La categoria della 'subalternità' di Gramsci nel mondo di ... · Il contesto storico della critica...

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1 Ursula Apitzsch La categoria della 'subalternità' di Gramsci nel mondo di oggi Relazione nel Circolo dei Lettori di Torino Venerdì 30 marzo 2012 1. Introduzione: L’attualità di Gramsci nel mondo di oggi Parlo oggi di uno dei teorici più influenti del mondo, 75 anni dopo la sua morte il 27 aprile 1937. Quando moriva, Gramsci era quasi sconosciuto come autore. Come si spiega il successo delle sue opere postume pubblicate successivamente fino ad oggi? Penso che la categoria della subalternità come Gramsci la intendeva è una delle categorie chiavi più importanti per spiegare la sua attualità. Nel quaderno 11, par.12, scritto probabilmente nella metà dell’anno 1932, Gramsci scriveva: “Quando non si ha l’iniziativa nella lotta e la lotta stessa finisce quindi con l’identificarsi con una serie di sconfitti, il determinismo meccanico diventa una forza formidabile di resistenza morale, di coesione, di perseveranza paziente e ostinata. … Ma quando il ‘subalterno’ diventa dirigente e responsabile dell’attività economica di massa, il meccanismo appare a un certo punto un pericolo imminente…Ecco perché occorre sempre dimostrare la futilità del determinismo meccanico, che, spiegabile come filosofia ingenua della massa …, quando viene assunto a filosofia riflessa e coerente da parte degli intellettuali, diventa causa di passività, di imbecille autosufficienza….” (Q11, §12, 1388f.) 1 Questo passaggio dei quaderni di Gramsci ci serve per iniziare il processo di comprensione del perchè Gramsci è oggi uno degli autori più citati e discussi nel mondo come teorico degli intellettuali. Gramsci non solo critica l’ideologia 1 Antonio Gramsci: Quaderni del carcere. Edizione Critica dell’Istituto Gramsci a cura di Valentino Gerratana, IV Vol.,Torino: Einaudi 1977 (cit.Q) -Sulla critica di Gramsci alla filosofia deterministica di Bucharin ha dato un resoconto molto informative e chiaro Peter Thomas nel suo premiato libro “The Gramscian moment . Philosophy, Hegemony and Marxism”, Leiden: Brill 2009.

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Ursula Apitzsch

La categoria della 'subalternità' di Gramsci nel mondo di oggi

Relazione nel Circolo dei Lettori di Torino

Venerdì 30 marzo 2012

1. Introduzione: L’attualità di Gramsci nel mondo di oggi

Parlo oggi di uno dei teorici più influenti del mondo, 75 anni dopo la sua morte

il 27 aprile 1937. Quando moriva, Gramsci era quasi sconosciuto come autore.

Come si spiega il successo delle sue opere postume pubblicate

successivamente fino ad oggi? Penso che la categoria della subalternità come

Gramsci la intendeva è una delle categorie chiavi più importanti per spiegare la

sua attualità.

Nel quaderno 11, par.12, scritto probabilmente nella metà dell’anno 1932,

Gramsci scriveva: “Quando non si ha l’iniziativa nella lotta e la lotta stessa

finisce quindi con l’identificarsi con una serie di sconfitti, il determinismo

meccanico diventa una forza formidabile di resistenza morale, di coesione, di

perseveranza paziente e ostinata. … Ma quando il ‘subalterno’ diventa

dirigente e responsabile dell’attività economica di massa, il meccanismo appare

a un certo punto un pericolo imminente…Ecco perché occorre sempre

dimostrare la futilità del determinismo meccanico, che, spiegabile come

filosofia ingenua della massa …, quando viene assunto a filosofia riflessa e

coerente da parte degli intellettuali, diventa causa di passività, di imbecille

autosufficienza….” (Q11, §12, 1388f.)1

Questo passaggio dei quaderni di Gramsci ci serve per iniziare il processo di

comprensione del perchè Gramsci è oggi uno degli autori più citati e discussi

nel mondo come teorico degli intellettuali. Gramsci non solo critica l’ideologia

1Antonio Gramsci: Quaderni del carcere. Edizione Critica dell’Istituto Gramsci a cura di Valentino Gerratana, IV

Vol.,Torino: Einaudi 1977 (cit.Q) -Sulla critica di Gramsci alla filosofia deterministica di Bucharin ha dato un

resoconto molto informative e chiaro Peter Thomas nel suo premiato libro “The Gramscian moment.

Philosophy, Hegemony and Marxism”, Leiden: Brill 2009.

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fatalista delle masse come una “religione” dei subalterni, ma lui critica

soprattutto lo stato subalterno dell’intellettuale quando il determinismo

storico diventa una filosofia e cioè un “pericolo imminente”. Secondo me c’era

proprio la critica di Gramsci di reali e possibili élites post-rivoluzionarie che lo

rendeva tanto interessante per I critici delle élites post-coloniali.

Il contesto storico della critica di Gramsci è la situazione post-rivoluzionaria

staliniana nell’Unione Sovietica, soprattutto degli intellettuali, e nelle sue

lettere lui trova anche sua moglie Giulia a Mosca in una situazione di

“subalternità.2 Dello scambio di lettere fra Gramsci e le sorelle Schucht (sua

moglie Giulia e sua cognata Tatiana) parleremo più tardi.

Per primo c’interessa perchè la critica della subalternità di Gramsci poteva

diventare un elemento essenziale della critica post-colonialista in molti paesi. In

secondo luogo vogliamo ritornare alla situazione personale di Gramsci come

prigioniero di Mussolini separato dalla moglie e i figli a Mosca per capire quale

sia per Gramsci il pericolo della subalternità di una persona quando si sente

sconfitta e portata “ai margini della storia”.

2. La teoria della subalternità di Gramsci come elemento essenziale della

critica post-colonialista marxista

Vogliamo adesso svolgere l’ impronta di Gramsci nella tradizione dei cosidetti

“Subaltern Studies” Indiani che hanno diffuso la discussione della categoria

Gramsciana di “subalternità” in tutto il mondo. Ranajit Guha, il fondatore degli

“Subaltern Studies” ne parlava nel suo contributo per il libro “Gramsci le

culture e il mondo” del 2009:

“Nel nostro profondo desiderio di imparare da Gramsci, siamo stati del tutto

autonomi e non abbiamo alcun debito verso I partiti comunisti tradizionali. … Il

nostro progetto di Subaltern Studies si è tenuto a distanza dall’ uno e dall’ altro

partito, che ai nostri occhi rappresentavano un’estensione liberale di sinistra

dell’élite al potere. Non che fossimo apolitici o anticomunisti. Tutt’altro: nel

2 Sul carteggio Gramsci-Schucht cfr. Apitzsch 1997

3

nostro tentativo di elaborare una critica radicale al colonialismo e all’impronta

colonialista rimasta nello studio della storia e nella società dell’Asia

meridionale, ci consideravamo marxisti. Ci opponevamo ai due partiti comunisti

ufficiali per l’uso opportunistico e dogmatico del marxismo che facevano.”

(Guha 2009:32).”

Fu la frattura strutturale tra le élites nazionaliste e comuniste da una parte e le

correnti subalterni dall’altra che rese impossibile per I dirigenti di ottenere il

consenso popolare e di “costruire l’egemonia dopo la scesa al potere” (ibid.39).

Per Guha è proprio l’idea di creare dei partiti “per” I subalterni che produce

una subalternità continua delle masse e anche dei suoi intellettuali. Gli studiosi

dei “Subaltern Studies” definirono se stessi come “accademici marginalizzati”

(Guha, Introduction). Per loro, la critica dei nuovi élites dopo la de-

colonizzazione rimane lo scopo principale del storicista. Alla base “della

mobilitazione da parte del congresso non ci sono infatti, secondo Guha,

persuasione, consenso e condivisione di proposti, ma intimidazione, ostracismo

sociale e violenza fisica. Il congresso avrebbe dovuto produrre una strategia

contro egemonica rispetto al dominio inglese” (Scarfone, ibid.221). Secondo

Guha, già prima di andare al potere, il congresso non ha saputo “assimilare gli

interessi di classe di contadini ed operai in una compiuta egemonia borghese”

(Guha 1993:102).

Da Gramsci Guha ha tratto l’idea chiave delle sue opere che la subalternità sta

sempre in relazione con un’egemonia che crea le modalità delle subordinazioni.

Cerchiamo un momento di entrare nel laboratorio Gramsciano.

Il Quaderno 25 di 1934 con il titolo “Ai margini della storia” è interamente

dedicato alla storia dei gruppi sociali subalterni, dove Gramsci collega dei testi

scritti negli anni precedenti al carcere e sparsi in altri Quaderni. Interessanti

sono soprattutto i “Criteri metodologici” di Gramsci alla luce dei studi di Guha.

Gramsci sviluppa un catalogo di 6 forme dell’ apparenza di gruppi subalterni:

(1)il formarsi obiettivo di gruppi subalterni nel mondo della produzione

economica; (2) il loro aderire alle formazioni politiche dominanti; (3) la nascita

di partiti nuovi per mantenere il controllo dei gruppi subalterni; (4) emergenti

rivendicazioni dei gruppi subalterni di carattere parziale; (5) nuove formazioni

4

di autonomia dei gruppi subaltern nei vecchi quadri; (6) le formazioni che

affermano l’autonomia integrale (Q25, § 5, 2288).

È molto importante vedere che per Gramsci questo processo sequenziale non è

per niente uno sviluppo naturale e determinato .3 Al contrario: Gramsci lo

intende come un modello teorico per misurare dei sviluppi storici del passato.

“Lo studio dello sviluppo di queste forze innovatrici da gruppi subalterni a

gruppi dirigenti e dominanti deve pertanto ricercare e identificare le fasi

attraverso cui esse hanno acquistato l’autonomia nei confronti dei nemici da

abbattere e l’adesione dei gruppi che le hanno aiutate attivamente o

passivamente… Il grado di coscienza storico-politica cui erano giunte

progressivamente queste forze innovatrici nelle varie fase si misura appunto

con questi due metri” (Q25, § 5, 289).

Non sempre i gruppi innovatrici sono i vincitori di questi processi. Il modello di

Gramsci include anche i concetti di trasformismo e rivoluzione passiva. Gramsci

lo dimostra con diversi esempi: “come nel caso della storia della penisola

dall’era dei comuni in poi. La borghesia italiana non seppe unificare intorno a sé

3 Per Marcus Green la fase 6 è identica con il “partito subalterno”. (E in questo caso cito in Inglese per

essere molto chiaro:) “For Gramsci, a subaltern political party is the practical political organization

that can provide intellectual and moral leadership for the subaltern and act as the embryo that will

develop into a state. The subaltern, as a party, can work within the established political formations

(fifth phase), obtaining positions as the personnel of the state, the government, and other

institutions”( Green 2002:21). Questa interpretazione non mi sembra essere quella di Gramsci.

Quando il subalterno va al potere, egli dovrebbe essere diventato autonomo e non più subalterno. Il

partito subalterno corrisponde alle fasi 3 e 4 del modello di Gramsci, al modello di gruppi dominati e

subordinati, però in uno stato pluralistico e non totalitario come le democrazie moderne: “nello Stato

antico e in quello medioevale…i gruppi subalterni avevano una vita propria, a se, istituzioni proprie

ecc. …Lo Stato moderno sostituisce al blocco meccanico dei gruppi sociali una loro subordinazione

all’ egemonia attiva del gruppo dirigente e dominante, quindi abolisce alcune autonomie, che però

rinascono in altra forma, come partiti, sindacati, associazioni di cultura. Le dittature contemporanee

aboliscono legalmente anche queste nuove forme di autonomia e si sforzano di incorporarle

nell’attività statale: l’accentramento legale di tutta la vita nazionale nelle mani del gruppo dominante

diventa ‘totalitario’”(Q 25, § 4:2287). “Perciò, anche la storia dei partiti dei gruppi subalterni è molto

complessa, in quanto deve includere tutte le ripercussioni delle attività di partito, per tutta l’area dei

gruppi subalterni nel loro complesso, e sugli atteggiamenti dei gruppi dominanti” (ibid., 2288).

5

il popolo e questa fu la causa delle sue sconfitte e delle interruzioni del suo

sviluppo” (ibid.). Qui diventa anche chiaro che la diffusa opinione che il termine

dei “gruppi subalterni” sia per Gramsci solo una sigla per il proletariato è

totalmente sbagliato. Invece, Gramsci usa il termine della “subalternità” per

crearsi una metodologia per sua concezione del materialismo storico come un

radicale storicismo critico nell’analisi dei diversi gruppi protagonisti o

subordinati della storia umana, non solo dei “semplici” nel loro isolamento “ai

margini della storia”, ma anche nella loro relazione con gli intellettuali

dominanti o dominati.

Nello stesso spirito Guha nella sua ampia ricerca storica comincia ad

interpretare e “riconoscere la soggettività dei subalterni negli archivi e nei

racconti dei dominatori” (Capuzzo 2009:45). “Dall’ analisi di un gran numero di

rivolte che hanno avuto come protagonisti I contadini indiani tra la fine del

Settecento e l’inizio del Novecento, e dal loro confronto con analoghe

sollevazioni avvenute altrove, soprattutto in Europa e in Cina, Guha ha cercato

di costruire la grammatica elementare che ne definisce I caratteri. Alcuni

elementi di base, infatti, ritornano in tutte le rivolte e sono in grado di definire

un linguaggio politico e delle modalità di azione che rappresentano la

specificità della politica dei contadini-subalterni.” (ibid.)

È giusto senza dubbio (come dice Paolo Capuzzo) – che si sente in tutta la

metodologia di Guha “l’ispirazione Gramsciana” (ibid.). Guha proporre “una

discussione sistematica ed approfondita” su tutti I temi legati all’ “attributo

generale della subordinazione” (Guha 1982, Prefazione, p.vii, trad.ital. 2002,

p.29). Questi temi si manifestano in diversi dimensioni sociali: non solo in

relazione alla classe, ma anche al genere, a dimensioni etniche, alla professione

e all’età (cf. Scarfone 2009:212). La ricerca indaga “sia la storia, gli aspetti

politici, economici e sociali della subalternità, sia le attitudini, le ideologie e

credenze – ovvero la cultura che informa tale condizione” (Guha 2002:30).

La stessa percezione delle categorie di Gramsci troviamo anche nelle opere di

Edward Said, intellettuale nato in Palestina, cresciuto in Egitto, diventato

autore e professore famoso negli Stati Uniti. Per Said, la situazione subalterna

di un’ intero popolo come quello Palestinese può essere interpretata solo

attraverso una critica e autocritica dei suoi intellettuali. Egli scrive nel anno

6

2000 dopo la fine del processo di pace fra Israele e l’Autonomia Palestinese:

“Come è stato riconosciuto da Antonio Gramsci, grande filosofo politico e

organizzatore della classe operaia, le società moderne sul tipo di Israele non

sono suscettibili di putsch o rivoluzioni. … Per modificare questa egemonia è

necessario un forte impegno intellettuale e culturale sulla falsariga di quello

che Gramsci descrive nei suoi Quaderni del carcere. Noi intellettuali arabi e

palestinesi non lo abbiamo fatto.”4

3. Gramsci e la sua critica delle élites post-rivoluzionari nell’ Unione

Sovietica del suo tempo

3.1. Subalterniá come filosofia: La critica di Gramsci a Bucharin

Come ho già detto prima, secondo me c’era proprio la teoria della subalternità

di Gramsci e la imminente critica di reali e possibili élites post-rivoluzionari

che lo rendeva tanto interessante per I critici delle élites post-coloniali.

L’essenziale di questa critica si manifesta nei Quaderni nella critica della

filosofia di Bucharin, ma si manifesta anche nelle lettere a sua moglie Giulia e

sua cognata Tatiana Schucht.

Sulla critica di Gramsci a Bucharin ha parlato molto chiaramente Peter Thomas

nel suo premiato libro. Nonostante la sconfitta di Bucharin e in seguito

addirittura la sua liquidazione da parte di Stalin, la filosofia del materialismo

storico di Bucharin diventava la dottrina dominante staliniana non solo per

l’Unione Sovietica mà anche per tutta la Terza Internazionale (Thomas

2009:251). La frase di Gramsci “Ma quando il ‘subalterno’ diventa dirigente e

responsabile dell’attività economica di massa, il meccanismo appare a un certo

punto un pericolo imminente” del Quaderno 11 che avevamo già citato nella

introduzione (sopra p.1) si riferiva criticamente alla teoria di Bucharin. Già nel

ottobre 1930 Gramsci aveva notato nel Quaderno 4:

“Praticamente, dicevo, anche il materialismo storico tende a diventare una

ideologia nel senso deteriore, cioè una verità assoluta ed eterna. Ciò avviene

specialmente quando, come nel Saggio Popolare <e qui Gramsci si riferisce

esplicitamente al libro di Bucharin, U.A.>, esso è confuso col materialismo

4 E.W. Said: The End oft he Peace Process: Oslo and After, New York 2000. Trad. It.

7

volgare, con la metafisica della ‘materia’ che non può non essere eterna e

assoluta.” (Q4, §40, p.466). Su questo argomento Fabio Frosini scrive:

“Il materialismo crudo, volgare è per Gramsci un’ideologia da subalterni: esso

non fa che ripetere in forma variata la concezione religiosa del rapporto tra

uomo e mondo come di due sfere reciprocamente estranee… . In tal modo, il

materialismo perpetua la percezione che di se stesse hanno le classi subalterni,

come oggetti privi di volontà, in balìa delle circostanze.” (Frosini 2003:87).

A connotare la posizione di Gramsci ora è il fatto che egli –come mostra

chiaramente sia la sua critica di Bucharin da un lato e quella del libro “Il

superamento del marxismo” del socialista belga Henri De Man5 dall’ altro lato-

non colloca mai l’erosione della coscienza politica solo nelle masse, ma la cerca

al contempo anche nelle posizioni ideologiche complementari degli

intellettuali. Gramsci ritiene che una pianificazione economica fondata su

bisogni “secondo leggi sociologiche, dei gruppi e degli individui” (Q11,

§25:1430) sia un’ errore che non solo ostacola la formazione di una nuova

civiltà, ma puó portare alla catastrofe, se trasformato in un programma

politico: Egli scrive:

“se nelle scienze naturali la legge può solo determinare spropositi e strafalcioni,

che potranno essere facilmente corretti da nuove ricerche…, nella scienza e

nell’ arte politica può avere come risultato delle vere catastrofi, i cui danni

‘secchi’ non potranno mai essere risarciti.”(ibid., 1429).

3.2. Subalternità come senso di inferiorità dell’individuo nella società

post-rivoluzionaria: La critica alla moglie Giulia Schucht

A quali catastrofi pensa Gramsci? È certo che il contesto sono il fascismo in

Italia e il Nazismo in Germania, ma Gramsci parla molto in generale nelle sue

lettere alla cognata Tatiana delle nuove pressioni della vita moderna e si

riferisce anche alle situazione della moglie Giulia.

Giulia sin dalla carcerazione di Gramsci soffriva di una malattia psichica della

quale i medici non potevano mai trovare la causa. Gramsci nei primi anni di Turi

5 De Man, Henri: Il superamento del marxismo, 2vol, Bari :Laterza 1929. De Man piú tardi collaborava con i Nazi

dopo la oppupazione del Belgio dai Tedeschi.

8

ne sapeva solo poco. La malattia si manifestava fra altro in delle fasi in cui

Giulia non era capace ne di parlare ne di scrivere. Lei parlava di un suo senso di

inferiorità e di “impotenza”. C’erano dei lunghi silenzi nella corrispondenza con

Antonio. Giulia stessa ne scriveva in due lettere del giugno 1932 (trovate nell’

archivio Gramsci da Aldo Natoli e pubblicate interamente fin’ora solo nella

edizione Tedesca del Carteggio Gramsci-Schucht).6 Il 2 giugno scrive: “Sono

andata con Genia al teatro, all’ opera per sentire un po’ di musica. Lì ho avuto

un’attacco, ho perso coscienza. Cosí, quandi si prova di vivere in un modo più

completo, con tutto il proprio essere, allora si sente dolore” (N 112).7 In una

lettera del 16 giugno aggiunge: “Quando penso di scrivere a te, di scrivere di

me, sento che ho voglia di parlare e non riesco” (N 113).

Per curarsi, lei si rendeva in diverse cliniche e faceva diverse cure. Negli anni

1931 e 1932 provava la psichanalisi. Gramsci ammetteva che non sapeva molto

di questo metodo, ma faceva delle osservazioni molto interessanti sui possibili

radici delle malattie psichiche nelle società moderne. Nella sua lettera del 2

marzo 1932 scrive a Tatiana a proposito della malattia di Giulia e la sua cura

psichanalitica:

“Ecco il mio punto di vista: io credo che tutto ciò che di reale e di concreto si

possa salvare dall “échauffaudage” psichanalitico si possa e debba restringere a

questo, all’osservazione delle devastazioni che determina in molte coscienze la

contraddizione tra ciò che appare doveroso in modo categorico e le tendenze

reali fondate sulla sedimentazione di vecchie abitudini e vecchi modi di

pensare. … Questo distacco diviene molto piú pronunziato nei momenti di crisi,

come è questo nel dopoguerra, sia perché il livello di ‘moralità’ si abbassi, sia

perché più in alto si ponga la meta da raggiungere e che viene espressa in una

nuova legge e in una nuova moralità. Nell’ un caso e nell’ altro la coercizione

6 Antonio Gramsci: Gefängnisbriefe I. Briefwechsel mit Giulia Schucht. Herausgegeben von Ursula Apitzsch, Peter Kammerer, Aldo Natoli und Mimma Paulesu Quercioli, Hamburg/ Frankfurt a.M. 1994.

7 Aldo Natoli: Antigone e il prigioniero. Tania Schucht lotta per la vita di Gramsci, Roma: Editori Riuniti 1990 (cit.

N).

9

statale sugli individui aumenta, aumenta la pressione e il controllo da una parte

sul tutto e del tutto su ogni suo componente molecolare.” (ND 940)8

Penso che possiamo interpretare questa citazione in connesso con una lettera

di Gramsci di un anno più tardi quando egli parla esplicitamente dei pericoli

della ‘subalternità’.

Gramsci scriveva a Giulia l’ 8 agosto 1933:

“In generale, … mi pare che tu ti metta …nella posizione del subalterno e non

del dirigente, cioè di chi non è in grado di criticare storicamente le ideologie,

dominandole, spiegandole e giustificandole come una necessità storica del

passato, ma di chi, messo a contatto con un determinato mondo di sentimenti,

se ne sente attratto o respinto rimanendo peró sempre nella sfera del

sentimento e della passione immediata. Ecco perché forse non senti piú

l’attrazione di un tempo per la musica.”(LC 811).9

Nel contesto della sua profonda teoria della subalternità non possiamo

interpretare la critica di Gramsci alla moglie Giulia come una leggerezza o un

litigio superficiale.

L’ultima frase di Gramsci con il riferimento alla musica ci sorprende. Cosa ha in

comune secondo Gramsci la perdita dell’entusiasmo per la musica con lo stato

di presunta ‘subalternità della moglie? La soluzione risulta dalla citata lettera

del 1932 dove Gramsci parla dalla “pressione e il controllo da una parte sul

tutto e del tutto su ogni suo componente molecolare”. Gramsci presume che

Giulia ha abbandonato sua carriera di violinista professionale in una situazione

di enorme pressione e controllo. Anche in altre lettere Gramsci parla del’

“errore metafisico” di Giulia nel lasciare la musica e diventare collaboratrice

amministrativa in un ufficio del partito comunista.

Il 28 marzo 1932 Gramsci scrive alla moglie:

8 Antonio Gramsci-Tatiana Schucht. Lettere 1926-1935. A cura di Aldo Natoli e Chiara Daniele, Torino: Einaudi

1997 (cit.ND).

9 Antonio Gramsci: Lettere dal carcere. Nuova edizione riveduta e integrata sugli autografi, con

centodiciannove lettere indedite. A cura di Sergio Caprioglio e Elsa Fubini, Torino: Einaudi 1965 (cit.LC).

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“Io ho sempre creduto che la tua personalità si è in gran parte sviluppata

intorno all’attività artistica e che abbia subíto come un’amputazione per

l’indirizzo meramente pratico e di interessi immediati che tu hai dato alla tua

vita. Direi che nella tua vita c’è stato un’ errore ‘metafisico’, con conseguenze

di disarmonie e squilibri psichici - fisici.” (LC 598)

E due settimane dopo, nella sua successiva lettera a Giulia l’11 aprile 1932,

Gramsci aveva scritto:

“Nel valutare te stessa e il tuo contributo alla vita, tu non tieni conto che a un

certo punto hai dato alla tua personalità un indirizzo nuovo, abbandonando

l’attività artistica per una attività più immediatamente pratica. Inoltre mi pare

che tu abbia sempre dato al concetto e al fatto dell’ ‘utilità’ e della ‘praticità un

contenuto troppo angusto e meschino…, ricavandone la conseguenza

ossessionante di essere troppo poco ‘utile’. …Io mi sono fatto l’impressione che

in ciò sia il germe della tua malattia.” (LC 605)

In tutto questo ragionamento di Gramsci è contenuto una forte critica alla

situazione post-rivoluzionaria della società Sovietica. I soggetti si sentono

inferiori se confrontati con uno Stato totale caratterizzato da enorme

pressione e controllo. C’ è una definizione “troppo angusto e meschino” di

quello che vuol dire una prassi sociale utile. Gramsci però sempre ancora pensa

che l’individuo può e deve resistere e fare le sue scelte secondo una morale

superiore. Tatiana Schucht invece cerca di fare capire a Gramsci che nel caso di

sua sorella, l’ artista Giulia Schucht, la scelta morale più adeguata può essere il

silenzio, il diventare muta.

3.2.1. Subalternità come spazio di inferiorità politica: La critica di Tatiana

Schucht a Gramsci

Come possiamo interpretare nel suo contesto storico questa immagine di Giulia

che Gramsci dipinge? Per capire la situazione di Giulia Schucht si può forse

trovare la chiave nella reazione di Tatiana Schucht all’ interpretazione di

Gramsci. Tatiana cerca di rovesciare la medaglia: La situazione subalterna di

Giulia non risulta dal senso di inferiorità di Giulia ma della incapacità di Gramsci

11

di sentire e capire quello che Giulia vuol dire e esplicare a lui. Il 23 febbraio

1932 Tania aveva scritto a Gramsci: “Nel corso di questi ultimi anni, ho già

avuto l’occasione di constatare che tu sei assolutamente fuori di carreggiata,

nel tuo modo di vedere la situazione, cioè è troppo complesso perché io possa

o debba discutere le ragioni del fatto” (ND 929).

Giulia sin dall’ arresto di Gramsci nel novembre 1926 è in una situazione

disperata di isolamento politico sia dal partito comunista italiano sia dal partito

comunista Russo alla quale appartiene e per la quale lavora. Meno di un mese

prima del suo arresto, il 14 ottobre 1926, Gramsci aveva mandato una lettera al

Comitato Centrale del Partito Comunista Sovietico dove prende parte contro il

modo con il quale la maggioranza del partito trattava la minoranza, cioè Trockij

ed altri. Questa lettera portava alla rottura fra Gramsci e Togliatti. Togliatti non

consegnava la lettera che però era conosciuta fra i membri della maggioranza

Staliniana del Partito Sovietico che da quel momento riguardava Gramsci come

dissidente. Questo fatto non poteva non avere conseguenze per la situazione

di Giulia. Nel dicembre 1930 Tania Schucht aveva cercato di spiegare la

situazione a Gramsci. Lei scriveva: “Penso, ad ogni modo, come ti scrissi già una

volta, che Giulia non abbia nessuno per darle conforto, la sua deve essere una

situazione terribile, nessuno saprà, ne vorrà, addolcirla nei tuoi confronti, come

suo marito e padre dei bambini suoi.” (ND 635)

L’ economista Piero Sraffa, amico di Gramsci dai tempi dell’Ordine Nuovo di

Torino e negli anni Trenta assistente di Keynes ad Oxford, aveva poco prima

fatto una visita alla famiglia di Gramsci a Mosca. Dalla visita di Sraffa a Giulia

Schucht si trova una testimonianza del 1930 menzionata da Paolo Spriano .

Giulia per scrivere a Gramsci deve mandare le lettere “a un ufficio che poi deve

trasmettere le lettere. Questo ufficio si è tenuto le lettere per sei mesi!”

(Spriano1977:49). Questa testimonianza ci fa capire che Giulia e suo marito

soffrivano di una doppia censura: quella del carcere di Mussolini, ma anche

quella degli uffici dello Stato Sovietico. Sraffa, quando aveva incontrato Giulia,

l’aveva trovato con una borsa piena di lettere a Gramsci mai consegnate. Il 6

giugno 1930 Tania Schucht trascrive per Gramsci una lettera del padre Apollon

nel quale lui cerca di spiegare la situazione. Apollon aveva scritto a Tania: “Si

vede che né tu né Antonio non mi avete capito, non ho detto che Giulia non

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scrive perché è ammalata, ho detto che non lo fa che raramente perché le

riesce assai penoso di farlo nelle condizioni in cui si è costretti di compierlo” .

Tatiana aggiunge, riferendosi a Gramsci direttamente: “riguardo poi alla tua

preghiera perché Giulia ti comunichi i suo pensieri e non nasconda nulla di ciò

che le succede, (Apollon)soggiunge “Come è possibile”! (ND 533)

Subalternità si manifesta come uno spazio dove il soggetto non può più parlare

ed essere udito dagli altri.

Per descrivere la situazione nella quale si trovano sia lui stesso sia la moglie di

Gramsci alla fine dell’ anno 1932 egli usa proprio il termine con il quale intitola

il Quaderno 25: “ai margini della storia”. Il 19 dicembre scrive a Giulia: “anche

per te, sia pure in forma molto diversa dalla mia, è avvenuto che per qualche

anno sei rimasta ai margini del flusso di vita e non sai come immergerti di

nuovo” (LC 719). Anche Gramsci e Giulia Schucht, pur essendo intellettuali ed

artisti di alto livello, sono incarcerati in una relazione di subalternità che non è

soprattutto caratterizzata di inferiorità economica, ma soprattutto di mancanza

di collegamento con il mondo sociale e politico.

4. Il subalterno non può parlare: Alcuni conclusioni

A questo punto c’è da dire quanto devo al famoso saggio di Gayatri

Chakravorty Spivak del 1988 intitolato “Can the subaltern speak?” Senza la sua

lettura di Gramsci e dei “Subaltern Studies” Indiani –anche lei facendo parte di

questo gruppo di studiosi (vedi per es. Guha e Spivak 1988)- non avrei trovato

la chiave per l’interpretazione della relazione di Gramsci e Giulia Schucht in uno

spazio di subalternità e soprattutto del ruolo di Tatiana come interprete della

sorella per Gramsci. Con questa chiave si può capire che la malattia ed i silenzi

di Giulia Schucht sono un modo di trattare la situazione della sconfitta storica

del politico Antonio Gramsci ed un modo per resistere moralmente alle

conseguenze di questa sconfitta. Spivak da parte sua ha scoperto tramite la

lettura della edizione tedesca del carteggio fra Gramsci e le sorelle Schucht

quanto sia importante di integrare anche la voce delle donne per una ri-

elaborazione più ampia del concetto di subalternità. Assieme abbiamo

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sviluppato l’idea di pubblicare una edizione Americana del carteggio con le

lettere delle donne incluse.

Nel spiegare la situazione della donna subalterna Indiana Spivak ha fatto capire

che essere subalterna non è una posizione di classe o di genere o di casta, ma

sempre una relazione egemoniale nella quale i diversi dimensioni di

stratificazione sociale fanno emergere nuovi soggetti. Nel mondo globale dopo

la de-colonizzazione delle masse Indiane, soprattutto le donne subiscono una

seconda subalternità ancora più profonda di quella colonialista perché adesso

sono le élites nazionali che li consegnano ai capitali globali per un loro

sfruttamento totale, essendo spesso anche separate dalla vita familiare. I

silenzi dei subalterni dipendono dal “sentire egemoniale”, ed i discorsi sono

sempre definiti dalla parte egemoniale (Dhawan 2007: 278f.). Questi “silenzi

subalterni ” possono avere diverse forme e possono includere diversi strati

sociali. Spivak fa non solo l’esempio delle donne subalterne rurali in India, ma

anche l’esempio di una donna Indiana del ceto medio che neanche con il

sacrificio della vita nel suicidio, nel “sati”, può farsi capire dagli uomini della sua

famiglia e della sua classe.

Nel definire la situazione subalterna c’ è sempre però il pericolo di entrare nell’

essenzialismo ed in un circolo vizioso metodologico perché si intende di capire

la identità di un soggetto subalterno che non dovrebbe restare subalterno.

Spivak sottolinea che a questo riguardo la metodologia di Gramsci è molto più

convincente di quella di Foucault, perché Foucault semplicemente mette il

soggetto del desiderio nella posizione del soggetto storico; Gramsci invece

cercherebbe di ricostruire non l’identità essenziale ma l’archeologia della

coscienza subalterna e la sua trasformazione in una nuova situazione

egemoniale.

Per l’attualità di Gramsci nel mondo globale di oggi secondo me la più

importante considerazione di Gramsci è quella che i gruppi subalterni moderni

non hanno più una vita propria, ma che gli stati moderni attivamente creano

una loro subordinazione all’ egemonia attiva dei gruppi dirigenti e dominanti.

Loro aboliscono le autonomie di gruppi subalterni, che però rinascono in altra

forma. Ed è la forma concreta dell’ esclusione dal mondo civile, dalla

cittadinanza personale, politica e sociale che per me è decisiva per la forma

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concreta della subalternità e la possibilità della sua trasformazione in una

nuova autonomia.

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