L-- · I perfino venti dalla Mongolia. Maria Elena, la maestra, chiede: La mozione della Lega...

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1 ,' i.. In questa prima elementare

' ' ndla nuova scuola italiana, per mprixe che i! rnix - . .

I di culture si fa da sé e- - L--

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Egitto, Nigeria, Congo, bania, Marocco, C

omania, Tunisia: un'interna- zionale di piccolissimi che ';'a compatta duventus.

una classe l u l h «slraniera>t. Ekn- rnati a Keggio I<milia, dove le

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uole per l'infanzia sono le mi-

ieri, si, ma, di seconda ne. Arrivano da 191 na

27.558). Per la statistica,

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Benvenuti a Torino, dove c'è

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I perfino venti dalla Mongolia. Maria Elena, la maestra, chiede: La mozione della Lega approvata «Sapete quando è il vostro comple-

a ottobre è rivolta a chi entra: test anno?». Si parte dalle candeline per per misurare la conoscenza dell'ita- spiegare lo scorrere del tempo: è la Ilano e aclassi d'inserimento» per prima lezione di storia. Karim è de- chi non supera l'esame. Eppure, ciso: «Ho sei anni e sono arabo ita- protestano gli insegnanti, gli stru- liano*. Marina: «Io italiana m e - menti per garantire l'integrazione na». Samir, mamma italiana e papà giA ci sono: in un vademecum targa- tunisino, mostra il disegno della fa- to Fioroni si parla di laboratori di miglia con cui ha preso 10. Geremia ItalZ, corsi aggiuntivi per insegnare divaga: «A me piace la tigre». Mi- l'italiano ai b a m b i di altri Paesi. E chela, la compagna di banco cinese, i corsi sono gia attivi. ride: «È del Congo, lì ci sono le ti-

L'edificio in mattoni rossi gri». Ma Geremia è perplesso: «So- quarant'anni fa ospitava bambini no di Torino: la tigre l'ho vista in arrivati dal Sud con i genitori in tv!». ((L'integrazione va costruita cerca di un posto Fiat. Og- - con fatica» dice Guglielrni- gi l'elementare Michele

ij ni. ((Mettiamo a disposi-

Lessona, nel quartiere di zione un'aula per i comple- Porta Palazzo, accoglie anni, perché i genitori con bambini giunti da tutto il pi*oblemi economici evita- mondo con le stesse diffi- ' no gli inviti a casa. I bam- coltà di quelli di dora: so- bini non vedono differen- ciaii, economiche, lingui- re, i genitori sì. Bisogna stiche: 158 alunni, 35 na- Tanti miani? partire dagli adultiu. zionaiità, il 75 per cento so- dice M WIUI. Al posto no figli di immigrati. Que- h m dei banchi ci sono tavoli lu- st'anno una prima elemen- minosi, colori, ceste di fo- tare, la E, è stata composta xelgono glie per conoscere le sta- interamente da stranieri. le XUO~e ,,i" "ni, stoffe per travestir- Em già accaduto a Genova si, mele per giocare al dieci anni fa: con una clas- multietniche mercato. 8 il se tutta marocchina. altri invece ach, il metodo di Loris Ma-

Sotto un poster di Don le evitano laguzzi studiato in tutto il 1 Milani, la preside, Giulia mondo. Così nella regione Guglielmini, racconta: ((Abbiamo in cui si concentra il più alto nume- avuto anche classi con un solo italia- ro di stranieri (il 9,8 per cento, se- no. Non una scelta voluta. Accade condo la Caiitas) capita che la mae- perché è così la città. Ii futuro deUa stra si senta chiedere da una mam- società è questo. Poi, tanti italiani ma magrebina: (&la quando arriva- scelgono questa scuola pensando no i banchi? Li avete già ordinati?)). sia un'occasione di arricchimento, Alla scuola dell'infanzia Iqbal Ma- altri preferiscono evitarla. Noi stu- shi gli stranieri sono il 13 per cento.

I diamo la composizione delle classi Dice Deanna Margini, pedagogista l perché siano equilibrate, omogenee dell'Istituzione scuole e nidi d'in-

e insieme eterogenee: evitando, per fanzia del Comune: «L'inserimento esempio, che un'etnia prevalga sul- inizia qui». Due maestre per classe i'aitra. Ed è importante che anche e una atelierista che insegna a usa- chi conosce poco la i i i a sia subi- re i colori. «Se ciascuno esprime le to inserito in una classe». Nell'aula sue competenze, la lingua non è

- ~ r ::, ' ' ,* ;:.:i .. :-mi: . . . L'ONDA ali'istituto professionale lerbonl

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li studenti dell'lstituto tecnic&--.- +:$ . - t -5

professionale Romolo ZerbonI - 6' . , *J( < di Torino non pensano di aver fatto $34

,:(;+&@a da pionieri. A loro sembra:.:? .del t<& naturale che a guidarli nelli$$$.

-7 : lotta contro il decreto Gelmini siano $ un ragazzo marocchino e uno alban-; : $ Tanto naturale che ti presentano Hamza .? , q Nouim e Olti Hysenaj come «quel1 f; con cui parlarex senza citarne ?i, la nazionalità Questa dell'autunno .. . . , I 2008 è la prima ondata di moviment .' studenteschi in cui la presenza

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di ragazzi e ragazze di origine i. - , extracomunitaria comincia a

.&j&&;e non più un'eccezione. E laancora scarsa - rispetto al1

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I I sorelline di i3 e di 6 anni ...D rau:onta. dbbiamo deciso di fare il giro kI della scuda, bunavamo nelle classi e chiedevamo ai professori il pwmesso di parlare per anque minuti, preannunciando la proposta di scioperi e cortein Senza concorrenza e senza precedenti, Hamza Nouim è diventato un punto di riferimento. formatosi

di Torino, i giovani contestatori sono guidati da un compagno di classe marocchino. Il vice? Albanese

e seconde classi di istituti professionali come lo Zerboni. Seicento iscritti al diurno di corso Groaeto, semiperiferia nord di Torino, corsi biennali e quinquennali, indirizzo meccanico. elettronico, abbigliamento. Ma queila del diaottenne Hamza è una storia che va al di là della nuova presenza digiovani di etnia diversa: qui abbiamo degli italiani-italiani che si affidano a un -o che sentono capace di rappresentarli. che sentono come uno di loro, anche se è marocchino come Hamza, con un residuo (leggero) di accento magrebino, il suo Ramadan, la coerente astensione da alcolici e prosciutto. i sabato pomerig@o nella sede dei Giovani Musulmani. Cominciano a conoxerlo anche fuori

1 dalla sua xuol& v e m la fine

del grande corteo che presidiava la stazione era lui al microfono: <Ragazzi, entriamo in modo civile. non rompiamo niente>. E ai pendolari che temevano il blocco dei treni spiega= diamo qui per difendere i nostri diritti, siamo solo studenti che vogliono la scuoh. Apparentemente la vicenda di Hamza alla testa degli studenti è nata all'impnivviso. %Ho sentito parlare di questa riforma Gelmini e con il mio amico albanese siamo andati a chiedere ai professori. Ci hanno spiegato dei tagli alla xuola Nessuno ne sapeva niente tra noi studenti. Cwto, io potrei

fregarmene, sono al quinto anm Ma ho subito pensato a tutti gli altri, e alle mie

I

in poche settimane. deli'0nda studentesca. Luigi Caporale e Pasquale Trivisonne, spiegano che c'è un retrotena di questa integrazione, coltivato da tempo allo Zerboni, dove da anni i docenti lavorano sulla questione. Per chi ariva con scarsa conoscenza dell'italiano ci sono attività integrative e supporto linguistico. Non classi differenziate - una proposta che ha indignato M t a la scuola - ma coni dtre l'orario scolastico che oggi è di 36 ore (calerebbe a 32 con i tagli Gelmini). Parlando con Hamza Nwim viene fuori anche il retrotena familiare e sociale del suo impegno. A casa del ragazzo, tolte le scarpe, conosciamo la sorellina e la cuginetta, che - entrambe con il velo - preparano il tè. Il piccolo Obarna dello Zerboni è nato a Casablanca nel marm del '90, è arrivato a Torino a otto anni, ha imparato l'italiano ma tenuto vivo i'arabo nella mo la domenicale di via Rovigo. Il padre, che ci raggiunge durante il tè, è Abdel Kader Nouim. t stato imam della Moschea della pace fino a pochi anni fa. Un Islam socievole che punta suli'integrazione e ha abituato il ragazzo al confronto di gruppo, al discorso pubblico. Persino a recitare in uno sketch al raduno di Rimini dei Giovani Musulmani. Vuole essere tra queli che dallo Zerboni andranno ali'università e i due fratelii maggiori metalmeccanici, che mantengono tutta la famiglia, vogliono aiutarlo. d a xuola pubblica è per noi I'unKo modo per avere un Muro migliore, ripete guardando le sorelline.

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più d'ostacolo~. Nella classe dei «grandi» si lavora sull'identità: i

1 bambini si fanno il ritratto a turno. Mahamud, cinque anni, marocchi- l no, traccia un cerchio e, vicino' una tremolante mezzaluna. «I tuoi occhi

I sono cos'l» dice a Elisa Ji la sua mo- della cinese. «No)> s'inalbera lei, «gli

l occhi sono nella faccia!)).

/ Elisa e arrivata a scuola due anni 1 fa. Non sapeva l'italiano e si teneva I stretta il cappotto. Ora la sua amica l dei cuore 4 Anna, ucraina: fra loro

parlano una sorta di grammelot che mescola suoni della rispettive lin-

1 gue. Le pedagogkte di Emi- 1 lia hanno un progetto: un ~vocabo-

lario interculturale » che raccolga i i signifkati di concetti come scuola o

cittudU20 nelle diverse culture, a uso di insegnanti e famiglie. «~ fonda- mentale intendersi. Ogni tanto

) qualche genitore chiede che la figlia 1 non riposi a fianco a un maschietto. i Siamo disponibii al dialogo. Ma chi I entra deve accettare le regole». m «Maestra, L i e Anna parla-

/ no cinese!». Lia ebruia? «Si, i bimbi i cinesi hanno un secondo nome ita- 1 liano». In prima C si fa il gioco del si-

lenzio: «Lia è appena arrivata, se le 1 parlate in cinese non imparerh I

22 11 V 1 l l l . l D I REPUBBLICA

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ra, la II C

1 ue~~zisniola media Madre -

, Terea di Qicutta. in via Maqueda, ' a Palermo. Gli studenti

1 stanno facendo lezione di analisi logica. Sotto, l'ingresso della elementare Rwìn DI ~onata all'Bquilino, a Roma

mai». La scuola elementare Federi- co Di Donato è all'Esquilino, a un passo dal mercato di Piazza Vitto- rio. Trecento bambini, stranieri al 60 per cento, provenienti da 16 di- versi Paesi. «I bambini che hanno fatto la materna in un contesto mul- ticulturale» dice Miriarn Iacobini, coordinatrice della scuola che inse- gna in quarta B, «ai primi esercizi d'insiemistica distinguono fra ma- schi e femmine. Altrimenti dividono fra italiani e stranieri)). La sua clas- se, sette italiani su 17 allievi, è impe- gnata in un progetto sulla diversità religiosa. Hanno visitato San Pie- tro, la Moschea, la Sinagoga. La mamma di Aymen, che è marocchi- no, d a line del Ramadan ha porta- to dolcetti in classe. E loro hanno sintetizzato cosi: «I1 muezzin è co- me il carnpanaro». «I bambiini nati in Italia hanno le stesse conoscenze di base degii italiani, ma a casa nes- suno li aiuta a fare i compiti. Per

questo è importante il tempo pieno. Ora stiamo lavorando su espressio- ni che non capiscono)). Come «cade- re daiie nuvole», «mettersi le mani nei capelli)) e «in bocca al lupo». PILERIYO. L'istituto Madre Teresa di Calcutta ospita seicento alunni fra materna, elementare e media. Gli stranieri sono la metà (la per- centuale siciiiana è solo del 2,4). Sia- mo a due passi dal Comune e da quel monumento alla coabitazione arabo-normanna che è la Chiesa deUa Martorana. Giuseppina Sorce, la preside, accoglie gli studenti sulla porta: «Do il benvenuto e faccio pas- sare il messaggio che questo è un presidio di legalith)~. E, infatti, in tutta la scuola sono appesi poster con i volti dei giudici Giovanni Fal- cone e Paolo Borseiìiio.

in quinta B, 13 stranieri su 27, so- no tutti in piedi. «La mattina. dice la maestra «recitiamo una preghie- ra comunitaria. Ciascuno, a turno, parla a Dio con le parole della suafe- den. Al secondo piano c'era l'aula d'informatica. C'era, perché 17 computer sono stati rubati: «Ci stiamo riorganizzando, portando da casa i nostri pc». Altro che le classi ponte deUa Lega, qui i ragaz- zi sono accolti tutto l'anno: uMeglio che parcheggiati in strada, no?». Si lavora su più livelli, a volte riparten- do dalla sillabazione anche alie me- die. «Ma nessiin ritardo nel pro- gramma. Sanno di giocarsi il futu- ro, s'impegnano. E nelle materie scientifiche, sono bengalesi e cinesi a trascinare i compagni)). L'anno scorso una ragazzina di tema me- dia ha telefonato in lacrime da Dac- ca: era stata rimandata in Bangla- desh per sposarsi. «Non abbiamo potuto fare nulla. Molti ragazzi gi8 lavorano, ne incontro tanti perstra- da. La mattina sono distrutti. Chi li aiuta, se non la loro scuola?».

ANNA LOMBARDI

21 N O V E M B R E 2008