L841-02

3
GIRAUDO / “Lex orandi” e teologia dei sacramenti / PIO 2005-06 (L841) 11 Capitolo 2 IL BENESSERE DELLA TEOLOGIA DEI SACRAMENTI NELLA CHIESA DEL I MILLENNIO Il I millennio è ovviamente il millennio dei Padri: ha la sua teologia, le sue idee, la sua me- todologia. Esso respira a quel momento privilegiato dell’esistenza umana che è il culto, allorché la comunità entra in relazione sacrale (= la comununità in quanto tale) con Dio. Al tempo dei Padri i cristiani sanno di essere Chiesa e, quando pregano, pregano in quanto Chiesa. Si potrebbe dire che la loro fede dipende direttamente dalla dinamica della tradizione orale. Infatti sanno “ascoltare” la  preghiera liturgica che è preghiera “pro-clamata”, ossia gridata dalla bocca di uno solo davanti alla Chiesa, e ascoltata attivamente dagli orecchi di tutti, cioè riconosciuta sulla bocca di ognuno (per la differenza tra ascolto attivo e ascolto passivo cf Documento 1). La lex orandi, da sempre in catte- dra, fa scuola alla lex credendi. I teologi sono alla scuola dei liturgisti. Quando parliamo del benessere della teologia sacramentaria, occorre precisare che, mentre  per la Chiesa Latina si tratta esclusivamente del I millennio, invece per l e Chiese Orientali tale be- nessere si estende anche al II millennio. Infatti le Chiese d’Oriente sono sfuggite in gran parte ai li- miti imposti dalla sistematica scolastica. Ai fini della schematizzazione, ci serviremo spesso della contrapposizione tra I millennio (= i Padri) e II millennio (= la scolastica). Effettivamente mille an- ni fa, nella Chiesa Latina, la teol. dei sacramenti viveva in casa; meglio ancora: viveva in Chiesa. Infatti i sacramenti si f anno, ossia si celebrano, «in c/Chiesa». Perciò mille anni fa, la teologia dei sacramenti si faceva «in c/Chiesa», cioè a partire dal momento cultuale. Certo, anche allora vi era una griglia di lettura per fare la teologia dei sacramen- ti. Essa consisteva nel riferimento privilegiato al momento cultuale, ossia al luogo nel quale i sa- cramenti si fanno. In fatto di teologia sacramentale (e di teologia pastorale) le catechesi mistagogi- che costituiscono un itinerario modello. Esse sono veri e propri trattati, non da tavolino, ma a parti- re dal vissuto cultuale. Si pensi alle espressioni evocatrici, che assicurano non solo il contatto tra mistagogo e neofiti, ma soprattutto il costante riferimento al momento cultuale. Basti un solo esem-  pio tratto dalla mistagogia battesimale di Ambrogio: «Nunc disputemus quid sit quod dicitur bapti- sma. Venisti ad fontem, descendisti in eum, adtendisti summum sacerdotem, levitas, presbyterum in fonte vidisti. Quid est baptismum?» (  De sacram. 2,16).  Nel nostro corso ci tufferemo nel benessere della t eologia sacramentaria tipica della Chiesa di mille anni fa e in parte tuttora vissuta nelle Chiese Orientali. Prenderemo coscienza del suo stato di salute, delle sue condizioni di salute, del suo habitat  naturale. Questo ci consentirà di fare consi- derazioni interessanti per la sacramentaria di oggi. Ci convincerà che oggi occorre impostare nuo- vamente la sacramentaria a partire dal suo habitat  naturale, ossia a partire dai formulari con i quali la Chiesa fa i sacramenti e la struttura orazionale che ad essi soggiace (= lex orandi). Documento 1: Ascolto attivo # ascolto recettivo (da C. GIRAUDO, “In unum corpus”. Trattato mistagogico sull’eucaristia, San Paolo, Cinisello B. 2001, 423-424) Siccome durante la proclamazione della preghiera eucaristica l’assemblea è in condizione di ascolto, la percezione comune rischia di identificare tale ascolto con l’ascolto che ha luogo durante

Transcript of L841-02

Page 1: L841-02

 

GIRAUDO / “Lex orandi” e teologia dei sacramenti / PIO 2005-06 (L841) 11 

Capitolo 2

IL BENESSERE DELLA TEOLOGIA DEI SACRAMENTI

NELLA CHIESA DEL I MILLENNIO

Il I millennio è ovviamente il millennio dei Padri: ha la sua teologia, le sue idee, la sua me-todologia. Esso respira a quel momento privilegiato dell’esistenza umana che è il culto, allorché lacomunità entra in relazione sacrale (= la comununità in quanto tale) con Dio. Al tempo dei Padri icristiani sanno di essere Chiesa e, quando pregano, pregano in quanto Chiesa. Si potrebbe dire chela loro fede dipende direttamente dalla dinamica della tradizione orale. Infatti sanno “ascoltare” la

 preghiera liturgica che è preghiera “pro-clamata”, ossia gridata dalla bocca di uno solo davanti allaChiesa, e ascoltata attivamente dagli orecchi di tutti, cioè riconosciuta sulla bocca di ognuno (per ladifferenza tra ascolto attivo e ascolto passivo cf Documento 1). La lex orandi, da sempre in catte-dra, fa scuola alla lex credendi. I teologi sono alla scuola dei liturgisti.

Quando parliamo del benessere della teologia sacramentaria, occorre precisare che, mentre per la Chiesa Latina si tratta esclusivamente del I millennio, invece per le Chiese Orientali tale be-nessere si estende anche al II millennio. Infatti le Chiese d’Oriente sono sfuggite in gran parte ai li-miti imposti dalla sistematica scolastica. Ai fini della schematizzazione, ci serviremo spesso dellacontrapposizione tra I millennio (= i Padri) e II millennio (= la scolastica). Effettivamente mille an-ni fa, nella Chiesa Latina, la teol. dei sacramenti viveva in casa; meglio ancora: viveva in Chiesa.Infatti i sacramenti si fanno, ossia si celebrano, «in c/Chiesa».

Perciò mille anni fa, la teologia dei sacramenti si faceva «in c/Chiesa», cioè a partire dalmomento cultuale. Certo, anche allora vi era una griglia di lettura per fare la teologia dei sacramen-ti. Essa consisteva nel riferimento privilegiato al momento cultuale, ossia al luogo nel quale i sa-cramenti si fanno. In fatto di teologia sacramentale (e di teologia pastorale) le catechesi mistagogi-che costituiscono un itinerario modello. Esse sono veri e propri trattati, non da tavolino, ma a parti-re dal vissuto cultuale. Si pensi alle espressioni evocatrici, che assicurano non solo il contatto tramistagogo e neofiti, ma soprattutto il costante riferimento al momento cultuale. Basti un solo esem-

 pio tratto dalla mistagogia battesimale di Ambrogio: «Nunc disputemus quid sit quod dicitur bapti-sma. Venisti ad fontem, descendisti in eum, adtendisti summum sacerdotem, levitas, presbyterum infonte vidisti. Quid est baptismum?» ( De sacram. 2,16).

 Nel nostro corso ci tufferemo nel benessere della teologia sacramentaria tipica della Chiesadi mille anni fa e in parte tuttora vissuta nelle Chiese Orientali. Prenderemo coscienza del suo statodi salute, delle sue condizioni di salute, del suo habitat  naturale. Questo ci consentirà di fare consi-derazioni interessanti per la sacramentaria di oggi. Ci convincerà che oggi occorre impostare nuo-vamente la sacramentaria a partire dal suo habitat  naturale, ossia a partire dai formulari con i qualila Chiesa fa i sacramenti e la struttura orazionale che ad essi soggiace (= lex orandi).

Documento 1: Ascolto attivo # ascolto recettivo  (da C. GIRAUDO, “In unum corpus”. Trattato

mistagogico sull’eucaristia, San Paolo, Cinisello B. 2001, 423-424)

Siccome durante la proclamazione della preghiera eucaristica l’assemblea è in condizione diascolto, la percezione comune rischia di identificare tale ascolto con l’ascolto che ha luogo durante

Page 2: L841-02

 

GIRAUDO / “Lex orandi” e teologia dei sacramenti / PIO 2005-06 (L841) 12 

la proclamazione delle letture. La stessa locuzione popolare «sentir messa» comprova l’effettiva i-dentificazione e il conseguente atteggiamento passivo dei fedeli nell’intera celebrazione.

Tuttavia se, andando oltre il fatto della materiale audizione, consideriamo l’aspetto teologi-co, scorgiamo due situazioni radicalmente diverse. Infatti, durante la proclamazione delle letture, iltermine del discorso kerigmatico sono gli orecchi dell’assemblea che ascolta, mentre Dio attraversoil ministero del lettore è nella condizione di chi parla. Invece, durante la proclamazione della pre-ghiera eucaristica, il termine del discorso orazionale sono gli orecchi di Dio Padre che ascolta, men-tre tutta l’assemblea, attraverso il ministero del suo presidente, è nella condizione di chi sta effetti-vamente parlando. Per tutta la durata della preghiera eucaristica, l’assemblea cultuale, pur essendofisicamente «orecchi che ascoltano», è teologicamente «bocca che parla». Per questo Teodoro diMopsuestia dice: «... il sacerdote in questo momento è la lingua comune della Chiesa...»; e Giovan-ni Crisostomo afferma: «... egli non pronuncia affatto la preghiera eucaristica da solo, ma purel’intero popolo [la pronuncia con lui]».

È importante catechizzare l’assemblea sulla diversità qualitativa tra l’ascolto recettivo che èchiamata a prestare durante la proclamazione delle letture ad opera del lettore e l’ ascolto attivo che

 pone in atto durante la proclamazione della preghiera eucaristica ad opera del presbitero: là ascolta,comprende e memorizza; qui parla a Dio che in quel momento è il suo interlocutore. Non ha sensoche i fedeli seguano la proclamazione della preghiera eucaristica sul messalino o, peggio ancora, suifoglietti volanti: essi devono «ascoltarla» attivamente dalla viva voce del celebrante. La tecnica del-la proclamazione orale, ben chiara alla mente degli antichi redattori dei testi liturgici, è in grado diagevolare l’ascolto attivo.

Pertanto sarà bene che nel redigere nuovi formulari, come pure nel rivedere quelli già asse-gnati all’uso liturgico, si tengano presenti le regole della trasmissione orale, che si avvale abitual-mente di agganci tematico-verbali e di assonanze. Non si dimentichi che i cristiani di oggi sono i

 primi ad aver bisogno di essere rieducati all’ascolto liturgico.Anche le acclamazioni rispondono a questa finalità. Esse saranno anamnetiche, quando inter-

vengono a ritmare la celebrazione laudativa; oppure saranno epicletiche quando puntualizzano ladomanda. Al primo gruppo appartengono, oltre all’acclamazione che precede l’ anamnesi, le quattroacclamazioni che ritmano il prefazio zairese; al secondo gruppo invece appartengono le tre acclama-zioni che puntualizzano l’epiclesi di comunione e le intercessioni di questa stessa anafora.

L’ habitat naturale dei lemuri è la foresta Est del Madagascar 

L’ habitat naturale della teologia dei

sacramenti è la chiesa;o meglio: la Chiesa, ie. la hiesa in

preghiera compresa nel momento incui li celebra

Page 3: L841-02