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Informazioni generali:

DURATA DEL VIAGGIO: 20 – 21 giorni. (30 – 31 giorni con l’estensione al Parco Altaj Tavan Bogd).

PERIODO DEL VIAGGIO CONSIGLIATO: Giugno – Settembre.

COME ARRIVARE DALL’ITALIA: In aereo. Consigliamo di adoperare sia per l’andata che per il ritorno lo scalo

aeroportuale di Ulan Bator. Se deciderete di esplorare anche il Parco

Nazionale Altaj Tavan Bogd dovrete fare due voli interni di andata e ritorno

per e da l’aeroporto di Olgii sempre da Ulan Bator.

FUSO ORARIO: + 7 ore rispetto all’Italia.

DOCUMENTI NECESSARI: Passaporto con validità residua di almeno 6 mesi e visto obbligatorio da fare

precedentemente all’arrivo in Mongolia. Nelle aree rurali è necessario

registrarsi al proprio arrivo nelle stazioni di polizia e se deciderete di fare il

tour completo comprensivo del Parco Nazionale Altaj Tavan Bogd (quindi con

permanenza superiore ai 30 giorni) dovrete registrarvi all’ufficio per

l’immigrazione EBMONT ad Ulan Bator.

PATENTE RICHIESTA: Patente Italiana accompagnata da Patente Internazionale.

RISCHI SICUREZZA E SANITARI: Possibili momentanee interruzioni del servizio di erogazione di energia

elettrica, specie nella Mongolia rurale. Prestate attenzione nei luoghi affollati e

la notte ad Ulan Bator. In Mongolia lo standard qualitativo degli ospedali è in

genere basso, molto rudimentale nelle campagne e per comunicare dovrete

almeno sapere qualche rudimento di russo. Prestare particolare attenzione al

consumo di cibi crudi (specie di pollame o uova) per la presenza di zoonosi.

Utile un’assicurazione sanitaria per il rimpatrio in caso di necessità.

MONETA: TUGRIK.

TASSO DI CAMBIO: 1 € = 2843,25 Tugrik Mongoli.

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Descrizione del viaggio:

1° - 2° giorno: trasferimento fino a Ulan Bator

La Mongolia è oggi collegata in maniera molto più efficiente di un tempo al resto del mondo, anche per quanto riguarda i collegamenti da e

per l’Europa essendo servita da diverse rotte semidirette che convergono verso l’aeroporto internazionale di Ulan Bator, la porta di accesso

principe della nazione. La rotta classica per approcciarsi al paese delle steppe infinite dall’Italia è quella che prevede due voli con scalo in

uno degli aeroporti moscoviti per percorrenze che però in genere si sviluppano in oltre una giornata di trasferimento complessiva, complice il

fuso orario sfavorevole. Di più recente istituzione è anche un collegamento in genere meno costoso (ma che prevede due scali intermedi,

Istanbul e Bishkek in Kirghizistan) che però sovente vi occuperà tutti i primi due giorni di viaggio a causa delle attese per le coincidenze in

aeroporto. Ultima alternativa, ma più costosa, è poi quella di volare fino in Cina (Pechino od Hong Kong in genere) o Corea del Sud (Seoul)

e da qui prendere un volo a ritroso verso Ulan Bator. Una volta arrivati sul suolo mongolo vi consigliamo di espletare tutte le procedure

necessarie per organizzarvi con il noleggio di un automezzo privato con cui affrontare il vostro viaggio mongolico. Visto che vi approccerete

a strade spesso di difficile interpretazione e su fondi che in genere sono sterrati (su terra, sabbia, fango o pietre) in aree talvolta molto

remote è indispensabile che noleggiate una jeep molto solida o anche un minivan se siete una comitiva numerosa. Altro consiglio da non

dimenticare, specie nelle aree rurali, è quello di fare il pieno di carburante non appena possibile: non è detto infatti che troviate una pompa

spersa nel nulla che faccia al caso vostro e anche se vi ci imbatterete che funzioni a dovere (la corrente salta di frequente e i rifornimenti

possono latitare anche per giorni). Abbiate cura anche di avere con voi un kit per le riparazioni di base al mezzo ben fornito: gomme a terra,

guasti al motore e rischi di impantanamento (specie nei boschi) sono sempre dietro l’angolo, pertanto sarebbe buona norma muoversi in

carovane di almeno due-tre veicoli insieme. Se il pensiero di dover affrontare queste possibili problematicità vi turba è spesso possibile in

Mongolia noleggiare auto con conducenti (difficile per lunghi periodi) a prezzi non dissimili da quelle senza driver. Comunque sia negli

ultimi anni le possibilità di noleggiare buoni veicoli fuoristrada sono decisamente incrementate, ma badate di farlo nella capitale Ulan Bator,

al di fuori di tale città l’impresa potrebbe divenire pressoché impossibile.

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3° - 4° - 5° giorno: ULAN BATOR

La capitale mongola Ulan Bator può tranquillamente essere considerata l’unica metropoli della vasta nazione dell’Asia centrale.

Contraddistinta da una miriade di attività commerciali ferventi, un boom edilizio imponente alimentato dal crescere dell’industria mineraria

mongola, da una frizzante vita notturna e da un traffico che alimenta un inquinamento spesso allarmante Ulan Bator è un luogo ricco di

estremi che convivono in una stridente realtà. Arricchiti e uomini d’affari in abiti occidentali di classe passeggiano tra contadini e pastori

vestiti del Del, l’abito tradizionale mongolo, provenienti dagli aimag (province) rurali della nazione, mentre nelle strade sfrecciano auto di

ultima generazione che finiscono spesso nel caotico traffico locale per tagliare la strada a pacati monaci buddhisti che si aggirano per le vie

principali. Anche se l’itinerario che vi proponiamo trova motivazione di essere compiuto nei mesi estivi ricordate che se capiterete a Ulan

Bator in inverno potreste assistere al triste (e nocivo) spettacolo della città chiusa in una morsa di smog caliginoso nero e denso che è il

frutto della combustione del carbone per il riscaldamento in stufe rudimentali nei quartieri di gher (tende tipiche mongole dei contadini)

disseminati attorno al centro città. Questo fattore coadiuvato dal fatto che per settimane spesso in inverno non spira vento fa sì che l’aria di

Ulan Bator diventi una delle più irrespirabili del mondo, toccando valori di PM 2.5 anche di 2500 parti per milione (l’OMS definisce come

nocivo per la salute stare sopra le 300, mentre in Italia non si tollerano valori al di sopra dei 100). A parte questi problemi ambientali

stagionali Ulan Bator è però anche sede di due delle manifestazioni popolari più celebrate della Mongolia: se ad inizi novembre infatti la

città si ammanta di parate in onore del Genetliaco di Chinggis Khan (Gengis Khan) è indubbiamente il Naadam (che cade tra l’11 e il 12

luglio) a costituire l’evento principe di tutta la nazione delle steppe. Il Naadam è un festival che rievoca l’atavica passione dei mongoli per i

giochi che rievocano le arti guerriere del passato: durante le sue celebrazioni potrete assistere a combattimenti di lotta libera (bokh) senza

distinzioni di categoria di peso in cui i contendenti si scontrano tra loro vestiti con la divisa tradizionale detta jodag shuudag, a competizioni

di tiro con l’arco fatte con frecce di salice e penne di avvoltoio o di tiro all’astragalo, oltre alle amatissime corse di cavalli che si svolgono in

genere su lunghe distanze e con fantini bambini.

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Alcuni figuranti in costumi tradizionali e diversi combattenti di bokh (lotta libera) durante le celebrazioni del Naadam, il principale festival

mongolo che in luglio anima in maniera decisamente folkloristica la capitale Ulan Bator.

La visita di Ulan Bator non può prescindere dall’iniziare da Piazza Chinggis Khan, il vero epicentro della capitale mongola, che nel

1921 fu il luogo in cui l’eroe nazionale Sukhbaatar proclamò l’indipendenza della Mongolia. A testimonianza di quello storico

avvenimento al centro della piazza si erge tutt’oggi una Statua Equestre di Sukhbaatar in bronzo, molto amata dagli abitanti locali

nelle cui vicinanze si trova anche una targa metallica che elenca tutti i diversi appellativi con cui la città è stata denominata nel corso

della storia (Orgoo, Nomiin Khuree, Ikh Khuree e Niislel Khuree). Nella sezione settentrionale della piazza si colloca invece la

recente (2006) Statua marmorea di Gengis Khan eretta in occasione degli 800 anni dell’incoronazione del più celebre condottiero

mongolo della storia. Anche se rimane anche ai giorni nostri il posto in cui si svolgono le principali manifestazioni politiche della

Mongolia Piazza Chinggis Khan è normalmente un vasto spazio aperto in cui si svolgono ciclicamente concerti e in cui i bambini

amano giocare sotto la supervisione dei genitori. Lungo il perimetro della piazza si concentrano quindi numerosi edifici simbolo di

Ulan Bator. Situato sul retro rispetto alla statua di Gengis Khan scorgerete immediatamente il vasto palazzo del Parlamento Mongolo

al cui interno si cela l’interessante Museo di Storia dell’Indipendenza Mongola che tra vessilli e omaggi offerti alla Mongolia dai capi

di stato stranieri in visita a Ulan Bator ripercorre la storia diplomatica della nazione. Sul lato est della piazza invece, ospitato dentro

il Palazzo della Cultura di foggia comunista, potrete visitare la Galleria Nazionale Mongola di Arte Moderna con numerosi dipinti e

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sculture che ritraggono la classica vita nomade delle steppe oltre a dipinti romantici sovietici. Di particolare rilievo artistico è l’opera

La Battaglia degli Stalloni di Ochir Tsavegjav. La porzione occidentale di Piazza Chinggis Khan è invece contraddistinta dalla

presenza del Museo Nazionale di Storia Mongola che ripercorre gli avvenimenti principali di questa porzione dell’Asia centrale dai

primi insediamenti preistorici dell’Età della Pietra (magnifici i petroglifi qui riportati), alle tumulazioni delle epoche unne ed uigure,

spingendosi poi fino al momento di massimo apogeo della cultura mongola in età medievale allorquando questi popoli delle steppe

costruirono con Gengis Khan il più grande impero mai visto nella storia umana. Inoltre la collezione di copricapi, costumi, gioielli,

armature, attrezzi agricoli, gher e strumenti musicali tradizionali sono un ottima modalità per un primo approccio con il folklore

mongolo. A completare il colpo d’occhio su Piazza Chinggis Khan infine, sul suo lato meridionale, si trovano poste dirimpetto ai lati

della piazza la sede della Borsa Valori nazionale e la Central Tower, moderno grattacielo in cui troverete diverse rivendite di griffe

internazionali.

Due istantanee che ritraggono gli elementi salienti di Piazza Chinggis Khan: dapprima una vista sulla facciata principale del

Parlamento della Mongolia che ospita il Museo di Storia dell’Indipendenza Mongola, quindi la possente Statua di Genghis Khan che

scruta la vasta e moderna piazza antistante. Infine alcuni abiti tradizionali esposti presso il Museo Nazionale di Storia Mongola.

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Giacché la visita a Piazza Chinggis Khan e ai suoi monumenti vi impegnerà tranquillamente tutta la mattinata vi consigliamo di

passare all’esplorazione dei quartieri posti a meridione dell’epicentro di Ulan Bator solo dopo aver consumato un lauto pasto in una

delle numerose birrerie della zona oppure consumando i tipici spiedini di carne (shashlik) accompagnati dal koumiss (latte di cavalla

fermentato) che troverete facilmente in una delle numerose bancarelle alimentari presenti in prossimità di Piazza Chinggis Khan.

Come primo punto di interesse per il pomeriggio vi suggeriamo quindi di raggiungere il Centro dei Costumi Tradizionali Mongoli, un

laboratorio artistico collocato poco dopo l’inizio di Olympiin Orgon Choloo, nel quale diversi sapienti sarti tessono meravigliosi Del

(abiti tradizionali) che i mongoli sono soliti indossare specialmente in occasione della festa del Naadam. Oltre che ammirare i capi

più pregiati nel piccolo museo interno potrete anche provare alcuni di questi singolari indumenti, scattare qualche foto, o persino

ordinare uno di questi elaborati vestiti tutto per voi. Continuando lungo Olympiin Orgon Choloo verso sud in breve raggiungerete

quindi il Tempio-Museo Choijin Lama costruito ad inizi ‘900 in onore di Luvsan Haidav Choijin Lama, celebre oracolo di stato

dell’epoca. La raffinatezza architettonica del complesso è elevata e ciò si deve al fatto che sfuggì alle purghe staliniste contro i

monasteri buddhisti poiché negli anni ’30 fu riconvertito a museo della vita feudale rurale mongola. Ad oggi si contano cinque diversi

templi interni al Choijin Lama, alcuni dei quali impreziositi da opere di Zanabazar (il più celebre artista mongolo del passato), che

culminano nel Maharaja Sum, il tempio principale, che conserva il trono dell’oracolo, maschere tsam e statue raffiguranti Choijin

Lama, Baltung Choimba e Sakyamuni (il Buddha storico). Se siete grandi appassionati di testi buddhisti originali infine non mancate

di concordare una visita appositamente organizzata per voi presso la Biblioteca Nazionale della Mongolia, poco distante, che

raccoglie la più grande raccolta di libri in tema al mondo, oltre a manoscritti tibetani, mongoli ed in sanscrito. In serata infine,

sempre nel quartiere, avrete modo di passare la serata presso lo scarlatto Teatro di Arte Drammatica dell’Accademia Nazionale nel

quale nei mesi estivi è solita esibirsi una compagnia di artisti che inscenano concerti composti dai tipici canti gutturali (khoomii)

nazionali, uniti a rappresentazioni di danze folkloristiche.

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Esterni ed elaborati interni del Tempio-Museo Choijin Lama, uno dei pochissimi esempi di ex architetture sacre buddhiste originali

scampate alla furia persecutoria dei sovietici nel 1937. Quindi uno scatto che ritrae un momento di una delle esibizioni di danza

tradizionale mongola in abiti classici presso il Teatro di Arte Drammatica dell’Accademia Nazionale di Ulan Bator.

La seconda giornata di permanenza a Ulan Bator si incentra invece sulla scoperta dei siti di interesse collocati nel centro della

capitale, principalmente a ovest di Piazza Chinggis Khan. L’apertura nel tessuto urbano più rilevante della zona è Piazza Beatles che

rende omaggio con una statua al famosissimo gruppo musicale inglese degli anni ’60 con una statua commemorativa rievocando una

delle tradizioni più in voga tra i giovani mongoli degli anni ’70, quella di esibirsi con chitarre a strimpellare i motivi della band

inglese riproducendo i dischi importati clandestinamente da fuori l’URSS. Oltre che per il passato culturale della città Piazza Beatles

è oggi un rinomato luogo di aggregazione di Ulan Bator essendo zeppa di caffè, ristoranti e negozi di artigianato locali, perfetti per

intrattenersi un po’ all’aria aperta nella bella stagione. Il principale motivo di interesse della piazza è dovuto però alla presenza al

suo limitare settentrionale dei Grandi Magazzini di Stato (noti come Ikh Delguur), un vero e proprio tempio del commercio mongolo

dove potrete reperire qualsiasi articolo venga prodotto nel paese centroasiatico come abbigliamento in cachemire, pelletteria, giochi

per bambini, souvenir, cartine e persino cibo etnici delle varie tribù mongole. Una volta conclusi gli acquisti presso i Grandi

Magazzini di Stato vi consigliamo poi, sempre in mattinata, di spingervi qualche isolato a nord-est di Piazza Beatles per raggiungere

l’interessante Museo di Belle Arti Zanabazar che raccoglie la più eccezionale raccolta di opere del più noto e apprezzato scultore e

artista mongolo, vissuto nel ‘600. Le statue dei Buddha Dhyani e Tara sono davvero mirabolanti come le raccolte di maschere tsam, i

dipinti religiosi su stoffa noti come thangka e anche alcuni lavori del pittore Baldugiin Sharav.

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Una vista panoramica su Piazza Beatles, uno dei centri di aggregazione principale di Ulan Bator contraddistinta dal monumento in

memoria della storica band musicale inglese. Quindi l’interno dei moderni Grandi Magazzini di Stato che costiuiscono il principale

tempio dello shopping moderno della capitale. Infine uno dei magnifici Buddha Dhyani di Zanabazar presso il museo dedicatogli.

Fattasi quindi l’ora di pranzo vi suggeriamo di muovervi a ritroso verso Piazza Beatles dove oggi abbondano una serie di ristorazioni

internazionali (messicani, giapponesi, italiani, indiani e francesi) di buon livello, specialmente lungo Seoul Street che lambisce a sud

la piazza. Nelle immediate vicinanze però, se vorrete cominciare ad entrare nell’autentico panorama culinario mongolo, non dovreste

perdere per nessun motivo l’occasione di rifocillarvi presso il Merkuri Market dove troverete qualsiasi tipo di alimento fresco nelle

sue sempre rifornitissime bancarelle. La cucina mongola si articola principalmente attorno a quattro alimenti basilari: carne, riso,

patate e farina,mentre tradizionalmente le verdure erano considerate cibo per gli animali e i capi di bestiame fornivano carne e

latticini in quantità. Aspetto peculiare è che in genere i piatti mongoli sono privi di condimenti particolari, eccezion fatta per il sale

che è molto diffuso. Il pasto tipico mongolo è solito iniziare con il talkh (pane) o il bortzig (pane non lievitato e fritto) e uno dei piatti

più comuni è lo sholte khool (brodo con tagliolini, montone bollito e patate). Altre portate comuni sono il buuz (ravioli al vapore di

montone, aglio e cipolla), i khuushuur (frittelle di montone), lo tsuivan (tagliatelle cotte al vapore con carote e patate) e la makh

(carne bollita in genere di pecora, comprese le frattaglie). Piatto adatto ai palati più smaliziati è il khorkhog (bocconcini di montone e

vodka cucinati mettendo pietre incandescenti in pentola). Particolare attenzione è data infine alla produzione casearia comprendente

yogurt, latte, panna fresca, formaggi e l’aaruul (cagliata di latte essicato). Per quanto concerne le bevande tipiche invece i mongoli

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sono dei veri cultori del thé, che consumano abitualmente prima dei pasti (in genere il tipico suutei tsai viene servito con l’aggiunta di

latte). Tra gli uomini mongoli si registra poi un discreto consumo di alcool, specie vodka (la Chinggis è molto buona), mentre

assolutamente tipica della Mongola visto che viene prodotta presso quasi ogni gher dei popoli nomadi è l’airag (latte di cavalla

fermentato).

Alcune delle principali portate della cucina mongola che potrete trovare al Merkuri Market, a breve distanza da Piazza Beatles. Da

sinistra nell’ordine un piatto di buuz, il rude khorkhog ed infine i gustosi khuushuur.

Dopo aver saziato i vostri stomaci con alcune tra le preparazioni più tradizionali della cucina mongola nel pomeriggio potrete quindi

concentrarvi sull’esplorazione dei distretti meridionali di Ulan Bator: Khan Uul e Zaisan, raggiungibili con brevi spostamenti in auto

privata o con i mezzi pubblici. I siti di maggiore interesse di questi quartieri sono essenzialmente il Monumento Commemorativo

Zaisan, una slanciata opera voluta dai russi in onore dei soldati e degli eroi ignoti che svetta su una collina al limitare della capitale

di cui si gode una vista grandiosa, e il Palazzo d’Inverno del Bogd Khan. Questo complesso venne costruito tra il 1893 e il 1903 per

ospitare per circa vent’anni l’ottavo Buddha e ultimo sovrano mongolo Hutagt VIII (detto Bogd Khan) e comprende ben sei templi al

suo interno ricchi di sculture, thangka, oltre a una anacronistica gher ricoperta dal manto di ben 150 leopardi delle nevi. L’ultimo

sovrano mongolo fu infatti un grande amante della caccia e proprio per questo vedrete un’insolita e un po’ triste collezione di animali

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imbalsamati che costellano gli interni del Palazzo d’Inverno. A visita conclusa poi potrete ridirigervi verso il cuore di Ulan Bator per

lanciarvi in una divertente serata in terra di Mongolia.

Due istantanee che ritraggono dall’esterno e dall’interno il Monumento Commemorativo Zaisan eretto ai tempi della dominazione

sovietica della Mongolia che si colloca in splendida posizione panoramica su Ulan Bator. Infine una sezione degli interni del Palazzo

d’Inverno del Bogd Khan, dimora dell’ultimo sovrano mongolo ad inizi ‘900.

L’ultima giornata di stanza ad Ulan Bator infine va all’esplorazione dei principali monumenti posti in posizione più defilata rispetto al

centro della capitale. Vi suggeriamo di portarvi in mattinata immediatamente fino al monastero di Gandan Khiid che per lunghi

decenni fu il principale luogo di culto di Ulan Bator ma che cadde in disgrazia dopo le purghe staliniane antireligiose del 1937. Degli

oltre cento sum (templi) e khiid (monasteri) oggi rimangono poche testimonianze ma non vi sarà difficile comprendere come il

buddhismo già da oltre un secolo sia divenuto un fattore determinante per plasmare le coscienze degli abitanti della Mongolia e della

sua capitale Ulan Bator. La sua fondazione data 1838 e negli anni ’40 venne riadattato ad attrazione tutelata ad uso e consumo dei

turisti internazionali che volevano conoscere una tipica architettura buddhista mongola. Dal 1990 in poi però Gandan Khiid tornò a

svolgere il suo compito di guida religiosa della comunità locale e oggi è abitato stabilmente da una comunità di circa 600 monaci.

Una volta penetrati al suo interno potrete entrare in diversi templi di pregevole fattura come il Tempio di Ochidara in cui si svolgono

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le cerimonie più importanti, il Tempio di Didan-Lavran che ospitò il Dalai Lama nel 1904 e il meraviglioso Migjid Janraisig Sum con

le pareti interne tappezzate di immagini e dipinti del Buddha della Longevità: Ayush e in cui si trova una sua grande statua che è la

copia dell’originale distrutta dai russi nel 1937 fatta i bronzo ricoperto d’oro (nel 1996) contenente oltre 27 tonnellate di erbe

medicinali, 334 sutra, due milioni di rotoli di mantra e un’intera gher arredata. Tutto il complesso si pervade poi di un0atmosfera

raccolta e che invita alla riflessione, pertanto siate accorti e prevedete di passare quasi tutta la mattinata in loco.

Un tipico scenario dei cortili interni ammantati di templi e sempre pieni di stormi di volatili del monastero buddhista di Gundan Khiid,

principale luogo di culto di questo credo orientale ad Ulan Bator. Quindi l’interno dello splendido tempio Migjid Janraisig Sum, con

al centro l’enorme statua di Ayush, riedificata nel 1996.

Rientrando verso il centro città di Ulan Bator, verso sud, non mancate poi di fermarvi presso il Centro Sciamanico dell’Eterno

Ragionamento Celeste. Apparentemente un accozzaglia senza ordine di gher poste sotto la collina del Gandan Khiid questo centro è in

realtà il fulcro dei credenti sciamanici di Ulan Bator e se ci verrete durante un’orazione, sempre coinvolgente e fomentante, del suo

oracolo potrete toccare con mano come lo sciamanesimo sia ancora oggi vividamente sentito dalla popolazione locale. Se invece non

vi sentite attratti da questa tipologia di visite a carattere religioso dopo Gandan Khiid potrete sempre spostarvi in direzione del Museo

dei Dinosauri che raggruppa i principali ritrovamenti paleontologici effettuati in Mongolia, principalmente provenienti dalle Flaming

Cliffs situate in prossimità del villaggio di Bayanzag nel deserto del Gobi.

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Dopo aver concluso queste visite ed aver pranzato nel pomeriggio della terza giornata vi consigliamo infine di attraversare tutto il

centro di Ulan Bator per raggiungere il vibrante Mercato di Naran Tuul, noto ai locali anche come Khar Zakh (Mercato Nero), forse

a ricordare che qui avvengono anche scambi di merci non sempre legali. Al suo interno potrete davvero trovare di tutto (abiti,

accessori, souvenir, indumenti tipici come i Del o l’Hurum [giacca mongola], tappeti, cappelli, stivali, copricapi in pelliccia, selle per

cavalli, strumenti musicali tipici, pezzi per costruire una gher, arredamenti, monete antiche o pezzi di antiquariato). Si tratta di un

modo immediato e a tratti shoccante di entrare in contatto con le dinamiche di vita della Ulan Bator autentica, ma state attenti ai

tentativi di borseggio frequenti e a non acquistare oggetti che non hanno un certificato di autenticità perché in genere sono merce

rubata e potreste trovarvi in scomode posizioni da spiegare alla polizia. Prese le dovute precauzioni però la visita al Marcato di

Naran Tuul diverrà uno dei momenti più salienti della vostra permanenza a Ulan Bator. Per la serata infine fate nuovamente rotta

verso Piazza Chinggis Khan o Piazza Beatles per un’ultima vibrante serata nella capitale mongola.

Una delle sale interne dell’interessante e ricco di straordinari fossili Museo dei Dinosauri di Ulan Bator, colmo di reperti

paleontologici rinvenuti principalmente nel deserto del Gobi. Quindi l’ingresso e una delle bancarelle che vendono tessuti tradizionali

presso il Mercato di Naran Tuul, uno dei poli del commercio al dettaglio più pittoreschi di Ulan Bator.

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6° - 7° - 8° giorno: PARCO NAZIONALE DI GORKHI – TERELJ

Con la sesta giornata dell’itinerario proposto giunge quindi l’ora di abbandonare la capitale Ulan Bator e di iniziare a muovere verso i

tesori nascosti nell’apparentemente immensa e desolata campagna mongolica. Il primo dei punti di interesse a carattere naturale della

Mongolia si trova però amabilmente nelle vicinanze della sua capitale: si tratta del parco nazionale di Gorkhi – Terelj. Il tragitto che separa

Ulan Bator da Terelj si dirama nella provincia mongola per soli 65km, ma visto che il fondo stradale per ampi tratti è solo lastricato e non

asfaltato mettete in conto di metterci almeno 90 minuti per raggiungere la località principale dell’omonimo parco nazionale (per il cui

ingresso dovrete pagare un biglietto). Terelj si può definire come una località turistica montana della Mongolia, è situata a circa 1600m di

quota e già dal 1964 iniziarono qui a sorgere le prime strutture ricettive favorite dal fatto di trovarsi in uno degli scenari agresti più idilliaci

della nazione. Nel corso dei decenni è stato istituito poi il parco nazionale di Gorkhi – Terelj che ha anche conglobato il villaggio. In maniera

lungimirante però non sono state fatte grosse concessioni alle tradizioni architettoniche autoctone e a Terelj sopravvive un’atmosfera

autentica con gli alloggi principalmente composti da accampamenti di gher site in prossimità del corso del Tuul Gol, roboante e possente

torrente della zona. Giacché arriverete a Terelj verso la tarda mattinata per non sprecare la giornata vi consigliamo di intraprendere

immediatamente un’escursione a piedi (portatevi sempre repellenti per insetti e indumenti anti pioggia per le volubili condizioni atmosferiche

del luogo) tra le vallette che circondano a sud il villaggio che si faranno apprezzare per l’alternanza di macchie di foresta frammiste a pendii

erbosi e morbidi rilievi. Qui nel volgere di pochi chilometri potrete iniziare a toccare con mano i silenzi e le vastità dell’ambiente mongolico

stando però sempre su sentieri ben tracciati che vi permetteranno di raggiungere alcune singolari formazioni rocciose della zona note come

la Roccia della Tartaruga o il Vecchio che Legge un Libro. Una volta dopo esservi concessi uno splendido pranzo all’aria aperta in questi

scenari incontaminati nel pomeriggio potrete quindi dirigervi a ritroso verso Terelj avendo cura di passare nei pressi del Centro di

Iniziazione e Meditazione Aryapala, collocato su un versante di una stravagante altura rocciosa.

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Gli straordinari scenari naturali incontaminati che si apprezzano già in prossimità dell’abitato di Terelj, poco oltre l’ingresso nell’omonimo

parco nazionale. In prima fotografia la Roccia della Tartaruga, quindi uno scorcio sulle verdeggianti vallette limitrofe. Infine una vista sugli

accampamenti di gher che caratterizzano Terelj, principale base per l’esplorazione del parco.

Dopo aver soggiornato per la nottata in uno dei numerosi ed efficienti accampamenti fissi di gher di Terelj l’indomani potrete iniziare la

consigliatissima escursione a cavallo di due giorni che vi porterà ad addentrarvi verso le aree più remote e preziose del parco (visto che nel

corso del viaggio sarà più volte consigliato fare di queste esperienze potrebbe essere una buona idea, se ne troverete una comoda, di

acquistare in loco una sella personale da portarsi con sé durante le vostre cavalcate. Luogo prediletto per questi acquisti è il mercato di

Naran Tuul a Ulan Bator). Una volta espletati i preparativi inizierete a cavalcare dapprima lungo le rive del Tuul Gol e poi insinuandovi

man mano tra le alture e le valli laterali del principale corso d’acqua del parco, sempre puntando in direzione nord (è necessario farsi

accompagnare da una guida locale per evitare di perdersi). Meta di giornata è Gunjiin Sum, un tempio buddhista fondato nel 1740 a 1713m

di quota , che in passato fu uno dei complessi religiosi di tipologia mancese più grandiosi della Mongolia. Purtroppo delle mura blu antiche,

dell’alta torre e di cinque templi annessi oggi non rimangono che rovine. Ciò che il tempo ha sottratto a Gunjiin Sum in termini di valore

artistico ha però ampiamente ricompensato in ambientazione naturale. Gunjiin Sum si colloca infatti al centro delle zone a maggior tutela del

parco, giusto al limitare della Riserva Integrale Khan Khentii, che tutela in maniera restrittiva una serie di specie di flora (fiori selvatici) e

fauna che appaiono ad oggi a forte pericolo di estinguersi dai territori mongolici. Tra le specie che potrete avvistare durante la vostra

permanenza in zona si ricordano la rara pecora argali, lo stambecco, il raro leopardo delle nevi, alci, donnole, volpi, ermellini, lepri, asini

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selvatici e orsi bruni. Visto che da Terelj a Gunjiin Sum ci sono circa 25km di percorso a cavallo vi consigliamo per prendervi tutto il tempo

necessario di organizzarvi per passare una notte in tenda all’aperto così da godere di questi scenari vasti e solenni anche sotto una volta

celeste così splendente come forse non avevate mai avuto occasione di vedere. Rientrati a Terelj la sera del terzo giorno non fatevi prendere

dalla fretta e pernottate ancora una volta nei suoi accampamenti di gher, magari anche curiosando un poco prima nei negozietti di

artigianato e souvenir presenti in paese. Proprio in questa occasione potrete così iniziare ad approfondire gli aspetti culturali tradizionali

della Mongolia rurale, un’area dove ancora oggi sussiste un forte collegamento biunivoco tra uomini e natura, esemplificato sia nel forte

legame che i pastori nomadi creano con il loro bestiame (cavalli in primis) sia nel credo profondo dello sciamanesimo locale, una religione

che predica la necessità di un equilibrio perpetuo tra uomini e natura promuovendo una serie di canti popolari, pratiche e comportamenti di

rispetto tra queste due sfere. Queste idee hanno così plasmato negli anni il carattere nazionale sull’umiltà, la tenacità, la riservatezza e

l’introspezione. Sospinti dal severo e spesso inospitale ambiente delle steppe nel corso dei secoli i mongoli hanno poi imparato a comportarsi

istintivamente con cooperazione e aiuto reciproco, tanto che ogni gher (tenda mobile dei pastori in tela, con isolamento in feltro, intelaiatura

in legno pieghevole e tiranti fatti di corde in crine di cavallo) sarà sempre pronta ad accogliervi in caso di necessità per ospitarvi per una

nottata non prevista, condividendo con voi anche il cibo presente e coinvolgendovi in giochi tipici come lo shatar (scacchi), l’hozor (gioco di

carte) o in pratiche di canto tradizionale.

Spingendosi oltre Terelj verso il cuore del parco nazionale vi inoltrerete in aree dove è la natura a dominare incontrastata, tra vallate

ammantate di magnifici fiori selvatici, corsi d’acqua cristallini e vette spesso coperte da cupole di neve. E’ il regno di animali selvatici rari,

delle escursioni a cavallo e il luogo in cui si colloca il tempio buddhista settecentesco Gunjiin Sum, meta dell’uscita equestre proposta.

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9° giorno: NALAIKH e trasferimento fino a Dalanzadgad

La nona giornata di viaggio consta per quasi tutta la sua interezza in un lungo e quasi interminabile trasferimento da Terelj fino a

Dalanzadgad, la cittadina capoluogo del distretto mongolo di Omnogov, ossia la zona nella quale si concentrano i più memorabili paesaggi

desertici del Gobi. A breve distanza dalla partenza da Terelj si raggiunge con una veloce deviazione dalla strada maestra però il principale

(e unico) sito di interesse di giornata:l’immensa Statua di Gengis Khan alta 40m che svetta solitaria e maestosa negli sconfinati paesaggi

della Mongolia centrale a breve distanza dalla anonima località ex mineraria di Nalaikh (45km, 50 minuti). Questo monumento

commemorativo del più grande condottiero mongolo della storia è recente ed è il frutto di generose donazioni private che hanno permesso di

erigerla in argento e di una mole tale da possedere un ascensore interno che conduce i visitatori fino all’altezza della coda del destriero su

cui siede Gengis Khan da cui parte una scalinata che vi permetterà di arrivare fino al livello della testa per godere belle vedute sulla

campagna circostante. Unitamente al monumento (che si trova qui in memoria di un aneddoto che si dice sia avvenuto qui, ossia il

ritrovamento da parte di Gengis Khan di un frustino d’oro) c’è anche un piccolo ma interessante museo che annovera manufatti unni.

Una volta terminata la breve ma interessante visita potrete quindi rimettervi in auto e dirigervi con convinzione dapprima verso Ulan Bator e

poi lungo la principale arteria stradale mongola che si sviluppa longitudinalmente nella nazione verso sud in direzione del deserto dei Gobi.

Lungo questa infinita direttrice vi ritroverete in primo luogo ad attraversare la brulla e monotona provincia di Dundgov caratterizzata da

alcune insolite formazioni rocciose difficilmente visibili dalla statale, ma che tatticamente offrirà con il raggiungimento del capoluogo

Mandalgov un luogo perfetto per una sosta e per rifocillarvi. Continuando nel pomeriggio verso meridione entrerete quindi nella regione di

Omnogov e nel volgere di poche ore perverrete a Dalanzadgad (600km, 8 ore di guida effettiva da Nalaikh), il capoluogo locale, che appare

come una sorta di oasi nel deserto ai piedi dei rilievi del Gurvan Saikhan. La cittadina è ridotta sia nelle dimensioni che nell’offerta di luoghi

di interesse ma in compoenso offre sistemazioni di discreto livello e di versi bar e ristorazioni ideali per i viandanti. Proprio per questo e per

la prossimità all’area del Gurvan Saikhan vi consigliamo di sceglierla come base per esplorare la zona.

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L’immensa e moderna Statua di Gengis Khan in argento e alta 40m caratterizza la Mongolia Centrale ed i suoi paesaggi rurali in prossimità

di Nalaikh. Vi ritroverete poi a compiere il trasferimento fino a Dalanzadgad (di cui si vede il panorama dalla periferia in terza foto)

costituito per lo più da un paesaggio arido e monotono tipico del Gobi settentrionale. Lungo la via merita una sosta l’area scenografica di

Tsaagan Suvraga in prossimità del confine tra Dundgov e Omnogov (in seconda foto).

10° - 11° - 12° giorno: PARCO NAZIONALE DI GURVAN SAIKHAN

La visita al parco nazionale di Gurvan Saikhan rappresenta il culmine del vostro viaggio nelle terre del Gobi della Mongolia. Quest’area

protetta tutela infatti alcuni tra i paesaggi più straordinari del deserto asiatico comprendendo imponenti dune di sabbia, canyon colmi di

ghiaccio, quattro distinte dorsali montuose antichissime e pittoreschi calanchi modellati dagli agenti atmosferici nel corso delle varie ere

geologiche in un ambiente che per vastità, rudezza e solitudine ricorda più le immagini di una pianeta inospitale che la nostra amata Terra.

Nonostante il luogo possa apparire non favorevole al proliferare della vita in realtà il Gurvan Saikhan presenta una flora e una fauna ben

rappresentate. La componente della flora vanta una biodiversità di ben 600 specie, molte delle quali però fioriscono solo in seguito alle rare

e abbondanti piogge che talvolta flagellano l’area, mentre diffusissimo è l’albero del saxaul che cresce a un ritmo lentissimo ed è composto

talmente denso come legname che se gettato in acqua affonda ma che ha una funzione fondamentale per compattare le sabbie desertiche del

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Gobi ed evitare il degrado di questi territori. Per quanto riguarda la fauna invece questo territorio è l’habitat di numerose varietà di animali

come le gazzelle (che fino a pochi anni fa componevano enormi mandrie nomadi e che oggi sussistono per circa 1.000.000 di esemplari nella

Mongolia intera), il topo canguro, l’asino selvatico, l’orso del Gobi (rarissimo e prossimo all’estinzione), il cammello selvatico, il leopardo

delle nevi, lo stambecco , i pika (sfuggenti mammiferi simili ai conigli molto schivi) e la pecora argali, senza dimenticare le oltre 200 specie

ornitologiche censite in zona (tra cui il trombettiere mongolo, l’avvoltoio monaco e l’ubara).

Come prima giornata per l’esplorazione del parco nazionale di Gurvan Saikhan vi consigliamo di puntare alle gole di Yolyn Am, un

complesso geologico dalle fattezze molto particolari che si colloca tatticamente a breve distanza da Dalanzadgad. L’ingresso a Yolyn

Am avviene prendendo una deviazione sterrata lungo la strada verso Bayandalaj (a sinistra) dopo aver percorso circa 25-30km del

percorso. In breve (45km, 60 minuti da Dalanzadgad) raggiungerete quindi il piccolo ma interessante Museo della Natura (dove

potrete fare anche i biglietti per accedere al parco) che mostra una collezione di uova di dinosauro rinvenute nelle vicinanze oltre ad

alcuni esemplari impagliati della fauna locale. Terminata la breve visita continuate quindi per circa 10km lungo la pista che si dirige

verso sud nel cuore di queste alture aride e severe del Gurvan Saikhan fino ad un parcheggio che segna l’avvio del sentiero verso le

gole di Yolyn Am. Se vorrete in loco oltre a un paio di rivendite di souvenir ci sono in estate sempre cavalli disponibili per compiere

l’escursione in sella di un destriero. Yolyn Am è una gola stretta e buia che in inverno si riempie di 10m di ghiaccio vivo e dalle

tipiche venature turchesi per tutta la sua lunghezza (circa 10km) e che mantiene questa caratteristica fino quasi al mese di luglio. Vale

davvero la pena di compiere tutta la sua lunghezza e fare il percorso a ritroso, con anche la possibilità di scorgere qualche esemplare

di uccello tipico del luogo nel suo habitat. Nel tardo pomeriggio infine potrete fare rientro a Dalanzadgad per la sera.

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Turisti intenti nell’esplorazione della profonda e buia gola invasa per mesi all’anno da un profondo strato di ghiaccio di Yolyn Am.

Quindi una jeep mentre attraversa la strettissima e limitrofa gola di Dugany Am. Infine uno dei diffusissimi alberi di saxaul, tipici del

paesaggio desertico del Gobi.

Con la seconda giornata di permanenza nell’area vi consigliamo quindi di abbandonare definitivamente Dalanzadgad e di portarvi da

questa cittadine fino al remoto e spettacolare complesso di dune di Khongoryn Els, che costituiscono in genere il cuore dell’esperienza

del Gurvan Saikhan. E’ impossibile giungere con mezzi motorizzati fino alle dune stesse ma l’abitato sperso nel nulla di Sevrej

(210km, 4 ore da Dalanzadgad) risulta essere un luogo perfetto per iniziarne l’esplorazione. Qui i locali hanno imparato a far fruttare

a loro vantaggio le visite dei turisti stranieri e saranno ben lieti di accompagnarvi con i loro cammelli verso le dune di Khongoryn Els

(distanti circa 20-25km a nord) previo un adeguato pagamento (altrimenti ci sono diversi tour operator che organizzano escursioni

direttamente da Dalanzadgad). Una volta giunti in loco sarete quasi sopraffatti alla vista di queste che sono le dune più alte di tutto il

deserto del Gobi e solo una volta qui comprenderete come mai siano state ribattezzate Duut Mankhan (dune che cantano): quando il

vento spira tra di esse infatti produce suoni che sembrano donar vita propria a questi complessi geologici. Alte fino a 300m e disposte

lungo una vallata larga 12km e lunga 100km sono un luogo davvero magico (la zona migliore è proprio quella vicina a Sevrej) e se

persuaderete i locali ad organizzarvi un accampamento notturno in loco potrete gustare questa meraviglia naturale specchiarsi in una

volta celeste incredibilmente luminosa e tersa che sarà tutta a vostra esclusiva disposizione. L’indomani potrete poi farvi ricondurre

via cammello a Sevrej e nel pomeriggio compiere il tragitto che separa la località da Bayanzag (210km, 5 ore di auto), vostra

successiva meta per il proseguo del viaggio e zona che offre diverse possibilità di alloggio in accampamenti di gher di qualità.

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Gli stupendi scenari desertici del Gobi raggiungono vette eteree presso le sontuose dune di Khongoryn Els, in una delle lande più

remote del Parco Nazionale di Gurvan Saikhan. Nel dettaglio le altissime dune presenti e i fedeli cammelli dei locali che vi

accompagneranno nell’esplorazione di questa terra magnifica.

13° giorno: BAYANZAG e trasferimento fino a Kharkhorin

Questa tappa dell’itinerario costituisce il trasferimento più lungo, articolato e difficoltoso di tutto il viaggio. Ci si sposta infatti dalla regione

del Gobi e dalla località di Bayanzag fino all’antica città storica mongola di Kharkhorin su un percorso di 550km circa da compiersi però

quasi interamente su strade secondarie, quasi tutte sterrate, che rallenteranno non poco lo spostamento. Per colmare questa distanza

impiegherete infatti non meno di 10 ore e mezza di guida effettiva e pertanto è obbligatoria una sveglia di primissimo mattino per avere

tempo a sufficienza per fare questo trasbordo senza correre e per ovviare ad eventuali ritardi che si paleseranno lungo la tratta (viaggiate

sempre con serbatoio pieno quanto più possibile, finire il carburante in ambiente desertico potrebbe essere un’eventualità drammatica). Per

fortuna all’interno di questo interminabile percorso troverete almeno alcuni di interesse. In primo luogo stiamo parlando della località di

Bayanzag stessa, letteralmente “territorio ricco di arbusti di saxaul”, che deve la sua notorietà per i ritrovamenti di dinosauri fossili operati

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da Roy Chapman Andrews nel 1922 nell’area. Qui tra immensi scenari fatti di arbusti, rocce e sabbie rosse si rinvennero infatti una quantità

incredibile di uova e ossa appartenuti a questi maestosi rettili preistorici, per lo più risalenti al periodo del tardo cretaceo (circa 70 milioni

di anni fa). Tra i 100 dinosauri esumati molti scheletri appartenevano alla famelica specie dei Velociraptor o a quella più mansueta degli

Oviraptor, mentre qui dimorò anche il gigantesco predatore Tarbosauro animale della mole e fattezze simili al Tyrannosaurus Rex. Nel 1971

poi vennero qui disseppelliti due famosissimi dinosauri (un velociraptor e un protoceratops) avvinghiati insieme in battaglia: una sorta di

abbraccio letale però perché ambedue trovarono la morte improvvisamente si pensa per una tempesta di sabbia particolarmente violenta o

per il crollo di una duna. Questo reperto è uno dei più famosi e iconici al mondo della storia dei dinosauri. Purtroppo ad oggi però né a

Bayanzag né nei dintorni è visibile null’altro che l’ambiente rude e severo dove si svolsero gli scavi paleontologici (non ci sono musei od

altro) e quindi l’unica cosa che possiate fare è girovagare per questo paesaggio crudo immaginando antichi gli antichi rettili che

dominavano il mondo intenti a sopravvivere in questo ecosistema estremo. L’unica eccezione in tutto l’anno in cui la zona si ravviva è in

occasione della Festa dei Cammelli che si tiene ogni inizio marzo nella limitrofa cittadina di Bulgan. Se capiterete di qui in tale stagione il

festival è una perfetta occasione per assistere alla maniacale cura che i locali riservano ai loro cammelli, a gare di corsa di questi animali, a

partite di polo coi cammelli e a competizioni di tosatura degli stessi. I cammelli i questa regione hanno costituito da sempre l’unico mezzo di

trasporto efficiente nelle aride lande del deserto del Gobi e ancora oggi sono largamente usati dalla popolazione locale quotidianamente. I

cammelli del Gobi hanno un manto lungo ed ispido (danno fino a 5kg di lana all’anno), sono molto adatti come animali da soma (portano

carichi fino a 250kg) e resistono circa una settimana senz’acqua e un mese senza cibo. Inoltre sono grandi produttori di latte (600 litri

all’anno), di sterco (per fertilizzare) e un ottima riserva alimentare per la gente del posto. Proprio grazie a tutte queste peculiarità

indispensabili per sopravvivere nel Gobi la loro presenza non è in calo tra gli autoctoni, infatti si contano ancora ben 260.000 cammelli

nell’area, 80.000 dei quali solo nella provincia di Omnogov.

Ripresa quindi la via luogo ideale per una sosta intermedia lungo il percorso è l’antico sito monastico di Ongiin Khiid (170km, 4 ore e mezza

da Bayanzag), collocato giusto in prossimità del confine tra le province di Dundgov e dell’Ovorkhangai. Qui fino al 1937 (anno in cui venne

distrutto per volere delle purghe antireligiose staliniste) sorgeva infatti uno dei principali monasteri buddhisti della Mongolia di cui oggi

restano solo scarne testimonianze in rovina dei templi Bari Lam Khiid e Khutagt Lam Khiid. Dal 1990 in compenso alcuni monaci sono

tornati a ripopolare il sito e oggi, specie in estate, occupano numerosi i resti degli antichi templi e hanno creato gher e un piccolo museo

perfetti per fermarsi lungo il percorso verso Kharkhorin. Ricordate comunque di ripartire per tempo da Ongiin Khiid verso Kharkhorin: vi

rimangono da qui infatti altri 300km (6 ore effettive) di fuoristrada per completare questa lunghissima giornata.

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Una parata di cammelli coi vessilli delle varie tribù e regioni della Mongolia durante la Festa dei Cammelli di Bulgan. Quindi l’incredibile

fossile di un velociraptor e un protoceratops rinvenuti in prossimità di Bayanzag, una dei templi mondiali per quanto concerne i ritrovamenti

di dinosauri. Infine le rovine e il poco che è stato ricostruito del tempio buddhista Ongiin Khiid, sperso per le vastità del Gobi.

14° giorno: KHARKHORIN

Kharkhorin è l’evoluzione ai giorni nostri dell’antica Karakorum, ossia l’antica capitale mongola fatta fiorire prima da Gengis Khan nel

‘200 come base di approvvigionamento delle sue truppe e resa poi dal figlio Ogedei la vera e propria capitale dell’immenso impero mongolo

per circa 40 anni, prima di decidere di spostare tale onorificenza all’antica Khanbaliq (oggi Pechino, capitale della Cina). Durante il suo

periodo aureo Karakorum fu raggiunta a commercianti, burocrati, studiosi ed artigiani provenienti da tutta l’Asia e persino dall’Europa ma

l’abitato non ebbe il tempo materiale per espandersi e lustrarsi di monumenti di pregio, fattore a cui contribuì anche la decisione di molti

mongoli dell’epoca che preferirono continuare a vivere la loro vita da pastori seminomadi delle steppe nelle loro gher piuttosto che stanziarsi

in città. L’antica fisionomia della città era plasmata dalle sue mura in mattoni che possedevano quattro porte di accesso principali oltre le

quali si svolgevano altrettanti mercati di bestiame e, caratteristica singolare figlia dell’estrema tolleranza religiosa promossa dai Khan

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mongoli, nella piccola Karakoram c’erano templi di ben 12 religioni diverse. Tra le architetture maggiori dell’epoca si ricordano poi il

Tumen Amgalan (Palazzo della Pace Terrena), costruito nel 1235 per volere di Ogedei su una superficie di oltre 2500mq e una particolare

fontana progettata da uno scultore francese fatto prigioniero in Europa e portato fin qui per dar lustro e magnificenza a Karakoram. La

peculiarità della fontana fu che poteva far zampillare dai suoi ugelli argentei disposti su una forma di albero contemporaneamente sia latte di

cavalla, che vino, vino di riso, bal (idromele) e airag (latte di cavalla fermentato). Purtroppo di tanta magnificenza ad oggi a Kharkhorin è

rimasto ben poco, soprattutto perché dopo il crollo dell’impero mongolo nel 1388 i soldati della Manciuria rasero quasi completamente al

suolo l’antica Karakoram. In compenso da tali macerie fu in seguito eretto l’attuale tempio buddhista Erdene Zuu Khiid che risulta essere

oggi il monumento principale di Kharkhorin.

Una volta abbandonato il moderno e anonimo centro cittadino in stile comunista verso est potrete raggiungere agilmente ciò che rimane

dopo le devastazioni ordinate da Stalin nel 1937 nei confronti degli edifici religiosi sparsi per l’URSS del favoloso complesso monastico di

Erdene Zuu Khiid. Fondato nel 1586 fu il primo monastero buddhista eretto in Mongolia e contava tra i 60 e i 100 templi, oltre 300 gher

stabili e una comunità di più di mille monaci nel suo periodo di massimo splendore. Nonostante gli zelanti soldati russi distrussero tutti gli

antichi templi meno tre molti oggetti di rilievo antichi si sono salvati nascondendoli tra le montagne vicine o in casa di coraggiosi abitanti

locali. Il risultato è che oggi c’è anche una sorprendente quantità di statue, maschere e altri oggetti sacri autentici nel monastero moderno.

Riaperto prima come museo nel 1965 e poi riconvertito a luogo di culto nel 1990 Erdene Zuu Khiid con le sue iconiche mura a difenderlo è

oggi considerato il più bell’esempio di architettura sacra buddhista della nazione mongola. Una volta penetrati all’interno della sua cerchia

di mura, lungo la quale si collocano ben 108 stupa, potrete quindi dilettarvi nella visita dei tre templi antichi rimasti: il Baruun Zuu, lo Zuu di

Buddha e il Zuun Zuu. Il Baruun Zuu è dedicato alla fase adulta della vita del Buddha e al suo interno si ammirano alcune ruote dell’eternità

dorate, otto statuette che ritraggono i simboli del buon auspicio (animino takhel) e alcune balin, torte di grano decorati con medaglioni

colorati di grasso di capra che si mantengono nel tempo. Lo Zuun Zuu è invece il più minuto dei tre templi antichi ed è dedicato

all’adolescenza del Buddha con statue di personalità del buddhisto. Il tempio più grande e centrale è però sicuramente lo Zuu di Buddha

colmo di statue di divinità della religione orientale, maschere tsam medievali e alcune opere del noto scultore buddhista mongolo Zanabazar.

Non dimenticate poi di entrare anche nel grande tempio bianco in fondo al complesso noto come Lavrin Sum in stile tibetano nel quale si

svolgono funzioni religiose ogni mattina e di ammirare le pietre tombali di Abtai Khan del ‘500 e le pietre di fondazione di una gigantesca

gher costruita nel 1639 per ricordare il giorno della nascita dell’amato artista Zanabazar.

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Una vista aerea del complesso monastico dell’Erdene Zuu Khiid oggi considerato il principale luogo di culto, nonché più antico, del

buddhismo in Mongolia. In seconda immagine poi alcune delle splendide statue dorate che troverete nei tre templi antichi scampati alla furia

delle purghe antireligiose staliniste.

Dopo aver concluso la visita del complesso di Erdene Zuu Khiid, che vi impegnerà tranquillamente tutta la mattinata, vi suggeriamo quindi di

dirigervi per alcune centinaia di metri in direzione nord-ovest rispetto al monastero. Raggiungerete così in breve una delle due Pietre della

Tartaruga (simbolo di eternità) che in passato segnavano i confini della capitale Karakoram e da qui potrete scorgere i resti (moltissimi dei

quali ancora interrati) dell’antica capitale mongola. Come predetto di tale meraviglia dell’antichità non rimangono che sparute fondamenta

essendo che buona parte del materiale edilizio recuperabile è stato usato per costruire l’Erdene Zuu Khiid.

Dopo aver mangiato qualcosa all’aria aperta, magari recuperato nei chioschi che vengono cibo in zona, nel pomeriggio non dimenticate poi

di visitare il vicino Museo di Karakorum, di recente istituzione e forse il migliore museo storico sito al di fuori di Ulan Bator. La collezione

raggruppa i diversi oggetti come ceramiche, bronzi, monete e statue rinvenute nell’area archeologica oltre ad alcune testimonianze

preistoriche trovate nell’aimag (provincia) circostante. Molto interessante è anche la riproduzione in scala dell’antica Karakorum elaborata

secondo le testimonianze di Guglielmo di Rubruck, un missionario cristiano giunto nell’area nel ‘200. Nel tardo pomeriggio fate quindi

rientro a Kharkhorin città che possiede diverse sistemazioni per la notte e alcune ristorazioni gradevoli.

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Una vista dall’esterno dell’Erdene Zuu Khiid di Kharkhorin in cui si scorge il suo possente muro esterno ritmicamente interrotto da stupe e

quindi l’ingresso al bel Museo Karakorum che fa rivivere in parte gli antichi fasti della capitale mongola medievale.

15° - 16° - 17° giorno: PARCO NAZIONALE DI NAIMAN NUUR

Con il quindicesimo giorno di viaggio giunge quindi il tempo di andare all’esplorazione di un altro spettacolare parco naturale della

Mongolia centrale: la Riserva Naturale del Khuisiin Naiman Nuur che tutela una regione formatasi a seguito di eruzioni vulcaniche alcuni

secoli fa proprio nel cuore della nazione delle steppe. Il risultato di questi movimenti tettonici è stata la creazione di un idilliaco sistema di

nove laghetti che si stagliano incontaminati tra le alture della Mongolia centrale e che risultano di difficile accesso, fattore che ha contribuito

in maniera importantissima a tutelare intatti questi luoghi. Per raggiungere l’area dovrete infatti seguire una lunga pista sterrata che segue il

corso del fiume Orkhon e che da Kharkhorin vi porterà nel volgere di 120km (3 ore e mezza di fuori strada) al punto più comodo per

approcciarvi al Naiman Nuur. Proprio al termine della strada carrozzabile si trova la spettacolare cascata di Orkhon Khurkhree che, specie

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dopo le prime importanti piogge estive, ruggisce roboante con un salto di 22m inabissandosi in una profonda gola ornata da pini, disegnando

uno degli scenari naturali più mirabili di tutta la Mongolia. Dopo aver scattato qualche fotografia di rito ad Orkhon Khurkhree potrete

quindi mettervi alla ricerca di una guida presso i campeggi locali che vi accompagni verso la zona dei laghi di Naiman Nuur noleggiandovi

alcuni dei suoi cavalli per un trekking di un paio di giorni. L’area principale del Naiman Nuur dista infatti ben 35km dalla cascata di Orkhon

Khurkhree e per evitare inutili tour de force (anche per gli animali) vi consigliamo di scegliere di passare una notte immersi nella natura

selvaggia campeggiando in riva di questi eterei specchi d’acqua. Mentre sarete in loco poi avrete delle concrete possibilità di scorgere la

fauna selvatica mongola direttamente nel proprio habitat: il parco offre infatti riparo a molti esemplari di gazzelle, topi canguro, cinghiali,

l’affascinante damigella di Numidia (un uccello), avvoltoi, aquile reali, falchi ed aquile della steppa. Se siete amanti della pesca poi le acque

del fiume Orkhon e dei laghi del Naiman Nuur pullulano di vita con trote, temoli, lesche, lenok, lucci e taimen in quantità. Per la notte della

seconda giornata, una volta fatto rientro al parcheggio presso la cascata di Orkhon Khurkhree vi suggeriamo di fermarvi in uno degli

invitanti accampamenti di gher presenti.

Uno dei bucolici scenari che si paleseranno dinnanzi ai vostri occhi verso il termine della strada sterrata che percorre la valle del fiume

Orkhon, laddove troverete accampamenti di gher da cui iniziare le escursioni a cavallo che vi porteranno tra i laghi di origine vulcanica del

Naiman Nuur (foto in seguito).

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In terza giornata potrete quindi iniziare a muovere a ritroso in direzione della capitale Ulan Bator colmando i quasi 400km di strada che

separano l’Orkhon Khurkhree dal Parco Nazionale di Khustain (7 ore di guida nel complesso). Non appena partiti però ricordate di fare una

lunga pausa presso il monastero buddhista di Tovkhon Khiid (40km, 90 minuti da Orkhon Khurkhree), collocato a breve distanza di cammino

(2,5km, 1 ora) dalla strada principale che fiancheggia il corso del fiume Orkhon verso est (i veicoli più robusti possono anche raggiungere il

monastero direttamente o altrimenti molti locali si offrono di accompagnarvi a cavallo). La fama del monastero si deve al fatto che fu fondato

nel 1653 direttamente dal celebre scultore mongolo Zanabazar il quale dimorò qui ben quasi 30 anni. Anch’esso distrutto nel 1937 per le folli

scelte di epurazione dei luoghi di culto voluto da Stalin il complesso è stato completamente restaurato negli anni ’90 esattamente sulla sua

storica collocazione in cima al monte Shireet Ulaan Uul. Una volta giunti in loco potrete prendere parte alla vita della piccola comunità

monastica e attraversare la strettissima Grotta della Rinascita che simboleggia l’utero femminile. Anche se il luogo e le sue vicinanze sono

parecchio invitanti fermatevi però qui solo al massimo poco dopo l’ora di pranzo: la distanza da Tovkhon Khiid al parco di Khustain che

rimane da colmare è infatti ancora di 350km (5 ore di viaggio).

La bellissima cascata di Orkhon Khurkhree così come appare dopo le prime abbondanti piogge tardo primaverili. Al centro quindi gli scenari

agresti , amplissimi e al di fuori del tempo della Valle del fiume Orkhon, ed infine il monastero ricostruito Tovkhon Khiid (originariamente

fondato da Zanabazar) posto in prossimità di una vetta adorna di boscosi pendii lungo la Valle dell’Orkhon.

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18° giorno: PARCO NAZIONALE DI KHUSTAIN

Istituito solamente nel 1993 questo piccolo ma prezioso parco nazionale mongolo si è posto come missione quella di tutelare l’habitat misto

della steppa e delle foreste del cavallo takhi, lo storico cavallo selvaggio della Mongolia. Estintosi in natura nel ‘900 (l’ultimo avvistamento

documentato fu di un pastore nomade nel 1969 di un esemplare) il cavallo takhi, altrimenti noto al grande pubblico come Cavallo di

Przewalski, per decenni è sopravvissuto grazie ad alcuni esemplari (si stima fossero solo 1500) che vivevano in cattività in diversi zoo sparsi

per il mondo. Grazie all’abnegazione di naturalisti e zoologi però ad inizio degli anni ’90 si pensò di allevare questi cavalli per farne

aumentare il numero complessivo e di provare così in seguito a reintrodurli nelle loro terre di origine. Nonostante mille difficoltà

burocratiche nel 1992 i takhi furono rilasciati nei parchi nazionali mongoli, primo tra tutti il Khustain, e con grande stupore e nonostante la

presenza dei lupi in zona l’iniziativa ebbe grande successo. Ad oggi si contano infatti circa 300 cavalli di Przewalski nel parco e molti sono il

frutto di nascite spontanee avvenute in ambiente naturale non controllato. Ciò che rende davvero preziosi questi puledri è il fatto che

rappresentano l’unica specie al mondo di cavallo mai addomesticato dall’uomo, tanto diversi dagli altri cavalli sparsi per il mondo che

contano 2 cromosomi in più nel DNA rispetto ai loro cugini. Oltre ai cavalli takhi il parco nazionale di Khustain annovera poi anche altre

specie faunistiche di rilievo come il maral (cervo rosso del Caspio), le gazzelle della Mongolia, cinghiali, gatti della steppa, lupi e linci (tutti

animali più facilmente avvistabili al tramonto o all’alba che nel cuore della giornata). Per quanto concerne la visita il parco possiede ottime

sistemazioni in accampamenti di gher bene attrezzati presso il centro visitatori principale, nel quale potrete anche ingaggiare una guida

(obbligatoria) che vi conduca verso le aree a più alta concentrazione di fauna selvatica. Le modalità di visita più comuni sono in mountain

bike, tramite escursioni a piedi o ancora una volta a cavallo, magari raggiungendo prima con mezzi motorizzati idonei il campo Moilt, situato

a 22km dal centro visitatori. Per la nottata infine vi consigliamo caldamente di fermarvi ancora in loco, così anche da potervi godere al

meglio e massimizzare le opportunità di adocchiare animali selvatici nel loro habitat verso l’imbrunire.

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Alcuni esemplari della ricca fauna che caratterizza il Parco Nazionale di Khustain, vera oasi ecologica della Mongolia centrale. A partire da

sinistra vedete un gruppo di cavalli takhi (o di Przewalski) reintrodotti con successo nel loro habitat naturale negli anni ’90 e vere star del

parco, quindi un esemplare di maral (cervo rosso del Caspio) ed infine il raro e schivo gatto delle steppe.

19° - 20° giorno: trasferimento fino a Ulan Bator e rientro in Italia

Con il diciannovesimo giorno potrete infine muovervi dalla vostra location nel Parco Nazionale di Khustain alla volta della capitale Ulan

Bator (100km, 105 minuti) e del suo aeroporto internazionale per iniziare il vostro rientro verso l’Italia. Per chi disponesse di abbastanza

tempo a disposizione sarebbe però una buona idea decidere di pernottare per un’ultima volta nella capitale così da non rendere un tour de

force il rientro e di gustarvi ancora per un poco le magiche atmosfere mongole. Come per l’andata i voli di rientro più comodi sono quelli

che operano un cambio negli aeroporti russi moscoviti, ma stavolta complice il fuso orario atterrerete in Italia decisamente in anticipo

rispetto al percorso inverso. Esistono però sempre possibilità di voli con scalo singolo anche nell’aeroporto cinese di Pechino o con scali

multipli negli aeroporti di Bishkek ed Istanbul. Per chi infine decidesse di prolungare la permanenza in Mongolia anche per l’esplorazione

delle sue regioni più occidentali (vedi oltre) si rammenta che comunque dovrete sempre ritransitare da Ulan Bator per trovare voli con rotte

verso l’Europa e l’Italia per il ritorno.

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Ampliamento dell’itinerario:

20° - 31° giorno: PARCO NAZIONALE DI ALTAJ TAVAN BOGD e successivo rientro in Italia.

Raggiungibile solo con un volo interno della percorrenza di tre ore circa (gestito in genere dalla compagnia aerea mongola Hannu Air) che

decolla di prima mattina da Ulan Bator in direzione dell’aeroporto di Olgii (o Ulgit) la provincia occidentale di Bayan-Olgii rappresenta una

delle mete più remote e selvagge che qualsiasi viaggiatore anche esperto possa sognare di raggiungere nel mondo. Una volta qui giunti vi

pervaderà infatti la sensazione di essere arrivati ad uno dei posti di confine del globo terrestre: brullo e montuoso con diverse vette

ammantate di ghiacci perenni che si innalzano oltre i 4000m questo aimag (provincia mongola) è uno scrigno delle tradizioni nomade del

passato mongolo: con molti pastori che ancora pascolano oltre due milioni di capi di bestiame e che li proteggono dalle scorribande di lupi,

volpi ed orsi. La rappresentanza etnica principale del Bayan-Olgii è quella di origine kazaka (oltre 90% della popolazione) che mantiene in

vita diversi usi storici, come ad esempio quello della caccia con l’ausilio di aquile addestrate alla cattura di volpi e marmotte, oltre a una

lingua di origine turco-altaica più simile al russo che al mongolo con un alfabeto complesso composto da 42 caratteri. I kazaki si trasferirono

in queste lande intorno al 1840 migrando dalle piane kazake originarie e diventarono quasi stanziali in zona dopo la rivoluzione mongola del

1921. La loro osservanza dell’islamismo sunnita è tradizionalmente molto blanda essendo fondamentalmente pastori nomadi ma ultimamente

si sta acuendo grazie alle spinte provenienti dal cuore del mondo arabo. Ciò che invece è rimasto immutabile nel corso dei secoli sono le loro

tipiche gher, più alte, ampie e decorate (con tush-arazzi, koshma-tappeti in feltro e chiy-pavimenti di canne) delle corrispettive mongole.

La città di Olgii, che vi accoglierà dopo il volo interno, è indubbiamente il cuore dell’area sebbene possa sembrare un’anonima località

spesso spazzata dal vento che le dona un’aura severa da antico Far West. Circondata da montagne su cui spesso si scatenano violenti

acquazzoni ha un’anima molto più simile alle metropoli dell’Asia Centrale che del resto della Mongolia viste le numerose scritte in arabo e

cirillico e la presenza di un bazar dove si vendono prodotti che richiamano il Kazakistan. Esistono poi in città diverse agenzie con cui

organizzare tour esplorativi dell’aimag e diverse ristorazioni di buon livello. Se capiterete ad Olgii ad inizi ottobre concedetevi poi almeno

una giornata per partecipare alla Festa dell’Aquila, un festival tradizionale in cui vedrete autoctoni in abiti storici, gare di caccia con

l’aquila, giochi equestri, concerti di musica locale e gare di tiro alla pelle di volpe con cavalli.

Il motivo principe che ci spinge però a consigliarvi di venire fino a qui è la presenza del grandioso Parco Nazionale Altaj Tavan Bogd che si

estende lungo la linea di confine mongolo-cinese a ovest di Olgii (è necessario farsi rilasciare il permesso apposito per la visita alle frontiere

a Ulan Bator o ad Olgii prima di giungere in zona). Questa zona montuosa è un vero paradiso per gli amanti dei trekking al di fuori dalle

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rotte più comuni e per i fan dei paesaggi montuosi incontaminati. Esistono in realtà due approcci possibili al parco: uno più sportivo e una

più esplorativo. Se vorrete conquistare la vetta più alta della Mongolia, il Khuiten Uul (4374m), dovrete puntare alle vallate più settentrionali

del parco nazionale: da Olgii fatevi accompagnare fino alla stazione dei guardaparco della vallata di Tsagaan Gol (185km, 5 ore di

fuoristrada) e da qui con un percorso di 13km potrete raggiungere il campo base per l’ascesa posto in splendida vista del vasto Ghiacciaio

di Potanii. Ricordate che il clima in zona è molto mutevole e che dovrete farvi accompagnare da esperti del posto ed essere dotati di tutta

l’attrezzatura necessaria. Complessivamente calcolate almeno una settimana prima di riuscire a rientrare vittoriosi nei vostri intenti ad Olgii.

Alcuni abitanti del luogo intenti a sfidarsi a competizioni tradizionali durante la Festa dell’Aquila di Olgii, principale festival folkloristico

dell’aimag mongolo occidentale. Quindi un cacciatore intento a rilasciare il suo rapace alla volta di volpi e marmotte, prede predilette

dall’aquila, ed infine lo scenario di imponenti vette cinte dai ghiacci perenni in prossimità del tetto della Mongolia: il Khuiten Uul.

Qualora invece foste alla ricerca di scenari meno impervi e di entrare più in contatto con le comunità di pastori nomadi kazaki della zona

puntate dritto da Olgii in direzione della regione del lago Khoton Nuur (160km, 4 ore di jeep) dove si trovano diversi accampamenti

accoglienti per piantare le tende e dove non faticherete a trovare locali ben propensi a noleggiarvi un cavallo con cui condurvi nelle aree più

belle e remote del parco nazionale. Il Khoton Nuur ed il limitrofo Khurgan Nuur sono due splendidi bacini lacustri d’alta quota in cui potrete

ammirare battute di caccia con l’aquila autentiche e le folte mandrie di pecore e capre al pascolo nella zona. Non tarderete poi a soffermarvi

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incuriositi verso alcuni caproni letteralmente vestiti (specie in inverno) dal khog, un indumento appositamente pensato per impedire ai

maschi di montare le femmine in periodi di scarsità di cibo a disposizione ed evitare così che le madri alla ricerca di cibo per i cuccioli

muoiano anch’esse per inedia. Tra i trekking più spettacolari che potrete compiere in zona si ricordano un’uscita in direzione della Valle di

Mogoit (laterale al lago Khoton Nuur) dove abbondano antichi cimiteri kazaki, tumuli sepolcrali e steli sacre dei pastori dette balbal (1-2

giorni) o escursioni che si inoltrano in direzione nord verso lungo la valle che si protende tra pascoli d’alta quota, macchie di vegetazione

boschive sempreverde e rilievi arrotondati in direzione delle vette più elevate del Tavan Bogd (3-5 giorni di itinerario andata e ritorn,

organizzabile anche a cavallo con pernotto in gher apposite). Un percorso molto suggestivo che vi permetterà di raggiungere a piedi o a

cavallo la vallata di Tsagaan Gol (precedentemente descritta) dal Khoton Nuur segue poi i sentieri che oltrepassano il Passo Dakilbai tra

anfratti isolati e scenari apparentemente grandiosi e senza fine. Percorribile solo in piena estate questo trekking di 7 giorni nel complesso

circa è sicuramente la modalità più esaustiva di esplorazione della regione del Parco Nazionale Altaj Tavan Bogd. Una volta concluse le

vostre escursioni comunque fate rientro dapprima ad Olgii e poi nuovamente in aereo a Ulan Bator (voli in genere pomeridiani). Da qui vi

sarà poi semplice l’indomani iniziare il vostro viaggio di rientro verso l’Italia.

Una tipica gher, tenda usata dai pastori nomadi kazaki del Tavan Bogd da secoli, lungo i roboanti torrenti che scendono dal massiccio

centrale del parco in direzione dei laghi Khoton e Khurgan Nuur. Quindi una vista panoramica sul bucolico lago Khoton Nuur ed infine uno

scorcio della splendida vallata da percorrere durante il trekking in direzione di Tsagaan Gol.