La Bibbia Maya - Il Popol Vuh

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    Raphal Girard .

    LA BIBBIA MAYA .

    Il "Popol-Vuh": storia culturale di un popolo .

    Titolo originale: "Le popol-vuh. Histoire culturelle des maya quichs" .

    Traduzione: Massimo Giacometti .Copyright 1972 Payot, Paris .

    Copyright 1976, 1998 Editoriale Jaca Book S.p.A., Milano .

    Prima edizione italiana marzo 1979 .

    Seconda edizione italiana marzo 1998 .

    Su concessione Jaca Book .

    Nota autobiografica .

    Raphal Girard, nato a Martigny (Svizzera) il 30 ottobre 1898. Al corso di etnografia

    con il dott. Pittard dell'Universit di Ginevra, imparai il metodo di ricerca interdisciplinare

    che caratterizza i miei lavori. Nel luglio 1919 intrapresi una missione di studi etnografici

    per conoscere i popoli indigeni dell'Honduras. Il mio viaggio fu patrocinato dal dott.Pittard e dal dott. Paul Rivet, direttore del Muse de l'Homme di Parigi. Compiute le mie

    ricerche feci i primi passi per la costituzione della societ svizzera degli Americanisti .

    Profondamente interessato allo studio dei Maya, mi trasferii poi in Guatemala per

    intraprendere una ricognizione etnografica e archeologica del paese. Il mio primo

    viaggio in area maya si realizz il 12 maggio 1924. Non avendo alcun sussidio

    economico, dovetti trovare un lavoro per vivere e portare avanti le ricerche che tanto mi

    interessavano. Le mie prime esperienze rivelarono che il "Popol-Vuh" costituisce un

    documento chiave per capire la spiritualit, la cultura e la storia dei Maya-Quich. Non

    esisteva per alcuna esegesi del famoso documento: ne era misconosciuto il significato

    esoterico, mai utilizzato per le ricerche. Lo stesso accadeva per la religione e i simboli

    maya-quich che venivano appunto descritti come i pi inaccessibili al nostro modo di

    pensare. Puntai la mia attenzione sullo studio della religiosit maya-quich in

    Guatemala, Chiapas e Yucatn e realizzai inoltre una ricerca intensiva dei riti segreti e

    notturni celebrati dai Chortis, unici discendenti dei Maya del Periodo Classico viventi in

    Guatemala. Questa ricerca, in contatto diretto con gli indigeni per integrarmi al loro

    pensiero e compenetrarmi con la loro tradizione esoterica, dur pi di venti anni. Questo

    tempo considerevole dedicato allo studio del sacro si spiega con la barriera di

    impenetrabile riserva di cui si avvalgono i capi spirituali per difendere i loro valori culturali

    pi preziosi .

    Oltre alle ricerche in area maya, ho realizzato nel corso degli anni studi etnografici tra i

    popoli indigeni delle tre Americhe: dagli Irochesi del Canada ai Guaran del Paraguay.Con una visione panoramica della cultura indoamericana e attraverso il metodo

    interdisciplinare fui in grado di stabilire l'unit delle culture agricole del Nuovo Mondo e

    i loro legami storico-genetici con i Maya .

    I frutti delle mie ricerche sono raccolti in una ventina di libri, oggi pubblicati in cinque

    lingue. Non ho accettato le cattedre di Preistoria americana e di Antropologia che mi sono

    state offerte da due universit in Guatemala perch tutto il mio tempo sempre stato

    dedicato alla ricerca. (Raphal Girard, da un curriculum inviato all'editore italiano).

    Raphal Girard morto il 25 dicembre 1982 .

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    INDICE .

    Premessa: pagina 7 .

    Note: pagina 26 .

    Introduzione: Cosmogonia e creazione dell'Universo: pagina 29 .

    Note e didascalie delle figure: pagina 51 .Parte prima. Le Ere del Popol-Vuh .

    1. La prima era: L'orizzonte primitivo: pagina 54 .

    Note: pagina 67 .

    2. La seconda era: Il periodo di formazione della cultura: pagina 68 .

    Note e didascalie delle figure: pagina 74 .

    3. La terza era: Il ciclo dell'orticoltura avanzata: pagina 75 .

    Note e didascalie delle figure: pagina 92 .

    Parte seconda. La storia dei Gemelli .

    1. La prima era (L'orizzonte primitivo): I Gemelli sconfiggono i Giganti: pagina 96 .

    Note e didascalie delle figure: pagina 124 .

    2. La seconda era (La formazione della cultura): L'impero dei Cam: pagina 128 .Note e didascalie delle figure: pagina 187 .

    3. La terza era. L'orticoltura avanzata: pagina 193 .

    Note e didascalie delle figure: pagina 236 .

    4. Introduzione alla quarta creazione. I tratti culturali della quarta era. Il codice agrario:

    pagina 241 .

    Note e didascalie delle figure: pagina 279 .

    5. I Gemelli agli inferni: pagina 282 .

    Note e didascalie delle figure: pagina 432 .

    6. La quarta creazione: pagina 451 .

    Note e didascalie delle figure: pagina 495 .

    Parte terza. Storia e drammatizzazione mitica del calendario .

    1. Origine e struttura del calendario: pagina 498 .

    Note e didascalie delle figure: pagina 548 .

    2. L'ulteriore sviluppo del calendario. La causa efficiente del grande calcolo: pagina 550 .

    Note e didascalie delle figure: pagina 568 .

    3. I miti del teatro Maya-quich: pagina 570 .

    Note e didascalie delle figure: pagina 602 .

    Parte quarta. L'et storica .

    La migrazione quich: pagina 605 .

    Note: pagina 619 .

    La ricomparsa dei sacrifici umani: pagina 620 .Note: pagina 633 .

    Il ritorno dei Quich in Guatemala: pagina 634 .

    Note: pagina 647 .

    Sintesi .

    L'orizzonte primitivo: pagina 649 .

    La seconda Epoca: pagina 653 .

    La terza Epoca: pagina 661 .

    La quarta Epoca: pagina 667 .

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    PREMESSA .

    Quattro secoli or sono un saggio quich trascrisse, nel manoscritto che porta il titolo di

    Popol-Vuh, le tradizioni millenarie del suo popolo. Le scrisse nella sua lingua servendosi,

    per, dei caratteri latini .

    Non era stato possibile fino ai nostri giorni decifrare il significato esoterico, n cogliere laportata storiografica di questo documento semplicemente perch scritto in una lingua

    simbolica che va al di l delle nostre capacit di comprensione .

    Eppure questi testi sacri, cos oscuri per il mondo occidentale, sono perfettamente

    intelliggibili per i Maya-Quich e rappresentano ai loro occhi tutta la realt vivente .

    All'inizio del Diciottesimo secolo, il padre Francisco Ximnz scopre e traduce il Popol-

    Vuh e al proposito scrive che si perpetuato tra gli indiani circondato da un alone di segreto

    tale che tra i preti antichi non veniva neppure citato, ma al momento di fare delle

    ricerche in merito, quando mi trovavo al presbiterio di Chichicastenango, constatai

    che questa dottrina era la prima cosa che assimilavano assieme al latte materno e che quasi

    tutti la sapevano a memoria (1) .

    Queste parole esprimono in maniera eloquente quel che ha significato e che significatuttora il Popol-Vuh per gli indigeni di ceppo maya quich, come ho avuto modo di

    verificarlo io stesso nel corso di trentadue anni di ricerca etnografica presso i diversi

    gruppi che rappresentano detta cultura .

    E' probabile che un tale documento sia la riproduzione di un Codice pre-ispanico

    scritto nell'antichit, come afferma l'autore del Popol-Vuh .

    Per interpretare questo materiale mitico, che al tempo stesso molto vecchio e

    perennemente giovane, indispensabile immedesimarsi nel modo di pensare, di sentire e di

    esprimersi proprio dell'indigeno e di esplorare gli strati pi profondi del suo pensiero, di

    conoscere i suoi processi mentali, le sue idee religiose, in una parola la condizione

    reale della sua spiritualit .

    Nessun ricercatore fino ad oggi riuscito a insinuarsi nelle pieghe misteriose dell'anima

    maya a causa dell'ermetismo sistematico a cui ricorre l'indiano per proteggere i suoi preziosi

    valori culturali .

    Questo spiega, a mio avviso, la nostra ignoranza della realt spirituale dell'indigeno

    di oggi come di quello del passato che palpita nelle pagine del Popol-Vuh. Cos,

    sebbene disponiamo di svariate traduzioni letterali di questo manoscritto in spagnolo,

    francese, inglese e tedesco, nessuna di esse fino ad oggi mette in luce il vero significato di

    un documento di cos grande valore in cui si compendia l'anima e la storia dei Maya-Quich .

    Per quel che riguarda il valore storiografico del Popol-Vuh esso deriva non soltanto

    dal suo contenuto, il quale descrive la storia dell'uomo maya-quich nel corso dei tempi,

    ma inoltre dalla dichiarazione esplicita dello scriba indigeno il quale, in guisa diintroduzione, proclama che: Questa l'origine, il punto di partenza della storia antica dei

    Quich: qui scriveremo la storia antica, l'inizio, l'origine del popolo quich e di tutto ci

    che stato realizzato dal popolo quich (tutta la storia) .

    I Chorti confermano questo carattere di documento storiografico del Popol-Vuh con il

    titolo stesso del dramma, "La storia", che riproduce in modo grandiosamente sintetico gli

    episodi essenziali del poema quich .

    Interpretando il sentimento del popolo quich, il padre Ximnz ha intitolato la sua

    versione spagnola: Storia dell'origine degli indiani di questa provincia del Guatemala .

    I Maya-Quich definiscono quindi la loro concezione della Storia l dove dichiarano che

    i loro racconti mitici sono al tempo stesso delle narrazioni storiche, un mito-storia quindi, un

    mito elevato a rango di storia .

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    Non si tratta, quindi, di cercare nel Popol-Vuh una parte mitica e una parte storica. Come

    dimostrer il presente studio, tutta l'opera, dalla prima all'ultima pagina, caratterizzata da

    un medesimo stile .

    Per di pi non vi sono suddivisioni in capitoli: il testo del manoscritto tutto di un

    pezzo, la narrazione si svolge senza interruzioni dall'inizio sino alla fine .

    Questa disposizione tipica della mentalit dei Maya-Quich e si proietta altres sulloro sistema cronologico. Infatti tutti i periodi dei loro calendari si intrecciano e si

    succedono senza soluzione di continuit come i racconti storici al fine di evitare

    qualsiasi breccia nell'ordine cosmico. Il sistema crono-magico ricalca il modello dei

    miti, archetipi di tutte le loro costruzioni mentali. A questo modo i Maya-Quich non

    conoscono alcuna frattura rispetto al loro passato, esso non ha per loro nulla di oscuro dal

    momento che i miti costituiscono la base della loro coscienza culturale .

    Si tratta in realt di una storia unica la quale abbraccia in una successione continua

    l'insieme del processo storico-culturale: una storia scritta in termini di pensiero mitico il

    quale, per i Maya Quich, si identifica con il pensiero storico .

    E' di estrema importanza conoscere il metodo usato dai Maya-Quich per esprimere la loro

    concezione e organizzazione della Storia. Questo metodo viene in luce nella dottrinaciclica delle Ere, la quale abbraccia in una totalit storica i fatti del passato come quelli del

    presente .

    Questo materiale si articola in quattro Ere o serie storiche, di cui le prime tre

    corrispondono a periodi trascorsi, cio al passato e la quarta al presente il quale ha inizio

    con la quarta Creazione. Le forme culturali esistenti appartengono al presente, cio alla

    quarta era, mentre quelle del passato hanno cessato di esistere in quanto si sono

    trasformate e sono state incorporate in quelle attuali .

    Per distinguere le forme presenti da quelle del passato ed esprimere al tempo stesso il

    loro rapporto genetico, i Maya-Quich hanno trovato una formula geniale nella sua

    semplicit: hanno separato con un taglio netto il passato remoto da un lato e il presente

    dall'altro interponendo tra le serie cicliche un cataclisma devastatore che annienta lo

    stato anteriore e che fa sl che non sia pi possibile osservarlo direttamente dal momento

    che ha cessato di esistere .

    Nel momento stesso in cui il passato si trova cos tagliato fuori dal presente, esso

    appartiene alla preistoria. Vennero cos distrutti volta per volta i tre primi cicli etnici, che

    al loro tempo furono delle epoche in corso, cio dei periodi vissuti dai Maya-Quich nel

    corso della loro storia .

    Queste Ere o Periodi sono al tempo stesso uniti e distinti in quanto parti necessarie di

    un'unica Totalit, distinti al fine di discernere le fasi del passato, uniti per conservare il

    legame causale che collega le parti al Tutto .

    Sebbene le modalit del passato siano state obliterate (in modo simbolico da unacatastrofe), dal momento che sono state rimpiazzate da quelle del presente, necessario

    mantenerne vivo il ricordo al fine di spiegare le forme in vigore che affondano le loro radici

    nella preistoria .

    In realt questo passato non scomparso: si trasformato per incorporarsi al

    complesso culturale del momento attuale. Cos, ad esempio, i Giganti della Prima Era si

    trasformano in Portatori cosmici; gli dei della Seconda Era nei Geni del male del

    tempo presente e le Virt del periodo preistorico diventano i Vizi della Quarta Era .

    Ogni periodo una nuova Creazione, dal momento che il passato, incorporandosi al

    presente, cessa di esistere. Vi qui una contraddizione apparente nella dottrina delle

    Ere che presenta, da un lato, una serie di brusche mutazioni, incompatibili con i fatti, ma

    che, d'altro lato, mette in risalto il processo graduale delle forme, senza perdere contattocon quelle precedenti. Esse evolvono esattamente come avviene nella successione

    storica delle forme biologiche .

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    La conoscenza della genesi degli elementi culturali, cio del loro significato prima che

    venissero incorporati al tempo presente, indispensabile per capire la loro evoluzione

    ulteriore e per spiegare come, perch e in quali circostanze si siano trasformati, e quali

    siano i fenomeni che hanno determinato la loro situazione presente .

    Questo molto importante dal momento che su questi fenomeni riposano i canoni

    fondamentali della dottrina religiosa e storica .I tratti del passato rimangono annullati, ma solo in apparenza poich sono stati

    reinterpretati e si ritrovano vivi e palpitanti nel presente. La storia mitica quindi

    descritta in una prospettiva genetica. Essa spiega il processo di incorporazione del

    passato nel presente e quello della trasmissione del patrimonio culturale che si arricchisce

    da un'epoca all'altra. Essa permette inoltre di cogliere, nello svolgersi del processo storico,

    le variazioni degli elementi culturali, di seguire, ad esempio, l'evoluzione dell'etica o

    delle istituzioni in collegamento con i cambiamenti che si realizzano su tutti i piani della

    cultura .

    In altri termini, la cultura attuale un prodotto della totalit storica, di conseguenza

    essa sale lungo la scala della civilt proporzionalmente alla porzione del passato che

    influisce su di lei e di conseguenza il livello culturale di un'Epoca direttamenteproporzionale alla durata del suo passato preistorico .

    Da questo punto di vista la conservazione di tutte le fasi del passato disposte in ordine

    cronologico necessaria al fine di determinare e spiegare il presente. La storia-mito, quindi,

    espone il corso degli avvenimenti che hanno generato il presente e questi avvenimenti sono

    messi in rapporto di dipendenza e di successione nella trama del divenire storico .

    Su questa tela di fondo il Popol-Vuh proietta in quadri successivi la vita dell'uomo e del

    popolo maya-quich attraverso la loro storia .

    Esso descrive con precisione e vivacit, in uno stile chiaro, semplice e commovente, la

    vita della famiglia-tipo che caratterizza la cultura spirituale e materiale di ciascun ciclo

    etnico (famiglia di Gukup Cakix nella Prima Era; di Cam nella Seconda; di Ixmucan

    nella Terza; dell'Eroe Civilizzatore e dei primi quattro veri uomini nella Quarta)

    mostrando cos il lato semplice e umano della Storia e, al tempo stesso, fornendo un

    panorama integrale della cultura tipo di ogni epoca e in particolare dei fenomeni spirituali,

    sociali ed economici che la caratterizzano .

    Il Popol-Vuh registra non soltanto i cambiamenti che intervengono nella storia delle

    Istituzioni e degli elementi costitutivi della cultura, ma per di pi i mutamenti delle

    forme originali prodotti da choc esterni, cio provocati dal contatto con altri tipi di cultura:

    ad esempio l'instaurazione dei sacrifici umani e le conseguenze che ne derivano, dovuta

    all'influenza azteca. Ci mostra egualmente che i fenomeni culturali sono determinati

    da necessit organiche fondamentali, inseparabili dalle idee, le credenze e le istituzioni di

    un determinato momento .Nella concezione dei Maya-Quich, la Storia l'uomo o il gruppo umano attraverso i

    tempi, criterio questo che non si distingue dalla definizione che la storiografia scientifica

    moderna d della Storia: scienza che studia ed espone in connessione causale i fatti

    relativi all'evoluzione dell'uomo in quanto essere sociale nelle sue manifestazioni

    sia individuali che tipiche e collettive (2) .

    Nel Popol-Vuh abbiamo quindi una fonte diretta scritta dai Maya-Quich sulla vita

    dell'Uomo. Essa abbraccia tutto lo sviluppo della cultura e della vita dell'uomo

    dall'orizzonte primitivo fino al livello della civilt .

    La sua fedelt storica si rivela nella descrizione di fatti e di stili in cui si manifesta la vita

    spirituale che non corrispondono alla cultura attuale e che sono stati abbandonati da

    migliaia di anni, ma che sono l'espressione della realt vitale di culture dei tempiremoti .

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    I Maya-Quich hanno scritto prima dei nostri storici la vera storia, quella che si occupa

    dell'Uomo, cio della vita reale di una nazione e non di avvenimenti ufficiali che non

    presentano alcun interesse per l'avvenire .

    Gli eventi storici tradotti in mito documentano con esattezza i fatti e gesti archetipi

    realizzati a suo tempo dai lontani antenati dei Maya-Quich. Questi eventi non soltanto si

    sono succeduti un tempo, ma continuano ancora a succedersi incessantemente: si ripetonosempre allo stesso modo nei riti, nel calendario (3), nel teatro e nei costumi attuali.

    Giungono quindi fino a noi nelle pratiche degli indiani di oggi, come riproduzione fedele

    della Storia, quale essa si svolta nella realt .

    Questo dissipa il pregiudizio antico (fin dai tempi di Montaigne e Cartesio) che voleva

    che l'Americano fosse il tipo d'Uomo senza storia, e conferma il criterio degli storici

    moderni circa il valore storiografico dei miti. (Il passo pi importante fatto dalla Critica

    storica moderna stato quello di comprendere, seguendo Vico, che la maggior parte dei miti

    di dei ed eroi delle Tradizioni antiche... sono il frutto di altrettante ricostruzioni e spiegazioni

    storiche... nella forma compatibile con la mentalit dei primitivi, alogica e

    antropomorfica (4)). Gi da un certo tempo lo studio della mitologia ha abbandonato il

    terreno della letteratura ed entrato in quello della scienza .Il Popol-Vuh fornisce un materiale preziosissimo per la conoscenza della storia maya-

    quich e ci permette di seguire l'evoluzione delle idee, dell'arte, delle scienze, di tutta la

    cultura di questo popolo .

    Per la prima volta negli annali della scienza americanista possiamo affrontare il

    problema storico, seguendo la successione logica dei fatti a partire dall'orizzonte pi antico

    fino agli strati recenti e non in senso inverso, cio partendo dalle cause e non dagli effetti .

    Viene cos ad essere colmato lo iato che esisteva tra la paleantropologia e

    l'etnografia o la storia .

    Allo specialista, per, forse pi della metodologia storica dei Maya Quich, interessa

    sapere che esiste un metodo efficace per determinare la giusta interpretazione del Popol-Vuh

    e se ci sia qualche tecnica scientifica che permetta di dimostrare che tale

    interpretazione corrisponde effettivamente alle idee e alla storia reali dei Maya Quich .

    Il principale obiettivo di questa premessa introduttiva quindi quello di spiegare la

    tecnica di lavoro utilizzata in questa esegesi, tecnica che al tempo stesso indica i mezzi per

    criticarla .

    Come gi stato detto l'analisi delle idee contenute nei miti che espongono lo stile di

    vita spirituale dei Maya-Quich pu avvenire solo penetrando intimamente nel pensiero

    indigeno, cos diverso e distante dal nostro .

    Lvy-Bruhl aveva gi affermato parlando dell'interpretazione che l'uomo civilizzato

    ha tendenza a dare alle credenze, ai costumi e ai riti propri dell'uomo primitivo che essa non

    coglie mai o quasi la loro vera portata. Bisogna quindi porsi sullo stesso piano rispettoalla mentalit indigena per comprenderne lo stile di espressione e, per di pi, assistere al

    fine di studiarli in modo sistematico, ai riti segreti e notturni dei culto agrario celebrati dai

    preti indigeni nei loro templi nel pi profondo delle foreste (5). Quando il ricercatore

    si sar familiarizzato con il pensiero e l'ermeneutica dell'indigeno, allora potr

    comprendere le sue manifestazioni spirituali su qualunque piano esse si producano e

    interpretare i suoi antichi testi sacri alla luce della realt odierna .

    I miti, infatti, trovano nelle idee e nelle pratiche dell'indiano di oggi una spiegazione

    chiara: tutti i suoi atti, individuali o collettivi, compresi gli atti fisiologici, sono dei

    riti che riproducono incessantemente i modelli mitici; per un Maya-Quich vivere ed

    agire in accordo con le norme mitiche un'ossessione costante .

    La corrispondenza tra presente e passato, tra la realt esistente e il mito, si stabilisce graziealla sopravvivenza dei miti nei riti. Tutto il merito di una ricerca come quella presentata

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    qui va ai preti indigeni, analfabeti ma formati alla scuola della tradizione orale: dandoci

    accesso al loro pensiero intimo ci rivelano un mondo fin qui sconosciuto .

    Al fine di verificare la veracit delle informazioni fornite dai teologhi indigeni

    abbiamo fatto ricorso al metodo comparato che consente di stabilire la concordanza tra

    i dati provenienti da informatori diversi che si ignorano reciprocamente. Lo stesso metodo

    metter in evidenza le corrispondenze sistematiche esistenti tra gli insegnamenti etnograficie quelli forniti dalle fonti dirette scritte dai Maya-Quich .

    Correlazioni sistematiche di questo tipo tra i miti, le fonti scritte e i dati dell'etnografia

    e della linguistica stabiliscono la base solida su cui riposa la nostra interpretazione dei testi

    indigeni .

    Esiste, infatti, un parallelismo rigoroso tra gli episodi mitici, i riti e le usanze attuali

    non soltanto sotto forma di semplici correlazioni di fatti che si corrispondono e si

    spiegano reciprocamente, ma altres, ed questo il pi importante, in ragione delle

    corrispondenze sistematiche e morfologiche di tutta la struttura mitologica con il sistema dei

    riti, la cronologia e l'arte drammatica indigena, che presentano lo stesso modo di

    articolazione, seguono lo stesso ordine di successione, espongono e sviluppano gli stessi

    temi e si basano sulla stessa dottrina e sugli stessi principi cosmo-teo astronomici .La presente esegesi del Popol-Vuh si fonda dunque sulla presentazione di fatti concreti e

    alla portata dell'indagine etnografica .

    Ma c' ancora di pi: dal momento che tanto i miti che i riti esprimono l'ideale

    religioso delle epoche passate, presenti e future che iniziano ai tempi mitici, ne consegue

    che questo ideale compare tanto nella cultura etnografica che in quella archeologica,

    qualunque sia il livello storico a cui le studiamo. Ne consegue altres che l'arte pre-

    ispanica dei Maya-Quich, che al servizio esclusivo della religione, traduce nel linguaggio

    delle forme le stesse idee religiose che palpitano nelle pagine del Popol-Vuh o nelle

    concezioni metafisico-religiose dell'indiano di oggi .

    Di conseguenza, la sfera delle corrispondenze tra riti e miti si estende al campo

    dell'archeologia (monumenti, affreschi, manoscritti antichi). L'interpretazione dell'arte, al

    pari di quella di tutte le espressioni culturali dei Maya-Quich, attraverso la storia, va dal

    dentro al fuori, dallo spirituale all'oggettivo. Questo processo, nel mettere in luce

    l'emozione impulsiva che realizz l'espressione delle forme, spiega il significato di figure e

    simboli millenari che fino ad ora era rimasto enigmatico quanto la spiritualit

    dell'indiano attuale .

    A questi elementi di verifica conviene aggiungere la prova documentaria fornita

    dalla testimonianza di fonti scritte dai Maya, dai Quich e dai Messicani, come pure i

    documenti di epoca coloniale che contengono le informazioni indigene. Il presente lavoro

    stabilisce la solidariet fondamentale di queste fonti, in cui si esprimono culture aventi

    tutte la medesima genesi la cui storia si trova riassunta nel Popol-Vuh .Gi Imbelloni aveva dimostrato che le fonti maya, quich e messicane formano un tutto

    intimamente connesso e che il loro materiale mitico comune (6) .

    Da quanto stato appena detto risulta che lo studio della mitologia maya-quich pu

    essere affrontato con i metodi della scienza moderna e che esso pu essere sottoposto a una

    critica di metodi scientifici rigorosi, basati su discipline antropologiche (etnografia,

    linguistica, archeologia, cartografia, fonti scritte). Le verit fondamentali espresse dai

    miti gravitano attorno a idee che si illuminano reciprocamente. La cosmogonia, la

    teogonia, i riti, il calendario, le matematiche, l'astronomia, l'economia, la famiglia, la

    societ, il sistema di governo, eccetera sono stati calcati su un medesimo schema. Ci

    troviamo davanti a un inserimento reciproco di tutto nel Tutto cosmico ad ogni istante.

    Nessun elemento culturale pu separarsi da questo Tutto a cui si trova solidamente vincolato.

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    Per questo non vi spazio per interpretazioni arbitrarie di nessuno dei fenomeni culturali;

    qualsiasi errore si risolverebbe, infatti, in discordanze evidenti nell'ammirevole unit

    interna del complesso culturale. Inoltre la molteplicit di mezzi di cui ora disponiamo

    (prove interne e prove esterne) per stabilire la verit, consente un controllo efficace (7) .

    Questi, a grandi tratti, sono i metodi seguiti nell'analisi qui presentata del Popol-Vuh e

    i suoi mezzi di verifica .Di primo acchito chi studia i fenomeni spirituali della Civilt indigena con un criterio

    occidentale potr difficilmente comprenderli ed accettare il fatto che sia miti che tradizioni

    non hanno sofferto nel corso del tempo n alterazioni n deformazioni .

    Eppure proprio cos per quel che riguarda la cultura maya-quich, cultura

    essenzialmente mitologica in cui la scienza e la storia non si sono ancora staccate dalla

    religione. L'Indiano vive ancora in un'era mitologica, la quarta nella sua concezione ciclica,

    cio in un tempo e uno spazio sacri. Questo spiega come mai la sua cultura sia rimasta

    impermeabile all'influenza occidentale e la spiegazione dei fenomeni culturali si trovi nei

    miti (8) .

    Sebbene la nostra esegesi si concentri sull'aspetto storico del Popol Vuh, i fatti storici non

    si possono separare dal materiale mitico in cui sono integrati. In un certo senso nellamitologia tutto storia .

    Per questo motivo lo studio del Popol-Vuh, in quanto fonte storica, deve estendersi

    all'insieme del materiale mitico, il quale trova una spiegazione soddisfacente e al tempo

    stesso una conferma multilaterale nelle fonti di informazione di cui abbiamo parlato. Di

    conseguenza la mito-storia esprime una verit acquisita, libera da ipotesi .

    I tratti salienti di questa storia multimillenaria che riempie le pagine del Popol-Vuh, si

    trovano riassunti nelle conclusioni e nella tavola sinottica situata alla fine di questo volume .

    Il Popol-Vuh affronta tutti i problemi fondamentali dell'umanit maya quich e espone gli

    avvenimenti tipici della vita e del destino dell'uomo attraverso la storia .

    Costituisce un trattato completo di teogonia, di cosmogonia e di astronomia. Ci espone

    la teologia, la nascita e la formazione degli dei, degli uomini, delle specie e delle cose,

    cio la genesi e la formazione dei termini che li designano. Spiega la creazione

    dell'Universo, la situazione della persona umana nel Mondo, i rapporti di Dio con l'uomo, la

    missione etica dell'individuo e del gruppo, il concatenamento dei fatti, la buona

    organizzazione della societ. Ci rivela l'indigeno e il suo mondo, le basi della sua

    sussistenza, le sue aspirazioni spirituali e la marcia dell'evoluzione delle sue

    istituzioni. In una parola il processo storico-culturale del popolo maya-quich nel corso

    della storia, una storia integrale che abbraccia tutti gli aspetti della vita e della civilt .

    Il Popol-Vuh quindi un documento unico negli annali dell'Umanit .

    Esso spiega il primo istante di vita di una religione, di una societ, di un'arte, di una

    lingua, insomma di una cultura nascente, come pure la serie dei suoi sviluppi successivi: inuna parola, la formazione, la crescita e l'evoluzione della cultura maya-quich .

    In questo campo sar sempre la fonte di consultazione necessaria il "Vade mecum"

    indispensabile dell'etnografo, dell'archeologo, del linguista, dello storico, del sociologo,

    del mitologo, del ricercatore nella sfera della religione, dell'economia e dei diversi aspetti

    della cultura maya-quich. Fino ad oggi hanno fatto loro difetto solide direttive storiche

    .

    Il Popol-Vuh stabilisce norme precise per l'identificazione e la classificazione di

    elementi culturali corrispondenti a ciascuno dei cicli della storia maya-quich. Grazie a

    questo capolavoro antropologico possiamo ormai studiare fenomeni che erano rimasti

    nell'ambito della teoria e scoprire che l'evoluzione della cultura maya-quich non sempre

    stata rettilinea. Nel corso della sua fioritura, che si realizzata a prezzo di fusionietniche, osserviamo grandi progressi, ma anche passi indietro notevoli rispetto

    all'orizzonte primitivo. Quest'opera prodigiosa del genio amerindio che un condensato

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    dell'anima e della storia del popolo maya-quich, descrive le attivit, il genere di vita e la

    psicologia dell'uomo delle caverne come se tutto si fosse svolto sotto i nostri occhi .

    L'inizio della storia maya-quich coincide, infatti, con le prime vestigia della presenza

    dell'uomo sul continente, che risalgono a migliaia di anni prima dell'era cristiana. Ne

    risulta che il Popol-Vuh costituisce il documento pi antico sulla storia dell'Uomo. E'

    anteriore al Rig Veda e al Zend Avesta che sono stati fin qui considerati la raccolta ditesti sacri pi antica .

    Il contributo spirituale di cui ci fanno godere ora le civilt maya e tolteca, liberate dal

    velo di mistero che le avvolgeva, un contributo estremamente prezioso, in questo

    momento cruciale che sta attraversando l'Umanit .

    Il Popol-Vuh non inferiore per valore filosofico ai grandi libri che hanno guidato la

    coscienza dell'uomo. I suoi insegnamenti illuminano non soltanto la storia maya-quich,

    rimasta cos oscura fino ai giorni nostri, ma la storia dell'Umanit tutta intera .

    NOTE .

    Nota 1. Fr. Francisco Ximnz, "Historia de la Provincia de San Vicente de Chiapa y

    Guatemala", Guatemala 1929-1934 .

    Nota 2. Bernheim, "Lehrbuch der historische Methode" .Nota 3. La struttura del sistema cronologico ricalcata sui modelli mitici. Al pari delle

    Ere-tipo che rappresentano, ogni serie del Calendario l'espressione di un periodo vitale e

    completo in s che si conclude con una mutazione brusca e totale. I cicli cronografici

    evolvono come le serie storiche in quanto parti essenziali di un Tutto. Nonostante la fine

    brusca dei cicli mitici che rappresentano la storia e che chiameremo d'ora in poi mito-storici,

    il testo del Popol Vuh rivela che i fenomeni non si sostituiscono gli uni agli altri in virt di

    un brusco cambiamento di scena, bens tramite mutazioni progressive .

    Nota 4. Enrico de Michelis, "El problema de la ciencias historicas", Ed. Nova, Buenos

    Aires, p. 259 .

    Nota 5. Per pi ampi dettagli su questo metodo di ricerca, cfr. "Los Chortis ante el

    problema maya", Ed. Robredo, Mexico 1949, 5 voll., e la mia risposta alla critica di

    Betty Star in "American Anthropologist", 53, 1951 .

    Nel presente studio dedicato al Popol-Vuh, rinvieremo spesso il lettore a pagine o

    capitoli del libro sopra indicato, indicandolo semplicemente con l'abbreviazione op.

    cit., dal momento che praticamente impossibile riprodurre "in extenso"

    l'abbondante materiale etnografico, archeologico, linguistico e quello tratto da fonti

    letterarie, contenute in questa opera sui Chorti .

    Nota 6. "El Gnesis de los pueblos prehistoricos de America", Buenos Aires 1940-1941.

    J. Imbelloni ha rivolto la sua attenzione alla dottrina delle Ere e ha fornito felici

    interpretazioni di questo aspetto della mitologia maya-quich .

    Nota 7. Nel corso delle mie indagini sui Chorti dubitavo talvolta dell'esattezza delleinformazioni fornite dai preti che mi sembravano, talvolta, confuse e illogiche. Tuttavia,

    notando la concordanza tra le diverse versioni teologiche, le loro applicazioni ai riti, la loro

    corrispondenza ai paradigmi mitici, il mio scetticismo scomparso. I preti indigeni non si

    sbagliano mai nella ripetizione stereotipata dei loro vecchi simboli e seguono "ad pedem

    litterae" gli insegnamenti del Popol-Vuh. In tutti i casi che mi sono sembrati dubbi quello

    che si sbagliava ero io. Il lettore incontrer nel corso dell'opera riferimenti concreti

    a questo riguardo .

    Nota 8. Il caso degli amerindi non insolito. Leo Frobenius nel suo libro

    "Schiksalskunde" ci parla dell'Era mitologica dell'Umanit e mostra che la nostra stessa

    storia ha conosciuto una fase in cui la cultura si modellava in forme mitiche. Sir George

    Grey ha rivelato in "Polynesian Mythology and Ancient traditional History of the NewZealand Race" (1855) che il popolo polinesiano viveva ancora nella dipendenza pi

    completa dai suoi miti, cio che la mitologia di quel popolo agiva come forma di vita. Cos

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    vissero i primitivi dell'Asia e dell'Ellade arcaica (Miguel de Ferdinandy, "En torno al

    pensar mitico", Anales de Arqueologia y Etnologia de la Universidad nacional de Cuyo,

    tomo ottavo, 1947). Max Mller ha dimostrato che i testi dei Veda si sono trasmessi per via

    orale da pi di duemila anni, con una tale esattezza che in tutto il loro contenuto c' a mala

    pena un dubbio di accento ("La ciencia de la Religion", Ed. Albatros, 1945) .

    Introduzione .COSMOGONIA E CREAZIONE DELL'UNIVERSO .

    Il Popol-Vuh comincia cos: Questa l'origine, l'inizio della storia antica dei Quich.

    Scriveremo qui la storia antica, il principio, l'origine del popolo quich e tutto quello che

    fece. Questi termini definiscono chiaramente l'intenzione dello scriba quich. Egli

    aggiunge per di pi che la trascrizione delle tradizioni antiche ha lo scopo di salvarle

    dall'oblio, dal momento che non si vede pi il Popol-Vuh (Recinos), Ci che si

    vedeva nel Popol-Vuh non c' pi (Villacorta), L'originale del libro scritto un tempo

    esisteva, ma celato agli occhi del ricercatore e del pensatore, dal momento che

    scomparso (Recinos). Viene infine precisato che questa ultima versione della storia

    antica dei Quich fu scritta all'epoca del cristianesimo, cio durante l'epoca coloniale (tra il

    1554 e il 1558 secondo Recinos) .Questa storia culturale del popolo quich, scritta in stile mitico, comincia con

    l'enumerazione degli dei vernacolari: Tzakol, Bitol, Alom e Cajolom, chiamati anche

    Hunah-pu-Vuch, Hunahpu-Utiu, Zaqui-Nima Tziis, Tepeu, Gucumatz, U Cux Palo, Ah

    Raxa Lac, Ah Raxa Tzel, Iyom, Mamom, Matzanel, Chuckenel, ai quali si aggiunge la

    coppia ancestrale, il nonno e la nonna chiamati Ixpiyacoc e Ixmucan .

    Il Popol-Vuh descrive poi la formazione del mondo: Grandiose erano la descrizione e la

    narrazione della creazione del cielo e della terra, di come Tutto fu formato e suddiviso in

    quattro parti, di come il cielo fu segnato e misurato. Venne portata una corda per misurare

    e venne tesa nel cielo e sulla terra, ai quattro angoli e ai quattro spigoli, come aveva

    detto il Creatore e Formatore, madre e padre della vita, di tutto ci che stato creato

    (Recinos), Grandiose furono la loro origine e le descrizioni contenute nel nostro primo

    libro, scritto nell'antichit, quando tutto quel che c' sulla terra e nel cielo fu creato,

    cercando gli angoli del firmamento e misurando tutto ci che vi in esso, quadrando le

    misure, stabilendo i punti di base di quel che contenevano il cielo e la terra, come avevano

    detto Tzakol e Bitol, padre e madre della vita, degli esseri animati, dei figli degni, dei

    discendenti di una stessa lingua, che avevano il cuore puro, dei figli e delle figlie

    chiaroveggenti e civilizzanti (Villacorta) .

    Comincia cos il capitolo relativo alla Creazione dell'Universo. Si tratta innanzitutto

    della determinazione dei limiti e delle dimensioni del Cosmo, diviso in due piani

    quadrangolari sovrapposti: il cielo e la terra, in cui i lati, gli angoli, le distanze e i punti

    base venivano determinati una volta per tutte .Il Chilam Balam di Chumayel (1) conferma e completa le informazioni fornite dal

    manoscritto quich, precisando che le quattro direzioni furono segnate una per una con dei

    punti di riferimento (pietre, alberi) che si distinguevano in base al colore rispettivo:

    rosso, bianco, nero e giallo e che fu allora che vennero creati i quattro capi o Reggenti

    di questi punti cosmici. In altri punti fa riferimento ai CAN SIB (quattro candele di cera)

    accese ai quattro angoli del cielo. Ancor oggi i Chorti, discendenti dei Maya, rappresentano

    questi quattro dei o soli cosmici con quattro candele di cera disposte ai quattro angoli

    dell'altare. Ciascuna di esse si identifica grazie a dei segni particolari al settore

    corrispondente dell'Universo che simboleggia, cos come i Reggenti cosmici si

    riconoscevano in base al loro colore specifico. I preti chorti precisano che due di queste

    candele corrispondono al settore orientale e due al settore occidentale del Cosmo (2).Le candele rappresentano i quattro limiti del mondo e le fiamme simboleggiano i quattro soli

    cosmici .

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    Tramite i loro atti gli dei stabiliscono il modello trascendentale che, da quel momento

    in poi, servir da paradigma geometrico, astronomico, calendarico, rituale, che verr

    incessantemente riprodotto nel tempo e che ci giunto intatto grazie ai preti e agli

    agricoltori di ceppo maya e quich che continuano ad osservare e ad applicare queste

    norme divine, squadrando il territorio, il villaggio, la piazza, la corte, l'altare, il tempio, la

    "milpa" (3), i lavori della "milpa", che costituiscono tutti una replica del quadrilaterocosmico. Seguendo l'esempio dato "in illo tempore" dagli dei, il prete chorti, al pari dei suoi

    antenati, rispetta la tradizione delimitando l'altare, il tempio e il territorio, mentre

    l'agricoltore ripete la stessa operazione sulla "milpa" .

    Questo schema quadripartito del mondo naturale, ossessione costante del pensiero maya-

    quich, conforme alla struttura politica e sociale della societ umana. Serve di base per

    la suddivisione del tempo indicata dal calendario e si riflette nella forma del tempio, della

    casa, degli esseri e delle cose, concepiti come microcosmi all'interno del macrocosmo, dal

    momento che gli stessi dei governano i settori dello spazio e del tempo che si corrispondono

    .

    La cultura chorti, maya o quich, al pari del mondo che essa riflette, si basa su concezioni

    che si rispecchiano a vicenda. La cosmogonia, la teogonia, il calendario, i riti, lematematiche, la cronologia, l'astronomia, l'economia, la famiglia, la societ e il governo

    sono calcati sullo stesso modello. Ci troviamo di fronte a una compenetrazione

    reciproca di tutto nel Tutto cosmico. Nessun elemento culturale pu staccarsi da questo

    Tutto in cui si trova solidamente integrato .

    Vista la trascendenza di questo modello universale della cultura maya quich, bisogna

    precisare l'esatta orientazione del quadrilatero cosmico a cui fa allusione il manoscritto di

    Chichicastenango. Esso non corrisponde, come si creduto erroneamente fino ad ora, ai

    quattro punti cardinali, bens ai punti del solstizio ed diviso in quattro parti eguali dalla

    croce astronomica orientata verso i punti cardinali, cio i punti di solstizio del quadrilatero

    cosmico si trovano agli angoli mentre i punti cardinali sono i punti di intersezione

    che segnano sulle sue nervature la divisione a croce e quadripartita. E' questa la

    particolarit che lo distingue da altri schemi estranei al continente a cui stato erroneamente

    paragonato .

    Le informazioni che precedono sono ampiamente illustrate dalle pratiche attuali dei

    Maya, dei Chorti e dei Quich e dalle prove etnografiche e archeologiche esposte nell'opera

    "Los Chortis ante el problema maya" (4), che hanno attratto l'attenzione della critica

    scientifica (5) .

    Questi dei misuratori, citati dal Popol-Vuh, si riflettono nell'immagine dei grandi

    corpi celesti (il sole, la luna) i quali, nella loro traiettoria diurna e nella loro regolare

    oscillazione annua, tracciano nell'orizzonte visibile un gigantesco quadrilatero delimitato

    dai solstizi. Ogni angolo cosmico in cui l'astro si ferma viene segnato da un cippo chedelimita il mondo - gli Ahcantun della tradizione maya - e ciascuna delle posizioni estreme

    del sole viene considerata non soltanto come un'entit teogonica con un nome proprio, un

    carattere e delle funzioni specifiche, ma anche come parte integrante di un'unica divinit

    che risiede nel sole zenitale .

    Queste concezioni non sono cambiate dai tempi mitici fino ai giorni nostri.

    L'archeologia ce lo conferma mostrandoci la sopravvivenza di questi stessi principi cosmo-

    teogonici nelle caratteristiche, la posizione e l'orientamento dei monumenti maya e quich.

    Ad esempio per ciascuno dei quattro angoli del tempio agreste (ventiduesimo) di Copan

    che rappresenta il cosmo e che sono orientati verso i punti solstiziali, c' una statua di

    Chac. Queste statue corrispondono ai Can Sib, o Reggenti del Chilam Balam di

    Chumayel e alle quattro candele dell'altare chorti, orientati nello stesso senso .Il rapporto intimo tra dei, astri e settori del cosmo, fondamento della teologia maya-

    quich, espresso dal mito, dal momento che l'esistenza del piano quadriforme e quella

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    dei quattro dei o soli cosmici, quindi della luce che squarcia le tenebre del caos, sono

    solidali. In effetti, qualche linea prima di raccontare come fu misurato il quadrante

    cosmico, il Popol-Vuh descrive la nascita della luce grazie all'intervento di Tzakol,

    Bitol, Alom e Cajolom (Villacorta), i primi quattro dei della cosmogonia indigena.

    Questi dei si identificano con i settori del mondo che essi governano in virt del

    principio secondo cui gli astri, al pari degli idoli e degli angoli dell'Universo, sono dei luoghiin cui la divinit si ferma e cos facendo li santifica (6). Essi condividono le qualit

    climatologiche e meteorologiche dei settori del mondo che impersonano, riflettendo in tal

    modo la realt dell'ambiente maya-quich, che si proietta sul piano astrologico e

    cronologico (7) .

    C' da osservare che, all'inizio, il manoscritto di Chichicastenango cita soltanto due

    piani cosmici, facendo astrazione dal mondo sotterraneo la cui integrazione al sistema

    universale verr realizzata pi tardi .

    Su questo punto il Chilam Balam di Chumayel concorda con il Popol-Vuh nel fissare la

    creazione dell'Inferno al "Nove Cauac", otto giorni o epoche dopo la formazione del

    cielo e della terra. Questo cosmo incompleto il riflesso delle conoscenze rudimentali

    dell'epoca, quando l'uomo non poteva concepire che le parti visibili del mondo: il cielo e laterra .

    Pi tardi, con la creazione del meccanismo astrale sotterraneo, in concomitanza con le

    nuove teorie escatologiche inseparabili dal fenomeno della germinazione delle piante, si

    concep l'esistenza di una terza dimensione nella struttura cosmica .

    Successivamente il manoscritto quich descrive il processo della creazione, che si

    realizz in fasi successive - per gradi dice il Chilam Balam di Chumayel - prima il cielo,

    poi la terra e ci che contiene nel seguente ordine: il regno minerale, quello vegetale,

    quello animale ed infine l'uomo. Questa teoria non si differenzia dalla realt scientifica .

    Tanto il Popol-Vuh che il Chilam Balam di Chumayel sono d'accordo in merito a questo

    ordine di progressione della creazione, opera di un creatore che un Dio increato, causa

    prima di tutto ci che esiste, esistente prima di ogni cosa e anteriore alle sue opere .

    In effetti cos si esprime il Chilam: In data Uno Chouen (Dio) trasse da se stesso la sua

    divinit e fece il cielo e la terra (l'Uno trasform se stesso). Il Due Eb, fece la prima

    scala per scendere nel mezzo del cielo e nel mezzo dell'acqua. I Chorti nutrono ancora oggi

    la credenza che Dio sale e scende per una scala di nuvole, concezione da cui deriva il

    simbolo della greca a scalini (8). Pi avanti, il manoscritto maya ripete: Tutto fu creato

    da Dio nostro Padre e dal suo Verbo; l dove non c'era n cielo n terra, la sua Divinit era

    presente, essa stessa si trasform in nuvola e cre l'Universo e la sua maest e il suo grande

    potere divino fecero fremere i cieli (trad. Mediz Bolio) .

    Quanto precede definisce dunque l'aspetto ontologico dell'Essere Supremo .

    Solo il cielo esisteva, dice il Popol-Vuh; non c'era ancora niente che gli somigliasse, nonc'era terra, c'era solo il mare calmo e tutto quel che vi nel cielo .

    L'uso alternativo dei termini mare e cielo per designare la sostanza prima si spiega in

    base alle credenze chorti, maya e messicane sulla consustanzialit di mare e cielo (9). Per

    questo i Chorti assimilano le nubi, la pioggia e l'acqua al cielo, quel cielo che, pi tardi,

    crollando, provocher il diluvio che distrugger l'umanit .

    Nella calma e nelle tenebre, dice il Popol-Vuh, Tzakol, Bitol, Tepeu, Gucumatz, Alom e

    Cajolom splendevano di una luce abbagliante, erano ricoperti di mantelli di piume verdi,

    come quelle del quetzal e per questa ragione venivano chiamati Gucumatz. Avevano

    sentimenti molto nobili (Villacorta), La loro natura era quella di grandi saggi e

    grandi pensatori (Recinos), E' cos che il cielo esisteva, anche il Cuore del cielo, il cui

    nome era Cabahuil (Villacorta). E secondo Recinos: E' cos che esisteva il cielo ed ancheil Cuore del cielo, poich tale il nome di Dio .

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    Apriremo qui una parentesi per spiegare, alla luce delle dottrine chorti, il significato

    degli esseri mitici citati che era rimasto oscuro. Ai quattro dei cosmici, Tzakol, Bitol,

    Alom e Cajolom, se ne aggiungono altri due, Tepeu e Gucumatz, i quali, assieme a Cuore

    del cielo o Cabahuil, formano un settemvirato teogonico (10) .

    La luce che essi diffondono determina la loro qualit di Dei solari .

    Tuttavia, gli Dei non sono semplici corpi astrali, o settori del cosmo, bens spiriti cheli animano con la loro presenza, conferendo loro il loro carattere divino. Questo si

    manifesta tramite i loro nobili sentimenti e il fatto che erano dei grandi sapienti e

    pensatori. Non vi dunque confusione tra lo spirito e la materia dal momento che i soli

    non sono Dei in se stessi, bens in quanto manifestazione tangibile della loro intima

    intangibilit. Quindi, come c' un solo sole, bench abbia posizioni diverse, c' un unico

    Dio, polionimo e polimorfo, il quale si manifesta nelle posizioni significative

    dell'astro. Queste definizioni esprimono il pensiero mitico dei preti chorti, che non si

    differenzia dai dogmi del Popol Vuh. Il gruppo teogonico comprende ora sette membri, al

    posto dei quattro citati all'inizio. Questa differenza di numero traduce un nuovo aspetto

    funzionale della divinit, dal momento che ora non si tratta pi di misurare l'universo,

    bens di un atto creativo per la cui realizzazione indispensabile l'incorporazione dei setteDei .

    Dobbiamo quindi far nuovamente ricorso alle dottrine dei teologhi chorti per spiegare

    la causa di questa fenomeno .

    L'energia genetica del Cosmo si manifesta nell'atto essenziale di rinnovamento della

    vita vegetale che si produce ogni anno nella stagione delle piogge che fertilizzano la terra

    ricoprendola di un mantello verde. Questo evento determinato astronomicamente dal

    primo passaggio del sole allo zenit ed paragonato alle nozze del cielo (o degli Dei

    celesti) e della terra. E' allora che il sole traccia nel cielo una linea gigantesca che

    suddivide il quadrante cosmico in due parti eguali, una chiara e l'altra scura, che

    corrispondono rispettivamente al cielo estivo (stagione secca) e al cielo invernale

    (stagione delle piogge), cio alle due sole stagioni dei tropici .

    Questa linea fondamentale dell'astronomia e del calendario maya-quich segnata nel

    cielo da due nuovi soli, situati alle sue estremit cio a levante e a ponente. Prima di

    questo evento, quindi durante il periodo estivo, ci sono soltanto cinque soli cosmici, i

    quattro del solstizio e quello del centro (cfr. la figura 2) ma perch possa realizzarsi

    un atto di creazione necessario che ad essi si incorporino i due soli zenitali (cfr. la

    figura 3) ed cos che si costituisce il settemvirato astro-teogonico. Solo allora il sole si

    trova esattamente al centro del cielo, perpendicolarmente a quello della terra ed l'unica

    posizione in cui pu fecondarla .

    Durante la cerimonia del passaggio del sole attraverso lo zenit che i preti chorti celebrano

    due volte all'anno, il dramma della creazione cosmica si ripete, esattamente come nelPopol-Vuh, nel corso di creazioni successive del mondo e dell'umanit. Tutte queste

    creazioni rinnovate o rigenerazioni periodiche del mondo, dell'uomo e della

    vegetazione, nelle quali intervengono le stesse forze sacre, la cui azione rimane identica,

    sia nel mito che nel rito, ci permettono di capire pienamente il meccanismo cosmo-

    teogonico della creazione prima, archetipo di tutte le creazioni .

    Al pari degli Dei creatori di cui il rappresentante, il ierofante chorti, assimilandosi

    allora a Gucumatz, riveste il suo mantello di gala, verde come il vestito del dio. Sono

    entrambi simboli del mantello vegetale che deve rinnovarsi grazie alle arti magiche del

    mago della pioggia. Questo atto liturgico si realizza durante la cerimonia commemorativa

    del passaggio del sole attraverso lo zenit, nel momento preciso in cui entra in funzione il

    settemvirato divino .Il mantello verde, in contrasto con quello rosso o giallo di cui si serve il prete del culto

    solare (periodo estivo o secco), simboleggia il cambiamento che deve prodursi magicamente

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    nel paesaggio in virt del principio dei "similia similibus". Lo stesso costume esisteva tra

    i messicani che chiamavano "quetzalquemitil" il mantello verde (quetzal equivale a

    Guc) di Gucumatz e "huitzitzillquemitl" il mantello rosso. Gli Dei cosmici, quando

    svolgono il loro ruolo di creatori, si chiamano Gucumatz; il Popol-Vuh considera questo

    nome una designazione generica, ma lo applica anche a uno dei membri del

    settemvirato teogonico (11) .La formazione del mito, come pure quella del termine Gucumatz Quetzalcoatl e la sua

    spiegazione etimologica e semantica sono dunque correlative. Come il prete chorti si

    paragona a Gucumatz, cos Quetzalcoatl era per i messicani un titolo sacerdotale ed essi,

    al pari dei Maya-Quich, ostentavano gli attributi della divinit che rappresentavano .

    Legami cos stretti tra il mito e il rito attraverso la storia sono corroborati

    dall'archeologia e dai manoscritti maya e messicani in cui ritorna costantemente il tema degli

    Dei o dei serpenti ricoperti di un mantello di piume .

    Questo attributo divino appare gi nella cultura archeologica pi antica, come si pu

    vedere, ad esempio, nella grossolana statua arcaica di Copan rappresentata nella figura 1.

    Le foglie lunghe e larghe che ricoprono la schiena di questo personaggio obeso

    assomigliano pi a delle foglie di mais che alle piume del quetzal .Questo non implica una modifica del simbolo, dal momento che, come gi abbiamo detto,

    le piume, i capelli, le foglie di mais o la vegetazione in generale si equivalgono sul piano

    ideologico ed il mantello divino di piume verdi, attributo esclusivo degli Dei creatori o

    agrari, si assimila al mantello vegetale che ricopre la terra .

    Contrariamente ai suoi colleghi, il prete chorti di Cayur si copre di un mantello di foglie

    verdi durante la cerimonia del passaggio del sole attraverso lo zenit (12), cio usa la stessa

    tecnica rituale dei suoi lontani antenati del periodo arcaico .

    Abbiamo visto che gli Dei creatori non esistono in quanto tali al di fuori del settemvirato

    teogonico in cui sono integrati. Il Popol-Vuh sottolinea questa caratteristica l dove afferma

    che soltanto con l'arrivo di Tepeu e di Gucumatz giunse la Parola e la terra fu

    creata. Il Verbo Divino implica creazione istantanea o cosa fatta, quel che detto

    fatto o sar fatto. Di conseguenza il Verbo sinonimo di Potere e di Azione. Queste norme

    magiche date in esempio dagli Dei creatori, costituiscono il fondamento della magia

    sacerdotale chorti. In effetti basta che il mago della pioggia dica esattamente ci che deve

    essere perch questo sia (13). Nel dramma chorti dei Giganti, l'attore che incarna il ruolo del

    Dio solare usa la stessa formula. Per dire che sta per uccidere il Gigante nero, dichiara:

    che gli si "dica" la morte di questo Gigante (14) .

    Identiche concezioni si ritrovano tra i Maya e i Messicani. Nel manoscritto vaticano

    leggiamo, ad esempio, che Tonacatecuhtli cre, con la sua Parola, la prima coppia di

    uomini .

    Ben inteso questo modello mitico, ancora in vigore nel rito, si esprime anche in formemolto diverse nell'arte precolombiana. Guardate ad esempio, il geroglifo maya della figura

    4. Esso formato da un doppio cerchio che racchiude i cinque soli cosmici, rappresentato

    dal segno kin (quattro agli angoli e uno al centro). Troviamo anche due segni alle

    estremit della linea immaginaria che divide il cerchio .

    Questa linea corrisponde, in base al contesto, alla linea del passaggio del sole

    attraverso lo zenit. Una lingua bifida, organo del Verbo divino, generatrice di vita, pende

    da questo ideogramma semi antropomorfico, illustrando eloquentemente il seguente

    paragrafo del Popol-Vuh: All'arrivo di Tepeu e Gucumatz - rappresentati dai due punti

    esterni che vengono ad aggiungersi ai cinque interni per costituire il settemvirato - in

    quel momento giunse il Verbo .

    Proseguendo la lettura del Popol-Vuh vediamo che al momento della formazione delsettemvirato teogonico gli Dei si mettono d'accordo, deliberano, esprimono le loro

    opinioni e i loro sentimenti, si consultano, discutono sull'esistenza futura degli esseri

  • 7/22/2019 La Bibbia Maya - Il Popol Vuh

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    che hanno intenzione di creare, e di unanime accordo, pervengono infine a una decisione

    che d loro intera soddisfazione. Dopo aver pronunciato la parola esatta per designare la

    terra, essa sorge istantaneamente: Terra, dissero, ed essa si form immediatamente .

    Questo conciliabolo ha luogo ogniqualvolta si tratta di un atto trascendentale o di

    creazione, il quale non pu avvenire senza l'accordo unanime, la perfetta unit di

    vedute e di azione dell'insieme del corpo teogonico. Un identico modo di procedere vieneevocato in certi manoscritti messicani (Codex Francescano, Gama, Chimalpopoca,

    Mendieta), la cui analogia tematica con quelli dei Maya e dei Quich balza all'occhio.

    Analogamente gli Dei agrari della teogonia chorti si riuniscono, discutono, deliberano e

    nessuna decisione pu essere presa da loro se non di comune accordo. Questa la ragione

    per cui si chiamano o si convocano nel mezzo del cielo dove costituiscono un corpo unico

    e decidono con una sola voce (testualmente) quello che devono fare (15). I Chorti, i

    Maya, i Quich e i Messicani proiettano quindi, in seno al loro organismo teogonico, il

    loro tipo di societ e di governo, retto da un consiglio di capi che continuano a rispettare

    le norme di condotta date come esempio dagli Dei. Le loro deliberazioni sfociano sempre in

    decreti, presi all'unanimit, quindi senza appello .

    Per di pi questo corpo teogonico, che agisce all'unisono, dimostra la concezionemonoteistica indigena, basata sulla pluralit nell'unit .

    E' lo stesso principio che governa l'organismo comunitario, in cui l'individuo non esiste

    in quanto tale ma in quanto membro della sua comunit, parte integrante e necessaria di un

    Tutto. Questa concezione si esprime in modi diversi nell'arte maya-quich. Nella statuaria

    di Copan, ad esempio, diverse parti del corpo si presentano caratterizzate come

    personalit individuali dotate di testa (il ginocchio, i piedi, l'ombelico, eccetera) (16),

    fenomeno che ha la sua corrispondenza linguistica nei vocaboli che designano queste parti

    del corpo (il dito designato dall'espressione "u hor ni q'ap", testa della mia mano; il

    ginocchio da "u hor ni pish", testa della mia tibia; le spalle da hor ni qeherop", testa

    della mia schiena, eccetera). La figura semiantropomorfica della pagina precedente, per

    non citare che lei, illustra in modo grandiosamente sintetico questo concetto della pluralit

    nell'Unit, come pure l'equivalenza dei soli con il cielo e la divinit .

    Secondo il Popol-Vuh, la voce di Cuore del Cielo si esprime tramite il trinomio Fulmine,

    Lampo, Tuono, strumenti del Verbo divino parlato (Tuono) e scritto (Fulmine, Lampo)

    nell'immensit del cielo. Esiste una concordanza perfetta su questo punto tra il mito, le

    teogonie chorti, maya e quich e l'iconografia antica che rappresenta il Dio agrario o

    creatore - equivalente di Cuore del cielo - che brandisce il fulmine, il tuono e il lampo.

    Questi elementi hanno tuttora una rappresentazione simbolica tra i Chorti per cui l'ascia di

    pietra levigata il simbolo del fulmine, il tamburo del tuono e la spada di legno del

    lampo. Tutte le mitologie considerano divine le armi dell'epoca durante la quale si sono

    formati i miti. E' interessante far rilevare l'antichit etnologica di questi elementi: ascia dipietra levigata, tamburo cerimoniale e spada di legno (la spada di legno conservata tra i

    beni parafernali del tempio chorti figura anche nell'arte statuaria di Tula). A questi strumenti

    bisogna aggiungere la cerbottana, simbolo dei raggi del sole. L'arco e la freccia, invece,

    non figurano nella mitologia maya-quich .

    In occasione della creazione della terra appare per la prima volta il nome di Hunrakan

    Quello con un solo piede, nome dato quale sinonimo di Cabahuil o Cuore del cielo.

    Questa variante contiene un preciso senso funzionale. La sparizione mitologica del piede

    di Hunrakan esprime la concezione teogonica secondo cui un Dio una parte scissa di un

    altro in quanto, in realt, esiste un unico Dio che si frammenta in diverse ipostasi .

    La terra, in quanto dea, una parte scissa di Hunrakan, il Dio del cielo e, in quanto

    piano cosmico, un'ipostasi o sdoppiamento e immagine del piano cosmico celeste .La formazione delle montagne, dei pendii e delle valli, come pure l'apparizione sulla

    terra dei boschi folti fu qualcosa di soprannaturale di strano e di meraviglioso, dice il

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    Popol-Vuh. Si form poi il "cammino delle acque" ed esse cominciarono a scorrere ai

    piedi delle montagne e in mezzo a esse. Prima di formare la terra, gli Dei creatori fecero un

    vuoto nelle acque primitive, poi fecero apparire la superficie della terra, "liscia come un

    piatto" .

    Questa pittoresca descrizione dell'apparizione della terra piatta, della formazione delle

    coste e dei corsi d'acqua, ci traccia un paesaggio marittimo di rive larghe e piatte,delimitate da montagne e solcate da fiumi .

    Non si formarono i fiumi, bens i cammini attraverso cui colarono le acque dal momento

    che l'acqua esisteva prima che si formasse la terra .

    Furono quindi tracciati soltanto i letti in cui il liquido sotterraneo sarebbe scorso,

    tramutandosi in fiumi .

    Queste concezioni che spiegano anche il carattere sacro dell'acqua dei fiumi, non sono

    mutate dai tempi mitici e costituiscono tuttora un articolo di fede per i Chorti i quali

    affermano che tutti i corsi d'acqua provengono dal mare, che formerebbe una falda

    acquifera sotto la terra (17) .

    Secondo Sahagn anche i Messicani credevano che tutti i fiumi escono da Tlalocan, che

    il mare scorre sotto la terra e le montagne e, quando trova un sentiero per uscire, sgorga (18).

    Sia i Chorti che i Messicani concepiscono la terra come un'isola interamente circondata

    dalle acque. Queste credenze corrispondono a un fenomeno geologico apparentemente reale,

    relativo al livello delle acque sotterranee e allo sgorgare delle fonti. Nei terreni permeabili

    delle coste, la superficie idrostatica si trova generalmente al livello del mare e in

    vicinanza di esse sembra un prolungamento sotterraneo dell'Oceano. Queste concezioni

    hanno un corrispondente linguistico nel vocabolo comune per designare fiume e acqua

    ("ha" in chorti) .

    Tutto questo una conferma del fatto che il teatro di questi eventi mitici sarebbe

    localizzato in una regione marittima che non corrisponde all'altopiano messicano .

    Bisogna anche notare che le caratteristiche topografiche del piano cosmico sono

    l'orizzontale e la quadratura. In base a questo modello mitico, i Messicani immaginavano la

    terra come una pianura che terminava in riva al mare, mare e cielo formando un Tutto

    della stessa materia (19) (il che conferma la consustanzialit di mare e cielo, definita

    dal Popol-Vuh nelle pagine precedenti) .

    Abbiamo gi detto che il piano cosmico fu il paradigma dell'altare, della milpa,

    eccetera, paradigma riprodotto anche nella corte del Gioco di palla che doveva essere, al

    pari della corte delle cerimonie, perfettamente spianata .

    Alla luce delle dottrine chorti e del Popol-Vuh, fonti che concordano e si spiegano

    mutualmente, facile capire perch i Chorti continuino a livellare la corte di casa loro,

    innalzando dei muri di sostegno nei punti di forte pendio. Le milpa situate in terreni moltoaccidentati, invece, non possono assumere una forma quadrata, dal momento che non

    essendo piatte non possono rappresentare il quadrilatero cosmico e assumono allora la

    forma di una losanga o di parti di losanga .

    Il Popol-Vuh conclude dicendo: Fu cos che la terra venne creata e popolata dal Cuore

    del Cielo, il Cuore della terra (versioni di Recinos e Villacorta) .

    Questo nome esprime un altro aspetto funzionale del Dio celeste che ora anche un Dio

    terrestre. In altre parole, questa variante nominale un corollario del nome - o forma -

    precedente di Hunrakan, Dio del cielo, privato del membro con cui form la terra. Nel

    Chilam Balam di Chumayel, troviamo un'allegoria analoga espressa in termini del calcolo

    katunico tipico dei Maya. Questa fonte dice in effetti che la prima terra nacque il Sette

    Caban, l dove anticamente non ce n'era per noi (trad. Mediz Bolio). L'associazionedei simboli geroglifici "Sette" e "Caban" (di cui sette il numero mistico che

    corrisponde al settemvirato celeste, cio a Cuore del cielo; Caban significa terra), esprime

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    la stessa associazione di Cuore del cielo e Cuore della terra di cui ci parla il Popol-Vuh e che,

    nell'arte maya, si materializza in un essere bicefalo o in un disco posato sull'addome della

    dea terrestre .

    Questo mostro a due teste, riprodotto sulle tavole monolitiche di Copan e in altri siti

    archeologici maya, continua a figurare nel rito chorti in cui il binomio Cielo-Terra

    rappresentato da una tavola sacra, denominata Chan ja (serpente verde, replica diGucumatz) che simboleggia il corpo ofidico del Dio ricoperto di piume o di foglie verdi.

    Ha due teste vive, quella del prete stesso e quella della pretessa, seduti entrambi alle

    due estremit della tavola che materializza il corpo del serpente .

    Beninteso le concezioni cosmo-teologiche contenute nel capitolo che si conclude con la

    creazione della terra non appartengono al periodo primitivo della caccia e della raccolta,

    ma emanano dall'orizzonte mitico tipico di un popolo agricolo organizzato in comunit.

    Queste concezioni riflettono inoltre le caratteristiche dei tropici americani .

    Lo schema quadripartitico del cosmo, governato da dei Reggenti posti ai quattro angoli

    serve di base e di punto di partenza per la dottrina delle quattro Ere del mondo che

    cominceremo a raccontare qui di seguito .

    NOTE .Nota 1. Traduzione di A. Mediz Bolio, Mexico 1941 .

    Nota 2. Op cit., p. 660 .

    Nota 3. La "milpa", campo di mais, dal messicano "mili" (eredit, tenuta) e "pan" (terra

    destinata alla coltivazione del mais) .

    Nota 4. Op. cit., pp. 437, 446, 870, 871 .

    Nota 5. In proposito ecco il commento di Paul Radin: Come prova dell'importanza

    dei lavori di Girard sulla religione maya basti ricordare la spiegazione che egli d dei

    quattro Bacab che corrispondono agli angoli del cosmo. Girard dimostra che questi

    quattro dei rappresentano i quattro punti del solstizio e che non devono essere confusi

    con i quattro punti cardinali. Questo non solo getta luce su un aspetto della religione maya,

    ma spiega altres la mitologia di popoli lontani quali i Sioux Winnebago del Wisconsin,

    "Annales de 1a Socit de Gographie et d'Histoire de Guatmala", 1951, tomo

    venticinquesimo, n. 1 e 2 .

    Nota 6. Op. cit., p. 658 .

    Nota 7. Op. cit., p. 850 .

    Nota 8. Op. cit., pp. 825-1042 .

    Nota 9. Op. cit., pp. 865-866 .

    Nota 10. Alcuni ricercatori, tra cui Seler, fanno osservare che il segno "4" figura spesso

    nei manoscritti quale variante del "6" e che questi numeri vengono usati in modo

    intercambiabile. Essi non spiegano per la causa di questo fenomeno, spiegazione che ci

    fornita, invece, dal mito e dal rituale chorti .Nota 11. Gucumatz, l'equivalente di Quetzalcoatl, significa letteralmente "quetzal"-

    serpente, ma si pu anche tradurre: serpente dalle piume di "quetzal" dal momento che la

    parola "guc" o "quc" significa sia "quetzl" ("Pharomacus moccino") che le piume lunghe

    e verdi della coda di questo uccello. "Cumatz" designa il serpente. In op. cit. abbiamo

    spiegato l'equivalenza ideologica che esiste, nella concezione dei preti chorti, tra i raggi

    solari, le piume o capelli divini, e il mantello vegetale, il cui simbolismo e le cui propriet

    magiche sono identici. Gli Dei creatori, al pari del prete chorti, portano il mantello verde

    unicamente quando devono compiere un atto creatore, categoria in cui rientra la nascita del

    mais .

    Nota 12. Cfr. op. cit., pp. 771-780 .

    Nota 13. Op. cit., pp. 858-903 .Nota 14. Op. cit., p. 381 .

    Nota 15. Op. cit., p. 426 e 540 .

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    Nota 16. Cfr. Simbolismo de las estelas in op. cit., p. 988 .

    Nota 17. Op. cit., p. 866 .

    Nota 18. "Historia general de las cosas de Nueva Espaa", Ed. P .

    Robredo, Mexico 1938 .

    Nota 19. Muoz Camargo, "Historia de Tlaxcala", 1585 .

    Didascalie delle figure .Figura 1. Il mantello di piume, o di foglie, della statua arcaica di Copan. Si osservi la

    posizione delle gambe, parallela rispetto alla base del monumento .

    Figura 2. Quadrilatero cosmico, con i quattro soli o Dei solstiziali corrispondenti a

    Tzakol, Bitol, Alom e Cajolom .

    Figura 3. Quadrilatero cosmico con i quattro soli o Dei solstiziali e le due posizioni

    zenitali dell'astro-Dio, corrispondente a Tepeu e Gucumatz. Al centro, il Dio del cielo o Dio

    Sette .

    Figura 4. Rappresentazione semi-antropomorfica della figura 3 .

    Figura 5. Il Dio creatore (agrario) che impugna l'ascia del fulmine e il fuoco celeste

    (lampo) .

    Figura 6. La stessa divinit mentre suona il tamburo, strumento del tuono (illustrazionitratte dal manoscritto di Dresda) .

    Parte prima .

    LE ERE DEL POPOL-VUH .

    Dopo aver raccontato la creazione del mondo, il manoscritto di Chichicastenango

    descrive l'evoluzione della vita e della cultura maya-quich attraverso la storia, dalla

    sua origine pi remota (orizzonte primitivo), fino al momento in cui i rami maya e quich

    si allontanano dal tronco comune e si sviluppano in modo parallelo ma indipendente .

    Questo processo storico-culturale si svolge nel corso di quattro cicli etnici, o Ere che

    corrispondono ai soli e ai katun dei calcoli messicani e maya .

    In base alla classificazione elaborata dagli stessi Maya-Quich, come vedremo in

    seguito, le prime tre corrispondono all'orizzonte preistorico e l'ultima a quello storico

    ovvero a quello della civilt .

    E' interessante notare che il racconto delle tre Ere preistoriche si ripete, in forma

    diversa, nella storia drammatica dell'Eroe civilizzatore (Hunahp), intercalata tra il

    racconto della Terza Era e quello della Quarta. Questa storia, che abbraccia tutto il periodo

    preistorico, descrive in modo preciso e vivace la vita, i personaggi, gli usi e i costumi che

    corrispondono a ogni ciclo etnico. Questa descrizione costituisce la parte essenziale del

    celebre manoscritto e ci permette di capire il pensiero e i valori culturali di ciascuna

    epoca. Questi pensieri e valori erano in conflitto con i principi fondamentali dell'etica

    maya che l'Eroe-Dio voleva imporre. A questo fine egli si getta in una serie di lotte

    titaniche e trionfa sui suoi terribili avversari i cui ideali erano contrari a quelli della culturamaya. Soltanto allora pot brillare il sole della civilt maya-quich .

    Non quindi possibile giudicare la portata storiografica del Popol Vuh senza capire il

    significato della storia dell'Eroe culturale .

    La ripetizione di uno stesso tema in forma diversa un'espressione tipica della mentalit

    maya dominata dalla concezione dualistica che ne impregna tutte le manifestazioni

    spirituali, compreso, evidentemente, il sistema cronologico a duplice computo: riflettendosi

    nell'architettura letteraria esso ci fornisce un'informazione supplementare della pi alta

    importanza .

    A proposito di cronologia, non possiamo non ricordare che tutto il materiale mitico-

    storico si articola, al pari del calendario, in settori governati ciascuno da un Reggente, in

    base al metodo grazie a cui i Maya e i Toltechi annotano del resto i fatti salienti della lorostoria sui registri della loro cronologia e nei cambiamenti dei Reggenti .

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    Come avremo occasione di constatare, il Popol-Vuh fa corrispondere le Ere mitologiche

    alla serie originaria composta dai Reggenti Imix, Cimi, Chuen e Cib, e le ricollega inoltre

    alla divisione quadripartita dell'Universo ricordata all'inizio quale fondamento di tutte le cose

    .

    Capitolo primo .

    LA PRIMA ERA: L'ORIZZONTE PRIMITIVO .Dopo la formazione della terra e del mantello vegetale che la ricopre, gli Dei

    cominciarono a popolarla di esseri animati che, per la loro sussistenza, erano tenuti a rendere

    un culto al Creatore. In seguito crearono i piccoli animali dei boschi, i guardiani di

    tutte le foreste, i geni della montagna, i cervi, gli uccelli, i leoni, le tigri, i serpenti, le

    bisce e le vipere, custodi delle liane (Recinos). Con i loro animali popolarono i boschi e

    le montagne e dal quel momento gli uccelli, i leoni e le tigri divennero i custodi della

    savana e gli abitanti dei cespugli, mentre i serpenti a sonagli e i "cantil" divennero i custodi

    delle liane (Villacorta) .

    Per ogni specie venne designato l'habitat rispettivo: caverna, nido, tana. Allora Tzakol,

    Bitol, Alom e Cajolom, Dei dei quattro settori del cielo diedero agli animali il proprio

    mezzo di espressione: grido, ruggito, cinguettio, separando ogni gruppo in base al loromodo di intendersi. (Classificazione zoologica che applica al regno animale regole

    differenziali identiche a quelle del genere umano, suddiviso in famiglie linguistiche) .

    A questo fine intervengono i quattro Dei cosmici equivalenti ai Chac della mitologia

    maya, che sono appunto i "Signori" degli animali e delle piante selvatiche. Ancora oggi i

    Chorti considerano le belve i "custodi" dei boschi. Questo termine si applica anche al

    mayordomo custode del tempio, "u wink ir e tecpan", per indicare che il tempio, al pari

    del bosco, propriet divina. L'indigeno continua a rivolgersi ai Chac quando ha

    bisogno di selvaggina, di una pianta o di un albero. Al momento di chiedere il loro

    permesso deve giustificare il bisogno di ci che domanda e "pagare" per ottenerlo .

    Gli Dei tuttavia non accordano la vita come dono benevolo, ma solo a condizione che le

    loro creature riconoscano la loro posizione di dipendenza nei confronti del Creatore,

    invocandolo, rendendogli omaggio e tributo e nutrendolo (caratteristica fondamentale del

    rito maya-quich). E' questa la ragione per cui ordinano agli animali di pronunciare il

    nome del loro Creatore, poich siamo vostra madre o vostro padre, parlateci, invocateci,

    lodateci, adorateci, dissero loro gli Dei. Gli animali, per non poterono obbedire poich

    mancava loro un linguaggio appropriato e, dal momento che la loro voce era diversa,

    non potevano nemmeno comprendersi tra di loro .

    Gli Dei, rammaricati per il loro fallimento decidono di sostituire queste creature con

    altre e di punirle modificando la parola, il cibo, come pure il loro modo di mangiare e di

    vivere. Le condannano da quel momento in poi a essere sacrificate e mangiate, ed solo

    per questo che tutte le bestie della terra verranno uccise (Villacorta) .Abbiamo cambiato parere poich non siamo riusciti a farci adorare e invocare. Accettate

    il vostro destino! Le vostre carni saranno tritate e tale sar la vostra sorte. In seguito

    cercarono ancora di farsi adorare. Ma poich gli animali non riuscivano a comprendersi

    tra di loro non poterono ottenere n fare nulla. Per questa ragione le loro carni furono

    immolate e tutti gli animali che esistevano sulla superficie della terra furono condannati

    ad essere uccisi e mangiati (Recinos) .

    Una delle caratteristiche del pensiero indigeno consiste nell'esprimere in una

    medesima allegoria idee diverse, cio diversi simboli simultanei, come avremo modo di

    vedere spesso nel corso della narrazione. In questo caso la creazione degli animali, che gli

    Dei tentarono invano di innalzare alla condizione di esseri ragionevoli, oltre al suo

    significato intrinseco (creazione degli animali), possiede anche un altro significatoprofondamente religioso, etnico, sociale ed economico .

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    Come stato dimostrato nella nostra opera gi citata la comunit indigena costituisce

    un'unit perfettamente omogenea sia dal punto di vista culturale che da quello linguistico e

    si identifica in base all'uso del termine con cui i suoi membri designano Dio. Ogni

    cambiamento o modifica nella pronuncia del nome di Dio implica una differenza di dialetti

    e, di conseguenza, una separazione politica dal momento che il linguaggio inerente alla

    trib e si propaga assieme ad essa. Non si tratta di un fenomeno limitato esclusivamenteagli indiani dell'America, dal momento che lo si ritrova anche tra i popoli d'Asia Minore i

    quali usavano nomi diversi per designare la dea Ishtar .

    La prima generazione di uomini tent a pi riprese di esprimere la sua adorazione

    (agli Dei), ma a causa delle loro differenze di linguaggio, "non riuscirono ad intendersi"

    quando erano assieme e non provavano alcun affetto, per cui i Creatori non fecero nulla per

    loro (Villacorta). Questo fa supporre che a quel tempo non esisteva n l'omogeneit

    linguistica, n il tipo di organizzazione sociale proprio della cultura maya-quich. Non

    avendo saputo venerare il proprio Creatore l'uomo fu condannato a vivere in caverne,

    dirupi o tane come le bestie. Dio non fece nulla per lui e lo abbandon alla sua sorte .

    Non si potrebbe tracciare quadro pi vivace dell'uomo primitivo e al tempo stesso della

    fisionomia etnica del paese durante il periodo primario, che corrisponde al ciclo dellacaccia e della raccolta. A quel tempo la orda abitava in caverne e dirupi e in questi

    luoghi abbandonava i propri morti. I suoi mezzi di esistenza erano rudimentali;

    l'uomo si copriva con delle foglie o andava in giro nudo e aveva a malapena qualche vago

    principio religioso. Pur ammettendo l'esistenza di un Creatore supremo, non sapeva

    esprimere la sua adorazione, cio celebrare un culto in suo onore, non conoscendo

    alcuna pratica rituale ed per questo che gli Dei non fecero nulla per lui. Il modo di

    vivere e di pensare degli uomini di quest'epoca si assimilava a quello degli animali. Oggi

    diremmo che quei popoli erano allo stato di natura. Questo modo di considerare l'uomo privo

    di cultura come un animale non una prerogativa della mentalit indo americana. I

    primi esseri della cosmogonia fenicia erano anch'essi paragonati ad animali privi di

    ragione, secondo Sanchoniathon e Filone, citati da Imbelloni (1) .

    Dopo la formazione imperfetta dei primi uomini, essi furono distrutti, cio trasformati in

    animali per punirli di non aver saputo invocare il loro Creatore. Le creazioni successive

    verranno distrutte allo stesso modo, gli esseri umani verranno convertiti in animali superiori

    nella scala zoologica, fino a che gli Dei riusciranno finalmente a formare un essere

    umano perfetto, stabilendo cos una progressione ascendente nella evoluzione culturale. Per

    di pi questa allegoria segna il grado di affinit genetica tra gli esseri umani e gli animali, il

    che spiega l'attuale credenza che gli animali avessero un tempo la facolt di parlare.

    L'uomo perfetto, il vero uomo dei Maya, non esister prima di essere riuscito ad

    innalzarsi fino alla perfezione attraverso il tempo, acquisendo il tipo di cultura maya-

    quich. D'altra parte l'ordine in base a cui l'uomo il prodotto finale della creazionesegue la concatenazione logica in base a cui si form il mondo, con l'apparizione prima

    del cielo, successivamente della terra, dei vegetali, degli animali e, in ultimo luogo,

    dell'uomo, come nella cosmogonia caldea .

    Dio destin la carne degli animali ad essere sacrificata e mangiata ed per questo che

    essi furono ingannati e mangiati dai popoli civilizzati e colti (Villacorta). Si tratta

    quindi di un ordine formale del Creatore in virt del quale l'uomo civilizzato

    autorizzato a uccidere, a servirsi dell'astuzia per cacciare, a sacrificare gli animali e a

    mangiare la loro carne. Questa legge divina, stabilita da Dio in persona, implica

    l'istituzione di sacrifici non-umani, secondo la concezione maya-quich, corroborata in

    un'altra parte di questo racconto, in cui i sacrifici umani sono stigmatizzati e considerati

    tipici di un'epoca e di un popolo barbari .In osservanza di questa legge promulgata dal Creatore, il rito ortodosso dei popoli

    civilizzati (maya-quich) consentir unicamente il sacrificio degli animali, costume che si

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    perpetuer immutato tra gli antichi Maya e i loro discendenti attuali, i Chorti. In un'epoca

    tarda della loro storia, i Quich e i Maya dello Yucatan adottarono i sacrifici umani in

    seguito a circostanze storiche che verranno evocate al momento opportuno .

    Tuttavia, a fianco di questa dottrina, destinata esclusivamente ai popoli civilizzati,

    troviamo anche l'idea in base a cui gli uomini primitivi, maldestri o ignoranti, potevano

    essere assimilati agli animali e sacrificati da uomini di una cultura pi avanzata. Questospiegherebbe l'origine dei sacrifici umani che furono praticati all'epoca successiva .

    Nell'opera di Guaman Poma de Ayala (2) troviamo una ammirevole descrizione

    dell'indio americano primitivo che concorda con la versione maya-quich e la esalta .

    Guaman Poma dice che durante la Prima Et, chiamata Pakarimok Runa, gli uomini

    vivevano in caverne e dirupi lottando con le bestie feroci .

    Questi esseri non sapevano far nulla, nemmeno i propri vestiti: si vestivano di foglie

    d'albero ed erano incapaci di costruirsi una casa .

    Adoravano Dio dicendo: Fino a quando ti chiamer e tu non mi sentirai, grider e

    tu non mi risponderai? Invocavano il Creatore in questi termini ma non avevano idoli, n

    templi, n sepolcri (huacas) .

    Avevano una vaga nozione dell'esistenza di un Creatore e Artefice del cielo, della terra edi tutto ci che essa conteneva. La loro fede si manifestava unicamente con le esclamazioni:

    Runa camac, pacha rurac (Creatore dell'uomo, Artefice del mondo), dicevano in

    ginocchio, con le mani e il viso rivolti verso il cielo. Non conoscevano le altre leggi e

    comandamenti di Dio (paragonate queste righe con la versione del Popol-Vuh che dice: Non

    sapevano adorare il Creatore). Andavano in giro come se fossero persi in terra

    sconosciuta. Questo popolo uariuricocharuna (aborigeno) - uari esprime anche l'idea

    di originario, di primitivit, antichit, animale feroce (3) (la si confronti con la

    concezione quich che assimila l'uomo primitivo a un animale) - questo popolo dunque

    aveva perso fede e speranza in Dio perdendo cos s stesso (ricordiamo lo stato di abbandono

    in cui lo lasci Dio nel racconto dei Maya-Quich). Questi esseri non sapevano da dove

    venivano. Non avevano templi e non adoravano n il sole, n la luna, n le stelle n i

    demoni. Vivevano tuttavia senza dispute n litigi e non avevano cattivi costumi. Avevano

    dei luoghi prestabiliti in cui chiamavano Dio, luoghi che tenevano pulitissimi. In ginocchio

    con le mani alzate e il volto rivolto verso il cielo chiedevano la salute e esclamavano ad

    alta voce: Dove sei tu, Padre? Sotterravano i loro morti senza idolatria n cerimonia alcuna .

    Secondo le fonti storiche messicane: Il cielo, la terra e tutto ci che in essi contenuto

    sono l'opera della mano onnipotente di un Dio supremo e unico a cui davano il nome di

    Tloque Nahuaque, che vuol dire "Creatore di tutte le cose", ovvero colui che ha tutto in

    Lui. Lo chiamavano anche Ipalnemohualoni, il che vuol dire "colui grazie al quale noi

    viviamo e esistiamo". Egli fu il solo Dio che questo popolo ador in quei tempi primitivi.

    Anche in seguito, quando l'idolatria e il falso culto fecero la loro apparizione, essi locredevano sempre superiore a tutti i loro Dei e lo invocavano "levando gli occhi al

    cielo". In questa Prima Et non adorarono n celebrarono culti per nessun altro all'infuori

    di Tloque Nahuaque, dal momento che l'idolatria e la molteplicit degli Dei non fecero la

    loro apparizione tra di loro se non molto pi tardi. Si dice che a questo inizio del mondo,

    gli uomini si nutrivano soltanto di frutta e di erbe (4).. .

    Abbiamo citato in altro luogo il paragrafo del Chilam Balam di Chumayel che si

    riferisce all'Essere Supremo, causa prima di tutto ci che esiste .

    Dal confronto tra queste diverse fonti (maya, quich, peruviana, messicana) risulta

    che le tradizioni dei popoli indo-americani di cultura superiore concordano pienamente

    circa l'esistenza, agli albori della loro storia, di una cultura primitiva di economia

    parassitaria, caratterizzata sul piano religioso dal monoteismo. Veniva implorato l'EssereSupremo Dio unico e Creatore del mondo, senza per celebrare alcun rito o cerimona. Gli

    uomini chiedevano dei favori a Dio, ma non sapevano rendergli omaggio n praticare il

  • 7/22/2019 La Bibbia Maya - Il Popol Vuh

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    culto. Del resto non esistevano idoli, n templi, n sepolcri e non si celebrava alcuna

    cerimonia per i morti e questo sembra indicare che, durante il periodo primario della storia

    indigena, l'animismo non esisteva. Questo popolo era tuttavia pacifico e tranquillo. Per

    implorare il Creatore si riunivano in luoghi puliti che si possono considerare i precursori

    lontani delle corti di cerimonia lastricate e continuamente spazzate che esistevano ai tempi

    delle culture superiori. Questo costume si perpetuato attraverso i secoli ed ancoraseguito dai Chorti di oggi .

    Infatti la pulizia accurata del luogo in cui si svolgono le cerimonie una condizione

    indispensabile, dal momento che la corte ritenuta l'immagine del cielo e, di conseguenza,

    deve essere pulita come il sentiero del sole (informazioni fornite dai Chorti e i

    Lacandoni, riportate nell'opera gi citata). Analogamente, il gran Dio dell'epoca primitiva,

    anteriore alla mitologia e all'insieme degli Dei del culto agrario da Lui derivati, questo Dio

    che esisteva prima di qualsiasi pratica rituale e cerimoniale, conserva attraverso i tempi il

    suo carattere, la sua essenza profonda, i suoi privilegi e i suoi attributi. Cogolludo

    dice che gli Indiani dello Yucatan credevano che vi fosse un Dio unico, vivo e vero,

    ritenuto il pi grande degli Dei, ma che non avesse volto e che non fosse possibile riprodurre

    la sua immagine poich era incorporeo. Veniva chiamato Hunab ku. Ogni cosa,dicevano, viene da lui, ma dal momento che era incorporeo non esisteva alcuna immagine per

    adorarlo (5). Alla sommit del loro gruppo teogonico i Chorti situano il Padre Eterno,

    capo supremo dell'Olimpo e replica di Hunab ku. Egli superiore a tutti gli altri Dei i quali

    n