Jacques e i suoi quaderni

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Jacques e i suoi quaderni ________________________________________________ WILHELM RAABE CRONACA DELLA SPERLINGSGASSE 1995 24

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WILHELM RAABE

CRONACA DELLA SPERLINGSGASSE

1995 24

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Periodico semestrale, registrato presso ilTribunale di Pisa il 3 settembre 1983, n° 16.Direttore responsabile: Enrico De AngelisRedazione: Marianne Hepp................................................................................Numero 24, 1995 c 1995 Jacques e i suoi quaderni, Pisa

Stampato con un contributo CNR

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WILHELM RAABE

CRONACA DELLA SPERLINGSGASSE

1995 24

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La traduzione di Maurizia Margiacchi è eseguita sulla seguente edizione:

Wilhelm Raabe

Die Chronik der Sperlingsgasse

in: Sämtliche Werke, Band IHerausgegeben von Karl HoppeVandenhoeck & Ruprecht, Göttingen 1965.

Le note sono in fondo.

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Pro domo

Quando c'è un temporale gli uccelli si rifugiano sotto un cespuglio. Potrebbe

essere un buon avvertimento anche per questo piccolo libro che però non vuol farsi mettere in guardia e forse neanche gli è permesso.

Dieci anni fa, quando i popoli si combattevano in Turchia (1), allora per la prima volta agitò le sue ali e svolazzò tranquillo nonostante il cielo fosse tetro. Attraversò i vari cambiamenti del tempo e non ci sarebbe da stupirsi se cosí tante rovine lo avessero sepolto a lungo sotto una montagna di macerie insieme ad altri mille suoi compagni; ma esso trovò la sua strada, raggiunse molta gente che lo accettò di buon grado con tutti i suoi difetti e le sue stranezze.

Anche se sotto un unico tetto avesse scacciato un'ora triste e avesse reso piú dolce un'ora difficile, come dice Hartmann von Aue, se avesse suscitato anche solo un sorriso, una lacrima, il suo agire, la sua esistenza non sarebbero stati vani.

Adesso di nuovo sovrastano nuvole minacciose, la guerra (2) batte con pugno armato alle porte del nostro popolo e non vi è nessuno, per quanto la vita l'abbia posto in alto oppure in basso, che possa dire quale destino gli recheranno le prossime ore. Non esiste, in alcun tempo, una fortuna tanto solida da non poter essere rovesciata da un alito di vento o dal sospiro di un bambino; adesso ancora meno! In un tale periodo gli uomini amerebbero stare con le mani in mano, vuote, ascoltando e aspettando; ma non è questa la cosa giusta. Nessuno deve far sí che gli arnesi del mestiere, le armi con le quali egli domina la vita, si assopiscano pesantemente. Una generazione consegni il proprio lavoro a quella che segue e, grazie a Dio, sono poche quelle epoche in cui l'umanità ha dovuto ricominciare ogni attività completamente da zero perché la mareggiata aveva spazzato via tutte quelle precedenti.

Proprio in questo senso niente è troppo elevato e niente è troppo umile e cosí anche queste pagine troveranno la giustificazione a iniziare il loro volo, un'altra volta e fiduciosamente, attraverso il mondo tempestoso. Possano contare nuovi amici da aggiungere ai vecchi quando saranno trascorsi altri dieci anni della loro fugace esistenza!

Stoccarda, febbraio 1864 l'autore

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15 novembre. Sono veramente brutti tempi! Nel mondo ridere costa caro, corrugare la fronte

e sospirare sono quanto mai a buon mercato. In lontananza incombono oscure e sanguinose le nubi tonanti della guerra e qui vicino malattia, fame e miseria hanno disteso il loro lugubre velo; - sono brutti tempi! Inoltre è autunno, un triste e melanconico autunno e già da settimane una fine e fredda pioggerella di inizio inverno cade sulla grande città; - sono brutti tempi! Gli uomini sono delusi e hanno il cuore oppresso, quando si incontrano due conoscenti scuotono le spalle, vanno di fretta quasi senza scambiarsi un saluto; - sono brutti tempi! - Avevo gettato via il giornale di malumore, avevo riempito una nuova pipa, tirato giú un libro e lo avevo aperto. Era un vecchio libro, semplice, nel quale il maestro Daniel Chodowiecki aveva disegnato delle immagini veramente graziose: Asmus omnia sua secum portans, il magnifico messo di Wandsbeck del vecchio Matthias Claudius, un tempo homme de lettres a Wandsbeck, era proprio il giorno adatto per sfogliare questo libro. La pioggia, il brusio, lo strepitare del fuoco nella stufa, il suo riflesso sul pavimento e alle pareti - tutto ciò contribuiva a farmi dimenticare il mondo di là fuori e a farmi sprofondare nel mondo del cuore e del sentimento su questi fogli davanti a me.

Aprii una pagina a caso: guarda - il giardino autunnale a Wandsbeck! Nebbioso e grigio proprio come oggi; silenziosamente le foglie ingiallite cadono a terra come se una mano invisibile le staccasse una dopo l'altra. Chi si avvicina con la vestaglia a fiori variopinti e con il bianco berretto a punta sopra l'orecchio? - E' lui - Matthias Claudius, il valoroso Asmus in persona! Incede lentamente con circospezione fermandosi di tanto in tanto, ora raccoglie una foglia appassita ed osserva la delicata nervatura, ora guarda verso l'alto nell'aria nebbiosa. Sembra assorto nei suoi pensieri. Pensa forse al cugino (3) o alla morte, all'invalido Görgel (4) col berretto di lana e la nuova gamba di legno, pensa al nuovo cannone o all'orecchio dell'infame maresciallo di corte Albiboghoi (5)? Chi sa! -Guarda! Di nuovo fermo. Cosa ha in mente?! Allegro getta in aria il berretto e fa un piccolo salto: gli è venuta una grande idea "dritta in mezzo al cuore" - viene istituita la nuova grande festa, lo Herbstling - da festeggiare il giorno in cui cade la prima neve, in allegria, con grida di giubilo dei bambini, mele al forno e sorrisi sui volti di giovani e vecchi! -

Quando cade la prima neve - e, come volgo lo sguardo verso la volta celeste, - viene giú - giú veramente la prima neve!

Neve! Neve! La prima neve! - A grandi fiocchi acquosi, frammista a pioggia, batte sui vetri salutando come

un vecchio conoscente che, dopo una lunga assenza, ritorna da lontano. Mi alzo di scatto e vado alla finestra. Che cambiamento là fuori! La gente che finora era andata in giro scontenta e di cattivo umore, che sembrava avercela con sé e con il mondo, ora sembrava completamente diversa. Dalla pioggia ognuno cercava di ripararsi in tutti i modi, con cappotti, ombrelli, invece ora alla neve volge il volto con gioia e quasi con audacia.

La prima neve! La prima neve!

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Alla finestra appaiono i volti sorridenti dei bambini, le manine battono insieme felicemente: quali pensieri rivolti a quei tetti bianchi e a quei verdi abeti scintillanti! Come sembra irreale la Sperlingsgasse sotto questa bufera bianca! Come ridacchiano le domestiche mentre vanno a prendere l'acqua alla fonte! Il fatale vento! -

"Servo umilissimo, signor. Professor Niepeguck! Anche durante la prima neve?"

"Prescrizione medica!" borbotta il saggio e sorride rivolto verso di me cosí bonariamente come lo consentono la dignità e l'ipocondria.

Ora suonano le campane della chiesa di S. Sofia! - Solo le quattro? E già quasi notte! - "Quattro!" ripetono cupamente le campane sull'intera città. Le lezioni sono finite! Urrà - fuori nell'inverno appena iniziato: i ragazzi vivaci e irrefrenabili, le ragazze timorose, procedendo a piccoli passi, camminano vicino alle pareti delle case.

Qua e là, in qualche oscura bottega, all'improvviso si accende una luce e l'aspetto della Sperlingsgasse diventa sempre piú spettrale.

Arriva anche l'insegnante con i suoi libri sotto il braccio; osserva attentamente il disciogliersi di un fiocco di neve sulla manica nera e logora della sua giacca. Questo è il momento per un narratore di fiabe, per un poeta. - Andavo qua e là profondamente eccitato; il periodo brutto era dimenticato; e anche a me, come un tempo all'onesto Matthias, venne una grande idea "dritta in mezzo al cuore". "La realizzo, sí, la realizzo!" borbottavo fra me mentre correvo su e giú; tutti i miei volumi in-folio e in-quarto, stupiti, mi fissavano dagli scaffali e come sghignazzava beffardo anche quel volto con la parrucca riccioluta sul frontespizio di quel tomo aperto!

"Un libro illustrato della Sperlingsgasse!" "Una Cronaca della Sperlingsgasse!" Un bambino nella casa dall'altra parte preme il capo contro il vetro della

finestra e il lume della lampada dietro di lui proietta l'ombra rotonda oltre il vicolo, sulla mia finestra oscura e sullo scaffale della parete di fronte. Un buon segno, un segno di buon augurio! Sghignazzate dunque, voi maestri in-folio e in-quarto, voi aldine ed elzeviri! Un libro illustrato della Sperlingsgasse; una Cronaca della Sperlingsgasse! Mi dovetti sedere tanto una profonda eccitazione mi aveva preso alle vecchie gambe, ne approfittai per rilegare dei fogli uso libro per la mia grande idea e per gettare un ultimo sguardo alla prima neve. Ah! - Dove era andata? Come un buon servitore, dopo aver annunciato l'arrivo del suo maestro, il rigido signor Inverno, era ritornata via senza lasciare traccia. - - -

Sono ormai un uomo vecchio e solo! Le immagini variopinte, eternamente variabili e perennemente nuove di questo grande libro illustrato, chiamato Mondo, ai miei vecchi occhi diventano sempre piú oscure; si confondono sempre piú e sempre di piú confluiscono l'una nell'altra. Nella mia vita sono giunto là dove, come nel passaggio dalla veglia al sonno, le esperienze del giorno si confondono indistintamente nella mente di chi è stanco; dove però l'oscura notte, regno dei sogni e degli spiriti, ha già disteso il suo velo su ogni cosa, sul bene e sul male. Sono vecchio e stanco; è il tempo in cui il ricordo prende il posto della speranza.

Se distolgo lo sguardo dalle mie fantasticherie, vedo gli stessi sorrisi, le stesse smorfie di dolore sui volti intorno a me come nei piú fiorenti anni passati; anche se sulla vecchia madre terra gioia e dolore sono rimasti gli stessi, i volti però mi sono estranei - sono solo! - Solo - eppure non solo. Dal crepuscolo dell'oblio affiora e risuona un qualcosa; figure, suoni, voci che un tempo conoscevo, percepivo, guardavo ed ascoltavo volentieri nei giorni belli e brutti, ormai passati, si risvegliano e rivivono; primavere morte e seppellite cominciano a rinverdire e a rifiorire; ricordo le fiabe dimenticate; ringiovanisco e - balzo su - mi sveglio!

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Il mondo dei ricordi è ormai scomparso, rabbrividisco nel presente freddo e triste, la mia solitudine è opprimente, né i miei volumi in-folio, né i miei altri tesori eruditi, accatastati faticosamente, riescono a scacciare gli spettri affioranti, gli spiriti maligni della vecchiaia. Per allontanarli scrivo le pagine seguenti e scrivo proprio come parla la vecchiaia. Voglio considerare questi fogli amici, amici con i quali io possa parlare, che abbiano pazienza con me e non ironizzino sulle ripetizioni - ah, la vecchiaia ripete cosí volentieri, - che non mi obblighino a proseguire là dove un fiore secco mi suscita un qualche dolce ricordo, che non mi obblighino a fermarmi là dove un triste ricordo arde sommessamente sotto la cenere dell'oblio. Intitolo questi fogli: Cronaca, perché il loro contenuto, per quanto riguarda il contesto, somiglierà molto a quei disegni semplici ed antichi che, in vivace successione, raccontano gli avvenimenti del passato, del presente e del futuro. Adesso propongono una battaglia, ora osservano l'apparizione di un singolare segno celeste, ora predicono la fine prossima del mondo e ora si stupiscono e si rallegrano di un'istrice che l'imperatrice tedesca lascia entrare nel giardino del convento. E come gli antichi monaci fra i fogli di pergamena dei loro racconti e dei loro messali inserivano qua e là delle graziose e colorate immagini sacre, finemente ritagliate, anch'io desidero inserire pagine simili e nei disegni monotoni e senza colore dei miei vecchi giorni voglio intessere tralci piú verdi e piú fioriti. Io, vecchio, - vicino alla seconda fanciullezza, voglio raccontare di una fanciulla la cui vita si è intrecciata con la mia come un raggio di sole che vento e nubi in un giorno di pioggia spingono per i campi e, nel suo sgattaiolare, bacia fiori e pietre e nello stesso momento può sfiorare il volto felice della madre sopra la culla, la fronte ardente del pensatore sul suo libro ed i pallidi tratti del moribondo. Io non scrivo un romanzo, e poco mi preoccupo del contrappunto letterario; voglio riunire qui, contenuto in una graziosa cornice, ciò che mi ha recato il passato, ciò che mi dà il presente e quando sono stanco - be', chiudo questo quaderno, continuo a frugare nella mia erudizione rilegata in pelle di porco ed allegramente compilo la mia opera fondamentale: De vanitate hominum, un argomento straordinariamente importante.

20 novembre. Nelle grandi città preferisco i quartieri piuttosto antichi con le loro vie strette,

tortuose e buie nelle quali il sole osa far capolino solo furtivamente. Li amo con i loro tetti spioventi e le singolari grondaie, con le loro vecchie cortane e colubrine poste agli angoli come paracarri. Amo questo punto focale di un tempo passato intorno al quale si è sviluppata una nuova vita in piazze e strade che sfilano in parata secondo linee rette, e mai potrò girare l'angolo della mia Sperlingsgasse senza toccare, accarezzandola con la mano, la vecchia canna di cannone, appoggiata là, con la data 1589. Nel quartiere piú vecchio persino gli abitanti sembrano essere un piccolo popolo piú originale e piú singolare di quello dei quartieri moderni. Qui, in questi vicoli tortuosi, abita il popolo della spensieratezza accanto a quello della serietà e della laboriosità, il traffico, che è piú caotico, costringe gli uomini a scene piú assurde e piú divertenti rispetto a ciò che avviene nelle strade piú signorili ma anche piú deserte. Qui ci sono ancora le antiche case patrizie - le generazioni stesse vi permangono indubbiamente piú a lungo - che, per una particolarità del loro stile oppure per un emblema, continuano a vivere sotto un appellativo qualsiasi, semplice e curioso in bocca al popolo. Qui ci sono gli oscuri uffici, anneriti dal fumo delle antiche ed importanti ditte commerciali; qui è il vero

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regno degli interrati e delle soffitte. Il crepuscolo e la notte con la luce dei lampioni e il chiaro di luna creano meravigliosi giochi di luce e suoni piú singolari che altrove. Lo scricchiolio e il cigolio delle banderuole arrugginite, il rumore del vento fra le tegole, il pianto dei bambini, il miagolio dei gatti, gli strilli delle donne, tutto questo dove potrebbe suonare piú adeguatamente, si potrebbe dire piú conformemente al luogo, che qui, in questi stretti vicoli, fra queste alte case, dove ogni cantuccio, ogni angolo, ogni sporgenza afferra al volo il suono, lo rifrange e, mutato, lo rimanda indietro! -

Ascolta, proprio ora che scrivo, laggiú sotto quel passo carraio a volta comincia l'organetto di Barberia, ascolta come riversa le sue note lamentose e veramente melodiche, come fossero onde, su questo luogo e sopra i cupi rumori del lavoro! - Dio si esprime distintamente nel mugghiare del vento, nello spumeggiare delle onde e nel tuono, ma non cosí distintamente come in queste note indefinite, prodotte da un congegno dell'uomo. Sostengo che un poeta principiante o un pittore - un musicista, ma è certamente un'altra cosa - non potrebbe abitare da nessun'altra parte se non qui! E se chiedi dove sono nate le creazioni piú belle e piú originali, in qualsiasi campo dell'arte, per lo piú la risposta sarà: in una soffitta! - Proprio in una soffitta in Wineoffice Court Oliver Goldsmith, dove fu rinchiuso dalla padrona di casa per il mancato pagamento dell'affitto, fra vecchie carte, vesti logore, fra bottiglie vuote di vino di Madera e anticaglie di ogni sorta, per il dr. Johnson tirò fuori un manoscritto tutto sporco dal titolo: Il vicario di Wakefield.

In una soffitta anche Jean Jacques Rousseau scrisse i suoi libri piú ardenti e piú sconvolgenti. In una soffitta Jean Paul iniziò ad abbozzare L'avvocato dei poveri Siebenkäs, Il maestrino Wuz e La vita di Fibel! - -

La Sperlingsgasse è un passaggio stretto e corto, collega la Kronenstrasse con una riva del fiume che si snoda attraverso la grande città in numerosi canali e bracci. E' abbastanza popolata ed animata tanto da far impazzire uno che è affetto da mal di testa di tipo nervoso e farlo finire in manicomio. Da molti anni è però, per me, un inestimabile palcoscenico di vita dove si rispecchiano tutte le antinomie dell'esistenza, guerra e pace, miseria e fortuna, fame ed abbondanza.

"Nella natura tutto è disperso nell'infinito, mentre nello spirito l'universo si concentra in un unico punto", questo mi insegnava un tempo il mio vecchio professore di logica. Allora lo scrivevo coscienziosamente nel mio quaderno e non mi preoccupavo molto della veridicità di questa frase. Allora ero giovane e Marie, la piccola e graziosa sartina, abitava di fronte a me e di solito cuciva vicino alla finestra e intanto io tenevo la "Critica della ragion pura" di Kant davanti al naso e gli occhi - esclusivamente su di lei. Assai miope e troppo povero per comprarmi un paio di occhiali, un cannocchiale, oppure un binocolo da teatro per questi studi alla finestra, ero disperato. E compresi cosí ciò che voleva dire: "tutto è disperso nell'infinito".

Un bel pomeriggio stavo come al solito alla finestra con il naso schiacciato contro i vetri e là fra i fiori e in un allegro e luminoso raggio di sole stava seduta la mia ombra adorata. Cosa avrei dato per sapere se sorrideva verso di me!

Improvvisamente mi cadde lo sguardo su una di quelle piccole bollicine che spesso si trovano nei vetri. Per caso vi guardai attraverso, verso la mia piccola sartina e - capii come l'universo si potesse concentrare in un solo punto.

Cosí è anche con questo libro di schizzi e di sogni della Sperlingsgasse. Il palcoscenico è piccolo e pochi sono coloro che vi fanno la loro comparsa e tuttavia possono costituire un mondo di interessi per lo scrittore e un mondo di noia per l'estraneo nelle cui mani un giorno potrebbero capitare questi fogli.

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30 novembre.

La pioggia batte piano sui miei vetri. Non ho ancora scoperto chi è quello strano tipo, alto, che ieri l'altro è entrato al nr. undici, in quella casa dove un tempo ho abitato pure io e dove condusse la sua esistenza anche il dottor Wimmer. - E' il momento adatto per fantasticare. Sono seduto vicino alla finestra, la testa appoggiata sulla mano, a poco a poco, sempre di piú mi lascio ninnare dal ritmo monotono della pioggia là fuori, fino a che mi estraneo completamente dal presente. Un'immagine dopo l'altra mi passa davanti come in una lanterna magica e subito svanisce se tento di fissarla. Oh, ciò che mi affascina, mi incanta, non è tanto quello che posso riportare sulla carta; dovrei essere un tutt'altro pittore per riuscirlo a fare.

L'immagine si aggroviglia per poi sciogliersi; si consolida per poi disperdersi; risplende per poi svanire, e ogni momento successivo reca qualcosa di diverso. Spesso sorprendo me stesso in pensieri che, messi per iscritto, potrebbero sembrare infantili, sciocchi e banali, ma per me, per questo vecchio, sono cosí dolci, cosí reconditi in questo frettoloso passare davanti e mi riempiono di felicità al punto che per nessuna cosa al mondo potrei fare a meno di loro.

Di tanto in tanto riesco a fissare solo ciò che è piú concreto e questa volta quelle che riporto qui sulla carta sono le immagini della mia vita.

Che città è quella là, piccola, fra verdi montagne di faggi? I tetti rossi risplendono nel sole del tramonto, qua e là campi di grano corrono su per le pendici della montagna; da una valle scorre, gorgogliando e mormorando, un limpido ruscello che balza in mezzo alla città e forma un piccolo stagno, lungo la sponda è ricoperto da giunchi e da gialle ninfee e infine scompare in un'altra valle. Conosco tutto questo, potrei chiamare per nome gli abitanti della maggior parte delle case; so già cosa accadrà quando si inizierà a suonare sul campanile dal tetto a punta e spiovente di quella vecchia chiesa cosí graziosa. Non mi sono forse lasciato dondolare io stesso su e giú dalle corde delle campane?

Questa è Ulfelden, la città della mia fanciullezza, - questa è la mia città natale! Guarda, lassú in quel giardino che degrada dalla montagna e si estende da

quella parte di mura della città che ancora è là ma sta per sfaldarsi, sotto un arbusto di sambuco in fiore stanno sdraiati tre bambini. E' seduta là una piccola fanciulla dai grandi occhi lucenti che ascolta il vivace Franz. Franz Ralff cresciuto nel bosco e ora sotto la tutela del padre della piccola Marie, il severo Volkmann, direttore della scuola di latino della città. Mastica un grosso pezzo di pane imburrato, già mezzo morsicato, che tiene in mano, racconta, commovendosi alle sue stesse parole, una delle sue storie meravigliose vissute nella solitudine del bosco; ogni volta con queste a noi bambini faceva venire i brividi o almeno tentava.

E ora guarda là, ci sono anch'io disteso sull'erba, il piccolo Hans Wachholder, il figlio del pastore, gli occhi socchiusi rivolti al cielo azzurro seguendo nei sogni le piccole e bianche "pecorelle".

I campanelli dei greggi, che tornano all'ovile, risuonano fra le montagne, tutto intorno vibra ed echeggia una vita incessante, nell'erba, negli alberi, nell'aria; e il cuore dei fanciulli comprende tutto questo, sí, lui è un tutt'uno con la natura, un tutt'uno con - Dio!

Ma perché laggiú non si apre quella porta marrone che da quella casa cosí graziosa, ricoperta di viticci e con finestre cosí lucenti, conduce nel giardino?

Dov'è quel vecchio venerando, dai capelli grigi, che ogni sera è solito annaffiare i suoi fiori?

Dov'è - dov'è mia madre? Mia madre! Nessuna voce familiare risponde! Sí, io stesso ho i capelli grigi. Padre e madre

da lungo tempo riposano nelle loro fosse dimenticate e sprofondate nel piccolo cimitero di Ulfelden. Da allora molte generazioni piú giovani sono scese giú.

Improvvisamente questa immagine estiva, piena di sole, cambia. Ecco la grande città! Questa volta non è primavera, non è un'estate in fiore,

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bensí una notte d'autunno oscura e tempestosa; - forse una notte simile seguirà a questo giorno. - In questa notte, lassú in una piccola soffitta, piú triangolare che quadrata, uno studente è seduto davanti ad un gigantesco volume in-folio rilegato in pelle di porco ed ha lo sguado fisso lontano da questo. Dove vagano i suoi pensieri? Fuori il vento incalza le nubi davanti alla luna, muove le tegole, agita la cenciosa veste da camera che l'ingegnoso figlio delle muse, per isolarsi completamente con i suoi studi dal mondo esterno, ha inchiodato sulla crocera della finestra, - in breve si comporta cosí esageratamente come può comportarsi solo il vento che ha l'ordine di strappare l'ultimo fogliame dagli alberi nei giardini e nei boschi. A lungo il figlio delle muse è rimasto seduto là, immerso in profondi pensieri, ora improvvisamente balza su e volge il viso verso di me - - - sono di nuovo io: Johannes Wachholder, uno studente di filosofia nella grande capitale universitaria. Il sosia del mio periodo giovanile sembra molto agitato; a grandi passi corre su e giú per quanto lo possa permettere l'angusta stanzetta arredata in modo alquanto bizzarro.

D'un tratto balza verso la finestra, strappa via la tenda improvvisata e lascia entrare uno splendido raggio di luna che, proprio in quell'istante, filtra attraverso le nubi squarciate.

"Marie! Marie!" sussurra a bassa voce la mia silhouette, tende le braccia verso una finestra debolmente illuminata dall'altra parte, la cui tenda abbassata lasciava appena intravedere l'ombra di una figura umana, e - -

Esporsi alla luce bianca e chiara della luna nei momenti di insolita eccitazione, - sia dovuta a gioia o dolore, odio o amore - è una cosa pericolosa. La gente dice: "Fa diventare stupidi". In verità questa luce chiara porta con sé strani pensieri, ogni sorta di assurdità acquista la forza di impossessarsi dell'intelletto, di renderlo inerte e ancora tranquillamente di continuare a correre sul sentiero battuto della vita di tutti giorni. "Fa diventare stupidi!" - Da entrambi i lati si aprono magiche vedute su terreni fantastici e nebulosi; si destano voci mai udite, seducono con il canto delle sirene, sussurrano irresistibilmente distogliendo il viandante dalla via sicura e presto colui che è stato ammaliato vagherà per i labirintici giardini di Armida, la fata fantasia.

"Ti amo" sussurra la mia silhouette, "voglio renderti ricca, voglio farti felice e renderti famosa, voglio conquistare il mondo per te, Marie!" - il vecchio che scrive adesso può solo sorridere.-

Il mio sosia sussurra ancora qualcosa, la fronte schiacciata contro i vetri verso la piccola stanzetta, dall'altra parte, dove l'amica d'infanzia, che il freddo braccio della vita ha strappato via dal suo quieto paese natio circondato di boschi, lavora da sola nella notte oscura e tenebrosa quando un'altra ombra intralcia i suoi sogni di fortuna e di gloria.

C'è un'altra figura, neri e folti riccioli incorniciano un volto bruciato dal sole, gli occhi brillano dall'entusiasmo e dalla gioia di vivere, è il pittore Franz Ralff che, ritornato dall'Italia inebriato dal mondo divino dell'antichità e pieno dei grandi pensieri di un tempo piú recente, ugualmente divino, abbraccia l'amico.

La mia mente continua a vagare. - Vedo ancora la giovane orfana che lavora nella sua stanzetta in mezzo ai fiori. Vedo due uomini che nel corso della vita combattono per guadagnarsi un suo sorriso; e alla fine ne vedo uno con il petto ansimante che lottando giunge alla riva e abbraccia il bel premio, mentre l'altro sospinto nuovamente via, privo di volontà e di coscienza, si ritrova su un nudo e scettico banco di sabbia. - Vedo me, uno stupido sognatore che sa proteggersi solo con spine simulate e prese in prestito, fino a che, dopo un lungo vagare per il mondo, dalla lotta viene fuori un uomo serio, che sa capire, amico del suo amico e della sua giovane moglie.

Per pochi anni vivo di una felicità dolorosamente dolce, durante questi anni vedo una figura delicata dai riccioli biondi, sorridente, librarsi come il nostro buon genio su Franz e su me e stendere la sua mano protettrice sulla natura selvaggia e focosa di Franz e sulla mia tristezza opprimente; - ora vedo una piccola fanciulla -

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chiamata Elise nelle pagine di questa Cronaca - passare ogni sera dalle braccia della madre in quelle del padre e da quelle del padre in quelle dell'amico guardando verso di noi con occhi grandi e pieni di meraviglia - - -

Improvvisamente la pioggia cessa di battere alle finestre, mi spavento - è notte tarda. Getto ancora un ultimo sguardo giú in strada. E' buia e deserta; la luce fioca di un lampione a gas si riflette nelle pozzanghere del selciato e nei tombini. Una figura, nascosta da un velo, cammina lentamente e furtiva vicino alle case. Di tanto in tanto si guarda intorno. Andrà a commettere un delitto o a fare un'opera buona? Un'altra figura gira intorno all'angolo - un fischio sommesso -

"Mi hai fatto aspettare a lungo, Riekchen!" "Non potevo venire prima, la mamma si è addormentata solo ora..." Un carro che passa in lontananza impedisce di udire il resto. Le figure escono

fuori dall'ombra; sotto gli oscuri mantelli intravedo abiti da ballo. Scompaiono dietro l'angolo e io chiudo la finestra. Cosí termina il primo foglio della Cronaca, anch'essa come la storia dell'

umanità, come la storia del singolo, comincia con - un sogno.

2 dicembre.

Oggi per me è l'anniversario di un grande dolore, tuttavia questa mattina il buon umore ha varcato la mia soglia, agitando i suoi sonagli e muovendo la sua squarcina ha detto:

"Ridi, ridi Johannes, sei vecchio e non hai piú tempo da perdere". Quell'uomo strano e alto là fuori in una logora giacca di lana grigia con un

cappello rosso sotto il braccio, e a prima vista abbastanza consunto, bussò alla porta, si annunciò come il vignettista Ulrich Strobel e dispose davanti a me, sul tavolo, una gran quantità dei fogli piú bizzarri e mi chiese di procurargli per l'inverno - tutta l'estate gironzolava di qua e di là all'aperto - un posto come disegnatore presso uno dei giornali illustrati del luogo. Affermò di conoscere molto bene il mio corpulento amico, il dottor Wimmer di Monaco, e subito, a prova di ciò, disegnò il volto sereno dell'eccellente scrittore sulla parte interna della copertina di un libro che stava là. Promisi a quel giovane stravagante, i cui disegni a penna erano veramente splendidi, di fare per lui il miglior uso possibile della mia scarsa influenza nella letteratura di questa città. Se ne andò e stringendomi la mano sulla porta mi fece un sorrisino agro-dolce e mi disse:

"Fa molto bene ad obbligarmi cosí verso di Lei, stimatissimo signore, perché come bravo vicino potrei scoprire in Lei qualche lato piacevole che, affidato alla carta, potrebbe presentarsi molto bene. Tra l'altro saremo certamente dei buoni vicini quest'inverno, carissimo signor Wachholder! - Lei guarda volentieri dalla finestra, una caratteristica di tutte quelle persone con le quali, in un modo o in un altro, si può vivere facilmente. Buon giorno!"

Arricchitomi cosí di questa originale conoscenza, ritornai alla mia Cronaca con la certezza di rincontrarvi di tanto in tanto il maestro Strobel.

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Pomeriggio.

Oggi è l'anniversario. Il ricordo non mi abbandona, mi segue sempre, dovunque vada e dovunque sia.

Era un pomeriggio d'inverno fosco e piovigginoso proprio come quello di oggi, quando molti anni fa, triste, sedevo nel vano di quella finestra dall'altra parte, - nel vano di quella finestra dalla quale il disegnatore Strobel mi sta facendo cenno col capo, - e con tristezza guardavo su verso la volta celeste grigia e monotona. La via era allora non molto diversa da quella di oggi; ma molti volti, che ricordo ancora bene, sono scomparsi ed hanno lasciato il posto ad altri e solo alcuni, fra cui il vecchio calderaio Marquart che laggiú nello scantinato ancora oggi, come molti anni fa, allegramente martella il suo ferro, si sono mantenuti in questo ininterrotto va e vieni. Questi sono gli appigli ai quali, nel mio ricordare, riallaccio il filo, qua e là interrotto, della mia Cronaca.

Desidero che questa Cronaca somigli ad una piccola sorgente che a fatica viene fuori dal grembo della terra, all'inizio è torba, ancora porta con sé le tracce del suo luogo natio oscuro e pieno di dolore. Ma presto sgorgherà alla luce chiara del sole, vi si rispecchieranno i fiori, gli uccellini vi bagneranno i loro becchi. E ad un certo punto crederete ormai di averla persa e invece salterà di nuovo fuori allegramente. Parlerà la sua lingua particolare nei salti spericolati sopra le rocce e nell'astuta ricerca di una via d'uscita - Dio, proteggila affinché non si insabbi!

Dunque proseguo: come ho già detto era un giorno triste, spiacevole e non prometteva niente di

buono, ma non era questo ciò che allora opprimeva la mia anima. Quel giorno vedevo da quella finestra di là le finestre della camera della mia odierna abitazione che erano spalancate nonostante il freddo e la pioggia. Le bianche tende erano abbassate e fissate ai lati affinché il vento, che le agitava di qua e di là violentemente, non le strappasse.

La morte aveva steso la sua mano fredda e sinistra distruggendo cosí una felice convivenza; quella piccola sedia sotto l'inferriata ricoperta di edera, nel vano della finestra davanti al tavolinetto da lavoro, era rimasta vuota.

Marie Ralff era morta! - - Dalla mia finestra vedevo una figura che andava su e giú per la stanza. Povero

Franz! Povera piccola creatura! Povero - Johannes! - Ella era cosí graziosa e cosí pura con la sua piccina in braccio!

Nel museo della città c'è un piccolo quadro della Madonna, in esso l'"Immacolata" contempla con sguardo materno ed orgoglioso, pieno di meraviglia e di amore, il piccolo Gesú sul suo grembo. Ella somigliava a questa immagine, gli stessi riccioli biondi, ugualmente pia ed ugualmente bella. Di frequente mi fermo davanti a questo quadro, opera del maestro spagnolo Morales, soprannominato dai suoi contemporanei: el Divino e ripenso ai bei tempi passati.

Oh, l'amavo e soffrivo quando lei mi chiamava solo "amico" e invece chiamava "amato" il mio amico Franz Ralff. E adesso era morta; ci aveva lasciati soli! La sera calava sempre di piú, la penombra si insinuava fra me e ciò che stava dall'altra parte. Non potevo piú resistere, dovevo andare! Quando entrai Franz andava ancora su e giú, sembrò non notarmi, in silenzio mi sedetti nell'angolo accanto alla culla dove Martha, la governante, vegliava sulla piccola che dormiva tranquillamente ed aveva portato le manine alla piccola bocca.

Non so per quanto tempo rimasi seduto là, e non so dar conto di alcun mio pensiero in quella notte. Il profondo silenzio, che gravava sulla grande città, mi dava davvero la sensazione che la vita avesse dimenticato anche questo cuore palpitante e commosso di un intero grande paese, che il sommesso ticchettio dell'orologio alla parete fosse l'ultimo suono che si perde della ruota del mondo e che la pace eterna avrebbe tra breve aspirato nuovamente ogni forma di vita.

Il debole pianto della creatura accanto a me finalmente mi risvegliò; Franz mi pose la mano sulla spalla e poi, di colpo, cadde spossato sulla sedia accanto a me.

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"Buona notte, Johannes" disse appoggiando il capo sul mio petto, "domani la seppelliremo!" -

Furono le prime parole che disse quel giorno.

3 dicembre.

O cara, cara Maria, vale! Vale, cara Maria! Cara, cara Maria, vale!

Era un celebre poeta colui che riportò questa epigrafe sulla pietra tombale della cara defunta, aveva declamato canti eccellenti e commoventi; qui non sapeva scrivere nient'altro che queste tre parole ricorrenti in maniera straziante. E quel "mattino!" albeggiò. La vita della grande città cominciò di nuovo il suo corso abituale; la ricchezza sbadigliò sui suoi cuscini, ovvero aveva probabilmente il cuore oppresso tanto quanto la povertà che adesso scivolava via dal suo angolo oscuro per saldare un nuovo anello alla catena del suo dolore, un nuovo giorno alla sua esistenza. I lavoratori afferrarono i loro arnesi del mestiere; le grosse macchine cominciarono nuovamente a martellare e a far rumore; le carrozze circolavano nelle strade e il corteo del battesimo incontrò il carro funebre, infatti nella popolosa città il cadavere, che di là nella camerina stava disteso nell'ultimo sonno, non era l'unico.

Andai dall'altra parte. Il calderaio Marquat - allora piú giovane e piú forte di ora - aveva sospeso il suo martellamento e triste stava appoggiato alla piccola porta che conduceva giú nella sua officina sotterranea; amava la defunta Marie come tutti quelli che un giorno erano venuti a contatto con lei. Non aveva avuto forse per ogni dolore altrui una lacrima, per ogni gioia altrui un sorriso di partecipazione? Non era nell'oscura Sperlingsgasse come quella piccola fata serena, gaia che, dovunque metteva piede, faceva nascere un fiore dal terreno?

Lungo il corridoio c'erano donne che bisbigliavano e che tristemente mi fecero cenno col capo quando passai, su un gradino delle scale sedeva una piccola fanciulla singhiozzante con una bambola rotta in grembo. Oh, ricordo ancora tutto questo! E adesso entrai -

Lei giaceva là, nella nera bara, col suo bianco vestito adorno di fiocchi rossi, una rosa sbocciata sul petto, gli occhi, un tempo chiari e ardenti, erano chiusi, la pace eterna e solenne della morte sulla pura fronte! Franz mi si aggrappò al collo piangendo; giovani vicine nei bianchi abiti della domenica fissavano intorno alla nera cassa ghirlande di ramoscelli di abete e di pervinca dalle quali, qua e là, faceva capolino un fiore solitario.

Ahimè, la povertà e l'inverno non permisero di spargere troppa

"dolcezza su quella dolce donna"!

Il giovane falegname Rudolf stava giú fuori dalla casa, da una parte, coprendosi gli occhi con la sinistra, martello e chiodi nella destra; la sua giovane moglie appoggiava singhiozzando il capo sulle sue spalle. Oh, tutto, tutto questo ancora ricordo! - Gettai un ultimo, lungo, lungo sguardo sulla bella, pallida, silenziosa compagna di giochi della mia fanciullezza, la santa dei miei anni giovanili, la consolatrice della mia età virile, poi sollevai lentamente Franz dal suo petto sul

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quale si era accasciato e lo condussi alla culla della sua creatura. - Rudolf, il falegname, cominciò la sua triste opera. Sotto i cupi colpi del martello fu posto il coperchio su questo reliquiario di una vita umana. Mi percorse un brivido freddo! Vale, vale, cara Maria!

Giunsero i portatori, sollevarono il leggero carico sulle spalle e scesero la scala angusta e stretta; le donne singhiozzavano, teste di bambino facevano capolino stupite - serie attraverso la porta di casa e timorose si ritirarono da parte quando il corteo funebre uscí sulla strada. Amici e conoscenti si erano ritrovati per accompagnare la moglie del pittore nell'ultimo viaggio; il calderaio si tolse il berretto e passò la sua mano callosa sugli occhi. Accompagnando Franz, che incedeva come in un brutto sogno, seguivo la piccola casa di assi che conteneva la nostra amata. Oh, ricordo tutto questo ancora molto precisamente. Cosí è il cuore umano! Molti anni sono trascorsi dal quel triste giorno e ancora oggi ricordo tutti quegli oscuri pensieri che allora mi passarono per la mente, mentre ho dimenticato gioie piú recenti!

Durante un tale corteo può imparare e scorgere molte cose colui che sa leggere sui volti di chi incontra e di chi sta a guardare.

Guarda là, all'angolo, quella povera popolana vestita di cenci come stringe a sé con forza la sua creatura e sussurra: "Cosa sarebbe di te mio piccolo caro se io oggi giacessi cosí silenziosa come quella che portano via."

Là giunge un'elegante carrozza, cocchiere e servitori in sontuosa livrea con mazzi di fiori all'occhiello. Variopinti nastri nuziali svolazzano ai finimenti del cavallo; il giovane uomo distinto conduce la sua bella fidanzata al matrimonio; lo sguardo di lei incontra la bara che oscilla lentamente sulle spalle dei portatori e la giovane promessa sposa, tremando, nasconde il suo capo luccicante di gioielli al petto accanto a lei.

Guarda il lavoratore che lascia cadere la scure e immobile segue con lo sguardo il corteo della morte. Continua a lavorare, proletario, anche tua moglie giace morente a casa; continua a lavorare, non hai tempo da perdere; la morte è veloce ma tu, operaio, devi essere piú veloce se vuoi proteggerla dalla fame nelle sue ultime ore.

Chinate il capo e fatevi da parte, delinquenti che fate risuonare le catene! Passa la morte! Un giorno libererà anche voi dalle vostre catene!

Piegate il capo, povere creature della notte, passa la morte e un giorno solleverà anche voi pure e sante dall'oscurità, dalla sporcizia e dalla miseria strappandovi i fronzoli lucenti presi in prestito, il povero corpo insudiciato, il peccato della società.

Da te schernitore, con quello sciocco sorriso sulle labbra, non pretendo che ti faccia da parte, il corteo della morte ti può evitare - sei degno di vivere la tua vita il doppio e il triplo!

E' un lungo cammino dal centro della grande città fino al cimitero di S. Giovanni là fuori e mai, però, un viaggio mi è sembrato allo stesso tempo tanto lungo e tanto breve. Pensavo al condannato che si avvicina sempre di piú al luogo dell'esecuzione, ogni minuto gli sembra un'eternità e il cammino di ore ed ore un attimo. Ahimè, noi poveri uomini, non è forse tutta la vita una simile marcia verso il luogo dell'esecuzione? E tuttavia ci rallegriamo e gioiamo dei fiori lungo il cammino e in ogni goccia di rugiada che è appesa in essi vediamo cielo e terra! Povero cuore umano felice!

Quando uscimmo dalla porta della città grosse nubi plumbee, che minacciavano pioggia, rotolavano via radenti la terra. Cinerei cielo e terra! Cinerei cuore e mondo!

Gli alberi tendevano malinconicamente verso l'alto i loro rami spogli, una cinciallegra volava di ramo in ramo davanti al corteo.

E adesso eravamo giunti davanti alla porta del cimitero. Lentamente il corteo si snodò lungo la via passando vicino ai tumuli freschi e a quelli sprofondati, agli imponenti monumenti e all'ornamento misero, semplice, verso il luogo in cui

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dovevano riposare le spoglie della defunta Marie. Nella primavera successiva rendemmo questo luogo piacevole e carino, gli arbusti di citisio vi lasciavano pendere i loro grappoli profumati e gli uccelli cinguettavano nei rosai, oggi però tutt'intorno era completamente triste e lugubre. Sul fondo della fossa, che doveva accogliere la nostra amata, c'era una piccola pozzanghera di acqua piovana nella quale si rispecchiò inaspettatamente un punto azzurro e luminoso che fece capolino lassú in cielo fra le nubi in movimento. - - Niente ho dimenticato, niente!

E allora, uomini, fate scivolare giú la bara, ridate alla vecchia genitrice madre terra la sua bella creatura! Su, Franz, getta tre manciate di terra sul mondo della tua gioia che sprofonda! - Prendete le pale, o clown, e terminate il vostro lavoro! Tu, caro giovanotto dal naso rosso, non sforzarti di assumere un'espressione triste, fai solo un cenno al tuo compagno ché faccia riempire la bottiglia da Yaughan e borbotta piano sotto i baffi il tuo antico canto di becchino!

Come cadono sulla bara le zolle con un rumore sempre piú cupo e come ogni tonfo fa tremare il povero cuore nel suo intimo piú profondo! Come si aggrappa l'occhio all'ultima vista del nero legno che risplende attraverso la terra che lo ricopre, finché scompare ogni traccia, la terra gettata giú colpisce ancora e solo terra, la fossa si riempie a poco a poco e alla fine si eleva il tumulo che da allora nella nostra mente è un tutt'uno con la nostra sepolta e amata creatura!

Strana umanità tanto grande e tanto piccola allo stesso tempo! Che tragedia, che battaglia, che - teatro di marionette ogni vita, da quella del fanciullo che desidera inutilmente il lucente disco della luna e sfiorisce prima di poter pronunciare la parola "io", fino a quella del filosofo - che si lambicca il cervello e nella stessa paroletta "io" pone l'universo e crolla - vecchio, debole nel corpo e nella mente, che ha mantenuto appena la sensibilità per il caldo e per il freddo.

Guardati intorno, Johannes: seduta al contrario sul grigio asino "Tempo" l'umanità cavalca verso la sua meta. Ascolta come risuonano allegramente i sonagli e le campanelle ad ornamento della sella formato da corone, tiare, berretti frigi - cappucci da uomo e da donna. Verso quale meta va quatto quatto il grigio animale? E' il paradiso riconquistato, è il patibolo? La cavallerizza non la conosce, - non vuole conoscerla! Il viso rivolto al cammino percorso, all'oscuro passato, ascolta le campanelle, l'animale può trottare sui prati fioriti della pace o guadare il sangue dei campi di battaglia, - ella ascolta e sogna! Sí, sogna. Un sogno è la vita dell'umanità, un sogno è la vita del singolo. Come e dove sarà il risveglio?

In un cimitero berlinese, sopra le ceneri di un popolare compositore (6) che nella sua vita aveva dovuto sopportare davvero molto, c'è una pietra sulla quale una mano amica ha scritto:

Il suo canto era tedesco e tedesco il suo dolore,La sua vita una battaglia contro necessità e invidiaIl dolore fugge questo luogo di pace,La battaglia è finita - il canto risuona ancora! -

Metto giú la penna e ripeto queste righe a bassa voce. Oggi non posso continuare a scrivere.

5 dicembre. Mantenendo fede alla mia promessa avevo presentato alla redazione dei Welke

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Blätter (7) - di wimmeriana memoria - alcuni dei disegni a penna del mio vicino Strobel e già oggi potevo annunciargli il suo inserimento fra i disegnatori di quel giornale umoristico. Poiché avevo visto il suo naso far capolino ripetutamente da dietro i vetri della sua finestra, mi misi in cammino verso la mia vecchia abitazione dall'altra parte nella quale, da quando l'avevo lasciata, avevo visto molti entrare ed uscire.

La corpulenta madam Pimpernell ha rinunciato nella propria influente persona a troneggiare sulle provviste del negozio di generi alimentari, si è ritirata dietro la stufa su una gigantesca poltrona imbottita da dove riesce a portare alla disperazione, tanto da non poterne piú, Dorette - detta anche Rettchen, - la sua magra figlia ed erede del regno dei formaggi, del burro e del latte.

Il piano intermedio della casa nr. undici è momentaneamente vuoto perché dopo violenti contrasti con il pianterreno, su e giú per le scale, le ultime abitanti sono andate via: la vedova del consigliere dell'Intendenza di Finanza Trampel e le sue due figlie assai vecchiotte ed acide: Heloise e Klara - chiamate Öllise e Knarre da madam Pimpernell. - Fortunatamente si sono portate via il pianoforte, l'arpa e la chitarra, i tre strumenti di martirio della Sperlingsgasse, come pure il nobile gatto Eros e l'altrettanto nobile bassotto Anteros dalle gambe storte - doni di un novello e tuttavia già antidiluviano Abelardo e di Egmont.

Quante volte, un tempo, mi sono arrampicato e ho sceso queste scale ripide e strette, ora un mucchio di libri sotto il braccio, ora un editoriale nella tasca della giacca che, come pensavo, dovesse aver successo. Quante volte i piedini di Marie hanno calpestato questi sporchi scalini quando veniva con Franz per una magnifica serata alla quale sapevo sempre offrire un'irreprensibile dignità di padrone di casa! Come attendevo poi il suo riso luminoso che le umide e nere pareti rifrangevano gioiosamente; come sapeva prendermi in giro con garbo sul disordine della stanza nonostante tutte le mie fatiche precedenti di ore ed ore, e poi bastavano solo cinque minuti della sua presenza per renderla una dimora decente! E piú tardi come venivo costretto dalla piccola torturatrice a tirar fuori un disgraziato flauto e a trarne una lamentevole imitazione di "Buona luna che corri silenziosa" (8), da far pietà ai sassi, fino a che Franz protestava o a me veniva meno il fiato o alla piccola tiranna la forza di ridere! Erano serate beate, ne portai il ricordo fin sulla porta del disegnatore. Al mio bussare risuonò all'interno un incomprensibile borbottio; entrai.

Ho conosciuto qualche menage da scapolo e a tal riguardo so essere molto tollerante. Ho visto le case del dottor Wimmer, dell'attore Müller, del musicista Schmidt, del candidato di teologia Schulze, per non parlare della mia disordinatissima casa, tuttavia una cosí pittoresca confusione non mi era ancora capitata. Una fantasticheria resa caotica dal magnetismo cacodemonico di Justinus Kerner non potrebbe - posta in un museo anatomico, gelata, pietrificata, personificata - offrire uno spettacolo piú bizzarro! Su un sofà indicibilmente ridicolo, troppo corto per lui, era disteso il lungo disegnatore con la testa contro la porta, le gambe distese sul bracciolo e i piedi puntati contro la parete della finestra, il sigaro, il grande consolatore del diciannovesimo secolo, in bocca, una tavola da disegno sulle ginocchia e la matita in mano. Un tavolo a tre gambe, che un tempo aveva fatto parte dei quadrupedi, era accostato a questo giaciglio; un boccale di birra vuoto, una scatola di sigari semivuota, una scodellina per l'inchiostro, carte scarabocchiate ed altri oggetti di varia natura lo ricoprivano in una deliziosa mescolanza. La "baracca" disponeva di tre sedie diversamente modellate; una, del periodo rococò, serviva come biblioteca, l'altra, una sedia da giardino tinta di verde, faceva il servizio di un armadio, e la terza, della cui precedente imbottitura pendeva solamente ancora il rivestimento lacerato, era - oh orrore! - degradata - a - toilette, ed una bacinella, sapone, pettini, spazzolini da denti si facevano su di essa molto piú spazio di quanto mai fosse necessario. In un angolo della stanza era appoggiato il bastone del disegnatore amante del viaggiare e su questo era appeso il suo feltro a tesa larga. In un altro angolo era appesa una voluminosa borsa da viaggio, e lungo

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le pareti vi era uno strano disegno di spilli fissati l'uno accanto all'altro. Il tutto un vero pandemonio di umorismo e buffonesca assurdità.

"Ah, il mio vicino!" esclamò al mio ingresso mastro Strobel saltando su dal suo sofà, con una mano appoggiando la tavola da disegno da un'altra parte e impedendo con l'altra la caduta del tavolo traballante. "E' molto nobile da parte Sua che Lei contraccambi la mia visita cosí presto, La saluto cordialmente e La prego di accomodarsi!" A queste parole fece scivolare a terra il carico della sedia-biblioteca e l'accostò al tavolo dal quale, allo stesso modo, gettò la maggior parte degli oggetti in luoghi qualsiasi.

"Sono venuto per comunicarLe, signor Strobel, che i Suoi fogli hanno trovato grande favore alla redazione dei "Welke Blätter" e che la stessa sarà orgogliosa di annoverarLa fra i suoi collaboratori".

"Molto obbligato", disse il disegnatore che si dava da fare in modo misterioso intorno alla stufa, "prego, prenda un sigaro e mi permetta di offrirLe una tazza di caffè".

Guardò ed annusò in una pentola dall'aspetto molto sospetto che aveva preso dallo scaldapiatti. - "Oh, ahimè" esclamò, mentre io invocavo tutti i santi del calendario, "la sorgente è esaurita!".

"La prego, non Si prenda nessun disturbo, i Suoi sigari sono eccellenti!" "Già", disse Strobel sedendosi nuovamente sul sofà, "questo è l'unico lusso di

cui non potrei fare a meno e ringrazio la mia stella che mi ha fatto nascere in un tempo in cui si è cambiato modo di dire: 'Nessun piacere senza donne' - in quello, senz'altro piú giusto: 'Nessun piacere senza sigaro' -".

"Lei è un tale misogino?" "Assolutamente no; al contrario, mi inchino profondamente al detto francese

'Ce que femme veut, Dieu le veut' e preferisco - proprio per questo il sigaro che non è tanto pretenzioso, che arde per noi senza pretendere da noi la stessa cosa e senza voler essere interessante eccetera, eccetera!"

"Lei è un autentico figlio del nostro tempo, per mezzo di troppe e troppo disparate sollecitazioni generali ha poi trasformato, nei particolari, in divinità il lasciar perdere, il non meravigliarsi, l'apatia."

"Puah", disse il disegnatore emettendo un'enorme nuvola di fumo, "potrei credere, visto che già ci troviamo in una conversazione del genere, che questi adesso amareggino ogni convivenza; del resto il nostro tempo non è completamente apatico, ma il singolo comincia a scoprire il vero principio, cioè che i fatti devono procedere attraverso i fatti. - Il primo venuto non deve ritenersi in grado, taliter qualiter, di fare da guida, di stendere il braccio e gridare: Ehi, di qua passa la via giusta, là procede, in quella direzione si trova la meta!"

"E le strade forestali che deviano lateralmente?..." "Corrono tutte nuovamente alla strada maestra dopo che hanno condotto ad un

bel luogo singolare, istruttivo. Come viandante non ho mai riportato tante esperienze per lo spirito e tanti schizzi per la mia cartella come quando mi sono smarrito".

"Lei deve condurre ed aver condotto una vita singolare!" dissi osservando davanti a me quello strano uomo. Si passò la mano sopra il volto bruciato dal sole e raggrinzito e sorrise.

"Una vita che è solita prendere strade sbagliate è sempre singolare!" disse. "Del resto ogni uomo nasce con una particolarità che se gli si dà credito - cosa che generalmente non accade - è capace di avviticchiarsi per tutta la vita, recando qui fiori, mettendo là spine, là galle - prodotte dalla puntura di un insetto. - Per quel che mi riguarda sono stato affetto, fin dalla prima giovinezza, dall'irresistibile inclinazione a trascorrere la mia vita sdraiato sulla schiena e ad infilare le mani nelle tasche dei pantaloni sia stando in piedi, sia camminando. Lei sorride - ma ciò che sono, lo sono diventato per questo motivo."

"Sorridevo solo sull'esattezza della sua osservazione. Noi tutti siamo nati con la camicia, in ciascuno si trova il germoglio della capacità di ascoltare il popolo degli

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spiriti, è però un tenero germoglio e la piantina non cresce bene sotto la polvere della strada maestra e sotto il chiasso del mercato."

"Ehi", esclamò il disegnatore saltando su improvvisamente e affrettandosi verso la finestra, "guardi che immagine!"

Dall'altra parte, nella mansarda sopra la mia abitazione, si era aperta una finestra. La piccola ballerina, che abita là, lasciava protendere la sua graziosa creaturina verso i fiocchi di neve che cadevano lentamente. La creatura distendeva le piccole braccia ed esultava quando una di quelle grandi e bianche stelle si posava sulla sua manina o sul suo nasino. La povera madre, cosí pallida senza il trucco di scena, sembrava felice tanto che nessuno, in quel momento, avrebbe potuto immaginare la triste storia della giovane donna.

"Sulla Sua scrivania ho visto dei fogli con il titolo: Cronaca della Sperlingsgasse", disse Strobel, "l'immagine là fuori deve farne parte e cosí pure della mia cartella di schizzi."

"Nei miei fogli costituirebbe una pagina oscura", risposi, "e la Cronaca ne ha già abbastanza. Ma che ne direbbe di diventare collaboratore di questa Cronaca della Sperlingsgasse, Lei è proprio un buon osservatore!"

"Crede?" chiese il caricaturista che aveva accostato la sedia-armadio alla finestra e diligentemente scarabocchiava su una carta. "Lei non vuole alcuna pagina oscura; conosce forse la storia di quel caricaturista inglese che davanti allo specchio studiò sul proprio volto le caricature delle passioni umane?"

"No, non la conosco. Cosa gli accadde?" "Si tagliò il collo", disse cupo il disegnatore mettendo via i suoi schizzi

terminati. Stupito guardai in alto. Il volto di Strobel aveva assunto un'espressione

malinconica che quasi mi spaventò. Non parlò piú, seguí una pausa durante la quale là fuori il piccolo rideva ed esultava e la ballerina spargeva molliche ai passerotti che cinguettando si erano posati sulla grondaia. Capii che il disegnatore voleva rimanere da solo e andai via; lo strano uomo mi accompagnò fino alla scala. Stringendomi la mano e sorridendo, disse:

"Ma certo, voglio diventare collaboratore della Sua Cronaca, signore!" Cosí finí la mia prima visita al caricaturista Ulrich Strobel.

10 dicembre.

Adesso è pieno inverno; sulle strade la neve è troppo alta per poter udire il passo dei pedoni ritardatari, il viavai delle carrozze. E' notte fonda.

Che volto è quello che, pallido, consunto, affiora davanti a me? E' quello di Franz - quel Franz Ralff coraggioso, entusiasta della vita che conoscevo un tempo?

Tre mesi erano trascorsi da quando si era portata la defunta Marie al suo silenzioso luogo di pace. Sedevo accanto al mio amico che, fissando una tela dal fondo grigio davanti a sé, cominciò improvvisamente a dire:

"Ascolta, Johannes, devo raccontarti una storia. E' opportuno che tu la conosca; potrebbe anche succedere che la mia creatura debba venirla a sapere. La decisione ultima voglio lasciarla a te, Johannes.

Devo cominciare da lontano, devo riandare al primo periodo della nostra giovinezza quando eravamo fanciulli felici e spensierati. Oh, Johannes, lasciami richiamare alla memoria quei giorni beati! Ogni loro ricordo non ti sembra come il risuonare di quella chiesa sperduta nel bosco (9)? Oh, la mia gioventú, la mia vita

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dei boschi! - Come rivedo adesso davanti a me quella vecchia casa del guardacaccia scura e cadente nel cuore della verde e profumata solitudine! Il limpido ruscello passa gorgogliando e poi, piú internamente nel bosco, forma il quieto stagno che la leggenda ha circondato di tante cose strane! Quante volte, il cuore di fanciullo colmo di misterioso tremore, nelle sere splendenti al chiaro di luna, quando gli abitanti della casa del guardacaccia sedevano davanti alla porta e il vecchio Burchhard suonava il corno da caccia - tu sai quanto bene - ho seguito di soppiatto attraverso l'oscurità il ruscello scintillante, l'acqua silenziosa per origliare il movimento delle ondine e degli elfi. Come trasalivo quando una lucertola frusciava fra l'erba o un uccello notturno dal volo goffo e pesante svolazzava sullo specchio lucente dello stagno, pensando che adesso il singolare mistero avrebbe dovuto svelarsi, mostrare la sua natura e iniziare la sua tessitura attorno al disco pieno della luna che stava rispecchiato nelle acque silenziose e limpide. Solo piú tardi appresi da dove derivava in me quel profondo e segreto impulso verso quest'acqua del bosco.

Quante volte, quando la tempesta infuriava fra gli alberi, sono salito su un alto abete, le braccia avvinghiate saldamente intorno al tronco ruvido e resinoso, il cuore oppresso da paura e da indicibile beatitudine - per lasciarmi sbattere qua e là dal vento.

E quando là fuori il cocente sole di luglio che dominava sul mondo ma che in questa oscurità del bosco osava far capolino curioso ma solo prudentemente, che fantasticare era quello! Che piacere era stendersi nell'erba mentre il torrente gorgogliava e mormorava al mio fianco e lentamente sospingeva i suoi ciottoli, mentre i raggi del sole giocavano e tremolavano sui tronchi slanciati dei faggi o sulle piccole onde del ruscello, la libellula passava veloce sopra di me, tutt'intorno le campanule volgevano a terra i loro calici azzurri e il superbo digitale si elevava nel suo splendore, in atteggiamento di sfida, come se ritenesse sua proprietà ogni raggio di sole smarrito.

Che serate invernali erano quelle, quando sedevo sulle ginocchia del vecchio uomo dalla barba bianca che chiamavo zio, quando giocavo con le nappe del suo piccolo fischio da caccia e ascoltavo le sue storie e le sue leggende mentre i cani dormivano e sognavano ai nostri piedi e solo di tanto in tanto drizzavano le orecchie quando il vecchio Karo abbaiava là fuori.

Era una vita felice questa vita nel bosco ed ha senz'altro influito sul mio piú tardo sviluppo artistico. Ancora benissimo ricordo il giorno in cui realizzai la mia prima opera d'arte sulla porta della stalla. Era un ritratto del nostro vecchio Burchhard e del suo fedele accompagnatore, il piccolo bassotto, che aveva la singolarità di non possedere alcun nome ma obbediva solo ad un particolare fischio del suo padrone.

Il periodo successivo della mia storia, Johannes, ti è noto altrettanto bene quasi quanto a me e su questo potrei proseguire piú velocemente se ogni punto in cui affiora l'immagine di lei non mi trattenesse in maniera tanto forte.

Quante lacrime versai in segreto - lo zio non amava il pianto - mi asciugai gli occhi quando sopraggiunse il giorno in cui dovetti dire addio alla mia verde oscurità del bosco. Volentieri mi sarei aggrappato ad ogni albero, ad ogni arbusto a cui il sentiero passava davanti uscendo dal bosco. Quanto infinitamente vasto ed enorme mi sembrò il mondo! Come una civetta che dalla sua oscura caverna viene trascinata alla luce del sole, cosí mi parve d'essere all'inizio ad Ulfelden. Ero infelice come solo può esserlo un ragazzo di dodici anni prima che mi adattassi a quella vita inconsueta.

Come ancora distintamente mi sopravviene alla memoria la prima sera nella nostra città d'infanzia! Lo zio era ritornato nella sua solitaria casa del bosco, la moglie del direttore sfaccendava in cucina, il vecchio direttore era seduto di sopra, nel suo piccolo studio, di fronte a Tacito, il suo scrittore preferito, come appresi piú tardi, e - io stavo rannicchiato, solo, con gli occhi gonfi e lacrimosi sulla panca verde davanti alla casa e in cupa meditazione seguivo con lo sguardo le rondini che

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sfrecciavano davanti, quando all'improvviso una manina un po' sporca mi porse una mela rubiconda e morsicata, una testolina riccioluta si spinse sotto il mio naso ed una vocina aggraziata disse:

"Non piangere... fanciullo... la mamma farà anche una frittata." Ebbi allora un gran desiderio di respingere la piccola consolatrice ma ella non

si lasciò allontanare e, quando per la sua compassione cominciai a singhiozzare piú forte, anch'ella iniziò a piangere. In questo mare di lacrime fummo sorpresi dal vecchio direttore che inaspettatamente stava dietro di noi nella sua veste da camera a fiori rossi e con la lunga pipa in bocca - un suo ritratto è là fra i miei schizzi. -

"Allora bambini", disse sorridendo, "è davvero una meravigliosa amicizia questa fra di voi che inizia con delle urla! Dunque, chi ha fatto qualcosa di male all'altro?"

Questa svolta diplomatica della cosa fece cessare il mio fiume di lacrime e anche la piccola Marie sorrise subito nuovamente attraverso le limpide gocce che le scorrevano giú su tutt'e due le guance.

"Andrà bene, andrà bene!" borbottò il vecchio studioso, passò la mano sopra i miei capelli e rientrò poi in casa per assistere la moglie nella cottura della frittata.

La piccola Marie, invece, mi condusse nel suo giardino, in un angolo, dissotterrò un fagiolo che stava spuntando, me lo mostrò con gioia e mi promise un terreno simile per la mia attività. Poi ritornammo al pergolato di caprifoglio dove era apparecchiato il tavolo. Qui sulla panca, accanto all'occorrente per cucire della moglie del direttore, trovai un libro - un libro illustrato che sulle prime mi fece dimenticare il bosco, la casa del guardacaccia, lo zio, il vecchio Burchhard, tutta la mia nostalgia. Era un volume spaginato e sciupato a forza di essere letto dell'opera di Bertuch (10), nota ai bambini e di fama mondiale. Che nuovo mondo mi si aprí allora! - E la piccola Marie era appoggiata accanto a me, rideva, spiegava e mi faceva il solletico con fili di paglia; poi giunse la signora con la frittata e il direttore abbandonò il suo Tacito; le campane del vecchio duomo annunciarono l'imminente domenica- avevo familiarizzato! - Ricordi ancora, Hans, quella domenica mattina che seguí al mio primo giorno ad Ulfelden? Ricordi ancora come mi facesti cenno in chiesa e durante il ritorno a casa ebbe inizio la nostra amicizia per una manciata di lappole che mi gettasti nei capelli? Ricordi, Johannes, come da quello stupido ragazzo del bosco divenni il monello piú audace, piú temerario dell'intero paese e che chinavo la testa solo quando la piccola Marie mi guardava tanto tristemente con i suoi grandi occhi? Era un tempo meraviglioso e - il latino non era niente affatto una malattia tanto grave come la scarlattina - mi ero portato dietro quest'idea dal bosco, - al contrario, tutt'al piú un leggero raffreddore dal quale si guariva sudando.

Arrivò il momento delle lezioni di disegno presso l'anziano pittore Gruner che allora mi pose piú distintamente il mondo del bello davanti agli occhi e che, nel suo modo freddo, caustico, faceva scorrere davanti a me la vita da lui molto ben conosciuta, tanto che provai desiderio e mi protesi verso questo mondo cosí bello e fiorente dove bastava stendere solo la mano per afferrare fortuna, gloria e ricchezza.

Il bosco lo avevo quasi del tutto dimenticato, non desideravo tornarvi, fuori nel mondo volevo diventare pittore, avevo mille sogni e in tutti era presente la dolce immmagine di Marie!

Un giorno venni richiamato là nella vecchia casa del guardacaccia e trovai il mio vecchio zio sul letto di morte. Un raffreddore che si era preso, e a cui non aveva prestato attenzione, nella sua età avanzata lo aveva condotto ad una svolta mortale. Disdegnando tutte le cure mediche e religiose, aveva chiesto solo di me. Una terribile rivelazione mi attendeva al letto di quell'uomo al cui fianco trovai solo il vecchio Burchhard, mentre Grete, l'attempata domestica del guardacaccia, entrava ed usciva.

Quando io - che allora avevo diciannove anni - giunsi al letto di mio zio, egli mi guardò fisso, risvegliandosi proprio allora da un sopore breve ed agitato.

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"Gli somiglia sempre di piú", mormorò. Quando mi chinai sopra di lui, quell'uomo vecchio e severo mi baciò e mi disse con voce spenta:

"Franz, - vedi, sono spacciato: non ho bisogno di riempire lo zaino e provvedere all'attrezzatura per la caccia per il cammino che devo fare adesso. Non piangere ragazzo, lo sai, non l'ho mai potuto sopportare. E' cosa da donne! Ma vorrei dirti ancora qualcosa prima che il decoro mi abbandoni, in seguito ne potrai fare ciò che vorrai. Siediti e ascolta! Guarda là dietro" - il vecchio indicò attraverso la finestra aperta dove battevano rami verdi e tremava il sole della sera, mentre un fringuello cantava là davanti, - "da là arrivi dietro il bosco, nella grande pianura dove puoi camminare per giorni e giorni senza vedere una montagna. La gente la ritiene una bella terra; - può essere, ma non l'ho mai potuta sopportare e preferisco il bosco. Tuttavia là, in mezzo alla piatta pianura e ai campi di grano, c'è una collina con un castello chiamato Seeburg e ai piedi della collina c'è un paese dello stesso nome. Di lí discende la nostra famiglia, là sono nato e di lí è anche Burchhard."

Quest'ultimo annuí con il capo e borbottò fra sé: "Entrambi una buona razza i Ralff e i Burchhard!"

"Hai ragione vecchio", proseguí mio zio, "spero anche che quello là( accennò a me) non debba degenerare, ché lui ha sangue estraneo nelle vene. Ascolta ancora ragazzo: i conti di Seeburg, che già da molto tempo erano insediati là, erano persone superbe. Si è letto nelle vecchie cronache come questi tormentassero la gente e intrappolassero i commercianti. Questo lo faceva anche la nuova razza che allora andava in scarpe e calze di seta, ma molto meglio anche se in modo diverso. Tieni il becco chiuso Burchhard, so cosa vuoi dire. - Ero allora un bel ragazzo, sapevo maneggiare il fucile egregiamente e alle sagre, al tiro agli uccelli, ovunque, Andreas Ralff era conosciuto come eccellente tiratore e cosí tua madre, Franz, mia sorella, come la piú bella ragazza del luogo. Il giovane conte che era appena ritornato da un viaggio mi disse allora: 'Ascolta, Andreas, entra al mio servizio, ti tratterò bene e non sarà uno svantaggio per te'. Allora, accecato dal diavolo, credetti che fosse la mia fortuna e accettai."

A questo punto il vecchio mandò un gemito e appoggiò il capo sui cuscini mentre Burchhard si alzò e piano fischiettò un motivo di caccia dalla finestra. Scongiurai lo zio di interrompere il suo racconto e di rinviare.

"Non l'ho mai fatto", disse il vecchio uomo ostinato, "non è un giusto comportamento di cacciatore lasciar correre in giro una creatura ferita. Fucile pulito, colpo preciso. Il maligno stabilí che il conte riuscisse a vedere Luise e - Burchhard, raccontalo tu al ragazzo..."

Questi, che sedeva di nuovo accanto al letto del suo amico, annuí truce e continuò il racconto interrotto con lo sguardo fisso al pavimento.

"Eravamo cresciuti insieme e Luise mi era molto cara con i suoi capelli ed i suoi occhi neri. Ma non avevo il coraggio di dirle: cara, non vorresti prendermi come marito? Ti porterei in palma di mano! Stavo là e la guardavo quando andava in chiesa e ovunque, quando trotterellava per il paese ridendo e scherzando, svelta come un capriolo, allegra come un merlo!..."

Il malato sospirò profondamente, Burchhard gli mise a posto i cuscini e tacque per alcuni minuti sconvolto dal suo racconto, mentre fuori gli uccelli cinguettavano assai lieti e il sole, sempre piú infuocato, volgeva al tramonto.

D'improvviso il narratore balzò su quasi bruscamente: "Che altro c'è, dunque, da raccontare! Ella era giovane e il pastore le aveva

parlato degli uomini piú bene che male... Andreas, per volontà del conte, fu mandato nel bosco; egli esultò immensamente perché da sempre era stato suo desiderio essere un cacciatore e subito andò via da Seeburg, allora gli si dette la possibilità di riparare la vecchia casa in rovina cosí che Luise poi potesse seguirlo. A quel tempo non ero in paese ma nella straniera terra di Francia dove il popolo era ormai stanco dei tormenti e del governo dei nobili e fece piazza pulita; nel reggimento dei corazzieri di Weimar mi battei nella Champagne, fino a che il duca

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di Braunschweig, i prussiani e tutti quanti dovettero ritirarsi per il fango e per la pioggia. Ritornai in licenza, fermai il mio cavallo al Cervo d'Oro, tolsi la polvere dagli alti stivali, lucidai l'armatura per quanto era possibile, misi arditamente il tre punte sopra l'orecchio e mi feci coraggio a chiedere la bianca e graziosa mano del mio tesoro segreto - non ero forse maresciallo nel sesto squadrone? - La gente mi osservava in modo alquanto strano quando, attraverso il paese, avanzavo verso la piccola casa dove abitava la mia amata, mi incontrò anche il custode del castello che non mi poteva sopportare e mi guardò ghignando, talmente beffardo, che afferrai piú saldamente la pesante sciabola e bestemmiai in francese. Ma non presagivo niente e attribuivo tutto ciò allo stupore per il mio aspetto marziale e proseguii con il cuore che batteva per metà di gioia e per metà di paura verso la porticina nello steccato che circondava la casa della piccola Ralff. Dalla stanzetta udii cantare una voce che mi sembrava addirittura estranea e tuttavia ben conosciuta. La voce intonava sempre e solo l'inizio di un antico canto:

'La mia diletta indossa una nera veste,Sotto a questa porta un grande dolorNei suoi giovani giorni...'

Tolsi il cappello ed entrai nell'ingresso. Salute signorina Lieschen, sono tornato dalla terra di Francia - volevo dire, ma non pronunziai parola alcuna, il cappello invece mi cadde a terra e dovetti tenermi allo stipite per non cadere io stesso. Là nell'angolo sedeva una creatura pallida, con le guance emaciate, aveva le mani congiunte in grembo e tremava come se la scuotesse un brivido violento.

'Luise, Luise!' gridai cadendo in ginocchio davanti a lei con angoscia sovrumana.

La figura si alzò, venne barcollando verso di me e passandomi la mano gelata sopra la fronte disse:

'Oh, mio bell'amato, sei tornato dalla terra straniera? Ti ho atteso a lungo, mio cuore innocente!'

Mi battei il petto a tal punto che l'armatura minacciò di spezzarsi, ella la toccò e sembrò rallegrarsi della sua lucentezza.

Non so cosa accadde in seguito, ancora per un momento udii il canto come da molto lontano:

'La mia diletta indossa una nera veste, Sotto a questa porta un grande dolore'

- poi persi i sensi; questo fu il mio ritorno dalla guerra francese. Mi svegliai a sera nella casetta di mia proprietà che avevo dato in affitto e la vecchia, che allora vi abitava, sedeva accanto a me. Credetti di aver sognato - un brutto, brutto sogno, solo a poco a poco ritornai in me e Dio mi fece la grazia di piangere. La buona signora mi raccontò l'inizio e la fine della sofferenza ed io guardai verso le mie pistole per spedire questo briccone di conte davanti a domine Iddio, venni a sapere che se n'era bell'e andato in lontane contrade; non aveva piú potuto avere né pace né tregua, era sparito all'improvviso senza lasciare traccia, senza lasciar detto niente sulla sua dimora..."

"E l'ha protetto Iddio dal capitarci davanti agli occhi", irruppe mio zio con il volto girato dall'altra parte.

"Il mattino seguente scrissi l'accaduto ad Andreas che ancora non ne sapeva nulla; era gente vigliacca, nonostante fosse stato a quattro miglia di cammino non gli aveva fatto sapere niente."

Il malato gemette nel letto come se gli si spezzasse il cuore, mentre io stavo seduto là colto da vertigini e senza parole...

"Vendemmo i nostri beni e portammo Luise e te, Franz, il suo bambino, qua nel verde bosco dove Sua Altezza Serenissima il principe ci concesse un rifugio.

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Luise era sempre chiusa in se stessa e diveniva sempre piú taciturna; non cantava piú i suoi vecchi canti e se ne stava per lo piú seduta al sole e teneva le sue povere dita scarne contro la luce. Poi sorrideva e diceva:

'Ancora - ancora - come scivola, scivola!' E una mattina --- Già, come era quello che sentii leggere ad alta voce una

volta, in Francia, da uno degli ufficiali quando facevo la guardia davanti alla tenda? Credo che leggesse un signor Goethe, almeno lo chiamavano cosí, (era al seguito di Sua Altezza Serenissima il duca) e si trattava di una principessa danese che impazzí perché il suo amato si era finto pazzo..."

"Non divagare, Burchhard", gridò mio zio improvvisamente alzandosi, - "una mattina ella stava sulla sponda dello Hungerteich annegata nell'acqua!"

Gridando forte caddi in ginocchio e nascosi il capo nei cuscini del vecchio moribondo. Questi, adesso, sedeva eretto, appoggiato sui gomiti, sostenuto dalla piangente Grete, i suoi occhi scintillavano; mi pose la mano sulla testa e disse debolmente:

"Era piú giovane di Burchhard e di me; sarà ancora vivo --- cercalo!" A queste parole ricadde all'indietro spossato mentre io intontito non mi mossi. Alla fine il vecchio Burchhard mi mise la mano sulla spalla e mi condusse

fuori. "Voglio darti una prova", disse quando fummo fra i verdi alberi che avevano

assistito a quella tragedia sempre verdi ed allegri. Ancora una volta seguii il corso del ruscello attraverso la gioiosa natura selvaggia. Con quali sentimenti?! - Sapevo adesso da dove proveniva in me quell'intimo impulso verso il quieto stagno del bosco! Là davanti a noi si stendeva la limpida superficie nel rosso della sera, il vento leggero sussurrava fra i giunchi, sbatteva una contro l'altra le gialle campanule dell'iris e cullava le bianche ninfee galleggianti sulle loro ampie e carnose foglie; era tutto talmente quieto, intimo, bello e tuttavia - che orrore inesprimibile mi suscitava questa vista!

"Quando la trovai qui", disse Burchhard, "teneva una mano serrata e l'oro di un anello riluceva attraverso le dita irrigidite. Seguimi!"

Il vecchio mi condusse da una parte nel bosco dove una pietra contrassegnata da una croce stava nel muschio. Si chinò, la tolse e scavò per un po' nella terra.

"Ecco!" gridò improvvisamente e scagliò nell'erba il piccolo anello d'oro come se avesse toccato un serpente. Era davvero un serpente che con il capo e con la coda, che girava intorno, avvinghiava un rubino ornato di uno stemma. Lo troverai in questo scrigno, Johannes!

Mio zio morí quella sera stessa ed io, come tu sai, Johannes, condussi la sua salma ad Ulfelden. Non so, la morte di questo vecchio mi sembrò insignificante in confronto a quella cosa terribile che mi fu svelata. - Era, tra l'altro, uno strano corteo; avevamo posto la nera bara su un piccolo carro e l'avevamo adornata con rami e fiori di bosco. Lo scortarono i taglialegna con le loro asce, i vicini carbonai con i loro attizzatoi. Proprio dietro la bara incedeva il vecchio Burchhard, il fucile e il corno da caccia sulla spalla, i cani intorno a lui. Di tanto in tanto suonava un allegro e squillante canto di caccia che poi, in maniera insolita e commovente, trasformava in un corale. Si fermò sotto gli ultimi alberi, i taglialegna e i carbonai attorno a lui; ancora una volta suonò un lieto saluto di caccia poi mi strinse in silenzio la mano e disse cupo: "Addio, Franz Ralff" e ritornò lentamente nel bosco ed udii le note del suo corno perdersi sempre piú lontano. Lo zio fu seppellito nel cimitero di Ulfelden proprio accanto alla sua sorella, mia madre. Il vecchio Burchhard non l'ho piú rivisto; allora assolutamente non sopportai piú l'angusto mondo intorno a me, andai in Italia. Burchhard invece si trasferí nello Harz dove vivevano dei suoi parenti e dove presto morí anche lui.

Questa, Johannes, è la parte della mia storia che tu stesso, amico mio, non conoscevi. Ebbene lascio decidere a te quale uso un giorno ne potrai fare per la mia creatura; di quell'uomo non ho mai potuto scoprire traccia alcuna. Sprofondato e dimenticato! Il castello Seeburg adesso è una fabbrica!"

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Qui davanti a me c'è il vecchio quaderno ingiallito dal quale ho trascritto questi fogli della Cronaca della Sperlingsgasse. Quel giorno rimasi ancora a lungo seduto vicino al mio amico, parlò molto della sua morte e sorrise spesso tristemente fra sé e sé. Durante il suo racconto aveva tracciato con il carboncino i contorni di una testa sulla tela davanti a lui. "Ti dipingo ancora un po' l'immagine, Johannes", disse. Troppo bene conoscevo i dolci lineamenti per non raffigurarla subito in queste linee leggere.

E cosí avvenne! Quanto piú luminosi e piú splendenti i colori sbocciavano sulla tela, quanto piú graziosamente il capo riccioluto di Marie affiorava dal grigio, tanto piú le guance del mio amico impallidivano e una mattina - l'aveva seguita e aveva lasciato soli la sua piccola creatura ed il suo amico.

Have, pia anima!

24 dicembre.

Natale! - Che meravigliosa parola! - Sempre piú in alto la neve si accumula nelle strade; i ghiaccioli alle grondaie diventano sempre piú lunghi; sempre piú difficilmente i vetri congelati delle finistre si disgelano al mattino! Ah, in molte povere abitazioni questo non avviene piú. - Dietro la maggior parte delle finestre fanno capolino volti di bambini pieni di attesa e qua e là sul bianco manto del selciato si trova un ramo d'abete perduto. Vengono venduti molti addobbi e vassoi di lamiera ricoperti, che vengono portati via, diffondono un meraviglioso profumo.

" Cos'è un autentico leone marino amburghese?" chiese Strobel che entrò da me e togliendosi il cappello provocò un nevischio in miniatura.

"Un leone marino amburghese?" chiesi meravigliato. "Non sarà mica un consigliere della corporazione?"

"Press'a poco!" rise il disegnatore. "Un leone marino amburghese è una zampa di lepre sulla quale è sistemato un volto antropomorfo. Un tale individuo sa fare al bordo di un tavolo movimenti davvero graziosi. Guardi qui!"

In quello stesso istante tirò fuori l'oggetto della nostra conversazione, lo appese alla mia scrivania e con una spinta lo mise in movimento come una specie di pendolo.

"Non è un'invenzione meravigliosa?""Magnifica" dissi, "ai tempi della mia giovinezza si provocava lo stesso effetto

con un osso rosicchiato del petto di un'oca arrosto nel quale si infilava una forchetta; ma la cultura deve progredire."

"Sí, la cultura va avanti!" sospirò il disegnatore. "Persino i semplici abeti a poco a poco lasciano il posto a queste piramidi di ritagli di carta colorati. Carta, carta dappertutto! Ma che volevo dire: non sarebbe in realtà dovere di due collaboratori dei "Welke Blätter" fare adesso i quattro passi natalizi?"

"Anch'io volevo invitarLa proprio a far questo", dissi."Avanti!" gridò Strobel e calcò nuovamente il suo feltro mentre io tirai fuori il

mio cappotto e l'ombrello rosso di cotone.Andammo. Lasciammo il leone marino amburghese penzolare tranquillamente

al tavolo dopo che Stobel gli aveva dato un'ultima spinta. Nel periodo natalizio mi piace aver vicino un giocattolo del genere, anche il vecchio e incanutito Jean Paul, in tale periodo, si rallegrava all'odore dei colori di una tromba di legno per bambini.

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Che camminata fu quella che feci con lo stravagante caricaturista nel crepuscolo serale! Dentro quante finestre di taverne e altre ancora fu costretto a sbirciare quell'uomo; in quante piccole mani arrossate dal gelo, che dagli angoli e dai passi carrai si protendevano verso di noi, lasciò scivolare i suoi quattro centesimi! Che passeggiata fu quella! Gli spiriti che guidarono il vecchio Scrooge del maestro Boz (11) sopra il mondo natalizio non avrebbero potuto condurmi meglio del signor Ulrich Strobel. Ora osservavamo la fantastica esposizione di una vetrina, ora i volti stupiti e desiderosi davanti a questa; ora Strobel trovava una nuova idea per la costruzione di un giocattolo, ora io; era meraviglioso!

Ci fermammo all'angolo del mercato natalizio guardando in quell'allegra confusione che c'era là intorno. La gente in un passare ininterrotto scorreva davanti a noi: padri, un bambino su ogni braccio ed a ogni lembo di giacca, artigiani con il tesoro che avevano sottratto dalla cucina delle loro "signore", onesti fanti che sorridevano bonariamente e stupidamente in maniera incredibile, eleganti e distinti tiratori scelti della guardia, massicci dragoni e "tozza" artiglieria. - Qua e là, attraverso il trambusto, si aggiravano con grazia giovani ragazze; era rappresentata ogni età ed ogni ceto, sí, persino il gran mondo oltrepassava per una volta i suoi limiti bizzarri e mostrava ai suoi bambini la - gioia del popolo.

Il disegnatore improvvisamente divenne molto serio. "Guardi" disse, "là scaturisce la sorgente dalla quale il mondo dei bambini attinge il suo primo cristianesimo! Non per il fatto che gli si parla di Dio e di altre cose incomprensibili, che gli si fa imparare a memoria la Bibbia o i versi del libro dei canti, che si trascinano in chiesa, - possibilmente in fasce - che si mette nei loro cuori il seme della stupenda religione. Alla mischia davanti alle bancarelle, all'abete verde e scintillante il giovane animo lega i suoi primi, autentici - e cosa piú importante, veramente infantili concetti di quella!"

In proposito volevo subito replicare qualcosa, quando improvvisamente una figura, avvolta in uno scuro mantello, che portava un bambino in braccio, volle infilarsi davanti a noi. Un raggio di luce della lanterna a gas piú vicina cadde sul suo volto, era la piccola ballerina della Sperlingsgasse. Mi rallegrai dell'incontro e la chiamai:

"E' magnifico, signorina Rosalie, averLa incontrata. Forse ci permetterà di accompagnarLa perché per penetrare i misteri di un mercato natalizio è comunque necessario avere con sé un bambino."

La ballerina fece un inchino e disse: "Oh, Loro sono troppo buoni miei signori; Alfred non mi ha dato pace per tutto il giorno e poiché non c'è alcuna rappresentazione ho dovuto mostrargli questo splendore."

"Sí, signore", disse Alfred, guardando addirittura sfacciatamente da sotto un pesante berretto di lana - "andiamo insieme!"

Presentai alla ballerina il disegnatore, nostro vicino, e il quartetto fu subito nello stato d'animo che richiedeva un mercato natalizio. Che talento mostrò adesso il caricaturista a mandare i bambini fuori di sé dall'entusiasmo! Aveva subito sottratto alla madre il robusto monello, ora addirittura non lo lasciava smettere di lanciare continuamente i suoi gridolini e lo portava alto sulle spalle attraverso la mischia. "Oh, Le sono tanto grata, tanto grata signor Wachholder" sussurrò la giovane ballerina, a protettore della quale mi ersi molto gravemente.

"Cara fanciulla", dissi, "un simile paio di scapoli, come me ed il mio amico, trascorrerebbe assai male serate come questa, se poi chiaramente non vegliasse sopra di loro una provvidenza. Per una volta vedrà come questa sera festeggieremo magnificamente anche il Natale, - ascolti solo come esulta Alfred; guardi, come orgoglioso e felice sporge da sotto l'elmo prussiano che or ora il signor Strobel gli ha calcato in testa!"

Il caricaturista, in questo momento, avrebbe persino potuto benissimo ritrarsi - e lo fece davvero, ma piú tardi. Aveva un aspetto meraviglioso. All'occhiello penzolava un gigantesco fantoccio, nella mano destra teneva un grosso fucile che agitava energicamente, sul suo braccio sinistro Alfred batteva con tutta la forza su

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un tamburo."Giovane signora" disse adesso il disegnatore alla nostra accompagnatrice, "mi

infili subito quel cartoccio nella tasca della giacca, io non ci riesco! Ehi, vecchio Wachholder", mi gridò poi, "non somiglio come una goccia d'acqua ad un dibattimento? A destra il fucile, a sinistra il tamburellare e per prendere e per ingoiare i dolciumi desiderati né possibilità, né posto!"

"Mamma, ma lo zio è un vero zio!" gridò rivolto verso il basso il piccolo entusiasta quando Rosalie soddisfece la richiesta di Strobel ed io allo stesso modo riempii le tasche con ogni genere di cose.

Continuò in questo modo finché il freddo divenne troppo intenso per noi. Il disegnatore era fuso - come era solito dire - e mi consegnò la sinistra ricoperta di giocattoli, tenne però il fucile nella destra e finalmente si andò verso casa per le strade colme di gente e di luci. Come risplendeva questa sera la vecchia e oscura Sperlingsgasse! Dalle cantine fino al sesto piano, fin nella soffitta il Natale era entrato; certo, non dappertutto allo stesso modo "allegro, felice, benevolo". Che sera festeggiammo allora! Naturalmente non lasciammo salire la nostra giovane accompagnatrice nella sua fredda stanzetta. Non ero già stato famoso ai tempi dell'università per il mio eccellente pounce? (Un'arte che mio padre mi aveva trasmesso per tutta la vita.) Il caricaturista tirò fuori un ramo d'abete che aveva trovato sulla strada e lo tenne verso la luce.

"Questo è il vero profumo di Natale" disse, "e in mancanza di meglio ci si deve saper arrangiare."

Ascolta! Chi trotterella improvvisamente là fuori sulla scala? Un ridacchiare sommesso risuona nell'antisala e sembra voler salire al piano superiore. "Da me?" esclama Rosalie e balza stupita verso la porta.

"Ah, lei è qua?!" risuona dall'esterno e anch'io faccio capolino."Buona sera caro signore! Buona sera Rosalie! Buona sera Röschen!" echeggia

un coro di voci allegre e sonore."Dov'è Alfred, gli portiamo un albero di Natale!""Urrà, questo è proprio quello di cui abbiamo bisogno!" grida il disegnatore

agitando il suo fucile. "Buona sera mie signore e felice Natale!"Da scuri mantelli e scialli e colli di pelliccia si mostra una mezza dozzina di

giovani fate di teatro, tutte quante, giubilando e ridendo, riempiono la mia stanza e - improvvisamente tutte tirano fuori un diverso strumento musicale che hanno acquistato al mercato natalizio. Scoppia un fracasso infernale; si sente scricchiolare, strillare, urlare e strepitare, le pareti riecheggiano e Rosalie, che implorando corre dall'una all'altra delle topoline, alla fine si rintana nell'angolo piú lontano tappandosi le orecchie.

Poi il rumore si placa, il fiato viene meno e la forza del caricaturista diminuisce, ora, per la gioia, può ancora agitare appena il suo fucile sul pandemonio.

Che pounce fu quello! Che brindisi furono fatti! Che storie furono raccontate! Dal suggeritore Flüstervogel, al direttore del corpo di ballo Spolpato, anzi piú su, su fino a Sua Eccellenza, il signor direttore di teatro.

Questa sera Strobel non disegnò alcuna caricatura ma abbastanza spesso atteggiava se stesso ad una di queste. Nel tentativo di girarsi sedendo su una bottiglia che appoggiava in terra con il collo, nel macinare zucchero, nel tentativo di riaccendere, soffiando, lo stoppino ardente di una candela ripulita e in altri giochi di abilità.

Alfred, mettendo alla base tutto il sapere di Pufendorf e di Bayle rilegato in pelle di porco, e sopra a quello diversi grossi volumi sulle teorie educative, fu in grado, sedendo accanto alla sua giovane madre, di poter guardare sul tavolo, gioí insieme a noi fino a che non gli si chiusero gli occhi e si addormentò sul mio sofà e continuò a dormire fino alle undici, ora in cui finí la festa, le giovani ospiti si infilarono di nuovo nei loro mantelli, mi proclamarono un "meraviglioso, vecchio signore", baciarono Röschen e dopo una "buona notte" a piú voci trotterellarono giú per le scale. Poi Strobel portò il dormiente Alfred al piano superiore (e io feci luce)

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e - anche questa sera di Natale della Sperlingsgasse era trascorsa.

1 gennaio.

Capodanno! - Ho ricevuto una lettera dalla lontana Italia, un prezioso regalo di capodanno. Parla della vecchia e oscura Sperlingsgasse, di felicità e di un prossimo incontro e una mano di donna ha scritto questi delicati e graziosi caratteri. Ma il nome di chi li ha scritti non lo cito ancora e proseguo nel mio libro di ricordi per cui devo tirar fuori una nuova cartella.

Allora ero solo con la piccola Elise che, inconscia del suo stato di orfana e dell'inesperto padre adottivo, saltellava sul grembo di Martha proprio quando ritornai dal funerale in questa abitazione al numero sette della Sperlingsgasse, poco tempo prima tanto allegra e adesso tanto triste. Stava là - ancora sta là nel vano della finestra il tavolinetto di Marie con i lavori incompiuti, i gomitoletti di filo, aghi e nastri come lo aveva lasciato quella sera accusando mal di testa per non risedervisi mai piú, per non riguardare mai piú fuori nell'oscuro vicolo attraverso i rosai e gli arbusti di reseda e l'inferriata ricoperta di edera. C'erano ancora ovunque le tracce della sua raffinata operosità. Negli ultimi tre mesi Franz aveva vigilato come un Argo sulla loro conservazione. - Su quella sedia era ancora appeso il suo cappellino e il piccolo cesto che portava con sé per le compere.

Alla seconda finestra stava il cavalletto di Franz e, appoggiato sopra, il ritratto terminato di Marie - sorridente come solo lei sapeva sorridere. - La sua tavolozza ricoperta di colori era attaccata lí vicino, le cartelle di schizzi e i suoi rotoli erano appoggiati e sparsi dappertutto. Dietro la porta era appeso il suo schiacciato cappello di castoro che molte volte, durante le nostre passeggiate, inghirlandavamo con fiori e che per Marie, proprio per il suo aspetto miserabile e di reduce da qualche tempesta, era davvero un pugno in un occhio.

Nessun angolino, nessun utensile senza il suo triste, dolce ricordo. Un giocattolo rotto sul pavimento... ed io da solo con la bambina in questo piccolo mondo di una felicità perduta - erede di sí tanto dolore e lacrime e solitudine!

Ma adesso era necessario agire, non fantasticare. Dovevo raccogliere le forze. Presi la piccola Lieschen dalle braccia della governante, la baciai e nello stesso momento sottovoce mi ripromisi di essere un fedele protettore per la creatura dei miei amici, nella buona e nella cattiva sorte, di notte e di giorno, e credo di aver mantenuto il giuramento. La piccola mi guardava sorridendo con i suoi grandi occhi azzurri - tanto simili a quelli della madre - con tutt'e due le manine mi afferrò i capelli e cominciò a tirare allegramente e la vecchia Martha stava a guardare con le mani giunte. Martha era già stata la governante di Marie ad Ulfelden, nella casa del direttore, era venuta con lei in città e non l'aveva lasciata fino alla sua morte.

Poiché la mia abitazione, dall'altra parte al numero undici, era troppo angusta per trasferirvi l'intero piccolo mondo, allora dapprima mi consigliai con Martha e il risultato fu che andai a prendere i miei libri, gli erbari, le pipe e gli illeggibili manoscritti per portarli di qua al numero sette, dopo di che Martha sistemò tutto nel miglior modo possibile. Concentrando ora sulla bambina tutto l'amore che avevo per i genitori speravo di poter veder sbocciare dalle rovine della felicità distrutta una nuova gioia. La casa dall'altra parte non rimase vuota a lungo, vi andò ad abitare il mio corpulento amico, il dottor Wimmer, che per un bel po' di tempo

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fu il principale eroe e mattacchione della Sperlingsgasse.

5 gennaio.

Elise! - Quante volte scrivo questo nome, risuona nella notte della mia vecchiaia che scende sempre piú oscura, come una fiaba, come il giubilo delle allodole e il canto degli usignoli mi svolazza intorno cosí odoroso, lieve, simile ad una silfide... Elise, Elise ritorna! Guarda, sono vecchio e solo! Non sai che ti ho cullato sulle braccia, che ti ho vegliato nelle lunghe notti come solo una madre può vegliare sulla sua creatura? - E da molto lontano credo spesso di percepire una voce carezzevole che risuona come musica: Vengo, vengo! Pazienta ancora, solo per breve tempo!

E attendo e spero e riempio questi fogli con il nome della mia bambina Elise.Emergi dall'oscurità, idillio, porta con te il tuo mondo di fiaba, il tuo sorriso

attraverso le lacrime! Vieni piccolo cuore mio: - con i volumi in-folio rilegati in pelle di porco si possono costruire graziose case da bambole; guarda che meraviglioso letto diventa il mio cestino per le signorine Anna, Laura, Josephine e come altrimenti si chiamano le dame riempite di crusca! Ti regalo un grazioso canarino giallo oro se non piangi ed inghiottisci come si deve, in modo risoluto, il cucchiaio pieno di medicina scura! - Non piangere, piccola cara, guarda come l'edera del bosco natio di tua madre mette fogliolina su fogliolina e si arrampica sempre piú in alto alla parete con la finestra. Guarda come la luce del sole filtra tremolante e scintilla e danza sul pavimento; è come nel verde bosco - sole e cielo azzurro! Però tu devi sorridere!

E come l'edera sale sempre piú in alto, cosí cresci anche tu piccola cara; riccioli sottili e bruno chiaro già incorniciano la tua testolina proprio come quelli di questo ritratto. Chi ti ha insegnato a reclinare la testolina cosí, verso il lato sinistro, come faceva lei?

Non scuotere i riccioli e non guardarmi cosí con i tuoi grandi occhi lucenti e birichini! Dovrebbe essere una R questo sgorbio? Oh, che macchia, scrittrice! Che spreco di inchiostro, dalle mani fino alla punta del naso! Quanto dovrà lavare la vecchia Martha! Dici di aver scritto abbastanza lettere e che adesso devi scendere nel vicolo; secondo te persino le mosche non sopportano piú di stare nella stanza e dici di veder bene come sbattono la testa contro i vetri?!

Allora non correre cosí e non cadere diavoletto; mi rendo conto, sí certo ti dobbiamo mandare a scuola dal signor Roder affinché tu impari a startene seduta tranquilla.

Cos'è questa vocina squillante che all'improvviso chiama di là dalla finestra della mia vecchia abitazione al numero undici:

"Zio Wachholder, zio Wachholder! Usciamo, usciamo!"La piccola strega non importuna di nuovo il dottore in filosofia Heinrich

Wimmer che dall'altra parte scrive i suoi buoni editoriali e i suoi scadenti romanzi? In verità è proprio cosí. Una voce di basso brontola verso di me:

"Wachholder, è assolutamente impossibile continuare a scrivere con questo chiasso terribile che la Vostra piccola fa qui insieme al tipografo e a Rezensent - (Rezensent è il nome del cane del dottore, un rispettabile barbone nero). -Vengo interrotto nel bel mezzo di una delle frasi piú sentimentali - la piccola monella è fuori di sé e per di piú quell'insolente di Fritze sghignazza nell'angolo e vuole il manoscritto per il numero di domani."

"Allora mandi via la bambina, dottore, e le chiuda dietro a catenaccio il Suo tempio dell'arte!" rido verso di lui.

"Stupidaggini", borbotta il dottore che scrive sui giornali e che è per natura un

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vero bighellone e al quale il disturbo non dispiace affatto. "Stupidaggini; scrivo 'continua al prossimo numero' e portiamo la ragazza nella commedia da cani e nella pagliacciata dello strillone; Rezensent ha anche bisogno che venga rinnovata la sua educazione estetica, come dimostra a sufficienza un pacco di numeri di giornali nell'angolo che mandano un odore terribile e strano. Si prepari carissimo!"

Con ciò il dottore scompare dalla finestra; dall'altra parte sento uno scalpiccio di piccoli piedi sulle scale e Liese, accompagnata da Rezensent, appare sulla porta. Con un balzo è nel vicolo, altrettanto velocemente vicino a me e pronta in un batter d'occhio anche ad intraprendere un viaggio intorno al mondo, se necessario.

Alcuni minuti piú tardi Fritze, il tipografo, esce precipitosamente dalla porta del numero undici con un foglio di carta che sembrava essere ancora molto umido perché lo portava addirittura con prudenza e lo teneva con tutt'e due le mani lontano da sé. Adesso compare nel vicolo anche il dottore fischiettando il Landsturm austriaco, il sigaro in bocca ed eseguendo con il bastone delle mosse di scherma molto disinvolte contro un nemico presunto. Grida verso l'alto:

"Per Bacco, nobile filosofo, non faccia attendere a lungo, troppo insensatamente, la stampa tedesca."

Da una parte trascinato da Lieschen, dall'altra travolto da Rezensent che, come sembra, si avvia verso la sua scuola superiore di educazione molto impazientemente, inciampo giú per le scale in secchi, scope, bambini e cesti. Da tutte le porte guardano vecchie e giovani teste di uomo e di donna che amichevolmente fanno un cenno alla piccola Liese Ralff. E in verità ella è anche - come un tempo sua madre, solo adesso in modo diverso - il principio motore dell'intero condominio. Dalla sua caverna appare nel vicolo il calderaio Marquart e riceve da Liese un saluto ed una stretta di mano, ma non da Rezensent che odia chi lavora con il fuoco e, come spesso accade nel mondo, scambia lo strumento la causa. Marquart, per severa disposizione della polizia, allo stimato, serio Rezensent, esemplare di tutti i barboni, non ha forse chiuso la museruola con la medaglietta intorno al muso baffuto? Chi può dar torto al bravo cagnaccio se, arrabbiato e mesto, davanti all'interrato tiene fra le gambe la coda tagliata a mo' di pennacchio ussero e passa lentamente davanti sbirciando di lato? "Taglia la corda" come dicono Seume (12) ed il mio amico Wimmer. E adesso per i vicoli! Cielo, cosa non abbiamo dovuto promettere alla piccola! Là un "grazioso" manichino dal volto di cera, in quel negozio un "delizioso" piccolo servizio per bambole di porcellana dipinta, e cosí via, tanto che il dottore molto malinconicamente spinge il cappello da una parte e si gratta dietro l'orecchio.

"Sí, guarda zio Wimmer, non hai detto che mi volevi comprare un bel servizio da caffè simile, se non avessi fatto di nuovo con i tuoi libri vecchi e sporchi un cappello con le piume a Rezensent?"

"Pensi, Wachholder" - mi dice il dottore, - "dunque, l'altro ieri, questo Erostrato in gonnella aveva usato indebitamente un intero foglio manoscritto, tutto il ventesimo capitolo di Flodoardine, allo scopo proprio ora da lei menzionato! Si immagini il mio stupore quando il cagnaccio, cosí acconciato, dal suo angolo viene impettito verso di me, salta sulla sedia che mi sta di fronte e getta uno sguardo sprezzante sulla scrivania e sui fogli ancora restanti come se volesse dire: "Pah, con quest'altra porcheria faremo una magnifica giacca!"

"Avrò il mio servizio?" grida fra noi, impaziente, il piccolo tesoro."Sí ", disse il dottore gravemente; "con la seconda edizione di Flodoardine!""Ah", brontola la piccola, triste per questa oscura consolazione a lei

incomprensibile, "capisco, ancora una volta non hai i soldi!"Continuai a camminare ridendo, mentre il dottore borbottò qualcosa di

impercettibile sotto i baffi.E adesso siamo giunti all'ingresso della baracca vivacemente addobbata e un

attimo dopo siamo dentro. Scimmie d'ambo i sessi, cani e cagne facevano le loro acrobazie, le scene rappresentavano anche qui un mondo e scimmie, cane e cagna si comportavano come uomini. La piccola Elise esultava e Rezensent fissava stupito

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i suoi simili sul palcoscenico. Sembrava molto perplesso e di tanto in tanto emetteva un ululato che il dottore interpretava:

"Il relatore era fuori di sé dall'entusiasmo."L'erudito barbone abbaiò repentino e in modo brusco, allora il dottore pensò che

ciò significasse:"Il relatore era fuori di sé perché un artista tanto immaturo aveva avuto

l'insolenza di apparire davanti ad un pubblico cosí critico e colto come quello della nostra capitale."

Se il critico animale scodinzolava con il suo pennacchio ussaro ciò voleva dire:"Questa giovane artista merita ogni sorta di incoraggiamento. Con

un'applicazione continua e diligente promette di realizzare grandi cose."Se il cagnaccio sbadigliava allora il dottore diceva:"Il relatore consiglia all'autore di questo pezzo spiritoso di non spacciare il suo

misero lavoro abborracciato per arte drammatica. Con una tragedia non ha altro in comune che i cinque atti!"

Quando alla fine della rappresentazione tutto il pubblico, adulti e bambini, si alzò ed applaudí, il barbone, invece, come liberato da un grosso impegno, saltò sotto la panca, il dottore spiegò che ciò significava:

"Grazie a Dio che la storia è finita. Adesso con calma ci si può accendere un sigaro ed andare da Butter e Wagener al Gänsemarkt."

E cosí fece. Ma prima sollevò a sé la piccola Elise e le dette - per quanto si opponesse - un bel bacione.

"Allora alla seconda edizione di Flodoardine ci procureremo un nuovo servizio da tè", disse ridendo.

Rezensent sembrò dapprima essere in dubbio riguardo a quale delle due parti dovesse seguire. Ma alla fine ebbe il sopravvento l'idea del banco delle salsicce, eccetera. Seguí al trotto il dottore.

Ma non andiamo da Butter e Wagener al Gänsemarkt. Compriamo altra frutta dalla vecchia venditrice all'angolo e - il piccolo tesoro sazio della scimmia Kätz con la lanterna e del volpino Hudiwudri dell'allegra madame Pompadour e di tutte le altre meraviglie - ritorniamo felici nella nostra Sperlingsgasse e, stanchi di camminare, di ridere e di esultare, ci addormentiamo già mentre ci spogliamo.

Sui tetti sorge la luna piena e lucente. Il vento della sera porta un'aria piú fresca sulla grande città. Il rumore del giorno è cessato; qualche petto oppresso respira piú facilmente nella frescura crepuscolare. Qualche braccio nerboruto di uomo, che per tutto il giorno ha retto il martello, la scure, la lima, cinge teneramente una persona cara che gli dà nuovo coraggio nella dura battaglia contro la materia; alcune mani forti sollevano dai miseri lettini piccole creature insonnolite per succhiare dalle piccole labbra speranza e coraggio per il nuovo lavoro! Ed anch'io mi chino sulla mia figlia adottiva che dorme, ascoltando il respiro leggero e tranquillo del piccolo petto, mentre la vecchia Martha lavora a maglia ai piedi del letto.

La testolina riccioluta della bambina è appoggiata sul braccino destro, il visino è nascosto nel cuscino; non riesco a vedere i lineamenti graziosi e delicati.

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Ecco, guarda! Improvvisamente la bambina si volta e mi mostra completamente il viso - mormora qualcosa. "Mamma!" sussurra piano ed un celeste, beato sorriso scivola sul visino.

Chi bisbiglia all'orfana la dolce parola? - La vecchia Martha ha congiunto le mani e prega sottovoce. - "Mamma cara, cara mamma!" sussurra di nuovo la bambina stendendo il braccino.

E' un sogno o la madre defunta ritorna per scendere dolcemente sulla sua creatura?

Poi un lucente raggio di luna, attraverso l'inferriata ricoperta di edera, cade sul ritratto di Marie, anche il canarino cinguetta come in sogno, una nube si ferma

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davanti alla luna, il raggio scompare - la bambina, voltandosi, affonda di nuovo il visino nei cuscini.

"Buona notte, Elise! Felicissima notte, dicono nella bella Italia dove oggi sei una signora felice ed innamorata: felicissima notte, Elise!"

10 gennaio.

Da quando ho tirato fuori quella cartella intitolata "Un'infanzia" è iniziata una pausa nel mio studio alla finestra e sul vicolo durato fino ad ora. Fuori deve essere un inverno gelido; lo sostiene Strobel e anche Rosalie è d'accordo. Non posso dire di saperne molto. In queste pagine ingiallite, qui davanti a me, è una primavera soleggiata ed un'estate in fiore. Mi fa piacere perdermi in esse e per questo continuo a raccontare.

Ecco allora una vecchia pagina:Siamo d'umore assai cattivo. E' stato qui un vecchio signore corpulento e

sorridente, ci ha sentito il polso, ancor piú ha riso, alcune volte ha toccato la punta del suo naso con il pomo del suo bastone lucido come uno specchio, ha chiesto dell'inchiostro, un foglio ed ha scarabocchiato per un po' su una lunga strisciolina di carta. Martha, poi, ha portato via questo foglietto, il vecchio ci ha battuto sulla testolina e ha detto: "Sudare, sudare!"

"Brr!" - -E' costata abbastanza fatica allo zio Wachholder far ragionare un simile

diavoletto piccolo e zampettante e portarlo a letto. E' chiedere davvero troppo di tenere le braccia cosí tranquillamente sotto le coperte e di aver libera solo la testa. Cielo, che individuo piccolo e bruno conduce qua Martha! Somiglia quasi a Sem, a Cam e a Iafet dell'arca di Noè, porta un berrettino rosso tirato sul volto e annodato con un filo e si trascina dietro un lungo codino di carta. Che fortuna che ancora non siamo in grado di leggervi la scritta:

Signorina Elise Ralff.Un cucchiaio pieno ogni due ore.

Osserviamo il tipo dal nostro lettino però abbastanza diffidentemente, e lo zio Wimmer, che è venuto di qua in aiuto (naturalmente accompagnato da Rezensent), dice rivolto verso di me:

"Faccia attenzione, Wachholder, senza chiasso la cosa non passerà. Questa gente si è raffreddata o riscaldata, è lo stesso! Sudare, sudare! Sudore e sangue! Probatum est."

Martha arriva adesso con un cucchiaio, un bicchiere d'acqua e una zolletta di zucchero, mentre la piccola nel suo letto diventa sempre piú irrequieta e Rezensent sembra attendere sempre piú ansiosamente lo sviluppo degli eventi.

"Non voglio prendere la medicina!" si lamenta adesso Liese quando tolgo il berretto rosso al maestro Sem, - "ha un sapore cosí orribile!"

"Ah", ride il dottor Wimmer - "costituzione imposta!"Mentre mi avvicino col cucchiaio pieno di medicina alla piccola, che si ritrae

sempre piú lontano, cerco inutilmente tutti i motivi plausibili per farla mandar giú velocemente.

"Dalla a Rezensent, anche lui ieri era con me sotto la pioggia!" grida Lieschen alla fine con voce piagnucolosa.

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"Sí, anche questo è vero; venga, zio Wachholder! Il barbone della redazione la deve almeno assaggiare, affinché Liese veda che non è in gioco la vita."

E il dottore, volgendo le spalle alla piccola, afferra il cagnaccio fra le ginocchia e fa finta di versargli in gola un cucchiaio pieno di mistura e allo stesso tempo lo accarezza in modo che salti su con gioia e abbai allegramente.

"Vedi, signorina, come l'ha trovata eccellente! Allons, piccola donna! Mandala giú! - - - Uno, due, tre e..."

Fu mandata giú. Subito il bicchiere d'acqua e la zolletta di zucchero dietro!"Brutto cane!" disse la piccola arrabbiata pulendosi la bocca alla coperta,

mentre la vecchia Martha la ricopre di nuovo e piú energicamente.Il dottore adesso ritorna alle sue bozze, ma il cane questa volta non lo

accompagna, salta invece sulla sedia vicino al lettino della sua compagna di giochi, che gli serba rancore, e guarda in giú verso di lei assai dignitosamente.

"Sí, osservami pure in questo modo e leccati i baffi", dice Lieschen. "Ma se aveva un sapore cosí amaro?! Aspetta solo quando potrò di nuovo alzarmi dal letto."

Poiché Rezensent non risponde, allora prendo la parola al suo posto:"Forse la povera bestia si rallegra che ora potrà guarire molto presto, si era

bagnato quanto te ed ha veramente tossito per tutta la notte.""No" replica la piccola, "lo fa solo perché gli avevo legato il mio grembiule

sopra la testa. Guarda solo come è contento, come si lecca i baffi!"Non c'è niente da dire, l'animale della redazione si lecca il muso con immenso

piacere, preferisco mettere in mostra il lato morale."Sei stata proprio ingiusta, Elise! Cosa ti aveva fatto la povera bestia? Forse

adesso non dovrei raccontarti affatto la bella storia che conosco.""Ci vogliamo riconciliare", dice Elise malinconica e fa un cenno con il capo al

barbone. "Non è vero?"Per fortuna Rezensent pone gravemente la sua nera zampa sulla coperta ed io

considero conclusa la pace."Bene, se tu rimarrai coricata come si deve, ubbidiente, in silenzio e non

scoprirai né manine né piedini, allora ti racconterò una storia meravigliosa che oltre tutto è assolutamente vera.

Ascolta:C'era una volta una - credenza, un'eccellente credenza molto antica e dignitosa,

stava e sta - ancora là, nella nostra cucina, dove noi domani la prenderemo in esame! - Era chiusa saldamente la qual cosa da due persone molto importanti e stimate, che stavano là davanti, fu ritenuta come il suo unico difetto. Ma Martha aveva la chiave in tasca e tutt'e due le persone, che subito ti descriverò piú dettagliatamente, definirono questo unanimi - di solito avevano raramente un unico parere - come molto sgradevole, molto inopportuno e capace di suscitare molta diffidenza e disprezzo.

Ho già detto che le due persone, che sedevano là davanti, godevano di grande stima ed importanza tanto nella cucina come nel cortile e nella soffitta. Sovente entrambe si rendevano utili, ma spesso erano anche molto inutili. Ciascuno aveva una carica da ricoprire e la ricopriva pure - questo era dovere suo; ciascuno però si immischiava perfino troppo volentieri in cose che non lo riguardavano affatto e ciò - era molto maleducato. Per esempio in questo momento non avevano assolutamente nulla da fare davanti alla credenza e tuttavia stavano là, la osservavano, guardavano sotto e sopra di lei. Ne usciva un profumo davvero troppo delizioso!

Una di queste persone era ricoperta di un bel pelo bianco, portava piccoli baffi intorno al nasino schiacciato e camminava a passi molto leggeri, leggeri, a quattro zampe con unghie affilate. Aveva anche una bella coda lunga e a punta e in questo momento l'agitava di qua e di là violentemente perché adesso si arrabbiava davvero e precisamente per tre cose:

primo: della credenza chiusa,

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secondo: dell'altra persona,terzo: di se stessa.Era, era... ebbene, Lieschen, chi era?""Il gatto, il gatto!""Giusto, il gatto Miez di madam Pimpernell, il suo gatto. (Ehi, Rezensent! Non

devi alzarti!) L'altra era un po' piú grande di Miez, indossava una pelliccia marrone, camminava anche lei a quattro zampe come Miez, ma a passi non cosí tanto leggeri, anch'ella era arrabbiata per tre cose: della serratura della credenza, del gatto e di se stessa. Allo stesso modo avrebbe agitato volentieri la sua coda di qua e di là, ma purtroppo non poteva perché possedeva solo un moncone assai piccolo, non vale proprio la pena parlarne. Questo lo faceva andare quasi piú in collera di quanto non lo fosse Miez, lui almeno poteva sfogare la sua rabbia.

Allora, chi potrebbe essere questa seconda persona, Liese?""Bello, il cane di Marquart!" gridò Elise con pieno entusiasmo. "Indovinato, era Bello, il nobile, un parente alla lontana di Rezensent e per il

resto un tipo molto simpatico, ma - come ho detto - non aveva alcun motivo di rimanere davanti alla credenza!

'Allora?' disse Miez guardando Bello.'Allora?' disse Bello guardando Miez.'Miao!' si lamentò Miez guardando la credenza.'Bau!' abbaiò Bello guardando la credenza.Erano arrivati a tanto; ma non volevano fermarsi a questo punto!'Se ne vada nel cortile', disse il gatto, 'cosa ha da guardare qui a bocca aperta?''Avrei voglia di afferrare Lei', gridò il cane, 'se ne vada nella Sua soffitta, per

favore, e catturi topi. Tanto aperta Lei non l'avrà mai!''Pah!' disse il gatto ed agitò davanti al cane la sua bella coda che doveva

significare come: 'Povero moncone, se solo volessi!' Ma questo fu troppo per il povero Bello perché ogni allusione alla sua coda mozza lo rendeva furibondo, come pure Swinegel che, come tu sai, gareggiava contro la lepre nella corsa nella landa di Buxtehude, non permetteva che si parlasse male delle sue gambe storte.

Allora Bello saltò su, abbaiò in modo spaventoso e voleva afferrare Miez proprio per il suo bel pelo liscio quando, ad un tratto...

Ih, ih, ih! risuonò nella credenza.'Topo, mi-opo, mi-opo dentro, all'arrosto - ed io fuo- ri, fuo-ri, fu-o-ri!' si

lamentava il gatto.'Bau, bau; questo dipende dal Suo stupido comportamento e dalla Sua

negligenza!' abbaiò il cane e poi - Martha rientrò dal mercato e cane e gatto tornarono da dove erano venuti.

Ma adesso, bambina mia, addormentati e suda abbondantemente affinché domani possiamo osservare il luogo dove è avvenuta questa strana storia." E cosí accadde; Lieschen si addormentò ed io ero contento di aver terminato ancora una volta una fiaba come deve finire una fiaba vera, cioè senza una conclusione troppo sottile e senza una morale. Che il dottore non fosse stato presente al mio racconto non poté che essermi altrettanto gradito. Avrebbe fatto di nuovo, senz'altro, sprezzanti riferimenti e allusioni politiche, cosa che mi avrebbe dato molto fastidio.

"Signor Wachholder", disse Martha all'improvviso del tutto ingenuamente - "il falegname Rudolf ha già richiuso il buco nella credenza. I topi adesso non possono piú entrare."

"Finché non lo avranno roso di nuovo, Martha!" Pensai al dottore e alle sue allusioni.

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11 gennaio.

Come si arrampica sempre piú in alto alla parete con la finestra l'edera del bosco di Ulfelden, baciata dal caldo sole, annaffiata da piccole mani solerti che staccano tutte le foglie gialle e appassite cosí che la pianta si mantenga sempre rigogliosa e giovane!

I giorni diventano settimane, le settimane mesi, i mesi anni e la bambina cresce e si sviluppa piú bella e piú fiorente della piú splendida e meravigliosa pianta. La vecchia Martha è sempre piú vecchia e piú curva e sempre di piú fra i miei capelli bruni si confondono capelli grigi. Per la prima volta alla mia bambina si è avvicinata la morte. Ha pianto sul primo cadavere. Il grazioso canarino giallo oro, che era cosí domestico e caro, una mattina stava sul pavimento della sua piccola casa, freddo e irrigidito.

Elise lo trovò in questo stato e gettò un grido, lo prese nelle sue mani, gli alitò sopra e cercò di riscaldarlo - ah, povera bambina: i morti non ritornano!

Mettilo giú il tuo piccolo amico; anche a te, piccola creatura, adesso non è piú concesso piangere ed essere afflitta come vorresti, anche te, adesso, la vita ha già afferrato e trascinato nel suo vortice; - vai col cuoricino avvilito - che tu non perda la scuola! - Undici anni ha adesso la mia bambina nelle pagine della Cronaca. Il visetto rotondo assume sempre di piú quella forma ovale che rende tanto graziosa quell'immagine là alla parete; dalla voce infantile di Lieschen adesso spesse volte mi giunge - quando si meraviglia, si rallegra o si lamenta - un suono che mi fa trasalire quasi spaventato. E' quella stessa esclamazione che era tipica di lei! Chi te l'ha insegnata piccola cara? Questo suono che ritenevo spento per sempre e che adesso dopo tanti anni è rinnovato e rivive?

Non piangere piú Lieschen, guarda, voglio condurti davanti a tombe piú importanti, fuori della città. Ci metteremo a sedere fra i rosai in fiore e penseremo che il mondo è talmente grande, infinitamente grande e tuttavia nulla vi va perduto! Scaveremo anche al defunto uccello la sua piccola fossa e ci immagineremo che nella prossima primavera dal suo corpo spunterà un grazioso fiore giallo oro: per la gioia della minuscola farfalla variopinta e del grande, eterno Dio.

Metti il panino imburrato nel cesto, Lieschen, (anche se oggi forse lo regalerai) - dammi un bacio e saluta il maestro Roder. Puoi anche chiedergli se domenica mattina non voglia venire con noi nel bosco e forse anche piú lontano.

Lieschen annuí e andò - sempre singhiozzando; io, invece, mi misi in cammino verso il reparto spedizioni dei "Welke Blätter" senza nessun'idea del nuovo tragico avvenimento che doveva rendere la giornata davvero importante.

Mohrenstrasse numero sessantasei era già allora ed è tutt'oggi l'ufficio di questo noto giornale. Avevo subito concluso i miei affari con il redattore capo, il dottor Brummer, un piccolo individuo dall'argento vivo, con occhiali dorati e parrucca rossa - adesso defunto da un bel pezzo - e chiacchierai anche con i giornalisti presenti e con artisti d'ambo i sessi che volevano essere lodati, quando d'improvviso venne aperta bruscamente la porta e apparve il dottor Wimmer accompagnato dal corpulento commissario di polizia, Stulpnase, dal volto rosso fiamma, a noi noto fin troppo bene. Poiché entrarono insieme non si poteva stabilire chi dei due, di fatto, trascinasse l'altro.

"Miei signori", gridava il dottore sventolando un foglio timbrato, "licenziato!""Licenziato!?" risuonò in coro in modo meravigliato e interrogativo."L i c e n z i a t o (13)? Cosa essere, signore dottore?" chiese la signora Lucia

Pollastra, la contralto arrivata per ultima."Licenziato - licenziato - cioè - cela veut dire: - eliminito (sic)!" disse il

redattore capo che credeva di conoscere tutte le lingue."Dio mio!" gridò la cantante che ne sapeva quanto prima. "Vede, Wimmer, l'ho subito pensato!" gridò una delicata voce sassone che

apparteneva al secondo redattore Flußman di Dresda, - "ma Lei come ha potuto

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scrivere questo?"Il giornalista prese l'ultimo numero dei "Welke Blätter" e lesse:... E se tutti gli asini dovessero ragliare approvando questa norma: posso solo

compiangerli!- "E ne ebbe il suo compenso e fu persino sistemato!" disse il dottore che, il

cappello sull'orecchio, il sigaro in bocca, sedeva comodamente su un alto sgabello."Per te, già, non avrei dovuto accettare, Wimmer!" disse Brummer."Allora avresti persino fatto parte degli acclamatori, vecchio!"Ma adesso si intromise l'alto funzionario di polizia che finora era stato zitto e

aveva solo sbuffato con dignità. "Quindi fra ventiquattr'ore, signor dottore...""Ho lasciato il covo, eccellentissimo! Non si preoccupi!" rise il dottore. "Ma alt,

stimatissimo, mi permetterebbe di tenerLe ancora un discorsetto? - Fritze, insolente! Dai una sedia al signor commissario!"

Fritze, che sghignazzava infinitamente beato, eseguí l'ordine, il poliziotto si sedette sbuffando e la sua vittima - iniziò:

"Ho studiato a Jena, signor commissario. E' una cosa normale ma vi si collega un fatto degno di nota. Vi era allora un astuto e rozzo ex studente, detto Deppe (14), che tutti i momenti irrompeva con un'espressione molto cruda ed inoltre era il Dio di tutte le selvagge popolazioni: Vandali, Unni, Alani, Visigoti, Mesogoti e Ostrogoti, eccetera (15). Carissimo signor commissario, lo studente tedesco, troppo sensibile e assai troppo rovinato dal libro delle buone maniere di Alberti, non avrebbe potuto far sua questa espressione. Ma altrettanto non poteva fare a meno di evitare l'effetto di questa su bidelli, creditori fastidiosi e gentaglia del genere. Cosa fece? - Indorava la pillola e diceva: Deppe! - Deppe ovunque! Ogni Magnifico Rettore, ogni professore, ogni figlia di professori poteva dire Deppe. Quindi signor commissario di polizia: Deppe! - Buon giorno, miei signori! Addio signora Pollastra, ragli anche Lei! Devo far bagagli!"

Con ciò il dottore di filosofia Heinrich Wimmer si alzò e lasciò il reparto di spedizione dei "Welke Blätter" per non rimettervi piú piede.

Non ho piú rivisto un volto simile a quello dell'eccellente Stulpnase. Sedeva là senza parole, improvvisamente balzò in piedi, si calcò in testa il tre punte e gridò:

"Non si pensi di poter scherzare con un'alta autorità!" Con ciò si precipitò fuori."Speriamo che non riesca a sapere cosa significa Deppe!" disse il redattore capo

fra le incessanti risate dei redattori e dei presenti, e la riunione si sciolse. - Tornato a casa trovai la piccola Liese, che era già arrivata da scuola, chinata su

una scatola di cartone colorato in cui Martha aveva messo l'uccello. Dall'altra parte udivo il dottore che faceva un gran fracasso e di tanto in tanto appariva alla finestra, emetteva una nuvola di fumo verso l'azzurro cielo estivo oppure fischiettava un passo dell'austriaco Landsturm, il suo pezzo preferito. Alla piccola Liese non dissi ancora niente della sorte del suo corpulento amico; non volevo opprimerle il cuore ancora di piú. Già a pranzo non aveva potuto mangiare nulla per la tristezza, sebbene, in effetti, avesse regalato il suo panino imburrato. Tutti i momenti rivolgeva i suoi occhi verso la scatola colorata dove stava l'animale morto.

La sera lo seppellimmo sotto il roseto in fiore ai piedi delle tombe di Franz e di Marie. Le rosse nubi della sera si allontanavano sopra di noi, le rose odoravano in modo magnifico, ovunque luce e fiori. Sedevo su una panchina accanto alle tombe, Elise aveva appoggiato la testolina sul mio petto, si era afflitta a tal punto che - oh, beata fanciullezza! - chiuse gli occhi e si addormentò.

Giunse una bella signora piuttosto anziana, pallida, vestita di nero e si inginocchiò davanti ad un semplice monumento; piú lontano, al muro del cimitero, poveri ragazzi ponevano ghirlande di fiori di bosco sulla tomba del defunto padre; un vecchio andava in giro curvo fra le lapidi e le croci leggendo le scritte.

In città tutte le campane annunciavano l'imminente domenica; perfetti e chiari fluttuavano su questo mondo silenzioso i solenni rintocchi che nelle strade rimangono soffocati dal frastuono e dal rumore del lavoro. Ad ovest il cielo era

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sempre piú dorato e all'orizzonte il sole calava sempre piú. Su una metà di questo globo rotante si faceva notte, mentre sul vasto oceano Atlantico, forse proprio ora, una nave veleggiando verso la giovane America salutava il sole nascente. Forse c'è solo una nave che adesso veleggia nel nuovo giorno, mentre qui la notte si stende sopra a tanti milioni di persone. Il capitano sta in coperta, il cannocchiale in mano; sulla coffa un occhio gioioso scruta verso la bramata terra, ovunque vita ed agitazione. - Qui il pensatore solitario accende la sua lampada e apre i libri del passato per interpretare, tramite questi, il futuro e pensa che la notte, che è distesa sui popoli, forse durerà in eterno, nello stesso momento in cui su quella nave solitaria rimbomba lo sparo augurale; "America!" grida la folla di emigranti precipitandosi al bordo della nave e una madre, nel sole del mattino, tende la sua piccola creatura sorridente verso la nuova patria.

L'erba comincia ad inumidirsi, devo svegliare la piccola dormiente. Si alza anche la pallida signora; ci viene incontro. Non ci conosciamo ma qui al cimitero non ha timore a chinarsi su di me e sulla bambina assopita.

"Mi lasci baciare la piccola!" dice.La vedo scomparire fra gli alberi con un fazzoletto davanti agli occhi.Elise si sveglia: "Oh, com'è bello!" grida guardando nel rosso della sera."Buona notte, Franz! Buona notte, Maria!"Ehi! Cos'è successo nella Sperlingsgasse? Quando giungiamo a casa vi regna

un'agitazione come non ve l'ho mai vista prima d'ora. Su tutte le porte di casa gruppi di persone che chiacchierano, tutti i lavori sono sospesi: lavare insalata, aggiustare le scarpe, rammendare le calze, martellare, segare, scarabocchiare, tutto ad un punto morto, tranne - le lingue!

"Oh Dio, oh Dio, signor Wachholder, guardi un po' lassú!" mi grida già da lontano Martha che ha preso posto sullo scalino della nostra porta di casa circondata da un gruppo di vicine.

"Cosa c'è Martha? Cos'è successo?" grido verso di lei."Il dottor Wimmer è scappato!" gioiscono venti voci intorno a me e venti dita

indicano verso la finestra dell'eccellente giovanotto che finora era stato il "mattacchione" di tutto il vicolo.

Lassú sventola un grande foglio di carta e sopra, a lettere gigantesche, c'è scritto:

D R. W I M M E R

P. P. C.

Ma dalla finestra aperta si sporge - la rispettabile faccia di luna piena del commissario Stulpnase e le sue mani inguantate sono occupate a prendere il pezzo di carta.

Velocemente affido la stupita Liese alla vecchia Martha e salgo le scale fino all'abitazione del dottore, cosa che procede molto lentamente perché qui davanti a me un'indescrivibile e portentosa massa di vestiti incede con molta flemma per l'angusto spazio gemendo e lamentandosi.

Era la corpulenta madam Pimpernell che, per la prima volta da molti anni, l'avvenimento riconduceva nelle stanze superiori della sua casa.

Ho descritto la stanza recentemente, durante la mia visita al disegnatore Strobel, quindi adesso devo solo dire che l'eredità del dottore consisteva in un cavastivali rotto, in una scatola vuota di sigari Fumadores regalia e - in un esemplare di Flodoardine.

Stulpnase sedeva su una sedia, guardava il covo vuoto, mesto-furibondo e si

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lamentava:"Licenziato! Adesso perfino fuggito! Corpo del diavolo - senza prima essere

stato al fresco per il suo 'babbeo'"."Dio, fa parte delle disposizioni signor commissario scacciare ad una povera

vedova il suo migliore affittuario? Per questo a sua moglie ho sempre dato il burro per un soldino di meno?" piagnucola la corpulenta madam Pimpernell, anch'ella sprofondata su una sedia di fronte al funzionario.

"Tenga il becco chiuso, signora!" inveisce Stulpnase, al che la corpulenta signora fa una faccia come deve averla mostrata un tempo ogni brava donna corinzia quando udí la parola dell'apostolo Paolo: Mulier taceat in ecclesia.

Dopo un silenzio solenne di alcuni minuti, Stulpnase emette un cupo gemito e sospira dentro di sé: "Babbeo". Ma improvvisamente, battendo con rabbia sul taschino interno della sua giacca, grida: "E qui ho il mandato di cattura: offesa ad un funzionario in servizio e, - fuggito!"

Non oso far arrabbiare ancora di piú per le risa il leone irritato, sparisco lasciando seduti l'uno di fronte all'altra le due rispettabili persone e, non appena sulle scale, scoppio a ridere.

Nel vicolo Marquart mi dà un biglietto di nascosto e sussurra con aria misteriosa indicando verso la finestra del dottore:

"Ha lasciato questo per Lei, signor Wachholder!"Il foglietto dice:

"Carissimo amico!

Un alto funzionario di polizia sa cosa significa 'Deppe', sebbene non si trovi nel dizionario enciclopedico. Un amico mi ha messo in guardia - sparisco! - Ci rivedremo nei boschi boemi (16)!

Dr. Wimmer.

P.S. Mi accompagna il barboncino della redazione!"

"Zio, cosa significa tutto ciò, dov'è dunque lo zio dottore?" chiede la piccola Liese che, sebbene già in camicia da notte, non si è allontanata dalla finestra.

Scrivo su un foglietto: pour prendre congé, e Lieschen, che adesso è già una piccola studiosa, con l'aiuto di un dizionario, ancor prima di andare a dormire, ha tirato fuori:

"Per - prendere - congedo.""Lo zio Wimmer deve fare un piccolo viaggio, tesoro!"Con ciò Elise va a letto confortata e dormendo e sognando serenamente

dimentica il suo primo dolore. A questa età basta ancora una notte per seppellirlo.

12 gennaio.

Che il contenuto di queste pagine non avrebbe avuto molta connessione l'ho pensato quando rilegai questi fogli e l'ho anche messo per iscritto. Indugio sul

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minuto e procedo a salti sugli anni; dipingo immagini e non apporto azione alcuna; interrompo senza lasciar svanire la vecchia atmosfera: non voglio ammaestrare ma dimenticare, - non scrivo un romanzo!

Oggi per la prima volta getto indietro uno sguardo scrutatore e io stesso devo sorridere. Vecchia testa, cosa fai? Cosa diranno le persone assennate, se un giorno questi fogli dovessero avere la sfortuna di capitare fra di loro?

Ma sí - è indifferente! Lasciale dire ciò che vogliono: veramente benedico l'ora in cui presi la decisione di scarabocchiare queste pagine, con un piede nel presente e nella realtà, con l'altro nel sogno e nel passato! - Quante ore tristi, di solitudine, mi sono scivolate via grazie a loro radiose e serene, un'immagine seguiva l'altra, questa catturata, quella sfuggente: un gioco alterno, movimentato e piacevole! Quindi continuo a scrivere.

Qualche vecchia cartella impolverata con libri, quaderni, disegni, fiori secchi e nastri sta là; devo solo porvi mano per lasciar affiorare un dolce o un triste ricordo, ma nessuno talmente odoroso, fresco come il seguente che intitolo:

Un giorno nel bosco.

"Andremo in carrozza o a piedi?" aveva chiesto ancora Lieschen la sera di quel giorno tanto ricco di avvenimenti, descritto nelle pagine precedenti.

"Andremo in carrozza!" era stata la risposta e felice di ciò la bimba aveva rivolto il nasino verso la parete e si era addormentata.

La mattina seguente anche Roder, il maestro di Elise, apparve con la carrozza, il leggero cappello di paglia sulla testa, la verde scatola botanica sulle spalle, accennando allegramente già all'angolo, verso la finestra.

La vecchia Martha aveva preparato il caffè e Lieschen nel suo fervore di essere pronta anche lei questa volta aveva avuto bisogno di aiuto piú del solito, saltò giú per le scale ed ora apparve avvicinandosi dietro il maestro.

Roder è uno di quei maestri elementari come solo la Germania può generare. Come si capisce quasi da sé è figlio di un maestro di scuola il quale, a sua volta, era figlio di un maestro; perché se esiste una condizione sociale che si tramanda per generazioni questa è la classe dei maestri. Dalla campagna il padre conduce qui in città uno dei suoi figli, di solito molto numerosi, con una Bibbia, un libro dei canti e soprattutto un corale come biblioteca. Il giovane è l'orgoglio di suo padre. Chi ha maggior talento nel suonare l'organo? Chi ha una voce migliore - anche se all'improvviso viene meno? Cosí equipaggiato il giovane studioso calca la scena della sua successiva formazione; all'inizio lo coglie profondamente la nostalgia fra la masnada selvaggia dei suoi compagni che lo motteggiano e lo prendono in giro per la sua bonarietà ed inesperienza. All'inizio la vita per lui è solo un primo d'aprile, giorno in cui si "fanno - pesci d'aprile". Persino l'incremento della sua biblioteca, consistente in libri di scuola della sua classe e nella storia naturale di Funk, riesce a consolarlo solo in parte, in questo periodo della sua esistenza il suo piú grande amico è il vecchio pianoforte traballante che il padre gli ha noleggiato a buon mercato ed ha collocato nella sua soffitta. Il poveretto vi siede davanti e suona i suoi corali e le sue melodie popolari - quest'ultime ad orecchio, e ripensa al suo paese, ai suoi genitori, ai suoi fratelli e soprattutto alla scuola, dove era il primo - sí, persino nel raccolto, di tanto in tanto, doveva prendere il posto del padre; mentre egli - egli, questo ragazzone! - qui ha trovato il suo posto proprio in fondo, fra i piú piccoli, i piú stupidi e i piú pigri!

Ma aspetta, povero diavolo, - guarda, là già irrompe il primo raggio gioioso nella tua oscura esistenza. Di solito in ogni scuola c'è un maestro che è un tipo originale, un collezionista, forse un appassionato amante della natura nel quale, quasi sempre, il talento si associa alla comunicazione, incontralo, tu povero cuore solitario e avrai trovato un amico. Adesso cambia tutto!

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Che vagare ora per monti e per valli; che immergersi in tutti i piccoli, minimi e immensi prodigi, nell'aria, nell'acqua, sopra e sotto terra! Come si riempie la soffitta di coleotteri, lepidotteri, erbari, eccetera. Che stanchezza beata quella sera, che sognare durante la notte, che risveglio al mattino!

Ebbene, una scienza si tira dietro tutte le altre; le classi vengono superate con facilità - impariamo Schiller a memoria e il mondo si estende sempre piú bello e piú vasto davanti a noi. - Ah, non è necessario essere un Faust, aver studiato tutto: il volere da solo è sufficiente a far venir fuori Mefistofele dalla nebbia!

Adesso sorreggi con la mano la fronte che scotta, figlio di Germania, nelle lunghe notti insonni evoca pure gli spiriti del tempo antico e di quello recente, in ogni momento gli spettri ti sono vicini: necessità e dubbio e vana aspirazione!

Il braccio della necessità ti afferra e ti scaglia con la tua sete di sapere in un piccolo paese di campagna, sperduto, o nella scuola dei poveri di una grande città; allora seppellisci tutto il tuo cuore e cerca - di dimenticare!

Fortunato se lo puoi fare; ma forse piú fortunato ancora se anche qui ti è concesso di cercare ulteriormente. Il polso dello spirito del mondo batte dappertutto: "Cercate, allora lo troverete!" dice il piú bello dei libri che è tanto facile da capire eppure viene compreso tanto difficilmente.

Con impazienza il cocchiere batte giú davanti alla porta, con impazienza Elise sollecita; mentre Martha è sempre ancora indaffarata in preparativi come per un viaggio verso il Polo Nord. Ma alla fine saliamo in carrozza.

Ha inizio la nostra odissea domenicale."Non sarebbe potuto partire domani lo zio dottore?" chiede ancora Lieschen

guardando lassú verso il pezzo di carta sul quale madam Pimpernell annuncia:"Affittasi stanza con studio." Roder sorride, sembra che abbia un peso sul cuore, ma per il momento non

vuole ammettere altro e cosí andiamo per le strade ancora silenziose verso la porta della città. Nei giorni feriali a quest'ora c'è già abbastanza vita, ma oggi, domenica, il popolo che lavora dorme fino a giorno fatto; ne ha diritto dopo i sei giorni della creazione.

Adesso siamo nei verdi parchi che si estendono tutt'intorno alla città. Villette e giardini costeggiano la strada su entrambi i lati. Una linea ferroviaria attraversa la strada e dobbiamo fermarci perché proprio ora un treno corre sbuffando e con fragore verso la stazione. La domenica che porta il cittadino fuori dalla città vi conduce dentro l'agricoltore, e tutte le migliaia di persone che oggi vengono trasportate dentro e fuori cercano tutte un'altra meta di piacere, ognuno la gioia in modo diverso.

Abbiamo già lasciato dietro di noi gli ultimi giardini e percorriamo adesso lentamente il viale di pioppi su verso i colli che in un ampio cerchio cingono la vasta pianura e la grande città. Il sole sorge sul bosco; le gemme, le foglie, i fiori hanno tutti una goccia di rugiada, il regalo della notte; l'allodola, giubilando, si alza in volo nell'aria azzurra e fresca scuotendosi la rugiada dalle ali. Quando guardiamo indietro la città è ancora avvolta nel suo velo odoroso e argenteo che lei stessa si tesse e che solo lei disfa, come Penelope il suo, per intrecciarlo di nuovo. Come stelle d'oro intessute vi brillano le croci delle torri - i segni del dolore. - Ma noi andiamo già nella piena luce del sole e adesso siamo giunti al margine del bosco; non abbiamo piú bisogno della carrozza che velocemente ridiscende giú dai colli verso la città.

Chi trotterella improvvisamente davanti a noi e si muove frusciando attraverso il fogliame appassito dello scorso anno che ricopre il terreno? Chi fa capolino attraverso la boscaglia, le orecchie e il pelo nero bagnati di rugiada mattutina e adesso allegramente abbaia e salta intorno a noi scuotendosi di dosso le limpide e lucenti gocce?

"Urrà ! Benvenuti nel bosco!" grida una voce di basso ben nota.Chi corre da questa parte ridendo, - dietro ad una piccola nuvola di fumo, un

alto e oscillante verbasco sul cappello, - sul sentiero che di lato conduce piú

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internamente nel bosco?"Benvenuto, eroe errante !" grida Roder agitando il cappello."A tutti il piú bel buon giorno!" saluta il dottore licenziato gettando in alto la

museruola tolta al barbone e afferrandola di nuovo."Hai dormito nel bosco con Rezensent?" chiede la piccola Liese."Il commissario Le manda i saluti, Wimmer!" rido.Ognuno ha da domandare e da rispondere allo stesso tempo e cosí fa, mentre

Rezensent si tiene sempre vicinissimo ad Elise, di tanto in tanto emette un breve ed allegro abbaio e immobile tiene d'occhio il nostro cesto dei viveri.

Con un gesto patetico adesso il dottore va verso il limite dell'altura, stende il braccio verso la città e declama: "Ah, sta là - l'ingrata, lei, dove vegliai le mie notti e dove passai i miei giorni dormendo - dove lodai o criticai aspramente i cantanti e le cantanti, attori e attrici, ballerini e ballerine - dove scrissi cosí tanti editoriali - dove fumai cosí tante pipe! Lei sta là, voluttuosa, sognatrice nel sopore mattutino, mentre io vago, esiliato, scacciato, messo alla porta, eliminito, come disse il dottor Brummer, inseguito, punito - un agnello nel rigido vento del nord. Paesucolo! - Vantati del tuo sottotenente della guardia, della tua magnifica baracca dell'arte (17) che vedo ergersi là sopra i tetti fra la botte del pepe e quella del sale (18), io, un giornalista tedesco - ti disprezzo! Nella lista di coloro che sono sotto la sorveglianza della polizia metti una grossa croce sotto il nome: Heinrich Theobald Wimmer, dottore in filosofia, inserisci un licenziato sottolineato tre volte; scuoto la tua polvere dai miei calzari, ti disprezzo! - Non ho il diritto di risiedere a Monaco sull'Isar, non ci sono molti buchi nella nobile "Was-ist-des-Deutschen-Vaterland" (19)? Questa solida pancia (qui il dottore si batté sulla parte del corpo menzionata) non è testimonianza della Baviera? Viva Monaco! - Ah, io, pascià testimone di tanti ornamenti bavaresi, ti profetizzo: uno piú gracile, ma piú velenoso, prenderà il mio posto. Dovrai riconoscere, autorità addetta al controllo dei giornali, che ciò che voi chiamate malerba ne possiede almeno la virtú: cioè quella di non morire mai! Via nella breccia mio sconosciuto compagno di lotta! La mia benedizione ti accompagni! Dixi, ho detto! - Vieni, Lieschen!"

Con ciò il dottore gettò la museruola giú per la montagna, verso la città, sollevò la piccola, la mise sulle spalle insieme alla sua borsa e ai primi fiori raccolti durante il suo discorso e gridò: "Allons, miei signori; via nel bosco! Volgiamo le spalle al paesucolo!"

A queste parole quel tipo stravagante si rimise a correre verso il bosco sul sentiero dal quale era venuto; Roder ed io camminavamo dietro ridendo. L'ex barbone della redazione saltava anch'egli come un pazzo dietro di noi; "Gaudeamus igitur" risuonò la voce di basso del dottore nel concerto degli uccelli che stava cominciando, la nostra domenica estiva nel bosco era iniziata.

Che giorno fu quello!Questo primo ingresso nel verde mondo delle foglie - questo respirare a pieni

polmoni! Il dottore, con Liese che recalcitrava, aveva iniziato un vero e proprio galoppo ed era sparito ai nostri occhi, ma non alle nostre orecchie. La piccola rideva - si arrabbiava - pregava; il barbone abbaiava a piú non posso e il dottore passava dall'uno all'altro dei suoi canti goliardici.

Con la sua espulsione il vecchio giovanotto di Jena sembrava ritener sciolto ogni vincolo sociale.

"E' uno strano tipo", disse Roder sorridendo, mentre camminavamo dietro piú lentamente; "la bonarietà personificata sotto questa apparenza folle e bizzarra. Siamo amici di gioventú, cosa che può sembrare strana perché lui frequentò il ginnasio a Roccacannuccia mentre io divenni maestrino in seminario. Altrettanto bene un guelfo sarebbe potuto andare a passeggio con un ghibellino a braccetto per la via dei Malcontenti a Firenze. - Eppure fu cosí, egli mi erudí ad arrotolare sigari, io invece gli insegnai ad accompagnarsi con un dito al pianoforte nel magnifico canto:

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Mihi est propositumIn taberna mori...

Piú tardi lo persi di vista; divenni supplente a Lammsdorf, lui andò all'università. Una sera sedevo qua ed esaminavo del muschio con la lente, quando improvvisamente qualcuno mi batté sulle spalle e un vocione - come una volta Leibgeber (20) all'avvocato dei poveri Siebenkäs, - 'buon giorno Roder', disse dietro di me. Era Wimmer che, espulso per aver trasgredito le leggi che regolano il duello, 'fece un gran giro', come disse. Già allora denaro non ne possedeva, ma molto umorismo e buon coraggio, e cosí il destino spesso ci ha ricondotto sullo stesso cammino, e il dottor Wimmer era sempre - lo stesso..."

"E non scomparirà questa specie in Germania fintantoché si sentono dire ancora i nomi: birra, romanticismo e politica", dissi.

"Alt", grida il maestro, "che splendido aconito, scusi!" Con ciò saltò fra i cespugli per sradicare la pianta, mentre io borbottai fra i denti:

"E anche la tua specie, anima tedesca, non finirà, fintantoché lo spirito tedesco fra la Vistola ed il Reno sa immergersi in un fiore."

"Zio Wachholder, zio Wachholder! Venite tutti qua, presto, presto!" grida adesso Lieschen in lontananza.

"Cosa c'è Liese?" grida Roder ponendo il suo fiore nella scatola botanica."Lo zio dottore ha trovato un grazioso-graziosissimo nido!" risuonò, e

andammo di corsa.In un angolino assolato, a lato del sentiero, il dottore, rosso fiamma per aver

cantato e corso, lasciava che la piccola guardasse dentro un cespuglio di lillà. Liese, trattenendo il fiato per non disturbare quel piccolo mondo pigolante, sbirciava felice attraverso i rami, mentre Rezensent ricercava quella meraviglia piú in basso con la testa ed il corpo nascosti nel fogliame, mostrava solo le zampe posteriori e lo scodinzolante pennacchio ussaro.

"Non è vero, Liese, che te lo dovevo proprio mostrare? E' davvero meraviglioso quando la polizia caccia uno tanto presto nel bosco!"

Al dottore spuntò un libro dalla tasca posteriore della giacca e il maestro glielo tirò fuori. Era - Reineke de Voß, l'eterno accompagnatore del dottore in tutti i suoi viaggi, che egli sapeva quasi a memoria. Al contatto del maestro si guardò subito intorno e iniziò :

"Chi commette una cattiva azione, evita volentieri la luce:Cosí fece anche Reineke, lo scellerato. In città aveva commesso cosí tanti misfatti,Che non poteva piú tornarvi.Evitava la corte del rePerché vi aveva una gran brutta fama!" -

"Ma qui, Liese, è qualcosa di diverso; se troviamo un nido possiamo anche guardarvi dentro ed esprimere la nostra opinione al riguardo."

"Oh è grazioso-graziosissimo", grida la piccola che non ascolta per niente ciò che dice il dottore. "Guarda, il vecchio uccello non ha affatto paura - oh, che becco grosso - sta del tutto tranquillo fra i suoi piccoli e guarda giú solo verso Rezensent! - Non ti fa nulla, piccolo uccello, stai calmo!" -

Adesso il dottore lasciò scivolare la bimba a terra: "Ora vai a piedi", disse, "l'erba è asciutta."

Che giorno! Anche le bianche nuvolette si allontanarono dal regno vegetale, il sole le aveva già disperse, e l'eterno azzurro sorrideva puro e chiaro verso di noi, in basso. Ci inoltrammo sempre piú nel cuore dell'odorosa vegetazione: "Dove li lasciamo tutti i fiori che cogliamo, Lieschen?" - Le manine sono già talmente piene che ad ogni passo ne perdiamo uno e il dottore deve dire:

"Non è come nella fiaba in cui il padre ritrova i figli smarriti grazie alle

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pietruzze sparse? Un giornalista inseguito - orribile - gli sbirri gli sono alle calcagne - dove si è diretto? - 'Ah', dice il piú esperto dei segugi, un vero giovane esploratore all'inseguimento del fuggiasco - 'guardate i fiori - frammisti a mozziconi di sigari! Lasciateci seguire questa traccia, fratelli! - Ah, guardate qui nel terreno umido le orme del cane! - E' lui, è lui. - Via, dietro!' - Orribile!"

"Bravo, Wimmer!" rise il maestro che nel camminare analizzava di nuovo una pianta. "Che argomento per la tua prossima opera; dovunque la scriverai spero in una copia."

"A Monaco la scriverò, carissimo! Non ho forse in tasca il contratto con il libraio e il proprietario delle 'Knospen' (21) - Gabriel Pümpel? Non è mio zio Gabriel Pümpel? Non è Nannette Pümpel mia cugina? Accidenti, ho veramente nostalgia di Nannerl!"

"Dottore, dottore!" chiamo sorridendo."Sinceramente", sospira lo scrittore licenziato, "oggi ho un gran desiderio di

mettere la testa a posto."Sincero, vecchio ragazzo!"Dunque erano questi i tuoi pensieri", esclama il maestro sorridente e

commosso, "quando ieri tutto il pomeriggio rimanesti disteso sul mio sofà? Non potevo vederti distintamente per il fumo del tabacco ma mi sembravi insolitamente pensieroso e sognatore. Dio sia lodato se questo esilio avesse un tal esito".

"Urrà", esulta il dottore gettando il cappello in aria: "Evviva le Knospen! Evviva la birra forte! Evviva casa Pümpel e compagnia!"

L'ex barbone della redazione è fuori di sé; adesso ha il piú gran desiderio di gettare a terra Elise per la gioia, adesso fa un balzo per quanto è alto il suo padrone, ora è scomparso nella boscaglia, adesso ricompare dall'altra parte! Tonfete - eccolo là nell'erba, si rotola, tanto che non si sa che cosa sia sopra o sotto, zampe o dorso, testa o coda!

"Chi ha un orologio? Nessuno? Tanto meglio, lo stomaco è il nostro orologio. Ci fermiamo qui, sotto questo meraviglioso faggio. Com'è soffice il muschio! Svuotati le borse, il cesto, la scatola botanica! Appare una bottiglia di vino. Chi ha un cavatappi? Nessuno? Tanto meglio, gli tagliamo il collo; Elise ha portato con sé un grazioso bicchiere."

"Ehi, Roder, attenzione! Rezensent ha la testa nella tasca della Sua giacca!""Che piacere sdraiarsi nell'erba soffice! Come è buono nel verde bosco! - Evviva

la vecchia Martha, ha provveduto magnificamente.""Vieni, bambina, le nostre piccole gambe sono veramente stanche! Cosa

significano questi fili? Ah, adesso intrecceremo ghirlande. Che meravigliose rose canine!"

"Guarda, Lieschen, là sul tuo braccio cammina una coccinella; - distende le ali - brr, va là, un piccolo puntino rosso nel raggio di sole."

Elise la segue con lo sguardo ed inizia a cantare:

"Piccola coccinella,Muovi le tue zampe,Vieni sul mio dito,Mettiti sopra come una piccola guglia!Non è un'alta torrePer un esserino tanto piccolo e rosso?"

E poi con voce assai aggraziata:

"Vesto rosso porpora,Sbatto quattro piccole ali!Tu non agiti nessuna aletta,Tu muovi solo due gambe - Io muovo sei gambe,

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Porto sette macchioline,Volo piú in alto della torre!Chi è dunque il piccolo esserino? - Be'!"

Il sole è alto a mezzogiorno, fuori deve essere addirittura cocente e soffocante. Ma qui deve spartirsi il dominio con l'ombra, certo, al punto che non si sa piú persino dov'è buio e dov'è luce, tanto tremano e guizzano entrambe confusamente.

"Cominci ad essere stanca, Lieschen? Ti inebria il profumo del bosco, piccola cara? Vieni, appoggia qui la tua testolina; nessuna zanzara, nessuna mosca, anche se fosse dorata, ti dovrà disturbare nel sonno. Chiudi gli occhi senza esitazione e sogna i graziosi elfi, le farfalle, i fiori e i piccoli uccelli."

Il barbone sbadiglia a proprio agio, con la testa appoggiata sulle zampe anteriori ammicca con gli occhi.

"Certo è tutta un'altra cosa senza museruola, non è vero Rezensent?" Il dottore assorto come emette davanti a sé azzurre nuvolette di sigaro! Pensa al

suo primo componimento alle 'Knospen', pensa alla cugina di Monaco?Come si immerge il maestro con occhi raggianti nei tesori vegetali della sua

scatola botanica!"Ehi, Roder, che quaderno spunta là fra le foglie ed il viluppo di radici?""Da' qua!"Il maestro arrossisce e porge il quaderno da questa parte."Cosa vedo! La polvere della scuola è in grado di produrre fiori di questo

genere?!"Sogghignando il dottor Wimmer sporse la testa al di sopra della mia spalla e

dopo alcune occhiate sul manoscritto accennò a sequestrarlo per le 'Knospen', ma il maestro si oppose energicamente. In seguito me lo regalò. Devo inserirne una pagina nella Cronaca?

E sia! Eccola.

"Ero sulla riva del ruscello e meditavo sulla storia dei popoli e dei re e sul - mio amore. Là dietro, in Turchia, quelli combattevano l'uno contro l'altro, e dalla parte opposta, sotto la piccola pergola, sedeva il mio tesoro ed era imbronciato. Ah!

Lippe-Detmold è la mia patria - cosa mi interessano la questione d'Oriente (22) e il generale Sabalkanskoi (23) e la battaglia di Navarino (24)?

Ma quella fanciulla là?Per il grande Pan, con lei le cose devono cambiare!Il cielo della sera è rosso come l'amore; nuvolette d'oro, bianche colombe vi si

librano come pensieri d'amore... Dove sono i miei diplomatici, dove sono i miei corrieri di gabinetto?

L'erba ondeggia - qualcosa si muove - corre, striscia, si arrampica, saltella, svolazza e vola - millepiedi, milleali! Cinguetta e ronza - mille suoni!

Poeti-ministri, consiglieri di primavera, ambasciatori d'amore si riuniscono intorno a me per tener consiglio ed agire.

Orsú - le trattative sono aperte! Salute a tutti i presenti e ai futuri mariti! Chi invio da quella là, dietro i fiori di sambuco?

Ah! Tu qua - che tu vada là da lei - mio alato, agile araldo, che chiamano il 'rosso oftalmoscopio', mostrale sulle tue bianche ali le due gocce color porpora, dille che è sangue del mio cuore - il mio sangue versato nella selvaggia lotta per l'amore, il rosso amore! Il messaggero svolazza là verso il pergolato; trema il mio cuore, il mio cuore ansioso. - (Ella - starnutisce!!!) Oh, grazie, grazie, eterni e buoni dei, grazie per il segno! (Non raffreddarti, Luise, mettiti addosso uno scialle, mi senti?)

Chi è il secondo dei miei messaggeri? Presto, presto mia piccola, solerte ape, - va' là da lei - ronzale nell'orecchio pensieri dolci, pensieri della casa, pensieri del lino lilino e della tela!

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(Cosa ha da ridere la donna sul suo necessario per cucire, sotto il piccolo pergolato?)

E adesso il mio ultimo messaggero, mia nera antiopa svolazza là da lei! Ascolta cosa devi dirle. Dille: Luise, Luise, il giorno è alla fine - le effimere divennero stanche, stanche morte - il ruscello porta via cullando i loro poveri, piccoli corpi lambendo i fiori sui quali appena un'ora fa danzavano e giocavano. Luise, Luise, la vita è breve; Luise, scende la notte; guarda la striscia rosso-scura ad occidente, guarda come guizza e lampeggia sinistramente ad oriente - ascolta come rimbomba!

(Si muove qualcosa nel piccolo pergolato! Ella sospira!) Luise, Luise!(Esce fuori!)Luise, Luise!Gli alberi scuotono giú su di lei i loro fiori: Ave Luisa! Il vento della sera le

sussurra: Ave Luisa! I fiori del giorno si inchinano verso di lei: Ave Luisa! I fiori della notte le aprono i loro calici d'incenso - Ave Luisa! Ave Luisa! (Lei fa un cenno... sorride...)

Pace?Pace!Pace! Suonate le campane nel regno!!! Illuminate le grandi città, i paesi,

illuminate ogni casa solitaria, suono d'organo in tutti i duomi, in tutte le chiese e cappelle! In ginocchio tutti! Uomini, donne, vecchi, bambini, giovani e fanciulle!

Signore Iddio! Noi ti lodiamo!Signore Iddio! Noi ti ringraziamo!

Pace! Pace in cielo e in terra e diletto agli uomini!"

Conoscevo proprio bene questa "Luise" del maestro. Non era la governante dei bambini del barone Silberheim? Non ha sposato in seguito il maestro Roder? Non ha diviso con lui la buona e la cattiva sorte e l'esilio?

Salute, Otto e Luise Roder, ovunque possiate essere!"Oh, era bello!" disse Lieschen svegliandosi e sollevando la testolina. Pensava

al suo sogno nel verde, non alle fantasticherie del maestro - quelle le aveva proprio dimenticate dormendo.

"Cosa hai sognato, Lieschen?" chiese il dottore e la bambina lo guardò stupita."Allora ho dormito?" chiese."Non si può mai esserne certi con una fanciulla del tuo genere, Liese. Allora,

cosa hai visto e che cosa hai udito? Racconta un po'!" dissi."Oh, era magnifico ciò che ho visto! Non potevo assolutamente guardare

lontano oltre l'erba; c'era come un piccolo bosco e una moltitudine di piccoli animali vi correva tutt'intorno! E se chiudevo gli occhi tutto diventava talmente rosso come se l'intero cielo ardesse, tanto che subito dovetti riaprirli. Pensavo di essere completamente sola, quando all'improvviso giunse una stupenda farfalla gialla con due grandi occhi sulle ali che in fondo terminavano a punta, si posò proprio davanti al mio viso su un filo d'erba e disse con voce molto aggraziata:

'I miei ossequi, piccola fanciulla, non vorrebbe venire per il tè dalla regina delle rose di bosco?'

In questo momento il signor maestro lesse qualcosa ad alta voce, avrei continuato ad ascoltare volentieri e lo dissi anche alla farfalla. Ma disse che presso la regina sedeva un dotto signore di nome Ortica a cui non interessava proprio niente di quella storia, quindi, senza esitazione, dovevo andare con lei. Chiesi alla farfalla se fosse stato lontano; disse che lontano non era ma che dovevamo fare una strada piú lunga, poiché là nell'erba c'era una grossa bestia nera che aveva spalancato la boccaccia per azzannarla, quando gli era volata davanti. Era il povero Rezensent! Poi la farfalla disse: 'Dobbiamo anche evitare le nubi tossiche che sono là attorno e che rendono tutte nere le mie graziose ali.' Era il fumo del sigaro dello

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zio Wimmer! - Improvvisamente ero diventata talmente piccola, che la bella farfalla gialla poté prendermi molto facilmente sul suo dorso e portarmi via al rosaio, là vicino al faggio. Là presso la regina c'era una compagnia molto piacevole e distinta. C'era il burbero, cattivo e vecchio signor Ortica che ognuno evitava volentieri; c'era la corpulenta madam Rosolaccio che stava proprio dietro alla leggiadra regina. 'Signorina Elise', disse la regina, 'sono molto lieta di fare la Sua conoscenza. E' Suo zio quello là che emette quel terribile fumo?' 'No', dissi, 'è lo zio dottore che hanno cacciato dalla città; scrive libri ed è stato sgarbato, ha fatto troppe macchie d'inchiostro ed errori di scrittura!' 'Ah, scrive libri? Allora una volta andrò a trovarlo!' disse l'astuto signor Ortica malignamente..."

"Accidenti", rise a questo punto il dottore un po' arrabbiato per il sogno di Liese e con la mano si aggrappò dietro per alzarsi. "Ahi, maledizione!" gridò improvvisamente. Con la mano aveva afferrato davvero un cespuglio d'ortica!

Ridemmo di cuore e solo Lieschen disse molto seria: "Vedi zio Wimmer, era lui!" Poi continuò:

"Allora bevemmo del tè in un bellissimo servizio (zio Wachholder, dammi ancora un panino imburrato!) e ciascuno raccontò una bella storia della primavera, dell'estate o dell'autunno; ma dell'inverno nessuno sapeva niente; - d'inverno dormono. Ma contemporaneamente sentivo sempre leggere il signor maestro e poi, nel frattempo, il signor Ortica brontolava. Era anche l'unico che volesse raccontare dell'inverno, ma questo non fu tollerato. - Improvvisamente il signor Roder smise di leggere ed io stavo di nuovo vicino a te, zio Wachholder, nel prato, e Rezensent infilò il suo naso nero fra i fili d'erba proprio davanti al mio viso e mi guardava con tanto d'occhi. L'ho proprio visto! - Non era carino? E adesso signor Roder - legga ancora una volta le Sue storie - per favore!"

"Molte grazie", disse il maestro sorridendo. "Il saggio signor Ortica aveva perfettamente ragione, e adesso mi rendo conto anch'io: le mie storie non sono affatto belle".

Per quanto tempo abbiamo sognato, abbiamo raccontato e siamo rimasti nell'erba verde e nel soffice muschio? - Già il sole tramonta nuovamente nel cielo azzurro! Il dottore non deve raggiungere oggi stesso, attraverso il bosco, la stazione ferroviaria piú vicina? - Su, Liese, metti a Rezensent l'ultima corona intorno al pelo nero! Non lasciate niente delle vostre cose! Avanti! - Adesso, su stretti e ombrosi sentieri, si va attraverso il bosco finché sentiamo il rumore delle carrozze sulla strada maestra e infine vediamo luccicare la striscia bianca attraverso i tronchi. Ascolta, musica di violino e di corno! Al Cavallo Bianco, in mezzo al bosco, vicino allo stradone, si balla. La porta del locale è addobbata con ghirlande; la gente di città e quella di campagna si accalca ovunque, davanti e dentro, nel locale e nel giardino. Guadagnamo ancora un ombroso pergolato e il dottore è proprio nel suo ambiente. Adesso è di sopra nella sala, volteggia allegramente con una vivace ragazza di campagna o con una pallida sartina di città; adesso provoca una fragorosa risata fra i giocatori di birilli per una barzelletta ben appropriata; adesso siede di nuovo con noi, si è tolto la giacca, è arrossato, ansimante e si fa vento. E soprattutto dov'è il dottore c'è anche il barbone. Ora, di sopra nella sala, va come impazzito fra coloro che ballano, ora, scacciato come il suo padrone dalla città, tira fuori il suo umido muso da sotto il nostro tavolo.

Il sole si abbassa sempre di piú. Dottore, dottore dobbiamo separarci!E il dottore indossa di nuovo la giacca e si mette a tracolla la borsa da viaggio.

Ci alziamo tutti."Allora devi proprio andare, zio Wimmer?" chiede Elise con voce piagnucolosa."Sí, sí, cara bambina!" dice lo strano uomo improvvisamente serio. Solleva in

alto la piccola che questa volta non si oppone, anzi gli dà persino un grosso bacio."Penserai di tanto in tanto al barbone e a me, Lieschen?""Certo", singhiozza Lieschen, "e scriverò e il barbone - eh no, anche tu lo devi

fare!" Il dottore rimette cautamente la piccola sulla sedia: "Addio Wachholder" dice, "addio Roder, vecchio amico!"

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Il barbone volge gli occhi sbalordito dal suo serio padrone verso di noi e di nuovo in dietro: qualcosa non deve essere del tutto in ordine.

"Addio a tutti! Un lieto arrivederci! A tutti! En avant, Rezensent!" grida il dottore oltre la siepe del giardino e, saltando il fossato, corre verso il bosco senza guardarsi intorno. Al margine si ferma ancora una volta ed agita il cappello.

"Smollis!" grida il maestro facendogli cenno con un bicchiere. "Saluta la cugina di Monaco, la graziosa Nannerl!"

"Fiducit! Sarà fatto!" grida il dottore voltandosi e sparisce dietro la boscaglia. Rezensent rimane ancora al margine, guarda verso di noi ed emette un breve abbaio.

Adesso anch'egli è sparito.Rimaniamo seduti ancora un momento in silenzio, da soli."Dio conceda fortuna all'onesto, vecchio compagno!" dice il maestro fra sé.

Un omnibus partirà proprio ora per la città. Cosa facciamo ancora qui? Saliamo e prendiamo posto.

Adesso si ritorna verso la grande città, giú per la polverosa strada maestra. Volti allegri di ogni età e sesso intorno a noi nella carrozza stracarica! Come tramonta magnificamente il sole! Addio, bel bosco! Addio, vecchio amico Wimmer! -

Ci troviamo già fra gli edifici. Quale folla vestita a festa ancora affluisce e scorre via! Scendiamo sullo spazio libero vicino alla porta; il tragitto attraverso la città fino alla nostra Sperlingsgasse lo possiamo fare anche a piedi.

Giungiamo là proprio quando imbrunisce. Guarda, sulla porta c'è la vecchia Martha che lavora a maglia; ci scorge e grida:

"Buona sera, buona sera!""Ah, Martha, era bello - e - lo zio dottore è partito!" dice la piccola e stanca

Elise. Anche il maestro adesso augura buona notte e ritorna nella sua solitaria stanzetta, una lunga settimana di faticoso lavoro davanti a sé.

Fu un giorno d'estate nel bosco quello che annoto qui in una triste, desolata notte invernale.

25 gennaio.

Il freddo ormai è davvero intenso. Pochi nasi vengono messi fuori nella Sperlingsgasse, quelli che si mostrano diventano rossi e blu. Che artista è l'inverno! Colora i passerotti di giallo e ai liberi tedeschi fa gridare: La mia casa è il mio castello!

Uno scrittore di cronache in queste circostanze cosa può fare di meglio che non preferire unicamente la sua casa come argomento delle sue annotazioni e lasciar andare come vuole il gran mondo esterno e la storia generale del vicolo?

Nell'anno di grazia 1619 a Roma bruciarono un ateo, chiamato Giulio Cesare Vanini, mentre stava sul rogo raccolse un filo di paglia fra i ceppi e sorridendo disse: "Anche se io negassi l'esistenza di Dio, questo filo di paglia la proverebbe!" - La storia di una casa è la storia dei suoi abitanti, la storia dei suoi abitanti è la storia del tempo in cui essi vissero e vivono, la storia dei tempi è la storia dell'umanità e la storia dell'umanità è la storia di - Dio! Ma dove arriviamo? Torniamo indietro velocemente e scendiamo le scale verso il piano piú basso.

Là, nella prima stanza del falegname Werner, padrone di casa, siede nella sua poltrona, dietro la stufa, una signora curva e dai capelli bianchi, filando dalla

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mattina fino alla sera. E' la vecchia madre della padrona di casa, la figlia del costruttore della casa, la quale vide porre la prima pietra e collocare la guglia sulla cima del frontone ed è cresciuta unitamente alla casa e alla sua storia.

Nei lunghi anni della sua vita ha visto portar fuori parecchie salme: i suoi genitori e tutti i suoi fratelli, suo marito e tutti i suoi figli tranne Anna, la moglie dell'attuale proprietario. Ella ha aiutato ad ornare la bara di Marie e la bara di Franz; ha accompagnato la sua amica, la mia vecchia Martha, al cimitero di S.Giovanni dove fu seppellita a fianco della sua padrona, e parecchi altri, dalla piccola soffitta fino all'interrato.

Un tempo era la piú bella ragazza del vicolo - come adesso è ancora la piú bella vecchina - e, quando la guglia a bulbo della casa dovette essere chiusa, ciascun membro della famiglia, allora numerosa, vi mise dentro un ricordo, ella, arrossendo e senza essere vista, aggiunse un foglietto che era arrivato da una terra lontana e recava l'intestazione:

"Questa letterina giunga alla piú incantevole nella bontà e nell'amore."

e terminava:

"... alla mia carissima ancora un saluto e un bacio e spero di venire in primavera insieme alle rondini per festeggiare gioiosamente le nozze con il mio tesoro che nella mente il suo amato saluta e bacia

Gottfried Karsten Garzone di falegname."

Spesso, quando il vento fa scricchiolare e cigolare la vecchia banderuola, ella penserà certo al fogliettino lí sotto la guglia e a colui che lo scrisse che adesso è già morto e seppellito da tanto tempo.

Ma anche a quanti parti è stata chiamata la vecchia Margarete Karsten e quante giovani vite ha visto sbocciare nella casa al nr. sette nella Sperlingsgasse!

Chi conosce cosí tante ninnenanne come lei? Chi conosce cosí tante fiabe che iniziano tutte: "C'era una volta" e terminano in modo tale che qualcuno viene infilato in una botte con chiodi e vipere e viene fatto rotolare giú per la montagna? Chi, in casa, in qualsiasi momento del giorno, ha cosí tanti bambini intorno a sé che ascoltano le storie e stanno a guardare la ronzante ruota dell'arcolaio e a sera, con l'imbrunire che aumenta, si accalcano sempre piú vicino alla grossa poltrona? Quante volte, un tempo, ho trovato là la piccola Elise con Resenzent al suo fianco che ascoltava assorta e, quante volte, quando venivo con le migliori intenzioni di prenderla per portarla a letto, sono rimasto seduto io stesso aspettando la fine di una storia, finché scendeva anche Martha e ci succedeva la stessa cosa che al padrone quando mandava Jochen a prendere il cane (25).

Oggi però non trovo la piccola Liese che siede sul panchetto accanto alla poltrona, anche la vecchia Martha non scende piú giú a prenderci; ma dalla metà dello scorso autunno, abbastanza spesso, trovo un'altra persona e quest'altra è niente meno che il nostro amico e vicino, il caricaturista Strobel. Dappertutto il disegnatore è un gradito ospite, nella bottega dal mastro falegname e dai garzoni, in cucina dalla padrona di casa. Fa il ritratto ai garzoni per i loro tesorucci, col mastro parla di politica, a sua moglie insegna a creare nuovi piatti - nella sua biblioteca ha un grosso libro di cucina - e ascolta la nonna. -

Cosí lo trovai questa sera quando scesi giú per restituire un barattolo di colla avuto in prestito. Poiché il lavoro era finito, l'intera famiglia era riunita nella stanza, il disegnatore aveva esposto tutti i suoi argomenti di dialogo e vi sguazzava dentro con piacere.

"... Allora mastro", diceva quando entrai, "chi pensa che ne buscherà?""Il russo no!" rispose dopo una piccola pausa con circospezione il mastro che,

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con gli occhiali sul naso, teneva il giornale sotto la luce per leggere meglio."Quindi gli alleati?"Il mastro prende una presa e, poiché i suoi ricordi vanno solo fino alle guerre di

liberazione, alza gli occhi sorpreso, gli sembra davvero incredibile. Ma improvvisamente si ricorda:

"Corpo di Bacco, allora adesso ci sono anche i francesi!" grida. "Cielo! E' andato tutto sottosopra!"

"Giusto, mastro" dice il disegnatore battendogli sulla spalla. "Giusto! Tutto nel mondo di tanto in tanto si capovolge."

"Signora, le patate si attaccano!" interrompe i discorsi di politica Anton, l'apprendista.

"Veniamo subito!" grida Strobel ridendo. - "Vengo con Lei, signora, e anche i bambini! Forza! En avant! On with you, boys! Via, in - cucina!"

Cosí le patate vengono salvate, il mastro continua a leggere attentamente il suo giornale e la ruota dell'arcolaio fruscia e ronza nell'angolo come sempre. Finalmente Strobel, la signora Anna e i bambini ritornano e la vecchia chiede:

"Quindi vi è davvero di nuovo il francese? E' quello stesso che era qui nell'anno sei?"

"No", dice Strobel, "adesso porta i calzoni rossi." "E Napoleone - suppongo che sia morto da molto tempo?" "Sí, mamma", dice il mastro alzando gli occhi dal suo giornale, "questo, in

effetti, è un altro." "Dio", dice la nonna, "se ancora ci penso, quanti bambini gialli e neri erano qui

e nelle strade, parlavano in modo incomprensibile e avevano una specie di grossi ramaioli infilati nei loro cappelli e qui in casa ne avevamo otto."

Strobel, che ha condotto la vecchia al punto in cui per lui diventa interessante, accosta uno sgabello alla sua poltrona e dice: "Nonna, è ancora presto, ci racconti ancora qualcosa di quegli otto; non ci si intende proprio col mastro quando legge il suo giornale. Venga Wachholder, si avvicini. Ragazzi, vedete dove potete trovare posto e tenete il becco chiuso, la nonna racconterà degli otto francesi al numero sette!"

La vecchia sorride e rimette in moto la sua ruota: "A dotti signori di tal genere che hanno letto tutto molto meglio nei libri dovrei raccontare io? Di tutti e otto davvero non so niente."

"Nonna, ciò che ho letto nei libri, grazie a Dio, l'ho subito dimenticato di nuovo", dice il disegnatore, "e se Lei non sa niente di tutti e otto, allora ci accontenteremo anche di quattro o di quanti vuole Lei; racconti adesso."

"Dunque se proprio Lei vuole, allora devo ricordarmi un po'. - Bene!Dunque, si era nell'anno sei quando il francese fece un gran rumore nelle nostre

terre e poté infierire in modo orrendo perché aveva riportato una grande vittoria e credeva cosí di averne diritto. La gente aveva molta paura, sotterrò i suoi cucchiai molto lontano e ad ognuno dei suoi figli cucí una moneta d'oro nell'orlo della giacca nel caso in cui si fossero smarriti o li avessero portati via. Ma la buonanima di mio marito non lo fece affatto, come se la cosa non lo riguardasse. - 'Quando vengono, sono qua' - disse e rimase della propria opinione, e quando venivano i vicini e piangevano e si lamentavano, diceva solamente: 'Una volta noi, una volta loro!' E quando gli assordavano gli orecchi si infilava un bianco berretto a punta che, con mia meraviglia, da poco tempo portava sempre in tasca e fingeva di addormentarsi. Fu sempre uno strano uomo tuo padre, Annchen.

Bene. Una mattina si levò un frastuono: Sono qua! Santo Iddio, mi tremavano le gambe; i miei ragazzi (Dio li abbia in gloria) per tutti i vicoli, Dio sa dove, e avevo nella culla solo la mia Annchen; il mio vecchio ancora una volta aveva tirato fuori il suo berretto a punta e se l'era infilato e segava nel cortile.

'Gottfried, Gottfried!' grido, 'eccoli, eccoli!' Fingeva di non sentire sebbene gli fossi proprio vicino. Dalla paura e anche dalla rabbia gli strappai lo stupido berretto, lo gettai a terra e gridai di nuovo: 'E i ragazzi sono per la strada - santo

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padre! - e i nostri cucchiai - ma guarda che uomo!' - Molto tranquillamente raccolse il suo berretto, lo sbattè addosso a me per

togliere la segatura, tranquillamente se lo rimise e disse: 'Sí, se è cosí, arriveranno attraverso il Wassertor', di lí passa la strada da Jena.' Credo si chiamasse in questo modo. Poi continuò a segare.

Esatto, già in quel momento tambureggiava giú per la lunga strada del Wassertor - il cuore mi batteva sempre di piú ! -

'Mastro Karsten! Mastro Karsten! Presto, presto!' gridavano improvvisamente molti vicini che si precipitavano nel cortile con i migliori vestiti della domenica. 'Dovete venire, dovete venire con noi a fare la delegazione del generale francese!'

'Ah?!' dice il mio Gottfried, mise a posto la sua sega ed andò lentamente in casa seguito dai vicini, il segretario Schreiber, il consigliere Pusteback, lo spazzacamino Blachdorf, il fabbro Pruster ed altri. Entrarono tutti con il mio vecchio nelle stanze perché pensavano che si sarebbe subito infilato la finanziera e che sarebbe corso via. Ma salute! - Il mio vecchio andò alla scatola del tabacco, si riempí una pipa, l'accese lentamente e disse:

'Adesso venite, signori miei!' Stavano là tutti a bocca aperta, ma il mio Gottfried non si lasciò confondere.

Camminava avanti, tranquillamente, in veste da camera e in pantofole - lo vedo come se fosse oggi - fino al piú vicino angolo della strada. Si fermò là e i vicini gli stavano intorno, indicò con il bocchino della pipa un pezzo di carta che era attaccato là e sul quale stava scritto:

La calma è il primo dovere dei cittadini!

o qualcosa di simile - l'ho dimenticato, - abbassò il coperchio della sua pipa, si girò lentamente e tornò a casa. Portò con sé entrambi i miei ragazzi e ne fui contenta di tutto cuore. 'Ecco, mamma' disse spingendoli sulla porta. 'Conservameli', disse, 'ne avremo bisogno un giorno.'

Non sapevo allora cosa potesse significare; l'ho capito dopo!" A questo punto alla vecchia signora vennero le lacrime agli occhi e la ruota del

suo arcolaio cessò di ronzare. Nella stanza ci fu un assoluto silenzio. "Bene. Da allora la mia vecchia bonanima non si preoccupò piú del mondo

esterno, ma ritornò al suo cavalletto e continuò a segare, fino a che arrivò l'acquartieramento. Signore della mia vita, allora avreste dovuto vedere quell'uomo! Tutta la casa era in subbuglio; le cose migliori, ciò che cucina e cantina contenevano, furono messe in tavola, e quanto piú quei piccoli individui gialli facevano gli spacconi e bestemmiavano, tanto piú felice diventava il mio vecchio.

'Questa è la vera razza!' gridava sempre fregandosi le mani. 'Cosí dovremmo essere! Se solo ce ne fossero a sufficienza!'

Dal suo girovagare aveva acquisito un po' di francese e allora presto divennero i migliori amici ed entrarono in confidenza l'uno con l'altro, tanto che i vicini arricciavano regolarmente il naso. Ma essi facevano tutte le delegazioni e illuminavano e inghirlandavano le loro case e cosí - ma il mio Gottfried non lo faceva e quando vedeva un membro del consiglio della città si tirava ben bene il berretto a punta sopra gli orecchi. Bene, c'era un francese fra gli altri che era di quella zona in cui parlano mezzo tedesco e mezzo francese, anch'io lo potevo capire, ed era cosí bello, come se avessi saputo il francese. Cosa accade? Una sera sedevano tutti insieme e mio marito al centro, in mezzo a loro, parlavano in modo incomprensibile, tanto che ogni cosa sfumava al mio udito e alla mia vista, sedevo nell'angolo e lavoravo a maglia e i ragazzi giocavano vicino a me. All'improvviso il mio vecchio si rivolse al tedesco-francese: 'Allora, dite un po' camerata, per quanto tempo ancora, dunque, pensate di rimanere in Germania?'

Il tedesco-francese e gli altri batterono il capo insieme e blaterarono qualcosa nella loro lingua. Poi risero di cuore.

'Resteremo sempre qua!' dice il tedesco-francese. 'Noi essere qui una volta; non

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andiamo di nuovo via!''Ah, ah!' gridarono gli altri, e si tenevano le pance dal ridere. 'Fuori no, fuori

no!''No', dice il mio vecchio, 'non per sempre. Certo voi siete qui e da parte nostra

si può essere solo grati al nostro Signore Iddio che vi ha mandato, ma sempre-' 'Fuori no, fuori no!' gridavano i francesi.'Siate disposti a trattare!' dice il mio vecchio, 'offro dodici anni - al massimo!''Fuori no, fuori no!' dicevano nuovamente in modo incomprensibile.'Wilhelm! Ludwig! Venite un po' qua', il mio vecchio chiama adesso i ragazzi

che subito arrivarono in un balzo e si misero vicino alle sue ginocchia.'Volgetevi!' gridò il mio vecchio. 'Destr riga! Guardate un po', ragazzi, quelli là

- sono francesi che di fatto non appartengono qui alla nostra casa. La piccola Annchen non può assolutamente dormire per il loro chiasso - e tuttavia hanno voglia di rimanere per sempre! Cosa pensate, ragazzi - se foste abbastanza forti?'

I miei ragazzi fissarono meravigliati i francesi e poi se stessi e poi il mio vecchio!

'Si troverà il modo - diventerò grande - già metto alle strette Theodor dei Pusteback', disse Wilhelm, il mio figlio minore. Ludwig, il mio figlio maggiore, non disse assolutamente nulla, ma improvvisamente una grossa lacrima gli scese lungo la guancia e suo padre gli batté sulla spalla e disse:

'Aspetta solamente, ragazzo mio, tu vieni per primo.'I francesi avevano ripreso il loro fracasso infernale; e uno in particolare - lo

chiamavano Pier, o qualcosa di simile - non sapeva assolutamente trattenersi dal ridere. Ma il mio vecchio era diventato molto serio e per tutta la sera non disse piú una parola. La settimana dopo i francesi se ne andarono e ridevano ancora al momento della partenza, quando ci strinsero a tutti la mano e ringraziarono molto per la buona accoglienza:

'Fuori no, fuori no!''Si troverà il modo', disse il mio vecchio. 'Si troverà!' gridarono entrambi i miei

ragazzi.Bene, allora vennero lunghi anni e ancora altri francesi.'Ora basta', brontolò il mio Gottfried. E all'improvviso li portò tutti su verso il

nord, ma non ritornò nessuno. E poi improvvisamente si cominciò a far rumore nelle nostre terre e agli angoli attaccarono molti altri pezzi di carta che il mio vecchio leggeva sempre e di fronte ai quali annuiva con il capo. Non stava molto a casa.

Allora un giorno ritornò, chiamò Ludwig dalla bottega e vennero in cucina da me.

'Guarda, mamma', disse il mio Gottfried, 'sono contento che il fuoco arda! Fai attenzione, Ludchen!' A queste parole il mio vecchio tirò fuori dalla tasca il suo berretto a punta e lo gettò sotto la mia pentola cosí che esso si irrigidí e tutta la casa si riempí di fumo; poi andò via col mio Ludwig e ritornò solo e molto silenzioso.

Il mattino seguente una schiera di neri cavalieri arrivò nella strada - anche questa attraverso il Wassertor. Uno giunse a cavallo qui nella Sperlingsgasse davanti alla nostra casa e scese - ebbi un grande spavento - era il mio Ludwig!-

'Addio mamma! Addio padre!' gridò, - 'Dio vi protegga, lo farà senz'altro!' - e poi cavalcò via dietro agli altri che già passavano per il Grünes Tor.

'Dunque si va verso la Francia, vecchia!' gridò il mio uomo mentre piangevo e mi lamentavo. Ma non si era ancora tanto lontani.

Non sentimmo nulla per molto tempo, finché un giorno in città e anche nell'intera regione suonarono tutte le campane, come dissero. C'era stata una grossa battaglia e i nostri avevano vinto e il mio Ludwig era - morto!

'Il primo', disse il mio vecchio.Di nuovo passò un anno e un giorno i colpi di cannone arrivarono talmente

vicino che la gente corse davanti alla porta della città per sentirli; naturalmente

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accorremmo anch'io ed il mio Gottfried. Presto giunsero dai dintorni, dove rintronava e rimbombava, carri con feriti, amico e nemico alla rinfusa, e sempre di piú. Furono portati tutti in città.

'Signore, mio salvatore!' dovetti gridare improvvisamente, 'non è quel Pier di allora, dell'anno sei?'

Esattamente, era lui. Con una gamba colpita da una pallottola stava sulla paglia e piagnucolava in modo molto pietoso. 'Lo prendo con me', disse il mio vecchio, lo richiese e lo portammo qui in casa - nella Sua stanza, signor Wachholder. Lo curammo. Quando stette meglio spesso conversava con mio marito. Una volta c'era il francese su di sopra, una volta il mio vecchio. Allora improvvisamente si disse che i tedeschi erano stati sconfitti e che Napoleone era di nuovo il capo. Il mio vecchio guardò Wilhelm preoccupato, come se si consigliasse con se stesso; ma quando durante la notte, in tutti i paesi, le campane suonarono a stormo, capii cosa sarebbe accaduto e piansi tutta la notte e al mattino anche il mio Wilhelm andò via a piedi con i verdi cacciatori, e anche Minchen Schmidt, che con la vecchia madre abitava dall'altra parte, nella Sua stanza, signor Strobel, pianse e salutò con il fazzoletto. Ma prima il mio vecchio lo condusse ancora al letto del francese e disse: 'Questo è il secondo!' - Il francese lo scrutò in modo assai strano e furioso e non disse assolutamente nulla, ma si voltò verso la parete.

I colpi di cannone non giunsero allora di nuovo tanto vicino e Wilhelm scriveva delle grandi battaglie in cui migliaia di uomini andavano alla morte, ma lui no, e le lettere arrivavano sempre da piú lontano e d'un tratto c'erano scritti persino nomi stranieri. Il mio vecchio le portò su al francese che adesso sapeva il tedesco molto bene e gli disse ridendo: 'Allora, compare! Fuori no? Fuori no?' E il francese fece una faccia addirittura pietosa e disse tenendo la lettera in mano: 'Questo essere mio luogo natio, là abitano mio padre e mia madre.' Ma il mio vecchio sedeva vicino al letto e contò sulle dita: 'Uno, due, quattro - otto. Otto anni compare francese! Perché non avete accettato allora i miei dodici?'

Le lettere del nostro Wilhelm adesso arrivavano sempre piú saltuariamente e all'improvviso cessarono del tutto, e un giorno - il mio vecchio viene a casa, si siede al tavolo, appoggia la testa su tutt'e due le braccia e piange. - Credetti che il cielo mi cadesse addosso - - - proprio lui e piangiamo!

'Il secondo!' gemette fra sé ed io caddi svenuta a terra.Davanti alla grande città francese, Parigi, deve esservi una montagna - non so

pronunciare correttamente il nome - da dove si può abbracciare completamente con lo sguardo la città. Là si spararono per l'ultima volta l'uno contro l'altro e una pallottola trapassò il petto anche a Wilhelm, come scrisse un commilitone, ed è seppellito là con molti, molti altri tedeschi. - Questa è la mia storia! Curammo completamente il francese e il mio vecchio gli dette del denaro per il vitto e lo condusse alla porta della città, dove passa la strada per la Francia, che anche i miei ragazzi avevano preso, lo vide zoppicare e ritornò a casa borbottando: 'Fuori no, fuori no!' - Dio lo abbia in gloria quell'uomo, era uno strano uomo tuo padre, Annchen."

Cosí raccontò la vecchia Margarete Karsten e noi tutti sedevamo intorno a lei, quando ebbe finito ciascuno si abbandonò ai propri pensieri. Il mastro aveva messo via il suo giornale da molto tempo e anche i garzoni, che erano entrati a poco a poco e che di solito erano abbastanza allegri e rumorosi, questa volta erano seduti là intorno e stavano in assoluto silenzio. "Adesso voglio raccontare ancora qualcosa!" gridò improvvisamente la vecchia i cui occhi, per i ricordi ridestati, brillavano di una strana lucentezza. "Voglio raccontare qualcosa che accadde molto tempo dopo e tuttavia è connesso a questo! - Se i vetri delle finestre non fossero cosí gelati, potreste vedere la torre della nuova chiesa di S.Sofia che fu costruita dopo che quella vecchia fu distrutta dal fuoco. In quella vecchia c'era una targa affissa alla parete in cui erano scritti i nomi di quelli del nostro quartiere che erano caduti nella guerra francese e fra questi c'erano anche i miei ragazzi: Ludwig Karl Karsten e Wilhelm Johannes Albert Karsten.

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Avevamo la targa proprio di fronte alla nostra panca e ogni domenica guardavamo là sopra e pensavamo ai nostri bravi ragazzi ed il mio vecchio ne era orgoglioso ed io pure, anche se per quella avevo pianto già abbastanza e piangevo ancora. Ma non fu sempre cosí per il mio Gottfried. Ci fu un periodo in cui passava furtivamente davanti alla targa senza guardare in alto e se, quando eravamo seduti al nostro posto, gli ci cadeva per caso lo sguardo, volgeva velocemente gli occhi altrove, sul pavimento, o borbottava qualcosa che non capivo.

Bene, un giorno, verso sera, un temporale spaventoso sovrastava la città; tonava e lampeggiava in modo impetuoso e all'improvviso corse voce: è caduto un fulmine sulla chiesa di S.Sofia! - Vero - era in fiamme. Il mio vecchio, che di solito in questi casi era sempre presente, questa volta non mosse né un dito, né un passo e non sarebbe valso a nulla. Mi teneva sotto il braccio, eravamo fra la folla e stavamo a guardare. Improvvisamente la torre oscilla di qua e di là, era come una fiaccola, e poi precipita giú sul tetto della chiesa con uno schianto tale, che uomini e cavalli caddero in ginocchio ed io con loro. Ma il mio vecchio rimase in piedi, si voltò e mi portò a casa. Quando fummo nella nostra stanza andò su e giú per tutta la sera, finché all'improvviso si fermò davanti a me e disse:

'Moglie, Dio sia lodato, la targa è bruciata! Non potevo piú guardarla! - Buona notte, moglie!' Non lo capii affatto e chiesi cosa doveva significare, ma scosse solo la testa e andò a letto. E voglio farlo anch'io, le mie sciocchezze sono finite! Buona notte, signori, buona notte, bambini! - Vieni, Annchen!" A queste parole la vecchia si alzò e, appoggiandosi al suo bastone e al braccio della figlia, andò nella sua cameretta per continuare a sognare il suo vecchio Gottfried, dal cuore inflessibile, ed i suoi campioni della libertà, entrambi uccisi. Il caricaturista per questa sera non fece piú alcun scherzo, il mastro aspirò dalla sua pipa spenta. Era come se nessuno osasse muoversi dal suo posto; era come se adesso la porta si dovesse aprire all'improvviso e dovesse entrare il vecchio uomo imponente con il cavaliere nero e il verde cacciatore al suo fianco dei quali uno era sepolto vicino alla Oder e l'altro proprio vicino a Parigi, a Montmartre.

"So, perché mastro Karsten non poteva piú guardare la targa!" gridò improvvisamente una sonora voce maschile, tanto che tutti alzarono gli occhi quasi spaventati. Era Rudolf, il garzone, che si era alzato nell'angolo.

"Anch'io!" gridò Bernhard, il secondo garzone, mettendo la mano sulla spalla del compagno.

"Anch'io!" gridò Strobel alzandosi di scatto. "Quanti sono ancora coloro che sanno?"

"Anch'io!" gridò il mastro. "Anch'io!" dissi. "Nel sapere c'è il futuro - Dio benedica la patria!" E poi - - - arrivò la moglie del mastro con le patate.

10 febbraio.

E di nuovo intitolo una pagina della Cronaca:

Elise.

Abbiamo esultato e riso, abbiamo anche pianto su piccoli dolori e su gioie fallite! - Come trascorrono gli anni!

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Adessso l'edera ha formato un vero e proprio pergolato ombroso e verde; una piccola mano decoratrice ha appeso figure di cera rosse e azzurre in mezzo all'ornamento di foglie; nuovamente un canarino domestico svolazza di qua e di là nella stanza, dai miei libri e dalle mie scatoffie su una bella spalla armoniosa alla finestra o su un grazioso dito che gli viene porto, chiamandolo con un cenno. - Elise ha adesso tredici anni nelle pagine di questa Cronaca. Spesso, quando un gioioso raggio di sole batte sull'ornamento di foglie, Flämmchen cinguetta allegramente - cosí si chiama il nuovo piccolo amico, - saltella fuori dalla sua gabbia, alcune volte gira la testolina di qua e di là con gli occhietti scintillanti e neri come il carbone e poi vola fuori dalla finestra aperta. Per un istante, saltellando di qua e di là, risplende come un puntolino d'oro alla luce del sole, poi vola verso la fila di case dall'altra parte e scompare in una finestra al piano di mezzo al numero dodici. Da là viene riportato di qua, anche là ha una piccola gabbia d'ottone.

Nuovi volti sono emersi, nuovi legami si intrecciano meravigliosamente nella nostra vita e oggi, in questo giorno di febbraio piovigginoso e ventoso, anche in queste pagine.

Ciò che era morto rivive; ciò che era maledizione diventa grazia di Dio; la colpa dei padri non si trasmette ai figli fino alla terza e quarta generazione!

Una voce chiara e vivace echeggia dabbasso; un passo leggero viene su per le scale - Elise sta in ascolto. Alcuni minuti dopo, improvvisamente, fuori risuona un fracasso, si fa sentire la voce di Martha, addolorata e arrabbiata. C'è - il perdigiorno del vicolo!

La porta viene semi spalancata e guarda dentro un ridente volto di fanciullo, sano come un pesce e coperto da numerose lentiggini.

"Allora, Gustav, che c'è di nuovo?""Oh, assolutamente niente!" dice il mauvais sujet allargando la bocca da un

orecchio all'altro, mentre Martha adesso, fuori, con voce lamentosa chiama Elise. "Ma cosa può aver fatto?" dice questa alzandosi di scatto e uscendo. Una risata sonora e di cuore, nella quale la sento irrompere là fuori, mi costringe ad alzarmi dai miei libri, mentre Gustav sembra essersi immerso molto dignitosamente in un volume della storia universale di Becker. Assumo l'espressione piú seria possibile ed esco. Che spettacolo mi attende!

La buona vecchia molto probabilmente ha fatto il suo riposino e si è addormentata col lavoro a maglia in grembo. Il perdigiorno, che forse saliva le scale con assai buoni propositi, non ha certo potuto fare a meno di approfittare del momento favorevole.

L'infelice è seduta sulla sedia, legata saldamente; asciugamani, cordicelle, il filo del suo lavoro a maglia, in breve, è stato utilizzato tutto il materiale possibile, adatto a legare, per impedirle di muoversi. Per di piú, davanti a lei, su un tavolinetto apparecchiato con gran cura, c'è una scodella di latte che con molta probabilità era destinata a piú importanti scopi culinari, e là intorno, in cerchio, sorseggiando e schioccando la lingua, siede l'intero regno dei gatti di casa, gettando di tanto in tanto uno sguardo di scherno verso la poltrona dove la tiranna della cucina incatenata, minaccia e sgambetta in veri supplizzi di Tantalo.

"Lieschen - su, mandali via - (Elise, dal ridere, non ha assolutamente la forza di farlo e si siede affannata su uno sgabello) - oh, il briccone - ma, signor Wachholder, li mandi via Lei - non ci rimane niente - oh, il mio bel latte - quel birbante!" Già, il birbante - dove era, quando questa tragicommedia fu terminata e ci si guardò intorno in cerca dell'autore? Il volume della storia universale di Becker, certo stava ancora là, aperto, ma di Gustav - non vi era traccia!

Chi è questo Gustav?Il nipote di un uomo il cui nome è già risuonato una volta in queste pagine,

molto spiacevolmente, il nipote del conte Friedrich Seeburg.

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Era il 1842 quando dall'altra parte, nell'abitazione al numero dodici alle cui finestre, piú tardi, il canarino volava cosí spesso, andò ad abitare una bella e pallida signora, vestita di nero, che si chiamava Helene Berg, vedova di un medico, morto da poco tempo. Era colei che già una volta era passata rapidamente attraverso la nostra vita e attraverso le pagine di questa Cronaca, quel sabato nell'estate del 1841 quando seppellimmo il piccolo uccello defunto al cimitero di S.Giovanni ai piedi delle tombe di Franz e di Marie. Allora baciò la piccola Elise, ma non ci conoscevamo. - "Georg Berg" c'era scritto sulla pietra tombale vicino alla quale si era inginocchiata ed aveva pianto e, nella misera abitazione dall'altra parte, al numero dodici, nella stretta ed oscura Sperlingsgasse si spegne l'ultima parte della storia violenta e funesta che un tempo il cacciatore moribondo raccontò al pittore Franz Ralff. - E' finito il canto? Una canzone recente, piú allegra, riprese l'ultima nota e la nuova melodia sarà "Gustav ed Elise Berg"!

Come venne a sapere quest'ultima dal superbo casato dei conti Seeburg il legame del suo destino con la piccola fanciulla al mio fianco? - La sua storia?

Avevo quasi paura di scalfire di nuovo lo strato che ricopre la sventura da cosí poco tempo dimenticata e sepolta.

"Guarda, che bel gioiello!" disse Elise un giorno che la signora Helene sedeva con noi mostrando quell'anello che molti, molti anni prima, il vecchio Burchhard allo Hungerteich, nel bosco di Ulfelden, aveva tolto alla defunta Luise dalla mano irrigidita, che era rimasto per lunghi anni sotto quella pietra contrassegnata da una croce, e che recava lo stemma del conte di Seeburg! - Non ho bisogno di mettere per iscritto ciò che seguí ! - - - Allora non ci separammo tanto presto. Per tutta la sera la piangente Helene tenne in braccio la piccola Elise, e Gustav - Gustav, il perdigiorno del vicolo, salutò esultando, a modo suo, la cugina.

Dopo che irrequieto era andato in giro per lungo tempo, il conte Friedrich Seeburg sposò in Italia una bella e distinta italiana, ma povera; divenne la madre di Helene e morí partorendola nel secondo anno del suo matrimonio. I greci credevano che l'abisso fra divinità e umanità si fosse colmato tramite un mediatore, il demoniaco: "affinché il tutto sia riunito in se stesso", vi si libravano spiriti "molti e di molte specie", messaggeri della divinità, che puniscono e ricompensano e nessuno sfuggiva alle proprie azioni. Perseguitarono anche il conte: si chiamavano rimorso, irrequietezza, tedio e su ogni gioia stendevano la loro mano che uccideva. Il conte oltrepassò nuovamente le alpi verso la Germania. Il castello Seeburg era stato venduto - giunse a Vienna, dove schivo e truce, abitò in una piccola casa isolata. Spesso sua figlia lo sentiva andare su e giú nella notte; ella non aveva conoscenti, neppure un'amica; una vecchia cameriera di sua madre era tutta la sua compagnia. Trascorse cosí i primi anni di gioventú, quasi completamente abbandonata a se stessa, mentre suo padre diventava sempre piú truce, piú truce. Le proibiva di cantare e di giocare; ella sospirava e obbediva. E una mattina il vecchio conte fu trovato morto nel letto; nessuno era stato presente ai suoi ultimi attimi, era morto come solamente Helene l'aveva conosciuto, - ritirato e solo. Adesso anch'ella era ritirata ed abbandonata, una giovane fanciulla in una grande ed estranea città che non conosceva e dove nessuno conosceva lei. Si ritrovò che l'eredità di suo padre era appena sufficiente a pagare i debiti fatti durante il suo soggiorno a Vienna.

Fra i pochi che di tanto in tanto avevano messo piede nella casa di suo padre c'era un certo dottor Berg, un uomo non piú giovanissimo e fu l'unico che, chiamato al letto di morte del vecchio conte, dopo che gli ebbe chiuso gli occhi, si prese cura della giovane orfana. Sistemò la sua situazione finanziaria e condusse la ragazza, divenuta schiva quasi quanto il padre, da persone buone, dalla sua vecchia e gentile madre. Sembrava che tutto ciò che egli facesse, lo ritenesse solo suo dovere ed egli, che all'inizio le era indifferente, ottenne sempre di piú il suo affetto. Allora chiese la sua mano e la contessa Helene Seeburg divenne sua moglie, soddisfatta e felice, presto ancora piú felice per la nascita del figlio che fu chiamato Gustav. Allora le circostanze - anche sua madre era deceduta - costrinsero il dottor

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Berg a lasciare Vienna; si trasferí qua e si dette da fare per guadagnarsi una clientela. Sembrava proprio esserci riuscito quando una violenta, disastrosa epidemia arrivò da oriente e si propagò per tutto il paese portando morte, ghermí anche lui; lasciò moglie e figlio nuovamente quasi senza mezzi. Fu seppellito al cimitero di S.Giovanni, venti passi da Franz e Marie Ralff.

Questo fu ciò che raccontò la signora Helene Berg, mentre l'anello con lo stemma dei conti Seeburg, il serpente che cingeva il rubino, brillava sul tavolo davanti a lei. Sempre quella stessa sera lo portai sulla Königsbrücke e lo gettai lontano nel fiume dopo che lo ebbi rotto in due pezzi. Helene era appoggiata al parapetto, accanto a me, e in silenzio tornammo nella Sperlingsgasse - dai nostri bambini.

Non era forse un buon e felice auspicio quest'uccellino giallo oro che svolazzava di qua e di là fra le due abitazioni, che aveva la casa di qua e di là e che spesso era un piccolo e fedele messaggero che portava al suo piccolo collo sempre in movimento addirittura importanti notizie, domande o risposte?

"Guarda un po', Liese, Flämmchen ha di nuovo un biglietto al collo, adesso sapremo di certo dov'è finito il briccone contro il quale sento ancora brontolare là fuori la vecchia Martha."

Cinguettando Flämmchen saltella sulla mano di Elise. Ella gli toglie il biglietto e in una scrittura di fanciullo dai caratteri allungati il messaggio dice:

"Liese!

Poiché prima di domani non oso mostrarmi da voi e per di piú sono costretto (orribile!) a tradurre tre pagine, dico tre pagine, piene di assurdità latine (vorrei solo sapere a cosa serve il latino ad un pittore ed io voglio diventarlo?????), quindi Ti prego di legare altrettanto saldamente lo zio alla sua poltrona (Non è necessario che gli mostri questa lettera) come io ho legato saldamente la vecchia Martha e di venire davanti alla porta il piú presto possibile. - Voglio dirti qualcosa di importante.

Gustav.

P.S. Sto attento e quando vedo la punta del Tuo naso, vengo strisciando vicino alle case fino alla Vostra porta! Vieni presto!!

P.S. Porta con Te il Tuo cesto!"

"Ma cosa può volere?" chiede Lieschen che già guarda verso il chiodo al quale è appesa la sua borsa, mentre io, nonostante il passus ammonitore, studio la lettera del malfattore e la sua genuina logica di alunno. E' grandioso: siccome devo fare un esercizio della piú preoccupante lunghezza - quindi vieni il piú presto possibile! E poi la piccola ipocrita che sa molto bene cosa vuole il fannullone!

"Che giorno è oggi, Lieschen?""Ah - sabato!" grida Elise. "Adesso lo so! Ha ricevuto la sua mancetta.""Che in realtà la vecchia Martha dovrebbe sequestrare. Ascolta Lieschen;

ordinagli come condizione del Tuo andare che l''orribile' compito debba essere pronto."

"Quanto tempo ci vorrà, zio?" chiede Liese molto seria; ella preferirebbe senz'altro "il piú presto possibile".

"Be' - due ore, minimo!""Oh, oh due ore?!""Già, e poi il compito pullula ancora di errori, uno sempre peggio dell'altro."

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"Zio, ma Gustav dice: quanto piú a lungo sto seduto per un compito, tanti piú granchi prendo."

"E quindi, se dice questo, allora deve anzitutto finirlo e portarlo di qua. Scriviglielo!"

Elise adesso fa una scelta accurata fra le mie penne e si lamenta assai del "nostro" cattivo inchiostro, mentre Flämmchen, posatosi sulla spalliera di una sedia, all'inizio aspetta paziente, poi, quando per lui la cosa dura troppo a lungo, si scomoda volando sul tavolo per guardare anche lui nel calamaio e per capire il motivo dell'indugio. Finalmente però Elise è pronta con i suoi preparativi e scrive:

"Caro Gustav!

La Tua lettera è felicemente arrivata. L'ha portata Flämmchen. La vecchia Martha ha appeso alla finestra uno strofinaccio bagnato; vuole lavarti come si deve quando vieni. Non ho potuto legare saldamente lo zio, oggi corre sempre avanti e indietro nella stanza e non siede tranquillamente neppure per un momento. Prima devi fare il Tuo esercizio e portarlo, altrimenti non posso venire! Fa' presto!!! Porto con me la mia borsa!

Elise."

Anche questo messaggio fu attaccato al collo di Flämmchen - l'abitudine l'ha reso docile; cinguettando scuote la testolina come se volesse dire: ma ora ne ho abbastanza, adesso non ritorno e - è sparito. Elise siede aspettando davanti al suo tavolinetto da lavoro sotto il pergolato di edera, io mi immergo di nuovo nei miei libri ma non passa neppure una mezz'ora quando sotto la finestra risuona un fischio acuto ed Elise si alza di scatto e guarda fuori.

"E' già qui!" grida semi girata verso di me."Vieni su, Gustav!" grida verso il basso."Neppure per sogno!" echeggia sotto l'espressione scolaresca e mi meraviglio

veramente che il birbante questa volta non vi aggiunga la relativa e saggia informazione: ma mio fratello suona il flauto (26).

"Hai il tuo es?" (e questo è a completare ercizio) grida Elise."Si capisce, bell'e pronto, vieni giú, puoi portarglielo tu su."Elise mi guarda in modo interrogativo ed io annuisco. E' giú come un fulmine

ed io vado alla finestra aperta ma mi guardo bene di non lasciar vedere qualcosa della mia stimata persona.

"Ma sei stato veloce a finirlo, Gustav!" dice Elise e mi immagino subito come sogghigna verso l'alto la birba quando le consegna il suo raffazzonamento.

"Col tempo e con la pagliaMaturano le nespole e la canaglia!"

dice la risposta: "Ecco, fai attenzione, è ancora umido; e ascolta, Lieschen, - ritorna velocemente giú, prima che lui vi abbia sbirciato; mi potrebbe anche richiamare!"

"Perdigiorno! Sai che bella cosa sarà!" moralizza Elise che adesso sento venir su per le scale.

"Eccolo, zio!" grida sulla porta aperta appena un palmo, getta il prezioso manoscritto sulla sedia piú vicina, sbatte la porta e - in tre salti è in fondo alle scale.

"Liese, Lieschen, Elise!" grido, ma chi non sente è la signorina Elise Johanne Ralff.

"Vieni, presto, lui già chiama!" dice giú il briccone prendendola per il braccio e sono scomparsi dietro l'angolo!

Adesso il quaderno azzurro è qua, sulla foderina: "Gustav Berg" e sotto la geniale traduzione: Gustavus Mons, con indicazione di domicilio, data ed anno. Lo

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apro ed è infatti incerto se l'abbia scritto il supplente Besenmeier con l'inchiostro rosso oppure il maestro Gustavus Mons con quello nero. - Ecco le pagine piú recenti. Incantevole! Ita uno tempore quatuor locibus (briccone!) pugnabatur eccetera. Come maestro dovrei esclamare: "Cosa deve diventare questo ragazzo?" Ma non essendo il maestro mi attengo alla - carta assorbente ed esclamo: "Cosa può diventare questo ragazzo!" - Qui "in quattro luoghi" combattono contemporaneamente romani, cartaginesi, macedoni, sardi, e certo meglio che in latino: cavalli, uomini, Annibale ante portas, triari, veliti, principi! Eccellente! Terrò al briccone un discorso come si deve, sia sui suoi "locibus", sia sulla sfacciataggine di voler "consegnare" un quaderno con una carta assorbente dentro imbrattata in questo modo. Ma quest'ultima la sequestrerò e il ragazzo deve avere anche lezione di disegno; questo alfiere ha comunque troppa influenza.

Adesso rimango seduto ancora una mezz'ora a lavorare, poi alla chiesa di S.Sofia battono le sei. Non so, forse è il cattivo esempio che mi è stato dato or ora, o l'azzurro cielo estivo e il sole là fuori, sulla mia carta non vado avanti ma, irrequieto, su e giú sulla sedia. Elise del resto ha proprio ragione: il "nostro" inchiostro è veramente pessimo. Chiudo i libri, mi metto la giacca e seguo le note di un pianoforte che risuonano qua dall'altra parte. Dopo che ho salito le scale al numero dodici, nella stanza del primo piano, semplice ma arredata con gusto, trovo, seduta davanti al piano, una signora che gentilmente mi fa cenno col capo senza interrompersi nelle sue fantasie. Mi siedo vicino alla finestra accanto ai vasi di rose e di reseda, ascolto la musica e allo stesso tempo posso lasciar scivolare sulla stanza uno sguardo scrutatore. Qui, proprio accanto a me, c'è la gabbia d'ottone di Flämmchen nella quale l'uccellino sta già sul ballatoio ed ha nascosto la testolina sotto le ali. Stanco delle fatiche del giorno, è andato a letto presto. Alla seconda finestra, di fronte a me, c'è un tavolinetto simile a quello davanti al quale sono seduto; sopra c'è un telaio da ricamo con il lavoro avviato. E' il posto di Elise; anch'ella qui, come Flämmchen, ha una seconda abitazione. Fra le due finestre, collocato verso la luce, occupa molto spazio un tavolo che un tempo era stato colorato di rosso; ricoperto di libri, del necessario per scrivere, di quaderni, temperini, eccetera, scarabocchiato, tagliuzzato, spaccato, è il luogo delle "mute gioie" (27) di Gustav.

Qui il genio medita sui suoi "locibus" con la testa appoggiata ad entrambi i pugni e frugando fra i capelli; qui le pagine si riempiono con versacci di ogni genere invece che con frasi latine; qui vengono tramate tutte le sciocchezze che devono stupire e turbare il vicolo, qui vengono ricevuti col piú umile volto e con la piú piena espressione di pentimento le ammonizioni e i rimproveri che la madre dal suo trono riversa sul capo del perdigiorno della Sperlingsgasse e giustamente vengono ripagati con - un colpo audace, un quarto d'ora piú tardi; qui, in breve, qui - è la scrivania di Gustav Berg!

Quando la zia Helene ha terminato il suo pezzo, le racconto la storia del pranzo dei gatti del quale ella naturalmente non sa la ben che minima cosa.

"Non lo posso piú frenare!" esclama mezzo ridendo e mezzo disperata. "E mi corrompe completamente anche Elise! Invece di ricamare e imparare vocaboli, si tirano le palline di carta; se le fa scivolare un coleottero sulla nuca, sono sicura che lei gli attacca un pennacchio o gli dipinge una testa d'asino sulla schiena. Parlo e grido al punto di diventare rauca e stanca, ma non c'è niente da fare! 'Zia ha iniziato lui, io sedevo del tutto tranquilla!' 'Mamma, non è vero, ha colpito lei per prima!' Cosí passa tutto il santo giorno! Ma adesso dove possono esser finiti di nuovo?"

"Lupus in fabula!" dice il proverbio, ed i nostri vecchi sapevano cosa facevano quando lo introdussero. Alla domanda di Helene si apre la porta, o piuttosto viene spalancata, e si precipitano dentro, rosso-fiammanti - Fanfarone e Diavoletto! Ma l'amico Gustav appena mi vede fa dietro front e cerca immediatamente di riguadagnare la porta, ma per fortuna questa volta sono piú veloce io.

"Stop, maestro! Resta qua!"

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"Già, resta qua, Gustav!" grida la madre.E comincio l'interrogatorio."Quanti anni hai adesso, Gustav? Rispondi!""Quattordici e mezzo!""Che posizione hai nella classe?""Sono il ventiquattresimo dall'alto!""E dal basso?""Il - il - il quinto!" - (Pausa).Faccio un'espressione come quella di Zeus Kronion in procinto di tonare dopo

che ha fatto a lungo un caldo insopportabile e comincio un discorso che inizia: Quando avevo la tua età (nota bene, come cominciano tutti i padri e tutti gli educatori da quando Adamo "sgridò" il primogenito); accenno alla storia del latte, passo poi ai "locibus" nell'ultimo compito, lancio una frecciatina ad Elise e termino mettendo in risalto il lato commovente - patetico - il dispiacere della madre.

Per tutta la durata della "predica" il malfattore, stando ora su un piede ora sull'altro con un'espressione malinconica-pentita-furba-stupida, ha fissato intensamente un punto su nel soffitto che deve sembrargli molto singolare. Ma appena ho terminato, anche il suddetto punto perde ogni interesse per il briccone, "la terra lo ha di nuovo" (28), si mette dietro ad Elise che ha avuto da fare ininterrottamente con il suo grembiule e poi va da sua madre che gli dice:

"Vedi, te l'ho detto spesso, ma tu non mi senti. Come siete accaldati! Vieni via dalla corrente d'aria, Elise, bambina, ti raffreddi! Dove siete finiti in realtà?"

"Siamo stati solo alla Piazza della Fontana!" dice Elise passandosi il dorso della mano sopra la bocca.

"Ah! - E cosa avete fatto?""Abbiamo dato da mangiare ai pesciolini rossi!""I pesciolini rossi?! - Gustav, quanto denaro ti è rimasto ancora?"A questa svolta del discorso Gustav si rimette di nuovo improvvisamente su una

gamba e sembra essere molto dispiaciuto di non potersi grattare con l'altra dietro l'orecchio come fanno le oche. Lentamente infila la mano in tasca, riflette, ma la ritira velocemente.

"Ebbene?!""Non me l'hai dato per spendere, mamma?" chiede il briccone al quale la

propria educazione ha insegnato a conoscere la logica femminile."Naturalmente - ma - ma - - - ""E l'ho speso! Liese può testimoniarlo!""Altro che!" grida Lieschen con molto zelo. "Per questo non dovete sgridarlo!"Adesso vengo in aiuto alla zia, messa alle strette."Certo, può spenderlo, ma la domanda è come. Cosa avete fatto con i soldi?"La coppia si guarda in silenzio. Improvvisamente Liese fruga nella sua tasca,

tira fuori un nocciolo di ciliegia e lo lancia a Gustav, vicino al naso. La questione è risolta.

"Ah, ecco!" grida la zia Berg. "Allora è bene che sia finito, cosí per lo meno non può comprare di nuovo sigari come la scorsa settimana."

Anch'io sono completamente d'accordo, mentre Elise dà una gomitata nel fianco al cugino e gli sussurra all'orecchio: "Aspetta solamente, domani ricevo il mio!"

Beata fanciullezza! Tutte le età posteriori, che vogliono passare un solo minuto sognando allegramente, risalgono a te, ed io - invecchiato, riempio questi fogli con pensieri e preoccupazioni infantili da lungo tempo passate, da lungo tempo dimenticate! Non vagheggia persino l'umanità un'"età dell'oro", un mondo felice e infantile, da lungo tempo tramontato?

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28 febbraio.

Non è affatto un brutto mese questo febbraio, lo si deve solo saper prendere! - Ecco la prima cosa, la favolosa singolarità dei giorni mancanti. Un tempo, molti anni fa, come mi sono rotto il capo su dove fossero! Ogni altro mese andava a pennello con trentuno sulle nocche della mano, con trenta nelle fossette e solo quest'uno, febbraio - era troppo strano! - Da un punto di vista formale questa è una parte dei pregi di questo mese, adesso prenderemo in considerazione anche quella contenutistica. Cosa c'è da ridire su questa pioggia? Non fa tutto il possibile per adempiere il dovere di una brava pioggia? Non bagna a piú non posso e anche di piú? Il vecchio Marquart nel suo scantinato però è ridotto a mal partito, le sue barricate, gli argini, che erige borbottando, vengono portati via, la scala si trasforma in una cascata del Niagara. Di tutto ciò che si definisce buco la pioggia si appropria per grazia divina. E' sempre là, la sua perseveranza sfiora l'ostinazione! Si potrebbe pensare che di notte si concedesse tuttavia un po' di sosta. Nemmeno per sogno! Piove a dirotto e scroscia piú che mai. Lava i nottambuli dal di fuori dopo che si sono lavati dall'interno; lava dottori ed ostetriche per le strade quando vanno ad esercitare la loro professione; lava cocchieri e cavalli, signori e signore - mascherati e non; lava i gatti sui tetti ed i topi nei tombini; lava il metronotte e le sentinelle persino nella loro garitta. Tutto ciò che può raggiungere, lava! In breve: "Giorno e notte bucato generale e mammina natura è cosí poco amabile come può esserlo solo una donna di casa alle tre di pomeriggio di un sabato." Questo è il bollettino di febbraio che un tempo si definiva mensis purgatorius. - Ora trovo una similitudine anche riguardo all'aspetto della grande città. Ho riflettuto abbastanza a lungo, nessuna sembrava andar bene. Ma adesso ci siamo! Somiglia come una goccia d'acqua ad un infelice padre di famiglia che i flutti delle pulizie del sabato hanno trascinato su una sedia vicino alla fredda stufa dove è seduto - un novello Robinson Krusoe - con figlio, cane, gatto e ciuffolotto, le gambe su un alto sgabello e i lembi della vestaglia che penzolano nelle onde.

Brr! - Questo ancora una volta è il tempo per frugare nelle vecchie cartelle e vi frugo già da tanto! Deve esserci una lettera che, nonostante tutti gli sforzi, non riesco a trovare e che tuttavia in realtà avrebbe dovuto essere inserita nella Cronaca già da prima. Trovo a sufficienza lettere della stessa mano con data posteriore; narrano di battesimi ed una anche della morte di un rispettabile barbone detto "Rezensent". Ma preferirei avere una lettera piú vecchia che ancora non racconta di battesimi! Grazie a Dio, eccola! La Cronaca, come ho detto, avrebbe dovuto riportarla molto prima, ma che importa? Tali lettere quanto piú diventano vecchie, quanto piú vecchio è diventato persino chi le ha scritte, tanto piú fresche sembrano!

Ecco lo scritto:

"Sotto la responsabilità della redazione.

Cari e fedeli (29)!

Avevo appena scritto questo inizio 'cari e fedeli', quando all'improvviso una manina si posò sulla mia spalla, una bruna testa ricciuta si sporse in avanti e una vocina molto aggraziata disse:

'Permetti caro bambino (il 'caro bambino' sono io, il dottor Wimmer) - permetti, caro bambino, a quale donna vuoi scrivere ora?' Alzai lo sguardo, sorpreso, e vidi - una piccola e tondeggiante signora (ella adesso sta seduta accanto a me e per il 'tondeggiante' mi tira ben bene l'orecchio) che fece una graziosissima boccuccia:

'Caro bambino, mi piacerebbe proprio saperlo!''E adesso ti accontento, tesoro', dissi ridendo. 'Fai attenzione, è una strana

storia! - C'era una volta un uomo che andava in giro per il mondo e la gente lo

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chiamava dottor Heinrich Wimmer; alcuni però gli dettero anche dell''asino' o qualcosa del genere. Non erano solo quelli a cui aveva dato lo stesso epiteto - ciò che fece spesso persino per scritto, nero su bianco. Bene, in realtà quest'uomo aveva solo pochi amici veri, (abbastanza conoscenti) perché era una specie di vagabondo, anche se non nel peggior significato del termine. Era un letterato. Agli amici che lo sopportavano e non lo chiamavano 'asino' apparteneva in primo luogo un maestro di nome Roder, in secondo luogo un signore alquanto attempato, detto Wachholder e in terzo luogo - una giovane fanciulla (sta' tranquilla, Nannette, aveva al massimo undici anni quando ci separammo) di nome Elise Ralff. Abitavamo in una grande città dove c'è molta polvere e dalla quale mi hanno cacciato, con tutta probabilità perché preoccupati della mia salute, quella polvere mi faceva sempre tossire, stavamo parecchio insieme e ci comportavamo l'uno verso l'altro come devono comportarsi dei buoni amici. Persino il barboncino Rezensent, mio quarto amico, provava spesso una commozione umana, poiché è infatti un animale eccellente, nonostante tu dica il contrario, Nannerl!

E adesso ascolta - furibonda Otello, questo 'Cari e fedeli' riguarda i tre amici e non 'proprio' una donna, santa gelosia!

Ma dal momento che adesso siamo entrati in argomento, cara Nannette, lascia che seguiti a raccontarti. Ero con questi amici il giorno in cui scossi l'ultima polvere dai miei calzari su quella città-sabbia, in un bosco dove per tutto il giorno abbiamo cercato nidi, raccolto fiori e raccontato fiabe, quando all'improvviso avvertii una sensazione di immensa solitudine e di rimorso morale, eccetera. Allora, improvvisamente, in mezzo al verde bosco, dove gli uccelli cantavano tanto allegramente ed il sole splendeva fra i rami tanto luminoso ed allegro, mi venne un'idea, un'idea riguardo ad una piccola, graziosa ragazza con la quale un tempo avevo giocato e alla quale - negli anni successivi avevo pensato molto spesso. - In quel momento non pensai al fatto che fra il gioco da bambini ed il giorno nel bosco intercorreva cosí tanto tempo; - pensavo - pensavo: Heinrich, perché non vai a Monaco dove sei nato, dove abita tuo zio Pümpel, dove abita la tua - cara cuginetta Nannette?

Quest'idea mi folgorò come un raggio di luce molto piú splendente e piú allegro del sole - balzai su, gettai il cappello in aria e gridai: 'Urrà, vado a Monaco dallo zio Pümpel, dalla cugina Nannerl!' - Gli amici mi guardavano stupiti e sorridenti ed il maestro Roder disse: 'Ragazzo, sarebbe meraviglioso se tu - mettessi la testa a posto!'

(Dammi un bacio, tesoro, e continuo a raccontare.)Ecco, guarda, la piccola Liese Ralff mise al barbone una graziosa corona di fiori

di bosco intorno al pelo, mi strinsero tutti la mano - la piccola fanciulla pianse persino - e - - - andai a Monaco.

Erano passati molti anni da quando avevo visto la mia città natale per l'ultima volta e di umore assai malinconico, nel crepuscolo della sera, camminavo per i vecchi e noti vicoli del centro. Là c'era la casa dei miei genitori - vi abitavano estranei. Sbirciai attraverso la fessura di un'imposta e vidi due bambini che sedevano al tavolo vicino alla lampada; erano immersi molto appassionatamente nel gioco dell'oca e pensai alla nostra gioventú, Nannerl, e il cuore mi si appesantí sempre di piú. - Seidelgasse numero venti, adesso ero davanti ad un'altra casa. Vi era appesa una vecchia insegna ben nota sulla quale era scritto: 'Libreria Pümpel'. Il negozio era già chiuso, lo zio era senz'altro già in birreria; un raggio di luce illuminò anche le finestre del piano di sopra.

Non osavo quasi tirare il campanello. Ma alla fine lo feci. Dio mio, la campana suonava nello stesso modo lamentoso già dieci anni fa. Si avvicinarono passi strascicati - la porta si aprí; davvero era ancora là, la corpulenta Waberl, piú giovane che vecchia! Il barbone ed io l'avevamo quasi gettata a terra; non mi conosceva e rimase impietrita dallo spavento e dallo stupore quando con il mio compagno a quattro zampe fui in cima alla scala in due balzi.

Una piccola, tondeggiante... (Ahi, il mio orecchio! Senti un po', Nannette,

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questo è l'orecchio in cui, per quanto mi riguarda, 'entra', che matrimonio sarà, se tu me lo staccherai! Nannette, al tuo posto prenderei l'altro, dal quale 'esce'!) signora mi venne incontro:

'Mio padre non è a casa, mio signore!' - - - Non risposi ma le tolsi il lume dalla mano - anche la piccola signora tondeggiante si spaventò molto - e tenni la lampada in modo tale che la luce mi cadde in pieno volto.

'Signore Iddio, il cugino Heinrich!' gridò la piccola ttt... signora. (Nannette, di' un po', in quel momento credo di averti dato un bacio?)

'Oh, che barba ripugnante - - e che occhiali porta inoltre! Waberl, Waberl, presto alla birreria: il cugino Wimmer è qui!'

Sí, il cugino Wimmer era là, e venne pure il vecchio zio, abbracciò il girovago e gli fece mettere la sua veste da camera della domenica; voleva - - sí, cosa non voleva! Il barbone saltava come un matto e da buon cagnaccio ragionevole fece immediatamente amicizia con il grosso gatto Hinz della Pümpel.

E poi - poi diventai redattore delle 'Knospen', a condizione soltanto di trasudare prima la spiacevole tosse politica; poi fui 'provato' dal tuo papà, dal mio buon corpulento ed eccellente zio nel commercio librario tedesco e poi - - Dunque, Nannette, e poi? - - - - - - - - - - - - -Miei signori ed amici che cosa ho mai scritto, qua! - Succede cosí quando si è fidanzati e si vuol scrivere una lettera vicino alla propria promessa sposa! Pura impossibilità! Invece di un'esposizione seria, redatta secondo tutte le regole della logica e dell'arte di scrivere lettere, Vi scarabocchio la mia conversazione con la signora. E' divino!

Be' - cosa importa? La parte principale della mia storia l'avete saputa al momento opportuno. Ho aperto una nuova pagina della mia vita; e chi ha causato questa vita nuova? Il nobile commissario di polizia, Stulpnase, con i suoi mirmidoni e - la mia piccola Beatrice, chiamata Nannette Pümpel! Sia benedetta casa Pümpel e company, fino al millesimo componente!! -

Concludo. La mia gentilissima esige altrettanto spazio su questo foglio. Mi chiedo mai cosa scriverà; i suoi occhi brillano addirittura malignamente.

Dr. Wimmer.

Cara, piccola Elise!

Sebbene ancora non ci siamo viste di persona non posso proprio astenermi dallo scriverTi questa lettera molto corta, cara, il cattivo non ha lasciato molto spazio. Cosí tanto cattivo in realtà non lo è perché mi ha raccontato di Te molte cose buone e belle, ma tuttavia di' a quei signori che ancora non conosco di non prestar fede a tutte le stupidaggini che ha scritto. Non gli ho affatto pizzicato tanto l'orecchio come dice. - Cara bambina, una volta ci dovete venire a trovare tutti. Ho due canarini e un cardellino che si procura da solo il suo mangime, Te l'avrei mandato uno volentieri, ma lo zio dottore pensa che non possa sopportare il viaggio e non possa sopportarlo persino il brutto balbone. Giunge opportuno il fatto che quella bestia nera ha paura del mio bello e colorato Hinz; certo non si azzuffano proprio, ma spesso si guardano di traverso. Cara bambina vieni a trovarci un giorno e saluta lo zio Wachholder ed il signor maestro!

La tua amica sconosciutaNannette P.

P.S. Carissimo, consegni alla mia corpulenta amica, madam Pimpernell, le tre

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banconote da cinque talleri allegate; c'è da estinguere ancora una rimanenza del debito.

Dr. W.

P.S. Devo andare in cucina, altrimenti, proprio ora, avrei ancora tanto da lamentarmi del dottore. E' molto cattivo. Ieri ha rovesciato il suo calamaio sopra la mia tovaglia migliore. Non se ne andrà piú per tutta la durata della mia vita! - Ma questo è il meno. - Giunge opportuno il fatto che sono abituata al fumo del tabacco, anche il mio papà emette terribili nubi e le tendine, dunque, ancora una volta devono essere lavate cosí presto. Addio!

Nannette.

P.S. Lo zio Pümpel si è messo in testa di insegnare al povero 'balbone', come scrive Nannerl - alla sua età avanzata, ancora a 'fare il morto'.

Dr. W.

P.S. La birra gli piace! (Intendo dire al babbone - adesso sarà scritto bene.) Dio, devo davvero andare in cucina!

N.

P.S. Nannette è andata via! Miei cari amici sono molto felice ed allegro! spero in prossime notizie da Voi tutti. Saluti fraterni!

Vostro H. Wimmer."

Che giubilo aveva provocato allora nella Sperlingsgasse questa doppia lettera con i suoi post scripta! Come saltellava per la stanza il maestro Roder con la piccola Elise in quel pomeriggio d'agosto del 1841 quando arrivò! Oggi, quando l'ho ritirata fuori, con me non c'è né Roder - lo hanno mandato via in America nel 1849, avevano molta paura di lui, - né la piccola Lieschen, stando su una sedia, sbircia sopra le spalle. Tuttavia non sono solo durante la rilettura; malgrado la pioggia il disegnatore Strobel si è arrischiato ad uscire e, poiché la fortuna sorride agli audaci, è arrivato da me sano e salvo, anche se un po' fradicio.

"E' diventata una magnifica coppia di sposi", disse sorridendo mentre infilava l'ago con il quale voleva appuntare lo scritto alla Cronaca. "Da quando il dottore si è liberato di quella tosse cattiva e politica, che normalmente lo tormentava, ha raggiunto una mole alla quale si avvicina solo la corpulenza della piccola ed allegra signora Nannerl. E questi piccoli e grassi Wimmer: Hans, Fritz e Elise, 'la creaturina piú piccola', come dice il dottore! - E questa discendenza del nobile Resenzent! - Per ogni piccolo Wimmer un barboncino, uno piú nero e piú baffuto dell'altro. Com'è che si chiamano? Giusto: Stulpnas (di solito abbreviato Stulp), Tinte e Quirl. E' uno spettacolo da dei veder passeggiare la famiglia. Avanti cammina il dottore con il vecchio nonno Pümpel, poi seguono Tinte e Quirl che spingono la carrozzella di vimini nella quale c'è il topino Elise. Accanto a loro trotta Stulp con il cappello e il bastone del dottore e per ultima arriva Nannerl, alla sua destra Hans, alla sua sinistra Fritz. Di tanto in tanto con l'ombrellino sprona la coppia d'animali da tiro oppure grida al dottore:

'Wimmer, perderai di nuovo il tuo fazzoletto!'oppure:'Wimmer, non correre cosí con papà. Non riusciamo proprio a starvi dietro!'oppure:

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'Wimmer, Stulp ha ancora solo il tuo bastone!'Poi il dottore si gira gravemente, getta uno sguardo da generale sul plotone che

incede lentamente, soffia, si fa vento, si sbottona il panciotto, si slega il fazzoletto o addirittura si toglie la giacca e dice:

'Tesoro, dobbiamo rinunciare ad andare a passeggio. Per Giove, diventa troppo faticoso per gente come noi! - Stulp, briccone, prendi il mio cappello - là, allons!'

Mentre la piccola schiera si ferma il tempo necessario affinché Stulp ritorni con il cappello perduto, il vecchio dice:

'Heinrich, stai attento, il nuovo libro delle buone maniere non va!''Per quale motivo, papà?''Qui da noi non vi siamo abituati!' è la risposta.'Lo so già dai Nibelunghi e dal Parzival', dice il dottore emettendo un'enorme

nube di fumo. 'Ma deve - andare, - zio e suocero Pümpel! L'inconsueto e lo straordinario hanno maggiormente successo. Fritz, lascia in pace la rana, rimettila nell'erba, altrimenti l'avrai arrosto per cena, cosa che non può essere gradita ad alcun giovane bavarese! - Avanti! Yankee doodle doodle dandy! A queste parole casa Pümpel e company si rimette in marcia."

Risi di cuore su questa descrizione. "Cresca, fiorisca e verdeggi casa Pümpel e company come - come - - "

"Luppoli! - Evviva!" gridò il disegnatore, prese il cappello e corse di nuovo via. Dov'era stato seduto c'era una piccola palude di acqua piovana: non avevo quindi bisogno di offrirgli un ombrello.

Sera, ore 11.

Come è finito tristemente questo giorno! Non volevo raccontare la storia della piccola ballerina che sta sopra di me e che un tempo accompagnammo al mercato natalizio per la paura di aggiungere a questo libro illustrato ancora una pagina buia; ma la mano invisibile che volta una dopo l'altra le enormi pagine del libro Mondo e vita con le sue generazioni calpestate, popoli sterminati, individui morti, vuole ben altro di quanto non voglia il piccolo uomo che riproduce disegnando. E dunque questa pagina diventa oscura, oscura - come la morte!

"Signor Wachholder", disse la signora Anna Werner che bussò alla mia porta alle nove di sera. "Signor Wachholder, il bambino della ballerina muore entro questa notte! L'ha detto il dottor Ehrhard che è di sopra proprio ora. Non è terribile che la madre in questo momento debba ballare? I malvagi non le hanno voluto permettere di rimanere a casa questa sera: oggi è il compleanno della regina, ella deve ballare!"

Povera, povera madre! Graziosa, leggera farfalla, ti dondolavi finché arrivò la seduzione e vinse. Abbandonata, schernita, cercavi la tua felicità solo negli occhi, nel sorriso del tuo bambino e adesso la morte ti prende anche lui!

Povera, povera madre! A ballare con le guance truccate e la morte nel cuore! Tu non senti le migliaia di voci esultanti della folla, non senti la musica rumorosa: i gemiti della piccola creatura morente nella lontana soffitta coprono tutto. - Salgo la scala buia e stretta che conduce all'abitazione della ballerina. La signora Anna ed il buon vecchio dottor Ehrhard sono seduti vicino al lettino del bambino malato. Una lampada velata getta sulla stanzetta una luce fioca; qua e là sulle sedie ci sono ornamenti bizzarri, sul tavolo, fra i flaconi dei medicinali, una mezza maschera nera. Il dottore appoggia l'orecchio sul petto del fanciullo ed ascolta il respiro

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pesante e trepido; sto alla finestra ed origlio fuori nella notte. La pioggia batte continuamente sui vetri; da un locale da ballo dei piú umili giungono fin quassú le note stridule ed acute di un violino. - Adesso il dottore tira fuori l'orologio e dice serio e a bassa voce:

"Deve affrettarsi!"Il bambino si lamenta nel suo sonno irrequieto; la mano della morte preme

pesantemente e piú pesantemente ancora sul piccolo cuore ignaro a cui si svelerà presto un segreto davanti al quale rimane perplessa ogni sapienza della terra.

Alla chiesa di S.Sofia battono cupe le dieci. Il vento si alza improvvisamente e scuote le finestre mal conservate. Questa notte di febbraio diventa sempre piú inquietante e piú sinistra.

La grande e famosa artista è adesso in teatro e si inchina fra corone di fiori, la folla esulta ed applaude; il re, la regina, il pubblico si sono alzati - il pesante sipario con stelle dorate cala lentamente. La pallida regina è salita, stanca, nella sua carrozza; la grande artista riceve le congratulazioni ed i complimenti di coloro che la circondano; il teatro civico, or ora ancora cosí gremito di persone, è ormai vuoto e - la povera corista è caduta a terra semi svenuta dietro le quinte per precipitarsi via, destandosi da un sogno crudele all'ancor piú crudele realtà, con il grido straziante: "Bambino mio, bambino mio!" - Nella piccola soffitta non abbiamo visto e non abbiamo udito nulla, ma ogni respiro che si fa piú breve del bambino morente ci diceva cosa accadeva in quell'edificio splendente di luci e pieno di musica all'altro capo della grande città.

Ascolta! Una carrozza si avvicina rumorosamente; si ferma dabbasso."La madre", dice il dottore alzandosi. "Era ora!"Un passo frettoloso sale la scala; una signora, avvolta in uno scuro mantello,

pallida come la morte e affannata, appare sulla porta. Lascia cadere il mantello umido di pioggia e nel bizzarro costume delle megere, come lo vedemmo in Satanella, si getta sul lettino.

"Bambino mio! Bambino mio!" sussurra guardando il dottore con orribile angoscia. Ella si china, ascolta il lieve respiro del bambino: è ancora vivo! - La nera testa riccioluta con l'ornamento di falsi diamanti e di nastri rosso-fuoco affonda sul misero cuscino.

"Mamma, cara mamma!" geme il bambino morente afferrando con le piccole manine scottanti di febbre i neri capelli della madre, tanto che le pietre vi luccicano e vi brillano. - - Adesso corre un brivido per il piccolo corpo - - -

"E' finita!" dice cupo il vecchio dottore stringendomi la mano.La signora Anna ed una vicina sono rimaste tutta la notte vicino alla povera

madre in stato di incoscienza.

7 marzo.

Ieri pomeriggio le nubi plumbee, che minacciavano pioggia e che per tutta la settimana avevano sovrastato la grande città, cominciarono ad alzarsi. Si squarciarono verso nord come un sipario e rotolarono lentamente e pesantemente verso sud. Un raggio di sole, veloce come una saetta, scivolò sulle finestre e sulle pareti di fronte a me per scomparire altrettanto velocemente; ne seguí un altro un po' piú lungo e adesso sui tetti e sulle strade della città c'è il piú magnifico sole primaverile. In verità adesso la città non somiglia piú ad un marito tormentato dalle pulizie; somiglia piuttosto alla sua dolce metà che adesso pensa di aver fatto il

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proprio dovere e, spossata, si lascia cadere su una sedia per bere il caffè e bisbiglia: "Puah, mi sono affaticata ma, grazie a Dio, ora è davvero un po' pulito!"

Già, è pulito! La neve è scomparsa, ultimamente era diventata troppo grigia e addirittura sgradevole; molti volti di cattivo umore e scontenti si sono rasserenati e - la piccola salma del piano di sopra è stata portata via. La vecchia nonna Karsten l'ha anche seguita con gli occhi; ha baciato la povera madre sulla fronte quando si è portata giú la bara ed ha scosso a lungo il capo come se si stupisse di qualcosa. Chi sa quante vite piú giovani di lei vedrà sparire ancora da là!

Una volta ho definito questi fogli un libro dei sogni, credo - in realtà che lo siano anche.

Come ombre le immagini passano davanti ora luminose e serene, ora oscure e tristi. Adesso il fondo scuro, dal quale esse si staccano, è completamente coperto di vita e di giubilo; adesso emerge di nuovo lo sfondo sinistro e tetro. La gioia ammutolisce, il giubilo si smorza, ovunque è notte deserta che solo di tanto in tanto un lamento interrompe. Ma per quanto la notte possa essere oscura, una stella vi brilla sempre: Elise! - Devo solo immergermi nelle mie vecchie cartelle e nei miei libri dei ricordi e gli spettri fuggono, le nebbie si dissolvono e dentro di me è nuovamente giorno lieto.

Elise!

La gemma che racchiude nel suo verde involucro cento petali profumati si schiude come un dolce, caro segreto. Ancora un caldo bacio del sole e la centifoglia, con le limpide gocce di rugiada della giovinezza e dell'innocenza in seno, è il piú bello dei fiori della terra.

Non credo ad alcuna rivelazione se non a quella che leggiamo negli occhi della creatura amata; soltanto essa è vera, soltanto essa è schietta; soltanto negli occhi dell'amore contempliamo Dio "faccia a faccia". La lingua è debole e il linguaggio dell'uomo imperfetto; la scrittura è ancora piú debole e piú imperfetta e voler fare di un foglio di carta la sorgente della conoscenza dello spirito eterno è un'impresa miseramente folle. Chiudo gli occhi e - lei è davanti a me con il suo dolce sorriso, ella li apre, questi grandi occhi azzurri nei quali cerco e trovo consolazione. Elise, Elise adesso sei diventata una gran bella ragazza, e quell'immagine là, che il tuo defunto padre dipinse della tua defunta madre, è simile ad uno specchio quando tu vi stai davanti tanto pensierosa e quando guardi in alto verso di esso, sorridendo dolcemente e tristemente. I giochi sfrenati, i colpi audaci in casa e nel vicolo sono finiti (anche se non completamente, birba); mentre un tempo ridevi, Elise, adesso sorridi, mentre un tempo piangevi e ti lamentavi, adesso abbassi gli occhi e sogni; mentre un tempo mettevi in bocca il lembo del grembiule o intrecciavi le piccole braccia dietro la schiena, adesso un rosso-fiamma corre sulle tue guance - sei diventata una signorina nelle pagine della Cronaca, Elise!

Spesso, mentre stai seduta davanti al tavolinetto da lavoro di tua madre sotto la pergola di edera, ascoltando, lasci cadere in grembo il lavoro e nascondi la testolina nel piú fitto fogliame. Poi da là una voce chiara e vivace, che intona una canzone studentesca, risuona verso questa parte. Dove vuole andare Flämmchen, Elise? - Per un attimo si posa sulla sua spalla cinguettandole nell'orecchio come se avesse da confidarle un importante segreto, un segreto davvero importante, poi scompare dalla finestra. Dove si è fermato?

Dall'altra parte la voce, che d'un tratto si interrompe nel bel mezzo del suo canto, ne dà la risposta. Un volto ben conosciuto, poco mutato e bruno, incorniciato da riccioli scuri, appare alla finestra al numero dodici, è il giovane pittore Gustav Berg, il cugino Gustav, quello che una volta era il perdigiorno del vicolo, adesso un "giudizioso" artista e, come si dice in giro abbastanza spesso, il "perdigiorno

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dell'atelier" dal maestro Frey, nella Rosenstrasse."Cugina, cugina Elise! Zio Wachholder!" grida. La mamma è fuori di sé!

Flämmchen ha rovesciato un flacone di olio di lino e - confusione su confusione - non solo ha apportato un abbellimento molto gradito sul pavimento ma anche un miglioramento molto sgradito sul mio disegno. Non c'è alcuna possibilità di continuare a lavorare! Che ne diresti di una passeggiata?"

Penso sorridendo al dottor Wimmer che un tempo, abbastanza spesso, ci gridava da là qualcosa di simile; la Cronaca della Sperlingsgasse ha le sue ripetizioni come tutto nel mondo. - Elise mette il suo cappello di paglia e andiamo di là. Gustav ci riceve già sulle scale ancora nella leggera veste da pittore sporca di colori e con il canarino sul dito.

"Ecco il criminale", ride. "Vedi, Lieschen, come sembra innocente, proprio come te che tuttavia non sei affatto migliore di lui."

"Cosa? - Che ho combinato, dunque?" chiede Elise."Non ascoltare quest'essere cattivo", dice la zia Helene che adesso appare sulla

porta."Ah; - questo è magnifico, mamma! Non ascoltare quest'essere cattivo! E'

meraviglioso! Zio Wachholder, le donne fanno causa comune; La chiamo a giudice. Ma venga dentro, la cosa è troppo importante per poterla risolvere sulle scale."

Entriamo, ognuno si cerca un posto e Gustav inizia:"Ascolti, zio! Questa mattina vado via da qui molto serio con la mia cartella per

i disegni sotto il braccio. Le migliori intenzioni e i migliori sentimenti agitavano il mio petto e contavo intimamente, per l'immenso zelo che oggi volevo dimostrare, di godermi diversi giretti. Avrei voluto saper stenografare il monologo che tenni, ora mi sarebbe stato di grande utilità. Questa volta avevo felicemente oltrepassato parecchi Scilla e Cariddi dove di solito, di tanto in tanto, erano naufragati i miei buoni propositi. Quando Thomas Helldorf apostrofò contro di me dalla sua finestra, feci il sordo, quando Leopold Dunkel mi fece cenno dalla pasticceria Schnolly, feci il cieco; ho finto di essere insensibile quando Richard Breimüller mi colpí nel fianco e mi slogò quasi il braccio per trascinarmi ad una magnifica colazione che davano gli immorali, i volontari del trentaduesimo. Sviluppai una gigantesca morale! Allora, nel pieno sentimento della mia eticità, svolto l'angolo che conduce al mercato orticolo e - vado ad urtare contro un cesto, o piuttosto contro colei che lo portava che mi viene incontro e senz'altro mi sbarra la strada col suo ombrellino..."

"Oh, questo bugiardo!" interrompe allora Elise. "Chi ti ha sbarrato il cammino? Non mi hai fermato tu? Non mi hai tolto tu il mio cesto? Tu..."

"... che mi ha dunque sbarrato il cammino e...""Calunniatore! - Non hai rovistato tu tutto il mio cesto e non hai tirato fuori la

carota piú grossa e su due piedi con il tuo coltello...""... che, come ho detto, mi ha sbarrato il cammino, e dice: 'Guarda, è

meraviglioso, Gustav; adesso, per una volta, pur controvoglia, dovrai renderti utile; ecco, prendi il mio cesto!' - Puoi negarlo, Liese?"

"Zio, mente in modo spaventoso", dice Elise, "falsa l'intera storia. Dunque non gli avrei fatto portare il cesto?! Era lui che non lo riconsegnava e inoltre, poiché fra un morso e l'altro che dava alla sua carota odorava un mazzo di rose che aveva tirato fuori allo stesso modo, allora dissi: 'Non ho piú tempo e...'"

"Zio Wachholder", interrompe adesso Gustav, "ho unito l'utile al dilettevole! Mamma, le carote crude non sono forse buone oltre - oltre ogni limite?"

"... non ho piú tempo e se tu, una buona volta, non vuoi restituire il cesto, allora, per me, tienilo e portalo!"

"Vedi! Vedete! Ammette persino la sua cattiveria. Pensi, zio Wachholder, all'improvviso si volta, corre via come una gazzella e mi lascia all'angolo come un cretino, carico di rose di Schiras e di verdure della valle di Scham. 'Elise, Lieschen, cugina Ralff!' grido a squarciagola; 'Liese, con il cesto non posso andare all'atelier! Meravigliosa cugina Lischen, liberami da questa natura morta!' - Ma chi non sente è proprio Elise. Cosa fare? Mi metto a correre; dietro a lei con cesto e cartella, con

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carote e rose. Che caccia! - Di tanto in tanto scorgo il suo cappello di paglia o il suo vestito azzurro fra i banchi dei fiammiferi, delle aringhe, del burro e del formaggio - credo di averla presa - inganno, è scomparsa nuovamente là dietro ad una bancarella! Comincio a rendermi molto ridicolo al pubblico degli acquirenti e a quello dei venditori con la mia carota che tengo ancora stretta in mano. Metto il piede in un cesto di uova! Enorme scandalo! - Arriva la polizia! 'Venda con calma i suoi crauti', dice sogghignando il poliziotto nr.69, 'sempre con tranquillità!' - Pago per il cesto di uova con il cuore sanguinante e gli stivali gialli; di Elise nessun indizio! - Nuova caccia - scivolo su un torso di cavolo - rimango di stucco, sto là con cesto e cartella; navoni, rose, cipolle, i miei disegni e i conti del mercato di Elise intorno a me in pittoresca confusione. 'Oh, Dio, questo povero ragazzo', dice una corpulenta fruttivendola, 'proprio ora nelle uova e adesso nella m...! Devo aiutarla, ometto?' - 'Sempre con tranquillità', sogghigna di nuovo il poliziotto nr.69 che mi ha seguito come il mio cattivo principio. - Raccolgo i miei tesori che mando al diavolo già quando sono disteso e mi alzo poi in uno stato veramente elegante. Con fiato grosso e zoppicante mi faccio strada attraverso la folla e mi lascio cadere sul paracarro, a quello stesso angolo dove era iniziata la mia sofferenza. Metto il cesto fra le gambe e vi guardo fisso con estrema tristezza. Davvero devo trascinare il mostro fino alla Sperlingsgasse? Passando davanti alla caserma del trentaduesimo e alla pasticceria Schnolly? - Ne avrei un soprannome, io e tutta la mia discendenza - lungo tre braccia! Il mio animo si opponeva troppo energicamente. Non potevo prendere una vettura pubblica perché l'incidente delle uova aveva divorato la mia riserva di denaro, non mi rimaneva altro che grattare una nuova carota per soffocare la mia disperazione. Ecco cosa succede quando si esce di casa con seri propositi! Ora avrei potuto trovarmi comodamente alla colazione dei volontari invece che su questo fatale paracarro! Non so per quanto tempo sia rimasto là accovacciato, tanto meditabondo, quando all'improvviso, per guardare verso il cielo, alzo lo sguardo ma lo lascio sospeso a mezza altezza, impietrito! - - Ella sedeva là! - Ridacchiando sta appoggiata al paracarro all'altro angolo della strada, di fronte a me, con una grossa e verde pera morsicchiata in mano! 'Buon giorno, cugino!' sorride, senza muoversi di un passo. 'Potresti rendermi adesso il mio cesto? Devo andare davvero a casa; lo zio altrimenti non avrà niente da mangiare!' - Mi passo la mano sulla fronte, prima devo effettivamente raccogliere le idee; emetto un profondo sospiro - allora ella si alza come se si accingesse a correre via di nuovo. In un'angoscia mortale salto su, con un balzo sono al suo fianco col maledetto cesto, glielo appendo al braccio e adesso mi lascio cadere sul paracarro accanto a lei per provarlo anche come sedile. - 'Ma ti ho cercato, Gustav!' sorride beffarda la maligna. 'Dio, che aspetto hai? Dove sei finito?' - ∆αιµονιη!' borbotto cupo, mentre ancora piú cupe alla chiesa luterana battono le undici e il tempo dell'atelier sta per terminare; e allora torniamo a casa, Elise avanti sempre ridacchiando, io dietro a lei zoppicante tenendo insieme con attenzione i lembi della mia giacca. Una toilette dimessa, un borsellino vuoto, gambe stanche, un orribile sapore in bocca di quelle fatali carote e la strana sensazione di essermi reso infinitamente ridicolo, questi sono stati i risultati della mattinata! E adesso giudichi Lei, zio Johannes!"

"Zio, non darti pena di giudicare", dice Elise. "Si è già giudicato da sé. Non l'ha fatto forse?"

"Lo credo anch'io", dice la zia Berg."Io pure", emetto il mio verdetto."Me l'aspettavo", brontola il giudizioso artista."Ma quando mai ha la meglio l'innocenza?! D'accordo. Come procede la nostra

passeggiata?""Sí, dove vogliamo andare?" grida Elise e Gustav dice:"Una proposta conciliante: andiamo al Wasserhof, c'è il bal champêtre! Che ne

dici, Lieschen?""Si può andare là?" chiede la zia Berg dubbiosa.

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"Perché no? Allora noi siamo d'accordo!" dice l'artista giudizioso tirando su il colletto gravemente. "Tra l'altro oggi c'è anche l'atelier con le sue sorelle e anche il professor Frey con le sue sei nipoti, e..."

"Al Wasserhof!" grido entusiasta. "Zia Berg si può andare!"E andiamo. - Chi non conosce il Wasserhof? Non l'ha reso immortale Goethe nel "Faust"?

"La strada per andare là non è affatto bella." Quale strada è bella intorno a questa città? Evviva il Wasserhof! Di giorno c'è l'ombra e freschi pergolati, musica, lampioncini, e di sera lucciole che volano; ci sono camerieri con tovaglioli, una volta bianchi, infilati nella tasca destra dei pantaloni; c'è soprattutto una - meravigliosa pista da ballo nel verde!

"Lieschen, questa mattina mi hai dato un cesto (30); ti perdonerò se adesso non me ne darai un altro: signorina mia, posso invitarla per il primo walzer?"

"Lasciaci prima arrivare, cugino!" dice Lieschen che per tutta la strada sarebbe sempre stata la prima se Gustav non fosse andato di pari passo con lei.-

Ci siamo! Ehi, il vecchio maestro Frey siede già là con la sua lunga pipa dietro ad una bottiglia di vino, sta a guardare comodamente e sorride all'allegro andirivieni agitando di qua e di là il berretto nero sui lunghi capelli bianchi. Ci saluta già da lontano quando ci facciamo largo fra la folla e grida verso di noi il suo "Benvenuti". Urrà, ecco l'"atelier con le sue sorelle" come dice Gustav e le sei nipoti del professore. Un allegro gruppo: capelli lunghi, gonne di velluto nero, cappelli alla calabrese con enormi nappe, poi di nuovo vestiti bianchi, nastri colorati, cappelli di paglia e Gustav ed Elise naturalmente subito in mezzo a loro. Per il santo vocabulus, quello non è l'alto benemerito maestro Besenmeier che, aptus adliciendis feminarum animis, conquista una sedia per la corpulenta signora Dippelmann, moglie del rettore? E' veramente lui e c'è persino il rettore che ha abbandonato completamente bacchette e scuri cosí che, in questo momento, senza gravi conseguenze ogni allievo può chiedergli del - fuoco per il suo sigaro. Chi abbiamo qui? Posso credere ai miei occhi? Il regio professore di teologia, predicatore di corte e del duomo dr. Niepeguck!? - E' davvero lui, con moglie e bambini passa attraverso la folla. "Via la dogmatica!" dice la canzone studentesca: perché il vecchio di Halle non avrebbe dovuto canticchiarla ancora una volta col - doppio mento - in una magnifica serata del genere? Come è rappresentata l'università! Professori, liberi docenti e studenti di tutte le facoltà e di tutte le corporazioni! Me lo immaginavo, ci sono anche gli "immorali", i volontari! Naturalmente non potevano mancare! -

"Buona sera, Cäcilie, Anna! Buona sera, Elise, Johanne, Klärchen, Josephine! E' davvero stupendo che anche voi siete qua!" si sussurra e si mormora confusamente.

"Dio, dov'è il mio ballerino! Quell'uomo detestabile non mi 'mollerà'?!""In nessun caso, signorina!" dice l'uditore giudiziario Krippenstapel sporgendo

il suo capo meraviglioso al di sopra delle spalle di colei che parla spaventata e mormorando qualcosa come "solo sequestro personale".

"Lieschen, il cesto no - per favore!" grida Gustav mettendosi un paio di strani guanti e infilando un bocciolo di rosa all'occhiello.

"Dunque, cugino, - se non può essere diversamente - allora vieni, presto, la musica già inizia."

"Senti, Peter van Laar" (31), dice Gustav correndo a un corpulento studente d'arte "se tu mi ripesti il piede come poco fa, domani ti infilo il naso nel tuo recipiente di trementina! Vieni, Lieschen!" -

Brr - se la sono svignata: "Individui spavaldi."Nel frattempo mi sono seduto con la zia Helene al tavolo del maestro Frey che

proprio ora ha terminato fra fragorose risate una farsa ispirata ai suoi vagabondaggi italiani. Il predicatore parla degli effetti della birra sulla sua costituzione, mentre Petrus e Paulus, i suoi rampolli, si rotolano e si azzuffano sotto il tavolo e sua moglie si sofferma sul fatto che i camerieri si soffiano il naso con la mano.

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"E' sempre meglio che con il tovagliolo!" dice il rettore Dippelmann prendendo una presa di tabacco e offrendo, per distrazione, la scatola alla zia Helene. Ad un certo punto, nello stesso momento, vengono avviati due discorsi: le donne finiscono col parlare di bucato e il predicatore con il rettore Dippelmann di - teologia.

"Venga, Wachholder", dice il professor Frey, "preferisco guardare i ragazzi mentre ballano! Per me questi discorsi diventano insipidi ed opprimenti allo stesso tempo."

Poiché in realtà anch'io avverto qualcosa di simile, accetto con gioia la proposta e passeggiamo per le viuzze con i lampioncini e le corone verso la pista da ballo. C'è un allegro movimento.

"Che riflessi meravigliosi!" grida il vecchio pittore entusiasta. "Guardi, Wachholder, ecco Berg di cui, nonostante la Sua sporadica trascuratezza e negligenza, farò un vero artista. Allora, fanello", si volta verso Berg che va di corsa, "spero non lascerete 'avvizzire' le mie ragazze - come dicono loro!"

Il giudizioso artista sghignazza in modo indescrivibile:"Facciamo del nostro meglio, signor professore. Guardi Peter Laar! Non

volteggia con la signorina Julie come un vero 'fapresto'? A questo punto non può davvero lamentarsi. Guardi un po' che progressi. Guardi come - Patatrac! Lo supponevo! Fa affondare l'uditore giudiziario Krippenstapel con la sua donna! Accidenti! Succede uno scandalo! Devo correre in aiuto!"

"Signore!", grida il regio uditore giudiziario balzando su furibondo e facendo sedere sul suo "séant" la sua ballerina, afflitta e ridicola. "Signore, non è in grado di vedere, non ha occhi in testa, Lei..."

"Stop, Krippenstapel!" interrompe Gustav sollevando l'angelo caduto dell'uditore giudiziario. "Lei sarà vendicata in modo terribile, Le do la mia parola d'onore! Peter Holzmann, bamboccio, mostro! Un'orribile sorte ti aspetta domani! - Signorina, non si è fatta male vero? Vuole applicare una lama di coltello fredda che è un buon rimedio contro i bernoccoli? - Signorina Julie, per favore, dia a quel grosso mostro al Suo fianco un buffetto sul naso come si deve, come assaggio! - Krippenstapel, faccia il bravo, niente chiasso; venga, si faccia dare uno spillo dalla Sua dama invece di seguitare a svolazzare. Non lo dimentichi, è importante, come esteta lo so!"

Una risata generale risolve la cosa, Krippenstapel, furibondo, va di soppiatto nella boscaglia; la sua dama, dietro al fazzoletto, dice di non voler applicare alcuna lama di coltello fredda; Peter Holzmann con la signorina Julie va inciampando verso una sedia e tutte le altre coppie si dispongono per un nuovo ballo.

Già durante lo svolgimento di questa scena mi sono meravigliato di non veder spuntare il capo riccioluto di Elise da nessuna parte, di non sentire la sua sonora risata; quando adesso comincia un nuovo ballo e anche ora non compare, la cosa mi insospettisce.

"Gustav, ehi vieni qui! Allora dove hai lasciato la mia Elise?""Io? - Zio, chieda piuttosto: dove ti ha lasciato Liese. Ella sostiene di essere

arrabbiata ed è corsa via con la signorina Henriette Frey dopo che mi ha definito un - un 'bollitore per il tè'."

"Ah! - Allora cosa avete di nuovo in mente?""Non posso impelagarmi in qualche altra cosa!" dice il 'giudizioso artista', fa

una faccia che dovrebbe essere malinconica e sparisce fra la folla."Se le cose stanno cosí", ride il vecchio Frey, "allora adesso le ragazze

parteciperanno ai discorsi sul bucato e sulla teologia. Venga ci dobbiamo informare su che sventura e che discordia ha provocato il pacificatore (non faceva magnificamente la sua parte?)!"

"Già me lo posso immmaginare", borbotto sotto i baffi, dunque ci facciamo strada di lato nella boscaglia e giungiamo al nostro tavolo.

"Giusto, le tortorelle sono sedute là!" grida il professore. "Come sembrano assorte ad ascoltare il maestro benemerito Besenmeier e invece sono da tutt'altra parte! Tuba, tuba, tuba signorina Elise, tortorella mia, cosa Le ha fatto dunque un

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certo - ehm - un certo 'bollitore per il tè'?""Chi?" chiede Lieschen che si è spinta proprio vicino alla zia e dalla quale viene

avvolta in un enorme scialle, mentre Henriette, all'altro lato della zia, si occupa solerte della sua tazza di tè.

"Chi? Chiedi!" intervengo io. "Proprio adesso abbiamo incontrato qualcuno che era abbastanza vicino a - 'traboccare'."

"Ah, intendi il cugino! - Pah - lui!""Dunque, cosa è successo? Zia Helene, non si è forse già sfogata con lei?""No!" dice la zia. "Hanno litigato di nuovo?""Sembra! Signorina Henriette, Lei certamente ne conoscerà qualche particolare

in piú?""Devo dirlo, Lieschen?" chiede Henriette ridacchiando e tirando l'orecchio della

sua amica."Per me!" dice Elise scacciando, con una faccia fra la misantropia e il

pentimento, una falena che le svolazza intorno al capo e vuole impigliarsi nei suoi riccioli ad ogni costo.

"Egli ha - il signor Gustav ha detto: che se lui non le mandasse i ballerini e non facesse propaganda per lei (credo che si dica cosí ) allora ella - in vita sua, non avrebbe alcuno all'infuori di lui. Quindi ella dovrebbe essere carina, grata e gentile verso di lui e..." -

A tutti sfuggí un'esclamazione di indignazione."Detestabile!" grida la zia Berg. "Finis mundi!" ride il rettore Dippelmann.

"Vergognoso!" geme sua moglie; "Orribile!" dice la moglie del predicatore. "In nome del cielo, è il colmo!" dice suo marito. "Questo non l'avrei mai pensato!" borbotto. "La deve scontare", grida il professor Frey "e..."

"La sconta già!" dice una voce e il malfattore fa capolino attraverso la boscaglia dietro il posto di Elise. "In parte l'ha persino già scontata!"

A queste parole il blasfemo esce con fatica completamente fuori, si introduce pian piano fra sua madre ed Elise che velocemente si sposta dall'altra parte dove egli la segue altrettanto rapidamente. Mettendo il suo braccio intorno a lei, tiene il seguente discorso: "Lieschen, angelica cugina Ralff, ti scongiuro, ascoltami! - Credi forse che abbia continuato a ballare dopo che tu hai voltato le spalle a quella scena di futili gioie? Sbagli! Sbagli! Ho fatto opere buone per espiare la mia colpa: il nobile Holzmann - Holzmann, vieni un po' qua e dammi la scatola con le lacrime ardenti!, - ho salvato il nobile Holzmann dalle grinfie di Krippenstapel che anelava vendetta; ho sollevato la signorina Tekla Stichel dalla piú divertente di tutte le situazioni, o piuttosto, posizioni; quando in mezzo alla contredanse al volontario Breimüller si è strappata la staffa dei pantaloni e il mutandone gli è andato su frusciando fino alle ginocchia, gli ho chiamato con un fischio una vettura; in breve, dovunque c'erano lacrime da asciugare, c'ero anch'io - come ho detto solo per espiare la mia colpa. E qui, Lieschen, (Holzmann, dammi la scatola) non solo ho asciugato lacrime, ne ho anche raccolte alcune! - Guarda, Lieschen!"

Elise emette un'esclamazione di stupore e di gioia nonostante il suo rancore quando il briccone le fa cadere in grembo il contenuto della sua scatola e innumerevoli, scintillanti e luminose lucciole si arrampicano su di lei e le svolazzano intorno.

I lampioni sono posti abbastanza lontano, tanto che gli animaletti possono apparire in tutto il loro scintillio ed è veramente un grazioso spettacolo - questa Elise ricoperta di stelle!

"Sono le mie lacrime di pentimento e tu - purtroppo hai troppi ballerini - senza di me! - ed io sono un bollitore per il tè, eccetera - Lieschen?! - Lieschen, guardami un po'!"

"Perdigiorno!" dice Elise acciuffando il peccatore per i capelli e - la pace è fatta! -

Era completamente fuori di sé questa sera il vecchio maestro Frey? All'improvviso annunciò che voleva festeggiare adesso il suo 69esimo compleanno

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che sarebbe stato il giorno seguente, fu l'ultimo della sua vita, giacché in tali occasioni l'improvvisare suscita la vera gioia e il vero giubilo. Fece semi ubriacare mezzo atelier, tutte le donne erano brille. Gli fu messa una corona nonostante tutte le resistenze - una corona che solo cosí doveva essere. Il predicatore tenne un discorso che iniziava con "venerato vecchio" e finiva in modo simile, furono tenuti discorsi e furono fatti brindisi fino alle dodici. Poi il vecchio festeggiato incoronato si alzò, si lamentò del fresco e dell'umidità della notte e - la festa era finita.

Finita! Dove sono oggi tutti coloro che festeggiarono?Il vecchio maestro Frey è morto, i suoi allievi sono dispersi in tutto il mondo.

Peter Holzmann, detto Peter van Laar o anche bamboccio, è stato pugnalato nel 1849 da saccheggiatori francesi in una villa romana, volendo proteggere una Madonna raffaellesca dalla loro mania di distruzione. Il predicatore non si è ancora convertito al mormonismo e il maestro benemerito Besenmeier ha sposato la signorina Julie Frey ed è - "con la prima notte e il matrimonio si distrugge la bella illusione" (32) - spaventosamente succube della moglie. La moglie del rettore Dippelmann ancora tutte le mattine, come sempre, fa il nodo alla cravatta del marito, gli mette il pane imburrato, incartato nel giornale del giorno avanti, nella tasca della giacca e lo guarda orgogliosa dalla finestra quando passa per la Friedensbrücke verso il liceo Schimmelstadt.

E Gustav ed Elise? - - - Piú tardi porterò questa pagina della Cronaca di là, al numero dodici della Sperlingsgasse, a quella bella signora alquanto attempata le cui note del pianoforte si sono intrecciate ai miei pensieri già per tutto il pomeriggio. Poi parleremo di Gustav ed Elise!

14 marzo.

"Senta, Wachholder", ha detto Strobel sbattendo sulle ginocchia i fogli rilegati della Cronaca, "quando la morte un giorno Le toglirà la vita, qualcuno rimuoverà fra le Sue opere postume questi fogli e si darà la pena di sbirciarvi, prima di utilizzarli per l'interesse collettivo, si troverà nello stesso caso del vecchio Albrecht Dürer che lodò un quadro venatorio ma allo stesso tempo si lamentò di non poter distinguere bene ciò che di fatto dovevano essere i cani e ciò che dovevano essere le lepri. Lei mischia troppo assurdamente sogno e storia, passato e presente, carissimo; chi non si confonde è perché lo è già! E se Lei presentasse le Sue immagini semplicemente come un vecchio, giudizioso ed annoiato signore e scrittore di memorie! Ma no, qua La intralcia la Sua collaborazione ai "Welke Blätter", là abbellisce i Suoi ricordi con ciò che Le suggerisce il momento, qui aggiunge un fronzolo e là un altro e quanto meno uno se l'aspetta, Lei ha presentato una cosa come - come un edificio di pietre colorate di una costruzione per bambini. E' grazioso e colorato ma - niente sta bene insieme e se si osserva attentamente - puah! - Non Si offenda, ma qualche volta la Sua Cronaca somiglia davvero all'abborracciatura di un genio letterario principiante che si è consolato con Rousseau: Avec quelque talent qu'on puisse être né, l'art d'écrire ne s'apprend pas tout d'un coup."

Avevo ascoltato pazientemente questo lungo discorso del caricaturista, adesso

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dissi battendo irritato la mia pipa: "Lei un po' di tempo fa ha promesso di voler diventare collaboratore della mia Cronaca e, dopo la Sua critica tanto profondamente minuziosa, La prendo subito in parola e - La lascio solo con inchiostro, penna e carta, affinché possa dare alla mia opera immediatamente il Suo contributo. Colui che un giorno sarà confuso può portare alla luce anche qualcosa di Lei. Buona sera!"

Il caricaturista rise, disse "fiat" e cominciò ad appuntare una penna, mentre io presi cappello e bastone ed uscii con la sensazione di un uomo che cammina per una strada animata con la sicura convinzione che un nastro lunghissimo e impalpabile gli penzoli dietro dallo sparato sul bavero della giacca. "E ha ragione!" borbottai mentre scendevo le scale. "Se solo fosse di nuovo qua Liese! Ritorna briccone di Gustav e portala con te, che il vostro vecchio zio possa ricontinuare a scrivere tranquillamente la sua opera De vanitate!"

Con queste parole uscii di casa e mi infilavo i guanti proprio quando sopra si aprí la finestra, il caricaturista sporse il capo e gridò verso il basso:

"Ascolti, vecchio signore, non posso lasciarla andar via cosí - ho rimorso e prima devo versare olio sulle Sue ferite! Ascolti, mia zia divide i libri in due categorie: buoni, sui quali può addormentarsi dopo aver mangiato, e cattivi con i quali ciò non avviene. Ella annovererebbe la Sua Cronaca fra i primi se questa, portata alla luce, dovesse caderle nelle mani. Adieu!"

Ridendo voltai le spalle a quell'insolente e mi allontanai.

Sera.

Sono ritornato dalla mia passeggiata e sono seduto di nuovo solo soletto davanti ai fogli sparsi della mia Cronaca. Il caricaturista ha davvero completamente scarabocchiato una pagina, ha rovinato tutte le mie penne, ha fatto una macchia d'inchiostro sul pavimento, ha rotto con i denti, maneggiato e sbriciolato la mia scorta di ceralacca ed ha - tagliuzzato un angolo della mia scrivania. - Mi ha quasi rovinato il seguito dell'annotazione delle mie fantasie e tuttavia fu talmente dolce quando lo sguardo si fissò su un oggetto qualsiasi della mia stanza, là su quella piccola gabbia d'ottone vuota, su quella poltrona davanti al tavolinetto da lavoro, su quella vecchia pagina, su un fiore secco, su un disegno colorato nella mia cartella e a poco a poco affiorò un ricordo dopo l'altro e si intrecciò tutt'intorno florido e verdeggiante. Siamo proprio degli stolti! Quante volte la paura di diventare ridicoli intralcia i nostri sentimenti piú intimi e piú teneri! Ci si vergogna delle lacrime e - si deride; ci si vergogna delle allegre risate e - si fa un'espressione annoiata; si cerca di recitare le tragedie della vita dietro la maschera spassosa, le commedie dietro quella tragica; si è imbroglioni e tormentatori di se stessi allo stesso tempo! - Strobel paragonò queste pagine colorate senza connessione a una costruzione per bambini? Bene, bene - può essere - continuerò a giocare con esse, edifici senza fondamenta e assurdi, poiché sono lontani coloro che mi forniscono a tal scopo le pietre piú colorate! Userò per il passato il presente e per il tempo attuale l'imperfetto, racconterò fiabe e vi crederò, farò del vero una fiaba e in primo luogo - fisserò alla Cronaca le pagine scarabocchiate del maestro Strobel! Eccole:

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Strobeliana.

Ore 3. Mi sono acceso un sigaro, ho messo i fogli accanto a me vicino alla finestra e comincio le mie osservazioni. Naturalmente dapprima riporto sulla carta il tempo atmosferico: il piú incantevole celeste, il piú splendido sole. Se solo avessi in me una scintilla del fuoco poetico, allora personificherei entrambi in una giovane e bella coppia che amoreggia e si accarezza lassú in alto, nella volta celeste, sul suo soffice e bianco divano di nubi, e che si è completamente dimenticata che ancora altrettante centinaia di migliaia di donne di casa tedesche - attendono la neve di marzo per far bollire il sapone! Ma guarda, ecco una mosca! Che soggetto per uno scrittore di cronache! Ronzando batte contro i vetri soleggiati che chiudiamo velocemente per il suo bene, per proteggere il povero animaletto dalla falsa primavera di là fuori. Adesso sembra anche riconoscere la sua follia, lascia perdere e vola intorno a me, adesso si posa sul mio ginocchio dopo parecchi e vani attacchi alla punta del mio naso; prende la testa fra le due zampe anteriori, si gratta dietro l'orecchio e - - - piccola...! Va via lasciando una traccia sul mio ginocchio e - sulla Cronaca della Sperlingsgasse. Volevo che ci fosse un proverbio: "Vergognatevi delle mosche alla parete." Intorno a quante pazzie e follie umane ronzano questi minuscoli esseri alati! Chi sa cosa significa in realtà il puntino che la piccola turista ha lasciato proprio ora? Chi sa che non sia un diario depositato, pieno delle piú geniali osservazioni, un diario che si deve solo srotolare e decifrare, come un papiro egizio, per conoscere cose magnifiche ed incredibili? Che rivoluzione ci sarebbe se le cose stessero cosí, se ci si dovesse vergognare delle mosche alla parete! Che grand'uso si farebbe degli ammazzamosche! Povere mosche! Nessun "vecchio onesto (33) in giacca di calmanco a righe" vi vorrebbe piú "come compagnia d'inverno". Vi si sterminerebbe come l'uccello Dodo e tutt'al piú - si assolderebbero alcune, mettendo loro un'uniforme con una coccarda su ciascun'ala, come impiegata governativa. Sarebbe terribile e interrompo. -

Ore 3 1/4. - Che propositi di viaggio già suscita in me nuovamente questo cielo azzurro! E' in tali giorni di primavera anticipata, quando lo spirito non si è ancora completamente scrollato di dosso il peso dell'inverno, che ci afferra piú intensamente la nostalgia di paesi lontani. E' una strana cosa questo sentimento che non lasciamo mai morire per quanto vecchi si possa essere. Qualcosa ci punge là nel nostro intimo piú profondo: Esci, esci, perché siedi tanto silenzioso, tu, stolto, e stai a guardare a bocca aperta? Qui non c'è niente su cui fantasticare, di cui aver nostalgia, senza conoscerla. Guarda, come sono azzurri e odorosi i paesi lontani! E' tutto molto, molto piú lontano! Esci, esci!

Ah, questi azzurri e odorosi paesi lontani; quante volte mi sono lasciato sedurre da essi. La terra non ci lascia liberi; siamo i suoi figli, essa è niente senza di noi e noi niente senza di essa. - Segui adesso questa voce seducente, i tuoi piedi già affonderanno nella terra soffice; farai ridicoli salti con le zolle di terra attaccate agli stivali! Senti che nel momento in cui la nostalgia è piú forte, piú forti sono anche i vincoli. Torna indietro, metti le pantofole e apri il giornale di ieri davanti al naso: la felicità non è nei paesi lontani, non è sulla "mutevole luna"! -

Ore 3 1/2. - Proprio ora, laggiú nel vicolo, sento una strana espressione dalla bocca di un bracciante che batte sulla spalla di un altro dall'aspetto molto accigliato e dice: "Non si deve mai disperare, se non va a finir bene, certamente va a finir male!" In questo stesso momento si apre una finestra accanto. Un berretto di velluto rosso e insudiciato si sporge in avanti su una selva di capelli neri; è il mio rispettabile amico monsieur Anastase Tourbillon, un insegnante di lingua francese. Sembra che anch'egli abbia udito l'espressione dabbasso - che l'abbia capita e sbadiglia: "Ah, ouf, quelle bête allemande! Eh, vogue la galère, jusqu'à la mort tout est vie!"

Ecco che avete entrambe le nazionalità e..... accidenti! - In questo momento non faccio attenzione e - la mia mosca di prima ronzando se la svigna dalla finestra nuovamente aperta! Non ronzerà mai piú intorno al mio amico Wachholder, non

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passeggerà mai piú sul bordo della zuccheriera o sbatterà contro i vetri! Ha ciò che voleva - la libertà illimitata, ma ahimè - questa sera - non si riscalderà piú vicino ad una stufa; nei tombini della Sperlingsgasse non scorre né latte, né miele! - Maledetta sia la libertà! Amen!

Ore 3 3/4. La maggior parte delle opere poetiche degli ultimi tempi somiglia al quadro di quel maestro italiano che dipinse la sua amata come Erodiade e ritrasse se stesso nella testa del Battista sul vassoio. Ecco che i signori dipingono per noi una femmina, chiamata Tendenza, che fingono di amare ardentemente e lei, devotissima e con stima, ci offre su un vassoio il capo deformato del caro scrittore stesso. L'utilità di tale azione non si può negare, quindi - avanti, avanti! Ma come vado a pensarci?

Ore 4. - E' strano, da quando scarabocchio questa pagina mi ha invaso quella stessa beatitudine sognatrice che ha conferito a questa Cronaca un aspetto tanto lacero e cencioso. Wachholder ha ragione, è una sensazione particolarmente piacevole abbandonarsi del tutto ai propri giochi di pensiero senza che lo spirito giri in tondo, angosciandosi, come un barbone testardo.

Dov'ero esattamente, quando mi svegliarono le grida di bambini laggiú sulla strada? Voglio provare ad inserirlo nella Cronaca, cosí il mio stimato e amico Wachholder ne avrà anche la piú grossa soddisfazione per i miei discorsi precedenti.

Era una domenica mattina di luglio quando mi trovai in terra di Brauschweig, sulla riva della Weser, guardando di là verso la Vestfalia. Vagando per monti e per valli, presto, prima del sorgere del sole, con il primo raggio ad oriente, ero sceso in un paese qualsiasi. Avevo bevuto il caffè sotto il tiglio davanti all'osteria del paese, avevo spiato comodamente l'andirivieni della domenica mattina nel paese e avevo ascoltato, assorto, la piccola campana che risuonava sul campanile a punta e ricoperto d'ardesia. Sorridendo avevo fatto cenno con il capo a qualche ragazza graziosa e rotondetta della Bassa Sassonia che si meravigliava dello strano forestiero piovuto all'improvviso nel paese; avevo fatto conoscenza con tutti i bambini, i polli, le oche e le anatre dell'"osteria", avevo accarezzato il pelo al volpino bianco e avevo risposto ad alcune domande relative alla "mia provenienza e alla mia direzione". Con il mio oste (che al tempo stesso era sindaco) avevo visitato l'alveare, piú tardi il comune, avevo visto il cantore ed il pastore andare in chiesa e alla fine mi ero ritrovato solo nel cortile sotto il tiglio, circondato soltanto dal branco dei pennuti starnazzante e pigolante. Improvvisamente le grida di un bambino mi avevano fatto sussultare da questo dolce far niente. Provenivano dalla casa dietro di me e mi indussero ad alzarmi per guardare dentro la bassa finestra, ricoperta da viticci. Proprio ora una vecchia signora era occupata a lavare ben bene con acqua, sapone ed un panno di lana un monello di quattro anni, ribelle, che strillava e sgambettava, a tale procedura erano presenti da tre a quattro altri piccoli "marmocchi" timorosi che aspettavano il loro turno.

"Allora, mamma", dissi appoggiandomi sul davanzale; "e non siete in chiesa?"La vecchia alzò gli occhi e disse ridendo: "Non sempre è possibile; devo lavare

ed asciugare questi piccoli pancioni - signore - anche le grida dei bambini sono un versetto del libro dei canti!"

Mi tolsi il cappello e involontariamente feci un passo indietro. Che predica straordinariamente bella era in quelle poche parole della vecchia. Or ora una rondine descrisse il suo arco intorno a me e volò verso il suo nido sotto la bassa grondaia con la preda nel becco, si aggrappò alla soglia della sua piccola abitazione, salutata dal cinguettio festoso della nidiata implume. Non potei piú proferire parola alcuna alla vecchia.

"Anche le grida dei bambini sono un versetto del libro dei canti!" mormorai a bassa voce ritornando al mio tavolo sotto il tiglio. Tirai fuori un pezzo di carta dal mio portafoglio e vi scrissi: Anche le grida dei bambini sono un versetto del libro dei canti e lo misi sotto il nastro del cappello insieme ad un mazzo di fiori di bosco.

Fantasticando attraversai poi la porta del cimitero del villaggio, passai davanti

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alle tombe varie e pulite verso la porta aperta della chiesa (in campagna il protestantesimo ancora non deve chiudere le sue chiese durante la funzione religiosa) ed assorto mi appoggiai al frassino davanti a questa. Con grande gioia udii come il giovane pastore collegasse una favola di Gellert con la parabola del lontano oriente, mentre le rondini sfrecciavano di qua e di là nel sacro edificio e una farfalla smarrita ritrovò proprio ora la sua strada attraverso la porta aperta della chiesa.

"Anche le grida dei bambini sono un versetto del libro dei canti!" gridai saltando oltre il basso muro nell'aperta campagna e girovagando attraverso le gialle onde di grano con la loro corona di rose canine sulla riva della Weser. Mi ero gettato là nell'erba sotto un salice e sognavo, immerso nel mormorio del vecchio fiume accanto a me, mentre dall'altra parte, in terra cattolica, una processione risaliva la collina cantando verso l'immagine di Maria e dietro di me si smorzavano le note protestanti dell'organo. Che meraviglioso cielo azzurro e sorridente sulle due rive, su entrambe le religioni, che miriade di sentimenti mi fluttuava nel petto riallacciandosi a quelle poche parole della vecchia contadina! Allora ero piú giovane di ora e misi il volto fra le mani:

"Chiamalo fortuna! Cuore! Amore! Dio! Non ho alcun nome Per questo! Sentimento è tutto - - - (34)"

Un canto che si avvicinava sempre di piú mi svegliò improvvisamente; alzai gli occhi. Rimbombando e sbuffando, sferzando energicamente i flutti gialli, lo "Hermann" scendeva giú per la Weser. Il capitano stava sulla scatola degli ingranaggi e salutando afferrò il cappello mentre la nave scivolò veloce. Il piroscafo trasportava, passandomi davanti, centinaia di emigranti giú per il fiume che un tempo aveva sospinto cosí tante salme di romani verso il mar del Nord. Un coro di uomini cantava: "Was ist des Deutschen Vaterland" e le vecchie querce sembravano agitare tristemente le cime; non sapevano dare alcuna risposta e la nave proseguí. La Weser non trasporta piú salme straniere giú verso il mar del Nord ma, mormorando e brontolando, i suoi figli e le sue figlie infelici! - Lasciai il mio luogo di riposo ed andai attraverso il bosco di faggi su verso la montagna piú vicina, fino ad un luogo aperto da dove lo sguardo potesse vagare lontano nella bella campagna del Sachsengau. Che pezzo di terra tedesca! Là quelle azzurre catene montuose - la selva di Teutoburgo! Là quelle torri slanciate - il gran centro culturale germanico, il monastero di Corvey! Là quel gruppo di monti - lo Ith, cui Idistavisio nomen, dice Tacito. Popolai la regione con le figure della preistoria. Vidi andare la diciottesima, la diciannovesima e la ventesima legione sotto il proconsole Varo verso la Weser, ascoltai il loro grido di morte smorzarsi in lontananza. Vidi il germanico arrivare sulla stessa strada e ascoltai il fragore della battaglia vicino allo Idistavisus, fino a che il grande Arminio, il "turbator Germaniae", spronò il suo cavallo bianco attraverso le legioni e la foresta vergine, il volto irriconoscibile per il proprio sangue grondante, colpito, sfinito. Vidi come esortò di nuovo i cheruschi ad una nuova battaglia contro la "urbs", come il popolo impugnò le armi: Pugnam volunt, arma rapiunt plebes, primores, juventus, senes!

Con ciò mi venne improvvisamente alla memoria, ma dov'è il burattino (35)? Gettai Tacito nell'erba, mi misi in punta di piedi, allungai il collo, per quanto fu possibile e guardai dall'altra parte verso la selva di Teutoburgo. Poiché una "catena montuosa", (come dice Joach. Heinr. Campe) che stava là davanti, mi nascondeva una parte delle cime lontane ed azzurre, mi detti da fare per salire su un alto faggio e là mi avvalsi anche del cannocchiale. Invano - da nessuna parte c'era traccia del monumento di Arminio! Tutto ciò che ero in grado di vedere era il grande Christoffel (36) presso Kassel e con un'imprecazione detta a bassa voce scesi di nuovo dal mio aereo luogo di osservazione. Se avevo appena sacrato sottovoce adesso mi sfogai tanto piú sonoramente. Avevo un bell'aspetto! "Ecco il vantaggio

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che se ne ha", borbottai mentre mi succhiavo il sangue dal pollice scalfito, "questo è il vantaggio, quando si guarda intorno alla ricerca della grandezza tedesca: ci si conficca una spina nel dito, ci si strappa i pantaloni e non si riesce a vedere nient'altro che - il grande Christoffel." Arrabbiato, chiudo il mio cannocchiale, rimetto Tacito in tasca e ridiscendo zoppicante la montagna verso la Weser. Giunto sulla riva del fiume, arrabbiato, mi gettai ancora nell'erba. Cosa si era insinuato fra il beato stato d'animo di poco fa e il momento attuale! Il cielo era ancora azzurro come prima, le montagne ancora verdi come prima, la striscia di carta di poco fa era ancora infilata nel mio cappello accanto ai fiori di bosco e tuttavia - come tutto mi guardava in modo diverso! Non sarebbe potuto arrivare piú tardi il piroscafo con i suoi emigranti, visto che di solito si fa sempre aspettare a lungo?! Ah, pazzo, non avrei potuto evitare di cercare con lo sguardo il monumento di Arminio? Ah, ora potrei fare tranquillamente nell'erba il mio sonnellino pomeridiano senza arrabbiarmi per il grande Christoffel che cosí tanti bravi assiani hanno pagato con il loro sangue (37)! - Provai in vari modi a riconquistare la mia impassibilità; mi grattai un angolo del naso con un filo d'erba, ritrassi una rana grossa e tranquilla che stava al sole sotto un cespuglio di lappole - ma non serví a niente! - Il demone del malumore non mi lasciava andare, furente saltai su e gridai: "Al diavolo tutto quanto!" e borbottando andai a Rühle - - - Accidenti, che chiasso nella Sperlingsgasse?! Ehi - ecco un carro trainato da cani caduto in un magazzino di generi alimentari ed io - il caricaturista Ulrich Strobel, sto qui seduto e scarabocchio sciocchezze! Al diavolo anche la Cronaca della Sperlingsgasse! - Adieu, Wachholder!

21 marzo. Sera.

C'è una fiaba (38) - non so chi l'abbia raccontata - di uno che dopo una grossa disgrazia si augurò di perdere la memoria e il cui desiderio, in una oscura notte, venne esaudito. Da allora non sentí piú alcun dolore e alcuna gioia; disimparò a piangere e a ridere; gli era indifferente se calpestava bocciuoli o cuori umani: ogni grazioso giocattolo che la vita regala ai suoi figli nel loro cammino, dalla culla fino alla tomba, gli si rompeva nelle mani con il ricordo. E' uno spettacolo terribile! Saggi e predicatori dei popoli, non è il pensiero alla fortuna o alla disgrazia nel futuro che rende affettuosi, puri e santi; questo pensiero non è mai incontaminato dall'egoismo e su ogni fiore, che deve germogliare dal cuore umano, pone la melata dell'egoismo: la vera, pura sorgente di ogni virtú, di ogni vero spirito di sacrificio, è il passato, tristemente dolce, con le sue immagini spente, con le sue opere e con i suoi sogni completamente o semi smorzati. Potrebbe offendere un bambino chi pensa al fatto che egli stesso un giorno si è stretto al petto materno, che occhi materni hanno sorriso su di lui? Il ricordo è la ghirlanda che unisce la culla alla tomba, ed il verde scuro e pungente del dolore e dell'errore può essere ancora talmente dominante, mai mancherà qui e là vicino ad un fiore splendente, presso il quale possiamo fermarci e sussurrare: "Come è piacevole e sacro questo luogo!"

Ho acceso la mia piccola lampada e di nuovo fantastico sulle pagine della Cronaca. Quello che l'anziana, gentile e bella signora, che oggi mi ha portato il mazzo di freschi bocciuoli di viole, lascia cullare sulle onde delle sue melodie, io posso fissarlo solo in questo modo. - Finora ho tracciato immagini dell'infanzia dei nostri bambini, adesso voglio dipingere un'altra pagina variopinta, come uno specchio magico, piena di vita fiorente, piena di dolce bisbiglio, piena di nostalgia

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sognatrice e di sorridente fantasticare - un'unica pagina del pieno splendore della primavera del cuore, un'unica pagina del tempo dell'amore giovanile!

"Oh, che possa verdeggiare in eternoIl bel tempo dell'amore giovanile!" (39)

cantava il poeta e dappertutto troviamo questi versi, sulle tazze da caffè, nei libri genealogici e sui fornelli delle pipe. Non vuol essere una presa in giro. Ciò che la gente ha compreso vuole anche vederlo davanti a sé, gioca con esso e declama il pensiero rimato che ha fatto proprio, spesso certo con un sorriso sulle labbra, ma proprio per questo lo porta profondamente nel cuore. La gente non si erge al vero, al bello, ma lo tira giú a sé, non per calpestarlo ma per abbracciarlo, per accarezzarlo, per girarlo e rivoltarlo nel gioco eternamente mutevole e per meravigliarsi e rallegrarsi del suo splendore. Sulla culla dell'eterna bambina "Umanità " aleggiano i buoni geni, i grandi poeti del mondo, dalle loro cornucopie riversano i frutti dorati di Natale e sono sempre là con le loro ninnenanne, quando si sono intromessi, spaventando, cattivi e neri coboldi.

Bello è il tempo dell'amore giovanile! E' simile all'alba, quando il cielo pian piano si tinge di rosso ad oriente, quando gemme, fiori ed ogni genere di vita sonnecchiano nelle braccia del giorno imminente e solo di tanto in tanto si alza in volo un'allodola scuotendosi la rugiada dalle ali, giubilando e annunciando gioia. Anche l'odore della nebbia copre in modo incantevole e pieno di mistero tutti gli abissi e i luoghi desolati della vita; i giovani cuori credono che solo fiori, farfalle svolazzanti ed uccelli variopinti, che costruiscono nidi, siano nascosti sotto il velo del futuro.

"E' dolce essere amati, piú dolce amare!" ha esclamato una volta un altro poeta, ed io, vecchio e solo, copro gli occhi con la mano, penso alle tombe nel cimitero di S.Giovanni, penso alla stella della mia gioventú: "Maria!" - - - Potrei rinunciare a questo ricordo con tutto il suo dolore per tutto il potere, la ricchezza e la saggezza del mondo? - - - Credo di no. -

La luna appare nuovamente sopra i tetti e confonde il suo bianco chiarore con la luce tenue della mia lampada; fa filtrare i suoi raggi lucenti sopra e attraverso la vecchia e sempreverde edera del bosco di Ulfelden e proietta strane ombre sul pavimento e alle pareti. Dà vita alla pagina odierna della Cronaca della Sperlingsgasse.

Là sulla seggiolina vicino alla finestra si delinea la delicata e graziosa figura di Elise, indistinta nel crepuscolo lunare di una sera trascorsa da molto tempo, mentre sulla sedia piú bassa vicino a lei siede un'altra figura. Cosa hanno da bisbigliare tanto in segreto e tanto sommessamente, cosa hanno da ridacchiare? Un gomitolo cade dal tavolo da lavoro di Lieschen e, rotolando sul pavimento, si aggroviglia intorno alle gambe delle sedie e a quelle delle due figure, una falena smarrita, un pipistrello che sfreccia davanti, una palla che dalla strada vola nella stanza e, riguardo alla cui restituzione, Gustav cede all'incauto proprietario, tutto, tutto in questo crepuscolo lunare diventa fiaba, sogno. Non è il crepuscolo il momento delle fiabe, non è il tempo dell'amore giovanile il tempo del sogno?

"Cara, piccola Elise!" sussurra Gustav guardando il volto illuminato dalla luna che si protende verso di lui.

"Caro ragazzone!" sorride Elise scansando all'ex perdigiorno del vicolo i riccioli dalla fronte. Non si dicono nient'altro, ma queste mezze parole racchiudono tutto ciò che turba il cuore umano nei suoi momenti piú sacri.

"Ti amo tanto!" sussurra nuovamente Gustav, al che Elise non replica ma nasconde il capo fra le foglie dell'edera. Probabilmente in questo momento la luna può specchiarsi in una lacrimuccia tremolante e scintillante sospesa in un occhio

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azzurro e quando la testolina si risolleva dal verde fogliame tocca a Gustav scansare ad Elise i riccioli dalla fronte.

"Guarda come la luna sta sospesa lassú", dice Elise. "Perché spesso ci rende tanto profondamente nostalgici, come se qui sulla terra non fossimo affatto a casa nostra, Gustav? Guarda, là c'è solo un'unica piccola stella, sola soletta, come una scintilla dorata. Guarda - a destra della luna!"

"Ne vedo altre due!" dice Gustav, "vicinissime, per questo non ho assolutamente nostalgia e - vuoi aprire di nuovo gli occhi, bionda! - Guarda, il vantaggio che ne hai; ciò che volevo ancora dire di intelligente, l'ho completamente dimenticato!"

"Allora era sicuramente una bugia, moro!" dice Elise ridendo. "E allora alzati, lo zio e la zia sono rimasti seduti là nell'oscurità per tutta la sera; è molto ingiusto che non ci preoccupiamo affatto di loro. Vieni, dobbiamo proprio stare attenti che non si siano addormentati."

Certo, non si erano addormentati. Solo la ruota dell'arcolaio della vecchia Martha aveva cessato di ronzare ed ella sedeva, assopita, nel suo angolo.

"Devo accendervi la luce o - possiamo fare ancora una volta una passeggiata al chiaro di luna?" chiede Elise mettendomi il braccio intorno alla spalla.

"Accendere la luce a voi?" chiede la zia Helene. "Perché soltanto a 'voi'?" "Voglio dirti questo, mamma", si intromette Gustav. "E' noto il fatto che tu non

possa vedere topi e poiché da un po' di tempo qui dallo zio Wachholder ce ne sono molti, allora, per te, non ci importa di sedere nell'oscurità."

"Erano forse topi quelli che sentivamo rosicchiare e bisbigliare vicino alla finestra?" chiedo.

"Non ho sentito nulla!" dice ingenuamente Lieschen, mentre Gustav "Si capisce!" grida e versa il contenuto di un cestino da frutta nelle sue tasche.

"Cosa fai lí, re dei topi?" chiede sua madre."Mi rifornisco di viveri per la nostra passeggiata al chiaro di luna, mamma; la

domanda di Lieschen naturalmente era del tutto superflua. Ecco, Liese, prendi il resto - non posso lasciartene di piú."

Elise non se lo lascia dire due volte ed è d'accordo nel ritenere inutile la sua domanda. Dopo alcune obiezioni della zia per l'aria fredda della sera, eccetera, ci accingiamo ad uscire nella notte estiva al chiaro di luna!

Le ombre nitide sul selciato e alle pareti delle case, lo scintillio dei vetri, le nubi rischiarate che passano nel cielo scuro della notte, gruppi di persone che bisbigliano sulle porte delle case e agli angoli delle strade, per Gustav tutto adesso diventa un quadro, per Elise una fiaba. Ecco che le strade, i vicoli e le piazze si animano delle piú singolari figure; sui paracarri spiano, accovacciati, furibondi e barbuti coboldi; dagli oscuri passi carrai delle vecchie case patrizie escono strani tipi con piume ondeggianti ed ampi mantelli e belle dame salgono su bianchi ambiatori cavalcando via nella notte; mercenari con l'armatura, le partigiane sulle spalle, oltrepassano il mercato; processioni di monaci imbacuccati si snodano lentamente dal portale del duomo e - tutto questo domani si troverà, fissato saldamente, negli schizzi piú graziosi sul tavolino da lavoro di Elise o sparso in giro sul pavimento.

Naturalmente Gustav ed Elise sono sempre alcuni passi davanti a noi e solo di tanto in tanto posso cogliere frasi sconnesse della loro conversazione. Penso a Paul e a Virginie sotto le palme dell'isola Mauritius; penso alle due dolci figure della fiaba tedesca, a Jorinde e a Joringel, di cui si dice: "Era il giorno delle loro nozze e provavano immenso piacere l'una dell'altro." - Dopo aver percorso parecchia strada e dopo aver osservato davanti al teatro dell'opera illuminato la folla che affluisce e scorre via, le carrozze in attesa, i bambini che vendono fiori e dolciumi, alla fine ci troviamo insieme nella piazza del castello vicino alla vasca della fontana che zampilla allegramente al chiaro di luna. Dai prati un vento caldo ci porta il profumo delle antoniane, degli arbusti di sambuco e di citisio. Nel cielo, verso sud, una nube scura lampeggia meravigliosamente nella notte di luna e accanto a noi la fontana gorgoglia e mormora - come se nel sonno volesse parlare a se stessa. - E' una splendida notte estiva!

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A cosa pensi Elise? Come guarda, pensierosa, con il mento appoggiato sulla mano, il ciarliero gioco d'acqua!

"Lieschen, a cosa pensi?" chiede la zia Helene."Ridereste", risponde Elise. "E' un sogno e una fiaba insieme.""Racconta! Racconta!" grida Gustav mettendole il braccio intorno ai fianchi.

Come devo iniziare in questa sera solitaria? Prendo un quadernetto di carta rosso-pallido, riempito con caratteri delicati di fanciulla, intessuto con disegni a penna graziosi e precisi. Eccolo. Questo raccontò Elise quella sera lontana, quando la fontana gorgogliava accanto a noi:

"Poco tempo fa sedevo tutta sola di sera. Tu eri uscito, zio; Gustav era già partito di mattina con la sua grande cartella per disegnare alberi e case coloniche; dove fosse la zia, non lo so; in breve, ero sola soletta e solo il mio grosso e buon gatto faceva le fusa sul panchetto accanto a me e si puliva i baffi. Avevo gli occhi fissi sul mio lavoro a maglia e non avevo assolutamente voglia di risollevarli. Allora abbassai di molto la lampada e guardai dalla finestra verso la luna che, non completamente piena come oggi, sorgeva sui tetti e sui camini. La stanza era del tutto in ombra e solo di tanto in tanto un raggio di luce dalla finestra scivolava dall'altra parte sulle pareti. Quando la luna improvvisamente fu abbastanza in alto, un raggio lucente ed allegro cadde come un fulmine luminoso sul mio vaso di antoniane e su un bicchiere con fiori di bosco che stava vicino a me, e - con esso iniziò la mia favola o il mio sogno. Era troppo grazioso! - Dapprima guardai per un bel po' nella strada lucente sul pavimento che si allargava sempre di piú, quando - all'improvviso - voi non lo credete certamente - l'intero raggio si animò di innumerevoli, piccole, graziose e trasparenti figure alate che vi si libravano su e giú e tramite il loro stesso splendore davano luogo a tale solco di luce. Mezza spaventata e mezza rallegrata, guardavo questo singolare agitarsi quando, all'improvviso, il bicchiere con i fiori alla finestra mandò un suono lungo ed acuto, come quando si passa con un dito sull'orlo di un bicchiere. Il livello dell'acqua salí e si abbassò, lampeggiò, brillò ed agitò le rose di bosco; i fiori di antoniane si aprirono e da ognuno, contemporaneamente, si librò una creatura leggiadra ed alata, ancora piú aggraziata degli spiritelli della luce. Svolazzavano da ogni parte diffondendo il piú delizioso profumo. Intanto il suono acuto del vetro continuava a risuonare fino a che cessò di colpo, simile ad un filo reciso, dopo di che subentrò un assoluto silenzio. - Adesso il raggio di luna aveva raggiunto la tua scrivania, zietto; la piccola moltitudine di spiriti danzava allegramente sui tuoi libri e sulle tue carte e mi ero già ampiamente ripresa dal mio stupore, tanto che potevo ridere di cuore sulle strane capriole di alcune di quelle minuscole cosine che si sforzavano in tutti i modi di guardare nel nostro grosso calamaio senza avere il coraggio di avventurarsi nelle vicinanze. Altre si libravano sopra le penne ed altre ancora si davano da fare attorno ad una grossa ed orribile macchia di inchiostro che non voleva asciugarsi; sembravano volerle spegnere con ogni forza la fiamma della vita. Non so per quanto tempo abbia guardato queste creature incantevoli, quando una quantità di vocine aggraziate gridò 'Seguici, seguici!' ed io stessa, divenendo sempre piú piccola, alla fine, come una figurina alata di tal genere, fui trascinata nelle danze e con gli spiriti della luce lunare e con gli spiriti odorosi dei fiori di bosco e delle antoniane mi librai lentamente verso la finestra. Come la luna saliva ancora piú in alto, anche il raggio arretrava di nuovo con i suoi magnifici abitanti e scivolò giú sulla parete della casa per scendere nel vicolo. - Non avevo affatto paura nonostante che là fuori ci fosse come un mondo incantato. - L'intero vicolo era una confusione di suoni e di luci e niente mi era piú sconosciuto della vita e dell'agitarsi della moltitudine di spiriti, e di quella moltitudine di spiriti viveva e si agitava ogni cosa! Tuttavia non avevo perso neppure la capacità di guardare e di percepire il mondo piú ordinario ed abituale; conoscevo ed origliavo la gente sulle porte delle case, le teste dei bambini alle finestre, i passeri che dormivano e le rondini nei loro nidi;

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era graziosissimo! - Adesso il raggio si allontanò con i suoi abitanti trasversalmente sulla nostra parete e scivolò sulle finestre dei nostri vicini. Sentii battere le nove e mezzo quando la ridda giunse davanti alla finestra della povera signora Nudhart che abitava là con il suo bambino malato, e tremolante scivolò sul rosaio in boccio nella piccola stanza. Cantando sommessamente gli spiritelli della luce scesero dolcemente, ed io con loro, là sul pavimento, a terra si rincorsero intorno all'ombra del rosaio, baciarono il pallido volto del bambino sul lettino e i lineamenti altrettanto pallidi della povera ed ansiosa madre, chinata là sopra. 'Portiamo speranza, guarigione, portiamo vita!' sussurravano gli spiriti. Il bambino malato, sorridendo, posò le sue manine scarne nel raggio tremolante sul suo cuscino. 'Portiamo speranza, guarigione, portiamo vita', cantavo insieme al coro e seguivo quasi riluttante il raggio che indietreggiava. Potei gettare indietro nella stanza ancora un ultimo sguardo e nell'attimo successivo già mi libravo nuovamente nel vicolo. Ma la zia adesso doveva essere tornata a casa perché improvvisamente le note del suo pianoforte si mescolarono alla ridda; sentii come il vecchio Marquart, laggiú davanti al suo interrato, esortava i garzoni al riposo. Ma la mia avventura non era ancora alla fine. Adesso eravamo di fronte alla finestra della casa di un nostro vicino del primo piano; un chiaro lume di lampada usciva dalla stanza e noi ci librammo, lucenti ed allegri, in esso, sopra un vaso con i pesciolini rossi e sul lavoro a maglia nelle mani della signora Zehrbein, moglie del consigliere di corte, senza avere idea della cosa terribile che ci attendeva. 'Signorina', bisbigliò una voce nel cui proprietario riconobbi l'assessore Kluckhuhn. 'Signorina, se non Le dà troppo fastidio quest'aria abominevole e opprimente, La prego, ci lasci sentire ancora una volta quella deliziosa barcarola, tratta dalla Haydee (40).' - Per l'amor di Dio! pensai, ma era già troppo tardi per informare i miei minuscoli accompagnatori dell'imminente minaccia e per suggerire una rapida fuga; Eulalia aveva già iniziato:

'Oggi è festa al Lido,Gioia e divertimento sorridono tutt'intorno...'

Il terrore prese la schiera di spiriti; i suoi colori cangianti e lucenti impallidirono; dalla cassa armonica della scricchiolante scatola musicale (come dice Gustav) e fra le labbra della cantante si mostrò una schiera di gnomi deformi che, strillando e lamentandosi in modo spettrale, si precipitò e si rotolò nell'aria e si avventò con rabbia sugli spiriti della luce. Era spaventoso! Da un do a forma di folletto, che mi teneva stretta per il collo, già mi sentivo mezza stangolata e mi dibattevo come una sfortunata mosca nelle grinfie di un ragno; quando - la moglie del consigliere di corte si alzò; la bianca tenda si abbassò e come una scossa elettrica attraversò me e l'intero esercito della luce! Salvi! - Sul lato esterno della tenda stava appeso il raggio con i suoi figli, pallidi e affaticati; ma dentro continuava a risuonare:

'Un bel signore, un giovane incantevole,Con sguardo dolce e innamoratoMi svolazza intorno, con lingua lusinghiera!...'

Veloce e piú veloce ancora il raggio scese giú e toccò terra proprio quando - mi svegliai e Gustav, proprio davanti a me con il capo appoggiato su tutt'e due i pugni, mi guardava ghignando. - (Ah! No, tu non mi hai fatto un ghigno?) Una grossa nube scura stava davanti alla luna e il mio sogno era finito, la mia fiaba è finita!"

La fiaba era finita, ma non ancora la nostra serata al chiaro di luna."E adesso, Gustav, seccatore... qui... là..."A queste parole Elise infila la mano nella vasca dell'acqua accanto a lei e getta

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una manciata di gocce luccicanti sul volto del suo amico ignaro. Spaventato e sbuffando salta da parte dopo di che la malfattrice, prevedendo cattive conseguenze, prende subito la fuga intorno alla vasca.

"Siete testimoni che ha iniziato lei!" grida Gustav immergendo anche lui la mano nell'acqua e correndo dietro ad Elise.

"Zia! Zia! - Zio, aiuto!" grida costei respingendo in corsa l'inseguitore con il grembiule slegato e spruzzandolo in continuazione con l'altra mano libera.

"Aspetta, libellula!" grida Gustav e si impadronisce del grembiule. "Devi pagarla, traditrice!"

Con un grido Elise lascia andare la sua egida e - come un capriolo è sparita lateralmente nella boscaglia dietro agli arbusti di sambuco, tuttavia non senza avere alle calcagna il suo inseguitore completamente bagnato.

"Questi diavoletti!" sospira la zia Helene lasciandosi cadere su una panca, mentre io, come si addice ad un buono zio e tutore, raccolgo il fazzoletto, il cestino da lavoro e le mele che rotolano tutt'intorno, tutto quello che la fanciulla, prevedendo l'esito del suo attentato, ha subito gettato a terra. "Senta solo, come strilla la ragazza!"

Mentre sentiamo ancora la caccia selvaggia fra gli arbusti improvvisamente la scena si anima e altre figure arrivano nel crepuscolo lunare. Voci di ragazze e di uomini che ridacchiano, canticchiano e fischiettano melodie liriche! Adesso coloro che vengono dall'oscurità entrano nel cerchio luminoso di luce intorno alla vasca della fontana: "Lo zio Wachholder!" gridano meravigliate diverse voci e nell'attimo successivo siamo circondati dai nottambuli e dalle farfalle notturne e in questi riconosciamo ben noti amici e amiche di Gustav e di Elise. Adesso si solleva una confusione di saluti e di domande. "Dov'è la signorina Ralff, dov'è Lieschen, dov'è Liese, dov'è il signor Gustav, dov'è finito quell'individuo?" Le domande si susseguono confusamente e viene data risposta fino a che Gustav ed Elise ritornano dalla loro caccia selvaggia, affannati e rossi, i capelli in disordine, Elise con un grosso strappo nel vestito, ma entrambi a braccetto come buoni e pacifici bambini. - L'esultanza adesso sale piú che mai! "E' bello, è meraviglioso, è eccellente; buona sera, Natalie; buona sera, Ida; La saluto, signorina; da dove venite, nottambuli, eccetera."

Com'è davvero bella la gioventú; di quanto poco ha bisogno per essere felice! Un po' di chiaro di luna, un paio di gocce d'acqua argentine, le strofe di un canto e i giovani cuori sentono poesie che non poterono mai essere messe sulla carta. Io, vecchio, che poeta, che pittore dovrei essere, se volessi fissare sulle pagine di questa Cronaca tutte queste figure fresche e fiorenti che qui, oggi, in questa sera di solitudine, emergono nuovamente intorno a me, con le loro allegre risate, con le loro piccole preoccupazioni e le loro gioie, con le loro piccole colpe e le loro virtú, con i loro sospiri segreti e con le loro affettuosità ancora piú segrete e con le loro canzonature ad alta voce! Come appare sbiadito e stantio tutto ciò che ho raccolto e messo per iscritto fino ad ora; come lo si è vissuto in modo variopinto e fresco!

Ma dove era rimasta all'improvviso la luna? Le masse di nubi scure, che a sud avevano minacciato abbastanza a lungo, inosservate, si erano avvicinate; rimbombava e rumoreggiava in lontananza e grosse, calde gocce di pioggia cadevano sporadiche nel lenes susurros sub noctem, nel sommesso mormorio nell'oscurità della notte.

Conoscete: "Si salvi chi può!" nel momento di un temporale che sopravviene improvvisamente in una grande città? Tutti i gruppi si sparpagliano - i grembiuli vengono annodati sopra il capo, i fazzoletti sopra ai capelli; qui una coppietta si rifugia sotto un'acacia frondosa, là un corpulento e vecchio signore sotto la sporgenza di una casa; qui svelta una giovane ragazza sgattaiola proprio vicino alle pareti delle case, là lentamente e impassibile cammina un uomo semplice che

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protegge dalla pioggia nient'altro che il suo sigaro ardente.Le vetture pubbliche sembrano moltiplicarsi e - "è piacevole guardare i

naufraghi dal porto sicuro" - a tutte le finestre appaiono volti ridenti. Studenti, praticanti, giovani teologi, eccetera asciugano i loro occhiali; i pittori lasciano le loro tavolozze e i loro cavalletti e fanno studi dal vivo; zie e madri si lamentano dell'indecenza. - Ciaf, ciaf! Tutte le grondaie, come mostri maligni, versano i loro getti d'acqua sulla nuca dell'umanità che passa di corsa. E' ridicolo-orribile di giorno, orribile di notte!

"Vedi, Lieschen, prima hai voluto - hai giocato tanto a lungo con l'acqua! Ecco cosa succede!" grida arrabbiata la zia Helene. L'esultanza di Gustav è al massimo e ridendo cammina dietro trascinando sua madre, mentre questa volta corro avanti io con Elise. I nostri amici e le nostre amiche di poco fa si sono sparpagliati da tutte le parti. Il temporale si avvicina sempre di piú, il tuono rimbomba molto educatamente e i lampi non sono assolutamente cattivi. Persino Gustav dice: "Grazie a Dio, ecco la Sperlingsgasse!" Che inondazione! - Buona notte e facciamola breve! - Gustav scompare con sua madre dietro la loro porta di casa e anche noi raggiungiamo felicemente la nostra.

"Dio, signor Wachholder, che paura ho avuto!" grida verso di noi dalla scala la vecchia Martha.

Lieschen ansima, geme e ride, tiene braccia e mani lontano dal corpo e il piú velocemente possibile viene mandata a letto. Di là Gustav, naturalmente, grida ancora alcune domande ma alle quali non rispondiamo e la passeggiata al chiaro di luna è finita.

15 aprile.

Aprile, che un tempo si chiamava mensis novarum, è il vero mese dell'umorismo. Porta in un unico sacco pioggia e sole, riso e pianto; e anche questa volta portò con sé scrosci di pioggia, bagliori di sole, risate e lacrime e piú d'uno ne ricevette la sua parte. Amo questo mese dalla doppia faccia che con un volto grigio e imbronciato guarda indietro verso l'inverno, che sta finendo, con l'altro, giovanile ed allegro, sorride all'imminente primavera. Come una poesia di Jean Paul infila la mano nei suoi tesori ed avvinghia l'uno all'altro brina e verde germogliante, fiocchi di neve fuori posto e piccole margheritine, gocce di pioggia e bocci di viole, il fuoco tremolante della stufa e i bucaneve, i lamenti del mercoledí delle Ceneri e le campane della Resurrezione. Amo aprile che è definito variabile ed instabile e che è stato inserito, con il favore degli uomini e con l'amore delle donne, in una poesiola cosí malevola.

Questa mattina venni svegliato abbastanza presto dal rumore della pioggia che batteva alla mia finestra, ma rimasi a letto ancora un po' e, tra sonno e veglia, mi persi con i sogni in questa musica monotona. Il demone della malinconia e del dispiacere, che prova gioia dei mali altrui, approfittò per imprigionarmi in una ragnatela di pensieri tristi e grigi che mi simulava un mondo e una vita in una luce tanto miserevole e divenne talmente opprimente che alla fine potei sfuggirgli solo con un salto risoluto dal letto. - Tempo instabile! Mi infilai di nuovo i pantaloni - come un tempo l'amico Yorick (41) - come un filosofo, e il primo raggio di sole che, veloce come una saetta, scivolò sulle finestre delle case di fronte e sul naso di Strobel che mi faceva cenno, dissipò tutte le nebbie che avevano gravato sulla mia anima. Di buona lena potei sedermi nuovamente alla mia "Vanitas" e quando in

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uno dei consolatori rilegato in pelle di porco e impolverato, che ieri mi ero portato dietro dalla biblioteca regia, trovai un fiore secco di una trascorsa primavera, potei persino, di nuovo, fare le piú strane congetture sul modo in cui il defunto figlio della primavera fosse capitato fra queste pagine. L'aveva forse portato con sé un vecchissimo collega, decomposto da tanto tempo, da un allegro viottolo in un giorno di festa trascorso da molto, oppure, forse giocando, uno dei suoi bambini l'aveva pressato nel volume in-folio del dotto padre? Uno studente l'aveva forse ricevuto dall'amata, l'aveva conservato qui e l'aveva dimenticato? Che supposizioni! Carine e graziose e tanto piú carine e piú graziose quando non sono improbabili.

Oh, se solo foste capaci di mettere fiori fra le pagine tristi della vita; non abbiate paura di essere chiamati puerili dalle teste troppo sagge; non proverete alcun rimorso quando le risfoglierete e vi imbatterete nei ricordi ingialliti!

Salute, instabile aprile, figlio viziato del vecchio padre tempo e - - "Proteggi il tuo figlio Ulrich Georg Strobel! - Buon giorno, maestro

Wachholder!" disse una voce dietro di me. Era il caricaturista che, con il feltro grigio in testa, la borsa da viaggio sulle

spalle, il bastone di quercia in mano, stava dietro di me."Oh, Dio, adesso il tempo a mia disposizione si è esaurito!" continuò ridendo.

"Vengo per dirLe addio, vecchio signore.""Cosa, vuoLe andarsene? Cosa Le viene in mente?"

"Non posso trovare la Germania,Frattanto le giro intorno!" (42)

cantò il disegnatore ed indicò un allegro punto azzurro fra le nubi in movimento. "Non c'è altro; Lei deve portare un saluto all'aperto e vasto mondo, fuori! O ancora meglio: venga - là c'è il Suo ombrello - mi accompagni! Ascolti, come il passero fischietta allegramente alla finestra!"

Cosa dovevo fare, chiusi il mio volume in-folio, il pazzo vagabondo mi offrí il suo braccio ed uscimmo nel vicolo.

"Addio, mamma; buona fortuna, signorina!" gridò il disegnatore ai suoi coinquilini che stavano sulla porta molto agitati. "Salute, amico Marquart; addio, mamma Karsten; addio, mastro e signora; addio, addio!" gridò a destra e a sinistra. All'angolo gettò ancora un ultimo sguardo in alto verso la sua abitazione abbandonata dove le finestre erano aperte ed una tenda strappata sventolava allegramente al vento primaverile e borbottò: "Al diavolo, paesucolo!"

"E dove vuoLe andare adesso?" chiesi al mio strano accompagnatore.Il disegnatore rise. "Che ne dice", disse "se mi osservassi un po' la confusione

dei popoli in Oriente, se disegnassi costumi e ridessi dello sforzo di voler tenere aperta una nuova filiale per i bisogni dello sviluppo dell'umanità con i cannoni di Lancaster (43) e le navi da guerra?"

"Cosa?!" gridai a bocca aperta."Per chi è questo 'cosa?'" rise Strobel. "Per la mia intenzione o per la mia

opinione?""Lei crede...""Credo che la terra sia giovane, vecchio amico! Abbiamo bisogno di sentirci

giovani e non vogliamo pensare che, poiché ci insegnano solo la storia del passato, non ce ne sarà una del futuro. Ci abituiamo addirittura troppo bene a tutto: al nostro vestito, al nostro corpo, alla nostra famiglia, al nostro popolo; ci rallegriamo quando nasce un piccolo simile imparentato con noi; ci arrabbiamo quando strappiamo il vestito o ci viene un occhio di pernice, ci affliggiamo quando muore nostro padre, nostra madre; ma riteniamo naturale tutto questo - semplicemente perché possiamo valutarlo piú facilmente. Se adesso, all'improvviso, dovesse esservi un'interruzione nel venire occhi di pernice, nel nascere e nel morire riferiti alla grande famiglia universale della terra, se un deus ex machina dovesse andare con le manette nell'eterno divenire e dovesse dire: 'Stop! Alt! Sviluppatevi in voi stessi e -

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morite per eutanasia?' Puah!"L'oratore, fumando il sigaro, emise un'enorme nuvola di fumo e continuò

mentre io scuotevo pensoso la testa:"Ai greci non è sevito a nulla essere i migliori poeti, scultori e pittori, saper

formulare i piú geniali sistemi filosofici: gli inflessibili uomini di Roma bussarono, misero l'educazione greca sub hasta, giocarono ai dadi sui quadri, dalle statue di metallo costruirono la spada corinzia e - la storia del mondo fece un passo avanti. Ai romani non è servito a nulla essere i maggiori artisti della guerra e dell'amministrazione - fucili ad ago e i cannoni di Lancaster sono giocattoli nella battaglia contro quell'unica forza che fa muovere le stelle e gli uccelli migratori e che scuote i popoli al momento opportuno. I barbari non si curarono delle parole d'ordine; assaltarono la porta di Roma e - la storia del mondo fece un ulteriore passo avanti!"

Scossi di nuovo il capo e borbottai: "Sempre distruggere, distruggere!""Mia madre morí mentre mi partoriva!" disse il disegnatore con rabbia e rimase

in silenzio. Avevamo raggiunto l'uscita della Sperlingsgasse; un piccolo carretto a mano, carico di casse e cassette, ci sbarrò la strada. "Adesso voglio anche dirLe, dove in effetti voglio andare e non dove potrei", disse Strobel. "Venga!"

Stupito lo seguii mentre scendeva in uno scuro interrato. Questa è la vita. Per lunghi, lunghi anni avevo vissuto in questo vicolo, quasi

ogni giorno ero passato davanti a questa casa, davanti a queste finestre opache e oggi, l'ultimo giorno che la povera famiglia che vi abita trascorreva là dietro, per la prima volta scendo da lei gli umidi scalini. Il disegnatore mi presentò il padrone di casa, il calzolaio Burger, un uomo sul cui volto si poteva leggere un'intera storia di passione. Questa sera il treno porta lui ed i suoi alla città marittima da dove una nave deve condurli verso una nuova patria, verso la giovane America; e il disegnatore - vuole accompagnare la famiglia ad Amburgo.

Le poche sostanze, degne di essere portate via, della povera abitazione erano già impacchettate; i volti pallidi e tristi dei genitori, quello impassibile della vecchia nonna che anche oggi filava ancora al solito posto dietro la stufa, i bambini che, meravigliati, stavano rannicchiati negli angoli, tutto questo mi faceva una profonda e triste impressione.

Non è piú la vecchia, germanica voglia di viaggiare e il gusto per l'avventura che spinge il popolo via di casa e dal cortile, dalle città e dalla campagna, che strappa il carbonaio dal suo bosco, il minatore dal suo scuro pozzo, che fa scendere i pastori dai loro pascoli alpini e fa girare tutti vorticosamente verso il lontano occidente: sono necessità, miseria e difficoltà che adesso flagellano il popolo che abbandona la patria col cuore sanguinante. Col cuore sanguinante; perché nonostante lo smembramento, nonostante l'arrendevolezza del carattere nazionale che segue e si sottomette tanto facilmente alle particolarità straniere - del resto, in questo momento, forse soltanto in ciò sta il significato storico della Germania - nonostante tutto, nessun popolo è talmente attaccato alla sua patria come quello tedesco.

Negli scritti inglesi di frequente la Germania ricorre come "the fatherland" χατ εξοχην. E' vero che viene detto con un certo "sneer", ma è un onore per la nostra nazione e possiamo esserne fieri.

Oh, poeti e scrittori della Germania, non dite e non scrivete nulla per avvilire il vostro popolo, come purtroppo accade tanto spesso di voi che portate i nomi piú imponenti nel campo della poesia e delle scienze! Rimproverate, schernite, flagellate, ma guardatevi bene dal favorire, o addirittura, dal voler provocare quella gracile rassegnazione dalla quale il passo successivo porta all'indifferenza.

Quando gli ebrei stavano seduti vicino alle acque di Babele e appendevano le loro arpe ai salici, piangevano, ma gridavano:

"Se ti dimentico, Gerusalemme, allora si paralizzi la mia destra!"

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Le parole erano abbastanza possenti, tanto da mantener vigili per millenni i membri trepidi di un popolo.

Avete l'abitudine, predicatori e tutori del popolo, di scrivere a coloro che partono un versetto della Bibbia nell'innario del paese natio; scrivete:

"Se ti dimentico, Germania, grande patria: allora si paralizzi la mia destra!"

Questi versi in ogni cuore e - la patria è eterna!

Le ultime suppellettili furono legate insieme e poste sul piccolo carro nel vicolo. La povera gente si guardava tristemente intorno nella loro casa deserta che aveva assistito a tutti i dolori e a tutte le gioie della famiglia.

"E' dura, è dura!" diceva sospirando il mastro e Strobel gli batté piano sulle spalle.

"E' il momento, uomo! Fatevi coraggio, date il buon esempio a vostra moglie.""Il becchino ha promesso che non lascerà andare in malora il tumulo del nostro

Fritz!" singhiozzò la signora. Burger si asciugò gli occhi con la manica, si sollevò dalle sue riflessioni e

condusse su nel vicolo la vecchia madre; sua moglie piangeva forte, spezzò un ramo del mirto intristito alla finestra, lo mise nel suo libro di preghiere e prese in braccio il suo bambino piú piccolo mentre gli altri si attaccarono al suo grembiule e alla sua gonna. La famiglia salí la scala stretta e nera che conduceva nella strada - aveva iniziato il suo lungo cammino!

Fuori la pioggia si mutò in sole come era solito fare aprile. Il mastro spingeva avanti il suo carro, noi altri lo seguivamo. Gettate indietro un ultimo sguardo nella stretta, oscura e povera Sperlingsgasse - certo, abbastanza spesso penserete ad essa - e poi fuori nel vasto mondo, emigranti!

Accompagnai il disegnatore e i suoi protetti fino alla porta della città. Un'ultima stretta di mano, un ultimo saluto! Chi sa che un giorno non ci rivedremo, Strobel! Addio, addio! - E ancora una volta, sconsolato e solo, potei rientrare per scrivere questa pagina della Cronaca della Sperlingsgasse.

1 maggio. Sera.

Oggi pomeriggio stavo seduto fuori nel parco ai caldi raggi del sole che, splendenti ed allegri, filtravano attraverso i rami ancora spogli degli alberi piú alti e attraverso i bassi cespugli ricoperti di tenero e fresco verde. Mi passavano davanti bambini con mazzi di fiori primaverili; un maggiolino con un filo di refe legato alla zampa, insonnolito, stava appeso ad un ramo al mio fianco, un giovane uomo, dall'aspetto di chi sta sempre in casa, a cui spuntava un libro dalla tasca della giacca, dissotterrava con cura una pianta. Era un magnifico pomeriggio primaverile. All'improvviso in città cominciarono a suonare le campane per annunciare l'imminente domenica e di nuovo affiorò un dolce ricordo, destato dai "suoni celesti" (44).

Anche allora era un primo maggio. La primavera era arrivata con il fresco verde, con le rondini che costruiscono i loro nidi e con un - giorno di nozze nella

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vecchia e oscura Sperlingsgasse. Avevano sparso fiori e cinto gli stipiti con fiori e corone; nella Sperlingsgasse avevano indossato i vestiti della domenica e tutti avevano facce allegre, allegre. E il cielo era azzurro e appariva splendente attraverso l'edera che molti anni fa Marie Ralff aveva dissotterrato nel bosco di Ulfelden; ma né l'azzurro del cielo, né la luce del sole uguagliavano in santa purezza il visino che quel primo maggio si appoggiava alla mia spalla e che, sorridendo attraverso le lacrime, guardava su verso di me. L'immagine della madre guardava altrettanto sorridente verso di noi dalla sua cornice e dalle corone che oggi la circondavano. Sorrisi, sorrisi dappertutto! E quando il giovane cuoricino batté vicino al mio petto, dall'altra parte Gustav mi mise il braccio intorno alle spalle, quando Helene, piangendo, pose alla giovane sposa la corona sui riccioli, mi sembrò come se adesso si fosse sciolto un lungo ed oscuro enigma ed abbassai il capo davanti a quella forza misteriosa che guida i destini e che ha un occhio per il bambino nella culla e per la nazione nell'agonia. Come hanno dovuto dipanarsi le fila per potersi intrecciare di nuovo qui, nel povero vicolo, per costituire un nuovo legame! Quanti cuori allora dovettero quasi spezzarsi per far germogliare una nuova felicità! Questa è la grande, eterna melodia che lo spirito del mondo suona sull'arpa della vita e che la madre percepisce nel sorriso di suo figlio, il pensatore nelle pagine della natura e della storia. -

Non parlammo molto quel giorno! La gioia è muta e ciò che l'amore - la vera rivelazione di Dio - sussurra, ancora nessun poeta l'ha fissato su papiro, pergamena o carta. La piccola chiesa era sacralmente solenne quando il giovane pittore - in questo momento non pensava certo al suo celebre quadro: Milton che fa visita a Galilei in prigione a Roma, - quando il giovane pittore vi condusse la sua bella sposa verso l'altare adornato e splendente di luci. E nessuno mancava nella cerchia dei partecipanti! C'era l'atelier, c'erano le amiche di Elise, c'era soprattutto la vecchia Martha e i coinquilini e il vicinato della Sperlingsgasse. L'organo cominciò il corale - e la signorina Elise Johanna Ralff e il signor Gustav Theodor Maximilian Berg furono marito e moglie rispondendo con un sí molto sommesso, sommesso ed un altro molto piú forte ad una domanda persino insidiosa! -

La Cronaca del vicolo si avvicina alla sua fine. Cos'altro dovrei raccontare? I nostri figli sono felici nella bella Italia; la vecchia Martha riposa non lontano dalla tomba di Marie al cimitero di S.Giovanni; io sono vecchio e incanutito. Quando arriva un pacco da Roma, vado dall'altra parte, dalla gentile e bella signora dai capelli bianchi che, di là al numero dodici, solitamente sta seduta vicino alla finestra lavorando a maglia e i nostri vecchi cuori battono piú forte per questa nuova gioia di vita che questi fogli scritti fitti riflettono verso di noi. Seguiamo i ragazzi per tutte le vecchie e nuove magnificenze, stiamo con loro davanti a Lacoonte, saliamo con loro sul Campidoglio, i nostri passi risuonano al loro fianco nelle sale del Vaticano, nelle logge di Raffaello. Ogni lettera è come un incantevole arabesco di fiabe: cielo azzurro e sole e un'allegra risata in ogni pagina!

E' notte avanzata quando scrivo questo; una profonda oscurità domina nel vicolo; non c'è da vedere una sola finestra illuminata. L'unico suono che sento è il battere dell'orologio del campanile o il fischio della guardia notturna. Tutti i fogli scarabocchiati sono qua davanti a me - sembrano abbastanza vari! -

Cosa dovrei ancora aggiungere? Anche se i vecchi scrittori di cronache continuano le loro annotazioni fino agli ultimi giorni e quando hanno terminato la loro opera vi attaccano dietro alcuni fogli bianchi affinché il futuro proprietario possa aggiungervi i "pochi" avvenimenti che dovrebbero ancora accadere prima della fine del mondo. Non ho in mente di seguirne l'esempio. Questa terra girerà ancora a lungo, ancora qualche bambino nascerà in questo stretto vicolo, si porterà via qualche salma e fra quest'ultime, forse fra non molto, anche colui che chiamavano Johannes Wachholder. - Ciò che mi recheranno quei pochi giorni che

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ancora mi restano voglio attenderlo in pace; non possono mostrarmi molto di nuovo. -

Apro la finestra e guardo fuori nella notte oscura, silenziosa e calda. Qua e là brilla una stella solitaria nella nera volta celeste. Come risuona a festa il rintocco delle campane nella notte! Le dodici. Con quanti sogni può intrecciarsi questo suono? L'erudito, che si lambicca il cervello, alzerà gli occhi, confuso, dal suo libro, la giovane ragazza sognerà musica da ballo, il povero malato implorerà la guarigione dal giorno che sta per arrivare, la madre nel sonno stringerà a sé piú energicamente il suo piccolo figlio e il sovrano, con la fronte ferita dal peso di una corona dell'età della rivoluzione, affonderà il capo nei cuscini e sospirerà: Un nuovo giorno! -

La mia lampada tremola e sta per spegnersi. Con mano stanca chiudo la finestra e scrivo queste ultime righe:

Salute, o cuori, a voi tutti, di giorno e di notte; salute, grande patria sognatrice; salute, piccolo, stretto e oscuro vicolo; salute, grande forza creatrice, tu che sei l'eterno amore! - Amen! Questa sia la fine della Cronaca della Sperlingsgasse!

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NOTE

(1) Riferimento alla guerra di Crimea fra Russia e Turchia (1853-1856).

(2) Riferimento alla guerra che Prussia e Austria combatterono nel 1864 contro la Danimarca.

(3) Personaggio dello Asmus di Matthias Claudius.

(4) Altro personaggio dello Asmus di Matthias Claudius.

(5) Altro personaggio dello Asmus di Matthias Claudius.

(6) Albert Lortzing (1801 - 1851).

(7) Foglie vizze.

(8) Guter Mond, du gehst so stille.Canto popolare.

(9) Riferimento alla poesia di Uhland Die verlorene Kirche.

(10) Fr. J. Bertuch autore di Bilderbuch für Kinder.

(11) Pseudonimo di C. Dickens.

(12) Riferimento alla poesia Der Wilde di J. G. Seume (1763-1810).

(13) 'Auskewiesen' nel testo originale. Intraducibile la variante che la signora Pollastra fa del termine 'Ausgewiesen', da lei non conosciuto.

(14) Babbeo.

(15) Associazioni studentesche.

(16) Riferimento all'opera di Schiller Die Räuber.

(17) Teatro costruito dall'architetto e pittore Karl F. Schinkel.

(18) Denominazioni dialettali per indicare le due chiese di origine francese e tedesca, poste vicino al Gendarmenmarkt, i cui campanili erano identici.

(19) Qual è la patria del tedesco? Poesia di E. M. Arndt.

(20) Figura del romanzo di Jean Paul Der Armenadvokat Siebenkäs.

(21) Gemme.

(22) Inghilterra, Francia e Russia nel 1827-28 intervennero nella guerra fra Grecia e Turchia.

(23) Soprannome del generale russo Diebitsch che nel 1829 valicò i Balcani con il suo esercito.

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(24) Battaglia in cui la flotta anglo-francese vinse il 20 ottobre 1827 la flotta turca.

(25) Riferimento al canto popolare Der Bauer schikt den Jochen aus...

(26) Il probabile senso dell'espressione è: marameo.

(27) Riferimento all'opera di Schiller Die Jungfrau von Orleans.

(28) Citazione dal Faust I di Goethe, v. 784.

(29) 'Liebe und Getreue' nel testo originale. La forma grammaticale, vista cosí senza altre specificazioni, può essere intesa come femminile singolare ma anche come plurale, in questo caso rivolta a entrambi i sessi.

(30) 'Korb' nel testo originale. Da intendere qui nel significato di "bidone".

(31) Pittore olandese del XVII secolo, qui soprannome di Peter Holzmann.

(32) Citazione dalla poesia Das Lied von der Glocke di Schiller.

(33) Citazione dall'idillio Der siebzigste Geburtstag di J. H. Voss.

(34) Citazione dal Faust I di Goethe, vv. 3454 - 3455 - 3456.

(35) Soprannome dato al monumento di Arminio non ancora terminato dopo cinquanta anni.

(36) Denominazione popolare per indicare la statua di Ercole vicino a Kassel, alta quanto il castello del re Federico II.

(37) Riferimento al commercio di soldati che Federico II di Assia-Kassel fece con l'Inghilterra durante la guerra d'indipendenza nordamericana, per il sostentamento della sua corte dissipatrice.

(38) The haunted man di C. Dickens.

(39) Citazione dalla poesia Das Lied von der Glocke di Schiller.

(40) Opera del compositore francese Auber (1782-1871).

(41) Personaggio principale dell'opera A sentimental journey dello scrittore inglese Lawrence Sterne (1713-1768).

(42) Citazione dalla canzone per bambini Guck hinüber... che dal 1848 assunse un significato politico.

(43) Artiglieria usata dagli inglesi nella guerra di Crimea.

(44) Riferimento al Faust I di Goethe, v. 763.

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JACQUES E I SUOI QUADERNI PisaDirettore responsabile: Enrico De Angelis

1 Jean François MELON, Opere I* e II** (2 volumi), a cura di Onofrio NICASTRO e Severia PERONA, 1983.

2 Carlo CARMASSI, La letteratura tedesca nei periodici letterari italiani del primo Ottocento (1800-1847), 1984, (rist.1986).

3 Enrico DE ANGELIS, Crisi, tempo, liberazione: Saggi su Robert Musil, I, 1984.

3* Enrico DE ANGELIS, Crisi, tempo, liberazione: Saggi su Robert Musil, II, 1984.

4 Sandro BARBERA, La comunicazione perfetta. Wagner tra Feuerbach e Schopenhauer, 1984, (rist. 1987).

4* Enrico DE ANGELIS, Più lumi. Spinoza, Montesquieu, Rousseau, Diderot, Haydn, 1985.

4** Andreas GRYPHIUS, Poesie con testo a fronte, trad. di Lucia MANCINI, 1985.

5 Seminario su Stephan George, di Ralph-Rainer WUTHENOW, Wolfgang KAEMPFER, Gert MATTENKLOTT, Wendelin SCHMIDT-DENGLER, Horst Albert GLASER, Enrico DE ANGELIS, 1985.

5* Stephan George Colloquium, mit Beiträgen von Ralph-Rainer WUTHENOW, Wolfgang KAEMPFER, Gert MATTENKLOTT, Wendelin SCHMIDT-DENGLER, Horst Albert GLASER, Enrico DE ANGELIS, 1985.

5** Marina FOSCHI, Due ottiche, una realtà. Sul tema ‘Für - in’ in Robert Musil, 1985.

6 Enrico DE ANGELIS, Dal mito al progetto. Note su Adalbert Stifter, 1986.

7 Germana BONSIGNORI, Paola COLOMBO, Giulia PAZZAGLIA, Paola CECCARELLI, Studi su Stifter, 1986.

8 Marina FOSCHI, Sulla teoria della metafora in Robert Musil, 1987.

9 Marianne HEPP, Kommentar zu ausgewählte Gedichte Georg Trakls, 1987.

9* Lettura del ‘Simplicissimus’ di Grimmelshausen come Enciclopedia Popolare, a cura di Linda BIANCOTTI, Federica ROSSI, Tiziana VALLE, introduzione di Enrico DE ANGELIS, 1987.

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10 Carlo CARMASSI, La letteratura tedesca nei periodici letterari italiani del Seicento e del Settecento (1668-1799), 1988.

11 Undici conferenze sul tempo, a cura di Enrico DE ANGELIS, 1988.

12 Giovanna CERMELLI, Il viaggiatore disincantato. Fantasia e distanza nelle novelle del tardo Tieck, 1989.

13 Deutsche und italienische Romantik. Referate des Bad Homburger Colloquiums in der Werner- Reimers- Stiftung, herausgegeben von Enrico DE ANGELIS und Ralph-Rainer WUTHENOW unter Mitwirkung von Remo CESERANI, 1989.

14-15 Loretta LARI, Esercizi sui Tedeschi (F. Schiller, J. W. v. Goethe, C. Brentano, E.T.A. Hoffmann, F. Grillparzer, Th. Fontane), 1990.

16 Clemens BRENTANO, Godwi ovvero La statua in pietra della madre. Un romanzo selvaggio di Maria, trad. di Fulvia PERUZZI, 1991.

17 Ludwig Achim von Arnim, Povertà, ricchezza, colpa ed espiazione della contessa Dolores. Una storia vera per intrattenere in maniera istruttiva signorine povere, trad di Angela MASI, 1991.

18 Joseph Freiherr von EICHENDORFF, Poeti e compagnia, trad. di Linda BIANCOTTI, 1992.

19 Adalbert STIFTER, Il castello dei pazzi, introduzione, traduzione e nota di Paola COLOMBO, 1992.

20 Jeremias GOTTHELF, Lo specchio del villano ovvero Biografia di Jeremias Gotthelf scritta da lui stesso, trad. di Monica IORI, 1993.

21 Gottfried KELLER, Heinrich il verde (prima versione), trad. di Rossella Zeni, 1993.

22 Loretta LARI, Commento a 40 sonetti di Andreas Gryphius, 1994.

22* Eduard MÖRIKE, Poesie, trad. di Liliana CUTINO e Enrico DE ANGELIS, 1994.

23 Wilhelm RAABE, L'ingordo. Un racconto di mare e di morte, trad. di Antonella FANTONI, 1994.

23* Enrico DE ANGELIS, Sistema inquietudini utopie. La Germania e le sue istituzioni, 1994.

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