LA COMUNICAZIONE: PARLARE CON IL BAMBINO E CON LA...

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LA COMUNICAZIONE: PARLARE CON IL BAMBINO E CON LA FAMIGLIA Dott.sa Barbara D’Ulivo U.O. Trapianto Cellule Staminali Emopoietiche Istituto G. Gaslini Genova

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Comunicare vuol dire:- condividere, instaurare un legame, essere in contatto- trasmettere messaggi, far sapere, scambiare informazioni.

Nel rapporto con il bambino ospedalizzato uno dei rischi più maggiori è l'assenza di dialogo, spesso mascherata con risposte evasive e inappropriate o vere e proprie bugie.Chiarezza e trasparenza nella comunicazione col bambino malato sono il presupposto di ogni relazione autenticamente educativa.  

Il tabù sociale a confrontarsi con la malattia e la morte, fa sì che il dialogo e l'ascolto del bambino sui temi più angoscianti sia spesso negato e rimosso col risultato di lasciare il bambino da solo con le sue riflessioni e paure.

Questo non significa certo che si debba imporre ai bambini malati attività o discussioni sul tema della morte o della malattia. Ciò che si può fare è offrire spazi e attività di espressione, ed essere pronti ad accogliere (senza necessariamente dover rispondere o interpretarli) i messaggi dei bambini malati.

la comunicazione col bambino malato è un'interazione che passa attraverso la capacità di attesa, la disponibilità al contenimento, l'elasticità di 'non fare', ma di 'esserci'. Una equilibrata relazione professionale con un bambino malato è garantita da una giusta distanza emotiva e dalla capacità di ascoltare il bambino prima ancora di agire verso di lui.

In sintesi potremmo così connotare i requisiti della figura dell‘operatore sanitario:- capacità di ascolto- rispetto dei tempi dell'altro- capacità di porsi in sintonia- capacità di mettersi in gioco- flessibilità- capacità di interrelazione dialettico-dinamica .

IL PUNTO DI VISTA PSICOLOGICO

In caso di malattia severa, cronica o potenzialmente fatale, la comunicazione con il bambino implica una necessario riflessione su quattro punti fondamentali

Chi deve comunicare la diagnosi e a chi deve arrivare la comunicazione;

Cosa e come bisogna comunicare; A quale età il bambino è in grado

di comprendere la comunicazione di diagnosi;

Perché è importante comunicare la diagnosi al bambino.

Gli articoli 7 e 8 della carta dei diritti del bambino stilata dall’Associazione Ospedali Pediatrici Italiani sostengono esplicitamente che il bambino deve «essere informato sulle proprie condizioni di salute e sulle procedure a cui verrà sottoposto, con un linguaggio comprensibile ed adeguato al suo sviluppo ed alla sua maturazione. Ha il diritto ad esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa. Le opinioni del bambino devono essere prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturazione»

Diritto ad essere informato Genitori sollevati dal comunicare Bambino libero di fare domande

con chi si sta prendendo cura di lui in ospedale

Molti genitori trovano difficile parlare ai propri figli, specie se piccoli, di argomenti o malattie “gravi” o comunque a prognosi incerta e questo rende ancora più necessario un intervento convinto e convincente dell’operatore sanitario.

Quando (a quale età) comunicare

Dai 3 ai 5 anni fase pre-operatoria:Pensiero magico

La comunicazione deve focalizzarsi su aspetti pratici del qui ed ora e può essere accolta dal bambino solo attraverso il gioco. E’ importante non separare il bambino dai genitori perché la vicinanza assicura al piccolo un contenimento ottimale di ansia, paura e dolore

Dai 6 agli 11 anni fase «operatoria concreta»:I bambini sono in gradi di comprendere quando una forma di malattia è transitoria e quando è grave.La causa resta legata a fattori esterni.La guarigione è associata all’assunzione di un farmaco.

Dagli 11 anni fase «operatoria formale»:Il concetto di malattia diventa più simile a quello dell’adulto;Il bambino può spiegare i sintomi facendo riferimento agli organi;Aumenta la consapevolezza del controllo e della cura della malattia;Compare la consapevolezza che gli stati emotivi influenzano «come si sentono fisicamente»

Nella comunicazione si possono iniziare ad utilizzare riferimenti a processi interni al corpo per spiegare le cause della malattia e introdurre il concetto di piano terapeutico.

Cosa e come comunicare

La comunicazione di diagnosi non è un atto singolo, ma un processo che prevede molti incontri tra il medico, il bambino, i familiari e l’équipe.

Importante dare al bambino la possibilità di mantenere viva la speranza, pur restando onesti e leali.

Con i bambini piccoli: informazioni semplici utilizzando giocattoli, bambole o pupazzi.Con gli adolescenti: utilizzare uno stile più simile a quello dell’adulto con un confronto verbale esplicito e diretto.

Perché comunicare

Nella realtà niente è più ansiogeno della peggiore immaginazione

Spiegare ai genitori l’importanza della comunicazione al bambino;oPosizione del bambino che «deve proteggere i genitori» quindi non chiede;oRiduzione dell’ansia, della preoccupazione e del senso di solitudine del bambino di fronte alla malattia;oAumento del senso di fiducia nel medico e nell’équipe curante;oMaggiore compliance;oUtilizzo di capacità di coping più adattive;oRisvolti legali.

INFORMAZIONE ATTRAVERSO IL GIOCO

Il gioco può rappresentare un mezzo molto importante per preparare i bambini a diverse procedure o per comunicare una diagnosi

Play PreparationPlay Preparation

Winnicott definisce il gioco come uno “spazio potenziale” ovvero un territorio intermedio tra la realtà e la fantasia a cui il bambino attinge energie per far fronte alle pressioni del mondo esterno. Il “livello di realtà” speciale

istituito dal gioco, consente, attraverso l’uso dell’immaginazione di esplorare simbolicamente gli elementi perturbanti della realtà.

Per il bambino il gioco rappresenta la modalità più naturale per esprimersi. Esso può assumere le forme dell’attività corporea (gioco fisico), del gioco con oggetti (gioco proiettivo), del gioco di ruolo (gioco drammatico), della narrazione, del canto e del ritmo, della pittura e della manipolazione-costruzione.

Il gioco rappresenta l’area transizionale, lo strumento universale per tollerare emozioni forti, mper proiettarle fuori di sé, controllarle, esperirle e poterle condividere a una certa distanza, finchè diviene possibile reintrodurle dentro di sé. (Winnicott, 1975)

PREPARAZIONE ALL’INTERVENTO

Gioco o colloquio con la psicologa

Uso della narrazione: attraverso l’ascolto di un racconto si forniscono al bambino, non solo le informazioni di cui ha bisogno, ma anche un supporto per affrontare il senso di disagio derivato dal non conosciuto.

Uso dei burattini: il burattino si adatta in modo naturale alle esigenze del bambino in quanto è un gioco, che offre la possibilità di esprimersi attraverso un linguaggio semplice e immediato e rappresenta un tranfert che permette di vivere in maniera simbolica le esperienze. E’ un mezzo efficace che offre un campo illimitato e rispetta la personalità e il ritmo della vita del bambino.

Informazioni complete e accurate

Perché le informazioni siano soddisfacenti occorre:Conoscere la procedura e/o la diagnosiDecidere quali sono le informazioni utili per il bambinoConcordare con la famiglia cosa è importante che il bambino conoscaFornire informazioni sensorialiSpiegare la sequenza di quello che avverràAvere un feedback

Comunicazione con la famiglia

La comunicazione della malattia cronica di un figlio travolge la vita….di una famiglia

E’ importante il momento in cui il medico comunica con i genitori: deve far conoscere la patologia usando termini semplici e comprensibili. Saranno i vari incontri successivi con il medico che spiegheranno meglio la malattia, le implicazioni, il possibile evolversi, le problematiche e il tipo di vita che si deve attendere.

Comunicazione terapeutica interculturale: quali ostacoli?

La prima preoccupazione che sorge, quando si considera una relazione terapeutica nella quale le persone coinvolte provengono da culture diverse, è che questa differenza possa dare origine a difficoltà di comprensione reciproca tali da compromettere il processo di cura.

Sembra, infatti, che in una relazione clinica interculturale si diano un maggior numero di fraintendimenti, una minore compliance da parte dei genitori e del paziente e che, in generale, la relazione medico-paziente risulti meno soddisfacente per entrambe le parti.

Diverso codice linguistico

Strategie utilizzabili per superare l’ostacolo:oEsprimersi nella lingua dell’altro;oUtilizzare un terzo linguaggio in comune tra medico e genitori;oRicorrere ad un facilitatore culturale certificato;oRicorrere all’appoggio di un familiare o di un amico

Limiti di tali strategie:oIl livello di conoscenza della lingua madre dell’altro deve essere approfondito;oLa padronanza linguistica non comporta automaticamente una padronanza culturale equivalente;oIl mediatore culturale non sempre è disponibile;oUn familiare può non avere abbastanza confidenza con il genitore o ancora peggio può dare un’interpretazione personale.

Concetto di malattia diverso

Se consideriamo il concetto di malattia come il risultato di una condizione psico-fisica «interpretata» da un possibile modello di spiegazione tra quelli esistenti, l’espressione e la comprensione di un problema di salute non possono essere disgiunte dal contesto socio-culturale di cui paziente e famiglia fanno parte.

Va riconosciuto che:L’idea di malattia è culturalmente costruita;Ci sono diversi «modelli esplicativi» di malattia, che possono sovrapporsi ma non coincidere; Per creare un’alleanza terapeutica significativa è necessario comprendere i reciproci punti di vista.

Strategie per diminuire il divario culturale

Le strategie utilizzabili si possono riassumere secondo tre livelli essenziali:ConoscenzaAbilitàAtteggiamenti

Conoscenza:ogruppo socio-culturale di appartertenenza;oLingua da utilizzare;oPresenza di credenze (di tipo religioso e non solo);oScelta o rifiuto di alcuni tipi di trattamenti;oUso di rimedi non ufficiali.

Abilità: oSaper utilizzare in modo efficace il mediatore culturale;oSuggerire alternative culturalmente accettabili;oUso di una comunicazione efficace;oUso della comunicazione non verbali.

Atteggiamenti:oApertura;oInteresse genuino verso le persone;oAdeguata competenza culturale.

GRAZIE

Bibliografia

Bambini e famiglie in ospedaleGiovanna Perricone Concetta PolizziFrancoangeli

Un ospedale a misura di bambinoGiuliana FilippazziFrancoangeli

La paura del lupo cattivoSilvia KanizsaRaffaello Cortina Editore