L' Elettrone Nella Scatola

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L’Elettrone Nella Scatola Vito Ribecco Grazia Maria Putignano

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Scienza

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L’Elettrone Nella Scatola Vito Ribecco Grazia Maria Putignano

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Ad Alessandra ed Andrea

Con Tutto L’amore di Mamma e Papà

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Prefazione Questo Libro è stato scritto con molta Passione, Una passione che speriamo di trasmettere alle persone che lo leggeranno. In fondo la chimica è la vita:gli atomi si legano e formano le molecole,cerchiamo di capire come e perché. L’energia nucleare può essere utile ma fare dei danni,quindi due parole ci è sembrato giusto spenderle. Buona Lettura Vito e Maria Grazia

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Indice Principali Argomenti pag Richiami di Matematica 1 Capitolo 1 L’atomo 8 Prime Teorie 8 Teoria di Bohr 9 Dualismo onda corpuscolo 12 Trattazione Ondulatoria 13 Gli Orbitali 15 Massa atomica e mole 25 Aufbau 26 Tavola Periodica 28 Capitolo 2 Le Molecole 34 Termini e simboli 34 Teoria VB 34 Teoria Orbitali Molecolari 36 LCAO 36 Orbitali Ibridi 48 Teoria Vsepr 54 I Legami 58 Legame Covalente 58 Legame Dativo o di coordinazione 60 Legame Ionico 61 Legame ad elettroni delocalizzati 63 Legame Metallico 64 Legami intermolecolari 65 Colore 68 Nomenclatura 70 Capitolo 3 Stati di Aggregazione 76 Lo Stato Solido 78 Lo Stato Liquido 80 Lo Stato Gassoso 82 Leggi sui Gas 86 Gas Reali 87 Densità Anomale Gas Reali 88 Regola delle Fasi 89 Passaggi di Stato 89 Diagramma dell’Acqua 91

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Capitolo 4 Equilibrio Chimico 92 Generalità 92 Termodinamica Chimica 93 Energia Interna 96 Entalpia 98 Entropia 100 Energia Libera 101 Cinetica Chimica 103 Velocità di Reazione 103 Catalisi 107 Capitolo 5 Cenni Di Chimica Nucleare 110 Il Nucleo Atomico 110 Gli Isotopi 111 Radioattività 111 Decadimento Radioattivo 112 Decadimento α 112 Decadimento β 113 Decadimento γ 113 Fissione Nucleare 114 Fusione Nucleare 116

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RICHIAMI DI MATEMATICA a/b=(a•c)/(b•c) a/b=(a/c)/(b/c)=(a/c)•(c/b) se a/b=c/d allora a•d=b•c e ( a+ b)/a=(c+d)/c a/c=b/d ( a+ b)/b=(c+d)/d d/b=c/a ( a+ c)/c=(b+d)/d b/a=d/c (a+b)/(a-b)=(c+d)/(c-d) Operazioni con potenze am x an = a(m + n ) am / a n = a(m − n)

(am)n = am × n (ab)n = an x bn

an / bn = an / bn

ao

= 1 a-n = 1/a n

a1/n =

n√a αm/n =

n√ am

Logaritmi antilogaritmo=(base)logaritmo y=10x x=log y log(a • b)=log a + log b log(a/b)= log a- log b log (1/a)=log 1 -log a=-log a log an = n log a

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logn√a = 1/n log a = (log a )/ n

logn√am = m/n( log a ) ln a =2,3026 log a log a= 0,4343 ln a log 1=0 log 10=1 log 102=2 Log 103=3 Equazioni I grado ax +b= 0 x=-(b/a) II grado ax² + bx + c= 0 ______ -b+√(b²-4ac) x(1,2)= 2a 2

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Equazione di una retta

y = mx + q Quando x=0 y=q Rappresentazione grafica:

Funzioni y=f(x) il valore di y “dipende” dal valore di x;cioè y è funzione di x (un esempio è l’equazione di una retta vista sopra)

Limiti Consideriamo un funzione tipo y- x³-6x²+15x -14 essa esiste per ogni valore di x X-2 Diverso da 2, per x = 2 assume la forma 0 che è priva di significato,diamo allora ad

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0 x dei valori sempre più prossimi a 2(sia a destra che a sinistra di 2) e riportiamo in una tabella i dati es x y 1,83 3,0289 1,96 3,0016 2,15 3,0225 2,07 3,0049 Possiamo dire allora che lim x³-6x²+15x -14 = 3 x→2 X-2 trigonometria

Data una circonferenza trigonometrica si consideri l’arco orientato AP di origine A Chiamasi seno l’ordinata dell’arco orientato AP senAP se α indica la misura in gradi: senα Chiamasi coseno l’ascissa dello stesst arco cos AP se α indica la misura in gradi: cosα 4

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sen² α + cos² α = 1 senα - tg α cosα

Derivate Quando vogliamo vedere come varia una funzione f(x) per una variazione infinitesima dx della variabile x ricorriamo alle derivate

df(x) dx Esempi: d (log x) -- 1 ;d (senx) -- cosx ;d (cosx) -- senx dx x dx dx La derivata si indica anche f ‘(x), o y’ . Il prodotto della derivata f’(x) per l’incemento della variabile indipendente dx si chiama differenziale df(x): f’(x) •dx=df(x) Quando una funzione f dipende da due variabili x e y fra loro indipendenti, per indicare la variazione di una di essi tenendo costante l’altra si ricorre alla derivata parziale:

∂f (x0, y0) in questo caso x varia ed y resta costante ∂x ∂f (x0, y0) in questo caso y varia ed x resta costante ∂y

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Per funzione f(x,y) di due varibili( x,y) fra loro indipendenti ,il differenziale totale della funzione si scrive : df(x,y) - ∂f dx + ∂f dy ∂x ∂y

Integrali

∫ f(x)dx = x + c Esempi: ∫ xdx = 1x² +c ; ∫ 1dx = log x | + c 2 x b b

∫ f(X)dx = [f(x)] = f(b)-f(a) questo è un integale definito,si usa ad esempio per a a calcolare un’area

Equazioni differenziali Un'equazione dfferenziale è un'equazione in cui compaiono la funzione incognita y(x) assieme ad alcune sue derivate y‘(x) = a(x)y(x) + b(x) Detto in parole molto semplici,risolvere (o integrare) una equazione differenziale significa trovare la funzione che soddisfa l’equazione differenziale(il procedimento richiede buone conoscenze matematiche). Ad esempio, per y′ + 3y = 6 con y(0) = 4 −3x la funzione che soddisfa l’equazione è y(x) = 2 e + 2 6

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Tabella Unità di Misura (S.I.) Grandezza Fisica Sistema S.I. Lunghezza metro (m) Massa chilogrammo (kg) Tempo secondo (s) Velocità m/s Accelerazione m/s2

Lavoro od Energia joule (J) Potenza watt (W) Potenziale elettrostatico volt (V) Carica elettrica coulomb (C) Intensità di corrente ampere (A) Intensità del campo elettrico V/m Resistenza ohm () Capacità farad (F) Induzione elettrica C/m2

Flusso magnetico weber (Wb) Induzione Magnetica tesla (T) Intensità del campo magnetico A/m Mutua induzione e autoinduzione henry (H)

Tabella delle Costanti Fisiche -11 Costante della gravitazione G = 6,67.10 Nm2/kg 2

- 19 Carica dell’elettrone e= 1,6.10 C -31 Massa dell’elettrone m e=9,109.10-kg -27 Massa del protone m p=1,672.10 kg -29 Raggio di Bohr a 0=0.529.10m 23

Numero di Avogadro N A=6,02.10 -23

Costante di Boltzmann k= 1,38.10-J/°K Costante dei gas perfetti R= 8,314 J/°K -15 -34 Costante di Planck h =4,14.10.eV.s =6,63.10J .s Prefissi del Sistema Internazionale 10n Prefisso Simbolo Nome Equivalente 1012 tera T 109 giga G 106 mega M 103 chilo k 102 etto h 10 deca da 10-1 deci d 10-2 centi c 10-3 milli m 10-6 micro µ 10-9 nano n 10-12 pico p 10-15 femto f 10-18 atto a 10-21 zepto z Vito Ribecco Grazia Maria Putignano 7

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Vito Ribecco Grazia Maria Putignano

CAPITOLO 1

L’ Atomo 1.1 Prime teorie Acqua,aria,terra e fuoco secondo i “chimici primitivi“,erano i costituenti della materia.Dalton nel 1800 sosteneva che l’atomo ne fosse la più piccola parte .In seguito, Thompson, disse che l’atomo si presenta neutro perché contiene particelle positive e negative in ugual numero.

fig 1

Il primo modello atomico si deve a Rutherford ,che nel 1911 , a conclusione delle sue ricerche propose per l’atomo una struttura “planetaria”(fig 2),dato che somigliava ad un sistema di pianeti . Egli rappresentò l’atomo nel seguente modo: a) al centro un nucleo nel quale risiede la quasi totalità della massa dell‘atomo,a carica elementare positiva , in numero costante per ogni specie atomica(numero atomico) b)ruotanti attorno al nucleo ci sono gli elettroni,con carica negativa in numero uguale a quello delle cariche elementari positive del nucleo in modo da avere neutralità:

Fig 2 Questo è un modello dinamico,poiché considera gli elettroni in moto intorno al nucleo.non si poteva ammettere un modello statico dato che un sistema di cariche elettriche libere e ferme non può essere in equilibrio. Questo modello spiegava alcune cose ma era in disaccordo con la teoria elettromagnetica classica,infatti secondo questa ultima,gli elettroni che si muovono nel campo elettrico del nucleo,dovrebbero irradiare onde elettromagnetiche e cadere in tempo breve sul nucleo.

Invece dallo spettro di emissione dell’idrogeno si vedeva che ciò non avveniva.

La scoperta del neutrone si deve al fisico inglese James Chadwick nel 1932. Era un collaboratore di Rutherford La scoperta del neutrone si deve al fisico inglese Chadwick (Nobel 1935), il quale fornì una nuova interpretazione degli esperimenti effettuati da

Bothe e Becker (1930) e dai coniugi francesi Joliot-Curie (1932), bombardando bersagli di boro e di berillio con le particelle α (nuclei di elio)

emesse dal radio.Bothe e Becker e Joliot-Curie pensavano che il bombardamento con particelle α determinasse l'emissione di fotoni α di alta energia da parte dei nuclei di B e Be; invece le prove teorico-sperimentali prodotte da Chadwick, evidenziarono l'esistenza del neutrone nei nuclei atomici, che anteriormente al 1932 si riteneva fossero costituiti da protoni ed elettroni.Il neutrone è privo di carica elettrica ed ha una massa circa uguale a quella del protone

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1.2 Teoria di Bohr Serviva quindi capire qualcos’altro.Ci pensò Bohr pochi anni dopo ,infatti egli ipotizzò che esistessero alcuni stati stazionari nei quali l’elettrone potesse muoversi senza emettere energia. Applicò la teoria quantistica di Planck. Secondo questa teoria affinché un elettrone muovendosi su un’orbita non emetta energia è necessario che il momento angolare ( prodotto mvr di una massa m con velocità v che ruota lungo una circonferenza di raggio r ) sia multiplo di h può variare solo per quanti è cioè 2ππππ quantizzato (h è la costante di Planck)

h mvr = n (1) 2ππππ Nella quale n può assumere solo valori interi 1,2,3.……. Vuol dire che l’elettrone,resta nello stato stazionario perchè ci deve essere una forza uguale e contraria alla forza di attrazione tra esso ed il protone .Vediamo di capire quale: Consideriamo la forza di attrazione fra elettrone e protone, dalla legge di coulomb sappiamo che la forza di attrazione tra 2 cariche è 1 qq’ F= • (2) 4ππππ e° r² dove e° è la costante dielettrica q e q’ sono i valori delle cariche r la distanza fra loro ,se poniamo unitaria quella carica elettrica che respinge con la forza di 1 dina una carica elettrica uguale posta a 1 cm di distanza nel vuoto , la legge di coulomb diventa f=qq’ / r² quindi dato che la carica dell’elettrone (e) e quella del protone in numericamente si equivalgono poniamo qq’= e² (3) r² r² dato che l’elettrone si muove intorno al nucleo con moto uniforme cioè con velocità v su una circonferenza di raggio r applicando all’elettrone dell’atomo di idrogeno il secondo principio della dinamica ,forza = massa • accelerazione ;cioè 9

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F=mv² (4) r uguagliando le due forze otteniamo :

e²/r²=mv²/r (5) Ricavando dalla (1) il valore r² sostituendolo nella (5) si ha r= n² ___h²___ (6) 4ππππ²me² Abbiamo che per n=1 r= 0,53•10-8 cm =0,053nm(raggio di Bohr) per n=2 r= 0,212 nm per n=3 r= 0,477 nm

Fig 3

Perciò l’unico elettrone dell’idrogeno può ruotare attorno al nucleo solo a queste distanze(quantizzazione del raggio).Queste “orbite” sono quindi circolari.Ad ogni orbita corrisponde un valore dell’energia(anche questa quantizzata) dell’elettrone che la percorre : E=T+V (7) Dove T è l’energia cinetica 1/2 mv² (m= massa v= velocità) che in base alla (5) si può scrivere e²/2r e V è l’energia potenziale -e²/r (e = carica dell’elettrone r= raggio dell’orbita) L’energia cinetica è dovuta al movimento,quella potenziale(rappresenta la capacità di compiere lavoro) origina dalla posizione di un corpo rispetto ad un ‘altro,nel nostro caso dell’elettrone rispetto al protone,si mette il segno - perché da distanza infinita a distanza r l’energia potenziale diminuisce:immaginate un libro che cade dalla scrivania ,e uno che cade dal terzo piano della scuola,quale ha più energia potenziale? La ( 7) diviene E= -e²/r + e²/2r Sostituendo ad r il valore ricavato dalla (6),e ri arrangiando la (7) diviene

1 2ππππ²me4 E= - •••• n² h² 10

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n sappiamo che è il numero quantico principale(n=1,2,3.….solo valori interi),se forniamo energia all’elettrone che si trova ad esempio nello stato stazionario caratterizzato da n=1 questa sarà assorbita solo se è sufficiente a far saltare l’elettrone allo stato energetico caratterizzato da n con valore intero definito.. L’elettrone poi torna spontaneamente allo stato con minor energia riemettendo sotto forma di radiazione l’energia precedentemente assorbita . Poiché Einstein dimostrò che ad una radiazione di frequenza ν è associato un quanto di energia ε meglio detto fotone ,definito da εεεε =hνννν (8)

Dove h è la costante di Planck = 6,63•10-34 J•s Per fornire energia radiante all’elettrone è necessario servirsi di una radiazione di opportuna frequenza. Successivamente Sommerfeld analizzando gli spettri di emissione dell’ atomo dell‘idrogeno(fig 5), per giustificare alcuni “segnali“(righe spettrali),ipotizzò che le orbite non fossero solo circolari ma anche ellittiche,e fu necessario introdurre un secondo numero quantico l,numero quantico angolare,che determinasse la forma dell’ellisse. Sommerfeld dimostrò che il valore di l può assumere valori interi compresi fra 0 ed n-1. Quindi per n(numero quantico principale) = 2 l può assumere i valori 0 ed 1 a cui corrispondono due orbite di diversa forma. e di diversa energia

. Fig 4 In seguito si vide che comparivano altri “segnali”nello spettro di emissione dell‘idrogeno ,se

Fig 5 11

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durante l’eccitazione gli atomi venivano sottoposti ad un campo magnetico esterno(effetto Zeeman)Si introdusse quindi il terzo numero quantico,numero quantico magnetico, che può assumere valori 0 ,+1,+2,….,+ l.In fine altri “segnali” indussero a ritenere che l’elettrone ruotasse su se stesso e fu introdotto il quarto numero quantico numero quantico magnetico di spin o semplicemente spin che può assumere solo valori di +½..Si arrivò alla conclusione che in un atomo,o in una molecola costituita da più atomi, non vi possono essere due elettroni con gli stessi numeri quantici, cioè su un livello energetico vi possono essere al massimo due elettroni con spin opposti Principio di esclusione di Pauli.

1.3 Dualismo onda corpuscolo Qualcuno suggerì, su basi puramente teoriche, che anche fasci di particelle in moto potessero dar luogo a fenomeni di tipo ondulatorio Gli aspetti corpuscolare e ondulatorio delle particelle non sono contemporanei, ma complementari, ovvero si rivela l’uno o l’altro aspetto a seconda delle condizioni :Vediamo prima cos’è un onda(fig 6)

Fig 6

La definizione più semplice possibile di un'onda è questa: qualcosa che "si agita" nel tempo e nello spazio. . Tutte le onde hanno le seguenti caratteristiche: Ampiezza: l'intensità della vibrazione. Frequenza: il numero di volte che vibra nell'unità di tempo. Lunghezza d'onda: la distanza percorsa dall'onda tra due punti ripetitivi di una forma d‘onda(es massimo del picco). Una delle proprietà più interessanti delle onde è che quando due onde passano l'una attraverso l'altra, i loro effetti si sommano(interferenza. ). Data un'onda che si propaga con una certa velocità attraverso un materiale, se si aumenta la frequenza dell'onda, la distanza tra i picchi diminuisce (cioè diminuisce la lunghezza d'onda). In termini matematici, frequenza e lunghezza d'onda sono inversamente proporzionali. 12

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Per un fotone, E = hν = mc² (9) Ma poichè, ν = c/λ (10) λ = h/mc (11) dove E è l’energia, c è la velocità della luce, h la costante di Planck ν la frequenza ed m la massa Ad ogni particella in moto che abbia una quantità di moto , è associata una lunghezza d’onda, λ: Bombardando un cristallo di Nichel ,con un fascio di di elettroni di apposita energia, o con dei raggi X,si ottenevano gli stessi effetti di diffrazione La Diffrazione , è un fenomeno tipicamente ondulatorio per il quale un'onda che attraversa una piccolissima fenditura o che supera lo spigolo vivo di un corpo, anziché procedere nella direzione iniziale, si sparpaglia seguendo percorsi diversi. Perché la diffrazione sia evidente è necessario che le dimensioni della fenditura siano paragonabili a quelle della lunghezza d’onda della radiazione incidente.In quegli anni si era scoperto anche l’effetto fotoelettrico :Emissione di elettroni (detti fotoelettroni ) da un metallo irradiato con radiazione di frequenza opportuna (fig 7)

Fig 7

Aumentando l’intensità della radiazione incidente,l’energia massima dei fotoelettroni non cambia. ma aumenta il numero dei fotoelettroni. Aumentando la frequenza della radiazione incidente vengono emessi fotoelettroni esclusivamente al superamento di una frequenza caratteristica (soglia).Questi fenomeni si spigano solo ammettendo il dualismo onda corpuscolo.

1.4 Trattazione ondulatoria Quindi l’elettrone,entità ben definita nella teoria quantistica,nella teoria ondulatoria perde la sua individualità e risulta delocalizzato in un onda..Le leggi della fisica classica non andavano bene per l’atomo nacque così una nuova disciplina: la meccanica quantistica. Nel 1927 Werner Heisenberg dimostrò che esiste un limite alla precisione con la quale possiamo misurare contemporaneamente coppie di grandezze collegate quali posizione e velocità di una particella :Principio di indeterminazione di Heisenberg ∆x•∆v >h / π4m (12) Dove ∆x è la variazione dello spazio e ∆v è la variazione della velocità di una particella durante una traiettoria Per una particella di massa “grande” (ad es. una palla da biliardo) la precisione raggiungibile sia nella misura della posizione che di quella della velocità è molto elevata; Per una particella di massa “piccola” (ad es. un elettrone), se si effettua la misurazione della posizione (o della velocità) con una precisione “accettabile”, 13

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la precisione sulla misurazione della velocità (o della posizione) sarà molto più grande del risultato della misurazione stessa : non è possibile definire la traiettoria della particella, cioè conoscere in ogni istante posizione e velocità della particella stessa. Il modello ondulatorio permette di stabilire le zone dello spazio intorno al nucleo di un atomo,dove è massima la probabilità di trovare l’elettrone.Come si può razionalizzare il tutto? Immaginiamo di mettere un elettrone in una scatola *

Fig 8

All’elettrone è associata un'onda che ha la caratteristica di darci la probabilità, ad ogni istante, di trovare l'elettrone in un certo punto dello spazio (l'altezza dell'onda in un punto misura la probabilità che l'elettrone si trovi in quel punto). Affinché un'onda possa esistere lungo il « segmento » L occorre che essa valga zero alle due estremità di L

Fig 9

Questo fatto, è direttamente legato al moto dell’ elettrone lungo la direzione L all'interno della scatola. Se l'elettrone è un'onda (e se c'è l'onda c'è l'elettrone), esso urtando ad una estremità della scatola deve riflettersi su se stesso (ricostruendo la stessa onda) per andare di nuovo ad urtare all'altra estremità ,che lo farà di nuovo riflettere su se stesso (ricostruendo la stessa onda). In definitiva la condizione per l'esistenza di un'onda (un elettrone) all'interno di una scatola è che lungo L possa starci un numero esatto di mezze lunghezze d'onda È come una corda di chitarra che vibra,le vibrazioni sono funzione del tempo e dello spazio,considerando tali vibrazioni indipendentemente dal tempo,parliamo di stati stazionari,cioè si guarda solo alla parte spaziale della funzione.Se immaginiamo una scatola tridimensionale ci avviciniamo alla condizione della “nuvola elettronica”.Partendo da questa analogia(modello dell’oscillatore armonico) ,e considerando gli stati stazionari ,Nel 1926 Schrödinger sviluppò l’equazione alla base della meccanica quantistica . Tale equazione di Schrödinger rappresenta per i fenomeni ondulatori (periodici) delle particelle in moto vincolato ,l’equivalente dell’equazione di Newton per il moto dei corpi massivi 14. *Al di fuori della scatola poniamo teoricamente energia potenziale zero(buca di potenziale)

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Un' onda stazionaria è una perturbazione periodica di un mezzo materiale, le cui oscillazioni sono limitate nello spazio: in pratica non c'è propagazione lungo una certa direzione nello spazio, ma solo un'oscillazione nel tempo. Pertanto, è soltanto il profilo dell’onda stazionaria a muoversi, oscillando "su e giù" in alcuni punti Un’onda stazionaria(che si sviluppa lungo l’asse x,in meccanica classica è descritta dall’equazione differenziale 2 d f(x) - 4π² f(x) (13) d x² λ ² Nella quale λ è la lunghezza d’onda dell’onda stazionaria considerata,ed x è la distanza dall’origine. Nel caso di una corda vibrante fissata in due punti lungo l’asse x applicando la (13) ed integrando fra questi punti si ha per la funzione d’onda f(x) l’espressione f(x) =A sen 2 π x / λ (14)

Dove f(x) rappresenta l’ampiezza dell’onda alla distanza x, A è una costante ed è il valore dell’ampiezza massima dell’onda stazionaria considerata Dalla (11) sappiamo che λ = h/mc ,De Broglie estese l’assunto di Einstein relativo al fotone,dimostrando che ad ogni corpuscolo materiale di massa m in moto con velocità v è associata una radiazione la cui lunghezza d’onda è data da λ = h/mv (15) Introducendo nella (13) in luogo di λ il valore ricavato dalla (15) ,otteniamo d ²ψ (x) - 4π² m² v² ψ (x) (16) d x² h ² Dove ψ (x) rappresenta l’ampiezza lungo l’asse x,dell’onda stazionaria associata all’elettrone Ricordando dalla(7) che l’energia cinetica dell’elettrone è T= 1/2mv² ,e che l’energia totale E =T+V La (16) può essere riscritta così d ²ψ (x) + 8π² m (E-V) ψ (x) = 0 (17) d x² h ² Considerando un’onda stazionaria ψ nelle tre dimensioni dello spazio la (16) diviene ψ(leggi Psi) =funzione d’onda ∂²ψ ∂²ψ ∂²ψ 8π² m h= costante di planck + + + (E -V )ψ=0 (18) E= energia totale ∂x² ∂y² ∂z² h² V= energia potenziale m = massa ridotta*=massa elettrone ∂²ψ/∂x² la derivata parziale seconda della funzione ψ rispetto ad x , ∂²ψ/ ∂y² stesso discorso rispetto a y e ∂²ψ /∂z² rispetto a z.(x y z sono le tre dimensioni dello spazio) L’equazione di Schrödinger è un’equazione differenziale di secondo grado e ha la tipica forma delle equazioni della teoria ondulatoria classica. Per questa analogia viene anche chiamata equazione d’onda L’equazione d’onda è risolvibile in modo esatto solo nel caso di un problema a 2 corpi, ad es. 1 elettrone che si muove nel campo elettrico generato da un nucleo di carica +Ze (per l’atomo di H, Z=1). In tal caso si trovano delle funzioni d’onda ψ fisicamente accettabili soltanto se l’energia totale E assume determinati valori, dati dall’espressione: E = ( Zeff.²/n² ) E0 (19) Zeff è lacarica nucleare effettiva(dipende dal numero di protoni,per l’idrogeno è 1)

E0 è l’energia dello stato fondamentale n è il numero quantico principale * massa ridotta = m elett.rone•m protone poiché m elettrone è trascurabile rispetto ad m protone,si semplifica m elettrone + mprotone

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Ad es. per l’atomo di H, la soluzione più semplice è E = –13,61 eV L’equazione di Schrödinger ammette quindi un numero infinito di soluzioni

n = 1, 2, 3, 1.5 Orbitali Le funzioni d’onda ψ, soluzioni dell’equazione diSchrödinger, sono funzione delle coordinate spaziali ψ n, l, m (x, y, z)e dipendono in modo parametrico da tre numeri interi (n, l, m) detti numeri quantici,Ogni funzione d’onda definita da una particolare terna dei numeri quantici è chiamata orbitale.Ogni orbitale corrisponde ad un possibile stato quantico per l’elettrone, la cui energia è data da En. n : numero quantico principale n = 1, 2, 3, …, ∞ l : numero quantico secondario l = 0, 1, 2, 3, …, n–1 m : numero quantico magnetico m = +l, +(l–1), +(l–2), …,1, 0, –1, …, –(l–2),–(l–2), –l Ogni orbitale viene indicato con un numero corrispondente al numero quantico principale n e da un simbolo alfabetico legato al numero quantico secondario l:

l 0 1 2 3 Simbolo s p d f ψ (n, l, m) Un orbitale può ospitare al massimo due elettroni,e noi già sappiamo che avranno spin opposto( Principio di esclusione diPauli) Esiste quindi il quarto numero quantico, riferito però solamente all’elettrone:ms (numero quantico di spin) = ± ½ :definisce il moto di rotazione su se stesso dell’elettrone

Fig 10

Tanto che a seconda del senso di rotazione dell’elettrone, nel caso dell’atomo di idrogeno si parla di idrogeno orto e idrogeno para. 16

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Ricapitolando i numeri quantici n (numero quantico principale) definisce la grandezza e l’energia dell’orbitale l (numero quantico azimutale o secondario) definisce la forma dell’orbitale m (numero quantico magnetico) definisce l’orientazione dell’orbitale ms ( numero quantico di spin) definisce il moto di rotazione su se stesso dell’elettrone

Ogni elettrone nella sua “onda associata”ψ avrà i 4 numeri quantici diversi dagli altri elettroni:

Il numero massimo di orbitali per un dato n è pari a n².La funzione d’onda non è altro che una funzione matematica , che può assumere valori positivi, negativi, nulli o immaginari. Di conseguenza, non le si può attribuire alcun significato fisico. La funzione d’onda contiene tutta l’informazione che si può avere circa la posizione della particella e il moto che essa descrive. Dove la funzione d’onda, o meglio il suo quadrato, ha un valore elevato, la probabilità di trovare la particella è alta; dove invece il quadrato della funzione d’onda ha un valore basso, la particella si trova di rado In realtà ψ² esprime una densità di probabilità, dato che per ottenere la probabilità bisogna integrare sul volume poiché l’elettrone (se c‘è), si trova comunque sempre in qualche parte dello spazio,la probabilità totale, cioè estesa a tutto lo spazio (V = ∞) deve essere uguale a 1: V=+∞ ∫ψ²dV = 1 (20) V= -∞

Questa condizione pone dei vincoli alla forma della funzione d’onda; in particolare spiega il motivo per cui ψ deve annullarsi all’infinito. Bene ora risolvete l’equazione di Schrödinger !!!

Scherzo,così com’è , è impossibile(per risolverla bisogna trasformare le coordinate in coordinate polari,separare le variabili ecc.)in parole povere sappiamo che ogni funzione dello spazio tridimensionale è esprimibile come un polinomio M=xp

• ys•z t ,la somma degli esponenti ,cioè il

grado del polinomio è uguale ad p+s+t =l numero quantico secondario.In questo polinomio le coordinate entrano come variabili ,per fare ciò abbiamo bisogno delle coordinate polari 17

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Fig 11

esse servono a identificare un punto nello spazio, una volta fissata una terna di assi cartesiani (x, y e z). Un punto P è individuato dalla terna r, θ e ϕ dove: r è chiamato raggio vettore (distanza PO) θ è chiamato distanza zenitale o colatitudine (angolo formato da PO con l'asse z, dove O è l'origine degli assi) ϕ si chiama azimut o longitudine (angolo formato da OH con l'asse x dove H è la proiezione ortogonale del punto P sul piano xy) La terna (r,θ , ϕ) è legato alla terna delle coordinate cartesiane(x, y, z) dalle seguenti espressioni: x=r senθ cos ϕ (21) y=r senθ sen ϕ (22) z=r cosθ (23) r = 0…∞ θ= 0…π ϕ = 0…2π, In definitiva trasformando le coordinate cartesiane in coordinate polari, la ψ sarà espressa in funzione di r, θ, ϕ: ψ(r, θ, ϕϕϕϕ) = R(r) Θ(θ) Φ(ϕϕϕϕ) (24) La funzione ψ si compone quindi di due parti:1) R(r) parte radiale della funzione d’onda,che dà la dipendenza di ψ dalla distanza dell’elettrone dal nucleo; 2) Θ(θ) Φ(ϕ): parte angolare della funzione d’onda, dà la dipendenza di ψ dalla direzione lungo la quale l’elettrone viene “visto” dal nucleo. Nella tab1vengono riportate le funzioni d’onda soluzioni dell’equazione di Schrödinger(per l’atomo di idrogeno) 18

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Tab 1

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Quindi per n=1 l=0 m=0 c’è un’unica funzione(polinomio di grado zero) che soddisfa

l’’equazione di Schrödinger : questo è l’orbitale 1s ψ(1,00)

Fig 12 Nella figura 12 a sinistra abbiamo la funzione d’onda ψ in funzione del raggio,a destra abbiamo il

quadrato della funzione d’onda ψ² in funzione del raggio. Nella fig 13 invece c’è la funzione di distribuzione radiale che ci fornisce la probabilità di trovare l’elettrone in funzione della distanza dal nucleo e delimita la forma dell’orbitale

4ππππr²ψ²

Fig 13

la distanza r = 0.53 Å è la stessa dell’atomo di Bohr, ma qui è la distanza a cui si ha la massima probabilità di trovarlo,il modello di Bohr prevedeva che l’elettrone potesse trovarsi solo a questa distanza 20

Page 26: L' Elettrone Nella Scatola

Quindi l’orbitale 1s che forma ha?

Fig 14

Prendendo in esame le superfici di equiprobabilità , si evidenzia e si disegna la più piccola

superficie entro la quale si ha il 90% di probabilità di trovare l’elettrone. Vale a dire, per un tempo abbastanza lungo, l’elettrone trascorrerà il 90% del tempo nello spazio

delimitato da questa superficie,che nel caso dell’orbitale 1s è una sfera (fig 15)

Fig 15 21

Per n =2 (Il numero massimo di orbitali per un dato n è pari a n² ) abbiamo 4 Funzioni che soddisfano l’’equazione di Schrödinger e sono:

l=0 m=0 ψ(2,00) (polinomio di grado zero)

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Che è l’orbitale 2s .Esso a differenza dell 1s presenta uno zero nella curva di probabilità

Fig 16

Ogni zero della curva genera una superficie nodale, cioè una zona in cui la probabilità di

trovarel’elettrone è zero. Ecco che esso sarà sempre di forma sferica ma un pò più grande dell’1s

Fig 17

Altre tre funzioni (polinomi di primo grado ) si hanno per l=1 dove i valori di m= 1, 0 , -1

ψ(2,1,1) ψ(2,1,0) ψ(2,1,-1) 22 Sono gli orbitali 2p di forma simile tra loro,a due lobi, ma con tre diverse orientazioni.:Come

vediamo dalla curva di probabilità fig n 18 ,presentano un nodo per r=0,quindi ognuno di loro presenta un piano nodale, hanno distribuzione simmetrica , quindi la loro forma è ad 8

22

Page 28: L' Elettrone Nella Scatola

Fig 18

le tre orientazioni spaziali possibili lungo i tre assi

Fig 19

Il segno + o - nella rappresentazione indica se la funzioneψ è positva o negativa (sarà importante

quando vedremo gli orbitali molecolari) la ψ², come e logico è sempre positiva(logicamente sarà =0

dove ψ =0) I tre orbitali 2p sono fra loro ortogonali Possiamo a questo punto azzardare una visione d’insieme dei tre orbitali 2p 23

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Fig 20

Per n=3(Il numero massimo di orbitali per un dato n è pari a n² ) avremo 9 funzioni che soddisfano l’’equazione di Schrödinger e sono: n=3 l=0 m=0 l’orbitale 3s ,( che presenta due nodi ed è quindi più grande del 2s ed è sempre un

polinomio di grado zero) ψ(3,0,0) Per n=3 l= 1 m= 1 ,0 -1 3 orbitali 3p(anch’eesi più grandi dei 2p,polinomi di primo grado )

ψ(3,1,1) ψ(3,1,0) ψ(3,1,-1) Per n= 3 l= 2 m= 2,1,0 -1,-2 le 5 funzioni che soddisfano l’’equazione di Schrödinger sono i 5 orbitali 3d (polinomi di secondo grado )

ψ(3,2,2) ψ(3,2,1) ψ(3,2,0) ψ(3,2,-1) ψ(3,2,-2) essi hanno 4 lobi

Fig 21

Notare che le funzioni che danno vita agli orbitali dx²-y² e dx² derivano da una combinazione matematica di 3 funzioni tra loro correlate ecco perché hanno una forma in apparenza diversa dagli altri 3; 3dxy 3dxz 3dyz e 3dx² -y² hanno ognuno 2 piani nodali, mentre il dx² ha una superficie nodale conica con il vertice all'incrocio degli assi cartesiani

Per n = 4 (Il numero massimo di orbitali per un dato n è pari a n² ) avremo 16 funzioni che soddisfano l’’equazione di Schrödinger e sono:

n=4 l=0 m=0 l’orbitale 4s (con dimensione maggiore del 3s ,polinomio di grado zero) ψ(4,0,0) Per n=4 l= 1 m= 1 ,0 -1 3 orbitali 4p(anch’essi più grandi dei 3p,polinomi di primo grado )

ψ(4,1,1) ψ(4,1,0) ψ(4,1,-1) Per n= 4 l= 2 m= 2,1,0 -1,-2 5 orbitali 4d(anch’eesi più grandi dei 3d,polinomi di secondo grado)

ψ(4,2,2) ψ(4,2,1) ψ(4,2,0) ψ(4,2,-1) ψ(4,2,-2) Per n= 4 l= 3 m= 3.2,1,0 -1,-2 ,-3 le funzioni che soddisfano l’’equazione di Schrödinger , sono i

Page 30: L' Elettrone Nella Scatola

7 orbitali 4f(polinomi di terzo grado)

ψ(4,3,3) ψ(4,3,2) ψ(4,3,1) ψ(4,3,0) ψ(4,3,-1) ψ(4,3,-2) ψ(4,3,-3) Sono difficili da rappresentare ognuno di loro ha 8 lobi e superfici nodali complicate, ,qui sotto viene riportata una rappresentazione non rigorosa

Fig 22

Per n=5(Il numero massimo di orbitali per un dato n è pari a n² ) 25 funzioni.…………………….ci saranno in più 9orbitali 5g ecc Il gioco va avanti all’infinito………………………… In un atomo di idrogeno,in assenza di campi esterni,magnetici o elettrici ,è essenzialmente il valore del numero quantico n che determina il valore dell’energia degli elettroni..Chiaramente essa và in ordine crescente all’aumentare di n.Spesso per indicare n=1,n=2,n=3 ecc si usano le lettere K L M ecc.

1.6 Massa atomica e mole Come indichiamo un atomo A

X X=Simbolo Chimico, A=massa atomica =numero di protoni+numero di neutroni Z Z=numero atomico =numero di protoni La massa atomica è per convenzione il rapporto tra la massa dell’atomo e 1/12 della massa dell’atomo di 12 C l’ unità di misura è il dalton(1 dalton = 1,66• 10−24 g) o u:m.a. (unità di massa atomica) Nella massa atomica,non figurano gli elettroni perché avendo massa 1836 volte più piccola di protoni e neutroni possono essere matematicamente trascurati .(spesso si trova la dizione impropria di peso atomico,si riferice comunque alla massa atomica, ma peso e massa fisicamente non sono la stessa cosa :peso=massa•gravità) I protoni hanno massa pari a1,67•10−24 g e carica pari a 1,6022 •10−19C(Coulomb) Gli elettroni hanno massa paria 9,11•10−27 g e carica pari a 1,6022 •10−19C I neutroni hanno massa pari a1,675•10−24 g ma non hanno carica. L’idrogeno quindi a massa pari 1 dalton pari a 1,67•10−24 g .Quanti atomi di idrogeno servono per

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ottenere un grammo dello stesso?La risposta è 6,023•1023(fate la proporzione per rendervene conto),questo è il numero di Avogadro,si indica con N.Possiamo ora definire la mole:la mole è quella quantità di materia che contiene 6,023•1023 di particelle (atomi se parliamo di atomi,molecole se parliamo di molecole,ioni se parliamo di ioni) Gli atomi di specie diversa hanno diverso numero atomico Z Atomi con uguale numero atomico Z e diversa massa atomica A ,quindi con stesso numero di protoni e diverso numero di neutroni, si dicono Isotopi.Ad esempio L’idrogeno non avendo neutroni a massa pari ad 1,008 dalton ≈1 dalton, il suo isotopo con un neutrone in più ha quindi massa atomica di 2 dalton e si chiama Deuterio (simbolo 2H o anche D) ;l’isotopo con due neutroni ha massa atomica di 3 dalton ed è il tritio ( 3H o anche T)

1.7 Aufbau Costruiamo idealmente degli atomi (in tedesco Aufbau),ogni elettrone aggiunto durante l’Aufbau va ad occupare il livello energetico di minor energia.Gli orbitali a stessa energia si dicono degeneri,se più elettroni occupano orbitali degeneri,questi si distribuiscono con spin paralleli sul numero massimo possibile degli orbitali degeneri,questo è il principio di Hund. L’idrogeno ha un elettrone nell’orbitale 1s,poiché atomi di specie diverse devono avere Z diverse,per avere Z= 2 all’H dobbiamo aggiungere 2 neutroni un protone ed ovviamente un elettrone che riempirà con spin antiparallelo l’orbitale 1s,la configurazione elettronica si scrive correttamente 1s², ed abbiamo costruito l’elio (He) Gli elettroni più vicini al nucleo(n=1) sono quelli legati più fortemente ad esso,man mano che si passa ad elettroni più esterni la forza di tale legame diminuisce,e per l’aumento della distanza e per la repulsione causata dagli elettroni più interni detta azione di schermo Ora ad ogni nuovo atomo aggiungiamo + ++ elettrone protone e neutrone.L’elettrone successivo in un atomo idrogenoide ( H ,ioni He, Li cioè atomi che hanno perso elettroni ed hanno quindi un solo elettrone) potrebbe andare indifferentemente nel 2s o in uno dei 2p 1s_ 2p _ _ _,ma per gli atomi polielettronici, ,la situazione cambia un po’ perché bisogna tenere conto e dell’azione di schermo e del fatto che ci sono più protoni che attraggono gli elettroni , anche l’equazione di Schrödinger viene corretta e le funzioni risultano un po’ più ripide tant’è che gli orbitali 2s hanno migliore penetrabilità dei 2p e quindi hanno energia lievemente più bassa 2p _ _ _ 2s_ quindi 2s e 2p non sono degeneri e l’elettrone nel Litio occuperà quello a più bassa energia : il 2s, (2s1 )Nell’atomo succesivo(sempre col giochetto aggiungiamo elettrone protone neutone),il Berillio l’ulteriore elettrone occuperà con spin antiparallelo il 2s(2s²),Nel succesivo atomo,il Boro l’ ulteriore elettrone potrà occupare indifferentemente uno dei 3 orbitali 2p(sono degeneri) 2s² 2p1.Nel Carbonio un altro dei 2p(con Spin parallelo) 2s²2p²,Idem per l’azoto2s²2p3.L’elettrone successivo,nell’ossigeno,dato che gli orbitali 2p sono tutti e 3 pieni a metà ,si disporra in uno dei tre con spin antiparallelo 2s²2p4.Stessa cosa farà l’ulteriore elettrone nel Fluoro 2s²2p5,e l’ulteriore ancora nel Neon.2s²2p6.Abbiamo quindi completato il secondo livello energetico (con n=2).Il Successivo atomo, il sodio avrà un elettrone nel 3s e così via:Gli orbitali ,3d sempre per il discorso della penetrabilità verranno riempiti non dopo i 3p ma dopo l’orbitale 4s . 26

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4p _ _ _ 3d _ _ _ _ _ 4s _

3p _ _ _

3s _

2p _ _ _ 2s _

1s _ Fig 23

L’ordine di riempimento in definitiva sarà:

1s < 2s < 2p < 3s < 3p < 4s < 3d < 4p < 5s < 4d < 5p < 6s < 4f < 5d < 6p < 7s < 6d< 5f Spesso schematizzato come in fig24 27

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Fig 24

Esempi:

Tab 2

1.8 La tavola periodica Nell 1869 Mendeleeff ed altri,raggrupparono gli atomi in base alle loro caratteristiche chimiche,ordinati per numero atomico,in quello che è il Sistema Periodico 28

Elemento n. elettroni Configurazione elettronica

He 2 1s2

Li 3 1s22s1

Be 4 1s22s2

O 8 1s22s22p4

Cl 17 1s22s22p63s23p5

K 19 1s22s22p63s23p64s1

Ca 20 1s22s22p63s23p64s2

Sc 21 1s22s22p63s23p64s23d1

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Fig 25

In questo nelle linee orizzontali abbiamo i periodi ,ogni periodo inizia,a partire dal secondo periodo,con un elemento(metallo alcalino) il cui atomo ha come configurazione elettronica esterna un elettrone s( s1) e termina con un elemento (gas nobile) con configurazione esterna s²p6.molto stabile cioè con basso contenuto di energia ,e poichè ha otto elettroni intorno, la configurazione prende il nome di ottetto elettronico.Gli atomi,nella formazione dei legami,tendono a realizzare,quando possibile,una tale configurazione ,da cui il nome di regola dell’ottetto,questa regola però viene disattesa nei casi in cui un atomo,in un certo composto impegna anche orbitali d, e ci saranno allora più di 8 elettroni. Ogni linea verticale costituisce un gruppo;ogni gruppo(si indicano con i numeri romani) comprende elementi i cui atomi hanno stessa configurazione elettronica esterna e dimensioni che aumentano nel passare da un atomo al successivo(dall’alto in basso).Invece le dimensioni diminuiscono andando verso destra nello stesso periodo(fig 26) 29

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Fig 26

I gruppi in tutto sono 8 ;nella tavola periodica da sinistra a destra abbiamo I(metalli alcalini),II(metalli alcalino terrosi),III,IV,V VI(calcogeni),VII(alogeni),.gruppo zero( gas nobili),per la distinzione metalli, non metalli, metalloidi, ecc vedi fig 25 .Il numero del Gruppo indica il numero di elettroni presenti nella configurazione elettronica esterna degli atomi del gruppo stesso.Dato che sono gli elettroni esterni di un atomo quelli che entrano in gioco nei fenomeni chimici,le propietà chimiche degli atomi di un medesimo gruppo presentano analogie.Gli elementi di uno stesso periodo,i cui atomi hanno configurazione elettronica esterna che varia con regolarità lungo il periodo,sono caratterizzati da una parallela variazione regolare delle proprietà chimiche.Notiamo anche che poiché aumentando le dimensioni degli atomi diminuisce l’energia con cui gli elettroni esterni sono legati al nucleo,man mano che si scende in uno stesso gruppo diminuiscono i valori dell’elettronegatività.L'elettronegatività è una misura della capacità di un atomo di attrarre elettroni quando prende parte ad un legame chimico.Essa dipende dalla seguente relazione: Elettronegatività Zeff/r ²,dove per Zeff è la carica nucleare effettiva ed r il raggio.Si indica come carica nucleare effettiva per un dato elettrone,quel valore di carica nucleare che eserciterebbe la stessa forza attrattiva sullo stesso elettrone,in assenza degli elettroni di schermo(interposti tra esso ed il nucleo) .Quindi la carica nucleare effettiva rappresenta una misura del campo elettrico esterno di un atomo: l’elettronegatività nello stesso gruppo diminuicse dall’alto in basso e nello stesso periodo aumenta andando verso destra fino al VII gruppo(alogeni),con eccezione dei gas nobili che sappiamo essere molto stabili La scala più usata per l’elettronegatività è quella di Pauling: 30

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Atomo Elettronegatività F 3,98 O 3,5 Cl 3,15 N 3,05 C 2,60 S 2,60 P 2,15 H 2,2 Si 1,9 Li 1,00 Tab 3

Invece i valori dell’energia di ionizzazione ,cioè l’energia minima richiesta per strappare ad un atomo un elettrone e portarlo a distanza infinita,man mano che si scende lungo uno stesso gruppo divengono minori;mentre nello stesso periodo andando ,verso destra diventano maggiori 31

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Fig 27

Gli elementi che si trovano tra il secondo gruppo(alcalino terrosi) ed il terzo gruppo prendono il nome di elementi di transizione: Prima serie dallo scandio allo zinco(sono 10,passando da uno a l’altro osserviamo il riempimento degli orbitali 3 d) Seconda serie dall’ittrio al cadmio (riempimento degli orbitali 4 d) Terza serie dal Lantanio al Mercurio (riempimento degli orbitali 5 d) Essi manifestano proprietà chimiche molto simili Le due serie appena staccate dalla tavola periodica sono: Serie dei lantanidi dal Cerio al Lutezio(sono 14,passando da uno a l’altro osserviamo il riempimento degli orbitali 4f) Serie degli attinidi dal Torio al Lawrencio(riempimento degli orbitali 5f) Questi hanno proprietà talmente simili ed è molto difficile separarli fra loro con metodi chimici. 32

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Elementi chimici e simboli in ordine alfabetico AFNIO Hf ALLUMINIO Al AMERICIO Am ANTIMONIO Sb ARGENTO Ag ARGO Ar ARSENICO As ASTATO At ATTINIO Ac AZOTO N BARIO Ba BERILLIO Be BERKELIO Bk BISMUTO Bi BORO B BROMO Br CADMIO Cd CALCIO Ca CALIFORNIO Cf CARBONIO C CERIO Ce CESIO Cs CLORO Cl COBALTO Co CRIPTO Kr CROMO Cr CURIO Cm DISPROSIO Dy EINSTENIO Es ELIO He ERBIO Er EUROPIO Eu FERMIO Fm FERRO Fe FLUORO F FOSFORO P FRANCIO Fr GADOLINIO Gd GALLIO Ga GERMANIO Ge IDROGENO H INDIO In IODIO I IRIDIO Ir ITTERBIO Yb ITTRIO Y LANTANIO La LAWRENZIO Lr LITIO Li LUTEZIO Lu MAGNESIO Mg MANGANESE Mn MENDELEVIO Md MERCURIO Hg MOLIBDENO Mo NEODIMIO Nd NEON Ne NETTUNIO Np NICHEL Ni NIOBIO Nb NOBELIO No OLMIO Ho ORO Au OSMIO Os OSSIGENO O PALLADIO Pd PIOMBO Pb PLATINO Pt PLUTONIO Pu POLONIO Po POTASSIO K PRASEODIMIO Pr PROMEZIO Pm PROTOATTINIO Pa RADIO Ra RADON Rn RAME Cu RENIO Re RODIO Rh RUBIDIO Rb RUTENIO Ru SAMARIO Sm SCANDIO Sc SELENIO Se SILICIO Si SODIO Na STAGNO Sn STRONZIO Sr TALLIO Tl TANTALIO Ta TECNEZIO Tc TELLURIO Te TERBIO Tb TITANIO Ti TORIO Th TULIO Tm TUNGSTENO W URANIO U VANADIO V XENO Xe ZINCO Zn ZIRCONIO Zr ZOLFO S

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Vito Ribecco CAPITOLO 2 Grazia Maria Putignano

Le Molecole 2.1 Termini e simboli Nelle condizioni usuali, solo raramente gli elementi esistono come atomi isolati, essi piuttosto si uniscono fra loro dando molecole in cui il numero degli atomi può variare da due (ad es. azoto e ossigeno molecolare) a un numero estremamente grande(ad es. diamante, silice, cloruro di sodio).Le interazioni che portano gli atomi a formare molecole vengono dette legami chimici(vedremo in avanti i vari tipi) Il legame fra due atomi X e Y viene indicato con un trattino ,se doppio con due trattini =,se triplo con tre = ,di ogni atomo vengono indicati solo gli elettroni dello strato esterno, Le coppie di elettroni si chiamano doppietti elettronici(lone pairs).I doppietti eletronici non condivisi si indicano con 2 puntini .. o con un trattino - (formule di Lewis) es . . :XY: Gli atomi X e Y mettendo in comune ognuno un elettrone formano il legame, x ha due doppietti elettronici non condivisi y uno.Una volta scritta la molecola si procede con la conta degli elettroni: ogni atomo deve avere intorno a se lo stesso numero di elettroni che aveva prima del legame,se ne ha uno in più si aggiunge,all’elemento in questione un segno -,se ne ha uno in meno si aggiunge il segno +(se la differenza è di due ,due segni …)chiaramente dei due elettroni impegnati in un legame,nella conta, se ne attribuisce uno per atomo es + -

:X=Y: Per capire quello che succede nelle molecole ci serviamo di due teorie VB e OM.

2.2 Teoria VB VB (valence bond, )La “valenza” di un atomo rappresenta il numero di elettroni del livello energetico più esterno*, che risultano spaiati, e che possono quindi essere coinvolti nella formazione di legami con altri atomi.

*Considerare il livello occupato con numero quantico n maggiore 34

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La teoria VB prende in considerazione solo gli elettroni di valenza e limita la localizzazione di ciascuno di essi ad una coppia di atomi contigui. Ogni coppia di elettroni condivisi rappresenta un singolo legame covalente Il numero di legami che un atomo può formare dipende dal suo numero di elettroni spaiati, cioè dalla sua configurazione elettronica

H (Z = 1) 1s1 ↑ H 1 legame --------------------------------------------------------------------- He (Z = 2) 1s² ↑↓ He nessun legame(gas nobile stabile) --------------------------------------------------------------------- ↑ ↑ C 2 legami C (Z = 6) [1s2]2s² 2p 2 ↑↓

----------------------------------------------------------------------- ↑ ↑ ↑ N 3 legami N (Z = 7) [1s2]2s² 2p³ ↑↓ -------------------------------------------------------- ↑↓ ↑ ↑ O 2 legami O (Z = 8) [1s2]2s² 2p 4 ↑↓ Tab 1

Due atomi possono mettere in compartecipazione al massimo tre coppie di elettroni; si parla quindi di legame singolo (una coppia condivisa), legame doppio (due coppie condivise) o legame triplo (tre coppie condivise).Vediamo la molecola di idrogeno ,partendo da 2 atomi isolati,con spin opposto

HA • • HB otteniamo la molecola H2 HA-HB

Normalmente ogni atomo tende ad utilizzare nei legami tutti i suoi elettroni spaiati per ottenere la massima stabilizzazione energetica. Si dice spesso che quando due o più atomi si legano fra loro con legami covalenti, ciascuno di essi, mettendo in comune gli elettroni, tende a realizzare una configurazione elettronica completa del tipo dei gas nobili, caratterizzata da un “ottetto” di elettroni esterni (regola dell’ottetto ) La teoria VB interpreta il legame tra due atomi A e B presenti in una molecola mediante una funzione d’onda bielettronica che descrive la coppia di elettroni condivisa dai due atomi, ignorando tutto il resto.Per un sistema di due atomi di H isolati ;in prima approssimazione, possiamo utilizzare le funzioni degli orbitali atomici ψA e ψB per descrivere il comportamento dell’elettrone anche quando i due atomi sono vicini:Una “buona” funzione elettronica può dunque essere la seguente: ΨI = ψA(1) ψB(2) (1) dove con 1 e 2 indichiamo gli elettroni,tuttavia gli elettroni sono particelle indistinguibili e quando gli atomi sono vicini esiste la possibilità di scambio (elettrone 1 descritto da ψB ed elettrone 2 descritto da ψA). È quindi altrettanto valida la funzione bielettronica: ΨII = ψB(1) ψA(2) (2) La funzione bielettronica che meglio descriverà il comportamento dei due elettroni sarà quindi Ψ = ΨI + ΨII = ψA(1) ψB(2) + ψB(1) ψA(2)=Ψ vb (3) Alla funzione bielettronica Ψvb è associato un determinato valore di energia.La teoria VB classica 35

Page 41: L' Elettrone Nella Scatola

non considera le forme ioniche Cioè con i due elettroni “addossati” solo ad uno dei due atomi,con separazione di carica - + + -

HA: HB ↔ HA : HB

(queste si chiamano formule di risonanza vedi oltre) ,quindi Ψion I = ψA(1)ψA(2) con i due elettroni sull’atomo di idrogeno A (4) Ψion I I = ψB(1)ψB(2) con i due elettroni sull’atomo di idrogeno B (5)

Ψion= Ψion I + Ψion I I =ψA(1)ψA(2)+ψB(1)ψB(2) (6) Quindi tenendo conto del “contributo ionico”

Ψ =Ψ vb +Ψion (7) Poiché i due elettroni sono descritti dalla medesima funzione Ψ essi, come conseguenza del principio di esclusione di Pauli, devono avere spin antiparalleli Il legame si può dunque formare solamente accoppiando due elettroni che occupano da soli altrettanti orbitali atomici (con elettroni spaiati) Requisiti da soddisfare: Ognuno dei due atomi che si legano deve contribuire alla formazione del legame con un suo orbitale atomico. Le energie dei due orbitali coinvolti non devono essere troppo diverse tra loro. La differenza di elettronegatività dei 2 atomi non deve essere maggiore di 2 (altrimenti il legame assume carattere ionico). Gli atomi devono congiungersi lungo una direzione che permette la massima sovrapposizione degli orbitali

2.3 Teoria degli Orbitali Molecolari La teoria degli orbitali molecolari (Molecular Orbitals, MO) considera la molecola come un insieme di nuclei e di elettroni e valutando le loro reciproche interazioni, determina le funzioni d’onda Ψ che descrivono gli elettroni nella molecola in modo analogo a quello usato per individuare le ψ che descrivono gli elettroni negli atomi isolati. Come è stato fatto per i sistemi atomici, lo studio della struttura delle molecole si può affrontare dapprima con una molecola semplice, con un solo elettrone per poi passare alle molecole polielettroniche + La molecola più semplice è quella di H2 (ione idrogeno molecolare)costituita da un elettrone sottoposto all’azione di due protoni posti ad una certa distanza l’uno dall’altro

A B

+

-

+

r

R

Ar

B

Fig 1

L' equazione di Schrödinger per le molecole, anche per quelle pù semplici, appare notevolmente complicata Le funzioni d'onda Ψ soluzioni dell'equazione di Schrödinger sono in funzione di tutte le variabili elettroniche e nucleari,tutto troppo complicato…. Bisogna quindi ricorrere a metodi approssimativi,secondo l’approssimazione di Born-Oppenheimer tutti gli elettroni della molecola risentono dell’attrazione di tutti i nuclei, che si considerano fissi nelle loro posizioni di equilibrio Tale approssimazione è una tecnica usata in chimica quantistica fatta al fine di disaccoppiare i moti di nuclei ed elettroni ,per separare le variabili corrispondenti al moto nucleare e le coordinate elettroniche nella equazione di Schrödinger .

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Essa si basa sul fatto che le tipiche velocità elettroniche sono molto maggiori di quelle nucleari. Quindi gli elettroni di una molecola vengono descritti da funzioni d’onda dette orbitali molecolari le cui superfici limite si estende su tutta la molecola.Le superfici limite degli orbitali molecolari sono sempre policentriche, abbracciando tutti i nuclei della molecola, a differenza di quelle degli Orbitali Atomici che sono monocentriche, ovvero riferite a un solo nucleo Gli elettroni sono, almeno in linea di principio, delocalizzati su tutta la molecola; secondo questo modello ciascun elettrone contribuisce a tenere insieme tutti i nuclei della molecola.. Comunque, ad ogni orbitale molecolare sono associati tre numeri quantici n, l, λ (quest’ultimo sostituisce il quanto magnetico m che si aveva nel caso di orbitali atomici), i quali ne definiscono l'energia e la forma; inoltre ad ogni elettrone in un dato orbitale molecolare è associato il quarto numero quantico, di spin ms, che può assumere i due valori ± ½.

2.3.1 LCAO Il metodo della combinazione lineare di orbitali atomici (Linear Combination of Atomic Orbitals, LCAO),è il più usato, consiste nel ricavare le funzioni d’onda monoelettroniche Ψ di una molecola combinando linearmente le funzioni d’onda ψ degli atomi che formano la molecola. Dalla combinazione di due orbitali atomici si ottengono sempre due orbitali molecolari. Dalla combinazione di n OA si ottengono n OM, i cui livelli energetici possono essere tutti distinti o anche in parte coincidenti (orbitali degeneri) Requisiti fondamentali per LCAO 1) gli orbitali atomici devono avere energie molto simili 2) gli orbitali atomici devono sovrapporsi il più possibile alla distanza di legame (criterio della massima sovrapposizione) 3) gli orbitali atomici devono avere la stessa simmetria rispetto all’asse internucleare Sovrapposizioni proibite per simmetria:

Fig 2

La forza di un legame dipende dalla misura in cui si realizza la sovrapposizione dei due orbitali;matematicamente in un certo punto r si calcola l’integrale di sovrapposizione

S= ∫ψΑ(r) ψ Β(r) dτ (8) Prendiamo ad esempio il caso in cui un orbitale 1s si sovrappone al fianco di un orbitale 2p(primo caso in alto a sinistra),dove la funzione ψ del 2p è positiva ,il prodottoΨ1s(r) Ψ2p(r) può risultare apprezzabile,ma nel punto simmetrico dove la ψ del 2p è negativa, il prodotto presenta la stessa grandezza,ma di segno opposto ,per cui i due contributi si sommano ed il risultato è zero:quindi non c’è sovrapposizione. E’ necessario ribadire, che i segni + e - che compaiono ad esempio nelle fig 2 sono segni che

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indicano se la funzione d'onda è positiva o negativa (non c'entrano assolutamente nulla con questioni di carica elettrica) Nel caso di una molecola biatomica AB si ottiene Ψ+AB = ψA + ψB (9) Ψ-AB = ψA - ψB (10) cui corrispondono i due orbitali molecolari: ψ+ = ψA + ψB (11) ψ− = ψA − ψB l'orbitale molecolare ψψψψ+ , corrispondendo ad un addensamento degli elettroni nella zona Internucleare con conseguente schermaggio delle stesse cariche positive dei nuclei, sarà un orbitale molecolare legante a cui corrisponde un valore energetico minore di quello dei singoli orbitali atomici ψA e ψB . Al contrario, l'orbitale molecolare ψψψψ− − − − sarà antilegante ed avrà un valore energetico maggiore di quello dei singoli orbitali atomici ψA e ψB; a questa maggiore energia ,corrisponderà una posizione degli elettroni non più nello spazio internucleare, con la conseguenza che non c'è più un efficace schermaggio alla repulsione tra le cariche positive dei nuclei. Un confronto qualitativo fra le energie degli orbitali atomici ψA e ψB dell'orbitale legante ψ+ e di quello antilegante ψ− è mostrato in figura 3

Fig 3

In definitiva, poiché ad energia più bassa corrisponde una più elevata stabilità, nella formazione di una molecola, o gli elettroni occupano un orbitale molecolare di tipo ψ+ , oppure gli elettroni che eventualmente si venissero a trovare nell'orbitale ψ− tenderebbero a tornare nella situazione di maggiore stabilità: tornerebbero cioè nei loro orbitali atomici ψΑ e ψΒ a cui compete minore energia di ψ− con conseguente non formazione della molecola. Ricordiamo che nel caso atomico gli orbitali vengono indicati con s, p,d, f, ... a seconda del valore del numero quantico secondario l: l 0 1 2 3 ... nome s p d f ... Nel caso molecolare gli orbitali vengono indicati con σ, π, δ, φ, σ, π, δ, φ, σ, π, δ, φ, σ, π, δ, φ, ... (leggi: sigma, pi greco, delta, fi, ...) a seconda del valore assoluto (cioè: indipendentemente dal segno) del numero quantico magnetico λ λ λ λ che, corrisponde al numero quantico m del caso atomico: λ λ λ λ 0 ±1 ±2 ±3 ... Nome σ σ σ σ π π π π δ δ δ δ φ φ φ φ ... L'ulteriore distinzione dell'orbitale in legante o antilegante la si fa ponendo un asterisco in alto a destra del simbolo dell'orbitale antilegante(si legge star). La tavola

precedente può così venire integrata considerando la suddetta divisione 38

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degli orbitali in leganti o antileganti: λ 0 ±1 ±2 ±3 ... orbitali leganti σ σ σ σ π π π π δδδδ φ φ φ φ ... ... ... ... orbitali antileganti σ∗ σ∗ σ∗ σ∗ π∗ π∗ π∗ π∗ δ∗ δ∗ δ∗ δ∗ φ∗ φ∗ φ∗ φ∗ ... Gli orbitali molecolari sono orbitali a tutti gli effetti ,quindi anche per loro vale quanto detto per gli

orbitali atomici,per lo spin e per tutto il resto per cui ψ+(n,l,λ) e ψ−(n,l,λ) .(in alcuni testi potete

trovare ψ e ψ∗ anziché ψ+ e ψ−). Quali orbitali atomici si sono combinati per originare questi orbitali molecolari ? Ad esempio, per avere un orbitale σ quali orbitali atomici si devono combinare ? e per avere un orbitale π ? Se si combinano due orbitali atonici di tipo 1s si ottengono orbitali molecolari di tipo σ e σ∗ che, proprio per la loro origine da orbitali atomici 1s, vengono indicati con σ1s σ∗1s (poiché per λ = 0 si hanno orbitali molecolari di tipo σ e σ∗ ) : σ 1s ~ ψΑ (1s) + ψΒ (1s) σ∗ 1s ~ ψΑ (1s) - ψΒ (1s) Gli orbitali σ hanno simmetria assiale( coassiale con l'asse di legame)

Fig 4

(idem per orbitali 2s ,solo che parleremo di σ 2s e σ∗ 2s ) Se si combinano due orbitali atomici di tipo 2px si ottengono due orbitali molecolari di tipo σ e σ∗ con simmetria cilindrica. Essi vengono indicati con σ 2px e σ∗2px(poiché per λ = 0 si hanno orbitali molecolari di tipo σ e σ∗): σ 2px ~ ψΑ (2px) + ψΒ (2px) σ∗ 2px ~ ψΑ (2px) - ψΒ (2px)

Fig 5 Nei legami σ la rotazione è libera(legami semplici) Se si combinano due orbitali atomici di tipo 2py si ottengono orbitali molecolari di tipo π e π∗. Essi vengono indicati con π2py e π∗2py (poiché per λ = ± 1 si hanno orbitali molecolari di tipo π e π∗) : 39

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π 2py ~ ψΑ (2py) + ψΒ (2py) π∗ 2py ~ ψΑ (2py) - ψΒ (2py) gli orbitali π hanno un piano nodale contenente l'asse di legame.

Fig 6

(idem per orbitali2pz ovviamente parleremo di π 2pz e π∗ 2pz)

fig7

Fig 8

La rotazione intorno al legame π romperebbe il legame,per cui si dice che il legame π non ruota (i legami doppi e tripli non ruotano). È possibile anche il Legame σ tra orbitali s e orbitali p (fig 9)

fig 9 40

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E π tra orbitali p e orbitali d

Fig 10

Da orbitali atomici tipo d originano gli orbitali molecolari δ che hanno due piani nodali perpendicolari intersecatesi lungo l'asse di legame. Gli orbitali σ 2p presentano miglior penetrabilità rispetto ai π 2p,per cui hanno energia minore,mentre per gli orbitali di antilegame sono i π ∗ 2p ad avere miglior penetrabilità rispetto ai σ ∗2p. Ordine di riempimento simil aufbau σ 1s < σ ∗1s < σ 2s < σ ∗2s < σ 2px < π 2py = π 2pz < π∗2py = π∗2pz < σ∗2px

Fig 11 41

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Vediamo la molecola dell’ idrogeno

Fig 12

Fig 13

Quando due atomi di idrogeno si avvicinano l'uno all'altro (fig 12)vi è un momento in cui l'elettrone di un atomo comincia a risentire, oltre che dell'attrazione del proprio protone, anche di quella del protone dell'atomo che gli sta a fianco, e viceversa. La nuvola elettronica che prima si trovava simmetricamente distribuita intorno a ciascun nucleo, ora si comincia a spostare nella zona compresa fra i due, in quanto, a mano a mano che gli atomi si avvicinano, la probabilità di trovare gli elettroni in prossimità dell'uno o dell'altro nucleo va aumentando. Esiste una distanza precisa (0,75 Å nel caso dell'idrogeno) fra i nuclei dei due atomi, in cui si ha il bilanciamento perfetto fra attrazioni e repulsioni: questa distanza è detta "lunghezza di legame" (o distanza di legame). I due elettroni della molecola H2 si muovono ora entro la regione di spazio che prende il nome di orbitale molecolare . La struttura così raggiunta è stabile come lo è quella dell'atomo di elio. Per l'elio la condizione di stabilità è imposta infatti dalla presenza di solo due elettroni nel primo livello energetico, perché questo è il numero massimo di elettroni possibili su quel livello. Nel momento in cui si è formato il legame è avvenuto che una certa quantità di energia è stata ceduta all'ambiente. E' ovvio che se ora si volessero separare i due atomi uniti nella molecola si dovrebbe fornire ad essa una quantità di energia equivalente a quella che era stata ceduta nella formazione del legame (energia di legame)

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Analizziamo la situazione degli orbitali molecolari dell’idrogeno:

Fig 14

In figura 14 viene rappresentato l’orbitale molecolare di legame.Esso si forma per addizione (interferenza costruttiva) dei due orbitali atomici

Ψ+ = ψA(1s) + ψB(1s)

Ψ+² = (ψA(1s) + ψB(1s))2 = ψA(1s)²+ 2ψA(1s)ψB(1s) + ψB(1s)² 43

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Fig 15

In fig 15 viene rappresentato l’orbitale molecolare di antilegame.Esso si forma per sottrazione (interferenza distruttiva) dei due orbitali atomici Ψ- = ψA(1s) – ψB(1s) Ψ- 2= (ψA(1s) – ψB(1s))² == ψA(1s)² - 2ψA(1s)ψB(1s)+ ψB(1s)²

La differenza fra orbitali leganti ed antileganti è data dal termine 2ψA(1s)ψB(1s) , nel caso degli orbitali leganti si somma con aumento della probabilità di trovare l’elettrone nella zona internucleare,dove c’è appunto aumento di densità elettronica ,negli orbitali antileganti si sottrae,quindi sottrae densità elettronica e la probabilità di trovare l’elettrone nella zona internucleare diventa nulla . 44

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Fig 16

Nelle rappresentazioni a diagramma,gli orbitali si indicano indifferentemente con dei cerchi,dei quadrati o dei trattini Nel caso in cui un elettrone occupasse un orbitale antilegante,esso sarebbe escluso dalla regione delegata ad assicurare il legame, ed avrebbe energia maggiore di quella posseduta dall’elettrone quando fa parte di un atomo di idrogeno isolato, per cui demolirebbe il legame.

45

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Vediamo a tal proposito la molecola dell’elio He2,

Fig 17

ogni atomo di elio ha due elettroni nel 1s quindi nel He2 una coppia di elettroni occuperebbe l’orbitale σ e l’altra coppia l’orbitale σ*,per cui la molecola non si forma (l’elio è un gas nobile) Per poter fare delle “previsioni”ci è utile l’ordine di legame L’ ordine di legame, definito come la semidifferenza fra il numero n di elettroni negli MO leganti e

il numero n∗ di elettroni negli MO anti-leganti , (n - n∗∗∗∗)/2 Quando è zero la molecola non si forma Quando è 1, vi è un singolo legame covalente tra una coppia di atomi. L'ordine di legame è =2 quando due coppie di elettroni sono condivisi tra due atomi, come avviene nel doppio legame tra carbonio e ossigeno nella molecola di anidride carbonica È uguale a 3 quando due atomi sono connessi da triplo legame e quindi mettono in compartecipazione 3 coppie di elettroni. Esempi di triplo legame si trovano nel monossido di carbonio o nella molecola biatomica di azoto. Quando una molecola e' descritta da più formule di risonanza, può accadere che l'ordine di legame non sia intero (Per l'ozono O3 ci sono tre coppie di legame coinvolte in due legami ossigeno-ossigeno, cosicché l'ordine di legame è 1,5). Nel caso del Litio: 46

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Fig 18

L’ordine di legame è : (4-2)/2=1 quindi legame singolo Passiamo all’ossigeno:non riportiamo per semplicità gli orbitali 1s (in genere,ci si limita a rappresentare lo strato più esterno, ricordate però che secondo la lcao anche gli orbitali degli strati interni si uniscono a formare orbitali molecolari, come nel caso del litio visto prima)

Fig 19

L'ordine di legame è (10-6)/2=2 quindi legame doppio.La molecola di O2 ha 2 elettroni spaiati(nei 2π*) essa è paramagnetica,* come viene visto sperimentalmente(con la teoria VB,non si spiegherebbero i 2 elettroni spaiati e quindi il paramagnetismo dellO2) * Il paramagnetismo è una forma di magnetismo che alcune sostanze mostrano solo in presenza di campi magnetici, polarizzandosi nello stesso

senso rispetto al campo applicato. 47

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L'ordine di legame e' una proprietà molto importante perché consente di fare delle previsioni anche sulla lunghezza e l'energia dei legami La lunghezza di un legame dipende prima di tutto dalle dimensioni atomiche; tuttavia, a parità di dimensioni atomiche, la lunghezza di un legame e' funzione dell'ordine di legame: in particolare come si può facilmente intuire, la lunghezza di legame diminuisce all'aumentare dell'ordine di legame,cioè un legame triplo è più corto di uno doppio,che a sua volta è più corto di un legame singolo.L'aumento del raggio covalente aumenta la lunghezza di legame: Quando si legano atomi con diversa elettronegatività ,bisogna tener presente che grandi differenze di elettronegatività fanno diminuire le distanze di legame. Come accennato quando abbiamo visto la molecola dell’idrogeno L'energia di legame è l'energia richiesta per rompere il legame . Passiamo ad una molecola un po’ più complessa: L’acqua H2O(formula bruta ) L’ossigeno ha configurazione 2s² 2p4 quindi per la regola dell’ottetto elettronico gli servono 2 elettroni per completare lo strato esterno, quelli dei 2 atomi di idrogeno,quindi ogni idrogeno formerebbe un legame σ s-p con l’ossigeno.Gli orbitali 2p sappiamo che sono fra loro a 90° e quindi ci aspetteremmo angoli di legame di 90°.Ma non è così:la misura sperimentale(diffrazione raggi x allo stato cristallino) dell’angolo di legame dell’acqua ci dice Che esso è di 105°.Come mai? .. _

: O---H o | O----H | | H H

Fig 20

Per capire quello che succede dobbiamo ricorrere agli orbitali ibridi che ci consentono di spigare molte proprietà delle molecole e di stabilirne la geometria.(formule di struttura )

2.4 Orbitali Ibridi L’ibridazione è una trattazione matematica ,mediante la quale più orbitali di uno stesso atomo,di tipo diverso ma con contenuti energetici vicini,vengono prima mescolati(con combinazioni lineari delle Ψ) e poi ridivisi facendo una equipartizione dell’energia totale:ciò rende i nuovi orbitali energicamente equivalenti tra loro..Ad esempio ibridiamo l’orbitale 2s dell’ossigeno con i suoi 3

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orbitali 2p.Partiamo da 4 orbitali quindi otteniamo 4 orbitali sp³(1 s e 3 p la simbologia dovrebbe essere facilmente intuita a questo punto) Nella formazione di orbitali ibridi un elettrone deve essere promosso dall’orbitale 2s all’orbitale 2p,l’energia necessaria a tale promozione si produce proprio dall’ibridazione.Gli orbitali ibridi presentano una maggior concentrazione delle nubi elettroniche in direzioni ben definite dello spazio.I 4 orbitali sp³ formano fra loro angoli di 109° e sono diretti verso i vertici di un tetraedro,con al centro il nucleo dell’atomo(fig 21).

Fig 21

Tornando alla molecola dell’acqua , sperimentalmente trovavamo angoli di 105° abbastanza in accordo con i 109° previsti;giustifichiamo tale differenza considerando che 2 dei 4 orbitali sp³ dell’ossigeno formano i 2 legami con gli orbitali 1 s dei 2 atomi di idrogeno(avremo quindi 2 orbitali σ s-sp³ e ovviamente 2 orbitali σ*s-sp³) negli altri 2 orbitali sp³ ci sono i due doppietti elettronici dell’ossigeno che respingendosi(sono cariche negative,tenderanno a stare il più lontano possibile)“schiacciano” l’angolo di legame da 109° a 105° ,ecco che abbiamo spiegato la formula di struttura dell’acqua(fig 20). E’ possibile anche ibridare 2 orbitali 2p con l’orbitale 2s cioè ottenere 3 orbitali sp²; i tre orbitali formano tra loro angoli di 120° e sono diretti verso i vertici di un triangolo con al centro il nucleo dell’atomo fig 22 .

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Fig 22

E’ ’ il caso ad esempio del trifluoruro di boro BF3,dove il Boro ha configurazione(1s²)(2s²2p1) che con l’ibridazione diviene: (1s2)(2sp2)3 Il Boro ha quindi un’ibridazione sp² e ciascuno dei 3 orbitali sp²,avendo un elettrone spaiato, lega un atomo di fluoro, dato che ogni atomo di Fluoro( 1s2)(2s2)(2p5) ha un elettrone spaiato in un orbitale 2p .Si formano quindi tre legami σ orbitali molecolari σ sp²p, fig 23 (chiaramente si formano anche gli orbitali di antilegame,che non vengono qui rappresentati)

Fig 23

L’angolo di legame sarà quindi di 120° F

|

B

/ \

F F L’ottetto non si raggiunge,il Trifluoruro di boro sarà un ottimo accettore di elettroni(vedi legame di coordinazione).

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Le molecole che “usano” questa ibridazione,avendo anche un orbitale p non ibridato,disponibile per formare un legame π, possono formare legami doppi come avviene ad esempio nel caso dell’etilene

fig24 E’anche possibile ibridare 1 orbitale 2p con il 2s per ottenere 2 orbitali sp; i due orbitali formano tra loro angoli di 180° e sono allineati in posizione simmetrica rispetto al nucleo dell’atomo (fig 25)

Fig 25

Questo è ad esempio il caso di una molecola come BeCl2

Il Berillio ha configurazione (1s²)(2s²) con ibridazione sp diviene (1s²)(2sp)²,quindi lega 2 atomi di cloro, dato che ogni cloro(1s²)(2s²2p6 ) (3s²3p5 ) ha un elettrone spaiato in un orbitale 3p si formano due legami σ (orbitali molecolari σ sp-p,e chiaramente gli orbitali di antilegame) Cl---Be---Cl Con angolo di legame a 180° Le molecole che “usano” questa ibridazione,avendo anche due orbitali p non ibridati,disponibili per formare due legami π, possono formare tripli legami,come avviene ad esempio nel caso dell’acetilene

Fig 26 Sono possibili anche ibridazioni che coinvolgono orbitali d: dsp3

in orbitale s un orbitale d e 3 orbitali p, Formano 5 orbitali sp³d :una bipiramide trigonale,con angoli da 90° e 120° vedi fig 27 51

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Fig 27

Ad esempio PCl5,Il fosforo P ha configurazione (1s²)(2s²2p6 ) (3s²3p5 )(3s²3p3),con ibridazione sp³d diviene (1s²)(2s²2p6 ) (3s²3p5 )(4sp³d)5

cloro(1s²)(2s²2p6 ) (3s²3p5 ), quindi un fosforo può legare 5 atomi di cloro: Cl

|

Cl P Cl

/ \

Cl Cl È possibile anche una ibridazione sp³ d2 Fig 28 un orbitale s 2 orbitali d e 3 orbitali p, A formare 6 orbitali sp³d²:un ottaedro con angoli a 90° 52

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Fig 28

.. È il caso ad esempio del tetrafluoruro di xenon Xe F4

Lo xenon è un Gas nobile,quindi stabile con scarsa tendenza a reagire(ciò non significa che non reagisca affatto);configurazione elettronica (1s²)(2s²2p6 ) (3s²3p63d10)(4s²4p64d10)(5s²5p6)* ,con l’ibridazione sp³d² diviene (1s²)(2s²2p6 ) (3s²3p63d10)(4s²4p64d10)(5 sp³d² )8

Quindi ci sono 4 elettroni spaiati che si legano con 4 atomi di fluoro ognuno con un elettrone spaiato (1s2)(2s2)(2p5) 53 *indichiamo così la configurazione ma ricordate che viene riempito prima il 4s del 3d

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Fig 29

Con gli atomi di fluoro a 90 °fra loro ed i 2 doppietti elettronici a 180°fra loro (il più lontano possibile)(fig 29) Possiamo fare previsioni sulla geometria delle molecole,tutto viene razionalizzato dalla teoria VSEPR

2.5 Teoria VSEPR Un atomo è circondato da elettroni di valenza che possono formare legami singoli, doppi, tripli o restare non condivisi. In ciascuna di tali situazioni si creano attorno al nucleo delle regioni di densità elettronica che si tengono il più distanti possibili per minimizzare le repulsioni e che determinano la geometria della molecola Come determinare un modello VSEPR? 1. Disegnare la struttura della molecola secondo Lewis. 2. Contare il numero totale di coppie elettroniche intorno all’atomo centrale. Disporre le coppie in modo da minimizzare la repulsione elettrostatica. 3. Descrivere la geometria della molecola in termini di disposizione angolare delle coppie elettroniche di valenza coppie di legame (condivise dagli atomi nel legame) coppie non leganti (lone pairs o coppie solitarie) Ricapitolando sappiamo che: 4 regioni di densità elettronica TETRAEDRO 3 regioni di densità elettronica TRIGONALE 2 regioni di densità elettronica LINEARE 5 regioni di densità elettronica BIPIRAMIDE TRIGONALE 6 regioni di densità elettronica OTTAEDRICA 54

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Dall’alto in basso Lineare Trigonale Tetraedrica Fig 30

55

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Bipiramide trigonale (sp³d) Ottaedrica(sp³d²) Fig 31 Per prevedere correttamente la geometria di una molecola ricordate che a parità di geometria, l’angolo sarà determinato dalla natura delle coppie elettroniche. Una coppia di NON LEGAME avrà un effetto repulsivo maggiore rispetto ad una coppia di legame. Se le coppie di NON legame si respingono di più, le coppie di legame sono più ravvicinate. Pertanto l’angolo può variare in funzione del tipo di molecola, Ad esempio per un ibrido sp³ 109° (nessuna coppia solitaria) Metano 107°(una coppia solitaria)Ammoniaca 105°(due coppie solitarie)Acqua (fig 32) 56

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Fig 32

Altri esempi: a)AlCl3,Alluminio atomo centrale 3 regioni di densità elettronica quindi sp² TRIGONALE con angoli a 120°

Fig 33

b)L’anidride carbonica CO2 :2 regioni di densità elettronica quindi LINEARE Carbonio atomo centrale 4 coppie di elettroni condivise a formare 2 doppi legami con 2 atomi di ossigeno ,il carbonio è quindi ibridato sp con angoli di 180°(sp) .. ..

O=C=O .. . 57

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c) Acido nitrico : HNO3

Azoto atomo centrale lega 2 ossigeni ed un ossidrile OH,quindi 3 regioni di densità elettronica quindi Trigonale a 120°(sp²)

quindi Trigonale a 120°(sp²)

O-

� N+ ⁄⁄ \ O OH I segni vengono fuori dalla conta degli elettroni(fatela)L’azoto forma un legame dativo(vedi oltre) con un atomo di ossigeno d) PF5 Fosforo atomo centrale con 5 regioni di densità elettronica :BIPIRAMIDE TRIGONALE sp³d F

|

F P F

/ \

F F

2.6 Legami Ne esistono vari tipi ,andiamoli a conoscere

2.6.1 Legame Covalente Il legame che si forma in conseguenza della condivisione di elettroni fra due atomi con modeste differenze di elettronegatività, si chiama legame covalente. Il legame fra atomi della stessa specie,come abbiamo visto per la molecola dell’idrogeno , prende il nome di legame covalente puro (o legame omeopolare). Il legame covalente consiste appunto nella condivisione di una o più (massimo tre) coppie di elettroni.in modo da arrivare ad una configurazione ad ottetto. (se la differenza di elettronegatività tra gli atomi che si legano è elevata ci sarà un trasferimento di elettroni dall'atomo meno elettronegativo all'atomo più elettronegativo,ma è un altro tipo di legame,vedi oltre legame ionico). Vediamo meglio alcuni dettagli del legame covalente puro.Consideriamo la molecola Cl2; Cl-Cl i due atomi costituenti sono uguali e quindi nessuno dei due tenderà a "tirare" verso di sè gli elettroni più dell'altro. Ogni atomo di cloro ha sette elettroni di valenza; quando i due atomi si avvicinano ogni atomo di cloro metterà in comune un elettrone e si formerà una coppia di elettroni di legame. 58

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Fig 34

A questo punto i due elettroni di legame, disegnati nell'intersezione delle nuvole elettroniche, appartengono ad entrambi gli atomi e servono a tutti e due per arrivare ad una configurazione ad ottetto . La molecola Cl2 esiste ed è stabile perchè i due atomi legati hanno in questo modo trovato una maggior stabilità. I due atomi stanno uniti perchè entrambi i nuclei attirano gli elettroni in comune e dunque, anche in questo caso, le forze che tengono insieme gli atomi nella costituzione della molecola sono di natura elettrica. Nel caso di un legame covalente tra atomi differenti, cioè molecole biatomiche eteronucleari, il doppietto elettronico è invece condiviso in maniera diversa dai due atomi, in quanto la nuvola elettronica di legame risulta spostata verso l’atomo che ha su di essa un potere attrattivo maggiore(maggiormente elettronegativo).Un legame di questo tipo viene definito covalente polare poiché esso dà luogo a una molecola polare dal punto di vista elettrico, cioè con una regione positiva e una negativa(fig35)

−+

−δδF H

Fig 35

Per molecole biatomiche eteronucleari, poiché le energie degli orbitali atomici dei due nuclei sono diverse, il diagramma risulta asimmetrico.vedi figura 36 ,dato che i nuclei dei due atomi A e B chimicamente diversi hanno cariche positive differenti, non attraggono gli elettroni in ugual modo la nuvola di carica non è simmetrica, ma è polarizzata verso uno dei due nuclei. 59

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1sH

Fp2

F2s

2σ∗

antilegante

non legante

legante

non legante

Fig 36

per orbitali non leganti (si indicano con n) si intendono gli orbitali che non hanno formato nuovi orbitali molecolari ,nel caso del HF dato che l’idrogeno ha un solo elettrone,avremo 3 orbitali n (contengono i 3 doppietti elettronici del Fluoro ).Rivedendo la molecola dell’acqua,alla luce di quanto si è detto,capiamo che i due legami O-H dell’acqua sono covalenti polari, e che quindi l’acqua è una molecola polare.

2.6.2 LEGAME DATIVO O DI COORDINAZIONE Un legame covalente si ottiene quando due atomi condividono una coppia di elettroni. La forza attrattiva deriva dal fatto che gli elettroni sono attratti da entrambi i nuclei. Nel normale legame covalente ogni atomo impegnato nel legame fornisce un elettrone. Il legame dativo o di coordinazione differisce per il fatto che entrambi gli elettroni condivisi derivano dallo stesso atomo. Viene spesso indicato da una freccia che parte dall'atomo donatore e raggiunge l'atomo accettore della coppia di elettroni. Prima di vedere i dettagli,devo darvi la definizione di acido e base di Lewis:Acido di Lewis è una specie chimica in grado di accettare uno o più doppietti elettronici,base di Lewis è una specie chimica in grado di fornire uno o più doppietti elettroni. Vediamo un esempio di legame dativo: Formazione dello ione ammonio Se l'ammoniaca(base) va a contatto con il protone ,cioè con lo ione H+(acido)dell‘idrogeno(prodotto ad esempio dalla dissociazione di una acido) si forma lo ione ammonio a struttura tetraedrica. NH3 + HCl → NH4Cl Il protone presenta un orbitale vuoto, mentre l'ammoniaca dispone di una coppia di elettroni non impegnata in legame . Si può pensare che l'ammoniaca metta in compartecipazione con il protone tale doppietto elettronico con la formazione di un legame covalente dativo. Una volta che si é formato, non sarà più possibile distinguere il legame dativo dagli altri,l’azoto ha il segno + perché alla conta degli elettroni ne risulta uno in meno(donato all’idrogeno)

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Fig 37

Altro esempio: Formazione dell'addotto ammoniaca-trifluoruro di boro Il triflururo di boro,come abbiamo visto, é una specie carente di elettroni (ottetto non raggiunto), secondo Lewis ha carattere acido ( possiede un orbitale p non ibridizzato sull'atomo di boro in grado di accettare una coppia di elettroni.) Dopo che si forma il legame, la struttura del boro da planare che era, diventa tetraedrica(sp³)

Fig 38 I segni - sul boro e + sull’azoto sono dovuti al fatto che Il boro ha accettato un elettrone dal doppietto ,l’azoto lo ha “perso”

2.6.3 Legame Ionico Il legame ionico si instaura solamente tra elementi che presentano un'elevata differenza di elettronegatività. .Come indica la parola stessa, nel caso del legame ionico si formano degli ioni e la formazione di questi ultimi è governata dalla regola dell'ottetto. Gli elementi chimici cioè formano ioni in modo tale da assumere una configurazione elettronica tipo gas nobile.Poiché il legame ionico implica il passaggio di uno o più elettroni da un atomo ad un altro,è evidente che si formerà fra atomi con bassa energia di ionizzazione ovvero metalli,ed atomi con alta affinità elettronica(non metalli). L'affinità elettronica è la variazione di energia di una mole di atomi isolati a 0°K per l’acquisto di una mole di elettroni.Essa è negativa(in quanto energia liberata) ed in valore assoluto elevata per i non metalli,particolarmente per gli alogeni(gruppo VII della tavola periodica) ,è invece positiva(energia richiesta )per i metalli.In parole povere i non metalli accettano elettroni e liberano energia,i metalli per accettare elettroni richiedono energia. Ad esempio Il sodio (gruppo I) ha un solo elettrone di valenza mentre il cloro (ne ha sette). In questo caso la soluzione è molto semplice: il sodio trasferirà il suo unico elettrone al cloro ed entrambi gli elementi acquisteranno una configurazione stabile ad ottetto. Il cloro avrà cioè otto elettroni nel livello più esterno e il sodio avrà l'ottetto nel secondo livello In questo passaggio il sodio si trasforma nello ione Na + e si comporta da metallo, mentre il cloro si

trasforma nello ione Cl-e ha un comportamento tipicamente non metallico.

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Il trasferimento di elettroni e la conseguente formazioni di ioni avviene unicamente se un elemento ha elevata tendenza ad attrarre elettroni e l'altro ha elevata tendenza a cederli; ecco spiegata la necessità dell'elevata differenza di elettronegatività di cui si diceva all'inizio.

A questo punto gli ioni Na + e Cl-, essendo di carica opposta si attireranno e formeranno cristalli coi quali spesso abbiamo a che fare in quanto costituiscono il comune sale da cucina. Il nome corretto di questo composto è cloruro di sodio.

Fig 39

Nella formazione dei cristalli ionici, si libera energia di origine elettrostatica indicata come energia reticolare.L’energia reticolare di un cristallo è l’energia che si libera quando ioni positivi e negativi,partendo da distanza infinita si uniscono per formare una mole di cristallo Se la differenza tra energia di ionizzazione ed affinità elettronica è elevata l’energia reticolare può non essere sufficiente ed il composto ionico non si forma.In altre parole l’atomo del non metallo libera energia quando accetta l’elettrone(affinità elettronica),tale energia deve essere sufficiente a ionizzare l’atomo del metallo,altrimenti il composto ionico non si forma. Come potete vedere(fig 39) ogni catione è circondato da anioni ed ogni anione è circondato da cationi (in questo modo le repulsioni tra ioni dello stesso segno vengono minimizzate) e cationi e anioni sono in ugual numero perchè il composto nel suo complesso deve essere elettricamente neutro(il legame ionico è un legame elettrostatico). La disposizione nello spazio degli ioni determina anche la forma esterna, cubica, di questi cristalli. In questo come in tutti gli altri composti ionici non esistono molecole in quanto non esistono delle unità NaCl distinte dalle altre, la formula NaCl (formula minima )mi indica invece che nel cristallo c'è un rapporto tra gli ioni di 1:1 cioè che

per ogni ione Na+ esiste uno ione Cl-. Possiamo ricordare che tutti i composti ionici hanno in comune le seguenti caratteristiche:

si presentano allo stato solido sono duri ma fragili non conducono la corrente allo stato solido ma la conducono allo stato liquido le loro soluzioni acquose conducono la corrente elettrica 62

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La distanza a cui si trovano due ioni adiacenti in un cristallo,determinata dalle attrazioni-repulsioni di tutti gli ioni che costituiscono il cristallo.Tale distanza si può determinare sperimentalmente mediante spettroscopia a raggi X( è anche calcolabile teoricamente) Altri tipi di cristalli ionici

Fig 40

2.6.4 Legame ad elettroni delocalizzati Per spigare questi legami,dobbiamo spiegare cos’è la Risonanza.Non sempre le proprietà di una specie chimica,come ad esempio la lunghezza di legame, possono spiegarsi con una unica formula di struttura,perché la specie si comporta come se avesse contemporaneamente formule di struttura diverse ,Proviamo a scrivere lo lo ione nitrito, NO2

- esso ha ibridazione sp² E può essere scritto così: i o n e n i t r i t o 1

Tuttavia, non c'è nessun motivo particolare per cui il doppio legame N-O sia con l'ossigeno di sinistra. Una rappresentazione dello ione, altrettanto valida e corretta, è infatti quella che segue:

Qual è allora la vera struttura dello ione? Nessuna delle due. La molecola reale è una "via di mezzo" tra le due rappresentazioni, che vengono definite formule limite o canoniche. La molecola reale è un ibrido di risonanza che ha il 50% delle caratteristiche di una formula e il 50% delle caratteristiche dell'altra. In accordo con la teoria della risonanza, la molecola reale si può rappresentare con una freccia a due punte posta fra le formule limite: 63

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Tutto ciò implica che il doppio legame N-O della formula (I) sia in realtà intermedio ad un legame semplice e un legame doppio (ordine di legame 1.5) e che il legame semplice della stessa formula sia anch'esso intermedio a un legame semplice e un legame doppio. Lo stesso discorso vale per la formula (II). In sostanza, i due legami N-O sono perfettamente equivalenti, come è dimostrato anche dai dati sperimentali circa lunghezze e energie di legame. Nel caso dello ione nitrito, quello che si definisce il "contributo" di ogni singola formula di risonanza all'ibrido, è paritario; lo si può intuire facilmente, considerando la perfetta equivalenza delle due formule. Ma non sempre è così: spesso ogni singola formula limite dà un contributo diverso all'ibrido ;come abbiamo visto per la molecola di idrogeno ,quando abbiamo trattato la teoria VB,in quel caso il contributo delle forme ioniche,avendo i due idrogeni stessa elettronegatività è trascurabile. Inoltre è assai comune il caso in cui le formule limite siano più di due. L'esempio più eloquente di delocalizzazione elettronica é rappresentato dal benzene. In prima battuta si può rappresentare il benzene, di formula bruta C6H6, come una struttura planare ad esagono regolare (angolo interno di 120°) con doppi legami alternati

Fig 41 questa geometria deriva dalla ibridizzazione sp2 degli atomi di carbonio e dalla successiva localizzazione dei doppi legami che si dispongono alternati per sovrapposizione degli orbitali p di ogni atomo di carbonio rimasti non ibridizzati . Ma é pur vero che la sovrapposizione può avvenire diversamente, localizzando i doppi legami in posizioni diverse:

Fig 42

Nessuna delle due strutture(di Kekulè) può essere quella vera. Infatti i doppi legami hanno una lunghezza minore dei legami semplici carbonio-carbonio e questo impedirebbe al sistema di essere rappresentato come un esagono regolare. Per definire la reale struttura del benzene si usa invocare il concetto di risonanza, considerando il benzene come l'ibrido di risonanza tra le due formule limite: 64

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(gli atomi di carbonio non vengono indicati) in questa maniera i legami sono tutti uguali con un ordine unico (1.5) rispetto ai due diversi presenti nelle formule limite (1 e 2 ovvero legame semplice e doppio)

2.6.5 Legame Metallico Come ultimo caso di interazione forte esistente tra gli atomi consideriamo il legame metallico. Questo legame è responsabile dell'attrazione tra atomi di elementi metallici e della conseguente costituzione di aggregati cristallini; anche in questo caso infatti, come per il legame ionico, non abbiamo la formazione di molecole vere e proprie.I bassi valori dell’energia di ionizzazione e dell’affinità elettronica,per i metalli,fa si che essi abbiano poca tendenza a formare legami atomici.I metalli presentano strutture cristalline compatte,nelle quali ogni atomo si lega con 8 atomi o con 12.Queste strutture non si spiegano con i legami visti sin ora perché non sono compatibili con l’esistenza di legami atomici nel metallo perchè il numero di legami non trova rispondenza nel numero di elettroni disponibili per formarli:Come fa un atomo di Litio a formare 8 legami avendo solo un elettrone 2s? Pertanto è stato necessario introdurre un nuovo tipo di legame ,il legame metallico appunto I metalli hanno tendenza a cedere i loro pochi elettroni di valenza e a trasformarsi in cationi (possiedono bassi valori di elettronegatività e di energia di prima ionizzazione). Questo è dunque ciò che fanno tutti gli atomi, per esempio di argento, quando costituiscono un pezzetto di argento puro. In questo processo si creano ovviamente tante cariche positive quanto negative e perciò anche nei metalli è rispettata l'elettroneutralità. I cationi formatisi occupano posizioni fisse e ordinate nei cristalli metallici mentre gli elettroni ceduti vengono messi in comune e costituiscono una nuvola elettronica molto mobile responsabile delle proprietà macroscopiche di questi elementi. Questa nuvola elettronica si muove facilmente tra i cationi e funge da "collante" poiché esiste un'attrazione reciproca tra cationi e nuvola elettronica in quanto portatori di carica elettrica di segno opposto. 65

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Fig 43

Insomma immaginate un atomo di sodio vicino ad un altro e poi un altro ancor e così via fino a 6,023•10n23 atomi di sodio Alla fine praticamente ogni elettrone ha a disposizione un mare di orbitali dove “circolare”ed ecco che allora i metalli conducono la corrente elettrica ed il calore ,sono duttili(deformabili) e malleabili(trasformabili in lamine anche sottili),provate con un pezzo di plastica si spacca proprio perché non ha questo mare di orbitali a disposizione:

2.6.6 Legami intermolecolari

Finora abbiamo considerato le interazioni che tengono insieme gli atomi per formare le molecole. In aggiunta a questo tipo di legame esistono le forze responsabili dell’interazione fra le molecole, cioè le forze intermolecolari. Pur essendo molto più deboli dei legami covalenti e ionici, queste forze sono decisive nel determinare proprietà chimico-fisiche e sono le Forze di Van der Wals Con tale termine si indicano le attrazioni a)Ione-Dipolo b)Ione-Dipolo indotto c)Dipolo-Dipolo d)Dipolo-Dipolo indotto Le molecole presentano dipoli,come abbiamo visto per il legame covalente polare, perché non hanno una uniforme distribuzione di carica elettrica Due cariche separate da una distanza d costituiscono un dipolo.Il momento dipolo µ è un vettore la cui intensità è il prodotto della carica e per la distanza delle cariche d: µ =e•d (12) L'unità di misura comunemente utilizzata in chimica per quantificare un dipolo elettrico è il Deby (simbolo D) 66

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Vediamo perché avvengono queste attrazioni: Un’attrazione ione-dipolo si verifica ad esempio se mettiamo un sale come NaCl in acqua(l’acqua è polare dato che H ed O hanno diversa elettronegatività):le molecole di acqua si orientano in maniera differente intorno agli ioni Na + e Cl -

.

Fig 44

Un attrazione Dipolo -dipolo si verifica tra molecole polari (es. acqua, acido cloridrico, alcol, ecc. ). tra di loro ci saranno delle forze di attrazione dovute al fatto che una parte della molecola ha una carica positiva mentre l'altra ha una carica negativa e quindi tutte le molecole si disporranno in modo da massimizzare le forze di attrazione. Osserveremo anche che le sostanze polari si sciolgono bene tra loro: infatti le forze dipolo-dipolo vengono conservate Vi spiego subito cos’è un Dipolo indotto: Se si avvicina una specie carica elettricamente, come uno ione o un dipolo, ad una molecola apolare

+

-

--

-+

++

+- +

-

--

-+

++

+

Fig 45

questa si polarizza e si genera così un dipolo indotto,anche un urto può causare uno spostamento della nuvola elettronica e quindi generare un dipolo indotto. Capite ora che uno ione o un dipolo possono “interagire” con un dipolo indotto Forze di London Si indicano le attrazioni dipolo indotto-dipolo indotto(sono dette anche forze di dispersione) Legame idrogeno Se un atomo di idrogeno ha un legame covalente H−A con un atomo molto elettronegativo A, la carica elettronica è fortemente polarizzata su A e quindi H ha una carica formale positiva, capace di attrarre una coppia di elettroni non condivisi di un altro atomo B elettronegativo Questa interazione di carattere elettrostatico si chiama legame idrogeno Il punto di ebollizione relativamente alto di H2O, NH3 e HF rispetto agli idruri degli elementi dello stesso gruppo della tavola periodica è dovuto alla formazione di dimeri.E’ un tipo particolare di attrazione dipolo-dipolo

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il legame ad idrogeno si indica ---- Es: δ + δ- δ + δ-

H-F-------------H-O Hδ +

Fig 46

2.7 Colore

Fig 47 Torniamo agli orbitali molecolari,un elettrone può”saltare”,da un orbitale di legame(o da uno di non legame n)ad uno di antilegame,assorbendo una radiazione con la giusta quantità di energia (un quanto),se l’energia della radiazione è maggiore o minore la transizione elettronica,come già sapete non ha luogo.Non tutte le transizioni elettroniche sono possibili,esistono delle regole di selezione,che (con un criterio analogo a quello visto per la sovrapposizione degli orbitali atomici a dare orbitali molecolari)stabiliscono se una transizione avrà luogo o meno.

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Transizioni tipo σ→π* ; π→ σ * sono proibite Transizioni permesse sono σσσσ→→→→σσσσ * ;n →→→→σσσσ * ; ππππ→→→→ ππππ* ;n →→→→ππππ* . L’ occhio umano è in grado di vedere solo le radiazioni che hanno lunghezza d’onda compresa tra 400-700 nm* e che vengono appunto chiamate radiazioni visibili( sono solo una parte dello spettro elettromagnetico fig 47) Le transizioni elettroniche che interessano gli orbitali σσσσ avvengono nell’ultravioletto(richiedono maggior energia),e quindi il nostro occhio non percepisce nulla. Quindi le molecole che ci appaiono colorate sono quelle che possono dare luogo a transizioni ππππ→→→→ ππππ* ;n →→→→ππππ* che avvengono nel visibile(sono molecole che hanno doppi o tripli legami).Vi chiederete allora, come fanno gli elementi di transizione(Oro Argento,Rame,Ferro ecc),dato che parliamo di atomi e che non hanno questi tipi di orbitali ad apparire colorati?La risposta è che gli elementi di transizione hanno elettroni in orbitali d ed f,che possono dare transizioni nel visibile.

Con il termine cromoforo si definisce, in senso ampio, un gruppo di atomi capaci di conferire colore ad una sostanza .Più specificamente, un cromoforo rappresenta un gruppo la cui configurazione degli orbitali molecolari consente transizioni elettroniche dovute all'assorbimento di radiazione visibile.

La luce bianca è l’insieme di tutte la radiazioni visibili,se una sostanza non assorbe nessuna radiazione ci apparirà di colore bianco;se invece assorbe una radiazione di una opportuna lunghezza d’onda,corrispondente ad un dato colore,la sostanza ci apparirà con il colore risultante dalla sovrapposizioni dei colori non assorbiti:Il circolo cromatico di Ostwald fig 48 ci è utile per dedurre il colore di una sostanza sapendo a che lunghezza d’onda assorbe nel visibile.Ad esempio

Una sostanza che assorbe a 530 nm (nel verde),ci apparirà del colore ad esso complementare :il viola.I colori che su questo circolo sono situati in posizione diametralmente opposte sono appunto una coppia di colori complementari.Illuminando uno schermo con due luci distinte e di colori complementari vedremo lo schermo di colore bianco.

* 1 nm(nanometro)=10-9 metri (cioè un milionesimo di millimetro). 69

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Fig 48 Se invece illuminiamo lo schermo con luce bianca,interponendo sul cammino due filtri che assorbono colori complementari,il raggio di luce risulterà interdetto e lo schermo apparirà nero. Una sostanza che assorbe tutte la radiazioni visibili(quindi tutti i colori) ci appare nera.

Le molecole dopo aver assorbito una radiazione hanno acquistato energia(quella della radiazione appunto) che perdono con urti ,vibrazioni e rotazioni .Alcune molecole hanno un comportamento appena differente :perdono solo una parte dell’energia assorbita con questo rilassamento interno,un’altra parte la perdono con emissione di luce spontanea sottoforma di radiazione, che avrà energia minore di quella incidente e, se l’assorbimento è avvenuto nell’ultravioletto,l’emissione avverrà nel visibile.Questo fenomeno và sotto il nome di fotoluminescenza che può essere distinta in fluorescenza se la ri emissione di luce(luminescenza)cessa quasi subito dopo aver eliminato la radiazione eccitante,fosforescenza se la radiazione continua ad essere emessa , almeno per un breve lasso di tempo, anche dopo aver eliminato la sorgente eccitante(l‘elettrone nello stato di eccitazione cambia spin) .

2.8 Nomenclatura Un organismo internazionale IUPAC,provvede periodicamente ad emanare modifiche riguardanti la nomenclatura chimica ,ma la nomenclatura più usata è quella tradizionale dato che molti composti dai chimici vengono indicati con tali nomi.Prima di parlare di nomenclatura ,devo dirvi cosa si intende per ossidazione e per riduzione: L'ossidazione e la riduzione sono processi chimici complementari che comportano una perdita di

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elettroni (ossidazione) da parte di un reagente e un corrispondente acquisto di elettroni (riduzione) da parte di un altro: i due processi devono quindi aver luogo contemporaneamente e in quantità corrispondenti. Il numero di ossidazione si può definire come: "La carica che assumerebbe un elemento in un composto, se si attribuissero gli elettroni di legame all'elemento più elettronegativo".Gli atomi possono avere più di un numero di ossidazione Vediamo alcune importanti regole Nel caso di un legame fra due atomi uguali si assegna un elettrone a ciascun elemento (nessun conteggio di carica).In generale : gli elementi del primo gruppo della tavola periodica hanno n.o. 1;quelli del secondo gruppo 2;quelli del terzo gruppo 1-3;quelli del quarto gruppo 2-4;quelli del quinto gruppo 1-3-5;quelli del sesto gruppo 2-4-6;quelli del settimo gruppo 1-3-5-7;gas nobili(gruppo zero) 0; per gli elementi di transizione non si può stabilire una regola, vediamo i più comuni di essi : Ferro +2,+3 Mercurio +1,+2 Rame+1,+2 Zinco+2 Cobalto +2,+3 Cromo +2,+3,+6 Manganese +2,+3,+4,+6,+7 Oro +1+3 Platino +2+4 Nichel +2,+3 Argento +1 Palladio +2,+4 Cadmio +2 Molibdeno+2,+3,+4,+5,+6 Osmio+2,+3,+4,+6,+8 Tungsteno+2,+3,+4,+5,+6 La carica che l'elemento "assume", si determina dal confronto con la configurazione elettronica esterna dell'elemento, nel suo stato fondamentale

Gli elementi allo stato fondamentale hanno numero di ossidazione zero. L'ossigeno nei composti ha sempre numero di ossidazione -2, tranne che nei perossidi (-1), nei

superossidi (-1/2) e nell'ossido di fluoro (+2). L'idrogeno nei composti ha sempre numero di ossidazione +1, tranne che negli idruri

metallici (-1) Negli ioni monoatomici il numero di ossidazione coincide con la carica (valenza ionica) dello

ione. La somma algebrica dei numeri di ossidazione degli elementi di un composto deve risultare pari

alla carica del composto. Zero se il composto è una specie neutra. Es: H2O Ossigeno ha n.o -2,l’idrogeno +1 per atomo di ogni ossigeno ci sono 2 atomi di idrogeno La somma algebrica è zero: (-2•1) + (+1•2)=0

idruri metallici: gli idruri dei gruppi IA e IIA sono detti idruri metallici. Negli idruri metallici, l'idrogeno ha no. ox. -1. Ad eccezione degli idruri di Li e Be, gli altri hanno caratteristiche nettamente ioniche. In essi l'idrogeno è presente come ione idruro (H:-). Idruri covalenti: gli idruri degli elementi dal IV gruppo in avanti hanno natura

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molecolare.l'idrogeno ha no. ox. +1. Esempi: CH4, metano; SiH4, silano NH3, ammoniaca; PH3, fosfina

Idracidi: gli idruri del VI e del VII gruppo sono definiti più esattamente idracidi.(in questi composti l'idrogeno ha no. ox. +1). Per la loro nomenclatura si premette il termine acido e di aggiunge la desinenza -idrico al nome dell'elemento caratteristico Esempi: H2S, acido solfidrico; HF, acido fluoridrico; HCl , acido cloridrico; HBr , acido bromidrico; HI , acido iodidrico. Si noti come la formula degli idruri acidi sia scritta anteponendo l'idrogeno all'altro elemento

Un non metallo reagisce con l’ossigeno per dare ossidi essi si scrivono anteponendo il simbolo del non metallo all’ossigeno(XO) Gli ossidi dei non metalli hanno proprietà acide.vengono detti ossiacidi o anidridi La maggior parte di essi, reagendo con l'acqua (talvolta solo formalmente), generano infatti acidi ossigenati (detti ossiacidi). Questi ossidi sono sostanze che tipicamente, presentano legami covalenti. Le formule degli ossiacidi seguono lo schema HXO , idrogeno - elemento caratteristico - ossigeno.

La nomenclatura degli ossiacidi è strutturata in modo da mettere in evidenza il grado di ossidazione dell'elemento caratteristico: Desinenza -oso = no. ox. minore Desinenza -ico = no. ox. maggiore Qualora tali desinenze non siano sufficienti -e solo allora-, si fa ricorso ai prefissi ipo- (per indicare il no. ox. più basso) e per- (per indicare quello più alto). In pratica, secondo le raccomandazioni IUPAC, il prefisso ipo- è consentito solo negli acidi: iponitroso (H2N2O2) e ipocloroso, ipobromoso, ipoiodoso (schema HXO); il prefisso per- è consentito solo negli acidi: perclorico, perbromico, periodico, permanganico (tutti con schema HXO4

Cl2O Anidride ipoclorosa (queste si chiamano formule brute) Cl2O3 Anidride clorosa

Cl2O5 Anidride clorica Cl2O7 Anidride perclorica Talvolta può essere necessario distinguere il diverso "grado di idratazione" di un ossiacido, ovvero il diverso contenuto di molecole d'acqua. Tale distinzione si fa mediante i prefissi meta-, orto- e piro- (o di-). Si definisce orto l'acido che contiene il maggior numero possibile di molecole d'acqua. L'acido meta contiene (nella formula) una molecola d'acqua in meno rispetto all'orto.Il termine di (o piro ) si usa Invece per indicare gli ossiacidi che derivano dalla condensazione di due molecole di un ortoacido. Es: P2O3 + H2O → H2P2O4 = 2HPO2 acido metafosforoso P2O3 + 2H2O → H4P2O5 acido pirofosforoso P2O3 + 3H2O → H6P2O6 = 2H3PO3 acido ortofosforoso

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P2O5 + H2O → H2P2O6 = 2HPO3 acido metafosforico P2O5 + 2H2O → H4P2O7 acido pirofosforico P2O5 + 3H2O → H6P2O8 = 2H3PO4 acido ortofosforico(fosforico) ortoborico (H3BO3), ortosilicico (H4SiO4), ortofosforico (H3PO4), ortoperiodico (H5IO6); metaborico (HBO2), metasilicico (H2SiO3), metafosforico (HPO3)n. Il prefisso piro è consentito solo per l'acido pirofosforico (H4P2O7); in tutti gli altri casi si dovrebbe usare il prefisso di-. Tioacidi: con questo termine si indica la sostituzione di un O con S in un ossiacido. Esempio: H2S2O3, acido tiosolforico (ipotetico). Perossoacidi: si indica la sostituzione di -O- con -O-O- (gruppo perossido). Esempio: H2S2O8, acido perossodisolforico; H2SO5, acido perosso(mono)solforico. Gli acidi si dicono monoprotici, diprotici, triprotici etc., a seconda del numero di idrogenioni che possono dissociare. I metalli reagendo con l’ossigeno formano ossidi Gli ossidi della maggior parte dei metalli hanno proprietà basiche. Si scrive prima il simbolo del metallo e poi l’ossigeno( MeO) Per la loro nomenclatura si aggiunge la parola ossido al nome del metallo,se il metallo ha più numeri di ossidazione e forma più ossidi allora usiamo i suffissi -osa -ico,come sappiamo Es: FeO [n.o. +2] prende il nome di ossido ferroso Fe2O3 [n.o. +3] prende il nome di ossido ferrico Reagendo con l'acqua (talvolta solo formalmente) generano idrossidi. Gli ossidi dei metalli del I e del II gruppo hanno caratteristiche spiccatamente ioniche Le formule degli idrossidi si scrivono secondo lo schema XOH , metallo - ione idrossido. Per la nomenclatura degli idrossidi,valgono le stesse regole adottate per gli ossidi, con la sola differenza che il termine ossido di si sostituisce con idrossido di NaOH, idrossido di sodio; KOH, idrossido di potassio ; Mg(OH)2, idrossido di magnesio; Ca(OH)2, idrossido di calcio; Zn(OH)2, idrossido di zinco; Fe(OH)2, idrossido ferroso; Fe(OH)3, idrossido ferrico Al(OH)3, idrossido di alluminio; ; Cr(OH)3, idrossido di cromo Gli idrossidi hanno generalmente proprietà basiche. Gli idrossidi dei metalli alcalini (gruppo IA) sono tipiche basi forti. Alcuni idrossidi dei metalli alcalino-terrosi (in particolare Mg) sono poco solubili e quindi basi molto deboli. Viceversa, idrossidi come Al(OH)3 o Zn(OH)2 hanno un comportamento anfotero:possono avere caratteristiche acide o basiche. La natura acido-base di un ossido (specialmente di metalli di transizione e di semimetalli) può infatti variare dal basico all'acido all'aumentare del grado di ossidazione dell'elemento. cationi derivati da idruri prendono il suffisso -onio. Ad esempio: PH4

+, fosfonio; NH4+, ammonio; H3O

+, ossonio (o idronio). Gli anioni derivati da idracidi prendono suffisso -uro Ad esempio: Cl - Cloruro ;Br - Bromuro I sali sono composti chimici in cui un (o più) atomo di un metallo lega con un (o più) atomo di un nonmetallo e/o con un (o più) atomo di ossigeno. Nel primo caso si parla di aloidi, nel secondo di

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ossisali. I sali si possono generalmente ottenere per reazione tra acidi e idrossidi . Nei sali ,rispetto all’acido da cui deriva,si cambia la desinenza : Acido Sale -oso -ito -ico -ato -idrico -uro Fluoruro di Sodio NaF Nitrito di Potassio KNO2 Nitrato di Bario Ba(NO3)2 Solfato cromico Cr2(SO4)3 Saranno qui sufficienti poche semplici integrazioni. Una di esse riguarda quei sali che derivano dalla reazione incompleta di acidi poliprotici con basi forti e che quindi mantengono idrogeni acidi nell'anione (sali acidi). In tal caso si indica, prima dell'anione, il numero di idrogeni presenti, usando le particelle mono-, di-, tri- etc. Esempi: NaHCO3, idrogenocarbonato di sodio (in alternativa a idrogenocarbonato, si usava una volta il termine bicarbonato); KH2PO4, diidrogenofosfato di potassio; Ca(HSO3)2, idrogenosolfito di calcio. Sali contenenti gli ioni OH- o O2- Si usano rispettivamente i termini idrossi e ossi. Esempi: Mg(OH)Cl , idrossicloruro di magnesio; PbOCl2, ossidicloruro di piombo (IV) Sali doppi: I cationi si scrivono in ordine alfabetico e con lo stesso criterio si scrivono gli anioni. Nella nomenclatura, al nome dell'anione si fa seguire l'aggettivo doppio. Esempi: KMgCl 3, cloruro doppio di potassio e magnesio; NH4NaHPO4, idrogenofosfato doppio di ammonio e sodio. 75

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Vito Ribecco Grazia Maria Putignano CAPITOLO 3

Stati di Aggregazione Prima di parlare degli stati di aggregazione voglio farvi prendere familiarità con le grandezze fisiche Temperatura,Volume e Pressione e con le loro unità di misura. L’unità di misura del volume nel SI è il metro cubo m³,ma in chimica si usa il litro l (1 ml=1,000028 cm³) , misuriamo il volume con vetreria graduata(es.cilindri). La densità (�,rho) è uguale alla massa /volume (l’unità di misura della massa è il grammo g)

(1)La densità dipende dalla temperatura in quanto, generalmente, il volume di un solido varia al variare della temperatura :con l’aumentare della temperatura la densità diminuisce. Un'eccezione notevole è costituita dall'acqua a temperatura compresa tra 0°C e circa 4°C; in questo intervallo un aumento di temperatura provoca una diminuzione del volume e quindi un aumento della densità(anomalia dell’acqua). Nel Sistema Internazionale la densità si misura in kg/m³; in chimica si adotta g/ml La temperatura nel S.I. si esprime in K(Kelvin).Un Kelvin viene formalmente definito come 1/273,16 della temperatura del punto triplo dell'acqua (il punto in cui acqua, ghiaccio e vapore coesistono in equilibrio,vedi capitolo 4 stati di aggregazione).Il Kelvin in quanto unità SI, non è mai preceduto dalle parole "grado" o "gradi", o dal simbolo °. La temperatura di solidificazione dell’acqua,nella scala Kelvin, è di 273,16 K;la temperatura di ebollizione è di 373,16 K. La graduazione risulta quindi suddivisa in 100 parti uguali(come per la Celsius) .Per trasformare la temperatura espressa in °C(scala Celsius) in K bisogna aggiungere 273,16 K=°C +273,16 (2) ( es 25°C =25+273,16=298,16 K)�La temperatura 0 K viene detta zero assoluto e corrisponde al punto in cui le molecole e gli atomi hanno la minore energia termica possibile.Nessun sistema macroscopico può avere temperatura inferiore allo zero assoluto.Lo strumento per misurare la temperatura è il termometro. Altre scale di temperatura sono la scala Reamur e la scala Fahrenheit,La scala Reamur prevede come punti fissi, la temperatura del ghiaccio che fonde, corrispondente 0°R. e la temperatura dell’acqua che bolle 80°R. La graduazione risulta, in questa scala, divisa in 80 intervalli uguali. L’unità di misura e il grado Reamur °R. K= 1,25•°R+273,16 (3) Nella scala Fahrenheit, la temperatura del ghiaccio che fonde = 32°.F La temperatura dell’acqua che bolle =212°.F . La graduazione risulta quindi suddivisa in 180 parti uguali. L’unità di misura e il grado Fahrenheit °F . K= 0,56•(°F-32) +273,16 (4) Per temperatura ambiente, si intende 25°C (298,16 K)

La pressione P=F/A (5) cioè forza su superficie(unità di misura della forza è il Newton N,della superficie è il m²), lo strumento di misura è il manometro(per la P atmosferica il barometro) l’unità di misura della pressione è il Pascal P (1P=1N/m²) ma in chimica si preferisce usare le atmosfere atm (1 atm =1,013•105 P) ;1 atm =760mmHg (1 torr). Cosa significano 760 mmHg ? 76

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Fig 1

Nel 1643 Evangelista Torricelli ideò un sistema per la misurazione della pressione atmosferica: il barometro a mercurio(fig 1). Questo è formato da un tubo in vetro alto circa 850 mm, chiuso ad una estremità e che deve essere accuratamente riempito di mercurio. L'apparecchio deve essere rovesciato in posizione verticale con l'estremità aperta immersa in una bacinella contenente anch'essa mercurio(sulla quale agisce la pressione atmosferica), badando a non far entrare aria. Nello spazio che si forma sopra la colonna di mercurio sono, perciò, presenti solo vapori di Hg, la cui pressione può essere, a condizioni standard di temperatura, considerata insignificante.In termini molto semplici l’altezza della colonnina di mercurio è proporzionale alla pressione atmosferica. E

nell’esperienza di torricelli a livello del mare l’altezza della colonnina è 760 mmHg(ρHg= 13,60

g/cm³) Applicando la legge di Stevino si ha: p0 = ρρρρHg · g · h (6) ove p0 = pressione atmosferica ρρρρHg= densità mercurio = 13.600 Kg/m3 ( a 0 °C ) g = accelerazione di gravità = 9,80 m/s2

h = altezza colonna di Hg = 0,76 m (76 cm=760 mm)

per cui: p0 = 13.600 · 9,8 · 0,76 = 1,013 · 105 N/m2 ( o pa pascal )

Tale valore si chiama atmosfera ( 1 atm ). Ne deriva che, a 0 °C, 1 cm Hg corrisponde a 1333

N/m2 o pa ( 1,013 ·105 / 76 = 1333 ). La scelta del mercurio è dovuta al fatto che questo materiale, ha anche allo stato liquido una densitànotevole, tale da poter eguagliare la pressione atmosferica con una colonna alta, appunto soltanto 76 cm; ripetendo lo stesso esperimento con dell'acqua, per esempio, sarebbe necessario un tubo lungo 10.33 metri Salendo di quota la pressione diminuisce:in montagna essa è più bassa rispetto al livello del mare. (per pressioni minori,la colonna di mercurio avrà altezza minore) 77

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3.1Lo Stato SolidoUn corpo allo stato solido è caratterizzato dall’esistenza di un reticolo cristallino;un solido ha forma propria,è incompressibile e rigido,ha una disposizione ordinata:è un cristallo risultante dalla ripetizione nelle tre dimensioni dello spazio di una cella elementare,che costituisce la più piccola porzione del reticolo cristallino Allo stato solido, le particelle che possono essere presenti come atomi, ioni o molecole occupano posizioni fisse e la loro libertà di movimento è limitata ai moti vibrazionali: oscillazioni intorno ad un punto detto nodo reticolare,che viene preso come rappresentativo della posizione media della particella nel reticolo cristallino.La frequenza delle oscillazioni dipende dalla temperatura(aumenta con l‘aumentare di essa). Le forze di coesione, che tengono insieme le particelle allo stato solido, sono i legami (visti nel capitolo 2). Il criterio più razionale per classificare i vari tipi di solidi, è proprio quello basato sul tipo di legame che tiene unite le particelle. In questo modo si possono individuare classi, ciascuna caratterizzata da un comportamento chimico-fisico omogeneo, determinato dalla natura stessa del legame.

solidi ionici (legami ionici ) solidi covalenti (legami covalenti ) solidi molecolari (legami intermolecolari,cioè legame idrogeno Van der Wals ecc) solidi metallici (legame metallico) 1. Solidi ionici

Dei cristalli ionici abbiamo già parlato a proposito del legame ionico,i nodi reticolari sono occupati da ioni mantenuti nelle loro posizioni di equilibrio da forze columbiane attrattive e repulsive Le loro caratteristiche sono: rigidità e durezza, facile sfaldabilità ,punti di fusione elevati ,cattiva conducibilità elettrica allo stato solido,buona conducibilità allo stato fuso (o in soluzione) 2. Solidi covalenti

I nodi reticolari sono occupati da atomi , tenuti insieme da forti legami covalenti. Esempi classici di cristalli di questo tipo sono il carbonio elementare, sia in forma di diamante che di grafite (fig 2)

Fig 2

Nel diamante gli atomi di carbonio hanno tutti ibridazione sp3; il cristallo ha quindi una struttura tetraedrica. È caratterizzato da estrema durezza, un punto di fusione elevatissimo e pessima conducibilità elettrica. 78

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La grafite è una forma allotropica* del diamante. Nella grafite ogni atomo di carbonio ha ibridazione sp2quindi struttura trigonale; nel cristallo si può riconoscere un'organizzazione in strati sovrapposti, tenuti insieme da interazioni di Van der Wals. Questo spiega la facile sfaldabilità della grafite e il suo uso come lubrificante. Per la presenza di numerosi elettroni delocalizzati su ciascuno strato, la grafite è un buon conduttore di corrente. 3. Solidi molecolari

I nodi reticolari sono occupati da molecole, che possono essere tenute insieme da forze di Van der Wals (ad esempio lo iodio I2 cristallino e molti altri cristalli molecolari di elementi non metallici) o da legami a idrogeno (ad esempio il ghiaccio). Per la natura dei legami che tengono insieme le particelle, i solidi molecolari sono caratterizzati da: consistenza tenera ,bassi punti di fusione ,bassi punti di ebollizione (volatilità) ,cattiva conducibilità elettrica . 4. Solidi metallici

I nodi reticolari sono occupati da cationi

I solidi formati dagli elementi metallici allo stato elementare hanno proprietà decisamente diverse da quelle degli altri solidi. Fra tutte spiccano: elevata conducibilità elettrica e termica ,capacità di emettere elettroni in seguito all'interazione con radiazioni elettromagnetiche(effetto fotoelettrico), malleabilità e duttilità (rispettivamente la capacità di lasciarsi ridurre in lamine e in fili sottilissimi) Queste caratteristiche si giustificano ammettendo che nel metallo gli elettroni siano completamente liberi di muoversi e che il solido sia organizzato in strati capaci di slittare con relativa facilità l'uno sull'altro.Tutto ciò si può spiegare supponendo che nei solidi metallici gli atomi siano tenuti insieme dal legame metallico. I solidi metallici,come abbiamo già visto, sarebbero quindi costituiti da un insieme ordinato di

cationi, immersi in "un mare" di elettroni, formato da tutti gli elettroni di valenza disponibili, uniformemente distribuiti (delocalizzati) e in grado di muoversi liberamente in tutto il cristallo. Nel reticolo cristallino metallico, gli atomi tendono a impacchettarsi nel modo più compatto possibile.

Solidi amorfi

Esistono sostanze che dal punto di vista della incompressibilità e della rigidità potrebbero essere definiti solidi ,ma che non lo sono perchè prive di struttura cristallina.Si dicono solidi amorfi, un nobile esempio di questa categoria è il vetro (si indica spesso,questo stato della materia come stato vetroso),Nel vetro gli atomi formano una rete tridimensionale che manca di simmetria ed ha un contenuto energetico maggiore rispetto alla ipotetica struttura cristallina.I solidi hanno temperature di fusione esattamente definite,i vetri prima rammolliscono e poi passano gradualmente allo stato liquido(vedi fig 3)

*diversa forma cristallina 79

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Fig 3

3.2 Stato LiquidoUna sostanza allo stato liquido non ha forma propria, le particelle hanno una energia cinetica maggiore di quella dello stato solido, possono muoversi disordinatamente ed urtarsi tra loro, rispetto allo stato solido sono minori le forze coesive, tanto da non consentire la separazione,ma insufficienti a bloccare le molecole nelle posizioni fisse di un reticolo cristallino. Possiamo dire che mentre nei solidi c’è un ‘ordine a lungo raggio,nei liquidi è presente un’ordine a corto raggio. Come i solidi anche i liquidi possono classificarsi secondo le forze che agiscono fra le particelle,abbiamo allora liquidi covalenti(ad es SiO2 fuso),liquidi ionici(es NaCl fuso)liquidi molecolari,fra le molecole esistono legami di natura dipolare o legami ad idrogeno (es H20). Esistono liquidi con struttura cristallina ben definita,essi sono i famosi cristalli liquidi che fanno parte degli schermi di televisori e monitor(il plasma invece è un gas ionizzato costituito da “un mare di elettroni e ioni“, globalmente neutro cioè con carica elettrica totale nulla). Consideriamo il recipiente in figura 4 (parte sinistra): il liquido in esso contenuto, è costituito da molecole che in media sono distribuite simmetricamente attorno a ciascuna altra molecola, sicché ogni molecola è ugualmente sollecitata in tutte le direzioni e la risultante delle sollecitazioni è nulla

Fig 4

Per le molecole che si trovano in superficie figura 4 a destra, la situazione è diversa: esiste solo l'interazione con le molecole inferiori (trascurando le interazioni con l'aria e le pareti del recipiente), la risultante è diversa da zero ed è diretta verso l'interno del liquido. E' chiaro che le molecole che costituiscono lo strato superficiale del liquido sono attirate verso l'interno e tendono così ad occupare la minima superficie possibile; il risultato di questa attrazione è che la superficie di un liquido si comporta come una membrana elastica in tensione. Questa membrana ha lo spessore del raggio d'azione entro cui si manifesta l'effetto delle forze intermolecolari e la tensione a cui è sottoposta, prende il nome di tensione superficiale.

Una goccia d'acqua che cade da un rubinetto assume una forma sferica proprio a causa della 80

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tensione superficiale: le molecole interne della goccia, infatti, attraggono quelle più esterne in modo da disporle sulla superficie di area minima, vale a dire su una sfera. Una goccia di mercurio assume una forma sferica anche quando è posta su un piano d'appoggio, perché la sua tensione superficiale è molto grande.La tensione superficiale diminuisce all’aumentare della temperatura.. Le molecole raramente hanno una uniforme distribuzione di carica,ad esempio la molecola dell’acqua,come abbiamo già visto,è un dipolo,dal punto di vista delle cariche all‘interno del liquido, avremo un campo elettrico* di una certa entità,nella sovrastante fase gassosa dato il diverso numero di dipoli presenti,il campo elettrico avrà entità diversa ;la superficie del liquido è sede quindi di una discontinuità di campo elettrico a cui è legata una certa energia,detta appunto energia superficiale. Quando poniamo un liquido in un recipiente la superficie superiore del liquido(menisco),può essere concava o convessa a seconda delle forze di adesione Le forze di adesione sono le forze tra le particelle del liquido e la superficie del recipiente. L'acqua forma un menisco concavo( forze di coesione minori delle forze di adesione )mentre il mercurio forma un menisco convesso(forze di coesione maggiori delle forze di adesione )fig 5

Fig 5

La viscosità di un liquido invece rappresenta l’attrito interno ,ed esprime la maggiore o minore facilità di scorrimento di uno strato di liquido rispetto ad uno strato adiacente(diminuisce con l’aumentare della temperatura) Affinché una particella si allontani dalla massa di liquido di cui fa parte(evapori),è necessario che essa abbia energia sufficiente per sottrarsi all’azione attrattiva delle particelle.Chiaramente sono le particelle a più alto contenuto di energia cinetica(più calde) quelle che possono passare allo stato di vapore . Quando un liquido è introdotto in un recipiente chiuso ad una data temperatura, all'interno del recipiente si crea un equilibrio dinamico a seguito del quale il numero di molecole che nell'unità di tempo si allontanano dalla superficie del liquido (n

1) è uguale al numero di molecole che dal vapore

rientrano nel liquido (n2). La pressione che il vapore esercita sulle pareti del recipiente quando si

trova in equilibrio dinamico con il liquido ad una data temperatura è chiamata tensione di vapore .o pressione di vapore(aumenta esponenzialmente all‘aumento di temperatura). In un liquido in recipiente aperto aumentando la temperatura ,quando la sua pressione di vapore raggiunge il valore della pressione esterna (che agisce sulla sua superficie) bolle,si ha formazione di vapore non solo in superficie,ma in tutta la massa.La temperatura di ebollizione ,varia quindi al variare della pressione esterna , per convenzione si intende come temperatura di ebollizione , la temperatura alla quale la pressione di vapore del liquido vale 1 atm (e quindi anche la pressione esterna). * Una certa zona dello spazio è sede di un campo elettrico quando è possibile individuare azioni meccaniche di

"attrazione" o "repulsione" tra le varie cariche elettriche.

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Liquidi con pressione di vapore alta a temperatura ambiente,hanno maggior tendenza ad evaporare(sostanze volatili).*

3.3 Stato Gassoso

Le sostanze allo stato gassoso,non hanno forma propria ed occupano tutto il volume a loro disposizione,ma la cosa più importante è che sono caratterizzate da una notevole uniformità di comportamento, indipendente dalla natura della sostanza stessa. Il comportamento di un gas può essere infatti descritto in ottima approssimazione attraverso una semplice relazione, l'equazione generale di stato, che collega fra loro i parametri tipici dello stato gassoso (pressione, P, volume, V, temperatura, T, )ed il numero di molecole che compongono il gas. La teoria cinetica si basa sull'assunzione di alcune ipotesi:

a)Le molecole di cui sono composti i gas sono considerate come punti materiali in moto casuale e a distribuzione uniforme nello spazio. Esse collidono tra loro e con le pareti del recipiente con urti perfettamente elastici.

b)Il numero delle molecole è grande cosicché si possano usare metodi statistici. c)Il volume totale delle molecole dei gas è trascurabile rispetto al volume del contenitore. d)L'interazione tra le molecole è trascurabile, eccetto durante l'urto tra di loro che avviene in

maniera impulsiva. e)Le molecole sono perfettamente sferiche

Le ipotesi precedenti descrivono accuratamente il comportamento dei gas ideali. I gas reali si avvicinano all'ideale sotto condizioni di bassa densità o alta temperatura (lontani dalla condensazione).

Fig 6

La pressione è spiegata dalla teoria cinetica come conseguenza delle forze esercitate dalle collisioni delle molecole del gas con le pareti del recipiente.Supponiamo dunque una molecola di massa m che urta contro la parete del recipiente come in figura.6, essa trasmette alla parete un impulso che è

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*Per poter percepire l’odore di una sostanza,essa deve essere volatile

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3.4 Regola delle FasiLa fase di un sistema è un qualcosa che si presenta perfettamente omogeneo(uguale, a differenza di eterogeneo che vuol dire diverso) ,sia dal punto di vista fisico che chimico,distinguibile(anche ad occhio),separabile con mezzi fisici dalle altre fasi.Ad esempio se mettete in un bicchiere acqua ed olio,poiché non sono miscibili ed è possibile anche separarli con un imbuto separatore,avete un sistema a 2 fasi;se in un altro bicchiere mettete un po’ di zucchero in acqua,lo zucchero si scioglie in acqua avete quindi 1 fase ;se in un altro bicchiere mettete ghiaccio, acqua ed olio,avete un sistema a 3 Fasi..In fig 7 esempio di 2 fasi

Fig 7

La zona dove 2 fasi vengono a contatto è detta interfaccia. Le variabili di stato che definiscono un sistema(vedi prossimo capitolo), si distinguono in a)Variabili estensive o fattori di capacità,sono indipendenti dalle dimensioni del sistema(come volume e numero di moli) e sono additive per lo stesso sistema ,ad esempio unendo 2 ml di acqua con 3 ml di acqua il volume del sistema risulta di 5 ml(I volumi di specie chimiche diverse non sono additivi cioè mescolando 5 ml di acqua e 10 di alcool il volume totale non sarà precisamente di 15 ml) b)Variabili intensive o fattori di intensità,sono indipendenti dalle dimensioni del sistema(temperatura, pressione,concentrazione) e non sono additive,ad esempio unendo due diverse quantità di acqua a 25°C la temperatura del sistema risultante è di 25°C (non la somma delle temperature)

Con la dizione di grado di libertà o Varianza di un sistema,si indica il numero di parametri intensivi i cui singoli valori possono essere variati indipendentemente l’uno dall’altro senza alterare l’equilibrio(vedi capitolo 4) del sistema:Per un sistema in equilibrio a certi valori di temperatura e pressione costituito da C specie chimiche ,vale la regola delle fasi: V=C+2-f (34) dove V è la varianza, C il numero di specie chimiche, ed f le fasi.

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3.5 Passaggi di stato

Fig 8

Riscaldando un solido aumenta l’energia cinetica di vibrazione delle particelle fino ad una certa temperatura(temperatura di fusione) alla quale il solido inizia a liquefare,fornendo ulteriormente calore al sistema solido/liquido,come vedete dal “pianerottolo” in fig 8, non si ha aumento di temperatura perché l’energia fornita è usata per rompere i legami reticolari.il calore fornito da quando il solido inizia a fondere fino alla totale fusione,viene detto calore latente di fusione,se riferito ad una mole si parla di calore latente molare di fusione Il passaggio da stato da solido a liquido si chiama liquefazione,il passaggio inverso si chiama solidificazione(in questo caso si parla di calore latente di solidificazione) Quando tutto il solido è fuso,il sistema è costituito da solo liquido,continuando a fornire calore si ha nuovamente aumento dell’energia cinetica delle particelle di liquido e quindi della temperatura,fin quando il liquido inizia a bollire(temperatura di ebollizione),a questa temperatura avremo un’energia cinetica media delle particelle tale che la pressione di vapore del liquido,raggiunge il valore della pressione esterna ed il liquido bolle:Continuando a fornire calore evapora nuovo liquido e la temperatura resta costante ,aumenta il moto caotico delle particelle cioè il loro disordine(aumenta l’ entropia),fimo a quando tutto il liquido è evaporato e la temperatura continua a salire,il calore necessario alla evaporazione di una mole di liquido prende il nome calore latente molare di evaporazione Il passaggio di stato da liquido a vapore si chiama evaporazione,il passaggio inverso si chiama liquefazione(in questo caso si parla di calore latente di liquefazione). Un solido in opportune condizioni di temperatura e pressione può passare direttamente allo stato di vapore il passaggio di stato si chiama sublimazione;al contrario il passaggio di stato da vapore a solido è detto brinamento.

Fig 9

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3.6 Diagramma dell’acquaImmaginiamo di riempire parzialmente con acqua un recipiente trasparente,munito di termometro e di manometro,chiuso,nel quale sia stato fatto precedentemente il vuoto.Lo raffreddiamo ad una temperatura di -50°C,in queste condizioni l’acqua è presente negli stati di solido e vapore(ora capite perché quando aprite il freezer vedete il vapore). Iniziamo a dare piccole successive quantità di calore ,aspettando ogni volta che sia raggiunto l’equilibrio prima di rilevare Pressione e temperatura.Man mano che la temperatura sale il sistema,inizialmente costituito da solido/vapore,si trasforma in solido/liquido/vapore prima,e poi in liquido/vapore,fino alla temperatura critica(374,1°C),oltre questa temperatura avremo solo gas.I dati in nostro possesso;riportando in un diagramma cartesiano,sull’asse delle ascisse i valori della temperatura e sull’ asse delle ordinate i valori di pressione ;ci permettono di costruire un diagramma. In tale diagramma si individuano tre zone, , che caratterizzano le tre fasi (solida(S), liquida(L) e vapore(G)) per la sostanza H2O. Se una coppia di valori (T,P) produce un punto che ricade dentro una specifica zona, significa che per quei valori di temperatura e pressione, lo stato fisico stabile è 90

quello indicato dal diagramma

Fig 10

ll diagramma di stato dell'acqua in fig 10 tiene conto del variare della pressione e della temperatura. La pressione è espressa in mmHg e la temperatura in gradi Centigradi. Il punto triplo(Pt) è un punto localizzato a circa 4,5mmHg con 0,01°C ed è l'intorno in cui l'acqua presenta conformazione di solido di liquido e di gas(coesistenza delle tre fasi). E' un punto difficilmente osservabile, se non in laboratorio, a causa della particolare pressione che equivale a porre il composto sotto vuoto. Anche minimi sbalzi di temperatura potrebbero spostare il punto in altri luoghi del diagramma rendendo l'acqua solida, liquida o vapore. E' interessante notare che a 760mmHg (corrispondenti ad 1atm) di pressione e a 0°C esatti( dove la linea tratteggiata orizzontale,incrocia la linea tratteggiata verticale più a sinistra) l'acqua è in equilibrio tra stato solido e stadio liquido. Un’altro equilibrio lo si ha a 760mmHg e 100°( dove la linea tratteggiata orizzontale,incrocia la linea tratteggiata verticale più a destra) con l'acqua egualmente presente come liquido e vapore. A differenza della maggior parte delle altre sostanze, per le quali la forma solida è più densa di quella liquida, il ghiaccio è meno denso dell'acqua liquida. La densità dell'acqua è infatti massima a 4 °C(anomalia dell‘acqua). Ciò è dovuto al fatto che il volume molare dell'acqua aumenta all'abbassarsi della temperatura, con conseguente diminuzione della densità, e galleggiamento per spinta di Archimede.. La densità dell’acqua = 1g/ml. 91 Vito Ribecco Grazia Maria Putignano

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Vito Ribecco Grazia Maria Putignano

CAPITOLO 4 Equilibrio Chimico 4.1 Generalità In chimica nulla si crea nulla si distrugge ma tutto si trasforma,come recita la legge di Lavoisier,e come dice la legge di Proust quando due o più elementi reagiscono, per formare un determinato composto, si combinano sempre secondo proporzioni in massa definite e costanti. In una reazione chimica a moli di A e b moli di B,reagiscono per dare c moli di C e d moli di D, a b c d sono i coefficienti stechiometrici (sono dei numeri ) ,ci dicono quante a moli della specie A si combinano con quante b moli della specie B a dare c moli della specie C e d moli della specie D,ci indicano in parole povere in che rapporto matematico(in chimica correttamente si dice stechiometrico) le molecole reagiscono e si formano. Quasi tutte le reazioni chimiche sono reversibili , perciò si usa una doppia freccia e si Scrive :

Reversibilità di una reazione significa che quando le specie C e D si sono formate, c moli di C reagiscono con d moli di D a dare a moli di A e b moli di B.Tutto ciò continua fino a che non si raggiunge uno stato di equilibrio, in cui saranno presenti tutti i componenti, ognuno con una concentrazione che non cambia nel tempo (sempre che non cambino i parametri: pressione p, numero di moli dei singoli componenti ni, temperatura T),tale equilibrio non è statico ma dinamico: A e B continuano a reagire per dare C e D che a loro volta reagiscono a dare A e B,in modo tale che la loro concentrazione non cambi.,e che i loro rapporti restino costanti, tant’è vero che possiamo scrivere la costante di equilibrio K

.

[C] ,[D],[A],[B] sono le concentrazioni delle specie A,B,C,D Per concentrazione si intende la quantità di moli presenti nell’unità di volume (moli/l), Il rapporto tra prodotti e reagenti, è costante, quindi se in una situazione di equilibrio aggiungiamo ancora reagenti A e B,proprio in virtù della K di equilibrio,si formerà una quantità proporzionale di prodotti C e D. Questa è la legge di azione di massa: Il rapporto tra il prodotto delle concentrazioni dei reagenti ed il prodotto di quelle dei reagenti, ciascuna elevata ad un esponente pari al coefficiente stechiometrico del composto nella reazione, risulta essere costante e indipendente dalle concentrazioni iniziali Se tutti i costituenti di un equilibrio chimico fanno parte di una stessa fase ,ad esempio sono tutti in soluzione nel medesimo solvente,o sono tutti gassosi, si dice che l’equilibrio chimico è omogeneo.;se fanno parte di più fasi l’equilibrio chimico è eterogeneo,come un solido in equilibrio con i suoi prodotti di dissociazione,ad esempio NH4Cl(solido) ���� NH3(gas) +HCl(gas)

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Ogni equilibrio è governato solo da temperatura, pressione e concentrazione e quindi la quantità di ciascuna fase non ha importanza concettuale. Dietro questa apparente semplicità ,ci sono dei principi chimico-fisici molto importanti. che stiamo per analizzare. 4.2 Termodinamica Chimica Ogni percettibile quantità di materia su cui sia possibile effettuare una osservazione macroscopica,costituisce un sistema termodinamico.

fig1

La termodinamica considera sistemi in equilibrio.Un sistema può essere: a)Sistema isolato non può scambiare con l’esterno né materia né energia b)Sistema chiuso può scambiare energia ma non materia c)Sistema aperto può scambiare energia e materia La materia si può aggiungere,con degli opportuni calcoli prelevo n moli di sostanza e li aggiungo ad un sistema aperto. L’energia come può essere scambiata da un sistema chiuso o aperto che sia? L’energia può essere trasferita ma mai creata o distrutta.L’operazione mediante la quale l’energia viene trasferita da un sistema meccanico ad un altro ,si chiama lavoro e si indica w w=F• ds (1) F è la forza ed ds lo spostamento infinitesimo* Possiamo riscrivere la (1) in funzione delle variabili di stato che sono più pertinenti alla chimica: F w= • A •d s =P • dV (2) A F/A è forza/superficie e sappiamo che si chiama Pressione P,ed è la pressione esterna (la pressione che l’ambiente esercita sul sistema) ;A •d s è una superficie • variazione infinitesima di lunghezza,che corrisponde ad una variazione infinitesima di Volume dV . Quindi integrando la (2) a pressione costante : V2

w=∫ PdV=P•(V2-V1)=P•∆V (3) V1

Cioè Pressione P per variazione di Volume ∆V(delta V) Quindi w = P • ∆V l’unità di misura sarebbe atm x litro,si usa un’altra unità di misura: l'unità di misura del lavoro e dell’energia in generale ,nel S.I.(il più diffuso tra i sistemi di unità di misura) è il joule (J);un atm x litro(o litroatmosfera) è equivalente a 101,3 J Una unità di misura largamente utilizzata in chimica è la caloria (cal): quantità di energia necessaria per aumentare di l°C la temperatura di 1 g di acqua. 1 cal = 4.184 J *Gli infinitesimi sono delle entità numeriche infinitamente piccole

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Se forniamo calore ad un corpo si ha un aumento di temperatura(indichiamo con ∆T la variazione di temperatura,) q = C x ∆T (4) La costante di proporzionalità C è la capacità termica- Le reazioni chimiche liberano o assorbono calore ,il calore è energia che si trasferisce in virtù di una differenza di temperatura esistente tra il sistema e l'ambiente esterno. Il calore non è funzione di stato .Una funzione di stato è una proprietà che dipende solo dai valori di p, t, v, numero di moli della sostanza presa in esame. Vediamo qualche esempio che ci permetta di capire qualcosa. Abbiamo un gas(fig 2) in un cilindro delimitato da un pistone mobile,le due pareti verticali del cilindro sono isolanti,la base del cilindro,non è isolante ed è in contatto con una resistenza.Il sistema nello stadio iniziale è caratterizzato da Pressione Volume e Temperatura P1 V1 T1. Portiamo la resistenza ad una temperatura T2> T1 ,la resistenza cederà calore al gas(a livello microscopico aumenta l’energia cinetica delle molecole,e quindi gli urti ),il gas non è in grado di cedere calore all’ambiente perché le sue pareti verticali sono isolanti:Cosa succede? L’unica cosa che il gas può fare,dato che il pistone è mobile,è spostare il pistone ,fino ad una nuova situazione di equilibrio, cioè compie un lavoro,così passa ad uno stato caratterizzato da Pressione Volume e Temperatura P2 V2 T2 (il gas si è espanso), P2=P1 ( perchè la pressione esercitata dal pistone non cambia )

Resistenza Fig 2

w=P• ∆V =P(V2-V1) V2 è il Volume Finale V1 quello inziale P è la pressione esercitata del pistone Nella fig 3 viene messo in risalto il ∆V dell’esperimento 94

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Fig 3 Praticamente c’è stata una trasformazione di una parte del calore in lavoro,non si riesce a trasformare integralmente calore in lavoro(si parla di resa) Vediamo un’ esempio nel quale la pressione varia in fig 4 Abbiamo un gas in un cilindro la parte superiore del cilindro è mobile,le altre pareti non sono isolate dall’ambiente, la pressione è mantenuta costante dal peso della sabbia sulla parte mobile cioè dalla pressione P ,manteniamo fisso il pistone mobile fin che non abbiamo aumentato la quantità di sabbia,poi lo lasciamo muovere ad agire ora è la pressione (P+dP),il gas viene compresso,il sistema subisce lavoro w=Pf •(V2-V1) dove Pf è = (P+dP) questa volta dato che V2 < V1 il lavoro sarà negativo, il sistema in virtù della compressione subisce un aumento di temperatura(a livello microscopico aumenta l’energia cinetica delle molecole,gli urti fra esse) e quindi cede calore all’ambiente(calore negativo perché ceduto).Abbiamo ottenuto calore dal lavoro

Fig 4 Ora possiamo enunciare quanto segue: 1° Principio della termodinamica (o legge di conservazione dell'energia) L’energia può essere convertita da una forma in un’altra, non può essere né creata né distrutta. 2°Principio della termodinamica non è possibile trasformare integralmente calore in lavoro. Esiste anche il Principio Zero della termodinamica: se un corpo A è in equilibrio termico con un corpo B , e il corpo B è a sua volta in equilibrio termico con un altro corpo C , allora A è senz'altro in equilibrio termico con il corpo C

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4.2.1 Energia Interna L’energia posseduta dalle particelle presenti in un campione è nota come energia interna E (alcuni testi riportano il simbolo U)Essa è una funzione di stato .Il Valore dell’energia interna di un sistema non è noto,ma ciò non rappresenta una difficoltà per la termodinamica,perché essa non si interessa ai valori assoluti,ma solo alle differenze,che indichiamo con la lettera ∆(Delta maiuscolo,) fra i valori del sistema stesso,prima e dopo una trasformazione. l'energia interna di un sistema isolato si mantiene costante ∆Ε =q-w (5) La variazione dell’energia interna di un sistema è pari alla differenza fra le quantità di calore e lavoro scambiate Calore e lavoro non sono funzioni di stato, mentre l’energia interna E lo è Calore q viene considerato positivo quando risulta aggiunto al sistema,negativo se ceduto dal sistema Lavoro w viene considerato positivo quando viene eseguito dal sistema,negativo quando viene subito dal sistema(es. compressione di un gas) Considerando la (2)

∆Ε =q - (P• ∆V) (6) se il Volume viene mantenuto costante ∆V=0 e quindi:

∆Ε =q v (7) l’energia interna sarà uguale al calore scambiato a volume costante.. Le trasformazioni nelle quali il sistema non scambia calore con l’ambiente si dicono adiabatiche. Ora vi mostro una cosa: Il lavoro è diverso se si seguono percorsi diversi( ribadisco:non è una funzione di stato)

Fig 5

Il nostro sistema è costituito da un gas contenuto in un cilindro con pistone mobile sul quale c’è sabbia

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Nell’esempio in fig 5 ,riportiamo un diagramma PV, partiamo dal punto F il gas ha P2 e V1,vogliamo portarlo al punto indicato J(P1,V2);abbiamo 3 strade possibili a)riduciamo la pressione del sistema al valore P1:in maniera calcolata diminuiamo la quantità di sabbia,ma mantenendo fermo il pistone,in modo che il volume non vari ,abbiamo effettuato una trasformazione isocora e siamo arrivati al punto D,a questo punto eseguiamo una trasformazione isobara:somministriamo calore(calcolato) e lasciamo libero il pistone: il gas compierà lavoro(si espande) e si porterà al punto J, V2

l’area sottesa dalla line DJ è uguale al lavoro w= ∫ P1dV=P1(V2- V1) (8) V1

b) riprendiamo il sistema dal punto F,forniamo calore a pressione costante(sempre calcoli alla mano),facciamo quindi una trasformazione isobara,il sistema compie lavoro ed arriviamo al punto U(P2 eV2),fermiamo il pistone, riduciamo la quantità di sabbia (trasformazione isocora) ,il sistema compie lavoro(si espande) ed arriviamo al punto J. V2

l’area sottesa dalla linea FU è uguale al lavoro w= ∫ P2dV=P2(V2- V1) (9) V1

c)riprendiamo il sistema dal punto F facciamo una trasformazione isoterma:procedendo per stadi successivi (senza somministrare calore,) togliamo piccole quantità di sabbia dal pistone,in tempi successivi lentamente, in modo tale che la temperatura non vari, la pressione diminuisce ed il volume aumenta(il sistema compie lavoro) fino ad arrivare al punto J. V2

l’area sottesa dalla curva FJ è uguale al lavoro w= ∫ PdV (10) V1 P e V sono cambiati continuamente quindi non possiamo sostituire P nell’integrale con un valore noto(come abbiamo fatto per a) e b) ),poiché abbiamo operato in modo reversibile(togliendo piccole quantità per volta,in modo da avere una situazione di equilibrio ogni volta)in ogni momento la P esterna,sarà uguale a quella del gas,dall’equazione di stato dei gas sappiamo che : nRT P= e sostituendo nella (10) essa diventa V V2

w= ∫ nRTdV =nRT ln V2 (10‘) V1 V V1

Mentre per ognuno dei 3 percorsi il lavoro è diverso,i valori dell’energia interna ∆Ε =q-w ( e rispettivamente delle altre funzioni di stato) sono identici . Infatti dove il sistema ha svolto un lavoro maggiore,abbiamo somministrato anche maggiore quantità di calore,infatti nel caso a dobbiamo far muovere il pistone da V1 a V2 contro una pressione P1,nel caso b,dobbiamo far muovere il pistone da V1 a V2 contro una pressione P2 > P1 quindi serve una maggiore quantità di calore(per identica variazione di volume). 97

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4.2.2 Entalpia Le reazioni chimiche vengono più comunemente eseguite in recipienti aperti non a volume costante ma a pressione costante .Allo scopo di discutere le reazioni a pressione costante introduciamo una nuova funzione di stato: L’entalpia H H = E + PV (11) Quindi per variazioni infinitesime avremo : dH=dE+PdV+VdP (12) Praticamente H è funzione delle variabili E,P,V;per una variazione di esse, per vedere di quanto è variata la funzione, bisogna fare una operazione matematica :dobbiamo integrare ,per chi non ha dimestichezza con gli integrali,do una breve spiegazione:

---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Il sistema passa da un volume V1 ad un volume V 2, e da avere energia interna E1 ad E2 ,e quindi da un Valore di entalpia H1 a valore di entalpia H2,per calcolare la variazione si usano gli integrali H2 E2 V2 P2 =P1

∫ dH=∫ dE +P∫ dV +V∫ dP (13) P2=P1,perché la pressione è costante H1 E1 V1 P1 integrando otteniamo (H2-H1)=(E2-E1)+P(V2-V1)+V(P1-P1), Indichiamo i valori delle differenze al solito con la lettera ∆ cioè (H2-H1)=∆Η; (E2-E1)=∆Ε ; P(V2-V1)=P∆V ;V(P1-P1)=0 ed otteniamo ∆H=∆E + P∆V (14) quindi la variazione di Entalpia è uguale al calore scambiato solo quando il processo è eseguito a pressione costante ∆ H = qp (15)

---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

L'entalpia è una funzione di stato, le sue variazioni sono indipendenti dal modo in cui i reagenti di una determinata reazione si trasformano nei prodotti,dipende solo dallo stato iniziale e dallo stato finale.Neanche i valori delle entalpie sono noti( proprio perché non è noto il valore E) ma come abbiamo già detto non è un problema. Ci interessano le variazioni ∆Η . Il ∆Η se si riferisce allo stato standard cioè pressione di 1 atmosfera temperatura di di 298,16 K viene indicato come ∆Η°.Il ∆Η di una reazione che partendo dagli elementi , porta alla formazione di una mole del composto in condizioni standard,viene indicata come entalpia molare di formazione ∆Η°f L’entalpia di una reazione è data dalla differenza fra la somma delle entalpie molari di formazione delle specie ottenute nella reazione(prodotti),e la somma delle entalpie molari di formazione delle

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speci reagenti ∆Η°(reazione)=∑i∆Η°(prodotti) - ∑i∆Η°(reagenti) (16)

Questa è la legge di Hess

Un processo esotermico è un processo che cede calore all’ambiente, ∆H negativo (l'entalpia del sistema diminuisce perché una quota di questa viene liberata nell'ambíente esterno), le combustioni *sono reazioni esotermiche. Un processo endotermico è un processo che assorbe calore dall’ambiente ∆H positivo (l'entalpia del sistema aumenta a causa dell'assorbimento di calore dall‘ambiente esterno.)

Le reazioni esotermiche ∆H < 0 sono ostacolate dall’aumento di temperatura Le reazioni endotermiche ∆H > 0 sono favorite dall’aumento di temperatura. Esempi di Entalpie di formazione Specie Chimica ∆Η°f Kcal/mole a 298 K H20(liquida) -68,32 HCl(gassoso) -22,06 CO2 (gassosa) -94,05 AgI(solido) -30,36 Acetilene 54,19 Benzene 11,72 Tab 1

*La combustione è una reazione chimica che comporta l'ossidazione di un combustibile da parte di un comburente - l'ossigeno, in genere quello presente nell'aria - con sviluppo di calore e radiazioni elettromagnetiche, tra cui e spesso anche la luce. Perché avvenga la combustione sono necessari tre elementi: il combustibile, il comburente e l'innesco. (Combustibile e comburente devono essere in proporzioni adeguate). Vedi cap 10

99

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4.2.3 Entropia Il primo principio della termodinamica non offre alcun aiuto nel comprendere perché certe specie chimiche reagiscano fra loro e perché diano luogo a certi prodotti di reazione e non ad altri.Per far ciò bisogna introdurre una nuova funzioni di stato :l’entropia . Consideriamo la fig 6 il recipiente 1 contiene gas,mentre il recipiente 2 è vuoto.I due recipienti sono collegati da una valvola,se essa viene aperta,parte delle molecole del gas passano dal recipiente 1 al recipiente 2 ,aumentando il loro disordine.Il sistema resta a temperatura costante(trasformazione adiabatica con w=0 il sistema non compie o subisce lavoro)

Fig 6

Esiste una quantità S,chiamata entropia legata al disordine del sistema, essa è una funzione di stato .In un processo irreversibile l’entropia dell’universo aumenta;in un processo reversibile l’entropia dell’universo resta costante.In nessun caso è possibile una diminuzione di entropia,.Matematicamente la differenza di entropia tra gli stati 1 e 2

È : 2 dqrev

∆S= ∫ (17) 1 T 100 Nel caso di un processo eseguito a temperatura costante l’espressione è semplice:

∆S= qrev/T (18) L’entropia di una parte dell’universo (∆Stot )può diminuire a patto che vi sia compensazione per mezzo di un simultaneo aumento di entropia di un’altra parte dell’universo

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∆Stot =∆ssist + ∆samb (19)

Per un processo reversibile ∆Stot = 0 Per un processo irreversibile ∆Stot > 0 3° Principio della termodinamica il valore dell’entropia di un cristallo puro,perfetto,è zero allo zero assoluto Per una reazione in condizioni standard:

∆S°(reazione)=∑iS°(prodotti) -∑iS°(reagenti) (20)

Esempi di Entropie assolute Specie chimica S° cal/mole K(a 298 K ) Ag 10,20 Diamante 0,6 Fe2O3 21,5 Metanolo 30,3

OH- -2,52

Tab 2

4.2.4 Energia Libera L’ entropia è un criterio conveniente per definire l’equilibrio in sistemi isolati,ma poco utile in chimica ,dove in genere i sistemi sono aperti o chiusi ma non isolati.Per questi sistemi bisogna introdurre un diverso criterio di equilibrio che tenga conto delle variazioni di energia e di entropia. Questo criterio si concretizza con una nuova funzione di stato appunto l’energia libera,essa è una funzione di stato fu introdotta da Gibbs nel 1875 ed è quindi nota come funzione di Gibbs G = H - TS (21) per un cambiamento infinitesimo abbiamo : dG=dH-TdS-SdT (22) poiché le nostre condizioni di equilibrio sono valide a T e P costanti dG=dH-TdS (23) E quindi ∆G=∆H - T∆S (24) La (24) deriva dalla(19),perchè

∆Stot =∆ssist + ∆Samb =∆S- ∆H/T (25) cioè a T e P costanti ed in assenza di lavoro opzionale ∆H/T rappresenta la variazione di entropia dell’ambiente, ∆ssist la chiamiamo ∆s e la (25) riarrangiata diventa

-T∆Stot=∆H-T∆S -T∆Stot la chiamiamo ∆G ed ecco che otteniamo la (24) ∆G=∆H - T∆S La diminuzione dell’energia libera, rappresenta il lavoro utile che il sistema è in grado di fornire: - ∆G = w utile (Il Lavoro Max si indica con A=E-TS ,funzione di Helmotz )

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Per una reazione ,in condizioni standard:

∆G° (reazione) = ∑∑∑∑i∆G°(prodotti) -∑∑∑∑i∆G°(reagenti) (26) Se il valore di ∆G <<<< 0 la reazione chimica si dice esoergonica (ci dà lavoro utile)la trasformazione procede spontaneamente ed reversibilmente fino all’equilibrio. Se il valore di ∆G >>>> 0 la reazione chimica si dice endoergonica essa per avvenire ha bisogno di energia Quando ∆G = 0 il sistema è all’equilibrio

In condizioni diverse da quelle standard conoscendo il valore di ∆G° ed i valori effettivi delle concentrazioni di A, B, C e D, possiamo calcolare il valore di ∆G mediante la relazione: c d

[C]. [D] ∆G = ∆G° + RT ln a b

[A] . [B] L’espressione sotto il segno di ln ha la stessa formulazione della costante di equilibrio, ma non lo è in quanto le concentrazioni sono le effettive e non quelle di equilibrio. All’equilibrio ∆G = 0; si ricava perciò con un semplice passaggio : ∆G° = -RT ln K Tale relazione permette il calcolo della K di equilibrio da dati termochimici 102

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Esempi di energie libere di formazione Specie Chimica ∆G°f Kcal/mole a 298 K H20 -54,64 HBr -12,72 ZnO - 76,05 F(gassoso) 14,2

Ag ++

18,43 Tab 3

Se in un sistema,con P e T costanti si ha variazione della composizione chimica,l’energia libera varia

Si definisce potenziale chimico µi della specie chimica i in una fase,la quantità di cui aumenta l’energia libera della fase ,per aggiunta di una mole n di questa specie. dG=∑iµi dni ( con T e P costanti ) (27) considerando la( 12) e la (22) per una variazione infinitesima la funzione dell’energia libera diviene: dG=dE+PdV+VdP-TdS-SdT+∑iµi dni (28) Per un processo reversibile ,per il quale l’unico lavoro possibile è di tipo PV: dE=dq rev-dw rev ,poiché TdS= dq rev e dw rev=PdV la forma completa della (28) diviene (considerando che in un sistema possono esserci più specie chimiche a,b…..i, e quindi na moli di a ,nb moli di b,…. ni moli di i) dG=VdP-SdT +∑iµi dni (29)

Il potenziale chimico µi viene anche detto energia libera parziale molare(parziale perché è una parte dell’energia libera totale,della fase,molare perché riferita ad una mole della specie considerata)

4.3 Cinetica Chimica Con la termodinamica siamo in grado dire in quale direzione si svolge un processo grazie all’entropia e l’energia libera ma non siamo in grado di dire in quanto tempo avviene questo processo. C(diam)+ O (gas) →CO (gas) ∆G0= -389 cal/mole Secondo la termodinamica questa reazione avviene poiché la variazione di energia libera è un valore negativo e l’entropia ha un valore positivo. . Se riflettiamo un po’ è meglio conoscere anche la velocità con la quale la reazione avviene, non è molto carino che un diamante a contatto con l’ossigeno diventa anidride carbonica Grazie alla cinetica siamo in grado di dire che questa reazione avviene ma con una velocità molto bassa per cui i tempi di questa reazione sono molto lunghi(secoli). 4.3.1 Velocità di Reazione Per il calcolo della velocità di un processo occorre calcolare a vari intervalli di tempi le concentrazione dei reagenti e dei prodotti

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Interessiamoci ,per ora solo alla semireazione che porta ai prodotti Per semplicità poniamo che coefficienti stechiometrici a e b siano =1 A+B→C+D per far avvenire una reazione gli atomi: 1. A e B devono urtarsi 2. L’urto deve essere efficace ,cioè le molecole devono possedere energia sufficiente per far avvenire la reazionee che l’urto avvenga in zone reattive(collisione favorevole,es la prima della fig 7),

Fig 7

Cosa succede quando A e B si urtano? A e B si avvicinano e formano un qualcosa che dà origine a C e D: A+B→(A•B)→C+D (A•B) si chiama complesso attivato,la formazione di esso avviene a spese dell’energia cinetica delle molecole;infatti quando A e B si avvicinano tanto da dare luogo al complesso attivato,le forze elettrostatiche repulsive tra A e B devono essere vinte a spese della loro energia cinetica.Se tale energia non consente la formazione del complesso attivato,A e B non reagiscono;se invece le due particelle possono avvicinarsi tanto da formare il complesso attivato,la reazione ha luogo ,e quindi una volta che si è formato il complesso attivato si ha un arrangiamento degli atomi che lo costituiscono,in nuove strutture con il minimo contenuto di energia(prodotti) 104

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Fig 8

Guardiamo la fig 8 L’energia Ea ,si chiama Energia di Attivazione ed è l’energia che va fornita alle molecole A e B affinche si formi il complesso attivato., i reagenti(A e B) man mano che la reazione procede attraversano uno stato di transizione,nel quale si forma appunto il complesso attivato(A•B), e quindi si ottengono i prodotti(C e D),però man mano che i prodotti si formano, reagiscono tra loro ,formano loro stessi il complesso attivato e producono A e B,fino a raggiungere un equilibrio in cui per n molecole di A e di B che reagiscono a dare C e D ci saranno n molecole di C e D che reagiscono a dare A e B(equilibrio dinamico) Considerando le due semireazioni

V1 = k1 [A] a · [B] b (30) ove V = velocità della reazione diretta, k1 = costante della velocità diretta ,[A] e[B] sono le concentrazioni dei reagenti a e b i coefficienti stechiometrici V-1 = k-1 [C] c ·[D] d (31) ove V = velocità della reazione inversa, k1 = costante della velocità inversa, [C] e[D] sono le concentrazioni dei reagenti , c e d i coefficienti stechiometrici

All’equilibrio le due velocità saranno uguali perché tante moli di A e B reagiscono quante di C e D e quindi k1 [A] a · [B] b = k-1 [C] c ·[D] d (32) Per cui [C] c ·[D] d k1

= = K (33) [A] a · [B] b k-1

Il rapporto tra le due costanti di velocità è uguale alla K di equilibrio Si definisce molecolarità di una reazione elementare il numero delle molecole(atomi,ioni) che è necessario si urtino per dar luogo ad essa(molecole che costituiscono il complesso attivato)

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A ���� C è una reazione monomolecolare A+B ���� C è una reazione bimolecolare Si definisce ordine di reazione il numero che esprime la somma degli esponenti con cui le concentrazioni delle singole specie chimiche compaiono nell’espressione della velocità di reazione es Ordine zero V= k1 (in questi casi la velocità è indipendente dalle concentrazioni dei reagenti)

Primo ordine V= k1 [A] Secondo ordine V= k1 [A] ² o V= k1 [A] [B] E così via …. Se una reazione avviene in due stadi come in fig 9 Reazione totale ���� A + 2B C I due stadi sono 1) e 2) ���� 1) A + B I con I indichiamo un intermedio di reazione ���� 2) B + I C Lo stadio 1) è quello lento Lo stadio 2) è quello veloce La velocità di reazione e determinata dallo stadio lento 106

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A+B B+ I C Fig 9

4.3.2 Catalisi La catalisi è un fenomeno chimico attraverso il quale la velocità di una reazione chimica, viene cambiata drasticamente per l'intervento di una sostanza, detta catalizzatore Un catalizzatore , interviene in una reazione chimica aumentandone la velocità ,ma rimanendo inalterato al termine della stessa. L'aumento di velocità viene reso possibile grazie alla diminuzione dell'energia di attivazione fig 10

A + catalizz →ACatalizz ACatalizz + B → AB + Catalizz

Fig 10

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La reazione netta è sempre A + B → AB , mentre il Catalizzatore viene rigenerato alla fine di ogni ciclo e non si consuma.Nel caso in cui un composto presente nell'ambiente di reazione (prodotto, solvente, ecc.) si lega al catalizzatore in modo permanente, si parla di avvelenamento del catalizzatore, che perde così la sua efficacia..I catalizzatori sono detti.catalizzatori omogenei: quando si trovano nello stesso stato fisico dei reagenti. ,si parla di Catalizzatori eterogenei: quando si trovano in uno stato fisico diverso da quello dei reagenti (es. spugne di platino in reazioni in soluzione) Dei catalizzatori molto importanti sono gli enzimi Fig 11

Fig 11

Una reazione con catalisi enzimatica è :

E=Enzima , S=Substrato , ES=complesso Enzima -Substrato , P=Prodotto Se si osserva l'andamento della velocità di una reazione enzimatica in funzione della concentrazione del substrato, notiamo che la Velocità tende ad un valore limite, Vmax Tale limite è dovuto al fatto che nella catalisi enzimatica vi è un passaggio "obbligato", costituito dalla formazione del complesso enzima-substrato, ES, come è indicato nello schema più sotto. (Si faccia attenzione a non identificare questo intermedio, stabile e isolabile, con il complesso attivato della teoria dello stato di transizione.) Essendo la velocità direttamente proporzionale alla concentrazione di ES, è la quantità stessa dell'enzima che impone tale limite. Infatti, quando tutto l'enzima è complessato con il substrato (è, come si dice, saturato), ES è l'unica specie enzimatica presente e la velocità ha il suo valore massimo. Per quanto si possa aumentare ulteriormente la concentrazione del substrato, la concentrazione di ES resterà costante, e con essa anche la velocità della reazione. E indica l'enzima libero, S il substrato, P i prodotti e ES il complesso enzima-substrato. k1, k-1, k2 sono le costanti di velocità dei singoli passaggi elementari. La velocità di reazione, v, è correlata con la concentrazione del substrato, [S], da un'equazione caratteristica, nota come equazione di Michaelis-Menten:

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Fig 11 La velocità di una reazione aumenta aumentando le concentrazioni dei reagenti In generale, un aumento di temperatura provoca un aumento della velocità di reazione;questo può essere messo in relazione con gli urti tra le particelle e con la loro energia cinetica.Per Le reazioni catalizzate da enzimi ciò è vero entro alcuni limiti,perché gli enzimi sono di natura proteica e se la temperatura aumenta troppo si denaturano. Alcune reazioni avvengono soltanto in presenza di radiazioni luminose: ad esempio, la fotosintesi clorofilliana delle piante e le reazioni fotochimiche che avvengono nell‘atmosfera in presenza di

specie inquinanti. 109

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Vito Ribecco Grazia Maria Putignano Capitolo 5 Cenni di Chimica Nucleare 5.1 Il Nucleo Atomico Il nucleo atomico costituisce la parte centrale dell’atomo,ha un raggio 10-5~ 10-6 nm,in esso è praticamente condensata tutta la massa dell’atomo.Costituenti di esso sono i nucleoni: protoni e neutroni(per i valori delle masse e della carica vedi capitolo 1).Tra i nucleoni che costituiscono un nucleo atomico esistono forze di legame :Si definisce energia di legame di un nucleo l’energia necessaria per scindere quel nucleo nei suoi nucleoni;che è pari all’energia che si libera dalla formazione del nucleo a partire dai suoi nucleoni Le energie di legame tra il nucleo e gli elettroni dell’atomo sono di entità trascurabile rispetto a quelle fra nucleoni;per cui il valore dell’energia di legame del nucleo viene assunto come valore dell’energia di legame dell’intero atomo Le Forze nucleari non sono riconducibili a forze di natura gravitazionale od elettromagnetica,ma devono essere viste come forze di scambio:Possiamo immaginare che questo tipo di forze agisca tra i nucleoni con meccanismo riconducibile a quello delle forze in gioco in un legame atomico;nella molecola di idrogeno H2,i due atomi di idrogeno mettono a comune un elettrone ciascuno ed è come se i due atomi scambino un elettrone dell’uno con un elettrone dell’altro in un processo continuo;da questo processo di scambio nasce l’energia di legame fra i due atomi. Da un analogo meccanismo di scambio prende origine l’energia di legame fra nucleoni.

Nei legami tra atomi la particella di scambio è l’elettrone,nei legami tra nucleoni è il mesone π

(detto anche pione),che può essere positivo π + , negativo π - o neutro π °. Ammettiamo che nel nucleo esistano scambi del tipo

neutrone → protone + π -

neutrone 1 → neutrone 2 +π ° (1)

protone → neutrone + π +

Protone 1 → protone 2 +π °

Dalle trasformazioni (1)prenderebbero origine le forze di scambio a cui sono dovute le energie nucleari

Le energie nucleari possono essere determinate,ad esempio con la relazione di Einstein (ed in altri modi) tra massa m (in grammi) ed energia ε (in erg), ε =mc² (2) dove c è la velocità della luce≅3•1010cm/s

Confrontando il valore della massa di un nucleo determinata sperimentalmente con il valore teorico calcolato come somma delle masse dei neutroni e dei protoni che lo costituiscono,il valore teorico risulta maggiore di quello sperimentale,la differenza dei due valori si chiama difetto di massa e mediante la (2),ci permette di determinare la quantità di energia liberata nella formazione del nucleo considerato,cioè dell’energia di legame.

5.2 Gli Isotopi Si chiamano isotopi due o più atomi di una stessa specie chimica,quindi con stesso numero atomico Z,ma che differiscono fra loro per la massa atomica A,ciò avviene per la presenza di un numero diverso di neutroni nel nucleo. 110

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Nel caso dell’idrogeno ai tre isotopi che conosciamo,sono stati dati nomi e simboli diversi. 1

H (idrogeno costituisce il 99,985 % dell’idrogeno totale ) 1

2

D (deuterio costituisce 0,015 % dell’idrogeno totale ) 1 1

T (tritio percentuale trascurabile )

1

Poiché gli isotopi di uno stesso elemento hanno tutti uguale struttura elettronica,hanno proprietà chimiche praticamente identiche,ad esempio l’acqua pesante D20 bolle a101,42°C e congela a 3,82°C,l‘acqua bolle a 100°C e congela a 0°C..

Talvolta gli isotopi di un elemento possono essere radioattivi(vedi prossimo paragrafo).Il Tritio ad esempio emette raggi β- Gli isotopi possono anche essere preparati artificialmente Due nuclei invece si dicono isobari se hanno uguale numero di massa ma diverso numero atomico

5.3 Radioattività La radioattività è il fenomeno per cui alcuni nuclei, non stabili, si trasformano in altri emettendo particelle. La radioattività non è stata inventata dall'uomo, anzi, al contrario, l'uomo è esposto alla radioattività fin dal momento della sua apparizione sulla Terra. La radioattività è antica quanto l’Universo ed è presente ovunque: nelle Stelle, nella Terra e nei nostri stessi corpi. La scoperta della radioattività avvenne alla fine dell’800 ad opera di Henry Bequerel e dei coniugi Pierre e Marie Curie , che ricevettero il Premio Nobel per la Fisica per le loro ricerche. Essi scoprirono che alcuni minerali, contenenti uranio e radio,avevano la proprietà di impressionare delle lastre fotografiche poste nelle loro vicinanze. Le lastre fotografiche, una volta sviluppate, presentavano delle macchie scure. Per questa loro proprietà, elementi come l’uranio, il radio e il polonio (gli ultimi due scoperti proprio da Pierre e Marie Curie) vennero denominati radioattivi e il fenomeno di emissione di particelle venne detto radioattività. Da allora sono stati identificati altri elementi radioattivi. Gli elementi radioattivi hanno acquistato notevole importanza in campo scientifico,medico e tecnico. 5.3.1 Unità di misura della radioattività L'unità di misura della radioattività è il becquerel (Bq). 1 Bq corrisponde a 1 disintegrazione al secondo. Poiché questa unità di misura è assai piccola, la radioattività si esprime molto spesso in multipli di Bq: il kilo-becquerel (kBq) = 103 Bq, il Mega-becquerel (MBq) = 106 Bq e il Gigabecquerel (GBq) = 109 Bq. L'unità di misura usata in precedenza era il Curie (Ci) definita come la quantità di radioattività presente in un grammo di radio. Questa unità è immensamente più grande del Bq, perché in un grammo di radio avvengono 37 miliardi di disintegrazioni al secondo. Perciò:1 Ci = 37 GBq = 37 miliardi di Bq. Il contatore Geiger (fig 1)è il più comune strumento utile per misurare radiazioni di tipo ionizzante,essenzialmente è costituito da due elettrodi tra i quali è posto un gas,e tra i quali esiste una differenza di potenziale;gli ioni che si formano nel gas per il passaggio della particella provocano un passaggio di corrente tra i due elettrodi,che opportunamente amplificato,comanda un numeratore meccanico che conta il numero di particelle entrate nel contatore 111

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. Fig 1

5.4Decadimento Radioattivo La trasformazione di un atomo radioattivo porta alla produzione di un altro atomo, che può essere anch'esso radioattivo oppure stabile. Essa è chiamata disintegrazione o decadimento radioattivo Considerando N atomi di una specie radioattiva,si è notato sperimentalmente che il numero delle disintegrazioni nell’unità di tempo è proporzionale ad N,(processo di primo ordine ) - dN/dt= λN (3) Dove λ è la costante di decadimento ed è un valore caratteristico per ogni specie radioattiva Si indica t½ il tempo necessario affinché il 50% degli atomi considerati decadano t½ =0,693/ λ (4) Anche il t½ è un valore caratteristico per ogni specie radioattiva Le radiazioni che si liberano nei processi radioattivi sono dette radiazioni ionizzanti perché dotate di sufficiente energia da poter ionizzare gli atomi (o le molecole) con i quali vengono a contatto. A seconda del tipo di radiazione emessa,si distinguono tre diversi tipi di decadimento radioattivo(α,β,γ)

5.4.1Decadimento αααα Consideriamo un nucleo con numero atomico Z e numero di massa A. In seguito ad un decadimento

alfa, il nucleo emette una particella α, cioè un nucleo di elio composto da due protoni e due neutroni (ricordate particella onda associata?), e si trasforma in un nucleo diverso, con numero atomico (Z - 2) e numero di massa (A – 4). Un esempio è il decadimento dell’uranio-238 in torio-234 . Le radiazioni alfa, per la loro natura, sono poco penetranti e possono essere completamente bloccate da un semplice foglio di carta. 94

(5) 112

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5.4.2Decadimento ββββ Questo tipo di decadimento produce isobari Una particella beta è un elettrone ad alta velocità che fuoriesce da un nucleo in disintegrazione. Tale particella può avere carica negativa unitaria (ß-, decadimento beta negativo), o carica positiva unitaria (ß+, decadimento beta positivo). In ogni caso la massa è identica a quella dell'elettrone Quando il nucleo è instabile per eccesso di neutroni, un neutrone in eccesso si trasforma in protone

Un esempio è il decadimento del Cobalto-60 in Nichel-60.

(6) _ la lettera greca v "ni" indica il neutrino* Le radiazioni beta sono più penetranti di quelle alfa, ma possono essere completamente bloccate da piccoli spessori di materiali metallici (ad esempio, pochi millimetri di alluminio).

Quando il nucleo è instabile per difetto di neutroni, un protone in eccesso emette una particella ß+, chiamata positrone** , e si trasforma in neutrone

Un esempio è il decadimento del Antimonio 120 120 120

Sb → Sn + e+ + energia (7) 51 50

5.4.3Decadimento γγγγ In questo tipo di decadimento radioattivo,il nucleo non si trasforma ma passa semplicemente in uno stato di energia inferiore ed emette un fotone. La radiazione gamma accompagna solitamente una radiazione alfa o una radiazione beta. Infatti, dopo l'emissione alfa o beta, il nucleo è ancora eccitato perché i suoi protoni e neutroni non hanno ancora raggiunto la nuova situazione di equilibrio: di conseguenza, il nucleo si libera rapidamente del surplus di energia attraverso l'emissione di una radiazione gamma. Per esempio il cobalto-60 si trasforma per disintegrazione beta in nichel-60, che raggiunge il suo stato di equilibrio emettendo una radiazione gamma

(8) Al contrario delle radiazioni alfa e beta, le radiazioni gamma sono molto penetranti, e per bloccarle occorrono materiali ad elevata densità come il piombo ;sono radiazioni molto energetiche.

*il neutrino è una particella ad elevata energia,carica nulla e massa praticamente nulla,la sua importanza è teorica per il bilancio energetico.

** Il positrone (detto anche positone o antielettrone) è l'equivalente di antimateria dell'elettrone. Ha carica elettrica pari a +1, e la stessa massa dell'elettrone. Le particelle ß+ dopo circa 10-9 secondi vanno incontro ad ANNICHILAZIONE, interagendo con un elettrone. Le due particelle scompaiono e la loro massa è trasformata in 2 fotoni gamma di 0.511 MeV, emessi in direzioni contrapposte. 113

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5.5 Fissione Nucleare La fissione nucleare interessa prevalentemente nuclei con numero di massa superiore a 100, ma è molto più facilmente osservabile in nuclei con numero di massa intorno a 230. Es Uranio 235* Nella fissione nucleare indotta, un neutrone incide sul nucleo e ne viene assorbito cedendo la propria energia al nucleo stesso, aumentandone l'energia interna dei suoi componenti; il nucleo acquista, in tal caso, un'anomala forma allungata.. 235 236

U + neutrone → U (9) 92 92

Questa è una situazione instabile e, nel giro di una frazione di secondo (meno di 10-12''), il nucleo si divide in due emettendo due o tre neutroni. 235 236 90 140

U + neutrone → U → Sr + Xe +2,5 neutroni + energia (10) 92 92 38 54

Fig 2

La massa totale dei due nuclei prodotti nella fissione nucleare è inferiore a quella del nucleo di partenza: questa differenza di massa è l'origine dell'energia prodotta nella reazione, perché la massa "persa" si trasforma in energia secondo l'equazione di Einstein. L’85% è energia cinetica il restante 15% e costituito da raggi ββββ e γγγγ. Questo tipo di reazioni avvengono nei reattori nucleari a fissione. Se dei 2,5 neutroni prodotti in media da ciascun atto di fissione 1,5 vanno dispersi ed 1 provoca la fissione di un altro nucleo,la reazione nucleare a catena si mantiene(condizione critica);se il numero di fissioni conseguente alla singola fissione è in media minore di 1 la reazione si arresta,se è maggiore di 1 tende ad accelerarsi progressivamente e rapidamente cioè diverge. Per il verificarsi di una di queste possibilità(condizione critica, arresto ,divergenza)ha grande importanza la dimensione del blocco di uranio;infatti aumentando questa aumenta la probabilità che i neutroni diano luogo a fissioni successive prima di abbandonare lo stesso blocco di uranio. Esiste però una dimensione critica( 12 cm di diametro per l’uranio ) oltre la quale la reazione a catena diventa esplosiva. * La miscela di isotopi dell ‘uranio, nota come uranio arricchito , differisce dall' uranio nativo estratto dalle miniere, perché il contenuto di 235U è stato incrementato attraverso il processo di separazione degli isotopi. L'uranio nativo consiste principalmente dell'isotopo 238U, con una percentuale di circa 0,711 % in peso come 235U, l'unico isotopo esistente in natura in quantità apprezzabili che possa essere sottoposto a fissione nucleare,L'uranio impoverito è il termine con il quale si definisce la miscela di uranio più povera rispetto alla concentrazione naturale 0,7% circa dell'isotopo di numero di massa 235 (235U). L'uranio impoverito è ottenuto come scarto del procedimento di arricchimento dell'uranio.

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Così si crea una bomba atomica ,in essa infatti sono contenuti più pezzi di uranio 235,di dimensioni inferiori a quella critica,l’esplosione si provoca sparandoli l’uno contro l’altro (usando esplosivi convenzionali),in modo da formare un unico blocco di dimensioni superiori alla dimensione critica.Tutto ciò avviene in milionesimi di secondo,e produce nel centro della deflagrazione temperature di 10 milioni di °C Nei reattori nucleari invece Per innescare la reazione di fissione dell'uranio, il neutrone deve essere di bassa energia (neutrone lento) e ottenuto con particolari sostanze dette "moderatori" che rallentano i neutroni più veloci. In genere, si usano come moderatori l'acqua, la grafite o l'acqua pesante. Al centro del reattore,nel nocciolo, si trovano barre di uranio 235 di dimensione critica, i cui atomi subiscono la fissione in reazioni nucleari a catena.Nelle centrali nucleari l'energia liberata viene usata per riscaldare acqua o anidride carbonica con generazione di vapore, che a sua volta alimenta delle turbine.I reattori a fissione nucleare generano quindi energia .

. Fig 3

In queste reazioni si formano grandi quantità di rifiuti radioattivi. In funzionamento normale una centrale nucleare emette radioattivitá all'esterno in piccole dosi, che però possono ugualmente provocare gravi danni agli esseri viventi quando questi vi rimangono esposti per lunghi periodi. . Le centrali sono opportunamente schermate(con piombo o con altri materiali ad alta densità),per evitare fughe di radiazioni e per proteggere chi vi lavora. Ma gli incidenti ai reattori(e gli attentati terroristici) possono sempre avvenire ; è impossibile pensare di poter eliminare al 100% fughe radioattive e le conseguenze possono essere catastrofiche. Si pensi al disastro di Chernobyl. 115

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L'effetto dannoso è dovuto in massima parte alle proprietà ionizzanti dei raggi γ : distruggendo i legami fra molecole, le radiazioni danneggiano le cellule generando radicali liberi, ma soprattutto alterano le molecole del DNA e dell'RNA, causando danni somatici e genetici. Il momento in cui le cellule sono più vulnerabili in assoluto alle radiazioni, è quello della riproduzione (mitosi o meiosi), in cui il DNA è in fase di duplicazione, le strutture del nucleo sono dissolte e gli enzimi che assicurano l'integrità del materiale genetico non possono operare. L'effetto macroscopico più vistoso della radioattività sulle cellule, quindi, è il rallentamento della velocità di riproduzione: e le popolazioni di cellule che si riproducono molto rapidamente sono più vulnerabili di quelle che lo fanno lentamente. In virtù di questo fatto, gli organi più sensibili alle radiazioni sono il midollo osseo emopoietico e il sistema linfatico ( i raggi γ causano quindi tumori quali leucemie e linfomi).

5.6 Fusione Nucleare La fusione nucleare consiste nel fondere due nuclei leggeri per formarne uno nuovo. La fusione che avviene nel Sole e nelle altre stelle, consistente nell'unione dei nuclei di due atomi leggeri, isotopi dell'Idrogeno( deuterio e trizio), in uno più pesante(elio). In questo tipo di reazione il nuovo nucleo costituito, ed il neutrone liberato, hanno una massa totale minore della somma delle masse dei reagenti con conseguente liberazione di un'elevata quantità di energia che conferisce al processo caratteristiche fortemente esotermiche. 2 3 4

D + T → He + neutrone + energia (11) 1 1 2 L’energia da spendere per far avvenire la reazione è ∼ 0,01 MeV,l’energia che si libera dalla formazione dei nuclei di elio ∼3,5 MeV e l’energia cinetica dei neutroni è ∼ 14,1 MeV;il rapporto di energia consumata /prodotta e quindi ≅(14,1+3,5)/0,01=1760

Fig 4 Le reazioni di fusione nucleare richiedono enormi energie di attivazione,per via della repulsione elettrostatica fra i nuclei(i due nuclei devono avvicinarsi a tal punto da fondersi).Soltanto a temperature dell’ordine del centinaio di milioni di °C le forze repulsive fra i nuclei vengono superate dall’energia cinetica degli stessi nuclei e possono aver luogo reazioni nucleari a fusione. A temperature così elevate gli atomi si dissociano in nuclei ed elettroni,e a questo stato gassoso si è dato il nome di plasma. Nello stato di plasma riusciamo a raggiungere le temperature di ignizione necessarie ad avviare un processo termonucleare. L’energia necessaria per portare il plasma costituito da deuterio e tritio,può essere fornita in vari modi. 116

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Alla temperatura necessaria per la fusione non resiste però alcun materiale a noi noto,ed il plasma può esistere solo all’interno di un potentissimo campo magnetico generato da un elettromagnete toroidale(Tokamak fig 5) ,il plasma caldo è racchiuso in una camera a vuoto, ed una opportuna configurazione di campi magnetici esterni e prodotti da correnti circolanti nel plasma impedisce il contatto con le pareti del recipiente.Le particelle di plasma si avvitano intorno alle linee di forza del campo., ed essendo cariche elettricamente non possono fuoriuscire da esso.

Fig 5

La fusione nucleare, appena vista è in forma controllata, (ancora in fase sperimentale);la fusione nucleare in forma incontrollata si usa nelle bombe a idrogeno (bomba H) All'interno di un reattore, i neutroni devono essere frenati in un mantello di Litio che ne riveste le pareti. In una centrale da 1GigaWatt basata sulla reazione(11) ciclo , per produrre circa 300 milioni kWh (kiloWattora) dovrebbero essere utilizzati, come combustibili, 37 kg di Deuterio e 125 kg di Litio

all’anno. Le riserve stimate di Deuterio ammontano a 4,6 x 1016 kg nell’acqua di mare, Il Tritio può esser formato a partire dal Litio Il litio è distribuito in modo uniforme sul pianeta costituisce circa 6•10-3 % della litosfera ,ed è costituito da due isotopi ,il più abbondante è il Litio 7(92,6 %),il meno abbondante è il Litio 6 (7,4 %) Le reazioni che portano alla formazione del Tritio sono : 7 4 3 a) Li +neutrone (veloce)= He + T+neutrone(lento) - 2.5 MeV (12) 3 2 1

6 4 3 b) Li + neutrone(lento) = He + T +4.86 MeV (13) 3 2 1

Il progetto iter (che in origine significava International Thermonuclear Experimental Reactor, e in seguito è stato usato con il significato originale latino, cammino) è un progetto internazionale che ambisce a costruire un reattore a fusione(fig 6) con un bilancio positivo di energia.Dovrebbe trovare applicazione nei prossimi 30-40 anni 117

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Fig 6

A differenza della fissione, la fusione nucleare non è un processo a catena e il combustibile deve essere fornito continuamente per sostenere le reazioni; le scorie prodotte sono costituite da Elio, elemento inerte non radioattivo. Si tratta quindi un processo intrinsecamente sicuro. La disponibilità illimitata di combustibile e i limitati problemi di gestione delle scorie rendono molto interessante la via della fusione nucleare.

118 Vito Ribecco Grazia Maria Putignano