Joint- venture era la C&P ( Dublino) con il 45 %, inoltre quasi due dozzine di banche famose detenevano quote di minoranza: ad esempio lo Schweizerische Bankverein l '8,1 %, la Rabobank (Svizzera) il 6,1 %, il Banco di Napoli il 5,1 % e il Crédit Lyonnais il 3,7 %. Del consiglio d'amministrazione facevano parte Giuseppe Garofano, manager della Montedison-Ferruzzi, Roberto Michetti e Paolo Opromolla. Mancavano Gardini e Cragnotti, dopo la rottura di Gardini con la famiglia

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Ferruzzi. I consiglieri d amministrazione svizzeri erano l' avvocato di Lugano Lucio Velo, Robert Villiger, legato al Bankverein e Hans C. Schulthess, uomo della fiduciaria Fides (34). Che la C&P Capital Investment lussemburghese avesse grandi progetti, lo mostra l'entrata di Stanislas Yassukovich nel consiglio di amministrazione. Negli anni '70, Yassukovich era la superstar degli euromercati e divenne più tardi presidente dell'associazione londinese di categoria Securities Association. Egli avrebbe dovuto procurare credibilità e rispettabilità alla C&P a Londra. All'inizio del 1994, Yassukovich lasciò di nuovo la C&P.(35) La C& P ha retto al tifone Mani Pulite, anche se fortemente ridimensionata.

C'E' VITA DOPO ENIMONT?

Dopo aver comprato nel 1994 le aziende alimentari IRI Cirio Polenghi De Rica (conserve,latte), allora privatizzate, Cragnotti annunciò sulla stampa il suo ritiro dagli affari finanziari. Diventò un industriale romano e si dedicò all'incarico di presidente dell’AS (Associazione sportiva) Roma e al "Messaggero", un giornale che aveva rilevato dai Ferruzzi dopo il loro crollo. Cragnotti non ha tuttavia interrotto del tutto i rapporti con la C&P da lui creata. I tre procuratori della sua Cirio International BV, Amsterdam, filiale di Lugano, e precisamente Gianni Patuzzo, Daniele Poggi e Raffaele Riva, firmano tutti e tre anche come procuratori della C&P Finance (Lugano). Poggi è inoltre procuratore della succursale di Lugano della società Cragnotti Compagnia Mobiliare SpA a Roma. L' ex presidente della C&P Roberto Marziale ha dato le dimissioni e ha fondato la società finanziaria Sagres da lui presieduta. Consiglieri d'amministrazione della Sagres sono: Lucio Velo, consigliere d' amministrazione della C& P in Lussemburgo, il socio di Velo Andrea Balerna (direttore della TS Truster) e Brunello Donati (consigliere d'amministrazione della Atlantis di Friburgo). Del consiglio di amministrazione della Sagres fa parte anche Silvano Grassi (direttore della filiale di Lugano della Società Finanziaria Chimica, una filiale dell'Enichem). Con ciò risulta chiaro che l' ENI non nutre alcun risentimento nei confronti dell' ex manager della Ferruzzi-Montedison Marziale. Che il rapporto tra ENI e Montedison sopravvivesse anche alla terribile avventura Enimont, costata la vita a due grandi presidenti, Raul Gardini e Gabriele Cagliari, lo dimostra il consiglio d'amministrazione della C&P Services (Lugano). Qui sedevano tranquillamente uno accanto all'altra al tavolo delle sedute, alla fine del 1995, la rappresentante dell'Enichem Fiamma Bindella e l'uomo della Montedison Fabio Gaggini. Si scambiavano solo ricordi? Ci farebbe veramente piacere sapere che affari venivano qui trattati.

Note:

1) Verbale dell'interrogatorio di Giuseppe Berlini, 25.7.93

2) Telemontecarlo fu venduta più tardi all'imprenditore e politico fiorentino Mario Cecchi Gori, che negli anni '90 divenne un imprenditore mediatico.

3) "L'Unità", 8.12.93. Nel dicembre 1993 Mario Schimberni fu arrestato dai procuratori di Mani Pulite per sospetto di falso in bilancio e finanziamento illegale dei partiti. L'accusa era che tra il 1984 e il 1987, prima che Ferruzzi rilevasse la Montedison, egli avesse aumentato i fondi neri alla Montedison International svizzera, usati probabilmente per corrompere i politici, a 500 miliardi di lire.

4) "Panorama", 31.12.93

5) Nel 1989 Gardini aveva cercato di mettere alle corde ("corner") il mercato della soia di Chicago con l'impiego di circa 350 milioni di dollari. Il termine tecnico, tratto dal linguaggio della borsa, significa

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acquisire tanti Futures (diritti d'acquisto del prossimo raccolto di soja), così che la libera offerta divenga troppo limitata e il prezzo della soja si alzi. Per cui Gardini, in una vendita controllata, avrebbe potuto valorizzare i suoi Sojafutures (diritti d' acquisto ad un prezzo più basso fissato prima). Ma la prassi di mettere alle corde ("corner") un mercato, mediante un massiccio intervento, è vietata in base al regolamento del CBOT (Chicago Board of Trade). Il presidente del CBOT Karsten Mahlmann costrinse Gardini a liquidare in perdita gran parte delle sue posizioni. Si dice che con ciò la Ferruzzi abbia perduto 350 milioni di dollari. Una parte di queste perdite Gardini le nascose nella struttura segreta di Berlini. Dopo la sua morte questi buchi vennero alla luce seminando sgomento tra gli azionisti di minoranza della Ferruzzi.

6) Nuovi presidenti divennero, accanto ad Arturo Ferruzzi, Carlo Sama e Vittorio Giuliani Ricci, sposati entrambi, come Gardini, con figlie del patriarca Serafino. Dopo i grandi scandali del 1993, la famiglia Ferruzzi fu estromessa dal gruppo. Questo fu risanato e ristrutturato con successo dal manager Guido Rossi, sotto la responsabilità della Mediobanca milanese.

7) Anche il presidente della Montedison Giuseppe Garofano, arrestato a Ginevra il 16 luglio, confermò nelle sue dichiarazioni l'importante ruolo di Berlini.

8) Verbale dell'interrogatorio di Giuseppe Berlini, 25. 7. 93, foglio n.5

9) Markus Binggeli era nel 1995 presidente della Fidinam Fiduciaire (Ginevra). Del consiglio di amministrazione facevano parte Tito Tettamanti, Rolf Macchi e Jean Steiner. Nel management firmavano Christian Durussel, Luis Arias, Patrice Aubry e Peter Wyss, la revisione era compiuta da Fidirevisa SA.

10) Alla stampa ticinese quest'operazione non era rimasta ignota. Il 4.10.89 il "Giornale del Popolo" scrisse che l'acquisto di azioni era avvenuto per via fiduciaria per un importante cliente italiano, probabilmente il gruppo Ferruzzi.

11) Verbale dell'interrogatorio di Renato Picco, 22.11.93

12) Verbale dell'interrogatorio di Giuseppe Berlini, 15.9.93

13) Verbale dell'interrogatorio di Renato Picco, 22.11.93

14) Come già ricordato, era emerso in questa ditta già nel 1988 un buco di 500 miliardi di lire, di cui fu attribuita la responsabilità all'allora capo della Montedison Mario Schimberni.

15) "L'Espresso", 11.7.93

16) ”L’Espresso”, 11.7.93

17) L'Istituto Valina (Etablissement Valina) ha una storia movimentata. Fu fondato nel 1935 dall'austriaco Helmuth Merlin, allora vicepresidente del famoso Praesidial- Anstalt di Vaduz. Nel 1979 Merlin fu sostituito nel consiglio di amministrazione da Markus Binggeli (Ginevra) e da Alfred Hasler (Vaduz). Binggeli era allora un ambizioso dirigente della filiale ginevrina della società fiduciaria Fidinam di Tito Tettamanti, Hasler era, dall'inizio degli anni '60, il più importante uomo di fiducia della Fidinam in Liechtenstein. Già nel 1982 Binggeli e Hasler lasciarono la Valina e furono sostituiti da Hannelore Donhauser e Edwin Nutt (entrambi di Vaduz). I due diedero a loro volta le dimissioni nel

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1988 a favore di Markus Hasler (Vaduz). (Per la storia della Fidinam vedi cap.16)

18) Assemblea Montedison SpA, Milano del 30 agosto 1993: Stralci del rapporto Deloitte & Touche, Gruppo Montedison International Holding Company

19) I nomi di queste 23 società e delle loro banche di riferimento sono: Carelle SA (Panama), banche di rif.: Indosuez (Luxemburg), BSI (Ginevra); Yerovi SA (Panama), banche di rif.: Indosuez (Lussemburgo), UOB (Lussemburgo), BSI (Nassau); Etablissement Valina SA (Vaduz), banca di rif.: BSI (Ginevra); Wesex Investment Inc.(Panama), banche di rif.: S.E.B.(Lussemburgo), UOB (Lussemburgo), Bank Leu (Ginevra); Honil Ltd.(Isola di Man), banche di rif.: CCF (Ginevra), UOB (Lussemburgo), Paribas (Nassau; Lamerton Holding Inc.(Panama), UOB (Lussemburgo), Indosuez (Lussemburgo); Amapola R.Estate Est.(Vaduz), banca di rif.: UOB (Lussemburgo); Xoil Corporation (Panama), banca di rif.: Banca del Gottardo (Nassau); Kiwexim(Panama), banca di rif.: BSI (Ginevra); Esib Smile (Vaduz), banca di rif.: BSI (Guersney); Sofilu Inc.(Panama), banca di rif.: BIL (Lussemburgo); Clubeira Est.(Panama), banca di rif.: Banca del Gottardo (Lussemburgo); Fidinam SA Ginevra, banca di rif.: BSI (Ginevra); Gratisalz SA (Panama), banca di rif.: BSI (Ginevra); Greengage Inv.Ltd.(Panama), Banca di rif.: Indosuez (Lussemburgo); Participations Européennes SA (Lussemburgo), banche di rif.: Indosuez (Lussemburgo), UOB (Lussemburgo); Luxembourg European Investment Holding SA (Lussemburgo), banche di rif.: UOB (Lussemburgo), Bank Leu (Ginevra), Compagnie Internacional de Industria y Comercio (Paraguay), banca di rif.: Bank Leu (Ginevra); Zinal Corporation,(Panama), banche di rif.: Bank Leu (Ginevra), BSI (Ginevra); Cross Hill Investments (Panama), Banca di rif.: BSI (Ginevra); Faltet SA (Panama), banca di rif.: DG Bank (Ginevra); Onley Inc.(Lussemburgo), banca di rif.:BIL (Lussemburgo); Union Securities (Lussemburgo), banca di rif.: BIL (Lussemburgo).

20) A livello internazionale la Price Waterhouse era già abituata a queste accuse. La società aveva convalidato per anni il bilancio alla malconcia e criminale Bank of Commerce and Credit International (BCCI), finchè l'istituto nel giugno 1991 fu chiuso improvvisamente dalle autorità. I liquidatori della BCCI, Touche & Ross, hanno perciò sporto denuncia contro Price e Waterhouse. Nel giugno 1994 presso un tribunale australiano si iniziò un'azione legale di 1,1 miliardi di dollari australiani. Si trattava qui del collasso della South Australia State Bank, i cui bilanci erano stati controllati dalla Price Waterhouse.

21) Come già ricordato, Cappello faceva parte anche dei consigli di amministrazione di numerose affiliate svizzere dell' ENI. E anche del consiglio di amministrazione della Enichem Finance - che veniva controllata dalla Curator Revision- e della Enimont International (Lugano), l'affiliata svizzera di quella Joint-venture tra Enichem e Montedison, e ancora di Cragnotti & Partners (Lugano), la Merchantbank fondata dal braccio destro di Gardini.

22) Altri mandati di consiglio d'amministrazione di Ernst Esslinger: Aerpat AG ( Zug); Girofina AG (Zug); Industrial Machinery Company (Zug); Curator & Horwath AG (Zurigo). (Fonte: Orell Füssli/ Teledata: Die Schweizer Wirtschafts-CD-ROM. Version 1996/1, giorno: 1.8.95

23) Un articolo sul ruolo della Curator apparve l'11 ottobre 1993 nel "Wall Street Journal Europe".

24) Gisler, Markus : ‚Wirtschaftsdelikte - Herausforderung für die Revision’. (‘Reati economici- Una sfida per la revisione’), Zurigo, 1994

25) L'11 % della quota libera lo accaparrarono fiduciariamente per Gardini la Investmentbank

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Prudential Bache statunitense, l'amico finanziere Gianni Varasi e il partner francese di Gardini, Jean Marc Vernes.

26) Il presidente del tribunale Curtò e Palladino finirono entrambi in prigione nel settembre 1993 perché erano stati compensati con tangenti per aver favorito l'ENI.

27) "L'Espresso", 15.8.93

28) La SBG diede alla banca acquistata il nuovo nome di Banco di Lugano.

29) Oltre che nello scandalo Enimont, il Vaticano era implicato in altri affari di tangenti. Al centro c'era il corrotto cardinale Fiorenzo Angelini, nel cui ufficio il pittore comunista italiano Renato Guttuso, poco prima della morte, passò alla fede cattolica. Dal 1970 Angelini era responsabile del settore sanità in Vaticano ed era inoltre presidente dell'associazione italiana dei medici e dei farmacisti. Egli interveniva di volta in volta presso Duilio Poggiolini che, nel ministero italiano per la salute, era responsabile dell'accettazione dei farmaci. Le ditte farmaceutiche che lo corrompevano, ottenevano che le loro nuove medicine comparissero subito nella lista dei farmaci mutuabili. (vedi p.56 segg.)

30) Calvi, Fabrizio et Sisti, Leo: ‘Les Nouveaux Réseaux de la Corruption’ . Parigi, 1990, p.238

31) Companies Register, Dublino.

32) Il socio di Cappello Ernst Esslinger era revisore della Montedison International (Lugano).

33) Nel 1994 Cragnotti fu condannato in prima istanza a Ravenna per reati economici ad una breve pena detentiva. Già nel 1993 era stato escluso dal commercio nell'Ontario canadese per insider-trading.

34) Tribunal d' Arrondissement de et à Luxembourg, Registre du Commerce et des Sociétés

35) ”Financial Times”, 7.3.94

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10 LUGANO - L'HINTERLAND DI BERLUSCONI

L'ascesa e la caduta di Silvio Berlusconi sono strettamente legate ai suoi affari non trasparenti sulla piazza finanziaria di Lugano. A metà degli anni '60 Berlusconi era un giovane speculatore immobiliare ambizioso, e il suo primo grande quartiere residenziale per 4.000 inquilini lo fece sorgere a Brugherio, a nord di Milano. Il capitale necessario arrivò dalla Svizzera. Socio occulto dell'impresa costruttrice di Brugherio (Edilnord società in accomandita Silvio Berlusconi e soci) era la Società finanziaria per residenze s.p.a. (Lugano), rappresentata dall'avvocato ticinese Renzo Rezzonico. La finanziaria svizzera fornì alla Edilnord il capitale, mentre Berlusconi in cambio di una percentuale sugli utili fornì la forza lavoro. (1) Subito dopo aver terminato il complesso di Brugherio, Berlusconi intraprese un progetto ancora più vasto: Milano 2, una città artificiosa, quasi fosse stata prodotta in provetta, per 10.000 abitanti nel sobborgo milanese di Segrate. L'impresa costruttrice era la società in accomandita Edilnord Centri Residenziali, Lidia Borsani e soci. La signora Borsani era una cugina di Berlusconi e fungeva da prestanome con una quota minima di capitale. Il 96 % del capitale era posseduto dalla S.p.a. svizzera per investimenti immobiliari in centri residenziali (Lugano), presieduta di nuovo da Renzo Rezzonico. (2) Il 2 febbraio 1973 Berlusconi fondò a Milano un'altra impresa di costruzioni, la Italcantieri. Le formalità necessarie furono sbrigate dal notaio Renato Pironi e dalla casalinga Elda Brovelli. Pironi operava in nome della Cofigen s.p.a. (Chiasso) e Brovelli in nome della Eti s.p.a. holding, pure di Chiasso. (3) L' Eti era stata fondata il 24 aprile 1969 da una ticinese e da due ticinesi: Ercole Doninelli, sua moglie Stefania Doninelli-Binaghi e Arno Ballinari.(4) La Signora Doninelli sottoscrisse 48 delle 50 azioni Eti a 1000 franchi per e in nome della Aurelius Financing Co. SA (Chiasso).(5) La Cofigen SA era una joint-venture della Banca della Svizzera Italiana (BSI) e della Banca privata di credito zurighese (PKB) (6). La BSI era allora controllata dalla statale Banca Commerciale Italiana, azionista di minoranza della BSI era Tito Tettamanti. Il cablaggio delle abitazioni di Milano 2 permise a Berlusconi di inaugurare agli inizi degli anni '70 per questo quartiere il canale TV via cavo Telemilano. Cominciò così la sua ascesa a dominatore incontrastato della TV italiana. Grazie alla sua alleanza con il maestro della loggia P2 Licio Gelli e con il segretario socialista Craxi, fece una carriera rapidissima. Alla P2 aveva aderito segretamente nel 1978 e il contatto con Craxi glielo aveva procurato l'architetto e intimo di Craxi, Silvano Larini. Nei decenni della sua ascesa Berlusconi coltivava rapporti con la Svizzera poco visibili all’osservatore esterno. Se si esclude il fatto che egli aveva preso in affitto a St. Moritz la villa del deposto scià di Persia.

OPERAZIONE MATO GROSSO

Nei rapporti di polizia ticinesi il nome di Berlusconi comparve a dire il vero all'inizio degli anni '90 ai margini dell'operazione Mato Grosso. Si chiamò così tra il febbraio e l'ottobre 1991 un procedimento istruttorio internazionale contro il traffico di cocaina in Brasile. Nel gennaio 1991 alla Migros Bank di Lugano, fallì una notevole operazione di riciclaggio di denaro di un cliente e fu arrestato il brasiliano Edu De Toledo. La procura federale, il comando di polizia e la procura ticinesi decisero di inviare in Brasile il commissario di polizia ticinese Fausto Cattaneo come investigatore in incognito. Nella relazione sulla sua missione nel paese sudamericano il commissario Cattaneo scrisse tra l'altro del narcotrafficante brasiliano Juan Ripoll Mary. Questo gli avrebbe parlato delle sue operazioni di riciclaggio con quattro società di Panama, rappresentate anche a Lugano, e a questo proposito avrebbe affermato: "Il denaro che arriva dall'Italia proviene dall'impero finanziario di Silvio Berlusconi"7). Con disappunto del commissario Cattaneo, Carla del Ponte e le autorità di giustizia e di polizia competenti non valutarono più di tanto queste e altre considerazioni e tutto fu silenziosamente archiviato. Questo nonostante il nome di Berlusconi fosse già emerso alcuni anni prima in margine ad un affare di riciclaggio: nel 1985 nell'ambito delle inchieste relative a Pizza Connection. Allora il procuratore italiano Antonio Di Maggio fece visita a questo proposito al collega Dick Marty di Bellinzona.

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All'incontro era presente anche il commissario Cattaneo.

MANI PULITE COLPISCE BERLUSCONI

Berlusconi e il gruppo Fininvest riuscirono ancora a superare in qualche modo la prima fase delle inchieste milanesi sulle tangenti, tra la fine del 1992 e la fine del 1994. Nonostante numerosi procedimenti a suo carico per diversi reati economici e nonostante la condanna di suo fratello Paolo per corruzione, nel marzo 1994 Silvio Berlusconi fu eletto presidente del Consiglio dei ministri. Nel corso dei suoi otto mesi a Roma Berlusconi fece il possibile per sabotare il lavoro della giustizia milanese, cosa che alla luce degli avvenimenti successivi si capisce fin troppo bene. Alla fine del dicembre 1994 il suo tempo come presidente del Consiglio era in definitiva scaduto. Già il 5 dicembre 1994 il procuratore Carla del Ponte aveva ordinato due perquisizioni domiciliari a Lugano motivate da procedimenti d' assistenza giuridica della procura di Milano: una alla Fininvest Service a Lugano-Massagno e una alla banca Arner di Lugano. La Fininvest di Berlusconi era sospettata di aver corrotto la polizia finanziaria , per evitare un controllo fiscale della contabilità.(8) Come consueto in casi del genere, gli avvocati di Berlusconi, sollecitati da Pier Felice Barchi, consigliere d'amministrazione della Fininvest Service (Lugano-Massagno), fecero subito ricorso. La grande importanza che la filiale Fininvest ticinese riveste per la centrale di Milano appare chiara se si considera la composizione d' alto livello del consiglio di amministrazione. Presidente e delegato era Giancarlo Fiscale , cugino di Berlusconi e uno dei suoi manager più importanti. Membri erano l'avvocato Barchi, l'ex moglie di Foscale Canda Camaggi e i due fiduciari ticinesi Giorgio Ferrechi e Mario Postizzi.(9) Ma questa volta la grandine dei ricorsi della Fininvest non servì a nulla. L'8 dicembre 1995 il tribunale federale li respinse tutti, e l’intero materiale sequestrato nelle perquisizioni andò a Milano. In seguito i procuratori milanesi analizzarono i documenti provenienti dalla Svizzera e estesero le loro ricerche a Londra e a Montecarlo. Il 16 aprile 1996 irruppero nello studio legale londinese di David Mc Kenzie Mills, che da 16 anni era rappresentante legale della Fininvest a Londra. Sequestrarono la documentazione sull' impero offshore della Fininvest. Soprattutto cercarono informazioni sulla società All Iberian , che Foscale aveva fondato a Jersey nel canale della Manica. Questa società sarebbe stata usata per pagare una tangente di dieci miliardi di lire di Berlusconi a Bettino Craxi.(10) Il 16 maggio 1996 il management finanziario Fininvest, composto di sette persone, venne arrestato a Milano e a Montecarlo, tranne Giancarlo Foscale che presentò un certificato medico. Restò in libertà la direttrice amministrativa della Fininvest Services a Lugano, Candia Camaggi, perché i reati economici che le venivano imputati, non erano in Svizzera motivo sufficiente per arrestarla. Mario Vanoni, direttore della tesoreria Fininvest a Montecarlo, si sottrasse al carcere con la fuga. Le accuse del giudice istruttore si rivelarono pesanti: "Gli imputati Berlusconi, Foscale, Gironi, Camaggi, Scabini, Moranzoni e Zenoni hanno falsificato in modo fraudolento il bilancio consolidato del gruppo Fininvest dal 1989 al 1995" (11). Si tratta dell'impero offshore,composto di circa 50 società in Svizzera, Lussemburgo, Panama, Malta, Inghilterra e Isole Vergini britanniche che la Finivest secondo l'accusa gestiva come contabilità parallela in nero. Dopo le prime valutazioni i revisori contabili della procura pervennero ad una cifra di 300 milioni di dollari, di cui 91 miliardi di lire destinati alla corruzione di partiti e politici. Inoltre 150 milioni di dollari giunsero attraverso la società offshore Natoma allo speculatore immobiliare milanese Renato della Valle 12). Questo pagamento ebbe l' effetto di materiale esplosivo. Della Valle aveva infatti appena comprato il 32% della stazione televisiva Telepiù di Berlusconi ,che le nuove leggi italiane sui media costringevano a vendere. Questo pagamento destò il sospetto che Berlusconi facesse una finta vendita. Si sparse allora anche la voce che la Natoma di Berlusconi avesse pagato alla Arner SA (Lugano) molti miliardi di lire sul conto 60028 di questa società presso la Vereinsbank International (Lussemburgo). Ciò che successe con questo denaro è oggetto di indagine. Nel consiglio di amministrazione della Arner SA (Lugano) erano presenti l'italiano Paolo Del Bue e il ticinese Nicola Bravetti (13). La società era parte di un intero gruppo di società dello stesso nome

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( Arner Fiduciaria, Arner Merchant, Banca Arner) al cui vertice accanto a Del Bue operava l'italiano Ivo Sciorilli Borrelli. Il gruppo Arner era attivo nel business offshore e comparve nelle liste di questo settore. (14) La Banca Arner, nave ammiraglia del gruppo Arner, può rivendicare per sè l'ambiguo record svizzero di essere stato perquisito dalla polizia nell'ambito di una richiesta di assistenza legale il 5- 12- 1994. Come presidente dell'Arner Paolo Del Bue e Ivo Sciorelli Borelli avevano ingaggiato lo specialista dell'offshore Lucio Velo (15). Vicepresidente divenne Borelli , mentre il consiglio di amministrazione era completato dai due ticinesi Giovanni Giacomo Schraemli, un ex direttore della BSI , da Nicola Bravetti e dall'avvocato di Zurigo Johannes Stolba.(16)

GIUDICI ROMANI CON CONTI BANCARI A LUGANO

Il 12 marzo 1996 furono arrestati a Roma Renato Squillante e Attilio Pacifico (17). Il procuratore di stato Squillante era il capo supremo di tutti i giudici istruttori e Pacifico un avvocato famoso. Gli arresti avvennero in seguito alle dichiarazioni di Stefania Ariosto. Era l'ex fidanzata dell'avvocato Vittorio Dotti, uno dei più stretti collaboratori di Silvio Berlusconi. Già nel luglio 1995 la Ariosto, pseudonimo "Omega", aveva cominciato a fare rivelazioni, destinate a influenzare il corso della politica italiana. Le sue accuse portano alla conclusione che gli avvocati romani Cesare Previti e Attilio Pacifico corrompevano i giudici e gli avvocati di Roma nell'interesse di Berlusconi. Previti era un suo vecchio amico fidato ed era stato anche il suo ministro della difesa. Più tardi le inchieste si allargarono ad otto alti funzionari romani dell'ordine giudiziario. (18) Il controllo più stretto cui fu sottoposto l'avvocato Attilio Pacifico, collaboratore del presidente dei giudici istruttori, mise in moto un nuovo scandalo, che sottolineò la credibilità della testimone Ariosto. Pacifico fu sospettato di avere incassato insieme con i due avvocati Giovanni Acampora e Cesare Previti dall'industriale Nino Rovelli una tangente di 67 miliardi di lire, per corrompere i giudici che esaminavano la denuncia di Rovelli contro la banca di stato IMI. Pacifico e Acampora furono arrestati a metà maggio 1996, Previti restò in libertà grazie all’immunità parlamentare di cui godeva in quanto presidente del gruppo di Forza Italia in senato.

IL CASO IMI-SIR

Il caso IMI/ SIR, che porta a tutti questi arresti, è una storia italiana di corruzione di dimensioni epiche, in cui diviene particolarmente evidente anche il ruolo della Svizzera quale hinterland e scialuppa di salvataggio dei protagonisti. Gli inizi risalgono alla metà degli anni '60: Nino Rovelli, un protetto del presidente del Consiglio Giulio Andreotti, incassò elevate sovvenzioni quando promise di portare in Calabria posti di lavoro con la sua azienda chimica SIR. Ma non se ne fece nulla. Mentre Rovelli diventava sempre più ricco, la SIR passava da un flop all'altro e nel 1978 fece clamorosamente bancarotta. Si giunse ad un processo contro Nino Rovelli. Per sottrarsi ad un ordine d'arresto nel 1980 egli fuggì in segreto a Zurigo con la sua famiglia. Ma il suo protettore Andreotti continuò a dargli manforte e nel 1982 l' ordine d'arresto fu revocato. Rovelli portò in giudizio a sua volta la banca ipotecaria statale IMI (Istituto mobiliare italiano), che aveva fatto fallire la SIR, quando non aveva più pagato gli interessi. Seguì una controversia giuridica protrattasi per dodici anni che si concluse all'inizio del 1994 con la condanna dell'IMI che dovette pagare agli eredi di Rovelli, morto a Zurigo nel 1990 di infarto miocardico, nientemeno che 590 milioni di franchi. Poiché l'IMI non disponeva degli spiccioli necessari, lo stato si assunse l'onere del pagamento: 100 milioni passarono come tassa nelle casse statali del Canton Ticino. Nel marzo 1996 i procuratori trovarono nell'agenda di Pacifico tracce di incontri con Felice Rovelli, figlio di Nino Rovelli. Poi i procuratori di Milano interrogarono a Berna l’8 maggio 1996, chiamando a consulto Carla del Ponte, Felice e sua madre. I due eredi di Rovelli dichiararono di aver pagato ai tre avvocati romani 67 miliardi di lire di tangenti, 21 a Previti, 13 ad Acampora, e 33 a Pacifico. In cambio i tre, grazie ai loro buoni rapporti con l'alta burocrazia giudiziaria, si adoperavano per un esito favorevole del processo contro l'IMI.

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LA FINE DI BERLUSCONI

Nell'aprile 1996 Forza Italia perdette le elezioni. All'inizio di luglio Berlusconi fu messo sotto accusa insieme con il suo più importante manager finanziario, per pagamento di tangenti a Craxi e falso in bilancio alla Fininvest. E contemporaneamente Cesare Previti, il suo più autorevole collaboratore in Forza Italia, si sottrasse alla carcerazione preventiva per grave sospetto di corruzione, solo grazie all'immunità parlamentare. Con ciò si annunciò nell'estate 1996 la fine del sogno di Berlusconi di una seconda presidenza del Consiglio.

Note:

1) Ruggeri, Giovanni e Guarino, Mario: ‘Berlusconi, Showmaster der Macht’ (‘Berlusconi, Showmaster del potere’) Berlino, 1994, p.36

2) Il 96 % del capitale di questa società lo deteneva la filiale di Lugano della Discount Bank Overseas (Ginevra), che appartiene alla famiglia Recanati (Israel Discount Bank). Negli anni '50 e '60 era la più grande banca straniera della Svizzera finchè fu superata dalla Trade Development Bank di Edmond Safra. Edmond Safra e i Recanati controllano insieme la Fibi Bank israeliana.

3) Ruggeri, Giovanni e Guarino, Mario, op. cit., p.42

4) Nell'ufficio del notaio Ercole Doninelli, a Chiasso, fu fondata nel 1956 anche la Fimo, della quale egli rilevò più tardi una quota di capitale del 25 %. Vedi p.23 segg.

5) Atti costitutivi dell'Eti, Registro commerciale di Mendrisio. La Aurelius Financing Co. Aurelius fu fondata a sua volta l'11 aprile 1992 ed era controllata per il 95% dalla Interchange Bank (Chiasso). Per l'Interchange vedi la nota a p.53.

6) La Privat Kredit Bank era controllata per l'83% dalla Compagnie de l'Occident pour la Finance et l'Industrie (COFI), una joint-venture della BSI con il banchiere privato di Ginevra Robert Leclerc e la società finanziaria italiana Milano Internazionale.

7) Cattaneo, Fausto: Rapporto di Segnalazione sull'inchiesta Mato Grosso. Bellinzona, 27 novembre 1992, p. 18 segg.

8) A questo proposito cominciò a Milano un procedimento giudiziario che tuttavia il giorno stesso fu rimandato a tempo indeterminato.

9) Il 94% del capitale azionario di un milione di franchi si trovava presso la Fininvest Servizi SpA ( Milano), il 5% della Fininvest Service (Lugano) alla Discount Trust Company SA Lugano ( che negli anni '60 con il suo vecchio nome Discount Bank Overseas aveva contribuito a finanziare l'ascesa di Berlusconi). L'ultima percentuale era presente alla Suprafid SA (Lugano), a cui partecipavano per metà la Discount Trust Company SA e per metà l'avvocato Renzo Rezzonico (Rezzonico aveva presieduto a metà degli anni '60 le prime società finanziarie di Berlusconi. Negli anni '90 faceva parte, insieme con il consigliere d'amministrazione della Fininvest Servizi Lugano Giorgio Ferrechi, del consiglio di amministrazione della Allfinanz AG [Zug] e della Precicast [Novazzano]

10) "L'Espresso", 30.5.96. Il processo contro Berlusconi, Craxi e altri imputati per finanziamento

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illegale dei partiti e falso in bilancio fu fissato per il 21 novembre 1996.

11) "L' Espresso", 23. 5. 96

12) "L' Espresso", 30. 5. 96

13) Paolo Del Bue era anche consigliere d'amministrazione del giornale finanziario "Milano Finanza".

14) Attraverso la sua affiliata Wedel Holdings a Tortola (Isole Vergini britanniche) la Banca Arner era collegata per affari con il re dell' offshore Hoogewerf del Lussemburgo. Insieme con la società di Hoogewerf Wenham Ltd. (Douglas, Isle of Man) la Wedel Holdings aveva partecipazioni alle 4 società lussemburghesi Etairoi Holding SA, Carib Holding SA, Caribbean Estate Company SA e Caribbean Hotel & Resort SA.

15) Nel corso degli anni '70 Lucio Velo aveva studiato legge a Ginevra e aveva fatto il praticantato di avvocato nello studio Tettamenti & Spiess. Più tardi si rese professionalmente indipendente nel 1985 fondò tra l'altro il gruppo TS Truster (il 96% del capitale azionario della TS Truster era stato sottoscritto dalla Midgen Corp. Panama, nel cui consiglio di amministrazione erano presenti i due manager Fidinam Markus Binggeli e Christian Durussel). All'inizio degli anni '90 Velo fece la sua comparsa nel consiglio di amministrazione della Cragnotti & Partners in Lussemburgo, una banca offshore di Sergio Cragnotti, allora mano destra del presidente della Ferruzzi Raul Gardini (vedi cap. 9).

16) Stolba faceva parte anche del consiglio di amministrazione della Banque de Patrimoines Privés (Ginevra)- vedi anche pag. 191 segg.

17) La giustizia italiana supponeva che Squillante e Pacifico avessero usato per le tangenti i loro conti presso la Società Bancaria Ticinese (SBT, Bellinzona). Alle richieste di assistenza giuridica ricevute la SBT aveva risposto con ricorsi. Ma il direttore della SBT Resinelli aveva sottovalutato la risolutezza della procura milanese. All'inizio del luglio 1996 il procuratore Gherardo Colombo mise agli arresti domiciliari per una settimana Resinelli, che stava trascorrendo le ferie nella sua villa a Porto Cervo in Sardegna.

18) Precisamente ad Antonio Pelaggi, Tommaso Figliuzzi, Raffaele Fiore, Fabio Mondello, Michele Coiro, Raffaele de Luca Comandini, Vittorio Mele, Giorgio Santacroce, Orazio Savia, Ivo Greco.

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11 INTERROGATIVI SU CARLA DEL PONTE

All'inizio del dicembre 1993, poco dopo che aveva interrotto le indagini nel caso Fimo (vedi p.49 segg.), ci fu per Carla del Ponte il grande balzo in avanti nella carriera: fu promossa procuratrice federale. La ticinese con la fama di impavida cacciatrice di mafiosi salvò allora il ministro della giustizia Arnold Koller da una situazione estremamente sgradevole. Koller cercava urgentemente, dopo molte risposte negative, candidati validi per l’ingrato compito di riorganizzatore della procura federale fortemente danneggiata dalla crisi di dirigenza e del sistema degli schedari .(?) Da quando Rudolf Gerber nel marzo 1989 era stato licenziato, l'ufficio guidato dal tappabuchi Willy Padrutt, andava avanti senza un piano preciso. Gerber era stato destituito a suo tempo, dopo aver fatto oggetto di pesanti intimidazioni e di angherie Jacques- Andrè Kaeslin, l'investigatore della polizia federale, addetto al narcotraffico. Kaeslin si era lamentato presso l'ex presidente del tribunale federale Arthur Haeflinger, che a seguito dello scandalo Kopp conduceva un'inchiesta amministrativa interna.(1) Secondo Kaeslin Gerber considerava la lotta al narcotraffico internazionale non un compito centrale ma un noioso fattore di disturbo. Egli bloccava quindi di volta in volta i rapporti sul riciclaggio di denaro di Kaeslin. E ciò avvenne anche con quella relazione in cui compariva per la prima volta la società per il commercio di valute Shakarchi Trading AG a Zurigo, nel cui consiglio di amministrazione era presente il marito della consigliera federale Hans W. Kopp. Kaeslin perse le staffe, e passò sottomano il suo rapporto all'Ufficio federale per la giustizia. Si giunse così, in seguito a quella "brevissima telefonata" in codice della consigliera federale al marito Hans, che produsse il ritiro inglorioso di Elisabeth Kopp. Quando nel 1989 il consigliere federale Arnold Koller successe alla signora Kopp, ministro della giustizia decaduto, la riorganizzazione e il nuovo orientamento strategico della procura federale, ormai senza guida, divennero un compito importante del dipartimento di giustizia e di polizia. Sia la situazione disastrosa degli schedari che la fine della guerra fredda rendevano necessario un nuovo leitmotiv ideologico per la difesa dello stato. La procura dello stato era scossa da una crisi di adattamento. Tale crisi era rafforzata dall'insicurezza serpeggiante tra i funzionari al numero 10 della Taubenstrasse di Berna. In primo luogo il parlamento si occupò di settori per la protezione dello stato non controllati da decenni, dove burocrati incompetenti avevano tirato a campare. In questa situazione due compiti principali attendevano il nuovo procuratore di stato: riposizionare il suo tribunale nell'ambito della lotta al crimine organizzato e alla corruzione e d'altra parte elaborare e presentare progetti per la riorganizzazione interna.

SCELTA IDEALE O FLOP?

Il primo aprile 1994 Carla del Ponte assunse il suo alto incarico a Berna, e due anni dopo si presentò il problema se il consiglio federale avesse fatto una scelta ideale o dovesse assumersi la responsabilità di un flop. Il riposizionamento della procura federale sul terreno della lotta alla mafia e alla corruzione è riuscito alla del Ponte, per lo meno a guardar da fuori. Non sono più gli schedari che contrassegnano l'immagine della procura federale presso l'opinione pubblica, bensì la battaglia della del Ponte contro la corruzione all'Unione casearia, al dipartimento militare o all'ufficio federale per la statistica. Per quanto riguarda la riorganizzazione dei compiti del suo ufficio la procuratrice federale ha invece da esibire poco di concreto. Anziché presentare progetti consistenti, fino alla primavera 1996 la del Ponte chiese solo più poteri.(2) Voleva avocare a sé procedimenti giudiziari importanti per tutta la Svizzera e sul piano internazionale e auspicava una legge sui testimoni principali e un programma di protezione dei testimoni, come esisteva già negli USA o in Italia. (3) Lealmente bisogna ricordare che l'inadeguatezza programmatica nel dipartimento di giustizia non rappresenta l'eccezione ma la regola. La procuratrice federale si trova in ciò in ottima compagnia con il presidente della polizia federale Urs von Däniken e il presidente dell'ufficio federale di polizia, Josef Anton Widmer.(4) Alcuni funzionari non ressero al caos

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della procura federale. Il sostituto della Del Ponte Markus Peter e il segretario di direzione Roland Sitter diedero le dimissioni nell'autunno 1995, mentre un terzo collaboratore, precisamente l'addetto al servizio stampa Peter Lehmann fece sapere contemporaneamente che egli voleva, all'occasione, cambiare lavoro. Significativo dei problemi del terzetto, responsabile della sicurezza interna, al vertice del dipartimento di giustizia fu la strutturazione dissennata dell'Ufficio centrale, di nuova costituzione, contro il crimine organizzato (5) L'Ufficio centrale, suddiviso inizialmente nei settori narcotraffico, denaro falso e tratta degli schiavi, dava l'impressione che il fenomeno "criminalità organizzata" fosse interpretato nel dipartimento Koller in chiave puramente criminale.(6) La strutturazione dell'Ufficio sulla base di crimini punibili presuppone una chiara linea di confine tra legalità e illegalità, che nel cosiddetto crimine organizzato assolutamente non esiste. Al contrario questo confine si confondeva decisamente nell'economia di mercato globale degli anni '90. La comparsa massiccia di operatori provenienti da paesi dell'ex blocco orientale aumentava l'incertezza del diritto nell'economia mondiale. Appena un anno dopo la fondazione l'Ufficio centrale fu già ristrutturato. Si costituirono due nuove sezioni: "operazioni" e " notizie". La sezione operativa si suddivise a sua volta in base ai reati punibili in ambiti come narcotraffico e crimine organizzato, mentre la sezione informativa doveva raccogliere e analizzare le informazioni. Con ciò si produce una mescolanza, biasimevole in uno stato di diritto, di servizi segreti e polizia. (7) Professori di diritto penale come Mark Pieth di Basilea e Niklas Oberholzer di San Gallo hanno insistentemente fatto notare che ci sono fondamentali diritti civili democratici da proteggere- anche nell'ambito della procura federale e dell'Ufficio federale di Polizia. Certi ambienti aspiravano alla fusione della protezione preventiva dello stato (che può attivarsi senza sospetto concreto nei confronti di cittadine e cittadini) con la lotta al crimine organizzato. Un simile amalgama di servizi segreti e polizia avrebbe offerto alla procura federale competenze desiderate per impiegare anche nel campo del crimine organizzato l'intero arsenale di misure preventive ( intercettazioni telefoniche, cimici, sorveglianza ecc.) (8). Con ciò si sarebbe lasciato campo libero all'arbitrio della polizia: ogni banca, anzi ogni singolo titolare di conto avrebbe potuto essere preventivamente intercettato, spiato con la cimice e schedati con microfiches, perché ogni banca e ogni conto in linea di principio possono essere usati per il riciclaggio di denaro.

L' ATTIVISMO DELLA PROCURATRICE FEDERALE

Mentre i colleghi e le colleghe di Milano fanno un lavoro d'indagine, condotto in maniera sistematica, la del Ponte preferisce la tattica dello spontaneismo. Una volta spentosi il fuoco di paglia, il caso viene archiviato e a tempo debito smaltito silenziosamente come i rifiuti. Qualcosa del genere è successo anche con l'affare dei presunti complici del terrorista "Carlos" nell'inverno 1994 a Berna: un rimasuglio degli anni '70 che la procuratrice federale fresca fresca ha sapientemente stilizzato a faccenda da donne ai vertici del potere. I quattro imputati dovettero rimanere in carcere quasi tre mesi. Dopo il rilascio ci fu silenzio stampa (fino alla primavera 1996) e la del Ponte non presentò prove di alcun tipo. Alla stampa non fu in grado di fornire giustificazioni plausibili del suo rabbioso modo di procedere nei confronti dei quattro. Stando all'interrogatorio, essi dovettero rimanere in prigione così a lungo perché la del Ponte aveva aspettato inutilmente documenti accusatori dall'estero. Discontinue appaiono le inchieste della del Ponte anche nel caso Giovanni Cannizzo. Dopo che all'inizio del 1993 ella aveva aperto ancora a Lugano un procedimento contro il presunto riciclatore di denaro mafioso Cannizzo e dopo alcuni mesi l'aveva interrotto, questo fu arrestato nel febbraio 1995 a Catania. Secondo notizie di stampa italiane si trattava in questo caso di un intreccio di truffa e riciclaggio di denaro a favore del clan mafioso Santapaola.(9) Una relazione di Otello Carli, esperto della Banca d'Italia, che ha analizzato gli atti della procura della repubblica di Catania ,sospetta la filiale della SBG di complicità nel riciclaggio di denaro. Nella perizia Carli del 13 maggio 1995 si poteva leggere: "La banca ha messo a disposizione del gruppo Cannizzo alcuni dei propri collaboratori (tra questi Davide Regazzoni della

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Filiale di Lugano) per la supervisione e la consulenza tecnica del riciclaggio di somme di provenienza illegale" (10) L'Ufficio stampa della SBG rifiutò al giornale economico "Cash" un commento a queste accuse, poichè la del Ponte aveva ordinato il silenzio. Nell'autunno 1995 la del Ponte dichiarò in un comunicato stampa ( prima della conclusione dell'indagine!): "In particolare non si è potuto appurare alcun coinvolgimento di SBG, SKA e Banca di Credito e Commercio in attività di riciclaggio del Cannizzo. I risultati conseguiti finora fanno piuttosto sospettare un tentativo di frode di Cannizzo e di altri complici." (11) Per interrogare in maniera più approfondita l'indiziato Cannizzo la del Ponte andò nel dicembre 1995 con il jet del consiglio federale in Sicilia, a Catania, senza aver fissato prima in maniera adeguata con la procura del luogo i termini dell'interrogatorio. A Palazzo di Giustizia di Catania dovette apprendere dal procuratore di stato che in Italia i detenuti in attesa di giudizio hano il diritto di essere accompagnati negli interrogatori dai loro avvocati. L'avvocato di Cannizzo, non informato, era appunto assente. La del Ponte se ne andò ,senza aver concluso nulla, e nel gennaio 1996 tornò per la seconda volta a Catania in jet, a spese del contribuente svizzero. E la procuratrice federale ritenne superfluo fornire informazioni all'opinione pubblica. La rivista economica "Cash" l’ha per questo criticata aspramente e l'ha accusata di creare una gran confusione con i suoi metodi non trasparenti di lotta alla mafia: "Nel caso di riciclaggio di denaro Giovanni Cannizzo l' autoproclamatasi cacciatrice di mafiosi si esprime in modo così contraddittorio da apparire incompetente." (12) Il grande problema della del Ponte è la mancanza di comprensione per le esigenze dell'informazione. "L'opinione pubblica e i media le sono completamente indifferenti "ammisero perfino funzionari di grado elevato del dipartimento di giustizia. (13) Un esempio di questa smania di far misteri è l'affaire Raul Salinas. Il fratello dell'ex presidente messicano Salinas fu arrestato nel febbraio 1995 per irregolarità finanziarie e sospetto di istigazione all'assassinio. Nel novembre seguente sua moglie Paulina fu fermata dalla polizia allo sportello della banca privata Pictet a Ginevra mentre cercava di ottenere una parte dei 120 milioni di dollari che suo marito aveva nascosto in Svizzera e altrove. Da allora il caso Salinas si trasformò in un affare internazionale. Alla fine del marzo 1996 il quotidiano messicano "Reforma" riferì che Raul Salinas aveva avuto lo stesso consulente finanziario svizzero del cartello delle droghe colombiano, precisamente il vicedirettore della SBG Josef Oberholzer. (14) Oberholzer è una delle figure chiave nel caso finora più grande di riciclaggio di denaro in Svizzera ed è accusato di avere riciclato proventi da narcotraffico per milioni e miliardi a favore della colombiana Sheila Miriam Arana de Nasser. (15) Nonostante la rilevanza di questo importante caso, la procuratrice federale non aveva informato fino all'estate 1996 in maniera completa sui risultati conseguiti dalla sue inchieste.

LEGGI STRAPAZZATE

Attivismo e scarsa sensibilità per le esigenze dell’informazione predispongono la del Ponte a dar poco valore ai diritti degli imputati. Un esempio per eccellenza è a questo proposito il caso dell'imprenditore di Zug Hans N. Zemp. Nel 1987 questo dovette trascorrere circa sei mesi in prigione perché la del Ponte, allora sostituta del procuratore a Lugano, l'aveva fatto arrestare. Zemp si considera vittima di un complotto del suo ex socio in affari Laurits Toft, con il quale aveva litigato, e dei tre avvocati di questo, l'ex procuratore Paolo Bernasconi, Helmuth Groner (16) e Erwin Lustenberger. (17) E sostiene che la del Ponte condizionata da Bernasconi, suo capo e ora anche avvocato della controparte, l'abbia condannato a priori. Mentre egli si trovava in carcerazione preventiva il suo ex socio Toft e i tre avvocati di lui avrebbero saccheggiato la ditta Lagap Pharmaceuticals, che gestivano in comune, procurandogli danni per milioni di franchi. (18) La del Ponte passò la patata bollente del caso Zemp già subito dopo il suo rilascio dalla carcerazione preventiva al collega procuratore Claudio Lehmann. Da allora Zemp non si stancò di lottare per la propria riabilitazione. Nella sessione estiva 1994 il consigliere nazionale socialista Elmar Ledergerber presentò un'interrogazione sul comportamento della del Ponte nel caso Zemp. Il consigliere federale Koller difese allora la procuratrice federale. Il

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procuratore Claudio Lehmann a sua volta accantonò il caso: fino all'estate 1996 non si giunse nè ad un'imputazione nè ad una sospensione del procedimento penale. L'inclinazione a infliggere una carcerazione preventiva illegalmente lunga la del Ponte non l'ha perduta neppure come procuratrice federale. Nel dicembre 1994 il tribunale federale accolse il ricorso di un detenuto in custodia preventiva, al quale lei dopo 14 giorni aveva negato il rilascio. Il tribunale federale ritenne che la procuratrice federale, in caso di pericolo di collusione e di distruzione delle prove, può ordinare al massimo 14 giorni di detenzione. Per un periodo di carcerazione più lungo è necessaria l'approvazione della sezione d'accusa del tribunale federale. Questa situazione si ripetè nel febbraio 1996 quando Hans Kronenberg e Gustav Furrer, arrestati entrambi in relazione allo scandalo per corruzione EMD gravitante intorno al colonnello Friedrich Nyffenegger, furono ancora rilasciati dal carcere contro la volontà della procuratrice federale. Anche nel caso dell'ex direttore del marketing dell'unione casearia svizzera, Walter Rüegg, che la procuratrice federale il 30 maggio 1996 aveva fatto arrestare per sospetto di corruzione, il tribunale federale dispose la scarcerazione immediata per vizio di forma. "La del Ponte non è donna da finezze giuridiche "commentò a proposito il consigliere nazionale socialista di Berna Alexander Tschäppät. Una lotta più aspra contro il crimine organizzato non può portare a ledere i diritti delle persone indiziate. Questo principio deve valere sia per i media che per gli organi di giustizia. In ogni caso i resoconti inesatti dei media producono di regola meno danni degli organi di giustizia e di polizia troppo zelanti. Mentre una notizia falsa pubblicata può essere rettificata e una non chiara può essere precisata, la detenzione preventiva ingiustificata, per esempio, produce un danno irreparabile a chi ne è vittima.

LA "PIZZA CONNECTION" TICINESE

A metà degli anni '80 fece sensazione un episodio di narcotraffico italo-americano denominato " Pizza Connection". Con questo caso la procuratrice del Ponte divenne all’improvviso una figura importante a livello nazionale. In breve: Cosa Nostra aveva comprato allora da trafficanti di droga turchi quasi due tonnellate di eroina base al prezzo di vendita in strada di circa due miliardi di dollari, l'aveva trasformata in eroina nei suoi laboratori siciliani e portato la sostanza negli USA. Una catena di pizzerie della costa orientale e nel Middlewest ebbe un ruolo importante nello smercio. Come nello scandalo Fimo anche nella Pizza Connection la mafia si servì della piazza finanziaria Svizzera quale stazione di transito. Figura centrale delle operazioni di riciclaggio in Svizzera fu Oliviero Tognoli. Allorché il presidente Reagan ebbe bisogno di un successo che gli procurasse pubblicità nell'ambito della guerra (perduta) alla droga, l' FBI e la polizia italiana lasciarono all'improvviso aumentare il narcotraffico già sotto controllo dall'inizio degli anni '80. (19) Un anno prima avevano avuto luogo a New York, Palermo e Lugano grandi processi terminati con elevate pene detentive per gli imputati. Tra loro mancava Tognoli. Nel 1984 , poco prima dell'azione internazionale di polizia, era stato avvertito ed era fuggito; il procuratore Giovanni Falcone aveva già firmato il suo mandato di cattura.(20)

IL RICICLATORE SALVATORE AMENDOLITO

Il primo riciclatore della Pizza Connection ticinese fu Salvatore Amendolito. Nel 1979 era ancora un commerciante di pesce pieno di debiti a Milano. Da questa situazione penosa lo trassero fuori due siciliani benestanti, che intendevano aprire una filiale del suo commercio ittico a Palermo. I due misero in contatto Amendolito con Salvatore Miniati, il manager milanese della filiale della società finanziaria svizzera Finagest (Lugano). Qualche tempo dopo - come riferì Amendolito - Miniati gli offrì un lucroso impiego come corriere portavalori della Finagest. Doveva portare dagli USA in Svizzera denaro contante, che il proprietario, Oliviero Tognoli, voleva presumibilmente nascondere al fisco italiano. Ma

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come si rivelò più tardi, Oliviero Tognoli era un riciclatore mafioso. Amendolito accettò l'offerta. Il suo lavoro consisteva nel ritirare presso pizzerie di New York e del New Jersey banconote in dollari e di comprare presso decine di filiali di banche locali assegni per un ammontare tra i 9.000 e i 10.000 dollari. Portava questi assegni a Manhattan alle quattro grandi banche Schweizerischer Bankverein, Citibank, Schweizerische Kreditanstalt e Lavoro-Bank e faceva versare il denaro su diversi conti bancari svizzeri, che O.Tognoli gli aveva indicato. Così la Kreditanstalt di Bellinzona gestiva per lui il conto "Wall Street", alla Kreditanstalt di Chiasso il conto di O.Tognoli si chiamava "Smart". Quando le cifre divennero sempre più elevate, questo sistema ingegnoso non andò più bene. Ma Amendolito insieme con la filiale di Manhattan della Finagest di Lugano e dei Conti Commodity Services (sede nel World Trade Center) si fece venir in mente qualcosa di nuovo. Il denaro fu versato in contanti sui conti di queste due società presso la Citibank e da qui accreditato alla sede principale della Finagest a Lugano. Quando Amendolito già un giorno dopo la prima transazione in una pizzeria dovette ritirare altri 500 000 dollari in piccole banconote, anche il canale Citibank apparve scottante. Egli affittò allora un jet privato per le Bahamas, dove Peter Albisser, direttore della filiale alle Bahamas della Banca della Svizzera Italiana ( BSI), aspettava all'aeroporto. (21) Grazie ad Albisser la dogana non creò difficoltà. Secondo le istruzioni della Finagest di Manhattan Amendolito cablò il mezzo milione alla filiale della BSI di Mendrisio, conto nr. 27971 "Stefania". Nei mesi successivi usò ancora spesso questo canale, qualche volta Albisser venne a New York a ritirare il denaro. Dopo che Amendolito aveva trasferito in Svizzera parecchi milioni di dollari e aveva fatto visita in Sicilia al suo capo Oliviero Tognoli e al di lui padrino Leonardo Greco, la mafia per misura prudenziale lo aveva tolto dalla circolazione. (22)

IL RICICLATORE FRANCO DELLA TORRE

Chi prese il posto di Amendolito in Ticino si chiamava Franco Della Torre. Dopo una non proprio brillante carriera bancaria alla BSI e alla Kreditanstalt di Chiasso (ancora sotto il potente direttore Ernst Kuhrmeier, che più tardi aveva provocato il grande scandalo), Della Torre era entrato nel 1977 alla Finagest. Viaggiava molto e aveva così conosciuto il buon cliente della Finagest Amendolito. Più tardi Della Torre lasciò la Finagest e fondò la società finanziaria Consultfin Lugano insieme con il siciliano Vito Palazzolo che negli anni '60 era emigrato ad Aargau come venditore di casseruole e si era poi rapidamente arricchito con il commecio di diamanti. Negli USA i due aprirono la Acacia Corp.(23) Lavoravano anche con Enrico Rossini, un impiegato di banca ticinese pieno d'iniziativa che a Lugano si era reso indipendente con la Società finanziaria Traex SA. In seguito Della Torre, Palazzolo e Rossini organizzarono il trasferimento del denaro da narcotraffico dagli USA in Svizzera per Greco e O.Tognoli. E così in marzo-aprile 1982 4,9 milioni di dollari affluirono dai conti Acacias (Della Torre) e Traex (Rossini) presso il broker di borsa Merrill Lynch (New York). Il venerdì santo 1982 a Bellinzona Tognoli, Della Torre e Palazzolo avrebbero consegnato al fornitore turco di morfina base Paul Edward Waridel e Yasar Musullulu 5 milioni di dollari in contanti. Di questi O.Tognoli avrebbe ritirato personlmente alla banca 1,4 milioni. Dall'aprile al settembre 1982 Della Torre e Rossini passarono al broker di New York E.F.Hutton (allora ancora un concorrente del gigante Merrill Lynch, andato poi in rovina durante il grande crack di borsa del 1987). Hutton spedì in Svizzera 15,6 milioni di dollari. Ma in ottobre Rossini ricevette un avvertimento da Riedener, manager della filiale E-F-Hutton di Ginevra: alla sede centrale l'FBI si interessava dei conti Traex e Acacias. Con ciò il flusso di denaro a Hutton si ridusse rapidamente. Dopo l'ultimo pagamento di 1,5 milioni di dollari ancora tre milioni di dollari passarono nel 1983 per un canale canadese del fondatore della Finagest Enrico "Kiko" Frigerio. (24) Nel 1984 si arrivò infine ad una grande ondata di arresti a New York e a Palermo e nel 1985 ai processi. Boss come Leonardo Greco, Gaetano Badalamenti e decine di loro esecutori vennero condannati ad elevate pene detentive. Uno dei più importanti testimoni a carico contro O.Tognoli al processo di New York fu Salvatore Amendolito. Dopo il suo precoce pensionamento era stato arrestato presso O. Tognoli e Greco dall'FBI a New Orleans per sospetto di coinvolgimento in narcotraffico e più

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tardi era divenuto agente di collegamento pagato dall' FBI. Nell'ambito dell'operazione arresti americana e italiana anche Della Torre, Palazzolo e Rossini finirono in custodia cautelare in Svizzera. Con una rapidità inconsueta si giunse già un anno dopo al processo. Accusatore era il pubblico ministero Paolo Bernasconi. La sentenza in prima istanza del settembre 1985, per concorso in finanziamento del narcotraffico, fu di condanna a tre anni e tre mesi per Della Torre,a tre anni per Palazzolo e di assoluzione per Rossini. La pena più severa, tredici anni, toccò allo svizzero-turco Paul Edward Waridel. (25) Nel 1986 il tribunale di cassazione ticinese, chiamato a decidere, confermò i giudizi per Waridel, Rossini e Della Torre mentre abbassò la condanna di Palazzolo a cinque anni. Nel 1993 infine il tribunale federale ridusse la pena per Palazzolo a tre anni e tre mesi, e la condanna di Della Torre scese da tre anni e tre mesi a diciotto mesi. I riciclatori ticinesi della Pizza Connection sono stati trattati dunque più che con riguardo dalla giustizia svizzera. Nel Natale 1986 Vito Palazzolo fuggì dalla prigione La Stampa, coll’aiuto di ignoti andò in Germania, da dove volò in Sudafrica. La sua fuga era stata ben preparata, il presidente della Ciskei Lennox Sebe in persona gli aveva procurato il permesso di soggiorno per l'ex Homeland sudafricana.(26) In qualità di commerciante di pietre preziose e di diamanti Palazzolo aveva da sempre buoni rapporti con il Sudafrica, suo fratello Pietro era compratore di diamanti a Lesotho e anche l'ex capo di Pietro, il commerciante di diamanti israeliano residente a Città del Capo, Meir Grunfeld, era un amico di Palazzolo. Grunfeld era andato a trovarlo in prigione. Anche la Finagest di Lugano, con cui Palazzolo aveva riciclato il denaro della mafia, aveva buoni rapporti con la Ciskei. Il direttore della Finagest Max Hilpert fu in visita a Bisho, capitale della Ciskei, con una numerosa delegazione svizzero-israeliana (27), quando Palazzolo era ancora in prigione. La Ciskei voleva allora creare con l'aiuto della Svizzera una piazza finanziaria offshore. Fuggito a Bisho, Palazzolo cambiò subito il nome in Robert Von Palace Kolbachenko. Il buon cattolico si appese al collo una stella di Davide d'oro e raccontò dei suoi aristocratici avi ebreo-russi. A Bisho fondò la ditta Papillon e elaborò proposte per una banca nazionale della Ciskei da consegnare al presidete Sebe. In questo lo aiutò Yeng Ping Kok, che come Palazzolo compare negli atti del processo Pizza Connection a New York. Ping Kok progettò una legge bancaria per la Ciskei secondo il modello di Singapore. Ma ciò che era cominciato in modo così promettente finì bruscamente. Il 31 gennaio 1988 Palazzolo fu arrestato dalla polizia sudafricana e estradato in Svizzera. Tornò così in cella a La Stampa.

CONTINUI RINVII DELLA GIUSTIZIA TICINESE

Nell'ottobre 1985 vennero arrestati anche i responsabili della società finanziaria di Lugano Finagest che, come detto, era stata un canale per la Svizzera dei riciclatori dei proventi della Pizza Connection: i fratelli Ernesto e Alessandro Parli e Enrico "Kiko" Frigerio. Dopo un anno e passa di prigione i tre furono rilasciati provvisoriamente nel gennaio 1987. Il giudice istruttore, che procedeva lentamente, ebbe bisogno di cinque interi anni prima di affidare il caso nel marzo 1990 all'allora procuratore Venerio Quadri. Questo archiviò gli atti nel’ultimo cassetto, e qui erano ancora quando se ne andò nel gennaio 1991. Infine la del Ponte che gli successe nell'estate 1992 presentò un atto d'accusa. I ricorsi dei difensori rimandarono ripetutamente il processo fino al settembre 1995. 10 anni dopo l' arresto e 19 anni dopo il primo reato ebbe luogo a Lugano il processo. Una durata così lunga del procedimento bolla il Canton Ticino quale repubblica delle banane. I dibattimenti della corte d'assise di Lugano durarono un mese e terminarono con un verdetto di colpevolezza: condanna a tre anni per Ernesto Parli, a due per Frigerio, e a diciotto mesi per Alessandro Parli. Tutti e tre si sono appellati e prima che venga emesso un verdetto con valore di legge, potrebbe essere raggiunto il termine prescrizionale assoluto di quindici anni. Durante il dibattimento processuale stranamente non si sentì parola di riciclaggio di denaro e finanziamento del narcotraffico e neppure si accennò alla Pizza Connection. I responsabili della Finagest furono condannati in prima istanza per frode. Secondo la sentenza hanno imbrogliato

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con prospetti informativi ingannevoli i loro clienti investitori e li hanno salassati con esorbitanti commissioni fino del 40 %. Non solo l'atto di accusa della del Ponte mancò di far riferimento a Pizza Connection, anche molti cronisti dei media hanno nel frattempo completamente dimenticato questo affaire. Perfino vecchie volpi del calibro ad esempio di Beat Allenbach del "Tages-Anzeiger" di Zurigo non ricordarono che ruolo importante come riciclatori di soldi della mafia avessero avuto ex membri della Finagest come Salvatore Miniati, Franco Della Torre e Enrico Frigerio nel processo per Pizza Connection tenutosi a New York nel 1985.

OLIVIERO TOGNOLI RITORNA

Ma torniamo a Oliviero Tognoli che, preavvisato, aveva potuto sottrarsi all'arresto a Palermo nel 1984 con la fuga. Nell'ottobre 1988 fu arrestato dalla polizia cantonale ticinese. Secondo il comunicato della procura era incappato in un controllo all'aeroporto di Agno. Al processo, tenutosi due anni dopo, risultò che O. Tognoli o si era costituito spontaneamente attraverso il suo avvocato Franco Gianoni, o -secondo la "Sonntagszeitung" - la del Ponte in persona era riuscita a convincere il padre di O.Tognoli, Luciano, che suo figlio doveva presentarsi alle autorità svizzere.(28) è un dato di fatto che O. Tognoli, sparito in Kenia, fu riafferrato dalla nostalgia non di Palermo, dove alla procura si batteva allora contro la mafia Giovanni Falcone, bensì di Lugano, dove l'allora sostituta procuratrice del Ponte si prese cura del caso. Poichè anche Giovanni Falcone se ne interessava, cominciò la collaborazione della del Ponte con il famoso siciliano. Il tre febbraio 1989 la del Ponte, Falcone e il suo collega procuratore palermitano Giuseppe Ayala interrogarono in prigione a Lugano O.Tognoli. E qui, rispondendo ad una domanda di Falcone, egli avrebbe indicato l'ex capo di polizia e capo dei servizi segreti Bruno Contrada come colui che l'aveva messo in guardia, rendendogli possibile la fuga nel 1984. Ciò fu confermato lo stesso anno da Carla del Ponte, testimone nel processo contro Contrada. Nel giugno 1989 la del Ponte e il suo collega, il procuratore Claudio Lehmann, restituirono la visita a Palermo. Nell'ambito delle inchieste contro O.Tognoli volevano interrogare il suo padrino Leonardo Greco, condannato a 22 anni di prigione nel grande processo per Pizza Connection. Il 20 giugno era annunciata una visita a Falcone nella sua casa sulla spiaggia sopra gli scogli dell'Addaura. La del Ponte e Lehmann avevano fatto un pò tardi a causa di un breve giro panoramico, e poco prima del loro arrivo la scorta di Falcone scoprì presso il portone del garage una borsa con 51 candelotti di dinamite. (29) Nel novembre 1990 cominciò a Lugano il processo contro O.Tognoli. Nel suo atto d' accusa la del Ponte chiese sette anni di prigione, 15 anni di bando dal paese, una pena pecuniaria di 100 000 franchi e il sequestro di mezzo milione di franchi. Ritenne dimostrato che O.Tognoli nell'ambito della Pizza Connection aveva preso parte al finanziamento di affari di droga e lo incolpò di aver ricevuto consapevolmente denaro da narcotraffico per 16 milioni di dollari. Tognoli, il quale aveva voluto far credere al tribunale che gli elevati importi di dollari in banconote di piccolo taglio erano denaro proveniente da evasione fiscale, al più tardi alla fine del 1980 non aveva potuto non sapere che portava da un luogo all'altro denaro derivante da traffico di droga. E nel venerdì santo 1982 in cui a Lugano furono stanziati cinque milioni di franchi per una fornitura di morfina-base, egli stesso aveva prelevato in una banca 1,4 milioni che mancavano. La del Ponte vedeva O.Tognoli come una specie di figura intermedia tra i trafficanti di droga e i corrieri portavalori. Lo accusava di aver portato la mafia in Svizzera, di aver guidato per la Svizzera boss come Leonardo Greco (testimone di nozze di O. Tognoli) o Joe Ganci e di aver messo a loro disposizione i propri conti bancari. Con queste accuse non concordava affatto il difensore di O.Tognoli, Franco Gianoni. Nella sua arringa di dieci ore Gianoni disse che il suo cliente aveva già pagato a sufficienza e che perciò era adeguata una pena condizionale di 18 mesi. L'imputato sarebbe stato in buona fede e si sarebbe accorto solo tardi di trasportare denaro da narcotraffico, e in seguito per paura dei suoi mandanti mafiosi avrebbe trasferito con grande angoscia ancora circa tre milioni. Alla consegna del denaro a Waridel e Musullulu il venerdì santo 1982 O. Tognoli sarebbe stato solo una figura marginale. Gianoni sottolineò anche che Salvatore Amendolito

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e Vito Palazzolo avevano fatte molte accuse assurde contro il suo mandante.(30) " Il sessantunenne Gianoni", scrisse allora il "Tagesanzeiger" di Zurigo, difese O.Tognoli con l’impegno di chi parlasse in causa propria. Alla domanda se fosse conveniente che egli come presidente della Banca cantonale ticinese difendesse un riciclatore di denaro, Gianoni insistette in tribunale sul fatto che aveva accettato il compito solo a condizione che il suo cliente gli dicesse tutta la verità. Se avesse scoperto una menzogna avrebbe restituito il mandato anche la sera prima del processo. Accettando l'incarico di difensore a queste condizioni, sottolineò con passione Gianoni, egli si era reso utile alla banca, al suo partito (era vicepresidente del Partito popolare ticinese) e all'intero paese".(31) La sentenza della Corte d'assise condannò infine l'imputato a tre anni e mezzo di carcere per complicità nel finanziamento di narcotraffico, cinque anni di bando dal paese, a 20.000 franchi di ammenda e al sequestro di 110.000 franchi. Il tribunale ha ritenuto dimostrato il riciclaggio di denaro solo per 4,5 milioni di franchi, per il resto i giurati avevavo dubbi e decisero a favore dell'imputato. Inoltre il tribunale accettò la richiesta delle circostanze attenuanti fatta dalla difesa, riconobbe in O.Tognoli un sincero pentimento e che egli aveva agito per necessità in una situazione difficile. La corte di cassazione ticinese e il tribunale federale confermarono il giudizio.

QUALE GIUSTIZIA PER OLIVIERO TOGNOLI?

Nel febbraio 1991, tre mesi dopo la condanna, O.Tognoli fu rilasciato dalla prigione ticinese La Stampa. Da allora si sono perse le sue tracce. Quando il giudice istruttore ticinese Claudio Lehmann lo convocò nel suo ufficio nella primavera 1992 per interrogarlo, O. Tognoli non si presentò. Da allora è scomparso. Nel maggio 1995 l'avvocato di O.Tognoli Franco Gianoni prese partito come di dovere con il suo libro ‘Giustizia per Oliviero Tognoli’ per il suo committente. In sostanza questo libro è la versione scritta della sua arringa del 1990, infiorata con alcuni dettagli di discutibili azioni istruttorie della del Ponte: la fotocopia di una lettera di O.Tognoli la procuratrice la ritrovò solo l'ultimo giorno del processo e dei 41 testimoni dell'accusa ne portò in tribunale solo nove. Gianoni considera questa sciatteria della del Ponte un indizio della limitata colpevolezza del suo cliente. La del Ponte l'avrebbe presentato a torto come cassiere della mafia in Svizzera e sarebbe responsabile del fatto che O.Tognoli porti in Svizzera il marchio infamante del mafioso. Nel suo libro Gianoni ricorda anche una, come egli dice, calunniosa interrogazione dell' allora consigliere nazionale socialista zurighese e più tardi consigliere federale Moritz Leuenberger. Alla fine del 1988 il consigliere federale Leuenberger aveva dichiarato in una interrogazione al consiglio federale, che Franco Gianoni stesso era coinvolto in un caso di riciclaggio di danaro. In conseguenza di ciò Gianoni denunciò un collega di nome B., di cui supponeva che avesse passato la relativa informazione a Leuenberger. Mediante l'assistenza legale intercantonale la giustizia ticinese voleva interrogare Leuenberger, cosa che questo rifiutò, richiamandosi all'immunità parlamentare. Ne seguì un tira e molla di un anno tra la giustizia ticinese e Leuenberger; nell'estate 1996 la faccenda era ancora irrisolta. Il libro di Gianoni contiene anche una critica alla giustizia italiana che nel 1992 aveva condannato in contumacia Tognoli per gli stessi fatti di Lugano in prima istanza a sei anni e otto mesi di prigione. Con ciò si sarebbe violato il principio che non si può essere condannati due volte per lo stesso crimine (32).

L'ENIGMA AMENDOLITO

Come già detto, Salvatore Amendolito era stato il primo corriere del denaro sporco della Pizza Connection. Dopo la sua sostituzione da parte di Greco e O. Tognoli era stato arrestato negli USA ed era passato dalla parte dell'FBI. Nel processo di New York il pentito fu il principale testimone d'accusa anche contro O.Tognoli. Più tardi si promosse a "International Corporate Finance Consultant"

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(consulente finanziario internazionale) con ufficio nella capitale Washington, District of Columbia. Bisogna inoltre sapere che Amendolito conosceva a Washington le persone giuste, dal momento che tre degli accusatori nel processo di Pizza-Connection avevano fatto una splendida carriera: Louis Freeh divenne capo supremo dell'FBI, Robert Bucknam divenne vicesottosegretario alla giustizia nell'amministrazione Bush e Rudi Giuliani sindaco di New York. Dopo che O.Tognoli nell'ottobre 1988 si era presentato alla polizia in Ticino, anche Amendolito fece di nuovo parlare di sè. Dagli USA egli intervenne personalmente sia sulla stampa italiana che presso Falcone. In un'intervista all' "Unità" nel maggio 1990 egli denunciò una collusione di interessi tra la mafia e i poteri svizzeri nella politica, l'economia e la giustizia. In una lettera a Giovanni Falcone del 23 febbraio 1990 Amendolito aveva addirittura sostenuto che alla procura di Lugano si aggirasse una talpa della mafia. (33) Sulla base di queste terribili accuse il 20 luglio 1990 volarono a Washington per interrogare Amendolito tre procuratori e poliziotti di alto grado: il procuratore Salvatore Celesti di Caltanissetta, il capo della squadra mobile di Palermo, Arnaldo la Barbera e il capo della polizia criminale Alessandro Pansa. Amendolito confermò le accuse nella sua lettera a Falcone. Il tentativo di attentato di Addaura soprattutto sarebbe stato una farsa per conferire ai procuratori ticinesi del Ponte e Lehmann l'immagine di cacciatori di mafiosi. Questa tesi fu motivata davanti al procuratore Celesti come segue: egli era in viaggio, impegnato in un'operazione in qualità di informatore a favore degli Stati Uniti e all'improvviso era stato smascherato. L'analisi di questo avvenimento l'aveva portato a concludere che la del Ponte doveva avere relazioni con la mafia. Ed egli aveva comunicato questo in una lettera agli avvocati di Vito Palazzolo a Lugano. Un mese più tardi sarebbe stata trovata la finta bomba di Addaura. (34) Secondo Amendolito la del Ponte avrebbe voluto salvare O.Tognoli, il riciclatore di denaro della mafia, riservandogli in Svizzera un verdetto mite, ciò che la mafia tradizionalmente chiamava "un processo aggiustato." Nello stesso tempo la del Ponte avrebbe voluto rivedere le sentenze del grande processo per Pizza Connection a New York, che presentano O.Tognoli come cassiere della mafia. Il procedimento aperto nella primavera 1990 contro O.Tognoli dal presidente del tribunale di Roma Luigi Saraceni non avrebbe avuto il sostegno della del Ponte. Ad Amendolito non riuscì di convincere i tre rappresentanti della giustizia italiana della veridicità delle sue tesi. La procura della repubblica di Caltanissetta aprì un procedimento penale per calunnia grave nei confronti della del Ponte e di Falcone (in Italia un reato perseguito d'ufficio). Nell'estate 1996 questo procedimento era ancora in corso. Nell'inverno 1993/94 Amendolito aveva aperto una nuova offensiva contro la del Ponte. Il presidente federale, la procura federale, il dipartimento di giustizia, la procura di Lugano e molte redazioni di giornali- ricevettero tutti da Amendolito lunghe lettere e lunghissimi fax, in cui denunciava di nuovo che la del Ponte faceva il gioco della mafia. L'11 dicembre 1993 la Schweizerische Depeschenagentur (SDA) [Agenzia telegrafica svizzera], in riferimento ad Amendolito, annunciò il ritiro di Willy Padrutt e la nomina imminente di Carla del Ponte a succedergli.(35) Quando la SDA interrogò la portavoce del consigliere federale Arnold Koller su questa novità, la Goetschel si limitò a confermare il ritiro di Padrutt, e che Carla del Ponte era semplicemente una tra più candidate e candidati. Il 22 dicembre 1993 il consiglio federale rese nota la nomina della del Ponte a procuratrice federale con entrata in carica il primo aprile 1994. Da dove Amendolito, che viveva a Washington, avesse tratto le sue informazioni da addetto ai lavori alla Camera dei deputati, non si è potuto mai chiarire. Dopo che tutte le sue iniziative in Svizzera non avevano portato ad alcun risultato, Amendolito cercò fortuna nella sua battaglia contro la del Ponte in Italia e negli USA. Il 14 febbraio 1994 gli riuscì di comparire su "Il Tempo" di Roma: "Ex collaboratore dell' FBI accusa la procuratrice del Ponte di Lugano: La magistrata svizzera è un'amica della mafia". A conclusione della misteriosa storia di questa lotta di Salvatore Amendolito, ex riciclatore di denaro sporco e ex sceriffo ausiliario dell' FBI contro Carla del Ponte, ecco un passo tratto da una lettera di Amendolito del 21 febbraio 1994 alla ministra della giustizia USA Janet Reno: "Se dovesse succedere questo [che non ci sia alcun' inchiesta amministrativa contro la del Ponte], non sarà possibile verificare se il capo di polizia Urs von Daeniken abbia effettivamente imposto la nomina della del Ponte nell'interesse delle banche. Ciò sarebbe da deplorare e ricorda lo schema,noto fino alla

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nausea, dell'infiltrazione del crimine organizzato nella polizia federale svizzera, noto fino alla nausea, che in passato fu sempre un importante canale per la disinformazione globale nell'interesse del crimine organizzato. All'epoca dell'amministrazione Bush io ho portato ripetutamente a conoscenza sia del congresso che del governo USA questi argomenti”.(36) Il tentativo di ottenere dalla Signora del Ponte in persona per il presente libro alcune spiegazioni che chiarissero questi misteriosi avvenimenti, è purtroppo fallito.

Note:

1) La relazione finale di Haeflinger al consiglio federale confermò le accuse di Kaeslin. Egli constava che la Svizzera era diventata [nel 1989] una piazza centrale del riciclaggio di denaro e che nella lotta al crimine internazionale era rimasta indietro da dieci a quindici anni. Alla procura federale solo cinque impiegati combattevano all'inizio del 1989 la criminalità internazionale, mentre decine di cacciatori di comunisti gestivano centinaia di migliaia di schede di elementi sovversivi di sinistra ancora poco prima della caduta del muro. Come si è saputo più tardi, nell'ufficio di registrazione delle schede lavoravano spesso amiche e mogli di funzionari. Gerber era ideologicamente più ostinato dei suoi colleghi del KGB, della Stasi o della Securitate. Questi avevano già capito allora che cosa si preparava e si erano appropriati di conti segreti dello stato in occidente, per cominciare una nuova vita come capitalisti privati.

2) La procura federale (74 uffici) è la suprema istanza accusatoria, competente per casi speciali (reati di funzionari federali, crimini contro lo stato) e controlla la polizia federale ad essa sottoposta (99 uffici). La polizia federale è da una parte responsabile dell'inchiesta di polizia per reati di competenza della federazione (ad es. attentati dinamitardi), dall'altra è l'autorità preposta alla protezione preventiva dello stato. Se vede pericoli per l'ordine costituzionale, può di sua iniziativa e indipendentemente dal concreto indizio di reato, attivarsi con mezzi propri dei servizi segreti.

3) "Die Volkswirtschaft" [L'economia nazionale] 1/96

4) Il lucernese Widmer, collega di partito nella CVP (Christliche Volkspartei) del consigliere federale Koller, fu promosso presidente dell' Ufficio federale di polizia. Nel 1991 Widmer aveva fatto scalpore come comandante di polizia di Lucerna, allorché aveva autorizzato che venissero distrutte numerose annate di diversi atti concernenti la difesa dello stato. Nel 1987 decise di licenziare dall'incarico due dei suoi più brillanti ufficiali per insufficiente onestà. Un' inchiesta ,disposta dal consigliere governativo (o consigliere di seconda classe? ) di Lucerna, confutò ampiamente le accuse di Widmer contro i due impiegati.

5) L'Ufficio centrale per la lotta al crimine organizzato presso l'Ufficio federale di polizia fu creato nel febbraio 1995 e solo dopo mesi di rinvii fu assegnato all'appena trentenne Michael Lauber. Lauber era un principiante che appena tre anni prima aveva portato a termine gli studi giuridici all'università di Berna.

6) La cosiddetta criminalità organizzata è un concetto vago. Il legalismo, diffuso negli ambienti di polizia, non basta a spiegare questo fenomeno, sono necessarie anche l'economia, la sociologia e la storia. Generalmente vengono usati due modelli d'approccio per studiare la dinamica delle organizzazioni mafiose: la teoria della mafia come impresa assetata di profitto che vende prodotti e prestazioni illegali, e la teoria della mafia come organismo di tipo statale che promulga, garantisce, rende esecutive le norme in un determinato territorio e per questo riscuote tasse.

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7) Un esempio di difensore dello stato che passò alla lotta contro la corruzione, è rappresentato dal consigliere comunale zurighese FDP ed ex uomo di collegamento della polizia politica della città di Zurigo ( commissariato di polizia giudiziaria III ) Hans-Ulrich Helfer. Negli anni '70 aveva infiltrato gli ambienti autonomi degli occupanti abusivi di case e partecipato ad azioni e dimostrazioni come "underoveragent". E in questa veste Helfer aveva fatto per sua stessa ammissione anche cose per cui avrebbe dovuto essere condannato. Negli anni '80 Helfer lasciò la polizia della città di Zurigo e fondò una propria agenzia stampa. A metà degli anni '90 scrisse un libro sull'affare del deposito di filtrazione di Zurigo e fondò un'associazione per la lotta alla corruzione. Secondo Helfer questa ha bisogno anche dell’impegno del cittadino responsabile.

8) A questo proposito sostiene Mark Pieth: "Il crimine organizzato in quanto tema concernente la difesa dello stato significa, ad esser chiari, che si deve indagare" nei precedenti dei precedenti". Atti istruttori sarebbero possibili anche se non sussiste neppure il sospetto che una persona - ad esempio con transazioni finanziarie- appoggi un'organizzazione criminale nella sua attività delittuosa" ("Neue Zürcher Zeitung", 13.11.95). Nel maggio 1996 il Consiglio federale ha deciso di centralizzare le inchieste contro il crimine organizzato presso l'Ufficio federale di polizia.

9) "Panorama", 10.3.95, e "Avvenimenti", 8.3.95

10) "Cash", 3.11.1995

11) Cit. da "Cash", 14.6.96

12) "Cash", 14.6.96

13) "Tages-Anzeiger", 2.2.96

14) "Neue Zürcher Zeitung", 28.3.96

15) Miriam Arana de Nasser era stata arrestata il 23 febbraio 1994 nel Cantone di Vaud e estradata il 3 gennaio 1995 dalla Svizzera agli USA. Il 29 febbraio 1996 la colombiana fu condannata a Miami a 12 anni di prigione. Oberholzer lavorava alla SBG nel settore di consulenza finanziaria per l'America Latina, tra l'altro per una ricca clientela messicana. Nei conti sequestrati alla Nasser alla SBG c'erano 180 milioni di dollari, la più alta cifra al mondo requisita in un singolo caso di narcotraffico.

16) Mandati in consiglio di amministrazione di Helmuth F.Groner nell' agosto 1995: Abuk Holding AG (Zug); Comdatech Trading AG (Zug); Formalux AG (Zug); Cooperativa Eigenheim ( Cham) ; Inter-Elektronik AG (Zug); Mirega AG (Zug); MK Mineralkontor AG (Zurigo); Roxilan AG (Zug); Unipex AG (Zug) ; Verado Trade AG ( Zug); Vivista AG (Zug); Isowa AG (Lucerna); Intercontainer Machinery AG (Lucerna); Ranbaxy SA (Zug) ; VPT Verwaltungs- & Privattreuhand AG (Zug). (Fonte: Orell Füssli/Teledata: Il CD-ROM dell'economia svizzera, Version 1996/1, giorno: 1.8.95)

17) Mandati in consiglio di amministrazione di Erwin Lustenberger nell'agosto 1995: Demo Scope Holding AG (Zug); Etraco AG (Zug); Anubit AG (Zug); Armtex Products SA (zug); Arvoly AG (Zug); A 1 Ferro Commodities Corp. SA (Zug); Datagraph AG (Zug); Dominant Holdings AG ( Pfäffikon); Dynamic Enterprises Holding AG (Hünenberg); Editions du Temple SA (Zug); Editions Miriam AG (Zug); Elor- Beteiligungs- & Verwaltungsgesellschaft [Società di partecipazione e di gestione] AG (Zug) ; Fantre Finanz (Zug); F.P.Handels AG (Lucerna); Gerbofin AG (Zug); GHF Gesellschaft für Handel und Finanzierung AG (Zug); Haca Consult AG (Zug); Holding - Salweba AG (Zollikon); Imex

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Industrieanlagen und Maschinen AG (Zug); Inkra AG (Zug); Inter-Marka AG fuer Kennzeichnungstechnik [Inter-Marka per tecnica della marcatura] (Zug); Wieland (Svizzera) AG (Cham); Alisur AG (Oberwil presso Zug); Al Quraishi Investment Corporation Ltd. (Zug); A-N Trading AG (Zug); Intersema Holding AG (Zug); Trais Fluor Investment Services AG (Zug); Poltschech Corporation AG (Zug); Frank Trading (Frank Trading Ltd.; Zug); STF Trade Finance AG (Zug); Black Clawson Afex- Wintech AG (Zug); Intrapol AG (Zug); Lely Zug AG (Zug); Marsyl AG (Zug); Jagro AG (Zug) ; Keracem AG (Zug); Lely Research Holding AG (Zug); MK Mineralkontor AG (Zurigo); Narlon AG (Zug); Neue Medien[Nuovi media] SAT AG (Zug); Nicotec AG (Hünenberg); Noleda SA (Zug); Norbarn Management AG (Zug); Paperboard Holding Ltd. (Zug); Retsnom AG (Zug); Scudo AG (Zug); Seminterna AG (Zug); Serdeco AG (Cham); Solitec AG (Zug); Sopatros SA (Grenchen); Stilinex AG (Heiden); Technikontor AG (Zug); Test Holding AG (Zug); Tok Holding AG (Zug); Voith AG (Zollikon); Waldmoos Immobilien AG (Zug); Waldstein Finanz AG (Zug); Western Olympic Holding AG (Cham); Chemgen Products Services AG (Zug); MCH Hotel Consult & Management AG (Zug); Lalitz AG (Zug); Chronofin AG (Zug); Artox Corporation AG (Zug) ( Fonte: Orell / Füssli/ Teledata: Il CD-ROM dell'economia svizzera, Version 1996/1, giorno di scadenza: 1.8.95).

18) Nel gennaio 1996 Zemp ottenne un verdetto del tribunale cantonale di Zurigo, nel frattempo passato in giudicato, contro una società di Helmuth Groner e Erwin Lustenberger. La complessa motivazione della sentenza può essere riassunta nel senso che i giudici di Zug confermarono che dal 1987 ,durante la sua detenzione preventiva a Lugano, egli era stato danneggiato in maniera non legale da una società di cui Groner e Lustenberger erano state le forze propulsive.

19) Vedi a questo proposito : Shana, Alexander : ‘The Pizza Connection’ . New York, 1988

20) A mettere in guardia Tognoli era stato Bruno Contrada, a lungo presidente della squadra mobile di Palermo e più tardi numero tre del servizio segreto italiano civile SISDE, arrestato nel dicembre 1992 per sospetto di complicità con la mafia. Per molti anni Contrada era stato considerato nemico inesorabile della mafia. In effetti non solo favoriva la fuga di molti boss mafiosi, ma impediva anche numerose azioni di polizia. Se già il procuratore Giovanni Falcone, assassinato nel 1992, aveva nutrito sospetti, la sfiducia si accrebbe allorché Contrada, poco dopo l'attentato dinamitardo al successore di Falcone, Paolo Borsellino, comparve sul luogo del delitto molto prima che la superiore autorità fosse stata informata. Nel dicembre 1992 Contrada fu infine arrestato. Al suo processo nell'estate 1994 a Palermo, che terminò in prima istanza con un verdetto di colpevolezza, era presente come testimone dell'accusa anche Carla del Ponte.

21) A quell'epoca Tito Tettamanti era il maggior azionista svizzero della BSI.

22) Shana, Alexander: ‘The Pizza Connection’. New York 1988, p.138 segg.

23) La Corte delle Assise criminali Lugano: Sentenza contro Della Torre, Palazzolo e Rossini Inc. No.130-162 (88), 26.9.85

24) La Corte delle Assise criminali Lugano: Sentenza contro Della Torre, Palazzolo e Rossini Inc. No. 130-162 (88), 26.9.85

25) Lo svizzero nato e cresciuto a Istanbul Paul Waridel lavorava come galoppino del fornitore turco di morfina base Musullulu. Alla fine del 1995, pochi mesi dopo il rilascio dalla prigione, Waridel fu di nuovo sorpreso con droghe dalla polizia cantonale ticinese.

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26) Le informazioni di questo capitolo derivano dalla rivista sudafricana “Noseweek” 9/ 1990.

27) Capo delegazione fu l'avvocato d'affari di Zug Josef Bollag, consigliere d'amministrazione della filiale svizzera della banca israeliana United Mizrahi Bank e allora rappresentante della Ciskei a Zurigo. Altri mandati del consiglio di amministrazione di Josef Bollag sono: Interzephyr AG (Zurigo); Oundjian SA ( Zurigo); Savoy Investments AG (Zug); Staadhof AG (Baden); Teco Management AG (Zug); Piscina termale Baden (Baden); Verenahof AG (Baden); Chempro SA (Lausanne); Namibra AG (Zug); Info-Investments AG (Zug); Vasel Trading Co. Ltd. (Zug); TEF Technische Beratungs [consulenza tecnica] AG; Verein zur Erhaltung und Verbesserung der menschlichen Sehkraft [associazione per la conservazione e il miglioramento della vista](Baden); CCS Control Centers AG (Zug), Zumbühl & Co. Handelsagentur [agenzia commerciale] (Zug); Bollag-Stiftung [fondazione Bollag] Flora, Bona e Rosa (Baden); Carnimex AG (Zug) ; Elinex Holding AG (Zug); Frenziek AG (Zug); Gerom AG (Zug); HOP AG (Zug); Interfashion M + P AG] (Zug) (Fonte: Orell Füssli/Teledata: Il CD-ROM dell'economia svizzera, Version 1996/1, termine 1.8.95)

28) "Sonntagszeitung", 14. 5. 95

29) Quasi tre anni più tardi, il 23 maggio 1992, Giovanni Falcone fu vittima di un attentato di mafia sull'autostrada presso Capaci. Più di un anno dopo nel settembre 1993 una notizia fece il giro dei media italiani :cinque giorni prima della sua morte Falcone era stato a Lugano e si era interessato tra l'altro del Conto Protezione. Falcone allora non lavorava più a Palermo ma era un alto funzionario del ministero di giustizia a Roma.

30) Il testimone a carico Amendolito avrebbe dovuto originariamente presentarsi come testimone al processo ad O.Tognoli, ma rinunciò come numerosi altri testimoni. In particolare Sergio Dafond si era fatto dispensare da un medico dalla testimonianza per irritabilità depressiva. Dafond era vicedirettore della Kreditanstalt di Bellinzona, dove Tognoli aveva avuto dal 1976 i suoi conti bancari. In una testimonianza del 1988 Dafond aveva detto che probabilmente nel 1980 O.Tognoli gli aveva presentato anche Leonardo Greco ( il padrino mafioso), che aveva pure aperto un conto bancario. Questo non aveva tuttavia registrato grandi movimenti ("Eco di Locarno", 7.4.90).

31) " Tages-Anzeiger", 15. 11. 90

32) Gianoni, Franco: 'Giustizia per Oliviero Tognoli', Locarno 1995

33) "L'Unità" , 12.5.90

34) "L'Unità", 27.7.90

35) SDA, 11.12.93

36) Lettera di S. Amendolito a J. Reno del 21.2.94

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12 NUOVA LUCE SULL' AMBROSIANO

Le inchieste dei procuratori di Mani Pulite riportarono al centro dell'interesse la bancarotta del Banco Ambrosiano milanese del 1982, un avvenimento chiave dello scandalo italo-ticinese.(1) Il caso Ambrosiano vuol dire di più di un buco di un miliardo di franchi nel bilancio di una banca: l'Ambrosiano rappresentava l'interfaccia centrale fra la finanza sommersa italiana e la circolazione monetaria legale. Oltre al business principale e legale con la media borghesia fedele al Vaticano (2), quella che era allora la più grande banca privata italiana aveva sistematicamente fatto confluire in una, quattro correnti di denaro provenienti da quattro fonti oscure e in compenso tanto più redditizie: la fuga di capitali all'estero, la mafia, la circolazione di tangenti e infine dalle manipolazioni finanziarie illegali della loggia massonica segreta P2.

ASCESA E CADUTA DI ROBERTO CALVI

Motore della crescita dell'Ambrosiano negli anni '50 furono l'investimento e l'amministrazione di capitale italiano all'estero. Il ceto medio del nord Italia, che aveva avuto successo, voleva proteggersi dalla pressione fiscale, dall'inflazione alta e dalla lira debole e cercava per questo possibilità di investimento all'estero. Ma ciò era più facile a dirsi che a farsi, considerate le norme allora rigide contro l'esportazione di capitali. L'ambizioso giovane manager di banca Roberto Calvi si accinse alla creazione di un'organizzazione all'estero. Nel 1957 fondò a Lugano la Banca del Gottardo, poi sopravvennero filiali a Zurigo, Chiasso, Losanna, Locarno, Francoforte sul Meno e anche a Nassau (Bahamas). Vicepresidente della Banca del Gottardo fu fin dalla fondazione l'avvocato Carlo von Castelberg, avvocato a Zurigo, dove dal 1975 al 1987 fu presidente della Casa dell'arte e, più tardi, presidente onorario della Società dell'arte. L'attività giornaliera era diretta da due manager di banca ticinesi, precisamente Fernando Garzoni e Francesco Bolgiani. Già nel 1956 l'avvocato del Liechtenstein Walter Keicher aveva fondato a Vaduz per l'Ambrosiano la ditta Lovelock, che doveva divenire più tardi base di una struttura segreta più ampia accanto alla legale Banca del Gottardo. (3) L'autore inglese Charles Raw suppone che la Lovelock abbia avuto un ruolo determinante alla fondazione della banca del Gottardo e l'abbia anche controllata finché l'Ambrosiano nel 1960 acquisì una partecipazione del 40% alla Gottardo. Nel 1963 la Lovelock fondò in Lussemburgo la Compendium che cominciò presto a far segretamente incetta di azioni dell'Ambrosiano alla Borsa di Milano. Alcuni anni più tardi la Lovelock fondò a Lugano la Ultrafin, nel cui consiglio di amministrazione entrò Calvi. Negli anni '60 Calvi continuò sistematicamente a lavorare alla sua doppia struttura all'estero. La parte segreta fu posta sotto la copertura della Radowal in Liechtenstein (che più tardi cambiò nome in United Trading), del cui consiglio di amministrazione facevano parte anche entrambi i manager ticinesi della Banca Gottardo Garzoni e Bolgiani. (4) Come Raw scoprì, le società dissimulate controllate dalla Radowal, ad esempio la Compendium, percepivano dalle filiali ufficiali dell'Ambrosiano notevoli crediti e operavano anche con azioni dell'Ambrosiano allo scopo di manipolare i corsi.

LA BANCA VATICANA IOR

Dopo che il Banco Ambrosiano, tradizionalmente vicino al Vaticano, nel corso degli anni '60 aveva intensificato la collaborazione con la Banca Vaticana IOR (Istituto Opere di Religione) (5), Calvi, divenuto nel frattempo capo supremo dell' Ambrosiano, strinse agli inizi degli anni '70 un' alleanza strategica con lo IOR. Presidente dello IOR era dal primo gennaio 1971 l'arcivescovo Paul Marcinkus. L'ex guardia del corpo del papa, cresciuta in un sobborgo di Chicago, si era ora impegnato per incrementare in maniera massiccia la redditività dello IOR, per mettere a disposizione del Santo Padre i mezzi necessari alle sue opere cattoliche e per divenire lui stesso cardinale. (6) Marcinkus festeggiò

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l'entrata nel business finanziario internazionale e fece partecipare lo IOR all'illegale "struttura Radowal" di Calvi. Inoltre lo IOR acquisì partecipazioni alla Cisalpine Bank a Nassau nelle Bahamas, una filiale ufficiale dell'Ambrosiano, che Calvi aveva fondato all'inizio del 1971 con Fernardo Garzoni della Gotthard Bank. Come manager della Cisalpine firmava allora lo svizzero Pierre Siegenthaler.

IL BANCHIERE DELLA MAFIA MICHELE SINDONA

Il terzo uomo nella congrega di Calvi e dell'arcivescovo Marcinkus fu all'inizio degli anni '70 Michele Sindona, il banchiere della mafia siciliana. Per aggirare i regolamenti italiani per le operazioni in valuta estera, l'irrequieto terzetto fondò numerose società di comodo in esotiche piazze finanziarie offshore. (7) Sindona era originariamente un consulente finanziario di Messina, che nel 1946 si era trasferito a Milano e, dagli anni '50, lavorava per la mafia. Egli prese parte ai leggendari incontri familiari dei Gambino di New York con i cugini siciliani del clan Inzerillo, il 2 novembre 1957, al Grand Hotel des Palmes a Palermo. In seguito Le cose andarono sempre meglio per Sindona. Egli fondò a Vaduz la Fasco che poco dopo si accaparrò la Banca Privata Finanziaria di Milano, confluita più tardi con la Banca Unione nella nuova Banca Privata Italiana. In seguito, Sindona cominciò a lavorare con i banchieri dello IOR Massimo Spada e Luigi Mennini e comprò da loro nel 1964 a Losanna la Banque de Financement (Finabank). Di questa banca mafiosa lo IOR si tenne una partecipazione di minoranza. Negli USA, Sindona lavorava con la Continental Illinois Bank (Chicago), che più tardi sarebbe fallita. Ne era allora presidente David Kennedy, che il presidente Richard Nixon poco dopo chiamò al governo quale ministro delle finanze. Nell'autunno 1974 la Banca Privata Italiana di Sindona e la sua banca ancor più grande negli USA, la Franklin National Bank, fallirono.(8) Era l'epoca della prima crisi petrolifera e del crollo dei corsi di cambio fissi (sistema Bretton-Woods). Le quotazioni delle azioni crollarono e inoltre Sindona aveva fatto speculazioni sbagliate sui mercati valutari. Anche gli afflussi di denaro dalla cassa privata dei suoi padrini di mafia Gambino e Inzerillo non poterono più salvarlo. Fuggì negli USA, dove tuttavia non riuscì più ad avere successi finanziari. Nel 1980 fu qui condannato a 25 anni di prigione per bancarotta fraudolenta, nel 1984 gli USA lo rispedirono in Italia. Nel 1986 infine fu inflitto a Sindona l'ergastolo come mandante degli assassini di Giorgio Ambrosoli, che aveva fatto un'inchiesta ufficiale sulla bancarotta dell'Ambrosiano. Due giorni dopo la sentenza morì nella prigione di Voghera per una dose di cianuro di potassio nel caffè.

LA P2 SALVA CALVI

Il fallimento delle banche di Sindona procurò notevoli problemi ai suoi soci Calvi e Marcinkus. Inoltre, l'economia mondiale era entrata a metà degli anni '70 in una fase di recessione e una grande insicurezza dominava i mercati finanziari mondiali. Calvi e Marcinkus dovettero non solo far fronte al venir meno del denaro della mafia proveniente dalle banche di Sindona, ma anche ristrutturare la loro rete segreta internazionale indebolitasi. Sindona, che dopo la bancarotta se ne era andato negli USA, seppe cosa fare. Calvi avrebbe dovuto entrare a far parte della loggia massonica segreta P2, di cui il banchiere della mafia siciliano era membro già da alcuni anni.(9) Dall'ampia rete di relazioni del gran maestro della P2 Licio Gelli e del suo braccio destro, il finanziere romano Umberto Ortolani, Calvi poteva aspettarsi un aiuto efficace per la fuga di capitali all'estero. I contatti della P2 nella burocrazia statale potevano fornire quell'aiuto, necessario per la fuga di capitale. Esempio concreto di un soccorrevole funzionario dirigente del genere, appartenente alla P2, è a Roma Ruggero Firrao dapprima presidente dell'Ufficio Italiano dei Cambi (UIC), l'ufficio delegato ai rigidi controlli statali dei cambi, e dopo il 1979 direttore in Italia dell’ente per la garanzia contro i rischi dell'esportazione (SACE). Alla fine degli anni '80 Firrao lasciò il servizio statale e fondò a Lugano la Finexpo SA. (10) Secondo i verdetti del procuratore Dell'Osso, egli faceva transazioni illegali e usava a questo scopo il conto 633.369 presso la SBG (Lugano). (11) Alla fine del 1993, Dell'Osso lo fece arrestare con un mandato di cattura

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internazionale e fece perquisire i suoi uffici. Fu espulso a Milano e nel dicembre 1994 condannato in prima istanza per concorso sistematico in esportazione illegale di capitali a due anni e mezzo di prigione con la condizionale. (12) I servizi prestati da fratelli di loggia come Firrao o Gelli, non furono gratuiti per Calvi. Al contrario. Gelli chiese in cambio molto denaro. "Spremette Calvi come un limone", scrive Charles Row e valuta la cifra complessiva che Calvi tra il 1976 e il 1981 ha stornato dal Banco Ambrosiano, a 250.000 milioni di dollari (?). Quindi Gelli e Calvi riconvertirono il Banco Ambrosiano a macchina per far soldi della P2. Per far sì che la cassa dell'Ambrosiano fosse in pareggio, i due derubarono lo stato con l'aiuto di politici e manager corrotti. I massimi creditori dell'Ambrosiano, al momento della bancarotta, erano non per caso le aziende di stato ENI e la Banca nazionale del lavoro (BNL). Sia all'ENI che alla BNL c'erano in posizioni direttive persone della P2. All'ENI il socialista Leonardo Di Donna era vicepresidente, alla BNL il socialista Alberto Ferrari era direttore generale. Di Donna e Ferrari, per ordine del gran maestro, fecero avere ancora crediti al Banco Ambrosiano quando la banca era da lungo tempo sull'orlo del fallimento. L'esempio per eccellenza è il già ricordato credito di 50 milioni di dollari del 1981 che aveva portato ai sette milioni di tangenti sul conto Protezione.

CALVI IN GRANDE DIFFICOLTA'

Nonostante tutto l'aiuto da parte dei fratelli della P2, presenti nell'apparato statale, Calvi ebbe problemi con le autorità. Nel 1978 la Banca d'Italia aprì un'inchiesta contro la sua società La Centrale Finanziaria per sospetto di esportazione illegale di capitale. Nel consiglio di amministrazione della Centrale c'era, oltre a Calvi, anche il suo rappresentante in Svizzera Carlo von Castelberg, vice presidente della Gottardo. La Banca d'Italia sospettava la Centrale Finanziaria di avere venduto un pacchetto di azioni dell'Assicurazione Toro ad una società estera dell'Ambrosiano, solo tuttavia per ricomprarlo più tardi ad un prezzo notevolmente più alto. La differenza di prezzo era passata all'estero come esportazione illegale di capitale.(13) Dopo che la Banca d'Italia ebbe affidato l'inchiesta alla procura milanese si giunse ad una richiesta di assistenza giuridica alla Svizzera. I procuratori supposero che la Banca del Gottardo, filiale ticinese dell'Ambrosiano, fosse stata inserita nel traffico illegale e chiesero di poter vederne la contabilità. La Banca del Gottardo fece ricorso con successo. Il 15 giugno 1980 la Camera dei ricorsi del tribunale penale ticinese respinse la richiesta. (14) Un anno dopo gli eventi precipitarono. A metà maggio 1981 la polizia finanziaria trovò nel corso della perquisizione domiciliare della villa di Gelli, oltre alle liste dei membri della P2 e ai documenti del Conto Protezione, anche carte che dimostravano l'esportazione illegale di capitale per circa 23 miliardi di lire (allora circa 100 milioni di franchi) con l'aiuto della finta vendita delle azioni Toro. Questa notizia arrivò improvvisa nel corso del processo in corso dalla fine di maggio 1981 contro Calvi, Castelberg e altri nove dell'Ambrosiano. Calvi e otto dei suoi collaboratori furono immediatamente arrestati. Contro Castelberg c'era a Zurigo un mandato di cattura italiano, che la polizia zurighese non rese tuttavia mai esecutivo, perché reati del genere in Svizzera non portano alla richiesta di estradizione. Mentre la procura di Milano lasciò cadere l'accusa di frode e si concentrò sul reato, ormai dimostrabile, di fuga illegale all'estero di capitale, la Banca del Gottardo di Lugano andò all'offensiva. Informò la stampa del rifiuto, rimasto fino allora sconosciuto al pubblico, da parte della giustizia ticinese di prestare assistenza legale all'Italia. "Questo rifiuto fa mancare il terreno sotto i piedi all'accusa italiana" (15), si leggeva sulla stampa svizzera. Il giorno dopo il "Corriere della Sera" rispose: "La giustizia svizzera assolve Calvi e rifiuta la collaborazione con le autorità italiane". (16) La camera dei ricorsi del tribunale cantonale ticinese si vide costretta a pubblicare un comunicato. Si richiamò alla convenzione europea per l'assistenza giuridica in questioni penali, che prevede il rifiuto di un aiuto del genere in caso di reati in materia di valuta. La richiesta si basava sulla presunzione di reato di frode, compiuto da Calvi e dagli altri membri del consiglio di amministrazione de La Centrale Finanziaria. La nuova accusa parlava invece solo di violazione delle norme valutarie italiane. (17) Sebbene l'ordine cronologico degli avvenimenti

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contraddica il comunicato della Camera dei ricorsi ticinese, questa trovò sostegno nella stampa della Svizzera tedesca. Nessuno sembrò accorgersi che la richiesta di assistenza giuridica era già stata respinta il 15 giugno 1980, un anno prima che i procuratori milanesi avessero lasciato cadere l'accusa di frode. Il 21 luglio 1981 il tribunale di Milano condannò Roberto Calvi per esportazione illegale di capitale a quattro anni di prigione e a una pena pecuniaria di 16,5 miliardi di lire (allora circa 30 milioni di franchi). Altri tre coimputati furono condannati, i restanti sei, tra cui von Castelberg a Zurigo, furono assolti per mancanza di prove. Alla lettura della sentenza Calvi era assente. Aveva compiuto un tentativo di suicidio nella prigione di Lodi ed era in ospedale, gravemente ferito. Nonostante la condanna e il tentativo di suicidio, Calvi continuò a rimanere a capo del Banco Ambrosiano. Poiché la struttura della proprietà era impenetrabile, la stampa si chiese allora chi fosse mai a voler mantenere ad ogni costo Calvi al suo posto. L'interrogativo ha da quegli anni trovato risposta. Il gruppo dell'Ambrosiano era controllato da Gelli, Ortolani e Calvi mediante un complesso sistema di società di comodo inserite le une nelle altre come matrioske, con la banca vaticana IOR come azionista di minoranza. Il permanere di Calvi al vertice dell' Ambrosiano era in certo qual modo uno schiaffo di Gelli alla giustizia italiana. Lo spettacolare caso giudiziario non andò tuttavia in scena senza conseguenze personali. Von Castelberg diede le dimissioni da consigliere d'amministrazione del Banco Ambrosiano e de La Centrale Finanziaria, ma mantenne i suoi mandati al Banco Ambrosiano Holding SA, al Banco del Gottardo e alla filiale zurighese della Banca del Gottardo Ultrafin AG.(18)

LA FINE DI CALVI

Nei pochi mesi prima di morire Calvi cercò disperatamente di trovare nuovi finanziatori per la sua banca in difficoltà. Cosa estremamente difficile da quando Gelli e Ortolani erano scomparsi e il presidente dello IOR Marcinkus si era ritirato. Dopo gli inutili tentativi di Calvi di procurarsi denaro attraverso lo speculatore sardo Flavio Carboni (19) e Cosa nostra siciliana, la polizia inglese rinvenne infine il suo cadavere il 18 giugno 1982 sotto il ponte dei Frati neri a Londra. La sua segretaria privata Graziella Corrocher, già un giorno prima, si era gettata dalla finestra a Milano. Poche settimane dopo il Banco Ambrosiano fallì con una montagna di debiti di più di due miliardi di franchi. La controversia sulle esatte circostanze della morte di Roberto Calvi da allora non si è spenta. L'autore Charles Row e la giustizia inglese ritengono che si sia trattato di suicidio. Calvi si sarebbe suicidato per disperazione in seguito alla rovinosa revoca del credito da parte della banca vaticana e l'oltraggioso tradimento dell'arcivescovo Marcinkus. (20) Un'altra tesi, sostenuta dalla vedova di Calvi, Clara, fondata su ricerche dell'ufficio di investigazioni private Kroll, parla di assassinio. La tesi del suicidio è stata decisamente rigettata da Kroll dopo uno studio, condotto con acribia, degli atti giudiziari inglesi e una ricostruzione minuziosa del caso di morte. Di delitto ha parlato anche il chiacchierato banchiere svizzero Juerg Heer. L'ex direttore della Rothschild Bank di Zurigo dichiarò al “Wall Street Journal” di avere consegnato ai killer mafiosi di Roberto Calvi, per ordine della P2, una valigia piena di contanti.(21) Il contatto tra Heer, Calvi e Gelli esisteva già dalla fine degli anni '70. Gelli usava regolarmente per le sue operazioni internazionali la banca Rothschild di Zurigo. Così Rothschild comprò ad esempio, alla fine degli anni '70 per ordine di Gelli, un notevole pacchetto di azioni della casa editrice milanese Rizzoli. Con ciò il presidente della P2 si trovò a controllare il più importante quotidiano italiano, cosa che era stata uno dei principali obiettivi. (22) Una settimana più tardi l'allora ancora sconosciuto imprenditore edile Silvio Berlusconi, membro in segreto della P2, ottenne che gli fosse dedicata settimanalmente sul "Corriere della Sera" una colonna.(23)

LA BANCA DEL GOTTARDO DI LUGANO SOPRAVVIVE

In quanto filiale svizzera del Banco Ambrosiano anche la Banca del Gottardo finì naturalmente nel vortice dello scandalo milanese. Ma i liquidatori lasciarono che la banca continuasse provvisoriamente

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un'attività ridotta e la vendettero due anni dopo alla banca giapponese Sumitomo. I top manager di Calvi Fernando Garzoni e Francesco Bolgiani poterono mantenere i loro posti. L'istituto ebbe un nuovo presidente nella persona dell'ex consigliere governativo Claudio Generali, vicepresidente restò Carlo von Castelberg.(24) A differenza del presidente Calvi, i quadri dirigenziali della Banca Gottardo hanno superato bene lo scandalo dell'Ambrosiano. All'inizio del 1994 von Castelberg era ancora vice della Gottardo e presidente dell'Ultrafin, Bolgiani era direttore dell'Ultrafin mentre Garzoni era diventato presidente onorario della Banca del Gottardo. Nel suo studio già citato più volte, Charles Row dimostra il ruolo centrale della Banca del Gottardo nella gestione della United Trading a Panama, cuore della banca segreta illegale all'interno del Banco Ambrosiano, creata da Calvi e Marcinkus dopo il crollo di Sindona nel 1974.(25) Nel consiglio di amministrazione della United Trading Corporation SA di Panama (UTC) c'erano Fernando Garzoni, Francesco Bolgiani e Otto Husi.(26) "Fernando Garzoni", scrive Raw, "era presidente della Banca del Gottardo dal 1979 e sapeva con ogni probabilità più di ogni altro degli affari di Calvi."(27) Garzoni da parte sua non ha rimorsi e non permette che gli si rimproveri nulla. "Se la Svizzera esige con una nuova legge un attestato che il denaro accettato nel territorio nazionale o all'estero sia tassato, dobbiamo abolire tra i 30.000 e i 40.000 posti di lavoro", sostenne nel settembre 1993 con un giornalista.(28) Garzoni contestò l'influsso negativo della fuga di capitale all'estero sull'economia italiana. Il flusso di capitale internazionale era – affermò - un dato di fatto, su cui si fondava il benessere della Svizzera e di cui vivevano le banche. Un collega di Garzoni, membro della direzione della Gottardo, era Walter Canepa. Il 10 gennaio 1994 Canepa fece un attentato a Generali, presidente della banca. Irruppe nel suo ufficio, gli sparò, ferendolo gravemente. Poi tornò nel suo ufficio e abbatté il suo cliente privato Luciano Richina, colpendolo con l'impugnatura della pistola. Quindi salì sul davanzale della finestra di Mario Botta e gridò che voleva buttarsi giù, cosa che tuttavia non fece. L'inchiesta del procuratore Pietro Simona diede come risultato che Canepa, per coprire le sue speculazioni sbagliate, aveva oltrepassato le sue mansioni di vicedirettore. Inoltre, lo angustiavano anche grandi problemi finanziari personali. Sulla stampa ticinese si mise in genere, alla base dell’accaduto, il fatto che Canepa, oppresso da problemi finanziari, fosse stato piantato in asso da Generali. All' inizio del 1995 il procedimento istruttorio era ancora in corso. Il nome di Walter Canepa non appare nel grosso libro di più di 500 pagine di Raw. Stranamente l’autore non nomina neppure Carlo von Castelberg. Stranamente- perché Castelberg era uno dei più importanti collaboratori di Calvi in Svizzera. Significativo è a questo proposito che Raw negli anni '80 lavorasse per il liquidatore della Holding Ambrosiano SA in Lussemburgo, precisamente per Brian Smoutha dell' ufficio fiduciario Touche Ross. Smouha fu scelto come liquidatore dal tribunale del Lussemburgo, sebbene - o perché- la Fiduciare Gènèrale affiliata alla Touche-Ross, aveva sempre controllato senza problemi la gestione annuale dell'Ambrosiano Holding del Lussemburgo e perciò poteva essere considerata corresponsabile di tutto il disastro. Negli ambienti dei piccoli azionisti italiani danneggiati dell'Ambrosiano non si sono mai placate le accuse che nella bancarotta dei denari fossero scomparsi in Lussemburgo in modo non chiaro. (29)

MANDATI D' ARRESTO NEI CONFRONTI DEI BANCHIERI DEL VATICANO

Cinque anni dopo la bancarotta, il Banco Ambrosiano ebbe di nuovo titoli a caratteri cubitali sui giornali. Nel febbraio 1987 il procuratore Pierluigi Dell'Osso emise un mandato d'arresto nei confronti di tre funzionari della Banca Vaticana IOR: precisamente il presidente dello IOR arcivescovo Paul Marcinkus e i due manager dello IOR Pellegrino De Strobel e Luigi Mennini. Poichè i tre risiedevano in Vaticano, non poterono essere arrestati. Lo IOR e Marcinkus avevano sempre respinto ogni responsabilità e tuttavia nel 1984 avevano pagato volontariamente 242 milioni di dollari ai creditori danneggiati del Banco Ambrosiano. Un passo, raccomandato allo IOR da una commissione papale di saggi, di cui era membro anche l'allora presidente onorario della SBG Philippe de Weck. Il denaro necessario per il risarcimento dei danni lo IOR se lo procurò con la vendita della sua filiale svizzera

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Banco di Roma per la Svizzera a Lugano (oggi Banco di Lugano) alla SBG. (30)

CARLO VON CASTELBERG NON FA LE VACANZE IN ITALIA

Ai primi di maggio 1987 il procuratore Dell'Osso emise infine a Milano altri venticinque mandati di arresto contro persone che, a suo parere, si erano rese colpevoli di complicità in bancarotta fraudolenta, falso in bilancio, appropriazione indebita e di altri reati economici. Tra questi c'erano il finanziere italiano Orazio Bagnasco di Lugano e il vice della Banca del Gottardo Carlo von Castelberg a Zurigo. La "Neue Zuercher Zeitung" annunciò questi arresti il 6 maggio e fece il nome di Orazio Bagnasco, ma si guardò bene dal parlare ai suoi lettori di Carlo von Castelberg. La polizia svizzera non procedette all'arresto come era avvenuto nel 1981 col primo mandato di cattura contro von Castelberg. Egli si dichiarò tuttavia pronto a rispondere, nell'ambito dell'assistenza giuridica, alle domande della procura milanese di fronte ad un giudice istruttore svizzero. (31) Gli atti giudiziari che il procuratore Dell'Osso ha messo insieme a Milano, riempiono 30 volumi di più di 100.000 pagine, solo l'atto d'accusa contro i 44 imputati nel processo principale dell'Ambrosiano del 1988 conta 1.652 pagine. Il processo gigantesco finì infine il 16 aprile 1992 con verdetti di colpevolezza per concorso in fallimento fraudolento contro 33 imputati e sfociò in lunghi e complicati procedimenti d'appello . (32) Umberto Ortolani, vicepresidente della P2, si prese 19 anni di prigione, il gran maestro Licio Gelli 18 anni e 6 mesi, Flavio Carboni, complice nella fuga di Calvi, 15 anni, la guardia del corpo di Calvi Francesco Pazienza 14 anni e sei mesi, Carlo von Castelberg otto anni e otto mesi, Carlo de Benedetti sei anni e quattro mesi e Orazio Bagnasco sette anni e sei mesi. La motivazione scritta del verdetto occupa 4.409 pagine e fu pubblicata il 10 ottobre 1994, due anni e mezzo dopo la sentenza. (33) Von Castelberg definì incomprensibile e non eseguibile la sentenza all'agenzia stampa AP Svizzera. Egli avrebbe contato su un'assoluzione e intendeva impugnare la sentenza. Nel giugno 1996 la Corte d'appello di Milano ha confermato in seconda istanza i verdetti del caso Ambrosiano, ma ha mitigato il grado della pena. La condanna al carcere di Castelberg è stata ridotta a quattro anni e tre mesi, l'ordine di cattura è stato ritirato. Egli può rivolgersi ancora alla corte di cassazione a Roma come ultima istanza. (34)

IL CASO DUFT

Nei diversi procedimenti secondari della bancarotta dell'Ambrosiano, che vengono trattati separatamente in tribunale, troviamo anche due importanti imputati svizzeri: gli avvocati Peter Duft di Zurigo e Charles Poncet di Ginevra. Duft era accusato di ricatto nei confronti del presidente dell'Ambrosiano Roberto Calvi. Nel luglio 1994 il tribunale distrettuale di Milano condannò Duft in prima istanza a sette anni di prigione, una piccola pena pecuniaria, il pagamento dei costi del procedimento e il pagamento di circa 500.000 franchi a garanzia di eventuali richieste di diritto civile dei liquidatori dell'Ambrosiano. A causa di questa condanna, Duft, nell'autunno 1994, dovette dare le dimissioni da presidente dell'associazione zurighese dei proprietari di casa, ma potè restare nel consiglio direttivo. Alla fine degli anni '80 Duft faceva parte del consiglio di amministrazione del Neumarkt-Theater e fu fino al 1987 nel consiglio cantonale per la Christlichdemokratische Volkspartei (CVP). Testimone principale dell'accusa milanese contro Duft è Francesco Pazienza. Lui stesso non è certo un novellino inesperto, tanto che nel procedimento principale dell'Ambrosiano fu condannato a 14 anni. Pazienza era per Roberto Calvi l'uomo a cui venivano assegnati i compiti ingrati o moralmente discutibili. Il presidente dell'Ambrosiano l'aveva arruolato poco prima di morire, sottraendolo al servizio segreto militare italiano SISMI. Pazienza era membro della P2 e nei servizi segreti era considerato uno specialista del Vaticano. Spiando il Vaticano, era entrato in contatto con Giorgio Di Nunzio, informatore del SISMI e giornalista della rivista romana della destra cattolica "Il Borghese". Di Nunzio possedeva un rapporto segreto del cardinale Egidio Vagnozzi sugli affari sospetti della Banca Vaticana IOR con il banchiere della mafia Michele Sindona. Gli avversari del presidente dello

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IOR Marcinkus l'avevano steso nel 1976 all'epoca dell'elezione di Giovanni Paolo I. Di Nunzio era un cliente di Peter Duft e si dice che allora abbia portato al sicuro il rapporto di Vagnozzi nella cassaforte dell'avvocato zurighese. (35) Nelle sue ricerche, Di Nunzio si era imbattuto anche in affari illegali di Roberto Calvi. Calvi aveva finanziato allo speculatore edilizio romano e piduista Mario Genghini, allo scopo di esportazione illegale di capitale, progetti milionari all'estero. Dopo aver scoperto questo, Di Nunzio pretese da Calvi quattro milioni di dollari, altrimenti avrebbe informato la polizia. Calvi incaricò Pazienza di trattare una riduzione della cifra del ricatto. E in effetti riuscì a Pazienza di abbassare la somma a 1,2 milioni di dollari. Una parte avrebbe dovuto essere pagata in Italia, il resto in Svizzera. Della consegna della tranche svizzera avrebbe dovuto occuparsi Peter Duft. Per attuare il piano in Svizzera Pazienza si servì del suo vecchio conoscente Alain Aboudaram (36) di Losanna, che si dichiarò d'accordo nel mettere a disposizione i propri conti bancari come stazione di transito, in cambio di una provvigione del 2 %. Il 16 marzo 1981 la United Trading, controllata da Calvi, pagò mediante la società di comodo ZUS a Panama 1,5 milioni di dollari su un conto della società Finanzco di Aboudaram presso la filiale svizzera della Banque Nationale de Paris a Basilea. Alcuni giorni più tardi, la Finanzco versò 333.000 dollari su un conto della SBG di Ginevra con l'annotazione "Duft". Il 7 aprile 1981 la United Trading accreditò 800.000 dollari su un conto della società di Aboudaram Real Fin presso la filiale di Losanna della Banque Bruxelles Lambert. Il 5 maggio 1981 due milioni di dollari passarono ancora sullo stesso conto presso la stessa banca. Il 27 maggio infine 600.000 di questi 2,8 milioni di dollari finirono su un conto di Duft presso la Banca del Commercio di Zurigo. Aboudaram ha confermato di fronte alla giustizia italiana il pagamento, confessato da Pazienza, di un totale di 933.000 dollari sui conti di Duft. Calvi non poté più essere interrogato, e anche Di Nunzio morì nell'estate 1981 di infarto cardiaco. Duft stesso non contesta che allora su uno dei suoi conti dei clienti siano affluiti denari di Di Nunzio, definisce però una bugia bella e buona (37) l'accusa mossa contro di lui da Dell'Osso, che egli sia stato implicato in un ricatto contro Calvi, e questo in contrasto con il verdetto di prima istanza del tribunale penale di Milano.

IL CASO PONCET

Il 6 dicembre 1993 la Procura di Milano mise in stato di accusa l'avvocato di Ginevra e consigliere nazionale liberale Charles Poncet. (38) Nell' estate 1996 il procedimento giudiziario era ancora in sospeso. Ebbe la sfortuna che l'amministratore fiduciario Chistopher Delaney nel febbraio 1992 fosse stato arrestato a Jersey, l' isola del Canale, per infrazioni in un contesto diverso. Contro Delaney c'era un ordine di cattura internazionale, emesso dal procuratore di stato Dell'Osso, in rapporto al processo contro Marco Ceruti, uno dei 41 imputati principali del processo dell'Ambrosiano. Allorché Delaney fu arrestato a Jersey, Dell'Osso rimandò l'udienza contro Marco Ceruti per interrogare Delaney.(39) Ceruti era uno stretto collaboratore del capo della P2 Licio Gelli e viene accusato di aver alleggerito il Banco Ambrosiano di 11,6 milioni di dollari. Questo denaro prese una via tortuosa attraverso società di comodo nel Liechtenstein (Nordeurop Anstalt) e a Panama (ZUS Corporation). Finì infine sui conti numerati "Tortuga" e "Bukada", che Ceruti aveva alla SBG (Lugano). Ceruti è di professione antiquario a Firenze e sosteneva che gli 11,6 milioni fossero il prezzo d'acquisto di gioielli, appartenenti al patrimonio dello scià di Persia, comprati da Licio Gelli. Mediatrice sarebbe stata la società Merlin sull'isola britannica di Jersey. Dell'Osso accettò questa versione, sebbene il presidente della Merlin Christopher Delaney avesse disdegnato il mandato di comparizione della Procura di Milano. Dopo il suo arresto per altri reati la musica cambiò. Delaney disse che i documenti che i difensori di Ceruti avevano presentato, per provare un acquisto di gioielli, erano stati falsificati per preservare Ceruti da una condanna. Accusò il consigliere nazionale di Ginevra Poncet di complicità nella elaborazione di queste falsificazioni. L'azione sarebbe stata concordata nel corso di una riunione a Marbella in Spagna, dove Poncet avrebbe fornito le formulazioni delle falsificazioni. Poncet ha confermato la partecipazione alla riunione di Marbella. Avrebbe ritirato più tardi i documenti all'isola di Jersey e li

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avrebbe custoditi per un certo tempo nel suo ufficio a Ginevra. Alla falsificazione non avrebbe tuttavia partecipato. "Mi sento completamente innocente e non ho niente da rimproverarmi", affermò Poncet. Avrebbe "veramente pensato che i documenti fossero autentici".(40) La faccenda acquistò pregnante attualità per il comportamento di Poncet come politico al consiglio nazionale. Il 17 dicembre 1993, Poncet presentò una proposta nel corso del dibattito per la revisione della legge bancaria. Poncet richiese che l'autorità di controllo straniera potesse passare alle autorità giudiziarie del proprio paese le informazioni ricevute dalla commissione bancaria, solo quando questa avesse prima avuto dalla Svizzera assistenza giuridica in cause penali. Se la commissione delle banche dovesse attendere la conclusione di un procedimento di assistenza giuridica, che dura di regola parecchi anni, la rogatoria internazionale tra le autorità di controllo delle banche sarebbe praticamente eliminata, perché le informazioni sarebbero sempre superate e con ciò prive di valore. Perciò la Svizzera avrebbe rotto gli accordi internazionali che prevedono l'assistenza giuridica tra i diversi organi di controllo bancari, per verificare la qualità della concessione di credito, la serietà del management e l'amministrazione accurata. Non è una pagina gloriosa per il consiglio nazionale aver accettato la proposta di Poncet con 73 voti contro 62 - prima di tutti i sostenitori Christoph Blocher e il lobbista finanziario di Zug Georg Stucky. Solo in seconda lettura, dopo una violenta critica della sinistra consigliare e dei media, il consiglio nazionale respinse infine la richiesta di Poncet.

NOTE:

1) Sulla storia della bancarotta dell'Ambrosiano esistono alcune monografie dettagliate, ad esempio: Raw, Charles: ‘The Money Changers’. Londra 1992, o Calabrò, Maria Antonietta: ‘Le Mani della Mafia’. Roma 1991. Raw era redattore dell'inglese "Sunday Times" e lavorò più tardi come consulente del liquidatore dell'Ambrosiano, la società fiduciaria britannica Touche Ross. La Calabrò aveva seguito il caso dell'Ambrosiano come redattrice del "Corriere della Sera" di Milano. Le due esposizioni del caso si completano a vicenda nella misura in cui la Calabrò descrive soprattutto i legami del Banco Ambrosiano con la mafia, mentre Raw pone l'accento sui legami di Calvi con la P2 e con la Banca vaticana IOR.

2) I piccoli capitalisti che facevano amministrare i loro fondi non tassati da una banca statale (Banca Commerciale Italiana, Credito italiano, Banco di Napoli o Banca Nazionale del Lavoro), rischiavano molto di più di essere scoperti di quanto non accadesse con il Banco Ambrosiano privato. Il sistema bancario italiano è stato fino alla (timida) ondata di privatizzazioni del 1994/95 per l'80% statale. Una situazione del genere era un'eredità del corporativismo fascista tipico della dittatura di Mussolini. Questo sistema delle due correnti (legale e illegale) dell'afflusso di denaro si rispecchiava anche nell'organigramma: dietro la rete ufficiale di filiali nazionali e estere c'era una complessa struttura sommersa situata nella zona grigia tra legalità e illegalità. Ma procediamo per ordine.

3) Raw, Charles: 'The Money Changers'. London 1992, p.63

4) Ivi, p. 72 e p.113

5) L'Istituto Opere di Religione fu fondato nel 1942 da papa Pio XII e occupa nell'unica sede legale in Vaticano circa 40 persone, ha più di una dozzina di sportelli e tre bancomat. Oltre al piccolo business a favore degli ecclesiastici e dei laici che abitano lo stato vaticano, lo IOR amministra una gran parte del patrimonio papale. Ha rapporti con le grandi banche internazionali e conformemente ai patti lateranensi, si sottrae all'intervento delle leggi e delle autorità italiane; lo IOR è una banca offshore nel centro di Roma. Il primo presidente dello IOR, Bernardino Nogara, estese la sua sfera di attività dopo

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la seconda guerra mondiale anche in Svizzera, dove negli anni '50 faceva parte del consiglio di amministrazione della Banca della Svizzera Italiana. Più tardi Nogara fondò il Banco di Roma per la Svizzera a Lugano. La seconda fonte di guadagno del Santo Padre è accanto allo IOR, l'Amministrazione Patrimonio santa Sede (APSA). Sebbene l'APSA sia attiva anche all'estero, il suo compito principale è quello di rappresentare all'interno una specie di Banca centrale del Vaticano.

6) Originariamente lo IOR era responsabile solo nei confronti del papa. Dopo che la bancarotta dell'Ambrosiano e la cattiva gestione di Marcinkus, destituito nel 1989, avevano fatto sprofondare lo IOR in una crisi profonda, Papa Giovanni Paolo II riorganizzò la sua banca privata e stabilì un regolamento che per la prima volta ne fissava per iscritto il ruolo. Sulla base di questo lo IOR deve mettere a disposizione del Vaticano le finanze necessarie alle sue opere religiose di portata mondiale. Supremo comitato dello IOR è un consiglio, composto da dieci persone, cinque cardinali e cinque laici. Nel 1993 questi erano i cinque cardinali Angelo Sodano (segretario di stato del Vaticano), John O' Connor (arcivescovo di New York), Angelo Rossi (decano del collegio dei cardinali), Bernhardin Gantin (prefetto della congregazione), e Eduardo Martinez Somalo, vicino all'Opus Dei. I cinque laici erano il presidente dello IOR Angelo Caloia, Theodor Pietzcher (direttore della Deutsche Bank a Essen e consulente della conferenza tedesca dei vescovi), Thomas Macioce (consulente economico del cardinale O'Connor), Philippe de Weck (Grand Old Man della società bancaria svizzera) e José Angel Sanchez Asiain (copresidente del Banco de Bilbao-Vizcaya). Da cerniera tra gli ecclesiastici e i laici fungeva monsignor Donato de Bonis, già segretario dell'arcivescovo Marcinkus. Evidentemente la riorganizzazione dello IOR nel 1989 non è servita a molto: nell'estate 1993 emerse che la Banca vaticana nel 1991/92 era servita a inoltrare tangenti nel caso Enimont (vedi p.217 segg.).

7) Cfr. Calabrò, Maria Antonietta: ‘Le Mani della Mafia’. Milano 1991.

8) Anche la banca svizzera di Sindona, la Amincor Bank di Zurigo con filiale a Chiasso, fu chiusa. La Amincor si chiamava in origine American International Corp. (Zurigo) ed era diretta da Raul Biasi e Riccardo Alvino. Il giovane impiegato della Amincor Niculin à Porta perse il lavoro. Più tardi riapparve come direttore della Banca Albis di Zurigo, chiamata più tardi Banca Adamas. La banca Albis/Adamas era una filiale della Fimo SA di Chiasso. (vedi p.23).

9) Della P2 si parla ancora nel capitolo successivo.

10) Fino al 9 giugno 1993, Ruggero Firrao gestì questa società finanziaria insieme con Alfredo Neuroni, poi fu aperta la liquidazione. Alfredo Neuroni scomparve durante le vacanze di Natale del 1993 e non ricomparve più. Un anno dopo fu dichiarato morto.

11) "La Repubblica", 28.5.93

12) L'ente per la garanzia contro i rischi dell'esportazione (SACE) era stato fondato nel 1977 sotto l'egida del ministro per il commercio estero e uomo della P2 Gaetano Stammati. Direttore divenne il suo fratello di loggia Ruggero Firrao. Il suo scopo era la tutela contro i rischi degli esportatori italiani sui mercati non sicuri. Le inchieste del procuratore milanese Pierluigi Dell'Osso rivelarono un esteso braccio illegale della SACE. In cambio di tangenti, la SACE tollerava sistematicamente il trasferimento illegale di capitale all'estero. Nel marzo 1993 Dell'Osso arrestò l'allora direttore Roberto Ruberti e il suo braccio destro Roberto Bonfigli ("L'Unità", 13.3.93)

13) "Neue Zürcher Zeitung", 22.7.81

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14) "Basler Zeitung", 9.7.81

15) ivi

16) "Corriere della Sera", 17.6.81

17) "Neue Zuercher Zeitung", 8.7.81

18) "Neue Zuercher Zeitung", 30.7.81

19) Roger Schawinski, direttore di Radio 24 di Zurigo, deve secondo "Bilanz", 5. 83, a Flavio Carboni se nel maggio 1982 potè di nuovo trasmettere da Pizzo Groppera, dopo che tutti avevano creduto che la chiusura del gennaio 1982 fosse definitiva. Schawinski aveva conosciuto nell'ufficio zurighese di Felix Matthis l'uomo d'affari ginevrino e amico di Carboni Hans Albert Kunz, che gli aveva procurato il contatto con Carboni. Secondo Kunz, Carboni diede a Schawinski alcuni indirizzi, Schawinski andò a Roma e poco dopo Radio 24 fu di nuovo in grado di trasmettere. Schawinski confermò questo, con la precisazione tuttavia che l'indicazione di Kunz era stata solo uno dei diversi canali sui quali egli era intervenuto a Roma. (Frischknecht, Jürg, ecc: 'Die unheimlichen Patrioten. Politische Reaktion in der Schweiz.' (‘I patrioti perturbanti. La reazione politica in Svizzera’) Zurigo 1987, p.557)

20) "Corriere della Sera", 3.1.93

21) " Wall Street Journal Europe", 11/12.12.92

22) Ferrara, Giuseppe: 'I misteri d'Italia: La vera storia della P2. 'Volume 3. Film documentario in video. Roma, 1987

23) Ruggeri, Giovanni, e Guarino, Mario: 'Berlusconi. Inchiesta sul signor TV. 2. edizione. Milano 1994, p.74

24) Con l'ex consigliere governativo Claudio Generali la piazza finanziaria di Lugano cercò di darsi nuovo lustro. La nuova costruzione della sede principale da parte di Mario Botta, anche premiata, appartiene allo stesso capitolo.

25) Raw, Charles: 'The Money Changers'. London 1992, p.127 segg.

26) ivi, p. 127

27) Ivi, p.257

28) "Das Magazin", Zürich, 12.9.93

29) Lo stesso Brian Smouha della società fiduciaria è anche liquidatore della banca dello scandalo BCCI, chiusa nel 1991. Anche quando la BCCI andò in bancarotta, ci fu chi accusò che all'ultimo istante, prima della chiusura della BCCI, in Lussemburgo grosse somme fossero passate a Ginevra, alla filiale BCP della BCCI.

(30) Come conseguenza della cattiva amministrazione dell'arcivescovo Marcinkus il deficit annuo del Vaticano fino a metà degli anni '80 salì a più di 50 milioni di franchi. Solo nel 1993 il cardinale

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Edmund Casimir Szoka potè presentare un bilancio in pareggio. Szoka che in qualità di arcivescovo di Detroit aveva chiuso chiese poco frequentate, per risparmiare, è dal 1990 ministro delle finanze del Vaticano. Lo IOR non è tuttavia diretto da Szoka, ma da una particolare commissione papale. ("Die Zeit", 17.11.95)

31) "Tages-Anzeiger", 7.5.87

32) "Corriere della Sera", 17.4.92

33) "La Repubblica", 11.10.94

34) "Neue Zuercher Zeitung", 11.6.96

35) Raw, Charles: 'The Money Changers'. Londra 1992, p.323 segg.

36) Mandati del consiglio di amministrazione di Alain Aboudaram: Amal Finance Corporation (Genève); Conseil Aboudram Alain SA (Lausanne); Amal currency investments SA (Lausanne). (Fonte: Orell Fuessli/Teledata: Il CD-ROM. Version 1996/1, scadenza: 1.8.95 )

37) Comunicazione dell'Agenzia stampa AP-Schweiz del 15 maggio 1993

38) è il fratello dell'avvocato di Gelli Dominique Poncet.

39) "L'Unità", 25.1.93

40) "Sonntagszeitung", 2.1.94

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13 LA LOGGIA MASSONICA SEGRETA P2

In Italia le teorie del complotto sono tradizione. Una particolare cultura del sospetto, detta "dietrologia", produce di continuo infinite analisi e speculazioni più o meno fondate su forze che manovrano dietro le facciate: logge e associazioni maschili segrete, la cui azione resta sconosciuta ai non illuminati e ai non iniziati, il mondo oscuro delle società segrete, della mafia, del terrorismo, membri dei servizi segreti deviati, sétte e ordini religiosi fino alle cordate corrotte che si formano in economia e in politica. I sobri abitanti dei paesi del nord giudichino pure tutto ciò illusione e paranoia, ma è un dato di fatto che prima di Mani Pulite sia le inchieste della Giustizia che le rivelazioni dei media in questo ambito finivano di regola con l'insabbiarsi e scomparire. La loggia massonica segreta Propaganda Massonica Due (P2) ha, a questo proposito, una posizione particolare tra le società segrete. Nel 1981 perse improvvisamente il suo status di ente segreto, dopo che la lista dei membri era divenuta pubblica. Le conseguenze furono drammatiche. I resoconti dei media in tutto il mondo sui nomi di grande rilievo della loggia produssero in Italia una grave crisi di stato. Il governo dovette dimettersi, il gran maestro della P2 Licio Gelli fuggì in Uruguay e la loggia fu chiusa per legge. Nell'esplosiva lista dei nomi (1) si era imbattuta il 17 marzo 1981 un'unità della guardia di finanza comandata dal colonnello Bianchi, allorché nel corso delle indagini contro Michele Sindona, banchiere della mafia e membro della P2, perquisì a Castiglion Fibocchi presso Arezzo anche Villa Wanda del maestro di loggia della P2 Licio Gelli. Bianchi resistette ai massicci tentativi di intimidazione del suo superiore (il generale della guardia di finanza e membro della P2 Orazio Giannini) e non nascose la sua scoperta. Secondo la lista, la loggia contava 972 membri altolocati.(2) Tra questi c'erano tre ministri, tre segretari di stato e 43 deputati al parlamento di diversi partiti. E vi comparivano inoltre 43 generali e otto ammiragli, incluso l'intero stato maggiore, tutti i capi dei servizi segreti civili e militari, numerosi generali dei carabinieri, alcuni generali della guardia di finanza, i capi di polizia delle quattro più grandi città d'Italia così come numerosi alti funzionari e diplomatici di tutti i ministeri. Erano rappresentati anche capitani d'industria quali Silvio Berlusconi, il presidente del Banco Ambrosiano Roberto Calvi, il banchiere della mafia Michele Sindona e il banchiere privato e consigliere del Vaticano Umberto Ortolani. E non mancavano rappresentanti della stampa come l'allora editore e caporedattore del "Corriere della Sera, il direttore del telegiornale di RAI 1 e il più importante conduttore della RAI, Maurizio Costanzo.

COSPIRATORI RIVOLUZIONARI?

Per far luce sullo scandalo della P 2 il parlamento istituì una commissione d'inchiesta, composta di 43 persone, sotto la guida di Tina Anselmi, deputato al parlamento ed ex ministro della salute, che terminò i lavori nel 1984, dopo trenta mesi. Il rapporto sull'inchiesta occupa 58 volumi e 34.487 pagine. La commissione pervenne alla conclusione che la P2 era un gruppo di cospiratori che preparavano un colpo di stato e volevano rovesciare l'ordine costituzionale. La P2 era diretta da un gruppo sconosciuto, con Gelli in funzione di mediatore tra i membri. Questo riconoscimento la commissione dell'Anselmi lo visualizzò mediante due piramidi, che si toccano al vertice. I 972 nomi della lista erano da collocarsi nella piramide inferiore, mentre la superiore capovolta simboleggiava il gruppo sconosciuto degli uomini oscuri. Da quest’ultima Gelli, che si trovava nel punto di contatto dei due vertici, avrebbe ricevuto gli ordini. Una minoranza della commissione Anselmi analizzò la P2 in modo completamente diverso. Ad esempio Massimo Teodori del Partito Radicale (nel frattempo scomparso). "Gelli e la sua loggia erano parte integrante del regime e non avevano assolutamente bisogno di cospirare" (3) - sostenne. Secondo Teodori la P2 viveva in perfetta simbiosi con l'apparato statale. Ciò permetteva ai detentori del potere dello stato di imporre decisioni, in maniera più efficiente, nell'ambito della struttura parallela P2, sgravata da problemi di legittimazione democratica, che mediante il lento apparato statale.

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I comunisti del PCI, coinvolti nel corrotto sistema dei partiti d'allora, Teodori li vedeva come utili idioti che, senza esser presenti nella struttura della P2, avrebbero tollerato il gioco di Gelli per un perverso interesse personale. A parere di Teodori, la commissione Anselmi, controllata dai partiti al governo, aveva soprattutto lo scopo di sacrificare Gelli e alcuni degli altri fratelli della P2, solo per proteggere il capo della DC Giulio Andreotti e non di meno Craxi, il segretario dei socialisti, e mantenere in vita il sistema corrotto dei partiti. In effetti la commissione Anselmi aveva sorvolato sulla sospetta vicinanza di Andreotti e Craxi alla P2. (4) Andreotti aveva sempre negato di aver mai conosciuto Gelli, finché comparve infine sulla stampa una foto che lo mostrava insieme a Gelli in occasione dell'entrata in carica del presidente argentino Juan Domingo Peròn (1977) all'Ambasciata italiana di Buenos Aires.

ARRICCHIMENTO CRIMINALE ?

Dieci anni dopo l'apparizione del rapporto Anselmi, nell'aprile 1994, la Corte d'Assise di Roma emise una sentenza nel grande processo alla P2. I giurati non condivisero le conclusioni della commissione Anselmi. Secondo il loro verdetto la P2 non aveva cospirato contro lo stato italiano, ma era piuttosto una loggia massonica degenerata, che operava nella zona grigia della corruzione e della criminalità economica, a scopo di arricchimento personale dei suoi membri. L'imputato principale Gelli fu condannato per frode, calunnia e possesso di documenti segreti a 17 anni di prigione, ma rimase in libertà perché i suoi avvocati fecero appello contro la sentenza. Sia o no un caso, il tribunale di Roma ha assolto la P2 dopo un'inchiesta durata 13 anni e un processo di 18 mesi dall'accusa di cospirazione contro la costituzione, proprio nell'istante dell' entrata in carica come presidente del Consiglio dei ministri del membro della P2 Silvio Berlusconi. Il giorno della pubblicazione della sentenza una Tina Anselmi costernata disse in televisione di non essere d'accordo con questo verdetto e ribadì la sua tesi della P2 come gruppo eversivo di cospiratori contro l'ordine costituzionale italiano. E rispose con un'amara risata all'obiezione di un partner del talk-show, difensore di Gelli, che la P2 fosse un club, purtroppo deviato, di uomini d'affari nel complesso rispettabili. (5) Anche la procuratrice Elisabetta Cesqui non era d'accordo con la sentenza e ricorse in appello. In un'intervista disse che non voleva si vietasse la massoneria in Italia, auspicava invece che si rendessero obbligatoriamente pubbliche le liste dei membri di tutte le logge. Solo così si sarebbe potuto garantire che la massoneria italiana non deviasse nella corruzione politica ed economica, ma restasse un' associazione umanistico-esoterica cosmopolita. Nel 1993 anche il procuratore Agostino Cordova aveva indagato a Palmi in Calabria contro logge massoniche deviate. Partendo da un traffico di droga della 'ndrangheta, la versione calabrese della mafia, Cordova si imbatté in logge segrete, vale a dire operanti al di fuori delle logge-madre nazionali ufficiali: il Grande Oriente e la Gran Loggia d'Italia. Inoltre, perquisì gli uffici dell'ex gran maestro Armando Corona a Cagliari e dell'avvocato Augusto De Megni a Perugia.(6) In un discorso che fece sensazione, tenuto di fronte alla Commissione antimafia a Roma, Cordova dichiarò che egli sospettava 19 parlamentari in carica di essere la dirigenza della P2, rimasta sconosciuta nel 1991. (7) Cordova dichiarò anche che la P2 era morta ma che il "piduismo" aveva vinto. La P2 era stata capace di riciclarsi politicamente, e di continuare a restare attiva all'interno della massoneria italiana. Come esempio del permanere di circoli segreti del tipo di quello di Gelli, venne citato il caso di Ugo Zilletti. Il giurista cattolico di Roma era stato nel 1981 vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), l’organo di autogoverno dei magistrati in Italia. Il suo predecessore Vittorio Bachelet era stato ucciso dalle Brigate Rosse. (8) Dopo la perquisizione della villa a Castiglion Fibocchi Zilletti dovette dimettersi, perché il suo nome era apparso in un appunto di Gelli. Inoltre egli era intervenuto a Milano a favore del presidente dell'Ambrosiano Roberto Calvi, allora in prigione. Dopo il suo ritiro, Zilletti ridivenne avvocato e, nel febbraio 1993, fu infine arrestato per sospetto di bancarotta fraudolenta della Compagnia Generale Finanziaria (CGF). Fu arrestato anche l'uomo della P2 Ennio Annunziata. La CGF aveva ricevuto da Licio Gelli, poco prima della bancarotta, ancora 15

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miliardi di lire.(9) Dopo che l'ostinato procuratore di Palmi Agostino Cordova fu promosso ad un incarico di maggior prestigio della burocrazia giudiziaria a Napoli, le coraggiose inchieste contro le logge massoniche non ufficiali, in Calabria, si arrestarono.

LA LOGGIA MASSONICA P2

La P2 fu, fino al suo divieto per legge, una delle più di 600 logge della Gran Loggia Grande Oriente d'Italia, detta anche "Palazzo Giustiniani" dal luogo delle sua fondazione, quello splendido palazzo nel cuore di Roma che Mussolini aveva sottratto ai massoni. Oggi Palazzo Giustiniani appartiene al Senato italiano. Nel 1994 Grande Oriente era con i suoi 16.000 membri la più grande delle tre grandi logge nazionali d'Italia. La seconda, la Gran Loggia d'Italia, sorta dopo una scissione nel 1908, e detta anche "Piazza del Gesù", contava 251 logge e 6.000 membri. La terza loggia nazionale, denominata "Gran Loggia Regolare d'Italia", aveva 35 logge e 1.000 fratelli. (10) Era sorta solo all'inizio del marzo 1993 da uno scisma avvenuto nel Grande Oriente. Fondatore fu un ex gran maestro del Grande Oriente, Giuliano Di Bernardo, con 1.000 seguaci e col sostegno anglosassone. Di Bernardo voleva rendere pubbliche le liste dei membri, ma su questo punto non riuscì a imporsi all'interno della massoneria. Sui media assicurò che la sua nuova loggia voleva concentrarsi sugli ideali massonici di tolleranza e giustizia ed escludere i politici corrotti e gli uomini d'affari sospetti. Collaborando alle indagini di Armando Corona a Palmi, cercò di dar forza al proposito espresso.(11)

GUERRA AI PAPI

La P2 era stata fondata a Roma nel 1877. Era al servizio dei fratelli delle logge provinciali del Grande Oriente d'Italia (12) che soggiornavano nella capitale. Solo pochi anni prima i tre massoni Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi e Camillo Cavour, avevano guidato la liquidazione dello Stato della Chiesa e fatto dell'intera Italia uno stato unitario laico. I tre massoni sono, non a caso, a capo del Risorgimento. Da quando l'Inquisizione a metà del secolo diciottesimo aveva imprigionato a Firenze i primi massoni, la massoneria, di idee illuministe, divenne componente del nazionalismo rivoluzionario italiano come strumento contro il potere temporale del papa nello Stato della Chiesa. I papi si vendicarono con innumerevoli bolle. L'anatema definitivo fu lanciato da Leone XIII nel 1884 ("Humanum Genus"): egli condannò il "naturalismo razionalista" e inflisse la scomunica a tutti i massoni cattolici. La guerra totale tra il Vaticano e i massoni terminò con il Concilio Vaticano Secondo nel 1962. La tolleranza religiosa, qui annunciata, tra tutti gli "uomini di buona volontà", comprendeva anche la massoneria che si fondasse su valori umanistici universali. I massoni cattolici profittarono del momento favorevole e cominciarono a far visita in Vaticano. Nel 1971 il papa ritirò infine la scomunica contro la massoneria regolare. Il diritto canonico venne modificato: fu scomunicata automaticamente solo quella parte dei massoni che cospiravano contro il Vaticano e prestavano il giuramento di fedeltà non sulla Bibbia ma su un libro con le pagine non stampate. Al Grande Oriente questo non servì a nulla in un primo momento, perché non era membro della United Grand Lodge of England a Londra, madre di tutti i massoni regolari di questo mondo. Lo statuto della Gran Loggia inglese, in base al quale altre logge vengono riconosciute, contiene nel principio numero sette un severo divieto di discutere all'interno della loggia di problemi religiosi e politici. Questa rinuncia era però da sempre del tutto ignota alla massoneria italiana. E, tuttavia, la United Grand Lodge riconobbe nel 1972 il Grande Oriente.

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ALLEANZA CON LA FINANZA

All'inizio degli anni '70 i rigidi fronti contrapposti del Vaticano e dei massoni cedettero. Soprattutto i finanzieri della P2, Licio Gelli e Umberto Ortolani, così come i banchieri della stessa loggia Roberto Calvi e Michele Sindona ,fecero a gara a frequentare il Vaticano. L'arcivescovo Paul Marcinkus, capo della Banca Vaticana IOR, concluse allora con l'ambizioso quartetto della P2 più di qualche affare lucroso. Nel settembre 1978 il giornalista romano Mino Pecorelli pubblicò sul suo "Osservatore Politico" sotto il titolo "La grande loggia vaticana", i nomi di 121 presunti membri di una loggia massonica in Vaticano. Tra questi c'è il cardinale segretario di stato Jean Villot, nome di loggia Jeanni, numero 041/3, accolto in una loggia di Zurigo [già] il 6 agosto 1966 (13), inoltre i due presidenti della banca vaticana IOR, l'arcivescovo Marcinkus e Monsignore Donato de Bonis, e altri. Questa lista di massoni in Vaticano era già stata pubblicata nel 1976 da un gruppo fondamentalista di nome "Comitato internazionale per la difesa della tradizione cattolica". (14) Dopo lo scandalo della P2 nel 1981, il flirt del Vaticano con i massoni cattolici finì e da allora è di nuovo in vigore la scomunica incondizionata. Non è un caso che la chiesa cattolica sotto il papa polacco Karol Wojtyla dall'inizio degli anni '80 preferisca associazioni maschili interne alla chiesa come l'ordine dei Templari o i Maltesi (Gerosolimitani).

I MALTESI

Per amore di completezza è il caso di spendere ancora alcune parole in forma di excursus sui Maltesi, ai quali si dice che Licio Gelli sia stato affiliato. (15) La fondazione dell'ordine risale alle crociate. Dopo il massimo splendore, raggiunto nel medioevo, furono ridimensionati, ma non liquidati, dai papi. In Inghilterra, il re Enrico VIII li espropriò . Con l'inizio dell'era moderna i Maltesi si dedicarono, per ordine dei papi, soprattutto ad attività caritatevoli, senza tuttavia dimenticare del tutto il loro sapere segreto risalente al medioevo. All'inizio degli anni '90 il numero dei Maltesi fu stimato a circa 10.000, dei quali 2.600 negli USA, 2.500 in Italia e 250 in Inghilterra. I voti monastici di castità, povertà e obbedienza, li osserva ancora solo una piccola minoranza. Ciò deve essere naturalmente interpretato. Matthew Festing, venditore all'asta da Sothebey, avrebbe detto una volta che egli prendeva seriamente il voto di povertà e tuttavia non viveva in una sudicia capanna. Nel 1994 i Maltesi italiani furono colpiti da uno scandalo imbarazzante. L'eccentrico pianista Arturo Benedetti Michelangeli, morto nel 1995, aveva tenuto un concerto di beneficenza in Vaticano per l'ospedale dei Maltesi San Giovanni Battista. Quando più tardi apprese che il denaro, ricavato dalla colletta, non era stato dato all'ospedale ma era finito in una cassa dei fondi neri dei Maltesi, Benedetti Michelangeli restituì la sua grande croce di Malta. Tra i cattolici USA, i Maltesi sono relativamente numerosi. (16) E dove appartenenza all'ordine e business si mescolano, nascono problemi. William Agee, presidente e delegato del complesso di aziende Morrison Knudsen, aveva mandato in rovina con la sua cattiva amministrazione il gruppo miliardario statunitense, senza che il consiglio d'amministrazione fosse in qualche modo intervenuto. Un altro scandalo legato ai Maltesi scosse nel 1994 la multinazionale chimica statunitense W.R. Grace. Il presidente Peter Grace e il direttore generale J.P. Bolduc, dovettero dare entrambi le dimissioni. I due si erano rivolti per una lite al cardinale John O' Connor dell'arcidiocesi di New York, capo supremo dei Maltesi negli Stati Uniti e membro anche del Consiglio d'amministrazione della Banca Vaticana IOR. Peter Grace e Bolduc erano entrambi Maltesi, non meno dei tre consiglieri d'amministrazione Peter Lynch (ex amministratore di fondi Fidelity Bund di Boston, la società amministratrice di fondi più grande al mondo), Eugene Sullivan (ex presidente del grande caseificio Borden, rilevato da Nestlè) e James Frick (direttore amministrativo della celebre Università cattolica di Notre Dame). Altri Maltesi alla W.R. Grace erano il direttore Hugh Carey e il consulente di Public Relations Robert Dilenschneider. Dopo che Bolduc aveva esautorato Grace, venne licenziato anche lui per molestie sessuali nei confronti di un'impiegata, con una indennità di buonuscita 47 milioni di dollari. In seguito

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a ciò, alcuni azionisti insoddisfatti persero le staffe e tentarono la rivolta.(17) Il professore di economia aziendale Jay Lorsch della Harvard University riteneva, a proposito dei casi Morrison Knudsen e W. R. Grace, che il problema non consistesse nell'appartenenza all’ordine dei Maltesi, ma nel conflitto di lealtà. In caso di questioni da risolvere in un consiglio di amministrazione ciò poteva avere come conseguenza che non si esercitasse più una vera critica. Gli azionisti avevano, a suo parere, il diritto di sapere di quali associazioni e società i consiglieri d'amministrazione facessero parte.

IL GRAN MAESTRO LICIO GELLI

Dopo questa digressione torniamo agli inizi della P2. Il 28 novembre 1966 il Gran Maestro del Grande Oriente Giordano Gamberini incaricò Licio Gelli, che già nel 1963 aveva aderito alla loggia "Gian Domenico Romagnosi", di rilanciare l'inattiva loggia Propaganda Massonica. (18) Licio Gelli era già allora un uomo d'affari con eccellenti rapporti con le forze armate e con i servizi segreti.(19) Egli possedeva nei pressi di Napoli, la fabbrica di materassi Permaflex, che forniva allo stato milioni di materassi per le caserme, gli istituti, gli ospedali e le case popolari.(20) Nel suo nuovo compito di riorganizzatore della P2 Gelli manifestò alla fine degli anni '60 un attivismo frenetico: gli riuscì di coprire i ranghi della loggia con nuovi arrivi prestigiosi: rappresentanti dei servizi segreti, militari di grado elevato, giudici, capi di polizia e capitani d'industria. Nell'autunno caldo 1969 l'anticomunismo militante, con il rafforzarsi della sinistra italiana, si adeguò alla linea direttiva della P2. In politica estera la P2 era ben garantita. Gli USA e la Nato cercavano allora di impedire il compromesso storico tra PCI e Democristiani. Nel 1970 il Gran Maestro del Grande Oriente Giordano Gamberini si era dimesso e gli era succeduto il medico fiorentino Lino Salvini. Gamberini assunse compiti speciali in Italia e all'estero. "Egli cercò di fare della Loggia Propaganda Massonica [ P2] il nucleo della destra italiana che potesse assumere il controllo dell'Italia nel caso che questo fosse stato necessario", (21) ha scritto lo specialista britannico di massoneria Martin Short. Per ordine del Gran Maestro Salvini e dell'ex Gran Maestro Gamberini, il capo della P2 Gelli espanse all’interno del Grande Oriente la sua struttura segreta con obiettivi politici - cosa che era in stridente contrasto con l'imperativo massone di non occuparsi di politica e di religione. E tuttavia la United Grand Lodge of England riconobbe per la prima volta nel settembre 1972 il Grande Oriente come parte della massoneria regolare. I due presidenti d'allora della grande loggia inglese, James Stubb e Jeremy Pemberton, fecero visita a Firenze al Gran Maestro Salvini e furono anche ospiti d'onore del mercante d’armi Alessandro del Bene, considerato uno dei più zelanti membri della P2 e fondatore della filiale della P2 a Monaco. (22)

POLITICA ASSASSINA

All'inizio degli anni '70, contemporaneamente al rafforzarsi dei comunisti in parlamento, la P2 si intromise nella politica italiana, passando sempre più all'offensiva. E non si tirò indietro di fronte a nulla. Ebbe le mani in pasta in numerosi attacchi terroristici di estrema destra, ad esempio nell'attentato al treno espresso "Italicus", in cui nel 1974 morirono dodici persone e in quello alla stazione di Bologna, dove nel 1980 furono uccise 85 persone e ne furono ferite più di 100. Per la partecipazione a questi crimini parecchie decine di uomini della P2 furono condannati con sentenza definitiva per attentati dinamitardi e assassinio. Anche a Licio Gelli fu inflitta in questo processo una pena detentiva di molti anni, ma grazie al ricorso dei suoi avvocati non dovette andare in prigione. Agli ambienti democratici all'interno della massoneria italiana non piacque la loggia segreta massonica politicamente attiva, creata in spregio dei principi massonici. Infine l'assemblea generale dei segretari del Grande Oriente chiese nel 1974, a Napoli, lo scioglimento della P2. I capi supremi Salvini e Gamberini seppero evitare questo e per di più promossero Gelli da comune Maestro massonico (segretario di loggia) a

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Maestro venerabile. Poiché la critica alla P2 non cessava all'interno, la dirigenza del Grande Oriente dovette infine sciogliere nel luglio 1976 la loggia segreta. Ma questa fu una semplice formalità, in segreto Salvini permise a Gelli di portare avanti la P2. Nel settembre 1976 il massone Francesco Siniscalchi chiese conto al Gran Maestro Salvini del fatto che la P2 continuasse ad esistere. Fu subito estromesso dal Grande Oriente. In seguito a ciò Siniscalchi consegnò nel dicembre 1976 alla procura romana un dossier sulla P2. Per la prima volta gli estranei appresero della grande cospirazione. Quando i due procuratori milanesi Gherardo Colombo e Giuliano Turrone ricevettero nel marzo 1981 la lista dei membri, erano già stati preventivamente informati sulla sua importanza grazie al democratico Siniscalchi. Come anche il rapporto Anselmi constata, il 1974 produsse la svolta nella strategia della P2. (23) Se prima si era puntato a bombardare per così dire l'Italia di messaggi che la preparassero al colpo di stato, si praticò ora un altro metodo sovversivo. I proclami fascistoidi all'interno della loggia cessarono. La P2 contò da una parte sulla possibilità di infiltrare l'apparato dello stato di simpatizzanti, dall'altra di screditare la sinistra parlamentare manipolando il terrorismo di sinistra.(24)

LO STATO NELLO STATO

Per i suoi membri e simpatizzanti la P2 elaborò nel 1975 un programma politico, detto "Piano di rinnovamento democratico". Con ciò Gelli voleva contrattaccare l'offensiva ideologica dei comunisti. Anziché il compromesso storico improntato ad una democrazia fortemente popolare,egli voleva un sistema presidenziale nella zona grigia tra democrazia e dittatura. L'offensiva di Gelli ottenne qualche successo, soprattutto nella sinistra non comunista. Il segretario del partito socialdemocratico Pietro Longo (PSDI) era membro della P2, e così pure numerosi top manager socialisti (PSI) di aziende statali quali Leonardo Di Donna, o il direttore generale della Banca Nazionale del Lavoro, Alberto Ferrari.

BERLUSCONI E LA P2

Il progetto politico della P2 e l'ascesa del presidente della Fininvest e uomo della P2 Silvio Berlusconi a presidente del Consiglio dei ministri nel marzo 1994, rivelano significativi parallelismi. La sua affermazione corrispondeva ampiamente ai passi concreti proposti nel programma di Gelli. Il primo Berlusconi l'aveva già compiuto, quando era stato eletto a presidente dei ministri, e precisamente il controllo dei media. Oltre ai tre canali nazionali TV egli possedeva anche numerosi importanti organi di stampa come "Panorama", "Epoca" e "Il Giornale". Inoltre, egli controlla gran parte della pubblicità, dei cinema e del settore musicale. La società capogruppo Fininvest di Berlusconi era la seconda impresa mediatica per grandezza in Europa, dopo il gruppo tedesco Bertelsmann. Le concessioni TV nazionali Berlusconi le aveva avute solo grazie al suo padrino politico Bettino Craxi, segretario del partito socialista, fortemente permeato dalla P2, anche se non figurava sulla lista ritrovata dei membri della loggia. Il piano della P2 prevedeva come secondo passo, dopo la presa di potere nei media, la creazione di club politici in tutt'Italia; su questa base dovevano poi essere fondati a tavolino due nuovi partiti nazionali. A ciò corrisponde la creazione dei club di Forza Italia da parte di Berlusconi. Come disse del resto Licio Gelli in un'intervista alla televisione tedesca ARD nel giugno 1994: "Il mio piano è realizzato con l' eccezione di un punto, la repubblica presidenziale, ma anche questa verrà."(25) Oltre al primo ministro Berlusconi c'erano come ministri nel suo governo altri tre ex membri della P2, precisamente il ministro dei trasporti Publio Fiori, il ministro della giustizia Alfredo Biondi e il ministro degli esteri Antonio Martino.(26) In presenza di quattro importanti membri del governo non meraviglia che la Corte d'Assise di Roma abbia pronunciato la sentenza nel principale processo contro la P2 dopo quasi tre anni di dibattimento proprio un giorno dopo la vittoria alle elezioni di Berlusconi: la P2 non sarebbe un'associazione criminale a scopi eversivi ma una loggia massonica infestata da elementi criminali.

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IL GRANDE ORIENTE VIENE SCOMUNICATO

Sebbene gli intrighi terroristici, politici e finanziari della P2 fossero già da lungo tempo in evidente contraddizione con l'imperativo massonico dell'astensione dalla politica, la United Grand Lodge of England sospese solo nel 1993 (27), durante i grandi scandali per le tangenti, l'affiliata italiana che aveva perduto l'onore. Anche la massoneria inglese si trovava sotto una pressione crescente. L'imperativo alla trasparenza del liberalismo economico thatcheriano minacciava sempre di più l'attività segreta dei massoni. I due testi critici 'The Brotherhood' di Stephen Knight (1984) e 'Inside the Brotherhood' di Martin Short (1989), avevano procurato molta cattiva stampa. Anche il grande scandalo dell'Ospedale Reale Massonico nel quartiere londinese di Hammersmith, che a metà degli anni '80 aveva causato molta pubblicità negativa, non era ancora stato del tutto digerito. Con il titolo " è ora di sollevare il grembiule" (28) l' "Independent on Sunday" del 20 settembre 1992 rimandava criticamente alle centinaia di logge nel distretto finanziario londinese. Numerose banche, ad esempio la Lloyd Bank, la Midland Bank, la National Westminster Bank, la Bank of England, avrebbero avuto logge interne. La società assicuratrice Lloyd's di Londra, che allora passava da uno scandalo all'altro, ne contava addirittura tre.(29) Non era proprio questo l'humus ideale per affari interni illegali? L'assistente della United Grand Lodge of England si difese da ogni insinuazione che i massoni costituissero cordate nelle aziende per ottenere vantaggi finanziari, perché ciò era loro severamente proibito - come egli sostenne.

LICIO GELLI E LA SVIZZERA

All' inizio del luglio 1990, l'ex agente della CIA Richard Brenneke affermò al canale 1 della Rai Tv che la CIA aveva pagato alla P2 10 milioni di dollari al mese per armi, narcotraffico e azioni politiche. (30) Secondo Brenneke la P2 nel 1981, nonostante il divieto ufficiale, non era stata sciolta e avrebbe potuto essere coinvolta nell'assassinio di Palme. Brenneke affermò letteralmente: "Licio Gelli non era il vero capo della P2. Riceveva gli ordini da persone in Svizzera e negli USA." (31) Che Gelli ricevesse o no gli ordini dalla Svizzera, è un dato di fatto che i suoi rapporti con la Confederazione Elvetica non si limitano a conti bancari plurimilionari. La regione del lago di Ginevra era invece piuttosto l' hinterland strategico della P2. Si trovava a Ginevra la villa dell'uomo chiave della P2 e direttore generale della Casa editrice Rizzoli Bruno Tassan Din (Rizzoli possedeva il "Corriere della Sera"). A Duchy nel Vaud aveva il suo castello Luigi Olivi. A Ginevra c'erano le ville di Umberto Ortolani e Valerio Valeri. Tutti e tre appartenevano appunto al nocciolo duro della P2. Tra Losanna e la Svizzera c'era inoltre anche la villa "La Crique" dello svizzero Peter Notz (32), che frequentava Hans Albert Kunz. Entrambi i nomi furono trovati nei documenti sequestrati a Gelli.(33) Questo che nell'aprile 1981 era andato in Uruguay, tornò in Europa e, nell'agosto 1982, fu arrestato nella sala degli sportelli della sede principale della SBG ginevrina. La SBG l'aveva convocato a Ginevra poiché egli voleva trasferire il suo conto ginevrino di 55 milioni di dollari in Uruguay.(34) Nel settembre 1982 il procuratore ticinese d'allora, Paolo Bernasconi, fece congelare i conti di Gelli a Ginevra. (35) Gelli fu imprigionato a Champ Dollon, da dove il 10 agosto 1983 fuggì. Temeva l'estradizione in Italia. La giustificazione della fuga di Gelli da parte della polizia di Ginevra, fu la seguente: egli avrebbe corrotto con 6.000 dollari la guardia carceraria Umberto Cerdana, che l'avrebbe lasciato evadere. Con i politici il comando di polizia non se la cavò con questa spiegazione e il Gran Consiglio di Ginevra istituì una commissione d'inchiesta.

SCANDALO A CHAMP DOLLON

Ciò che successe effettivamente la notte della fuga di Gelli, la commissione non potè accertarlo, ma scoprì che in carcere avvenivano abusi a dir poco incredibili. Gelli godeva a Champ Dollon di un

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regime speciale meno severo sebbene le autorità fossero state messe ripetutamente in guardia contro i suoi piani di fuga. La notte dell’evasione una pattuglia della polizia scoprì un buco nel recinto del carcere e diede l'allarme al corpo di guardia della prigione, ma questo non reagì.(36) Il figlio di Gelli, Maurizio, portò il padre oltre confine e in auto fino a Montecarlo, da dove Gelli si diresse in Sudamerica con lo yacht di Pazienza. Quando il tribunale federale accolse la richiesta italiana di estradizione nove giorni dopo la fuga, Gelli era già di nuovo nella sua villa nei pressi di Montevideo. Nel settembre 1987 ritornò infine a Ginevra e si mise volontariamente a disposizione della giustizia. Il governo di Ginevra voleva estradarlo subito in Italia (37), nonostante la dura protesta dei suoi avvocati Marc Bonnant e Dominique Poncet. (38) Applaudito dagli avvocati di Gelli, il giudice istruttore Jean Pierre Trembley aprì un procedimento contro di lui per corruzione della guardia carceraria. Con ciò gli avvocati ebbero il tempo necessario per ottenere dal tribunale federale che egli fosse estradato in Italia, ma con la riserva di non venir accusato di reati politici. La Giustizia italiana accettò la condizione e caddero così i crimini politici, lo spionaggio e la cospirazione contro la costituzione. Il 17 febbraio 1988 Gelli fu espulso in Italia, dove fu rilasciato dopo alcuni mesi di carcerazione preventiva. Un anno dopo pubblicò presso la casa editrice Demetra Edizioni di Lugano la sua versione dei fatti nello scritto apologetico che ha come titolo: 'La Verità'.(39) E ora l'arzillo Gelli, più che ottantenne, risiede di nuovo a Villa Wanda, dove tutto ha avuto inizio. Di quando in quando girano voci che la sua P2 si sia riorganizzata in clandestinità, ma non è venuto alla luce niente di concreto.(40) Una potenza quale è stata la P2 può riservare sorprese ancora per lungo tempo.

EXCURSUS: I MASSONI SVIZZERI

Non ci sono indizi che Gelli nel corso delle sue regolari visite a Ginevra e a Lugano abbia mai frequentato anche una loggia locale o addirittura che abbia cospirato con i massoni svizzeri. I massoni svizzeri sono discreti, l'elenco dei loro ospiti e membri è segreta. Ma, nell'autunno 1995, la facciata ben strutturata della massoneria svizzera mostrò, per la prima volta a memoria d'uomo, delle crepe. La loggia di Zurigo “Modestia cum Libertate”, che contava più di duecento anni, offrì nella lotta per il controllo del Brockenhaus di Zurigo una triste immagine di lacerazione interna. Contemporaneamente scoppiò lo scandalo dei rituali occulti dell' "Ordine del Gral d'Oro", a cui i numeri uno e due della Gran Loggia Massonica Alpina, vale a dire Werner Schorno e Hermann Hoeglhammer, avrebbero partecipato.

COLPO DI SCENA AL BROCKENHAUS DI ZURIGO

Il 25 aprile 1995, all'assemblea generale dell'associazione Brockenhaus di Zurigo, si ebbe un improvviso colpo di scena. Il consiglio direttivo che si ricandidava con il presidente uscente, il massone Walter von Ins, fu spodestato da sette persone nuove che occuparono l'organo supremo del Brockenhaus con la tecnica del putsch. Tra questi c'erano l'ex direttore generale della società intermediaria di lavoro temporaneo Adia, il massone Peter E. Mueller in qualità di presidente e il direttore dell' ex-Jelmoli Rico Bisagno come vicepresidente. (41) Mueller aveva invitato i suoi sostenitori, alla maniera classica dei putschisti, ad aderire all'associazione del Brockenhaus e a votare per lui all'Assemblea generale. L'associazione contava allora circa 700 membri, dei quali 220 appartenevano alla massoneria. Mueller, che era stato vicepresidente nel vecchio consiglio direttivo, accusò l'ultrasettantenne von Ins di avere ridotto il Brockenhaus a prebenda per massoni anziani. Sotto la sua direzione il consiglio direttivo avrebbe intascato, alle spalle dell'assemblea generale, 145.000 franchi. Più tardi von Ins giustificò i suoi prelevamenti con le prestazioni fornite come ingegnere edile nella ristrutturazione del Brockenhaus. Il Brockenhaus è un'istituzione sociale fondata nel 1904 dalla loggia di Zurigo “Modestia cum libertate”, dove persone poco abbienti possono comprare merci di

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seconda mano per l'uso quotidiano. Il grande patrimonio dell’ente, consistente in venti milioni di franchi, fa in ogni caso sorgere dubbi sul contenuto sociale della sua politica dei prezzi. Invece di accumulare venti milioni grazie ai prezzi alti, quest’associazione di utilità sociale avrebbe dovuto piuttosto fare prezzi onesti per i suoi clienti bisognosi. Dopo il putsch di Mueller il consiglio direttivo non rieletto fece valere in tribunale irregolarità nell'assemblea generale e ottenne giustizia. Il tribunale circondariale depose il nuovo consiglio direttivo e nominò un assistente legale che convocò un'assemblea generale straordinaria. Nel frattempo la loggia massonica Modestia cum Libertate espulse Peter Mueller dopo una militanza di 35 anni. All'assemblea generale del 30 ottobre 1995, organizzata in modo molto dispendioso, comparvero infine 348 membri, per lo più uomini in età avanzata. Le donne erano rare, cosa che non meraviglia, poiché le logge accettano solo uomini come membri. Il modo in cui procedere nell'elezione lo organizzò nientemeno che il direttore dell'ufficio elettorale della cità di Zurigo. Si arrivò ad una battaglia verbale in aula tra i fratelli nemici della loggia Modestia cum Liberatate. Si accapigliarono soprattutto il Gran Maestro della Modestia cum Libertate, Alexander Ott, e il membro di loggia Werner Ringger, che era anche capo della corporazione Hard di Zurigo, del cui consiglio direttivo Peter E. Mueller faceva parte. Contro Mueller si candidò Silvio Denz, membro della loggia di Zurigo “In Labore Virtus”. Denz si presentò come un imprenditore trentottenne, che dirigeva la catena di profumerie Alrodo composta da 54 profumerie, con 400 impiegati e un fatturato di 158 milioni di franchi.(42) Oltre a ciò Denz è anche presidente della società aerea Classic Air (Buelach), che utilizza buoni, vecchi aeroplani del tipo D3. Per l'incarico di nuovo vicepresidente del Brockenhaus si presentò alle elezioni il direttore di banca Bruno Battaini. Battaini è direttore della Bank fuer Handel und Effekten (Banca del commercio e dei titoli), una società affiliata della Schweizerische Kreditanstalt con circa 70 impiegati e più di un miliardo di franchi di bilancio (1994).(43) Inoltre fa parte del Consiglio di amministrazione della Pelz Import & Export (importazione e esportazione di pellicce) (Zurigo) e della ditta commerciale di Zurigo Stutzer & Co. Il dinamico duo Denz/Battaini vinse infine le elezioni contro Mueller e Bisagno senza problemi. Sivio Denz divenne presidente del Brockenhaus e Battaini vice. Mueller/ Ringger si ritirarono e il presidente del giorno promise di far esaminare le loro accuse contro von Ins da un ufficio fiduciario indipendente. All'assemblea generale ordinaria del Brockenhaus a inizio aprile 1996, la ditta di consulenze di Basilea NonproCons presentò infine il suo rapporto. In base a questo, tre membri del comitato del consiglio direttivo avevano ottenuto pagamenti ingiustificati, non approvati dall'assemblea generale. Il loro ammontare si aggirava intorno ad una cifra tra i 10.000 e i 50.000 franchi. Il nuovo presidente Silvio Denz prese le distanze da questi episodi e presentò all'assemblea numerose modifiche statutarie che offrivano garanzia di una maggiore trasparenza e dovevano evitare qualcosa di simile per il futuro. I tre spendaccioni dichiararono di non sentirsi colpevoli di nulla e ottennero l'assoluzione dall'assemblea. Non dovettero restituire denaro. Allo sfortunato ideatore del putsch, Peter E. Mueller, un votante consigliò invece l'uscita dall'associazione Brockenhaus, nonostante l'inchiesta indipendente fondamentalmente gli avesse dato ragione.

STORIE DI CANTINE DA BERNA

All'inizio di ottobre 1995 il direttorio della Gran Loggia svizzera Alpina, composta da cinque persone, soprattutto da Bernesi, annunciò le dimissioni. Dopo questo passo senza pari, i massoni svizzeri non avevano, per la prima volta dal 1844, una guida suprema. (44) Il motivo era da ricercarsi nell'appartenenza dei due massimi massoni all' "Ordine del Gral d'Oro", simile ad una setta. Poco prima il "Tages-anzeiger" di Zurigo aveva rivelato che Hermann Hoeglhammer, Gran Maestro dell " Ordine del Gral d'Oro" e numero 2 della Gran Loggia Alpina, praticava rituali occulti con un teschio. Vi aveva partecipato ripetutamente anche l'avvocato di Berna Werner Schorno, il gran maestro della Gran Loggia Alpina e numero 2 dell '"Ordine del Gral d'Oro". In quanto direttore di una scuola privata di Berna, Hoeglhammer si fregiava anche di titoli dubbi o falsi come Prof. Dr. phil. Inoltre aveva descritto nel

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suo libro ‘Traenen der Sphinx’ (‘Lacrime della sfinge’), che aveva pubblicato con lo pseudonimo Alram von Avalon, rituali occulti, nel corso dei quali aveva bruciato "nel fuoco sacro" tre gocce di sangue e le aveva mescolate con il sangue del Signore. Un'altra opera di Hoeglhammer ha come titolo "Orden des Tempelritters" (Ordini del cavaliere del tempio). Nella cantina della sua scuola egli organizzava, di quando in quando, rituali con teschi e con un membro dell'ordine travestito da scheletro. Secondo dichiarazioni di ex membri anche Schorno avrebbe preso parte occasionalmente ai rituali, cosa che questo però contesta.(45) Un membro anonimo della loggia “Zur Hoffnung” (Alla speranza) di Berna spiegò ad un giornalista del bernese "Bund", che il comitato degli alti funzionari (i delegati di tutte le logge) avrebbe tolto la fiducia al direttorio - e solo allora il direttorio avrebbe avviato le dimissioni. Schorno voleva cacciare le persone che avevano reso di pubblico dominio la faccenda dell'Ordine del Gral, cosa che tuttavia non gli riuscì. (46) Un'altra macchia all' onore di Schorno risale già ad un pò di tempo prima: il procuratore era stato condannato nell'agosto 1979 dalla giustizia militare, a cui egli stesso apparteneva come maggiore, a cinque giorni di prigione con la condizionale. Egli aveva denunciato al cacciatore di estremisti Ernst Cinceira cinquantun renitenti al servizio militare. Allora Schorno era giudice istruttore per la criminalità finanziaria. (47) A chi indaga sulla criminalità finanziaria non mancherà il lavoro, finché "i giudici istruttori per la criminalità finanziaria" si dedicheranno a occupazioni secondarie di questo genere.

Note:

1) Cfr. p.142 segg.

2) A parere di Elisabetta Cequi, procuratore di Roma, il numero effettivo dei membri era più verosimilmente sui 2000. La Guardia di finanza aveva potuto sequestrare solo una parte delle liste dei membri. Un'altra parte del materiale Gelli l'aveva già portata a Montevideo.

3) "Il Giornale”, 18.4.94

4) Clara Canetti, la vedova del presidente dell'Ambrosiano Roberto Calvi trovato morto nel 1982, impiccato con una corda sotto un ponte del Tamigi a Londra, sostiene che il vero capo della P2 fosse Giulio Andreotti ("La Repubblica", 4.2.89). Craxi non figurava sulla lista della P2 di Gelli, a differenza di altri importanti socialisti come ad esempio il vicepresidente dell'ENI, Leonardo Di Donna, o il presidente dell'Ambrosiano, Roberto Calvi.

5) "Corriere della Sera", 17.4.94

6) "Corriere della Sera", 5.8.93

7) "L'Unità", 11.7.93

8) Questa circostanza alimentò delle speculazioni sul fatto che i servizi segreti, guidati allora da membri della P2, avrebbero infiltrato e manovrato le Brigate Rosse. Essi avrebbero, ad esempio, qualcosa a che fare con l'assassinio di Bachelet, che permise a Zilletti, vicino alla P2, di accedere all'alto ufficio della burocrazia giudiziaria.

9) "La Stampa", 16.2.93

10) Numeri indicati su "La Repubblica", 28.1.94

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11) "L'Unità", 29.4.93

12) Short, Martin: ‘Inside the Brotherhood. Further Secrets of the Freemasons’. Londra 1989, p.542

13) Yallop, David: In nome di Dio (Im Namen Gottes), Monaco di Baviera (Muenchen), 1984, p. 24614) Short, Martin: La confraternita vista dall'interno. Ulteriori segreti dei massoni (Inside the brotherhood. Further Secrets of the Freemasons), Londra, 1989, p. 161

15) Yallop, David: 'Im Namen Gottes'. (Nel nome di Dio). Monaco. 1984, p.167

16) L'associazione dei Maltesi negli USA non è recente. Già il capo dello spionaggio americano, il generale William "Wild Bill" Donovan, era un maltese, altrettanto Myron Taylor, inviato degli Stati Uniti presso il Vaticano dal 1939 al 1950, lo era inoltre l' allora direttore della CIA in Italia William Casey. (Cfr. Rowse, Arthur: 'Gladio: The secret U.S. War to subvert Italian Democracy.' In: "Covert Action" 49/1994).

17) "Business Week", 1.5.95

18) De Lutiis, Giuseppe: 'Storia dei Servizi Segreti in Italia', Roma 1991, p.186

19) Gelli nacque nel 1919 a Pistoia in Toscana. Nel 1937, diciottenne, combattè in un battaglione ausiliario italiano al fianco dei fascisti nella guerra civile spagnola. Nel 1940 pubblicò un libro premiato da Mussolini, "Fuoco", sulle sue esperienze in Spagna. Nella seconda guerra mondiale fu capo civile del partito fascista a Kotor nel Montenegro, occupato dagli Italiani, più tardi a Zara, in Dalmazia. Dall'autunno 1943 fu al servizio dei neofascisti della Repubblica di Salò, lo stato fantoccio dalla breve vita di Mussolini nell'Italia del Nord, nella sua città natale Pistoia. Qui era ufficiale di collegamento con le SS e l'esercito tedesco. Collaborando contemporaneamente in segreto con i partigiani antifascisti, egli si preparava tuttavia alla vittoria degli alleati. Dopo il 1945 collaborò con il servizio segreto militare statunitense CIC (Counter Intelligence Corps) e se ne andò dapprima in Sardegna, dove fu arrestato per breve tempo. Più tardi, partì per l'Argentina e tornò di nuovo a Pistoia all'inizio degli anni '50. Divenne segretario del deputato DC Romolo Diecidue a Roma e, alla fine degli anni '50, entrò nel business dei materassi, facendo rapidamente carriera.

20) La Permaflex aveva nel 1985 anche un ufficio a Lugano in Via Pioda 6. (Gelli, Licio: 'La Verità' Lugano 1989, p.309)

21) Short, Martin : 'Inside the Brotherhood. Further Secrets of the Freemasons.' Londra, 1989, p.542

22) Ivi, p.552

23) Raith, Wener: 'In hoeherem Auftrag. Der kalkulierte Mord an Aldo Moro.' ('Per ordine superiore. L'assassinio calcolato di Aldo Moro').Zurigo 1985, p.172

24) Come esempio basti ricordare il rapimento e l'assassinio del presidente della DC Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse nel 1978. Il delitto non si è mai potuto spiegare completamente. Tuttavia si suppone in genere che la P2 abbia avuto un ruolo importante nell'affare Moro. Questo voleva il compromesso storico con i comunisti ed era sul punto di formare una coalizione di governo democristiano - comunista. La P2 voleva evitare a qualunque costo il compromesso storico. Dopo che

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Moro era stato rapito, i servizi segreti, i cui capi erano tutti nella P2, rifiutarono ogni sorta di trattativa e non fecero nulla per scovare Moro. Quando le Brigate Rosse tre anni dopo la morte di Moro, rapirono a Napoli il democristiano Ciro Cirillo, il generale Musumeci, capo del servizio segreto SISMI e membro della P2, trattò con successo il rilascio di Cirillo con il boss della 'ndrangheta Raffaele Cutolo che si trovava in prigione.

25) "Im Spinnenetz- Das Imperium des Silvio Berlusconi" (Nella tela del ragno- L'impero di Silvio Berlusconi"), ARD, trasmesso il 13.6.94

26) Il professor Antonio Martino, che aveva fatto domanda d’ammissione nel 1981, poco prima dello scoppio dello scandalo P2, fu dal 1988 al 1990 il più giovane presidente della Mont Pèlerin Society (MPS), conservatrice di destra, che contava in tutto il mondo circa 500 membri. Tra questi c'era anche il presidente dei ministri ceco Vaclav Klaus. Tra i fondatori della MPS, creata all'inizio della guerra fredda sul Mont Pèlerin, presso Vevey, in Svizzera, c'erano illustri figure paterne come Friedric A. von Hayek e Walter Eucken, ma anche giovani economisti come Milton Friedman. Più tardi fu dominata da Milton Friedman e Gary Becker. L'austriaco naturalizzato in Inghilterra e fondatore della MPS, F.A. Hayek, aveva definito già negli anni venti l'economia pianificata socialista come il nemico principale. Il cofondatore della MPS Walter Eucken fu, dall'inizio alla fine del nazismo, un indisturbato professore all'Università di Freiburg-im-Breisgau. Le sue perplessità nei confronti della politica economica nazionalsocialista, espresse per la prima volta alla fine del 1942, non riguardarono ad esempio lo scioglimento del movimento sindacale o l'impiego nell'industria di lavoratrici e lavoratori schiavi provenienti dalle zone occupate. Eucken lamentava piuttosto la limitazione della concorrenza per via dell'interventismo statale dell'economia bellica e dei piani quadriennali di Goering. Contro le attese generali Berlusconi non ha fatto di di Martino, suo consigliere per anni e autore del programma economico di Forza Italia, il ministro delle finanze, ma il ministro degli esteri.

27)”The Sunday Times”, 27.6.93

28) I massoni indossano nel corso delle loro cerimonie, tra l'altro, un grembiule colorato.

29) L' "Indipendent on Sunday" del 20.9.92 citava anche alcuni rispettabili capitani d'industria inglesi che facevano parte della massoneria, ad es. Sir Michael Richardson, ex direttore generale di N. M. Rothschild e presidente di Stockbroker Smith New Court, Lord Farnham, presidente di Provident Mutual Insurance Group, o Sir John Banham, presidente della federazione dell'industria britannica.

30) De Lutiis, Giuseppe: 'Storia dei Servizi Segreti in Italia'. Roma 1991, p.327

31) "Badener Tagblatt", 5.7.90

32) Mandato di consiglio d'amministrazione di Peter Notz: Carolina SA (Losanna). (Fonte: Orell Füssli / Teledata: Il CD-ROM dell' economia svizzera. Version 1996/1,p.139 segg., giorno di scad.: 1.8.95) Calabrò, Maria Antonietta: 'Le Mani della Mafia'. Milano 1991,p.139 segg.

33) Il conto di Gelli alla SBG era stato aperto da Roberto Calvi che, attraverso filiali sudamericane dell'Ambrosiano, vi aveva versato complessivamente più di 100 milioni di dollari (vedi p.278)

35) A parere di Bernasconi, il denaro di provenienza fraudolenta era a carico del Banco Ambrosiano. Gli avvocati di Gelli sostennero che il loro cliente ne era il regolare proprietario. Nel marzo 1996 la Camera penale ticinese lasciò definitivamente Gelli a mani vuote.

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37) " Berner Zeitung", 24. 9. 87

38) Mentre Dominique Poncet e Marc Bonnant difesero nel caso Gelli lo stesso cliente, nel caso del fallimento Sasea sono impegnati sul fronte opposto. In Ticino Gelli fu difeso dall'avvocato Giangiorgio Spiess.

39) Gelli, Licio: 'La Verità'. Lugano 1989

40) Il finanziere venezuelano Alberto Jaimes Berti sostiene ad esempio di sapere che Roberto Calvi, poco prima della sua morte, abbia versato ancora per Gelli sei mitici miliardi di franchi presso una banca di Ginevra. Fonte di questa notizia è una giornalista spagnola. La procura di Roma le aveva creduto e aveva convocato il venezuelano come testimone in Italia, dove infine fu arrestato per contraddizioni nelle sue dichiarazioni. Dopo intensi interrogatori, Berti confessò che nel 1982 aveva ricevuto 2,2 miliardi di dollari attraverso il finanziere spagnolo Josè Maria Ruiz - Mateos e, da Panama, li aveva piazzati sui mercati finanziari. Egli non ne conosceva la provenienza ma gli sarebbe stato fatto capire che si trattava di fondi neri con urgente necessità di riciclaggio. Poichè i proprietari non si erano mai fatti vivi, il portafoglio dei titoli custodito nel frattempo dalla fliale di Ginevra della Paribas Suisse, continuò ad essere amministrato da Berti. Come probabili proprietari, Berti, che viveva a Londra, indicò la Banca Vaticana IOR, il Banco Ambrosiano, Ruiz-Mateos (il cui gruppo Rumasa poco dopo il bonifico era crollato ed era stato statalizzato) e l'Opus Dei. Berti dichiarò ai procuratori romani che Calvi era venuto a Londra da lui per ritirare la sua partecipazione al salvataggio dell'Ambrosiano. Due giorni dopo Calvi era morto. ("Neue Zuercher Zeitung", 23.10.93)

41) "Tages-Anzeiger", 28./ 29. 10. 95

42) La Alrodo era stata fondata in collaborazione con il padre di Silvio Denz, Werner Denz. Werner Denz aveva dapprima lavorato per la Weitnauerdals di Basilea (Auchlin, Pascal, e Garbley, Frank: Das Umfeld eines Skandals. Ein Report ueber das Organisierte Verbrechen und die Rolle der Schweizer Behoerden. [Il contesto di uno scandalo. Un rapporto sul crimine organizzato e il ruolo delle autorità svizzere].Zurigo 1990,p.93) Werner Denz è finito nel 1987 nel mirino del giornalista tedesco Egmont Koch, specializzato in criminalità finanziaria: "Il numero 4 è una casa dipinta di bianco con la porta verde dietro le imposte verdi. A sinistra accanto alla porta ci sono due minuscole targhette di ottone: in alto si legge 'Denz', sotto 'Algrado AG'. La casa di campagna curata (a MuenchwilenAG) è per convinzione degli ispettori doganali di numerosi paesi europei, una centrale del contrabbando, tra l'altro di sigarette, liquori e profumo." Davanti a Koch, Werner Denz ha respinto tutti i sospetti nei propri confronti: "Da 25 anni esercitiamo il commercio di sigarette. Nessuno ha potuto rimproverarci fino ad oggi transazioni illegali". (Koch, Egmont R.: 'Grenzenlose Geschäfte. Organisierte Wirtschafts-kriminalität in Europa' [‚Affari senza limiti. La criminalità finanziaria organizzata in Europa’] Monaco 1992, p. 72,75)

43) La Bank für Handel und Effekten diede luogo nel 1992 a pettegolezzi, perché il suo direttore d'allora, Max Moser, aveva lavorato come banchiere zurighese di Alexander Schalk-Golodkowski, operatore in valuta della DDR. Moser amministrava i conti di Schalk-Golodkowski dapprima presso la Banca privata Hugo Kahn & Co. (Zurigo) e nel 1978 presso la Bank für Handel und Effekten. Egli gestiva con ampia procura otto conti per dissimulare il traffico di valuta occidentale di Berlino est. Fondò poi molti istituti in Liechtenstein, ad esempio la Congregatio. Tra l'altro da questa fonte veniva alimentato il conto DHB 528, il cosiddetto conto-disponibilità Mielke del capo della Stasi Erich Mielke ("Neue Zürcher Zeitung 2, 14.9.92). Degno di nota è anche il mandato in consiglio d'amministrazione dell'editore Michael Ringier presso la Bank für Handel und Effekten.

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44) Nell'autunno 1995 anche la massoneria entrò in una profonda crisi. Il 6 settembre 1995 il Grand Orient de France (37.000 membri) licenziò in tronco il gran maestro Patrick Kessel nel corso di una tumultuosa assemblea. Il Grande Oriente francese era stato fondato nel 1773 e nel 1877 i massoni francesi si erano separati dalla principale corrente massonica britannica. Allora il Grand Orient eliminò tutti i riferimenti al grande architetto dell'universo, per poter accogliere come membri anche gli atei. I massoni francesi non prestano giuramento sulla bibbia bensì su un libro con le pagine bianche. Ciò politicizzò i massoni francesi, fece di loro un'associazione anticlericale e tendenzialmente vicina ai socialisti. Il gran maestro Kessel, un giornalista, presentò all'assemblea di tutti i rappresentanti della loggia una dura accusa contro "il caos finanziario, le spese eccessive e le strategie personali". Per questo fu subito deposto dal consiglio supremo. Kessel e il suo gruppo accusarono il Grande Oriente di essere divenuto la longa manus dei socialisti, mentre Kessel viene incolpato dai suoi avversari di avvicinare la loggia ai gollisti e al presidente Chirac. (" Le Monde", 20.9.95)

45) "Tages- Anzeiger", 31.10.95

46) " Der Bund", 9.10.95

47) Frischknecht, Jürg etc: 'Die unheimlichen Patrioten. Politische Reaktion in der Schweiz.' ['I patrioti perturbanti. Reazione politica in Svizzera.'] Zurigo, 6. ed., 1987, p.273

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14 WINNIE TRA I BRIGANTI

" Nel maggio 1986 lasciai Zurigo diretta a Roma. Allora il mio amatissimo padre era già morto e il mio fidanzamento era appena andato a monte. Avevo 31 anni ed ero decisa a far carriera, dapprima presso Tasa, Headhunter, vale a dire cacciatore di talenti dirigenziali, statunitense e in seguito come amministratrice della Secara Agency che procurava solo personale femminile".(1) "Winnie" Ellen Kollbrunner era figlia di quella "media borghesia della Costa d'oro", che si era arricchita grazie alla congiuntura favorevole degli anni '50 e '60 e si rifugiava nei comuni fiscalmente convenienti sulla riva destra del lago di Zurigo, da quando il quartiere delle ville dei ricchi di vecchia data alle pendici del Zuerichberg, il monte di Zurigo, era diventato troppo piccolo. Il padre di Winnie era stato il noto ingegnere per costruzioni sotto il livello del suolo Curt Kollbrunner, e con la sua Rodio Holding e la ditta Swissboring aveva guadagnato moltissimo nel boom edilizio legato alla congiuntura favorevole. Più tardi il figlio Andrè dovette liquidare la sua eredità, e la Rodio la vendette nel 1992 al costruttore edile romano di grande successo Elia Federici. Il sogno romano di Winnie si interruppe bruscamente. Il 18 settembre 1992 fu arrestata nella lobby dell'hotel ginevrino Hotel de la Paix. Insieme a Winnie fu arrestato quel pomeriggio di settembre anche Maurizio Laguzzi, che a Roma dirigeva la società finanziaria Clipper. I due avevano cercato di rifilare a due inglesi 85 obbligazioni (certificati di deposito) rubate, da 95 milioni di lire l'uno, del Banco di Santo Spirito di Roma.(2) Ma Winnie e Laguzzi ebbero veramente sfortuna, i due Inglesi erano infatti investigatori in incognito di Scotland Yard. Nell'ambito di un'azione di polizia anglo-italo-svizzera, avevano simulato interesse all'acquisto di questi titoli rubati.

IL DELITTO QUASI PERFETTO

La storia fantastica di questi certificati di deposito rubati della "Banca di Santo Spirito" cominciò a Roma il 2 novembre 1990, quando un mezzo che trasportava 6.000 assegni e 294 obbligazioni del valore di 90 miliardi di lire (allora circa 90 miliardi di franchi) fu assalito e derubato. La direzione della banca non fece una denuncia alla polizia né i numeri di serie dei certificati scomparsi, come invece si usa fare in casi del genere, furono inseriti nella lista nera dei valori rubati della sede della stanza di compensazione interbancaria internazionale SWIFT. Del tutto inconsueta rispetto a quanto avviene di solito in Italia per questo tipo di titolo, era anche la durata quinquennale di validità dei certificati della Santo Spirito.(3) L'aggressione a scopo di rapina del novembre 1990 non fu l'unica scomparsa misteriosa di titoli del Banco di Santo Spirito. Attacchi simili ai mezzi blindati della Transcoop romana, che eseguiva i trasporti di valori per la banca, si erano avuti già nell’ottobre 1990 e si ebbero ancora nel 1991. Sulla base delle loro inchieste i due procuratori romani Giulio Sarno e Achille Toro giunsero più tardi alla conclusione che l'assalto del novembre 1990 a scopo di rapina fosse stata solo una finta. Chi avesse organizzato il colpo contro il blindato, non riuscirono tuttavia a stabilirlo.(4) Sarno e Toro hanno esaminato anche la possibilità della scomparsa di altri titoli della Santo Spirito: "Un fatto del genere non può essere escluso, considerata l'organizzazione estremamente negligente interna alla banca nella sede principale della custodia dei titoli e l’assenza di contabilità dei certificati in bianco nelle filiali". (5) Il Banco di Santo Spirito era una banca statale di media grandezza, controllata dalla holding statale IRI. Nel 1989 la direzione dell'IRI, in mano al modernizzatore Romano Prodi, divenuto più tardi presidente del Consiglio dei ministri, decise una fusione del Banco di Santo Spirito in deficit con il Banco di Roma e la Cassa di Risparmio cooperativa di Roma. La nuova banca prese il nome Banca di Roma e divenne la quarta maggiore banca d'Italia. Il professor Prodi era considerato allora nella holding statale disastrata l'uomo pulito e il risanatore della Democrazia Cristiana. Nel suo ruolo di presidente, egli cercò di ridurre la corruzione dell'IRI, considerata il cortile interno della Democrazia Cristiana. Dal 1990 le tre banche romane cominciarono progressivamente a unirsi, finchè la fusione fu perfettamente compiuta nell'agosto 1992. Il nuovo presidente della banca, Pellegrino Capaldo, voleva

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liberarsi dal vecchio fardello dei certificati della Santo Spirito misteriosamente scomparsi, e nell'autunno 1991 sporse denuncia alla polizia. Alcuni mesi più tardi i certificati furono infine registrati nella lista nera internazionale dei titoli rubati. La rapina simulata è un esempio della fantasia quasi inesauribile della corruzione italiana nella lotta per i posti migliori alla mangiatoia ricolma delle aziende di stato. I certificati di deposito non erano stati rubati ma clonati. Amici compiacenti alla Transcoop avevano organizzato l'uscita dei titoli dalla cassaforte, amici compiacenti nel management della banca avevano provveduto a che la perdita restasse segreta, rinunciando ad andare alla polizia e dissimulando l'accaduto a livello contabile con un bilancio (gonfiato) della banca. Con ciò i certificati si erano di fatto raddoppiati. Sui titoli raddoppiati in tal modo, i falsari costruirono ancora una piramide di credito, copiando certificati, cosa dimostrata da alcuni esemplari completamente identici comparsi più tardi. Il castello di carte crollò solo quando i nuovi tecnocrati di Romano Prodi cominciarono a portare alla luce i cadaveri nel caveau della Banca Santo Spirito. Di tutto ciò Winnie sembra non aver allora sospettato nulla. Non sapeva che il suo telefono romano era sistematicamente controllato dall'ottobre 1991, da quando erano incominciate le inchieste per il caso Santo Spirito. L'analisi al computer delle molte centinaia di chiamate telefoniche, registrate fino al suo arresto un anno dopo, evidenziarono un numero crescente di telefonate a qella buona "società della costa d'oro zurighese", dove Winnie aveva le sue radici, e in Ticino. Registrava chiamate particolarmente numerose il recapito telefonico zurighese di Christine Sass-Hirschmann, figlia del fondatore di Jet Aviation, Carl Hirschmann, quell'uomo di potere e di successo, compiaciuto di sè, che dopo la sua morte aveva fatto sapere con annunci funebri di intere pagine ai propri discendenti, nel pieno della contesa per l'eredità, che non si pentiva di nulla. La polizia romana registrò anche numerose chiamate al numero della Inadco AG di Zurigo. Direttore della Inadco era Israel A. Silberberg.(6) Winnie chiamava spesso anche il numero della A.I.M. di Zurigo, il cui consigliere d'amministrazione Hans Andersen fu arrestato più tardi mentre tentava di vendere dei titoli falsificati e perse per questo il posto. (7) Anche in Ticino Winnie era in contatto telefonico solo con persone importanti. Ad esempio con il Ticinese più ricco, Geo Mantegazza, che all'inizio del 1996, in un affaire veramente poco chiaro, era stato rapito e poco dopo era ricomparso nel principato del Liechtenstein. Winnie parlava inoltre al telefono con il fiduciario Walter Frueh e con l'avvocato Lucio Velo di Lugano. Fino al 1990 Winnie fece parte anche del consiglio d'amministrazione della società Ts Recruiting SA di Lugano, che apparteneva al gruppo TS di Lucio Velo.(8)

WINNIE CADE IN TRAPPOLA

Dopo che i certificati di deposito rubati furono registrati nella lista nera della SWIFT, tra il 12 e il 19 settembre 1992 si riscontrarono complessivamente 17 tentativi di vendere le obbligazioni a banche di Basilea, Zurigo, Lussemburgo, Como, Bergamo, Francoforte, Londra e Ginevra. A Zurigo ad esempio il danese Flemming Hansen cercò di appioppare 500 di questi titoli il 4 agosto 1992 alla Citibank. Contemporaneamente egli volle aprire un conto a nome di Winnie e del consigliere d'amministrazione dell'AIM Hans Andersen. Alcuni giorni più tardi Hansen fu arrestato e ammise di aver ricevuto i titoli da Kollbrunner.(9) Il 13 agosto 1992 l'ex redattore di "Bilanz" Christoph Gubser (10) e Gino Rosato cercarono pure di vendere certificati del genere alla Banca di Roma di Francoforte. Complessivamente furono arrestate in Svizzera nel corso di questi tentativi 10 persone, i cui nomi il giudice istruttore Paul Perradin non ha resi noti. (11) Winnie dovette languire in carcerazione preventiva per due mesi a Ginevra e fu infine rilasciata l'11 novembre dopo il pagamento di una cauzione. Aveva dichiarato di aver ricevuto i titoli rubati da Maurizio Laguzzi e Carlo Zappavigna della società finanziaria romana Clipper. I due italiani non avrebbero detto nulla della provenienza criminosa dei titoli e l'avrebbero incaricata di vendere in Svizzera in modo del tutto legale i certificati, cosa che ella si sentiva in grado di fare, grazie ai suoi rapporti eccellenti con i migliori ambienti bancari e finanziari di Zurigo. Il giudice istruttore Paul Perraudin e la Sezione d'accusa di Ginevra hanno prestato fede a questa versione

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e hanno rinunciato a sporgere denuncia nei confronti di Winnie. Al momento dell’arresto la polizia aveva sequestrato anche le sue due rubriche telefoniche, una per Zurigo e una per Roma. La rubrica di Zurigo, contenente molte centinaia di numeri registrati, si legge come un Who's who della piazza finanziaria. Banche, società finanziarie e commerciali, fiduciari e studi legali, tutti elencati in bell'ordine con i nomi di una o di più persone di riferimento, dal direttore della banca Albis (affiliata della Fimo) fino alle assicurazioni Vaud. Anche i numeri compresi nella sezione italiana della rubrica telefonica di Winnie non sono di poco conto. Accanto al locale romano di lusso Tartarughino, dove lei - secondo dichiarazioni del suo socio d'affari Laguzzi - si godeva la vita notturna romana, c'è ad esempio il numero del finanziere libanese Adel Kassar. In Svizzera egli è noto come socio della Banque Privée (Losanna) e della società finanziaria Fransad (Losanna). (12) Winnie aveva annotato anche i numeri del ministro italiano della giustizia Claudio Martelli, del segretario privato di lui Sergio Restelli e di Sergio Cusani, il cassiere delle tangenti al soldo del presidente della Ferruzzi Raul Gardini.(13) Martelli, Restelli e Cusani sono tutti e tre impelagati fino al collo nella palude di Tangentopoli.

SPECULATORI E SPIE

Una settimana dopo il rilascio di Winnie, Laguzzi fu estradato dalla Svizzera a Roma, dove i due procuratori Sarno e Toro conducevano un'istruzione penale sulle obbligazioni rubate della Santo Spirito. Laguzzi gestiva insieme con l'avvocato ed ex uomo della P2 Carlo Zappavigna e con Federico Turci, la società finanziaria Clipper a Roma. Ma, dietro le quinte, la sua Clipper era guidata dall'uomo d'affari romano e massone d'alto rango Patrizio Pinto. Dopo che i procuratori ebbero fatto perquisire dalla polizia gli uffici di Laguzzi, Zappavigna, Turci, Pinto e altri, giunsero alla conclusione, analizzando il materiale sequestrato e le telefonate intercettate, che Patrizio Pinto era al centro di un'organizzazione finanziaria illegale. Egli avrebbe fatto da cerniera tra alcune cosche corrotte: un gruppo di massoni deviati, che avevano sostituito agli ideali della confraternita segreta una bassa avidità di profitto, un gruppo di ex rappresentanti corrotti dei servizi segreti che facevano capo a Giangaetano Caso, oltre ad alcuni uomini importanti del mondo finanziario e della politica e inoltre elementi del crimine organizzato. Il massone del Grande Oriente Pinto amministrava tra l'altro società per il Gran segretario del Grande Oriente Alfredo Diomede, che insieme all'allora Gran Maestro del Grande Oriente Giuliano di Bernardo e all'ex Gran Maestro Armando Corona aveva fatto rinascere di nuovo nella rumena Bucarest la loggia massonica Concordia. Figura importante dello Studio Pinto era anche Eugenio Carbone, membro della P2, uomo di fiducia di Licio Gelli e presidente della Camera di Commercio italo-slovena con sede nello stesso studio. Il misterioso Studio Pinto romano, accusato di avere creato un'organizzazione che continuava la P2 vietata di Licio Gelli, è materia da romanzi gialli. E il giallo in effetti esiste, si chiama 'Oltre la cupola', scritto da Francesco Forgione e Paolo Mondani, e apparso da Rizzoli a Milano nel 1993.

LA VENDITA DEI CERTIFICATI RUBATI

Il reparto 'vendita di titoli rubati' presso lo Studio Pinto era diretto dal braccio destro di Pinto Giangaetano Caso, ex pilota ed ex rappresentante sindacale Alitalia (14), ex membro del servizio segreto militare italiano e massone. Egli organizzava la commercializzazione dei certificati. Oltre alla vendita diretta alle banche in cambio di denaro, per lo smercio dei titoli il furbo Caso si serviva anche di metodi più complessi. Egli aveva buone relazioni con la Romania, dove era amico di Costel Jancu, che a suo tempo era fuggito in Italia dalla dittatura di Ceausescu. Dopo la morte di quest’ultimo tornò di nuovo a Bucarest, ed ebbe qui un ruolo importante nella rinascita della massoneria rumena dalle ceneri del comunismo con l'aiuto del Grande Oriente. (15) Jancu divenne subito a Bucarest una figura importante e si dice che avesse un filo diretto con il presidente Ion Iliescu, l'allora presidente dei ministri Petre Roman e il presidente della banca centrale Mugur Isarescu. Casu comprò dunque la

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Banca Agricola Rumena a Budapest. Tecnicamente l'acquisto avvenne in questo modo: Caso depositò i titoli rubati della Santo Spirito presso la Banque Paribas di Milano a nome della Banca Agricola e, in compenso, gli furono intestate in Romania la maggioranza delle azioni di questa banca. Con il deposito di divisa occidentale presso una famosa banca in Italia, la Banca Agraria Rumena sperava di divenire un istituto qualificato nel traffico interbancario. Giangaetano Caso fu consigliato in questa acquisizione dal finanziere milanese Carlo Cappelli, un amico di Laguzzi e Zappavigna.(16) La commercializzazione diretta dei titoli rubati fu organizzata da Caso con la Clipper di Laguzzi e Zappavigna. I procuratori Sarno e Toro hanno rintracciato cinque canali di vendita in Italia e la linea di Winnie che porta a Zurigo, Ginevra e Londra. Tra le circa trenta persone i cui nomi furono fatti da Sarno e Toro in relazione alla vendita dei titoli falsificati, c'erano alcuni famosi fiduciari e uomini d'affari italiani, ad esempio il fiduciario milanese Tiziano Mantovani, che nell'estate 1994 fu arrestato perché coinvolto nella bancarotta fraudolenta dell'Imic, affiliata della Sasea italiana. C’erano inoltre il finanziere milanese Renato D'Andria, un ex socio di Fiorini, e il fiduciario milanese Giuseppe Bossi, liquidatore della Società assicurativa De Angeli Frua. Ricomparvero da Sarno e Toro anche quei massoni deviati nell'orbita della 'ndrangheta calabrese, che erano finiti nella rete del procuratore Agostino Cordova di Palmi (vedi p.286 segg.). Si tratta precisamente di Pietro Piliello, Gran Maestro della loggia Albaradan, di cui era membro anche il finanziere romano Giorgio Cerrutti, la cui Compagnia Generale Finanziaria era fallita nel 1993. (17)

INCIAMPATA O SFRUTTATA

Winnie era venuta a contatto con Laguzzi attraverso un conoscente comune di nome Gallotta. Questo Gallotta l’avrebbe lodata per il suo lavoro pluriennale come corriere internazionale del socialista Claudio Martelli, ministro della Giustizia. Secondo Laguzzi, Winnie amava darsi delle arie per i suoi legami con gli ambienti nazionali e internazionali delle persone importanti. Alla dogana dell'aeroporto romano di Fiumicino avrebbe potuto raggiungere l'aeroplano, senza essere disturbata dai doganieri, attraverso l'ingresso dei VIP. Ed avrebbe avuto rapporti d'amicizia con politici italiani d'alto rango, come ad esempio il ministro della Giustizia Martelli. Per questo lui e Zappavigna le avrebbero chiesto se poteva anche portare titoli in Svizzera e venderli. Laguzzi raccontò inoltre, ai due procuratori, che Winnie non aveva trasferito denaro da Roma in Svizzera e in Lussemburgo solo per Martelli, ma anche per Renato Altissimo, il tesoriere del partito liberale italiano.(18) "Una volta eravamo con Winnie in ufficio- raccontò Laguzzi- e io o Zappavigna le abbiamo chiesto come potesse contrabbandare certificati oltre confine con quel vitino di vespa. E allora ci mostrò sotto l'abito una specie di busto nero con tasche, dove poteva nasconderli, senza che da fuori ci si accorgesse di nulla".(19) Dunque Winnie e Laguzzi strinsero una relazione d'affari, finché il 18 settembre 1992 i due finirono nella rete della polizia di Ginevra. "La Kollbrunner- dissero riassuntivamente Sarno e Toro- aveva in tutta la faccenda solo un ruolo di esecutrice. Lei stessa ha detto di essere stata un corriere. I suoi complici erano tutti del parere che lei non fosse in grado di eseguire autonomamemte operazioni d'affari nel settore immobiliare o finanziario".(20)

CHE COSA SAPEVA IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA MARTELLI ?

Il ministro della Giustizia Martelli era comparso dapprima nella rubrica telefonica sequestrata a Winnie, poi Laguzzi, pure arrestato, aveva dichiarato che Winnie si era vantata dei suoi buoni rapporti con il ministro e aveva sostenuto di avere lavorato come corriere internazionale per Martelli e per il tesoriere dei liberali Altissimo. Al giudice istruttore di Ginevra Paul Perraudin la Kollbrunner aveva detto di essere legata a certi uomini politici italiani e di avere reclutato personale per Martelli. "So che molti politici italiani incassano tangenti e impiegano persone di fiducia per compiere operazioni finanziarie, del tipo di quella di cui vengo accusata". (21) Il legame della venditrice di titoli rubati con

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il ministro della giustizia italiano comparve sulla stampa solo nel dicembre 1992. Il settimanale progressista romano "Avvenimenti" pubblicò un articolo su Winnie e Laguzzi. L'inchiesta di Mani Pulite, iniziatasi nel febbraio 1992, procedeva con ritmo sempre più incalzante, ed erano già molti i politici e i capitani d'industria, accusati di corruzione, finiti in carcere. A Locarno anche "La Regione" si occupò del caso. Il giornale pubblicò molte interviste telefoniche con Winnie che sosteneva di non aver saputo nulla dell'origine criminosa dei certificati del Banco di Santo Spirito. I due procuratori Sarno e Toro chiesero al parlamento italiano, il 9 aprile, il permesso di continuare le loro indagini contro il deputato Claudio Martelli (Nel febbraio 1993 Martelli aveva dovuto dare le dimissioni da ministro della Giustizia perché coinvolto nell'affare del Conto Protezione). Martelli lanciò quindi un contrattacco sulla stampa dichiarando che i suoi rapporti con la Kollbrunner erano stati legali e legittimi. Winnie aveva infatti reclutato personale per lui. Per incarico suo lei avrebbe cercato una portavoce stampa per i media stranieri e l'avrebbe trovata nella persona della francese Dora Tauzin.(22) Avrebbe conosciuto Winnie dalla sua fisioterapeuta, presso la quale anche lei si curava. Dei titoli rubati avrebbe appreso solo dopo l'arresto del tutto inaspettato di Winnie a Ginevra.(23)

Note:

1) ”Noi”, 2.5. 93

2) Il commercio fraudolento di titoli stranieri dubbi, corredati di una presunta garanzia bancaria, ad esempio certificati di deposito (in inglese: certificates of deposit, promissory notes) o promesse di credito accessorie (in inglese: Stand by letters of credit) e promesse di pagamento (mandati di credito stand by) sono tra i finti affari preferiti. (Accessorio significa: la garanzia diventa valida quando la fornitura in un'operazione sottostante, per il cui pagamento la banca garantisce, non viene onorata finanziariamente). I venditori di questi non-valori non trattabili, adescano le loro vittime con massicci ribassi sul titolo nominale. Più tardi questi effetti possono probabilmente essere rivenduti a valore pieno. Sorprendentemente, le bande di imbroglioni trovano sempre degli stupidi abbastanza avidi che si lasciano letteralmente spogliare con questi titoli privi di valore.

3) " Il Mondo", 28.2. / 7.3. 94

4) Autista e secondo autista del blindato Transcoop erano Dario Selva, già condannato per ricatto e gioco d'azzardo e Enrico Balducci, sospettato di essere vicino ai gangster romani della malfamata "Banda della Magliana".

5) Sarno, Giulio e Toro, Achille, Richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del Deputato Martelli Claudio. Pretura Circondariale, Roma, 8.4.93, p. 28.

6) Dal controllo telefonico e dalla perquisizione domiciliare di Winnie a Roma risultò ad esempio una grande operazione in valuta in tranche da 50 milioni di dollari (fax del 21.7.92 a Israel Silberberg a Zurigo: Giulio Sarno e Achille Toro: Richiesta di autorizzazione a procedere. Pretura Circondariale. Roma, 5.4.93) Unico consigliere d'amministrazione della Indaco Ag era il noto avvocato di Zurigo Veit Wyler.

7) Presidente del consiglio di amministrazione dell'AIM (Acquisition, Investments, Mergers) era Martin Stehli. Egli sostituì Andersen, licenziato, con l'avvocato zurighese, vicino all'Opus Dei, Alfred J. Wiederkehr. Tra i più di 50 mandati di consiglio di amministrazione di Wiederkehr c'erano ad esempio la filiale svizzera dell'industria svedese del mobile IKEA e la Gotthard Bank (Lugano). Un altro

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mandato amministrativo Wiederkehr l'aveva presso l'Arabella SA in Lussemburgo. Presidente di questa società era Pierre Caland di Beirut, facevano inoltre parte del consiglio di amministrazione il libanese Michel El- Khoury, il lussemburghese Jacques Loesch, Nuno Brandolini di New York e Werner Schick di Zurigo, ex direttore generale del Bankverein. Nel giugno 1996 la Arabella comprò per 1,5 milioni di dollari 462.000 azioni della Discount Brokers J.B. Oxford & Company, che ha anche una filiale a Basilea. La società madre J.B. Oxford Holdings Inc. (Beverly Hills) fu criticata dal "Wall Street Journal Europe" il 3. 5. 95, perché aveva ingaggiato come consulente il canadese Irving Kott, già condannato per frode in borsa.

8) La società di Velo TS Trustser apparteneva alla società offshore di Panama Midgen Corporation SA, nel cui consiglio di amministrazione c'erano Markus Binggeli, Christian Durussel e Eric R. Staehli della Fidinam Fiduciaire (Ginevra). Velo rappresentava fiduciariamente l'azionista principale presso la TS Trustser (Lugano).

9) Sarno, Giulio e Toro, Achille: Richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del Deputato Martelli Claudio. Pretura Circondariale. Roma, 8.4.93, p. 81.

10) Gubser era coinvolto anche nell'affare Gerolag e finì all'inizio 1996 in custodia preventiva.

11) Nell'agosto 1993 la sezione d'accusa di Ginevra trasmise alla Corte d'Assise gli atti d'accusa di cinque imputati non nominati, a cui veniva rimproverato di aver trattato titoli falsificati o rubati. Gli imputati dovettero rispondere di frode, falsificazione di documenti, abuso di fiducia e ricettazione. Al procedimento davanti alla sezione di accusa era presente solo uno dei dieci imputati - un italiano allora ancora in carcere. Gli altri 9 erano in libertà provvisoria. Winnie Kollbrunner non figurava tra gli imputati.

12) La Cantrade Banque Privée era fino al 1995 una joint-venture tra la famiglia Kassar, la Bankgesellschaft svizzera e René de Picciotto. Poi la SBG si ritirò inaspettatamente del tutto dalla Joint-venture. Da allora esistono in Svizzera due banche con il nome Cantrade, l'affiliata della SBG, con sede principale a Zurigo e numerose altre filiali, e la Cantrade Banque Privée di de Picciotto, Kassar e Setton, a Losanna.

13) Sergio Cusani, figura centrale sulla scena della corruzione italiana, fu condannato nell'aprile 1994 in prima istanza a otto anni di prigione. Di Cusani si parla dettagliatamente nel capitolo 9 (v. anche p.217 segg.)

14) Come la Banca di Roma anche l'Altalia è un'azienda IRI. Il modernizzatore Romano Prodi, che si era già rotto i denti contro le corrotte banche romane, cercò di risanare anche l'Alitalia. Egli portò due topmanager che si erano perfezionati nelle multinazionali americane, precisamente Renato Riverso dell'IBM e Roberto Schisano della Texas Instruments. Ma i due incapparono nella burocrazia corrotta, inclusi i bonzi dei sindacati come il rappresentante dei piloti Giangaetano Caso e, all'inizio del 1996, gettarono infine snervati la spugna. Soprattutto con i rappresentanti dei sindacati dei 1.800 piloti, dei quali probabilmente 300 erano rimasti sempre a terra, i modernizzatori sconfitti si trovarono di fronte ad una resistenza insuperabile.

15) Il Gran Maestro della P2 Licio Gelli aveva negli anni '70 buoni rapporti con il dittatore della Romania Ceausescu.

16) Cappelli comprò più tardi, con un' altra tranche di titoli rubati della Santo Spirito, l'Omas a San

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Stino di Livenzo presso Venezia. Poi rovinò del tutto finanziariamente l'Omas e la fece fallire. Nell'autunno 1994 la Guardia di Finanza di Venezia aprì per questo un'inchiesta contro Cappelli ("Il Mondo", 28.11./5.12.94)

17) Fu coinvolto nel crac della Compagnia Generale Finanziaria (CGF) anche Ugo Zilletti, uomo della P2 ed ex vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura. La CGF, poco prima di andare in bancarotta, aveva acquistato dal presidente della Sasea, Florio Fiorini, la Singest, affiliata della Sasea italiana.

18) Sarno, Giulio e Toro, Achille : Richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti del Deputato Martelli Claudio. Pretura Circondariale. Roma, 8.4. 93, p.40,44 e 74

19) Verbale dell'interrogatorio di Maurizio Laguzzi, 19. 11. 92, p. 8

20) Sarno, Giulio e Toro, Achille: cit. nota 18, p.36

21) Sarno, Giulio e Toro, Achille: cit., p.90

22) Lo stipendio di Dora Tauzin non lo pagava Martelli, il ministero della giustizia o la cassa del partito socialista, bensì la Inadco AG (Zurigo). Sarno Giulio e Toro Achille, cit., p.57

23) "L'Unità", 11.4.93

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15. LA PIU' GRANDE BANCAROTTA SVIZZERA

Quando i funzionari dell'Ufficio fallimenti di Ginevra sigillarono il 30 ottobre 1992 gli uffici della Sasea Holding, ciò significò la più grande bancarotta in assoluto nella storia dell'economia svizzera. Il re di questo impero fallimentare era Florio Fiorini, dapprima direttore e più tardi delegato del consiglio di amministrazione. Lo stesso Fiorini che dieci anni prima era stato licenziato, senza preavviso, da direttore finanziario del gruppo petrolifero statale ENI. Allora, egli aveva proposto un piano di risanamento per la banca privata dell'Ambrosiano di Calvi - a spese della statale ENI - senza informare i suoi diretti superiori. Dopo questo allontanamento inglorioso, Fiorini dovette emigrare in Lussemburgo, dove per sua stessa ammissione riuscì a tenersi a galla alla meno peggio. Ma grazie alle sue buone relazioni con l'alta finanza europea, le cose andarono presto meglio e, alla fine del 1984, fu in grado di rilevare la società per azioni Sasea di Ginevra, in passivo anche se quotata in borsa.(1) Nel corso di una prassi decennale Fiorini era diventato un virtuoso dell'economia italiana corrotta. Poi venne a Ginevra e creò una piattaforma girevole internazionale per manipolazioni finanziarie occulte, che ben presto comprese circa 300 società affiliate in tutto il mondo. In maniera analoga al paese di cuccagna rappresentato dalla Holding Omni di Werner K. Rey, sorse un gruppo miliardario immaginario senza base economica reale. La totale assenza di attivi si rivelò al momento del fallimento: di fronte alle richieste di 5,1348 miliardi di franchi, fatte nel primo annuncio di debito dell'Ufficio fallimenti di Ginevra, erano presenti solo 2,8 magri milioni di franchi di attivi.(2) (Poichè non tutte le richieste annunciate furono riconosciute dall'Ufficio fallimenti, l'ammontare del debito si ridusse poi a circa tre miliardi di franchi). La natura della Sasea come piattaforma finanziaria girevole internazionale si deduce dal fatto che la lista dei creditori, pubblicata dall'amministrazione fallimentare, non conteneva nessun grande creditore svizzero. La corte penale di Ginevra, alla fine di giugno 1995, dopo due giorni e mezzo di dibattimento,condannò Fiorini per frode, falsificazione di documenti, fallimento sconsiderato e captazione di eredità, a sei anni di prigione detratti i 32 mesi di carcere preventivo già scontati, a dieci anni di bando dal paese e al pagamento dei costi del procedimento giudiziario. L'avvocato di Fiorini, reo confesso, lasciò passare il termine del ricorso di solo cinque giorni senza farne uso.(3) Il procedere spedito per non dire frenetico del processo è in contrasto stridente con il lavoro lungo e difficile del giudice istruttore Jean-Louis Crochet. Lavorò 28 mesi, cosa che costò complessivamente 1,8 milioni di franchi, e riempì 2482 pagine di protocollo e 642 raccoglitori di atti federali. Per audizioni dell'imputato e di testimoni Crochet aveva avuto bisogno di non meno di 1.010 ore. Nonostante queste indagini singolarmente dispendiose per la Svizzera, il tribunale non fu in grado di acquisire una visione complessiva dei fatti, come scrisse il cronista giudiziario della "Neue Zuercher Zeitung": " Nello stesso tempo la procura usò lo spazio libero argomentativo per supposizioni e allusioni non documentabili, volte a collocare Fiorini in una criminalità finanziaria internazionale, soprattutto di origine italiana, che andava al di là della Sasea.")4) L'atto accusatorio di 45 pagine della procura motivava i reati di Fiorini in maniera sommaria. E si rimandava al parere degli esperti, secondo i quali il capitale azionario della Sasea Holding, già nel 1985, era sopravvalutato e coperto al massimo per metà. Alla fine del 1988 fu stimato un sovraindebitamento nell'ordine di 144 milioni, che alla fine del 1989 salì a 194 milioni e, alla fine del 1990, a 640 milioni. La Sasea non si preoccupò delle severe disposizioni del diritto azionario in relazione ad un indebitamento del genere. Nel maggio 1989 il capitale azionario fu invece elevato da 201 a 402 milioni e nel giugno 1990 fu emesso un prestito obbligazionario di 340 milioni di franchi. Ma con ciò, contrariamente a quanto contenuto in comunicazioni pubbliche della Sasea, non si ebbe nessun afflusso di nuova liquidità. La società di revisione KPMG Fides non vide alcun motivo d'allarme e autenticò la contabilità del gruppo Sasea alla fine del 1990 e quello della holding di fine giugno 1990, ma questo solo nel novembre 1991.(5) A metà luglio 1991 Fiorini stesso aveva valutato "il buco finanziario" in 1,4 miliardi di franchi.(6)

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ECONOMIA DI CLAN ALLA SASEA

La Sasea di Fiorini era in fondo una variante del capitalismo di clan italiano, dove i lealismi personali contano più della legge, del fisco e degli accordi. Il tentativo di costituire a Ginevra un sistema analogo di clan all'italiana, fallì clamorosamente - pur dopo successi iniziali di rilievo. "A causa dell'elevato ammontare del debito", scrisse l'edizione europea del "Wall Street Journal"," dell'alto numero di istituzioni colpite e delle molte denuncie giudiziarie, la bancarotta della Sasea ha sconvolto gli ambienti economici e finanziari locali e internazionali molto di più di altri scandali".(7) A far nascere la Sasea era stato il terzetto Florio Fiorini, Giancarlo Parretti e la famiglia Lefebre d'Ovidio. Tutti questi avevano lasciato l'Italia all'inizio degli anni '80 non proprio per scelta. Ognuno dei tre soci portò nella nuova impresa relazioni eccellenti, i Lefebres, a differenza di Fiorini e Parretti, anche un considerevole capitale proprio. Fiorini, pur senza appartenere ad alcun partito, era in buoni rapporti con i dirigenti socialisti e aveva pagato loro di quando in quando le tangenti ENI. All'inizio del 1985 i compagni a capo del PSI avevano raggiunto posizioni di grande rilievo: Bettino Craxi era presidente del Consiglio dei ministri, Gianni de Michelis era ministro per le partecipazioni statali e più tardi divenne ministro degli esteri, Claudio Martelli era ministro della Giustizia. Inoltre Fiorini aveva amici, dai tempi dell' ENI, anche in molti paesi produttori di petrolio, ad esempio il colonnello Gheddafi in Libia. Egli si vantava dell'amicizia del multimilardario austriaco Karl Kahane, e come scrive nel suo libro 'Ricordati da lontano', aveva un rapporto "cordiale" (8) con Nikolaus Senn e Karl Janjoeri, rispettivamente presidente e direttore generale della Schweizerische Bankgesellschaft.

VECCHIA NOBILTA' NAPOLETANA

La famiglia Lefebre d' Ovidio, con il padre Antonio e il figlio Manfredi, completava la rete di relazioni di Fiorini in maniera ideale. Essa discendeva dalla vecchia nobiltà napoletana. Antonio Lefebre, detto "il professore", faceva da consulente, come avvocato, ai più ricchi d'Italia e divenne con ciò molto ricco lui stesso. Soprattutto nella Democrazia Cristiana, Antonio conosceva tutte le persone importanti e influenti. Nello scandalo Lockheed manovrò, attraverso le sue società a Panama, le tangenti per i politici italiani per conto del produttore statunitense di aerei Lockheed.(9) La gran parte delle tangenti finì nelle tasche di un politico d'alto rango, che in genere si suppone fosse l'allora presidente della repubblica Giovanni Leone. Leone dovette dimettersi e il suo stretto amico Antonio Lefebre fu condannato, come capro espiatorio, a due anni e sei mesi di prigione. All'inizio degli anni '80 l'ottantenne Antonio si ritirò dall’attività a favore di suo figlio Manfredi. Degli affari dei Lefebre scrisse il "Wall Street Journal": "La gran parte delle partecipazioni Lefebre è fatta di società oscure nei settori immobiliare, della navigazione e dell'industria, se si esclude la loro partecipazione [per l'8%] alla Banque Bruxelles Lambert (BBL), la seconda banca per grandezza in Belgio.(10) La quota della BBL, una banca ben introdotta anche in Italia, con grande filiale a Lugano, è considerata il capolavoro della famiglia Lefebre. I Lefebre si vantavano spesso della loro partecipazione alla BBL e usavano a proprio vantaggio il prestigio della banca, disse un socio in affari, che conosceva bene da anni padre e figlio."(11) Nel consiglio di amministrazione della BBL i Lefebre furono rappresentati, fino al 1985, da Alberto Ferrari, ex direttore generale della statale Banca Nazionale del Lavoro, statale, e membro della P2.

NELL'ORBITA DELLA MAFIA

Giancarlo Parretti, il terzo padre fondatore della Sasea dopo i Lefebre e Fiorini, cominciò la sua ascesa come cameriere di un bar. Alla fine degli anni '60 era già diventato il gestore dell' albergo ristorante

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Figaro sul Lungomare di Marotta presso Pesaro, sulla costa Adriatica. Poi si imbarcò come cameriere su una nave da crociera, dove - presumibilmemte per caso - incontrò Graziano Verzotto, allora il politico DC più potente della Sicilia. All'ombra di Verzotto cominciò una carriera fantastica. Verzotto era dal 1967 presidente dell'Ente Minerario Siciliano (EMS), una società creata secondo il modello dell'ENI per sviluppare l'estrazione di minerali in Sicilia con allora circa 6.000 dipendenti e un fatturato di 200 miliardi di lire. A metà del 1975 la EMS e Verzotto furono coinvolti nello scandalo del banchiere della mafia Michele Sindona. Due banche di Sindona fungevano esclusivamente da banche di riferimento dell'EMS e corrompevano Verzotto. per questo lucroso privilegio. con uno sconto sugli interessi debitori. Verzotto dovette dare le dimissioni, fuggì in Libano e da allora scomparve. Il 13 maggio 1976 il tribunale di Milano lo condannò per appropriazione indebita di denaro pubblico, a due anni e otto mesi di prigione. Poco prima di venir avvelenato nel carcere di Voghera, Sindona identificò Verzotto come il più importante uomo di collegamento tra la Democrazia Cristiana e la mafia. Secondo il deputato del parlamento francese Francois d'Aubert (UDF) e autore del libro 'L'Argent Salè su Parretti e Fiorini (12), Verzotto, contro il quale c'è ancora un ordine di cattura internazionale, vive dall'inizio degli anni '80 a Parigi sotto il nome di Franco Forte. (13) Quest'uomo produsse dunque nell'esistenza del capo cameriere Parretti un cambiamento in meglio. Giancarlo Parretti divenne dapprima capocameriere dell'hotel Politi a Siracusa, la nave ammiraglia della catena di alberghi di Verzotto. Affinchè i suoi alberghi potessero profittare di più delle sovvenzioni statali per la promozione turistica, il politico DC Verzotto non faceva parte del consiglio di amministrazione. Il capo cameriere Parretti fu promosso nel 1972 consigliere d'amministrazione dell'hotel e fu presto presidente di tutti e quattro gli hotel Verzotto, presidente dell'associazione alberghiera di Siracusa e, infine, presidente dell'associazione degli alberghi italiani. Anche la caduta e la fuga del suo padrino Verzotto non poterono fermare la sua ascesa. Comprò i quattro hotel Verzotto - sulla provenienza del denaro utilizzato non si hanno notizie - divenne presidente del club locale di football Syracusa Calcio e fondò un quotidiano regionale dal nome "Diario". Da dove Parretti traesse i mezzi per quest'ultima costosa operazione è altrettanto ignoto. Il "Diario" divenne rapidamente un giornale di successo, quotidiani analoghi spuntarono come i funghi anche a Ragusa, Catania, Caserta e Napoli. Parretti fece conoscenza con il parlamentare socialista veneziano e più tardi ministro Gianni de Michelis, che insieme a suo fratello Cesare possedeva la casa editrice Marsilio, e fondò con i due un "Diario" veneziano che suscitò ben presto imitazioni a Treviso e a Padova. All'inizio degli anni '80 terminò all'improvviso il periodo fortunato che durava ormai da dieci anni, e cominciarono alcuni anni magri. Il successo della catena dei quotidiani "Diario" si rivelò un fuoco di paglia, un'edizione dopo l'altra fallì. A Siracusa Parretti impiegò come liquidatrice sua moglie Maria Cecconi. A Napoli i giornalisti del "Diario" denunciarono il loro ex presidente e dopo un procedimento durato anni, Parretti fu condannato nel 1990 per fallimento fraudolento e falso in bilancio in prima istanza a tre anni e dieci mesi di prigione. Anche le edizioni del "Diario" a Venezia, Padova e Treviso furono liquidate. Il successore di Parretti nell'ufficio di presidente della Siracusa Calcio lo denunciò per gestione fraudolenta, per cui il 12 aprile 1981 finì in custodia cautelare per 26 giorni. Qualche tempo dopo Parretti vendette (in un affare fino ad oggi assolutamente oscuro) i suoi quattro hotel di lusso siciliani (acquisiti con denaro proveniente da fonti del tutto inspiegate) allo speculatore milanese Giuseppe Cabassi. Questo solo per comprare a stretto giro di posta da Cabassi, con il denaro guadagnato, le due società assicuratrici Ausonia e De Angeli Frua - che più tardi finiranno alla Sasea. Alla fine del 1983 Parretti lasciò poi Siracusa per Parigi.

COMINCIA L'AVVENTURA

Questo terzetto pittoresco, con le migliori relazioni e con ferite non del tutto rimarginate, si trovò dunque a Ginevra. Se fu un piano a lungo termine a far lavorare insieme nel 1984 Fiorini, Parretti e i Lefebres, o se si misero insieme spontaneamente, non si sa. è un fatto che Parretti, alla fine di dicembre

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del 1984, acquisì la Interpart Holding Luxemburg, dove una volta il presidente dell'Ambrosiano Roberto Calvi aveva fatto parte del consiglio di amministrazione (14), mentre contemporaneamente Fiorini a Ginevra comprava dalla Kreditanstalt la Sasea, inattiva ma quotata in borsa. Alla fine del 1985 Fiorini entrò nel consiglio di amministrazione della Interpart Holding lussemburghese di Parretti, qualche tempo dopo lo seguì Elena Badaloni, la sua ex moglie. Da dove Parretti abbia preso 50 milioni di dollari per l'acquisto della Interpart, ex società di Calvi, non si è potuto chiarire. Parretti stesso il 24 giugno 1990, nel corso di una conferenza stampa a Parigi, mise in giro la storia della vendita di un albergo al finanziere milanese Giuseppe Cabassi. La relazione del deputato UDF d'Aubert sull'affare Sasea/ Parretti al parlamento francese pervenne a conclusioni completamente diverse: "è impossibile che l'aumento di capitale della Interpart-Comfinance a 50 milioni di dollari derivi dalla vendita di società. Le operazioni finanziarie del tutto prive di trasparenza tra Parretti e la Sasea di Fiorini, che a sua volta è alla berlina per fonti finanziarie sospette, non esclude alcuna ipotesi, forse neppure fonti illegali." (15) Per d'Aubert è dimostrato che Parretti, il quale si è sempre servito di prestanome, era lui stesso un prestanome con sponsor generosi ma misteriosi. D'Aubert li colloca nell'orbita di Graziano Verzotto, sospetto di mafia, della bancarotta dell'Ambrosiano e dello scandalo P2. Anche l'origine del capitale iniziale della Sasea di Fiorini è oscura. Fiorini stesso indica nel suo libro come primi finanziatori la famiglia Lefebre e il finanziere norvegese Audrun Krohn. Krohn entrò più tardi anche nel consiglio d'amministrazione della Interpart Holding di Parretti in Lussemburgo. Francois d'Aubert cita inoltre i due norvegesi Arild Nedrun e Einer Lange come finanziatori iniziali della Sasea. Fiorini aveva buone relazioni in Norvegia, dove aveva lavorato per le affiliate dell'ENI Snam (metano) e Saipem (prospezione petrolifera, costruzione di oleodotti).(16)

I FIORI DEL MALE DELLA SPECULAZIONE IN BORSA

La seconda metà degli anni '80 fu anche per le banche svizzere il momento clou della speculazione. E di questo volle profittare Fiorini. Per fare del titolo passivo della Sasea un titolo quotato in attivo in borsa, doveva aumentarne massicciamente il modesto capitale. Per questo aveva bisogno di un presidente svizzero importante come insegna. Ed ecco che capitò proprio al momento giusto l'avvocato ed ex consigliere federale Nello Celio. (17) Celio accettò l'offerta sicuramente lucrativa di Fiorini e, nel 1985, divenne presidente della Sasea, mentre Lefebre senior divenne vicepresidente. Come rappresentante dell'APSA, azionista di minoranza della Sasea, amministratrice patrimoniale del Vaticano, André Curiger, direttore della filiale zurighese del Crédit Commercial de France, continuò a restare nel consiglio di amministrazione della Sasea. Quale delegato del consiglio di amministrazione divenne infine il banchiere francese Yves Truffert, ex direttore generale della Banque Indosuez a Parigi. La direzione della Sasea con delegato Truffert era composta all'inizio da Fiorini, Audrun Krohn e Lefebre junior. A questi si aggiunse più tardi Rodolphe Rossi, un francese naturalizzato a Ginevra e marito dell'allora presidentessa liberale del consiglio municipale di Ginevra Madeleine Rossi.(18) Sopravvennero poi il belga Jean Bellemans come uomo di fiducia dei Lefebre e l'ex presidente dell'ENI Giorgio Mazzanti in quanto uomo di fiducia di Fiorini. Alla fine degli anni '80 arrivò da ultimo nel top management della Sasea lo svizzero Norbert Stadler. Considerata l'equipe iniziale d'alto livello del 1985 – Nello Celio parlava allora della "rèpublique des bons compagnons" (19)- non meraviglia che la Sasea divenisse in effetti un titolo di successo della Borsa di Ginevra. Nell'euforia generale di quei giorni le quotazioni balzarono entro breve tempo da 100 a 228 franchi. Fino al 1987 il capitale azionario di competenza della Banca Paribas salì da tre milioni a quattrocento milioni di franchi. Dalle modalità tecnico-finanziarie di questi aumenti di capitale conseguirono grandi guadagni sia per la Sasea che per l'istituto bancario competente Paribas. I nuovi azionisti pubblici e gli obbligazionisti dovettero pagare un alto sovrapprezzo per i titoli Sasea e Paribas (Suisse) incassò ricchi introiti. Presidente della casa madre Paribas a Parigi era allora Jean-Yves Haberer , che più tardi fu chiamato dal governo

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socialista di Mitterand a capo dello statale Crédit Lyonnais, divenuto più tardi la banca di riferimento di Fiorini. Fino al crollo avvenuto nel 1989, la Sasea rimase un titolo speculativo ricercato alla Borsa di Ginevra. Ma diversamente dal caso della Omni Holding di Werner K. Rey, la Sasea non era in primo luogo una truffa di borsa. Mentre l'attività del manipolatore di borse Rey serviva in ultima analisi solo ad alzare in maniera fraudolenta la quotazione delle azioni virtuali da lui create dal nulla, l'attività di Fiorini era mirata solo in seconda linea alla manipolazione delle quotazioni delle azioni Sasea. La Sasea era in primo luogo un veicolo per operazioni finanziarie internazionali non trasparenti, nella zona grigia tra legalità e illegalità.

ISTITUTO DI PULIZIE SASEA

I sette anni della Sasea, dal 1985 al 1992, possono essere suddivisi in quattro anni di ascesa e tre di declino. L'acquisizione della società cinematografica di Hollywood Metro Goldwyn Mayer (MGM) costituisce il punto di svolta. All'inizio era filato tutto liscio come l'olio, la Sasea comprava, scomponeva e vendeva aziende e partecipazioni. Faceva quel tipo di affari che nel mondo anglosassone si chiamano "Mergers and Acquisitions": società piene di problemi, soprattutto nel settore immobiliare, venivano ristrutturate, cambiavano nome e veniva conferita loro spesso nuova forma societaria e una nuova sede operativa in un'esotica piazza finanziaria offshore. Mediante un maquillage del genere la Sasea fu in grado di rivendere con lauti guadagni queste aziende già sull'orlo del fallimento. Fiorini stesso definì una volta scherzosamente la Sasea istituto di pulizie, senza approfondire di chi fosse il denaro che vi veniva ripulito. Oltre all'acquisto e alla vendita di società, la Sasea trattava anche in grande stile petrolio e altre materie prime. Le sue partecipazioni a medio e a lungo termine salirono fino alla fine del 1989, da 32 milioni a 1.120 milioni di franchi. Le quote più alte erano rappresentate dalla partecipazione alla Banque Bruxelles Lambert (BBL), intestata dai Lefebre alla Sasea, dalle società d'assicurazione De Angeli Frua e Ausonia, comprate da Parretti e dalla società immobiliare milanese Scotti-Finanziaria. Partecipazioni del genere conferivano alla Sasea l'apparenza di solidità e sostanza, ma erano spesso molto sopravvalutate.

SOCIETA' SOSPETTE

Nello stesso tempo Fiorini operò in grande stile come fondatore di società. Creò subholding a Milano e ad Amsterdam con circa 300 filiali che avevano sede a Londra, Parigi, Amsterdam, Mosca, Friburgo e nell'isola delle Antille olandesi Curacao. Alcune di queste società avevano uffici e personale propri, in maggioranza erano tuttavia pure società di comodo in paradisi fiscali offshore. Tra queste c'era anche la Seychelles International Bank (SI Bank) divenuta famosa al momento della scoperta del Conto Protezione, con sede legale alle Seychelles (più tardi trasferita a Samoa) e un piccolo ufficio segreto a Montecarlo.(20) L'11 luglio 1996 "L'Hebdo" informò: "Documenti posseduti dall' "Hebdo" dimostrano che la banca SI era la cassa dei fondi neri della Sasea" e criticava che il giudice istruttore Jean-Louis Crochet non avesse incluso negli atti del processo tutti gli importanti documenti sequestrati durante la perquisizione della Banca SI. Moglie di Crochet è l'avvocatessa Catherine Crochet dello studio Crochet, Delaunay. L'avvocato Pierre Sigrist, attivo in questo studio, ha lavorato per la SI-Bank. Non può quindi essere escluso il pericolo di una collisione di interessi. Ulteriore esempio è la Beaverbrook Ltd., fondata nel 1991 a Dublino. Lord Beaverbrook, allora presidente del partito conservatore britannico, poi fallito, non sapeva niente di questa società. Era stata creata da Brendan e Deborah Delaney, che a Dublino gestivano una società per la fondazione di società offshore. I Delaney fondano e vendono società con o senza consiglio di amministrazione, a seconda dei desideri dei clienti. Nel 1995 i Delaney, marito e moglie, facevano parte di più di 1.500 società registrate nel Companies Register di Londra. Alla Beaverbrook i Delaney si ritirarono dal consiglio di amministrazione dopo la

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vendita alla Sasea e il 7 maggio 1991 furono sostituiti da Ute Heiliger e Frank Nelson del Foreign Marketing Sa (Ginevra). Frank Nelson era il figlio adottivo di Florio Fiorini, che aveva anche due figlie sue. Terzo consigliere d'amministrazione era Muriel von Wussow, moglie di uno stretto collaboratore di Fiorini a Ginevra. La Beaverbrook spostò il proprio domicilio da Hoogewerf & Cie. a Montecarlo (vedi cap. 4). A Montecarlo aveva il proprio quartier generale anche la SI Bank di Fiorini.(21)

GUADAGNI MEDIANTE TRUCCHI DI REGISTRAZIONE CONTABILE

Tra le quasi 300 filiali della Sasea circolavano ininterrottamente depositi, crediti e partecipazioni. Vendite a pioggia tra società, le cui conclusioni d'affare non venivano presentate contemporaneamente, producevano guadagni contabili elevati a piacere e simulavano l'afflusso di denaro fresco. Un esempio di un trucco di registrazione contabile del genere è l'obbligazione convertibile della Sasea di 340 milioni di franchi all'interesse del 7,5 % nell'autunno 1990. Allora le quotazioni dei titoli Sasea alla Borsa di Ginevra minacciarono di sprofondare in un abisso senza fondo. Con un'emissione di obbligazioni, organizzata dalla banca SG Warburg Soditic di Ginevra, Fiorini cercò di ricreare la fiducia. Poichè il grande pubblico degli investitori - tranne alcuni piccoli azionisti tratti in inganno (22) - non si fidava della Sasea, Fiorini stesso sottoscrisse i 300 milioni dell'obbligazione. Il suo uomo di fiducia italiano Piero Bongianino, delegato del consiglio di amministrazione della Banca Popolare di Novara, concesse all'Imic, affiliata italiana della Sasea a Monza, un credito di 35 miliardi di lire. Bongianino era uno dei più importanti finanziatori (legali) di Fiorini in Italia e fungeva da banca di riferimento delle grandi filiali Sasea italiane De Angeli Frua e Scotti Finanziaria; Fiorini faceva parte del consiglio di amministrazione della filiale svizzera della Banca popolare di Novara (Suisse). Il 13 settembre 1990 il denaro passò dalla Banca Popolare di Novara all' Imic, che il giorno stesso lo versò ad un'altra società italiana di Fiorini, la Firs, che a stretto giro di posta lo accreditò alla filiale della Sasea Scotti Finanziaria, che a Ginevra sottoscrisse le obbligazioni della Sasea. Alcune settimane più tardi la Imic fallì. Nella primavera 1993 il giudice istruttore di Milano Luigi Orsi aprì un procedimento penale contro Bongianino, delegato del consiglio d'amministrazione della Banca Popolare, e lo fece arrestare. (23) Il caso suscitò un certo stupore in tutt'Italia perché la Popolare di Novara è una banca ultracentenaria molto stimata e Bongianino è considerato uno degli uomini più potenti della metropoli lombarda. Un anno più tardi anche i manager dell'Imic, affiliata della Sasea, il presidente Tiziano Mantovani e il direttore Gianfranco Mancini, furono arrestati e accusati di fallimento fraudolento.(24) I due giudici istruttori Orsi e Perrozziello suppongono che un gruppo di finanzieri italiani, tra cui Bongianino, abbia cercato tra il 1991 e il 1992 di salvare la Sasea sull' orlo del fallimento. Basandosi su dichiarazioni della segretaria privata di Fiorini, Gabriella Tripepi, essi collocano in questo gruppo anche Callisto Tanzi, presidente del grande gruppo alimentare italiano Parmalat. (25) Nel novembre 1995 la procura milanese sporse denuncia contro non meno di 37 persone, tra questi i tre cittadini di Basilea Luzius Gloor, Ueli Vischer e Bruno Dallo. Gloor era direttore generale della Basler Versicherung [Assicurazione di Basilea], Vischer che più tardi in qualità di dirigente finanziario della Basler passò alla politica, era responsabile dei rapporti con l'Italia per la Basler, e anche Dallo era un dirigente della Basler Versicherung. Gli accusatori contestarono l'adeguatezza del prezzo di vendita per la De Angeli Frua (DAF), che la Basler nel 1989 aveva comprato dalla Sasea. A ciò si aggiunse un prelievo illecito di fondi dalla DAF da parte della Sasea, dopo che la Basler aveva rivenduto la DAF alla Sasea, mentre Gloor, Vischer e Dallo facevano ancora parte del consiglio di amministrazione. Nel febbraio 1996 comiciò il processo senza i tre della Basler. La Baloise aveva comunicato di aver concluso un accordo con la giustizia, un cosiddetto "patteggiamento". Secondo la lettera della legge un patteggiamento è un compromesso tra verdetto di colpevolezza e assoluzione. Nel caso che l'imputato entro un periodo stabilito si renda di nuovo punibile, la pena viene eseguita. Vischer se la cavò con 22 mesi con la condizionale. Il governo di Basilea trasformò senza esitare il patteggiamento in

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un'assoluzione. Egli stesso disse: "Se mi fossi reso conto di essere in colpa, avrei tratto io stesso, nella mia posizione, le conseguenze".

FLOP CON PETROLIO E IMMOBILI

Da un punto di vista geografico presumibilmente due terzi degli affari della Sasea prendevano l’avvio in Italia. Ma Fiorini operava anche in Francia, Spagna, Libia, alle Seychelles, nello Yemen e negli USA. In Svizzera la piattaforma internazionale Sasea sviluppò un'attività relativamente minore. E tuttavia è il caso di parlare di due affari interni del genere: il caso Tamoil/Gatoil e il caso Europrogrammi. Il caso Tamoil/Gatoil mostra in modo esemplare con quanta abilità Fiorini si servisse delle relazioni risalenti ai tempi in cui era direttore finanziario dell'ENI. L'affare Tamoil cominciò quando la Standard Oil of Indiana (Amoco) vendette nel 1983 la sua catena italiana di distributori di benzina con relativa raffineria a Cremona, al finanziere libanese Roger Tamraz. Già due anni dopo Tamraz,,con la sua gestione, aveva completamente mandato in rovina la ditta e la società fu posta sotto controllo statale. All'inizio del 1986 Fiorini conseguì uno dei suoi primi grandi successi nell'ambito degli affari "Mergers and Acquisitions" (Fusioni ed incorporazioni): Egli procurò a Tamraz la Libyan Arab Foreign Investment Company come compratrice del 70 % della Tamoil. Il 20 % lo acquisì la Sasea e il 10 % rimase a Tamraz. Direttore della Tamoil divenne l'ex presidente dell'ENI e uomo della P2 Giorgio Mazzanti, che nel 1979 aveva dovuto dimettersi dal suo incarico per pagamento di tangenti nel cosiddetto scandalo Petromin. Nel 1989 la Sasea dichiarò ancora una partecipazione alla Tamoil del 10 %, il resto apparteneva ai Libici. Tamraz era scomparso dopo che la banca libanese Almashrek l'aveva accusato di appropriazione indebita di 150 milioni di dollari. (26) Quando nel 1989 l'uomo d'affari libanese Khalil J. Ghattas andò in bancarotta con la sua società petrolifera svizzera Gatoil, Fiorini replicò la mossa: fece da mediatore per la sua vendita alla Oilinvest BV Nederlands, controllata dallo stato libico.(27) Nel marzo 1989 Ghattas fu arrestato e estradato in Germania. Qui venne processato per frodi e affari petroliferi illegali, che avevano portato al fallimento del gruppo tedesco Kloeckner per il commercio di petrolio.(28) Nell'affare Gatoil Fiorini aveva portato la svizzera Migrol come socia junior. Solo grazie al fatto che un famoso partner svizzero era presente come azionista di minoranza, i Libici ottennero l'aggiudicazione contro la forte concorrenza di altre grandi società petrolifere europee. Gatoil fu unito a Tamoil e all'inizio degli anni '90 possedeva una raffineria a Collombey (VS) e 260 distributori di benzina in Svizzera. (29)

IL CASO EUROPROGRAMMI

Nel 1969 il finanziere genovese Orazio Bagnasco fondò a Lugano il fondo di investimento immobiliare Europrogrammi. Bagnasco, che poteva contare su buone relazioni con gli importanti uomini politici italiani d'allora, Emilio Colombo e Giulio Andreotti, collaborava con gli avvocati Maspoli e Noseda, che più tardi furono coinvolti nello scandalo SKA Texon. Europrogrammi era un fondo d'investimento conforme al diritto svizzero per quegli italiani che volevano investire il loro patrimonio in immobili nella propria nazione. Grazie alle sue connessioni politiche a Roma, Bagnasco ottenne le autorizzazioni italiane necessarie. Il fondo d'investimento prosperava e, fino all'inizio degli anni '80, egli amministrò portafogli immobiliari del valore di 1.000 miliardi di lire di allora. Oltre ad Europrogrammi Bagnasco dirigeva in quegli anni anche la catena di hotel di lusso italiana Ciga, comprata più tardi da Karim Aga Khan. Nel 1982 Bagnasco comprò da Carlo de Benedetti un pacchetto di azioni del Banco Ambrosiano già sull'orlo del fallimento e, per alcuni mesi, fu il suo ultimo vicepresidente prima della bancarotta. Nel 1983 si ebbe anche l'inizio della fine degli europrogrammi. L'allora ministro italiano delle finanze Prof. Bruno Visentini, già presidente dell' Olivetti di De Benedetti, voleva tassare i profitti degli

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europrogrammi in Italia con un’imposta straordinaria del 30%, che più tardi venne effettivamente introdotta, anche se solo per l'ammontare del 18%. (i piccoli azionisti degli europrogrammi hanno più tardi sostenuto che Visentini abbia con ciò voluto vendicare il suo ex presidente De Benedetti che, nell'affare dell'Ambrosiano, si sentiva ingannato da Bagnasco). Contemporaneamente la stampa di De Benedetti ("La Repubblica" e "L' Espresso") cominciarono a criticare molto Bagnasco e gli europrogrammi. Nel corso del 1984 questa campagna trapassò anche in Svizzera. Il fondo di investimento, che ai tempi migliori contava 75.000 detentori di quote, perse i suoi investitori, non potè vendere abbastanza in fretta i propri beni immobili e divenne poco liquido. Alla fine del 1984 la commissione delle banche concesse uno stop provvisorio del ritiro di partecipazioni al fondo. Nel 1986 gli europrogrami andarono infine in liquidazione e Lugano perdette alcune decine di posti di lavoro. Nei giorni prima del suo ritiro da procuratore, Paolo Bernasconi avviò nel 1986 un procedimento penale contro i responsabili di Europrogrammi che, sotto il suo successore Venerio Quadri, non diede però risultati. Più tardi Bernasconi venne denunciato da Bagnasco per sospetto di usurpazione di pubbliche funzioni e violazione del segreto d'ufficio, procedimento che veniva però silenziosamente archiviato dal suo successore Quadri. (30) In seguito, il liquidatore di Europrogrammi Geo Camponovo, ex consigliere nazionale FDP e avvocato d'affari a Chiasso, cercò di vendere gli immobili del fondo di investimento. Dopo che un primo tentativo era fallito, la Sasea di Fiorini comprò infine gli immobili attraverso la società immobiliare di Ginevra REH per 850 milioni di franchi, pagabili in tre rate annuali. Nel 1992 la terza rata non venne onorata, perché Fiorini era finito in bancarotta. Un gruppo di investitori italiani danneggiati dagli Europrogrammi a Milano e a Lugano sporse denuncia contro Carlo De Benedetti. Sostennero che una losca vendetta del gruppo di De Benedetti e dei suoi complici avesse causato la rovina degli Europrogrammi di Bagnasco in Svizzera. (31) Nel frattempo era Carla del Ponte a portare a Lugano la toga del procuratore ticinese. Nel modo risoluto che le era proprio, ella fece eseguire una perquisizione domiciliare negli uffici degli Europrogammi (in liquidazione). (32) De Benedetti, accusato, contestò con forza la versione del comitato milanese di difesa degli Europrogrammi: "Di accordi Lasa-Sasea o Sasea-Europrogrammi io non sapevo niente". (33) Ma De Benedetti aveva acquisito nel frattempo un difensore al quale il caso era ben noto: l'ex procuratore Paolo Bernasconi. Questo aveva avviato a suo tempo nel 1986 il procedimento penale contro i responsabili degli Europrogrammi. Su questo cambiamento di campo di Bernasconi si espresse anche la commissione disciplinare dell'Associazione ticinese degli avvocati: l'assunzione del mandato De Benedetti non violava le regole dell'ordine.(34) Le istruttorie contro De Benedetti finirono con l'insabbiarsi.

CROLLO A HOLLYWOOD

Nel 1990 Fiorini allargò il suo campo d’azione agli USA. Il socio Parretti era entrato già nel 1987 nel business del cinema, quando egli comprò l’impresa di produzione cinematografica hollywoodiana Cannon Group dei due israeliani Menahem Golam e Yoram Globus. Con i crediti della filiale olandese del Crédit Lyonnais (35) comprò anche due società più piccole di distribuzione cinematografica, la De Laurentiis Group e la New World Entertainment, e si prese anche una villa da otto milioni a Beverly Hills. Alla fine del 1988 Parretti acquistò infine, di nuovo con crediti del Crédit Lyonnais olandese, il 98% della società cinematografica francese, ricca di tradizione, Pathé Cinéma. Alcuni mesi dopo fu la volta, di nuovo con lo stesso finanziamento, della Cinéma 5 Europe, che gestiva 79 cinema in Olanda e in Inghilterra. Infine Parretti mise insieme le sue attività cinematografiche sotto il nome Pathé Communication Corporation e, all’inizio del 1990, annunciò l’intenzione di comprare la Metro Goldwyn Mayer, allora in possesso dello speculatore di borsa statunitense Kirk Kerkorian. Il 14 marzo 1990 Parretti e Fiorini depositarono presso l’Ufficio di controllo della borsa statunitense SEC un’offerta di acquisizione di 1,219 miliardi di dollari. L’acquisto fu finanziato per metà con un cosiddetto “Leveraged Buyout”, vale a dire con una prevendita della famosa filmoteca della MGM al

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gruppo mediale Time Warner, in cambio di un prestito preliminare di 650 milioni di dollari. Time Warner voleva assicurarsi i lucrosi diritti su pellicole come “Via col vento”, “Dottor Zivago” e “Ben Hur”. La Fininvest di Berlusconi partecipò all’acquisto con 150 milioni di dollari e il resto fu reperito da diverse società di Parretti e Fiorini, che a loro volta si procurarono i mezzi necessari fondamentalmente con crediti del Crédit Lyonnais olandese. Parretti e Fiorini divennero così capi della MGM e poterono godersi la dolce vita hollywodiana nella villa di Beverly Hills di Parretti. Ma non a lungo. Già pochi mesi dopo la Comfinance Holding lussemburghese di Parretti (del consiglio di amministrazione della quale faceva parte la ex moglie di Fiorini Elena Badaloni) non poté più pagare gli interessi debitorii. A ciò contribuì il ritiro della Fininvest di Berlusconi, che dapprima volle la restituzione di 50 milioni e poi di altri 100 milioni di dollari.(37) Gli studi cinematografici della MGM finirono involontariamente in possesso del principale creditore di Parretti, il Crédit Lyonnais. La banca sporse denuncia e da allora egli è ricercato su mandato d’arresto internazionale. Il 19 ottobre 1995 Parretti fu arrestato negli USA e la Francia emise una richiesta di estradizione. Ma nel dicembre 1995 Parretti era già libero e cercò un’altra volta di comprare gli studi cinematografici della MGM. Il prezzo era però di nuovo salito perché gli studi erano riusciti nel frattempo a girare alcuni film di cassetta: “Get Shorty”, “Leaving Las Vegas” e “The Birdcage”. Parretti non riuscì tuttavia a concludere l’affare. Nel giugno 1996 Kirk Kerkorian ricomprò la MGM per 1,3 miliardi di dollari dal Crédit Lyonnais, allo stesso prezzo pagato da Parretti e Fiorini.

L’INIZIO DELLA FINE

La fallita acquisizione della MGM rappresentò per la Sasea un punto di svolta. Nello Celio, Audrun Krohn e i Lefebres non avevano voluto saperne di comprare la MGM e si erano ritirati. Celio si sarebbe rifiutato di collaborare apertamente con Parretti. Ma la sua defezione Parretti poté reggerla bene, perché trovò un sostituto appartenente all’aristocrazia economica della Svizzera occidentale: l’avvocato di Losanna Eric Baudat, vicepresidente della società di revisione KPMG Fides. A far parte del consiglio di amministrazione della Sasea entrò allora anche il direttore della Fides, Paul Coriat. La KPMG Fides era la società di revisione della Sasea. Anche se Baudat e Coriat non avevano niente a che fare con la Revisione Fides, questo cumulo d’uffici fa dubitare che i libri contabili della Sasea fossero stati davvero esaminati senza alcun condizionamento. Subito dopo il fallimento, sia i piccoli obbligazionisti danneggiati che il Crédit Lyonnais avevano sporto una denuncia contro la KPMG Fides per responsabilità penali. Molto più penoso per Fiorini del ritiro di Celio, fu quello dei Lefebres.La Sasea perse in questo modo non solo la partecipazione alla BBL, ma anche l’accesso diretto alla loro vasta rete di relazioni.(38) Nella persona del francese Jean-René Bickart, che viveva a Ginevra dal 1983, riuscì infine a Fiorini, di trovare un facoltoso compratore per il pacchetto azionario dei Lefebre. Bickart, appartenente ad una ricchissima famiglia di commercianti di vino francesi, investì 70 milioni di franchi nella Sasea, cifra corrispondente al 6,25 % del capitale azionario. I Bickart fanno parte del gruppo degli uomini più abbienti di Francia e possiedono tra l’altro solo a Parigi circa 1.000 beni immobili. Bickart aveva stretti rapporti con il Crédit Lyonnais, che quasi contemporaneamente sostituì la Paribas (Suisse) come banca di riferimento della Sasea.(39) Ma come la Comfinance di Parretti anche la Sasea di Fiorini precipitò dopo il disastro della MGM in una crisi sempre più profonda. In borsa il titolo Sasea scese al minimo. Nonostante tutte le manipolazioni finanziarie, il sovraindebitamento totale poté essere coperto sempre meno. Nell’estate 1991 il presidente del consiglio d’amministrazione, Yann Richter, lasciò la nave che affondava e fu sostituito dall’avvocato ticinese Giovanni Gianola. Nell’autunno 1991 le 14 banche creditrici elaborarono, sotto la responsabilità del Crédit Lyonnais, un piano di risanamento. La società immobiliare milanese Scotti Finanziaria fu venduta alla società immobiliare francese Pierre 1er, operazione per la quale questa ottenne i crediti necessari dal Crédit Lyonnais. Anche la partecipazione della Sasea alla MGM fu venduta al Crédit Lyonnais. Ma le speranze di un risanamento della Sasea, nutrita dalle banche, non si realizzarono. Nel

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giugno 1992 fu ad essa concessa una dilazione del pagamento dei debiti come ultimo tentativo di salvataggio.

L’ARRESTO

Nell’ottobre 1982 il finanziere italo-svizzero e conte Domenico de Morpurgo Varzi, inviò a Fiorini un’ingiunzione di pagamento di più di 10 milioni di franchi. Negli anni ’70 de Morpurgo aveva messo insieme con la sua Banca Commerciale di Lugano un patrimonio enorme e rimase in attività anche dopo il pensionamento. Alla fine degli anni ’80 aveva avuto rapporti d’affari anche con Fiorini che ogni volta l’aveva pagato con azioni Sasea. Quando le quotazioni crollarono, de Morpurgo pretese che Fiorini si riprendesse i titoli senza valore. Dato che Fiorini si sottrasse alla richiesta, gli mandò una sollecitazione a casa. La segretaria di Fiorini si dimenticò di fare opposizione su base legale, ma egli non pagò. Morpurgo Varzi ingaggiò allora un detective privato, il quale scoprì che Fiorini andava regolarmente a Monaco in una villa che al catasto era registrata a nome della sua ex moglie Elena Badaloni. Fiorini non pagava in Svizzera nessuna tassa patrimoniale, incassava un emolumento mensile di 10.000 franchi e abitava a Ginevra in un appartamento di lusso, affittato pure a nome della sua ex moglie, con un canone mensile di 10.000 franchi. Infine il giudice istruttore Jean-Louis Crochet lo accusò di nascondere le proprie entrate al suo creditore e il 22 ottobre lo fece arrestare per frode nel pignoramento. Si dice sia stato il primo arresto per questo crimine nella storia della giustizia svizzera. Dieci giorni dopo il giudice fallimentare di Ginevra attendeva al suo compito. I documenti sequestrati dal giudice istruttore Crochet lo portarono, come già detto, all’ufficio segreto della Seychelles International Bank a Monaco, dove c’era sulla scrivania quel biglietto che per la prima volta smascherò Silvano Larini, rivelando che era intestatario del conto delle tangenti Protezione.

MOLTO LAVORO PER LA GIUSTIZIA

L’affare Sasea, esaminato dalla giustizia ginevrina, divenne uno dei più grandi processi della Svizzera con decine di procedimenti civili e penali di cui era difficile avere una visione d’insieme. All’accusa contro Fiorini per frode in pignoramento e fallimento sconsiderato si aggiunsero denuncie contro numerosi altri responsabili della Sasea, il Crédit Lyonnais e l’ufficio fiduciario KPMG Fides. Alla prima serie degli accusati dal giudice istruttore Crochet appartenevano, oltre a Fiorini, il belga Jean Bellemans, ex sostituto del direttore generale della Sasea, e l’italiano Francesco Freddi, ex direttore finanziario. Il manager svizzero della Sasea Norbert Stadler fu accusato, ma diversamente dagli stranieri Fiorini, Bellemans e Freddi, non fu arrestato. Nel maggio 1993 Crochet mise in stato d’accusa anche gli ex consiglieri d’amministrazione Eric Baudat (40), Rodolphe Rossi e Jean-René Bickart. Baudat e Rossi non furono imprigionati, il francese Bickart fu rilasciato dopo un giorno di carcere preventivo contro una cauzione di un milione di franchi. Fiorini, Baudat, Rossi e Giovanni Pianola erano già stati denunciati nell’ottobre 1992 con procedimento civile dall’associazione a difesa dei creditori danneggiati della Sasea. Nei confronti di Fiorini sporse denuncia per frode anche il Crédit Lyonnais.

IL DIRETTORE DI BANCA PARIGINO PERDE LE STAFFE

A metà del 1993 il Crédit Lyonnais si era costituito parte lesa nel processo contro Fiorini a Ginevra. Rappresentata dal famoso avvocato Dominique Poncet,(41) la banca distribuì a esponenti selezionati della stampa un documento di 62 pagine dal titolo “Il sistema Fiorini”. Vengono qui descritti quattro elementi di questo metodo. Anzitutto Fiorini avrebbe elaborato consapevolmente un sistema di tale complessità, da restare impenetrabile all’osservatore esterno. In secondo luogo egli avrebbe comprato e rivenduto società con la promessa occulta al compratore di riacquistare più tardi la sua partecipazione

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ad un prezzo più alto. Come terzo elemento, avrebbe fatto circolare ininterrottamente attivi e passivi tra le sue innumerevoli società. E da ultimo il perimetro di consolidamento (numero delle società affiliate incluse nel bilancio) della Sasea sarebbe stato variato di continuo arbitrariamente. (42) Ma le cose andarono diversamente da quanto il Crédit Lyonnais aveva sperato. La prima udienza dei rappresentanti del Crédit Lyonnais, tra questi anche il direttore François Gille di Parigi, presso il giudice istruttore Crochet, terminò con l’uscita di Gille, che se ne andò sbattendo la porta. In seguito il rapporto tra Crochet e il Crédit Lyonnais andò sempre peggiorando. L’udienza dell’8 febbraio finì con un colpo di scena. Il piccolo giudice istruttore Crochet di Ginevra indicò la porta al potente direttore generale della banca più grande d’Europa, perché l’aveva definito “Voyou” (farabutto). L’11 febbraio infine Crochet rifiutò alla banca francese lo status di parte civile lesa e accusò François Gille e il suo presidente d’allora, Jean-Yves Haberer, di complicità nella bancarotta della Sasea. A parere di Crochet il Crédit Lyonnais conosceva già dall’estate 1991 il sovraindebitamento della Sasea. Anzi, da quel momento l’istituto avrebbe di fatto dettato legge alla Sasea. Nell’estate 1992 i francesi avrebbero spinto Fiorini a rimandare il fallimento, ormai inevitabile, per acquisire gli ultimi attivi utilizzabili, portando così a passivi più alti nella massa fallimentare. Il giudice istruttore Crochet aveva conferito dunque una svolta drammatica al processo Sasea: da parte lesa il Crédit Lyonnais era diventato il principale imputato. Il prestigioso quotidiano parigino “Le Monde” si schierò a favore del Crédit Lyonnais in un lungo articolo contro l’amministrazione della giustizia a Ginevra. Il giornale espresse l’opinione che la banca francese offrisse ai ginevrini un ideale capro espiatorio straniero, e rivolse alle sue lettrici e lettori, a proposito delle autorità svizzere coinvolte in questo caso, la domanda: “Chi vogliono difendere [gli amministratori della giustizia svizzera]?” (43) Per l’avvocato del Crédit-Lyonnais Dominique Poncet è del tutto incomprensibile che Crochet indaghi contro Fiorini per semplice fallimento, ”mentre si tratta qui di una frode epocale” (44) Il “sistema Fiorini” sarebbe stato finalizzato fin dall’inizio alla truffa sistematica. Poncet chiede che Fiorini sia accusato di bancarotta fraudolenta e non semplice. A parere del Crédit Lyonnais il bilancio della Sasea era stato falsificato dal giugno 1991. Attestava un capitale azionario di 160 milioni e partecipazioni per 1,15 miliardi di franchi, che un anno dopo erano scomparsi senza lasciar traccia. La filiale olandese del Crédit-Lyonnais, la maggior creditrice della Sasea (927 milioni di franchi), sporse anche una denuncia contro la KPMG Fides. La banca esigeva dalla società di revisione, che aveva esaminato i libri contabili della Sasea e li aveva approvati, un risarcimento danni di 360 milioni di franchi.(45) Contro il giudice istruttore Crochet, Poncet fece senza successo una denuncia per parzialità. Egli avrebbe di fatto ripreso gli argomenti del difensore di Fiorini, Marc Bonnant, e non poteva più essere considerato imparziale. In perfetta sintonia con l’articolo su “Le Monde”, la rivista francese “Le Point” scoprì legami indiretti della moglie del giudice istruttore Crochet, pure giurista, con Fiorini. L’avvocato Pierre Sigrist dello studio ginevrino Crochet, Delaunay aveva rappresentato più volte la Seychelles International Bank di Fiorini e le aveva messo a disposizione il suo indirizzo per un atto giuridico. Prima di entrare nello studio di Madame Crochet, Sigrist aveva lavorato per Marc Bonnant, l’avvocato ginevrino e consigliere di Fiorini.(46) Il Crédit Lyonnais dubitava anche dell’imparzialità di Auer,l’esperto di bilanci convocato da Crochet. Il suo ufficio era stato presieduto per un certo tempo da Nicolas Peyrot, socio dell’avvocato di Fiorini Marc Bonnant. ”Le Monde” e la “Tribune de Genéve” sostennnero le proprie tesi. Il quotidiano di Ginevra si schierò dalla parte di Crochet e informò sugli ostacoli frapposti al suo lavoro dall’autorità giudiziaria francese. A questa Crochet avrebbe richiesto la pubblicazione di un importante documento, trovato nel corso di una perquisizione domiciliare nella sede principale di Parigi. Una donna giudice parigina avrebbe rifiutato il permesso. La “Tribune” si chiedeva se il governo francese non volesse proteggere la banca statale Crédit Lyonnais nei confronti della Giustizia ginevrina.(47) Per il Crédit Lyonnais era in gioco moltissimo. Se alla banca fosse stata riconosciuta una colpa concorrente, avrebbe dovuto aspettarsi denunce da parte degli altri creditori, soprattutto degli investitori che avevano sottoscritto prestiti convertibili. Con Fiorini e la Sasea non era più possibile recuperare. Ma se si fosse arrivati all’accusa di responsabilità penale contro il Crédit Lyonnais, sarebbero cresciute le chances di rivedere

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una parte del denaro. Ai 927 milioni di franchi già perduti avrebbero potuto aggiungersi ancora alcune centinaia di milioni. Complessivamente le perdite creditizie del Crédit Lyonnais con la Sasea e con il disastro della MGM furono valutate da una commissione d’indagine del parlamento francese, a più di quattro miliardi di franchi. La commissione presentò all’istituto statale una documentazione catastrofica e rimproverò al suo presidente Jean-Yves Haberer pacchiani errori di management. Oltre che con Sasea/MGM il Crédit Lyonnais mandò in fumo parecchi miliardi di franchi anche con il gruppo britannico Maxwell e con il gruppo immobiliare canadese Olympia & York.(48)

CHI E’ IL RESPONSABILE ?

Dal 1985 al 1992 presidenti e membri del consiglio di amministrazione si successero continuamente. Fu responsabilità di Nello Celio (presidente del Consiglio di amministrazione fino ad ottobre 1989)? O di Eric Baudat (presidente fino ad ottobre 1991),famoso avvocato d’affari di Losanna e vicepresidente della KPMG Fides, società di revisione della Sasea? O dell’avvocato d’affari ticinese Giovanni Gianola (49)(presidente della Sasea fino a febbraio 1992)? O di Rodolphe Rossi, ultimo presidente della Sasea ? Tra i numerosi “turisti” che per un periodo più o meno lungo fecero parte del consiglio di amministrazione basti ricordare qui l’ex consigliere nazionale di Neuenburg ed ex presidente del partito liberale svizzero, Yann Richter. O Michel Crippa, ex-Esso,ex-SBB,ex Kuoni e più tardi presidente dell’associazione per i veicoli commerciali Astag. Inoltre, il plurimilionario francese Jean-René Bickart, l’avvocato Peter Duft di Zurigo, condannato a Milano in prima istanza nel procedimento collaterale della bancarotta dell’Ambrosiano e l’imputato Charles Poncet di Ginevra. (50) Oltre a Fiorini solo tre consiglieri d’amministrazione sono stati incriminati a Ginevra per il loro ruolo nella bancarotta della Sasea, e precisamente: Eric Baudat, Jean-René Bickart e Rodolphe Rossi. All’inizio del 1996 tutti e tre i processi non erano stati ancora tenuti esattamente come i procedimenti contro i manager Francesco Freddi e Jean Bellemans. La giustizia francese invece ha condannato Rodolphe Rossi all’inizio di gennaio 1996 a tre anni di prigione e ad una pena pecuniaria di FF 500.000. Rossi era stato dapprima direttore, più tardi direttore generale (dall’ottobre 1988), poi consigliere d’amministrazione (da dicembre 1990) e, infine, dal febbraio 1992 fino al fallimento, presidente della Sasea. Un tribunale di Parigi lo riconobbe colpevole in prima istanza di tentata frode. Rossi, marito di Madeleine Rossi, ex presidentessa della città di Ginevra, era allora latitante. Il tribunale decise perciò di mantenere l’ordine di arresto internazionale. Inoltre il tribunale parigino di prima istanza condannò due manager delle ex affiliate francesi della Sasea, Reca e Sointra, a pene detentive rispettivamente di 30 e 23 mesi e a pene pecuniarie di FF 500.000 e FF 250.000. Ad entrambi venne inoltre vietato dirigere un’impresa nei tre anni successivi.(51)

Note:

1) La Sasea era stata fondata nel 1896 dal Vaticano per la commercializzazione di prodotti agrari. Era proprietaria di grandi vigneti in Toscana e aveva possedimenti fondiari in Sudamerica. Nel decennio tra il 1970 e il 1980 di questo secolo, la maggioranza delle azioni fu acquisita per vie oscure dal gruppo Winefood italiano, che era una parte della Texon illegale, la società finanziaria clandestina notoriamente malfamata all'interno della filiale della Kreditanstalt di Chiasso. Dopo il grande scandalo del 1977, la SKA avrebbe chiuso la Texon. Alla fine del 1984 la SKA vendette la Sasea alla Transmarine Holding del Lussemburgo, controllata da Fiorini e da un gruppo internazionale di investitori. Il Vaticano mantenne una partecipazione di minoranza, gestita dalla sua società finanziaria APSA. Uomo dell'APSA nel consiglio d'amministrazione della Sasea era André Curiger, direttore della filiale zurighese del Crédit Commerciale de France.

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2) "Neue Zuercher Zeitung", 18.2.93

3) Oltre a Fiorini sono state messe in stato di accusa a Ginevra altre persone, precisamente i due ex manager della Sasea, il belga Jean Bellemans e l'italiano Francesco Freddi. Inoltre i tre consiglieri d'amministrazione Rodolphe Rossi, Eric Baudat e Jean-René Bickart. Nell'estate 1996 il loro processo non si era ancora tenuto. Anche a Milano e a Parigi si ebbero processi penali riguardanti la Sasea: a Parigi contro Rodolphe Rossi e due manager della Sasea-France, a Milano contro 40 imputati, tra cui i tre dirigenti dell'Assicurazione di Basilea Luzius Gloor, Ueli Vischer e Bruno Dallo (vedi p.339 segg.)

4) "Neue Zürcher Zeitung", 29.6.95

5) La filiale olandese del Crédit Lyonnais francese ha denunciato più tardi, mediante i suoi avvocati Vincent Solari e Dominique Poncet, la responsabilità di Fides e Fiorini.

6) "Neue Zürcher Zeitung", 27.6.95

7) "Wall Street Journal Europe", 15.5.94

8) Fiorini, Florio: 'Ricordati da lontano.' Milano 1993, p.77 (vedi cap.6)

9) Come reazione allo scandalo Lockheed gli USA emanarono sotto il presidente Carter una legge antitangenti, il Foreign Corrupt Practices Act, che negli USA prevede una pena anche per la corruzione di funzionari stranieri all'estero.

10) Alla fine del 1993 la Banque Bruxelles Lambert aveva approssimativamente 11.000 dipendenti in circa 1.000 filiali ed un importo di bilancio che toccava i 90 miliardi di franchi. A livello internazionale la BBL fece parlare di sè come azionista principale della Investmentbank Drexel Burnham Lambert di New York, fallita agli inizi degli anni '90, il cui presidente, l'inventore del bond spazzatura Ivan Boesky, era stato condannato ad una pena carceraria pluriennale. I Grandi azionisti (dopo il ritiro dei Lefebre) sono il Groupe Bruxelles Lambert GBL, il gruppo ING (Amsterdam), l'assicurazione Royale Belge (Bruxelles), il gruppo Crédit Communal (Bruxelles) e l'assicurazione Winterthur. Determinante in questo illustre contesto è la GBL dell'ex re belga dell'acciaio Albert Frère, che più tardi si è spostata nel settore dei media (Compagnie Luxembourgeoise de Télédiffusion, CLT). La GLB è una subholding della Pargesa Holding di Ginevra, fondata nel 1981 dopo la vittoria elettorale socialista in Francia, per salvare l'affiliata svizzera del gruppo Paribas in vista dell'ondata di nazionalizzazioni di Mitterand. Essa è controllata dalle famiglie Desmarais (Montreal, Power Corp. Canada) e da Albert Frère. Le altre due subholding Pargesa sono la svizzera Orior e la francese Parfinanace.

11) "Wall Street Journal Europe", 2.11.93

12) D'Aubert, Francois: ’L'Argent Sale. Enquete sur un Krach Rètentissent’. Parigi 1992

13) D'Aubert, Francois: Proposition de Rèsolution No 2740. Assemblé Nationale, 26.5.92, p.11

14) ''Eurobusiness'', Nov. 93.

15) D'Aubert, Francois: Proposition de Résolution No 2740. Assemblée Nationale, 26.5.92, p.23

16) Uomo della Sasea è considerato agli inizi anche il finanziere zurighese residente in Inghilterra Hans

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Willi, che divenne più tardi presidente della Sasea-Trading, un'affiliata della Sasea con un capitale azionario di 10 milioni di franchi. E non meno il ricchissimo olandese Frederik Fentener Van Vlissingen, il finanziere austriaco Karl Kahane, nel frattempo morto, la famiglia svedese Gyllenhammer (Volvo) e il barone Heinrich von Thyssen Bornemisza. ("Le Nouveau Quotidien", 18.2.92)

17) Celio, dopo essersi ritirato dal consiglio federale, si era arricchito il vitalizio con numerosi incarichi in consigli di amministrazione. Era presidente della Banque Atlantis a Ginevra e della Banca Commerciale (Lugano). Inoltre faceva parte del consiglio di amministrazione della Dresdner Bank (Svizzera) e di una buona dozzina di società più piccole. Celio era anche presidente della Société Hotelière d'Investissements (SHI), di cui la Sasea possedeva il 40%. Inoltre era azionista alla Firsec, che possedeva l'altro 60% della SHI. La Firsec apparteneva all'impero dell'iraniano Farhad Baktiar attivo a Ginevra, cugino del leader dell'opposizione iraniana, poi assassinato, Shapour Baktiar. Farhad Baktiar fu arrestato nel maggio 1992 per frode in pignoramento in relazione al fallimento di due sue società.

18) Rossi, classe 1919, aveva combattuto nella seconda guerra mondiale con la resistenza francese contro gli occupanti tedeschi e più tardi oscillò tra attività commerciali e attività legate ai servizi segreti nel Laos e in Asia sudorientale, prima di venire a Ginevra.

19) Fiorini, Florio: 'Ricordati da lontano'. Milano 1993, p.127

20) La SI Bank fu fondata nel 1985 dall'italiano Giovanni Mario Ricci per la Sasea come banca offshore. Ricci fu condannato in Italia per fallimento fraudolento e in Svizzera per aver messo in circolazione banconote di dollari falsi. Alle Seychelles divenne uomo di fiducia del putschista Albert René, che nel 1987 aveva fatto cadere James Manchham, il presidente dello stato insulare resosi indipendente solo un anno prima. René nazionalizzò anche la Shell, che cambiò nome in Seychelles National Oil Company, la quale a sua volta insieme con la Sasea fondò la Mahe Bunkering Company Ltd. La Sasea aveva anche partecipazioni alle due società petrolifere: la Seychelles International Oil e la International Oil Services. Dopo il fallimento di un putsch del ministro della difesa Ogilvy Berlouis contro Albert René, Ricci, che nel frattempo era passato alla corrente di Berlouis, andò in Sudafrica, dove si impegnò anche per aggirare l'embargo d'allora nei confronti di questo stato. La SI Bank fu cancellata dal registro delle società, ma continuò ad esistere ,dopo aver trasferito la sede alle isole Samoa, e servì a Fiorini e a Parretti tra l'altro come strumento per l'acquisizione della Metro Goldwyn Mayer.

21) "Eurobusiness", Nov. 93.

22) Alcuni dei piccoli investitori danneggiati fondarono a Zurigo nell' autunno 1992 un'associazione di protezione. Secondo l'avvocato di Zurigo Markus Winkler, portavoce di questa, egli rappresentava circa 130 possessori di obbligazioni Sasea per un valore di circa 40 milioni di franchi. Winkler fece parlare di sè per diverse denunce sporte per fallimento fraudolento. Denunciò Florio Fiorini, l'ex manager della Sasea e consigliere d'amministrazione Rodolphe Rossi, l'ultimo presidente della Sasea Giovanni Gianola, la Transmarine Holding di Fiorini a Curacao, l' ufficio fiduciario KPMG Fides a Losanna e la banca SG Warburg Soditic (Ginevra). Fu presa in considerazione anche una denuncia contro il Crédit Lyonnais. ("Le Nouveau Quotidien", 18.2.93)

23) "La Repubblica", 8.7.94

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24) "La Repubblica", 18.5.94

25) "Corriere della Sera", 20.5. 94

26) D' Aubert, Francois: Proposition de Résolution No 2740. Assemblée Nationale, 26.5.92, p. 35

27) Liquidatori della Gatoil divennero Dominique Grosbery e Alain Winkelmann della filiale ginevrina della ATAG Ernst & Young. Tre anni dopo furono chiamati anche come liquidatori della Sasea.

28) Dopo essere stato cacciato dall'ENI, Fiorini aveva lavorato qualche tempo come consulente per Ghattas, che gli deve aver prestato anche 1,5 milioni di dollari per il suo personale investimento nella Sasea ("Wall Street Journal Europe", 19.5.94). Questa versione è in ogni caso contestata. Altri suppongono che egli abbia tratto la sua partecipazione al capitale da quei fondi che sono scomparsi senza traccia poco prima della bancarotta dell'Ambrosiano (d'Aubert, Francois: Proposition de Résolution No 2740. Assemblée Nationale, 26.5.92,p.46)

29) Negli anni successivi il gruppo petrolifero Oilinvest cercò di liberarsi come società madre della Tamoil dalle tracce dell'origine libica. Presumibilmente dal 1994 un gruppo di investitori europei possiede il 55 % e la Libia il 45 % della Oilinvest. Fanno parte del gruppo europeo l'italiana Armani (combustibili), Montanari (navigazione marittima), Triboldi (depositi), l'olandese Van Vingaarden e il proprietario tedesco di distributori di benzina Joern Eggert. Se si tratti di una pseudo europeizzazione per aggirare l'embargo delle Nazioni Unite contro la Libia è cosa di cui si discute. Il fatturato complessivo della Oilinvest. con tre raffinerie a Cremona, Collombey e Amburgo e 3.000 distributori di benzina in giro per l’Europa, ammontava nel 1993 a circa 5 miliardi di dollari. In Svizzera l'affiliata della Oil-Invest Tamoil ha investito dall'inizio degli anni '90 più di 250 milioni di franchi nella modernizzazione della raffineria Collombey ed è stata per un certo periodo lo sponsor del club calcistico FC Sion.

30) "Corriere del Ticino", 13.7.92

31) Gli investitori ritenevano di poter riconoscere una linea diretta che portava dalla campagna diffamatoria della stampa di De Benedetti, a metà degli anni '80, alla vendita alla Sasea degli immobili-Europrogrammi, che in effetti sarebbe stata una vendita a De Benedetti. La filiale della Sasea REH avrebbe acquisito gli Europrogrammi, valutati un miliardo, al prezzo stracciato di 850 milioni di franchi, insieme con la Lasa, società di De Benedetti. Inoltre la holding familiare di quest’ultimo, la CIR International, si sarebbe resa garante nei confronti della Sasea per un credito di 275 milioni di franchi della SBG di Ginevra, che Fiorini usò per l’acquisto.In cambio, le società di De Benedetti avrebbero incassato da Fiorini 35 milioni di franchi.

32) ”Panorama”, 21.11.93

33) Ivi

34) ”Corriere del Ticino”, 13.7.92

35) Il nuovo presidente del Crédit Lyonnais Jean Yves Haberer, nominato dal governo Mitterrand, comprò a metà degli anni ’80 la Slavenburg Bank olandese e ne fece una filiale del Crédit Lyonnais. La Slavenburg era specializzata in finanziamenti cinematografici e TV e procurò più tardi alla banca statale francese perdite per miliardi.

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36) Dettaglio marginale: una delle circa 300 filiali della Sasea era una società offshore di nome Fininvest International. L’avrebbe fondata Fiorini per creare confusione, essendo scambiata con la Fininvest di Berlusconi.(“Eurobusiness”, Nov.93).

37) ”Wall Street Journal Europe”, 2. 8.94

38) Nel 1994 i Lefebres erano finanziarmente in cattive acque. Dopo il ritiro dalla Sasea avevano collocato la BBL, il loro fiore all’occhiello, attraverso la holding lussemburghese Eurobelege e la loro holding milanese Unipar, nel gruppo di investitori italiani Cameli. Cercarono poi senza successo, insieme con la grande banca olandese ING, di escludere la GBL del finanziere belga Albert Frère, principale azionista della BBL. Alcuni, tra questi la Schweizerische Kreditanstalt, hanno sporto denuncia contro i Lefebre, padre e figlio. (“Il Mondo”, 17./24.1.94).

39) “Le Nouveau Quotidien”, 15.5.93

40) Altri mandati di consiglio d’amministrazione di Eric Baudat: BLP Banque lausannoise de portefeuilles (Lausanne); Clinique Chirurgicale et Permanence de Longeraie SA (Lausanne); Cuf Finance SA (Genève); Elysée management SA (Lausanne); Fondation Verdan Claude (Lausanne); Fonds de prévoyance en faveur du personnel de la Clinique Chirurgicale (Lausanne); Le Foyer Universitaire (Dorigny); Marger SA (Fribourg); Securinvest Holding SA (Freiburg); Bank Leu AG (Zuerich); Evansil SA (Fribourg); Régie de la Riviera SA (Montreux); Bondpartners SA (Lausanne); Crédit Suisse Fides Trust AG (Zuerich); Lipha Pharma AG (Dietikon); LO Holding Lausanne-Ouchy SA (Lausanne); Navelink SA (Lausanne); Sonotel Ouchy SA (Lausanne); Bonnard & Gardel ingénieurs-conseils SA (Lausanne); Compagnie de commerce et d’échange Codeco SA (Ecublens); SSGI Kramer SA (Genève) 11); AG Luftseilbahn Corviglia-Piz Nair (LCPN; St.Moritz); Partecipazioni: Geparco Holding SA (Ginevra); nel management di: Coopers & Lybrand SA (Pully); Immobilienstiftung Schweizerischer Pensionskassen(Fondazione Immobiliare delle casse pensione svizzere) (Basilea); Patronaler Finanzierungsfonds der Zuerich Versicherungsgesellschaft(Fondo di finanziamento Patronale della società d’assicurazione di Zurigo) (Zurigo). (Fonte: Orell Fuessli/Teledata: Die Schweizer Wirtschafts-CD-ROM.Version 1996/1, giorno di Scadenza: 1.8.95)

41) Dominique Poncet era professore di diritto penale all’Università di Ginevra e fu rappresentante legale di Licio Gelli in Svizzera. E’ il fratello dell’avvocato Charles Poncet, che per un certo tempo fece parte del consiglio di amministrazione della Sasea e a Milano era implicato in un procedimento collaterale dello scandalo del Banco Ambrosiano. Dominique Poncet difese anche lo spagnolo Mario Conde, ex presidente della grande banca spagnola Banesto, accusato di corruzione a Madrid. La Giustizia spagnola supponeva che con il denaro, di cui si era appropriato indebitamente, Conde avesse creato a Losanna la Kaneko Holding e l’avesse fatta amministrare dall’avvocato Paolo Gallone. Nel corso di un interrogatorio condotto da giudici istruttori spagnoli a Losanna, Gallone spiegò che la Kaneko era appartenuta a Conde.In seguito a ciò Poncet, l’avvocato di Conde, contestò la validità della dichiarazione di Gallone e ipotizzò un procedimento disciplinare contro Gallone presso l’associazione degli avvocati del Vaud.(“El Pais», 7.2.96)

42) “Eurobusiness”,Nov.93

43) ”Le Monde”,24.2. 94

44) Ivi

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45) ”Le Nouveau Quotidien”,27.3.93

46) »Sonntagszeitung »,27.2.94

47) »Tribune de Genève »,3.3.94

48) »Neue Zuercher Zeitung », 13.7.94

49) Gianola è tra gli avvocati ticinesi più qualificati e fa parte tra l’altro del consiglio di amministrazione della Fardafin (Lugano). Sono consiglieri insieme a lui Elio Fiscalini, ex presidente della Fimo,l’ex consigliere comunale Ugo Sadis, ex procuratore di stato e più tardi consigliere d’amministrazione della banca Albis/Adams, affiliata della Fimo.

50) Vedi a questo proposito p.276 segg. e 279 segg.

51) ”Neue Zürcher Zeitung”, 18.1.96

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16 IL RE DELL’OFFSHORE TITO TETTAMANTI

Tito Tettamanti non è il finanziere ticinese più ricco, ma di sicuro il più importante.(1) A nessun altro del mondo finanziario di Lugano è riuscito di arrivare a Wall Street. Nacque nel 1930 dietro la stazione ferroviaria di Lugano come figlio di un impiegato di banca, quando il Ticino era considerato ancora l’ospizio per poveri della Svizzera. Dopo la guerra frequentò la scuola commerciale di Bellinzona, studiò quindi legge a Berna e a soli 23 anni ottenne la laurea magna cum laude. Dopo due anni di praticantato presso un ufficio d’avvocato a Lugano conseguì la licenza di notaio e di avvocato e cominciò una carriera politica molto rapida come membro del partito cristiano-democratico (CVP). Nel 1955 era il più giovane gran consigliere ticinese, e nel febbraio 1959 gli elettori lo scelsero a soli 29 anni quale presidente del dipartimento di giustizia e polizia nell’esecutivo ticinese. Ma non a lungo: già nel luglio 1960 dovette dare le dimissioni. Aveva infatti ridotto ad un impresario edile amico una multa per evasione di tasse fisse sui profitti per la vendita di un bene immobile, da 90.000 a 10.000 franchi, senza base giuridica adeguata. Con voce piagnucolosa, richiamandosi alla sua infanzia triste e a tutta una serie di anni senza vacanze, avrebbe chiesto scusa ai colleghi di governo, come riportò allora il corrispondente ticinese del “Tagesanzeiger”.(2) Chiuse il suo discorso ufficiale di difesa davanti al gran consiglio con le parole profetiche: Se cado, ciò avverrà in piedi! Gli avversari politici a capo dei quali era il liberale Franco Masoni, non accettarono le scuse. Quando Tettamanti due giorni dopo diede le dimissioni, si parlò di fine improvvisa di una brillante carriera. Era invece l’inizio. Solo alcune settimane dopo, il giovane politico caduto in piedi fondò con il suo collega avvocato, appartenente alla stessa CVP, Giangiorgio Spiess, più tardi consigliere comunale di Lugano (assemblea legislativa) lo studio notarile Tettamanti & Spiess. Quattro mesi più tardi, il 10 novembre 1960, Tettamanti fece iscrivere la Fidinam SA Fiduciaria d’Investimenti e amministrazioni nel Registro di Commercio. Il capitale della società ammontava a un milione di franchi, cifra rilevante per quegli anni. Presidente era il ticinese Sergio Mordasini. Tettamanti fungeva da delegato del consiglio di amministrazione, dello stesso consiglio facevano parte anche Albert Salathé di Basilea (direttore della società finanziaria Indelec di Basilea, un’affiliata del Bankverein) e il politico cristiano-democratico di Friburgo, notaio Jean François Bourgknecht. Che la Fidinam fosse orientata fin dall’inizio a fare affari con l’ Italia, lo rivela l’importante rappresentanza di professionisti italiani nei quadri della nuova società fiduciaria. Direttore era l’italiano Fausto Ortelli, tra i diversi vicedirettori c’erano le italiane e gli italiani Romana Milesi, Giorgio Antonimi e Antonio Nespeca e le ticinesi e i ticinesi Ina Piattini, Diego Lissi e l’ex funzionario delle imposte Renato Zocchi. Anche il socio di Tettamanti Giangiorgio Spiess firmava allora come direttore della Fidinam. La ”Signorina” Piattini, come si chiamava ancora nei documenti ufficiali, fece una carriera in rapida ascesa all’ombra di Tettamanti e negli anni ’90 era come direttrice generale della holding Fidinam, una delle poche donne in posizione guida sulla piazza finanziaria di Lugano. Il predecessore della Piattini nell’ufficio di direttore generale, Diego Lissi, si separò invece nel 1985 da Tettamanti e fondò un proprio studio d’avvocato. Motivo dell’allontanamento furono secondo la rivista economica “Bilanz” i confini fluidi tra gli affari della Fidinam e gli affari privati di Tettamanti (3). Lissi stesso non si pronunciò su quest’ipotesi. Insieme ad altri direttori della Fidinam Lissi avrebbe allora protestato per il fatto che un singolo azionista, che esegue operazioni fiduciarie e d’investimento indipendenti, controlli una società fiduciaria che investe e amministra il denaro di terzi.

L’ASSE D’ORO LUGANO-VADUZ

Negli anni ’60 la Fidinam servì soprattutto da strumento d’investimento per i fondi fiduciari che provenivano dall’Italia. A questo proposito ebbe un ruolo importante il principato del Liechtenstein.(4) Dall’inizio degli anni ’60 la Fidinam fondò in rapida successione nel piccolo paese innumerevoli discreti istituti finanziari, per uso proprio o per rivenderli.Come esempio basti citare la Administra Handels Anstalt (Schaan), creata nel 1963. Nel suo consiglio di amministrazione figuravano oltre al già

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nominato uomo di fiducia Alfred Hasler di Vaduz anche i dirigenti della Fidinam Romana Milesi, Ina Piattini, Giorgio Antonimi e Diego Lissi.(5) Un altro esempio: il 26 gennaio 1961 Tettamanti fondò a Triesen nel Liechtenstein insieme con l’allora direttore della Banca del Gottardo, Fernando Garzoni, e il farmacista di Vaduz Alfred Hasler (6) la Bremo Establishment. Fernando Garzoni era il braccio destro svizzero del presidente dell’Ambrosiano Roberto Calvi e gestiva in Svizzera e Liechtenstein la sua struttura finanziaria occulta. Calvi lavorava insieme al banchiere della mafia Michele Sindona e al corrotto presidente della banca vaticana IOR, l’arcivescovo Paul Casimir Marcinkus (notizie più dettagliate sul tema nel cap.12 di questo libro). In seguito l’asse Italia-Lugano-Liechtenstein divenne la spina dorsale del lucrativo settore d’attività della Fidinam, che si prodigava a indirizzare fondi dall’Italia in Svizzera. Una parte di questo denaro fu investito fuori della Svizzera, una parte in beni immobili svizzeri, fatto che che fece della Fidinam nel corso degli anni la maggiore amministratrice di beni immobiliari del Ticino. Nel corso dei suoi affari offshore Tettamanti fece conoscenza anche del lussemburghese Francis Hoogewerf, di cui si è parlato nel cap.4. Nel 1973 Tettamanti lo portò nel consiglio di amministrazione della filiale lussemburghese della Fidinam.(7) Durante i primi 15 anni di questa società l’opinione pubblica svizzera venne poco o niente a conoscenza di dettagli sulla sua clientela e i suoi affari. L’atmosfera di quegli anni era molto discreta, perfino le grandi banche svizzere fino all’inizio degli anni ’70 non mettevano a disposizione della stampa i loro rendiconti annuali. Anche le progressivi acquisizioni di Tettamanti alla Banca della Svizzera Italiana (BSI), iniziate alla fine degli anni ’60, furono scoperte dai media solo molti anni più tardi.

LA BANCA REGIONALE BSI

La BSI,fondata nel 1873, è la banca più antica del Ticino dopo alcune Casse di Risparmio e la Banca Cantonale. L’istituto fu creato a suo tempo con capitale proveniente da Milano e dagli ambienti delle banche private di Basilea. La sua storia è strettamente intrecciata con l’industrializzazione del commercio e del turismo in Ticino e nella regione confinante di Como-Varese. In qualità di cofinanziatrice della società italiana Edison, la BSI finanziò negli anni ‘90 dell’ 800 anche il primo tram elettrico di Milano. Fino alla seconda guerra mondiale la BSI continuò a svilupparsi, divenendo la più grande banca commerciale del Ticino. Dal 1935 ebbe anche una filiale per operazioni in borsa a Zurigo. L’azionista principale della BSI dopo la seconda guerra mondiale fu la Banca Commerciale Italiana (Comit), il cui uomo di punta Raffaele Mattioli fu per lunghi anni vicedirettore della BSI. La Comit apparteneva allora alla holding statale IRI, diretta dal Ministero del Tesoro di Roma. Il secondo maggior azionista della BSI era il Santo Padre a Roma. Rappresentante del papa nel consiglio di amministrazione era il leggendario ingegnere Bernardino Nogara, che aveva riorganizzato le finanze vaticane dopo i patti lateranensi e fino alla fine degli anni ’50 le aveva incrementate con successo. Faceva inoltre parte del consiglio di amministrazione della BSI Alfredo Hirs di Zollikon. Quando i due grandi vecchi Mattioli e Nogara alla fine degli anni ’50 si misero a riposo, la BSI mancò all’inizio degli anni ’60 l’occasione dell’aggancio al mercato in crescita del business ticinese con l’Italia, vale a dire la fuga di capitali e si trovò in una posizione sempre più svantaggiosa. (8) Superstar del business con l’estero della piazza finanziaria di Milano era il Banco Ambrosiano, sotto la guida del manager Roberto Calvi, che aveva appena fondata la filiale svizzera Banca del Gottardo. A questo punto Tettamanti cominciò a far incetta a poco a poco di azioni a buon prezzo della BSI che allora in Ticino e a Milano venivano trattate fuori borsa. Grazie al “miracolo economico” nel Norditalia anche la malconcia BSI riprese dagli inizi degli anni ’70 ad andare bene. Nel 1971 comprò la Adler Bank di Basilea, nel 1973 aprì una filiale a Saint Moritz. Si espanse anche all’estero. A Guernsey sorse la Swiss Italian Ltd., a Nassau (Bahamas) la Swiss Italian Banking Co. Ltd. e a New York la Swiss Italian Securities. Forza propulsiva di questa espansione era Enrico Bragiotti, nuovo uomo di punta della Comit di Milano. Nel 1973 la quota di bilancio della BSI crebbe del 25%, raggiungendo 1,8 miliardi di franchi con un guadagno netto di 16 milioni di franchi e un organico di 560 persone. Con ciò la BSI entrò a far parte,

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insieme alla Bank Leu, delle più grandi banche commerciali in Svizzera dopo le tre grandi banche.(9) Cosa che allora solo gli iniziati sapevano: il partner junior di Bragiotti alla BSI era Tettamanti, che nel frattempo si era assicurato circa il 10 % del capitale.(10) Questo rapporto divenne visibile solo nel 1974 quando il politico di Buenden Ettore Tenchio (allora presidente della Società radiofonica e televisiva svizzera), uomo di fiducia di Tettamanti, fu eletto presidente della BSI. In seguito la BSI si ingrandì rapidamente sotto la guida del suo nuovo delegato di consiglio d’amministrazione Gianfranco Antognini. Nella Svizzera occidentale venne acquisita la Banque Romande con 200 dipendenti e filiali a Ginevra, Losanna, Yverdon e Martigny. Inoltre Bragiotti portò nel portafogli della BSI la partecipazione Comit dell’ 8% al broker di borsa di New York, Lehman Brothers, e una partecipazione ad una banca di Parigi. A Montecarlo il presidente della BSI Gianfranco Antonimi fondò per il direttore della Comit Bragiotti, la Compagnie Monégasque de Banque, del cui consiglio di amministrazione faceva parte anche George Ball di Lehmann Brothers, un ex sottosegretario di stato del governo statunitense. In Lussemburgo la BSI fondò la società finanziaria Milano Internazionale, che più tardi cambiò il nome in Cofi.(11) Nel 1977 infine la BSI partecipò al capitale della Fidinam, nel cui consiglio d’amministrazione entrò il delegato Antognini. Con ciò si chiudeva un cerchio: la filiale della Comit BSI, dove Tettamanti era il più importante azionista di minoranza, partecipava alla Fidinam di Tito.(12)

LA BANCAROTTA DELLA WEISSKREDIT

Il primo marzo 1977 la commissione delle banche dispose la chiusura della banca Weisskredit di Lugano e delle sue filiali a Zurigo e a Chiasso. Il direttore generale della Weisskredit Rolando Zoppi fu arrestato e rimase in carcerazione preventiva più di due anni. Suo padre Elvio, fondatore della Weisskredit e presidente del consiglio di amministrazione, si sottrasse all’arresto fuggendo in Italia, mentre il consigliere d’amministrazione Renzo di Piramo sparì nelle Filippine. La Weisskredit aveva 150 dipendenti. L’aveva fondata nel 1949 appunto l’ex montatore della BBC Elvio Zoppi, che nel 1949 insieme con Emilio Weiss aveva trasformato in una piccola banca lo spazio riservato al cambio delle merci del suo negozio di verdura a Chiasso. La clientela principale era costituita da italiani tra i quali anche lavoratori italiani in Svizzera. Negli anni ’60 entrò nell’attività l’ambizioso figlio di Elvio Rolando e la banca cominciò ad estendersi. Rolando aprì uffici a Milano, Colonia (13), Buenos Aires, Montevideo e Santiago del Cile. Nel 1965 la Weisskredit incaricò l’ufficio fiduciario Fidinam di fondare un istituto in Liechtenstein. L’uomo di fiducia della Fidinam a Vaduz, il farmacista Alfred Hasler, creò a Schaan la Finanz und Vertrauens Handels Anstalt (FVA). Del consiglio di amministrazione facevano parte Hasler stesso, Elvio e Rolando Zoppi e anche Giangiorgio Spiess, socio di studio di Tettamanti e direttore della Fidinam. In seguito la società di comodo FVA a Schaan, amministrata formalmente dalla Fidinam, fu svuotata da Hasler: gli uffici veri e propri erano a Chiasso presso la Weisskredit. Per più di dieci anni tutto andò bene, la FVA divenne “banca nella banca” della Weisskredit, dove i denari potevano sparire in maniera discreta e senza pagare tasse preventive. Poi si ebbe un crollo improvviso. Gli affari in cui la FVA aveva investito i fondi dei suoi clienti, andarono a monte uno dopo l’altro. Infine l’istituto, dotato di un capitale proprio di 20 000 franchi, dichiarò una perdita accumulata di 220 milioni di franchi. I clienti persero la fiducia e pretesero la restituzione del loro denaro. All’inizio del 1977 gli Zoppi richiesero a Vaduz una dilazione di pagamento, qualche tempo dopo il tribunale del principato dichiarò il fallimento della FVA. Immediatamente la commissione della banche tolse alla Weisskredit la licenza bancaria e chiuse le sedi di Chiasso, Lugano e Zurigo. Lo scandalo produsse un certo scalpore sui media, ma qualche mese dopo ne scoppiò uno simile, di proporzioni molto maggiori, con l’istituto Texon, filiale della Keditanstalt di Chiasso. Anche il direttore della SKA Kuhrmeier aveva usato la sua Texon in Liechtenstein per investimenti finanziari, esenti da tasse, soprattutto di clienti italiani ed era incappato con queste operazioni nel vortice fatale della crisi economica mondiale. Il processo contro la Weisskredit ebbe luogo a Lugano nel febbraio

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1979. Accusatore era il procuratore di stato Paolo Bernasconi, principale capo d’accusa: frode professionale ai danni dei clienti dell’istituto per 223 milioni di franchi. Il procuratore Paolo Bernasconi criticò la Weisskredit perché con un istituto del Liechtenstein attirava denaro e partecipazioni nella zona grigia dell'anonimità. Il consiglio d’amministrazione della FVA avrebbe avuto una semplice funzione di copertura, il suo compito principale sarebbe consistito nel distogliere lo sguardo e non preoccuparsi dell’andamento degli affari.(14) Mentre la FVA già dal 1972, secondo Bernasconi, non era liquida, il difensore di Renato Zoppi contestò qualsiasi gestione disonesta degli affari e definì responsabile delle perdite solo la crisi economica, iniziatasi nel 1975. La sezione penale ticinese si conformò allora ampiamente alle richieste di Bernasconi e condannò Rolando Zoppi e Renzo di Piramo a cinque anni di prigione l’uno, Elvio Zoppi a quattro anni e il direttore Reto Kessler ad un anno con la condizionale.(15) Al direttore della Fidinam Spiess fu inflitta una pena pecuniaria di 12.000 franchi più le spese per avere contravvenuto alla legge delle banche e alle norme per la protezione della valuta. Sotto giuramento aveva fatto mettere a protocollo, nell’aula del tribunale, di non aver saputo nulla del tipo e del volume degli investimenti eseguiti dalla FVA e di aver appreso con sua estrema sorpresa della situazione deficitaria dell’istituto solo un giorno prima del crollo.(16) Anche l’effettiva sede amministrativa della FVA gli sarebbe stata sempre ignota, la Fidinam non avrebbe rappresentato più che una sede formale. Non poteva nutrire sospetti, perché la Fidinam curava “più di 100 altri istituti del genere domiciliati in Liechtenstein “, mediante i quali banche svizzere e istituti finanziari “concludono legalmente certi affari fuori della Svizzera”(17). Quale testimone a discolpa di Spiess si presentò il suo socio di studio e collega della Fidinam Tettamanti.(18) A seguito della pena pecuniaria Spiess dovette lasciare la Fidinam e si concentrò sull’attività dello studio legale Tettamanti & Spiess. Lo studio si ingrandì e ai tempi migliori contava più di due dozzine di collaboratrici e collaboratori.(19)

A MONTECARLO! A MONTECARLO!

Mentre la Giustizia ticinese ebbe bisogno di due anni per processare i responsabili dello scandalo Weisskredit, Tettamanti non temporeggiò. Pochi mesi dopo lo scoppio dello scandalo, trasferì la residenza a Cap Ferrat in Costa Azzurra e aprì nella vicina Montecarlo una nuova filiale, che già dopo breve tempo dava lavoro a circa tre dozzine di persone. Qui Tettamanti aveva buone conoscenze: il suo socio lussemburghese Francis Hoogewerf che si era pure appena trasferito e il presidente della Comit Enrico Bragiotti. La Comit era allora azionista di maggioranza della BSI, dove Tettamanti aveva una partecipazione di minoranza. Sia o no un caso - proprio all’epoca del passaggio della Fidinam a Montecarlo, la Comit acquisì una sostanziale partecipazione di minoranza alla Fidinam. E contemporaneamente al suo trasloco a Montecarlo, Tettamanti divise la Fidinam in due holding separate, una per la Svizzera a Lugano e una per le società straniere a Montecarlo, ben lontano dalla Giustizia ticinese. Oltre al braccio internazionale della Fidinam, Tettamanti creò anche una rete privata offshore. Ne facevano parte la North Atlantic – Société d’Administration a Montecarlo (Nasam), dislocata più tardi sulle isole Cayman, e la Investment Company of North Atlantic (Icona), pure registrata a Cayman, che nel 1985 si era mutata in Financial Corporation of North Atlantic (FCNA), da cui alla fine del 1986 nacque il Financial Group of North Atlantic (FGNA). Importanti collaboratori di entrambe le FCNA erano Alfonso Lodola d’Oria e l’ex direttore del Bankverein, Hubert Baschnagel.(20) Con ciò Tettamanti aveva separato il suo impero offshore dall’asse Vaduz-Lugano e l’aveva orientato verso l’asse Montecarlo-Panama-Cayman. In seguito investì fondi di clienti della Fidinam e di altri in titoli e beni immobili. In base a sue stesse ammissioni, la Fidinam controllava all’inizio degli anni ’80 un portafoglio immobiliare di 1,3 miliardi di franchi con le principali zone d’investimento in Canada, USA e Hongkong.(21)

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L’ IRACHENO STRARICCO

All’inizio degli anni ’80 Tettamanti si era emancipato da Lugano ed era divenuto un finanziere offshore con base operativa a Montecarlo. Nella persona dell’iracheno Nadhmi Auchi si presentò un nuovo socio finanziariamente solido. Auchi era un iracheno naturalizzato in Inghilterra, che operava soprattutto dal Lussemburgo, dall’ Irak e dal Kuwait. Insieme con la Investmant-Bank francese Paribas, aveva fondato nel 1982 a Lussemburgo la Participations Bancaires et Financières SA (CIPAF) con un capitale di un miliardo di franchi lussemburghesi.(22) Finanziatori della CIPAF erano, accanto ai principali azionisti, anche Tettamanti, la belga Silbra Holding (23), la Agemar SA (Lugano)(24) oltre a capitale dell’Arabia saudita e kuwaitiano. Tettamanti entrò nel consiglio d’amministrazione della CIPAF. Poco dopo che essa era stata fondata, Auchi finì nel mirino di una commissione parlamentare italiana che indagava sul pagamento di tangenti ammontanti a 23 milioni di dollari, da parte dei Cantieri Navali Riuniti, per la fornitura di 4 fregate e 6 corvette all’Irak. Il cantiere navale di stato italiano aveva pagato i 23 milioni di dollari alla Dowal Corp. in Lussemburgo. Questa era amministrata da una società di nome Figed, domiciliata nello studio del noto avvocato Nico Schaeffer che era gran Maestro dei massoni del Lussemburgo e aveva diretto società per il banchiere della mafia Michele Sindona. L’alleanza di Auchi con la Paribas, allora appena statalizzata, deve essere considerata nel contesto delle massicce forniture francesi d’armi all’Irak durante gli anni ’80. Il governo Mitterand era allora, con l’industria bellica statale francese, uno dei più grandi trafficanti d’armi del mondo e profittò abbondantemente della guerra Irak-Iran. Anche il fatto che la sede di Auchi sia il Lussemburgo non manca di logica politico-economica. I socialisti lussemburghesi, parallelamente al declino dell’industria locale dell’acciaio, avevano cominciato a promuovere massicciamente la piazza finanziaria del loro paese che contava circa 370.000 abitanti e precisamente con leggi fiscali liberali, un rigido segreto bancario e norme legislative generose in fatto di pubblicità. Alla fine degli anni ’70 era stato ministro delle finanze in Lussemburgo il socialista Poos, che ebbe un ruolo importante nello sviluppo di questo stato come piazza offshore. L’ex giornalista di partito Jacques Poos era stato direttore presso la Banque Continentale du Luxembourg di Auchi. Allo scoppio della guerra del golfo nel 1991, l’iracheno Auchi fu considerato con uno sguardo un po’ più critico. Soprattutto il conservatore “Figaro” parigino si preoccupò che un iracheno potesse essere non solo socio della potente Paribas ma anche grande azionista di questa banca e di alcune delle società finanziarie da essa controllate, come la Navigation Mixte. Ma già un anno dopo, per il giubileo decennale della CIPAF nel 1992, Auchi fu solennemente festeggiato in Lussemburgo. Nientemeno che il primo ministro cristiano-democratico Jacques Santer in persona si congratulò con lui al banchetto solenne all’Hotel le Royal e sottilineò nel suo discorso per il giubileo: ”Società come la CIPAF rafforzano l’immagine e il peso della piazza finanziaria lussemburghese” (25) Si capisce meglio l’entusiasmo di Santer, per il banchiere iracheno, se si pensa che Auchi aveva versato l’anno precedente 400 milioni di franchi lussemburghesi di tasse nelle casse dello stato. Non si sa se Tettamanti fosse stato invitato alla cerimonia ma Auchi gli procurò l’accesso al centro della sfera del potere nel granducato.

ALLEANZA PROFANA CON LA DG BANK

Nel 1982 la Banca delle banche cooperative europee (BEG) a Zurigo, una filiale straniera della Deutsche Genossenschaftsbank (DG Bank) (26), acquisì una partecipazione di minoranza alla Fidinam; più tardi la BEG cambiò nome in DG-Bank Schweiz. Il suo direttore generale Wolfgang Riester entrò nel consiglio di amministrazione della Fidinam Fiduciaria. Contemporaneamente il numero due della sede centrale della DG a Francoforte, Karl-Herbert Schneider-Gädicke, entrò nel consiglio d’amministrazione del Financial Group of North Atlantic (FGNA, sede alle Cayman e ufficio a Montecarlo). L’alleanza profana della DG Bank, che come casa madre delle banche popolari e delle

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banche di credito agrario era per tradizione al servizio degli artigiani e dei contadini tedeschi, con Tettamanti residente a Montecarlo, non sembra di primo acchito molto logica. Ma considerandola più attentamente, appare conforme a quei tempi. Tettamanti replicava in certo qual modo la politica che dopo la vittoria dei socialisti in Francia e Spagna e l’ascesa dei socialisti di Craxi in Italia, aveva grande successo in ambiente mediterraneo.(27) I socialisti giunti al potere venivano a patti con finanzieri arricchitisi di recente del genere di un Silvio Berlusconi, Mario Conde o Bernard Tapie, che si erano affermati al di fuori dell’establishment tradizionale, ostile ai socialisti. All’inizio degli anni ‘90 queste alleanze portarono a numerosi scandali finanziari in Francia, Italia e Spagna. Nel 1981 la DG Bank si trovò in difficoltà, e Guthard cercò disperatamente di partecipare a fruttuosi business internazionali – e proprio qui stava il know how di Tettamanti. Guthard portò la DG Bank in una fase aggressiva di espansione. Per lunghi anni questa strategia funzionò bene. Ma nel 1990 arrivò il grande crac. Per irregolarità in operazioni a termine su titoli a tasso fisso di banche francesi il dirigente della compravendita di titoli della DG, Friedrich Steil, aveva avuto perdite così elevate da far supporre macchinazioni fraudolente. Guthard sporse denuncia e ne seguì un processo durato anni. Nel 1991 la banca DG era pronta per essere risanata. Guthard e il suo uomo di fiducia a Zurigo, Riester, dovettero dare le dimissioni. Il pacchetto azionario della Fidinam è stato di nuovo rivenduto a Tettamanti dai nuovi capi a Francoforte. Che cosa abbia fruttato finanziarmente agli interessati a saldo finale la collaborazione durata otto anni tra la Fidinam e la DG Bank, non è mai divenuto di pubblico dominio.

FINANZIERE D’ASSALTO A WALL STREET

Quando a metà degli anni ’80 ci fu il boom della borsa, Tettamanti ricopriva con il suo impero offshore una posizione ideale per parteciparvi. Era l’epoca d’oro degli scalatori di borsa che facevano incetta di azioni di società con quotazioni molto basse. Non appena ne controllavano la maggioranza, i finanzieri d’assalto costringevano il management a ristrutturare la società, vale a dire ad abbassare i costi e licenziare personale, o in qualche modo a far sì che le quotazioni salissero al massimo, anche a costo di licenziamenti di massa, addirittura del declino dell’azienda. I più famosi finanzieri d’assalto erano allora Carl Icahn, Ron Perelman, T.Boone Pickens e Asher Edelman.(28) Ma c’erano tra loro anche dirigenti di casse pensioni come la California Public Employees Retirement System (CAL-pers). A questi tesorieri era del tutto indifferente se la loro politica d’investimento orientata solo alla rendita massima faceva sì che le aziende dovessero licenziare in massa i loro impiegati- persone simili agli assicurati da loro rappresentati. (29) La Coniston Partners, una società statunitense fondata dai 3 banchieri d’investimento di Wall Street Paul Tierney, Augustus Oliver e Keith Gollust, era allora un raider di media grandezza.Nel 1985 con la sua FGNA alle isole Cayman, partecipò finanziarmente alla Coniston con circa 70 milioni di dollari. Nel 1987 la Coniston acquistò un pacchetto azionario della Allegis, capogruppo di United Airlines, Hilton Hotel International, Westin Hotels e autonoleggio Hertz. Su pressione della Coniston la Allegis vendette poi Hertz, Hilton e Westin, e suddivise il ricavato tra gli azionisti, con un guadagno per Coniston di 170 milioni di dollari. Dopo averci preso gusto con la Allegis, l'obiettivo divenne la ditta Gillette. Gillette aveva allora un fatturato di tre miliardi di dollari ed era considerata un’impresa solida nel settore dei beni di consumo. Il prodotto più famoso erano le lamette di sicurezza per radersi, inventate dal fondatore King Gillette.Già nel 1986 Gillette era stata oggetto di un tentativo di acquisizione di Ron Perelman. Per respingerlo, la direzione aziendale aveva pagato 34 milioni di dollari di green-mail e nove milioni di spese. Per “green-mail” si intendeva allora un riscatto di azioni in possesso di finanzieri d’assalto ad un prezzo maggiorato, una variante di “Blackmail” (in tedesco e in italiano ricatto) e del colore verde delle banconote in dollari. Pagando la Greenmail, il management sperava di liberarsi dalla minaccia di licenziamento proveniente dal finanziere d’assalto a spese degli azionisti. Dopo che Pereleman si era ritirato, cominciò Coniston a far incetta di azioni Gillette. Il management Gillette si difese disperatamente e, ciò facendo, si imbattè

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anche nel nome del socio di Coniston Tito Tettamanti. Il presidente della Gillette Mockler mise i due ex agenti della CIA Lou Palumbo e Mike Achermann alle calcagna di Tettamanti. Dopo ampie ricerche essi, tuttavia, con grande delusione di Mockler, riferirono che il socio di Coniston “era conosciuto e rispettato negli ambienti finanziari […] e che non veniva collegato con note pratiche illegali o non conformi al suo ruolo”.(30) Nell’aprile 1988 poco prima dell’assemblea generale di Gillette, quando una vittoria della Coniston si profilò sempre più probabile, Mockler fece pubblicare un diagramma sul “Wall Street Journal”. Mostrava Tettamanti al vertice della Coniston, “dove nessuno xenofobo, degno del suo nome, poteva ignorarlo”, come scrisse allora il giornale economico statunitense “Barrons”. Ma Mockler non potè dimostrare il ruolo guida di Tettamanti alla Coniston, Tettamanti stesso si è sempre definito un investitore passivo di minoranza. Gollust era convinto che Gillette con il nome italiano del suo socio avesse voluto suggerire collegamenti con la mafia e che il diagramma non sarebbe mai stato pubblicato se Tettamanti avesse avuto un nome scozzese. Alla fine l’assalto a Gillette si concluse con un compromesso. Con grande soddisfazione di Tierney, Gollust, Oliver e Tettamanti, Mockler si impegnò, pur digrignando i denti, a ricomprare dalla Coniston 16 milioni di azioni per 720 milioni di dollari.

INSUCCESSO CON LA SULZER

Al gruppo industriale per le costruzioni meccaniche Sulzer Winterthur, che allora aveva 30.000 dipendenti e raggiungeva un fatturato di 4,6 miliardi di franchi, Tettamanti potè usare ciò che aveva imparato da Coniston. Da metà del 1986 cominciò segretamente a far incetta di azioni Sulzer, prima per conto proprio, poi in alleanza con un “cartello” di soci. Uno di questi era allora l’avvocato di Ginevra Eugène Patry.(31) Ufficialmente Patry sosteneva di non saper nulla della sua adesione al cartello di Tettamanti, ma tutti ne erano a conoscenza. Sulzer cercò di difendersi con norme di registrazione più severe per le azioni nominative, secondo le quali un azionista poteva controllare al massimo 1,5 % del capitale, e cominciò a mobilitare i suoi azionisti contro Tettamanti. Egli sosteneva che una parte del pacchetto di Tettamanti era stato comprato con capitale straniero di origine sconosciuta, probabilmente della FGNA di Tettamanti. Così facendo il finanziere ticinese avrebbe violato disposizioni e convenzioni vigenti in Svizzera. Tettamanti contestò immediatamente questo, ma rinunciò tuttavia ad un’azione giudiziaria. In un processo avrebbe dovuto rivelare chi fossero i suoi finanziatori. Il presidente della Fidinam Markus Redli, il consigliere d’amministrazione della Fidinam, e il presidente della banca DG svizzera negarono allora con forza di aver comprato azioni Sulzer per Tettamanti o di averle tenute fiduciariamente. Sulzer incaricò il vecchio nemico di Tettamanti, Paolo Bernasconi, di un’indagine in ogni caso poco fruttuosa sui mandanti del cartello. ”Quest’associazione è strutturata nello stile di una loggia segreta”, scrisse la“Handelszeitung”. (32) Contemporaneamente la rivista economica “Bilanz” ed altre cominciarono a cercare i punti deboli nel passato di Tettamanti .Ma il grande scandalo in cui l’establishment di Winterthur segretamante sperava non si produsse. Tettamanti era finito sotto tiro soprattutto in Canada. Era stato accusato infatti, nel 1972, di aver versato 50.000 dollari per la campagna elettorale dei conservatori canadesi , poco dopo che il governo conservatore dell’Ontario aveva firmato un accordo per un progetto edilizio di 150 milioni di dollari. Ma queste accuse più tardi vennero meno per mancanza di prove. All’inizio del 1977 Tettamanti era finito di nuovo sulle prime pagine dei giornali in relazione ad un affare di tangenti ,legato alla vendita di reattori atomici canadesi. Un assegno di più di 2,5 milioni di dollari era passato allora per una società del Liechtenstein, che Tettamanti presiedeva,di proprietà della Banca della Svizzera Italiana. Tettamanti si ritirò successivamente dall’incarico sopracitato di presidente in Liechtenstein, reati dimostrabili non ce n’erano.(33) Alla fine degli anni ‘80 la Fidinam ebbe poi contrasti con clienti canadesi, e le loro accuse contro la Fidinam del Canada furono tacitate con un pagamento per transazione di 80.000 dollari.(34)Quando l’ostinata resistenza di Sulzer aveva fatto capire che la sua scalata era impedita ad ogni

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costo dall’establishment della Svizzera orientale, comparve lo speculatore di borsa Werner K.Rey nel ruolo di cavaliere bianco. Alla fine di marzo 1988 Tettamanti vendette a Rey il suo pacchetto della Sulzer per 220 milioni di franchi. Se la Sulzer, che notoriamente è in seguito fallita, sia andata meglio con Rey che con Tettamanti, è una questione insoluta. Il contante, incassato da Rey, Tettamanti lo investì in un’altra industria in crisi della Svizzera orientale, precisamente la ditta Saurer ad Arbon sul lago di Costanza.

SFORTUNATO CON LA SAURER

Quella che era stata l’orgogliosa impresa di costruzioni meccaniche di Thurgau (camion, macchine tessili) si era ritrovata bruscamente negli anni ’80, in una situazione molto difficile ed era stata salvata dalla bancarotta dalla SBG, la sua banca di riferimento. Secondo il giornale economico italiano “Il Sole 24 ore”, la Sasea di Florio Fiorini aveva acquisito nel 1985 la maggioranza della Saurer e aveva rivenduto il suo 58% di capitale azionario nel marzo 1988 per circa 82 milioni di franchi a Tettamanti.(35) Questa notizia, mai confermata dalla stampa della Svizzera tedesca, potrebbe spiegare perché Tettamanti potè comprare la Saurer ma non la Sulzer: se doveva essere un finanziere del sud, meglio il ticinese Tettamanti che l’italiano Fiorini. Ad una conferenza stampa il novello industriale e presidente della Saurer Tettamanti dichiarò allora di voler creare dalla malandata impresa di Arbon un potente gruppo economico che coniugasse industria e finanza. Saurer doveva divenire contemporaneamente holding industriale e merchant bank.(36) Tettamanti organizzò il settore finanziario secondo lo stesso principio in base al quale più di dieci anni prima aveva organizzato la sua Fidinam: struttura doppia con separazione degli ambiti costituiti da Svizzera e estero. La Saurer si scisse nella holding gruppo Saurer svizzero ad Arbon e nella holding finanziaria con ufficio a Montecarlo e sede ufficiale alle Isole Cayman. Il Saurer Group Investment era sorto nel novembre 1990 dalla vecchia FGNA. Presidente restò a Montecarlo il suo vecchio amico intimo Alfonso Lodolo d’Oria. Nel giugno 1991 la Saurer comprò il gruppo di macchine tessili tedesco Schlafhorst che, con i suoi 5000 impiegati, era un po’ più grande della Saurer che aveva 3.000 dipendenti. Il colpo successivo seguì già il primo gennaio 1992 con l’acquisizione del gruppo torinese GIG di Vittorio Ghidella. Ghidella, che fin dal 1990 faceva parte del consiglio di amministrazione della Saurer, non ricevette per il suo gruppo GIG denaro contante, ma lo stesso numero di azioni Saurer di Tettamanti e divenne presidente della holding gruppo Saurer al suo posto. Tettamanti restò invece presidente della Saurer Group Investments Montecarlo. Ghidella era stato un tempo il massimo manager della Fiat, ma nel 1988 era entrato in conflitto con il presidente della Fiat Gianni Agnelli. Nei mesi successivi creò in brevissimo tempo, dal nulla, un proprio gruppo industriale che produceva componenti di veicoli a motore. Il gruppo industriale Ghidella CIG dava lavoro allora a 2.000 persone ed aveva un fatturato di circa 300 milioni di franchi. Ghidella trasferì la residenza in Ticino. L’ulteriore tentativo di Tettamanti di fare un colpo fu un totale fallimento. Egli voleva assorbire il gruppo per macchine tessili Rieter di Winterthur per fare della sua industria Sauer-Schlafhorst il numero uno a livello mondiale nel settore. Già nel marzo 1991 aveva fatto incetta in borsa di una partecipazione del 7% a Rieter, ma nel consiglio d’amministrazione della holding Rieter si attivò lo stesso meccanismo di difesa prodottosi alla Sulzer di Winterthur. La Rieter rifiutò ogni sorta di cooperazione con la Saurer, per i suoi manager una fusione era priva di qualsiasi logica industriale. La Schlafhorst, che era stata offerta anche a Rieter, la consideravano decotta. Gli sviluppi successivi hanno confermato questo punto di vista perché la Schlafhorst, poco dopo essere stata acquisita dalla Sauer, precipitò in una crisi profonda. Tettamanti denunciò in tribunale la famiglia dei fondatori della società, che gli aveva venduto le sue quote di partecipazione, per truffa e per un prezzo di vendita troppo alto. Nonostante le resistenze manifestatesi a Winterthur, Tettamanti non rinunciò al suo sogno di creare, acquisendo la Rieter, il più grande gruppo industriale del mondo per filatoi e raddoppiò la partecipazione di Saurer a Rieter fino a raggiungere il 14%. Più tardi si venne a sapere che la battaglia

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di Tettamanti contro Rieter era costata ad entrambe le imprese più di 100 milioni di franchi. Si rivelò fatale soprattutto la lotta al coltello per le partecipazioni di mercato ai cosiddetti filatoi open-end, il livello dei prezzi in questo settore crollò fino al 50%. Non c’è da meravigliarsi se il 1992 andò male finanziariamente per la Saurer. Solo grazie ai proventi derivanti da Montecarlo poté essere evitata una perdita. Nel primo semestre 1993 le cose andarono un po' meglio per la Saurer dal punto di vista finanziario, ma il grande colpo arrivò da Bari. Il giudice istruttore Nicola Magrone aprì un procedimento penale contro Ghidella, presidente della holding Saurer-Gruppe e altri manager della ditta Oto Trasm (Bari) per abuso della legge italiana per lo sviluppo del mezzogiorno. Oto Trasm, che apparteneva per il 49% alla Saurer, aveva fornito all’affiliata al 100% della Saurer, Graziano Trasmissioni (Torino), 60 macchine prodotte con sovvenzione statale grazie alla legge per lo sviluppo del mezzogiorno, ma che non erano state installate a Bari bensì abusivamente a Torino. Quando il settimanale “WochenZeitung” rese pubblica per la prima volta in Svizzera questa notizia, la centrale della Saurer a Glattburg inviò un fax di smentita alle redazioni dei media. Ma il 29 giugno 1993 il procuratore di stato Magrone spiccò un mandato d’arresto contro Ghidella e gli proibì ogni attività imprenditoriale in Italia. Cinque manager di Oto-Trasm furono arrestati a Bari. Il 15 luglio 1993 il consiglio di amministrazione della Saurer si riunì per un’assemblea straordinaria d’emergenza, il presidente Ghidella si dimise e fu sostituito dal tedesco Carl Hahn, ex presidente del gruppo industriale Volkswagen. Alcuni giorni più tardi Ghidella si presentò alle autorità italiane, fu arrestato e poco tempo dopo rilasciato, ma messo agli arresti domiciliari.(37)

IL CASO COGEFAR

Tettamanti non fu toccato personalmente dalle inchieste italiane. Si fece il nome, in relazione a Tangentopoli, solo di una ditta ticinese nel cui consiglio di amministrazione era stato per anni: l’impresa edile CSC Impresa Costruzioni SA (Lugano). Dello stesso consiglio di amministrazione faceva parte l’avvocato di Urn Franz Steinegger, presidente del partito liberale svizzero. Né Tettamanti né Steinegger hanno preso posizione pubblicamente sulle accuse provenienti dall’Italia secondo cui la CSC sarebbe servita alla società madre italiana come stazione di transito per tangenti.(38) Fino al 1989 la CSC era stata un’affiliata della società statale Cogefar. Poi il gruppo Fiat comprò la Cogefar e la unì alla propria impresa edile Impresit, trasformandola nella Cogefar Impresit.(39) Nuovi dirigenti di questa divennero Enzo Papi e Antonio Mosconi. Anche le casse dei fondi neri di Cogefar e Impresit vennero fuse. Nel maggio 1993 il nuovo presidente della Cogefar, Enzo Papi, confessò ai procuratori milanesi il pagamento di una tangente di due milioni di franchi a Maurizio Prada della Democrazia Cristiana. Il denaro proveniva presumibilmente da un fondo svizzero, accresciuto da una filiale in Camerun.(40) I conti delle tangenti della Cogefar-Impresit erano gestiti alla Overseas Bank and Trust (Nassau, Bahamas) ed erano intestati a Sacisa. La Sacisa era una società panamense con uffici a Lugano. Nello stessa sede della Sacisa c’era anche l’amministrazione di Entreprises et Travaux de Construction, una vecchia cassa di fondi neri della Fiat Impresit. Consigliere d’amministrazione della Entreprises era l’avvocato John Rossi dello Studio Tettamanti & Spiess, professionalmente anche rappresentante legale di Silvano Larini, titolare del Conto Protezione.(41)

UN RE ABDICA

Nel dicembre 1993 Ghidella e Tettamanti si dimisero dal comitato del consiglio di amministrazione della Saurer. Ghidella cedette inoltre tutte le funzioni operative al socio di Tettamanti Eugène Patry. Del nuovo comitato facevano parte Carlo Hahn e i tre uomini legati da stretta amicizia a Tettamanti: Alfonso Lodolo d’Oria, Neil Sunderland di Montecarlo e Eugène Patry di Ginevra. Nel maggio 1994 la Saurer rendeva noto che la struttura binaria, introdotta da Tettamanti con la Arboner Holding e la

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Merchantbank, veniva meno e si ripristinava la vecchia unità d’azione. Tettamanti, promosso nel frattempo presidente onorario della Saurer, mantenne il suo pacchetto azionario, mentre Ghidella vendette la sua quota alla holding Zürcher BB Industrie della Bank am Bellevue (BB) e fu pagato con azioni della BB Industrie.(42) Tettamanti aveva così perduto il controllo della Saurer. In seguito questa società entrò in una crisi sempre più profonda, la costruzione di macchine tessili causava deficit enormi e la Schlafhorst andava sempre più in rosso. Parallelamente alla crescita del riporto delle perdite Ernst Thomke, uomo di punta della BB-Industrie, e Tettamanti si estraniarono sensibilmente. Dopo l’assemblea generale del maggio 1995, Melk Lehner, presidente del gruppo industriale, si ritirò e fu sostituito ad interim dalla “marionetta di Tettamanti” Eugène Patry, come alla BB-Industrie l’avrebbero chiamato secondo “Bilanz”.(43) La BB proclamò proprio capo, in contrapposizione a Patry, il famoso risanatore di industrie Ernst Thomke (Industria orologiera, Bally, Pilatus Flugzeugwerke Stans) e cominciò ad accrescere il suo pacchetto Saurer. Nell’agosto 1995 la BB affermò di controllare il 25%, mentre Tettamanti e i suoi soci possedevano ancora il 30%. Nei mesi successivi Tettamanti si ritirò progressivamente dalla Saurer. Nel dicembre 1995 la società vendette le attività di Investment-Banking a Montecarlo ad Alfonso Lodolo d’Oria e Kenneth Jones. Lodolo d’Oria diede contemporaneamente le dimissioni da vicepresidente del consiglio di amministrazione della Saurer. Nel febbraio 1996 infine la Saurer si liberò dell’ultima propaggine finanziaria offshore e vendette la partecipazione alla società finanziaria Naco (Montecarlo) ad un gruppo controllato da Tettamanti per 96.000 azioni Saurer. Il pacchetto azionario di Tettamanti si era così ridotto a non più del 14%. Il suo vecchio sogno, risalente al 1988, di fondere industria e merchant banking, era naufragato definitivamente. Contemporaneamente Tettamanti si ritirò anche dalla Fidinam che resse bene al graduale allontanarsi del padre fondatore.(44) Fino a metà degli anni ’90 si sviluppò e divenne una delle più grandi società svizzere fiduciarie, di gestione e di revisione con un fatturato di circa 60 milioni di franchi e un guadagno netto di 1,5 milioni di franchi (1994). Alla sede principale del gruppo a Lugano-Cassarate,un edificio da 60 milioni del famoso architetto Mario Botta, lavoravano nel 1994 circa 200 persone e alcune centinaia di dipendenti erano occupati in filiali a Zurigo, Ginevra, Basilea, Bellinzona, Locarno, Zug e nell’estesa rete di società all’estero.(45) L’impresa era diretta da tre centri di potere: Tettamanti, la BSI e il management. Il consiglio d’amministrazione era composto di tre persone molto attempate: accanto al presidente Albert Salathé, quasi ottantenne, e all’ex direttore generale PTT Markus Redli della stessa età, Tettamanti, che andava per i settanta, era ancora il più giovane. Poiché Tettamanti non aveva formato alcun successore, la Fidinam prima o poi sarebbe passata alla BSI e con ciò al Bankverein. Nello stesso tempo in cui si ritirava dalla Fidinam e usciva ingloriosamente dalla Saurer, Tettamanti, trasferitosi a Londra, cominciava una nuova carriera come autore di libri. Nel febbraio 1994 apparve una traduzione tedesca del suo libro, pubblicato dapprima a Milano, ”Welches Europa?”[“Quale Europa?”].(46) Qui egli si presenta come critico dell’Unione europea in una prospettiva economica liberale, cosa che non meraviglia, dal momento che Tettamanti era solito chiamarsi “Libertario di destra”. Nell’aprile 1996 pubblicò insieme con il giornalista free lance Alfredo Bernasconi di Bellinzona, la traduzione tedesca del suo secondo libro: ”Manifest für eine liberale Gesellschaft” [“Manifesto per una società liberale”].(47) Qui gli autori chiedono un dibattito a più voci sul tema stato, dirigismo e burocrazia. E si oppongono ad un potere che si erga a tutore, definito “megameccanismo” e “stato Moloch”, che terrebbe il cittadino in una forma mite di schiavitù come una sorta di servo felice. In questa prospettiva i servizi tecnico-finanziari prestati a ricchi, siano essi italiani o di altri paesi, diventano legittimo rifiuto del Moloch insaziabile. Oltre alla pubblicazione di libri la “Fondazione internazionale per la civiltà europea”, sponsorizzata da Tettamanti, cominciò ad organizzare a Ginevra simposi sul futuro dell’Europa. Del comitato onorario di quest’ente per lo studio della storia e del futuro della civiltà europea facevano parte l’ex primo ministro francese Raymond Barre, l’ex consigliere federale Georges-André Chevallaz e l’ex presidente della Repubblica federale tedesca Walter Scheel. Nel marzo 1996 si tenne il secondo colloquio sul tema: un nuovo “contratto sociale per l’Europa”.

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C’E’ QUALCHE RAPPORTO CON MARTIN EBNER?

Quella vecchia volpe di Tettamanti si è dunque trasformata definitivamente da finanziere in intellettuale? I suoi soci dei vecchi tempi non restano in ogni caso inattivi. Lo si capisce alla luce di un avvenimento del marzo 1996. Allora la BK Vision di Martin Ebner presentò, ad una conferenza stampa a Zurigo, uno studio in cui la Schweizerische Bankgesellschaft (SBG) viene accusata una volta di più di gestione inadeguata delle spese e di insufficiente redditività del capitale proprio. (48) La risposta del presidente della SBG Robert Studer fu immediata. Nel corso di una conferenza stampa, convocata in fretta, Studer criticò a sua volta lo studio: ”Da un amministratore patrimoniale di professione e stimato analista finanziario ci saremmo aspettati un lavoro più serio”.(49) Lo studio non professionale di un professionista lo portava a chiedersi quali fossero le motivazioni che ne erano alla base. Questo documento avrebbe rappresentato una diffamazione mirata della SBG e della sua dirigenza. Si potrebbe essere tentati di archiviarlo come semplice episodio delle dispute senza fine tra Ebner e la SBG. Ma desta l’attenzione il nome dell’autore: Richard Schäfer, presidente del consiglio d’amministrazione di Fidirevisa e della Banque de Patrimoines Privés (Ex-Karfinco) di Ginevra e consigliere d’amministrazione della fiduciaria Altra di Berna, che presentava personale in comune con il gruppo RAD. Un importante ex socio di Tettamanti appariva qui all’improvviso nel campo di Martin Ebner. L’uomo che all’inizio del 1994 era entrato come “Troubleshooter”, risolutore dei problemi, nella banca Karfinco sull’orlo del fallimento. L’uomo già comparso nel misteriosissimo gruppo RAD di Berna. Richard Schäfer nel ruolo di testimone principale di Ebner contro la SBG ? Chi può escludere che l’apparizione del socio di Tettamanti Richard Schäfer a fianco di Martin Ebner significhi che la BK Vision speculi segretamente anche con denaro proveniente dalla struttura offshore di re Tito?

Questo libro termina dunque con una domanda senza risposta. L’obiettivo di districare un poco i fili del grande e lucroso business è, si spera, raggiunto. Abbiamo cercato e interpretato fatti, tenendo a freno le fantasie. Ci sia permesso dunque di presentare, come epilogo, la speculazione sugli speculatori che segue.

Note:

1) Sono Sergio e Geo Mantegazza ad esser considerati i ticinesi più ricchi. La rivista economica “Bilanz” 12/95 stima che entrambi abbiano tra i due e i tre miliardi, mentre si valuta che Tettamanti possieda tra i 200 e i 300 milioni. Secondo “Bilanz” ai Mantegazza appartiene il gruppo turistico Globus-Cosmos a Curaçao (3,3 miliardi di fatturato, 5000 dipendenti, holding). Perché il gruppo valga 3 miliardi di franchi è rimasto in ogni caso un segreto di “Bilanz” (sui Mantegazza vedi p.313)

2)”Tages-Anzeiger”, 17. 10. 87

3)”Bilanz” 12/87

4) Sul ruolo del Liechtenstein cfr. p.93 segg.

5) Nel 1981 Milesi, Piattini, Antonini e Lissi si ritirarono e furono sostituiti dal procuratore della Fidinam Mauro Poretti e dal britannico Kenneth Cameron (un amministratore fiduciario di St.Peter Port, il centro bancario offshore sull’isola britannica del Canale Guersney; Cameron faceva parte anche del consiglio di amministrazione della filiale della Fidinam a Londra insieme a Martin Priest, Martin Roy Sandle, Graham Owen Rich, Iain Robert Hume e Sallyan Cecille Tranter, tutti a St.Peter Port, Guersney). Nel 1985 infine la Administra Handels Anstalt fu liquidata e sostituita dalla Administra

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Inc.Panama.

6) Hasler era stato raccomandato a Tettamanti dal dirigente della Fidinam Renato Zocchi, che insieme a Hasler aveva fondato l’istituto Baldor a Schaan quando Tettamanti era ancora membro del governo ticinese. Hasler avviò allora e vendette decine di società del Liechtenstein, tra queste anche la Fasco AG, che nel 1974 cedette al banchiere della mafia Michele Sindona e all’amministratore fiduciario Nico Schaeffer, allora Gran Maestro della Grande Loggia Massonica del Lussemburgo.

7) Nel 1974 Tettamanti, Francio Hoogewerf, Roger Usher,Karl Ulrik Sanne e David Matthew, fondarono in Lussemburgo la Coim-Suisse SA, nel cui consiglio di amministrazione c’erano anche i dirigenti della Fidinam Diego Lissi e Alberto Collenberg (vedi capitolo 4).

8) Questo come conseguenza della mancanza di fiducia del ceto medio italiano nella BSI controllata dalla Tesoreria italiana attraverso la banca statale Comit. Ciò fu rafforzato dal progressivo ritiro del Vaticano dall’alleanza Mattioli-Nogara a favore dell’emergente Banco Ambrosiano di Roberto Calvi.

9) ”Schweizerische Finanzzeitung”, 24.4.74

10) Se questo abbia influito negativamente sui rapporti di Tettamanti con Fernando Garzoni, la cui Banca del Gottardo era la maggiore concorrente della BSI di Brogiotti, non è noto.

11) Compartecipe alla Cofi erano oltre alla Comit anche Robert Leclerc di Ginevra, la cui banca privata Leclerc & Cie. fu chiusa nel maggio 1977 dalla commissione delle banche. Nel 1985 Leclerc fu condannato dalla Corte d’assise di Ginevra per sottrazione di denaro dei clienti a cinque ani di prigione. Per risanare la propria catastrofica situazione finanziaria aveva messo mano al patrimonio dei suoi clienti – un peccato mortale per un banchiere privato. Due soci di Leclerc, precisamente Bertrand de Muralt e Charles Bouchard, si suicidarono, mentre Leclerc fu colpito da un infarto cardiaco. Sebbene la bancarotta di Leclerc fosse stata messa in ombra dallo scandalo della SKA di Chiasso, scoppiato di fatto contemporaneamente, l’affare restò il più grande incubo degli ambienti delle illustri banche private ginevrine.

12) Ancora alcune parole sul successivo destino della BSI. La banca continuò a crescere. Tra le sue nuove fondazioni ci fu ad esempio la Société Européenne de Banque in Lussemburgo. Nel 1981 il nome della BSI comparve in uno scandalo interno a Wall Street. Il finanziere italiano Giuseppe Tome fu accusato di avere profittato in maniera non ammessa di informazioni privilegiate nel corso dell’acquisizione del gruppo minerario St. Joe Minerals da parte della canadese Seagram. Tome era consigliere del presidente della Seagram Edgar Bronfman e comprò attraverso la BSI, poco prima dell’acquisizione, opzioni della St.Joe, il cui valore salì fortemente a causa del generoso prezzo del rilevamento. Nel 1982 Brogiotti vendette a sorpresa la sua partecipazione di minoranza alla BSI alla grande banca di New York Irving Trust. Ciò fu motivato dal fatto che Bragiotti, dopo lo scandalo dell’Ambrosiano temeva di finire negli ingranaggi della giustizia italiana dal momento che offriva al ceto medio italiano che frodava il fisco, in fondo, lo stesso servizio di Calvi con la Banca del Gottardo.(Brogiotti restò a capo della Comit, divenne cittadino di Montecarlo e nel 1993 dovette dimettersi a causa di Mani Pulite). Nel 1988, Irving Trust vendette il pacchetto della BSI alla Unigestion ginevrina di Bernard Sabrier. All’inizio degli anni ’90 la BSI fu rilevata dal Bankverein, fortemente ridimensionata, ristrutturata e portata avanti come semplice banca di amministrazione patrimoniale. Il Bankverein ha mantenuto quella partecipazione della BSI alla Fidinam risalente all’epoca della Comit.

13) L’uomo della Weisskredit a Colonia era l’ex direttore della Banca del Reich Hans-Joachim Caesar.

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Nella Banca del Reich di Hitler, Caesar si occupava di patrimoni di nemici d’ambiente anglosassone, cosa che deve avergli procurato senz’altro qualche notizia da insider sui rapporti finanziari internazionali della Germania.

14) ”Neue Zürcher Zeitung”, 14. 2. 79

15) “Schweizerische Finanzzeitung”,7. 3.79

16) „Tages-Anzeiger“, 14.2.79

17) Ivi

18) “Bund“,19.2.79

19) Negli anni ‘80 Spiess rappresentava gli interessi di Licio Gelli in Svizzera, mentre il suo socio d’ufficio John Rossi faceva i ricorsi e curava l’assistenza legale nella causa del Conto Protezione. Nel 1995 lo studio Tettamanti % Spiess si trasformò, mediante una fusione, in Cotti, Spiess, Brunoni & Partner.

20) ”Bilanz”,12/87

21) Ivi

(22) Auchi e la Paribas portarono la Banque Continentale du Luxembourg, fino allora la loro Joint-venture, nella CIPAF. La partecipazione alla Banque Continentale Auchi l’aveva comprata nello stesso 1982 dal suo fondatore Henri J.Leir. Leir è un misterioso finanziere ultraottantenne di New York che nel 1969 era stato collegato al cosiddetto “scandalo Plumbat”. Più tardi Leir passò in Lussemburgo. A New York c’era già una banca col nome francese La Banque Continentale (758 Fifth Avenue a Manhattan). La Banque Continentale apparteneva ad Arthur Roth della Franklin National Bank di New York, che nel 1972 era stata comprata dal banchiere della mafia Michele Sindona e nel 1974 era andata in bancarotta. (A proposito di Auchi cfr. anche p.196).

23) La holding belga Silbra ,prima Compagnie de Partecipations Internationales, contava tra i suoi azionisti la Pargesa Holding del magnate belga dell’acciaio e dei media Albert Frère e della francocanadese Power Corp. della famiglia Desmarais di Montreal così come il gruppo francese Pallas di Pierre Moussa, l’ultimo “Prèsident Directeur Générale “della Banque Paribas prima della nazionalizzazione da parte del governo socialista di Mitterand.

24) La Agemar di Lugano era diretta da Carlo Gilardi e Luigi Ottaviani della Banca del Gottardo, filiale del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi in Svizzera.

25) ”Le Républicain Lorrain”, edizione del Lussemburgo, 4.11.92.Il giornale indicava come azionisti della CIPAF oltre alla Paribas e alla Banque Continentale du Luxembourg, anche la General Mediterranean Holding e la Saurer Group Investment di Tettamanti.

26) La DG Bank era la cassa centrale di circa 4000 banche popolari e casse rurali tedesche e controllava sulla piazza sette delle banche tedesche. Il presidente della DG Bank Helmuth Guthard faceva parte del consiglio di vigilanza di Veba, Thyssen Stahl e della holding Otto e fu un importante finanziatore dell’ascesa del grande commerciante cinematografico Leo Kirch.

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27) L’ “Eco di Locarno” non mancò di informare che Tettamanti, nelle elezioni cantonali ticinesi del 1987 insieme con la Fidinam e la BSI, aveva appoggiato, se pur senza successo, come candidato al consiglio governativo il socialista di destra Rossano Bervini, per estromettere dall’incarico il suo collega di partito Pietro Martinelli, considerato troppo di sinistra. (“Eco di Locarno”, 6.8.91)

28) Edelman ha lasciato in eredità la sua eccellente collezione d’arte privata al comune del Vaud Pully, che dal 1992 espone i quadri al pubblico.

29) Nel tentativo della Coniston di acquisire la Gillette, CALpers ebbe una funzione chiave. Paul Tierney, socio della Coniston,andò personalmente a Sacramento e convinse la manager di CALpers, Greta Marshall, ad unirsi alla Coniston. Il presidente di Gillette Coleman Mockler jr., che pure pellegrinò allora a Sacramento, potè parlare solo con il sostituto della Marshall (“Fortune”, 23.5.88)

30) ”Bilanz”,10/88

31) Patry era consulente finanziario di fiducia dell’ex star cinematografica francese Alain Delon, residente periodicamente a Ginevra. E’ cognato del banchiere privato Andrè Mirabeau e cugino del giudice federale Jean Patry.

32) ”Schweizer Handelszeitung”, 19. 11. 87

33) ”Tages-Anzeiger”,17. 10.87

34) “Bilanz”, 7/91

35) Il Sole 24 Ore, 22.2.1992

36) Neue Zürcher Zeitung, 28.6.88

37) Due anni più tardi, il 18 luglio 1995, Ghidella e altri cinque direttori di Oto-Trasm furono condannati da un tribunale di Bari in prima istanza a sei mesi di prigione e a una pena pecuniaria di 2 milioni di lire (allora circa 1.400 franchi). Ghidella e i cinque direttori furono accusati di violazione degli interessi dello stato italiano, false notizie su una società, spartizione di beni non conforme alla legge e manovre fraudolente.

38) Anche il consigliere d’amministrazione della Walliser JS-Holding Pierre de Chastonay faceva parte del consiglio di amministrazione della CSC Impresa Costruzioni (Lugano).

39) Il primo gennaio 1995 le imprese di costruzione Cogefar-Impresit, Girola e Lodigiani si sono fuse nella Impregilo.

40) ”Neue Zürcher Zeitung”, 27. 3. 93

41) ”L’Espresso”, 23.5.93

42) La BB Industrie Holding era una società di investimento quotata in borsa nella sfera della BB Bank di nuova fondazione a Zurigo. Ad essa riuscì ciò che per Tettamanti restò un sogno, vale a dire fare contemporaneamente sostanziosi investimenti nella Sulzer,nella Rieter,nella Saurer.Del consiglio di

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amministrazione della BB Industrie facevano parte Uli Sigg,Ernst Thomke e Hugo Tschirsky.

43) “Bilanz”,8/95

44) Il ritiro progressivo di Tettamanti dalla Fidinam era cominciato nel 1987, quando l’avventura in borsa a Wall Street e in Svizzera assorbì il suo tempo. Fu allora che Tito ingaggiò due direttori del Bankverein, Richard Schäfer e Hubert Baschnagel.Baschnagel entrò nel consiglio di amministrazione della FGNA, mentre Schäfer divenne presidente della società di revisione Fidirevisa e di quando in quando fece parte del consiglio d’amministrazione della Fidinam Holding. Tettamanti diede le dimissioni nel 1991 da presidente della Fidinam, ma rimase tuttavia nel consiglio di amministrazione. Nel 1993 si dimise anche dalla presidenza della Fidinam di Ginevra, giuridicamente autonoma, ma rimase anche qui nel consiglio di amministrazione.

45) L’organizzazione estera della Fidinam è giuridicamente separata dalle società svizzere. Al vertice della rete estera, strutturata secondo un complesso sistema di scatole cinesi o matrioske, c’era la Fidinam Services Holding International Inc. Panama, che controllava un fitto intreccio di società a Montecarlo, in Italia,Lussemburgo, Inghilterra, Australia, Panama, a Hongkong, nei Paesi Bassi, alle Bahamas e altrove, che muta continuamente in conseguenza di fondazioni e liquidazioni.

46) Tettamanti stesso ha definito il suo libro, apparso presso la casa editrice Amman di Zurigo, un “instant book”, nato in gran fretta - il recensore della “Neue Zürcher Zeitung“ ha usato in proposito la metafora: buona la rincorsa, corto il salto.(“Neue Zürcher Zeitung”, 9.2.94)

47) Alfredo Bernasconi, coautore, era dapprima funzionario dell’amministrazione cantonale ticinese e in quanto tale fu condannato nel 1974 per frode a danno del cantone e degli affittuari. Ebbe poi da Tettamanti un impiego come consulente immobiliare alla Fidinam. Più tardi diventò segretario per il Ticino dell’Associazione svizzera degli operai metallurgici e orologiai SMUV (Schweizerischer Metall-und UhrenarbeiterInnenverband). La rivista ticinese “Politica Nuova” informò il 18.12.87 che Bernasconi a suo tempo aveva consigliato al presidente dello SMUV, Fritz Reimann, un incontro con Tettamanti. Reimann non aveva tuttavia voluto saperne nulla e aveva consigliato invece a Bernasconi di cercarsi altri amici.

48) ”Neue Zürcher Zeitung”, 30./31.3.96

49) ”Neue Zürcher Zeitung”,3.4.96

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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE: TECNICHE DEL RICICLAGGIO DI DENARO

I riciclatori di denaro affinano continuamente i loro metodi. Fino all’inizio degli anni ’80 il sistema bancario costituiva ancora il filtro tra la circolazione legale e illegale del denaro. Una volta che il denaro contante sporco,derivante dal narcotraffico, veniva a trovarsi su un conto bancario ,l’ostacolo maggiore era rimosso. Poi alcuni grandi casi legati alla droga (Pizza Connection, Caso Magharian, BCCI) resero evidente il ruolo decisivo esercitato dal settore bancario nel riciclaggio di denaro. Le banche finirono sotto pressione in tutto il mondo. Da allora norme e regole più severe delle associazioni bancarie e del controllo statale delle banche rendono meno facile abusare del sistema bancario. Ma i riciclatori di denaro non sono rimasti inattivi e hanno elaborato nuove tecniche. A questo proposito è particolarmente significativo l’uso di ditte di copertura e società simulate su piazze offshore. Al centro dell’attuale riciclaggio di denaro non c’è più solo il sistema bancario, ma un alleanza tra banche e società-offshore. Il riciclaggio di denaro è diventato un processo stratificato.(1) Nella letteratura specialistica viene suddiviso in tre fasi:

1. Inserimento del denaro acquisito illegalmente nella circolazione della moneta bancaria (sul conto di una persona fisica o giuridica).

2. Camouflage: L’origine criminosa del denaro deve essere cancellata e si deve creare l’apparenza di una provenienza finanziariamente plausibile.

3. L’integrazione: Il denaro viene investito nel sistema economico legale.

Le società offshore possono avere un ruolo in tutte e tre le fasi. Una volta che esista una “stazione di testa” nell’economia legale, questa può continuare ad essere usata per riciclare altro denaro. Un affare simulato di una stazione di testa potrebbe ad esempio consistere nel fatto che un proprietario di negozio paghi ad un fornitore fittizio un conto elevato per merci mai fornite. Il falso fornitore potrebbe consegnare in contanti al proprietario di negozio la somma necessaria. Questo registra forse a sua volta il denaro così ricevuto come entrata in contanti (fittizia) per vendite e paga il conto del fornitore fittizio con una trattenuta per le sue prestazioni di servizio. Sono pensabili anche altre manipolazioni,ad esempio la creazione di guadagni o perdite artificiosi mediante prezzi di vendita eccessivi o troppo bassi. Le possibilità sono fondamentalmente infinite. Si possono ordinare arredamenti di negozi presso imprese amiche a prezzi gonfiati. Anche lo “shopping esageratamente conveniente” a scopo di evasione fiscale è interessante, perché permette al fornitore amico all’estero di abbassare il guadagno, risparmiare tasse e addirittura presentare perdite. Quando la merce acquistata ad un prezzo troppo basso viene rivenduta a prezzo normale, ne risulta un guadagno, occultato alle autorità del paese di provenienza, che può venire spartito. Molto amata è la “vendita a cascata”. Una ditta può essere rivenduta ad un’altra società dello stesso gruppo segreto a un prezzo esorbitante e questo più volte. Due piccioni con una fava: da una parte il venditore ha fatto un guadagno diretto, che legalizza i suoi fondi neri. E il compratore ottiene per la propria società acquirente un aumento di valore (in parte fittizio) e si è a sua volta liberato di denaro in nero. Poiché compratore e venditore in fondo sono identici, ci sono solo vincitori. Chiunque voglia riciclare denaro è consapevole che in primo luogo questo ha un prezzo. Si produce qualcosa di analogo a quanto avviene con la ricettazione tradizionale: chi vuol vendere un anello con diamante rubato, sa che il ricettatore lo paga al di sotto del suo valore. Qui sta forse la soluzione di infiniti misteri economici: perché i riciclatori di denaro finanziano sempre progetti e persone senza preoccuparsi delle perdite ? Là dove i compratori tradizionali vedono solo cifre in rosso, loro incassano un dividendo soddisfacente sul capitale riciclato. Ma anche i riciclatori operano con razionalità e cercano metodi sempre migliori e meno costosi. A questo proposito sembra evidenziarsi una maggiore inclusione nel riciclaggio di denaro del commercio con titoli e derivati finanziari. In

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questo settore si può conferire un background apparentemente legale e legittimo a grosse somme di denaro mediante semplici manipolazioni fraudolente (per esempio, la falsificazione della data).

Note:

1) ”Il riciclatore di stampo moderno persegue tuttavia NON soltanto lo scopo di nascondere la preda, affinché non possa venir sequestrata e ritirata dalla circolazione. Vuole anche riservarsi la possibilità di metter mano in ogni momento ai valori patrimoniali e di investirli in maniera vantaggiosa. A questo scopo il guadagno criminoso deve assumere una forma adatta al trasferimento insospettabile e all’ investimento professionale. Il riciclatore di denaro vuole muoversi in un mercato dove segretezza e libertà di disposizione possano essere massimizzati. La piazza finanziaria Svizzera, con la sua sofisticata protezione del segreto e la tradizionale libertà del traffico transnazionale di denaro e di capitale, offre queste premesse. Già da parecchio tempo il ricavato illegale è fatto NON di denaro in forma di banconote o monete. Può derivare direttamente dal crimine in veste di crediti contabili o altri valori patrimoniali, quali titoli, metalli preziosi e oggetti d’arte, o essere trasformato in essi attraverso ripetute transazioni.” (Peter Klauser, direttore della Banca Nazionale Svizzera (SNB), in “Quartalheft” 4/95).

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INDICE DEI NOMI

A 1 Ferro Commodities Corp. 241

A-N Trading 241

A. Testoni AG 111

ABB, s. Asea Brown Boveri

Abedi, Agha Hasan 178-181

ABN-Amro 98, 199

Aboudaram, Alain (auch Gruppe) 278

Abuk Holding 241

AC Milan 43, 48

AC Torino 43, 48

Acacias Corp. 247

Acampora, Giovanni 230, 232

Achermann, Mike 373

Adham, Kemal 178

Adia Interim 303

Adler Bank 361

Admina 111

Administra Handels Anstalt 358

Administra Inc. 358

Advantage International 84, 85

Aero Leasing Italiana (ALI) 187

Aerpat 213

Affeltranger, Anton 63

AG für Industrieprojektierungen 169

AG für technische Projektierungen 169

AG Luftseilbahn CorvigliaPiz Nair 349

Aga Khan, Karim 342

Agee, William 291

Agemar 368

Agenzia Nazionale Stampa Associata (ANSA) 218

Agip (auch Agip International Holding, Agip Petroli) 156-163, 173, 182, 185, 186, 192, 198

Agnelli, Gianni (auch Gruppe) 131, 132, 377

Agol Chemie 123, 126

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AIM Group Zürich Acquisitions, Investments, Mergers AG 313, 314

Air Express International Enterprises 169

Akbar, Sayed Mohammed 182

AKG Holding 56, 57

Aktiengesellschaft für Immobilienanlagen in Residenzzentren 223

Al Quraishi Investment Corporation 241

Albaradan, Freimaurerloge 319

Albisetti, Fiorenzo 34

Albisser, Peter 246

Alcatel-Alsthom 190

d'Alessandro, Maria Cristina 182

Algrado 305

Alisur 241

Alitalia 317

All Iberian 227

Alleanza Nazionale (AN) 161

Allegis 372, 373

Allenbach, Beat 251

Allfinanz 227

Allied Engineering 216, 217

Alma 111

Almaleh, Sem 74, 78

Almashrek Bank 340

Almeria Properties 102

Almirante, Giorgio 31

Aloisio, Carlo Vincenzo 27, 33

Aloisio, Emilio 33, 43

Aloisio, Lorenzo 23, 24, 27-29, 31-33, 43, 46, 50, 51

Aloisio, Piergiorgio 30, 33, 49-51

Alpha Ciné 117

Alpina, Freimaurerloge 303, 307

Alrodo 305

Altawa 111

Altissimo, Renato 320

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Altra Treuhand 199, 200, 385

Alvino, Riccardo 264

Amal currency investment 278

Amal Finance Corporation 278

Amapola R. Estate 212

Amato, Giuliano 138

Ambrosiano, s. Banco Ambrosiano

Ambrosoli, Giorgio 265

Amendolito, Salvatore 245, 246, 248, 253, 256-259

American Express 68, 73, 74, 76-78, 81, 82, 86

American International Corp. 264

American International Corp. 264

Amincor Bank 264

Amministrazione Patrimonio Santa Sede (APSA) 262, 323, 333

Amoco, s. Standard Oil of Indiana

André Lalonde 122

Andreotti, Giulio 61, 130, 132, 133, 138-140, 161, 194, 218, 231, 284, 342

Andromidas, Dean 85

Angeli Frua, s. De Angeli Frua

Angelini, Fiorenzo 218

Annunziata, Ennio 287

ANSA, s. Agenzia Nazionale Stampa Associata

Ansbacher, s. Henry Ansbacher Group

Anselmi, Tina 283-285, 295

Antikommunistische Liga der Völker Asiens 31

Antognini, Gianfranco 362

Antonini, Giorgio 357, 358

Anubit 241

Apolab 169

Aponte Romero, Waldino 20, 21

APSA, s. Amministrazione Patrimonio Santa Sede

Arabella 313

Arana de Nasser, Sheila Miriam 240

Arden Equities 108

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Arden Investments 102

Ares Serono 60, 61

Arias, Luis 207

Ariosto, Stefania 230

Arlacchi, Pino 164

Armani 341

Armtex Products 241

Arner Bank, s. Banca Arner

Arnold, Pierre 120, 124-127

Arnus Holding 108

Arthur Andersen 47, 103, 210

Artox Corporation 241

Arvoly 241

Ärzte- und Apothekervereinigung, italienische 218

AS Roma 222

Asea Brown Boveri International Finance NV 94

Asea Brown Boveri 94, 146

Assem 111

Association of International Accountants (AIA) 103

Assovetro 32

Astag 354

ATAG Ernst & Young 81, 340

Atlanticomnium 75

Atlanticomnium 75

Atlantis 222

Atlantis Bank 39, 332

d'Aubert, François 329-332, 340, 341

Aubertinaz, Claire 103

Aubry, Geneviève 30, 31, 34, 39, 51

Aubry, Patrice 207

Auchi, Nadhmi 196, 197, 368-370

Auchlin, Pascal 87, 301, 305

Auer, Gerhard 353

Aurelius Financing Co. 224

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Ausonia 331, 335

von Avalon, Alram, d.i. Höglhammer, Hermann 307

Avanzi, Sergio 108, 110

Aviation Values Corporation 241

Avondale Nominees 102

Ayala, Giuseppe 252

B.E.G International 106

Bachelet, Vittorio 286, 287

Badalamenti, Gaetano 247

Badaloni, Elena 331, 345, 348

Bagnasco, Orazio 275, 276, 341-343

Baisi, Raul 264

Baktiar, Farhad 112, 332

Baktiar, Shapour 112, 332

Baldor Anstalt 359

Balducci, Enrico 311

Balerna, Andrea 222

Ball, George 362

Ballinari, Arno 224

Bally 381

Balzamo, Vincenzo 42, 157, 185, 186, 195, 197

Banca Agricola Rumena 318

Banca Arner (auch Arner Holding SA, Arner SA) 103, 112, 192, 193, 226, 228, 229

Banca Commerciale di Lugano 39, 332, 348

Banca Commerciale Italiana (Comit) 39, 131, 216, 224, 260, 360-363, 366, 367

Banca d'Italia 140, 218, 238, 267

Banca del Gottardo 110, 209, 212, 261-263, 267, 268, 270, 272, 273, 275, 313, 359, 361-363, 368

Banca della Svizzera Italiana (BSI) 112, 170, 191, 212, 224, 229, 246, 262, 360-363, 367, 371, 375, 383

Banca di Credito e Commercio 239

Banca di Roma 311, 314, 317

Banca Nazionale del Lavoro (BNL) 131, 245, 260, 267, 296, 328

Banca Popolare di Novara 338

Banca Privata Finanziaria 264

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Banca Privata Italiana 264

Banca Unione 264

Banco Ambrosiano 75, 142, 144, 147, 148, 151, 217, 218, 260-263, 265-270, 272-277, 279, 283, 284, 287, 300, 302, 323, 331, 332, 341, 342, 350, 354, 359, 361, 363, 368

Banco de Bilbao-Vizcaya (BBV) 263

Banco di Lugano 218, 274

Banco di Napoli 176, 221, 260

Banco di Roma 131, 311

Banco di Roma per la Svizzera 218, 262, 274

Banco di Santo Spirito 58, 310-312, 316, 318, 321

Banco Financieiro Sudamericano 187

Banco Pastor 207

Banco Safra 71

Banda della Magliana 311

Banesto 350

Banham, Sir John 299

Bank Adamas (vorher Bank Albis) 50, 111, 264, 354

Bank Albis 28-31, 34, 36, 38-44, 46, 48-52, 54-56, 111, 264, 315, 354

Bank am Bellevue (BB) 381, 382

Bank Bär 82

Bank europäischer Genossenschaftsbanken (BEG) 370

Bank für Handel und Effekten 305

Bank Haerry 28

Bank Hugo Kahn & Co. 305

Bank in Liechtenstein 97, 212

Bank Leu 96, 212, 349, 361

Bank Mees Pierson 80

Bank of America 180

Bank of Commerce and Credit International (BCCI) 51, 75, 177-182, 187, 213, 274, 386

Bank of England 51, 179-181, 299

Bank of New York Inter Maritime Bank 193

Bank Roulston 28

Bankgesellschaft, s. Schweizerische Bankgesellschaft

Bankverein, s. Schweizerischer Bankverein

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Banque Audi (Suisse) 80

Banque Bruxelles Lambert (BBL) 191, 278, 328, 335, 346, 347

Banque Continentale du Luxembourg 368-370

Banque de Commerce et de Placements (BCP) 51, 175-181, 274

Banque de Financement (Finabank) 264

Banque de gestion privée 249

Banque de Luxembourg 25

Banque de Patrimoines Privés Genève (BPG, früher Banque Karfinco) 15, 16, 191, 193, 200, 229, 385

Banque Française de l'Orient 80

Banque Indosuez 68, 80, 212, 333

Banque Karfinco 15, 41, 44, 48, 157, 160, 173, 186-191, 193, 200, 209, 385

Banque Nationale de Paris (BNP) 194, 278

Banque Paribas 189, 196, 197, 208, 212, 318, 334, 368-370

Banque Paribas (Suisse) 189, 190, 302, 328, 334, 347

Banque Privée Genevoise 191

Banque Robeco Suisse 80

Banque Romande 362

Banque Scandinave 100, 101

Banque Unigestion 80, 81, 124, 363

Banque Worms 80

Banzer Suàrez, Hugo 31

Bär, Nicolas 63, 64

Barchi, Pier Felice 26, 226, 227

Barclay Bank (auch Barclay Trust) 80

Barinvest 108

Barnevik, Percy 94

Barre, Raymond 112, 384

Barros, Rui 105

Barsy Services 197

Baschnagel, Hubert 190, 191, 209, 367, 382

Basler Versicherung 324, 339

Bassi & Partners, s. Roberto Bassi & Partners

Bassi, Roberto 109, 110

Bassi, Sergio 190, 191

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Battaini, Bruno 305, 306

Baudat, Eric 206, 324, 346, 349, 350, 354

Baumgartner, Hans 39

Baur, Robert 75

Bayern München 116

BBC Brown Boveri AG 363

BCCI, s. Bank of Commerce and Credit International

BDD Binder Hamlyn 103

Beau-Rivage Hôtel, Lausanne 100

Beaverbrook, Lord 336

Beaverbrook Ltd. 101, 336, 337

Bechtel 196

Becker, Gary 297

Béghin-Say 202

Bellafit 241

Bellemans, Jean 324, 333, 349, 354

Belli, Ferdinando 173

Bendjedid, Chadli 194

del Bene, Alessandro 294

de Benedetti, Carlo 64, 132, 276, 342-344

de Benedetti, Familie 64, 70

de Benedetti, Rodolfo 64

Beneduce, Alberto 131

Beneduce, Idea Proletaria 131

Beneduce, Idea Socialista 131

Benezra, Albert M. 72, 87

Benhamou, Joseph 78, 80

Benoist, Jean-Marie 31

Bergonzi, Maurizio 110

Berlinguer, Enrico 133

Berlini, Giuseppe »Pino« 201, 203-208, 211, 212, 216, 217, 220

Berlouis, Ogilvy 336

Berlusconi, Paolo 226

Berlusconi, Silvio 29, 43, 48, 137, 140, 141, 161, 192, 223-228, 230, 232, 271, 283, 285, 297, 298,

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345, 371

Bernabè, Franco 15, 159, 160, 198

Bernasconi, Alfredo 383

Bernasconi, Paolo 39, 110, 150, 198, 210, 241, 242, 248, 300, 343, 344, 365, 375

Berner Sport Club Young Boys (BSC YB) 115, 116

Bernheim, Antoine 132

Berra, Amilcare 152

Bertarelli, Fabio 61

Bertelsmann 297

Berti, Alberto Jaimes 302

Bertoli, Romano 149, 153

Bertossa, Bernard 146

Bervini, Rossano 371

Bevilacqua, Italo 27

Bhutto, Zulfikar Ali-Khan 178

Bianchi, Emilio 27

Bianchi, Oberst der italienischen Finanzpolizei 282, 283

Bickart, Jean-René 324, 347, 349, 354

Big John, Affäre 19-21

Binda, Emilio 209

Binde, Ruth 37

Bindella, Fiamma 222

Binggeli, Markus 189, 207, 211, 229, 313

Biondi, Alfredo 140, 297

Bisagno, Rico 303, 306

Bisignani, Luigi 217-219

BK Vision 384, 385

Black Clawson Afex-Wintech 241

Blacky 121, 122

Blocher, Christoph 99, 280

BLP Banque lausannoise de portefeuilles 349

Blum, Pierre Alain 190

BNP, s. Banque Nationale de Paris

Bodenmann, Hermann 90

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Boesky, Ivan 328

Boissier, François 71

Bolduc, J.P. 292

Bolfo, Bruno 110

Bolgiani, Francesco 209, 261, 262, 272

Bollag, Josef 249

Bollag-Stiftung Flora, Bona und Rosa 249

Bolli, Rolf 177

Bon Génie 64

Bondpartners 349

Bongianino, Piero 338

Bongiovanni, Ernesto 22, 25

de Bonis, Donato 218, 219, 263, 290

Bonnant, Marc 75, 86, 88, 301, 352, 353

Bonnard & Gardel 349

Bontate, Stefano 139

Borak 187

Borden 292

Il Borghese 167, 277

Borradori, Giordano 30

Borrelli, Francesco Saverio 135, 137

Borsani, Lidia 223

Borsano, Gianmauro 43, 44, 48

Borsellino, Paolo 244

Bossi, Bixio 57

Botta, Edgardo 27, 52

Botta, Mario 272, 273, 382

Bouchard, Charles 362

Bourgknecht, Jean François 357

Bragiotti, Enrico 361-363, 366

Brakers 57

Brandolini, Nuno 313

Bravetti, Nicola 112, 228, 229

Braxton & Cie. 113

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Bremo Establishment 359

Bremse Gesellschaft 56, 57

Brenneke, Richard 299, 300

Bretton Woods 177, 265

Bricchetti, Renato 144

Brigate Rosse 133, 287, 296

Brinkbäumer, Karl 85

Brioschi, Guido 29

British Petroleum (BP) 162, 163

Brockenhaus Zürich 303-306

Broncos, Rockergang 114, 118

Brondi e Saroldi 46

Bronfman, Edgar 363

Brovelli, Elda 224

Bruderer, Hanspeter 209

Brüesch, Marco 179

Bruker-Spectrospin Vertriebsgemeinschaft 111

Brunner, Christiane 193

Brunschwig, Michel 64

BSI, s. Banca della Svizzera Italiana

Buchberger, Riccardo 58

Bucknam, Robert 256

Budich, Hermann 169, 170, 175, 176

Buffle, Jean-Claude 86, 89, 90

Building Development Components 109

Buontempo, Eugenio 187

Buonvicini 30

Burbridge 195

Burkhard, Bernhard 34, 39

Burrough, Bryan 68, 74-76, 79, 88

Buscetta, Tommaso 164

Bush, George (auch Bush-Administration) 256, 258

BZ Bank 170

Cabassi, Giuseppe 331

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Cadario, Carlo 177

Cademartori, Remo 57

Caesar, Hans-Joachim 364

Cagliari, Gabriele 156, 158, 159, 185, 186, 194, 204, 209, 217, 222

Calabrò, Maria Antonietta 260, 264, 300

Calaghan, Lord 181

Caland, Pierre 313

Calcestruzzi 202

Calero, Alfonso 31

California Public Employees Retirement System (CALpers) 372

Calmes, Marco 34

Caloia, Angelo 263

Calvi, Clara 271, 284

Calvi, Fabrizio 42, 43, 131, 192, 219

Calvi, Roberto 142, 143, 147, 260-278, 283, 284, 287, 289, 300, 302, 323, 331, 359, 361, 363, 368

Camaggi, Canda 227, 228

Cambio Corso 44

Cameli 347

Cameron, Kenneth 358

Camorra 46

Camponovo, Geo 220, 343

Canavesi, Antonio 108-110

Canepa, Walter 273

Canetti, Clara, s. Calvi, Clara

Cannizzo, Giovanni 238, 239

Cannon Group 344

Cantieri Navali Riuniti 368

Cantrade Banque Privée 63, 315

Capaldo, Pellegrino 312

Cappelli, Carlo 318

Cappello, Giancarlo 167, 171-173, 182, 183, 213, 214, 220

Caprioglio, Roberto 64

Cararra, Giovanni 33

Carbone, Eugenio 317

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Carboni, Flavio 270, 275

Carelle 212

Carey 292

Carib Holding 103, 229

Caribbean Estate Company 103, 229

Caribbean Hotel & Resort 103, 229

Carli, Otello 238, 239

Carlos, s. Sanchez, Illich Ramirez

Carnimex 249

Carolina 300

Carratu International 74

Carter, Jimmy 181, 327

Cartillier, Michel 74, 77, 82

Caruana, Don Alfonso 94

Casalee 84

Casey, William 291

Caso, Giangaetano 316-318

Cassa di Risparmio di Roma 311

Cassa per il Mezzogiorno 132

Casselli, Giancarlo 139

Castaldini, Elio 108

von Castelberg, Carlo 261, 267-270, 272, 273, 275, 276

Castro, Fidel 89

Cattaneo, Fausto 225, 226

Cavadini, Adriano 172, 173

Cavelty, Luregn Mathias 172, 174, 175, 182

Cavour, Camillo 288

CCS Control Centers 249

Ceauescu, Nicolae 318

Cecchi Gori, Mario 202

Cecconi, Maria 330

Cefis, Cristina 167

Cefis, Eugenio 163, 166-169, 176, 203

Celesti, Salvatore 256, 257

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Celio, Nello 39, 113, 193, 332, 333, 346, 354

Cementi Ravenna 202

La Centrale Finanziaria 267, 269, 270

Centrum Bank 98

Cerdana, Umberto 301

Cerrutti, Giorgio 319

Cerrutti, Sergio 58

Cerus Holding 64

Ceruti, Marco 279

Cesqui, Elisabetta 283, 286

Chambost, Eduard 111

Chapuis, Maurice 65

de Chastonay, Pierre 124, 380

Chemgen Products Services 241

Chempro 249

Chemtrade & Finance 195

Chevallaz, Georges-André 111, 384

Chevallaz, Jean 111, 120, 122, 127 Chevron 162, 163

Chiarella, Vincenzo 108

Chiari, Romulo 172

Chiariello, Francesco 172-174, 182

Chicago Board of Trade (CBOT) 204

Chiesa, Laura 136

Chiesa, Mario 136, 137

Chirac, Jacques 307

Chomeini, Ruhollah 156

Christlichdemokratische Volkspartei (CVP) 30, 31, 35, 39, 75, 84, 144, 179, 235, 254, 277, 356, 357

Chronofin 241

CIA 130, 131, 162, 164, 291, 299, 373

Ciaccia, Paolo 157, 160, 185, 195

Cicurel, Michel 64

Ciga 342

Cilag 60

Cimino, Bruno 186

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Cincera, Ernst 308

Cinéma 5 Europe 345

Cipriotti, Pio 217

CIR, s. Compagnie Industriali Riunite

Cirillo, Ciro 296

Cirio Polenghi De Rica (auch Cirio International BV) 221, 222

Cisalpine Bank 263

Citco, s. Curaçao International Trust Company

Citibank 177, 245, 246, 314

Classic Air 305

Clinique Chirurgicale et Permanence de Longeraie 349

Clipper 309, 315, 316, 318

Clubeira 212

Clubeira Establishment 211

Coastline Securities 102

Coen, Danielle 65

Coen, David 65

Cofaba 169

Cofi 362

Cofibel 32, 46

Cofide, s. Compagnia Finanziaria de Benedetti

Cofiducia 111

Cofigen 224

Cofimines 32

Cofimines 32

Cogefar Holding 199, 379, 380

Cogefar-Impresit 124, 380

Cohen, Aslan 65

Cohen, Peter 73, 76

Cohor Holding 167

Coim-Suisse 104, 359

Coiro, Michele 230

Colby, William 131

Collenberg, Alberto 359

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Colombo, Emilio 131, 342

Colombo, Gherardo 41, 43, 137, 138, 142, 143, 153, 157, 230, 295

Coltamai, Enzo 22, 23, 34, 40, 42, 45, 49, 52, 53

Comdatech Trading 241

Comerint 191

Comfinance Holding 331, 345, 347

Comifin SA (auch Comfin) 40-42, 45, 48, 49, 51, 195

Commerzbank 193

Compagnia Finanziaria de Benedetti (Cofide) 64

Compagnia Generale Finanziaria (CGF) 58, 287, 319

Compagnia Mobiliare 222

Compagnie de Banque et d'Investissements (CBI) 63, 64, 81, 84, 85

Compagnie de commerce et d'échange Codeco 349

Compagnie de l'Occident pour la Finance et l'Industrie (COFI 224

Compagnie de Navigation Mixte 197, 369

Compagnie de Participations Industrielles et Financières 80

Compagnie de Participations Internationales 368

Compagnie de Suez 68

Compagnie Financière de Gestion 25

Compagnie Financière du Château d'Allaman 189

Compagnie Financière Espiritu Santo 105

Compagnie Industriali Riunite (CIR) 64, 343

Compagnie Internacional de Industria y Comercio 212

Compagnie Internationale de Participations Bancaires et Financiaires (CIPAF) 368-370

Compagnie Luxembourgeoise de Télédiffusion (CLT) 328

Compagnie Monégasque de Banque 362

Compendium 261, 262

Compimassa 113

Comsefin 110

Concordia, Freimaurerloge 317

Conde, Mario 350, 371

Congregatio 305

Coniston Partners 372-374

Conseil Aboudaram Alain 278

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Construire 120

Consultfin 246

Conti Commodity Services 245

Continental Illinois Bank 264

Contrada, Bruno 244, 252

Coopers & Lybrand 349

Corak 188

Corakges 107, 188

Coral Fish 195

Cordova, Agostino 286, 287, 319

Coriat, Paul 346

Corleonesi, Mafiafamilie 19, 139, 140

Cornfeld, Bernard »Bernie« 89

Cornu, André W. 30

Corriere della Sera 42, 43, 167, 168, 268, 271, 283

Corrocher, Graziella 270

Corsi, Giorgio 176

Cortaillod (Gruppe) 190

Cortina 122

Cosa Nostra 19, 139, 244, 270

Cossiga, Francesco 134, 139

Costanzo, Maurizio 283

Costomeni, Etienne 105

Cotti, Gianfranco 30, 31, 33-39, 49, 50, 54, 143

Cotti, Spiess, Brunoni & Partner 366

Cottier, Roland 105

Counter Intelligence Corps (CIC) 293

Couteau, Gilbert 116

Coutts & Co. 80

CPS Associates 241

Cragnotti & Partners 101, 213, 219-222, 229

Cragnotti, Sergio 101, 192, 219-222, 229

Craxi, Bettino 87, 136-138, 142, 143, 146-149, 151, 157, 165, 186, 225, 227, 232, 284, 297, 326, 371 Craxi, Bobo 136

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Credex 113

Credinter 169

Crédit Commercial de France 176, 212, 323, 333

Crédit Communal (Gruppe) 328

Crédit Industriel d'Alsace et de Lorraine 25

Crédit Lyonnais 189, 221, 326, 334, 337, 344-347, 349-353

Crédit Suisse Fides Trust 349

Credito Italiano 131, 260

Crippa, Michel 354

Croce, Franco Noël 172, 173, 186-191

Crochet, Catherine 336, 352

Crochet, Delauney 336, 352

Crochet, Jean-Louis 145, 325, 336, 348, 349, 351-353

Croci, Sergio 109

Cronassial-Affäre 58, 59, 61

Cross Hill Investments 212

CS Holding 37

CSC Impresa Costruzioni 124, 379, 380

Cuccia, Enrico 132

Cuf Finance 349

Cuffaro, Giuseppe 19-22, 25

Çukurova Holding 51, 181, 187

Cuntrera-Caruana, Mafiafamilie 94

Cupola, Mafiagremium 19

Curaçao International Trust Company (Citco) 100, 103

Curator (alle Gesellschaften) 104, 167, 171, 172, 182, 183, 210, 213, 214, 220

Curiger, André 176, 323, 333

Curtò, Diego 215, 216

Cusani, Sergio 217, 218, 220, 316

Cutolo, Raffaele 296

CVP, s. Christlichdemokratische Volkspartei

D'Ambrosio, Gerardo 137

D'Andria, Renato 319

Da Empoli-Gautschi, Adelheid 189, 190

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Dafond, Sergio 253

Dai Ichi Kangyo Bank 80

Dallo, Bruno 324, 339

Dana, Thierry 53, 62

Dana, Victor 53, 62

von Däniken, Urs 235, 258

Darier, Hentsch & Cie. 63

Datagraph 241

Dätwyler AG 179

Davigo, Piercamillo 137, 138

DC, s. Democrazia Cristiana

De Angeli Frua (DAF) 319, 331, 335, 338, 339

De Gennaro, Gianni 22

De Laurentiis Group 344

De Lutiis, Giuseppe 293, 299

De Megni, Augusto 286

De Strobel, Pellegrino 274

De Toledo, Edu 225

DEA, Drug Enforcement Administration 88

Defouni, Rafic Claude Abdallah 193, 199

Deggeller, Otto 103

Del Bue, Paolo 228, 229

Delachaux, Jean Louis 63

Delaney, Brendan 336, 337

Delaney, Christopher 279

Delaney, Deborah 336, 337

Dell'Orto, Gianni 158, 160, 172, 174, 182, 185, 186, 195, 196

Dell'Osso, Pierluigi 147, 168, 266, 274, 275, 278, 279

Della Flora, Giorgio 172, 173, 182

Della Torre, Franco 246-248, 251

Della Valle, Francesco 58, 59, 61

Della Valle, Renato 228

Delley, Marcel 190

Deloitte & Touche Experta 213

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Deloitte & Touche 210, 212

Delon, Alain 374

Demetera Edizioni 302

Demo Scope Holding 241

Democrazia Cristiana (DC) 48, 130, 131, 133, 139, 140, 161, 177, 195, 217, 283, 284, 293, 296, 327, 329, 369, 380

Denz, Silvio 305, 306

Denz, Werner 305

Desmarais (Gruppe) 328, 368

Deutsche Bank 132, 177, 263

Deutsche Bischofskonferenz 263

Deutsche Genossenschaftsbank (DG Bank) 212, 370, 371, 375

Deutsche Reichsbank 364

Di Bernardo, Giuliano 288, 317

Di Donna, Leonardo 143, 147, 149, 151, 153, 165, 267, 284, 296

Di Maggio, Antonio 226

Di Maria, Piêrr 60, 61

Di Nunzio, Giorgio 277, 278

Di Pietro, Antonio 41, 42, 60, 136-138, 140, 141, 147, 157, 185, 188, 201, 205, 212, 217

Diana, Agostino 168, 172, 176

Diario 330

Diecidue, Romolo 293

Diffusia 117

Dilenschneider, Robert 292

Dini, Lamberto 140, 218

Diomede, Alfredo 317

Dipartimento Investigativo Antimafia (DIA) 46

Discount Bank Overseas 223

Dobler, Alois 84

Dominant Holdings 241

Dominion Trust 64

Domino Musik 169

Donati, Brunello 222

Donati, Fabrizio 34, 51

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Donhauser, Hannelore 211

Doninelli-Binaghi, Stefania 57, 224

Doninelli, Ercole 27-30, 49-51, 57, 224

Doninelli, Giuseppe 56, 57

Donovan, William »Wild Bill« 291

Doren Overseas 189, 190

Dotti, Vittorio 230

Dowal Corp. 369

Dresdner Bank 194, 332

Drexel Burnham Lambert 328

Drogenkartell, kolumbisches 181, 240

Duferco 110

Duft, Peter 276-278, 354

Duménil Leblé 64

Dumex 169

Dunatov, Matteo 210

Duomo Connection 25

Durussel, Christian 191, 207, 229, 313

Dweck, Cyril 78

Dweck, Familie 63, 65, 66, 69

Dweck, Giacomo 65, 72, 73

Dweck, Maurizio 65, 66, 70

Dynamic Enterprises Holding 241

E & C Trading 249

Ebel Finance 190

Ebner, Martin 170, 384, 385

Edelman, Asher 111, 372

Edilnord 223

Edison 360

Editions du Temple 241

EF Hutton 247

Eggert, Jörn 341

Ehrismann, Gertrud 150

Ehrler, Alois 172, 173

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Eidgenössische Bankenkommission (EBK) 28, 29, 57, 64, 71, 78, 90, 99, 150-152, 177, 178, 188, 280, 342, 362-364

El-Khoury, Michel 313

Electric Mutual 95

Elf-Aquitaine 163, 182, 192

Elinex Holding 249

Elor-Beteiligungs- & Verwaltungsgesellschaft 241

Elosua 207, 208

Elosua, Andreas 207

Elosua, José-Manuel 207

Elysée management 349

Emaco Holding 190

Empain, Baron 32

Encyclopaedia Britannica Verlag 80

Energy Investments 112

ENI, s. Ente Nazionale Idrocarburi

Enichem (alle Gesellschaften) 156, 173-175, 192, 213, 222

Enimont (auch Enimont International) 101, 158, 192, 204, 213, 215-218, 220-222, 263

Ente Minerario Siciliano 329

Ente Nazionale Idrocarburi (auch Gruppe) 15, 41-43, 48, 55, 101, 107, 143, 147-149, 152, 153, 156-163, 165-177, 182-190, 194, 197-199, 204, 213-217, 222, 267, 284, 296, 323, 326, 329, 332, 333, 340, 341

Entreprises et Travaux de Construction 380

EP Services 193

Epoca 297

Erdoan, Celal 86

Ericsson 146

Eridania 202, 207, 208

Ermenegildo Zegna 64

ES Consult 111

Esib Smile 212

Espiritu Santo, s. Compagnie Financière Espiritu Santo

L'Espresso 342

Esslinger, Ernst 210, 213, 220

Esso 162, 354

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Etablissement Valina (Anstalt Valina) 211, 212

Etablissement Valina/Fidinam Fiduciare SA 211

Etairoi Holding 103, 229

Eti AG Holding 224

Etraco 241

Eucken, Walter 297

Eurinval 46

Euro-Oil Invest 106

Eurobelge Holding 347

Europe Mont Blanc 117

Europrogramme 340-344

Eurotrust International Holding Corp. 102, 108

Evansil 349

Excelsa Confiserie 23

Executive Intelligence Review (EIR) 85

Falcone, Giovanni 19, 244, 251, 252, 256, 257

Faltet 212

Fantre Finanz 241

Fardafid 40

Fardafin 40, 354

Farnham, Lord 299

Fasco AG 264, 359

Fasel, Roland 103

Favre, Claire 77

FBI 19, 20, 24, 244, 247, 248, 256, 258

FC Sion 341

FDN 31

FDP, s. Freisinnig-Demokratische Partei

Federici, Elia 309

Felber, René 193

Feller, Roberto 30

Fenrir 111

Fentener Van Vlissingen, Frederik 332

Ferranti, Enrico 172, 174, 216, 217

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Ferrara, Giuseppe 271

Ferrari, Alberto 209, 267, 296, 328

Ferrari, Demetrio 30, 33, 37

Ferrechi, Giorgio 227

Ferrovie Torino Nord (FTN) 46

Ferruzzi (alle Gesellschaften) 132, 201-213, 215, 216, 218-220, 222, 229, 316

Ferruzzi, Alessandra 204, 219

Ferruzzi, Arturo 204, 220

Ferruzzi, Familie 201, 204, 212, 221

Ferruzzi, Franca 204

Ferruzzi-Montedison 209, 211, 212, 215, 220-222

Ferruzzi, Serafino 202, 204, 205

Ferruzzi, Vittorio 202

Festing, Matthew 291

Feybli, René 192

FIA Fachinspektorat für Aufzüge 111

Fiat 124, 131, 132, 199, 203, 377, 380

Fibi Bank, s. First International Bank

Fidelity Fund Boston 292

Fidia Pharmaceutica 56-61

Fidiafin 57

Fidinam (alle Gesellschaften) 104, 109, 110, 189, 191, 197, 201, 207-209, 211, 212, 229, 313, 357-360, 362-367, 370, 371, 375-377, 382, 383

Fidirevisa 191, 193, 207, 382, 385

Fiduciaire Générale 274

Fiduciaria Tramezzani 41

Fiechter, Georges 75

Le Figaro 197, 369

Figed 369

Figliuzzi, Tommaso 230

Filocity 7 117, 123

Fimag AG, s. Finanz und Managment AG für Sport und Kultur

Fimo Gem Stone 33

Fimo, s. Finanziaria Mobiliaria SA

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Finabank, s. Banque de Financement

Finagest 245-247, 249-251

Financial Action Task Force on Money Laundering (FATF) 11

Financial Corporation of North America (FCNA) 367

Financial Group of North Atlantic (FGNA) 191, 367, 370, 372, 375, 377, 382

Financing and Investments NV 209-211, 220

Finansag 241

Finanz und Management AG für Sport und Kultur (Fimag AG) 115

Finanz und Vertrauens Handels Anstalt (FVA) 364-366

Finanzco 278

Finanziaria Mobiliaria SA (Fimo) 20, 22, 23, 25-38, 40-57, 62, 73, 81, 157, 158, 195, 197, 224, 233, 244, 264, 315, 354

Finas Versicherung 170, 171

Finexpo 266

Fingems Financial Gems Invest 33

Fini, Gianfranco 161

Fininvest (alle Gesellschaften) 29, 141, 226-229, 232, 297, 345

Fininvest International 345

Fiore, Carlo 158

Fiore, Raffaele 230

Fiori, Publio 297

Fiorini, Florio 75, 95, 101, 144, 145, 148, 150-153, 158, 160, 170, 176, 177, 182, 183, 189, 190, 206, 319, 323-329, 331-341, 343-354, 376

Firrao, Ruggiero 159, 266

Firs 338

Firsec 112, 332

First International Bank (Fibi) 72, 223

First National Audit di Fausto Virucci 101

Fiscalini, Elio 33, 38, 40, 44-46, 49, 51, 56, 57, 354

Fiss, Roger 177

Fleming 67

Fondation pour Genève 193

Fondation Verdan Claude 349

Fonds de prévoyance en faveur du personnel de la Clinique 349

Fontanet, Guy 112

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Foreign Marketing 337

Forgione, Francesco 317

Formalux 241

Formichi Moglia, Giancarlo 23-26, 53, 54, 62

Fornaca, Angelo 168

Forte, Franco 329

Fortrade finance corporation 278

Fortress Trust Company 113

Forza Italia 140, 231, 232, 297

Foscale, Giancarlo 226-228

Foseco Trading 111

Foti, Valentino 31-33, 45-47, 49, 51, 52

Fountainhead Group 112

FP Handels AG 241

Franchi France 57

Francis, Roger G. 107, 187, 188, 190, 195, 217

Frank Trading 241

Franke, Günther 189

Franklin National Bank 264, 368

Fransad 315

Fraschetti, Umberto 57

Freddi, Francesco 324, 349, 354

Freeh, Louis 256

Freisinnig-Demokratische Partei (FDP) 29, 31, 99, 111, 190, 220, 237, 343, 380

Frenziek 249

Frère, Albert 328, 347, 368

Frick, James 292

Friedman, Milton 297

Friedman, Robert 79

Friedrich, Rudolf 31

Frigerio, Enrico »Kiko« 247, 250, 251

Frimusa 78

Frischknecht, Jürg 39, 270, 308

Front de Libération Nationale (FLN) 162

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Frossard, Claude 77, 82

Früh, Walter 313

Furrer, Gustav 243

Fusi, Paolo 14, 40, 142

Futterknecht, Willi 176

Gaggini, Fabio 222

Galatolo, John 19-21

Galatolo, Mafiafamilie 19

Galerie Vallotton Paul 349

Galli, Giancarlo 132

Galli, Giorgio 129, 162, 166, 167

Galliani, Adriano 43

Galliano-Aloisio, Lucia 33, 49

Galliano, Franco 49

Gallo, Pier Luigi 34

Gallone, Paolo 189, 350

Gallotta, ? 319

Gambazzi, Marco 169

Gamberini, Giordano 292, 294, 295

Gambino, Mafiafamilie 19, 264, 265

Ganci, Joe 253

Gantin, Bernhardin 263

Gaon, David 112

Gaon, David-Nessim 65

Gaon, Familie 63-66

Gaon, Leon 112

Gaon, Nessim 64-66, 87

Gaon, Renée 65

Garbely, Frank 87, 301, 305

García Ramírez, Nelson Manuel 24

Gardini, Idina 202, 204, 205

Gardini, Ivan 204

Gardini, Raul 132, 192, 201-206, 208, 209, 2

IBM 317

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Icahn, Carl 372

Ignacia Stiftung 112

IKEA 313

Ilex Trust Services 16, 26, 92, 104, 105, 107, 108, 110, 113, 115, 116, 119, 123, 127, 188

Iliescu, Ion 318

Imex Industrieanlagen und Maschinen 241

Imic 319, 338, 349

Immobilienstiftung Schweizerischer Pensionskassen 349

Imperio Reinsurance 102

Impreglio 380

Impresit 380

In Labore Virtus, Freimaurerloge 305

Inadco AG 17, 313, 321

Indaco AG 17

Indelec 357

Industrial Machinery Company 213

Info-Investments 249

ING (auch Gruppe) 328, 347

Inkra 241

von Ins, Walter 303, 304, 306

Inse & Pessina 109

Institut Monétaire 51

Inter-Elektronik 241

Inter-Marka AG für Kennzeichnungstechnik 241

Interchange Bank 57, 224

Intercontainer Machinery 241

Interfashion M + P 249

Interinvestment Corp. 41

International Financial Development Luxemburg 112

International Investment Development 195

International Oil Services 336

Internationale Stiftung für die europäische Zivilisation 384

Internationaler Währungsfonds (IWF) 12

Internationales Komitee zur Verteidigung der katholischen Tradition 290

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Interpart Finanziaria 21

Interpart Holding 331, 332

Intersema Holding 241

Interzephyr 249

Intrapol 241

Investair 190

Investment Company of North Atlantic (Icona) 367

Investors Overseas Services (IOS) 89

Inzerillo, Mafiafamilie 264, 265

IOOC 195

IOR, s. Istituto Opere di Religione

IP-Petroli 163

Ipsa-2-Affäre 194, 196

Iran-Contra-Affäre 31, 75, 80, 88, 89

IRI, s. Istituto per la Ricostruzione Industriale

Irneri, ? 164

Irving Trust Bank 363

Isaacs, Abdullah 87

Isabella von Spanien »die Katholische« 63

Isarescu, Mugur 318

ISM Consult und Investment 111

Isowa 241

Israel Discount Bank 72, 223

Istituto Mobiliare Italiano (IMI) 230-232

Istituto Opere di Religione (IOR) 217-219, 260, 262-264, 269-271, 274, 277, 289, 290, 292, 302, 359

Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) 131, 132, 221, 311, 317, 360

Italcantieri 224

Italfinance International 182

Italicus-Express 294

Itoko Holding 29, 33, 41, 50, 51

J.B. Oxford & Company 313

J.B. Oxford Holdings Inc. 313

Jacob E. Safra, Maison de Banque 69, 70

Jacquemoud, Jean-Pierre 75, 77, 78

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Jacquemoud, Laura 77

Jagro 241

Jalloud, ? 159

Jancu, Costel 318

Janjöri, Karl 148-152, 170-174, 183, 209, 327

Jaspen 111

Jeudi Sports 117, 123

Johannes Paul I. 277

Johannes Paul II. 218, 219, 263, 290

Johanniterorden 290

Jones, Kenneth 382

Jordan Brushes 169

Journal de Genève 63, 100

JS Holding SA (auch JS Consulting, JS Finance) 113, 115-127, 380

Junod, Charles-André 75, 78, 87, 88

Kaeslin, Jacques-André 233, 234

Kahane, Karl 327, 332

Kamer Martin Ltd. 111

Kaneko Holding 350

Kaneko Holding 350

Kantonalbank Genf 63, 65, 122, 124

Kantonalbank Tessin 254, 360

Kantonalbank Waadt 122, 127

Karamehmed, Mehmet 187

Karelion Anstalt Etablissement 41

Karfinco Holding NV 188

Karfinco, s. Banque Karfinco

Kasper-Ansermet, Laurent 181

Kassar, Adel 63, 315

Keicher, Walter 261

Keiser, Lorenz 37

Keller, Gianfranco 27, 52

Keller, Stephan 66

Kennedy, David 264

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Keracem 241

Kerkorian, Kirk 345, 346

Kessel, Patrick 307

Kessler, Reto 112, 365

Ketterer, Claude 117

KGB 173, 233

King, Pascale 112

Kirby, Rose 24-26

Kirch, Leo 370

Kirschmann, François 206

Kiwexim 212

Klaus, Vaclav 297

Klauser, Peter 386

Klöckner 341

Knight, Stephen 299

Knox, Allen »Brito« 20

Koç (Gruppe) 124

Koch, Egmont 305

Kochan, Nick 180

Koenig, Walter 104, 107

Kofisa Trading 124

Kohli, Ulrich 84

Koipe 207, 208

Kollbrunner, André 309

Kollbrunner, Curt 309

Kollbrunner, Ellen »Winnie« 58, 309, 310, 312-316, 319-322

Koller, Arnold 233-236, 242, 258

Königliches Freimaurerspital London 299

Konto 14925/SCT Albatros 195

Konto 27971 Stefania 246

Konto 633.369 Protezione 142-153, 157, 168, 170, 174, 186, 252, 267, 268, 321, 335, 348, 366, 380

Konto Acacias 247

Konto Bukada 279

Konto Smart 245

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Konto Tortuga 279

Konto Traex 247

Kopp, Elisabeth 75, 233, 234

Kopp, Hans W. 75, 171, 174, 182, 233, 234

Kott, Irving 313

KPMG Fides 109, 201, 205, 206, 221, 325, 326, 337, 346, 349, 352, 354

Kredietbank 209

Kreditanstalt, s. Schweizerische Kreditanstalt

Kristall Treuhand 199

Krohn, Audrun 332, 333, 346

Kroll, Jules 74, 271

Kronenberg, Hans 243

Kuhrmeier, Ernst 246, 365

Kunz, Hans Albert 270, 300

Kuoni 354

Kurt, Christian 50

Kuwait International Finance Company 182

L & S Conseil 80

La Barbera, Arnaldo 256

Laconfida 109

Laetitia 111

Laganà, Giorgio 198, 199

Laguzzi, Maurizio 309, 310, 315, 316, 318-321

Lahco 122

Lalitz 241

Lamerton Holding 212

Lamunière, Pierre 118

Landama 25

Landolt & Cie. 100

Landolt, Pierre 100, 101

Landolt-Sandoz, Nicole 101

Lange, Einer 332

Larini, Silvano 145-149, 151, 153, 157, 183, 186, 197, 225, 348, 366, 380

LaRouche, Lyndon H. 85

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Lasa 343, 344

Lateranverträge 218

Lauber, Michael 236

Lazard Frères 132

Le Floch-Prigent, Loïk 192

Le Foyer Universitaire 349

Le Thanh-Lung 33

Leber, Ulrich 172, 173

Leclerc & Cie. 362

Leclerc, Robert 224, 362

Ledergerber, Elmar 242

Lefebre d'Ovidio, Antonio 326-328, 331-333, 335, 346, 347

Lefebre d'Ovidio, Manfredi 326-328, 331-333, 335, 346, 347

Lehman Brothers 362

Lehmann, Claudio 242, 243, 252, 254, 257

Lehmann, Peter 236

Lehner, Melk 381

Leir, Henri J. 368

Lely Patent AG 169

Lely Research Holding 241

Lely Zug 241

Lentini, Gianluigi 42, 43

Lenz & Staehelin 80

Lenzlinger, Iso 173

Leo XIII. 288

Leon Sanchez, Angel 20, 21

Leone, Giovanni 327

Lepori, Claudio 144, 146

Let Holding (auch Leysintours Let) 121-124, 127

Leuenberger, Moritz 255

Levi Montalcini, Rita 58, 61

Lévy-Lang, André 189

Ley Ravello, Florence 205

Leyendecker, Hans 85

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Libanon Connection 62

Liberale Partei der Schweiz (LPS) 38

Libertas Schweiz 39

Libyan Arab Foreign Investment Company 340

Liechtensteinische Landesbank 97

Ligresti, Salvatore 171

Lim Keen 112

Lima, Salvo 139, 140

Lipha Pharma 349

Lisag-Liftcheck 111

Lissi, Diego 357-359

Livolsi, Ubaldo 229

Lloyd's of London 299

Lloyds Bank 299

Lo Presti, Fortunato 172

LO Holding Lausanne-Ouchy 349

Lockheed-Skandal 327

Lodigiani 380

Lodolo d'Oria, Alfonso 367, 377, 381, 382

Loesch, Jacques 313

Lombard, Odier & Cie. 123

Lombard, Thierry 63, 193

Longo, Pietro 296

Lorenzetti, Enrico 304

Lorsch, Jay 292

Lottusi, Giuseppe 21-26, 31, 33-36, 40, 44, 45, 48, 52-54, 73, 85

Lovelock 261, 262

de Luca Comandini, Raffaele 230

Lucky Luciano 129

Luginbühl, Rico 107, 115, 116, 121, 123, 124, 126

Luison, ? 150

Lunde, Lars 115, 116

Lustenberger, Erwin 241, 242

Luxembourg European Investment Holding 212

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Lynch, Peter 291, 292

Mabillard, Max 123

Macchi, Rolf 207

Machiavelli, Niccolò 139, 176

Macioce, Thomas 263

MacPhail & Co. 105

MacPhail, Donald 105

Maddaloni, Mario 192

Madonia, Francesco 19

Madonia, Mafiafamilie 19-21, 26, 47

Mafia 19, 20, 25, 35, 42, 43, 46, 47, 55, 56, 62, 79, 94, 129, 135, 137, 139, 140, 142, 164, 166, 233, 234, 236, 238, 239, 244-246, 249, 251-253, 255-258, 260, 264, 265, 271, 277, 282, 283, 286, 328, 329, 359, 368,

Maggioni, Flavio 109

Magharian, Gebrüder 62, 386

Magnani, Roberto 205

Magni, Luca 136

Magrone, Nicola 378, 379

Mahe Bunkering Company 336

Mahlmann, Karsten 204

Mahr 249

Maitland 105

Malden Overseas 190

Malteserorden 219, 290-292

Manchham, James 336

Mancini, Gianfranco 338

Mancuso, Giovanni 140

Mani Pulite 13, 41, 44, 129, 130, 136-138, 142, 146, 159, 174, 185, 193, 204, 221, 226, 282, 321, 363

Mannesmann 196

Mantegazza, Geo 313, 356

Mantegazza, Sergio 356

Mantovani, Tiziano 319, 338

March, Robert 107

Marcinkus, Paul Casimir 218, 263-265, 270-272, 274, 277, 289, 290, 359

Marcos-Affäre 154

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Marger 349

Marine and Merchant Bank 177

Marnetto, Renato 159, 176

Marshall, Greta 372

Marsilio Verlag 330

Marsyl 241

Martelli, Claudio 143, 147, 148, 151, 311, 314, 316, 319-321, 326

Martinelli, Pietro 371

Martinez Somalo, Eduardo 263

Martino, Antonio 297

Marty, Dick 226

Marua Holding 123

Marziale, Roberto 220-222

Marzocco, Alessandro 56, 57

Masoni, Franco 357

Maspoli, Flavio 342

Maternini, Angelo 57

Mato Grosso 225

Matsack 219

Mattarella, Piersanti 140

Mattei, Enrico 161-166, 169

Matteotti, Giacomo 161

Matthews, David 359

Matthis, Felix 270

Mattioli, Raffaele 360, 361

Maucher, Helmuth 112

Maxim's, Genf 117

Maxwell (Gruppe) 353

Maytime Developments 25

Mazzanti, Giorgio 165, 333, 340

Mazzini, Giuseppe 288

Mc Kenzie Mills, David 227

MC Finance 81

MCC Mobile Communications Company 169

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McCaffery, John 166

McCormack 84

McGaw, Robert 111, 112

MCH Hotel Consult & Management 241

Mebco Bank, s. Middle East Bank

Medellín, Drogenkartell 20, 21, 24, 26, 35, 46, 47, 53, 55, 62

Mediobanca 132, 204

Medisafe 104

Mehrmann, François 105

Mele, Vittorio 230

Melodia, Nicola 186

Mennini, Luigi 264, 274

Mensch, Rubino 39

Mercury Holding 66

Merkur 75

Merlin Gerin 45, 279

Merlin, Helmuth 97, 211

Merlo, Mario 158, 173, 186

Merrill Lynch 26, 54, 247

Merz Wipfli, Barbara 104, 167

Il Messaggero 167, 168, 202, 222

Metalrite 241

Metals and Chemicals Promotion (MCP) 109

Metro Goldwyn Mayer (MGM) 334, 336, 345-347, 353

Metropolitana Milanese (MM) 146

Meyer, André 132

Michel, Christian 103

Michelangeli, Arturo Benedetti 291

de Michelis, Cesare 330

de Michelis, Gianni 326, 330

Michetti, Roberto 216, 221

Middle East Bank SA (Mebco) 75

Middle East Bank (Mebco) 75

Midgen Corporation 229, 313

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Midland Bank 299

Mielke, Erich 305

Migrol 341

Migros 120, 125

Migros Bank 225

Milanesi, Fortunato 27

Milano Internazionale 224, 362

Milesi, Romana 357, 358

Miniati, Salvatore 245, 251

Mir Khan, Mohammed 205

Mirabeau, André 374

Mirega 241

Mitsubishi 196

Mitterrand, François (auch Mitterrand-Regierung) 328, 334, 344, 368, 369

Mittwoch-Gesellschaft Zug 111

MK Mineralkontor 241

MKS Finance 75

Mobil 162, 163

Moci, Paolo 187

Mockler jr., Coleman 372-374

Modestia cum Libertate, Freimaurerloge 303-305

Moebius, Ulrich 59

Mondani, Paolo 317

Le Monde 351-353

Mondello, Fabio 230

Mont Pèlerin Society (MPS) 297

Montanari 341

Montanelli, Indro 163

Monte-Shell 163

Montedison (auch Montedison Finance, Montedison International) 132, 163, 166-168, 192, 202, 203, 205, 209-214, 216, 217, 220, 222

Montedison International Holding 203, 204, 209, 211-214, 216, 220

Montefibre 203

Moranzoni, Mario 228

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Morard, Marcel 189

Mordasini, Piergiorgio 146

Mordasini, Sergio 357

Morel, Félicien 120

Morgan, John Pierpont 63

Morland Finance 190

Morland Overseas 190

Moro, Aldo 133, 139, 165, 295, 296

Morotti, Claudio 109

de Morpurgo Varzi, Graf Domenico 348

Morrison Knudsen 291, 292

Mosconi, Antonio 380

Moser, Max 305

Mossadegh, Mohammad 162

Moussa, Pierre 368

al Moussa, Samir 177

Muheim, Franz 179

Müller, Peter E. 303-306

Multi Media Consult 189

Multiestate Holdings 106

Munitionsfabrik Altdorf 179

de Muralt, Bertrand 362

Mussolini, Benito 131, 161, 218, 260, 287, 293

Musullulu, Yaar 247, 248, 253

Musumeci, Pietro 296

N.V. Euver 32, 46

Naco 382

Nadex SA 186, 189

Nair, Raj 105, 107, 108

Namibra 249

Naqvi, Kazem 180

Naqvi, Mohammed Swaleh 179, 181, 182

Narlon 241

Nasser, Gamal abd el 162

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National Westminster Bank (auch Gruppe) 80, 299

Nato 293

Natoma 228

Navelink 349

'ndrangheta 286, 296, 319

Nedrun, Arild 332

Nelson, Frank 337

Nespeca, Antonio 357

Nestlé 292

Neue Bank 98

Neue Medien SAT 241

Neue Schauspiel AG 39

Neuen, Marc 25

Neuroni, Alfredo 266

New World Entertainment 344

Newap Trading 169

Nguyen Van Thieu 31

Nicolin, Danièle 103

Nicotec 241

Nixon, Richard 264

Nobelstiftung 61

Nobile, Gaetano 25

Noga 65

Nogara, Bernardino 262, 360, 361

Noida New Dehli 65

Noleda 241

NonproCons 306

Nopal International 169

Norbarn Management 241

Nord Marine Trading 110

Nordeurop Anstalt 279

Nordfinanz Bank 82

Nordstern 25

Norfinsud 193

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North Atlantic-Société d'Administration (Nasam) 367

North, Oliver 88

Noseda, Alfredo 342

Notz, Peter 300

Le Nouveau Quotidien 89

Nummus Tugensis 111, 113

Nuovo Pignone 156, 159, 160, 184

Nutrasweet 111

Nutt, Edwin 211

Nyffenegger, Friedrich 243

O'Connor, John 263, 292

Oberholzer, Josef 240

Oberholzer, Niklaus 237

Oberson, Raoul 193

OCRA (Overseas Company Registration Agents) 102, 108

OCRA Management Services 102

Offshore Institute 102

Oficina de Cambio 24

Oficina de Cambio Internacional 23, 24, 53, 62

Oilinvest BV Nederlands 340, 341

Oleodotto del Reno 175

Oliver, Augustus 372, 374

Olivetti 64, 132, 169, 203, 342

Olivi, Luigi 300

Olney 212

Olympia & York 65, 353

Omni Holding 324, 334

Opel 85

Opex 241

Opromolla, Paolo 220, 221

Opus Dei 263, 302, 313

Orbo Finanz 111

Orden vom Heiligen Gral 307

Ordre des Avocats de Genève 75

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Orell Füssli Annoncen 117

Organisation de l'Armée Secrète (OAS) 164

Orior 328

Ormyron, Isaac 65

Orox 186

Orsi, Luigi 338

Ortelli, Fausto 357

Ortolani, Umberto 159, 265, 269, 270, 275, 283, 289, 300

OSS 130

Ostertag, Michel Joseph 105

Oto Trasm 378, 379

Otopex-Holding 111

Ott, Alexander 305

Ottaviani, Luigi 368

Otto Holding 370

Oundjian 249

Overland Trust Holding 109

Overseas Bank and Trust 380

P-26, Geheimarmee 179

Pache, Charles-Daniel 206

Pacifico, Attilio 230-232

Pacini Battaglia, Pierfrancesco 15, 16, 41, 42, 44, 48, 157, 158, 160, 185-197, 199, 216, 217

Padrutt, Willy 233, 258

Paese Sera 167

Palace-Club 115, 121

Palazzo Giustiniani, s. Grande Oriente d'Italia

Palazzolo, Pietro 249

Palazzolo, Vito Roberto 246-250, 253, 257

Palladino, Vincenzo 216

Pallas-Gruppe 368

Palma Medical Supplies 110

Palme, Olof 300

Palombini, Andrea 25

Palumbo, Lou 373

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Panorama 297

Pansa, Alessandro 256

Paperboard Holding 241

Papi, Enzo 199, 380

Papillon 250

Papival Holding 121, 124

Parenti, Tiziana 137

Parfinance 328

Pargesa Holding 328, 368

Paribas, s. Banque Paribas

Parli, Alessandro 250

Parli, Ernesto 250

Parmalat 339

Parmigiani 100

Parretti, Giancarlo 326, 328-332, 335, 336, 344-347

Participations Européennes 212

Partido Socialista Obrero Español (PSOE) 84

Partito Comunista Italiano (PCI) 129-131, 133, 134, 137, 139, 147, 167, 168, 218, 284, 293, 294, 296

Partito d'Azione 132

Partito Popolare 161

Partito Repubblicano Italiano (PRI) 177, 284

Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI) 177, 296

Partito Socialista Italiano (PSI) 48, 130, 131, 137, 142, 147, 148, 156, 157, 161, 165, 170, 177, 186, 195, 197, 199, 217, 267, 284, 296, 297, 307, 320, 326, 371

Partival 205, 206

Partridge Investments 105

Pathé Cinéma (auch Pathé Communication Corporation) 344, 345

Patra Holding 169

Patrioten in Deutschland 85

Patronaler Finanzierungsfonds der Zürich Versicherungsgesellschaft 349

Patry, Eugène 374, 381

Patry, Jean 374

Patuzzo, Gianni 222

Paul VI. 289

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Pazienza, Francesco 275, 277, 278, 301

PB Finance, s. SA Financière Patience Beaujonc

Peccorelli, Mino 140, 289

Pecufina 111

Pelaggi, Antonio 230

Pelli, Giuliano 75, 87

Pelter Business Corp. 189, 190

Pelz Import & Export 306

Pemberton, Jeremy 294

Pemex 182

Pennone, Robert 81

Perelman, Ron 372, 373

Pérez de Cuellar, Javier 139

Peri 169

Permaflex 293

Perón, Juan Domingo 285

Perozziello, Vincenzo 338

Perraudin, Paul 314, 315, 320

Personalfürsorgestiftung der Foseco Holding 111

Peschiera, Borromeo 172

Pessina, Cesare 172

Pétain, Henri Philippe 69

Peter, Markus 235

Petromin 165

Petromin-Skandal 340

Pettinello, Daniela 34

Peyrot, Nicolas 353

Pharaon, Ghait 178

de Piaggi, Tiziano 34

Piattini, Ina 357, 358

Piazza del Gesù, s. Gran Loggia d'Italia

de Picciotto, Daniel 63

de Picciotto, Edgar 63, 64, 70, 81-84

de Picciotto, Familie 63, 66, 85

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de Picciotto, Guy 63

de Picciotto, Maurice 84

de Picciotto, Phil 84, 85

de Picciotto, René 63, 315

Picco, Renato 207-209

Pickens, T. Boone 372

Pictet et Cie. 63, 240

Pictet, Ivan 193

Pictet, Nicolas 63

Piergili, Patrick 173

Pierre Premier Part NV 347

Pieth, Mark 237

Pietzcher, Theodor 263

Pigorini, Pio 158, 186, 194

Piico 156

Pilatus Flugzeugwerke AG 381

Pilet, Jacques 86, 89, 90

Piliello, Pietro 319

Pineau-Valenciennes, Didier 45, 46

Pinochet Ugarte, Augusto 31

Pinto, Patrizio 316, 317

Pio Albergo Trivulzio 136

di Piramo, Renzo 363, 365

Pirelli (auch Gruppe) 131, 132

Pirelli, Leopoldo 132

Pironi, Renato 224

Pisanò, Giorgio 167

Pius XII. 262

Pizza Connection 226, 243-246, 248, 250-252, 256, 257, 386

Pizzi, Antonio 144

Pizzutti, Roberto 25

Plaiderie Trust 25

Plasticos Holding 111

Plastiras, Costakis 77, 82

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Plettli 109

Plumbat-Skandal 368

Poggi, Daniele 222

Poggiolini, Duilio 60, 61, 218

Le Point 352

Poletti, Charles 57

Pollak, Rinaldo 172, 173

Poltschech Corporation 241

Poncet, Charles 38, 99, 276, 279-281, 350, 354

Poncet, Dominique 87, 279, 301, 326, 350, 352

del Ponte, Carla 15, 16, 26, 29, 34-36, 38, 39, 52-55, 62, 225, 226, 231, 233-235, 238-244, 250-253, 255, 257-259, 343

Poos, Jacques 369

Porcelluzzi, Savino 25

Poretti, Mauro 358

à Porta, Niculin 264

Portaluri, Salvatore 173

Portomega 102

Postizzi, Mario 227

Power Corp. 328, 368

Pozzi, ? 52

Prada, Maurizio 380

Präsidial-Anstalt 97, 211

Precicast 227

Previti, Cesare 230-232

PRI, s. Partito Repubblicano Italiano

Price Waterhouse 210, 213, 214

Priest, Martin Roy 358

Privat Kredit Bank 224

Prochimex 77

Prodi, Romano 311, 312, 317

Projecta 197

Promoters & Contractors 197

Propaganda Massonica Due (P2) 58, 60, 75, 133, 140, 142, 143, 145, 147, 148, 159, 165, 186, 218, 224, 225, 260, 265-268, 271, 275, 277, 279, 282-290, 292-300, 302, 303, 316-319, 328, 332, 340

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Provident Mutual Insurance Group 299

Prudential Bache 215

PSDI, s. Partito Socialista Democratico Italiano

PSI, s. Partito Socialista Italiano

Publicitas 117, 118

Pugnat, Dominique 189

de Pury, David 94

P2, s. Propaganda Massonica Due

Quadri, Venerio 39, 40, 51, 54, 250, 343

Quim-Invest 111

R.C.G. Enterprises 24

R.F.&W. Partner 192

Rabobank 221

RACB Communication 110

RAD (Gruppe) 199, 385

Radaelli, Sergio 56

Radio 24 270

Radio Nostalgie 117

Radio Plus 117

Radio televisione italiana (RAI) 283

Radowal 262, 263

Raffineries Tamoil 341

Raith, Werner 133, 135, 295

Ranbaxy 241

Rapaga 205

Rappaport, Bruce 193

Rarecall 108

Rasmal Finance 77

Rassemblement Genevois hors Partis 114

Raw, Charles 260-262, 266, 271-273, 277

Reagan, Ronald 88, 244

Real Estate Holding (REH) 343

Real Fin 278

Reca 355

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Recanati (Gruppe) 72

Reconta 210

Redli, Markus 375, 383

Refidar Treuhand 30

Regazzoni, Davide 239

Régie de la Riviera 349

Régie Immobilière 115

Reichmann, Gebrüder 65

Reiluma Anlage AG 111

Reimann, Fritz 383

Renault Finance 177

René, Albert 95, 336

Reno, Janet 258, 259

Repetti, Attilio 46

Repetto, Maria 33

Repetto, Saverio 33

Repsol 182

La Repubblica 342

Republic National Bank of New York (Suisse) 75, 78, 80, 81, 87, 90, 195

Republic National Bank of New York (RNB, auch Republic Factoring, Republic New York Corporation Air Transport, Republic Mase Bank) 73-76, 78-80, 88, 89

Resinelli, Dionigi 230

Restelli, Sergio 316

Resuttana, Mafiafamilie 19

Retsnom 241

Reviglio, Franco 158, 186, 197

Rexfinch 25

Rey, Werner K. 89, 118, 190, 324, 334, 376

Rezzonico, Claudio 52

Rezzonico, Renzo 223, 227

RGF Counsel 107, 188

Ricci, Giovanni Mario 336

Riccio, Michele 46

Rich, Graham Owen 358

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Richardson, Sir Michael 299

Richina, Luciano 273

Richter, Yann 190, 347, 354

Riedener, ? 247

Riester, Wolfgang 370, 371, 375

Rieter Holding 378, 381

Riggs National Bank 103

Riina, Totò 19, 140

Rijov, ? 168

Ringger, Werner 305, 306

Ringier, Michael 305

Ringier Verlag 89, 191

Ripa di Meana, Carlo 87

Ripoll Mary, Juan 225

Riteridge 25

Ritter, Rupert 97

Riva, Raffaele 222

Riverso, Renato 317

Riverstar 104

Rizzoli, Fernando 30, 34, 36, 38

Rizzoli Verlag 271, 300, 317

Robeco Bank 80

Roberto Bassi & Partners 109, 110

Robinson, Jim 73, 74, 76, 81

Rochat, Dominique 80

Roche, Gerard 291

Rockefeller, John Davidson 63

Rodetta 168

Rodvale 195

Rolba 122

Roldan, Luis 83, 84

Roman, Petre 318

Rommel, Erwin 69

Ronc, Albert 169, 171, 172

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Rosato, Gino 314

Rose-Bud & May Partnership 108

Rossi, Angelo 263

Rossi, Guido 204, 211

Rossi, John 143, 144, 146, 149, 366, 380

Rossi, Madeleine 333, 355

Rossi, Rodolphe 324, 333, 337, 349, 350, 354, 355

Rossini, Enrico 247, 248

Rossminster 104, 105

Rote Brigaden, s. Brigate Rosse

Roth, Arthur 368

Rothschild (Rothschild et Cie. Banque, N.M. Rothschild, Rothschild Bank, Banque Privée Edmond de Rothschild) 67, 68, 179, 193, 271, 299

Rothschild, Amschel 67

de Rothschild, Benjamin 68

de Rothschild, Edmond 68

Rothschild, Sir Evelyn 67

Roulston & Company Inc. 28

Rovelli, Felice 231

Rovelli, Nino 230, 231

Rowse, Arthur E. 291

Roxilan 241

Royale Belge 328

Ruberti, Roberto 266

Rüegg, Walter 243

Ruggeri, Giovanni 223, 224, 271

Ruiz-Mateos, José Maria 302

Rumasa (Gruppe) 302

Rusca, Michele 146

Ruth Andrée Shammah 87

Rychner, Gustave Adolphe 192

SA de la Montre Royale 112

SA Financière Patience Beaujonc (PB Finance) 32, 46

Saadia, Emile 72, 82

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Sabrier, Bernard 81, 124, 363

Sacisa 380

Saddam, Hussein 196

Sadis, Ugo 40, 354

Safes Fidelity 105

Safinco Holding SA pour le financement de l'lndustrie et du Commerce 113

Safra, Arlette 67, 69

Safra, Camila 78

Safra, David 68, 88

Safra, Edmond 63-82, 85-91, 223

Safra, Elie 69, 70

Safra, Esther 69

Safra, Evelyn 67, 69

Safra, Ezra 68

Safra, Familie 65, 66

Safra Frères, Maison de Banque 68

Safra, Gabi 67, 69

Safra, Jacob 68-72

Safra, Jacob jr. 80

Safra, Jacques (Alexandria) 68

Safra, Jacques (Genf) 78

Safra, Joseph 67, 69, 70, 72

Safra, Moïse 67, 69, 70, 72

Safra Monteverde, Lily 67, 89

Safra, Patricia 78

Safra Republic Holding 80

Safra SA 78

Safra, Ughette 67, 69

Sagres 222

Saigol (auch Gruppe) 178

Saipem 156-160, 165, 167, 171, 172, 174, 175, 183-186, 188, 195-198, 332

Saipem International 167, 171, 172

Salam, Maurice 87

Salamone, Fabrizio 141

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Salathé, Albert 357, 383

Salinas, Paulina 240

Salinas, Raul 240

Salvini, Lino 294, 295

Salvo, Ignazio 139, 140

Salvo, Nino 139, 140

Sama, Carlo 202, 204, 209, 216, 218, 220

San Giovanni Battista, Malteserspital 291

San Serafino, Stiftung 218, 219

Sanchez Asiain, José Angel 263

Sanchez, Illich Ramirez »Carlos« 238

Sandle, Martin Roy 358

Sandoz 60

Sandoz, Edouard 101

Sandoz-Familienstiftung 100, 103

Sandoz, Marcel 100

Sanne, Karl Ulrik 104, 105, 359

Sanseverino, Giorgio 25

Santacroce, Giorgio 230

Santapaola, Mafiafamilie 238

Santer, Jacques 369, 370

Santoro, Raffaele 158, 182, 186, 192

Saraceni, Luigi 257

Sarnatoro, Antonio 46

Sarnatoro, Antonio 46

Sarno, Giuliano 311, 313, 314, 316, 318-321

Sasea Holding (auch Sasea France, Sasea Trading) 30, 40, 75, 95, 101, 112, 144, 145, 148, 176, 189, 190, 206, 301, 319, 323-355, 376

Sass-Hirschmann, Christine 312

Sasson, Familie 69

Saurer (alle Gesellschaften) 370, 376-379, 381-383

Savia, Orazio 230

Savio 156

Savoy Investments 249

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SBG, s. Schweizerische Bankgesellschaft

SBV, s. Schweizerischer Bankverein

Scabini, Giuseppino 228

Scacchi, Renata 108-110

Schaeffer, Nico 359, 369

Schäfer, Richard 16, 191, 193, 200, 382, 385

Schah Mohammad Reza Pahlewi 156, 162, 225, 279

Schait, Richard 169

Schalck-Golodkowski, Alexander 305

Schauspielhaus Zürich 39

Schawinski, Roger 270

Scheel, Walter 384

Scherrer, Werner L. 169, 171, 176

Schiacchittano, Giusto 35

Schick, Werner 313

Schiller-Institut 85

Schimberni, Mario 203, 209

Schimmöller, Heiner 85

Schindler 179

Schisano, Roberto 317

Schlafhorst 377, 378, 381

Schmidlin, Max 38, 51

Schneerson, Menahem 66

Schneider-Gädicke, Karl-Herbert 370

Schneider, Jürgen 84

Schneider SA 32, 45, 46

Schorno, Werner 303, 307, 308

Schrämli, Giovanni Giacomo 229

Schroders 67

Schulthess, Hans C. 221

Schwab, Klaus 112

Schweizerische Bankgesellschaft (SBG) 27-29, 38, 43, 50-52, 56, 63, 78, 96, 142-154, 169-171, 174, 175, 177-179, 181, 183, 186, 218, 239, 240, 263, 266, 274, 278, 279, 300, 315, 327, 343, 376, 384, 385

Schweizerische Bundesbahnen (SBB) 354

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Schweizerische Käseunion 235, 243

Schweizerische Kreditanstalt (SKA) 26, 28, 37, 54, 63, 80, 81, 96, 110, 154, 239, 245, 246, 253, 305, 323, 331, 342, 347, 362, 365

Schweizerische Radio- und Fernsehgesellschaft (SRG) 362

Schweizerische Vereinigung diplomierter Steuerexperten 113

Schweizerische Volksbank (SVB) 37, 39, 50, 154

Schweizerischer Bankverein (SBV) 65, 75, 96, 109, 110, 172, 179, 190, 191, 199, 221, 245, 313, 357, 363, 367, 382, 383

Schweizerischer Metall- und UhrenarbeiterInnenverband (SMUV) 119, 193, 383

Schwyter, Urs 173

Sciclounoff, Pierre 193

Sciorilli Borelli, Ivo 229

Scirocco Fan Company 19

Scotland Yard 310

Scott, Ken 194, 195

Scotti Finanziaria (auch Scotti International NV) 335, 338, 347

Scuderia Gielle 21

Scudo 241

Sea Star Seven Holding 106

Seagram 363

Sebe, Lennox 248

Secara Agency 309

Sécheron (auch Sécheron Holding SA) 65

Secord, Richard 88, 89

Securinvest Holding 349

Securitate 233

Securities Association 221

Security Pacific Bank of Los Angeles 24

Seldeco 113

Selva, Dario 311

Semadeni, Arno 177

Seminterna 241

Senn, Nikolaus 148-153, 170, 183, 327

el Senussi, Idris 162

Sephardischer Weltkongreß 64, 66

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Serdeco 241

Sergi, Giuseppe 35, 55

Serra di Cassano, Luigi Paolo 189, 190

Serra, Fabrizio 110

Servizio per la Informazione e la Sicurezza Democratica (SISDE) 244

Servizio per la Informazione e la Sicurezza Militari (SISMI) 164, 277, 296

Setton, Philippe 63, 315

Seveso-Skandal 179

Sexauer, ? 177

Seychelles International Bank (SI Bank) 95, 145, 335-337, 348, 352

Seychelles International Oil 336

Seychelles National Oil Company 336

SG Warburg Soditic 65, 337

Sganzini & Partner 220

Sganzini, Carlo 124, 174, 210, 220

Shakarchi Mahmoud SA 75

Shakarchi Trading AG 75, 234

Shalam, Joseph A. 72, 82

Shammah, Albert 83, 86, 87

Shammah, Familie 69

Shana, Alexander 244, 246

Shearson Lehman 73, 76

Shell 162, 163, 336

Short, Martin 288, 290, 294, 299

SI Bank, s. Seychelles International Bank

SI Louvois 113

Siai Marchetti 187

Siegenthaler, Pierre 263

Siemens 84, 146

Sigg, Uli 381

Signorile, Claudio 186, 199

Sigrist, Pierre 336, 352

Silberberg, Israel A. 313

Silbra Holding 368

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Simona, Pietro 273

Sindona, Michele 142, 166, 264, 265, 272, 277, 282, 283, 289, 329, 359, 368, 369

Singest 319

Singlaub, John K. 31

Siniscalchi, Francesco 295

SIR 231

Sirix Intervitrum 31, 32, 46

Siromatic 111

SISDE, s. Servizio per la Informazione e la Sicurezza Democratica

SISMI, s. Servizio per la Informazione e la Sicurezza Militari

Sisti, Leo 42, 43, 131, 192, 219

Sitter, Roland 235

SKA, s. Schweizerische Kreditanstalt

SKA-Texon-Skandal 342

Slavenburg Bank 344

Smeets, Familie 100

SMH Société Suisse de Microélectronique et d'Horlogeries 125

SMH Steel- and Metal-Trading 169

Smith Barney Holding 66

Smith, Jack 73

Smith New Court 299

Smouha