IV Serie 1963 Fascicolo IV (ottobre-dicembre) · 2017-01-03 · te le lezioni di Adolfo Venturi e...

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NECROLOGI PIETRO TOESCA I L RICORDO DI PIETRO T OESCA rimanga segnato anche in queste pagine, come pegno della gratitudine e del rim- pianto con cui l'Amministrazione delle Antichità e B elle Arti terrà sempre a proprio titolo d'onore la collaborazione per lunghi anni ricevuta dall'insigne studioso. Se pur relegata fra gli antefatti, piace qui accennare al- l'attività da lui svolta per cinque anni, dal 1907 al 1912, nella Soprintendenza all'arte medioevale e moderna di Torino : anche perchè favorì, oltre ai primi particolari studi sull' arte piemontese e lombarda, la maturazione d'un frutto eccellente: l'inventario delle op ere d'arte di Aosta, inizio e modello della serie" Cataloghi delle cose d'arte e d'antichità" , pubblicati a cura del Ministero della P.l. Poi, dal tempo della cattedra di Roma, conseguita nel 1926, per oltre trent'anni la presenza di Pietro Toesca fu sentita e costantemente ambìta negli atti più salienti della conservazione del patrimonio artistico italiano, anche al di fuori dei parlicolari incarichi che gli furono conferiti: nel Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti, più volte, dal '27 al '47; nel Consiglio direttivo della rivista .. Le Arti" , che dal '38 al '45 sostituì questo .. Bollettino d'Arte" come pubblicazione ufficiale del Ministero della P.l.; nel Consiglio tecnico dell'Istituto Centrale del Restau- ro, dalla fondazione (1939) per molti anni del suo fortunato affermarsi; infine quale presidente, dal '44 al '52, di quel- l'Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell' Arte, nel quale trovano confluenza e incremento le attività di studio e le iniziative di ricerca specializzata delle Università e delle Soprintendenze. Una presenza viva, costante, stimolatrice, da assumere forza di suggestione e di soggezione, spontaneamente, per il prestigio che emanava dal severo magistero della cattedra non meno che dalla vastità, novità e sicurezza degli apporti di una straordinaria e sempre più approfondita esperienza di conoscitore e di storico. La sua fortissima personalità s'era presto affermata in tutto il suo eccezionale rilievo. Quanti ebbero in sorte di seguire, nelle vecchie aule uni- versitarie del romano palazzo Carpegna, contemporaneamen- te le lezioni di Adolfo Venturi e di Pietro Toesca, serbano il ricordo di una diversità di umano temperamento e d'o rien- tamento didattico, se non di concezione metodologica, che po- teva sembrare contrasto, fra il vecchio Maestro e il disce- polo diventato docente accanto a .lui. L'uno, sempre fervido e generoso d'intuizioni geniali, d'e ntusiasmi, e d'incoraggia- menti, fino ali'indulgenza; l'altro, tutto rigore, concretezza e ritegno, da parer fredda intransigenza, fino a intimidire e sgomentare. Non era contrasto, ma provvida complementa- rità, che consolidava, con lucida coscienza del metodo, del carattere, della dignità di scienza, la giovane scuola ita- liana di Storia dell' Arte. Che cosa rappresentasse, per il progresso degli studi, l'atti- vità di Pietro Toesca, si vide subito; e si vede sempre più chiaramente, man mano che il tempo aggiusta inesorabilmente dimensioni e prospettive. Opere come La pittura e la minIatura nella Lombardia (1912) , Il Medioevo (1925), Il Trecento (1951), sono de- stinate a restare fondamentali nei futuri sviluppi dei nostri studi: monumenti di alta dottrinn, ma anche modelli di fe- lice eq uilibrio fra la più rigorosa e coerente filologia, la finis- sima individuazione critica dei più complessi valori dell'opera d'arte, e l'ampiezza e chiarezza della visione storica, sempre tracciata di prima mano, controllata e ricomposta con sicuro dominio e impareggiabile intuito. Gli stessi intervalli di tempo che corsero fra la pubblica- zione di queste opere ammoniscono della meditata, scrupolosa, incontentabile loro maturazione. D'altra parte, lo restante bibliografia, più densa che folta, percorrente varie zone, spesso fra le meno esplorate, della storia dell' arte italiana, mostra quanto il Toesca avesse accu- mulato di esperienze diverse da quelle medievalistiche, che gli avevano tanto presto e meritamente conferito fama di sommo specialista in campo internazionale. E purtroppo si sa quanta parte della sua ricchezza di sapere non è rimasta consegnata agli scritti. La sua fu scuola di scienza, di metodo, di dignità. Non si rievoca la sua figura senza rimaner tuttora soggiogati dal- l'autorità morale che ne emanava, anche fisicamente espressa nel gesto contenuto, nella parola scelta, sobria, e pur impre- gnata, per chi sapesse coglierlo, d'intimo calore, anche d'af- fetto. Non si ritorna mai sulle sue pagine senza ogni volta riscoprirvi, nella nettezza di una prosa scarna, sorvegliata, d'un tono sostenuto e come guardingo, la saturazione d'acute intuizioni e di lungamente filtrate meditazioni, l'implicazione di giudizi e richiami che ne dilatano il significato e ne arric- chiscono il frutto. Non perituro, dunque, il suo insegnamento, cui hanno at- tinto più generazioni di discepoli e di studiosi, molti dei quali sono saliti alle cattedre universitarie o militano nella travagliata difesa del patrimonio artistico italiano. Essi sanno qual debito li lega al ricordo di un grande Maestro. BRUNO MOLA]OLl BIBLIOGRAFIA 1900 - Precetti d'arte italiani. Dal XIV al XV secolo, Li vo rno . 1902 - Il " Liber Canonum" della Biblioteca Vallicelliana, in L'Art e, pp. 229-39· Gli affreschi della Calledrale di Anagni, in Le Gallerie Nazionali Italiane, pp. ,,6-,87. Recensioni in L'Arte, pp. 108 (W. J. Bradley), 175 (Kraus), 177 (G oldschmidt ). 1903 - Quadri di Cristoforo Scacco e di Amoniazzo Roman o, in L 'Arce, pp. 102-105· Ricordi di un viaggio in Iea/ia, in L' Arte, pp. 225-250. 1904 - Reliquie d'arte della badia di San Vin cenzo al Volturno, in Boli. ISI. St. It aliano, pp . 1-84. Umili piclOri fiorentini del principio del Quattrocento, in L' Art e, pp. 49-58. ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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NECROLOGI

PIETRO TOESCA

I L RICORDO DI PIETRO T OESCA rimanga segnato anche in queste pagine, come pegno della gratitudine e del rim­

pianto con cui l'Amministraz ione delle Antichità e B elle Arti terrà sempre a proprio titolo d'onore la collaborazione per lunghi anni ricevuta dall'insigne studioso.

Se pur relegata fra gli antefatti, piace qui accennare al­l'attività da lui svolta per cinque anni, dal 1907 al 1912, nella Soprintendenza all'arte medioevale e moderna di Torino : anche perchè favorì, oltre ai primi particolari studi sull' arte piemontese e lombarda, la maturazione d'un frutto eccellente: l'inventario delle opere d'arte di Aosta, inizio e modello della serie" Cataloghi delle cose d'arte e d'antichità" , pubblicati a cura del Ministero della P.l.

Poi, dal tempo della cattedra di Roma, conseguita nel 1926, per oltre trent'anni la presenza di Pietro Toesca fu sentita e costantemente ambìta negli atti più salienti della conservazione del patrimonio artistico italiano, anche al di fuori dei parlicolari incarichi che gli furono conferiti: nel Consiglio Superiore delle Antichità e Belle Arti, più volte, dal '27 al '47; nel Consiglio direttivo della rivista .. Le Arti" , che dal '38 al '45 sostituì questo .. Bollettino d'Arte" come pubblicazione ufficiale del Ministero della P.l.; nel Consiglio tecnico dell'Istituto Centrale del Restau­ro, dalla fondazione (1939) per molti anni del suo fortunato affermarsi; infine quale presidente, dal '44 al '52, di quel­l'Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell' Arte, nel quale trovano confluenza e incremento le attività di studio e le iniziative di ricerca specializzata delle Università e delle Soprintendenze.

Una presenza viva, costante, stimolatrice, da assumere forza di suggestione e di soggezione, spontaneamente, per il prestigio che emanava dal severo magistero della cattedra non meno che dalla vastità, novità e sicurezza degli apporti di una straordinaria e sempre più approfondita esperienza di conoscitore e di storico.

La sua fortissima personalità s'era presto affermata in tutto il suo eccezionale rilievo.

Quanti ebbero in sorte di seguire, nelle vecchie aule uni­versitarie del romano palazzo Carpegna, contemporaneamen­te le lezioni di Adolfo Venturi e di Pietro Toesca, serbano il ricordo di una diversità di umano temperamento e d'orien­tamento didattico, se non di concezione metodologica, che po­teva sembrare contrasto, fra il vecchio Maestro e il disce­polo diventato docente accanto a .lui. L'uno, sempre fervido e generoso d'intuizioni geniali, d'entusiasmi, e d'incoraggia­menti, fino ali'indulgenza; l'altro, tutto rigore, concretezza e ritegno, da parer fredda intransigenza, fino a intimidire e sgomentare. Non era contrasto, ma provvida complementa­rità, che consolidava, con lucida coscienza del metodo, del carattere, della dignità di scienza, la giovane scuola ita­liana di Storia dell' Arte.

Che cosa rappresentasse, per il progresso degli studi, l'atti­vità di Pietro Toesca, si vide subito; e si vede sempre più

chiaramente, man mano che il tempo aggiusta inesorabilmente dimensioni e prospettive.

Opere come La pittura e la minIatura nella Lombardia (1912) , Il Medioevo (1925), Il Trecento (1951), sono de­stinate a restare fondamentali nei futuri sviluppi dei nostri studi: monumenti di alta dottrinn, ma anche modelli di fe­lice equilibrio fra la più rigorosa e coerente filologia, la finis­sima individuazione critica dei più complessi valori dell'opera d'arte, e l'ampiezza e chiarezza della visione storica, sempre tracciata di prima mano, controllata e ricomposta con sicuro dominio e impareggiabile intuito.

Gli stessi intervalli di tempo che corsero fra la pubblica­zione di queste opere ammoniscono della meditata, scrupolosa, incontentabile loro maturazione.

D'altra parte, lo restante bibliografia, più densa che folta, percorrente varie zone, spesso fra le meno esplorate, della storia dell' arte italiana, mostra quanto il Toesca avesse accu­mulato di esperienze diverse da quelle medievalistiche, che gli avevano tanto presto e meritamente conferito fama di sommo specialista in campo internaz ionale. E purtroppo si sa quanta parte della sua ricchezza di sapere non è rimasta consegnata agli scritti.

La sua fu scuola di scienza, di metodo, di dignità. Non si rievoca la sua figura senza rimaner tuttora soggiogati dal­l'autorità morale che ne emanava, anche fisicamente espressa nel gesto contenuto, nella parola scelta, sobria, e pur impre­gnata, per chi sapesse coglierlo, d'intimo calore, anche d'af­fetto. Non si ritorna mai sulle sue pagine senza ogni volta riscoprirvi, nella nettezza di una prosa scarna, sorvegliata, d'un tono sostenuto e come guardingo, la saturazione d'acute intuizioni e di lungamente filtrate meditazioni, l'implicazione di giudizi e richiami che ne dilatano il significato e ne arric­chiscono il frutto.

Non perituro, dunque, il suo insegnamento, cui hanno at­tinto più generazioni di discepoli e di studiosi, molti dei quali sono saliti alle cattedre universitarie o militano nella travagliata difesa del patrimonio artistico italiano.

Essi sanno qual debito li lega al ricordo di un grande Maestro. BRUNO MOLA]OLl

BIBLIOGRAFIA

1900 - Precetti d'arte italiani . Dal XIV al XV secolo, Livorno. 1902 - Il " Liber Canonum" della Biblioteca Vallicelliana, in L'Arte,

pp. 229-39· Gli affreschi della Calledrale di Anagni, in Le Gallerie Nazionali

Italiane, pp. ,,6-,87. Recensioni in L'Arte, pp. 108 (W. J. Bradley), 175 (Kraus), 177

(G oldschmidt ). 1903 - Quadri di Cristoforo Scacco e di Amoniazzo Romano, in L 'Arce,

pp. 102-105· Ricordi di un viaggio in Iea/ia, in L'Arte, pp. 225-250.

1904 - Reliquie d'arte della badia di San Vincenzo al Volturno, in Boli . ISI. St. Italiano, pp. 1-84.

Umili piclOri fiorent ini del principio del Quattrocento, in L'Arte, pp. 49-58.

©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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L'Ufficio Fotografico del Ministero della Pubblica Istruzione, in L'Arte, pp. 80-82.

Nuove opere di don Lorenzo Mona co, in L'Arte, pp. 171- 1 74· Opere di Gio vanni di Paolo nelle collezioni romane, in L 'Arte,

pp. 303-308. Gli antichi afffreschi di Santa Maria Maggiore, in L'Arte, pp. 312-

3 1 7. Notizie della badia di Grottafe rrata, in L' Arte, pp. 317-323. Le vicende di un ritratto del Velasquez, in L'Arte, p. 509· Un f rammento dell'antica porta di San Paolo fuori le mura ed un

cimelio farfen se orQ smarrito, in L'Arte, p. 509· Il chiostro della basilica di San Paolo, in L' Arce, p . 510.

Il Palazzo papale di Viterbo, in L 'Arte, pp. 510-5 1 3. 1905 - Mich elino da B esozzo e Giovannino de' Grassi, in L'Arte, pp. 321-

339· 1906 - Cimeli i bizantini : il calamaio d'un calligrafo, il cofanetto della catte-

drale di Anagni, in L 'Arte, pp. 35-44· A proposito di Giovannino de' Grass i, in L'Arte, pp. 56-57. Dipinti nella Galleria Estense di M odena e nel M useo Kircheriano di

R oma, in L'Arte, pp. 373-377. Antichi affreschi a San Pier d'Arena, in L'Arte, p. 260. A ntichi affreschi nei dintorni dr Albenga, in L'Arte, pp. 460-461. Opere di B arnaba da Modena in Liguria , in L'Arte, pp. 461-462. Suppellettile barbarica nel museo di Lucca, in Ausonia , I, pp. 60-67. Un dipinto d i G audenzio Ferrari, in R ass. d'Arte, pp. 42-43.

1907 - Di un pittore emiliano del Rinascimento, in L'Arte, pp. 18-24. Disegni di antica scuola lombarda , in L'Arte, pp. 52-55 . Di alcuni miniatori lombardi della fine del Trecento, in L 'Arte,

pp. 184-1 96. 1908 - L'Ostensorio gotico di Vogh era, in R ass. d'Arte, pp. 69-70.

Vetri italiani a oro con graffiti del XIV e XV secolo, in L'Arte, pp. 247-261.

Masolino da Panicale , Bergamo. Lo scultore del mausoleo di Francesco Spinola, Nozze Fedele-de F a­

britiis, N apoli . 1909 - Notizie di Piemonte e di Liguria, in L 'Arte, pp. 461-465.

L a scultura italiana nel Quattrocento, in Nuova Antologia, pp. 636-642.

Vicende di un'antica chiesa di Torino, in Boll. d'Arte, pp. 1-16. 1 910 - Antichi affreschi piemontesi, in Atti Soc. Arch . e Belle Arti per la

Provincia di Torino , pp. 1-16. L e miniature dell'Elogio funebre di Gian G aleazzo Visconti, in R ass.

d'Arte, pp. 156-158. 19I1 - A osta (Catalogo delle Cose d'Arte e d'antichità d ' Italia, I) , R oma.

Un dipinto di I acopo d'Antonello da M ess ina, in Rass. d'Arte, p. 16.

191 2 - Amichi dipinti e intagli piemontes i. Art e italiana decorativa e indu­striale. Milano.

L a pittura e la miniatura nella Lombardia dai più antichi monumenti alla metà del Quattrocento, Milano.

L e miniature dell'Entrée de Spagne, in Scritti vari in onore di R. Renier, Torino, pp. 747-753.

19 13 - Ancora della pittura e della miniatura nella L ombardia, in L'Arte, pp. 136-140.

1914 - Dal Mant egna al Correggio, in Nuo va Antologia, pp. 253-259. 19 17 - Il pittore del trittico Carrand, G iovanni di Francesco, in R ass. d'Arte,

pp. 1-4· M armi della scuola di Niccolò Pisano, in Rass. d'Arte, pp. 93-96. M anoscritti miniati della Biblioteca del Principe C orsini a Firenze,

in Rass. d'Arte, pp. "7-128. Una tavola di Filippo Lippi, in Boli. d'Arte, pp. 105-IlO.

1918 - Un dipinto di Gerolamo da Cremona, in Rass. d'Arte, pp. 141-143. La Casa Bagatti- Valsecchi, Milano.

1920 - Vetrate dipinte fiorentine, in Boli. d'Arte, pp. 3-6. Recensione: J. STRZYG OWS KI, Die Baukunst der Armenier und Europa,

in Riv. storo italiana . Una scatola dipinta da Domenico di Bartolo, in R ass. d'Arte senese,

pp. 107-108. 1921 - Sculture fiorentine del Quattrocento, in Boli. d'Arte, pp. 149-158. 1921-22 - S andro Botticelli e Dante, in Ann. 1st. St. Superiori di Firenze,

pp. 1-20. 1922 - S andra Botticell i e Dante, in La Bibliofilia, pp. 1-21. 1923 - Adolfo Venturi, in Boli. 1st . Arch. e St. dell 'Arte.

Dipinti di Barnaba da Modena, in Boli. d'Arte, pp. 291-294. Frammento di un trittico di Masolino, in Boll. d'Arte, pp. 3-6.

1924 - L a Vita di Gesù Cristo miniata da Nicola Glockendon, Modena, pp. 23-38.

L'architettura della porta di Capua, in M élanges B ertaux, Parigi, pp. 292-299·

1925 - Gli afffreschi del Duomo di Aquileia, in Dedalo, pp. 32-57. 1925-26 - Una lampada pensile di bronzo, in Boli. d'Arte, pp. 433-36. 1927 - Storia dell'Arte Italiana, I : Il Medioevo, Torino, 1914-27 (il volume,

per soli to citato con la data del 1927, fu pubblicato a dispense a partire dal 1914).

1928 - Fabrizio Lucarini, in B oll. d' A rte, p. 192. 1929 - La pittura fiorentina del Trecento, Verona (anche in ed. tedesca e

inglese). Miniature romane dei secoli XI e XII. B ibbie miniate, in Riv. 1st. A rch.

e St. dell' Arte, pp. 69-96. Monumenti e Studi per la Storia della Miniatura Italiana. I : L a colle­

zione di Ulrico Hoepli, Milano. 1930 - Trecent ist i toscani nel Museo di B erna, in L'Arte, pp. 5-1 5. 1930-37 - Enciclopedia Italiana: Biduino (VI); B onanno (VII); Calco (VIII);

Castel de l Monte, Cavallini, Pietro (IX); Cimabue, Civate (X); De' Grassi , Giovannino (XII); Domenico da Venezia, Duccio (XIII); Franco Bolognese (XVI) ; G iotto, Giovanni di Benedetto, Giovanni d i Fra ncesco, Giovanni Pisano, Giunta Pisano, G otica, arte (pit­tura e miniatura), Gruamonte (XVII); Guglielmo, Guidetto, Guido da Como, Guido da Siena, Iconografia (XVIII); Lippi, Filippo (XXI) ; Masaccio, M aso, Masolino (XXII) ; Michelangelo, Miche­lino da B esozzo (XXIII); Musaico, Nicola di B artolomeo, Nicolao, Nicola Pisano, Normanna, arte (XXIV); Oderisi da Gubbio, Orca­gna, Andrea, Nardo, I acopo; Orlandi, Deodato (XXV); Pesellino, Francesco (XXVI) ; Piero della Francesca, Policromia, Pollaiolo (XXVII); Prospettiva (XXVIII); R esurrezione, Rinascimento (XXIX) ; Rusuti, Romanica, arte, Sant' A ngelo in Formis, San Vincenzo a l Volturno (XXX) ; Sesto a l R eghena (XXXI); Starnina Gherardo, Stefano da Verona (XXXII) ; Venturi A dolfo, Wiligel­ma (XXXV) .

193 I - Una lezione su Giotto, in Annali Istruzione media, pp. 2 12-20. 1932 - Francesco P esellino miniatore, in D edalo, pp. 85-91.

Saper vedere, in Annali Istruzione media, pp. 10-15 . Una M adonna di Filippo Lippi , in L 'Arte, pp. 89-90.

1934 - Un cimelio amalfitano, in B oli. d'a rte, pp. 537-43. 1937 - D ell'urnetta argentea di San Na zaro a Milano, in Scritti in onore di

B artolomeo Nogara, Roma, pp. 503-506. 1938 - M elazzo da Forlì, in Nuova Antologia, pp. 3 14-322.

Un capola voro di Michelangelo. La Pietà di Palestrina, in Le Art i, pp. 15-IlO.

1941 - Giotto, Torino. A dolfo Venturi, in L e Arti, pp. 309-312. A dolfo Venturi . Commemorazione, in R endiconti A ccademia d'Italia .

1942 - Adolfo Venturi. Commemorazione tenuta all'1s t . Arch. e St. del­l'Arte, Roma.

Gli stucchi di San Pietro al M onte di Civate, in Le Arti, pp. 55-58. Gio ventù di Giotto, in Civiltà, pp. 29-50.

1943 - M onumenti dell'antica abbazia di S an Pietro al Monte di Civate, Firenze.

1944 - Gli affreschi della Cappella di S an Silvestro in Santa Croce a Firenze, Firenze.

1944-45 - Adolfo Venturi, in Ann. Università di R oma, pp. 273-74. 1945 - Gli affreschi della Vita di S an Francesco nella chiesa superiore del

S a ntuario di A ss isi , Firenze. 1946 - Oreficerie della scuola di Nicola Pisano, in Arti figurative, pp. 34-36.

Masolino a Castiglione Olona, Milano. 1947 - Quelques miniatures vénitiennes du XlVi! siècle, in S criptorium,

pp. 71-74· Un Crocifisso borgognone, in B elle Arti, pp. 135-1 39. Castelseprio, in Il Giornale d'Italia, I O agosto. Una p agina della pittura medioevale. Santa Maria di Castelseprio, in

L a Prealpina, 23 ottobre. 1948 - Giotto, in Les peintres célèbres, Ginevra, pp. 86-99.

Gli affreschi del Vecchio e del Nuovo Testamento nella chiesa superiore del santuario di A ssisi , Firenze.

Di un minatore e pittore emiliano, Francesco Marmitta, in L' Arte, pp. 33-39·

195 1 - Storia dell'Arte Italiana. II. Il Trecento, Torino. L'uffiziolo visconteo della collezione L andau-Finaly, Firenze. Un capolavoro dell'oreficeria veneziana del Dugento, in Arte Veneta,

pp. 15- 20. Maioliche decorative nel Duomo di Lucca, in Faenza, p. 1.

S chedula per Giovanni Baronz io da Rimini, in B eitriige fiir Georg Swarzenski, pp. 66-69.

Gli affreschi di Castelseprio, in L'Arte, pp. 3-10. 1951-52 - Ombre Proietta te, in Spazio, pp. 1-4. 1952 - S . Vitale di Ravenna. I Mosaici, M ilano. 1955 - L a Cappella Palatina di Palermo. I Mosaici, Milano. 1956 - On Niccolò dell 'Arca, in Art Quarterly, pp. 271-77. 1957 - Mosaici di San Marco, Milano. 1958 - Tarsie. Agenda ENIT.

Minia ture di una collez ione veneziana, Venezia. 1959 - Pietro Cavallini, Milano.

L'arte dell'alluminare, in Libro dei giovani italiani, ENIT. 1960 - Una postilla alla " Vita di S an Francesco " nella chiesa super iore di

A ssisi, in Studies in the History of Art dedicated to W. E. Suida, pp. 21-25·

Il B attistero di Parma, Milano.

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EMILIO LA V AGNINO

S E nei nostri studi incontriamo anche in epoche assai lon­tane studiosi e Il funzionari" - diciamo pure la brutta

parola - che svolgevano - e talvolta egregiamente -una attività analoga alla nostra oggi, in effetti la strut­turazione dell' Amministrazione delle Belle Arti e il grande e capillare incremento delle conoscenze storico-artistiche del nostro secolo ha impegnato tre generazioni, da quella che era di uomini anziani quando noi si era giovani, a quella che è di giovani, ora che noi siamo alle soglie della vec­chiaia. Ed il nostro compito, direi quasi il nostro destino, è stato quello di intrecciare, di fondere una attività pratica a una cultura storico-artistica, il "lavoro d'ufficio" ad una coscienza storica delle qualità e del peso dei documenti artistici del passato. E della mia generazione Emilio Lava­gnino rimarrà fra i più attivi e capaci, di un volto umano e mentale fra i più chiari e spiccanti.

Sin dai suoi primi anni egli ha preso la sua via con si­curezza, senza perdere un passo, spontaneamente. Nato il 22 agosto 1898, fatto il liceo al Collegio Militare, stu­dente in lettere, ufficiale di artiglieria durante la prima guerra europea, laureato con tesi in Storia dell'Arte nel 1921, vincitore di borsa di studio presso la Scuola di Storia dell' Arte dell' Università di Roma; degli anni dal '21 al '24 sono già le sue prime pubblicazioni, nell'autunno del '25 vince il concorso di ispettore nella nostra amministra­zione; ed a quegli esami di concorso nessuno di noi - io ben ricordo - era così spontaneamente e lietamente sicuro. Ed a ragione, chè egli era stato ottimo scolaro di una grande scuola, quella di Adolfo Venturi, negli anni in cui il Maestro preparava la sua storia dell' architettura italiana del Quat­trocento. E l'avviamento a leggere come cosa viva, a veder da ogni parte,.quasi direi a conversare coll'opera di architet­tura darà i suoi frutti in lui, si può dire, dai primi volu­metti per la collezione dei "Palazzi" e delle "Chiese di Roma" sino all'ultimo suo libro su "S. Spirito in Sas­sia". E alla Soprintendenza di Napoli, dove egli è stato tra il '27 e il '29, fu la sua collaborazione - di cui non saprei delimitare l'intervento ma che fu certamente de­cisiva - al restauro della Chiesa di S. Gennaro ex tra moenia ed alla indagine storica e stratigrafica di essa, sino alla scoperta - fra le più importanti d'arte paleocristiana in quegli anni - dei dipinti del V secolo su blocchi di murature crollate, tra le fondamenta delle costruzioni successive.

Ma nel dicembre del '28 Lavagnino scriveva a Roberto Paribeni, allora nostro Direttore Generale: "lo, romano di Roma, studioso appassionato di cose romane, attaccatis­simo alla mia città, da tre anni ne sono lontano, cioè da quando sono entrato nell' Amministrazione". Oltre allo affetlO per i suoi familiari lasciati a Roma, era proprio la sua passione di studioso di cose romane a fargli deside­rare il rilOrno nella sua città, anche se a Napoli colla sua attività ed energia poteva cogliere frutti invidiabili. Ed alla Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie di Roma egli era trasferito nel 1929. Pochi anni dopo, nella relazione per il concorso a Direttore, Federico Hermanin scriveva di lui: "Colto e assetato di apprendere e di conoscere, il dotto Emilio Lavagnino è uno di quei funzionari che amano

la propria professione, e non è in lui quel vago amore per le opere d'arte che molti hanno ma che non conduce a nes­sun pratico risultato. Egli ama le opere d'arte e opera con tutte le sue forze perchè siano bene studiate e bene conser­vate ... Fisicamente robusto ed animalO da un vivo senso di vedere e di conoscere, egli ha percorso in tutti i sensi, senza curare fatiche e disagi, le quattro provincie della circoscrizione di questa Soprintendenza ed ha saputo sco­prire belle e interessanti opere d'arte dimenticate ... ,,: pa­role che mi piace riportare perchè acute, persuase e sincere. L'energia, la dediz ione, l'intelligenza di Lavagnino nello studio di Roma e del Laz io furono realmente grandissime e tanto più ammirevoli quando si pensi che i suoi interessi storici andavano ben oltre i confini della regione, come ne sono riprova la sua storia dell'arte medievale italiana e la sua "Arte Moderna", entrambe vastissime e con parti di un vivo impegno critico, ma a Roma e nel Lazio egli aveva un dominio così sottile e sicuro della materia, da poter raggiungere quella precisione e quell' ambientamento del dato storico che era la sua gioia di studioso e di conosci­tore. Citerò in tal senso il suo saggio su Leonardo a Roma e quello sulla Architett ura di Palazzo Venezia. I successi di restauro, di messa in valore, di illustrazione di opere d'arte, di mostre, di nuovi ordinamenti che egli ha raggiunti nei 30 anni di vita d'ufficio a Roma avevan la base su una conoscenza di una vastità e di un'attenzione approfonditis­sima: bastan le sue pagine sull'opera di Valadier nella sua "Arte Moderna" o la pagina sulla inquadratura pro­spettica di Palazzo Farnese nel "S. Spirito in Sassia" per rendersi conto di quanta intelligenza di osservazione fosse fatto il suo amore per Roma.

Dalla stessa bibliografia di lui traspaiono, assai chiara­mente, quelli che sono stati i suoi interessi, sia storici che di impegno di ufficio, a Roma e nel Lazio, ma quel che va rammentato - ché gli anni passano e dimenticare è facile - è quel che egli ha fatto durante la seconda guerra mondiale.

Dal 1938 in poi egli fu al Ministero della Pubblica Istru­zione quale 1 spettore Centrale; benchè ufficialmente collo­cato a riposo sul principio del '44, perchè non ubbidiente alla chiamata al Nord, e benchè egli fosse tutt'altro che si­curo e tranquillo in quei pessimi mesi per sè e per i suoi, egli rimase a Roma attento e presente : e riuscì ad effettuare tra la fine del '43 e il principio del '44 il trasferimento in Vaticano degli enormi ricoveri di opere d'arte di Carpegna e di Sassocorvaro - dove eran state rifugiate opere nume­rosissime di primaria importanza, da Roma, da Milano, da Venezia, dalle stesse Marche - oltre a quello del­l'intero Tesoro di S. Marco, dato (Pala d'oro compresa!) in custodia al Vescovo di Urbino. In Vaticano, è no­torio, questo enorme assieme di opere ebbe ospitalità accu­ratissima: mentre la guerra insistè, e con durezza, a lungo nelle Marche settentrionali, con pericoli incalcolabili per questi grandi depositi sperduti nei remoti castelli del Montefeltro.

Un grosso servizio insomma recato da Lavagnino con la sua decisione, la sua energia, il suo intuito e la sua enorme capacità di lavoro, chè ogni trasferimento risultò - all'atto

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del ritiro delle opere - documentato e ordinatissimo. Chè poi - anche se meno spettacolari come entità di opere poste in salvo - i suoi interventi furono numerosissimi per i cinque mesi successivi - e in un crescer continuo di difficoltà e di pericoli - a raccogliere e portare a Roma le opere delle Chiese del Lazio, e, dopo l'occupazione alleata, ovunque anche in regioni lontane a rendersi conto di quel che era av­venuto e delle prime provvidenze da prendere.

La sua nomina a Soprintendente alle Gallerie di Roma è del 1952. Egli resse cioè questo importantissimo ufficio per poco più di dieci anni, l'ultimo già insidiato oscuramente dal male.

Molto lo preoccupò la situazione della Galleria Nazionale d'Arte Antica di Roma, privata di quasi metà delle sue belle sale di Palazzo Corsini; poco dopo il '56 venivano ad essa assegnate le sale di sinistra del piano nobile di Pa­lazzo Barberini, di recente acquisto, troppo poche e non felici. Comunque egli vi adattò con gusto e misura la parte più antica della grande raccolta, organizzando nel salone di Pietro da Cortona, con l'aiuto di Nolfo di Carpegna, quattro mostre successive di opere sei-settecentesche, e cioè le mostre di dipinti fiamminghi e olandesi, di Caravaggio e i Caravaggeschi, dei vedutisti e paesisti a Roma, dei pit­tori napoletani, mostre eccellentemente allestite, con ottimi cataloghi, a che almeno il pubblico più colto non dimenti­casse l'esistenza di questa massima galleria italiana d'arte barocca.

Altro suo impegno i musei dei centri minori, comunali e diocesani, dove si raccogliessero le opere più rilevanti disperse per le chiese minori e, prima di raccogliere ed espor­le, restaurar le, guarirle dei danni del tempo e - sovente -dell'ultima guerra: Museo Civico di Viterbo, Museo Dio­cesano di Gaeta, Museo Civico di Rieti, Museo Capitolare della Cattedrale di Velletri - iniziative complesse e labo­riose, in cui egli ebbe collaboratori capaci e devoti (Faldi, Maltese, Mortari, Salerno, Toesca) in un affiatamento di lavoro raro ed efficiente, dovuto appunto alla sua compe­tenza, alla sua chiarezza di intenti, alla sua instancabile cordialità.

E le mostre organizzate da Lavagnino: tutte di misura giustissima e su temi importanti e opportuni: al Palazzo delle Esposizioni in Via Nazionale o nelle grandi sale di Palazzo Venezia e che tutte hanno avuto un largo successo e un'attenzione viva di pubblico. In tutte egli moltissimo ha fatto per l'allestimento, riuscendo sempre a un tono disinvolto e accurato, a un ordinamento perspicuo e a una chiara presentazione delle opere - reparto italiano della Mostra del Seicento Europeo; il '700 a Roma; 1'800 francese; L'Arte del Mezzogiorno; Mostra dei Vedutisti francesi a Roma; e - a Palazzo Venezia - Mostra dei Disegni delle Collezioni Reali di Windsor, d'Arte Indiana, degli Arazzi francesi dal Medioevo a oggi, del Disegno francese, degli Argenti inglesi. A volte l'organizzazione scientifica della mostra era affidata ai suoi colleghi stra­nieri, come per gli Argenti inglesi dal 1660 al 1830, ma per lo più egli interveniva minutamente sin da principio nell'ideazione della mostra stessa e, via via, nella scelta delle opere, col suo giudizio, con segnalazioni preziose, sempre vigile, come nella Mostra del Settecento a Roma, che rimarrà illustrazione monumentale di un capitolo im-

portante di storia dell' arte e di storia della civiltà e del costume.

Ma tutta questa sua attività di organizzatore di mostre e di musei non diminuiva affatto il suo impegno di studi e la sua cura assidua dell'incremento, ovunque possibile, delle raccolte di Stato; ed una giornata particolarmente fausta per lui e per le gallerie romane fu quella in cui, a Lon­dra, potè accogliere, per il Governo Italiano, la donazione della raccolta dei bellissimi dipinti settecenteschi del Duca di Cervinara.

E proprio negli ultimi anni egli aveva i suoi due successi più preziosi col restauro del Ciborio di Andrea Palladio nell'Ospedale di S. Spirito e coll'altro, complessissimo, della finta cupola prospettica di Andrea Pozzo in S. Ignazio - opera significantissima del Seicento italiano, sottratta al godimento e alla conoscenza degli storici d'arte, anche i più agguerriti, da un oscurimento totale e da un pesante velario che la nascondeva. Anche qui Lavagnino impostava l'opera di restauro su un piano lucido e coraggioso: il grande dipinto era calato, smontato, pulito, ricomposto, fatto ri­salire all' alto della volta, dove esso apre e conchiude a un tempo una delle più belle prospettive del Seicento. Ma si ebbe solo il tempo di telegrafargli il compimento del­l'opera nella clinica di Ginevra dove egli era ricoverato; due giorni dopo, il 12 aprile del '63, egli si spegneva

per sempre. G. CASTELFRANCO

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Direttore responsabile: BRUNO MOLA]OLI

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