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IV trimestre 2012 Poste Italiane Spedizione in abbonamento postale 70% D.C.B. Torino N. 4 - Anno 2012 Corso Giacomo Matteotti n. 0 10121 Torino

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IV trimestre 2012

Poste ItalianeSpedizione in abbonamento postale 70%D.C.B. TorinoN. 4 - Anno 2012

Corso Giacomo Matteotti n. 010121 Torino

CSA

Centro Studi Amministrativi

Associazione scientifico-culturale, senza fini di lucro, operante dal 1983, è composta da

docenti universitari, magistrati, liberi professionisti, studiosi, dipendenti pubblici.

Agenzia Formativa, certificata UNI EN ISO 9001:2008

Pubblica la rivista periodica di dottrina, giurisprudenza e legislazione “Quaderni

Amministrativi”.

Scopi del Centro

Promuovere e curare la trattazione e l'approfondimento di problemi culturali, economici,

fiscali, amministrativi ed urbanistici degli operatori pubblici e privati con convegni, congres-

si, seminari, conferenze e corsi.

Fornisce, con la propria struttura operativa, servizi di assistenza e consulenza in materia tec-

nica, amministrativa, finanziaria, fiscale, urbanistica ed edilizia.

Attua corsi – con propria Agenzia Formativa – per la formazione ed aggiornamento del per-

sonale e per le varie categorie professionali validi per i concorsi .

L'obiettivo del CSA è quello di elaborare e diffondere specifiche conoscenze nel settore della

P.A. in generale, degli EE.LL., ASL ed Aziende Pubbliche e, in particolare, promuovere un

cambiamento della cultura degli operatori che dirigono, ai vari livelli di responsabilità, gli Enti

Pubblici.

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QUADERNI AMMINISTRATIVI

Periodico di dottrina, giurisprudenza e legislazione del Centro Studi Amministrativi di Torino

Direttore Responsabile: Dr. Vittorio Boianelli

COMITATO SCIENTIFICO:Avv. Monica BOIANELLI – Prof. Franco GABOARDI – Avv. Giovanni MONTACCINI

COLLABORATORIDott. Giuseppe AMELIO - Prefetto di Novara; Dr. Domenico PIZZALA - Direttore finanziario della Città diTorino; Dr. avv. Giancarlo ASTEGIANO - Magistrato della Corte dei Conti - Torino; Prof. Dario CASALINI,Docente Diritto Europeo appalti pubblici - Università di Torino; Dott. ssa Roberta VIGOTTI - MagistratoConsiglio di Stato - Roma; Dott. Francesco DURASTANTE - Dirigente Dipartimento Fiscalità - MinisteroEconomia e Finanze - Roma; Dott. Mario PISCHEDDA - Magistrato - Corte dei Conti - Torino; Avv. MonicaBOIANELLI - Libero Professionista esperta diritto amministrativo - TO; D.ssa Paola FORNARI -Collaboratrice amm.va - Università Milano - Bicocca - Dr. Giuseppe DE PASCALE già Direttore settoreFormazione - Regione Piemonte - TO; Dott. Paola MALANETTO - Magistrato TAR Piemonte; Dott. FrancoMEISTRO già Resp. Area Amm.va Comune di Bergeggi (SV); Dott. Richard GOSO - Magistrato TARLiguria - Genova; Dr. Francesco PITERÀ - già Segretario Generale Città di Genova; Prof. Mario REY -Docente Scienze delle Finanze e Diritto Finanziario Università di Torino; Prof. Luigi PUDDU - OrdinarioRagioneria Pubblica - Università Torino; Dott. Sergio Camillo SORTINO - Direttore Generale - Comune diForte dei Marmi (LU); Dr. Carlo SELVAGGIO - Direttore Sezione Enti Locali Corte dei Conti - Roma; Prof.Avv. Sergio VINCIGUERRA - Preside Facoltà Giurisprudenza - Ordinario di Diritto Penale dell’Universitàdi Torino; Prof. Ugo REPPUCCI - Cons. Capo Corte dei Conti di Torino a r.; Dott. Pio TUCCI - GiudiceTribunale di Torino; Dr. Umberto REALFONZO - Magistrato TAR - Lazio; Avv. Paolo LOTTI - MagistratoConsiglio di Stato - Roma; Prof. Franco GABOARDI - Docente di Diritto Amministrativo e di ContabilitàPubblica - Università di Torino; Prof. Giuseppe DI CLAUDIO - Direttore Mare Nostrum - Madrid; Ing.Franco FIORIO PLA- già Direttore Servizi Tecnici LL.PP. - Comune di Torino; D.ssa Alessandra OLESSI-NA - Magistrato Corte dei Conti - Torino; Prof. Paolo VINÇON - Docente Semiologia - Università Torino;Avv. Matteo BARBERO - Professore a contratto di diritto e finanza pubblica presso il Politecnico di Torino– IIa Facoltà di Architettura - Direzione Programmazione e Statistica - Settore Programmazione - RegionePiemonte; Prof. Federico FONTANA - Docente di Ragioneria Generale, Analisi e Contabilità dei Costi eReporting presso la Facoltà di Economia di Genova*; Dott. Giovanni MODESTI - Docente incaricatopresso l'Università «G.D'Annunzio» - Pescara; Prof. Daniele TRABUCCO - Università Studi Padova; Prof.Bruno DIGIACOMO RUSSO - Docente Diritto Costituzionale - Università Studi Bicocca - Milano; Avv.Giovanni MONTACCINI - Esperto Diritto Tributario Enti Locali - Roma; Dott. Roberto DEL FIACCO -Esperto Diritto Tributario e Giurisinfomatica - Roma; Dott. Alessandro NAPOLI - Magistrato Corte dei Conti- Milano; Avv. Onofrio DECANDIA - Prefettura di Torino - Avv. Dario IMMORDINO - Dottore di Ricerca,Università Palermo; Dott. Francesco ROMANO - Ricercatore dell’Istituto di Teoria e Tecniche dell’Informa-zione giuridica del CNR - Firenze

Direzione – Redazione – Amministrazione

Centro Studi Amministrativi10121 Torino – C.so Giacomo Matteotti n. 0 – tel. 011.5887415 – fax 011.542704E-mail: [email protected] - Posta certificata: [email protected] - Web: www.csa-torino.it

Abbonamento annuo alla rivista euro 75,00 da versarsi sul c/c postale n. 22587109 intestato a C.S.A. –Corso Giacomo Matteotti n. 0 – 10121 TorinoRegistrazione Tribunale di Torino n. 3324/83 del 13-9-1983Registrazione Editori Prefettura di Torino n. 838/83Iscrizione ROC n. 548

Fotocomposizione e stampa: TipoLitografica M.Bigliardi - 10023 Chieri (TO)

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INDICE

Lo status giuridico dello straniero nell’ordinamento italiano........................ pag. 2Bruno Di Giacomo Russo (Docente di Diritto costituzionale presso l’Univer-sità degli Studi di Milano Bicocca) e Christian Peretti (Avvocato in Verbania)Vocabolari digitali per la storia della linguaggio amministrativo: analisi deltermine “determinazione”.............................................................................. pag. 14Francesco Romano Ricercatore dell’Istituto di Teoria e Tecniche dell’Infor-mazione Giuridica del CNREsercizio condiviso delle funzioni e vincoli alla spesa di personale............. pag. 23Avv. Dario Immordino Dottore di ricerca Università di PalermoLa (cosiddetta) semplificazione amministrativa in ambito edilizio.............. pag. 26Arch. Guido Bolognesi - Responsabile Tecnico P.O. Attività Edilizie (DIAe SCIA) - Edilizia Privata - Comune di TorinoCorte dei Conti - Sezione Controllo per la Lombardia - Deliberazionen.260/2012 - Spesa personale - Assunzioni................................................... pag. 41

CIRCOLARE 20 luglio 2012, n. 7 Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della Funzione Pubblica - Ambito di applicazione delledisposizioni introdotte dall’articolo 7, decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5in G.U. del 5-9-2012 n. 207........................................................................... pag. 53

Corte Costituzionale - Sentenza n.179/2012 Conferenza di servizi - Dissenso pag. 56

Iniziative CSA - Seminario di aggiornamento professionale: la conferenzadi servizi negli Enti Locali e negli altri Enti ed Aziende pubbliche………. pag. 74

Iniziative CSA - Seminario di aggiornamento professionale: il bilancio diprevisione per il 2013 degli Enti Locali e delle unioni di Comuni.............. pag. 77

Pubblicazione bilanci- Comune di Civitavecchia.......................................................................... pag. 79- Comune di Corato..................................................................................... pag. 80- Comune di Foligno.................................................................................... pag. 81- Comune di Gaeta....................................................................................... pag. 82- Comune di Lissone.................................................................................... pag. 83- Comune di Massa...................................................................................... pag. 84- Comune di Massarosa............................................................................... pag. 85- Comune di Rho......................................................................................... pag. 86- Comune di Termoli.................................................................................... pag. 87- Comune di Verona..................................................................................... pag. 88- Comune di Vibo Valentia.......................................................................... pag. 89- Provincia di Ascoli Piceno........................................................................ pag. 90- Provincia del Medio Campidano............................................................... pag. 91- Provincia di Monza-Brianza..................................................................... pag. 92- Provincia di Rovigo................................................................................... pag. 93- Provincia di Teramo.................................................................................. pag. 94- ASL Medio Friuli...................................................................................... pag. 95- Azienda Speciale di Monterotondo........................................................... pag. 96

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Lo status giuridico dello straniero nell’ordinamento italianoBruno Di Giacomo Russo (Docente di Diritto costituzionale pressol’Università degli Studi di Milano Bicocca) e Christian Peretti (Avvocato inVerbania)

1. Premessa.Con la sentenza n. 1259 del 25 novembre 2011, il Tribunale AmministrativoRegionale per il Piemonte, Sez. II, rigetta il ricorso, avente per oggetto ilrifiuto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autono-mo, e la relativa intimazione ad abbandonare il territorio nazionale, dandol’occasione di alcune valutazioni su tale tipo di giurisprudenza.Il Tar pronuncia tale sentenza breve, per il ricorso, contro la sospensione del-l’efficacia, provvedimento con il quale il Prefetto di Novara rigetta il ricorsogerarchico avverso il decreto del Questore di Novara di rifiuto del rinnovodel permesso di soggiorno per lavoro autonomo. All’udienza in camera diconsiglio, fissata per la discussione della sospensiva, la causa viene, quindi,trattenuta in decisione ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm., sussistendone ipresupposti di legge.L’Amministrazione intimata non si costituisce in giudizio e il Tar rigetta ilricorso, non accogliendo le domande del ricorrente rispetto all’infondatezzae all’illegittimità del provvedimento di rifiuto e dell’intimazione di abbando-nare il territorio nazionale entro 15.Nel caso in questione, il rigetto dell’istanza di rinnovo – ad avviso del Tar –appare del tutto vincolato per l’Amministrazione per l’esistenza a carico del-l’interessato di una condanna per rapina, reato considerato dal Legislatore auto-maticamente ostativo alla permanenza dello straniero sul territorio nazionale.Ai sensi dell’art. 4, co. 3, d.lgs. n. 286/98 come modificato dall’art. 4 dellalegge n. 189/02 non “è ammesso in Italia lo straniero… che risulti condannato… per reati previsti dall’art. 380 commi 1 e 2 c.p.p.”, e dell’art. 5, co. 5, d.lgs.cit., “il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permessodi soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono amancare i requisiti richiesti per l’ingresso ed il soggiorno nel territorio delloStato… sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentanoil rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili”.Da tali norme si evince, come sottolineato anche dalla prevalente giurispru-denza, la sussistenza di un automatico impedimento al rinnovo del permessodi soggiorno ove lo straniero sia stato condannato per uno dei reati ivi consi-derati, senza necessità di un’autonoma valutazione della concreta pericolosi-tà sociale del soggetto, né dell’avvenuto passaggio in giudicato della senten-za. Questo perché la preclusione in esame non rappresenta un effetto penaleovvero una sanzione accessoria alla condanna, bensì un effetto di naturaamministrativa che la legge fa derivare dal fatto storico consistente nell’averriportato una condanna per determinati reati, quale indice presuntivo di peri-colosità sociale o, quanto meno, di riprovevolezza, e di non meritevolezza ai

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fini della permanenza in Italia, del comportamento tenuto dallo straniero nelnostro Paese secondo una scelta giudicata esente da profili di incostituziona-lità dalla Corte costituzionale, avendo il Legislatore fatto, in tal caso, un cor-retto uso del suo ampio potere discrezionale in materia.Pertanto, l’infondatezza anche delle ulteriori censure articolate nel ricorso inrelazione all’asserita necessità di un giudizio prognostico sulla personalitàdell’individuo straniero alla luce della di lui condizione personale e delle sueprecedenti condotte e al preteso possesso da parte del ricorrente dei requisitireddituali per la permanenza sul territorio nazionale, peraltro rimasti indimo-strati anche nel giudizio.Infine, a riguardo dell’omessa comunicazione da parte della PubblicaAmministrazione dell’avvio del procedimento, secondo il Tar tale doglianza èinfondata, poiché, come evidenziato da costante giurisprudenza nei procedimen-ti ad istanza di parte – quale quello volto ad ottenere il rilascio del permesso disoggiorno – non è applicabile la disciplina sulla comunicazione di avvio del pro-cedimento, ex art. 7, legge n. 241/1990, trattandosi di informazioni già in pos-sesso della parte che ha provveduto a dare impulso all’avvio del procedimento.

2. Le perplessità di tipo giuridico.Le argomentazioni giuridiche contro la sostanza della sentenza del TarPiemonte si distinguono fra loro per sfumature giuridiche, attentamente ana-lizzate e affrontate dal Giudice amministrativo.Il primo riguarda l’infondatezza e l’illegittimità del rifiuto e dell’intimazionedi abbandonare il territorio. Il provvedimento di rifiuto del rinnovo del per-messo di soggiorno e dell’intimazione di abbandonare il Territorio Nazionalescaturisce da una condanna ex art. 628, co. 2, c.p.L’episodio criminoso commesso aveva ad oggetto la sottrazione di indumentidi modesto valore: maglietta e pantaloncini, ossia beni che con pochi euro sonoesposti in vendita all’interno dell’esercizio commerciale in cui si perpetraval’evento. Ciò posto, non deve tuttavia sottacersi come tale tipologia di fattispe-cie penale, così come avvenuta, non sia di particolare gravità, né costituisca diper sé un episodio tale da ritenersi indice di particolare pericolosità.Il fatto criminoso contestato non rappresenta, infatti, un avvenimento idoneoda ingenerare un qualsivoglia allarme sociale nella collettività, anche solopotenziale.Il condannato si è limitato ad asportare beni per un valore veramente irrile-vante, senza comportarsi in maniera tale da creare apprensione in chicches-sia. Qualora lo straniero si fosse viceversa reso protagonista di episodi dicruda violenza, quali, violenze, lesioni, estorsioni, spaccio di stupefacenti oavvenimenti relativi alla prostituzione, sarebbero oggettivamente sussistiti ipresupposti di concrete condizioni di pericolo per i cittadini. La condottaoggetto non dovrebbe quindi essere astrattamente analizzata dal Giudicequale fatto criminoso in sé, idoneo a giudicare l’autore alla stregua di undelinquente, bensì potrebbe essere giudicata alla luce dell’effettiva rilevanza

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e gravità del fatto-reato in sé e della personalità dell’autore.Ai sensi dell’art. 15, d.lgs. n. 286/1998, il Giudice nell’ordinare l’espulsionedello straniero che sia condannato per taluno dei delitti previsti dagli artt. 380e 381 c.p.p. deve sempre e comunque verificarne la pericolosità sociale.Nell’ordinamento è principio fondamentale ed ispiratore l’effettuazione di ungiudizio prognostico sulla personalità dello straniero alla luce della sua con-dizione personale e delle sue antecedenti condotte, prima di assumere qual-siasi drastica decisione, che ne condizionerebbe inevitabilmente la vita.Nella verifica della presunta pericolosità sociale, non può evitarsi di analiz-zarne anche la condotta successiva al reato contestato dal Tribunale penale.Il Giudice non può prescindere, nell’atto di giudicare, da una cristallina con-dotta priva di macchie, da un comportamento nell’ambito della legalità. Taledato oggettivo risulta di per sé idoneo ad escludere, in generale, un soggettocome pericoloso per la collettività.In questo senso, la seconda argomentazione giuridica contro la sentenza del TarPiemonte riguarda la sussistenza dei presupposti per la permanenza in Italia.È dunque precipuamente in relazione alla riferita statuizione antecedente alfatto che occorre porre attenzione onde verificare la fondatezza e la legittimi-tà del provvedimento. Dapprima è opportuno evidenziare che nel corso dellapermanenza in Italia il soggetto si sia o meno ben inserito ed integrato nellacomunità, in un tessuto sociale ed economico onesto, scegliendo di aderire amodelli sociali compatibili con le esigenze di ordine e sicurezza pubblica, eperseguendo comportamenti leciti.Risulta funzionale verificare se fin dalla sua permanenza sul territorio italia-no, il soggetto abbia svolto un lavoro, o aperto una propria attività economi-ca, svolgendola con regolarità e disciplina. A riprova di quanto sopra potreb-be essere il fatto che il soggetto sia titolare di una partita iva, regolarmenteattribuitagli dall’Agenzia delle Entrate del Ministero dell’Economia.In tal senso risulta fondamentale verificare se l’immigrato abbia fin da tempoun reddito derivante da fonte lecita come dimostrabile, ad esempio, dalladocumentazione relativa il saldo annuale del conto economico, relativol’esercizio di competenza della sua attività economica.In merito, il Consiglio di Stato, Sez. VI, con la sentenza 29/9/2010, n. 7200,afferma che è illegittimo il provvedimento della Questura con cui è statarespinta l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno nei confronti di unostraniero, ai sensi dell’art. 29, co. 3, lett. b), d.lgs. n. 286/98, ove sia manca-ta una valutazione delle condizioni lavorative maturate dallo straniero duran-te la permanenza in Italia, in particolare omettendo di tener conto della situa-zione, dimostrando che le circostanze in questione non erano note ai compe-tenti organi decidenti, le quali, ove correttamente valutate, avrebbero datoautonomamente titolo al rilascio di un permesso di soggiorno.A questo punto risulta consequenziale la terza argomentazione giuridica con-tro il contenuto della sentenza del Tar Piemonte, in merito ai motivi di oppor-tunità per il differimento dell’attuazione del provvedimento di rifiuto.

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Richiamando la necessità di un’attenta valutazione della sussistenza di gravivizi nel provvedimento di rifiuto del rinnovo del permesso di soggiorno, lamancata valutazione concreta e attuale della reale situazione dell’immigratocontribuisce ad ingenerare una fittizia realtà dei fatti.In tale situazione, è evidente che l’emanazione di un qualsivoglia provvedi-mento inibitorio in danno dell’immigrato pone lo stesso in gravi difficoltàrispetto alla onesta e regolare situazione maturata in Italia.Il Consiglio di Stato, Sez. VI, con la sentenza 27/7/2010 n. 4907, afferma chel’art. 5, co. 5, d.lgs. n. 286/1998, anche se, in via generale, non lascia margi-ni di discrezionalità, circa l’entità della pena, l’abitualità o la occasionalitàdella condotta sanzionata, nonché circa la valutazione della personalità com-plessiva dell’imputato, non esclude una possibile deroga, in via eccezionale,ove sia ravvisata la “sopravvenienza di nuovi elementi”, da valutare caso percaso, in rapporto ai dati di fatto emergenti.In particolare, in merito all’istanza cautelare di sospensione, sussiste, ingenerale, l’ulteriore requisito del “pregiudizio grave e irreparabile” – di cuiil Tar Piemonte non tiene conto – in ragione delle conseguenze negative,insuscettibili di adeguato ristoro per equivalente, che l’allontanamento dalterritorio italiano avrebbe sulle condizioni lavorative e, in termini più gene-rali, di vita dello straniero.

3. La comunicazione ex artt. 7 e ss. legge n. 241/1990.Di particolare rilievo per il diritto amministrativo è la questione della manca-ta comunicazione di avvio del procedimento dell’art. 7, co. 1, legge n.241/1990.La comunicazione trova complemento e giustificazione nel diritto, ricono-sciuto dal successivo art. 10, di presentare memorie scritte e documenti, chel’Amministrazione è tenuta a valutare ove siano pertinenti all’oggetto delprocedimento. Oltre che nel diritto di presentare osservazioni scritte ai sensidell’art. 10-bis a seguito della comunicazione, nei procedimenti ad istanza diparte, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, dei moti-vi ostativi all’accoglimento della stessa. E tali motivi l’Amministrazionedeve valutarli esplicitando le ragioni dell’eventuale mancata approvazione,non integrando un obbligo di natura formale, essendo preordinato, oltre cheal ruolo difensivo, anche alla formazione di una più razionale volontàdell’Amministrazione. La necessità di assicurare la partecipazione procedimentale è, dunque, in funzio-ne dell’arricchimento dell’azione amministrativa che deriva, sul piano del meri-to e della legittimità, dall’intervento attivo del destinatario del provvedimento. Il pieno dispiegarsi del meccanismo partecipativo incontra quale unica ecce-zione la sussistenza di ragioni di impedimento provenienti da particolari esi-genze di celerità del procedimento “che l’Amministrazione ha l’onere di spe-cificare e giustificare nel caso in cui si determini nel senso del mancato ricor-so alle prescritte garanzie”.

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L’esonero dell’Amministrazione da tale obbligo di comunicazione, peraltro,è legato non già “alla astratta qualificazione del provvedimento che si inten-de adottare, ma alla concreta esistenza di una situazione di comprovatanecessità e di urgenza qualificata, da non consentire la detta comunicazionesenza che ne risulti compromesso il soddisfacimento dell’interesse pubblicocui il provvedimento finale è rivolto”Ne consegue, da un lato, essendo la preventiva comunicazione ex art. 7, leggen. 241/1990, principio informatore dell’attività amministrativa, che “la pre-minenza delle ragioni di urgenza del provvedimento sul diritto alla partecipa-zione presuppone una rigorosa e puntuale motivazione da partedell’Amministrazione in ordine alle particolari esigenze di celerità che giu-stificano l’omessa comunicazione e che non debbano essere imputabili alcomportamento stesso dell’Amministrazione, al fine di evitare o eludere ilprincipio stesso”, e, dall’altro, che qualora le ragioni di impedimento sianolegate ad esigenze già note da tempo, in assenza di eventi sopravvenuti talida determinare un mutamento significativo della situazione di fatto, non puòritenersi giustificata la mancata comunicazione di avvio del procedimento.In tal senso, come nel caso in specie, la “rigorosa e puntuale motivazione” daparte dell’Amministrazione, in ordine alle particolari esigenze di celerità pre-valenti sul diritto alla partecipazione dell’interessato, è del tutto assente. Einvero, essa nel provvedimento impugnato ha assunto sic et simpliciter che“per evidenti ragioni di interesse pubblico si rappresenta l’esigenza di celeri-tà del presente procedimento”, rinvenendo, quindi, nel generico persegui-mento dell’interesse pubblico la ragione giustificatrice dell’omessa comuni-cazione di avvio del procedimento.Il perseguimento dell’interesse pubblico, che è sempre sotteso ad ogni attivi-tà della Pubblica Amministrazione, non può certo costituire ex se una parti-colare esigenza di celerità del procedimento da cui desumere automaticamen-te una ragione di impedimento alla comunicazione di avvio del procedimen-to; diversamente ragionando, infatti, non sarebbe mai garantita la partecipa-zione dell’interessato per il solo fatto che è appunto necessario perseguire uninteresse pubblico con speditezza. Ciò che, invece, può assurgere a ragionedi impedimento derivante “da particolari esigenze di celerità del procedimen-to”, come recita il predetto art. 7, è la concreta situazione di fatto esistenteal momento dell’adozione del provvedimento.Sotto questo profilo, però, pare altrettanto evidente l’insussistenza nella fat-tispecie di ragioni di urgenza tali da giustificare l’omissione della comunica-zione. Né può valere, a confutazione, la circostanza per cui vertendosi inmateria di sicurezza pubblica e immigrazione vi sia a priori un’esigenza dicelerità del procedimento. La qualcosa, tra l’altro, non solo contrasta con laprassi degli stessi Sportelli Unici per l’Immigrazione istituiti presso lePrefetture ma anche con alcune pronunce proprio in materia di sicurezza pub-blica e immigrazione.La comunicazione di avvio del procedimento, pertanto, non solo non è super-

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flua ai fini della formazione di una più razionale, ponderata e completa azio-ne amministrativa, ma non può compromettere il soddisfacimento dell’inte-resse pubblico cui il provvedimento finale è rivolto. Rivestendo il provvedi-mento amministrativo di rigetto carattere definitivo ed immediatamente lesi-vo, e non sussistendo particolari ragioni di urgenza, l’adozione del provvedi-mento di rifiuto deve soggiacere ai principi ed alle regole di cui alla legge n.241/1990, con particolare riferimento, appunto, alla comunicazione di avviodel procedimento ed alla connessa partecipazione dei ricorrenti destinataridell’atto.In definitiva, se l’Amministrazione omette di effettuare tale doverosa comu-nicazione, il provvedimento risulta viziato da violazione di legge.

3.1. I casi che escludono l’obbligo della comunicazione.A questo punto, ci si deve porre il problema della funzione della comunica-zione di avvio del provvedimento nel caso dei provvedimenti vincolati: qualeapporto collaborativo, infatti, può essere fornito da quell’interessato chedebba soltanto subire gli effetti di un provvedimento in tutto predeterminatodalla legge? È possibile escludere che esista l’obbligo di comunicazione neiprocedimenti che si concludono con provvedimenti vincolati, come, ad esem-pio, per i provvedimenti sanzionatori degli abusi edilizi?L’obbligo di comunicazione ai soggetti interessati si pone su una duplice esi-genza: quella di porre i destinatari del provvedimento finale in grado di farvalere i propri diritti di accesso e di partecipazione, e quella di consentireall’amministrazione una comparazione dei diversi interessi coinvolti, alloscopo di perseguire l’interesse generale. Qualsiasi norma che limiti o esclu-da la partecipazione degli interessati al procedimento amministrativo, vainterpretata in modo rigoroso, onde evitare di vanificare od eludere tale dirit-to che costituisce un principio generale dell’ordinamento giuridico. Dunque,il principio va applicato alla generalità dei procedimenti amministrativi conle sole eccezioni espressamente previste per legge.Le cause di esclusione, individuate dalla legge, sono: i provvedimenti caute-lari e d’urgenza; le ipotesi in cui emergono, in concreto, esigenze di celeritàdebitamente illustrate; le tipologie procedimentali previste dall’art. 13, leggen. 241/1990; gli atti disciplinati da speciali normative; le altre cause espres-samente previste da disposizioni legislative. Tra le ipotesi di esclusione del-l’obbligo di comunicazione, la legge prevede i procedimenti amministrativiche si concludono con l’adozione di un provvedimento cautelare, in quantoin tali ipotesi la conoscenza dell’avvio del procedimento attraverso la comu-nicazione, può pregiudicare irrimediabilmente la buona riuscita dell’azioneamministrativa. Secondo tale principio, un provvedimento sospensivo dal-l’attività non ha natura propriamente cautelare, sancendo, pertanto, l’obbligodi comunicare l’avvio del procedimento al soggetto interessato.Risultano sottratte all’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento,e più in generale all’applicazione di tutti gli istituti aventi natura partecipati-

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va, le circostanze di cui all’art. 13, legge n. 241/1990, tra cui: atti normativi,amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione (per i qualirestano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione), atti tribu-tari e quelli specificamente individuati dalla legge. Il motivo di tale esclusio-ne è da rintracciare nella volontà del Legislatore di sottrarre ad una penetran-te ingerenza atti di applicazione generalizzata, destinati ad incidere nellasfera giuridica di un numero indeterminato di soggetti.In base alle norme in vigore, risulta indispensabile individuare un punto diequilibrio tra le esigenze garantistiche, contenute nella legge n. 241/1990, ela necessità di un efficace svolgimento dell’azione della pubblica ammini-strazione. Le scelte operate dal Legislatore risultano rigide, pertanto, la dot-trina e la giurisprudenza, con opportuni interventi, cercano di mitigare le con-seguenze dell’illegittimità formale, tramite una soluzione nell’ambito dell’in-validità.Poiché la comunicazione di avvio è prevista dalla legge, la sua omissione èqualificabile, in generale, come violazione di legge e, pertanto, come vizio dilegittimità dell’atto. Questo assunto è discutibile secondo la giurisprudenzache ha escluso un simile effetto. Una serie di eccezioni all’obbligo di comu-nicare l’avvio del procedimento è stata elaborata dalla giurisprudenza, nelleinnumerevoli occasioni in cui è stata chiamata a giudicare della legittimità diatti adottati senza una preventiva e formale comunicazione di avvio del pro-cedimento. Al momento, le circostanze secondo le quali non si determina l’il-legittimità dell’atto finale dell’amministrazione in assenza della comunica-zione di avvio del procedimento, sono tre:il destinatario diretto o indiretto del provvedimento è venuto a conoscenzadel procedimento in tempo per poter formulare e produrre memorie. Il sog-getto interessato abbia comunque avuto in altro modo notizia dell’esistenzadel procedimento. Ad esempio, quando l’interessato abbia fatto domanda diaccesso agli atti, venendo così a conoscenza dell’esistenza del procedimento,oppure quando abbia ricevuto un atto dal quale può desumere in modo chia-ro l’esistenza del procedimento;il procedimento consegue, con un preciso nesso di derivazione, da una pre-cedente attività amministrativa già conosciuta dall’interessato. L’esito delprocedimento non avrebbe potuto comunque essere diverso, se anche l’inte-ressato avesse avuto occasione di parteciparvi. Anche nei casi in cui la leggeprevede in modo strettamente vincolato l’adozione di una certa misura, intoto predeterminata, al presentarsi di una fattispecie obiettivamente verifica-bile in modo univoco ed agevole. Ad es., la revoca della patente di guida neiconfronti di persona sottoposta alla misura della sorveglianza speciale conobbligo di residenza;nei procedimenti amministrativi ad istanza di parte.La soluzione è nell’ambito della teoria dell’invalidità. Il criterio ispiratore èquello del principio della strumentalità delle forme, delineando così unanozione di irregolarità non invalidante dell’atto, applicabile ai procedimenti

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amministrativi. Nel senso che secondo tale principio non può essere annulla-to un atto amministrativo, nel momento in cui la sua divergenza dal modellolegale non incida sugli interessi protetti.La questione dell’applicabilità dell’obbligo di comunicazione pone in risaltocome la partecipazione sia un aspetto sostanziale del procedimento ammini-strativo, e non un elemento meramente formale rispetto alla conclusione delprocedimento amministrativo. Con questa impostazione viene attribuito aldovere di comunicazione la funzione di collaborazione e non quella, più tra-dizionale, ma importante, di garanzia.

3.2. Gli atti vincolati.Le limitazioni all’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimentodevono avere come presupposto il difetto dell’utilità partecipativa dell’inte-ressato.La comunicazione di inizio del procedimento potrà essere legittimamenteomessa quando: l’adozione del provvedimento finale è doverosa e vincolataper l’amministrazione; i presupposti fattuali dell’atto risultano incontestatidalle parti; le norme di riferimento non presentano margini di incertezza suf-ficientemente apprezzabili; l’eventuale annullamento del provvedimentofinale, per violazione dell’art. 7, legge n. 241/1990, non priverebbe l’ammi-nistrazione del potere e/o dovere di adottare un nuovo provvedimento diidentico contenuto anche in relazione alla decorrenza.Il carattere vincolato non deve desumersi dall’obbligatorietà del suo esercizio,dal tipo di istruttoria e dalla natura del provvedimento adottato. Vanno distintii casi in cui la comunicazione apporti utilità da quelli in cui crea solo un merorallentamento all’attività amministrativa. Per fare ciò è necessario ponderaregli opposti interessi, quelli pubblici e privati, per ogni singolo caso.Questo orientamento ritiene utile la comunicazione in tutti quei casi in cui ildestinatario del provvedimento apporti elementi necessari per una valutazio-ne comparativa degli interessi, ed in genere in ogni caso in cui la partecipa-zione risulti indispensabile all’accertamento dei fatti. Altro orientamentorestrittivo prescrive l’obbligo di dare comunicazione ponendo come unicaeccezione le ragioni di celerità del procedimento; pertanto l’obbligo persisteanche nel caso di provvedimenti vincolati.Il rischio è che la generalizzata estensione del momento partecipativo appe-santisca l’azione amministrativa, ed incoraggi ricorsi giurisdizionali, poichéla garanzia del contraddittorio risponde ad un principio generale che non puòessere sopraffatto da considerazioni di ordine pratico. L’obbligo della comu-nicazione si esclude nel caso di esigenze di celerità. Invece, con riferimentoai provvedimenti di secondo grado, la giurisprudenza ha espresso parerefavorevole per l’obbligo di comunicazione.Dunque, gli orientamenti rimangono contrapposti e non è possibile un giudi-zio prognostico generale, bensì è necessario individuare ogni singolo caso evalutarne l’apporto istruttorio.

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Anche dopo la riforma della legge n. 241/1990, l’istituto della comunicazio-ne di avvio del procedimento rappresenta il punto di incontro tra esigenzecontrapposte. È vero che il Legislatore è giunto a codificare certi risultatidella giurisprudenza in merito al principio del raggiungimento dello scopo ealla creazione, per la natura vincolata del provvedimento, della figura dell’ir-regolarità, quale causa non invalidante il provvedimento stesso per soddisfa-re esigenze di speditezza, efficienza ed economicità dell’azione amministra-tiva e di prevalenza del contenuto sostanziale rispetto agli aspetti formali. Maè altrettanto vero che questi risultati non sono assoluti, in quanto filtrati attra-verso dei correttivi, quali l’onere della prova in capo all’amministrazione el’allargamento del contenuto della comunicazione, che testimoniano l’esi-genza di trasparenza e informazione e di una partecipazione più ampia e piùconsapevole.Per ogni singolo caso, l’Amministrazione deve in concreto provare che ilcontenuto del provvedimento non sarebbe cambiato, a fronte di un interven-to partecipativo, ponderando esigenze garantistiche ed esigenze di speditez-za e celerità dell’azione amministrativa.

4. La questione di politica legislativa.Il fondamento delle argomentazioni giuridiche contro la sostanza della sen-tenza del Tar Piemonte è rappresentato da un unicum, oltre di tipo giuridico,anche di tipo sociologico e economico sui cui il Giudice amministrativo nonsoffermato affatto.Per l’Italia le problematiche connesse all’immigrazione sono di particolarerilievo, in considerazione sia della posizione geografica che della conforma-zione morfologica, caratterizzata da frontiere costiere difficilmente control-labili. La società va facendosi sempre più complessa e disomogenea, soprat-tutto a causa dell’intensificarsi dei fenomeni migratori e, con la globalizza-zione, dell’interdipendenza tra le economie dei diversi Stati. L’ingresso nelterritorio italiano di manodopera extracomunitaria è legato a ragioni di con-venienza economica interna. Il mercato del lavoro in Italia, infatti, è ampia-mente segmentato e presenta vere e proprie nicchie, nelle quali alla doman-da di lavoro non corrisponde che in minima parte l’offerta di manodoperanazionale. Il tutto è aggravato dal fatto che, mentre la cultura lavoristica ita-liana rimane ancorata allo schema del c.d. posto fisso, ed è caratterizzata daimmobilismo e rigidità, il lavoratore extracomunitario si adatta con facilità adun sistema di lavoro dinamico ed attivo.Per di più, il nostro Paese sta attraversando una vera e propria stasi demogra-fica la quale, concorrendo con l’aumento della speranza di vita media, potràcreare nel prossimo futuro un pericoloso deficit di popolazione. Al di fuoridell’Europa, invece, si affacciano popolazioni con una composizione anagra-fica caratterizzata da un perdurante sviluppo demografico.Lo straniero che preme alle frontiere rappresenta una risorsa, ma ciò compor-ta una serie di problemi riguardanti la necessità o meno di riconoscere piena

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dignità giuridica alla condizione di straniero, la necessità di favorire e svilup-pare tutti gli elementi utili all’integrazione, e dare agli stranieri la possibilitàdi partecipare attivamente alla vita della comunità nella quale vivono.In generale, negli ordinamenti, c’è qualcosa che si applica ai cittadini e nonsi applica ai non-cittadini, e qualcosa che si applica ad alcuni stranieri e nonad altri. Con questa tecnica definitoria non si costruisce certo un sistemaeguale tra le categorie.A questo punto diventa quanto mai importante accertare se il diritto costituzio-nale possa considerare discriminatorie tali situazioni, e perciò, se il diritto ita-liano possa ammettere su un tema così basilare, e destinato viepiù a diventarlonel futuro, divaricazioni tanto ampie. La normativa sullo straniero va collegataalla ponderazione dei diversi interessi pubblici che concorrono, e ciò spetta invia esclusiva al Legislatore, il quale possiede la propria discrezionalità, comun-que, limitata sotto il profilo della conformità costituzionale in virtù del vinco-lo della non manifesta irragionevolezza. Il Legislatore non può pregiudicarealcuni interessi sulla base di una valutazione condotta con criteri arbitrari.Il termine popolazione, raccordato con il principio di partecipazione popola-re, implica chiaramente, nella sua onnicomprensività, che di esso fanno partetutti i residenti, cittadini e non, ivi compresi gli stranieri che, per ragioni dilavoro, vivono stabilmente nel territorio comunale e sono quindi pienamentelegittimati, al pari dei cittadini, a far valere, in maniera attiva e passiva, difronte alle istituzioni le proprie particolari esigenze connesse con il loro radi-camento nel territorio. Non è da ritenersi privo di significato l’art. 9, co. 4,d.lgs n. 286/98, il quale, nell’ammettere esplicitamente, che “oltre a quantoprevisto per lo straniero regolarmente soggiornare nel territorio dello Stato,il titolare della carta di soggiorno può: partecipare alla vita pubblica locale(…)”, ha introdotto nell’ordinamento un principio del tutto conforme all’ideadi riconoscere ai non cittadini l’esercizio di alcune funzioni.La cittadinanza continua ad essere letta secondo schemi di riaffermazione delprimato dello Stato sovrano nella sfera delle libertà individuali. LaCostituzione offre la base per affrontare problemi come quello dell’individua-zione degli elementi unificanti e fondanti la comunità democraticamente costi-tuita, in virtù del fondamento e dell’estensione del principio di uguaglianza.La situazione attuale, così come delineata dal Legislatore, risulta nel suocomplesso anacronistica e irragionevole, in quanto prescinde dalla realtàsocio-economica e introduce arbitrarie disparità di trattamento tra cittadino enon cittadino.

5. Conclusioni.Il Tar ha spesso svolto un ruolo di avanguardia, un avamposto per la ricercadi nuove strade interpretative per nuove forme di tutela dei cittadini. Unadelle caratteristiche più significative del Tar è quella di essere il Giudice dellanuova economia. Di fronte ai processi di liberalizzazione e privatizzazione ilTar si è progressivamente trasformato in una leva forte di politica economi-

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ca, sotto la spinta dei vincoli comunitari, fino al punto di costituire uno deipiù importanti protagonisti del processo di trasformazione dello Stato, chetrova i suoi capisaldi nel mutamento dei rapporti tra società eAmministrazione pubblica, nella esternalizzazione di molti servizi, nell’as-soggettamento di gran parte dell’apparato pubblico alla disciplina del dirittocomune. Il passaggio dallo Stato imprenditore allo Stato regolatore non hacomportato la riduzione del ruolo del Tar, ma lo ha accresciuto come “garan-te dei garanti” della concorrenza e della regolazione economica.Il giudizio amministrativo impone una valutazione caso per caso, sulla base diconsiderazioni in diritto e in fatto, tipiche del processo amministrativo, che nonsono certo paragonabili a quelli di cui possono disporre altri giudici. Il Tar rico-nosce la sindacabilità dei provvedimenti in virtù dell’art. 113 Cost. che garan-tisce la tutela giurisdizionale, condotto con terzietà e indipendenza nell’otticadi giudice del pubblico potere. Molte sentenze dei Tar hanno contribuito, tal-volta al di là dell’esplicito dettato legislativo, a modificare la concezione delpotere pubblico e a rafforzare le forme di tutela, distinguendosi per la celeritànella rimessione delle questioni di costituzionalità, con un impatto sull’ordina-mento più rilevante dei principi e degli istituti giuridici previsti per legge.Oggi più che mai, il Tar ricopre una posizione centrale, per la definizione nonsolo delle singole controversie, ma dell’assetto complessivo dei rapporti trapubblici poteri e società.Il principio di uguaglianza non tollera discriminazioni fra la posizione del cit-tadino e quella dello straniero, nel senso che il requisito della cittadinanzanon può assumersi quale criterio preliminare per l’attribuzione di diritti,senza che lo stesso trovi fondamento in una specifica norma costituzionale.Anche se la normativa si inquadra nel novero delle disposizioni facoltative,il Legislatore deve evitare di inserire nel tessuto normativo elementi di distin-zione tra cittadini europei e stranieri ovvero apolidi, non essendovi alcunaragionevole correlabilità tra quella condizione positiva di ammissibilità aldiritto e gli altri peculiari requisiti che ne condizionano il riconoscimento ene definiscono la ratio e la funzione. Il carattere facoltativo, in quanto ecce-dente i limiti dell’essenziale, del regime di favore previsto per legge, nonesclude che l’individuazione delle categorie dei beneficiari debba continuaread essere operata in ossequio al principio di ragionevolezza.In virtù del rilievo generale che il principio continua a svolgere nel sistema,qualsiasi scelta legislativa che introduca limitazioni, anche indirette, dovreb-be permettere di rinvenire una specifica, trasparente e razionale causa giusti-ficatrice, idonea a spiegare, sul piano costituzionale, le ragioni poste alla basedella limitazione.In conclusione, il principio dell’uguaglianza importa una valutazione di coe-renza e di non contraddittorietà all’interno dell’ordinamento, anche per ladefinizione dello status di straniero, tenuto conto che il diritto è l’insiemedelle regole di condotta che disciplinano i rapporti tra i membri di una deter-minata comunità in un dato momento storico.

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Vocabolari digitali per la storia del linguaggio amministra-tivo: analisi del termine “determinazione”FRANCESCO ROMANO1

Sommario: 1. La determinazione: quadro giuridico – 2. IS-Legi: software per la creazione in viasemiautomatica di un indice ragionato del Vocabolario giuridico italiano – 3. Analisi del terminedeterminazione – 4. La determinazione come atto dell’amministrazione – 5. Conclusioni

1. La determinazione: quadro giuridico

Il termine “determinazione” è molto diffuso e conosciuto tra i funzionaridella pubblica amministrazione, un po’ meno tra i cittadini, anche se spessosi trovano a fare i conti con le conseguenze giuridiche di questo particolaretipo di provvedimento amministrativo.

Mi sto ovviamente riferendo alla cosiddetta “determinazione dirigenziale”meglio conosciuta come “determina” fra gli addetti ai lavori, che ne abbre-viano il nome, prendendo spunto dal verbo che precede e introduce la partedispositiva del documento amministrativo.La distribuzione delle competenze fra gli organi dei Comuni consente didistinguere i diversi ambiti di operatività degli organi aventi rilevanza ester-na. Così accanto agli organi “politici” (Sindaco, Giunta, Consiglio) vi sonogli organi burocratici competenti ad emanare determinati tipi di provvedi-menti comunali.

Questi provvedimenti hanno di fatto sancito l’odierna distinzione tra funzio-ni di indirizzo politico-amministrativo, riservate ai suddetti organi di direzio-ne politica, e funzioni gestionali riservate ai dirigenti comunali.Agli organi di direzione politica spettano gli atti con cui si fissano obiettivi eprogrammi nonché la verifica del conseguimento dei risultati prefissati, mentreai dirigenti spettano tutti gli atti di gestione della macchina amministrativacomunale, compresi gli atti che impegnano l’Ente nei confronti dell’esterno.Ai dirigenti spetta in particolare la gestione finanziaria tecnica e amministra-tiva, compresa quindi l’adozione di tutti quegli atti che consentono all’ammi-nistrazione di assumere impegni verso l’esterno, per mezzo di autonomi pote-ri di spesa e di organizzazione delle risorse umane 2.La funzione di attuazione dell’indirizzo politico amministrativo è esercitatain concreto dai dirigenti attraverso l’emanazione di provvedimenti (le deter-minazioni dirigenziali) che possono riguardare le varie attività di cui si com-

1 L’autore è ricercatore dell’Istituto di Teoria e tecniche dell’informazione giuridica delCNR. L’ultimo accesso a tutti i riferimenti web è avvenuto nel settembre 2012.2 Poteri previsti ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo 165 del 2001 così comemodificato dal decreto legislativo 150/2009.

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pone la vita dell’amministrazione (così si potranno avere determinazioni dispesa, di gestione del personale, di gestione di contratti e appalti ecc.)3.Nel presente contributo verificheremo se nel vocabolario on line della linguagiuridica (Is-Legi) dell’Istituto di teoria e tecniche dell’informazione giuridi-ca del CNR tale termine ricorre solo con questa accezione e in caso negativose si possano apprezzare diversi significati del termine.Analizzeremo anche il momento nel quale si inizia ad attestare l’uso del termi-ne determinazione come provvedimento emanato da un dirigente pubblico.Come ci si può immaginare la risposta alla prima domanda è negativa: lo si puòfacilmente constatare dal numero e dalla varietà di documenti di dottrina, legi-slazione e prassi presenti anche nelle altre banche dati storiche dell’Istituto diteoria e tecniche dell’informazione giuridica del CNR (LLI e Vocanet).Quanto al secondo quesito potrà esserci d’aiuto ancora una volta l’utilizzodel vocabolario giuridico on-line, meglio conosciuto come Indice semanticoper il lessico giuridico italiano (Is-Legi).

2. IS-Legi: software per la creazione in via semiautomatica di un indice ragio-

nato del vocabolario giuridico italiano

Le banche dati storiche dell’Istituto di Teoria e tecniche dell’informazione giuri-dica del CNR sono costituite da due archivi: il primo archivio (Lingua LegislativaItaliana – LLI) è costituito da un corpus di 182 testi ufficiali nella loro prima edi-zione (tutti i codici dell’Italia unita sia in vigore che abrogati, i più importanti deicodici preunitari - per intero la serie napoleonica in veste italiana - tutte le costi-tuzioni in lingua italiana dalla fine del Settecento, le leggi costituzionali succes-sive alla Costituzione del 1947, tutti gli statuti regionali, altre leggi, testi unici ecodici in ragione di una loro importanza valutata caso per caso)4.

Il secondo archivio, Vocanet, contiene circa novecentomila schede di carton-cino, ottenute selezionando termini d’interesse giuridico da duemila testi edocumenti tutti pubblicati a stampa (dal secolo X al XX), scelti con l’intentodi rappresentare, attraverso la varietà delle fonti e dei rami del diritto, i cam-biamenti subiti nel tempo dalla lingua giuridica italiana sia rispetto alle diver-se zone d’Italia, sia rispetto ai diversi contesti storici.Le schede cartacee sono state riprodotte in immagini digitali: a ogni imma-gine sono collegati i relativi dati lessicali, cronologici e bibliografici 5.Le due banche dati sono state recentemente integrate per consentirne la con-sultazione da un’unica maschera di ricerca 6.

3 Vedi T. Tessaro, La redazione degli atti amministrativi del Comune, Maggioli, 2010, p. 397 e ss.4 http://www.ittig.cnr.it/BancheDatiGuide/lli/Presentazione.htm.5 http://www.ittig.cnr.it/BancheDatiGuide/vocanet/Presentazione.html.6 M.T. Sagri, F. Romano, Tecnologie per la storia del diritto: gli archivi lessicali storici delCnr, in Historia et ius, 2012, fasc. 1 paper 13, 6 pp., Articolo on-line su http://www.histo-riaetius.eu/num-1.html.

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Ma per facilitare e indirizzare la ricerca in un insieme tanto vasto di dati èstato anche predisposto un software, nell’ambito del progetto Indice seman-tico per il lessico giuridico italiano (Is-Legi).

Il progetto ha infatti portato alla progettazione e realizzazione di un softwa-re, usato dai ricercatori dell’ITTIG, per implementare le voci di un diziona-rio della lingua giuridica italiana dalle origini ai giorni nostri: il dizionarioviene distribuito in rete grazie al sito web dell’Istituto di Teoria e tecnichedell’informazione giuridica del CNR7.Lo strumento individua i collegamenti semantici e concettuali tra un corpusscelto (appunto un indice di circa 500 voci) di lemmi degli archivi e vieneusato anche per interagire con gli studiosi-utenti, che trasferiscononell’Indice i risultati dei loro studi, incrementando così il dizionario8.

L’indice permette, per i lemmi selezionati, la distinzione dei significati, se laparola ha più accezioni (i vari esempi sono visualizzabili nella loro immagi-ne digitale), la statistica del numero di esempi divisi per anni e per le classidi fonti sopra elencate (e quindi legislazione, dottrina e prassi).Inoltre il redattore delle voci associa, ad ogni accezione, le locuzioni fisse ole espressioni notevoli sia nell’uso antico che moderno.Ogni voce potrà essere confrontata con quella corrispondente presente neimaggiori vocabolari della lingua: tale confronto potrebbe fare emergere paro-le fin qui sconosciute, ma anche significati in contrasto con quelli comune-mente recepiti, datazioni più remote di quelle attestate oppure usi antichi malconciliabili con etimologie accettate dai più 9.

7 Il vocabolario on line è consultabile sul sito ITTIG: P. Mariani, A. Cammelli (a cura di),IS-Legi (Indice semantico per il Lessico giuridico italiano) in Sito web ITTIG-CNR, 2008(a cura di Adacta S.r.l. e F. Turchi per la parte informatica),http://www.ittig.cnr.it/BancheDatiGuide/vgi/islegi/8 Già in altri progetti di ricerca è stata sperimentata una sorta di edizione cooperativa dellerisorse documentarie. E’ il caso del progetto Papyri.info (http://www.papyri.info/) in cui sista cercando di mettere a punto un’edizione elettronica dei papiri documentari e letterari tra-mite uno specifico editor chiamato Papyrological editor (http://www.papyri.info/editor/). Ilprogetto tende alla edizione on line di testi papiracei e alla integrazione in rete di tutte lerisorse disponibili. L’editor, disponibile all’utilizzo anche da parte di una comunità di scien-ziati esperti in materia e formati all’uso dell’editor per mezzo di seminari formativi, consen-te anche la funzione “suggerisci modifiche”. Il progetto è stato illustrato nella relazione diIsabella dal titolo “Edizione e ricostruzione digitale dei testi papiracei” durante il convegno“Diritto romano e scienze antichistiche nell’era digitale” Firenze, Istituto italiano di scienzeumane, Palazzo Strozzi, 12 e 13 settembre 2011.9 A. Cammelli, P. Mariani, IS-LeGI. A New On-line Dictionary for a Better Access to theHistorical ITTIG Archives Documenting Italian Legal Language in: G: Peruginelli, M.Ragona (eds), «Law via the Internet. Free Access, Quality of Information, Effectiveness ofRights» Proceedings of the IX International Conference «Law via the Internet» (Florence,30-31 October 2008)

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3. Analisi del termine determinazione

Il lemma “determinazione” compare in ben 263 contesti presenti nell’archi-vio Is-Legi e le accezioni che si possono attribuire ai documenti esaminatisono essenzialmente tre.Prima di illustrarle sarà utile anche esaminare cosa propone il dizionarioBattaglia alla voce “determinazione”. Tra le dieci accezioni proposte non esamineremo le due che si riferiscono almondo della zoologia e della biologia ma partiremo da quella secondo laquale “determinazione” può significare: “il determinare, l’essere determina-to; il circoscrivere e lo stabilire con esattezza”.Una seconda accezione è invece intesa come: “definizione, delimitazione delsignificato, dell’estensione di una nozione, di un vocabolo, di un concetto;elemento specifico essenziale, costituito; carattere specifico”.La terza accezione recita invece: “decisione, scelta di un’opinione, diun’azione, deliberazione, risoluzione; sentenza che conclude una lite o unacausa”. Quarta accezione: “il dirigere la volontà, il volgersi verso una scel-ta”. Quinta accezione: “volontà risoluta rivolta senza esitazioni a fini preci-si; atto, comportamento deciso, energico”. Quanto alla sesta accezione que-sta è più propriamente giuridica assimilando il significato a “regola, legge,disposizione”. La settima accezione è costituita da “questione, problema par-ticolare” e l’ottava da “termine, fine, conclusione”10.Esaurite le accezioni dal Battaglia vediamo dunque quelle implementate gra-zie al software reso disponibile dal sistema Is-Legi11.

Come detto le accezioni individuate nei contesti analizzati sono essenzial-mente riconducibili a tre gruppi:Disposizione, regola.Il determinare, stabilire con precisione, indicare.Scelta, decisione, deliberazione, talora contenuta anche in un documento.Uno degli esempi della prima accezione, che vede dunque la determinazionecome una vera e propria disposizione o regola, si ha nel Dottor Volgare delDe Luca del 1673 12.

Firenze, European Press Academic Publishing, 2009 e anche P. Mariani, IS-LeGI: un dizio-nario in rete per un migliore accesso al patrimonio giuridico italiano, in Informatica e dirit-to, 2008, vol. XVII, fasc. 1-2, pp. 235-244.10 S. Battaglia, Voce Determinazione, Grande dizionario della lingua italiana, Torino,UTET, 1967, tomo IV, p. 281. 11 Attualmente le voci dell’Indice sono redatte a cura di un gruppo di ricercatori dell’Ittigma si prevede di coinvolgere nella redazione delle stesse studiosi, studenti e utenti appassio-nati nelle materie della storia della lingua e del diritto. Naturalmente le voci aperte alla reda-zione “esterna” saranno riviste da un comitato editoriale.12 G. De Luca, Il dottor volgare, overo il compendio di tutta la legge civile, canonica, feu-dale, e municipale, nelle cose più ricevute in pratica; moralizato in lingua italiana per istru-zione, e comodità maggiore di questa provincia. - Roma, Giuseppe Corvo, 1673, tomi 15.Prima edizione.

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Siamo in un passo che a proposito della regolazione giuridica dell’istitutoprivatistico della “dote” dice che bisogna tenere presenti le opinioni dei dot-tori senza tutta via dimenticare di avere “anche riguardo alli costumi delpaese & all’opinioni più ricevute in quel tribunale, mentre sopra ciò non sitrova espressa determinazione della legge”.Analogamente in Messineo si trova un contesto nel quale si osserva che “i titoliall’ordine devono considerarsi mobili per determinazione della legge”13. Come si vede dal passo prescelto sembra che si ricada nell’ambito dellaprima accezione, come suggerito anche dalla somiglianza con moderneespressioni ricorrenti del tipo “per espressa disposizione di legge”.Tuttavia in una accezione più generica si sarebbe potuta adottare anche laterza soluzione, intendendo determinazione come sinonimo di “decisione” ,in questo caso, contenuta nella legge.

Un contesto in cui l’ambiguità semantica di questa espressione è ancora piùaccentuata ricorre in Giuseppe A. Costanzo, Problemi costituzionali dellaSomalia (1962): nel passo in esame illustrando le differenze fra forma digoverno parlamentare e forma di governo presidenziale si dice che nel primocaso “l’esercizio del potere esecutivo dipende dalle determinazioni del pote-re legislativo”. E’ del tutto evidente che in questo caso le determinazioni pos-sono essere viste come vere e proprie “regole o disposizioni” ma anche comele decisioni e le scelte (in senso politico) del potere legislativo.

Quest’ultima accezione si adatta alla perfezione ad una serie di altri contestinei quali si usa il termine come sinonimo di “sentenza”.E’ sempre il De Luca a dirci che “questa parola è atta à significare ogni pro-visione , ò determinazione , la quale si faccia dal Giudice”.Altro contesto che sembra adattarsi a questa accezione è sempre fornito da unbrano tratto dal De Luca che argomentando in materia di enfiteusi usa espres-sioni quali “pendente la determinazione della causa” e “la determinazionedipende dalla qualità dell’investitura” dell’enfiteuta.Questa accezione, intesa come scelta (di un’opinione o di un’azione), è moltodiffusa all’interno di contesti selezionati da un trattato di diritto penale. Inuno dei documenti presi in esame si analizza la premeditazione di una certacondotta penalmente rilevante e Francesco Carrara, nella sua Esposizione deidelitti in specie, del 1864 (Vol. I p. 114) ritiene che “se vi fu la pacatezza del-l’animo ma fu brevissimo l’intervallo fra la determinazione e l’azione, avre-mo l’omicidio predisposto o preordinato o volontario (secondo che piacciachiamarlo) ma non il premeditato né il deliberato”14.

13 F. Messineo, I titoli di credito, Padova, CEDAM, Casa editrice dott. Antonio Milani,(Città di Castello, tip. Unione arti grafiche), 1928, pp. VIII, 294. Prima edizione.14 F. Carrara, Esposizione dei delitti in specie - Parte speciale del Programma in corso di dirit-to criminale, dettato dal prof. Francesco Carrara nella R. Università di Pisa con aggiunta di note

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Quanto all’ultima accezione che abbiamo previsto e cioè “Il determinare,stabilire con precisione, indicare” si veda un brano significativo tratto daAngelo da Chivasso, Della somma Angelica [G.Menghi trad.] del 1593. “Etper nome di nuora viene la pronuora & per il nome di figliolo viene il nipo-te & il pronipote eccetto se non vien’agendo alcuna parola che faccia deter-minatione a certa persona”.Ancora più chiara l’accezione in questione la si può identificare in un conte-sto tratto da “Il negoziante” di Giovanni Domenico Peri del 1672, in cui aproposito di prezzi si dice “Perché la determinatione de prezzi di tutte lePiazze e Fiere non dipenda dall’arbitrio d’un solo” oppure in un contestosempre tratto ancora da “Il dottor volgare” del De Luca in cui si parla di“determinazione della dote” ma gli esempi potrebbero essere molti altri e disolito riferiti ad istituti del diritto privato (“determinazione del prezzo” in aPacifici Mazzoni, Codice civile commentato con la legge romana (1877) e“determinazione del tempo” o “determinazione della somma” in Ricci,Corso teorico-pratico di diritto civile (1877).

4. La determinazione come atto dell’amministrazione

Ma in che momento si inizia ad attestare anche un uso del termine determi-nazione che si avvicini all’odierno provvedimento emanato da un dirigentepubblico?Forse rifarsi al De Luca che parla di “determinazioni imperiali” nel 1673 puòapparire una forzatura, ma già nel 1846 troviamo un contesto nel quale pareessere vicino il significato odierno di determinazione quale provvedimentodella pubblica amministrazione.L’autore preso in considerazione è Rocco Zerbi che in “La polizia ammini-strativa municipale del regno delle Due Sicilie” a pagina 320 parla di una“copia autentica della determinazione” con la quale l’intendente ha solleva-to un conflitto d’attribuzione di fronte al Ministro degli affari interni.E che molte di queste deliberazioni del sovrano fossero scritte e ordinate perdata emerge anche da vari altri contesti, come ad esempio quelli contenuti neiReali dispacci nel Regno di Napoli15, in cui si parla di archivi reali nei qualierano conservate deliberazioni quali la “determinazione di Sua Maestà de 24di luglio del 1758”.Anche nel Manuale del diritto ecclesiastico (1902) dello Schiappoli si pos-sono trovare riferimenti alla “Determinazione del Ministro” o anche alla“Sovrana disposizione o determinazione”.

per uso della pratica forense, Lucca, Bartolomeo Canovetti, vol. I, 1864, pp. 477; vol. II, 1865,pp. 640; vol. III, 1866, pp. 532; vol. IV, 1868, pp. 65-658; vol. V, 1868, pp. 582.15 In D. GATTA, Reali dispacci, nelli quali si contengono le sovrane determinazioni de’punti generali, o che servono di norma ad altri simili casi, nel regno di Napoli. - Napoli, aspese di Giuseppe Maria Severino Boezio, da cui si vendono nella sua stamperia, 1773-1777,voll. 11.

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Notevole anche il seguente passo tratto da Racioppi-Brunelli, Commento alloStatuto del Regno (1909) che ci fornisce alcune definizioni.Innanzitutto ci dice che “nel nostro diritto pubblico la forma specifica in cisi manifestano le volontà costituzionali della Corona è il decreto”.Poi l’autore precisa che esistono anche delle “determinazioni sovrane” chealtro non sarebbero che ordini verbali impartiti dal sovrano al Ministro chequesti poi provvedeva ad attestare per iscritto.Sempre Racioppi-Brunelli precisa che la determinazione sovrana resta “unatto interno ed ignoto al pubblico”.Lo stesso autore in un altro passo parla poi di “Reali determinazioni”.Eugenio Florian, nei Principi di diritto processuale penale (1932), usa lalocuzione “determinazione del Ministro delle finanze”, mentre EnricoRedenti, Diritto processuale civile (1949), a proposito di pubbliche ammini-strazioni scrive che “le determinazioni discrezionali che esse siano per pren-dere” assumono il carattere di “atti amministrativi iure imperii”.Nella Collezione di Carte pubbliche tendenti a consolidare la rigenerataRepubblica Romana (1798) si fa riferimento alle “determinazioni delleamministrazioni Municipali”, iniziandosi dunque ad attestare un uso diquesto termine nella accezione che ci interessa: in particolare ci si riferiscead atti delle amministrazioni municipali “iscritte sopra un registro partico-lare” e delle quali i membri presenti alla seduta dovevano sottoscrivere una“minuta”.Delle determinazioni si inizia dunque a tenere un apposito registro comedimostra anche il Bollettino delle leggi della Repubblica italiana (1802) cheprevede un registro per raccogliere le determinazioni del Presidente dellaRepubblica Italiana16.Nella Collezione di leggi e regolamenti pubblicati dall’Imperial RegioGoverno delle Provincie venete (1814) viene attribuito il potere di fare deter-minazioni ai consigli comunali: ma tali atti dovevano essere eseguiti daipodestà oltre che approvati dalla Prefettura (circolare 19 febbraio 1814).In materia di licenze per giochi era invece il Governatore della Provincia adavere potere di emanare apposite determinazioni così come previsto dalladisposizione 10 dicembre 1814, n. 137 contenuta nella collezione generaledelle Leggi, costituzioni ed altri atti per gli Stati Estensi (1814).E’ molto interessante anche un frammento tratto dalla disposizione 18 aprile1818, n. 77 contenuta nella Raccolta degli atti del governo e delle disposizio-ni generali del Regno Lombardo-Veneto (1818) in base al quale il “cancellie-re potrà direttamente comunicare alle parti le risoluzioni e determinazioni inoggetto amministrativo”.

16 Ci si riferisce naturalmente a Napoleone Bonaparte, Primo Console della Repubblicafrancese e Presidente della Repubblica italiana come chiarisce un successivo contesto trattodalla disposizione 3 aprile 1802, n. 17 sempre in Bollettino delle leggi della Repubblica ita-liana (1802).

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L’avviso 8 ottobre 1850 contenuto nel Bollettino provinciale degli Atti diGoverno per la Lombardia (1850) ci testimonia la presenza di determinazio-ni ministeriali.Come si può notare dal documento riprodotto sotto17, viene confermato unostandard di citazione di questo tipo di provvedimento che si è tramandato finoa noi e cioè l’identificazione del tipo di atto (determinazione ministeriale)seguito da una data (27 luglio 1850) e da un numero identificativo che imma-giniamo univoco e progressivo (nel caso sottostante il numero 3517-C).

Come sappiamo questo è lo standard tuttora in vigore per l’identificazione diatti normativi previsto dalle regole di tecnica legislativa sia statali che regio-nali18. Tale standard è recepito, seppure con rilevanti disomogeneità, anchein molte amministrazioni locali.Mancava tuttavia un formato standard per la citazione dei provvedimentiamministrativi. E’ per questo motivo che il gruppo di lavoro promosso

17 L’immagine del testo fa parte di una collezione di circa novecentomila schede ottenutedallo spoglio selettivo di duemila testi e documenti di legislazione, dottrina, prassi e altrid’interesse giuridico (dal secolo X al XX) pubblicati a stampa (all’origine o in tempi piùrecenti), scelti in modo da rappresentare tanto la varietà delle fonti e dei rami del dirittoquanto la varietà dei secoli e delle regioni in cui la lingua giuridica italiana è stata ed è usata.Il vocabolario on line è consultabile sul sito ITTIG: P. Mariani, A. Cammelli (a cura di), IS-Legi (Indice semantico per il Lessico giuridico italiano) in Sito web ITTIG-CNR, 2008 (acura di Adacta S.r.l. e F. Turchi per la parte informatica).18 Circolare 20 aprile 2001, n. 10888 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, “Regole eraccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi”, pubblicata in GazzettaUfficiale n. 97 del 27 aprile 2001, Circolare del Presidente della Camera dei Deputati del 20aprile 2001 “Lettera circolare sulle regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica deitesti legislativi” e Regole e suggerimenti per la redazione dei testi normativi - Manuale perle Regioni promosso dalla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delleRegioni e delle Province autonome con il supporto scientifico dell’Osservatorio legislativointerregionale - Terza edizione dicembre 2007.

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dall’Ittig e dell’Accademia della Crusca nel febbraio 2011 ha messo a dispo-sizione delle pubbliche amministrazioni italiane la “Guida per la redazionedegli atti amministrativi. Regole e suggerimenti” 19.All’interno di questa Guida è stato predisposto uno schema standard per lacitazione di atti amministrativi e si prevede di produrre anche un elenco contutti i nomi degli atti amministrativi citabili (ordinanza, deliberazione, deter-minazione, ecc.).

5. Conclusioni

Come già detto, oltre che per facilitare e indirizzare la ricerca in vasti patri-moni lessicali digitali, Is-legi si offre anche alla consultazione da parte dellacomunità scientifica e non solo che potrà così avere a disposizione gratuita-mente un vasto patrimonio lessicale corredato di accezioni e fraseologia giu-ridicamente rilevante.Tale comunità potrà anche interagire con il sistema, non solo nel redigere levoci, ma anche inviando segnalazioni, suggerimenti, osservazioni.Ma come dimostrato dalla metodologia di lavoro sopra esposta, il vocabola-rio on line offre la possibilità di verificare l’origine, l’evoluzione, il signifi-cato di determinati termini con più di una ricaduta sul lavoro di studiosi epubblici funzionari.Così tale risorsa potrà, ad esempio, servire a dare fondamento alle regole dicitazione proposte nella Guida per la redazione degli atti amministrativisopra menzionata (come accennato, l’uso affermatosi nella prassi del termi-ne “determina” ostacola la proposizione della forma corretta “determinazio-ne”).Ma si pensi anche alle possibilità di utilizzo dell’indice semantico da parte diprofessionisti del mondo del diritto, come chi deve tradurre o redigere docu-menti ufficiali.

19 Gruppo di lavoro promosso da Ittig e Accademia della Crusca (a cura di), Guida allaredazione degli atti amministrativi. Regole e suggerimenti, 115 pp., isbn 978-88-905764-0-9, Firenze, Ittig-Cnr, 2011.

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Esercizio condiviso delle funzioni e vincoli alla spesa di

personale

di Dario Immordino

La ratio dello svolgimento condiviso delle competenze degli enti locali èquella di consentire l’efficiente erogazione dei servizi e delle prestazioni pub-bliche riducendo i costi di esercizio: gli enti associati devono quindi rispet-tare, senza deroghe né sconti, tutte le regole di sana gestione finanziaria, edin particolare i vincoli alla spesa di personale ed i limiti al ricorso a tipolo-gie di lavoro flessibili

La stipula di una convenzione con altri locali per lo svolgimento condivisodi “funzioni fondamentali” e di attività di committenza non giustifica alcunaderoga alla disciplina sul contenimento della spesa di personale.In particolare gli enti non obbligati allo svolgimento condiviso delle funzio-ni (quelli con popolazione superiore a 5000 abitanti) che intendano stipulareuna convenzione per l’esercizio associato di funzioni fondamentali devonorispettare, senza sconti: a) l’obbligo di riduzione della spesa di personalerispetto all’anno precedente (art. 1, comma 557-ter della Legge 27 dicembre2006, n. 296, L.F. 2007); b) l’obbligo di mantenere un rapporto strutturalevirtuoso tra spesa per il personale e spesa corrente complessiva (50%), aisensi dell’art. 76, comma 7, del D.L. n. 112 del 2008 (conv. Legge n.133/2008, come recentemente novellato dalla L. n. 111/2011 e dalla L. n.214/2011 e, da ultimo, dall’art. 4-ter, comma 10, L. n. 44 del 2012) all’art. 9,comma 28, del D.L. 78/2010; c) l’obbligo di avvalersi di personale a tempodeterminato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coor-dinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per lestesse finalità nell’anno 2009.Lo ha ribadito, sulla scorta della consolidato orientamento della giurispru-denza contabile, la Corte dei Conti Lombardia, con il parere 15.06.2012 n.279. Riguardo ai primi due limiti la ratio della soluzione rigorosa e restrittivaadottata dalla Corte è semplice: l’esercizio condiviso di attività, anche amezzo di convenzioni, ha lo scopo di consentire agli enti convenzionati diridurre la spesa per l’esercizio delle funzioni, dato che lo svolgimento condi-viso permette ai comuni di dimensioni ridotte di sfruttare le economie discala che derivano dall’aumento della “massa critica”. Sicché sarebbe irra-gionevole e paradossale consentire degli sforamenti di costi agli enti che siconvenzionano per conseguire risparmi di spesa. Ciò vale naturalmente siaper i comuni sotto i 5000 abitanti che per quelli con popolazione superiore atale soglia.I primi, infatti, sono obbligati ad esercitare in forma associata le funzioni fon-damentali proprio perché da tale esercizio condiviso si attendono un incre-

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mento della qualità dei servizi e delle prestazioni pubbliche ed una riduzionedei costi.Gli enti sopra soglia invece non sono obbligati all’esercizio associato, sicchéuna tale scelta si giustifica solo qualora consenta risparmi di spesa. La stipu-la della convenzione presuppone pertanto la congrua analisi dei suoi effettifinanziari sul bilancio dell’ente, nonché la verifica che essa non comporti ilsuperamento dei limiti di spesa per il personaleDiversa è la situazione con riguardo al tetto alla spesa per il personale assuntosecondo forme e modalità di lavoro flessibili. Questo vincolo riguarda tutte letipologie di contratti di lavoro latamente atipiche o comunque non rispondenti alcanone tradizionale del lavoro subordinato, esclusivo, continuativo ed a tempoindeterminato con l’amministrazione di appartenenza, compresi i rapporti dilavoro disciplinati nel contesto di “convenzioni”, disciplinanti la condivisione dipersonale. E’ il caso, ad esempio dello scavalco, istituto che mantiene fermo ilrapporto tra il lavoratore e l’amministrazione presso cui è inquadrato, ma consen-te a quest’ultima di condividere le prestazioni del proprio dipendente con altrienti e di far gravare su questi ultimi una parte degli oneri di tali attività. Limitare questo genere di rapporti di lavoro potrebbe paradossalmente porta-re ad un incremento complessivo della spesa di personale degli enti conven-zionati. E’ evidente, infatti, che la possibilità di avvalersi di personale dagestire attraverso le cd tipologie flessibili di lavoro consentirebbe notevolieconomie di spesa rispetto all’assunzione a tempo indeterminato. Infatti la ragione del rigido tetto di spesa non è tanto (o solo) quella del con-tenimento dei costi, ma piuttosto la riqualificazione della spesa di personaleattraverso la riduzione dell’uso e dell’abuso di forme contrattuali diverse dalrapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, esclusivo e con pienadisponibilità del tempo del lavoratore. L’obiettivo è quello di prevenire l’affermarsi di una sorta di favor per leassunzioni a tempo parziale o determinato che, fra l’altro, potrebbe anchecondizionare l’autonomia organizzativa degli enti locali.

Ciò perché le scelte in merito alla stabilizzazione o meno del personale, allapianificazione ed ottimizzazione degli organici ed in generale alla organizza-zione amministrativa rientrano nella discrezionalità degli enti decentrati, men-tre se si ammettesse l’esclusione dal tetto di spesa per i rapporti di lavoro atempo determinato le amministrazioni territoriali sarebbero indotte a far frontealle proprie esigenze attraverso assunzioni a tempo parziale o determinato.Si affermerebbe, in altri termini, un principio di preferenza per le assunzioniprecarie che comprimerebbe in maniera illegittima l’autonomia organizzati-va degli enti decentrati.

E’ per questa ragione che questo rigido vincolo deve applicarsi anche qualo-ra il ricorso a tali “tipi” di contratti potrebbe comportare un potenziale rispar-mio di spesa.

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Attraverso il combinato disposto delle norme che impongono un tetto allaspesa complessiva di personale e di quelle che limitano il ricorso alle tipo-logie di lavoro atipiche e flessibili il legislatore mira dunque a conseguire unaprogressiva riduzione dei costi di gestione del personale ed una riqualifica-zione della spesa attraverso il ricorso a forme di lavoro stabili.Da una parte, infatti, gli enti territoriali sono chiamati a conseguire economiesempre maggiori nella gestione del personale, dall’altro devono rispettarequesti impegnativi tetti di spesa riducendo progressivamente il ricorso a tipo-logie di lavoro flessibili.Il fine è comprensibile e condivisibile: conseguire gli obiettivi di conteni-mento della spesa pubblica nel rispetto delle aspettative dei lavoratori, faracquisire agli stessi le competenze che derivano dalla pratica costante delletematiche oggetto dell’attività amministrativa e, nel contempo, dotare l’entedi competenze interne stabili che, in prospettiva possano anche consentire laprogressiva riduzione del ricorso a professionalità esterne, che incide semprepiù pesantemente sui bilanci pubblici.Ma una simile convergenza tra qualità stabilità e convenienza del lavoro resoalle dipendenze degli enti pubblici richiede ovviamente una efficiente pro-grammazione ed un certo margine temporale. Sicché, medio termine,una disciplina così restrittiva comporta innegabilieffetti negativi sulla gestione delle competenze e delle funzioni di competen-za degli enti territoriali, e in termini economici può addirittura portare ad unesborso maggiore a carico delle casse pubbliche.Non a caso la Corte non manca di rilevare l’effetto antieconomico che l’ap-plicazione della norma potrebbe comportare, e di sottolineare “la dubbiarazionalità, funzionalità e costituzionalità di norme che impongono un rigidolimite quantitativo, ancorato ad un dato di spesa storico (la spesa sostenutanel 2009), senza tenere conto, in alcun modo, delle legittime o opportunemodifiche che la stessa spesa, nel corso degli anni, potrebbe aver subito”.La Corte, pertanto, non ignora che una simile interpretazione rischia di pre-giudicare seriamente la funzionalità delle amministrazioni territoriali e laloro possibilità di garantire l’erogazione di servizi e prestazioni fornite allerelative comunità nel rispetto dei parametri di buon andamento finanziario;ma tale effetto costituisce il risultato inevitabile di una precisa opzione dellegislatore, che non può essere aggirata in sede ermeneutica attraverso inter-pretazioni additive o derogatorie di un testo molto chiaro nella rigida com-pressione delle spese relative a determinate tipologie di rapporti di lavoro.L’adozione di provvedimenti adeguati spetta esclusivamente al Legislatore eal Giudice delle leggi, e sino ad allora questi vincoli vanno rispettati.

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La (cosiddetta) semplificazione amministrativa in ambito

edilizio*Arch. Guido BOLOGNESI

IL TESTO UNICO SULL’EDILIZIA

Il Testo Unico sull’Edilizia (D.P.R. 6/6/2001, n. 380) aveva riunito e coordi-nato la copiosa produzione di norme legislative e regolamentari in materiaedilizia esistenti, frutto di sessanta anni di attività legislativa, per facilitare aogni cittadino e agli operatori del Settore l’individuazione della disciplinaapplicabile e per rendere più agevole la vita al cittadino che ha intenzione dioperare iniziative in materia edilizia.

Il Testo Unico disciplina, nella prima parte, le norme sul permesso di costrui-re e sugli altri atti di assenso, nonché le norme in tema di agibilità degliimmobili; nella seconda parte riproduce le disposizioni in materia di norma-tiva tecnica dell’attività edilizia, indicando espressamente le norme abrogatee quelle ancora vigenti e semplificando i procedimenti, nonché il linguaggionormativo.

La principale innovazione, al suo esordio, consisteva nella riduzione dei tito-li abilitativi a due soltanto: permesso di costruire e denuncia di inizio attivi-tà, con superamento dell’autorizzazione edilizia.

Innovazioni di rilievo del T.U. finalizzate alla semplificazione procedimenta-le sono state le seguenti:

Istituzione dello Sportello Unico dell’Edilizia, modellato su quello per le atti-vità produttive previsto dal D.P.R. n. 447/98, che è competente alla ricezionedelle domande e delle denunce presentate dai privati (anche in materia diaccesso agli atti e documenti amministrativi ai sensi della L. n. 241/90) ed alrilascio di certificazioni, documenti e chiarimenti in materia edilizia ed hainoltre funzione di strumento di raccordo tra Amministrazione e richiedentee tra Amministrazione e Organi chiamati ad esprimersi nel corso del proce-dimento, sollecitando integrazioni documentali e indicendo conferenze diservizi;

Snellimento della procedura per il rilascio del permesso di costruire attraver-so l’eliminazione dell’obbligatorietà del parere della Commissione Edilizia e

* Relazione svolta in occasione del Seminario tenuto dal CSA in Torino il 10 ottobre 2012su: «lo sportello unico per l’edilizia - semplificazione amministrativa in ambito edilizio -le ultime novita’ giuridiche: dalla dia alla scia»

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l’introduzione della autocertificazione in sostituzione del parere dell’A.S.L.;Potenziamento del ruolo della conferenza di servizi in tutti i casi in cui sianecessario acquisire pareri di altre Amministrazioni,Forme di collaborazione e consultazione tra Amministrazione e presentatoredell’istanza;Razionalizzazione della tempistica procedimentale;Eliminazione di aggravi per immobili sottoposti a tutela;Snellimento della procedura per il rilascio del certificato di agibilità.

Si deve inoltre evidenziare che, sotto il profilo delle competenze, è stato ade-guato il procedimento alle disposizioni del D.Lgs. n. 267/2000, attribuendoai dirigenti il compito di adozione dei provvedimenti, anche discrezionali, inmateria edilizia.

Il tema dei Titoli abilitativi è disciplinato nel Titolo II del Testo Unico checomprende:Capo I (artt. 6 – 9) Disposizioni generali;Capo II (artt. 10 – 21) Permesso di costruire;Capo III (artt. 22 –23) Denuncia di inizio attività.

ATTIVITA’ EDILIZIA LIBERA

1.1 GLI INTERVENTI REALIZZABILI IN REGIME DI ATTIVITA’ EDI-LIZIA LIBERA

L’articolo 6 del T.U. richiama gli interventi edilizi che il legislatore ha sot-tratto al preventivo controllo pubblico.

1. Fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comun-que nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disci-plina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicu-rezza, antincendio, igienicosanitarie, di quelle relative all’efficienza energe-tica nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e delpaesaggio, di cui al decreto legislativo 42/2004, i seguenti interventi sonoeseguiti senza alcun titolo abilitativo:

interventi di manutenzione ordinaria;

interventi volti all’eliminazione di barriere architettoniche che non compor-tino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti chealterino la sagoma dell’edificio;opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano caratteregeognostico o siano eseguite in aree esterne al centro edificato.

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i movimenti di terra strettamente pertinenti all’esercizio dell’attività agricolae le pratiche agro-silvo-pastorali, compresi gli interventi su impianti idrauli-ci agrari;

le serre mobili stagionali, sprovviste di strutture in muratura, funzionali allosvolgimento dell’attività agricola.2. Nel rispetto dei medesimi presupposti di cui al comma 1, previa comuni-cazione, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interes-sato all’amministrazione comunale, possono essere eseguiti senza alcun tito-lo abilitativo i seguenti interventi:a) gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’art.3 b) (del D.P.R.380/2001), ivi compresa l’apertura di porte interne o lo spostamento di pare-ti interne, sempre che non riguardino le parti strutturali dell’edificio, noncomportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichinoincremento dei parametri urbanistici;b) le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee ead essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque,entro un termine non superiore a novanta giorni;c) le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree disosta, che siano contenute entro l’indice di permeabilità, ove stabilito dallostrumento urbanistico comunale, ivi compresa la realizzazione di intercape-dini interamente interrate e non accessibili, vasche di raccolta delle acque,locali tombati;d) i pannelli solari, fotovoltaici, a servizio degli edifici, da realizzare al difuori della zona A) di cui al D.M. 1444/68;e) le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree perti-nenziali degli edifici;e-bis) le modifiche interne di carattere edilizio sulla superficie coperta deifabbricati adibiti ad esercizio d’impresa, ovvero le modifiche della destina-zione d’uso dei locali adibiti ad esercizio d’impresa.

1.2 LA PROCEDURA DELL’ATTIVITA’ EDILIZIA LIBERA

In data 26/05/2010 è entrata in vigore la Legge n. 73/2010 di conversione deldecreto legge n. 40/2010 , che ha riformato l’articolo 6 del D.P.R. n.380/2001 (“Attività edilizia libera”).

La modifica al Testo Unico per l’Edilizia persegue l’obiettivo della semplifi-cazione procedurale dell’attività edilizia di minore rilevanza mediantel’esenzione degli interventi descritti nel nuovo articolo 6 da alcun titolo abi-litativo espresso.

Gli interventi edilizi (art. 6 comma 2 lettere da b ad e) possono essere realiz-

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zati previa sola comunicazione di inizio lavori all’amministrazione comuna-le. Vanno, comunque, allegate alla comunicazione eventuali autorizzazioni oaltri atti di assenso previsti dalle normative di settore.

Anche le opere di manutenzione straordinaria (art. 6 comma 2 lettera a ed e-bis) possono essere realizzate mediante invio di comunicazione di iniziolavori all’amministrazione comunale. L’interessato, unitamente alla comunicazione di inizio dei lavori, trasmetteall’amministrazione comunale i dati identificativi dell’impresa alla qualeintende affidare la realizzazione dei lavori e una relazione tecnica provvistadi data certa e corredata degli opportuni elaborati progettuali, a firma di untecnico abilitato, il quale dichiara preliminarmente di non avere rapporti didipendenza con l’impresa né con il committente e che assevera, sotto la pro-pria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanisticiapprovati e ai regolamenti edilizi vigenti e che per essi la normativa statale eregionale non prevede il rilascio di un titolo abilitativo. Limitatamente agliinterventi di cui al comma 2, lettera e-bis), sono trasmesse le dichiarazioni diconformità da parte dell’Agenzia per le imprese di cui alla L. 133/2008, rela-tive alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al presente comma.

E’ importante ricordare che per tutti gli interventi è fatto comunque obbligodi rispettare le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e le altrenorme di settore, quali norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igieni-

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co-sanitarie, norme relative all’efficienza energetica e norme del codice deibeni culturali e del paesaggio.

Considerazioni:Alla presentazione della comunicazione di inizio lavori non segue la gestio-ne di alcun procedimento edilizio;Non è previsto alcun obbligo per il comune di dare luogo ad una attività dicontrollo del singolo intervento comunicato, né di eseguire attività di vigilan-za puntuale per ogni singola pratica edilizia, quindi non sussiste nessuna

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responsabilità per il mancato controllo in capo al Comune. La responsabilitàrisulta essere in capo al privato interessato ed al professionista tecnico abili-tato, per quanto riguarda l’asseverazione.L’Amministrazione comunale potrà , comunque, esercitare il potere generaledi vigilanza e controllo sull’attività edilizia prevista dall’art. 27 del T.U.E.Trattandosi di attività edilizia libera, non soggetta a titolo abilitativo, non siapplicano le sanzioni previste dal D.P.R. 380/2001 per i casi di interventi rea-lizzati in assenza o in difformità dal titolo;

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1.3 SANZIONI APPLICABILI PER GLI INTERVENTI COSTITUEN-TI ATTIVITA’ EDILIZIA LIBERA

Ai sensi del comma 7 del nuovo articolo 6, “la mancata comunicazione del-l’inizio dei lavori ovvero la mancata trasmissione della relazione tecnica dicui ai commi 2 e 4 del presente articolo comportano la sanzione pecuniariapari a 258 euro”. In tal modo, il legislatore statale ha previsto per gli inter-venti di cui al comma 2 una sanzione amministrativa in caso di violazionedell’obbligo di provvedere alla trasmissione al Comune della documentazio-ne dovuta.Non è invece sanzionata la mancata allegazione alla comunicazione di iniziodei lavori delle autorizzazioni, documentazioni o altri atti richiesti dalla nor-mativa di settore, secondo quanto richiesto dal comma 3 del nuovo art. 6.La sanzione è ridotta di due terzi, quindi a 86 euro, nel caso in cui la docu-mentazione obbligatoria sia presentata all’amministrazione comunale duran-te l’esecuzione dell’intervento edilizio. La disposizione richiede che dettacomunicazione tardiva sia attuata “spontaneamente”, di conseguenza non siha diritto alla riduzione se la comunicazione tardiva avviene dopo che siastata accertata la violazione di tale obbligo, da parte degli organi competen-ti.L’intervento edilizio realizzato, pur rientrando nei casi di cui ai commi 1 e 2del nuovo art. 6, può risultare in contrasto con le norme di settore aventi inci-denza sulla disciplina dell’attività edilizia. In tale ipotesi trovano applicazio-ne le eventuali sanzioni penali e amministrative previste per le singole viola-zioni riscontrate.Nel caso di effettuazione di interventi non elencati ai commi 1 e 2 del nuovoart. 6, trovano applicazione le sanzioni penali e amministrative previste dalD.P.R. n. 380/2001.

2 LA SEGNALAZIONE CERTIFICATA DI INIZIO ATTIVITA’

2.1 GLI INTERVENTI REALIZZABILI CON S.C.I.A.

Gli interventi realizzabili con S.C.I.A. si desumono per esclusione escluden-do quelli soggetti a C.I.L. e quelli sottoposti a D.I.A. ai sensi dell’art. 22.3del T.U.E.

La SCIA deve essere quindi presentata per l’esecuzione dei seguenti inter-venti:Manutenzione straordinaria con opere che interessano le parti strutturali;Restauro e Risanamento conservativo; Varianti a permesso di costruire che non incidono sui parametri urbanistici esulle volumetrie, che non modificano la destinazione d’uso e la categoria edi-lizia, non alterano la sagoma dell’edificio e non violano le eventuali prescri-zioni contenute nel permesso di costruire.

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2.2 LA PROCEDURA DELLA S.C.I.A.

Con la riforma dell’art. 19 della Legge n. 241/90 ad opera della Legge n.122/2010 è stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico il nuovo istitu-to della Segnalazione Certificata di Inizio Attività (S.C.I.A.) che sostituiscela Dichiarazione di Inizio Attività o D.I.A. ovunque nominata.Poiché la modifica normativa riguarda l’art. 19 della legge 241/90, si sono dasubito evidenziate notevoli perplessità sull’applicabilità del nuovo istitutoalla materia edilizia, in sostituzione della Denuncia di Inizio Attività (D.I.A.)prevista dagli artt. 22 e 23 del D.P.R. n. 380/2001.

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Con nota del 16/09/2010, il Capo dell’Ufficio Legislativo del Ministero dellaSemplificazione Normativa ha affermato l’applicabilità della S.C.I.A. allamateria edilizia in forza del contenuto letterale dell’art. 49 della legge n.122/2010.La confusione normativa ha fatto sì che ogni comune abbia più o meno incen-tivato l’uso della nuova procedura.Finalmente con Decreto Legge 13/05/2011, n. 70 (c.d. « Decreto Sviluppo «)sono state, tra l’altro, apportate modificazioni da cui si desume che laS.C.I.A. è chiaramente applicabile anche alla normativa in materia di attivi-tà edilizie.L’art. 5, dedicato alle «Costruzioni Private», ha innovato la disciplina edili-zia introducendo il silenzio assenso nel procedimento di rilascio del permes-so di costruire ed affermando in modo esplicito che l’istituto della segnala-zione certificata di inizio attività si applica anche in materia edilizia.Il Decreto, entrato in vigore il 14/05/2011, è stato convertito in legge il12.07.2011 (L.106).Per quanto concerne gli interventi edilizi previsti dall’art. 22, commi 1 e 2,del D.P.R. n.380/2001, la denuncia di inizio attività ordinaria (DIA) è stataespressamente sostituita dalla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA ), di cui all’art. 19 della Legge 241/1990, con esclusione, pertanto, deicasi in cui le DIA, in base alla normativa statale o regionale, siano alternati-ve o sostitutive del permesso di costruire (art. 22 commi 3 e 4).L’attività oggetto della segnalazione può essere iniziata dalla data di presen-tazione della stessa, senza attendere i trenta giorni previsti nel regime previ-gente dalla disciplina della DIA e l’Amministrazione ha trenta giorni ditempo per i controlli di competenza e per le conseguenti attività inibitorie.Ai sensi di quanto previsto dall’art. 19 della L. 241/90, come modificato dal-l’art. 5 del Decreto Sviluppo, la SCIA deve essere obbligatoriamente corre-data, sin dalla presentazione all’Amministrazione, dalle dichiarazioni sostitu-tive di certificazioni e dell’atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati,qualità personali e fatti da comprovare, nonché dalle attestazioni e assevera-zioni dei tecnici abilitati, tra l’altro anche in sostituzione di pareri di organied enti, nonché dagli elaborati tecnici necessari a consentire le verifiche dicompetenza dell’Amministrazione.Non possono, tuttavia, essere sostituiti da dichiarazioni asseverate i pareri dicompetenza di organi ed enti quali Vigili del Fuoco, ASL (se comportantivalutazioni tecnico-discrezionali) e Settore Decoro Urbano (Verbale Colore).Entro il suddetto termine di trenta giorni devono essere adottati gli eventualimotivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozio-ne degli eventuali effetti dannosi, salvo che non sia possibile, da parte degliinteressati, la conformazione dell’attività e dei suoi effetti alla normativavigente entro il termine, non inferiore a trenta giorni, fissatodall’Amministrazione.In caso di dichiarazione sostitutiva di certificazione e dell’atto di notorietà

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false o mendaci, l’Amministrazione, ferma restando la responsabilità penaledei dichiaranti , potrà sempre e in ogni tempo adottare i provvedimenti inibi-tori. Decorso il termine, l’Amministrazione può intervenire solo in presenza dipericolo di danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, perla salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale e solo a seguito diaccertamento dell’impossibilità di tutelare comunque tali interessi medianteconformazione dell’attività dei privati alla normativa vigente.Pertanto è assolutamente necessario che le verifiche di conformità edilizia edurbanistica dei progetti siano effettuate entro trenta giorni dalla presentazio-ne delle segnalazioni . Per gli interventi in zona soggetta a vincolo paesaggistico o culturale l’effi-cacia della SCIA decorre dalla data di rilascio degli atti di assenso degli Entipreposti alla tutela del vincolo o dell’autorizzazione paesaggistica comunalein subdelega, considerato che gli stessi costituiscono atti presupposti rispettoai titoli legittimanti l’intervento edilizio e che, comunque, il D.P.R. n. 139 del09/07/2010, in materia di procedimento semplificato per il rilascio dell’auto-rizzazione paesaggistica, prevede la verifica preliminare del progetto in lineaedilizia, sancendo l’improcedibilità della domanda di autorizzazione paesag-gistica in caso di non conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica ededilizia. Resta salva la facoltà per l’interessato, prevista dall’art. 22 co. 7 del D.P.R.n. 380/2001, di chiedere il rilascio del permesso di costruire per la realizza-zione degli interventi di cui all’art. 22 co. 1 e 2 in alternativa alla SCIA. Restano confermate le disposizioni del Titolo IV del Testo Unico in materiadi vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, responsabilità e sanzioni, con laspecificazione che anche nell’art. 37 l’espressione «denuncia d’inizio attivi-tà» si intende sostituita dall’espressione « segnalazione certificata di inizioattività « ovvero «SCIA «.

2.3 LE S.C.I.A. IN CONSERVAZIONEPer quanto riguarda le opere eseguite in assenza di SCIA permane il regimeprevisto all’art. 37 per le ex pratiche di Dia art 22 comma 1 e 2.

ART. 37.1 T.U.E.La realizzazione di interventi edilizi di cui all’articolo 22, commi 1 e 2, inassenza della o in difformità dalla denuncia di inizio attività (leggasi oraSCIA) comporta la sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento del valo-re venale dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stes-si e comunque in misura non inferiore a 516 euro.

ART. 37.4 T.U.E.Ove l’intervento realizzato risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edi-lizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento, sia al

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momento della presentazione della domanda, il responsabile dell’abuso o ilproprietario dell’immobile possono ottenere la sanatoria dell’intervento ver-sando la somma, non superiore a 5.164 euro e non inferiore a 516 euro, sta-bilita dal responsabile del procedimento in relazione all’aumento di valoredell’immobile valutato dall’agenzia del territorio.

Conseguenza dell’entrata in vigore delle disposizioni sulla C.I.L. è che èpossibile richiedere la sanatoria di cui all’art. 37 per gli interventi di manu-tenzione straordinaria di cui all’art 6 comma 2 del T.U.E. solo nel caso diopere realizzate prima dell’entrata in vigore della Legge 73/2010(26.05.2010).

ART. 37.5 T.U.E.La S.C.I.A. spontaneamente effettuata quando l’intervento è in corso di ese-cuzione, comporta il pagamento, a titolo di sanzione, della somma di 516euro.

3 LA DENUNCIA DI INIZIO ATTIVITA’

3.1 GLI INTERVENTI REALIZZABILI CON D.I.A.

Ai sensi dell’art. 22.3 del D.P.R. n. 380/2001, sono realizzabili mediantedenuncia di inizio attività gli interventi che non sono stati liberalizzati dal-l’art. 6, quelli per i quali non è richiesto il permesso di costruire, in alternati-va allo stesso permesso di costruire:gli interventi di ristrutturazione di cui all’articolo 10, comma 1 lettera c); (gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edili-zio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento diunità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o dellesuperfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omo-genee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso)gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualorasiano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gliaccordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengano precisedisposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cuisussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comu-nale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quellivigenti; qualora i piani attuativi risultino approvati anteriormente all’entratain vigore della legge 21 dicembre 2001, n 443, il relativo atto di ricognizio-ne deve avvenire entro trenta giorni dalla richiesta degli interessati; in man-canza si prescinde dall’atto di ricognizione, purchè il progetto di costruzione

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venga accompagnato da apposita relazione tecnica nella quale venga asseve-rata l’esistenza di piani attuativi con le caratteristiche sopra menzionate;gli interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di stru-menti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche.

Ai sensi delle vigenti Leggi regionali sono sottoposti a regime di D.I.A., inPiemonte, i seguenti interventi:cambio di destinazione d’uso tra categorie della L. R. 19/99 (art.8)destinazioni residenziali; destinazioni produttive, industriali o artigianali; destinazioni commerciali; destinazioni turistico-ricettive; destinazioni direzionali; destinazioni agricole.recupero abitativo dei sottotetti della L.R. 21/98 (art.1.3)recupero funzionale dei rustici della L.R. 9/2003 (art. 3.4)

3.2 LA PROCEDURA DELLA D.I.A.

La procedura della D.I.A. dell’art. 23 D.P.R. 380/2001 rimane comunqueimmutata ed in vigore.

La Legge regionale 20/2009 (come modificata dalla L.1/2011) detta la pro-cedura da seguire per l’istruttoria delle D.I.A. all’Art. 8 comma 5 e seguenti:5. Il competente ufficio comunale, entro il termine di trenta giorni dalla pre-sentazione della DIA, provvede:a) a verificare la completezza della documentazione presentata;b) ad accertare che la tipologia dell’intervento descritto ed asseverato dalprofessionista abilitato rientri nei casi previsti dal presente articolo;c) a comunicare l’importo del contributo di costruzione;d) a notificare all’interessato le eventuali ragioni ostative che impediscono larealizzazione dell’intervento.6. Entro il termine di cui al comma 5, in caso di incompletezza della docu-mentazione, il competente ufficio comunale ne richiede l’integrazione e iltermine per l’inizio dei lavori è interrotto sino al ricevimento degli atti neces-sari. La richiesta di integrazione non può essere reiterata.7. I comuni stabiliscono modalità di controllo di merito dei contenuti dell’as-severazione allegata alla DIA e della corrispondenza del progetto e dell’ope-ra in corso di realizzazione o ultimata a quanto asseverato dal professionistaabilitato, nell’osservanza dei seguenti criteri:a) il controllo è effettuato in corso d’opera e comunque entro sei mesi dallacomunicazione di fine dei lavori o, in assenza di tale comunicazione, entrosei mesi dal termine di ultimazione dei lavori indicato nel titolo abilitativo; b) il controllo, effettuato anche a campione, deve riguardare almeno una per-

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centuale del 20 per cento degli interventi edilizi eseguiti o in corso di realiz-zazione.

3.3 LE VARIANTI A SCIA E A DIA

Il D.P.R. 380/2011 non tratta l’argomento delle varianti a D.I.A. (e di conse-guenza a S.C.I.A.).La questione ha generato molta confusione ed è ancora oggi oggetto di dibat-tito.La teoria più accreditata è che trattandosi di procedure che non prevedono ilrilascio di titolo abilitativo, non sia possibile modificare il progetto presenta-to tramite una variante.Occorre dunque presentare una nuova D.I.A. o una nuova S.C.I.A. (in rap-porto al tipo di intervento da svolgere) che rappresenti la situazione autoriz-zata e la situazione intermedia con le colorazioni di rito (azzurro le costruzio-ni, verde le demolizioni a cui si rinuncia; gialli e rossi).

4 PERMESSO DI COSTRUIRE

L’articolo 10, al comma 1, individua gli interventi di trasformazione urbani-stica ed edilizia che sono sottoposti a permesso di costruire. Sono subordinati a permesso di costruire:gli interventi di nuova costruzione;gli interventi di ristrutturazione urbanistica;gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizioin tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unitàimmobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle super-fici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogeneeA, comportino mutamenti della destinazione d’uso.

5 LA PROCEDURA ABILITATIVA SEMPLIFICATA

Riguarda gli impianti per le fonti rinnovabili indicati nella tabella allegataDeve essere inviata 30 giorni prima dell’inizio lavori con relazione di tecni-co abilitatoDevono essere rispettato le normative edilizie e urbanistiche, di sicurezza eigienico sanitarieIl comune ha poteri di controllo entro i 30 giorni

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Lombardia/260/2012/PAR

REPUBBLICA ITALIANALA CORTE DEI CONTI

IN SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLOPER LA LOMBARDIA

composta dai magistrati:dott. Nicola Mastropasqua Presidentedott. Giuseppe Roberto Mario Zola Consiglieredott. Gianluca Braghò Primo referendariodott. Massimo Valero Primo referendariodott. Alessandro Napoli Referendariodott. Laura De Rentiis Referendariodott. Donato Centrone Referendario (relatore)dott. Francesco Sucameli Referendariodott. Cristiano Baldi Referendariodott. Andrea Luberti Referendario

nella camera di consiglio del 29 maggio 2012Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regiodecreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;Vista la legge 21 marzo 1953, n. 161;Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;Vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14/2000del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazionedelle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con le delibera-zioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004;Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo unico delleleggi sull’ordinamento degli enti locali;Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;Vista la deliberazione n. 1/pareri/2004 del 3 novembre 2004 con la quale laSezione ha stabilito i criteri sul procedimento e sulla formulazione dei pare-ri previsti dall’articolo 7, comma 8, della legge n. 131/2003;Vista la nota del 20 aprile 2012 con la quale il Sindaco del Comune diCasalmaggiore (CR) ha chiesto un parere in materia di contabilità pubblica;Vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione perl’adunanza odierna per deliberare sulla sopra indicata richiesta;Udito il relatore, dott. Donato Centrone

Premesso cheIl Sindaco del Comune di Casalmaggiore (CR), con nota del 20 aprile 2012(ricevuta al protocollo della Corte in data 16/05/2012), ha formulato allaSezione una richiesta di parere in ordine all’attuale disciplina limitativa delle

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assunzioni, facente capo, da un lato, allo stesso Comune e, dall’altro, ad unasocietà, totalmente partecipata dall’ente locale, gerente il servizio farmaceutico.In particolare, premessa l’esposizione del quadro normativo in tema di divie-ti e limitazioni alle assunzioni da parte degli enti locali e delle società da que-sti ultimi partecipate, il Sindaco del Comune pone i seguenti due quesiti: se, fermo restando il rispetto del limite dell’incidenza della spesa per il per-sonale, inferiore al 50% della spesa corrente, sia in capo all’ente locale, siain capo alla società partecipata, il Comune possa trasferire a quest’ultima lapropria capacità assunzionale a tempo indeterminato, maturata ai sensi del-l’art. 76 comma 7 del DL 112/2008, convertito con modificazioni nella legge133/2008;se, in coerenza col metodo di calcolo per la determinazione della spesa con-solidata di personale (dato dalla somma della spesa per il personale propria equella del personale della partecipata), ai fini del calcolo della predetta capa-cità assunzionale, il Comune possa sommare alle cessazioni del proprio per-sonale (a tempo indeterminato) anche quelle del personale (sempre a tempoindeterminato) della società partecipata.

In merito all’ammissibilità della richiestaIl primo punto da esaminare, in relazione al quesito formulato dal Sindacodel Comune di Casalmaggiore, concerne la verifica in ordine alla circostan-za se la richiesta rientri nell’ambito delle funzioni attribuite alle Sezioniregionali della Corte dei conti dall’art. 7, comma 8, della legge 6 giugno2003, n. 131, norma in forza della quale Regioni, Province e Comuni posso-no chiedere a dette Sezioni pareri in materia di contabilità pubblica, nonchéulteriori forme di collaborazione, ai fini della regolare gestione finanziaria edell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.In proposito, questa Sezione ha precisato, in più occasioni, che la funzione dicui al comma ottavo dell’art. 7 della legge n. 131/2003 si connota comefacoltà conferita agli amministratori di Regioni, Comuni e Province di avva-lersi di un organo neutrale e professionalmente qualificato per acquisire ele-menti necessari ad assicurare la legalità dell’attività amministrativa.I pareri e le altre forme di collaborazione si inseriscono nei procedimentiamministrativi degli enti territoriali consentendo, nelle tematiche in relazio-ne alle quali la collaborazione viene esercitata, scelte adeguate e ponderatenello svolgimento dei poteri che appartengono agli amministratori pubblici,restando peraltro esclusa qualsiasi forma di cogestione o coamministrazionecon l’organo di controllo esterno (si rinvia, per tutte, alla Delibera dellaSezione del 11 febbraio 2009, n. 36).Infatti, deve essere messo in luce che il parere della Sezione attiene a profilidi carattere generale anche se, ovviamente, la richiesta proveniente dall’entepubblico è motivata, generalmente, dalla necessità di assumere specifichedecisioni in relazione ad una particolare situazione. L’esame e l’analisi svol-ta nel parere è limitata ad individuare l’interpretazione di disposizioni di

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legge e di principi generali dell’ordinamento in relazione alla materia pro-spettata dal richiedente, spettando, ovviamente, a quest’ultimo la decisione inordine alle modalità applicative in relazione alla situazione che ha originatola domanda. Con specifico riferimento all’ambito di legittimazione soggettiva per l’attiva-zione di questa particolare forma di collaborazione, è ormai consolidatol’orientamento che vede, nel caso del Comune, il Sindaco quale organo isti-tuzionalmente legittimato a richiedere il parere, in quanto riveste il ruolo dirappresentante dell’ente ai sensi dell’art. 50 TUEL.Il presente presupposto soggettivo sussiste nel quesito richiesto dal comunedi Casalmaggiore con nota del 20 aprile 2012.

Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo, occorre rilevare che ladisposizione contenuta nel comma 8 dell’art. 7 della legge 131 deve essereraccordata con il precedente comma 7, norma che attribuisce alla Corte deiconti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il perse-guimento degli obiettivi posti da leggi statali e regionali di principio e di pro-gramma, la sana gestione finanziaria degli enti locali. Lo svolgimento dellefunzioni è qualificato dallo stesso legislatore come una forma di controllocollaborativo.Il raccordo tra le due disposizioni opera nel senso che il comma 8 prevedeforme di collaborazione ulteriori rispetto a quelle del precedente comma, reseesplicite in particolare con l’attribuzione agli enti della facoltà di chiederepareri in materia di contabilità pubblica.Appare conseguentemente chiaro che le Sezioni regionali della Corte deiconti non svolgono una funzione consultiva a carattere generale in favoredegli enti locali, ma che, anzi, le attribuzioni consultive si connotano sullefunzioni sostanziali di controllo collaborativo ad esse conferite dalla legisla-zione positiva. Al riguardo, le Sezioni riunite della Corte dei conti, interve-nendo con una pronuncia in sede di coordinamento della finanza pubblica aisensi dell’art. 17, comma 31 del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, conver-tito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, hanno delineatouna nozione di contabilità pubblica incentrata sul “sistema di principi e dinorme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e deglienti pubblici”, da intendersi in senso dinamico anche in relazione alle mate-rie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (Delibera n.54 del 17 novembre 2010). Il limite della funzione consultiva come sopra delineato fa escludere qualsia-si possibilità di intervento della Corte dei conti nella concreta attività gestio-nale ed amministrativa, che ricade nella esclusiva competenza dell’autoritàche la svolge o di interferenza, in concreto, con competenze di altri organigiurisdizionali.Tanto premesso, le richieste del Comune di Casalmaggiore possono ritenersiammissibili sotto il profilo oggettivo attenendo alla materia della “contabili-

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tà pubblica”, come qualificata nella sopracitata Delibera delle SezioniRiunite della Corte, in quanto relative all’interpretazione di norme esplicitan-ti la disciplina dei divieti e limitazioni alle assunzioni degli enti locali e dellesocietà da questi ultimi partecipate, precetti posti all’interno di testi legislati-vi esplicitamente tesi al governo e contenimento della spesa del sistema delleautonomie locali, nell’ottica del coordinamento complessivo della finanzapubblica.

Esame nel meritoOccorre preliminarmente precisare che la decisione da partedell’Amministrazione sulle modalità interpretative delle norme di contabili-tà è frutto di valutazioni proprie dell’Ente medesimo, rientranti nelle prero-gative dei competenti organi decisionali, pur nel rispetto delle previsionilegali e nell’osservanza delle regole di sana gestione finanziaria e contabile.Cionondimeno il Comune richiedente potrà tenere conto, nelle determinazio-ni di propria competenza, dei principi generali enunciati in sede interpretati-va nel presente parere.Appare opportuno richiamare il sistema normativo che disciplina, attualmen-te, divieti e limitazioni alle assunzioni di personale in capo ai Comuni sog-getti al Patto di stabilità interno (allo stato, quelli con popolazione superioreai 5.000 abitanti, alla cui categoria appartiene il Comune istante) e dellesocietà da questi ultimi partecipate. Per quanto riguarda i Comuni, tali divieti e limitazioni si rinvengono, princi-palmente, nelle seguenti disposizioni: art. 1 comma 557 e seguenti della LF n. 296/2006 che pone un obbligo diriduzione progressiva della spesa per il personale, sanzionato, in caso di man-cato rispetto, con il divieto di assunzione a qualsiasi titolo (il comma 557 ter,inserito dall’art. 14 del d.l. n. 78/2010, rinvia all’art. 76 comma 4 del d.l. n.112/2008, convertito nella legge n. 122/2010);art. 76 comma 4 del d.l. n. 112/2008, convertito nella legge n. 133/2008, chesancisce con il divieto di assunzioni l’inosservanza degli obiettivi finanziariposti dal Patto di stabilità interno.Ulteriori divieti sono sparsi in varie norme dell’ordinamento quali sanzioniad altrettante violazioni a precetti normativi primari, come per esempio intema di rideterminazione delle dotazioni organiche (art. 6, comma 6, d.lgs.165/2001), adozione del piano delle azioni tendenti ad assicurare le pariopportunità tra uomini e donne (art. 48, comma 1, d.lgs. 148/2006), ricogni-zione di eventuali eccedenze di personale (art. 33 d.lgs. 165/2001, comemodificato dal d.l. 78/2010 e integrato dalla legge 183/2011), adozione del“piano della performance” (art. 10, comma 5, d.lgs. 150/2009).

L’art. 76 comma 7 del d.l. n. 112/2008, convertito nella legge n. 133/2008,come in seguito modificato e integrato:pone un divieto di assunzione nel caso di superamento di un predeterminato

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rapporto (50%) fra spesa per il personale e spesa corrente (ai fini del cui cal-colo impone all’ente locale di consolidare anche le spese per il personalesostenute da alcune categorie di società partecipate, fra cui quelle affidatariesenza gara di servizi pubblici locali, come è nel caso sottoposto all’esame daparte del Comune di Casalmaggiore);disciplina, allo stato attuale, i limiti alle assunzioni degli enti locali (40%della spesa corrispondente alle cessazioni dell’anno precedente).Appare opportuno riportare il testo completo di quest’ultima disposizione,recentemente novellata dall’art. 4 ter del d.l. n. 16/2012, convertito nellalegge n. 44/2012, che maggiormente rileva ai fini del parere richiesto dalComune:“E’ fatto divieto agli enti nei quali l’incidenza delle spese di personale è pario superiore al 50 per cento delle spese correnti di procedere ad assunzioni dipersonale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale; i restan-ti enti possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminatonel limite del 40 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni dell’an-no precedente. Ai soli fini del calcolo delle facoltà assunzionali, l’onere perle assunzioni del personale destinato allo svolgimento delle funzioni in mate-ria di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale è calcolatonella misura ridotta del 50 per cento; le predette assunzioni continuano a rile-vare per intero ai fini del calcolo delle spese di personale previsto dal primoperiodo del presente comma. Ai fini del computo della percentuale di cui alprimo periodo si calcolano le spese sostenute anche dalle società a partecipa-zione pubblica locale totale o di controllo che sono titolari di affidamentodiretto di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgono funzionivolte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non indu-striale, nè commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pub-blica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pub-blicistica. Ferma restando l’immediata applicazione della disposizione di cuial precedente periodo, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri,su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazio-ne, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e dell’interno,d’intesa con la Conferenza unificata, possono essere ridefiniti i criteri di cal-colo della spesa di personale per le predette società. La disposizione di cui alterzo periodo non si applica alle società quotate su mercati regolamentari. Pergli enti nei quali l’incidenza delle spese di personale è pari o inferiore al 35per cento delle spese correnti sono ammesse, in deroga al limite del 40 percento e comunque nel rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno edei limiti di contenimento complessivi delle spese di personale, le assunzio-ni per turn-over che consentano l’esercizio delle funzioni fondamentali pre-viste dall’articolo 21, comma 3, lettera b), della legge 5 maggio 2009, n. 42;in tal caso le disposizioni di cui al secondo periodo trovano applicazione soloin riferimento alle assunzioni del personale destinato allo svolgimento dellefunzioni in materia di istruzione pubblica e del settore sociale”.

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Appare evidente che la disciplina posta dalla norma ora citata ha come sog-getto destinatario l’ente locale che, per procedere ad assunzioni, deve rispet-tare un predeterminato rapporto fra spesa per il personale e spesa corrente,consolidando a tal fine anche il costo per il personale rilevabile dai bilancidelle società partecipate (circa modalità e criteri di consolidamento si rinviaalla Deliberazione della Sezione Autonomie n. 14/2011/QMIG, nonché aipareri della scrivente Sezione n. 75/2012/PAR e n. 223/2012/PAR).Nel caso di specie, rileva altresì quanto di recente precisato dalla Sezione nelparere n. 219/2012/PAR: “il tenore dell’art. 20 comma 9 del d.l. 6 luglio 2011n. 98, convertito dalla l. 15 luglio 2011 n. 111 (che ha novellato l’art. 76comma 7), è chiaro: ai fini del computo percentuale della spesa di personalerispetto alla spesa corrente dell’ente locale, si calcolano le spese sostenuteanche dalle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo affi-datarie dirette di servizi pubblici locali senza gara…..(….)….. Atteso chel’attività farmaceutica costituisce, in via tendenziale, servizio pubblico loca-le a rilevanza economica (cfr. delibera Sez. Lombardia n. 489/2011), in pre-senza di affidamento diretto ad una società controllata da enti locali che svol-ge siffatta attività, trova applicazione il consolidamento in capo all’ente loca-le socio nei termini di cui alla precitata disposizione”.Di conseguenza il Comune di Casalmaggiore, ai fini della verifica del con-tingente di assunzioni effettuabili, deve, in primo luogo, consolidare le pro-prie spese per il personale con i costi rilevati a bilancio, ai medesimi fini,dalla società “Azienda farmaceutica comunale srl”, accertando il mancatosuperamento della soglia del 50% delle spese correnti. Ove il predetto rapporto sia rispettato, può assumere nel limite del 40% delrisparmio derivante dalle cessazioni dal servizio registrate nell’anno prece-dente (o entro le differenti quote, ove ricorrano le altre ipotesi previste dal-l’art. 76 comma 7 del d.l. n. 112/2008).

Gli obblighi in capo alla società partecipata, invece, non si rinvengono nel-l’art. 76 comma 7 del d.l. n. 112/2008, né nelle altre disposizioni di legge chehanno come ambito soggettivo d’applicazione gli enti locali (per esempio, icitati artt. 1 comma 557 della LF n. 296/2006 o 76 comma 4 del d.l. n.112/2008), ma in quelle che prendono direttamente in considerazione lesocietà medesime (l’art. 18 comma 2 bis del d.l. n. 112/2008, citato dalComune istante, l’art. 9 comma 29 del d.l. n. 78/2010 e, da ultimo, soprattut-to, l’art. 25 del d.l. n. 1/2012 convertito nella legge n. 27/2012).Mentre il primo gruppo di norme, infatti, pone obblighi a carico del soloComune/ente locale, il quale, per osservarli, deve consolidare le propriespese per il personale a quelle sostenute dalla società partecipata, le secondeobbligano direttamente la società partecipata. Quanto detto non esclude, come evidenziato in precedenti pareri dellaSezione che, ai fini del conseguimento dell’obiettivo di riduzione o conteni-mento della spesa, il Comune possa o debba imporre obblighi di razionaliz-

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zazione anche alla società partecipata (in quanto azionista o, più ancora, sedetentore del c.d. “controllo analogo” a quello esercitato sui propri uffici, cfr.delibere n. 219/2012/PAR e n. 147/2012/PAR), ma ciò non modifica il sog-getto destinatario del precetto normativo posto dall’art. 76 comma 7 del d.l.n. 112/2008 (così come dall’art. 1 commi 557 e 562 della legge n. 296/2006)che rimane il solo ente locale (nessun obbligo di osservanza di predetermina-ti parametri di spesa per il personale, di riduzione progressiva o didivieti/limitazioni alle assunzioni sorge direttamente in capo alle società par-tecipate in virtù del primo gruppo di norme sopra citato).Gli adempimenti in tema di politiche retributive per il personale e didivieti/limitazioni alle assunzioni in capo a determinate categorie di societàpartecipate dagli enti locali, derivano, come esposto, da autonome disposizio-ni normative. In particolare, allo stato attuale, rileva principalmente l’art. 25 del d.l. n.1/2012 (convertito nella legge n. 27/2012) che, integrando quanto previstoall’art. 3 del d.l. n. 138/2011 (convertito nella legge n. 148/2011), ha dispo-sto che:“Le società affidatarie in house sono tenute all’acquisto di beni e servizisecondo le disposizioni di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, esuccessive modificazioni. Le medesime società adottano, con propri provve-dimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferi-mento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell’articolo35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché delle disposizioniche stabiliscono a carico degli enti locali divieti o limitazioni alle assunzionidi personale, contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natu-ra retributiva o indennitarie e per le consulenze anche degli amministratori”.Il dettato normativo riproduce, modificandolo in parte, l’analoga disposizio-ne già presente nell’art. 18 comma 2 bis del d.l. n. 112/2008 in virtù dellaquale, in seguito all’integrazione apportata dall’art. 19 del d.l. n. 78/2009,convertito nella legge n. 102/2009, è stato affermato che alcune categorie disocietà a partecipazione pubblica locale, totale o di controllo (titolari di affi-damenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, che svolgono funzionivolte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non indu-striale né commerciale, ovvero attività nei confronti della pubblica ammini-strazione a supporto di funzioni di natura pubblicistica), inserite dall’ISTATnel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, sianoassoggettate agli stessi divieti o limitazioni alle assunzioni di personale pre-visti per l’amministrazione controllante (oltre a dover adeguare le “politichedel personale” alle disposizioni vigenti in materia di contenimento deglioneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria).Allo stesso modo l’art. 9 comma 29 del d.l. n. 78/2010, convertito nella leggen. 122/2010, ha previsto, per l’intera platea delle società non quotate, control-late da amministrazioni pubbliche (non solo da enti locali), sempre limitata-mente a quelle inserite dall’ISTAT nell’elenco del conto economico consoli-

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dato della pubblica amministrazione (ai sensi dell’articolo 1 comma 3 dellalegge n. 196/2009), l’adeguamento delle politiche assunzionali alle disposi-zioni previste nel medesimo articolo 9 del decreto legge n. 78/2010.Il nuovo art. 25 del d.l. n. 1/2012, convertito senza modificazioni con leggen. 27/2012, si distingue dalle due norme previgenti sia per l’ambito soggetti-vo d’applicazione che per il precetto.Sotto il primo profilo, infatti, a differenza delle norme precedenti, rivolte allesocietà a partecipazione pubblica, totale o di controllo, inserite, ai sensi del-l’art. 1 comma 3 della legge n. 196/2009, nel c.d. “elenco ISTAT” (che con-solidano i bilanci con quello dello Stato e delle altre amministrazioni pubbli-che ai fini del rispetto dei parametri d’indebitamento netto e debito concor-dati in sede europea), quest’ultima norma si rivolge a tutte le società “affida-tarie in house”, anche non inserite nell’elenco sopra citato. Trattasi delle società cui gli enti locali, in quanto interamente partecipate,possono affidare direttamente sia la fornitura di beni e servizi strumentali chedi servizi pubblici locali (la norma rimanda, implicitamente, all’elaborazionegiurisprudenziale, comunitaria e nazionale, di identificazione dei presuppostie requisiti del c.d. “affidamento in house”).Sul piano precettivo, poi, impone alle società di adottare, con propri provvedi-menti (richiede quindi l’intermediazione di un atto interno a carattere genera-le), criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimentodegli incarichi “nel rispetto…delle disposizioni che stabiliscono a carico deglienti locali divieti o limitazioni alle assunzioni di personale” (oltre che conteni-mento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva e l’adozio-ne di procedure concorsuali per l’instaurazione dei rapporti di lavoro).Pertanto la nuova norma obbliga le “società in house” (quale è, nella specie, lasocietà a responsabilità limitata “Azienda farmaceutica municipalizzata”, inte-ramente partecipata dal comune di Casalmaggiore) ad adeguare le proprie poli-tiche assunzionali a quelle vigenti per l’ente locale azionista, imponendo l’ado-zione di apposito provvedimento che espliciti e renda evidenti i criteri e lemodalità per l’adeguamento ai divieti e limitazioni vigenti per quest’ultimo.Pertanto, per l’individuazione in concreto di tali “divieti e limitazioni” alleassunzioni in capo alla società in house, il legislatore ha pertanto scelto dioperare un rinvio alle disposizioni, pro tempore vigenti, disciplinanti la mate-ria per l’ente locale di riferimento (nella specie, a quelli attualmente in vigo-re per gli enti locali con popolazione superiore ai 5.000 abitanti).In virtù di tale tecnica normativa, la società in house può acquisire perso-nale se ed in quanto il Comune partecipante non sia incorso in violazionisanzionate con il divieto di assunzioni (in particolare, avendo rispettato gliobblighi posti dall’art. 1 commi 557 e seguenti della LF n. 296/2006 tesialla riduzione progressiva della spesa e gli obiettivi posti dal patto di stabi-lità, sanzionati con il divieto di assunzione dall’art. 76 comma 4 del d.l. n.112/2008).Se inoltre, come pare emergere dal testo del quesito, il Comune ha altresì

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rispettato il tetto del 50% nel rapporto fra spesa per il personale e spesa cor-rente (consolidando anche i costi, della medesima natura, sostenuti dalla par-tecipata), l’art. 76 comma 7 del d.l. n. 112/2008 permette di procedere adassunzioni nel limite del 40% della spesa corrispondente alle cessazioni del-l’anno precedente.In questo caso analoga disciplina, in virtù del rinvio operato dall’art. 25 del d.l.n. 1/2012, è applicabile alla società in house che potrà procedere ad assunzio-ni nel limite del 40% del costo corrispondente alle cessazioni dell’anno prece-dente (fatte salve le più favorevoli eccezioni previste dalla restante parte delcomma se, in capo al Comune socio, ne ricorrono i presupposti).

Sulla scorta di quanto sinora esposto, è possibile desumere l’orientamentomanifestabile in ordine ai due quesiti specifici posti dal Sindaco diCasalmaggiore.Nel primo chiede se, fermo restando il rispetto del limite dell’incidenza perla spesa di personale, inferiore al 50% della spesa corrente, sia in capo all’en-te locale, sia in capo alla società partecipata, il Comune possa trasferire aquest’ultima la propria capacità assunzionale a tempo indeterminato, matura-ta ai sensi del citato art. 76 comma 7 del DL 112/2008. A tal fine va ribadito, in primo luogo, che solo il Comune ha l’obbligo dirispettare il limite posto al rapporto fra spesa per il personale e spesa corren-te, pur dovendo conteggiare a tal fine anche il costo per il personale a caricodella società partecipata. Mentre quest’ultima ben potrebbe avere una diffe-rente struttura dei costi (si rinvia, per approfondimenti, al parere dellaSezione n. 7/2012).Ove invece il predetto rapporto sia rispettato, sia il Comune che la societàpartecipata possono procedere ad assunzioni nel limite del 40% della spesacorrispondente alle cessazioni dell’anno precedente. Tuttavia, trattandosi dilimitazioni poste, in maniera distinta, in capo ai due diversi enti, in posses-so di distinta personalità giuridica e autonoma dotazione organica, ilComune non può trasferire una quota o tutta la propria capacità assunzio-nale alla società.Nel secondo chiede se, fermi restando i presupposti sopra evidenziati, ilComune possa sommare alle proprie cessazioni quelle della società parteci-pata. Anche in questo caso la risposta, alla luce dell’attuale dettato normati-vo, deve essere negativa. Come più volte esposto, l’art. 76 comma 7 del d.l. n. 112/2008 disciplina ilimiti alle assunzioni dei Comuni (che possono procedervi nei limiti delrisparmio derivante da proprie cessazioni), mentre l’art. 25 del d.l. 1/2012disciplina gli stessi limiti in capo alla società in house mediante un rinviodinamico alle norme imposte agli enti locali partecipanti (allo stato attuale,l’art. 76 comma 7 del DL n. 112/2008). Le società, pertanto, in quantoaventi autonoma personalità giuridica e distinta struttura organizzativa,devono conteggiare autonomamente il risparmio derivante dalle cessazioni

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dell’anno precedente, senza che quest’ultimo possa tornare a beneficio delComune partecipante.Quanto sopra esposto appare coerente con i chiarimenti forniti dalle SezioniRiunite della Corte dei conti nelle delibere n. 3/CONTR/12 e n. 4/CONTR/12del 2 e 3 febbraio 2012, assunte in funzione nomofilattica ai sensi dell’art. 17comma 31 del decreto legge 1 luglio 2009 n. 78, convertito con modificazio-ni dalla legge 3 agosto 2009 n. 102.Nell’occasione, il supremo consesso consultivo, chiamato a pronunciarsisulla necessaria osservanza delle norme che impongono in capo agli entilocali limitazioni alla spesa complessiva per il personale (n. 3/2012) o alleassunzioni (n. 4/2012) anche in caso di comprovati risparmi complessividerivanti da processi di reinternalizzazione dei servizi in precedenza gestitida società partecipate, ha chiarito che, alla luce del vigente quadro normati-vo, gli obblighi esistenti in capo all’ente locale (in tema di tetti alla spesa peril personale e limitazioni alle assunzioni) vanno osservati anche nel caso incui, reinternalizzando il servizio, si produrrebbe un risparmio a livello diaggregato complessivo. Infatti, alla luce dei percorsi normativi, ancora non esattamente definiti, intema di consolidamento dei bilanci (e delle spese per il personale) di entelocale e società partecipata, di omogeneizzazione nelle limitazioni alle assun-zioni e relative procedure concorsuali, di assoggettamento al patto di stabili-tà interno anche delle società partecipate e di definizione di parametri di vir-tuosità per i bilanci degli enti, le Sezioni Riunite della Corte hanno ritenutopreferibile un’interpretazione rigida delle norme attualmente vigenti in mate-ria (pur dando atto della presenza di orientamenti differenti, quale quelloemergente nel parere della Sezione n. 1074/2010).In tale direzione l’art. 25 del d.l. n. 1/2012, convertito nella legge n. 27/2012,prosegue un processo di progressiva omogeneizzazione della disciplina intema di assunzioni, limiti di spesa, trattamento retributivo e procedure assun-zionali delle società in house alle regole vigenti per gli enti locali soci. Se, infatti, gli artt. 18 comma 2 bis del d.l. n. 112/2008 e 9 comma 29 del d.l.n. 78/2010 si rivolgono ad un aggregato sostanzialmente ristretto di societàpartecipate (quelle inserite dall’ISTAT nell’elenco degli enti che consolidanoil proprio bilancio nel conto economico delle amministrazioni pubbliche aisensi del’art. 1 comma 3 della legge n. 196/2009), l’art. 25 del d.l. n. 1/2012è indirizzato a tutta la platea delle società interamente partecipate e attributa-rie dirette della gestione di servizi pubblici locali o di servizi strumentali(come tali “in house” all’ente locale). In questo caso il possesso dell’intero capitale sociale e la (necessaria) presen-za del c.d. controllo analogo a quello che il Comune socio esercita sui propriuffici (con conseguente possibile determinazione della struttura organizzati-va, della dotazione organica e delle politiche assunzionali e retributive)potrebbero condurre ad un’interpretazione meno rigida in tema di computodelle quote assunzionali maturate in capo all’ente locale e alla società parte-

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cipata, con possibile individuazione di una “quota consolidata” in capo algruppo (fermo restando il divieto di superamento dei quozienti complessiviposti dalla legge).Tuttavia, dato il quadro normativo in divenire e considerata la parallela pre-senza di società “in house” partecipate da più enti locali (esercitanti sullamedesima il c.d. “controllo analogo congiunto”, cfr. per tutte Corte Giustizia13 novembre 2008, in causa C-324-07), potenzialmente assoggettati ognuno,in concreto, ad un differente regime di divieti e limitazioni alle assunzioni,appare preferibile l’interpretazione atomistica inizialmente illustrata tesa aconsiderare, in maniera autonoma, le quote di risparmio da cessazioni matu-rate in capo a Comune e società in house e le conseguenti assunzioni effet-tuabili (senza possibilità di cessione reciproca).

Per completare appaiono doverose due ulteriori precisazioni.In primo luogo, appare opportuno richiamare l’orientamento secondo il qualeente locale e società partecipata possono utilizzare negli anni successivi lequote di turn over non utilizzate negli anni precedenti. Il principio era statoaffermato dalle Sezioni Riunite della Corte nella delibera n. 52/2010 in rife-rimento agli enti non sottoposti al patto di stabilità interno (con popolazioneinferiore ai 5.000 abitanti) e ribadito, in generale, dalla Sezione nel parere n.167/2011. Recentemente è stato ripreso dalle Sezioni per la Puglia (n.2/2012) e per la Calabria (n. 22/2012). In secondo luogo, va osservato che esistono altri strumenti giuridici attraver-so i quali il Comune può eventualmente mettere a disposizione personale afavore della società in house. Può essere per esempio utilizzata la cessione del contratto, prevista dall’art.1406 del codice civile (circa effetti e natura giuridica della fattispecie nel-l’ambito del pubblico impiego, la cui disciplina, nel caso di passaggio fraamministrazioni, si rinviene negli artt. 29 bis e seguenti del d.lgs. n.165/2001, si rimanda a Cass. Sez. Un. n. 26420 del 12/12/2006) nei limiti incui, come previsto dall’art. 1 comma 47 della LF n. 311/2004, l’operazioneavvenga fra enti entrambi soggetti a medesime limitazioni alle assunzioni el’impatto finanziario sia complessivamente neutro (si rimanda alle precisa-zioni esplicitate nelle deliberazioni delle Sezioni Riunite n. 53/CONTR/2010e 59/CONTR/2010, nonché della Sezione Autonomie n. 21/2009). Quantoesposto anche alla luce dei generali obblighi presenti in materia di partecipa-zioni societarie degli enti locali, in particolare di razionalizzazione e rivisita-zione delle dotazioni organiche in conseguenza di processi di esternalizzazio-ne (si veda l’art. 3 comma 30 della LF n. 244/2007, per le cui implicazioni sirimanda alle deliberazioni della Sezione n. 270/2008, n. 1088/2009 e n.952/2010). Nel caso in cui, invece, l’esigenza di provvista del personale sia a tempodeterminato, il Comune può utilizzare gli istituti del comando o del distacco,come da disciplina normativa (art. 70 comma 3 d.lgs. 15/2001 e art. 19

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CCNL comparto Regioni e Autonomie locali del 22/01/2004) analizzata inprecedenti pareri (Sezione Lombardia n. 671/2010, Sezione Campania n.487/2011), avendo cura di rispettare i rigorosi presupposti di temporaneitàalla base dei due istituti, in modo da evitare surrettizi aumenti della dotazio-ne organica complessiva.P.Q.M.nelle considerazioni esposte è il parere della Sezione.

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CIRCOLARE 20 luglio 2012, n. 7 Presidenza del

Consiglio dei Ministri Dipartimento della Funzione

PubblicaAmbito di applicazione delle disposizioni introdotte dall’articolo 7, decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 in G.U. del 5 settembre 2012 n. 207

A tutte le Pubbliche amministrazioni Sede

1. Inquadramento.Sono pervenuti a questa Amministrazione numerosi quesiti in ordine all’am-bito di applicazione dell’art. 7, decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 il quale,ai commi 1 e 2, dispone che per i documenti di identità e di riconoscimento,rilasciati o rinnovati dopo la sua entrata in vigore, la nuova scadenza cadealla data corrispondente al giorno e al mese di nascita del titolare, immedia-tamente successiva alla scadenza che sarebbe altrimenti prevista per il docu-mento medesimo.La disposizione, che non prevede alcuna deroga, si applica dunque a tutti idocumenti di identità e di riconoscimento.È bene precisare che il citato art. 7, decreto-legge n. 5 del 2012 non derogaall’arco temporale di naturale scadenza del documento di riconoscimento odi identità (e dei documenti a questi equiparati) se non in occasione del primorilascio o rinnovo, in relazione al quale all’ordinario termine di scadenza siaggiungono i giorni che residuano alla data di compleanno del titolare deldocumento.Ove poi il titolare della carta di identità ne chieda il rinnovo (ulteriore alprimo) dopo la data di scadenza coincidente con il giorno del compleanno, lanuova scadenza coinciderà sempre con la data del compleanno, ma sottraen-do al periodo naturale di scadenza i giorni che sono stati fatti inutilmente tra-scorrere prima di chiedere il rinnovo. Per semplificare: se la patente di guidascade il 20 ottobre 2012 (data del compleanno del suo titolare) ed il rinnovoè chiesto il 15 novembre, la nuova scadenza cadrà il 20 ottobre 2022 e non il20 ottobre 2023.È utile altresì evidenziare che le novità introdotte dall’art. 7, decreto-legge n.5 del 2012 si applicano solo in sede di primo rilascio o rinnovo del documen-to, con la conseguenza che il periodo di validità del documento, iniziato adecorrere prima del 10 febbraio 2012 (data di entrata in vigore del decreto-legge), cessa alla data di naturale scadenza e non a quella del compleanno deltitolare.Dai chiarimenti forniti emerge che le disposizioni di legge che prevedono ilperiodo di validità del documento di riconoscimento o di identità (e dei docu-menti a questi equiparati) devono intendersi integrate, e non tacitamenteabrogate, dal comma 1 dell’art. 7, decreto-legge n. 5 perchè quest’ultimo nonsi pone in contrasto con le singole disposizioni ma integra il loro contenuto

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con esclusivo riferimento al primo rilascio o rinnovo successivo alla datadella sua entrata in vigore.Le disposizioni introdotte dal comma 1 dell’art. 7, decreto-legge n. 5 del2012 si applicano anche alle tessere di riconoscimento rilasciate dalle ammi-nistrazioni dello Stato ai sensi del d.P.R. 28 luglio 1967, n. 851, atteso che ilcomma 3 dello stesso art. 7 si è limitato a modificare la durata di validitàdelle stesse, portandola da cinque a dieci anni, ferma restando la disciplinadella scadenza prevista dal comma 1.

2. Patenti di guida.Come è stato chiarito nel paragrafo 1, la novella introdotta dai commi 1 e 2dell’art. 7, decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 ha portata generale e si appli-ca dunque anche alle patenti di guida.La disposizione introdotta dall’art. 7, decreto-legge n. 5 del 2012 non contra-sta con la disciplina comunitaria, dettata dalla Direttiva 2006/126/CE delParlamento e del Consiglio del 20 dicembre 2006, che consente agli Statimembri di rilasciare le patenti di guida (categoria AM, A1, A, B1, B e BE)con una validità amministrativa fino a 15 armi (art. 7, n. 2, lett. a).Quanto alle informazioni da apporre sulla patente in ordine al periodo di vali-dità, la direttiva fa esplicito riferimento soltanto alla data di rilascio e alladata di scadenza (All. I, n. 3, par. d). In particolare, nel campo 4a della paten-te deve essere indicata la data di rilascio, mentre nel campo 4b deve essereapposta la “data di scadenza della patente o un trattino se la validita e illimi-tata in base al disposto dell’articolo 7, paragrafo 2, lettera c)”. Ne deriva, per-tanto, che il legislatore comunitario non impone alcuna corrispondenza tra ilgiorno e il mese indicati nel riquadro relativo alla data di rilascio e quelliindicati nel riquadro relativo alla data di scadenza.La coincidenza della data di scadenza della patente con quella di nascita deltitolare non si pone dunque in contrasto con l’ordinamento comunitario, atte-so che la direttiva fissa unicamente il limite massimo del periodo di validitàamministrativa delle patenti, senza imporre una coincidenza tra la data dirilascio e quella di scadenza. Peraltro, anche nelle patenti rilasciate o rinno-vate ante art. 7, d.l. n. 5 del 2012 non sempre la data di rilascio coincide,quanto a giorno e mese, a quella della scadenza.Neppure si potrebbe ritenere che l’art. 7, decreto-legge n. 5 del 2012 non siapplica alle patenti, essendo il Codice della strada normativa speciale chederoga a quella generale.Ed invero, non sussiste un problema di rapporto tra norma generale e normaspeciale atteso che, come è stato chiarito, l’art. 7, d.l. n. 5 del 2012 non dero-ga ai principi generali dettati in ordine alla scadenza dei documenti di iden-tità e, dunque, alle regole previste dal Codice per la strada della patente. Èinfatti solo in occasione del primo rilascio o del primo rinnovo che la scaden-za è prorogata sino alla data del compleanno.Peraltro, in ragione delle peculiarità sottese ad alcune patenti di guida, la

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disposizione introdotta dall’art. 7, decreto-legge n. 5 del 2012 non si applicaalle patenti rilasciate per le categorie superiori C e D e a quelle la cui durataè fissata in misura ridotta, rispetto alla durata ordinaria, dalla Commissionemedica legale. Naturalmente l’art. 7, decreto-legge n. 5 del 2012 non si appli-ca neanche alla cd. Carta di qualificazione del conducente (CQC), di cui alladirettiva 2003/59/CE recepita dal d.lgs. 21 novembre 2005, n. 286, non aven-do questa natura di documento di identità. Si tratta, infatti, di un certificatodi qualificazione professionale necessario alla conduzione di veicoli nellosvolgimento di attività di carattere professionale legata all’autotrasporto.In conclusione, la novella introdotta dall’art. 7, decreto-legge n. 5 del 2012 siapplica alle patenti di categoria AM, A1, A, B1, B e BE che hanno una dura-ta ordinaria; non si applica alle patenti di categorie C e D e a quelle di dura-ta limitata a seguito di giudizio reso dalla Commissione medica legale.

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IN NOME DEL POPOLO ITALIANOLA CORTE COSTITUZIONALE

ha pronunciato la seguente SENTENZA N. 179 ANNO 2012

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’articolo 49, commi 3, 4, 4-qua-ter, e 4- quinquies del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgentiin materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), con-vertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, promossi dalleRegioni Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, Toscana, Liguria, Emilia-Romagna ePuglia, notificati il 24-27 e il 28 settembre 2010, depositati in cancelleria il28 e il 30 settembre, il 6 e il 7 ottobre 2010 e rispettivamente iscritti ai nn.96, 97, 102, 106 e 107 del registro ricorsi 2010.Visti gli atti di costituzione di Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell’udienza pubblica dell’8 maggio 2012 il Giudice relatore GiuseppeTesauro;uditi gli avvocati Ulisse Corea per la Regione autonoma Valle d’Aosta/Valléed’Aoste, Giandomenico Falcon per le Regioni Liguria ed Emilia-Romagna,Stefano Grassi per la Regione Puglia, Marcello Cecchetti per la RegioneToscana e l’avvocato dello Stato Antonio Tallarida per il Presidente delConsiglio dei ministri..Ritenuto in fatto1.— Con ricorso (reg. ric. n. 96 del 2010), depositato il 28 settembre 2010,la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ha promosso questione dilegittimità costituzionale in via principale, fra l’altro, dell’articolo 49, commi4-quater e 4-quinquies, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misureurgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economi-ca), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in rife-rimento all’art. 117, quarto e sesto comma, della Costituzione, in combinatodisposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), nonché in rife-rimento agli articoli 2, primo comma, lettere g), p) e q), e 3, primo comma,lettera a), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto specialeper la Valle d’Aosta) ed alle relative norme di attuazione, nonché, in subor-dine, al principio di leale collaborazione.1.1.— In particolare, la ricorrente sostiene che i commi 4-quater e 4-quin-quies dell’art. 49 del citato d.l. n. 78 del 2010, nella parte in cui demandanoa regolamenti governativi di delegificazione il compito di dettare una disci-plina volta alla semplificazione e riduzione degli adempimenti amministrati-vi gravanti sulle piccole e medie imprese, al fine di promuovere lo sviluppodel sistema produttivo e la competitività delle imprese, inciderebbero anchesu materie spettanti alla competenza legislativa della Regione medesima. Le

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richiamate disposizioni, infatti, toccherebbero sia settori (industria, commer-cio) riconducibili alla competenza regionale residuale di cui all’art. 117,quarto comma, Cost., attribuibile alla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste in virtù dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, in relazio-ne ai quali la potestà regolamentare non spetta allo Stato, sia settori (artigia-nato, industria alberghiera, turismo e tutela del paesaggio; urbanistica, pianiregolatori per zone di particolare importanza turistica) spettanti alla compe-tenza piena o alla competenza integrativo-attuativa della Regione autonomaValle d’Aosta/Vallée d’Aoste ai sensi dell’art. 2, primo comma, lettere g), p)e q) dell’art. 3, primo comma, dello statuto speciale.

In sintesi, la ricorrente ritiene che la disciplina introdotta dall’art. 49, commi4-quater e 4-quinquies, non possa ascriversi, nella sua totalità, ad una com-petenza esclusiva dello Stato, insistendo, in modo prevalente, su ambiti dilegislazione regionale. Pertanto, il rinvio ad un regolamento governativo perla disciplina degli adempimenti amministrativi cui sono tenute le piccole emedie imprese si porrebbe in immediato contrasto con l’art. 117, sestocomma, Cost., in base al quale la potestà regolamentare spetta allo Stato sol-tanto nelle materie di legislazione esclusiva, fatta salva la possibilità di dele-ga alla Regione.

In subordine, la Regione sostiene che, qualora si volesse rintracciare il fon-damento dell’intervento del legislatore statale nella necessità di soddisfareesigenze unitarie che devono essere sottoposte ad una regolamentazione uni-forme, vi sarebbe comunque una violazione del principio di leale collabora-zione di cui agli artt. 5 e 120 Cost. giacché le disposizioni censurate non pre-vedono alcun meccanismo di raccordo e di concertazione con il sistema delleautonomie territoriali e segnatamente con la Regione autonoma Valled’Aosta. La previsione statale relativa al citato istituto della delegificazione,in grado di determinare l’abrogazione delle norme regolatrici della materiaadottate dalla Regione autonoma Valle d’Aosta nell’esercizio delle propriecompetenze normative, costituzionalmente garantite nel settore dello svilup-po economico e competitività delle piccole e medie imprese in assenza dimeccanismi di concertazione e raccordo, sarebbe del tutto sproporzionatarispetto alla finalità perseguita per violazione del principio di leale collabo-razione e quindi costituzionalmente illegittima.

2.— Con ricorso (reg. ric. n. 106 del 2010), depositato il 6 ottobre 2010,anche la Regione Emilia-Romagna ha promosso questione di legittimitàcostituzionale in via principale dell’art. 49, comma 4-quater, del citato d.l. n.78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, inrelazione all’art. 117, commi terzo, quarto e sesto, Cost. ed al principio dileale collaborazione.

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In particolare, la Regione sostiene che la disposizione impugnata, nella partein cui reca una disciplina volta alla semplificazione e riduzione degli adem-pimenti amministrativi gravanti sulle piccole e medie imprese, al fine di pro-muovere lo sviluppo del sistema produttivo e la competitività delle imprese,prevedendo il ricorso allo strumento della delegificazione, sia costituzional-mente illegittima in quanto consentirebbe allo Stato di intervenire, con atti dinatura regolamentare, a disciplinare materie di competenza regionale.

3.— In entrambi i giudizi, si è costituito nel giudizio il Presidente delConsiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale delloStato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile, in quanto tardi-vo, e comunque sia respinto.L’Avvocatura generale dello Stato ritiene, infatti, che l’art. 49, comma 4-qua-ter, in quanto volto ad introdurre una significativa semplificazione del proce-dimento amministrativo riguardante le piccole e medie imprese, sia ispiratoalla tutela della concorrenza, e valga solo per le norme di competenza stata-le, stanti i richiami all’art. 20 e seguenti della legge n. 59 del 1997.

4.— Con ricorso (reg. ric. n. 97 del 2010), depositato il 30 settembre 2010,la Regione Toscana ha promosso questione di legittimità costituzionale in viaprincipale, fra l’altro, dell’art. 49, comma 3, del citato d.l. n. 78 del 2010,convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, che sostituisce icommi 3, 3-bis, 3-ter e 3-quater dell’art. 14-quater della legge 7 agosto1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e didiritto di accesso ai documenti amministrativi), in riferimento all’art. 117,terzo e quarto comma, Cost., anche sotto il profilo della violazione del prin-cipio di leale collaborazione, ed in riferimento all’art. 120 Cost.

4.1.— La Regione premette che il nuovo comma 3 dell’art. 14-quater dellalegge n. 241 del 1990 disciplina il superamento del dissenso espresso daamministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale,del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica inco-lumità in sede di Conferenza di servizi, prevedendo che, a fronte di tale dis-senso, «la questione, in attuazione e nel rispetto del principio di leale colla-borazione e dell’articolo 120 della Costituzione, è rimessa dall’amministra-zione procedente alla deliberazione del Consiglio dei ministri, che si pronun-cia entro sessanta giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni e leProvince autonome interessate, in caso di dissenso tra un’amministrazionestatale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, ovvero previaintesa con la Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso traun’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali.Se l’intesa non è raggiunta nei successivi trenta giorni, la deliberazione delConsiglio dei Ministri può essere comunque adottata. Se il motivato dissen-so è espresso da una Regione o da una Provincia autonoma in una delle mate-

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rie di propria competenza, il Consiglio dei Ministri delibera in esercizio delproprio potere sostitutivo con la partecipazione dei Presidenti delle Regionio delle Province autonome interessate».Tale previsione inciderebbe su molteplici competenze regionali, quali ilgoverno del territorio, la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, latutela della salute, il turismo ed il commercio. Proprio in tali casi, quandocioè vi sia una forte interferenza fra competenze e funzioni statali e regiona-li, osserva la ricorrente, occorre raggiungere un’intesa che, alla stregua dellagiurisprudenza costituzionale formatasi con riguardo alla “chiamata in sussi-diarietà” deve avere natura “forte”, nel senso che il suo mancato raggiungi-mento impedisce la decisione finale.Ad avviso della ricorrente, invece, il nuovo terzo comma dell’art. 14-quaterdella legge n. 241 del 1990, a modifica della disciplina previgente che detta-va procedimenti complessi di superamento del dissenso fra amministrazionidiverse in sede di Conferenza, a tutela dei livelli di competenza delle Regionie degli enti locali coinvolti, sostanzialmente porrebbe la Regione in una posi-zione di subordinazione rispetto a quella statale, consentendo la determina-zione unilaterale governativa in caso di mancato raggiungimento dell’intesanel termine di trenta giorni dalla rimessione della questione al Consiglio deiministri, in violazione degli artt. 117 e 118 Cost., nonché del principio dileale collaborazione.Le disposizioni censurate sarebbero inoltre costituzionalmente illegittimeanche sotto un altro profilo. Esse, infatti, equiparando il caso di contrasto fraun’amministrazione statale ed un’amministrazione locale a quello del contra-sto fra amministrazioni locali ed amministrazione regionale, senza che siapossibile comprendere, nel secondo caso, quali esigenze di esercizio unitariopossano giustificare la remissione della decisione al Consiglio dei ministri,esproprierebbero la Regione di proprie competenze, in assenza di qualsiasielemento utile a predeterminare l’ambito di operatività di una simile avoca-zione di compiti allo Stato, nonché a giustificare la stessa necessità di taleavocazione decisionale.Sarebbe, inoltre, violato anche l’art. 120 Cost., posto che il nuovo terzocomma dell’art. 14-quater della legge n. 241 del 1990 disciplinerebbeun’ipotesi di potere sostitutivo straordinario al di fuori dei limiti indicati dallacitata norma costituzionale, per la quale è necessario il previo verificarsi diun inadempimento dell’ente sostituito rispetto ad un’attività ad esso impostacome obbligatoria. Tale, infatti, non potrebbe essere considerato il raggiungi-mento dell’intesa prevista per l’esercizio di una funzione amministrativa daparte dello Stato a seguito di “chiamata in sussidiarietà”, come riconosciutodalla Corte costituzionale anche nella recente sentenza n. 278 del 2010.

5.— Con ricorso (reg. ric. n. 102 del 2010), depositato il 6 ottobre 2010,anche la Regione Liguria ha promosso questione di legittimità costituziona-le in via principale dell’art. 49, comma 3, lettera b), nonché comma 4, del d.l.

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n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010.L’art. 49, comma 3, è censurato nella parte in cui, modificando l’art.14-qua-ter della legge n. 241 del 1990, nel caso di dissenso espresso, in sede di con-ferenza di servizi, dalla Regione in materie di propria spettanza, attribuiscela competenza decisionale al Consiglio dei ministri, determinando una pale-se violazione dell’autonomia amministrativa regionale e dunque dell’art. 118Cost. Anche il richiamo all’art. 120 Cost. sarebbe inidoneo a giustificare lacompetenza del Consiglio dei ministri, data la palese mancanza dei presup-posti ivi prescritti per l’esercizio del potere sostitutivo. In ogni caso, poi,difetterebbe sia il carattere obbligatorio dell’atto omesso, sia la previsionedella necessaria intesa forte, con conseguente violazione degli artt. 117 e 118Cost e del principio di leale collaborazione. Né la mancata previsione dellasuddetta intesa “forte” potrebbe – secondo la Regione Liguria – essere inalcun modo surrogata dalla partecipazione dei Presidenti delle Regioni odelle Province autonome interessate alla seduta del Consiglio dei ministri cheesercita il potere sostitutivo, posto che una simile partecipazione si limita aportare nel Consiglio la voce della Regione, senza tradursi in un potere di“codeliberazione”.La predetta norma è, infine, censurata anche in “combinato disposto” conl’art. 49, comma 4, del medesimo d.l. n. 78 del 2010, nella parte in cui que-st’ultimo, novellando l’art. 29 della legge n. 241 del 1990, attribuisce alledisposizioni della stessa legge n. 241 concernenti la conferenza di servizi ilcarattere di norme attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art.117, secondo comma, lettera m), Cost., con l’evidente scopo di renderle vin-colanti nei confronti delle Regioni. La Regione Liguria contesta che la disci-plina della conferenza di servizi attenga effettivamente ai livelli essenzialidelle prestazioni: con le richiamate disposizioni non si stabilirebbe alcunostandard qualitativo o quantitativo di prestazioni determinate, attinenti a que-sto o a quel diritto civile o sociale garantito dalla stessa Costituzione, ma siregolerebbe lo svolgimento dell’attività amministrativa, in settori vastissimied indeterminati, alcuni di competenza regionale, quali il governo del territo-rio, la tutela della salute, l’ordinamento degli uffici regionali, l’artigianato, ilturismo, il commercio.

6.— Il citato art. 49, comma 3, lettera b), è stato, infine, impugnato dallaRegione Puglia, con ricorso (reg. ric. n. 107 del 2010), depositato il 7 ottobre2010, in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, 118, primo e secon-do comma, e 120, secondo comma, Cost.In particolare, la Regione sostiene che la norma impugnata, che pone unanuova regolamentazione in materia di conferenza di servizi, sostituendo inte-gralmente i commi 3, 3-bis, 3-ter e 3-quater dell’art. 14-quater della legge n.241 del 1990, violerebbe il primo comma dell’art. 118 Cost., in quanto avoche-rebbe a livello statale un fascio di competenze amministrative senza che ciò siain alcun modo giustificato dal principio di sussidiarietà, non sussistendo quel-

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le esigenze di esercizio unitario che sole, ai sensi dell’art. 118 Cost., potrebbe-ro giustificare una simile avocazione. La predetta violazione sarebbe resa pale-se dal generale ambito di applicazione della normativa denunciata, la qualeopera la richiamata avocazione allo Stato delle funzioni amministrative, pre-scindendo dalle situazioni che caratterizzano ciascuna di esse e dunque dallaconcreta ed effettiva sussistenza delle esigenze di esercizio unitario.L’art. 118, primo comma, Cost. sarebbe poi violato anche sotto un ulterioreprofilo.La norma impugnata, nella parte in cui attribuisce la decisione circa il prov-vedimento da adottare al Consiglio dei ministri all’esito dell’infruttuoso svol-gimento della conferenza di servizi, delineerebbe un’ipotesi di esercizio dipotere sostitutivo ordinario che non soddisfa i requisiti elaborati dalla giuri-sprudenza costituzionale sul punto. Essa, infatti, stabilisce che la decisionedel Consiglio dei ministri è destinata ad intervenire non già per riparare aduna inerzia dell’ente (regionale o locale) titolare della funzione, ma per sosti-tuire alla valutazione (negativa) di quest’ultimo (diniego espresso in sede diconferenza di servizi), una diversa valutazione operata dallo Stato.L’art. 49, comma 3, lettera b), si porrebbe altresì in contrasto con l’art. 120,secondo comma, Cost.Detta norma, infatti, nel consentire al Governo di sostituirsi agli altri enti ter-ritoriali nell’eventualità che uno di essi non presti il proprio assenso nell’am-bito della conferenza di servizi, contrasterebbe con quanto prescritto dall’art.120, secondo comma, Cost., il quale prevede che nel caso concreto debba esi-stere il rischio della lesione di uno degli interessi dal medesimo tutelati perpoter procedere alla surrogazione; rischio che non può essere meramente pre-sunto in astratto, ma deve risultare accertato e motivato in relazione al casoconcreto. L’esercizio del potere sostitutivo sarebbe, peraltro, autorizzato nongià in presenza di un’inerzia alla quale far fronte, ma in presenza di un com-portamento amministrativo commissivo, estrinsecatesi nel diniego di consen-so in sede di conferenza.La Regione deduce, inoltre, l’illegittimità costituzionale della suddetta normaanche in relazione all’art. 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto dettanorma avrebbe un ambito di applicazione generalizzato e coinvolgerebbe,quindi, anche procedimenti destinati ad esplicarsi in ambiti materiali di com-petenza regionale concorrente o residuale.Essa, inoltre, si porrebbe in contrasto con il secondo comma dell’art. 118Cost. in quanto, realizzando un’allocazione di funzioni amministrative inmodo generalizzato ed indifferenziato, prescindendo dalla materia in cui talifunzioni sono destinate a svolgersi, inciderebbe anche su procedimentiamministrativi che ricadono in ambiti di competenza regionale concorrente oresiduale.

7.— In tutti e tre i predetti giudizi (reg. ric. nn. 97, 102 e 107 del 2010) si ècostituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso

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dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia riget-tato.In via preliminare, il resistente eccepisce la tardività del ricorso propostoavverso le norme del d.l. n. 78 del 2010 non modificate in sede di conversio-ne e, quindi, in ipotesi, immediatamente lesive.Nel merito, l’Avvocatura generale dello Stato ritiene che l’art. 49, comma 3,nella parte in cui modifica la disciplina del procedimento amministrativodella conferenza di servizi, essendo norma volta ad attuare una semplifica-zione procedurale, sfugga ad ogni censura di illegittimità costituzionale,anche nella parte in cui regola l’intervento sostitutivo del Consiglio dei mini-stri, a seguito dell’infruttuoso esperimento della conferenza. Nella specie sisarebbe, infatti, in presenza di una situazione inerente ai livelli essenzialidelle prestazioni civili, avendo il cittadino diritto ad ottenere una determina-zione finale altrimenti paralizzata dal dissenso opposto da una amministra-zione preposta alla tutela ambientale, culturale o sanitaria.

8.— Nell’imminenza dell’udienza pubblica, le parti hanno depositato memo-rie con le quali hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni svoltenelle difese scritte.In particolare, la Regione Liguria, con riferimento all’art. 49, comma 3, let-tera b), del d.l. n. 78 del 2010, ribadisce le censure già proposte, rilevandoche esso è stato oggetto di una modifica puramente formale ad opera dell’art.5, comma 2, lettera b), numero 1), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70(Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito,con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, che ne conferma lalesività.

9.— Anche all’udienza pubblica la parti hanno insistito per l’accoglimentodelle conclusioni svolte nelle difese scritte..Considerato in diritto1.— La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (reg. ric. n. 96 del2010), la Regione Toscana (reg. ric. n. 97 del 2010), la Regione Liguria (reg.ric. n. 102 del 2010), la Regione Emilia-Romagna (reg. ric. n. 106 del 2010)e la Regione Puglia (reg. ric. n. 107 del 2010) hanno promosso questioni dilegittimità costituzionale di numerose disposizioni del decreto-legge 31 mag-gio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e dicompetitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30luglio 2010, n. 122. In particolare, le Regioni Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste ed Emilia-Romagnahanno impugnato i commi 4-quater e 4-quinquies dell’articolo 49 del d.l. n.78 del 2010, le Regioni Toscana, Liguria e Puglia hanno impugnato il comma3, in specie lettera b), del citato art. 49, mentre la sola Regione Liguria haimpugnato anche il comma 4 del medesimo art. 49.

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Riservata a separate pronunce la decisione sull’impugnazione delle altredisposizioni contenute nel suddetto decreto-legge n. 78 del 2010, debbonoessere qui esaminate le questioni di legittimità costituzionale aventi ad ogget-to l’art. 49, commi 3, lettera b), 4, 4-quater, e 4-quinquies, del d.l. n. 78 del2010, in riferimento all’articolo 117, terzo, quarto e sesto comma, dellaCostituzione, in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda dellaCostituzione), nonché in riferimento agli articoli 2, primo comma, lettere g),p) e q), e 3, primo comma, lettera a), della legge costituzionale 26 febbraio1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta) ed alle relative norme diattuazione, nonché, in subordine, al principio di leale collaborazione.

2.— In considerazione della parziale identità delle norme impugnate e dellecensure proposte con i suddetti ricorsi, i giudizi, come sopra delimitati, devo-no essere riuniti per essere trattati congiuntamente e decisi con un’unica pro-nuncia.

3.— La difesa del Presidente del Consiglio dei ministri ha eccepito in via pre-liminare la tardività di tutti i ricorsi, in quanto proposti avverso disposizionidella legge di conversione già contenute, nell’identico testo, nel decreto-legge n. 78 del 2010 e non impugnate tempestivamente. L’eccezione va rigettata. Come ripetutamente affermato da questa Corte, «la Regione, qualora si riten-ga lesa nelle proprie competenze costituzionali da un decreto-legge, puòimpugnarlo nei termini previsti dall’art. 127 Cost. (con il rischio, però, chel’iniziativa di investire la Corte resti vanificata dall’eventualità di una man-cata conversione) oppure riservarsi di impugnare la sola legge di conversio-ne, che rende permanente e definitiva la normativa dettata con il decreto-legge. La conversione in legge, infatti, ha l’effetto di reiterare, con la nova-zione della fonte, la lesione da cui deriva l’interesse a ricorrere dellaRegione» (sentenze n. 151 e n. 148 del 2012, n. 232 del 2011 e n. 430 del2007). Deve, pertanto, riconoscersi la tempestività delle impugnazioni, pur se rela-tive a disposizioni del d.l. n. 78 del 2010 non modificate in sede di conver-sione (sentenza n. 148 del 2012).

4.— Nel merito, la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (reg. ric.n. 96 del 2010) e la Regione Emilia-Romagna (reg. ric. n. 106 del 2010)hanno promosso questione di legittimità costituzionale dell’art. 49, commi 4-quater e 4-quinquies, del d.l. n. 78 del 2010, nella parte in cui demanda aregolamenti governativi di delegificazione il compito di dettare una discipli-na volta alla semplificazione e riduzione degli adempimenti amministrativigravanti sulle piccole e medie imprese, al fine di promuovere lo sviluppo delsistema produttivo e la competitività delle imprese.

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Così disponendo, detta norma violerebbe anzitutto l’art. 117, commi terzo,quarto e sesto, Cost. in quanto inciderebbe in ambiti materiali (industria,commercio) riconducibili alla competenza regionale residuale o concorrente,che è attribuibile anche alla Regione autonoma Valle d’Aosta in virtù dell’art.10 della legge cost. n. 3 del 2001, consentendo allo Stato di intervenire su diessi con atti di natura regolamentare. La Regione autonoma Valle d’Aostalamenta anche la violazione dell’art. 2, primo comma, lettere g), p) e q), edell’art. 3, primo comma, lettera a), dello statuto speciale per la Valle d’Aostain quanto la norma impugnata inciderebbe in ambiti materiali (artigianato,industria alberghiera, turismo e tutela del paesaggio; urbanistica, piani rego-latori per zone di particolare importanza turistica) che lo statuto assegna allacompetenza primaria ovvero attuativa-integrativa di leggi della Regioneautonoma Valle d’Aosta. In subordine la Regione autonoma Valle d’Aosta ritiene che, anche a volersostenere che l’intervento del legislatore statale trovi fondamento nellanecessità di soddisfare esigenze unitarie, esso sarebbe comunque illegittimoper violazione del principio di leale collaborazione, giacché le disposizionicensurate non prevedono alcun meccanismo di raccordo e di concertazionecon il sistema delle autonomie territoriali.

4.1.— La questione non è fondata nei termini di seguito precisati.Le disposizioni impugnate demandano al Governo il compito di individuare,tramite regolamenti di delegificazione, i soli casi nei quali l’attività delle pre-dette imprese debba restare assoggettata agli adempimenti amministrativi,nel rispetto di criteri, stabiliti dalle medesime, in termini assolutamente gene-rali (fra i principi e criteri direttivi contenuti in esse vi è, ad esempio, quellodi eliminare le autorizzazioni, licenze, permessi ovvero dichiarazioni, attesta-zioni, certificazioni, comunque denominati, nonché gli adempimenti ammi-nistrativi e le procedure “non necessarie” ovvero non proporzionate «in rela-zione alla dimensione dell’impresa e al settore di attività, nonché alle esigen-ze di tutela degli interessi pubblici coinvolti»: così le lettere a e b del comma4-quater dell’art. 49 del d.l. n. 78 n. 2010, come convertito dalla legge n. 122del 2010), con la conseguente abrogazione di tutte le disposizioni che preve-dano ulteriori adempimenti. Dette disposizioni si inseriscono, in maniera evidente, nel novero di quegliinterventi legislativi volti a realizzare la semplificazione amministrativa, lecui basi normative originarie si rintracciano nella legge 7 agosto 1990, n. 241(Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto diaccesso ai documenti amministrativi), (oggetto delle modifiche introdottedall’impugnato art. 49) e nell’art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59(Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni edenti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplifi-cazione amministrativa) e successive modificazioni, sulla cui scia si colloca-no gli interventi normativi successivi.

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In particolare, proprio con riguardo agli adempimenti amministrativi gravan-ti sulle piccole e medie imprese, il legislatore statale, con la legge di sempli-ficazione 28 novembre 2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto normativoper l’anno 2005), da un lato, aveva delegato al Governo il riassetto delledisposizioni di legislazione statale esclusiva vigenti in tema di oneri burocra-tici a carico delle imprese nelle materie di competenza statale; dall’altro,aveva previsto la possibilità di intese e accordi tra Stato e Regioni al finedella semplificazione dei predetti oneri burocratici a carico delle impresenelle materie di competenza regionale. Sulla base di tale previsione, in data29 marzo 2007 veniva peraltro raggiunto in sede di Conferenza Stato-Regioni un accordo tra Stato e autonomie territoriali proprio sulla semplifi-cazione e la qualità della regolazione, pur ribadendosi che non si sarebbepotuto incidere in alcun modo sull’autonomia dei Consigli regionali.Nella medesima direzione, l’art. 19 della legge 11 novembre 2011, n. 180(Norme per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle imprese) ha stabi-lito che «Le regioni promuovono la stipula di accordi e di intese in sede diConferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provinceautonome di Trento e di Bolzano, al fine di favorire il coordinamento del-l’esercizio delle competenze normative in materia di adempimenti ammini-strativi delle imprese, nonché il conseguimento di ulteriori livelli minimi diliberalizzazione degli adempimenti connessi allo svolgimento dell’attivitàd’impresa sul territorio nazionale, previe individuazione delle migliori prati-che e verifica dei risultati delle iniziative sperimentali adottate dalle regionie dagli enti locali». Dalle richiamate disposizioni emerge con chiarezza che il legislatore statale,pur perseguendo l’obiettivo della semplificazione amministrativa, ha dovutotener conto dell’impossibilità di trattare in maniera unitaria una categoria ete-rogenea quale quella delle semplificazioni amministrative incidenti generica-mente sulle imprese, operanti nei settori più disparati, molti dei quali di com-petenza regionale. A tal proposito, questa Corte ha già osservato che «non è (…) configurabileuna materia “impresa”, disgiunta dai settori (riconducibili, tra l’altro, esem-plificativamente, all’agricoltura, al commercio, al turismo, all’industria) neiquali le imprese operano» (sentenza n. 63 del 2008), di talché, così come nonsi può ritenere che esista una ipotetica materia “impresa”, non espressamen-te prevista e quindi di competenza residuale delle Regioni (sentenza n. 63 del2008), neppure é possibile ravvisare un titolo di competenza statale esclusi-va a cui ricondurre una simile disciplina. La pretesa incidenza sulla concor-renza della prevista riduzione degli adempimenti amministrativi gravantisulle imprese, costituisce, infatti, un effetto puramente indiretto o riflesso ecomunque eventuale di simili misure legislative. Né la riconduzione dellestesse alla competenza statale in materia di tutela della concorrenza puòdesumersi dal riferimento a generiche finalità di promozione dello sviluppodel sistema produttivo e della competitività delle imprese che pure vengano

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espressamente evocate – come nel caso di specie – dalle norme statali. Infatti,al di là della non necessaria coincidenza delle predette finalità con quelladella tutela della concorrenza, questa Corte ha ripetutamente affermato che«ai fini del giudizio di legittimità costituzionale, la qualificazione legislativanon vale ad attribuire alle norme una natura diversa da quella ad esse propria,quale risulta dalla loro oggettiva sostanza» (sentenze n. 207 del 2010, n. 447del 2006 e n. 482 del 1995), che si desume dall’oggetto e dalla disciplinadelle medesime, dalla ratio perseguita, tralasciando gli aspetti marginali e glieffetti riflessi (sentenze n. 430, n. 169 e n. 165 del 2007). In questa cornice si inserisce l’impugnato art. 49, commi 4-quater e 4-quin-quies, del d.l. n. 78 del 2010. Le citate disposizioni, nella parte in cui stabiliscono, testualmente, che «ilGoverno è autorizzato ad adottare uno o più regolamenti ai sensi dell’artico-lo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, (...) volti a semplificaree ridurre gli adempimenti amministrativi gravanti sulle piccole e medieimprese (…)», precisano che ciò deve avvenire «nel rispetto di quanto previ-sto dagli articoli 20, 20-bis e 20-ter della legge 15 marzo 1997, n. 59, e suc-cessive modificazioni». In particolare il citato art. 20, nell’attribuire alGoverno il compito di adottare un disegno di legge per la semplificazione el’eventuale adozione anche di regolamenti, ai sensi dell’art. 17, commi 1 e 2,della legge n. 400 del 1988, precisa, al comma 2, che l’adozione dei predettiregolamenti può essere prevista solo «per le norme regolamentari di compe-tenza dello Stato». La medesima norma, al comma 3-bis introdotto con lalegge di semplificazione n. 246 del 2005, poi, nel demandare al Governo ilcompito di realizzare una «raccolta organica delle norme regolamentari rego-lanti la medesima materia», ha precisato che ciò può e deve fare «nelle mate-rie di competenza esclusiva dello Stato». Da tali richiami risulta, pertanto, evidente che anche l’art. 49, commi 4-qua-ter e 4-quinquies, del d.l. n. 78 del 2010 delimita la competenza del Governoall’adozione di regolamenti di semplificazione nelle sole materie di compe-tenza statale esclusiva, senza quindi determinare alcuna lesione delle compe-tenze regionali, in linea con quanto stabilito dal sesto comma dell’art. 117Cost. ed in armonia con il principio affermato da questa Corte secondo ilquale «alla fonte secondaria statale è inibita in radice la possibilità di vinco-lare l’esercizio della potestà legislativa regionale o di incidere su disposizio-ni regionali preesistenti (sentenza n. 22 del 2003); e neppure i principî di sus-sidiarietà e adeguatezza possono conferire ai regolamenti statali una capaci-tà che è estranea al loro valore, quella cioè di modificare gli ordinamentiregionali a livello primario» (sentenza n. 303 del 2003).Ove, tuttavia, in applicazione del suddetto art. 49, commi 4-quater e 4-quin-quies, fossero adottati regolamenti di delegificazione invasivi delle sfere dicompetenza legislativa regionale, residuale o concorrente, è avverso di essiche le Regioni ben potranno esperire gli ordinari rimedi giurisdizionali, non-ché eventualmente il ricorso avanti a questa Corte in sede di conflitto di attri-

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buzione a tutela dei predetti ambiti di competenza (sentenza n. 33 del 2011;sentenza n. 322 del 2009).

5.— Le Regioni Toscana, Liguria e Puglia hanno impugnato l’art. 49, comma3, lettera b), del d.l. n. 78 del 2010, come convertito dalla legge n. 122 del2010, il quale, introducendo il nuovo terzo comma dell’art. 14-quater dellalegge n. 241 del 1990, disciplina il superamento del dissenso espresso daamministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale,del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica inco-lumità in sede di conferenza di servizi. Tale disposizione stabilisce che, nelpredetto caso di dissenso, «la questione (…) è rimessa dall’amministrazioneprocedente alla deliberazione del Consiglio dei ministri, che si pronunciaentro sessanta giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni e le Provinceautonome interessate, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale euna regionale o tra più amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con laRegione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un’amministrazio-ne statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali». In particolare, il citato art. 49, comma 3, lettera b), è censurato, sotto svaria-ti profili, nella parte in cui prescrive che, se la predetta «intesa non è raggiun-ta nei successivi trenta giorni, la deliberazione del Consiglio dei ministri puòessere comunque adottata», e che, ove «il motivato dissenso sia espresso dauna Regione o da una Provincia autonoma in una delle materie di propriacompetenza, il Consiglio dei Ministri delibera in esercizio del proprio poteresostitutivo con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Provinceautonome interessate».Così disponendo essa, in primo luogo, invaderebbe la sfera di competenzalegislativa regionale di cui all’art. 117, terzo e quarto comma, Cost. in quan-to, avendo un ambito di applicazione generalizzato, coinvolgerebbe ancheprocedimenti destinati ad esplicarsi in ambiti materiali di competenza regio-nale concorrente o residuale, oltre a ledere l’autonomia amministrativa regio-nale, di cui all’art. 118 Cost.Ove si assuma, poi, che essa sia dettata per il soddisfacimento di esigenzeunitarie, sarebbe comunque costituzionalmente illegittima per violazionedegli artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione, consenten-dosi al Consiglio dei ministri di assumere la determinazione in maniera uni-laterale, in spregio al carattere forte dell’intesa prescritta. Essa, inoltre, disciplinerebbe un’ipotesi di potere sostitutivo straordinario aldi fuori dei casi e dei limiti indicati dall’art. 120 Cost.La medesima disposizione è, inoltre, censurata in specie dalla RegioneLiguria, in “combinato disposto” con l’art. 49, comma 4, del d.l. n. 78 del2010, nella parte in cui integra il comma 2-ter dell’art. 29 della legge n. 241del 1990, introducendo fra le disposizioni individuate e qualificate da que-st’ultimo come attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti idiritti civili e sociali di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.,

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anche quelle concernenti la conferenza di servizi. Tale “combinato disposto”sarebbe costituzionalmente illegittimo, tenuto conto che, con le disposizionisulla conferenza di servizi, non si stabilirebbe alcuno standard qualitativo oquantitativo di prestazioni determinate, attinenti a questo o a quel diritto civi-le o sociale garantito dalla stessa Costituzione, ma si regolerebbe lo svolgi-mento dell’attività amministrativa, in settori vastissimi ed indeterminati,molti dei quali di competenza regionale, con conseguente violazione dell’art.117, terzo e quarto comma, Cost.

5.1.— In via preliminare, va rilevato che la Regione Liguria, nell’imminen-za dell’udienza pubblica, ha osservato che l’art. 49, comma 3, lettera b), deld.l. n. 78 del 2010, è stato oggetto di una modifica puramente formale adopera dell’art. 5, comma 2, lettera b), numero 1), del d.l. 13 maggio 2011, n.70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia), conver-tito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106. Tale modifica,lasciando sostanzialmente immutato il contenuto normativo della disposizio-ne impugnata, ne confermerebbe la lesività. La Regione ha pertanto ribaditole medesime censure rivolte al testo originariamente impugnato anche conriguardo al testo modificato.

5.1.1.— L’art. 49, comma 3, lettera b), del d.l. n. 78 del 2010, come conver-tito dalla legge n. 122 del 2010, ha introdotto il nuovo terzo comma dell’art.14-quater della legge n. 241 del 1990 con il quale ha dettato la suddettanuova disciplina del superamento del dissenso in sede di conferenza di servi-zi. Con l’art. 5, comma 2, lettera b), numero 1), del decreto-legge 13 maggio2011, n. 70, l’art. 14-quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990 è statoulteriormente modificato, nel senso che, al secondo periodo, le parole “neisuccessivi” trenta giorni sono state sostituite dalla parola “entro” trenta gior-ni. Dallo stesso tenore letterale della modifica apportata risulta evidente cheil contenuto normativo risultante dalla stessa appare sostanzialmente immu-tato. Pertanto, considerato che dal raffronto fra le disposizioni risulta evidente chel’ultima modifica, dato il suo carattere sostanzialmente marginale, non inci-de in alcun modo sul contenuto precettivo delle disposizioni impugnate, laquestione di legittimità costituzionale – in forza del principio di effettivitàdella tutela costituzionale – deve essere trasferita sulla norma nel testo risul-tante dalla modifica realizzata dall’art. 5, comma 2, lettera b), numero 1), deld.l. n. 70 del 2011 (sentenza n. 114 del 2012).

5.2.— Nel merito, la questione è fondata per violazione degli artt. 117 e 118Cost. e del principio di leale collaborazione.

5.2.1.— I censurati commi 3, lettera b), e 4, si inseriscono nel testo comples-sivo del citato art. 49 del d.l. n. 78 del 2010, che è intitolato «Disposizioni in

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materia di conferenza di servizi». Esso apporta modifiche specifiche alladisciplina dell’istituto della conferenza di servizi, introdotto, in via generale,dall’art. 14 della legge n. 241 del 1990, come strumento di accelerazione esemplificazione dei procedimenti amministrativi particolarmente complessiperché implicanti una valutazione contestuale di vari interessi pubblici dicompetenza di diverse amministrazioni. Attraverso la valutazione contestua-le e non più separata ed autonoma, da parte delle diverse amministrazioni,degli interessi pubblici coinvolti dal medesimo procedimento, si mirava, sind’allora, ad accelerarne la conclusione e ad agevolarne la razionalizzazione. La conferenza di servizi costituisce, pertanto, come riconosciuto dalla giuri-sprudenza amministrativa, un modulo procedimentale-organizzativo suscetti-bile di produrre un’accelerazione dei tempi procedurali e, nel contempo, unesame congiunto degli interessi pubblici coinvolti. Esso, infatti, consente l’assunzione concordata di determinazioni sostitutive,a tutti gli effetti, di concerti, intese, assensi, pareri, nulla osta, richiesti da unprocedimento pluristrutturale specificatamente conformato dalla legge, senzache ciò comporti alcuna modificazione o sottrazione delle competenze, postoche ciascun rappresentante, partecipante alla conferenza, imputa gli effettigiuridici degli atti che compie all’amministrazione rappresentata, competen-te in forza della normativa di settore (Consiglio Stato, sezione V, 8 maggio2007, n. 2107).Questa Corte ha già avuto occasione di confermare che tale istituto, «intro-dotto dalla legge non tanto per eliminare uno o più atti del procedimento,quanto per rendere contestuale quell’esame da parte di amministrazionidiverse che, nella procedura ordinaria, sarebbe destinato a svolgersi secondouna sequenza temporale scomposta in fasi distinte» (sentenza n. 62 del 1993),è «orientato alla realizzazione del principio di buon andamento ex art. 97Cost.», in quanto «assume, nell’intento della semplificazione e accelerazionedell’azione amministrativa, la funzione di coordinamento e mediazione degliinteressi in gioco al fine di individuare, mediante il contestuale confrontodegli interessi dei soggetti che li rappresentano, l’interesse pubblico primarioe prevalente» (sentenza n. 313 del 2010). Esso, quindi, «realizza (...) un giu-sto contemperamento fra la necessità della concentrazione delle funzioni inun’istanza unitaria e le esigenze connesse alla distribuzione delle competen-ze fra gli enti che paritariamente vi partecipano con propri rappresentanti,senza che ciò implichi attenuazione delle rispettive attribuzioni» (sentenza n.348 del 1993). Dall’insieme delle richiamate indicazioni della giurisprudenza, da un lato,risulta agevole desumere come esista un’esigenza unitaria che legittima l’in-tervento del legislatore statale anche in ordine alla disciplina di procedimen-ti complessi estranei alle sfere di competenza esclusiva statale affidati allaconferenza di servizi, in vista dell’obiettivo della accelerazione e semplifica-zione dell’azione amministrativa; dall’altro, è ugualmente agevole escludereche l’intera disciplina della conferenza di servizi, e dunque anche la discipli-

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na del superamento del dissenso all’interno di essa, sia riconducibile ad unamateria di competenza statale esclusiva, tenuto conto della varietà dei setto-ri coinvolti, molti dei quali sono innegabilmente relativi anche a competenzeregionali (es.: governo del territorio, tutela della salute, valorizzazione deibeni culturali ed ambientali). In particolare, va ancora ricordato che questa Corte ha ripetutamente affer-mato che, per individuare la materia alla quale devono essere ascritte ledisposizioni oggetto di censura, non assume rilievo la qualificazione che diesse abbia dato il legislatore, ma occorre fare riferimento all’oggetto ed alladisciplina delle medesime (sentenze n. 430, n. 169 e n. 165 del 2007). In que-sto caso, la qualificazione, operata dalla stessa norma impugnata – letta incombinato disposto con l’art. 49, comma 4 – della disciplina inerente allaconferenza di servizi, quale disciplina attinente alla determinazione dei livel-li essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, risulta con-traddetta dal contenuto della medesima. Essa, infatti, lungi dal determinareuno standard strutturale o qualitativo di prestazioni determinate, attinenti aquesto o a quel diritto civile o sociale, in linea con il secondo comma, lette-ra m), dell’art. 117 Cost. (di recente, sentenza n. 248 del 2011), assolve al bendiverso fine di regolare l’attività amministrativa, in settori vastissimi ed inde-terminati, molti dei quali di competenza regionale, (quali il governo del ter-ritorio, la tutela della salute, l’ordinamento degli uffici regionali, l’artigiana-to, il turismo, il commercio), in modo da soddisfare l’esigenza, diffusa nel-l’intero territorio nazionale, di uno svolgimento della stessa il più possibilesemplice e celere. Il soddisfacimento di una simile esigenza unitaria giustifica, pertanto, l’attra-zione allo Stato, per ragioni di sussidiarietà, sia dell’esercizio concreto dellafunzione amministrativa che della relativa regolamentazione nelle materie dicompetenza regionale, ma deve obbedire alle condizioni stabilite dalla giuri-sprudenza costituzionale, fra le quali questa Corte ha sempre annoverato lapresenza di adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni. In particola-re, si è affermato che «l’ordinamento costituzionale impone il conseguimentodi una necessaria intesa fra organi statali e organi regionali per l’esercizio con-creto di una funzione amministrativa attratta in sussidiarietà al livello statalein materie di competenza legislativa» (sentenza n. 383 del 2005) e che tali«intese costituiscono condizione minima e imprescindibile per la legittimitàcostituzionale della disciplina legislativa statale che effettui la “chiamata insussidiarietà” di una funzione amministrativa in materie affidate alla legisla-zione regionale, con la conseguenza che deve trattarsi di vere e proprie intese“in senso forte”, ossia di atti a struttura necessariamente bilaterale, come talinon superabili con decisione unilaterale di una delle parti» (sentenza n. 383del 2005). In tali casi, ha inoltre precisato questa Corte, «il secondo commadell’art. 120 Cost. non può essere applicato» (sentenza n. 383 del 2005).È in questo quadro che occorre valutare la disciplina del superamento del dis-senso espresso, appunto, in sede di conferenza, introdotta dall’impugnato

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comma 3, lettera b), dell’art. 49, in specie nella parte in cui, modificandol’art. 14-quater della legge n. 241 del 1990, stabilisce che, ove il motivatodissenso sia espresso da una Regione o da una Provincia autonoma in unadelle materie di propria competenza e non sia raggiunta la prescritta intesacon la Regione o le Regioni e le Province autonome interessate entro trentagiorni, «il Consiglio dei ministri delibera in esercizio del proprio potere sosti-tutivo con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Provinceautonome interessate». Questa Corte, applicando i principi suddetti, ha dichiarato l’illegittimitàcostituzionale di analoga norma statale che prevedeva un potere sostitutivodel Governo in caso di mancato raggiungimento dell’intesa, esercitabiledecorsi trenta giorni dalla convocazione del primo incontro tra il Governo ela Regione o la Provincia autonoma interessata, affermando che «la previsio-ne dell’intesa, imposta dal principio di leale collaborazione, implica che nonsia legittima una norma contenente una “drastica previsione” della decisivitàdella volontà di una sola parte, in caso di dissenso, ma che siano necessarie“idonee procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le diver-genze” (ex plurimis, sentenze n. 121 del 2010, n. 24 del 2007, n. 339 del2005). Solo nell’ipotesi di ulteriore esito negativo di tali procedure mirateall’accordo, può essere rimessa al Governo una decisione unilaterale» (sen-tenza n. 165 del 2011), come nel caso relativo alla disciplina del procedimen-to di certificazione dei siti idonei all’insediamento degli impianti nucleari(sentenza n. 33 del 2011). Allorquando, invece, l’intervento unilaterale dello Stato viene prefiguratocome mera conseguenza automatica del mancato raggiungimento dell’intesa,è violato il principio di leale collaborazione con conseguente sacrificio dellesfere di competenza regionale. Anche la norma oggi impugnata reca la «drastica previsione» della decisivi-tà della volontà di una sola parte, in caso di dissenso, posto che il Consigliodei ministri delibera unilateralmente in materie di competenza regionale,allorquando, a seguito del dissenso espresso in conferenza dall’amministra-zione regionale competente, non si raggiunga l’intesa con la Regione interes-sata nel termine dei successivi trenta giorni: non solo, infatti, il termine è cosìesiguo da rendere oltremodo complesso e difficoltoso lo svolgimento di unaqualsivoglia trattativa, ma dal suo inutile decorso si fa automaticamentediscendere l’attribuzione al Governo del potere di deliberare, senza che sianopreviste le necessarie «idonee procedure per consentire reiterate trattativevolte a superare le divergenze» (come, peraltro, era invece previsto dall’art.14-quater della legge n. 241 del 1990, nel testo previgente, come risultantedalle modifiche introdotte dalla legge n. 15 del 2005). Né, d’altro canto, la previsione che il Consiglio dei ministri delibera, in eser-cizio del proprio potere sostitutivo, con la partecipazione dei Presidenti delleRegioni o delle Province autonome interessate, «può essere considerata vali-da sostituzione dell’intesa, giacché trasferisce nell’ambito interno di un orga-

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no costituzionale dello Stato un confronto tra Stato e Regione, che devenecessariamente avvenire all’esterno, in sede di trattative ed accordi, rispet-to ai quali le parti siano poste su un piano di parità» (sentenza n. 165 del2011).Deve, pertanto, dichiararsi l’illegittimità costituzionale dell’art. 49, comma3, lettera b), del d.l. n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla leggen. 122 del 2010, nella parte in cui prevede che, in caso di dissenso espressoin sede di conferenza di servizi da una Regione o da una Provincia autono-ma, in una delle materie di propria competenza, ove non sia stata raggiunta,entro il breve termine di trenta giorni, l’intesa, «il Consiglio dei ministri deli-bera in esercizio del proprio potere sostitutivo con la partecipazione deiPresidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate», senza chesiano previste ulteriori procedure per consentire reiterate trattative volte asuperare le divergenze.

5.2.2.— Conseguentemente, la questione promossa dalla Regione Liguria(ric. n. 102 del 2010) nei confronti del predetto art. 49, comma 3, lettera b),letto in “combinato disposto” con il comma 4 del medesimo art. 49 deve rite-nersi assorbita.

PER QUESTI MOTIVILA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni di legittimitàcostituzionale riguardanti le altre disposizioni contenute nel decreto-legge 31maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziariae di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30luglio 2010, n. 122;riuniti i giudizi,1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 49, comma 3, lettera b),del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabi-lizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modifi-cazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nella parte in cui prevede che, incaso di dissenso espresso in sede di conferenza di servizi da una Regione oda una Provincia autonoma, in una delle materie di propria competenza, ovenon sia stata raggiunta, entro il breve termine di trenta giorni, l’intesa, «ilConsiglio dei ministri delibera in esercizio del proprio potere sostitutivo conla partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonomeinteressate»;

2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo49 commi 4-quater e 4-quinquies del d.l. n. 78 del 2010, convertito, conmodificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, promosse, in riferimento all’arti-colo 117, quarto e sesto comma, della Costituzione, in combinato dispostocon l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al

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titolo V della parte seconda della Costituzione), nonché in riferimento agliarticoli 2, primo comma, lettere g), p) e q), e 3, primo comma, lettera a), dellalegge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valled’Aosta), ed alle relative norme di attuazione, nonché, in subordine, al prin-cipio di leale collaborazione, dalle Regioni Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste edEmilia-Romagna, con i ricorsi, rispettivamente, n. 96 e n. 106 del 2010.Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo dellaConsulta, il 2 luglio 2012.

F.to:Alfonso QUARANTA, PresidenteGiuseppe TESAURO, RedattoreGabriella MELATTI, CancelliereDepositata in Cancelleria l’11 luglio 2012.[ELG:ALLEGATO]

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Seminario di aggiornamento professionale

LA CONFERENZA DI SERVIZI NEGLI ENTI LOCALIE NEGLI ALTRI ENTI ED AZIENDE PUBBLICHE

Il seminario è indirizzato agli Amministratori, Direttori, Segretari, Dirigenti e Re-spon-sabili dei Servizi degli Enti Locali, Comunità Montane, Unioni di Comuni e delleAziende pubbliche.

PROGRAMMAQuadro normativo di riferimento - Profilo generale in materia di procedimento ammini-strativo - La conferenza di servizi nella L.241/90 e s.m.i. - I termini per la convocazio-ne - La partecipazione personale o epistolare - La discrezionalità della PA nel deciderela convocazione della Conferenza dei Servizi - La conferenza indetta dall’amministra-zione procedente di provvedere direttamente in assenza delle determinazioni delleamministrazioni competenti - La durata della conferenza - Il dissenso solo motivato,qualificato e costruttivo - Il provvedimento finale. L’impugnazione. La conferenza diservizi in ambito dei servizi amministrativi. Applicazioni pratiche della conferenza diservizi e casi problematici in materia ambientale e contrattuale. La determinazione fina-le motivata di conclusione del procedimento assunta in via collaborativa ed assorbentedei nulla osta, atti d’assenso e i pareri altrimenti necessariLa conferenza di servizi in ambito dei servizi tecnici. Applicazioni pratiche della confe-renza di servizi e casi problematici. Opera o attività sottoposta anche ad autorizzazioneambientale e/o paesaggistica. Il procedimento di VIA, VAS e AIA. La determinazionemotivata di conclusione del procedimento. Conseguenze sulla mancata osservanza deltermine di conclusione del procedimento.

TORINO 13 febbraio 2013Collegio San Giuseppe - Via San Francesco da Paola n. 23 - 10123 Torino

* Ore 9,00 Registrazione partecipanti - * Ore 9,30 Inizio lavori* Ore 13,00 Colazione di lavoro - * Ore 14,00 Ripresa lavori

* Ore 17,30 Temine lavori

RELATORI� Prof. Franco GABOARDI - Docente Diritto Amministrativo e Contabilità dello

Stato - Università degli Studi di Torino� Prof.ssa Avv. Barbara GAGLIARDI - Ricercatore universitario in Diritto Am-mini-

strativo - Avvocato - Università Torino� Dott.ssa Paola MOLINA - Direttore area Sviluppo sostenibile e pianificazione

ambientale - Dirigente servizio Valutazione Impatto Ambientale - Provincia di Torino� Dott. Ing. Federico SAPORITI - Servizio Tecnico Ambiente - Comune Torino� Chairman: Dr. Vittorio BOIANELLI - Revisore Conti - già Direttore Servizio

Finanziario di Ente Locale Torino.

QUESITIPer rendere meno teorico e molto più pratico e tecnico il seminario, si invitanogli interessati a spedire, via fax od e-mail, con l’impegno di partecipazione, que-siti e problematiche per consentire ai relatori di mirare in modo puntuale e pre-ciso gli interventi evitando divagazioni in generale.

SEDE DEL SEMINARIO. Collegio San Giuseppe - Via San Francesco da Paola n. 23 - 10123 Torino

La sede del seminario si trova in centro città ed è situata a pochi metri di distanza dalparcheggio sotterraneo in Piazza Valdo Fusi, con tariffa giornaliera ridotta valida dalleore 7,00 alle 20,00 per le auto private. (Il parcheggio è situato all’interno del perimetro

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della nuova ZTL Centrale. Chi accede occasionalmente a questo parcheggio puòevitare la sanzione comunicando il numero di targa al personale del parcheggiostesso (è in distribuzione un modulo da compilare prima di uscire dal parcheggioed entro le ore 11.00). È inoltre vicinissima alla Stazione Porta Nuova e allaMetropolitana. È raggiungibile dalle linee extraurbane e dalla Stazione FS Porta Susacon bus, metro e tram di linea.Per coloro che provengono dalle Autostrade: MI/TO e AO/TO uscita centro e prosegui-re per Corso Giulio Cesare; dalla PC/TO uscita centro e proseguire per Corso Unitàd’Italia.

ISCRIZIONE - MODALITÀ

È richiesta la prenotazione come da modalità e scheda allegataA mezzo fax. Oppure E-mail: [email protected] od anche dal sito Internet del CSA allink seminari “iscriviti on-line” Il contributo è fissato in € 250,00 pro-capite, oltre IVA*,ridotto ad € 200,00 pro-capite, oltre IVA*, per gli enti associati e per ogni iscritto in più delmedesimo Ente. Esso comprende, oltre al materiale tecnico-didattico, la soluzione di que-siti e la colazione di lavoro. *Enti pubblici esenti da IVA ai sensi DPR 26.10.1972, n.633,art.10, come modificato dall’art.14, c.10 della L.537/1993. In tal caso aggiungere bollo qui-etanza pari ad € 1,81 ai sensi dell’art. 13 tariffa. Parte A di cui al DM 20.8.1992.

ATTESTATOAl termine del seminario sarà rilasciato a tutti i partecipanti un attestato di frequenza

ALBERGHI CONSIGLIATI (situati tutti in centro città)- Grand Hotel Sitea**** - Via C. Alberto n.35 - 10123 Torino tel.011/5170171 Fax 011.5621178

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Il CSA in relazione al numero delle adesioni potrà annullare od effettuare corsi contem-poranei o spostarne ad altra data e sede l’effettuazione, dandone tempestiva comunica-zione all’interessato. Il Comitato Scientifico si riserva in ogni momento e senza preav-viso di variare la composizione del corpo docente al fine di migliorarne il risultato.

MODALITÀ DI DISDETTAÈ consentito a ciascun partecipante il diritto di recedere ai sensi dell’art. 1373 Cod. Civ.che dovrà essere comunicato con disdetta da inviare via fax al n. 11.542704, con leseguenti modalità:Fino a 3 giorni prima dell’inizio del seminario il partecipante potrà recedere senzadover alcun corrispettivo al CSA che provvederà al rimborso qualora abbia già effet-tuato il versamento della quota;Oltre il termine di cui sopra e fino al giorno di inizio del seminario, il partecipante potràrecedere pagando un corrispettivo pari al 25% della quota di iscrizione che potrà esse-re trattenuta direttamente dal CSA, se la quota è già stata versata. In tal caso il CSAprovvederà ad emettere la relativa fattura.È ammessa la sostituzione della persona iscritta con altro partecipante dello stesso Ente

La Segreteria del CSA è a disposizione dal lunedì al venerdì ore 9-12 e 15-18Tel. 011/5887415 -Fax 011/ 542704

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SCHEDA ISCRIZIONESeminario: «La conferenza di servizi»

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Associato per il 2013 (barrare per eventuale riduzione quota del 20%): SI NON.B.: Quota di partecipazione € 250,00, dal 2 iscritto od associato e per i comuni inferiori ai5000 abitanti € 200,00 Pagamento a 60 gg. ricevimento fattura. Enti pubblici esenti IVA (art.10DPR 633/1972) in tal caso aggiungere bollo quietanza € 1,81

MODALITÀ DI DISDETTAÈ consentito a ciascun partecipante il diritto di recedere ai sensi dell’art. 1373 Cod. Civ. che dovràessere comunicato con disdetta da inviare via fax al n. 11.542704, con le seguenti modalità:1. Fino a 3 giorni prima dell’inizio del seminario il partecipante potrà recedere senza dover

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2. Oltre il termine di cui sopra e fino al giorno di inizio del seminario, il partecipante potràrecedere pagando un corrispettivo pari al 25% della quota di iscrizione che potrà esseretrattenuta direttamente dal CSA, se la quota è già stata versata. In tal caso il CSA prov-vederà ad emettere la relativa fattura.

3. È ammessa, sino all’inizio del seminario, la sostituzione dell’iscritto con altro partecipante.

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Seminario di aggiornamento professionale

IL BILANCIO DI PREVISIONE PER IL 2013 DEGLI ENTI LOCALI E DELLE UNIONI DI COMUNI

Limiti e vincoli

Il seminario è indirizzato agli Amministratori, Direttori, Segretari, Responsabili deiServizi Finanziari , Funzionari degli Enti Locali nonchè ai Dottori Commercialisti eRevisori dei Conti degli EE.LL.

PROGRAMMAIl bilancio di previsione per il 2013. Il patto di stabilità. La spending review. Il decre-to sviluppo. Il DL 174/2012. La legge di stabilità per il 2013. La nullità degli atti econtratti elusivi delle regole del patto di stabilità. Profili sanzionatori da parte dellaCorte dei Conti. I trasferimenti. l’IMU e la Ta.Re:S. Le iscrizioni nel bilancio. Ilfondo svalutazione crediti. Il fondo anti-dissesto. Il fondo di riserva. Anticipazioni ditesoreria e utilizzo per cassa di fondi a destinazione vincolata. Nuova disciplina e rap-porti con l’avanzo di amministrazione. Il computo delle spese di personale comprensi-vo di quello delle società partecipate I servizi pubblici e la soppressione delle societàin house e la dismissione delle società partecipate. Normativa vigente e questioni ope-rative. Le attività strumentali. Le verifiche della Corte dei Conti ex art. 3 L. 244/2007.La soppressione/accorpamento delle province. La soppressione dei piccoli comuni e lagestione associata obbligatoria delle funzioni fondamentali. Le Unioni di Comuni.Programmazione e attuazione degli investimenti. I proventi derivanti da operazioni didismissione e valorizzazione dei beni pubblici. Le indennità e i gettoni degli ammini-stratori e dei componenti degli organi di revisione. La spesa per incarichi esterni (con-sulenze, incarichi di studio, collaborazione e ricerca. Discussione. Quesiti Ampio spa-zio sarà riservato all’esame della giurisprudenza della Corte dei Conti in riferimentoa casi pratici e questioni applicative.

Cuneo 14 febbraio 2013SEDE UNIVERSITARIA EX MATER AMABILIS AULA 108 – primo pianoVIA FERRAIS DI CELLE N. 2 - 12100 CUNEO

PROGRAMMA* Ore 9,00 Registrazione partecipanti - * Ore 9,30 Inizio lavori

*Ore 14,00 Temine lavori - Lunch

RELATORICons. Alessandro NAPOLI - Magistrato Corte dei Conti - Sezione di

Controllo per la Lombardia

Avv. Matteo BARBER0 - Direzione Programmazione Strategica, Politiche

Territoriali ed Edilizia – Professore incaricato Politecnico Torino

Chairman: Dr. Vittorio BOIANELLI - Revisore Conti - già Direttore

Servizio Finanziario di Ente Locale Torino.

QUESITIPer rendere meno teorico e molto più pratico e tecnico il seminario, si invitanogli interessati a spedire, via fax od e-mail, con l’impegno di partecipazione,quesiti e problematiche per consentire ai relatori di mirare in modo puntuale epreciso gli interventi evitando divagazioni in generale.

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SEDE DEL SEMINARIOSEDE UNIVERSITARIA EX MATER AMABILIS - AULA 107 - primo piano

VIA FERRAIS DI CELLE N. 2 - 12100 CUNEOLa sede si affaccia su Corso Kennedy, ma vi si accede dalla strada laterale all’edificio.Chi attraversa il Viadotto Marcello Soleri alla rotonda a sinistra. I partecipanti possonoparcheggiare (a pagamento) in piazza Foro Boario (poco distante) dove esiste un ampioparcheggio in superficie. Per la visualizzazione della planimetria della zona sul web lamappa interattiva .

ISCRIZIONE - MODALITÀÈ richiesta la prenotazione come da modalità e scheda allegata a mezzo fax al n.011.542704. Oppure E-mail: [email protected] od anche dal sito Internet del CSAal link seminari “iscriviti on-line” Il contributo è fissato in € 130,00 pro-capite*, ridot-to ad € 110,00* pro-capite per gli enti associati e per ogni iscritto in più del medesi-mo Ente nonché per i Comuni inferiori ai 5000 abitanti. Esso comprende, oltre almateriale tecnico-didattico la soluzione di quesiti e la colazione di lavoro *Enti pubbli-ci esenti IVA ai sensi DPR 26.10.1972, n.633, art.10, modificato dall’art.14, c.10 dellaL.537/1993. In tal caso aggiungere bollo quietanza pari ad € 1,81 ai sensi dell’art. 13tariffa. Parte A di cui al DM 20.8.1992. Pagamento fattura a 60 gg.

CREDITO FORMATIVO PER I DOTTORI COMMERCIALISTI E PER GLIESPERTI CONTABILIÈ stato richiesto l’inserimento dell’evento nel programma formativo dell’Ordinedei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Cuneo, Alba, Mondovì eSaluzzo ai fini del riconoscimento dei relativi crediti

ATTESTATOAl termine del seminario sarà rilasciato a tutti i partecipanti un attestato di frequenza

INFORMAZIONEIl CSA in relazione al numero delle adesioni potrà annullare od effettuare corsi contempo-ranei o spostarne ad altra data e sede l’effettuazione, dandone tempestiva comunicazioneall’interessato. Il Comitato Scientifico si riserva in ogni momento e senza preavviso divariare la composizione del corpo docente al fine di migliorarne il risultato.

MODALITÀ DI DISDETTAÈ consentito a ciascun partecipante il diritto di recedere ai sensi dell’art. 1373 Cod.Civ.che dovrà essere comunicato con disdetta da inviare via fax al n.11.542704, con leseguenti modalità:Fino a 3 giorni prima dell’inizio del seminario il partecipante potrà recedere senzadover alcun corrispettivo al CSA che provvederà al rimborso qualora abbia già effet-tuato il versamento della quota;Oltre il termine di cui sopra e fino al giorno di inizio del seminario, il partecipante potràrecedere pagando un corrispettivo pari al 25% della quota di iscrizione che potrà esse-re trattenuta direttamente dal CSA, se la quota è già stata versata. In tal caso il CSAprovvederà ad emettere la relativa fattura.È ammessa la sostituzione della persona iscritta con altro partecipante dello stesso Ente

La Segreteria del CSA è a disposizione dal lunedì al venerdì ore 9-12 e 15-18Tel. 011/5887415 -Fax 011/ 542704

Eventuali comunicazioni Email: [email protected] Pec: [email protected]

Agenzia Formativa E certificata UNI EN ISO 9001 : 2008

Torino, 3 ottobre 2012 Training Manager

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COMUNE DI CORATOProvincia di Bari

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COMUNE DI FOLIGNOProvincia di Perugia

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COMUNE DI GAETA(Provincia di Latina)

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1 - Le notizie relative alle Entrate e alle Spese sono le seguenti: (in � senza decimali)

Previsioni di Accertamenti Previsioni di Accertamenti

competenza da da conto competenza da da conto

bilancio consuntivo bilancio consuntivo

ANNO ANNO ANNO ANNO

2012 2010 2012 2010

Avanzo amm.ne - 1.908.000 Disavanzo amm.ne

Tributarie 14.625.639 15.992.547 Correnti 20.373.540 25.943.532

Contributi e trasferimenti 526.116 7.841.023 Rimborso quote di capitale per mutui in

(di cui dallo Stato) 155.455 7.131.050 ammortamento 189.100 1.837.799

(di cui dalle Regioni) 190.600 299.114

Extratributarie 4.576.885 4.136.218

(di cui per proventi servizi pubblici) 2.173.539 1.696.738

Totale entrate di parte corrente 19.728.640 29.877.788 Totale spese di parte corrente 20.562.640 27.781.331

Alienazione di beni e trasferimenti 4.142.100 3.963.628 Spese conto capitale 3.308.100 4.859.582

(di cui dallo Stato) - 5.287

(di cui dalle Regioni) - -

Assunzione di prestiti - -

(di cui per anticipazioni di tesoreria) - -

Totale entrate conto capitale 4.142.100 3.963.628 Totale spese in conto capitale 3.308.100 4.859.582

Rimborso anticipazione di tesoreria ed altri

Servizi per c/terzi 4.755.500 2.482.603 Servizi per c/terzi 4.755.500 2.482.603

Totale 28.626.240 36.324.019 Totale 28.626.240 35.123.516

Disavanzo - Avanzo di gestione - 1.200.503

TOTALE GENERALE 28.626.240 36.324.019 TOTALE GENERALE 28.626.240 36.324.019

ENTRATE SPESE

DENOMINAZIONE DENOMINAZIONE

2 - La classificazione delle principali spese correnti e in conto capitale, desunte dal consuntivo, secondo l'analisi economico-funzionale è la seguente: (in � senza decimali)

Amministrazione Istruzione e Abitazioni Attività Trasporti Attività TOTALE

generale cultura sociali economico

Personale 3.294.195 1.107.126 78.445 1.363.300 - 226.364 6.069.430

Acquisto beni e servizi 1.840.267 2.417.974 182.950 3.397.242 77.660 10.839 7.926.932

Interessi passivi - - - 293.314 - - 293.314

Investimenti effettuati diret-

tamente dall'Ammnistrazione 717.000 937.561 182.000 626.841 - 70.000 2.533.402

Investimenti indiretti 135.000 135.000

TOTALE 5.851.462 4.462.661 443.395 5.815.697 77.660 307.203 16.958.078

3 - La risultanza finale a tutto il 31 dicembre 2010 desunta dal consuntivo:

Avanzo di amministrazione del conto consuntivo dell'anno 2010 14.219.267

Residui passivi perenti esistenti alla data di chiusura del conto consuntivo dell'anno 2010 -

Avanzo di amministrazione disponibile al 31 dicembre 2010 14.219.267

Ammontare dei debiti fuori bilancio comunque esistenti e risultanti dalla elencazione allegata al conto consuntivo dell'anno

4 - Le principali Entrate e Spese per abitante desunte dal consuntivo sono le seguenti:

Entrate correnti 703 Spese correnti 610

di cui di cui

Tributarie 376 Personale 175

Contributi e Trasferimenti 184 Acquisto beni e servizi 361

Altre entrate correnti 143 Altre spese correnti 74

IL SINDACO IL DIRIGENTE SETTORE

FINANZE E BILANCIO

dott.ssa Concettina Monguzzi dott. Giovanni Magni

COMUNE DI LISSONE(Provincia di Monza e della Brianza)

Pubblicazione bilancio ex legge 67/87Anno 2012 consuntivo 2010

84

Ai sensi dell'articolo 6 della Lege 25 Febbraio 1987 n. 67, si pubblicano i seguenti dati relativi al Bilancio Preventivo esercizio 2012 ed al conto del bilancio

2011 1) le notizie relative alle entrate ed alle spese sono le seguenti:

ENTRATE SPESE

DENOMINAZIONE BILANCIO 2012 RENDICONTO 2011 DENOMINAZIONE BILANCIO 2012 RENDICONTO 2011

Avanzo di Ammnistrazione 1.535.340,00 Disavanzo di Ammnistrazione

Tributarie 52.744.590,00 52.770.779,80 Spese Correnti 69.485.554,00 68.986.433,29

Contributi e Trasferimenti 3.603.687,00 4.078.137,42 Spese rimborso prestiti 19.875.471,00 7.577.416,41

(di cui dallo Stato) 898.954,00 1.649.149,54 (Rimborsi per anticipazioni) 12.000.000,00 0,00

(di cui dalla Regione) 2.280.265,00 2.243.596,02 (Rimborsi per prestiti obbligazionari ) 2.480.585,00 2.424.787,20

(Rimborsi quota capitale mutui) 5.394.866,00 5.152.629,21

Extratributarie 20.453.448,00 21.244.982,32

0,00

(di cui proventi servizi pubblici) 10.689.100,00 10.342.954,63

Totale entrate parte corrente 76.801.725,00 78.093.899,54 Totale spese parte corrente 89.361.025,00 76.563.849,70

0,00

ALIENAZIONE BENI E TRASFER.TI 16.451.400,00 10.205.485,33 Spese Investimento 21.755.322,00 12.888.733,82

(di cui dallo Stato) 10.000,00 0,00

(di cui dalla Regione) 4.049.400,00 5.773.280,28

ASSUNZIONE DI PRESTITI 16.327.882,00 1.385.640,00

(di cui per anticipazioni) 12.000.000,00 0,00

TOTALE ENTRATE CONTO CAPITALE 32.779.282,00 11.591.125,33 TOTALE SPESA CONTO CAPITALE 21.755.322,00 12.888.733,82

SERVIZIO CONTO TERZI 9.900.000,00 8.401.541,47 SERVIZI CONTO TERZI 9.900.000,00 8.401.541,47

Totale Servizi conto Terzi 9.900.000,00 8.401.541,47 Totale Servizi Conto Terzi 9.900.000,00 8.401.541,47

TOTALE 121.016.347,00 98.086.566,34 TOTALE 121.016.347,00 97.854.124,99

DISAVANZO DI GESTIONE COMP. AVANZO DI GESTIONE COMP. 232.441,35

TOTALE GENERALE 121.016.347,00 98.086.566,34 TOTALE GENERALE 121.016.347,00 98.086.566,34

COMUNE DI MASSA

Tabella1

2) la classificazione delle principali spese correnti ed in conto capitale, desunte dal conto del bilancio , secondo l'analisi economico-funzionale è la seguente:

Ammin. Gen. Istruz. e Cultura Gest. Terr.amb. Attivita' soc. Viabilità e trasp. Svil.econ. TotaliPersonale 7.191.371,89 807.106,40 1.621.113,24 2.726.816,20 622.885,50 426.570,00 13.395.863,23Acquisto beni e servizi 7.138.047,24 4.695.750,28 16.419.910,64 4.647.384,25 1.926.491,93 80.975,69 34.908.560,03Interessi passivi 1.596.398,16 159.786,60 714.388,13 45.729,51 477.962,39 106.509,22 3.100.774,01Investimenti effettuati direttamente 1.555.264,61 1.149.000,00 5.394.129,00 82.536,56 1.695.638,00 10.000,00 9.886.568,17Investimenti indiretti 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00

3) la risultanza finale a tutto il 31 dicembre 2011 desunta dal conto del bilancio:

a) Avanzo di amministrazione dal conto del bilancio dell'anno 2011 3.491.793,96

c) Avanzo di amministrazione non vincolato al 31 dicembre 2011 1.209.694,66

4) le principali entrate e spese per abitante desunte dal conto del bilancio sono le seguenti:

Entrate correnti 1098,84 Spese Corr. 970,70

Di cui Di cui

Tributarie 742,53 Personale 229,22Contr.eTrasf. 57,38 Acqu. Beni 73,28

Altre entrate corr. 298,93 Altre spese 668,20

F.to IL SINDACO

(Roberto Pucci)

85

Ai sensi dell'art. 6 della legge 25 febbraio 1987, n. 67, si pubblicano i seguenti dati relativi al bilancio preventivo 2012 ed al rendiconto della gestione 2011:

1 - LE NOTIZIE RELATIVE ALLE ENTRATE ED ALLE SPESE SONO LE SEGUENTI:

PREVISIONI DI

COMPETENZA DA

BILANCIO ANNO 2012

ASSESTATO DAL

RENDICONTO DELLA

GESTIONE 2011

PREVISIONI DI

COMPETENZA DA

BILANCIO ANNO 2012

ASSESTATO DAL

RENDICONTO DELLA

GESTIONE 2011

TITOLO I 17.711.034,00 13.936.158,03 TITOLO I 21.556.660,00 19.149.306,29

TITOLO II 543.194,00 1.336.304,12 TITOLO II 8.792.425,00 14.203.376,49

TITOLO III 4.971.617,00 4.544.159,95

TITOLO IV 8.922.425,00 11.976.146,01

TITOLO V 1.000.000,00 3.156.000,00 TITOLO III 2.799.185,00 2.726.219,57

TITOLO VI 3.805.000,00 3.577.026,05 TITOLO IV 3.805.000,00 3.577.026,05

TOTALE COMPLESSIVO PREVISIONE 36.953.270,00 38.525.794,16 TOTALE COMPLESSIVO PREVISIONE 36.953.270,00 39.655.928,40

Avanzo di amministrazione 1.130.134,24 Disavanzo di amministrazione

TOTALE GENERALE ENTRATE 36.953.270,00 39.655.928,40 TOTALE GENERALE SPESE 36.953.270,00 39.655.928,40

Entrate tributarie

Entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti dello Stato,

della regione e di altri enti pubblici anche in rapporto all'esercizio

di funzioni delegate dalla regione

Spese per servizi per conto di terzi

Entrate extratributarie

Entrate derivanti da alienazioni, da trasferimenti di capitale e da

riscossioni di crediti

Entrate derivanti da accensioni di prestiti

Entrate da servizi per conto di tersi

Spese correnti

Spese in conto capitale

Spese per il rimborso di prestiti

DENOMINAZIONE

ENTRATE (in euro)

DENOMINAZIONE

SPESE (in euro)

COMUNE DI MASSAROSA(Provincia di Lucca)

86

COMUNE DI RHO(Provincia di Milano)

87

COMUNE DI TERMOLI

88

COMUNE DI VERONA

89

Ai sensi dell’art. 6 della legge 25.2.1987, n. 67, si pubblicano i seguenti dati relativi al bilancio

preventivo 2012 e al conto consuntivo 2011:

ENTRATE SPESE

Denominazione

Previsioni di

competenza

bilancio

Anno 2012

(in �)

Accertamenti

conto

consuntivo

Anno 2011

(in �)

Denominazione

Previsioni di

competenza

bilancio

Anno 2012

(in �)

Accertamenti

conto

consuntivo

Anno 2011

(in �)

Avanzo di Amministrazione / / Disavanzo di Amministraz. 221.400,00 /

Tributarie 17.357.000,00 11.940.915,24 Correnti 30.331.351,49 29.791.410,87

Contributi e Trasferimenti 10.228.881,81 12.700.347,21 Rimborso quote capitale per

mutui in ammortamento

10.995.035,32 955.943,00

Extratributarie 3.958.755,00 3.382.803,70

Totale entrate correnti 31.544.636,81 28.024.066,15 Totale spese correnti

41.547.786,81 30.747.353,87

Alienaz. di beni e

trasferimenti

6.535.719,58 23.777.606,12 Spese di investimento 26.282.569,58 24.039.421,72

Assunzione di prestiti

(di cui per antic. di Tesoreria)

29.750.000,00 / Totale spese conto capitale 26.282.569,58 24.039.421,72

Totale entrate conto capitale 36.285.719,58 23.777.606,12 Rimborso anticipazioni di

tesoreria ed altri

/ /

Partite di giro 7.785.854,00 5.191.901,14 Partite di giro 7.785.854,00 5.191.901,14

Totale generale entrate 75.616.210,39 56.993.573,41 Totale generale spese 75.616.210,39 59.978.676,73

Dati desunti dal conto consuntivo 2011

Disavanzo di amministrazione � 221.400,00

Principali entrate e spese correnti per abitante desunte dal consuntivo(in migl. di �)

Entrate correnti Spese correnti

di cui: di cui:

- Tributarie 11.941 - Personale 8.730

- Contributi e trasferimenti 12.700 - Beni di consumo e mat. prime 1.318

- Altre entrate correnti 3.283 - Altre spese correnti 19.743

(Pressione tributaria per abitante: � 506,88)

(Incidenza trasferimenti statali/popolazione: �227,82)

Il SINDACO

(Avv. Nicola D’Agostino)

COMUNE DI VIBO VALENTIA

90

PROVINCIA DI ASCOLI PICENO

51.944.518,25

48.150.329,67

3.784.188,58

7.113.217,47

91

PROVINCIA DEL MEDIO CAMPIDANO

92

Ai sensi dell'art. 6 della legge 25 febbraio 1987, n. 67, si pubblicano i seguenti dati relativi al Bilancio di Previsione 2012 e al Conto del Bilancio 2011:

Previsioni di Accertamenti da Previsioni di Impegni da

D e n o m i n a z i o n e competenza da bilancio conto di bilancio D e n o m i n a z i o n e competenza da bilancio conto di bilancio

ANNO 2012 ANNO 2011 ANNO 2012 ANNO 2011

- Avanzo amministrazione.................. 1.221.216,00 - - Disavanzo amministrazione............. --------- -

- Tributarie.............................. 79.770.366,00 65.612.520,97 - Correnti.................................. 98.626.895,00 83.402.481,89

- Contributi e trasferimenti................ 15.836.307,00 21.082.893,54 - Rimborso quote di capitale per mutui e 18.453.000,00 6.159.227,00

prestiti in ammortamento

( di cui concorsi dallo Stato )…. (340.000,00) (1.002.386,50)

( di cui concorsi dalla Regione )…. (7.492.272,00) (16.452.019,59)

- Extratributarie......................... 4.164.006,00 7.061.325,49

(di cui per proventi servizi pubblici)... (1.279.500,00) (1.747.785,75)

Totale entrate di parte corrente....... 100.991.895,00 93.756.740,00 Totale spese di parte corrente............. 117.079.895,00 89.561.708,89

- Alienazione di beni e trasferimenti.. 61.599.894,00 31.644.069,38 - Spese di investimento................... 45.511.894,00 54.110.353,40

( di cui concorsi dallo Stato )...... --------- ---------

( di cui concorsi dalla Regione )... (559.700,00) (169.222,97)

- Assunzione prestiti.................... 2.500.000,00 21.308.400,00

( di cui per anticipazioni di cassa )... (2.500.000,00) ---------

Totale entrate conto capitale.............. 64.099.894,00 52.952.469,38 Totale spese conto capitale.............. 45.511.894,00 54.110.353,40

- Rimborso per anticipazioni di cassa 2.500.000,00

- Servizi per conto terzi 10.650.000,00 9.205.670,30 - Servizi per conto terzi 10.650.000,00 9.205.670,30

Totale......... 175.741.789,00 155.914.879,68 Totale......... 175.741.789,00 152.877.732,59

- Disavanzo di gestione.................... - --------- - Avanzo di gestione......................... - 3.037.147,09

TOTALE GENERALE...................... 175.741.789,00 155.914.879,68 TOTALE GENERALE......................... 175.741.789,00 155.914.879,68

E N T R A T E S P E S E

2) - la classificazione delle principali spese correnti e in conto capitale, desunte dal conto del bilancio 2011, secondo l'analisi economico - funzionale, è la seguente :

FFUNZIONI Funzioni gen.li di amm.ne Funzioni di istruzio- Funzioni relative alla unzioni nel settore turist Funzioni nel campo Funzioni riguardanti la Funzioni nel campo del- Funzioni nel settore Funzioni nel campo del- TOTALE

INTERVENTI gestione e controllo ne pubblica la cultura e beni cultural co, sportivo e ricreativo dei trasporti gestione del territorio la tutela ambientale sociale lo sviluppo economico

- Personale...................................... 7.616.654,16 2.888.446,65 220.318,77 101.716,32 485.203,50 2.012.066,39 1.357.186,35 193.500,00 487.327,44 15.362.419,58

- Acquisto beni e prestazioni di servizi. 14.100.822,30 1.963.083,96 180.298,66 299.354,70 14.495.303,96 1.491.451,79 1.321.924,50 567.778,39 447.256,18 34.867.274,44

- Interessi passivi............................. 1.967.559,16 1.199.977,00 0,00 0,00 0,00 136.936,00 0,00 0,00 0,00 3.304.472,16

- Trasferimenti e altri oneri correnti..... 19.973.406,51 1.385.878,72 979.582,66 236.248,30 664.109,85 494.350,34 488.410,25 1.654.808,00 3.991.521,08 29.868.315,71

- Investimenti effettuati direttamen- 37.106.135,93 5.412.127,95 334,71 130.000,00 28.035,63 7.718.301,70 47.342,80 0,00 30.336,51 50.472.615,23

te dall'Amministrazione...................

- Investimenti indiretti...................... 330.000,00 0,00 258.127,00 0,00 2.086.329,00 767.496,00 0,00 0,00 195.786,17 3.637.738,17

81.094.578,06 12.849.514,28 1.638.661,80 767.319,32 17.758.981,94 12.620.602,22 3.214.863,90 2.416.086,39 5.152.227,38 137.512.835,29

3) - la risultanza finale a tutto il 31 dicembre 2011 desunta dal conto del bilancio :

. Avanzo di amministrazione dal conto del bilancio dell'anno 2011 � 1.523.466,08

. Residui passivi perenti esistenti alla data di chiusura del conto del bilancio dell'anno 2011 � 0

____________

. Avanzo di amministrazione disponibile al 31 dicembre 2011 � 1.523.466,08

. Ammontare dei debiti fuori bilancio comunque esistenti e risultanti dalla elencazione allegata al conto del bilancio dell'anno 2011 --------

4) - le principali entrate e spese per abitante (abitanti Provincia di Monza e della Brianza nel 2011 n. 849.636) desunte dal conto del bilancio sono le seguenti :

Entrate correnti � 110,34 Spese correnti � 98,16

di cui : di cui :

- tributarie � 77,22 - personale � 18,08

- concorsi e trasferimenti � 24,81 - acquisto beni e servizi � 41,04

- altre entrate correnti � 8,31 - altre spese correnti � 39,04

II L P R E S I D E N T E

Dario Allevi

PROVINCIA DI MONZA BRIANZA

93

94

1. Le notizie relative alle entrate ed alle spese sono le seguenti:

Denominazione

Previsioni di

competenza da bilancio

ANNO 2012

(Euro)

Accertamenti da conto

consuntivo ANNO 2011

(Euro)

Previsioni di

competenza da bilancio

ANNO 2012

(Euro)

Impegni da conto

consuntivo ANNO 2011

(Euro)

Avanzo di Amministrazione 1.689.832,00 - Disavanzo di Amministrazione - -

Tributarie 21.388.991,00 29.485.134,90 Correnti 40.661.558,00 49.144.058,80

Contributi e trasferimenti 19.735.946,00 22.348.921,56 Rimborso quote capitale per mutui in amm.to 6.361.261,00 6.227.488,14

di cui dallo Stato 9.699.428,00 3.647.016,26

di cui dalla Regione 7.337.100,00 14.277.977,53

Extratributarie 6.778.245,00 6.275.681,42

di cui per proventi servizi pubblici 1.359.600,00 2.532.106,81

Tot.entrate di parte corrente 49.593.014,00 58.109.737,88 Totale spese di parte corrente 47.022.819,00 55.371.546,94

Avanzo di Amministrazione

Alienazione di beni e trasferimenti 3.236.433,00 6.313.810,57 Spese di investimento 6.556.628,00 9.380.993,74

di cui dallo Stato - -

di cui dalla Regione 3.183.449,00 3.590.590,63

Assunzione di prestiti 750.000,00 1.144.295,29

di cui per anticipaz.di tesoreria -

Totale entrate conto capitale 3.986.433,00 7.458.105,86 Totale spese conto capitale 6.556.628,00 9.380.993,74

Rimborso anticipazioni di tesoreria ed altri - -

Partite di giro 5.917.500,00 4.882.041,03 Partite di giro 5.917.500,00 4.882.041,03

TOTALE 59.496.947,00 70.449.884,77 TOTALE 59.496.947,00 69.634.581,71

Disavanzo di gestione - Avanzo di gestione - 815.303,06

TOTALE GENERALE 59.496.947,00 70.449.884,77 TOTALE GENERALE 59.496.947,00 70.449.884,77

2. La classificazione delle principali spese correnti ed in c/capitale, desunti dal consuntivo 2011 secondo l'analisi economico-funzionale, è la seguente (in Euro):

Amministrazione

Generale Istruzione e Cultura Abitazioni Attività Sociali Viabilità Attività Economica TOTALE

Personale 5.369.489,00 726.576,00 - 322.573,00 3.363.706,14 2.075.447,00 11.857.791,14

Acquisto beni e servizi 4.333.986,53 1.608.792,58 - 756.840,83 1.224.511,15 4.833.931,79 12.758.062,88

Interessi passivi 1.749.850,00 219.430,00 - - 3.000.948,66 - 4.970.228,66

Investimenti effettuati direttamente -

dall'Amministrazione Provinciale 35.689,03 294.977,38 - 25.000,00 4.547.598,84 - 4.903.265,25

Investimenti indiretti - - - - - - -

3. Le risultanze finali a tutto il 31 Dicembre 2011 desunte dal consuntivo dell'anno 2011 (in Euro):

- Avanzo di Amministrazione dal conto consuntivo dell'anno 2011 2.786.116,56�

- Residui passivi perenti esistenti alla data di chiusura dell'anno 2011 -�

- Avanzo di Amministrazione disponibile al 31 Dicembre 2011 1.689.832,79�

- Ammontare dei debiti fuori bilancio comunque esistenti e risultanti dall'elencazione allegata al c/consuntivo 2011 34.454,86�

4. Le principali entrate e spese per abitante desunte dal conto consuntivo 2011 sono le seguenti (in Euro):

- Entrate correnti …………………………… 186,11� - Spese correnti …………………………………………………… 177,34�

- Tributarie …………………………………… 94,43� - Personale ………………………………………………………… 44,76�

- Contributi e trasferimenti ………………… 71,58� - Acquisti beni e servizi …………………………………………… 45,81�

- Altre entrate correnti ……………………… 20,10� - Altre spese correnti ……………………..………………………… 86,77�

IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA

- VALTER CATARRA -

(1) i dati si riferiscono all'ultimo consuntivo approvato

Denominazione

Ai sensi dell'art. 6 della Legge 25 Febbraio 1987, n. 67, si pubblicano i seguenti dati relativi al bilancio preventivo 2012 ed al conto consuntivo 2011 (1)

ENTRATE SPESE

PROVINCIA DI TERAMO

95

96

( In migliaia di euro)

1) le notizie relative al conto economico sono le seguenti:

COSTI RICAVI

DENOMINAZIONE DENOMINAZIONE

Esistenze iniziali di esercizio

Personale: Fatturato per vendita beni e serviziRetibuzioniContributi socialiAccantonamento al T.F.R.

TOTALE

Contributi in conto esercizioGodimento beni di terziLavori, manutenzioni e riparaz.Prestazioni di servizi Altri proventi, rimborsi e ricavi diversi

TOTALE Costi capitalizzatiRimanenze finali di esercizioPerdita d'esercizio

Aquisto mater.prime e mater.di cons.Altri costi oneri e spAmmortamenti e svalutazioniInteressi su mutuiAltri oneri finanziariUtile d'esercizio

TOTALE TOTALE

ATTIVO PASSIVO

DENOMINAZIONE DENOMINAZIONE

Immobilizzazioni tecniche Capitale di dotazioneImmobilizzazioni immateriali Fondo di riservaImmobilizzazioni finanziarie Saldi attivi rivalutazione monetariaRatei e risconti attivi Fondo rinnovo a fondo sviluppoScorte di esercizio Fondo di ammortamentoCrediti commerciali Altri fondiCrediti verso Ente proprietario Fondo trattam. fine rapporto di lav.Altri crediti Mutui e prestiti obbligazionariLiquidità Debiti verso Ente proprietarioPerdita d'esercizio Debiti commerciali

Altri debitiRatei e risconti passiviUtile d'esercizio

TOTALE TOTALE

255 255

*) Ultimo consuntivo approvato dall'Ente locale IL PRESIDENTE

DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

8.050 8.707 8.050 8.707

8 2134 128

0 0 5.053 5.88179 61 0 0800 630 352 417

2.069 2.600 835 7182.594 2.863 240 260623 693 802 6779 19 27 25

632 720 1 11.244 1.121 343 343

ANNO 2011* ANNO 2010 ANNO 2011* ANNO 2010

2) le notizie relative allo stato patrimoniale sono le seguenti:

13.458 13.835 13.458 13.835

8 290 7223 26262 263354 453

5.675 5.8360 0

623 693

1.305 1.255

946 872 333 360

359 38332 0

5.048 5.108

295 2931.221 1.1973.532 3.618

12.470 12.782

693 820

ANNO 2011* ANNO 2010 ANNO 2011* ANNO 2010

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Ai sensi dell'art.6 della Legge 25 febbraio 1987, n.67 si pubblicano i seguenti dati relativi ai conti consuntivi del 2011 e 2010.

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