La categoria della 'subalternità' di Gramsci nel mondo di ... · Il contesto storico della critica...
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Ursula Apitzsch
La categoria della 'subalternità' di Gramsci nel mondo di oggi
Relazione nel Circolo dei Lettori di Torino
Venerdì 30 marzo 2012
1. Introduzione: L’attualità di Gramsci nel mondo di oggi
Parlo oggi di uno dei teorici più influenti del mondo, 75 anni dopo la sua morte
il 27 aprile 1937. Quando moriva, Gramsci era quasi sconosciuto come autore.
Come si spiega il successo delle sue opere postume pubblicate
successivamente fino ad oggi? Penso che la categoria della subalternità come
Gramsci la intendeva è una delle categorie chiavi più importanti per spiegare la
sua attualità.
Nel quaderno 11, par.12, scritto probabilmente nella metà dell’anno 1932,
Gramsci scriveva: “Quando non si ha l’iniziativa nella lotta e la lotta stessa
finisce quindi con l’identificarsi con una serie di sconfitti, il determinismo
meccanico diventa una forza formidabile di resistenza morale, di coesione, di
perseveranza paziente e ostinata. … Ma quando il ‘subalterno’ diventa
dirigente e responsabile dell’attività economica di massa, il meccanismo appare
a un certo punto un pericolo imminente…Ecco perché occorre sempre
dimostrare la futilità del determinismo meccanico, che, spiegabile come
filosofia ingenua della massa …, quando viene assunto a filosofia riflessa e
coerente da parte degli intellettuali, diventa causa di passività, di imbecille
autosufficienza….” (Q11, §12, 1388f.)1
Questo passaggio dei quaderni di Gramsci ci serve per iniziare il processo di
comprensione del perchè Gramsci è oggi uno degli autori più citati e discussi
nel mondo come teorico degli intellettuali. Gramsci non solo critica l’ideologia
1Antonio Gramsci: Quaderni del carcere. Edizione Critica dell’Istituto Gramsci a cura di Valentino Gerratana, IV
Vol.,Torino: Einaudi 1977 (cit.Q) -Sulla critica di Gramsci alla filosofia deterministica di Bucharin ha dato un
resoconto molto informative e chiaro Peter Thomas nel suo premiato libro “The Gramscian moment.
Philosophy, Hegemony and Marxism”, Leiden: Brill 2009.
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fatalista delle masse come una “religione” dei subalterni, ma lui critica
soprattutto lo stato subalterno dell’intellettuale quando il determinismo
storico diventa una filosofia e cioè un “pericolo imminente”. Secondo me c’era
proprio la critica di Gramsci di reali e possibili élites post-rivoluzionarie che lo
rendeva tanto interessante per I critici delle élites post-coloniali.
Il contesto storico della critica di Gramsci è la situazione post-rivoluzionaria
staliniana nell’Unione Sovietica, soprattutto degli intellettuali, e nelle sue
lettere lui trova anche sua moglie Giulia a Mosca in una situazione di
“subalternità.2 Dello scambio di lettere fra Gramsci e le sorelle Schucht (sua
moglie Giulia e sua cognata Tatiana) parleremo più tardi.
Per primo c’interessa perchè la critica della subalternità di Gramsci poteva
diventare un elemento essenziale della critica post-colonialista in molti paesi. In
secondo luogo vogliamo ritornare alla situazione personale di Gramsci come
prigioniero di Mussolini separato dalla moglie e i figli a Mosca per capire quale
sia per Gramsci il pericolo della subalternità di una persona quando si sente
sconfitta e portata “ai margini della storia”.
2. La teoria della subalternità di Gramsci come elemento essenziale della
critica post-colonialista marxista
Vogliamo adesso svolgere l’ impronta di Gramsci nella tradizione dei cosidetti
“Subaltern Studies” Indiani che hanno diffuso la discussione della categoria
Gramsciana di “subalternità” in tutto il mondo. Ranajit Guha, il fondatore degli
“Subaltern Studies” ne parlava nel suo contributo per il libro “Gramsci le
culture e il mondo” del 2009:
“Nel nostro profondo desiderio di imparare da Gramsci, siamo stati del tutto
autonomi e non abbiamo alcun debito verso I partiti comunisti tradizionali. … Il
nostro progetto di Subaltern Studies si è tenuto a distanza dall’ uno e dall’ altro
partito, che ai nostri occhi rappresentavano un’estensione liberale di sinistra
dell’élite al potere. Non che fossimo apolitici o anticomunisti. Tutt’altro: nel
2 Sul carteggio Gramsci-Schucht cfr. Apitzsch 1997
3
nostro tentativo di elaborare una critica radicale al colonialismo e all’impronta
colonialista rimasta nello studio della storia e nella società dell’Asia
meridionale, ci consideravamo marxisti. Ci opponevamo ai due partiti comunisti
ufficiali per l’uso opportunistico e dogmatico del marxismo che facevano.”
(Guha 2009:32).”
Fu la frattura strutturale tra le élites nazionaliste e comuniste da una parte e le
correnti subalterni dall’altra che rese impossibile per I dirigenti di ottenere il
consenso popolare e di “costruire l’egemonia dopo la scesa al potere” (ibid.39).
Per Guha è proprio l’idea di creare dei partiti “per” I subalterni che produce
una subalternità continua delle masse e anche dei suoi intellettuali. Gli studiosi
dei “Subaltern Studies” definirono se stessi come “accademici marginalizzati”
(Guha, Introduction). Per loro, la critica dei nuovi élites dopo la de-
colonizzazione rimane lo scopo principale del storicista. Alla base “della
mobilitazione da parte del congresso non ci sono infatti, secondo Guha,
persuasione, consenso e condivisione di proposti, ma intimidazione, ostracismo
sociale e violenza fisica. Il congresso avrebbe dovuto produrre una strategia
contro egemonica rispetto al dominio inglese” (Scarfone, ibid.221). Secondo
Guha, già prima di andare al potere, il congresso non ha saputo “assimilare gli
interessi di classe di contadini ed operai in una compiuta egemonia borghese”
(Guha 1993:102).
Da Gramsci Guha ha tratto l’idea chiave delle sue opere che la subalternità sta
sempre in relazione con un’egemonia che crea le modalità delle subordinazioni.
Cerchiamo un momento di entrare nel laboratorio Gramsciano.
Il Quaderno 25 di 1934 con il titolo “Ai margini della storia” è interamente
dedicato alla storia dei gruppi sociali subalterni, dove Gramsci collega dei testi
scritti negli anni precedenti al carcere e sparsi in altri Quaderni. Interessanti
sono soprattutto i “Criteri metodologici” di Gramsci alla luce dei studi di Guha.
Gramsci sviluppa un catalogo di 6 forme dell’ apparenza di gruppi subalterni:
(1)il formarsi obiettivo di gruppi subalterni nel mondo della produzione
economica; (2) il loro aderire alle formazioni politiche dominanti; (3) la nascita
di partiti nuovi per mantenere il controllo dei gruppi subalterni; (4) emergenti
rivendicazioni dei gruppi subalterni di carattere parziale; (5) nuove formazioni
4
di autonomia dei gruppi subaltern nei vecchi quadri; (6) le formazioni che
affermano l’autonomia integrale (Q25, § 5, 2288).
È molto importante vedere che per Gramsci questo processo sequenziale non è
per niente uno sviluppo naturale e determinato .3 Al contrario: Gramsci lo
intende come un modello teorico per misurare dei sviluppi storici del passato.
“Lo studio dello sviluppo di queste forze innovatrici da gruppi subalterni a
gruppi dirigenti e dominanti deve pertanto ricercare e identificare le fasi
attraverso cui esse hanno acquistato l’autonomia nei confronti dei nemici da
abbattere e l’adesione dei gruppi che le hanno aiutate attivamente o
passivamente… Il grado di coscienza storico-politica cui erano giunte
progressivamente queste forze innovatrici nelle varie fase si misura appunto
con questi due metri” (Q25, § 5, 289).
Non sempre i gruppi innovatrici sono i vincitori di questi processi. Il modello di
Gramsci include anche i concetti di trasformismo e rivoluzione passiva. Gramsci
lo dimostra con diversi esempi: “come nel caso della storia della penisola
dall’era dei comuni in poi. La borghesia italiana non seppe unificare intorno a sé
3 Per Marcus Green la fase 6 è identica con il “partito subalterno”. (E in questo caso cito in Inglese per
essere molto chiaro:) “For Gramsci, a subaltern political party is the practical political organization
that can provide intellectual and moral leadership for the subaltern and act as the embryo that will
develop into a state. The subaltern, as a party, can work within the established political formations
(fifth phase), obtaining positions as the personnel of the state, the government, and other
institutions”( Green 2002:21). Questa interpretazione non mi sembra essere quella di Gramsci.
Quando il subalterno va al potere, egli dovrebbe essere diventato autonomo e non più subalterno. Il
partito subalterno corrisponde alle fasi 3 e 4 del modello di Gramsci, al modello di gruppi dominati e
subordinati, però in uno stato pluralistico e non totalitario come le democrazie moderne: “nello Stato
antico e in quello medioevale…i gruppi subalterni avevano una vita propria, a se, istituzioni proprie
ecc. …Lo Stato moderno sostituisce al blocco meccanico dei gruppi sociali una loro subordinazione
all’ egemonia attiva del gruppo dirigente e dominante, quindi abolisce alcune autonomie, che però
rinascono in altra forma, come partiti, sindacati, associazioni di cultura. Le dittature contemporanee
aboliscono legalmente anche queste nuove forme di autonomia e si sforzano di incorporarle
nell’attività statale: l’accentramento legale di tutta la vita nazionale nelle mani del gruppo dominante
diventa ‘totalitario’”(Q 25, § 4:2287). “Perciò, anche la storia dei partiti dei gruppi subalterni è molto
complessa, in quanto deve includere tutte le ripercussioni delle attività di partito, per tutta l’area dei
gruppi subalterni nel loro complesso, e sugli atteggiamenti dei gruppi dominanti” (ibid., 2288).
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il popolo e questa fu la causa delle sue sconfitte e delle interruzioni del suo
sviluppo” (ibid.). Qui diventa anche chiaro che la diffusa opinione che il termine
dei “gruppi subalterni” sia per Gramsci solo una sigla per il proletariato è
totalmente sbagliato. Invece, Gramsci usa il termine della “subalternità” per
crearsi una metodologia per sua concezione del materialismo storico come un
radicale storicismo critico nell’analisi dei diversi gruppi protagonisti o
subordinati della storia umana, non solo dei “semplici” nel loro isolamento “ai
margini della storia”, ma anche nella loro relazione con gli intellettuali
dominanti o dominati.
Nello stesso spirito Guha nella sua ampia ricerca storica comincia ad
interpretare e “riconoscere la soggettività dei subalterni negli archivi e nei
racconti dei dominatori” (Capuzzo 2009:45). “Dall’ analisi di un gran numero di
rivolte che hanno avuto come protagonisti I contadini indiani tra la fine del
Settecento e l’inizio del Novecento, e dal loro confronto con analoghe
sollevazioni avvenute altrove, soprattutto in Europa e in Cina, Guha ha cercato
di costruire la grammatica elementare che ne definisce I caratteri. Alcuni
elementi di base, infatti, ritornano in tutte le rivolte e sono in grado di definire
un linguaggio politico e delle modalità di azione che rappresentano la
specificità della politica dei contadini-subalterni.” (ibid.)
È giusto senza dubbio (come dice Paolo Capuzzo) – che si sente in tutta la
metodologia di Guha “l’ispirazione Gramsciana” (ibid.). Guha proporre “una
discussione sistematica ed approfondita” su tutti I temi legati all’ “attributo
generale della subordinazione” (Guha 1982, Prefazione, p.vii, trad.ital. 2002,
p.29). Questi temi si manifestano in diversi dimensioni sociali: non solo in
relazione alla classe, ma anche al genere, a dimensioni etniche, alla professione
e all’età (cf. Scarfone 2009:212). La ricerca indaga “sia la storia, gli aspetti
politici, economici e sociali della subalternità, sia le attitudini, le ideologie e
credenze – ovvero la cultura che informa tale condizione” (Guha 2002:30).
La stessa percezione delle categorie di Gramsci troviamo anche nelle opere di
Edward Said, intellettuale nato in Palestina, cresciuto in Egitto, diventato
autore e professore famoso negli Stati Uniti. Per Said, la situazione subalterna
di un’ intero popolo come quello Palestinese può essere interpretata solo
attraverso una critica e autocritica dei suoi intellettuali. Egli scrive nel anno
6
2000 dopo la fine del processo di pace fra Israele e l’Autonomia Palestinese:
“Come è stato riconosciuto da Antonio Gramsci, grande filosofo politico e
organizzatore della classe operaia, le società moderne sul tipo di Israele non
sono suscettibili di putsch o rivoluzioni. … Per modificare questa egemonia è
necessario un forte impegno intellettuale e culturale sulla falsariga di quello
che Gramsci descrive nei suoi Quaderni del carcere. Noi intellettuali arabi e
palestinesi non lo abbiamo fatto.”4
3. Gramsci e la sua critica delle élites post-rivoluzionari nell’ Unione
Sovietica del suo tempo
3.1. Subalterniá come filosofia: La critica di Gramsci a Bucharin
Come ho già detto prima, secondo me c’era proprio la teoria della subalternità
di Gramsci e la imminente critica di reali e possibili élites post-rivoluzionari
che lo rendeva tanto interessante per I critici delle élites post-coloniali.
L’essenziale di questa critica si manifesta nei Quaderni nella critica della
filosofia di Bucharin, ma si manifesta anche nelle lettere a sua moglie Giulia e
sua cognata Tatiana Schucht.
Sulla critica di Gramsci a Bucharin ha parlato molto chiaramente Peter Thomas
nel suo premiato libro. Nonostante la sconfitta di Bucharin e in seguito
addirittura la sua liquidazione da parte di Stalin, la filosofia del materialismo
storico di Bucharin diventava la dottrina dominante staliniana non solo per
l’Unione Sovietica mà anche per tutta la Terza Internazionale (Thomas
2009:251). La frase di Gramsci “Ma quando il ‘subalterno’ diventa dirigente e
responsabile dell’attività economica di massa, il meccanismo appare a un certo
punto un pericolo imminente” del Quaderno 11 che avevamo già citato nella
introduzione (sopra p.1) si riferiva criticamente alla teoria di Bucharin. Già nel
ottobre 1930 Gramsci aveva notato nel Quaderno 4:
“Praticamente, dicevo, anche il materialismo storico tende a diventare una
ideologia nel senso deteriore, cioè una verità assoluta ed eterna. Ciò avviene
specialmente quando, come nel Saggio Popolare <e qui Gramsci si riferisce
esplicitamente al libro di Bucharin, U.A.>, esso è confuso col materialismo
4 E.W. Said: The End oft he Peace Process: Oslo and After, New York 2000. Trad. It.
7
volgare, con la metafisica della ‘materia’ che non può non essere eterna e
assoluta.” (Q4, §40, p.466). Su questo argomento Fabio Frosini scrive:
“Il materialismo crudo, volgare è per Gramsci un’ideologia da subalterni: esso
non fa che ripetere in forma variata la concezione religiosa del rapporto tra
uomo e mondo come di due sfere reciprocamente estranee… . In tal modo, il
materialismo perpetua la percezione che di se stesse hanno le classi subalterni,
come oggetti privi di volontà, in balìa delle circostanze.” (Frosini 2003:87).
A connotare la posizione di Gramsci ora è il fatto che egli –come mostra
chiaramente sia la sua critica di Bucharin da un lato e quella del libro “Il
superamento del marxismo” del socialista belga Henri De Man5 dall’ altro lato-
non colloca mai l’erosione della coscienza politica solo nelle masse, ma la cerca
al contempo anche nelle posizioni ideologiche complementari degli
intellettuali. Gramsci ritiene che una pianificazione economica fondata su
bisogni “secondo leggi sociologiche, dei gruppi e degli individui” (Q11,
§25:1430) sia un’ errore che non solo ostacola la formazione di una nuova
civiltà, ma puó portare alla catastrofe, se trasformato in un programma
politico: Egli scrive:
“se nelle scienze naturali la legge può solo determinare spropositi e strafalcioni,
che potranno essere facilmente corretti da nuove ricerche…, nella scienza e
nell’ arte politica può avere come risultato delle vere catastrofi, i cui danni
‘secchi’ non potranno mai essere risarciti.”(ibid., 1429).
3.2. Subalternità come senso di inferiorità dell’individuo nella società
post-rivoluzionaria: La critica alla moglie Giulia Schucht
A quali catastrofi pensa Gramsci? È certo che il contesto sono il fascismo in
Italia e il Nazismo in Germania, ma Gramsci parla molto in generale nelle sue
lettere alla cognata Tatiana delle nuove pressioni della vita moderna e si
riferisce anche alle situazione della moglie Giulia.
Giulia sin dalla carcerazione di Gramsci soffriva di una malattia psichica della
quale i medici non potevano mai trovare la causa. Gramsci nei primi anni di Turi
5 De Man, Henri: Il superamento del marxismo, 2vol, Bari :Laterza 1929. De Man piú tardi collaborava con i Nazi
dopo la oppupazione del Belgio dai Tedeschi.
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ne sapeva solo poco. La malattia si manifestava fra altro in delle fasi in cui
Giulia non era capace ne di parlare ne di scrivere. Lei parlava di un suo senso di
inferiorità e di “impotenza”. C’erano dei lunghi silenzi nella corrispondenza con
Antonio. Giulia stessa ne scriveva in due lettere del giugno 1932 (trovate nell’
archivio Gramsci da Aldo Natoli e pubblicate interamente fin’ora solo nella
edizione Tedesca del Carteggio Gramsci-Schucht).6 Il 2 giugno scrive: “Sono
andata con Genia al teatro, all’ opera per sentire un po’ di musica. Lì ho avuto
un’attacco, ho perso coscienza. Cosí, quandi si prova di vivere in un modo più
completo, con tutto il proprio essere, allora si sente dolore” (N 112).7 In una
lettera del 16 giugno aggiunge: “Quando penso di scrivere a te, di scrivere di
me, sento che ho voglia di parlare e non riesco” (N 113).
Per curarsi, lei si rendeva in diverse cliniche e faceva diverse cure. Negli anni
1931 e 1932 provava la psichanalisi. Gramsci ammetteva che non sapeva molto
di questo metodo, ma faceva delle osservazioni molto interessanti sui possibili
radici delle malattie psichiche nelle società moderne. Nella sua lettera del 2
marzo 1932 scrive a Tatiana a proposito della malattia di Giulia e la sua cura
psichanalitica:
“Ecco il mio punto di vista: io credo che tutto ciò che di reale e di concreto si
possa salvare dall “échauffaudage” psichanalitico si possa e debba restringere a
questo, all’osservazione delle devastazioni che determina in molte coscienze la
contraddizione tra ciò che appare doveroso in modo categorico e le tendenze
reali fondate sulla sedimentazione di vecchie abitudini e vecchi modi di
pensare. … Questo distacco diviene molto piú pronunziato nei momenti di crisi,
come è questo nel dopoguerra, sia perché il livello di ‘moralità’ si abbassi, sia
perché più in alto si ponga la meta da raggiungere e che viene espressa in una
nuova legge e in una nuova moralità. Nell’ un caso e nell’ altro la coercizione
6 Antonio Gramsci: Gefängnisbriefe I. Briefwechsel mit Giulia Schucht. Herausgegeben von Ursula Apitzsch, Peter Kammerer, Aldo Natoli und Mimma Paulesu Quercioli, Hamburg/ Frankfurt a.M. 1994.
7 Aldo Natoli: Antigone e il prigioniero. Tania Schucht lotta per la vita di Gramsci, Roma: Editori Riuniti 1990 (cit.
N).
9
statale sugli individui aumenta, aumenta la pressione e il controllo da una parte
sul tutto e del tutto su ogni suo componente molecolare.” (ND 940)8
Penso che possiamo interpretare questa citazione in connesso con una lettera
di Gramsci di un anno più tardi quando egli parla esplicitamente dei pericoli
della ‘subalternità’.
Gramsci scriveva a Giulia l’ 8 agosto 1933:
“In generale, … mi pare che tu ti metta …nella posizione del subalterno e non
del dirigente, cioè di chi non è in grado di criticare storicamente le ideologie,
dominandole, spiegandole e giustificandole come una necessità storica del
passato, ma di chi, messo a contatto con un determinato mondo di sentimenti,
se ne sente attratto o respinto rimanendo peró sempre nella sfera del
sentimento e della passione immediata. Ecco perché forse non senti piú
l’attrazione di un tempo per la musica.”(LC 811).9
Nel contesto della sua profonda teoria della subalternità non possiamo
interpretare la critica di Gramsci alla moglie Giulia come una leggerezza o un
litigio superficiale.
L’ultima frase di Gramsci con il riferimento alla musica ci sorprende. Cosa ha in
comune secondo Gramsci la perdita dell’entusiasmo per la musica con lo stato
di presunta ‘subalternità della moglie? La soluzione risulta dalla citata lettera
del 1932 dove Gramsci parla dalla “pressione e il controllo da una parte sul
tutto e del tutto su ogni suo componente molecolare”. Gramsci presume che
Giulia ha abbandonato sua carriera di violinista professionale in una situazione
di enorme pressione e controllo. Anche in altre lettere Gramsci parla del’
“errore metafisico” di Giulia nel lasciare la musica e diventare collaboratrice
amministrativa in un ufficio del partito comunista.
Il 28 marzo 1932 Gramsci scrive alla moglie:
8 Antonio Gramsci-Tatiana Schucht. Lettere 1926-1935. A cura di Aldo Natoli e Chiara Daniele, Torino: Einaudi
1997 (cit.ND).
9 Antonio Gramsci: Lettere dal carcere. Nuova edizione riveduta e integrata sugli autografi, con
centodiciannove lettere indedite. A cura di Sergio Caprioglio e Elsa Fubini, Torino: Einaudi 1965 (cit.LC).
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“Io ho sempre creduto che la tua personalità si è in gran parte sviluppata
intorno all’attività artistica e che abbia subíto come un’amputazione per
l’indirizzo meramente pratico e di interessi immediati che tu hai dato alla tua
vita. Direi che nella tua vita c’è stato un’ errore ‘metafisico’, con conseguenze
di disarmonie e squilibri psichici - fisici.” (LC 598)
E due settimane dopo, nella sua successiva lettera a Giulia l’11 aprile 1932,
Gramsci aveva scritto:
“Nel valutare te stessa e il tuo contributo alla vita, tu non tieni conto che a un
certo punto hai dato alla tua personalità un indirizzo nuovo, abbandonando
l’attività artistica per una attività più immediatamente pratica. Inoltre mi pare
che tu abbia sempre dato al concetto e al fatto dell’ ‘utilità’ e della ‘praticità un
contenuto troppo angusto e meschino…, ricavandone la conseguenza
ossessionante di essere troppo poco ‘utile’. …Io mi sono fatto l’impressione che
in ciò sia il germe della tua malattia.” (LC 605)
In tutto questo ragionamento di Gramsci è contenuto una forte critica alla
situazione post-rivoluzionaria della società Sovietica. I soggetti si sentono
inferiori se confrontati con uno Stato totale caratterizzato da enorme
pressione e controllo. C’ è una definizione “troppo angusto e meschino” di
quello che vuol dire una prassi sociale utile. Gramsci però sempre ancora pensa
che l’individuo può e deve resistere e fare le sue scelte secondo una morale
superiore. Tatiana Schucht invece cerca di fare capire a Gramsci che nel caso di
sua sorella, l’ artista Giulia Schucht, la scelta morale più adeguata può essere il
silenzio, il diventare muta.
3.2.1. Subalternità come spazio di inferiorità politica: La critica di Tatiana
Schucht a Gramsci
Come possiamo interpretare nel suo contesto storico questa immagine di Giulia
che Gramsci dipinge? Per capire la situazione di Giulia Schucht si può forse
trovare la chiave nella reazione di Tatiana Schucht all’ interpretazione di
Gramsci. Tatiana cerca di rovesciare la medaglia: La situazione subalterna di
Giulia non risulta dal senso di inferiorità di Giulia ma della incapacità di Gramsci
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di sentire e capire quello che Giulia vuol dire e esplicare a lui. Il 23 febbraio
1932 Tania aveva scritto a Gramsci: “Nel corso di questi ultimi anni, ho già
avuto l’occasione di constatare che tu sei assolutamente fuori di carreggiata,
nel tuo modo di vedere la situazione, cioè è troppo complesso perché io possa
o debba discutere le ragioni del fatto” (ND 929).
Giulia sin dall’ arresto di Gramsci nel novembre 1926 è in una situazione
disperata di isolamento politico sia dal partito comunista italiano sia dal partito
comunista Russo alla quale appartiene e per la quale lavora. Meno di un mese
prima del suo arresto, il 14 ottobre 1926, Gramsci aveva mandato una lettera al
Comitato Centrale del Partito Comunista Sovietico dove prende parte contro il
modo con il quale la maggioranza del partito trattava la minoranza, cioè Trockij
ed altri. Questa lettera portava alla rottura fra Gramsci e Togliatti. Togliatti non
consegnava la lettera che però era conosciuta fra i membri della maggioranza
Staliniana del Partito Sovietico che da quel momento riguardava Gramsci come
dissidente. Questo fatto non poteva non avere conseguenze per la situazione
di Giulia. Nel dicembre 1930 Tania Schucht aveva cercato di spiegare la
situazione a Gramsci. Lei scriveva: “Penso, ad ogni modo, come ti scrissi già una
volta, che Giulia non abbia nessuno per darle conforto, la sua deve essere una
situazione terribile, nessuno saprà, ne vorrà, addolcirla nei tuoi confronti, come
suo marito e padre dei bambini suoi.” (ND 635)
L’ economista Piero Sraffa, amico di Gramsci dai tempi dell’Ordine Nuovo di
Torino e negli anni Trenta assistente di Keynes ad Oxford, aveva poco prima
fatto una visita alla famiglia di Gramsci a Mosca. Dalla visita di Sraffa a Giulia
Schucht si trova una testimonianza del 1930 menzionata da Paolo Spriano .
Giulia per scrivere a Gramsci deve mandare le lettere “a un ufficio che poi deve
trasmettere le lettere. Questo ufficio si è tenuto le lettere per sei mesi!”
(Spriano1977:49). Questa testimonianza ci fa capire che Giulia e suo marito
soffrivano di una doppia censura: quella del carcere di Mussolini, ma anche
quella degli uffici dello Stato Sovietico. Sraffa, quando aveva incontrato Giulia,
l’aveva trovato con una borsa piena di lettere a Gramsci mai consegnate. Il 6
giugno 1930 Tania Schucht trascrive per Gramsci una lettera del padre Apollon
nel quale lui cerca di spiegare la situazione. Apollon aveva scritto a Tania: “Si
vede che né tu né Antonio non mi avete capito, non ho detto che Giulia non
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scrive perché è ammalata, ho detto che non lo fa che raramente perché le
riesce assai penoso di farlo nelle condizioni in cui si è costretti di compierlo” .
Tatiana aggiunge, riferendosi a Gramsci direttamente: “riguardo poi alla tua
preghiera perché Giulia ti comunichi i suo pensieri e non nasconda nulla di ciò
che le succede, (Apollon)soggiunge “Come è possibile”! (ND 533)
Subalternità si manifesta come uno spazio dove il soggetto non può più parlare
ed essere udito dagli altri.
Per descrivere la situazione nella quale si trovano sia lui stesso sia la moglie di
Gramsci alla fine dell’ anno 1932 egli usa proprio il termine con il quale intitola
il Quaderno 25: “ai margini della storia”. Il 19 dicembre scrive a Giulia: “anche
per te, sia pure in forma molto diversa dalla mia, è avvenuto che per qualche
anno sei rimasta ai margini del flusso di vita e non sai come immergerti di
nuovo” (LC 719). Anche Gramsci e Giulia Schucht, pur essendo intellettuali ed
artisti di alto livello, sono incarcerati in una relazione di subalternità che non è
soprattutto caratterizzata di inferiorità economica, ma soprattutto di mancanza
di collegamento con il mondo sociale e politico.
4. Il subalterno non può parlare: Alcuni conclusioni
A questo punto c’è da dire quanto devo al famoso saggio di Gayatri
Chakravorty Spivak del 1988 intitolato “Can the subaltern speak?” Senza la sua
lettura di Gramsci e dei “Subaltern Studies” Indiani –anche lei facendo parte di
questo gruppo di studiosi (vedi per es. Guha e Spivak 1988)- non avrei trovato
la chiave per l’interpretazione della relazione di Gramsci e Giulia Schucht in uno
spazio di subalternità e soprattutto del ruolo di Tatiana come interprete della
sorella per Gramsci. Con questa chiave si può capire che la malattia ed i silenzi
di Giulia Schucht sono un modo di trattare la situazione della sconfitta storica
del politico Antonio Gramsci ed un modo per resistere moralmente alle
conseguenze di questa sconfitta. Spivak da parte sua ha scoperto tramite la
lettura della edizione tedesca del carteggio fra Gramsci e le sorelle Schucht
quanto sia importante di integrare anche la voce delle donne per una ri-
elaborazione più ampia del concetto di subalternità. Assieme abbiamo
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sviluppato l’idea di pubblicare una edizione Americana del carteggio con le
lettere delle donne incluse.
Nel spiegare la situazione della donna subalterna Indiana Spivak ha fatto capire
che essere subalterna non è una posizione di classe o di genere o di casta, ma
sempre una relazione egemoniale nella quale i diversi dimensioni di
stratificazione sociale fanno emergere nuovi soggetti. Nel mondo globale dopo
la de-colonizzazione delle masse Indiane, soprattutto le donne subiscono una
seconda subalternità ancora più profonda di quella colonialista perché adesso
sono le élites nazionali che li consegnano ai capitali globali per un loro
sfruttamento totale, essendo spesso anche separate dalla vita familiare. I
silenzi dei subalterni dipendono dal “sentire egemoniale”, ed i discorsi sono
sempre definiti dalla parte egemoniale (Dhawan 2007: 278f.). Questi “silenzi
subalterni ” possono avere diverse forme e possono includere diversi strati
sociali. Spivak fa non solo l’esempio delle donne subalterne rurali in India, ma
anche l’esempio di una donna Indiana del ceto medio che neanche con il
sacrificio della vita nel suicidio, nel “sati”, può farsi capire dagli uomini della sua
famiglia e della sua classe.
Nel definire la situazione subalterna c’ è sempre però il pericolo di entrare nell’
essenzialismo ed in un circolo vizioso metodologico perché si intende di capire
la identità di un soggetto subalterno che non dovrebbe restare subalterno.
Spivak sottolinea che a questo riguardo la metodologia di Gramsci è molto più
convincente di quella di Foucault, perché Foucault semplicemente mette il
soggetto del desiderio nella posizione del soggetto storico; Gramsci invece
cercherebbe di ricostruire non l’identità essenziale ma l’archeologia della
coscienza subalterna e la sua trasformazione in una nuova situazione
egemoniale.
Per l’attualità di Gramsci nel mondo globale di oggi secondo me la più
importante considerazione di Gramsci è quella che i gruppi subalterni moderni
non hanno più una vita propria, ma che gli stati moderni attivamente creano
una loro subordinazione all’ egemonia attiva dei gruppi dirigenti e dominanti.
Loro aboliscono le autonomie di gruppi subalterni, che però rinascono in altra
forma. Ed è la forma concreta dell’ esclusione dal mondo civile, dalla
cittadinanza personale, politica e sociale che per me è decisiva per la forma
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concreta della subalternità e la possibilità della sua trasformazione in una
nuova autonomia.
Bibliografia
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