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NUMERO 331 10 aprile 2018 N.107 PAGINE HONDA CB125R LARGO AI GIOVANI Un concetto tutto nuovo quello delle Neo Sports Cafè, che parte da questa CB125R e si rivolge ai più giovani con grinta e stile. Il prezzo? 4.490 Euro MOTOGP: CAL CRUTCHLOW VINCE IL GP D'ARGENTINA Delirante GP d'Argentina con doppia partenza, Marquez sperona Rossi che cade. Podio: Crutchlow, Zarco, Rins NICO CEREGHINI: "MARQUEZ DA LABORATORIO" Lo farei studiare, fenomeno in tutto. Spesso sembra guidare disinteressandosi della propria incolumità, domenica scorsa anche altrui KTM 790 DUKE. MEDIA READY TO RACE Pagine 2-21 News: Honda CBR 1000 RRW e Replica. Honda PCX 125 | Attualità: le vendite del nuovo frenano ma la GS 1200 resta in testa | Pagine di Storia: La mitica Norton Manx | Epoca: Restaurando SWM Six Days 125 | Speciale GP di Argentina: a Termas de Rio Hondo sorprese sul podio, confusione in gara e Marquez che sbaglia tutto | MXGP: Herlings sopravanza Cairoli in Trentino | SX USA: Supercross di Seattle a Tomac

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NUMERO 33110 aprile 2018N.107 PAGINE

HONDA CB125R LARGO AI GIOVANIUn concetto tutto nuovo quello delle Neo Sports Cafè, che parte da questa CB125R e si rivolge ai più giovani con grinta e stile. Il prezzo? 4.490 Euro

MOTOGP: CAL CRUTCHLOW VINCE IL GP D'ARGENTINA Delirante GP d'Argentina con doppia partenza, Marquez sperona Rossi che cade. Podio: Crutchlow, Zarco, Rins

NICO CEREGHINI: "MARQUEZ DA LABORATORIO"Lo farei studiare, fenomeno in tutto. Spesso sembra guidare disinteressandosi della propria incolumità, domenica scorsa anche altrui

KTM 790 DUKE. MEDIA READY TO RACEPagine 2-21

News: Honda CBR 1000 RRW e Replica. Honda PCX 125 | Attualità: le vendite del nuovo frenano ma la GS 1200 resta in testa | Pagine di Storia: La mitica Norton Manx | Epoca: Restaurando SWM Six Days 125 | Speciale GP di Argentina: a Termas de Rio Hondo sorprese sul podio, confusione in gara e Marquez che sbaglia tutto | MXGP: Herlings sopravanza Cairoli in Trentino | SX USA: Supercross di Seattle a Tomac

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KTM 790 DUKE. MEDIA READY TO RACE

di Edoardo Licciardello

AFFILATA, POTENTE E DIVERTENTISSIMA, LA NAKED DI MATTIGHOFEN CONVINCE AL PRIMO COLPO. QUALCHE FINITURA MIGLIORABILE

Non possiamo dire che il nuovo bicilindrico di Matti-ghofen sia stata una sorpre-sa: era già qualche anno che la voce di un nuovo twin parallelo fosse allo studio

nei reparti R&D austriaci. Per quanto raffinato potesse essere il mo-nocilindrico 690, che nella sua ultima ver-sione ha raggiunto un livello incredibile di prestazioni ma anche raffinatezza, c’era un buco piuttosto importante nella gamma

N KTM fra i 73 cv dell’LC4 e i 177 del V2 top di gamma.Tenendo quindi fede a quella che ormai possiamo considerare quasi una tradizione, inaugurata con il concept “Beast” del 2012, KTM ha fatto debuttare il nuovo propulsore al salone di Milano 2016 sul prototipo della Duke 790, che ha infiammato l’entusiasmo degli appassionati. Una scelta tutt’altro che casuale, quella della famiglia Duke, perché da sempre – o meglio, dal 1994, quando è nata la prima 620 – l’ibrida naked-motard

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è una delle moto più apprezzate ed impor-tanti in casa KTM. E per darvi l’idea dell’importanza di que-sto modello per i ragazzi di Mattighofen, vi diamo qualche numero: al progetto 790 hanno lavorato 250 persone, che hanno in-vestito ben 111.111 ore uomo, sviluppando motore e ciclistica con oltre 900.000 km di test su strada e 604.800 al banco, distri-buiti su 48 motori.Una media che mancava – appunto – nella gamma di Mattighofen, basata su un mo-tore completamente nuovo, ben più sofisti-cato e moderno di quello che si aspettava chi l’aveva sommariamente liquidato come una coppia di termiche 390 affiancate. Un motore che non manderà in pensione l’LC4, ormai a modo suo una bandiera se non addirittura un’ammiraglia per KTM, ma che andrà a spingere molte proposte in-termedie per chi desidera qualcosa di più rispetto appunto al monocilindrico, ma non ha voglia o disponibilità per affrontare l’im-pegno prestazionale ed economico delle 1290. E non sarà un caso se Chris Fillmore, che l’anno scorso ha vinto la Pikes Peak in sella proprio ad una 1290, quest’anno cor-rerà in sella ad una 790...

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Un anno dopo, ecco la versione definitiva della Duke 790, arrivata ad EICMA 2017, che KTM ci ha invitato a provare alle Ca-narie a poche settimane dall’arrivo nelle concessionarie.

COM’È FATTAInutile nascondersi dietro a un dito: la Duke 790 ha perso un po’ di cattiveria nel pas-saggio da concept/prototipo alla versione di serie, ma era inevitabile: la sempre mag-giore invasività delle normative Euro-4 – che non si limitano a tarpare le ali ai moto-ri, ma regolano tantissimi altri aspetti della moto in termini di sovrastrutture, comandi eccetera – ha costretto tecnici e designer KTM a qualche sacrificio. Il risultato ci pare

comunque azzeccato, pur se evidentemen-te meno essenziale e minaccioso rispetto al prototipo, con linee tese e perfettamente in linea con le estetiche KTM.Le finiture sono di alto livello per un mezzo di questo genere, con plastiche ben ver-niciate e coperte da trasparente in diversi punti. E poi vanno citati il faro anteriore a LED, indistinguibile da quello della sorel-la maggiore Super Duke R, con luci diur-ne integrate, e il gruppo ottico posteriore – sempre a LED – staccabile per l’impiego in pista. Il cruscotto TFT a colori sta diven-tando praticamente uno standard in casa KTM, che lo ha introdotto in gamma pro-prio sull’ultima versione di Duke 690: pia-cevole alla vista, è chiaro e leggibile. Sto-

na un po’ l’assenza della frizione idraulica, presente anche sulla monocilindrica, ma qui sacrificata sull’altare della leggerezza e della semplicità di manutenzione.Vale anche la pena di segnalare il manubrio da 760 mm, che può essere montato in quattro maniere differenti sulla piastra di sterzo e con tre diversi gradi di rotazione per personalizzare al massimo la posizione di guida. La sella, già che siamo in argo-mento, è alta 825 mm.

IL MOTORESulla Duke 790 debutta appunto l’inedito bicilindrico parallelo LC8c (Liquid Cooled, 8 valvole, “c”ompatto) visto sul concept che la Casa di Mattighofen aveva svelato sot-to forma di prototipo ad EICMA 2016, con distribuzione bialbero composito a quattro valvole per cilindro, comando a catena, ac-censione monocandela ed alimentazione

ride-by-wire, capace di 105 a 9.000 giri e 87 Nm a 8.000 giri.Le vibrazioni tipiche dello schema paralle-lo - in questo caso con fasatura dell'albero motore, monolitico e particolarmente com-patto, a 75° - vengono eliminate da ben due contralberi, uno posizionato davanti all’albero motore e l’altro sulla testata, fra i due alberi della distribuzione.I cilindri sono solidali al carter con schema open-deck; al loro interno troviamo pistoni forgiati a tre segmenti con perno trattato DLC. I carter pressofusi sono divisi orizzon-talmente – una prima assoluta per KTM, da sempre legato allo schema verticale più tradizionalmente fuoristradistico – ed ospi-tano al loro interno una frizione antisaltel-lamento servoassistita.La lubrificazione è a carter semi-secco, con un radiatore olio simile a quello utilizzato sugli LC8 di maggior cilindrata.

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Lo scarico, in acciaio inox, presenta uno snello silenziatore singolo sul lato destro, con catalizzatore/presilenziatore nascosto sotto la zona del perno forcellone per ot-timizzare la centralizzazione delle masse.

LA CICLISTICAIl telaio è un’unità tubolare in acciaio al cromo-molibdeno, che sfrutta il motore come elemento stressato risultando così più leggero a pari rigidità. Il telaietto reg-gisella è invece in alluminio ed ospita l’ai-rbox, con un andamento a triangolo che fa il verso al tradizionale traliccio utilizzato da KTM. Lo schema a traliccio viene inve-ce utilizzato per il forcellone pressofuso in alluminio, che fa lavorare il monoammor-tizzatore posteriore senza interposizione di leveraggi progressivi.Il comparto sospensioni conta su una for-cella rovesciata con steli da 43 mm, molle progressive e funzioni separate dell’idrauli-ca fra i due steli. Molla progressiva anche per il monoam-mortizzatore posteriore, unità assistita a gas con regolazione del precarico. Ben nascosto c’è anche un ammortizzatore di sterzo, che impedisce alla Duke di… farsi troppo impegnativa quando si spinge. I due cerchi in lega a dieci razze calzano (inediti) pneumatici Maxxis Supermax ST.In zona freni troviamo un’unità anteriore a doppio disco da 300 mm, con pinze radiali a quattro pistoncini e pompa anch’essa ra-diale, e un’unità a disco singolo al poste-riore da 240 mm, tutti gestiti dall’ABS cor-nering di KTM che fa affidamento su una piattaforma inerziale.

GESTIONE ELETTRONICAIl sistema ride-by-wire offre quattro Riding Mode: rain, street, sport, nell’ordine dalla meno alla più reattiva e prestazionale nella risposta, ed infine track, che permette di personalizzare tutte le impostazioni oltre alla possibilità di sfruttare alcune funzio-ni specifiche. Nella fattispecie, è possibile disabilitare l’anti-impennata implementato

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come sottofunzionalità del controllo di tra-zione, sfruttare il launch control (attivabi-le solo dopo il primo tagliando e dotato di contatore per evitare di stressare troppo la frizione), regolare il livello di derapata con-cesso dal TC e la risposta dell’acceleratore sui tre livelli predeterminati Track, Sport e Street.La Duke 790 è anche dotata di quickshif-ter+, ovvero l’assistenza elettronica KTM sia in innesto che in scalata, con una taratura particolarmente curata in maniera tale da poter essere utilizzato con uguale efficacia tanto agli alti che ai medi regimi. Non finisce qui, perché c’è anche l’MSR (motor slip regulation, ovvero la gestione del freno motore) e l’ABS prevede la mo-dalità Supermoto, ovvero la possibilità di di-sabilitare il controllo sulla ruota posteriore per poter effettuare traversi a piacimento senza perdere la funzionalità antibloccaggio sull’anteriore.

COLORAZIONI, PREZZO E DISPONIBILITÀLa KTM Duke 790 sarà disponibile a fine marzo (anche in versione Duke L da 95 cv depotenziabile a 35 kW, per la guida con patente A2, a ) al prezzo di 9.550 euro, nelle due grafiche grigio/arancio e grigio/nero. Davvero ampia l’offerta di accesso-ri attraverso il catalogo Power Parts: si va da una serie di particolari in alluminio rica-vati dal pieno agli immancabili impianti di scarico (rigorosamente Akrapovic), pedane sportive, comandi a manubrio, ma anche a diverse soluzioni più funzionali e turisti-che, come le manopole riscaldabili, la pre-sa USB, l'antifurto e quant’altro. E’ anche disponibile una sella ribassata a 805 mm.

IN SELLASulla Duke 790 ci si trova bene, anche per-ché... sembra di salire su una 300, se non addirittura su una 125. La sella consente di toccare terra agevol-

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mente a chi supera il metro e settanta, e la triangolazione, in generale, accoglie bene anche chi è ben più alto senza costringerlo in posizioni troppo forzate. Allo stesso tempo, però, l'impostazione in sella stranisce un po', perché nella configu-razione di serie il manubrio è molto vicino al pilota, la sella è stretta e spinge a gui-dare carichi in avanti e le pedane invece sono marcatamente arretrate, come su una sportiva vera. Ci vuole qualche chilometro a farci l'abitudine, ma - ve lo anticipiamo - appena si può spalancare il gas, la po-sizione si rivela quella giusta per guidare sportivi con il giusto controllo.Il motore è una piacevolissima sorpresa. Evidentemente caratterizzato da masse volaniche molto ridotte, è sveltissimo a prendere giri e altrettanto rapido a perder-li: brillante e nervoso, come si addice al propulsore di una Duke, lascia filtrare qual-che strappo fino a2-3.000 giri se si esagera con l'apertura o nei riding mode più spinti, ma quando si

schiarisce la voce è meraviglioso. Pulito nell'erogazione, corposo già a 4.000 giri e con un ulteriore impulso sui 6.500, allunga bene e spinge forte senza far tra-pelare la minima vibrazione.E poi la voce, che con quella fasatura ricor-da quella di un V2: il motore ringhia corpo-so e viscerale (ancora meglio con il silenzi-tore Akrapovic optional della nostra prova, che alleggerisce anche sostanziosamente la moto) e - appunto - spinge con quella qualità di erogazione che normalmente si associa ai bicilindrici a V.Iniziamo naturalmente con la mappatura Street, che si rivela la più versatile ed effi-cace in gran parte delle situazioni. Pulita, morbida nella risposta sotto il regime di coppia, diventa bella vivace agli alti regimi con un netto cambio di passo attorno ai 6.500. Sul misto stretto e nell'uso disim-pegnato - magari in città, perché la 790 è validissima anche nel traffico - è effica-cissima, e anche quando si vuole fare sul serio non penalizza affatto la progressione.

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La Sport è sicuramente più grintosa ed emozionante: per entrambe la potenza è piena, ma cambia sensibilmente la legge della mappatura di acceleratore e corpi farfallati: se in Street l'apertura viene am-morbidita, in Sport la proporzione è un 1:1 perfetto, e diventa un po' più impegnativa da gestire. C'è qualche strappo "sotto", la risposta è più affilata, e sullo stretto diven-ta un po' troppa roba da gestire. Altro di-scorso quando la strada si apre, le velocità salgono: in quel frangente, spalancare il gas diventa una goduria, e si esce di cur-va come fucilate, grazie anche ad un peso davvero ridotto.

LA TRACK VA ANCORA OLTRE. A parte la possibilità di regolare il controllo di trazione su nove livelli (per darvi un ri-ferimento, la Rain corrisponde grossomodo al 9, la Street all'8 e la Sport al 7) e di atti-

vare o disattivare tutti i controlli elettronici, la risposta all'acceleratore diventa brutale, trasformando di fatto il gas in un comando rapido. Sicuramente gustoso, ma da riser-vare all'uso in circuito e con pneumatici in mescola, soprattutto se si vuole scendere sotto il livello 4 del controllo di trazione. E già che parliamo di elettronica, il quickshifter è davvero a punto (si può usa-re anche ai bassi regimi) e fa da perfetto contrappunto ad un cambio rapido e preci-so. E' un po' ruvido ai bassi, ma si fa am-piamente perdonare in alto con un'efficacia da supersportiva.La ciclistica è uno spettacolo di quelli raf-finati, che richiedono un po’ di concen-trazione per essere apprezzati – all’inizio si resta spiazzati dall’agilità estrema, dalla rapidità nell’inserirsi in curva e prendere la corda della 790. La Duke media è un bi-sturi, come la definiscono i ragazzi di KTM

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nella comunicazione istituzionale, e come tale è uno strumento di precisione estrema che però, per essere padroneggiato, richie-de pratica.Nei cambi di direzione è un fulmine, sul misto stretto è di un’efficacia estrema. Pre-cisa, stabile se si ha l’accortezza di non ap-pendersi al manubrio, fa andare fortissimo limitando lo sforzo a livello mentale: serve concentrazione per sfruttarla, ma se vi im-pegnate nella guida vi ripaga con un’effica-cia sul guidato davvero rara. Vi basta guardare il punto di corda e siete già lì, le curve sembrano allargarsi. E poi, se vi fate prendere un po’ troppo la mano, l’ammortizzatore di sterzo c’è ma non si vede. E si sente solo quando ce n’è biso-gno. Il comparto sospensioni è stato og-getto di più di una critica, sulla carta, per l’adozione di unità non regolabili. Sulle prime è facile cedere alla tentazio-ne di criticarle, perché nella guida disim-pegnata appaiono scoordinate: morbida

la forcella, rigido e secco nella risposta il monoammortizzatore privo di leveraggi progressivi. Quando però si inizia a guida-re davvero, alzando il ritmo e caricando le sospensioni, facendole lavorare, tutto inizia ad avere un senso e il quadro complessivo guadagna definizione e pulizia nelle tinte (forti) dei componenti. La natura economica delle sospensioni im-pone tarature di compromesso: la coperta è più corta rispetto ad unità più raffinate, e a Mattighofen hanno preferito privilegia-re precisione e coerenza quando si guida… come si fa con le KTM, rispetto al compor-tamento urbano e disimpegnato.L'impianto frenante J.Juan svolge bene il suo lavoro, anche perché la leggerezza del-la Duke 790 e la velocità con cui sa aggre-dire le curve gli semplifica non poco la vita. Il comando a leva è meno affilato e tonico rispetto ad equipaggiamenti più pregiati, ma dopo una giornata in sella a ritmi de-cisamente elevati non abbiamo riscontrato

affaticamenti o perdite di precisione.Grossomodo la stessa valutazione va espressa per le gomme, quelle Maxxis Su-permaxx ST che hanno fatto alzare più di un sopracciglio. Il nostro scetticismo si è dissolto in fretta, perché si sono rivelate rapide ad entrare in temperatura e capa-ci di assecondare pruriti che poco hanno a che vedere con il concetto tradizionale dello Sport-Touring, destinazione elettiva di questo modello. Va però detto che l’asfalto di Gran Cana-ria, levigato ed aderentissimo, non è quello ideale per valutare una gomma – aspet-tiamo di provarle sui nostri disastrati fondi stradali.

PER CHI È LA KTM DUKE 790?Stavolta è più facile del solito identificare l’acquirente tipo, anche perché vista la ca-ratterizzazione estetica delle linee Made in

Kiska, la Duke 790 non lascia mai indiffe-renti. O la si ama, o la si odia.Farà la felicità di chi ama la guida sportiva e affronta regolarmente un bel misto stretto. Di chi ambisce l’agilità estrema della 690 ma desidera anche un mezzo più versati-le e meno… monocilindrico, e magari sta puntando una proposta della concorrenza (giapponese) spinta da un tre cilindri. Di chi magari ama fare la sparata con gli amici nel fine settimana, però la moto poi la usa tutti i giorni, che troverebbe nella 790 un’ottima compagna di giochi e di vita.Piacerà sicuramente a chi scende dalle maxi o a chi sale dalle piccole, ma anche a chi vede la media di indole sportiva come scel-ta precisa di una categoria che sa divertire da matti nel mondo reale con prestazioni interessantissime, ma resta accessibile nel prezzo e nelle prestazioni.Insomma, piacerà a chi ama divertirsi tan-

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to nella guida sportiva, ed è disposto a passare sopra a qualche difettuccio tutto sommato veniale se si considera la 790 più vicina ad un attrezzo ginnico che non ad un banale mezzo di trasporto. Perché la dotazione motoristica ed elettro-nica è di assoluto pregio, ma nelle finiture c’è qualche piccola caduta di tono. C’è qualche dettaglio cheap qua e là, qual-che piccola caduta di tono dove occhio non vede e mano non sente, e la già ci-tata taratura delle sospensioni la rende un filo meno versatile di quanto non potreb-be essere. Ma con 9.550 euro vi portate a casa una delle moto più gustose e ignoranti che abbiamo guidato negli ultimi tempi, di quelle capaci di farvi tornare a casa dopo un giro sempre con un gran sorriso stam-pato sulla faccia. E scusate se è poco.

KTM 790 DUKE9.550 EURO

PESO A SECCO 169 Kg CILINDRATA 799 ccTEMPI 4CILINDRI 2RAFFREDDAMENTO a liquidoAVVIAMENTO elettricoALIMENTAZIONE iniezioneFRIZIONE multidiscoPOTENZA 105 cv - 77 kw - 9.000 giri/minCOPPIA 9 kgm - 86 nm - 8.000 giri/minEMISSIONI Euro 4CAPACITÀ SERBATOIO 14 Lt ABS Sì

ABBIGLIAMENTOCasco HJC RPHA 11Giubbotto Alpinestars Pikes DrystarPantaloni Alpinestars RiffsScarpe Alpinestars Faster 2

PIÙ INFORMAZIONIMeteo: Sole, NuvoleLuogo: Gran Canaria (Spagna)Terreno: Extraurbano, pistaFoto: Alexander Koths, Marco Campelli, Sebas Romero

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HONDA CB125R, LARGO AI GIOVANI!

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Un nuovo filone, che va a unire due mondi: una mo-dern classic con faro tondo a contrastare le linee spigo-lose, tanta tecnologia, det-tagli curati e prestazioni.

Questo è il trend che Honda propone per il 2018, partendo dalla CB125R che verrà a breve affiancata dalla 300 e poi dall'atte-sissima CB1000R, che proveremo nel corso dei prossimi giorni.Iniziamo dalla piccola 125 chiarendo subi-to un punto importante: è ovvio che non siamo di fronte ad una moto dalle grandi prestazioni, non guardiamola con gli occhi di un motociclista navigato o con quel-li di chi i 125 bombardoni di vent'anni fa li ha guidati. Guardiamola come un passo per riavvicinare i giovani alla moto, maga-ri portandoli via dal pensiero dell'ultimo smartphone. Quello che i giovani di oggi cercano, quantomeno quei pochi ancora appassionati, sembra essere tutto racchiu-so in questa ottavo di litro. E' piena di personalità, di stile, di belle linee e finiture; è compatta, aggressiva, ma con un lieve tocco vintage dato dal faro tondo, tendenza che sembra non voler passare di moda. I ragazzi oggi vogliono un bell'og-getto, una bella moto, facile per iniziare.

La CB125R aguzza il suo fascino con una sventagliata di LED a illuminare i fari, an-teriore e posteriore, e gli indicatori di di-rezione: quelli anteriori fungono altresì da posizioni, mantenendo sempre accesa una luce ambrata. E attirano la nostra attenzione anche la forcella rovesciata Showa da 41 millimetri, il forcellone a spessori irregolari, il discone freno flottante, a margherita da 296 milli-metri, 220 dietro. E poi una chicca rara su una 125, l'ABS con piattaforma inerziale: la centralina IMU va a verificare la posizione della moto cento volte al secondo e distribuisce la frenata in maniera omogenea tra asse anteriore e posteriore. Roba da grandi.Un altro punto su cui Honda ha voluto cal-care la mano è quello del peso: la CB arriva a malapena a 126 chili in ordine di marcia, non pochi in meno rispetto alla concorren-za. Com'è stato possibile? Tutti, ma proprio tutti i componenti sono stati realizzati con caratteristiche pensate a ridurne il peso. Il faro anteriore, se lo guardate di profi-lo, è super sottile e quello dietro, pensate un po', è il faro più sottile mai prodotto da Honda. Tutte le masse poi, soprattut-to quelle più pesanti come batteria, mono, centralina ABS, sono state centralizzate

HONDA CB125R, LARGO AI GIOVANI!

di Cristina Bacchetti

UN CONCETTO TUTTO NUOVO QUELLO DELLE NEO SPORTS CAFÈ, CHE PARTE DA QUESTA CB125R E SI RIVOLGE AI PIÙ GIOVANI CON

GRINTA E STILE. IL PREZZO? 4.490 EURO

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verso il basso, in modo da amplificare la sensazione di leggerezza durante la gui-da, ma questo lo vedremo tra poco, prima dobbiamo dare una sbirciata sotto al telaio tubolare in acciaio.Il motore che spinge la CB125R è un mo-nociclindrico 4 tempi, raffreddato a liquido, monoalbero a due valvole. 124,7 la cilin-drata, 13,3 i cavalli a 10.000 giri. Pochi? Sì, ma il rapporto peso potenza è uno dei mi-gliori della categoria ed è quello che conta, no? A dare un po' di gusto ci pensa il sound del terminale - a due camere - sotto la pancia della CB e puntato leggermente all'insù, posto non a caso esattamente in corrispondenza del condotto uditivo destro di chi guida. Piacevole, cupo, corposo.Ed è dunque giunto il momento di saltare

in sella e tornare un poco ragazzini.

COME VA?La CB è lunga poco più di due metri e larga 820 millimetri, una volta in sella sembra di stare su una pit-bike per la compattezza e il peso piuma, ma la sella è alta (816 mm da terra) dunque si ha una bella posizione di guida eretta, il serbatoio è sagomato, il manubrio e le pedane ben posizionati in maniera da non sentirsi per nulla costretti. I piedi toccano bene a terra perchè la sella è molto sciancrata sui lati, quindi non c'è motivo di preoccuparsi per l'altezza.Ci è piaciuta molto la strumentazione com-patta, semplice e completa davvero di tut-te le informazioni: contagiri, tachimetro, livello del carburante, due trip, indicatore

di marcia inserita e del cavalletto laterale abbassato.Il flash che consiglia il cambio della marcia (sì, c'è anche quello) si può impostare al range di giri preferito tra i 4.000 e i 7.500 e resta acceso se si mantiene o si supera il numero di giri minuto impostato.La luminosità del display è settabile su cin-que intensità, quindi i dati sono ben leg-gibili in qualsiasi condizione di luce. Fa un po' strano avere il manubrio e la ruota an-teriore così vicini e il nulla oltre, ma ci si abitua in fretta.Il primo pensiero non appena messe le gomme sulle trafficate strade di Lisbona è che la nostra CB si trovi esattamente nel suo habitat favorito e che la sua dote più grande sia quella di divoncolarsi tra le auto

con un raggio di sterzo da fare invidia a una bicicletta.I consumi battono persino quelli di uno scooter perché con un litro di carburante si percorrono circa 40 chilometri e dunque il serbatoio da 10 litri ci può scorrazzare senza problemi per più o meno 400 chilo-metri. Per i più giovani, per andare a scuola o dagli amici, è davvero una valida alterna-tiva allo scooter.E noi diversamente giovani? Ce la godiamo comunque, soprattutto quando la portiamo fuori città, perché fa venir voglia di fare un po' i matti e nonostante la mancanza di cavalleria la CB ci regge il gioco, complice una ciclistica matura (la stessa che andrà a vestire la 300 e dunque più che matura per un 125), i cerchi da 17 e il gommone da 150

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al posteriore. Molto buona anche la luce a terra. Nota di merito per la frenata, prontis-sima e decisa davanti, ben modulabile per correggere al posteriore.E un difetto, questa Hondina ce l'ha? Le so-spensioni, ottime nel guidato, ma su buche e pavè se non si chiude tutto il gas si balla. Vista la dotazione generale della CB non sarebbe stato male avere un monoammor-tizzatore regolabile, per adattarlo al tipo di utilizzo che si fa della moto e al peso del pilota e di un eventuale passeggero.Ma, passeggero sì o no? La fetta di sel-la dedicata non è per nulla male, se la si confronta con le ultime tendenze - decisa-mente minimal - su naked e sportive, ma le pedane sono abbastanza alte e quindi sì alla compagnia, ma non per le lunghe per-correnze.E a proposito di lunghe percorrenze... il no-stro test della Honda CB125R si conclude con una trentina di chilometri su strade a scorrimento veloce, sotto alla pioggia e in balia del vento. Qual miglior modo per te-starne la stabilità?Premesso che ovviamente la protezione da aria e acqua per il busto non è contem-plata, bisogna sottolineare che le gambe

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restano invece ben protette dal serbatoio e che la CB non perde di stabilità sopra i 100 chilometri orari, nonostante sia così leggera, e non lascia avvertire ondeggiamenti, sbac-chettamenti o vibrazioni di alcun genere.Promossa. A pieni voti. Per noi che a sedici anni pensavamo solo alle moto fa sperare che il trend possa tornare in questa direzio-ne, quella dell'amore da parte dei giovani per le due ruote.E ora siamo più che impazienti di provare la 300 e la 1.000, in attesa di - chi lo sa - una bella media da 600 o 750 cc che vada a completare l'offerta di questo nuovo trend Neo Sports Cafè. Per quanto riguarda la en-try-level della famiglia, la trovate già nelle concessionarie a 4.490 Euro.

PIÙ INFORMAZIONIMoto: Honda CB125RLuogo: Lisbona e dintorniMeteo: Coperto, pioggia, 15°Foto: Francesc Montero, Zep Gori

ABBIGLIAMENTOCasco Suomy SpeedstarGiacca Hevik Garage LadyGuanti Hevik GarageJeans Hevik Stone LadyStivali TCX Boulevard

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Arriva un po’ a sorpresa il modello 2018 dell’Honda PCX 125, uno dei cavalli di battaglia della Casa di Tok-yo (ha venduto 140.000 unità dal 2010, anno della

sua introduzione) che, per la nuova stagio-ne, si presenta profondamente evoluto sia dal punto di vista dell’estetica che da quel-lo della sostanza. D’altra parte, proprio il PCX in passato è stato il modello su cui Honda ha introdotto importanti innovazioni tecniche, a partire dallo start & stop (2010) fino al motore eSP introdotto in gamma nel 2012.Rinnovato nel design, dicevamo, perché le linee sono state rese più grintose senza perdere in fluidità, valorizzate dalle quattro livree monocolore (Pearl Splendor Red, Pe-arl Cool White,Pearl Nightstar Black, Matt Carbonium Gray Metallic) con cui il PCX ar-riverà nelle concessionarie a maggio ad un prezzo ancora da definire. La dotazione è stata aggiornata con nuovi fari a LED, sia nel frontale che al posterio-re, e con un nuovo cruscotto, basato su un pannello LCD a retroilluminazione negativa con tachimetro numerico,contachilometri totale e parziale, indicatore livello carbu-rante e i trip computer per i consumi. La serie di spie fornisce, oltre alle consuete indicazioni, lo stato di attivazione del si-stema Start&Stop e di operatività dell’ABS. Il portaoggetti nel retroscudo è dotato di

presa 12V per la ricarica del cellulare o di qualunque altro dispositivo di servizio.Ampliato il sottosella, che ora vede aumen-tata la sua capienza fino a 28 litri senza però penalizzazioni nella larghezza complessiva dello scooter. Lo spazio è sufficiente a con-tenere un casco integrale e altri oggetti, grazie anche allo spostamento di manuale utente e kit attrezzi direttamente sotto la sella, posta ora a 764 mm da terra (+4mm rispetto al modello precedente). Migliora anche lo spazio per gambe e piedi. Tutto nuovo anche sottopelle, il PCX 125, perché il telaio è stato completamente riproget-tato passando dalla struttura monotrave inferiore ad un doppia culla, sempre con schema tubolare in acciaio, migliorandone le doti di guida. Assieme ad altre soluzioni, come i nuovi cerchi a 8 razze, questa scelta tecnica contribuisce a ridurre il peso di 2,4 kg. Si accorcia anche l’interasse (- 2mm, per un totale di 1.313) mentre la geometria di sterzo resta sostanzialmente invariata. Il peso in ordine di marcia è pari a 130 kg. Piccole variazioni anche per le sospensio-ni, con uno spostamento degli attacchi del doppio ammortizzatore. Arriva naturalmente l’ABS sulla ruota ante-riore (frenata da un impianto monodisco da 220 mm e pinza a due pistoncini) mentre il posteriore continua ad affidarsi ad un tam-buro da 130 mm.Aggiornamenti anche in zona motore, con un’evoluzione del monocilindrico monoal-

NUOVO HONDA PCX 125

SI RINNOVA NELLO STILE E NELLA SOSTANZA, CON IMPORTANTI MIGLIORIE NEL MOTORE, NELLA CICLISTICA E NELLA DOTAZIONE.

ARRIVERÀ A MAGGIO

A

bero a due valvole da 125 cc eSP. Migliora la potenza (12,2 cv a 8.500 giri) con un va-lore di coppia erogata di 11,8 Nm a 5.000 giri, grazie ad un airbox maggiorato (+1 li-tro) e ad una riprogettazione del condotto di aspirazione. Diverse migliorie anche nel circuito di raffreddamento e nella trasmis-sione a variazione continua V-Matic, il tut-to per un miglioramento dei consumi fino ai 47,6 km/l nel ciclo WMTC con sistema start & stop disattivato. Un valore che por-ta l’autonomia del veicolo ad oltre 350 km, grazie anche al serbatoio da 8 litri.Diversi gli accessori previsti, che compren-dono parabrezza, bauletto da 35 litri, ma-nopole riscaldabili, antifurto meccanico a U e telo copriscooter per esterni.

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La 8 Ore di Suzuka è stata per molto tempo la gara di velocità più importante fra quelle disputate in Giappo-ne. Ancora adesso resta la competizione più seguita

dagli appassionati nipponici, nonostante il mondiale Endurance abbia perso molto dello smalto di un tempo: la gara di casa in effetti è sempre stata una competizione a sé stante, con moto schierate apposta per quell’occasione e con piloti di primo piano prelevati per un fine settimana dal moto-mondiale. A Suzuka hanno infatti corso campioni come Roberts, Lawson, Gardner, Doohan, Schwantz, Rossi…Suzuka è per Honda la pista di casa, e il fatto che nelle ultime tre edizioni abbia vinto la rivale Yamaha (l'ultimo successo Honda di una serie di cinque vittorie con-secutive risale al 2014 con i piloti Takumi Takahashi, Leon Haslam e Michael van der Mark) non deve essere andato giù alla HRC che al recente Tokyo Motor Show, e in pi-sta proprio a Suzuka, ha presentato la sua moto per la gara si correrà a luglio.E' il ritorno ufficiale alla 8 Ore dopo un de-cennio, e per farlo Honda ha allestito una CBR 1000 parzialmente derivata dalla ver-

sione che partecipa al mondiale SBK (base CBR 1000 SP2) con Leon Camier e Jake Gagne.La moto è siglata CBR 1000 RRW e fra le principali differenze rispetto alla CBR su-perbike ci sono la gestione motore affidata alla centralina Cosworth (al posto della Ma-gneti Marelli), speciali sospensioni Öhlins, i freni Nissin e i pneumatici Bridgestone: il mondiale di durata, infatti, è rimasto l’ulti-mo campionato rilevante dove non vige il regolamento monogomma.Oltre alle presenza dei fari sulle moto - la gara si conclude dopo il tramonto - la CBR è allestita secondo i criteri tipici dell’En-durance, che prevedono la rapidità nella sostituzione delle ruote e di tutte le com-ponenti che potrebbero danneggiarsi in se-guito a una caduta.La moto farà il suo debutto nel campionato nazionale All Japan Superbike con Takumi Takahashi, campione della specialità in ca-rica, e il team avrà la supervisione dell’ex pilota MotoGP Tohru Ukawa: all'epoca compagno di squadra di Rossi e che con cinque vittorie ha il record di successi alla 8 Ore.Honda avrebbe chiesto a Franco Morbidelli e a Thomas Luthi di partecipare alla 8 Ore, ma pare che i due abbiano declinato per

HONDA CBR 1000 RRW PER SUZUKA E LA REPLICA

STRADALEdi Maurizio Gissi

HONDA RITORNA A SCHIERARSI IN FORMA UFFICIALE ALLA 8 ORE DI SUZUKA DOPO IL DOMINIO YAMAHA SULLA PISTA DI CASA. E PREPARA

UNA SERIE SPECIALE OMOLOGATA

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concentrarsi sulla loro prima stagione in MotoGP. Insomma, sono lontani i tempi in cui i big della velocità avevano a contratto la partecipazione alla gara di Suzuka. Pe-raltro Kawasaki ha confermato la presenza di Jonathan Rea alla 8 Ore.Sempre al Tokyo Motor Show, Honda ha mostrato una versione replica stradale della nuova moto da Endurance che al momento parrebbe destinata al mercato giapponese e il cui prezzo non è stato comunicato. La moto si distingue naturalmente per la livrea replica HRC, lo scarico Akrapovic omolo-gato, le ruote forgiate OZ Piega, il nuovo mono Öhlins più evoluto, la pompa freno Brembo radiale e le protezioni motore.

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IL MERCATO FRENA A MARZO: -14%. IL PRIMO TRIMESTRE È POSITIVO

di Maurizio Gissi

DOPO UN BUON INIZIO DI 2018 PER LE IMMATRICOLAZIONI DI MOTO E SCOOTER, MARZO ACCUSA VENDITE IN NEGATIVO, SPECIE PER IL SEGMENTO SCOOTER. IL PRIMO TRIMESTRE CHIUDE COMUNQUE A

+1,4%. MOTO PIÙ VENDUTA È LA BMW 1200 GS

Il buon avvio delle vendite italiane di moto e scooter (immatricolazioni a +17,5% rispetto al primo bime-stre dell’anno scorso) non ha trovato conferma nel

mese di marzo appena concluso. Compli-ce forse il brutto tempo, con temperature insolitamente basse per il periodo, le im-matricolazioni sono diminuite a 19.686 uni-tà (-14,4%). Le moto hanno perso il 7,2% (10.009 unità targate) e gli scooter sono calati addirittura del 20,7%, totalizzando 9.677 unità: meno di quanto hanno ven-duto le moto, e questo non accadeva da molto tempo. Giusto infine osservare che anche il mercato auto ha patito un marzo in negativo: - 5.7%.I ciclomotori sono andati ancora peggio dei motocicli (- 29,5%) con un totale di 1.482 registrazioni. Il mese di marzo incide circa per il 10% sulle totale delle vendite annua-

li. Va ricordato che marzo 2017 aveva chiu-so a +16,8% rispetto allo stesso mese del 2016, mese che da parte sua era cresciu-to del 14,4% rispetto all’anno precedente. Sempre nel 2017 avevamo assistito sì a ot-time vendite a marzo, ma a gennaio e a febbraio il mercato era stato negativo.

PRIMO TRIMESTRE 2018 IN ATTIVOSe marzo è andato maluccio, il trimestre ha comunque retto il confronto con un primo trimestre 2017 in leggera crescita (+2,2%) rispetto a un eccellente primo tri-mestre 2016 chiuso con le immatricolazioni a +24%.Quest’anno, da gennaio a settembre le immatricolazioni sono state pari a 46.065 unità (+1,4%), grazie al positivo risultato delle moto (+10,1%) con 23.215 esempla-ri targati. Gli scooter hanno invece perso terreno (-6,1%) fermandosi a 22.850 unità. Anche in questo caso un risultato numerico

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inferiore rispetto alle moto: è un dato che non si vedeva da molti anni e che merita di essere verificato già ad aprile (meteo buo-no o cattivo che sia) per valutare un’even-tuale nuova tendenza. Peraltro la percen-tuale delle moto nel totale immatricolato sta aumentando da quando il mercato a iniziato a risalire tre anni fa.

TOP 100 MOTO DA GENNAIO A MARZOLa parte alta della classifica vede le solite note, ovvero le due BMW GS 1200, le Hon-da Africa Twin e NC 750 X e la Scrambler 800 Ducati. Fra le novità 2018 spicca la Multistrada 1260 al sesto posto, mentre si mettono in luce le Benelli TRK 502 e Leoncino 500. Nella parte alta della classifica anche la prima supersportiva (Ducati Panigale V4, al

ventesimo posto).Il dettaglio delle cilindrate moto, come ri-porta il comunicato Ancma, vede sempre in crescita i modelli superiori ai 1.000 cc (7.130 unità e +14,2%), mentre le moto tra 800 e 1.000 con 5.646 veicoli subiscono un calo pari al -20,8%. Le medie cilindrate, da 600 a 750, con 3.548 moto flettono del 2,3%. Le 300-500 con 3.871 unità ottengono invece un notevole incremento con un +79,9%. Prosegue la crescita percentuale delle 125 (+67%) sebbene con numeri ancora relati-vamente importanti: 2.209 moto. Le me-die tra 150 e 250 con 811 vendite aumen-tano del +34,3%.Il duello fra enduro (soprattutto stradali e crossover naturalmente) e naked per la conquista del segmento più venduto vede

al primo posto queste ultime, con 8.417 unità immatricolate e un +16,7%. Seguono le enduro con 8.186 unità (+22,2%). In terza posizione troviamo le moto da turi-smo che con 2.834 unità perdono il 19,5%. Stabili le custom con 1.418 moto (-1%). In crescita le sportive con 1.240 pezzi e un +10,5%. In ripresa le supermotard con 726 moto e un +4,8%.

LA TOP 100 SCOOTER DA GENNAIO A MARZOI modelli Honda della serie SH e in genere quelli a ruote alte restano i preferiti dagli italiani. Nelle prime dieci posizioni trovia-mo i noti modelli di successo. Fra i maxi scooter si confermano le prefe-renze per l’Honda X-ADV rispetto al rivale

Yamaha T-MAX (è accaduto l’anno scorso) così come a patire del successo del mo-dello Honda è anche il “fratello” Integra. Il primo modello che non sia di marca Hon-da, Piaggio, Yamaha o Kymco è il Peugeot Tweet al 24esimo posto con 254 unità.Il segmento maggiore resta quello dei 125cc con 8.042 unità venute e però una flessione del 5,8%. In seconda posizione ci sono i 300-500 con 7.756 pezzi e la me-desima flessione del 5,8%. Negativi anche i 150-250, con 4.657 uni-tà e un -26,3%. Crescono soltanto i ma-xiscooter superiori a 500, grazie al citato X-ADV, con 2.395 immatricolazioni pari ad un +92,7%.

LEGGI QUI TUTTE LE CLASSIFICHE

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Moto.it Magazine N. 331 Epoca

RESTAURANDO: WM SIX DAYS ES 125 1974

di Umberto Mongiardini

LA RUBRICA DI MOTO.IT IN COLLABORAZIONE CON LO SPECIALISTA SOIATTI MOTO CLASSICHE DI NOVARA. IL RESTAURO DI UNA CLASSICA

DA REGOLARITÀ, MADE IN ITALY ANNI 70

"Enduro" o “Regolarità” che siano, nonostante i tempi siano cambiati, gli anni sia-no passati e con essi anche le moto si siano radical-mente volute, la passione

dei motociclisti per il fuori strada non è mai sparita. Le moto che correvano le gare di regolarità dell’epoca, decisamente meno raffinate sotto l’aspetto della componenti-stica rispetto a quelle attuali, erano mezzi artigianali, realizzati a mano all’interno di linee di produzione che poco avevano a che vedere con quelle iper-tecnologiche e robotizzate di oggi. Erano anni in cui l’ingegno e la passione prevalevano sulla razionalità progettuale, facendo così nascere soluzioni tecniche che ora ci appaiono distanti anni luce.Gli anni ‘70 hanno visto un’esplosione del-la passione per le “tassellate”, e in questo contesto Piero Sironi e Fausto Vergani ini-ziarono a produrre a Vimercate, artigianal-

mente prima e poi in serie a Rivolta d’Ad-da dopo, moto da regolarità notevolmente all’avanguardia e competitive.Avevamo già parlato in precedenza di una Speedy Working Motors Six Days ES 125 del 1972, una tra le prime ad essere uscite dai cancelli di Rivolta d’Adda: e oggi par-leremo di una moto analoga, ma prodotta due anni dopo, nel 1974, quando, grazie all’accresciuta esperienza sui campi di gara, alcuni componenti furono aggiornati e so-stituiti con soluzioni più moderne.Risale infatti al 1973 la costruzione di una struttura adiacente a quel capannone di Ri-volta d’Adda, ai civici 1/3 di via XXV Apri-le. Tale struttura era il reparto esperienze, quello che ora viene comunemente chia-mato “reparto corse”, luogo in cui venivano sperimentate soluzioni tecniche all’avan-guardia che negli anni permisero al Mar-chio lombardo di vincere diversi titoli, sia a livello nazionale che europeo.La SWM Six Days ES 125 della quale vi par-

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liamo oggi, è frutto del processo di svilup-po SWM nato dal reparto corse: tant'è che la sigla ES – Elaborazione Sachs - rimarca il fatto che il motore tedesco fosse stato elaborato per ottenere il massimo della po-tenza possibile.Sui modelli del 1974 il forcellone a sezio-ne rettangolare ha una dimensione dei tubi minore, i cerchi in alluminio montati da quell’anno sono i celebri Akront bollino giallo, e la forcella da 35 mm è a marchio Marzocchi così come la coppia di ammor-tizzatori posteriori. A differenza del modello procedente, i co-mandi Tommaselli furono sostituiti con dei Magura, più moderni.L’esemplare in questione versava in condi-zioni estetiche relativamente buone, men-

tre la parte meccanica necessitava di una messa a punto approfondita: così, sfruttan-do l’occasione del rifacimento della testata e del cambio del Sachs, il proprietario ha chiesto a Soiatti di estendere i lavori di re-stauro alla moto intera. Oltre alla meccanica del propulsore, lo stesso è stato sabbiato e rivisto estetica-mente. Stesso destino per il telaio, rimesso a nuovo nel tipico colore grigio metalliz-zato, mentre il forcellone, prima di essere riverniciato, è stato stuccato in modo tale da nascondere le imperfezioni dovute agli urti rimediati negli anni.Il carburatore Bing è stato pulito agli ultra-suoni e revisionato internamente, oltre che pulito esternamente. Soiatti è poi passato alla revisione della forcella e della coppia di

ammortizzatori posteriori Marzocchi. Belli gli adesivi dell’epoca apposti sulle sospen-sioni, come in origine.L’impianto elettrico è stato ricostruito, men-tre il terminale di scarico originale Lafran-coni è stato riparato internamente, richiuso e riverniciato con vernice termica nera. Per concludere il tutto, oltre alla sostituzione dei cerchi con dei nuovi - sempre Akront bollino giallo -, il serbatoio è stato river-niciato nel tipico colore blu, mentre para-fanghi e fianchetti sono stati riverniciati in una tinta di grigio molto simile a quella del

telaio, proprio come in origine. Bella infine la pompa originale per gonfia-re gli pneumatici, posta sugli appositi ganci previsti sotto al serbatoio.La copertina della sella è stata sostituita, così come la mascherina, rimpiazzata da una originale SWM.Il costo del restauro, oltre alle circa 100 ore di manodopera impiegate da Soiatti in questo progetto, è stato di circa 2.500 euro, che comprendono verniciatura, zin-catura, rettifica cilindro e tutte le compo-nenti sostituite.

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In una ideale classifica delle dieci moto da com-petizione più importanti di sempre va certamente inclusa la Norton Manx, una creazione che si me-

rita tutti i superlativi relativi come: la più prodotta, la più venduta, la più vittoriosa.

Questa moto compariva sui giornali dell'e-poca, pubblicizzata con una sicurezza e superiorità tutta inglese come “l'inavvici-nabile”, e aveva anche spinto Geoff Duke a dire «E' la migliore moto che abbia mai guidato». Parole di un pilota assoluta-mente indiscutibile sotto ogni aspetto, che aveva vinto tre titoli mondiali con la Norton e poi altri tre con la fenomenale quattro cilindri Gilera: mi auguro dunque che la sua affermazione fosse determinata da una irrefrenabile motivazione affetti-va e quindi scusabile, altrimenti, il pilota inglese più amato in Italia avrebbe meri-tato d'essere messo dietro la lavagna in castigo per l'ingratitudine, come si usava ai tempi!Per apprezzare sino in fondo questo ca-polavoro, che è stato il capostipite delle

moto moderne per il suo azzeccato e ri-voluzionario insieme di motore, telaio e sospensioni, ne ripercorriamo brevemente la storia ricordando le circostanze e gli uo-mini che l'hanno creata.La Norton nasce come società di produ-zione di parti per mezzi a due ruote nel 1898, ma dopo qualche anno già produ-ce le proprie moto con motori francesi e svizzeri; il suo logo a lettere nere, con la N allungata che rinchiude il nome, fu di-segnato dallo stesso "Pa" Norton e dal-la figlia Ethel secondo lo stile art decò in voga all'epoca. Nel 1908 Norton produce la prima moto col proprio motore a valvo-le laterali, e l'anno successivo viene addi-rittura venduta da Harrods! Nel 1926 il tecnico Walter Moore viene in-caricato di progettare un motore comple-tamente diverso dai precedenti, un mo-nocilindrico che in seguito si evolverà nel Manx; e nel 1927 la Norton entrò nelle competizioni vincendo qualche gara, ma collezionando anche parecchi ritiri. Gustoso il commento del famoso pilo-ta dell'epoca Stanley Woods, secondo il quale «Moore aveva nel suo ufficio una Velocette e una Charter Lea per ispirarsi,

NORTON MANX. LA MOTO MITICA

di Augusto Borsari

LA MANX HA FORMATO I PIÙ FAMOSI PILOTI INGLESI E HA VINTO PER VENT'ANNI. LE SUE ORIGINI RISALGONO AGLI ANNI TRENTA, MA LA “MOTO VINCENTE” È DEL 1949: DIECI CAVALLI PIÙ DELLA ALTRE

MONOCILINDRICHE E IL FAMOSO TELAIO LETTO DI PIUME

Ima nel progettare sicuramente prese solo il peggio delle due». Anche se i due anni successivi furono tri-bolati, la fama di questo motore e del suo progettista aumentarono al punto che le proposte della NSU, l'arrivo di un impor-tante direttore sportivo come Joe Craig e i dissapori anche economici con la proprie-tà spinsero Moore verso la Casa tedesca.Con Moore in Germania, ci furono due Norton: quella tedesca e l'originale, tanto che con uno humor tutto inglese circo-lò nell'ambiente motociclistico la battuta che NSU significasse “Norton Spare Used”.In Inghilterra lo sviluppo di moto e motore

venne affidato al nuovo progettista Car-rol con Craig direttore sportivo, e gli anni Trenta furono pieni di soddisfazioni con la versione stradale denominata Norton In-ternational e quella da gara chiamata per la prima volta Norton Manx Grand Prix. Fino al 1939 vinsero in quasi tutti i TT di Man con motori dotati di doppio albero a camme in testa e molle a spillo, mentre la ciclistica anticipando di diversi anni i no-stri marchi, aveva già ammortizzatori po-steriori a pistone e forcelle telescopiche.Il Manx fu vincente nelle classi 350 e 500 sino al periodo bellico, resistendo all'ar-rivo dei motori frazionati, a quelli super-

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compressi e ai carburanti speciali, e fa-cendo prevalere nei circuiti tortuosi la sua manovrabilità, la stabilità e anche la buo-na velocità.In Norton, fedeli per convinzione e per motivi economici al loro monocilindrico aspirato, riuscirono poi a condizionare la Federazione Internazionale fino all'aboli-zione dei motori compressi. Il primo dopo-guerra li trovò ancora vincenti, anche se alla fine degli anni quaranta altri marchi inglesi di grande tradizione e capacità co-struttiva si misero in luce: come l'AJS, che vinse nel '49 il mondiale della 500 con la sua bicilindrica “porcospino” (denominata così per la sua singolare alettatura di testa e cilindro) e la Velocette, che si aggiudicò quello della 350 vincendo tutte le gare di

campionato.Questa sconfitta spronò la Norton a rea-lizzare la “moto vincente”: aggiornando il motore con almeno 10 cv in più di tutti gli altri monocilindrici dell'epoca e mon-tandolo su un telaio realizzato in Irlanda del Nord nella piccola officina di Rex Mc-Candless e del suo socio, il pilota Artie Bell. Il telaio, rivoluzionario per l'epoca, era in tubi d'acciaio Reynolds saldati con un sistema particolare che gli conferiva rigidità e allo stesso tempo elasticità nei punti di giunzione; gli ammortizzatori po-steriori, anche quelli di loro costruzione e molto efficaci, riprendevano quelli della Citroën.La moto, testata in segreto sull'isola di Man e su veloci circuiti in Francia, si rive-

lò subito il prototipo della moto moderna, che sarebbe diventata uno standard per tutte le altre che sarebbero seguite negli anni successivi. Portò anche fortuna al giovane Duke, che con questa moto che sembrava fatta ap-posta per lui impiegò solo un paio di set-timane a scalare le gerarchie in Norton, diventandone la prima guida. Per la storia, con Duke arrivò la prima vit-toria nell'aprile del 1950 della Manx “fe-atherbed” (letto di piume), e tante altre seguirono sino al '70, permettendo ad al-tri grandi piloti di farsi le ossa, mettersi in luce, e diventare pluricampioni del mondo anche con altre marche, e qui citiamo assi come Hailwood, Surtees, Redman, Phil Read e Luigi Taveri. L'origine del nome “featherbed”, con cui

venne identificato il telaio, deriva dalla stupefatta esclamazione dell'anziano pilo-ta Harold Daniell dopo uno dei primi test, in cui gli era parso di guidare come su un “letto di piume”, paragonandolo al prece-dente modello “cancello da giardino”: la definizione fu colta dai cronisti che lega-rono per sempre il termine a quel tipo di telaio.Successivamente McCandless e un suo saldatore si trasferirono presso la Norton, e realizzarono una decina di telai Manx Featherbed che cominciarono a vincere su tutte le piste. Dato il successo di vendita, e non poten-do soddisfare internamente la necessità di telai, Norton ricorse in silenzio a una produzione esterna, dando così inizio alla sua storia che durò vent'anni con più di

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mille esemplari prodotti e vincenti in tutto il mondo. Tra le monocilindriche la Norton non aveva rivali, e solo le potenti Gilera a quattro cilindri le negarono il primo posto, quando potevano scatenare tutta la loro ”cavalleria”.La fama si diffuse, e la Manx divenne il mezzo più popolare ed accessibile per i piloti privati: gli ordini fioccarono e, primi al mondo, nel reparto corse organizzarono un servizio di rotazione motori per il sup-porto mondiale ai piloti privati.Quella leggendaria moto nata nell'inverno del 1949 fu assemblata sino ai primi gior-ni del 1963 con gli ultimi ricambi esisten-ti in magazzino: brillò per l'ultima volta nel GP di Jugoslavia del '69, vincendo con Godfrey Nash nelle 500, complice la mancanza di Ago e della MV Agusta.

Il suo periodo d'oro fu negli gli anni dal 1950 al 1953, con molte vittorie e buoni piazzamenti benché ormai fosse evidente l'impossibilità di sostenere a lungo la con-correnza delle quadricilindriche italiane. La Norton cercò di trovare la strada per realizzare un motore frazionato di questo tipo, ma le difficoltà economiche e tecni-che la dissuasero dal percorrerla. Fu più facile ottimizzare quanto fatto e di-ventare leader tra i privati, grazie anche alle migliorie adottate come la geometria della parte termica, passata dall'originale "corsa lunga" degli inizi alla evoluzione, nel 1954, in corsa corta per la 500 e qua-dra per la 350. Altri aggiornamenti furono sperimentati, come la distribuzione desmodromica, la doppia accensione, il cambio a cinque o

sei rapporti, ma non trovarono applicazio-ne definitiva. L'ultimo sogno di Craig fu la sostituzione del tradizionale Manx con il modello “F”, un monocilindrico orizzontale come quelli delle Moto Guzzi (la sua ossessione) che, pur realizzato e testato, non partecipò mai alle competizioni a causa del ritiro dalle gare ormai ufficializzato. Amareggiato per questa decisione azien-dale, Craig decise di lasciare la Norton dopo 25 anni di collaborazione. Nel frattempo, complici gli ingaggi più interessanti e il richiamo delle più perfor-manti moto italiane, a partire dal 1952 la folta pattuglia di piloti di lingua inglese,

che si erano forgiati ed erano diventa-ti famosi con la mitica Manx, migrò alla spicciolata ad Arcore, Mandello e Cascina Costa. Qualche nome a caso, oltre al già citato Geoff Duke: Leslie Graham, John Surtees, John Mc Intyre, Bill Lomas, Ken Kavanagh, Roy Amm, Dickie Dale, Derek Minter, John Hartle. Detto questo, e tornando all'inizio, in qua-le posizione mettereste la Norton Manx nella vostra ideale classifica delle moto capolavoro che hanno fatto la storia delle due ruote ?Non piazzatela al primo posto però.... quello è già riservato alla “meraviglia di Mandello”!...

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Moto.it Magazine N. 331 Editoriale

Ciao a tutti! veri dram-mi sono al-tri, sono per esempio tutti gli incidenti del

weekend. Troppi i motociclisti che si sono feriti sulle strade italiane in questi due o tre giorni di bel tempo, qualcuno purtroppo ha perso la vita, le cronache locali sono piene di brutte notizie. Poi c’è stata la MotoGP in Argentina. E biso-gna in qualche modo venirne fuori. Ha ragione Zam: Marquez e la Race Direction sono ingiusti-ficabili. Naturalmente alla di-rezione gara guidata da Mike Webb va concesso che pren-dere una decisione in pochi secondi non è mai facile, ma i suoi giudici sono lì per quello e se non sono adeguati allo-ra lascino. Trovo che sia sta-to molto giusto preoccuparsi dell’affollamento in pit lane

e dunque ritardare la proce-dura di partenza; discutibile il vantaggio concesso a Miller sulla griglia; inaccettabile la concessione fatta a Marquez dopo lo spegnimento del mo-tore sulla sua Honda. Il 93 andava spinto subi-to fuori pista, verso la corsia box, e due cose non hanno funzionato: il commissario di pista (collegato con la direzio-ne corsa) che non è stato così deciso e autorevole, la dire-zione stessa che non ha espo-sto la bandiera nera a Marc fin dal primo passaggio. Altro che ride trough: quel-lo si dà a chi muove la moto con qualche centesimo di an-ticipo (e magari poi si blocca sulla casella e perde soltanto tempo). E io non penso alla malafede o alla sudditanza psicologica, però credo che gli uomini di Webb abbiano come prima preoccupazio-ne le televisioni, le esigenze

della diretta e i palinsesti. Ri-mandato il via della MotoGP per le esigenze di sicurezza (e qui onore al merito) hanno poi avuto una gran fretta di chiudere la pratica Marquez-motore-spento. Poi c’è il problema di Mar-quez e delle entrate assassi-ne, quelle che sconfinano con lo speronamento volontario. La zona è piuttosto grigia, lo dite anche voi nei commenti di questo finesettimana, ma Zarco e Marquez hanno troppi precedenti per poterci passa-re sopra. Anche Rossi ne ha qualcuno su cui si continua a discutere, e in questi giorni lo ha ammesso per primo, ma nei ventidue anni della sua carriera io ne vedo (con un qualche margine di certezza) soltanto due o tre. Marquez, domenica, ha fatto patta in una gara sola, e se giudichi scorretto il suo sorpasso a Espargaro e lo punisci subito,

NICO CEREGHINI "MARQUEZ DA LABORATORIO"

LO FAREI STUDIARE DA UNA ÉQUIPE DI SCIENZIATI, FENOMENO IN TUTTO. SPESSO SEMBRA GUIDARE DISINTERESSANDOSI DELLA PROPRIA INCOLUMITÀ, DOMENICA SCORSA ANCHE DI QUELLA ALTRUI

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dopo l’entrata su Valentino lo devi senz’altro squalificare perché recidivo.Certo, Marc Marquez andreb-be studiato in laboratorio. Lo affiderei a una équipe di scienziati, medici, neurologi, psichiatri. Perché e un fe-nomeno assoluto nella gui-da e anche nel resto. Il suo modo di affrontare certi tur-ni di prova sembra rivelare un’assoluta noncuranza cir-ca la propria incolumità, e il suo modo di affrontare certe gare, come questa in Argen-tina, sembra dire che nutre lo stesso disinteresse anche per l’incolumità altrui. Amorale o soltanto troppo

IN UNO SPORT PERICOLOSO COME IL MOTOCICLISMO NON SI PUÒ

CONCEDERE TUTTA QUESTA LIBERTÀ. LA RACE DIRECTION HA ANCORA UNA

POSSIBILITÀ PER TORNARE CREDIBILE, ANZI DUE: ALLINEARE MARQUEZ IN ULTIMA FILA ALLA PROSSIMA GARA

O TENERLO FERMO TOUT COURT PER SOMMA DI BANDIERE NERE NON DATE

competitivo? Comunque la si pensi, in uno sport pericolo-so come il motociclismo non si può concedere tutta que-sta libertà. La Race Direction ha ancora una possibilità per tornare credibile, anzi due: allineare Marquez in ultima fila alla prossima gara o te-nerlo fermo tout court per somma di bandiere nere non date (due); e poi introdurre una serie di penalizzazioni progressive per tutti gli epi-sodi scorretti, cominciando da quelli dubbi. Tutti i pilo-ti convocati, le cose devono cambiare, massima severità; cartellino giallo, poi rosso, poi fuori.

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MOTOGP GP D'ARGENTINA

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Torna alla vittoria Cal Crutchlow davanti a Johann Zarco e Alex Rins, per un podio assolutamente ine-dito. Quinto al traguardo (ma verrà penalizzato) Marc

Marquez, settimo Andrea Dovizioso, nono Andrea Iannone, 11esimo Danilo Petrucci,

19esimo Valentino Rossi, ripartito dopo es-sere stato abbattuto da Marquez la 20esi-mo giro.E’ successo di tutto, quasi tutto sbagliato. Proviamo a riassumere. Poco prima del via cade un po’ di pioggerellina, quella infima, quella schifosa. L’asfalto si bagna, soprat-tutto nella parte posteriore del circuito, ma

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CRUTCHLOW VINCE IL GP. ROSSI SPERONATO DA

MARQUEZdi Giovanni Zamagni

DELIRANTE GP D'ARGENTINA CON DOPPIA PARTENZA, MARQUEZ SPERONA ROSSI CHE CADE. PODIO: CRUTCHLOW, ZARCO, RINS

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fondamentalmente rimane asciutto. Tutti i piloti vanno sullo schieramento di par-tenza con le rain, tutti tranne Jack Miller, che come aveva fatto in qualifica, azzarda le slick. Passano i minuti ed è chiaro che quella di Jack è ancora una volta la scelta giusta. Ma ormai la pit lane è chiusa e si è oltre il limite regolamentare per cambia-re le gomme. Unica soluzione: spostare la moto in pit lane e partire da lì con le slick. Il problema è che in pit lane ci sono 23 piloti e uno solo, Miller, sulla griglia di par-tenza. E’ il caos e la direzione gara decide, secondo me correttamente, di ritardare la partenza.

SCELTA DISCUTIBILEPoi, però, è il caos. Per non penalizzare Miller, che comunque

aveva preso i suoi rischi per scegliere le slick, viene presa una decisione di compro-messo: non si può far partire tutti dalla pit lane, sarebbe troppo pericoloso (giusto), e si opta quindi per dare a Miller una “griglia” di vantaggio, schierando tutti gli altri piloti, in base a quanto fatto nelle qualifiche, a partire dall’ultima fila. Secondo me bisognava lasciare lo schiera-mento com’era in origine, lasciando i piloti con le rain, che avrebbero potuto cambia-re effettuando il classico “flag to flag”. Ma questo tema, passa in secondo piano visto tutto quello che è accaduto.

MARQUEZ FA SPEGNERE LA MOTOSi parte quindi con questo nuovo schie-ramento, ma finito il giro di ricognizione, Marc Marquez fa spegnere la moto un atti-

mo prima del via. Per regolamento, dovrebbe essere spostato nella pit lane, ma Marquez si fa spingere, riaccende la moto e si riposiziona nella ca-sella conquistata in qualifica. E’ subito evi-dente che non lo può fare, lo capisce anche lui, che infatti spinge come un forsennato per guadagnare terreno. Passa in testa al secondo giro , al quinto a 1”603 di vantaggio, al sesto viene punito con il “ride through”. Rientra in pista 19esimo a 21”107 da Miller, in quel momento in testa alla gara.

VENA CHIUSA, SPORTELLATE A TUTTIMarquez è una furia, gira almeno un se-condo più veloce di Miller e oltre un secon-do più veloce di tutti gli altri. Rimonta posizioni, ma al nono giro, alla

curva 13 (quella, per intenderci del con-tatto Dovizioso/Iannone di qualche anno fa) esagera, entra troppo deciso su Aleix Espargaro lo spinge fuori. Gli chiede scusa, ma dalla direzione gara gli comunicano che deve cedere la posizione. Nel frattempo, però, Marquez aveva già passato altri due piloti, quindi perde ul-teriore tempo. All’ottavo giro è a 20”176. Continua a spingere come un forsennato, umilia quasi gli avversari, perché pur con un ride trough, pur avendo dovuto cedere le posizioni, supera piloti che non hanno avuto questi “inconvenienti”. Nella sua rimonta passa Dovizioso, quin-di arriva in scia alle Yamaha e al 20esimo giro perde completamente la testa: sempre alla curva 13, entra come se davanti a lui non ci fosse Valentino Rossi, lo centra, lo

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fa cadere. Ancora una volta chiede scusa, ma continua a spingere e nell’ultimo giro infila anche Vinales per un quinto posto che, però, si trasforma in 18esimi per una penalizzazione di trenta secondi. Secondo me troppo poco: andava squa-lificato. Poi, una voltato rientrato al box, Marquez va, accompagnato da Alberto Puig (giusto), ma anche dal manager Emilio Al-zamora e dal suo fisioterapista (cosa c’en-travano) al box Yamaha a chiedere scusa. Scuse che non vengono accettate ma, in-credibilmente, non è il team manager Maio Meregalli ad allontanare Marquez, ma Ales-sio Salucci (Uccio), l’amico di Valentino. Tutto sbagliato.

CRUTCHLOW PRIMO E IN TESTA AL MON-DIALECosì, purtroppo, passa in secondo piano la strepitosa vittoria di Cal Crutchlow, che non vinceva dal GP d’Australia 2016: per la prima volta, Cal è anche in testa al mondiale, davanti ad Andrea Dovizioso, sesto al traguardo, dopo una gara molto complicata. In un certo senso, al Dovi è andata bene. Al secondo posto Johann Zarco, che ci ha provato fino alla fine, e Alex Rins arrivato a 2”5 al traguardo, ma in realtà in lotta per il successo fino al penultimo giro.

Disastro Lorenzo: 15esimo.

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CLASSIFICA, GP D'ARGENTINA

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CLASSIFICA MONDIALE

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Si presenta alle telecame-re con la faccia tranquil-la, bravissimo a mantenere la calma. Ma le sue parole sono pesantissime, ancora più dure di quelle del finale

2015. «Marquez sta distruggendo questo sport» dice. Non c’è quasi bisogno di fargli domande, parla a ruota libera. Con grande lucidità e una durezza infinta.«Io sto bene, non mi sono fatto nulla, ma è una situazione molto pericolosa: bisogna fare qualcosa. Marquez non ha rispetto per nessuno: oggi ha centrato 4 o 5 piloti. E’ una sua tattica: lui ti punta tra la gamba e la moto, sapendo perfettamente che così lui non può cadere, al massimo è il rivale a finire a terra. Se si prendono gli episodi di oggi, singolarmente ci possono anche sta-re, ma lui è recidivo. E non solo oggi. Nella prima gara in Qa-tar ha preso sul ginocchio Zarco alla prima curva; qui, già venerdì ha fatto a sportella-te con Vinales, che se non rialzava la moto finiva a terra. Sabato ha fatto lo stesso con me e Dovizioso. In gara, poi, ha fatto di tutto. Sulla griglia, quando si è spenta la moto, invece di andare fuori, come biso-gna fare per regolamento, ha riacceso la moto, è andato contro mano e si è rimesso al suo posto. Crede che le regole non siano uguali per tutti. Poi, dopo essere stato penalizzato con il “ride trough”, è venuto su come un matto,

centrando nella sua rimonta prima Espar-garo (aleix, NDA), poi Rabat e me e, pro-babilmente, anche Vinales all’ultimo giro. E’ pericoloso, io ho paura a correre con lui: lui fa quello che gli pare e lo fa apposta. Con me sarà arrivato 20 km/h più forte del dovuto. Non ha rispetto per gli avversari, porta il livello della competizione a un li-vello pazzesco. Con me fa perfino peggio. Nel 2015 mi ha fatto perdere un mondiale apposta».Prende fiato un attimo e poi continua a va-langa.«Queste cose non possono succedere sei volte nello stesso GP: una volta può ca-pitare a tutti, è accaduto anche a me in passato, ma più volte no. Se lui fa così, anche gli altri si sentono autorizzati a farlo, ma questo è uno sport pericoloso: se si va avanti così, dopo 5 gare ci sono metà piloti sullo schieramento…».

Valentino non vuole sentire parlare di scu-se. «Lui ti viene a chiedere scusa facendosi bello davanti alle telecamere con Alzamo-ra e Puig, poi però continua a fare come vuole. Se capita sempre, io non accetto le scuse: che stia lontano da me, che abbia il buon gusto di non guardarmi in faccia, non mi deve prendere in giro. La Direzione Gara deve fare in modo che non vada a sbattere continuamente contro gli altri».Impossibile dargli torto.

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VALENTINO ROSSI"HO PAURA A CORRERE

CONTRO DI LUI"di Giovanni Zamagni

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Il pilota prodigio che non per-de mai il sorriso, non lo per-de nemmeno questa volta. A essere buoni, si può pensare che è questione di carattere o, forse, che il mezzo sorriso

con il quale si presenta nell’ufficio Honda trasformato in sala stampa, naturalmen-te pieno di gente, serve per smorzare la tensione palpabile. Marquez spiega le sue ragioni, si difende, chiede scusa, ma lo fa sempre a suo modo: parzialmente e non per tutti gli episodi. Anzi.

«Quando sono arrivato sulla griglia di par-tenza dopo il giro di allineamento il motore si è completamente spento per un proble-ma elettrico. Ho subito alzato la mano, ma non accadeva niente. La moto è ripartita, in quel momento non sapevo cosa fare: ho chiesto a un commis-sario, che è in collegamento con la direzio-ne gara, e lui mi ha fatto segno di rimet-termi al mio posto. O ho capito così e l’ho fatto il più velocemente possibile. Sono partito tranquillo e sono rimasto sorpreso quando sul cruscotto è comparsa la scritta

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MARC MARQUEZ"NESSUNA FOLLIA"

“ride through”: sinceramente non ho capito perché me l’abbiano dato, ho fatto quello che mi ha detto il commissario.Quando sono tornato in pista ho preso su-bito un buon ritmo e, purtroppo, ho tocca-to Aleix. Questo sì è stato un mio errore: giravo 4 secondi più veloce di lui, non mi aspettavo che frenasse così presto. Mi sono subito scusato e quando mi è sta-ta inflitta la penalizzazione (farlo ripassare, ma nel frattempo aveva già superato altri due piloti, quindi ha perso ancora più tem-po, NDA) ho pensato solo a recuperare».

Poi, però, c’è stato anche il contatto con Rossi. «Non ho fatto nessuna pazzia, nes-suna manovra fuori dal normale: le condi-zioni della pista in quel punto erano criti-che, ho preso una riga d’acqua, si è chiuso lo sterzo ed è successo quello.Mi sono subito scusato e l’ho fatto anche dopo, nel box: lui non le ha accettate, ri-spetto la sua scelta».

Rossi è stato durissimo nei tuoi con-fronti, dice che sei pericoloso.«Mi preoccupo zero di quello che dicono. Sono uno onesto: ho fatto un errore, ma assolutamente involontario, in un punto nel quale hanno sbagliato anche Zarco (centrando Pedrosa, poi caduto con so-spetta frattura del polso destro, NDA) e Petrucci con un altro pilota. Mi hanno penalizzato, è stato giusto, ma è stato completamente sbagliato darmi il “ride through” per la partenza».

Valentino dice che vai contro ai piloti in maniera volontaria.«Rispetto le sue dichiarazioni, ma io non ho mai fatto una cosa del genere volon-tariamente, in nessuna corsa della mia vita. Io so cosa è successo, sono focaliz-zato solamente su me stesso. L’errore con Rossi è stato determinato dalle condizioni della pista: questa è la verità».

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Nervi tesi, inevitabilmente, dopo un Gran Premio d'Ar-gentina segnato dal caos regolamentare ma anche dalla condotta di gara quan-tomeno discutibile di Marc

Marquez. Lin Jarvis, Team Director della squadra ufficiale Yamaha - di cui entram-bi i piloti sono stati sorpassati in maniera molto aggressiva dal campione del mondo, nel caso di Rossi spedendolo addirittura a gambe all'aria, ha parlato ai microfoni di Sky in toni molto critici verso Marquez, all'uscita da un incontro con la direzione gara.

«Naturalmente come squadra non possia-mo accettare questo tipo di azione di Mar-quez, che ha fatto per due volte nella gara una cosa inaccettabile, prima nei confronti di Espargaro e poi con Vale. Rossi ha rischiato di farsi male e ha perso tanti punti. Semplicemente non è accetta-bile, quindi siamo andati dalla Race Direc-tion a spiegare la nostra posizione. Anche Vale è andato lì per spiegare la sua opi-nione. Per il resto dobbiamo aspettare la decisione della Race Direction».

Qual è stata la risposta della direzione gara?«C’è stata comprensione da parte loro, ma devono decidere se possono fare qualche cosa di più o no, perché hanno già deciso una penalizzazione di 30 secondi dopo la gara, dopo il ride through di Marquez».

Hai parlato con Valentino? Che cosa ti ha detto?«Vale ha detto solo che lui ha paura di gui-dare la moto nella stessa pista di Marquez. Ha paura a stare vicino a Marquez sul circu-ito, cosa che va risolta per il futuro. Non solo per noi, ma per lo sport in ge-nerale».

Avete avuto la possibilità di parlare con qualcuno della Honda?«Attualmente è una cosa tra noi, non ab-biamo litigato con la Honda. Noi avevamo un’opinione che volevamo condividere con la Race Direction, sia Va-lentino che noi come squadra. Sincera-mente oggi non mi interessa parlare con la Honda o con Marquez. Ho visto che lui ha provato a entrare nel nostro box ma non era il momento per farlo».

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LIN JARVIS"IL COMPORTAMENTO DI

MARQUEZ È INACCETTABILE"

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GP DI ARGENTINASPUNTI, CONSIDERAZIONI E

DOMANDE DOPO LA GARAdi Giovanni Zamagni

I PUNTI CHIAVE DEL GP, IL LIVELLO DI SUZUKI E DUCATI, LE FRASI PIÙ BELLE

Quali sono state le chiavi del GP?1) Gli errori della direzione gara. Impossibile fare peg-gio. Ecco, in sintesi, gli sbagli commessi: 1) ha inventato

una nuova procedura di partenza, inven-tando al momento un nuovo regolamento;

2) Non ha squalificato Marc Marquez per essere partito dalla ipotetica sesta casella, invece che dalla pit lane; 3) Non ha punito Zarco per la durissima entrata su Pedrosa alla fine del primo giro, con conseguente caduta del pilota spagnolo (sospetta frattu-ra del polso destro); 4) Ha solo punito con 30 secondi Marquez invece di squalificar-lo dopo aver abbattuto Rossi: era recidivo, andava squalificato immediatamente;

2) Lo spegnimento del motore di Marquez. In prova – ma poi anche in gara – ha di-mostrato di avere almeno un secondo di margine da amministrare, ma sulla linea di partenza ha commesso un errore da princi-piante, facendo spegnere il motore: questo ha determinato tutto il resto e la sua scon-fitta in un GP che sembrava aver già vinto;

3) La calma di Crutchlow. Cal è stato bra-vissimo a gestire tutta la gara e, soprattut-to il finale: è sempre rimasto calmo, ha fat-to tutto quello che doveva fare al meglio, attaccando al momento giusto;

4) Le difficoltà della Ducati ufficiale. Do-vizioso non è mai stato in grado di dire la sua, ha potuto solo difendersi.

Cosa ha detto Zarco del sorpasso su Pe-drosa?Zarco: «In quel punto ho preso una chiazza di umido e per non cadere ho dovuto rial-zare la moto: per questo c’è stato il con-tatto con Pedrosa. Ma non ho commesso errori». Difficile essere d’accordo.Il terzo posto di Rins (al primo podio in

motoGP) significa che la Suzuki è al livello delle migliori?Presto per dirlo. La Suzuki è un’ottima moto, ma la gara in Argentina è stata trop-po particolare e condizionata da eventi esterni per dire che la GSX-RR può giocarsi il podio in tutte le gare. Comunque è una moto molto competitiva.

Il GP d’Argentina ridimensiona la Ducati?Solo in parte. Certo, fa specie vedere Miller con la GP17 quarto al traguardo a 4”390, dopo essere stato a lungo in testa, e Do-vizioso solo sesto a 22”533 e costretto a difendersi in ogni maniera. Per non parlare poi di Petrucci e Lorenzo. Sicuramente, come era già emerso nel 2017, la Desmosedici fatica a essere com-petitiva su tutti i tracciati.

Giri veloci in gara (tra parentesi il giro in cui è stato realizzato).Marquez 1’39”902 (22); Crutchlow 1’40”386 (23); Zarco 1’40”425 (24); Vina-les 1’40”614 (17); Iannone 1’40”647 (21); Rins 1’40”756 (23); Miller 1’40”840 (21); Rossi 1’40”895 (18); Lorenzo 1’41”060 (21); Syahrin 1’41”091 (24); Nakagami 1’41”093 (18); Dovizioso 1’41”148 (16).

La gara di Marquez.1 giro: 2 a 0”117; 2 giro: 1 +0”264; 5 giro: 1 +1”663; 7 giro: 19esimo a 21”107; 9 giro: 18esimo a 21”116; 14esimo giro: 12esimo a 19”565; 16esimo giro: ottavo a 17”717; 20esimo giro: sesto a 16”623; 24esimo giro: quinto a 13”860.

Le più tre belle frasi del GP3) Marco Bezzecchi (primo in Moto3): «Per l’emozione non mi sento più il cuore»2) Mattia Pasini (primo in Moto2): «Quando due anni fa abbiamo firmato il contratto, forse nemmeno il mio team credeva che io fossi così veloce…»1) Dovizioso: «Oggi Marquez ha fatto tutto quello che non doveva fare».

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CAL CRUTCHLOW 9,5Se Marquez non avesse sbagliato tutto quello che poteva sbagliare, probabilmen-te non avrebbe vinto, ma la sua è stata comunque una grandissima prestazione. Su questa pista si esalta (podio anche nel 2017), guida bene, è veloce. Non ha com-messo errori e ha gestito al meglio tutto il GP, in particolare il finale. Adesso, però, deve stare sempre con i migliori. Bravo.

JOHANN ZARCO 6Ha fatto una grande gara, da 9 in pagel-la, ma il suo risultato è comunque viziato da un sorpasso oltre il limite – e quindi da sanzionare – su Dani Pedrosa. Sulle sue qualità di guida ormai nessuna dubita più, ma la sua aggressività è effettivamente ec-cessiva. Veloce ma…

ALEX RINS 9E’ veloce, guida bene, acquista sempre maggiore consapevolezza nei propri mez-zi, sbaglia meno. Insomma, un pilota quasi completo, che sta dimostrando tutte le sue qualità. Ormai è lui la prima guida. Potreb-be essere il primo podio di una lunga serie. Talento.

MARC MARQUEZ 2Poteva vincere con una mano sola, ma ha compromesso tutto facendo spegnere il motore sulla griglia (errore grave). Poi, ha

perso completamente la ragione, guidando costantemente oltre ogni limite possibile. Fuori controllo.

JACK MILLER 10 E LODEE’ il vincitore morale di questo GP, per quanto ha fatto in qualifica con le slick e per aver montato ancora una volta le slick prima del via, mentre gli altri 23 piloti ave-vano le rain. Se la direzione corsa (voto 2) non avesse cambiato le regole, avrebbe fa-cilmente vinto la gara. Derubato.

MAVERICK VINALES 6Qui l’anno scorso aveva dominato con una mano sola, adesso si deve accontentare di un quinto posto a una vita dal primo. Non fa errori, ma non riesce neppure a fare la differenza, penalizzato da condizioni evi-dentemente poco gradite alla sua Yamaha. Sotto tono.

VALENTINO ROSSI 6Era lì a giocarsela con il compagno di squa-dra. Poi è arrivato Marquez. Abbattuto.

ANDREA DOVIZIOSO 6Alla fine, più per demeriti altrui, riesce a portare a casa un risultato accettabile, guadagnando anche punti su Marquez. Come al solito, sfrutta bene il mezzo a sua disposizione, ma nemmeno lui può fare miracoli. Comunque tenace.

LE PAGELLE D'ARGENTINAdi Giovanni Zamagni

LODE A MILLER, VINCITORE MORALE. 2 A MARQUEZ CHE POTEVA VINCERE CON UNA MANO SOLA. 6 A ROSSI

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TITO RABAT 9Quarto in qualifica, sempre veloce, sempre competitivo, bene anche in gara: dimostra che non è in MotoGP solo perché ha tanti soldi. In crescita.

ANDREA IANNONE 4Purtroppo prende costantemente paga dal compagno di squadra. Difficilmente giusti-ficabile.

DANILO PETRUCCI 4Un fine settimana difficilissimo, una gara da dimenticare. E, come Marquez e Zarco, ha perso il controllo alla curva 13, centran-do Aleix Espargaro. In difficoltà.

JORGE LORENZO 4Ha trovato le condizioni per lui più difficili. Un’altra gara da dimenticare: ormai sono parecchie. Crisi nera.

FRANCO MORBIDELLI 5Condizioni difficilissime per un debuttante. Un passo indietro rispetto al Qatar.

ALEIX ESPARGARO 7Questa volta ha sfruttato bene le qualità dell’Aprilia, ma in gara è stato centrato a ripetizione. Sfigato.

DANI PEDROSA 8Il voto, naturalmente, è riferito a quanto fatto in prova: poteva giocarsi la vittoria, invece è finito al centro medico con la so-spetta frattura del polso destro. Doppia-mente sfigato.

HONDA RC213V VOTO 9,5Su questa pista ha messo in mostra una competitività spaventosa, dominando tut-ti i turni di prove (tranne le qualifiche per l’azzardo di Miller) e la gara. Fa paura.

YAMAHA M1 VOTO 7Il voto è per la M1 ufficiale, perché se si guarda al risultato di Zarco il voto dovreb-be essere molto più alto. Quella di Rossi

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e Vinales, però, è sembrata tutt’altro che irrisistibile.

SUZUKI GSX-RR VOTO 8,5Su questa pista ha dimostrato una grande competitività, vicinissima alle moto più ve-loci. Dovrà confermarsi su altri tracciati, ma la sensazione è quella di una Suzuki molto efficace ed equilibrata.

DUCATI DESMOSEDICI GP18 VOTO 5Anche in questo caso, se si guarda la vec-chia Ducati 2017 di Miller, bisognerebbe alzare, di molto, il voto. Ma la 2018 ha mo-strato limiti preoccupanti: fortunatamente, Dovizioso ci ha messo una pezza (ancora una volta).

APRILIA RS-GP VOTO 7Un netto passo in avanti rispetto alle ulti-me, opache prestazioni.

KTM RC16 VOTO 6Difficile da giudicare: sufficienza di inco-raggiamento.

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Classi inferiori dominate dai connazionali, con Mat-tia Pasini e Marco Bezzec-chi che fanno suonare per ben due volte l'Inno di Ma-meli sul podio. Due gare

corse in condizioni difficili, con asfalto via via meno bagnato, dove i pilloti ci hanno messo molto del loro. E due gare che ci regalano classifiche generali che sorrido-no ai nostri colori.La Moto2 ha vissuto su un dominio qua-si totale di Pasini, che scatta primo, rin-tuzza l'attacco di Oliveira a quattro giri dalla fine e tiene duro nelle ultime tor-nate, conquistando una vittoria davvero splendida davanti alla sorpresa Vierge e appunto a Oliveira. La classifica generale è da lustrarsi gli occhi: in testa al Mon-diale c'è Pasini, davanti a Baldassarri e Bagnaia.

La Moto3 apre sotto il segno dell'incer-tezza, con la pista bagnata in via di asciu-gamento che rende la scelta delle gomme una vera e propria lotteria. C'è chi va sul sicuro e parte con le rain, c'è chi rischia e decide per le slick, contando su un gran-de recupero nella seconda metà di gara.Alla fine ha ragione Bezzecchi, che parte forte come nessuno con le rain, e accu-mula un vantaggio incolmabile per tutti gli avversari, perché Martin - che ha az-zardato un cambio gomme dopo il giro di ricognizione - non riesce a recuperare il tempo perso ai box. Secondo chiude quel guastafeste di Aron Canet, che si in-fila davanti a Di Giannantonio ed Enea Bastianini. Alla fine, la classifica generale vede Canet davanti a Martin, ma Bezzec-chi terzo a soli tredici punti, con il "Dig-gia", Dalla Porta e Antonelli lì dietro ad inseguire.

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PASINI E BEZZECCHI: TRIONFO ITALIANO IN MOTO2 E MOTO3

GARA IN SOLITARIA DEL ROMAGNOLO, DI GIANNANTONIO TERZO. GRANDE PASINI IN CLASSE CADETTA CHE RINTUZZA VIERGE E OLIVEIRA

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La bella vittoria di Cal Crutchlow su Zarco e Rins proietta l’inglese della Honda in vetta alla classi-fica mondiale provvisoria con tre punti di vantaggio

sul Dovi. Ma la gara resterà nella memo-ria per altri aspetti: le condizioni della pi-sta, gli errori della direzione gara, la con-dotta oltre i limiti di Marc Marquez che alla fine determina la caduta di Rossi. La procedura di partenza è stata corretta? Giusto dare un vantaggio a Miller? Mar-quez andava fermato subito con la ban-diera nera? E Zarco su Pedrosa, tutto re-golare?Anticipiamo anche i tanti temi tecnici che tratteremo mercoledì: della Honda che pare superiore alle altre e sfrutta meglio

le gomme grazie anche all’elettronica, la Ducati che rischia di vincere con Miller, affonda con Lorenzo e si difende in qual-che modo con Dovizioso, della Yamaha che ha ancora tanti problemi, di Aprilia e KTM, infine della Suzuki che sembra arri-vata molto vicina al top.E poi Michelin: sembra che per l'ennesi-ma volta il GP sia stato condizionato dal rendimento delle gomme, e che si stia determinando una spaccatura netta tra chi rischia e spinge con l'anteriore (che non da un feeling sufficiente a tutti) e chi non ce la fa. Quando ci sono situazioni critiche per l'asfalto questo squilibrio è nettamente più accentuato.Ci vediamo mercoledì, anche per celebra-re le belle vittorie italiane di Marco Bez-zecchi e Mattia Pasini.

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MINI DOPO GP CON NICO IL GP D' ARGENTINA

ASPETTANDO IL RIENTRO DI ZAM, UN ANTICIPO DEL NOSTRO PROGRAMMA CHE TROVERETE MERCOLEDÌ. ANCHE CON L’ING,

NATURALMENTE. TANTI I TEMI DELLA DOMENICA, SU TUTTI GLI ERRORI DELLA DIREZIONE GARA E L’IRRUENZA DI MARQUEZ. POI LA TECNICA

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MOTOCROSS GP DEL TRENTINO

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Quest’anno il GP del Tren-tino non è andato proprio come avrebbero voluto sia Tony Cairoli che la marea di suoi tifosi che lo han-no sostenuto per tutto il weekend. Un sasso che gli

ha creato problemi al freno anteriore nella prima manche, ed una curva che ha fatica-to a digerire per tutta la gara hanno fatto saltare i suoi piani ma soprattutto hanno permesso a Jeffrey Herlings di uscire da dominatore per quella che era la gara di casa del siciliano (da lui vinta anche nella scorsa edizione) firmando la sua seconda doppietta della stagione grazie alla quale è ritornato in testa alla MXGP.Problemi a parte, c’è da dire che l’olande-se è stato imprendibile, grazie anche alle partenze finalmente nelle prime posizioni che sino ad ora erano il suo cruccio e che ha sistemato grazie all’intenso lavoro del-la KTM che hanno trovato il setting ideale dell’elettronica per facilitarlo all’abbassarsi del cancello. Nella prima manche è rimasto per tutto il tempo al comando, nell’altra è partito alle spalle di Tony ma dopo un paio di giri ha giocato d’astuzia e con un sorpas-so capolavoro ha declassato il battistrada azzurro e si è involato verso la sua secon-da affermazione di giornata mantenendo i

nervi saldi e la concentrazione per mante-nersi Cairoli alle spalle.Già provato da una prima manche dove ha corso a correte alternata a causa di una ruota che si bloccava temporaneamente per via di un sasso che aveva danneggiato il freno anteriore, dove ha comunque fatto il miracolo di rimontare dall’8ª alla 4ª po-sizione, in quella successiva si è sportiva-mente dovuto inchinare alla superiorità del compagno di scuderia anche se i loro tempi sul giro erano spaziali e nettamente supe-riore a quelli di tutti gli inseguitori.Quello che rimane da sapere, è se effetti-vamente mentre Herlings da giovane pu-rosangue il titolo vuole vincerlo gara dopo gara, forte dell’esperienza maturata coi suo nove titoli iridati il messinese segue una linea più prudente basta sul risultato a lun-ga scadenza che sulla carta è quello meno pericoloso.Il ruolo del terzo incomodo anche questa volta è stato di Clement Desalle, che col suo passo sornione (si fa per dire…) vie-ne sempre a ruota dell’imbattibile tandem KTM e questa volta sfruttando la giornata storta di Cairoli gli è riuscito a strappargli il secondo gradino del podio grazie ad un 2° ed un 3° posto. La lista degli inseguitori, in ordine di arrivo, comprende Romain Febvre che ha preceduto Glenn Coldenhoff, Gau-

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HERLINGS E PRADO VINCONO IL GP DEL TRENTINO

di Massimo Zanzani

HERLINGS SI AGGIUDICA IL GP DEL TRENTINO DAVANTI A DESALLE E CAIROLI. NELLA MX2 PRADO È IL PIÙ VELOCE, ALLE SUE SPALLE

COVINGTON E JACOBI

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tier Paulin e Tim Gajser; 13° Alex Lupino al traguardo prima 13° e poi 14°.Come aveva detto di sperare nella confe-renza stampa del sabato al termine della sua prestazione vittoriosa in qualifica, Jor-ge Prado ha spezzato la striscia vincente di Pauls Jonass nella MX2, imponendosi nella frazione d’apertura e giungendo alle spal-le di Thomas Covington che ha seguito lo spagnolo sul podio. Terza piazza per il tedesco in costante ascesa Henry Jacobi, che ha avuto la me-glio sul ritrovato Brylyakov e su Jonass che stranamente si è espresso in una giornata incolore, nettamente al disotto del poten-ziale espresso nelle prime tre gare.Del tutto diversa la prestazione di Michele

Cervellin, che sistemati tutti i suoi acciacchi fisici si è espresso in due onorevoli presta-zioni completate al 6° e all’11° posto grazie alle quali ha chiuso il GP in 7ª posizione; 15° invece Samuele Bernardini.I colori azzurri sono stati tenuti alti anche da Emilio Scuteri che si è aggiudicato la seconda prova dell’Europeo 125 ed è così passato al 3° posto della classifica prov-visoria; podio anche per Kiara Fontanesi, che ha magistralmente superato il proble-ma di uno stato di forma non ottimale con la sua solita grinta e determinazione grazie alle quali si è assicurata la 3ª posizione nel-la prova d’apertura WMX alle spalle della vincitrice tedesca Larissa Papenmeier e di Courtney Duncan.

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JEFFREY HERLINGS (1° MXGP)«Ritornare in testa al campionato in que-sto modo è stato fantastico, per tutto il weekend sono stato l più veloce ed ho vinto tutte le manche: più di così non potevo fare. Ed è bello per-ché è il risultato di tato lavoro, soprattutto dal punto di vista delle partenze che ab-biamo curato molto sia dal punto di vi-sta tecnico che analizzando anche i miei avversari e oggi hanno funzionato molto

bene. Anche se questa non era una delle mie preferite e se il tifo era ovviamen-te tutto per Tony mi sono sentito bene in tutto il fine settimana ed è stato un ono-re battere una leggenda dello sport come lui».

CLEMENT DESALLE (2° MXGP)«Sapevo che oggi una buona partenza era fondamentale per fare un risultato da podio vista la difficoltà a sorpassare ed

GP DEL TRENTINO. INTERVISTE DAL PODIO

di Massimo Zanzani

LE DICHIARAZIONI DEI VINCITORI MXGP E MX2 DEL GP DEL TRENTINO

io sono stato consistente in entrambe le manche spuntando sempre nei primi cin-que. Ho cercato di non fare errori, e nella seconda manche sono stato anche fortu-nato in quanto ho preso una sassata sugli occhiali ma sono riuscito lo stesso a man-tenere il controllo sino alla fine».

ANTONIO CAIROLI (3° MXGP)«Andare a podio è sempre positivo per il campionato ma poteva andare meglio an-che se Jeffrey oggi andava molto forte ed era difficile da battere. Nella prima manche infatti nelle prime battute di gara un sasso si è infilato nel freno anteriore e ogni tanto la ruota an-teriore si bloccava per cui ho rallentato indietreggiando sino all’11ª posizione, ma poi mi sono ripreso ed ho rimontato sino a 4° malgrado la difficoltà nei sorpassi. Nella seconda manche invece Jeffrey mi

ha passato in una curva che non riuscivo a fare come volevo, sono arrivato un po’ lungo e pensavo volesse prendere la tra-iettoria esterna come aveva fatto il giro precedente per cui l’ho presa per primo io ma ha intuito la mia mossa e mi ha pas-sato all’interno».

JORGE PRADO (1° MX2)«E’ stato praticamente il weekend perfet-to, ci speravo di battere Jonass e final-mente ce l’ho fatta proprio sulla pista che mi aveva già visto vincere anche lo scorso anno. Comunque il campionato è ancora molto lungo e non mi voglio fare illusioni prima del tempo”.

THOMAS COVINGTON (2° MX2)«Dopo un inizio stagione un po’ sottotono finalmente sono ritornato ai livelli che più mi si contraddicono.

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Nella prima ho trovato delle buone tra-iettorie e sono finito 5°, nella successiva invece ho seguito Jorge pronto a passarlo ma poi ci si sono messi di mezzo i dop-piati e mi ci è voluto un po’ per trovare la maniera di scavalcarlo ma all’ultimo giro ce l’ho fatta».

HENRY JACOBI (3° MX2)«Che soddisfazione centrare il mio primo podio iridato! La pista mi piaceva e già nelle qualifiche di ieri ho pensato che ce

l’avrei potuta fare e così ho fatto spuntan-do il 2° posto dopo un bello scambio di posizioni con Covington. Nell’altra invece non ho avuto una buo-na partenza, ma mentre ero in rimonta mi sono ritrovato un pilota a terra e ho perso tempo e posizioni tanto da ritrovarmi 12° rimontando di un paio di posizioni. Sino ad ora il mio problema era la man-canza di continuità spero ora di potermi mantenere su questi livelli per tutta la stagione».

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Tredicesima gara per la sta-gione 2018 del Supercross dopo la pausa pasquale sulla pista di Seattle, resa pesante e difficile dalla pioggia caduta copiosamente. La 450 parte

con l'holeshot di Marvin Musquin, reduce dal-la vittoria di Indianapolis, incalzato però subi-to da Tomac e Anderson. La pista, già molto segnata dalle categorie in-feriori, è piena di canali che la rendono qua-si monotraiettoria, rendendo molto difficili i sorpassi come scopre presto Tomac, che nel tentativo di portarsi in testa finisce per fa-vorire Anderson. Lo stesso pilota Husqvarna però rimane tradito dal fondo, commettendo

un errore e cedendo la testa a Tomac, che ripassa e se ne va. Ma sembra proprio essere l'anno di Anderson, che si riprende e riesce a portare a casa la seconda posizione grazie al forte ritardo accumulato da Musquin nel frattempo. In classifica generale Anderson è sempre più solo, con 37 punti di vantaggio a quattro prove dal termine.250 Costa Ovest dominata da Aaron Plessin-ger, che scatta meglio di tutti e prende il lar-go forte di un ritmo insostenibile. Dietro di lui, la lotta è serrata fino al traguar-do, dove l'ufficiale Yamaha passa indisturba-to allungando in classifica generale. Secondo Chase Sexton, terzo Adam Cianciarulo in ex-tremis su McElrath.

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AMA SUPERCROSS SEATTLE: TOMAC E PLESSINGER

FONDO PESANTE PER LA TANTA PIOGGIA CADUTA: VINCE TOMAC, ANDERSON CONTROLLA. 250 DOMINATA DA PLESSINGER

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