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La comunicazione 8 marzo 2008 Stefania Toscano 1 L L A A C C O O M M U U N N I I C C A A Z Z I I O O N N E E S S t t e e f f a a n n i i a a T T o o s s c c a a n n o o ( ( t t e e s s i i d d i i e e s s a a m m e e a a n n n n o o 2 2 0 0 0 0 8 8 ) )

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La comunicazione 8 marzo 2008 Stefania Toscano

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LLLAAA CCCOOOMMMUUUNNNIIICCCAAAZZZIIIOOONNNEEE

SSSttteeefffaaannniiiaaa TTTooossscccaaannnooo

(((ttteeesssiii dddiii eeesssaaammmeee ––– aaannnnnnooo 222000000888)))

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La comunicazione 8 marzo 2008 Stefania Toscano

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IIINNNDDDIIICCCEEE:::

� La comunicazione: tanti talenti, nessuno è il più bravo pag. 3

� Il mondo della percezione: una sola realtà, diverse visioni pag. 3

� Conoscere l’altro pag. 4

� Il cane, questo sconosciuto pag. 6

� Tratti generali della comunicazione nel cane pag. 10

� I feromoni pag. 16

� Gli organi di senso pag. 17

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La comunicazione 8 marzo 2008 Stefania Toscano

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LLL AAA CCCOOOMMMUUUNNNIIICCCAAAZZZIIIOOONNNEEE::: TTTAAANNNTTTIII TTTAAALLLEEENNNTTTIII,,, NNNEEESSSSSSUUUNNNOOO ÈÈÈ’’’ IIILLL PPPIIIÙÙÙ BBBRRRAAAVVVOOO

Gli scambi comunicativi tra gli animali sono tanto vari quanto eterogenee sono le specie viventi. Il

comportamento di ogni specie, infatti, differisce da quello delle altre poiché ognuna custodisce in

sé quelle abilità utili alla propria sopravvivenza, abilità selezionate nel corso della storia evolutiva

per meglio aderire all’ambiente. Ogni essere, infatti, deve saper cogliere, con gli organi di senso di

cui dispone, i vari aspetti del mondo che lo circonda e tra essi muoversi in modo adattativo. Ogni

modello comunicativo riflette adattamenti altamente specializzati ad un particolare modo di vivere e

specializzazione significa, per definizione, che diverse abilità non sono comparabili, che non sono

ordinabili cioè secondo una gerarchia lineare: ogni talento è, a modo suo, primo in classifica. Il più

bravo non c’è!

IIILLL MMMOOONNNDDDOOO DDDEEELLLLLL AAA PPPEEERRRCCCEEEZZZIIIOOONNNEEE::: UUUNNNAAA SSSOOOLLL AAA RRREEEAAALLLTTTAAA’’’ ,,, DDDIIIVVVEEERRRSSSEEE VVVIIISSSIIIOOONNNIII

Per capire il comportamento di una specie bisogna conoscerne le capacità percettive, che

dipendono dall’organizzazione dei centri nervosi e dei recettori, spesso adattati o specializzati a

percepire determinate grandezze di stimolo.

Nell’uomo, ad esempio, l’occhio è eccitato solo da onde elettromagnetiche aventi lunghezze

d’onda comprese tra 380 e 700 nm (spettro visibile), l’orecchio da vibrazioni elastiche dell’aria per

frequenze d’onda comprese tra i 16 e i 20.000 Hz, ossia riusciamo a percepire come suoni le onde

che oscillano più di 16 volte al secondo e meno di 20.000. Se la frequenza è inferiore a 16 Hz, ci

troviamo di fronte agli infrasuoni, le cui vibrazioni sono troppo basse per essere percepite, se,

viceversa, è superiore ai 20.000 ci troviamo di fronte agli ultrasuoni, le cui vibrazioni sono per

contro così acute da non essere più udibili. Gli organi di senso percepiscono solo una parte della

realtà: se la realtà, quindi, è assoluta ed oggettiva, la sua percezione è, per contro, sempre

relativa. Il mondo visto con gli occhi degli animali è solo i n parte simile al nostro, poiché

ogni essere ha specifiche finestre sensoriali apert e su ciò che lo circonda . Diverse

percezioni, diverse interpretazioni, diversi mondi.

E’ stata, ad esempio, largamente dibattuta la

possibilità che gli animali siano in grado di avvertire

in anticipo eventi catastrofici. Una plausibile

spiegazione per queste abilità, oltre alla capacità di

avvertire cambiamenti improvvisi del magnetismo

terrestre, starebbe nella possibilità per molte specie

di percepire non solo gli ultrasuoni, ma anche gli

infrasuoni, le perturbazioni elettriche, i cambiamenti

elettrostatici nell’atmosfera. Percezioni precluse

all’uomo, ossia al di là delle sue capacità sensoriali.

Le guardie dello Yala National Park dello Sri Lanka

sono rimasti sorpresi nello scoprire, dopo il

disastroso tsunami del 2004, che la maggior parte

degli animali era ancora viva. Lo tsunami ha invaso

lo Yala Park, sradicando piante e scaraventando

detriti in ogni direzione, ecco perché era lecito

aspettarsi che anche gli animali subissero la stessa

sorte capitata alle persone. Ce n’è abbastanza per

dar vita ad un’ipotesi suggestiva: gli animali, in

qualche modo consapevoli del pericolo, si sono

messi in salvo in tempo. (E. Alleva)

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In occasioni di catastrofi naturali, terremoti, eruzioni, c’è sempre chi è pronto a giurare che il

proprio cane o gatto o altro animale che vive in compagnia dell’uomo, ha percepito l’avvicinarsi

del disastro. Queste testimonianze sono così numerose, così diffuse e ricorrenti che è impossibile

ignorarle. Spesso gli uomini le chiamano percezioni extrasensoriali, ESP, o sesto senso, nomi

che evocano l’inconscio e destano sempre una grande emozione, alimentando la tradizione orale

di aneddoti sul mondo animale.

In realtà gli animali comunicano attraverso vari canali, util izzati singolarmente o in

combinazione, le cui potenzialità e i cui vantaggi funzionali semplicemente non sono mai

stati analizzati a fondo .

Potenzialità e funzionalità, come detto, specializzate in risposta alle richieste di adattamento alle

specificità ecologiche. L’evoluzione biologica ha attrezzato ogni specie di quanto necessario alla

propria sopravvivenza ed ogni specie è quindi immersa nell’ambiente a modo suo. Alcune

percezioni sono condivise, altre distinte, così che talvolta le interpretazioni della realtà possono

divergere.

CCCOOONNNOOOSSSCCCEEERRREEE LLL ’’’ AAALLLTTTRRROOO

Gli animali, soprattutto quelli che vivono accanto a noi, agiscono e reagiscono in modi che

troviamo a volte così famigliari da portarci a confondere identità e alterità animale e, tuttavia,

rimangono un mistero che accende la fantasia. L’incapacità di condividere le stesse percezioni e

gli stessi codici comunicativi è il primo ostacolo, il secondo è rappresentato dal nostro modo di

guardare al mondo, tutto incentrato su noi stessi. Penetrare la mente e il mondo animale,

comprendendone a fondo le caratteristiche ed evitando di indulgere in quell’antropocentrismo che

porta a considerarli versioni leggermente difettose degli uomini, è un compito arduo e, come

afferma Budiansky nel suo “Se un leone potesse parlare..”, caratterizzato dalla velata

consapevolezza che “…comprendere veramente significa dire addio a qualsiasi reale speranza di

tradurre i pensieri animali in termini umani. Per capire davvero quello che un cavallo pensa

dovremmo essere un cavallo, e in tal caso non avremmo comunque alcun modo per esprimere i

pensieri del cavallo in termini accessibili all’uomo. Non solo perché i cavalli non parlano e non

scrivono ma anche perché a noi manca qualsiasi possibilità di esprimere o anche comprendere

cosa sia l’esperienza del pensiero non-verbale”.

Noi non potremo mai conoscere ciò che avviene

realmente nella mente di un animale (Fogle),

potremo solo fare delle ipotesi basate sulle

osservazioni, sugli studi, sulle congetture che il

mondo scientifico ci consegna ed empaticamente,

con rispetto per la speciale diversità dell’altro,

L’animale non sarà mai a misura d’uomo. In un

mondo più antico e completo del nostro, gli animali

si muovono perfetti e completi, dotati di

un’estensione dei sensi che noi abbiamo perduto o

non abbiamo mai raggiunto, vivendo in base a voci

che noi non udiremo mai. Non sono fratelli, non

sono subordinati: sono nazioni diverse, impigliate

insieme a noi nelle rete della vita e del tempo,

compagni di prigionia dello splendore e del

travaglio della terra. (Patricia McConnell )

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cercare di avvicinare il più possibile, sino ad un’auspicata aderenza, ciò che ci aspettiamo di

vedere con ciò che effettivamente vediamo.

Questi limiti possono indurre in fraintendimenti, soprattutto per quanto attiene alla sfera della

comunicazione uomo-animale e al tentativo di verificare le possibilità di acquisizione di un

linguaggio verbale da parte di quest’ultimo, con quanto direttamente ne consegue sul piano della

convivenza interspecifica.

“Il mio cane non mi ascolta!” è, per esempio, la frase più pronunciata dalle persone che si

rivolgono ad un istruttore cinofilo e che riconducono spesso questa mancanza di ascolto ad una

personalità spiccata del cane (l’ormai endemico morbo della “dominanza”). In realtà quasi sempre

quello che succede è che il cane semplicemente non capisce.

Siamo così concentrati sulla parola che troppo spesso ci sfugge la

nostra stessa fisicità con cui invece gli animali, in primis il cane, la

cui attitudine a un’attenzione mirata all’uomo si sarebbe evoluta

dopo l’addomesticamento, interpretano i nostri inconsapevoli

messaggi. E’ questa negligente inconsapevolezza, unitamente

all’incapacità di ascoltare i discorsi “non parlati”, a complicare

talvolta la comunicazione uomo-animale.

Non ci capiamo, non sempre almeno, ed è questo il motivo di tanti problemi che gravano sulla

quotidianità del rapporto. Konrad Lorenz nel suo “L’anello di re Salomone” diceva: “Il misterioso

apparato trasmittente e ricevente che provvede alla comunicazione è molto antico, assai più

antico della specie umana in cui quell’apparato certamente si è andato atrofizzando con

l’evolversi del linguaggio verbale. L’uomo non ha bisogno di minimi movimenti che ne svelino le

intenzioni, poiché può esprimersi con le parole. Gli animali invece sono costretti a leggere negli

occhi di un loro simile ciò che questi si accinge a fare. Perciò gli animali superiori che vivono in

società hanno per la comunicazione degli stati d’animo un apparato, trasmittente e ricevente,

assai più elaborato e specializzato di noi uomini: non solo sono in grado di distinguere un gran

numero di segnali in modo selettivo, ma anche di captarli a frequenze molto basse.

Gli animali sono capaci di cogliere e interpretare segnali per l’uomo impercettibili, tanto da venire

talvolta accreditati di particolari facoltà. Si sono avuti casi di cani o cavalli pensanti, in grado di

produrre virtuosismi matematici, logici, creativi. Casi ampliamente analizzati sino alla

considerazione finale che sia solo l’uomo a “suggerire” involontariamente le giuste soluzioni.”

Nel terreno pionieristico della conoscenza, infatti, in cui suggestivi

esperimenti mirano a verificare le capacità cognitive e linguistiche degli

animali, l’uomo si muove oggi con cautela, consapevole che ogni tentativo

di impartire determinate abilità ai loro coinquilini, ogni esperimento sulle

loro capacità cognitive, di apprendimento, di comunicazione deve fare i

Gli etologi chiamano “reciprocal

mindreaming” questa

sorprendente capacità che

alcune specie animali hanno di

comprendere gli stati emozionali

dell’uomo, scambiandosi

vicendevolmente messaggi

empatici basati sull’affettività.

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conti con il cosiddetto “fenomeno Clever Hans”, citato dallo stesso Lorenz, da Mainardi e da ogni

studioso che abbia a che fare con lo studio dei

comportamenti animali. Con tale termine si

indica qualsiasi circostanza in cui un

comportamento dell’animale apparentemente

sorprendente è in realtà spiegabile nei

suggerimenti inconsapevoli forniti

inconsciamente dall’uomo con qualche

comportamento minimo o affievolito. Il

fenomeno, ben lungi dall’essere ingenuamente

circoscrivibile al solo ambito delle imprese

straordinarie, è di basilare importanza per

comprendere contenuti e limiti della

comunicazione uomo-animale nella più banale

quotidianità.

Questa generale confusione tra identità e alterità animale sembra amplificarsi ulteriormente quando

si parla del “migliore amico dell’uomo”, il cane.

IIILLL CCCAAANNNEEE,,, QQQUUUEEESSSTTTOOO SSSCCCOOONNNOOOSSSCCCIIIUUUTTTOOO

Come dice lo stesso Bruce Fogle “c’è qualcosa nel cane che ci rende irrazionali”. L’uomo con tutte

le specie animali riesce più o meno a tracciare una chiara linea di confine tra sé stesso e il proprio

beniamino, ma con il cane questa linea sfuma, si dilata fino a creare una sorta di terra di mezzo

dove l’alterità si confonde in tratti umanizzati in cui il cane diventa un “bambino”, una reazione

associativa un premeditato dispetto, un segnale di pacificazione una manifestazione d’affetto. E’

solo un’errata o parziale conoscenza dell’altro o è qualcosa di più profondo? Quale che sia la

causa è fondamentale, per il benessere del cane in primo luogo, recuperare quella distanza

necessaria per la corretta messa a fuoco ed il riconoscimento di chi ci sta accanto. E’

fondamentale conoscere e, attraverso la conoscenza, interpretare correttamente il cane e i suoi

comportamenti, avvalendosi delle conoscenze che in questi anni gli etologi hanno raccolto.

Per capire il cane occorre partire dalla basilare

considerazione che, lungi dall’essere un’appendice

umana, è, per diritto di discendenza, quello che

Barbara Gallicchio ha ben definito “un lupo

travestito”. Certo il cane presenta diversità neuro-

anatomiche, e perciò neuro-fisiologiche, che lo

rendono diverso dal lupo: diversa è l’acutezza dei

Chi era Clever Hans?

Nella Berlino di fine ‘800, si riteneva che uno stallone di

nome Hans fosse capace di eseguire operazioni

aritmetiche e di compiere prodezze linguistiche altrettanto

sorprendenti, come rispondere a domande con segni non

verbali “telegrafati” con il battito dello zoccolo.

Successivamente, al termine di lunghe indagini in cui molti

zoologi videro nell’abilità di Hans la conferma della

somiglianza tra la mente umana e quella animale, fu

l’Accademia delle Scienze di Prussia che sgretolò queste

teorie. La scoperta chiave fu che Hans leggeva qualsiasi

suggerimento dato inconsciamente dagli spettatori che ad

esempio anticipavano la risposta con impercettibili

movimenti o rimanendo in tensione per rilassarsi nel

momento in cui il cavallo era arrivato alla risposta giusta.

Le persone tradivano segnali di conferma di cui loro stessi

non si rendevano conto.

L’addomesticamento non evolve mai in una nuova

specie e lupo e cane condividono il DNA a tal punto

che risulta quasi impossibile distinguerli in base ad un

esame genetico. E’ studiando il comportamento del

lupo e le sue strategie comunicative che molto si è

appreso sul cane, tuttavia, per altri aspetti, i cani non

sono affatto lupi. Entrambe le prospettive sono

essenziali: è importante guardare ciò che esiste di

comune ed è importante guardare ciò che esiste di

diverso.

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sensi e dell’istinto, diverse le soglie di reazione, le finalità dei comportamenti, ecc. La

domesticazione del cane ha comportato cambiamenti nell’emissione di certi comportamenti: molti

non sono più espressi nella loro completezza, altri hanno un diverso livello di emissione, per

alcuni è cambiata la motivazione che li sostiene. Per quanto attiene espressamente alla

comunicazione, il cane, rispetto al lupo, possiede un repertorio comunicativo visivo inferiore

mentre è maggiormente sviluppato, seppure con notevoli differenze di razza, quello vocale. La

sofisticata comunicazione visiva nel lupo è favorita dalle

sue stesse caratteristiche fisiche.

Fox attribuisce un significato sociale alla tipica

colorazione del mantello che enfatizza in dettaglio

l’espressione posturale e la mimica facciale: la punta

scura della coda crea contrasto per una maggiore

visibilità e indica il punto in cui si contrae, le rime labiali

nere si stagliano sui peli bianchi del muso e della

mandibola, rafforzando il gesto di retrazione del labbro

stesso nel mostrare i denti, così come la faccia è tenuta

delineata, in particolare intorno agli occhi, le orecchie

sono contornate da peli chiari e orlate di colore scuro.

Moltissimi cani, invece, sono unicolori, non possono esibire queste sfumature, moltissimi altri sono

ricoperti di pelo ispido, riccio o talmente lungo da mascherarne la mimica. Il lupo, così altamente

sociale, ha sviluppato un elaborato repertorio di segnali visivi, con fini gradazioni di intensità e

combinabili in complessi simultanei o in combinazioni consecutive che costituisce una vera e

propria sintassi non verbale (Fox 1971). Il cane ha molto perduto in raffinatezza mimica e gestuale,

ma ha evoluto una vocalità più accentuata, forse proprio per sopperire al deficit causato dalle

morfologie così poco elastiche nelle quali lo abbiamo imprigionato (Gallicchio).

L’alterazione del vocabolario canino in rapporto a quello del lupo è, inoltre, direttamente

proporzionale al livello di neotenia ricercato nelle diverse razze. I cani, per semplificare, eterni

Peter Pan, parlano, rispetto al linguaggio adulto del lupo, un “cucciolesco”. Magari, negli stadi

neotenici più alti, hanno anche qualche conoscenza del

“lupesco”, ma il loro vocabolario produttivo è limitato, poiché la

neotenia li ha bloccati prima che potessero approfondire

l’espressività dell’adulto. Si valuta che sia questo il motivo che

ha reso difficile la comunicazione tra cani domestici e lupi. (S.

Coren)

Nel corso di una ricerca, alcuni

Malamute sono stati allevati insieme a

dei lupi, e si è visto che spesso hanno

sbagliato a leggere i segnali sociali dei

canidi selvatici.

(S. Coren)

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Nonostante queste differenze, riconducibili al

processo di domesticazione, alle selezioni anche

spinte e alla quotidiana vicinanza con

l’uomo, le somiglianze restano comunque

assolutamente evidenti e molto hanno aiutato

nella comprensione del cane.

Nella media un cane possiede dal 50 all’80 % dei

tratti comportamentali sociali del lupo, sia in

forma autentica che leggermente modificata

(Abrantes).

Il retaggio filogenetico del lupo ha lasciato in eredità una particolare vocazione comunicativa che

si realizza nelle seguenti capacità:

• utilizzo di un gran numero di segni e di

una molteplicità di canali

• organizzazione delle strutture sociali

attraverso rituali comunicativi

• flessibilità nell’apprendimento di

vocabolari

• utilizzo della comunicazione nella prassi di

collaborazione del gruppo

• presenza di metasegnali (segni che si

riferiscono ad altri segni) che indicano il modo di interpretare una situazione o uno stato

comunicativo e/o un’intenzione dell’emittente (es. invito al gioco).

D’altra parte il retaggio della domesticazione ha predisposto il cane a fare attenzione e ad

apprendere alcune componenti della comunicazione umana:

• attribuzione di significati alle parole

• capacità di osservare e interpretare la mimica facciale dell’uomo

• tendenza a considerare comunicativa la gestualità degli arti superiori (Marchesini)

oltre ad aver prodotto un’incredibile varietà di razze che si distinguono non solo per quanto

riguarda la taglia, il colore del mantello e la lunghezza del pelo, ma anche e soprattutto per

quanto attiene al comportamento e alla percezione, con quanto direttamente ne consegue sul

piano della comunicazione. I comportamenti primari, che hanno a che fare con

l’autoconservazione e con il comportamento sessuale, sono comuni a tutte le razze, ma

attraverso la selezione l’uomo ha differenziato, modulandone l’espressione, schemi motori non

solo legati ad una generica vocazione attitudinale, ma anche alla socializzazione e alla capacità di

comunicare. Non tutti i cani domestici mostrano, ad esempio, lo stesso grado di neotenia e

L’abitudine dei cani si rotolarsi tra sostanze

putride è rintracciabile anche nei lupi

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analogamente lo stello livello di raffinatezza comunicativa. Dalle ricerche effettuate a

Southampton (GB) risulta che i cani più lontani dal lupo nell’aspetto (ossia quelli con un grado di

neotenia più elevato) sono anche quelli che possiedono il vocabolario sociale più limitato, una

minore consapevolezza dei segnali che indicano ambizioni sociali, rivendicazioni di rango o di

sottomissione. Un ovvio effetto della diversità di linguaggio è la possibilità che nascano degli

equivoci: l’animale più simile al cucciolo, il cui dialetto non è profondamente concentrato sulla

dominanza sociale, può non riconoscere segnali importanti, ha una minore capacità espressiva e

potrebbe involontariamente provocare un attacco fisico, oppure un conflitto già in atto potrebbe

continuare anche dopo la resa, perché il cane che parla un linguaggio più simile al “lupesco”

cerca un segnale specifico di sottomissione che non arriva. (S. Coren)

Alcuni cani, inoltre, hanno eliminato o sensibilmente ridotto la capacità di recepire segnali di

sottomissione o di interrompere un’aggressione per preservare la propria integrità come i cani da

combattimento o quelli da caccia in tana (Scott e Fuller 1965). Attraverso la selezione possono

anche comparire repertori comportamentali agonistici nuovi, e, per esempio, è stato ottenuto un

ceppo di cani da combattimento che prima dell’attacco colpisce con il petto l’avversario per

sbilanciarlo (Coppinger 2001). E’ inoltre importante considerare che nelle diverse razze canine

espressività e mimica sono spesso limitate anche dalla morfologia, talvolta derivata dalla stessa

ricerca di tratti neotenici.

Le orecchie a punta mostrano segnali molto più

visibili di quelle pendenti o, ancora peggio, di quelle

amputate, rendendo la comunicazione più esplicita

e meno ambigua sia per un osservatore

animale, sia per un osservatore umano.

Anche l’effettiva connotazione dei segnali inviati

con la coda dipende dalla forma e dalla posizione

che questa assume in ogni razza. “Un taglio

significativo (es. Bobtail) limita l’uso dei segnali

inviati con la coda, pregiudicandone l’utilizzo come

mezzo di comunicazione, la posizione arricciata sul

dorso ne rende estremamente difficoltoso lo

spostamento (es. Carlino). Alcuni cani hanno una

cute spessa e lassa, incapace di movimenti rapidi,

a volte il labbro è così profondo e pesante, cadente

ben oltre il profilo della mandibola, che diventa

virtualmente impossibile anche mostrare i denti.

Molte razze non possono assolutamente sollevare

il pelo sul dorso (es. Yorkshire o Barboni) o

I risultati di alcuni studi, riportati da Stanley Coren,

evidenziano che i cani con la coda corta o senza

hanno il doppio delle probabilità di avere incontri

bellicosi rispetto a quelli con la coda più lunga e

ben visibile. Ci si chiede se il numero di episodi

aggressivi può essere messo in relazione con

l’ambiguità o l’assenza degli opportuni segnali

caudali finalizzati all’interruzione del conflitto.

La mimica facciale del bracco italiano può essere

difficile da interpretare per un altro cane.

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comunque la piloerezione può essere limitata da un’eccessiva lunghezza del pelo. Un Basset-

Hound, per esempio, o un Komodor potranno anche essere arrabbiatissimi, ma il primo

continuerà ad avere un’espressione un po’ triste e languida ed il secondo resterà completamente

impenetrabile dietro alle corde del pesante mantello” (Gallicchio)

Diverse capacità percettive, diverse sensibilità e soglie di reazione agli stimoli, diversi canali

preferenziali di comunicazione o, comunque, diversi range di utilizzo di un segnale

contraddistinguono, quindi, le diverse razze. La comunicazione risente inevitabilmente di questa

variabilità all’interno della specie, poiché come afferma lo stesso Coren differenti razze di cane

possono sviluppare diversi dialetti.

Il cane, questo sconosciuto, è quindi il prodotto di innumerevoli fattori (filogenetici di specie e di

razza, ontogenetici) che concorrono indissolubilmente a rendere ogni individuo un soggetto a se’.

Seppure molto all’interno della specie è in comune, molto è anche diverso e di questo occorre

tenere conto non solo nel definire l’individuo che abbiamo davanti, ma anche per comprenderne

comportamenti e interazioni.

In conclusione, se per ciò che distingue un cane dall’altro è necessario rinviare ad approfondimenti

sulle singole razze, molto si può comunque chiarire in termini generali, partendo da quella base

comune cui occorre comunque guardare.

TTTRRRAAATTTTTTIII GGGEEENNNEEERRRAAALLL III DDDEEELLLLLL AAA CCCOOOMMMUUUNNNIIICCCAAAZZZIIIOOONNNEEE NNNEEELLL CCCAAANNNEEE

La comunicazione del cane percorre strade diverse da quelle umane: se per noi il canale

preferenziale è la vista, e la utilizziamo per costruire i nostri pensieri, per il cane è l’olfatto, se

l’universo mentale dell’uomo è fatto di idee, quello del cane è fatto di essenze. Diversa quindi è la

sua immersione nel mondo, il suo modo di comunicare, il suo orientamento nel caleidoscopio

degli stimoli. Nella comunicazione i cani utilizzano tutti i sensi di cui dispongono (v. schede in

calce), talvolta impiegandoli contemporaneamente; l’associazione di diversi mezzi comunicativi

(olfattivi, visivi, acustici, tattili) è detta ridondanza informativa e serve a rafforzare meglio alcuni

concetti.

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“La mente ha un ruolo fondamentale nei processi di percezione poiché ad essa è affidato il

compito di far emergere gli oggetti di interesse secondo schemi di estrazione che seguono regole

ben precise”.

Il cane è un animale sociale e in quanto tale ha sviluppato un vocabolario assai complesso, la cui

conoscenza è essenziale se non si vuole incorrere in malintesi. I fraintendimenti, infatti, sono

all’ordine del giorno. Per prima cosa non sempre sappiamo riconoscere i suoi messaggi,

distinguendoli dagli altri segni privi di valore comunicativo. Captare le sue “parole”, ossia i segni di

comunicazione, non è affatto intuitivo: a volte i segnali risultano impercettibili, a volte viaggiano per

canali sensoriali a noi inaccessibili, altre volte vengono scambiate per espressioni prive di

significato comunicativo. D’altra parte anche quando riconosciamo ad un segno il suo valore

comunicativo, possiamo commettere errori di traduzione: molti gesti non hanno per l’uomo e per il

cane lo stesso significato.

La comunicazione per il cane ha molte

funzioni: manifestare un proprio stato

emozionale (paura, stupore, deferenza,

festosità, ecc), esprimere un orientamento (la

disposizione a difendere un oggetto o a

corteggiare), affermare un particolare status

sociale, esprimere una certa intenzione o

un’aspettativa, chiedere un comportamento o

una disposizione ad un altro soggetto (es.

l’invito al gioco), indicare qualcosa con cui si

vuole giocare oppure che si desidera, riunire il

gruppo come nel caso dell’ululato, ecc... I

nostri lunghi discorsi non hanno per i cani il

significato comunicativo che ci immaginiamo:

il cane dà poca importanza al verbale e

soprattutto non è in grado di interpretarlo in

forma narrativa, cioè come una storia. Il cane

semplicemente vocalizza e ciascuno di questi

versi ha un suo preciso contesto di utilizzo e

di significato. Questo può darci la falsa

impressione che il verbale dell’uomo e il

vocalizzo del cane siano sovrapponibili.”

(Marchesini)

Nei cani che vivono in casa la tendenza ad

utilizzare il canale acustico è notevolmente

VOCALIZZI

Il cane emette suoni molto diversi tra loro a cui corrispondono

ovviamente differenti significati. L’abbaiare indica attenzione,

è un segnale di avviso generico (allarme, saluto, incitazione,

sorpresa). Ci sono cani, soprattutto di piccola taglia, che

abbaiano con estrema facilità. Talvolta l’abbaio può smorzarsi

in una sorta di sbuffo e allora può assumere più precisamente

il valore di avviso al gruppo – come chiedere “c’è qualcuno?”

– oppure può essere utilizzato dalla mamma quando

rimprovera i cuccioli. L’ululato è il tipico segnale con

funzione aggregativi (per rinserrare i ranghi o come risposta

corale): per questo non dobbiamo meravigliarci se il cane si

mette ad ululare non solo in risposta ad altri ululati ma anche

a sirene o ad esecuzioni canore o musicali. Il ringhio è

sicuramente il più esplicito segnale di minaccia. Può essere

più o meno profondo e più o meno prolungato, indicandoci il

grado di pericolosità del cane, anche in relazione alle sue

disposizioni. Può essere emesso in condizioni di paura o di

forte asserzione e si accompagna ad una mimica facciale

minacciosa. Di fronte al ringhio occorre desistere da

qualunque interazione con il cane se non vogliamo prenderci

un morso. Abbiamo poi il guaito che è una sorta di abbaio

prolungato ma più corto dell’ululato e indica uno stato di

frustrazione nel cane o una richiesta di attenzioni. Il guaito

ripetuto può indicare dolore o paura e nella relazione sociale

in genere questa vocalizzazione blocca l’altro. Una

vocalizzazione ripetuta è anche il latrato, tipico

dell’eccitazione e utilizzato dal cane per ingaggiare i

compagni in un’attività. Poi abbiamo l’uggiolio con diverse

gradazioni che vanno dal suono esile, una sorta di squittio, a

quello più consistente del piagnucolio: è un suono ad alta

intonazione emesso per esprimere un bisogno impellente.

(Marchesini)

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La comunicazione 8 marzo 2008 Stefania Toscano

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superiore a quelli che vivono in ambito

esterno. Ciò probabilmente è dovuto al fatto

che sono proprio i conviventi umani a

contribuire allo sviluppo di questo canale: i

cani infatti cercano di comunicare impiegando

un mezzo che si sono accorti essere

funzionale e particolarmente adatto a

suscitare attenzione. Nella comunicazione

vocale con il proprio cane è bene ricordare

che i toni acuti e ripetuti sono tipici delle

prede e degli individui di basso rango, poiché

in natura il dominate mima il predatore e il

sottomesso la preda: il predatore non fa

rumore, non spreca inutilmente energie,

non si mostrerà ansioso, mentre il dominato

emetterà suoni acuti e non starà fermo un

attimo.

“Tenuto conto che ogni specie utilizza un

canale comunicativo privilegiato e gli altri come

supporto al primo, per l’uomo il canale acustico

è quello elettivo, mentre i media preferiti dal

cane sono il canale olfattivo, attraverso la

catalogazione degli odori, e quello visivo,

sfruttando il linguaggio del corpo. Esiste una

comunicazione chimica che investe l’olfatto e il

paraolfatto così sofisticata e articolata che noi

uomini non possiamo nemmeno lontanamente

immaginare (v. in calce: feromoni). Per noi

umani può sembrare sconveniente l’abitudine

del cane di conoscersi annusandosi il

posteriore, ma se guardiamo le cose dalla sua

prospettiva ci accorgiamo subito che per lui è

un’ottima scelta. Il cane conosce il mondo

attraverso l’olfatto e le sue generalità sono

scritte nella parte posteriore del corpo, vale a

dire la base della coda e l’area genitale. La

minuzia di ispezione del posteriore, unitamente

PROSSEMICA

Il cane comunica posizionandosi in modo diverso rispetto a

noi e la diversa prossemica assume differenti significati. Il

cane utilizza la posizione frontale per rivolgersi a noi in

modo diretto, per chiederci qualcosa o fronteggiarci e lo fa

quando si sente sicuro, mentre si pone dietro di noi

quando si sente minacciato e chiede la nostra protezione.

La posizione laterale indica alleanza e collaborazione, ma

un cane che si avvicina in modo laterale spingendo con

insistenza può voler affermare la propria presenza. Per

questo anche il nostro modo di posizionarci ha un

importante valore comunicativo. Porsi in maniera frontale

può irritare un cane che non conosciamo o spaventare un

cane particolarmente timoroso, ma se il rapporto è

consolidato può indurre nel cane la disposizione a

chiedere attenzione o protezione. Posizionarsi dietro il

cane è una sorta di incitazione contro il prossimo, ossia

altri cani o persone, mentre se stiamo all’altezza del suo

bacino a lato volgendoci nella sua stessa direzione lo

stiamo spalleggiando. La prossemica indica, non solo le

posizioni, ma anche lo spazio interposto tra due individui:

un cane sicuro tende a non rispettare alcun limite di spazio

o a non permetterci di avvicinarci oltre un certo limite; al

contrario un cane insicuro è molto titubante nell’avvicinarsi

e nel rimanere troppo vicino a noi e tende ad allontanarsi

se ci avviciniamo troppo. I cani sono molto sensibili allo

spazio di interposizione, una vicinanza troppo stretta può

metterli in agitazione, renderli irritabili, aumentare la loro

aggressività o le loro paure. Bisogna evitare

assolutamente di mettere il nostro cane in situazioni di

sovraffollamento azzerando il più piccolo spazio intorno a

lui perché questo lo stresserà. Quando vogliamo indicare

una direzione è necessario volgerci verso quella direzione

e non continuare a richiamarlo guardando altrove. Se

desideriamo dire al nostro cane di smetterla di rivolgersi a

noi in modo errato o con troppa agitazione non dobbiamo

continuare a rivolgere il corpo nella sua direzione, dicendo

inutilmente di smettere, ma è necessario voltarsi con

decisione e dargli le spalle.

(Marchesini)

Dagli ultimi studi si evince che un cane è in grado di

memorizzare un centinaio di parole attribuendo loro il

corretto significato (un Border Collie di nome Rico nel

2003 assurse in Germania agli onori della cronaca

per aver memorizzato nel suo vocabolario più di 200

oggetti

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La comunicazione 8 marzo 2008 Stefania Toscano

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all’incontro laterale e non diretto, è indice di bon

ton. Anche l’urina ha grande valore indicativo

per il cane: gli permette infatti di capire il sesso,

l’età, lo stato di salute e addirittura il livello

sociale del cane che l’ha emessa. Questo è il

motivo che induce i cani a marcare l’ambiente

con piccoli spruzzi di urina: non è un modo di

prendere possesso del territorio ma

semplicemente un modo di lasciare un biglietto

da visita. (Marchesini)

La passeggiata con il nostro cane è più di un

semplice momento di svago, in realtà è un

groppo impegno mentale, gravoso quanto

necessario per il suo benessere psicofisico.

Annusare, quindi, per il cane non è un optional,

ma una vera e propria necessità. Sull’olfatto si

è basata la sua sopravvivenza, è il suo “senso

guida”, per questo è definito un animale

macrosmatico.

Il riflesso termotattile accompagna tutta la vita

del cane, a partire dal contatto caldo e

rassicurante della madre e dei fratelli fino alla

vita adulta, quando ce lo troviamo “spalmato”

addosso. Sono conosciute tre forme di contatto

tra i cani: di dominio, di rassicurazione e di tipo

sessuale. Sia nei rapporti con i propri simili sia

con gli umani la volontà di entrare in contatto fisico segue sempre un contatto visivo. Tutti i

segnali del viso/muso o del corpo sono oggetto di interesse per il cane. Il cane comunica con la

coda, con le orecchie, con le zampe, con la lingua, con la testa.

Le zampe non servono per indicare come

avviene nell’uomo, il cane indica dirigendo il

proprio naso nella direzione dell’oggetto a cui

vuole riferirsi. Le zampe vengono utilizzate dal

cane per raspare, soprattutto dopo aver urinato

o defecato, con un movimento fortemente

stereotipato che ha un significato di marcatura.

MOVIMENTI

In generale tanto più il soggetto è sicuro tanto più il suo

movimento è fluido e veloce, mentre il cane insicuro,

timoroso, incerto, che vuole avvicinare un altro cane

seguendo le regole del galateo cinofilo, o che vuole

pacificare rallenta. In genere quando due cani si

incontrano il loro movimento è veloce e fluido quando sono

più lontani, mentre diventa rallentato e a scatti via via che i

due cani diminuiscono le rispettive distanze. Quando un

cane rallenta i propri movimenti significa che sta vivendo

una situazione problematica o addirittura critica se si

blocca improvvisamente. Se mentre stiamo interagendo

con un cane questi si immobilizza di colpo, dobbiamo fare

molta attenzione; alcuni cani non danno altro segnale

prima di aggredire se non proprio questo irrigidirsi di colpo.

Il movimento del cane può essere molto frenetico quando

è eccitato: nell’eccitazione il movimento è scomposto, il

cane alterna movimenti di orientamento verso un obiettivo

a movimenti di ritorno verso di noi saltandoci addosso.

Anche le traiettorie sono importanti: il movimento a zig zag

indica una forte eccitazione ma anche una situazione

conflittuale e ambivalente, mentre una traiettoria rettilinea

verso un particolare obiettivo indica determinazione,

volontà e forte orientamento. Quando due cani si

avvicinano tendono a produrre una traiettoria rettilinea

fintanto che sono distanti tra loro per poi tracciarne una

curvilinea in fase di avvicinamento (quest’ultima consente

ai due cani di appropinquarsi non in modo frontale e

oppositivo ma in modo laterale e tranquillizzante).

L’incontro assume i connotati di un rituale con movimenti

stereotipati e coreografie peculiari per ogni tipo di

situazione: il gioco, il corteggiamento, la collaborazione, il

confronto, la semplice conoscenza. (Marchesini)

A suo tempo Darwin elaborò il principio dell’antitesi, valido

anche per le espressioni umane: Secondo tale principio se

un uomo per manifestare allegria tirerà gli angoli della

bocca verso l’alto, per mostrare tristezza opererà un

movimento della stessa verso il basso. Per comunicare

opposti stati emotivi vengono quindi invertiti gli

atteggiamenti: un cane che esprime minaccia avrà le

orecchie in avanti, uno che esprime sottomissione indietro.

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La comunicazione 8 marzo 2008 Stefania Toscano

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Anche il grattarsi può essere un segno importante per capire lo stato del cane perché, come

nell’uomo, indica uno stato di conflittualità, talvolta persino di stress.

Molti segnali comunicativi corrispondono a

comportamenti ritualizzati, ossia comportamenti

che hanno perduto la loro originale funzione per

assumere un nuovo significato (Abrantes)

Quando ad esempio i cuccioli poppano

premono alternativamente con le zampette la

mammella affinché esca il latte.

E’ da questo comportamento che trae origine,

imitando un comportamento infantile, il gesto di

agitare una zampa anteriore a vuoto per

riappacificare il partner sociale che in quel

momento è maldisposto nei suoi confronti

(Antoni, Tarricone).

In uno scontro il cane rizza il pelo, anche questo appare un comportamento istintivo ed è quasi

certamente un segnale ritualizzato derivante dal fatto che le cose grandi incutono timore: Il cane

rizza il pelo al fine di apparire più grande. Non è un comportamento intenzionalmente conscio, è

solo evoluzione. I cani lo fanno perché la selezione ha favorito i soggetti che si comportavano

così. Impressionare un eventuale antagonista, indurlo ad allontanarsi, esibendo espressioni

aggressive, è il tentativo di evitare un conflitto, non di indurlo.

I cani in conclusione parlano una loro lingua, una lingua straniera e per capirli il primo passo è

osservare. Ciò che si osserva va però contestualizzato: occorre conoscere il personaggio, la storia,

la trama. L’etologo Gorge B. Shaller scriveva che sono necessarie 5.000 ore di osservazione per

capire il comportamento di una specie. Per il cane occorre ricordarsi del lupo travestito nei suoi

comportamenti specie-specifici, dell’uomo che lo ha selezionato nelle sue attitudini di razza, di ciò

che ne risulta e della sua personalità, delle competenze, delle esperienze. E dell’uomo con cui

vive. Nel bene e nel male.

LA MIMICA FACCIALE

Anche il viso del cane può dire molto sul suo stato

d’animo: può essere rilassato, corrugato, contratto e

soprattutto assumere determinate mimiche facciali. Il

labbro può essere tirato verso il basso, mostrando i

canini e indicare uno stato minaccioso come, al

contrario, possiamo avere gli angoli della bocca portati

verso l’alto a segnalare un ostato di serenità. Alcuni cani

tra l’altro imparano dall’uomo a sorridere e mostrano i

denti davanti come saluto. Anche i muscoli che

contornano gli occhi possono manifestare diverse cose:

gli occhi semichiusi indicano una sorte di beatitudine,

spalancati interesse, molto tirati indietro paura: La fronte

può essere rilassata quando anche il cane lo è, oppure

corrugata manifestando ansia, paura, aggressività.

Infine il naso: quando viene corrugato indica

inequivocabilmente un segno di minaccia.

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La comunicazione 8 marzo 2008 Stefania Toscano

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III FFFEEERRROOOMMMOOONNNIII Il termine feromone non è altro che la semplificazione fonetica di “ferormone”, derivante dal greco “pherein” (trasportare) e “horman”

(eccitazione).

E’ attraverso i feromoni che, nell’ambito della stessa specie, si realizza prevalentemente la comunicazione chimica, confermando la

relazione tra odori e comportamento già nota fin dall’antichità (per lungo tempo infatti al sistema libico, chiamato rinencefalo, è stata

attribuita una funzione prevalentemente olfattoria).

Ma cosa sono i feromoni? Dopo una lunga diatriba tra i ricercatori, si è concluso che si tratta di “sostanze o mélange di sostanze (non

tutti i feromoni sono composti biologicamente attivi ma spesso è necessario che siano combinati) suscettibili di modificare il

comportamento o la fisiologia”.

In relazione, infatti, alle loro modalità di azione, si distinguono due tipi di feromoni: gli incitatori (o releasers), capaci di indurre immediate

modifiche del comportamento, e i modificatori (o primers) che possono provocare cambiamenti nella fisiologia del ricevente.

La loro composizione chimica non è ancora ben definita, in quanto la complessità che li caratterizza ne ha reso molto difficile lo studio.

Solo pochissimi feromoni sono stati individuati e collegati ad una precisa funzione comportamentale, classificandoli in relazione alle

ghiandole secernenti o in ragione della loro azione. Riconosciamo feromoni di adozione (in grado di indurre la madre del neonato a

mettere in atto le cure parentali), di appagamento (secreti dalla femmina allattante, a livello del solco intermammario, in grado di favorire

l’attaccamento primario nel cucciolo), di identificazione (implicati negli scambi sociali), di delimitazione territoriale, di allarme, sessuali.

Nel cane le principali strutture secernenti sono le ghiandole sebacee poste nel solco intermammario, le ghiandole periorali (diffuse nel

mento, nelle labbra, nella cute del muso nei pressi delle vibrisse e delle guance), le ghiandole ceruminose poste nel padiglione

auricolare, le ghiandole anali (il cui secreto può essere modificato da un processo infiammatorio e scatenare aggressione da parte dei

cospecifici), le ghiandole sottocaudali (poste sulla faccia ventrale della base della coda), le ghiandole sottocaudali (poste sulla faccia

dorsale della base della coda) e le ghiandole podali (diffuse nei cuscinetti plantari e nella cute della regione intergiditale).

Nonostante non si sia ancora potuto dimostrare con precisione quali meccanismi neurofisiologici entrano in gioco nella trasmissione dei

feromoni, si può dire con relativa certezza che la loro produzione e secrezione è involontaria. La trasmissione avviene attraverso l’aria,

l’acqua, la deposizione sul suolo o su supporti solidi ed è influenzata dal peso molecolare dei feromoni: ad un peso molecolare elevato

corrisponde bassa volatilità e quindi trasmissibilità a breve distanza; ad uno basso, elevata volatilità e trasmissibilità a lunga distanza.

Negli animali terrestri i feromoni sono percepiti attraverso il canale olfattivo e, in misura minore, tramite il gusto. In particolare si ha un

diverticolo specializzato chiamato organo vomeronasale (OVN) o di Jacobson costituito da un canale, situato nel pavimento della cavità

nasale, che sbocca nel palato e convoglia, attraverso il flehmen, l’aria inspirata. Alcuni autori affermano che il cane non effettua il

flehmen, mentre secondo Pageat questo non è vero. Si ritiene inoltre che nella percezione delle molecole feromonali non sia coinvolto

solo l’organo vomeronasale in quanto non tutti i feromoni scatenano il flehmen. Molti ricercatori ritengono che alcune molecole

feromonali, soprattutto quelle presenti nelle secrezioni anali e vaginali, vengano percepite grazie all’intervento di cellule gustative.

Alla predetta molteplicità dei costituenti e alla difficoltà di riprodurre gli effetti della secrezione completa (la composizione delle molecole

feromonali dipende dalla specie, dall’individuo, dal suo stato fisiologico e dal contesto socio-ambientale) sono legati gli ostacoli nella

produzione di analoghi strutturali in laboratorio. La ricerca ha consentito, però, la sintesi dei feromoni di appagamento appartenenti alla

famiglia delle Apaisine, la cui azione si realizza principalmente nella neutralizzazione dei feromoni di allarme, nella stabilizzazione degli

stati emozionali e nella riduzione dell’ansia. Questi feromoni sintetici contenuti, per il cane, nel DAP (Dog Appeasing Pheromone) sono

gli analoghi delle sostanze secrete a livello della linea intermammaria nella femmina in allattamento. L’apaisina è il feromone che

consente al cucciolo, oltre al citato sviluppo del processo di attaccamento alla madre, la stabilizzazione delle reazioni emozionali

scatenate dagli stimoli ambientali durante le prime esplorazioni (le cosiddette esplorazioni a stella con le quali il piccolo si allontana per

poi cercare nuovamente il contatto rassicurante della madre). Al momento del distacco la madre cessa la produzione di apaisina, da cui

deriverà una fase di stress e di ricerca di appagamento e di un nuovo legame all’interno del gruppo sociale di appartenenza. Le ricerche

effettuate hanno evidenziato la presenza di una molecola analoga all’apaisina, prodotta a livello del padiglione auricolare dei soggetti

dominanti.

I feromoni sono, come detto, specie-specifici, ma in realtà si sono riscontrate analogie strutturali interspecifiche soprattutto nei vari tipi

di apaisina. I feromoni di attaccamento emessi dal cane, dal gatto e dall’uomo sono caratterizzati da affinità di struttura pari al 95%. Gli

studi attualmente in corso sembrano infatti indicare che anche l’uomo è in grado di percepire ed emettere i feromoni. Quanto sia

sviluppata nell’uomo la capacità di percepirli è ancora allo studio, ma sembra invece più evidente la capacità da parte degli animali di

ricevere i feromoni umani, soprattutto i feromoni di allarme, in caso di paura, i feromoni di identificazione e quelli sessuali. Queste teorie

pongono importanti quesiti sulla possibilità di una comunicazione chimica involontaria che potrebbe intervenire in modo positivo o

negativo nella relazione con il cane.

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La comunicazione 8 marzo 2008 Stefania Toscano

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CURIOSITA’

Il volume dell’orecchio del cane aumenta in

rapporto con il proprio peso fino ai 10 kg, ma

superati gli 11 kg il volume dell’orecchio cessa

di mantenere lo stesso rapporto di crescita

con le dimensioni del corpo.

(Bruce Fogle)

OLFATTO

Se per l’uomo il mondo è prima di tutto un palcoscenico di

immagini, per il cane la realtà è una tavolozza di odori. Utilizzare

l’olfatto non è solo un modo diverso di monitorare la realtà ma è

a tutti gli effetti un’esperienza diversa. La distanza tipica del

rapporto visivo è completamente azzerata nella percezione

odorosa: il cane è letteralmente immerso negli odori e alcuni di

questi modificano in modo diretto – cioè senza passare attraverso il

vaglio della consapevolezza – le sue emozioni, i suoi pensieri e il

suo metabolismo (Marchesini). La maggiore capacità olfattiva del

cane non si risolve semplicemente in una superiore sensibilità agli

odori bensì in una raffinata capacità di selezione, discriminazione e

catalogazione.

GGGLLL III OOORRRGGGAAANNNIII DDDIII SSSEEENNNSSSOOO

UDITO

Il secondo canale di percezione per acutezza è l’udito che nel cane

presenta un’estensione e una sensibilità maggiore rispetto all’uomo.

Questo significa che riesce ad avvertire dei suoni ad alta frequenza

(ultrasuoni) che l’uomo non è in grado di recepire e nello stesso

tempo che un rumore che noi sentiamo ad un certo volume per il

cane ha circa il doppio d’intensità. Il cane avverte i suoni ad una

distanza 4 volte superiore a quella dell’uomo ed esserne

consapevoli significa rendersi conto che nella quotidianità i nostri

animali sono costretti ad un vero e proprio stress da inquinamento

acustico. Pavlov fu il primo scienziato ad indagare sulla

differenziazione dei toni acustici nei cani e ha mostrato che un cane

può distinguere tra due note che siano diverse di una sola ottava di

tono: per questo alcuni cani sono così bravi a riconoscere, ad

esempio, il rumore della macchina del loro padrone. Nessuna

capacità medianica, solo una percezione uditiva superiore alla

nostra. I cani hanno anche un ulteriore vantaggio sull’uomo, ossia

la mobilità delle orecchie: l’orecchio esterno del cane infatti (detto

pinna) è mobile, e questo gli consente di orientarlo verso la fonte

sonora per raccogliere meglio le informazioni acustiche.

CURIOSITA’

Il cane è in grado di percepire un milligrammo di

acido butirrico in 100 milioni di metri cubi d’aria,

abilità da 1 a 100 milioni di volte superiore a

quella dell’uomo. Probabilmente l’acido butirrico,

componente del sudore, è la sostanza che il cane

individua quando segue una traccia umana.

IL GUSTO

Nel cane non è il senso maggiormente sviluppato o, comunque, non

lo è tanto quanto nell’uomo per una questione fisica: possiede assai

meno papille gustative dell’uomo. E’ comunque perfettamente in

grado di discriminare tra i 4 gusti principali: amaro, dolce, salato e

acre. Sebbene sia l’odore del cibo ad attrarre il cane all’inizio, esso

non svolge più alcun ruolo una volta che il cane ha iniziato a

mangiare. Occorre ricordare come regola generale che nei cani il

gusro è basato prima di tutto sull’odore del cibo, poi sulla sua

consistenza e infine sulla sua appetibilità (Fogle)

CURIOSITA’

Nei carnivori che si cibano di carogne, come il

cane, ciò che è più importante è quanto essi

mangiano piuttosto che i gusti che

preferiscono. Una scarsità di calcio o di altri

minerali nella dieta può avere una

significativa influenza sulla mente del cane

causando un aumento di aggressività o di

comportamento esplorativo.

(Bruce Fogle)

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La comunicazione 8 marzo 2008 Stefania Toscano

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CURIOSITA’

Le immagini televisive sono composte da

più fotogrammi che si susseguono in

sequenza rapida (di solito 60 al secondo)

che noi vediamo come un filmato perché

siamo in grado al massimo di vedere

separate poco più di 50 immagini al

secondo. I cani, invece, arrivano a

percepire fino a 60 sequenza al secondo

per cui molti di loro vedono singoli

fotogrammi in sequenza rapida ed alcuni, in

condizioni patologiche, per questo motivo

possono presentare crisi convulsive

(Prof. Perruccio – oculista veterinario)

TATTO

Il più ampio organo sensoriale del corpo è la pelle che contiene

recettori di natura diversa specializzati per la ricezione di particolari

informazioni. Ci sono cinque categorie di recettori corporei:

nocicettori (che rilevano stimoli dolorosi), propriocettri (sensibili al

movimento del corpo e alla posizione), termocettori (sensibili al caldo

e al freddo), chemiocettori (sensibili a stimoli chimici), meccanocettori

(sensibili allo stiramento, alla torsione ed alla pressione). I

meccanocettori sono i più numerosi, ne esiste uno alla base di ogni

follicolo pilifero. Nel cane sono importanti quelli associati con le

vibrisse che forniscono informazioni su oggetti molto ravvicinati e

possono prevenire danni oculari evitando collisioni accidentali. Le

vibrisse sono sensibili alle vibrazioni ed alle correnti d’aria. Il tatto è

usato dal cane in misura minore, rispetto agli altri sensi. Possiamo

immaginare che come noi usiamo le mani per esplorare il mondo, i

cani usano il muso e le zampe. Per capire se una pallina è morbida,

liscia o dura il cane la spinge col muso, la tasta con la zampa.

Stimolato fin dalla fase prenatale è fondamentale per lo sviluppo

nell’adulto delle future soglie di tolleranza tattile. I cani deprivati dl

tatto crescendo diventeranno timorosi e scostanti. Accarezzare un

cane adulto, in condizioni normali, può ridurre il suo battito cardiaco,

far abbassare la sua pressione del sangue, in altre parole le carezze

riducono lo stato di veglia e sembra che l’effetto benefico sia a

doppio senso.

VISTA:

Per quanto riguarda la vista, le differenze di percezione in questo

campo tra uomo e cane sono tutt’altro che marginali. La sensibilità

ai colori nelle due specie si presenta orientata su spettri non

sovrapponibili: l’uomo è fortemente interessato verso le radiazioni

che corrispondono alle tonalità che vanno dal verde al rosso

(percezione necessaria ad una specie diurna) mente nel cane

questi colori assomigliano ad una scala di gialli con diverse

gradazioni e molto più interessanti per lui sono i colori blu e viola

(percezione fondamentale per un predatore notturno). Questo ci fa

comprendere la capacità del cane di orientarsi bene in situazioni di

scarsa luminosità: la presenza del tappeto lucido nel fondo della

retina e di moltissimi bastoncelli (recettori sensibili alla luce di

minore intensità) permette, infatti, al cane di amplificare la

luminosità notturna e percepire i movimenti di una preda. Anche il

campo visivo è differente: mentre nell’uomo gli occhi sono posti

frontalmente, permettendo un ampio campo di sovrapposizione

binoculare e quindi una precisione nella valutazione della

profondità, ossia nella distanza degli oggetti, nel cane sono

posizionati più lateralmente. Gli offrono quindi un più ampio

orizzonte visivo ma a discapito della precisione nella valutazione

della distanza. Il campo visivo nei cani ha tra l’altro un’ampiezza

variabile a seconda della sua funzione e quindi delle caratteristiche

di razza. Un ulteriore fattore che differenzia la capacità visiva negli

animali e che spesso non è considerato è anche la loro altezza

rispetto al terreno, fattore che condiziona sicuramente la

prospettiva.

CURIOSITA’

I cani di piccola taglia possono manifestare

paura del contatto fisico. Ciò avviene

perché subiscono spesso manipolazioni

eccessive che causano forte stress: spesso

sono tenuti in braccio sono afferrati o

sollevati da terra all’improvviso, e sono

fisicamente a disposizione come giocattoli

per bambini. Anche le tensioni e gli strattoni

al guinzaglio sono spesso causa di

sofferenza e di stress, inducendo talvolta

una vera e propria avversione a questi

strumenti.

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La comunicazione 8 marzo 2008 Stefania Toscano

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BBBIIIBBBLLL IIIOOOGGGRRRAAAFFFIIIAAA

� Alleva Enrico “La mente animale” – Ed. Einaudi

� Andina Antonio “Eredità e comportamento: differenziazione comportamentale della specie canis familiaris nel corso

della selezione dei diversi raggruppamenti razziali” - Sisca Observer, Anno 6, Numero 2, Dicembre 2002

� Antoni Monica “La comunicazione chimica: i feromoni ed il loro utilizzo nel cucciolo e nel gattino” - www.scivac.it

� Antoni Monica – Tarricone Daniela “Dalla parte del cucciolo” Ed. Olimpia

� Belmonte Genuario – “Etologia (3 CFU)- Il mondo della percezione” - www.biologia.unile.it

� Budiansky Stephen - “Se un leone potesse parlare. L’intelligenza animale e l’evoluzione della coscienza” - Ed.

Baldini Castaldi Dalai

� Capra Alexa – Daniele Robotti – “La comunicazione del cane” - Ed. Calderini

� “Etologia del cane” – www.quattrozampenelcuore.org

� Fogle Bruce “La mente del cane” – Ed. Armenia

� Gallicchio Barbara - “Lupi travestiti” - Ed. Cinque

� Gazzano Angelo La comunicazione del cane”.

� Giussani S., Colangeli R., Fassola F. L’uso dei feromoni nella terapia comportamentale del cane. Esperienze

cliniche” – www.veterinario.it

� “Il cane e il suo mondo” – www.psicologiacanina.it

� Lorenz Konrad “L’anello di re Salomone” – Ed. Gli Adelphi

� Mainardi Danilo “La mente animale” – Cairoeditore

� Marchesini Roberto “Bastardo a chi?” – Ed. Fabbri

� Perruccio Claudio “Come vedono i nostri animali?” – www.lastampa.it/la zampa

� Sebeok Thomas A. “La comunicazione non verbale” (traduzione di Elisabetta Zoni) – www3.unibo.it

� Vaira Angelo “La comunicazione tra uomo e cane”” – Il mio cane, marzo 2003, n. 97 – Ed. Sprea