Diderot pensieri fil - Jacques e i suoi...

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Jacques e i suoi quaderni __________________________________________________________________ Denis DIDEROT Pensieri filosofici Testo francese a fronte sulla base dell'editio princeps del 1746 A cura di Tomaso Cavallo 1998 31 5

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  • Jacques e i suoi quaderni__________________________________________________________________

    Denis DIDEROT

    Pensieri filosofici Testo francese a fronte sulla base dell'editio princeps del 1746

    A cura di Tomaso Cavallo

    1998 31

    5

  • Jacques e i suoi quaderni 31

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  • Jacques e i suoi quaderni

    DENIS DIDEROT

    PENSIERI FILOSOFICI

    Testo francese a fronte sulla base dell’editio princeps del 1746

    A cura di Tomaso Cavallo

    1998 31

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  • Dove valse cibarsi di fragole e lamponi, citandoCitando la verità, dove delle ciliege emersero noccioli, Come pietredure nell’alone oscuro, evocando dal bandoDel nottegiornoniente i più equivoci boccioli.

    Andrea Zanzotto

    In memoria di Onofrio Nicastro, ateo virtuoso.

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  • I Pensieri Filosofici di Diderot:Manifesto dell’illuminismo francese.

    “I segreti del ciel sol colui vede,

    che serra gli occhi e crede”.Guido Ubaldo Bonacelli

    (citato da F. Redi in De generatione insectorum)“Il primo passo verso la filosofia è l’incredulità”

    (Diderot, alla vigilia della morte)

    A prendere per buoni i Mémoires pour servir à l’histoire de la vie et

    des ouvrages de Diderot par Madame Vandeul,1la figlia del filosofo, i

    Pensieri filosofici sarebbero stati scritti nel 1746 in tre soli giorni – tra

    il venerdì santo e il giorno di Pasqua – al nobile fine di poter prestare la

    somma di cinquanta luigi

    1Vedi: D. Diderot, Œuvres complètes, Edition critique et annotée, (a cura di R. Niklaus, Y. Belaval, H. Dieckmann, J. Deprun, J. S. Spink, J. Roger, J. Mayer, F. O’ Gorman, J. Varloot), Hermann, Paris 1970, T. I, p.20.

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  • all’amante di quei giorni, la non avvenentissima Madame de Puisieux.

    Diderot li avrebbe immediatamente venduti al suo libraio Durand, uno

    dei futuri editori dell’Enciclopedia che, senza indicazione né d’autore,

    né d’editore, li pubblicò l’anno stesso. Il falso luogo d’edizione indicato

    – l’Aja – insieme all’anonimato, rivelò subito di essere una sorta di

    garanzia del carattere eterodosso dello scritto che incontrò un notevole

    successo di vendite.2 Non furono pochi a pensare che a scriverli fosse

    stata la penna acuminata di Voltaire, mentre altri vi scorsero la vena

    sanguigna di un La Mettrie.

    ***

    Pensieri, come il celebre scritto postumo pascaliano, a cui replicavano in

    modo diretto sul terreno della problematica religiosa e antropologica, filosofici –

    come le Lettere filosofiche di Voltaire di cui riprendevano il conclamato

    antipascalismo – in anni in cui nella società francese il termine “philosophique”

    cominciava ad assumere un valore simbolico e politico preciso, il libretto che segna

    l’esordio di Diderot, “per i riflessi prodotti e le polemiche suscitate” merita di

    essere considerato come “una delle opere più importanti di tutto il XVIII secolo”.3

    2 Per la lista delle venti edizioni settecentesche dell’opera recensite da Niklaus si confronti la “Note” alle pp. 9-12 dell’edizione delle Pensées nel tomo II delle Œuvres complètes cit. Nell’elenco figura anche l’edizione bilingue franco-italiana di una ristampa (Amsterdam 1978, in 8°, pp. 181) dei Pensieri filosofici che precede il Colloquio tra un Filosofo e la Signora Duchessa di ***, falsamente presentato come opera postuma del poeta italiano, vittima dell’Inquisizione, Tommaso Crudeli (1703-1745). Diderot aveva pubblicato una traduzione del suo sonetto «Del letto nuzial questa è la sponda» su la Corréspondance littéraire del 1764. Un esemplare di questa edizione 1777 dei Pensieri filosofici, con annotazioni di Voltaire al margine, è conservato alla Biblioteca di Pietroburgo.3 A. M. Wilson, Diderot, Oxford University Press 1957, p. 55 (tr. it. Diderot, gli anni decisivi, Feltrinelli, Milano 1962, p. 62). Su l’antipascalismo di Voltaire merita sempre di essere consultato C. Luporini, Voltaire e le “Lettres philosophiques”, Einaudi, Torino 1977, pp, 136-151.

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  • Tempestivamente condannati a essere lacerati e inceneriti dal boia da un decreto del

    Parlamento del 7 luglio 1746,4 i Pensieri

    “non furono bruciati che in effigie,” come nota Robert Niklaus, il curatore

    dell’edizione critica che ha pazientemente ricostruito la storia della fortuna

    dell’operetta, inseguendo il gran numero di edizioni clandestine, chiara

    testimonianza tanto dell’interesse dei problemi sollevati dai Pensieri, quanto del

    fascino esercitato sui contemporanei dalla vivacità della prosa del giovane Diderot.

    Sul momento la scontata condanna del Parlamento parigino, noto “covo

    giansenista”, non ebbe conseguenze per Diderot: si risolse, al solito, in efficace

    mezzo pubblicitario, denuciando all’urbe-metropoli, se non all’orbe, il libro

    “scandaloso, contrario alla religione e alla morale”. A detta del Parlamento di

    Parigi, i Pensieri filosofici propinavano alle menti inquiete e temerarie “il veleno

    delle idee più assurde e criminali di cui l’abiezione dell’intelligenza umana fosse

    capace”, avendo il sostanziale torto di porre “sullo stesso piano tutte le religioni,

    per poi non accettarne alcuna”. Ma fin dall’esordio Diderot constatò che non

    avrebbe tardato a dover fare i conti con il potere stabilito – il decreto del

    Parlamento chiedeva esplicitamente la persecuzione non solo dei libri condannati,

    ma anche dei loro autori –e in effetti quando, tre anni dopo, finirà nelle prigioni del

    Castello di Vincennes, insieme a quella della Lettera sui ciechi, causa prossima

    dell’incarceramento, sarà costretto ad ammettere anche la paternità dei Pensieri,

    ritrattandoli allora come “intemperanze” sfuggitegli nella foga giovanile. Nella

    stessa triste occasione Diderot promise solennemente di non pubblicare più opere

    “pericolose”. Promessa che in sostanza mantenne, nascondendo al grande pubblico

    contemporaneo alcune delle sue creazioni più mirabili – dal Nipote di Rameau che

    sarà Goethe (e, successivamente lo Hegel della Fenomenologia) a rivelare

    all’Europa colta, sino ai fondamentali contributi a l’Histoire de deux Indes che oggi

    4 La traduzione italiana della biografia del Wilson citata riesce malauguratamente in una sola pagina a far stampare i Pensieri nel 1756 e a far pronunciare l’arrêt del Parlamento di Parigi il 7 luglio 1764!!

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  • conosciamo grazie all’edizione di Gianluigi Goggi,5 affidando semmai alcuni dei

    suoi gioielli critici e narrativi a quella Corréspondance littéraire dell’amico Grimm

    che, com’è noto, era esclusivo appannaggio di poche teste coronate in tutta

    Europa. Diderot, pre-manzonianamente potremmo dire, contava su pochi lettori,

    ma era ben consapevole di scrivere per un’élite filosofica di cui

    voleva rendere più efficace e incisiva l’azione. L’irradiazione del suo pensiero

    avverrà passo dopo passo, né ancora si è arrestata.6 Se Diderot ha fatto

    indubbiamente opera di volgarizzatore, questa l’ha compiuta con la grandiosa

    impresa dell’Enciclopedia, per sottoscrivere la quale, tuttavia, “il fallait posséder

    750 livres”.7

    Dagli studi di René Legros, di Franco Venturi8 e dall’edizione critica di Robert

    Niklaus sappiamo che i Pensieri filosofici costituiscono lo sviluppo e la messa a

    punto di annotazioni personali che Diderot aveva raccolto al margine della sua

    traduzione di Shaftesbury, pubblicata nel 1745 con il titolo Essai sur le mérite et la

    vertu.

    5 D. Diderot, Pensées détachées. Contribution a l’Histoire de deux Indes, a cura di G. Goggi, Siena 1976.6 Proprio in questi giorni, per la regia di Felix Benesch, è di scena allo Schauspielhaus di Zurigo la versione tedesca del notevole dramma di E.E. Schmitt, “Il libertino”, interamente dedicato a un Diderot, interpretato da Felix Manteuffel, alle prese con le sue donne e i suoi pensieri (cfr. G. Stadelmar, “Il filosofo messo a nudo”, Frankfurter Allgemeine Zeitung 7. 10. 1997). Di Eric Emmanuel Schmitt si veda anche il recentissimo Diderot ou la philosophie de la seduction, Albin Michel, Paris 1997.7 D. Diderot, Pensées Philosophiques, edition critique, avec introduction, notes et bibliographie, a cura di R. Niklaus, Droz, Génève 1965, p. IX. Si veda anche l’edizione Hermman 1975 cit., a cura di R. Niklaus con Commentaire di Y. Belaval e R. Niklaus.8 R. Legros, Diderot et Shaftesbury in “Modern Language Review, 1924, pp. 186-199. F. Venturi, La giovinezza di Diderot, Sellerio, Palermo 1988 (Ia ediz. Paris 1939). “L’invito che Diderot poté trovare nelle pagine di Shaftesbury a liberare il proprio genio lasciò una traccia profonda in tutte le sue prime opere. Nella ricerca della propria forma, dalle Pensées philosophiques alla Lettres sur les Aveugles il suggerimento del filosofo inglese gli sarà prezioso. Molte delle Pensées philosophiques sono ispirate da Shaftesbury e come scritte in margine ad un esemplare delle Characteristics” (Venturi, op. cit. p. 58). Sull’edizione italiana dell’opera di Venturi si veda la puntualissima recensione di G. Goggi in: Recherches sur Diderot et sur l’Encyclopèdie, n. 10, Avril 1991, pp. 159-163.

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  • Già la scelta del suo autore di riferimento, un deista entusiasta da tradurre in un

    francese personale e animato, era indicativa di più di un tratto della complessa

    personalità e, soprattutto, della sua straordinaria capacità di afferrare in questo caso

    una moda – l’anglomania – per conferirle un significato nuovo, la stessa capacità

    che saprà trasformare un progetto in origine commerciale ed editoriale, come la

    traduzione dell’Enciclopedia di Chambers, in un’impresa destinata a divenire il

    centro spirituale di tutta l’epoca.9

    Traducendo l’Inquiry concerning virtue Diderot si era al contempo impossessato

    dell’insieme dell’opera del più originale scrittore inglese dell’inizio del Settecento.

    Almeno nei primi anni ’40, Diderot pensa d’aver incontrato in Shaftstesbury10

    un’anima gemella, un autore in cui identificarsi: uno scrittore che si distingueva

    dagli altri deisti inglesi per l’accento posto sul fattore morale e sul valore

    dell’entusiasmo naturale, ben diverso dal “fanatismo” ascetico-religioso che ne

    costituisce semmai la perversione. E nei suoi Pensieri Diderot continua a “tradurre”

    con grande libertà Shaftesbury, per esempio quando critica le concezioni

    antropomorfiche della divinità, o quando oppone deismo ad ateismo e ancora

    quando ripartisce gli atei in classi, o quando, nell’attaccare il fanatismo, riprende di

    peso gli esempi dell’imperatore Giuliano, di Gregorio Magno o dell’assai meno

    celebre martire Poliuto.

    9 Anche in Italia, e più precisamente in Toscana, dove l’Enciclopedia conoscerà le due famose edizioni integrali di Lucca e di Livorno, a Firenze “Il giornale de’ Letterati” attendeva con impazienza la pubblicazione dell’Encyclopédie. In un “articolo di lettera” datato Parigi, 19 aprile 1750, ricordando come in Italia si fossero già fatte due edizioni del Dizionario di Chambers, si aggiungeva subito che la rielaborazione francese “getterà a terra tutte le altre, imperocché è stata accresciuta d’un prodigioso numero d’articoli che mancano nell’originale e nelle precedenti edizioni” (Cfr. F. Venturi, Echi italiani dell’Encyclopédie, in Diderot-D’Alembert, Encyclopédie, Saggi e note, vol. 18, F. M. Ricci, Milano-Paris, pp. 313-325).10 Un’ampia bibliografia sugli studi shaftesburyani è presente in A. O. Aldridge, Shaftesbury and the Deist Manifesto, in “Transactions of the American Philosophical Society” N. S. 41, Part II (1951); E. Wolf: Shaftesbury und seine Bedeutung für die Englische Literatur des 18. Jahrhunders, Tübingen 1960: St. Grean, Shaftesbury’s Philosophy of Religion and Ethics. A Study of Enthusiasm, Ohio 1967.

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  • La conclusione cui era pervenuto l’Essai sur le mérite et la vertu circa la

    separabilità di religione e morale – in quanto la virtù è naturale ed è la coscienza

    religiosa a presupporre la coscienza naturale e morale – è ribadita nei Pensieri.

    L’altra fonte indagata dalla critica, sulla scorta delle indicazioni fornite da Venturi,

    è quella costituita dalla “letteratura clandestina”, ovvero da quel

    vasto movimento di propaganda anticlericale e anticristiana che prelude

    all’affermarsi dei “lumi” filosofici. Le argomentazioni a proposito dei martiri e il

    tema del silenzio degli storici pagani, sono presi quasi alla lettera dall’Analyse de la

    religion chrétienne, redatta da Lévesque de Burigny verso il 1733. Oltreché in

    Shaftesbury, Diderot aveva potuto rintracciare una difesa delle passioni in Rémond

    de Saint-Mard (Nouveaux Dialogues, 1711) e in Rémond le Grec (Dialogue de la

    volupté, 1736). E di là ancora di Shaftesbury, nella difesa dell’ateo virtuoso, è la

    prosa di Bayle a filtrare nelle pagine di un Diderot che forse ha presente anche il

    settimo capitolo del Trattato teologico politico spinoziano, là dove presenta i suoi

    dubbi sull’integrità e affidabilità del testo della Sacra Scrittura.11

    In ogni caso, l’interesse predominante in Diderot è in questa fase l’accentuazione

    del valore sociale del deismo che – fra fanatismo religioso ed ateismo distruttore

    delle speranze e delle consolazioni umane – salvaguarda la più ampia tolleranza, la

    pace e la felicità umana.

    Uno spunto ben presente in diversi pensieri Diderot lo ricava poi direttamente

    dall’attualità, dalla sua esperienza di parigino che, residente in rue Mouffetard, abita

    il quartiere testimone dei presunti miracoli del defunto diacono giansenista Paris e

    11 Come notava Arnaldo Momigliano, ancora nel XX secolo la crisi modernista – che travagliò la chiesa cattolica – nasce dal problema dell’attendibilità della Bibbia. Momigliano ricordava anche come la tesi di un Eduard Schwartz “lo studio della Bibbia è materia per filologi e non per teologi” non fosse mai riuscito ad affermarsi compiutamente. “L’ambizione di quegli anni era di capire la formazione della tradizione cristiana senza presupposti religiosi, con i puri strumenti dell’analisi filologica […]. La rivoluzione non ebbe luogo. I teologi rimasero in controllo” (A. Momigliano, Premesse per una discussione su Eduard Schwartz in: Settimo contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1984, p. 241.

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  • dei “consolatori” di Saint-Médard. Anche per questo spunto Diderot “traduce”

    Shaftesbury, applicando con cognizione di causa agli “entusiasti” giansenisti e alla

    moltitudine ignorante e superstiziosa gli argomenti polemici che il Lord inglese

    aveva utilizzato contro i “profeti” calvinisti-puritani che s’aggiravano ai suoi giorni

    per le strade e i parchi londinesi.

    Nell’apparente disordine dei suoi “pensieri” – che dalla massima di tre sole righe

    si estendono alla micro-dissertazione che copre due pagine – nell’introdursi

    prepotente di momenti dialogici che preludono all’arte di cui Diderot sarà maestro

    insuperato e difficilmente superabile, l’opera è indubbiamente sorretta da un

    disegno strategico. Basterebbe ad attestarlo l’accuratissima e maliziosa “table des

    matières”, indubbiamente di mano diderottiana. Se in tema di religione,

    materialismo e ateismo i Pensieri sono ben lontani dal costituire l’ultima parola di

    un pensatore attento agli sviluppi della scienza e della riflessione come Diderot, i

    due principali bersagli indicati – il fanatismo e l’ascetismo – resteranno bersagli

    contro cui il filosofo di Langres non cesserà di scagliare i suoi colpi, al pari delle

    rivendicazioni, che saranno costantemente sue, dei diritti della ragione e dello

    spirito critico.

    Proprio perché vistose, non è il caso di insistere sulle “contraddizioni” presenti

    nell’opera. Appuntarvisi, insistendo su come idee deiste s’affianchino a uno spunto

    ateo o, addirittura, a una professione di fede cattolica,12 equivarrebbe ad arrestarsi

    alla superficie, smarrendo il vero senso dei Pensieri filosofici.

    12 Come già nella lettera A mon frère che apriva l’Essai sur le merite et la vertu ancora nell’Encyclopédie questa professione di fede ritorna, formulata significativamente in questi termini: “Se introdurrete un raggio di luce in un nido di gufi, non farete altro che ferire i loro occhi ed eccitare i loro stridi. Felice cento volte il popolo al quale la religione propone di credere cose vere e sublimi, e di imitare solo azioni virtuose: tale è la nostra, nella quale il Filosofo non deve far altro che seguire la propria ragione per giungere ai piedi dei nostri altari». (Encyclopédie, s. v. Aigle, tr. it. in AA. VV., Enciclopedia, a cura di A. Soboul, Editori Riuniti, Roma 1976, p. 42).

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  • Robert Niklaus ha fatto notare l’unità profonda di un pensiero, prima facie

    solcato da contraddizioni, indicando il “piano” che struttura il libretto diderottiano.

    Dopo una riabilitazione delle passioni (I-V) ci vengono mostrati gli effetti nefasti

    del fanatismo religioso, dell’ascetismo, di una superstizione baylianamente più

    ingiuriosa al cospetto della divinità dello stesso ateismo (VI-XII); l’ateo non è

    confutato facilmente dal superstizioso, questi foss’anche geniale come Pascal; la

    sua confutazione risulta invero più facile al deista, informato dei lavori dei fisici

    sperimentali (XIII-XIX). La dimostrazione dell’esistenza di Dio è ricavata

    dall’esistenza di esseri pensanti e dall’armonia della natura (XX); gli atei si basano

    sul fondamento lucreziano del caso (XXI) e sono rubricabili in tre classi (XXII). Il

    deismo, tuttavia, è superiore all’ateismo ed allo scetticismo (XXIII). Lo scetticismo

    è comunque indispensabile (XXIV-XL): solo il fanatico crede dogmaticamente a

    miracoli che ripugnano a ogni persona dotata di buon senso (XLI, XLII, XLVI-

    LIII). Come qualunque altra religione, il cristianesimo non si è affermato senza

    pericolo per lo stato: l’imperatore Giuliano, anziché essere un apostata, come vuole

    la tradizione cristiana, è un modello di saggezza (XLIII). Interviene poi la

    domanda: le Scritture sono davvero sacre, ispirate da Dio? (XLIV, XLV, LX) e

    l’appassionata difesa della ragione critica (LIV-LVII, LX) è problematicamente

    seguita da una professione di fede cattolica (LVIII), mentre l’ultimo “pensiero”

    celebra la Religione Naturale.

    * * *

    I temi e le idee racchiuse nei Pensieri filosofici non brillano certo per originalità

    e già si è accennato alla duplice natura delle “fonti” di questo Diderot che non è, in

    alcun modo, tutto Diderot. Resta il fatto che proprio i Pensieri filosofici, la

    raccolta di aforismi scritta di getto, con un tono appassionato, capace di sedurre e

    convincere, diverranno – assai più che non la Lettera sui ciechi – il “breviario” di

    una prima generazione desiderosa di raccogliere la sfida lanciata ai poteri costituiti

    – chiesa, gesuiti, giansenisti, Sorbona e parlamento parigino.

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  • “Fin dalle prima parole a regnare è un accento nuovo, un tono animato, talora

    una viva indignazione e una violenza raffrenata a stento. È con una nuova potenza

    che Diderot esalta la passione – l’entusiasmo, il genio (secondo il senso ch’egli

    conferisce al termine), la natura, come la chiama altrove – e pone sul trono una

    nuova divinità utile per la polemica dei lumi, fattore di cui bisognerà ormai tenere

    conto, perché è una forza capace di agire e sortire effetti».13 La passione che vale

    per ciò che ha di spontaneo, di irriflesso, va coltivata di fronte all’aridità

    intellettualistica del cartesianismo, o delle versioni “agostiniste” di esso, più che di

    Cartesio stesso, fautore della “bontà” delle passioni.14

    Proprio con questo suo “ritorno alla natura”, con il suo “pelagianesimo”15

    Diderot, sulla scorta di Voltaire, attacca Pascal e la grande linea giansenista, ancora

    così presente e viva nel dibattito culturale francese dell’epoca. L’entusiasmo,

    secondo Diderot, va ricondotto nel suo giusto alveo, va sottratto alle perversioni

    rappresentate dai fanatismi, per tornare a essere quella molla di grandi imprese

    umane che ancora Hölderlin canterà mezzo secolo dopo in Wie wenn am

    Feiertage… inaugurando la stagione dei suoi inni.16

    Da questa concezione anche nei momenti più difficili Diderot non defletterà più.

    Anzi ancora l’ultimo Diderot ribadirà: “Le passioni non sono dei vizi: sono vizi

    oppure virtù a seconda dell’uso che se ne fa”, in un contesto in cui non sarà più

    possibile nutrire dubbi sulla valenza critico-politica che la riabilitazione delle

    passioni in realtà possiede fin dai Pensieri filosofici. All’amato Seneca che

    considera l’ira come “non conforme alla natura umana” Diderot nel suo tardo

    13 R. Niklaus, op. cit. p. XIV.14 In merito si veda A. Vartanian, Diderot and Descartes, Princeton University Press, 1951 (tr. it. Feltrinelli, Milano 1956). Su cartesianesimo e agostinismo si veda il classico studio di H. Gouhier, Cartesianisme et Augustinisme, Paris 1978.15 Il tema è in realtà più complesso di quanto lasci intendere questo accenno: il “fatalismo”, il “necessitarismo”, pur presente nel Diderot lettore di Spinoza, apre spiragli anche per tesi “predestinazionistiche” e diventa uno dei poli della «dialogicità» costitutiva della personalità filosofica di Diderot.16 Vv. 28-29: “Und wie im Aug’ ein Feuer dem Manne glänzt / Wenn hohes er entwarf” (E come splende un fuoco nell’occhio all’uomo/ che grandi imprese ha in mente…). (F. Hölderlin, Werke und Briefe, a cura di F. Beißner/J. Schmidt, Insel Verlag, Frankfurt am Main 1969, p. 136).

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  • Saggio sui regni di Claudio e Nerone ribatte: “Non conosco passione che sia più

    conforme alla natura umana. L’ira è un effetto del torto subito, e la natura, nella sua

    saggezza, ha posto il risentimento nel cuore dell’uomo per ovviare all’insufficienza

    della legge. […] Senza l’ira e il risentimento, il debole avrebbe irrimediabilmente

    subìto la tirannia del più forte, e la natura avrebbe creato intorno a qualcuno dei

    suoi figli più violenti una turba innumerevole di schiavi.”17

    * * *

    Ho “recuperato” il testo originale de le Pensées philosophiques di Diderot

    utilizzando come testo di riferimento i due esemplari della prima edizione presenti

    nella Biblioteca dell’Università di Pisa18 che, pur non facendo parte della prima

    tiratura rarissima, contrassegnata – come segnala la Bibliographie d’éditions

    originales et rares de livres rares d’auteurs français des XVe, XVIe, XVIIe et XVIIIe

    siècles di Avenir Tchémerzine (Hermann, Paris 1977) – da "errori di composizione

    tipografica" in essi non riscontrabili, sono indubbiamente assimilabili agli esemplari

    recensiti dal Niklaus sotto la sigla A I come “editio princeps”.

    In questi esemplari compaiono invero pochissimi errori di stampa che qui si

    segnalano, e che si è tacitamente provveduto a espungere dal testo: a p. 5: «deses»

    in luogo di «de ses»; a p. 12, 22 e 55 è stata saltata la spaziatura dopo la virgola

    che segue rispettivamente périr [12], Neron [22] e idées [55]; a p. 22 è errato il

    17 D. Diderot, Essai sur le régnes de Claude et de Néron, ed. Assezat, t. III, p. 282 (tr. it., Sellerio, Palermo 1987, pp. 291-292).18 Biblioteca Universitaria di Pisa: collocazione B h 4. 41, per l'esemplare un tempo "di Luigi Gherardi Chirurgo": La Haye, aux dépens de la Compagnie, M DCC

    XLIV, In-12°, pp.136 + 6 fogli di indice dei nomi e delle materie; Q b. 9. 102 per un esemplare tipograficamente identico all'esemplare descritto, anche se la presenza delle Pensées philosophiques è 'camuffata' dalle Pensées diverses di Etienne Coeuilhe, Paris chez Merigot Fils (senza indicazione di anno, ma registrata sul registro della Camera Reale e Sindacale dei Librai e stampatori di Parigi il 4 maggio 1751). In questo esemplare si è salvata la vignetta che raffigura la nuda Veritas intenta a togliere maschera e corona alla losca figura della superstizione che ha tra le mani uno scettro ormai spezzato ed è accovacciata tra una sfinge e un dragone.

    18

  • segno di interpunzione e, dopo objecte, un punto interrogativo sta al posto del

    punto fermo. A p. 31 «à long traits» sta in luogo di «à longs traits», a p. 45 «font

    semblent» sta in luogo di «font semblant», a p. 58 «ausquelles» sta in luogo di

    «auxquelles»; a p. 59 «à taton» in luogo di «à tatons» e «semi-Septicisme» in luogo

    di «semi-Scepticisme»; a p. 88 «chefs d’œuvres» al posto di «chefs-d’œuvre». A p.

    99 si è restituita la maiuscola ad «acci novii». Si sono parimenti corretti i due errori

    nella citazione latina del pensiero LI: «admodo» in luogo di «admoto» e

    «aufferebat» in luogo di «auferebat» (p. 111).

    Le note numerate del commento sono sempre del curatore: l’unica nota

    dell’Autore è asteriscata.

    * * *

    **

    *

    Sul compito del traduttore ho alcune idee assai precise. Non starò a presentarle

    in questa sede. Dirò soltanto che il criterio ispiratore del suo impegno dev'essere

    improntato al dovere, oggi ovunque fondamentale, dell'ospitalità. Un traduttore

    rispettabile è innanzitutto chi ospita nella sua lingua, al meglio di quanto la storia

    della sua lingua può offrire, un'opera che chiede di essere tradotta. E bisogna

    amare, allora, lo straniero, ma anche casa propria.

    Prodotti per loro natura caduchi, le traduzioni dei «classici» hanno un senso se

    spianano la strada alla lettura dell'originale. Per questo ritengo sia sempre

    indispensabile nel caso dei “classici” fornire al lettore il riscontro del testo originale,

    come ritengo che ogni generazione abbia il diritto e il dovere di ri-tradurre i

    “classici” che le interessano.

    19

  • Sul livello di indecenza medio delle traduzioni “filosofiche” italiane correnti

    taccio, anche se credo di conoscerne le ragioni diverse e molteplici, almeno per un

    aspetto comunque non disgiungibili dal sostanziale disprezzo in cui negli ambienti

    accademici è tenuta la fatica – non sufficientemente “creativa” e “originale” – della

    mediazione culturale. Proprio chi disdegna il tradurre, il più delle volte legge De

    Negri e crede di leggere Hegel, confermando il mio convincimento che la prima,

    per alcuni versi, decisiva interpretazione di un testo è sempre il lavoro compiuto

    dal "turcimanno" (si veda al riguardo almeno: G.Folena, Volgarizzare e tradurre,

    Einaudi Torino PBE 605).

    *

    **

    ***

    Leggere Diderot è anche un piacere. Lo sapeva un grande filosofo, oggi

    ignorato dall'incultura vigente, che annotava nel suo "Inizio di autobiografia" -

    pochi mesi prima dell'arresto da parte della polizia fascista – :"…quello che scrivo

    non sarà mai sicuramente arte: tutt'al più sarà umanità. Mi è venuta questa idea

    leggendo Voltaire e Diderot. Quelli sì, scrivevano voluttuariamente, non

    costruivano. Scrivevano allo sbaraglio. A leggerli, non si ha un'emozione artistica:

    si ha l'ineffabile godimento di partecipare direttamente ad una conversazione. Sono

    gli uomini che hanno saputo fotografare in modo più diretto e immediato nele loro

    opere la propria personalità umana." (Eugenio Colorni: Scritti, introduzione di N.

    Bobbio, La Nuova Italia, Firenze 1975, p.32.)

    I Pensieri filosofici sono, come ha ben visto nel suo ancor fondamentale lavoro

    F. Venturi, il "manifesto" del programma illuminista del filosofo di Langres.

    Insieme al "Nipote di Rameau" costituiscono uno dei testi fondamentali/obbligatori

    del corso di “Storia della filosofia moderna” dell'anno accademico in corso. Il

    carattere didattico-elementare esplicativo delle note a commento è pertanto

    deliberatamente voluto.

    20

  • Se è verissimo che questo pesce non è di tutti, mi interessava che nessuno tra gli

    studenti che si auto-imporranno di leggerlo, si sentisse escluso a priori.

    Rispetto alle eccellenti edizioni recenti commentate di Robert Niklaus e di Paul

    Verniére, la presente edizione ha forse il pregio di fornire al lettore i sei fogli della

    fittissima, maliziosa e a suo modo geniale Table des Matières omessa in entrambi i

    lavori citati. Quanto essa sia utile e costituisca parte integrante del testo diderotiano

    credo risulti evidente a chiunque la utilizzi, trovandovi Cartouche che impartisce

    lezioni a Hobbes, che lo scetticismo è il primo passo per la verità, e che lo "zelo"

    è ormai decisamente hors de mode. Al fine che questa tavola delle materie aiuti

    anche il lettore odierno e non solo quello settecentesco,

    si è sempre riportato fra parentesi quadre, anche nel testo della traduzione, il

    numero di pagina del testo dell'edizione citata che, come si è detto, ho letto

    nell'ambiente raccolto e ospitale della Biblioteca Universitaria Pisana.

    t.c.

    Calci/Pisa, settembre 1997.

    21

  • 22

  • Denis Diderot

    Pensées Philosophiques/ Pensieri filosofici

    Introduzione, traduzione e commento a cura di Tomaso Cavallo

    23

  • 24

  • 25

  • PENSÉES PHILOSOPHIQUES

    Quis leget haec? Pers. Sat. I

    J'écris de Dieu; je compte sur peu de Lecteurs, & n'aspire qu'à quelques suffrages. Si ces pensées ne plaisent à personne, elles pourront n'être que mauvaises; mais [2] je le tiens pour détestables, si elles plaisent à tout le monde.

    I. On déclame sans fin contre les Passions; ont leur impute toutes le peines de l'homme, & l'on oublie qu'elles sont aussi la source de tous ses plaisirs. C'est dans sa constitution, un élément dont on ne peut dire ni trop de bien, ni trop de mal. Mais ce qui me donne de l'humeur, [3] c'est qu'on ne les regarde jamais que du mauvais côté. On croiroit faire injure à la raison, si l'on disoit un mot en faveur de ses rivales. Cependant il n'y a que les passions & les grandes passions qui puissent élever l'ame aux grandes choses. Sans elles, plus de sublime, soit dans les mœurs, soit dans les ouvrages; le beaux arts retournent en enfance, & la vertu devient minutieuse.

    26

  • PENSIERI FILOSOFICI

    Quis leget haec? Pers. Sat.I.1

    Scrivo su Dio; conto su pochi Lettori e non aspiro a molti suffragi. Se questi pensieri non piacciono a nessuno, non potranno che essere cattivi; [2] li considererei però detestabili, se piacessero a tutti.2

    I

    La litania contro le passioni non ha mai fine: sono loro imputate tutte le pene dell'uomo, mentre ci si dimentica ch'esse sono anche la fonte di ogni suo piacere. Componenti fondamentali dell'uomo, le passioni sono un elemento di cui non si può dire mai troppo bene o troppo male. Ciò che mi irrita [3] è che non le si guarda mai se non dal lato cattivo. Come se, a dire una parola in favore delle sue rivali, si temesse di ingiuriare la ragione.3 Tuttavia non vi sono che le passioni e le grandi passioni ad avere il potere d'elevare l'animo a grandi cose. Senza di esse, niente di sublime sia nei costumi, sia nelle opere; le arti belle ritornano al loro stadio infantile e la virtù diventa minuzia.

    27

  • Les Passions sobres font les [4] hommes communes. Si j'attends l'ennemi, quand il s'agit du salut de ma patrie, je ne suis qu'un Citoyen ordinaire. Mon amitié n'est que circonspecte, si le péril d'un ami me laisse les yeux ouverts sur le mien. La vie m'est-elle plus chere que ma maîtresse? Je ne suis qu'un amant comme un autre.

    III. Les Passions amorties dégradent les hommes extraordinaires. La contrainte a-[5] néantit la grandeur & l'énergie de la nature. Voyez cet arbre; c'est au luxe de ses branches que vous devez la fraîcheur & l'étendue deses [sic] ombres: vous en jouirez jusqu'à ce que l'hiver vienne le dèpouiller de sa chevelure. Plus d'excellence en Poësie, en Peinture, en Musique, lorsque la superstition aura fait sur le tempérament l'ouvrage de la vieillesse.

    IV.

    Ce seroit donc un bon-[6] heur, me dira-t-on, d'avoir les passions fortes. Oui, sans doute, si toutes sont à l'unisson. Etablissez entre elles, une juste harmonie, & n'en appréhendez point de dèsordres. Si l'espérance est balancée par la crainte, le point d'honneur par l'amour de la vie, le penchant au plaisir par l'interêt de la santé; vous ne verrez de libertins, ni téméraires, ni lâches.

    V.

    C'est le comble de la fo-[7] lie que de se proposer la ruine des passions. Le beau projet que celui d'un dévot qui se tourmente

    28

  • II

    La sobrietà nelle passioni rende [4] mediocri gli uomini4.Se aspetto il nemico, allorché è in gioco la salvezza della mia patria, non sono che un Cittadino ordinario. La mia amicizia è pura circospezione, se il pericolo di un amico lascia ch'io tenga gli occhi aperti sul mio. Mi è più cara la vita della donna che amo? Non sono che un amante come gli altri.

    III

    Le passioni smorzate degradano gli uomini straordinari5. La costrizione an- [5] nienta la grandezza e l'energia della natura. Guarda quest'albero: è al rigoglio dei suoi rami che devi la frescura e l'estensione della sua ombra: ne godrai sino a che l'inverno venga a spogliarlo della sua capigliatura. L'eccellenza è finita in Poesia, in Pittura, in Musica una volta che la superstizione6 abbia fatto sul temperamento l'opera della vecchiaia.

    IV

    Sarebbe dunque una for-[6] tuna, mi si dirà, avere passioni forti. Sì, senza dubbio, se sono tutte all'unissono. Stabilite fra loro una giusta armonia7 e non avrete da temere disordini. Se la speranza è bilanciata dal timore, il punto d'onore dall'amore per la vita, l'inclinazione al piacere dall'interesse per la salute non vedrete né libertini, né temerari, né vigliacchi.

    V

    E'il colmo della paz-[7] zia proporsi la rovina delle passioni.8 Davvero un bel progetto quello del devoto che si tormenta come

    29

  • comme un forcené pour ne rien desirer, ne rien aimer, ne rien sentir, & qui finiroit par devenir un vrai monstre, s'il réussissoit!

    VI.

    Ce qui fait l'objet de mon estime dans un homme, pourroit-il être l'objet de mes mépris dans un autre? Non, sans doute. Le vrai indépendant de mes caprices doit [8] être la regle de mes jugemens; & je ne ferai point un crime à celui-ci de ce que j'admirerai dans celui-là comme une vertu. Croirai-je qu'il étoit réservé à quelques-uns, de pratiquer des actes de perfection que la nature & la religion doivent ordonner indifféremment à tous? Encore moins. Car d'où leur viendroit ce privilege exclusif? Si Pacôme a bien fait de rompre avec le genre humain pour s'enterrer dans une solitude; il ne m'est [9] pas défendu de l'imiter: en l'imitant, je serai tout aussi vertueux que lui, & je ne devine pas pourquoi cent autres n'auroient pas le même droit que moi. Cependant il seroit beau de voir une Province entiére effrayée des dangers de la société, se disperser dans les forêts; ses habitans vivre en bêtes farouches pour se sanctifier; mille colonnes élevées sur les ruines de toutes affections sociales; un nouveau peuple de Stylites se dépouiller par [10] religion des sentimens de la nature, cesser d'être hommes & faire les statues pour être vrais chrétiens.

    VII.

    Quelles voix: quels cris: quels gémissemens! Qui a renfermé dans ces cachots tous ces cadavres plaintifs? Quels crimes ont commis tous ces malheureux? Les uns se frappent la poitrine avec de cailloux; d'autres se déchirent le corps avec des ongles de fer; tous ont [11] les regrets, la douleur & la mort dans les yeux.

    Qui les

    30

  • un forsennato per non desiderare nulla, per non amare nulla, per non sentire nulla. Finirebbe con l'essere un vero mostro9, se riuscisse nel suo intento!

    VI

    Ciò che costituisce l'oggetto della mia stima in un uomo, potrebbe essere l'oggetto del mio disprezzo in un altro? No, senza dubbio. Il vero, indipendente dai miei capricci, deve [8] essere la regola dei miei giudizi; e non considererò mai come un crimine in una persona ciò che ammiro come virtù in un'altra. Crederò che sia riservata a qualcuno la pratica degli atti di perfezione che la natura e la religione debbono ordinare indifferentemente a tutti? No, assolutamente. Perché da dove verrebbe fuori questo privilegio esclusivo? Se Pacomio10 ha agito bene rompendo con il genere umano per seppellirsi in un deserto, non mi è [9] proibito imitarlo: imitandolo sarò virtuoso come lui, né riesco a capire come cento altri non avrebbero il mio stesso diritto. Tuttavia sarebbe davvero divertente vedere un'intera Provincia, atterrita dai pericoli della società, disperdersi nelle foreste; mille colonne innalzate sulle rovine di tutti i legami sociali; un nuovo popolo di Stiliti11 che, seguendo la religione, si spoglierebbero [10] dei sentimenti naturali, cesserebbero di essere uomini e diverrebbero statue per essere veri cristiani.

    VII

    Che voci! Che urla! Che gemiti! Chi ha rinchiuso in queste celle tutti questi cadaveri che si lamentano? Quali delitti hanno perpetrato tutti questi sventurati? Gli uni si battono il petto con delle pietre, altri si lacerano il corpo con delle unghie di ferro, tutti hanno negli occhi [11] i rimpianti, il dolore e la morte. Chi mai li condanna

    31

  • condamne à ce tourmens?…Le Dieu qu'ils ont offensé…Quel est donc ce Dieu?…Un Dieu plein de bonté…Un Dieu plein de bonté trouveroit-il du plaisir à se baigner dans les

    larmes? Les frayeurs ne feroient-elles pas injure à sa clémence? Si des criminels avoient à calmer les fureurs d'un tyran, que feroient-ils de plus?

    VIII.

    Il y a de gens dont il ne [12] faut pas dire qu'ils craignent Dieu; mais bien qu'ils en ont peur.

    IX.

    Sur le portrait qu'on me fait de l'Etre Suprême, sur son penchant à la colere, sur la rigueur de ses vengeances, sur certaines comparaisons qui nous expriment en nombres le rapport de ceux qu'il laisse périr, à ceux qui il daigne tendre la main; l'ame la plus droite seroit tentée de souhaiter qu'il n'existe pas. [13] L'on seroit assez tranquille en ce monde, si l'on étoit bien assuré que l'on n'a rien à craindre dans l'autre: la pensée qu'il n'y a point de Dieu n'a jamais effrayé personne; mais bien celle qu'il y en a un, tel que celui qu'on me peint.

    X.

    Il ne faut imaginer Dieu ni trop bon ni méchant. La justice est entre l'exces de la clémence & la cruauté; ainsi que les peines finies sont en-[14] tre l'impunité & les peines éternelles.

    32

  • a tali tormenti?12 Il Dio che hanno offeso.… E qual'é questo Dio? Un Dio pieno di bontà… Un Dio pieno di bontà si compiacerebbe forse a immergersi nelle lacrime? Il terrore non costituisce un ingiuria per la sua clemenza? Se dei criminali avessero da quietare i furori di un tiranno, che mai potrebbero fare di più?

    VIII

    V'è della gente di cui non [12] bisogna dire che teme Iddio, ma che ne ha una… paura del diavolo!13

    IX

    Affidandosi al ritratto che mi si fa dell'Essere Supremo, della sua inclinazione alla collera, del rigore delle sue vendette14, basandosi su certi confronti che ci esprimono numericamente il rapporto tra coloro ch 'Egli lascia perire e coloro a cui si degna di porgere la mano, l'anima più retta sarebbe tentata d'augurarsi che un tale Essere non esista per nulla.[13] Si sarebbe sufficientemente tranquilli in questo mondo, se si fosse al tutto certi che non si ha nulla da temere nell'altro. Il pensiero che Dio non esista non ha mai terrorizzato nessuno; sì invece quello che ne esista uno, tal quale me l'hanno raffigurato.

    X

    Dio non bisogna immaginarselo né troppo buono, né cattivo. La giustizia15 sta tra l'eccesso della clemenza e la crudeltà, come le pene finite stanno tra [14] l'impunità e le pene eterne.

    33

  • XI.Je sais que les idées sombre de la superstition sont plus généralement approuvées que suivies; qu'il est des dévots qui n'estiment pas qu'il faille se haïr cruellement pour bien aimer Dieu et vivre en désespérés pour être religieux: leur sagesse est fort humaine: mais d'où naît cette différence de [15] sentimens, entre des gens qui se prosternent aux pieds de mêmes Autels? La piété suivroit-elle aussi la loi de ce maudit tempérament? Hélas: comment en disconvenir? Son influence ne se remarque que trop sensiblement dans le même dévot: il voit, selon qu'il est affectée, un Dieu vengeur ou misricordieux; les enfers ou les cieux ouverts: il tremble de frayeur, ou il brule d'amour: c'est une fiévre qui a ses accès froids & chauds.

    [16] XII.

    Oui, je le soutiens: la superstition est plus injurieuse à Dieu que l'Athéisme. J'aimerois meiux, dit Plutarque, qu'on pensât qu'il n'y eût jamais de Plutarque au monde, que de croire que Plutarque est injuste, colére, inconstant, jaloux, vindicatif, & tel qu'il seroit bien fâché d'être.

    XIII.Le Deïste seul peut faire [17] tête à l'Athée.. Le superstitieux n'est pas

    de sa force. Son Dieu n'est qu'un être d'imagination. Outre les difficultés de la matiére, il est exposé à toutes celles qui résultent de la fausseté de ses notions. Un C… un S… auroient été mille fois plus embarassans pour un Vanini, que tous les Nicoles & les Pascals * du monde.

    * Jansenistes célébres.

    34

  • XI

    So che le idee cupe della superstizione sono di norma più approvate che seguite; esistono dei devoti che non ritengono necessario odiarsi crudelmente per amare al meglio Iddio e vivere nella disperazione per essere religiosi; la loro devozione è allegra, la loro saggezza umanissima. Ora, come mai vi è questa differenza tra [15] gente che si prosterna di fronte agli stessi altari? La stessa pietà seguirà anch'essa la legge di questo maledetto temperamento? Ahimé! come disconvenirne? L'influenza del temperamento si fa avvertire in misura sensibile all'interno anche della stessa persona religiosa16: a seconda dei suoi stati d'animo vede infatti un Dio vendicatore o misericordioso, gli inferni o i cieli aperti; e ora trema atterrito, ora arde d'amore. Insomma, si tratta d'una febbre che ha i suoi accessi freddi e caldi.

    [16] XII

    Sì, lo sostengo: la superstizione è più ingiuriosa nei confronti di Dio dell'ateismo. Preferirei, dice Plutarco17, che si pensasse che non è mai esistito al mondo un Plutarco, piuttosto che si credesse di lui che è ingiusto, collerico, incostante, geloso, vendicativo e tale che egli non vorrebbe davvero mai essere.

    XIII

    Solo il Deista sa tener [17] testa all'Ateo. Il superstizioso non ne è all'altezza. Il suo Dio non è che un essere immaginario. Oltre alle difficoltà intrinseche di per sé a questo argomento, è esposto infatti a tutte le difficoltà che insorgono dalla falsità delle sue nozioni. Un C18…, un S… sarebbero stati mille volte più imbarazzanti per un Vanini di tutti i Nicole e i Pascal del mondo.

    35

  • XIV Pascal avoit de la droitu-[18] re, mais il étoit peureux & crédule. Elégant Ecrivain & Raisonneur profond, il eût sans doute éclairé l'univers; si la Providence ne l'eût abandonné à des gens qui sacrifiérent se talens à leur haines. Qu'il seroit à souhaiter qu'il eût laissé aux Théologiens de son tems le soin de vuider leurs querelles; qu'il se fût livré à la recherche de la verité, sans réserve & sans crainte d'offenser Dieu, en se servant de tout l'esprit qu'il en avoit reçu; [19] et sur-tout, qu'il eût refusé pour maîtres des hommes qui n'étoient pas dignes d'être ses disciples. On pourroit bien lui appliquer ce que l'Ingénieux La Mothe disoit de la Fontaine, qu'il fut assez bête pour croire qu'Arnauld, de Sacy & Nicole valoient mieux que lui.

    XV.

    "Je vous dis qu'il n'y a point de Dieu; que la création est une chimere; que l'éternité du monde n'est [20] pas plus incommode que l'éternité d'un esprit; que, parce que je ne conçois pas comment le mouvement a pu engendrer cet univers qu'il a si bien la vertu de conserver, il est ridicule de lever cette difficulté par l'existence supposée d'un Etre que je ne conçois pas davantage; que, si les merveilles qui brillent dans l'ordre Physique décelent quelque intelligence, les désordres qui regnent dans l'ordre moral, anéantissent [21] toute Providence. Je vous dis que, si tout est l'ouvrage d'un Dieu, tout doit être le mieux qu'il est possible: car si tout n'est pas le mieux qu'il est possible, c'est en Dieu impuissance ou mauvaise volonté. C'est donc pour le mieux que je ne suis pas éclairé sur son existence: cela posé, qu'ai-je à faire de vos lumieres? Quand il seroit assi démontrée qu'il est peu, que tout mal

    36

  • XIV

    Pascal era un uomo retto,[18] ma credulo e pauroso. Elegante19 scrittore e profondo ragionatore avrebbe indubbiamente rischiarato l'universo, se la Provvidenza non l'avesse abbandonato a gente che sacrificò i suoi talenti ai loro odi. Quanto sarebbe stato auspicabile che avesse lasciato ai teologi del suo tempo di esaurire le loro polemiche, che si fosse dedicato alla ricerca della verità, senza riserve e senza timore di offendere Dio servendosi della straordinaria intelligenza che aveva ricevuto e,[19] soprattutto, che avesse rifiutato di prendere per maestri uomini indegni di essere suoi discepoli. Gli si può applicare quanto l'ingegnoso la Mothe20

    diceva di La Fontaine, di essere stato così stupido da credere che Arnauld21, de Sacy e Nicole valessero più di lui.

    XV

    "Io vi dico che Dio non esiste, che la creazione è una chimera, che l'eternità del mondo non è [20] più impensabile dell'eternità di uno spirito; che, dal momento che non concepisco come il movimento abbia potuto dar vita a questo universo che ha tuttavia la virtù di conservare, è ridicolo rimuovere questa difficoltà ricorrendo alla supposta esistenza di un Essere che non concepisco certo in modo migliore; che se le meraviglie che splendono nell'ordine Fisico nascondono una qualche intelligenza, i disordini che regnano nell'ordine morale annientano [21] ogni Provvidenza. Io vi dico che se tutto è opera di un Dio, tutto dev'essere il meglio possibile; perché se tutto non è il meglio che è possibile vi è in Dio o impotenza o cattiva volontà22. E' dunque in vista del meglio che io non ho lumi sulla sua esistenza; ciò posto, che debbo farmene dei vostri lumi? Quand'anche fosse dimostrato - e non lo è affatto -

    37

  • est la source d'un bien; qu'il etoit [22] bon qu'un Britannicus, que le meilleur des Princes périt; qu'un Neron, que le plus méchant des hommes regnât; comment prouveroit-on qu'il étoit impossible d'atteindre au même but, sans user des mêmes moyens? Permettre des vices, pour relever l'éclat des vertus, c'est un bien frivole avantage pour un inconvenient si réel. Voilàn dit l'Athée, ce que je vous objecte? Qu'avez-vous à répondre?"………"que je [23) un scélérat; & que si je n'avais rien à craindre de Dieu, je n'en combattrois pas l'éxistence." Laissons cette phrase aux Déclamateurs: elle peut choquer la vérité; l'urbanité la défend, & elle marque peu de charité. Parce qu'un homme a tort de ne pas croire en Dieu, avons-nous raison de l'injurier? On n'a recours aux invectives, que quand on manque de preuves. Entre deux Controversistes, il y a cent à parier contre un que [24] celui qui aura tort, se fâchera. "Tu prends ton tonnerre, au lieu de répondre, dit Ménippe à Jupiter; tu as donc tort."

    XVI

    On demandoit un jour à quelqu'un, s'il y avoit de vrais Athées. Croyez-vous, répondit-il, qu'il y ait de vrais Chrétiens?

    XVII

    Toutes les Billevezées de la Métaphysique ne valent [25] pas un argument ad hominem. Pour convaincre, il ne faut quelquefois que réveiller le sentiment, ou Physique ou Moral. C'est avec un baton qu'on a prouvé au Pirrhonien qu'il avoit tort de nier son éxistence. Cartouche, le pistolet à la main, auroit pu faire a Hobbes une pareille leçon. "La bourse ou la vie: nous somme seuls: je suis le plus fort; & il n'est pas question entre nous d'équité."

    38

  • che ogni male è la fonte di un bene, ch'era un [22] bene che Britannico, il migliore dei Principi perisse e regnasse invece Nerone23, il più malvagio tra gli uomini, come si dimostrerebbe che era impossibile conseguire lo stesso fine senza usare gli stessi mezzi? Permettere dei vizi per incrementare lo splendore delle virtù è un vantaggio molto frivolo a petto di un inconveniente così reale. Ecco - dice l'Ateo- le mie obiezioni: che avete da rispondermi?"…" che io [23]sono uno scellerato, e che se non dovessi temere nulla da Dio, non ne combatterei l'esistenza.". Lasciamo questa frase ai Predicatori24: può urtare la verità, la cortesia la proibisce e attesta una mancanza di carità. Per il fatto che un uomo ha il torto di non credere in Dio, noi abbiamo ragione di insultarlo? Si ricorre alle invettive solo dove mancano le prove. Tra due controversisti25 si può scommettere cento contro uno che [24] ad arrabbiarsi sia sempre colui che ha torto." Tu ricorri al tuo tuono anziché rispondere - dice Menippo26 a Giove - dunque tu hai torto."

    XVI

    Un giorno fu chiesto a qualcuno se credeva che esistessero dei veri atei. Rispose: perché? voi credete che esistano dei veri cristiani?

    XVII

    Tutte le frottole della metafisica non valgono [25] un argomento ad hominem.27 Per convincere non occorre altro talora se non risvegliare il sentimento, fisico o morale. E' ricorrendo a un bastone che si è provato al pirroniano28 che aveva torto a negare la sua esistenza. Cartouche, la pistola in pugno, avrebbe potuto dare a Hobbes una lezione analoga. "O la borsa o la vita! noi siamo soli, io sono il più forte e tra di noi non è in questione l'equità".

    39

  • [26] XVIII

    Ce n'est pas de la main du Métaphysicien que sont partis les grands coups que l'Atheïsme a reçus. Les méditation sublimes de Mallebranche & de Descartes étoient moins propres à ébranler le matérialisme, qu'une observation de Malpighi. Si cette dangéreuse hypothèse chanchelle de nos jours, c'est à la Physique expérimentale que l'honneur en est dû. Ce n'est que dans les ouvrages de [27] Newton, de Muschenbrœk, d'Hartzœker, & de Nieuwentit qu'on a trouvé des preuves satisfaisantes de l'éxistence d'un Etre souverainement intelligent. Graces aux travaux de ce grands Hommes, le monde n'est plus un Dieu: c'est une machine qui a ses roues, ses cordes, ses poulies, ses ressorts & ses poids.

    XIX

    Les subtilités de l'Ontologie ont fait tout au plus des [28] Sceptiques: c'est à la connoissance de la nature qu'il étoit réservé de faire de vrais Déistes. La seule découverte des germes a dissipés une des plus puissantes objections de l'Athéisme. Que le mouvement soit essentiel à la matiére, je suis maintenant convaincu que ses effets se terminent à des développemens: toutes les observations concourent à me démontrer que la putréfaction seule ne produit rien d'organisé: je puis admettre que le [29] méchanisme de l'insecte lee plus vil n'est pas moins merveilleux que celui de l'homme, & je ne crains pas qu'on en infére qu'une agitation intestine des molécules étant capable de donner l'un, il est vraisemblable qu'elle a donnée l'autre. Si un Athée avoit avancée, il y a deux cens ans, qu'on verroit peut-être un jour des hommes sortir tout formés des entrailles de la terre, comme on

    40

  • [26] XVIII

    Non è dalle mani dei Metafisici che sono partiti i colpi più duri assestati all'ateismo. Le meditazioni sublimi di Malebranche29 e di Descartes erano meno in grado di mandare all'aria il materialismo di un'unica osservazione di Malpighi.Se questa ipotesi pericolosa oggi vacilla, l'onore va reso alla Fisica sperimentale. Non è che nelle opere [27] di Newton, di Muschenbroek, d'Hartzoeker e di Nieuwentit che si sono trovate delle prove soddisfacenti dell'esistenza di un Essere sovranamente intelligente. Grazie ai lavori di questi grandi uomini il mondo non è più un Dio30: è una macchina con le sue ruote, le sue corde, le sue pulegge, le sue molle e i suoi pesi.

    XIX

    Le sottigliezze dell'ontologia31 al più hanno prodotto degli [28] Scettici; era riservato alla conoscenza della natura produrre dei veri Deisti. Da sola, la scoperta dei germi ha dissipato una delle più forti obiezioni dell'Ateismo. Che il movimento sia essenziale o accidentale per la materia32, io sono ora convinto che i suoi effetti culminano in sviluppi: tutte le osservazioni concorrono a dimostrarmi che da sola la putrefazione non produce nulla d'organizzato33. Io posso ammettere che il [29] meccanismo dell'insetto più vile non è meno meraviglioso di quello dell'uomo e non temo che, da una agitazione interna di molecole capace di produrre l'uno, si inferisca la verosimiglianza che anche l'altro sia prodotto in modo analogo. Se un ateo, duecento anni fa, avesse sostenuto che si sarebbero forse potuti vedere un giorno degli uomini uscire dalle viscere della terra bell'e formati, come si

    41

  • voit éclore une foule d'insectes, d'une masse de chair échauffée; je [30] voudrois bien sçavoir ce qu'un Métaphysicien auroit eu à lui répondre.

    XX.

    C'étoit en vain que j'avois essayé contre un Athée les subtilités de l'école: il avoit même tiré de la foiblesse de ces raisonnemens une objection assez forte:"Une multitude de vérités inutiles me sont démontrées sans replique, disoit-il, & l'existence de Dieu, la réalité du bien & du mal moral, [31] l'immortalité de l'âme sont encore des problémes pour moi: quoi donc? me seroit-il moins important d'être convaincu que les trois angles d'un triangle sont egaux à deux droits? Tandis qu'en habile Déclamateur, il me faisoit avaler à long traits l'amertume de cette réflexion; je r'engageai le combat par une question qui dût paroître singuliére à un homme enflé de ses premiers succès… [32] Etes-vous un Etre pensant, lui demandai-je?………"en pourriez-vous douter, me répondit-il, d'un air satisfait. ……pouquoi non? qu'ai-je apperçu qui m'en convainque? ……de sons & de mouvemens?… Mais le Philosophe en voit autant dans l'animale qu'il dépouille de la faculté de penser: Pourquoi vous accorderois-je ce que Descartes refuse à la fourmi? Vous produisez à l'extérieur des actes assez propres à m'en imposer; je serois [33] tenté d'assurer que vous pensez en effet: mais la raison suspend mon jugement."Entre les actes extérieurs & la pensée, il n'y a point de liaison essentielle, me dit-elle: il est possible que ton Antagoniste ne pense non plus que sa montre:falloit-il prendre pour un Etre pensant, le premier animal à qui l'on apprit à parler? Qui t'a révelé que tous les hommes ne sont pas autant de perroquets instruits à ton insçu?"…"Cette com-[34] paraison est tout au plus ingénieuse, me

    42

  • vedono schiudere una folla d'insetti34 da una massa di carne riscaldata,[30] vorrei proprio sapere cosa avrebbe potuto rispondergli un metafisico.

    XX

    Invano avevo tentato contro un ateo le sottigliezze scolastiche; dalla debolezza di tali ragionamenti aveva persino ricavato un'obiezione assai forte: "Mi sono dimostrate senza possibilità di replica una moltitudine di verità inutili - mi diceva - e l'esistenza di Dio, la realtà del bene e del male morale,[31] l'immortalità dell'anima sono ancora dei problemi per me. Ma come! E' forse meno importante avere dei lumi su argomenti del genere che essere convinto che i tre angoli di un triangolo sono eguali a due angoli retti? " Mentre da abile retore35 mi faceva ingoiare tutta l'amarezza di questa riflessione, io riingaggiai battaglia con una questione che dovette apparire singolare a un uomo inorgoglito dei suoi primi successi…[32] Gli domandai: "Siete un essere pensante?"

    "Perché? Potreste dubitarne?" mi rispose con un aria soddisfatta. "E perché no? che cos'ho percepito che me ne convinca?… dei suoni, dei movimenti… Ma il Filosofo ne constata altrettanti nell'animale che considera privo della facoltà di pensare. Perché dovrei accordarvi ciò che Descartes rifiuta alla formica36? Voi producete all'esterno degli atti molto adatti a convincermi e, in effetti, sarei [33] tentato di sostenere che voi pensiate, ma la ragione sospende il mio giudizio." "Tra gli atti esterni e il pensiero, essa mi dice, non vi è un nesso essenziale: è possibile che il tuo antagonista pensi altrettanto poco come il suo orologio. Forse che bisogna considerare come un essere pensante il primo animale a cui si è insegnato a parlare? Chi ti ha rivelato che tutti gli uomini non sono dei pappagalli istruiti a tua insaputa?37…"Questa com-[34] parazione, mi replicò, è soltanto

    43

  • repliqua-t'il; ce n'est pas sur le mouvement & les sons; c'est sur le fil des idées, la conséquence qui regne entre les propositions, & la liaison des raisonnements, qu'il faut juger qu'un Etre pense: s'il se trouvoit un perroquet qui répondit à tout, je prononcerois sans balancer que c'est un Etre pensant… Mais qu'a de commun cette question avec l'existence de Dieu? quand [35] vous m'aurez démontré que l'homme en qui j'apperçois le plus d'esprit n'est peut-être qu'un Automate, en serai-je miex disposé à reconnoître une intelligence dans la nature?……"C'est mon affaire, repris-je: convenez cependant qu'il y auroit de la folie à refuser à vos semblables la faculté de penser:" "sans doute, mais que s'ensuit-il de là? "…"il s'ensuit que si l'univers, que dis-je l'univers, que si l'aile d'un papillon m'offre des tra- [36] ces mille fois plus distinctes d'une intelligence, que vous n'avez d'indices que votre semblable est doué de la faculté de penser, il seroit mille fois plus fou de nier qu'il éxiste un Dieu, que de nier que votre semblable pense. Or que cela est ainsi; c'est à vos lumiéres, c'est à votre conscience que j'en appelle: avez-vous jamais remarqué dans les raisonnements, les actions, & la conduite de quelqu'homme que ce soit, plus d'intelligence, d'ordre, [37] de sagacité, de consequence que dans le méchanisme d'un insecte? La Divinité n'est-elle pas aussi clairement empreinte dans l'œil d'un Ciron, que la faculté de penser dans les ouvrages du grand Newton? Quoi! le monde formé prouve moins une intelligence, que le monde expliqué?… Quelle assertion!"… "mais, repliquez-vous, j'admets la faculté de penser dans un autre, d'autant plus volontiers que je pense moi-mê- [38] me.… Voilà, j'en tombe d'accord, une présomption que je n'ai point: mais n'en suis-je pas dédommagé par la superiorité de mes preuves sur les vôtres? L'intelligence d'un premier Etre ne m'est pas mieux démontrée dans la nature, par ses ouvrages, que la faculté de penser dans un Philosophe par ses écrits: songez

    44

  • ingegnosa; non è sui movimenti e sui suoni, è sul filo delle idee, sulla coerenza che regna tra le proposizioni e sulla connessione dei ragionamenti che bisogna fondarsi per sostenere che un Essere pensa; se si trovasse un pappagallo che risponde a tutto, dichiarerei senza esitazione di sorta che è un Essere pensante… Ma che c'entra questa questione con l'esistenza di Dio? Quand'anche [35] mi aveste dimostrato che l'uomo in cui io colgo maggiore intelligenza non può essere se non un automa, sarei meglio disposto a riconoscere un'intelligenza nella natura?…" "Questo è affar mio, risposi a mia volta, converrete tuttavia che sarebbe folle rifiutare ai vostri simili la facoltà di pensare…" "Senza dubbio, ma cosa ne consegue?" "Ne consegue che se l'universo, ma che dico l'universo?, se l'ala di una farfalla mi offre delle trac- [36] ce mille volte più distinte d'una intelligenza, degli indizi che voi avete per ritenere che il vostro simile sia un essere pensante, sarebbe mille volte più folle negare che esista un Dio, che negare che il vostro simile pensi. Ora che sia così, è ai vostri lumi, alla vostra coscienza che io faccio appello: avete mai notato nei ragionamenti, nelle azioni e nella condotta di qualche uomo, chiunque sia, una maggiore intelligenza, una maggior sagacia,[37] un ordine e una consequenzialità pari a quella che si trova nel meccanismo di un insetto? La Divinità non è altrettanto chiaramente impressa nell'occhio di un acaro38 quanto la facoltà di pensare nelle opere del grande Newton? Ma come? Il mondo formato proverebbe l'intelligenza in una misura minore rispetto al mondo spiegato?… Che razza d'asserzione!… Ma, voi replicherete, io ammetto la facoltà di pensare in un altro, tanto più volentieri in quanto penso io stes- [38] so… Ecco, sono d'accordo, ma io non ho per nulla questo pregiudizio e non mi sono forse disobbligato con la superiorità delle mie prove sulle vostre? L'intelligenza d'un Essere primo non è meglio dimostrata nella natura, dalle sue opere, che la facoltà di pensare in un filosofo nei suoi

    45

  • donc que je ne vous objectois qu'une aile de papillon, qu'un œil de ciron, quand je pouvois vous écra-[39] ser du poides de l'univers. Ou je me trompe lourdement, ou cette preuve vaut bien la meilleure qu'on ait encore dictée dans les écoles." C'est sur ce raisonnment, & quelques autre de la même simplicité, que j'admets l'existence d'un Dieu, & non sur ces tissus d'idées seches & Métaphysiques, moins propres à dévoiler la vérité, qu'à lui donner l'air dun mensonge.

    [40] XXI.

    J'ouvre les cahiers d'un Professeur célébre, & je lis:"Athées, je vous accorde que le mouvement est essentiel à la matiére; qu'en concluez-vous?…que le monde résulte du jet fortuit des atômes? J'aimerois autant que vous me dissiez que l'Iliade d'Homere, ou la Henriade de Voltaire est un résultat de jets fortuits de caracteres. Je me garderai bien de faire[41] ce raisonnement à un Athée. Cette comparaison lui donnera beau jeu. Selon les loix de l'Analyse des Sorts, me diroit-il, je ne dois point être surpris qu'une chose arrive, lorsqu'elle est possible, & que la difficulté de l'événement est compensée par la quantité des jets. Il y a tel nombre de coups dans lequels je gagerois avec avantage d'amener cent mille six à la foi, avec cent mille dez. Quelle que fût la somme finie de caracteres avec [42] laquelle on me proposeroit d'engendrer fortuitement l'Iliade, il y a telle somme finie de jets qui me rendroit la proposition avantageuse: mon avantage seroit même infini, si la quantité de jets accordée étoit infinie. Vous voulez bien convenir avec moi, continueroit-il, que la matiére existe de toute éternité, & que le mouvement lui est essentiel. Pour répondre à cette faveur, je vais supposer avec vous, que le monde n'a point

    46

  • scritti? Pensate dunque che io non vi obiettavo che un'ala di farfalla, che l'occhio di un acaro quando avrei potuto schiac-[39]ciarvi con il peso dell'universo. O io mi sbaglio di grosso, o questa prova è all'altezza della migliore prova fornita dagli scolastici. E' in base a questo ragionamento e a qualche altro egualmente semplice che io ammetto l'esistenza di un Dio e non su questo tessuto di metafisica e di idee aride, meno capaci di disvelare la verità che di conferirle l'aspetto della menzogna.

    [40] XXIApro i quaderni di un celebre professore39 e vi leggo: "Atei, vi concedo che il

    movimento sia essenziale alla materia; ma cosa ne concludete?… che il mondo risulta dal lancio fortuito degli atomi? Sarebbe la stessa cosa che mi diceste che l'Iliade d'Omero o l'Henriade di Voltaire sono il risultato di combinazioni fortuite delle lettere dell'alfabeto." Io mi guarderei bene dal fare [41] questo ragionamento con un ateo. Questo confronto gli darebbe buon gioco. In base alle leggi del calcolo delle probabilità40, mi direbbe, non debbo affatto sorprendermi che accada una cosa, una volta che è possibile e che la difficoltà dell'evento è compensata dalla quantità dei lanci. Vi è un tal numero di colpi in cui scommetterei con mio vantaggio di fare centomila volte sei alla volta, avendo centomila dadi a disposizione. Quale che sia la somma finita dei caratteri con [42] cui mi si proporrebbe di produrre fortuitamente l'Iliade, esiste tale somma finita di lanci che mi renderebbe la proposta vantaggiosa: il mio vantaggio sarebbe addirittura infinito, se fosse infinita la quantità dei dati concessa. Voi vorrete convenire con me - proseguirebbe - che la materia esiste da tutta l'eternità e che il movimento le è essenziale. Per rispondere al favore che mi fate io supporrò con voi che il mondo non abbia dei

    47

  • des bornes; [43] que la multitude des atômes étoit infinie, & que cet ordre qui vous étonne, ne se dément de nulle part: or de ces aveux réciproques, il ne s'ensuit autre chose, sinon que la possibilité d'engendrer fortuitement l'univers est très-petite, mais que la quantité de jets est infinie, c'est-à-dire, que la difficulté de l'événement est plus que suffisamment compensée par la multitude des jets. Donc si quelque choses doit répugner à la raison, c'est la [44] supposition que la matiére s'etant muë de toute éternité, & qu'y ayant peut-être dans la somme infinie des combinaisons possibles, un nombre infini d'arrangements admirable, il ne se soit rencontré dans la multitude infinie de ceux qu'elle a pris successivement. Donc l'esprit doit être plus étonné de la durée hypothétique du cahos, que de la naissance réelle de l'univers.

    [45] XXII.

    Je distingue les Athées en trois classes. Il y e a quelques-uns qui vous disent nettement qu'il n'y a point de Dieu, & qui le pensent, ce sont les vrais Athées: un assez grand nombre qu ne sçavent qu'en penser, & qui decideroient volontiers la question à croix ou pile; ce sont les Athées Sceptiques; beaucoup plus qui voudroient qu'il n'y en eût point, qui font semblent d'en être [46] persuadés, qui vivent comme s'ils l'étoient, ce sont les fanfarons du parti. Je déteste les fanfarons, il sont faux; je plains le vrais Athées, toute consolation me semble morte pour eux; & je prie Dieu pour les Sceptiques, ils manquent des lummières.

    48

  • limiti,[43] che la moltitudine degli atomi sia infinita e che quest'ordine che vi stupisce non si smentisce da nessuna parte; ora da queste concessioni reciproche non segue se non che la possibilità che l'universo sia ingenerato fortuitamente è piccolissima, ma anche che la quantità di lanci è infinita, ovvero, che la difficoltà dell'evento è più che sufficientemente compensata dalla moltitudine dei lanci. Dunque se qualcosa deve ripugnare alla ragione è la [44] supposizione che essendosi mossa la materia da tutta l'eternità e che essendovi forse nella somma infinita delle combinazioni possibili un numero infinito di ordinamenti ammirevoli, non si sia trovato nessuno di questi ammirevoli ordinamenti nella moltitudine infinita di quelli che la materia ha successivamente assunto di volta in volta. Dunque la mente deve essere più stupita dalla durata ipotetica del caos, che dalla nascita reale dell'universo.41

    [45] XXII

    Distinguo gli atei in tre classi42. Ve ne sono alcuni che vi dicono chiaramente che non esiste nessun Dio e che lo pensano: sono i veri atei. Un numero sufficientemente ampio che non sanno che pensarne e che deciderebbero volentieri la questione a testa o croce: sono gli atei scettici. Più numerosi sono coloro che vorrebbero che non vi fosse alcun Dio, che fanno finta di esserne [46] persuasi, che vivono come lo fossero: sono i fanfaroni del partito. Io detesto i fanfaroni, sono falsi. Compiango i veri atei, ogni consolazione mi pare morta per loro, e prego per gli scettici, mancano di lumi.

    49

  • XXXIII.

    Le Deïste assure l'éxistence d'un Dieu, l'immortalité de l'âme & ses suites: le Sceptique n'est point décidé sur ces articles: l'Athée [47] les nie. Le Sceptique a donc pour être vertueux un motif de plus que l'Athée, & quelque raison de moins que le Déiste. Sans la crainte du Legislateur, la pente du temperament, & la connoissance des avantages actuels de la vertu, la probité de l'Athée manqueroit de fondement, & celle du Sceptique seroit fondée sur un peut-être.

    XXXIV.

    Le Scepticisme ne con- [48] vient pas à tout le monde.Il suppose un examen profond & desinteressé: celui qui doute, parce qu'il ne connoit pas les raisons de crédibilité, n'est qu'un ignorant. Le vrai Sceptique a compté & pesé les raisons. Mais ce n'est pas une petite affaire que de peser des raisonnemens. Qui de nous en connoit exactement la valeur? qu'on appporte cent preuves de la même vérité, aucune ne manquera de partisans. Chaque esprit a son télesco- [49] pe. C'est un colosse à mes yeux que cette objection qui disparoit aux vôtres: vous trouvez légere une raison qui m'écrase. Si nous somme divisés sur la valeur intrinseque, comment nous accorderons-nous sur le poids relatif? Dites-moi, combien faut-il de preuves morales pour contrebalancer une conclusion Metaphysique? Sont-ce mes lunettes qui péchent ou le vôtres? Si donc il est si difficile de peser des raisons, & s'il n'est point de [5O] questions qui n'en ayent pour & contre, & presque toujours à égale mesure, pourquoi tranchons-nous si vîte? D'où nous vient ce ton si décidé? N'avons-nous pas éprouvé cent fois que la suffisance dogmatique révolte. "On me fait hair les choses

    50

  • XXIII

    Il Deista assicura l'esistenza d'un Dio, l'immortalità dell'anima43 e le sue conseguenze. Lo scettico non ha un'idea certa su questi argomenti. L'ateo [47] li nega. Lo scettico ha dunque per essere virtuoso un motivo in più rispetto all'ateo e qualche ragione in meno del deista. Senza il timore del Legislatore, l'inclinazione del temperamento, e la conoscenza dei vantaggi attuali della virtù, la probità degli atei mancherebbe di fondamento44, e quella dello scettico sarebbe fondata su di un forse.

    XXIV

    Lo scetticismo non s'at- [48] taglia a tutti quanti. Presuppone un esame profondo e disinteressato: colui che dubita, perché non conosce le ragioni di credibilità, è semplicemente un ignorante. Il vero scettico ha contato e soppesato le ragioni. Ma non è una faccenda da poco soppesare dei ragionamenti. Chi di noi ne conosce esattamente il valore? se si apportano cento prove della stessa verità, nessuna sarà priva di sostenitori. Ogni mente ha il suo telesco-[49] pio. Ai miei occhi è colossale un'obiezione che ai vostri scompare; voi trovate leggera una ragione che invece mi schiaccia. Se siamo divisi sul valore intrinseco come ci accorderemo sul peso relativo? Ditemi, quante prove morali sono necessarie per controbilanciare una conclusione metafisica? E sono le mie lenti o le vostre ad essere difettose? Se dunque è così difficile soppesare le ragioni e se non esistono [50] questioni che non ne abbiano a favore o contrarie, e quasi sempre in misura eguale, perché mai noi tronchiamo l'esame così in fretta? Da dove ci viene questo tono così deciso e spavaldo? Non abbiamo provato cento volte che la sufficienza dogmatica induce alla rivolta? "Mi si fanno odiare

    51

  • vraisemblables, dit l'Auteur des Essais, quand on me le plante pour infaillibles. J'aime ces mots qui amolissent & modérent la témérité de nos propositions, à l'aventure, aucu- [51] nement, quelquefois, on dit, je pense, & autres semblables: & si j'eusse eu à dresser des enfans, je leur eusse tant mis en la bouche cette façon de répondre enquestante & non résolutive, qu'est-ce à dire, je ne l'entens pas, il pourroit être, est-il-vrai, qu'ils eussent plutôt gardé la forme d'apprentifs à soixante ans, que de répresenter les docteurs à l'âge de quinze.

    [52] XXV.

    Qu'est-ce que Dieu? question qu'on fait aux enfans & à laquelle les Philosophes ont bien de la peine à repondre.

    On sçait à quel âge un enfant doit apprendre à lire, à chanter, à danser, le Latin, la Géometrie. Ce n'est qu'un matiére de religion qu'on ne consulte point sa portée: à peine entend-il, qu'on lui demande, Qu'est-ce que Dieu? C'est das le même instant,[53] c'est de la même bouche qu'il apprend qu'il y a des Esprits follets, des Revenans, des Loups-garoux & un Dieu. On lui inculque une des plus importantes vérités, d'une maniere capable de le décrier un jour au tribunal de sa raison. En effet, qu'y aura-t-il de surprenant, si trouvant à l'âge de vingt ans, l'éxistence de Dieu confondue dans sa tête, avec une foule de préjugés ridicules, il vient à la méconnoître, à la traiter [54] ainsi que nos Juges traitent un honnête-homme, qui se trouve engagé par accident dans une troupe de coquins.

    XXVI.

    On nous parle trop-tôt de Dieu: autre défaut, on n'insiste pas assez sur sa présence. Les hommes ont banni la Divinité

    52

  • le cose verosimili, dice l'autore dei Saggi , quando me le si presentano come infallibili. Io amo quelle parole che smorzano e moderano la temerarietà delle nostre asserzioni, forse, in qual- [51]che modo, talora, si dice, io penso e altre consimili. Se avessi da educare dei bambini metterei loro in bocca a tal punto questo modo di rispondere interrogativo e non risolutivo vale a dire? non capisco, potrebbe essere, è vero? che conserverebbero l'aspetto d'apprendisti a sessant'anni, anziché presentarsi come dottori a quindici anni."45

    [52] XXV

    Cos'è Dio? domanda che si pone ai bambini e a cui i filosofi sono in gran pena per rispondere.46

    Si sa a che età un bambino deve apprendere a leggere, a cantare, a ballare, il latino, la geometria. Non è che in materia di religione che non si consultano le sue capacità.Cos'è Dio? Dalla stessa bocca, nello stesso istante,[53] egli apprende che esistono gli spiriti folletti, gli spettri, i lupi mannari e un unico Dio.Gli si inculca una delle verità più importanti in un modo capace di screditarla un giorno al tribunale della sua ragione. In effetti che vi sarà di sorprendente se, trovando a vent'anni l'esistenza di Dio confusa nella sua mente insieme ad una folla di ridicoli pregiudizi, egli la misconoscerà e la tratterà [54] alla stessa stregua con cui i nostri giudici trattano un onest'uomo che si trova per caso in una banda di malfattori?

    XXVI

    Ci si parla troppo presto di Dio. Altro difetto: non si insiste a sufficienza sulla sua presenza. Gli uomini hanno bandito da sé la divinità,

    53

  • d'entr'eux; ils l'ont réleguée dans un Sanctuaire; les murs d'un temple bornent sa vue; elle n'existe point au-delà. Insensés que vous êtes, détruisez ces en-[55] ceintes qui rétrécissent vos idées, élargissez Dieu: voyez-le par-tout où il est, ou dites qu'il n'est point. Si j'avois un enfant à dresser, moi, je lui ferois de la Divinité une compagnie si réelle, qu'il lui en couteroit peut-être moins pour devenir Athée que pour s'en distraire. Au lieu de lui citer l'exemple d'un autre homme qu'il connoît quelquefois pour plus méchant que lui; je lui dirois brusquement, Dieu t'entends, & tu ments. Les jeunes gens veu-[56] lent être pris par les sens: je multiplirois donc autour de lui le signes indicatifs de la présence Divine. S'il se faisoit, par exemple, un cercle chez moi, j'y marquerois une place à Dieu; & j'accotumerois mon élève à dire, "Nous etions quatre, Dieu, mon ami, mon Gouverneur, & moi."

    [57] XXVII.

    L'ignorance & l'incuriosité sont deux oreilliers fort doux; mais pour les trouver tels, il faut avoir la tête aussi bienfaite que Montaigne.

    XXVIII.

    Les esprits boillants, les imaginations ardentes ne s'accomodent pas de l'indolence du Sceptique. Ils aiment mieux hazarder un choix que de n'en faire aucun; se tromper que de vi-[58] vre incertains: soit qu'ils se méfient de leurs bras, soit qu'ils craignent la profondeurs des eaux, on les buot toujours suspendus à des branches dont ils sentent toute la foiblesse, & ausquelles ils aiment mieux demeurer accrochés que de s'abandonner au torrent. Ils assurent tout, bien qu'ils n'ayent rien soigneusement examiné: ils

    54

  • l'hanno relegata in un Santuario: i muri di un tempio limitano la sua veduta, come se non esistesse al di là di tali muri. Insensati! distruggete questi re-[55] cinti che rimpiccioliscono le vostre idee, liberate Dio: vedetelo ovunque egli è, o dite che non esiste. Se dovessi educare un bambino, gli renderei la divinità una compagnia così reale che gli costerebbe meno forse diventare ateo che sottrarsene.Anziché citargli l'esempio di un altro uomo che egli conosce talora come più malvagio di se stesso, gli direi bruscamente: Dio ti sente, e tu stai mentendo. E' la sensibilità che va [56] colpita nei ragazzi: attorno a lui io moltiplicherei i segni indicativi della presenza divina. Se si facesse una cerchia intorno a me, io riserverei sempre un posto a Dio. Abituerei il mio allievo a dire: "Noi siamo quattro, Dio, il mio amico, il mio precettore e io."

    [57] XXVII

    L'ignoranza e la mancanza di curiosità sono due guanciali molto dolci, ma per trovarli tali occorre avere una testa altrettanto ben fatta di quella di Montaigne47.

    XXVIII

    Gli spiriti bollenti, le immaginazioni ardenti non s'adattano all'indolenza dello scettico. Preferiscono arrischiare una scelta, anziché non farne alcuna; ingannarsi piuttosto che vi-[58]vere nell'incertezza. Sia che diffidino delle loro braccia, sia che temano la profondità delle acque, li si vede sempre attaccati a dei rami di cui sentono tutta la fragilità e ai quali preferiscono restare avvinghiati, anziché abbandonarsi al torrente. Sono certi di tutto, benché non abbiano esaminato nulla con cura. Non dubitano di nulla, perché non ne

    55

  • ne doutent de rien, parce qu'ils n'en ont ni la patience ni le courage. Sujets à de lueurs qui les [59] décident, si par hazard ils rencontrent la vérité; ce n'est point à tâton, c'est brusquement & comme par révélation. Ils sont entre les dogmatiques, ce qu'on appelle les illuminés chez le peuple dévot. J'au vu des individus de cette espece inquiéte qui ne concevoient pas comment on pouvoit allier la tranquillité d'esprit avec l'indécision. "Les moyen de vivre heureux, sans sçavoir qui l'on est, d'où l'on vien, où l'on va, pour- [60] quoi l'on est venu." "Je me pique d'ignorer tout cela, sans en être plus malheureux, répondoit froidement le Sceptique: ce n'est point ma faute, si j'ai trouvé ma raison muette, quand je l'ai questionnée sur mon état. Toute ma vie j'ignorerai sans chagrin ce qu'il m'est impossible de sçavoir. Pourquoi regretterois-je des connoissances que je n'ai pu me procurer, & qui sans doute ne me son pas fort nécessaires, puisque j'en suis privé. J'ai-[61] merois autant, un des premiers gênies de nnotre siécle, m'affliger sérieusement de n'avoir pas quatre yeux, quatre pieds & deux ailes.

    XXIX

    On doit éxiger de moi que je cerche la vérité,mais non que je la trouve. Un sophisme ne peut-il pas m'affecter plus vivement qu'une preuve solide? je suis nécessité de consentie aux faux que je prens pour le vrai, & de rejetter le vrai, [62] que je prens pour le faux: mais qu'ai-je à craindre, si c'est innocemment que je me trompe? L'on n'est point récompensé dans l'autre monde pour avoir eu de l'esprit dans cellui-ci; y seroit-on puni pour en avoir manqué? damner un homme pour de mauvais raisonnemens, c'est oublier qu'il est un sot pour le traiter comme un méchant.

    56

  • hanno la pazienza e il coraggio. Assoggettati a dei bagliori che li [59] decidono, se per caso s'imbattono nella verità, non è procedendo a tastoni, ma bruscamente e come attraverso una rivelazione. Tra i dogmatici sono come coloro che il popolo devoto chiama gli illuminati. Ho visto degli individui di questa specie inquieta che non concepivano che si possa alleare la tranquillità dell'animo con l'indecisione. "Come vivere felici, senza sapere chi si è, da dove si viene, dove si va, per- [60] ché si è venuti?" "Io mi vanto di ignorare tutto ciò, senza esser perciò più sventurato"- rispondeva con freddezza lo scettico."Non è affatto colpa mia, se ho trovato muta la ragione allorché l'ho interrogata sul mio stato.Per tutta la vita ignorerò senza preoccuparmi ciò che mi è impossibile sapere. Perché dovrei rimpiangere conoscenze che non ho potuto procurarmi e che indubbiamente non mi sono tanto necessarie, visto che ne sono privato.[61]Sarebbe, a detta di uno dei geni più grandi del nostro secolo48, come affliggersi seriamente di non avere quattro occhi, quattro piedi e due ali.

    XXIX

    Si deve esigere da me ch'io cerchi la verità, ma non che la trovi. Un sofisma non può forse colpirmi più vivamente di una solida prova? Io sono costretto a consentire al falso che scambio per il vero e a rigettare il vero [62] che prendo per falso; ma cos'ho da temere se è senza malizia che mi inganno? Non si è affatto ricompensati nell'altro mondo per aver avuto dell'intelligenza in questo; vi si sarebbe puniti per non averne avuta? Dannare un uomo a causa dei suoi ragionamenti fallaci è dimenticare che è uno sciocco, per trattarlo come un malvagio.

    57

  • XXX.

    Qu'est-ce qu'un Scepti- [63] que? c'est un Philosophe qui a douté de tout ce qu'il croit, & qui croit ce qu'un usage légitime de sa raison & de ses sens lui a démontré vrai: voulez-vous quelque chose de plus précis? rendez sincère le Pirrhonien, & vous aurez le Sceptique.

    XXXI.

    Ce qu'on n'a jamais mis en question n'a point été prouvé. Ce qu'on n'a point examiné sans prévention,[64] n'a jamais été bien examiné. Le Scepticisme est donc le premier pas vers la verité. Il doit être général, car il en est la pierre de touche. Si pour s'assurer de l'existence de Dieu, le Philosophe commence par en douter, y-a-t'il quelque proposition qui puisse se soustraire à cette épreuve?

    XXXII.

    L'incredulité est quelque fois le vice d'un sot, & la credulité le défaut d'un [65] homme d'esprit. L'homme d'esprit voit loin dans l'immensité des possibles; le sot ne voit gueres de possible que ce qui est. C'est-la peut-être ce qui rend l'un pusillanime, & l'autre téméraire.

    XXXIII.

    On risque autant à croire trop, qu'à croire trop peu. Il n'y a ni plus ni moins de danger à être Polithéiste qu'Athée; or le Scepticisme peut seul garantir égale- [66] ment, en tout tems & en tout lieu, de ce deux excès opposés.

    58

  • XXX

    Che cos'è uno scetti-[63] co? E' un filosofo che ha dubitato di tutto ciò che crede e che crede ciò che un uso legittimo della sua ragione e dei suoi sensi gli ha dimostrato vero: volete qualcosa di più preciso? rendete sincero il Pirroniano e avrete lo Scettico49.

    XXXI

    Ciò che non è mai stato messo in questione non è