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ChiaroScuro Giornale scolastico ISA Roma 2

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ChiaroScuro

Giornale scolasticoISA Roma 2

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Titolo: ChiaroScuroNumero: 3Data: Giugno 2010Presidente: Mariagrazia DardanelliDirettore responsabile: Silvia ColettiDirettore di redazione: Andrea BonavogliaRedazione collaboratori docenti e non: Mariagrazia Dardanelli, Daniela De Angelis, Giorgio Calabria, Giovanna Nosarti,Marco Buzzi, Annalisa Vecchiarelli, Giancarla Goracci, Lucia Brongo, Maria Clara Di Benedetto, Elena Andreozzi, StefaniaCiasco, Malavenda Francesco, Ottaviani Floriana, Fiordigigli Savina, Andrea Bonavoglia e Silvia ColettiRedazione collaboratori studenti: Lorenzo Bruschi Polidori IV L, Daniele Secci IV L, Mirco Milio IV L, Luca Ranieri IV L,Tiziano Di Giovanni IV L, Emilio Lippolis IV L, Eleonora Felli II P, Giada Ulisse IV L, Matteo Sforza IV L, Marzia Palamara IG, Martina Di Cesare IV P, Luca Ercoli IV A, Federica Quartullo IV P, Arianna Antonini II N, Daniele Russo II N, Elisa CunzoIII L, Francesca di Bartolo II N, Claudia Orsini II N, Marta Vaccaro I F, Donna Polacchi III N, Cristiano Raffaelli I E, LudovicaNardi I E, Cassandra Sabatini II G, Giorgio Pomettini IV P, Federica Marazza V L, Galli Giorgia II P, Zeffoli Alessio III A,Moscatelli Simone III A, Mazzini Lorenzo III A, Bologna Salvatore III A, Pescuma Tiziano IV A, Sartarelli Fabrizio IV A, DeRosa Marco IV A, Stazi Alessio IV A, Elisa Cunzo III L, Sara Gianfermo II P, Erica Vommaro II P, Erica Vommaro classe IIP,Chiara Antonini I CChiara Antonini classe I C, Martina Palmieri II P, Alfonso Del Vecchio classe II P,Filippo Manfredi IC,Valerio Vincioni II P,Marzia Palamara I G, Giorgia Colella I C, Giorgia Sedda I C, Silvia Taurino I G, Gloria Concutelli II P,Federico Fruscoloni II P, Martina Palmieri II P, Cristiano Coltella I C, Cecchini Erica II P, Cassandra Sabatini II G, MartinaAcquafredda III B, Luca Alessandroni I G, Silvia Aprile I B, Francesca Bianchi IV N, Claudio Del Sordo III B , Alfonso DelVecchio II P, Rosetta Di Bernardini IV N, Massimo Esposito ex alunno, Daniela Liberali III B, Danislava Lyutakova III B,Brookelly Nlemibe IV M, Celeste Pasquali ex alunna, Cassandra Sabatini II G, Roxana Telli III B , ElisabetaTroncarelli II A,Claudia Aquilini IV L, Valentina Orlandi IV P, Ileana Celli III B, Veronica De Laurentis IV P, Roberta Lori IV P, Martina DiCesare IV P, Fasciani Emanuele II P, Ziantoni Gabriele V M , De Martino Giulia VM, Lettieri Sara II A, Colantoni Flavia IIIL,Claudia Sancilio IV N, Salvitti Silvia I E, Enrica Spampinato VP, Chiara Tascioni VP, Cristina Beyene VPWebmaster sito giornale: Andrea BonavogliaIdeazione, progettazione e impaginazione: Silvia ColettiImmagini, lavori e fotografie dei docenti e/o collaboratori tecnici: Giorgio Calabria, Nino De Luca, Sergio Camilloni, Maira Fucci,Patrizia Corona, Carmelo Vignanisi, Claudio Monni, D’Ugo Maurizio, Alessandro Reale, Francesco Calia, Antonacci Marisa,Zampolini Claudio, Lepore Fioravanti, Brocani Luana, Alessandra Ponti, Luisa Bruni, Gabriella GiumentoImmagine di copertina: Lavoro sezione Rebibbia, Donne tra fiori, di Iena Zemempatita, pittura su cartoncinoEditore: ISA Roma 2Loghi Sponsor: ISA Roma 2, Photoclub Controluce, Kucire srl

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Voce agli studenti pag. 6

Proposte pag. 12

Spazio aperto pag. 20

Variazioni pag. 57

Diverso da chi pag. 28

Stanze dell’arte pag. 40

Angoli di memoria pag. 50

Indice Editoriale pag. 5

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FotoGrafieSegni di luce di Mariagrazia Dardanelli

“Ho ampliato il significato della parola pittura fino a quello di formazione di immagini.”“Il lavoro artistico è, secondo me, un’operazione che non si conclude con la produzione di un’opera,o meglio l’opera prodotta non è fine a se stessa, ma deve essere uno stimolo per l’osservatore,il risultato di un complesso modo di operare che, a partire dalle formulazione di un pensiero,lo traduce in un’immagine suscettibile di lettura, cioè di comunicazione.Gli oggetti ritrovano nel fotogramma la loro espressione primordiale,noi possiamo vederli al di là della loro forma reale.”Luigi Veronesi

Le opere di Mariagrazia Dardanelli appaiono allo spettatore modernissime, astratte ed ottenute tramiteuna macchina fotografica digitale ma in realtà si rifanno a quella che si può dire ormai una tradizionecentenaria, anche se gli artefici di un secolo fa rifiuterebbero sicuramente tale definizione di stampodecisamente passatista …… negli studi di Mariagrazia Dardanelli, ottenuti dopo ardue sperimentazioni sulla luce e sul movimento,mai ritoccati al computer e sempre rispondenti ad un gesto della mano che evoca quello del pittoreclassico coi suoi strumenti di lavoro. Notazioni sull’ottica e sulla teoria dei colori si coniugano in questeopere ad un’aura di mistero che consiste in quel tanto di inaspettato che può risultare da un gesto fulmineodi cui si calcolano le conseguenze ma si prevedono anche delle sorprese, dovute al caso, alla fatalità, aduna scrittura automatica che deve fare sempre i conti con l’inconscio. Sono opere colorate oppure ele-gantemente giocate sul bianco e nero, in cui la luce si stempera, si distende, si arriccia, si dilata, filadiritta come un dardo o compie volute simili a ricami di organza e tulle. I risultati non sono mai del tuttocasuali ma rispondono invece ad una severa logica costruttiva, spesso ispirata da norme geometricheed architettoniche, quest’ultime originaria passione dell’autrice insieme alla pittura studiata all’Accade-mia di Belle Arti...… Le sequenze, che si vorrebbero infinite, si aprono a sorprendenti varianti di giochi di luce che creanotracce sempre diverse eppure ispirate ad un comune denominatore, come quelle intitolate scie, guglie,nastri, irradiazioni, vibrazioni, segni. Le serie dei gruppi denominati stanze, volumi, piani, strutture, sonoinvece decisamente ispirate ad una logica costruttiva, agli spazi che, sia pure fatti di luce, in qualche casosono dedicati ad architetti come Tange e Botta, molto amati dall’autrice …… Si tratta dunque di una pratica pienamente contemporanea, attenta all’aspetto tecnologico ma ancheai richiami del passato, memore di quell’impegno, che fu anche e principalmente politico, che portò unagenerazione a credere nel valore sociale dell’arte, alla sua trasmettibilità soprattutto attraverso la scuolapubblica e specialmente quella nata su suggestioni gropiusiane. Si tratta di un astrattismo senza com-promessi, ancora fidente nei valori positivi della modernità, ancora legato al legame tra teoria e prassi edalla conoscenza della vita intesa come impegno.Daniela De Angelis

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Voce agli studentiLa creatività è permettersi di fare degli errori.

L’arte, è sapere quali di questi tenere. (Scott Adams)

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Fumetto+ Manga - Disegno a mano liberadi Eleonora Felli classe II P

DOSSIER ADOLESCENZAa cura di Maria Clara Di Benedetto

Adolescenza: un’età “difficile”, come ripetiamo tutti. Un’età in cui si ricerca la propria identità tra desideriodi distinguersi dagli altri e voglia di con-fondersi nella massa, di omologarsi al branco. In IV L abbiamoprovato a chiederci che cos’è l’adolescenza: ne è nato un dibattito che vi riportiamo.Sorpresa per noi adulti: i giovani ci chiedono di stare vicino a loro, di seguirli, di dare loro delle regoleprecise. Ed è certo che noi non vogliamo abdicare a questo compito!

L’OMBRA DEI PASSILorenzo Bruschi Polidori(classe IV L)“Per essere se stessi occorre accogliere a braccia aperte la propria ombra. Che è ciò che rifiutiamo dinoi. Quella parte oscura che, quando qualcuno la sfiora ci fa sentire punti nel vivo. L’ombra è viva e vuoleessere accolta”. (U. Galimberti, L’ospite inquietante)Nei quadri e nei ritratti non ci sono le ombre che riflettono l’animo dei personaggi dipinti.Queste “persone immaginarie” possono essere rappresentate con vesti di colori accesi che brillano diluce propria, possono indossare oggetti di immenso valore, possono avere delle espressioni raggianti,

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Voce agli studentitristi, malinconiche… espressive, ma non pensano perché appunto sono interpretazioni della realtà comei film che anche quando sono più “veri” che “verosimili” non rispecchiano mai la realtà come tale, ma sonosempre “imitazioni” della vita stessa.A differenza dei quadri noi non siamo imitazioni, siamo noi stessi, esistiamo e viviamo. Dobbiamo anco-ra accogliere “l’ombra” che i personaggi dei dipinti non troveranno mai.Bisogna cercare di accogliere la propria “ombra” nel periodo dell’adolescenza ,un periodo di conflitto tranoi e noi stessi durante il quale non ci accettiamo, pensiamo delle volte che gli altri siano meglio di noi. Cicritichiamo di più, ci amiamo di meno.Quella parte che rifiutiamo di noi va accettata, assimilata attraverso l’autostima che ci servirà per cresce-re, per la nostra formazione.Questa crescita interiore se riuscirà a migliorare la mentalità della gen-te, soprattutto dei giovani, porterà a cambiare questa società che haperso i suoi principi fondamentali o meglio non si preoccupa di istillarli,si preoccupa invece delle apparenze, di come mettersi in mostra.La nostra società, appunto, tende a far chiudere la mente alle personedando importanza alle cose spesso superficiali cioè ai vestiti che siindossano, al taglio dei capelli, al proprio peso che spesso diventa un’os-sessione, insomma all’aspetto estetico davanti agli occhi degli altri, edelle volte, per sembrare migliori, cerchiamo di imitare chi è peggio dinoi. Rischiamo di essere tutti uguali,di essere stereotipati in una socie-tà che ci vuole tutti con la stessa testa.Diventando una sola parte con “l’ombra”, accogliendola, otteniamo lanostra personalità, la mentalità che ci porta all’autostima.Unendoci con “l’ombra” mettiamo sul nostro complicato disegno la fir-ma che mancava per completarlo.

“TUTTO QUELLO CHE NON MI FA MORIREMI RENDE PIU’ FORTE”Daniele Secci (classe IV L)

ll titolo è una citazione da Nietzsche, ripresa da Galimberti nel suo libro“L’ospite inquietante”. La lettura di alcuni brani tratti da questo libro miha stimolato alcune riflessioni.Nella vita di un essere umano ci sono molti passaggi significativi perarrivare alla totale formazione, uno di questi, molto importante è l’adole-scenza. Anche se è un argomento molto trattato da vari giornalisti emedia, l’adolescenza rimane per alcuni un tabù.Spesso noi ragazzi ci comportiamo in maniera “strana” agli occhi di unadulto, ma è solo un modo per esprimere ciò che abbiamo dentro, datoche di solito non riusciamo facilmente ad esprimere le nostre emozionidi fronte a gesti o fatti ai quali si assiste.Tutto ciò avviene perché manca un’educazione emotiva, prima di tutto in famiglia, dove i giovani passanole loro giornate davanti ad un monitor, e la comunicazione diventa alquanto surreale, perchè basata sutastiere e mouse.Spesso ci mascheriamo da adulti con aria superba e saccente che pretendono rispetto senza darlo.E’ proprio questa l’immagine che mostrano alle persone alcuni adolescenti, la cui parte infantile si ètramutata in adulta apparente, mentre in verità ha ancora molta strada da percorrere.Il desiderio di essere accettati in una società così, ormai complicata, fa seguire ai giovani strade che nonsentono proprie, allora la loro psiche si indebolisce si rinuncia alla propria identità per compiacere inutil-mente chi ci sta intorno. Quindi bisogna educare i giovani ad essere umili e sempre se stessi senzapretendere nulla da nessuno, ad avere la forza d’animo e la capacità di guadagnarsi il pane senza vie difuga, perché il dolore appartiene alla vita e successivamente alla felicità.

Fumetto+ Manga - Disegno a mano libera di Eleonora Felli classe II P

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Voce agli studentiI PROBLEMI DELL’ADOLESCENZAMirco Milio (classe IV L)L’adolescenza è un periodo molto importante nella vita di una persona, è un “pezzo” di vita che si trovadopo l’infanzia. Si perde quella parte da bambino che ognuno di noi ha o aveva dentro di sé, e si comin-ciano a capire le cose fondamentali della vita. Avviene un cambiamento non solo fisico, ma anche menta-le, e si inizia ad avere le idee più chiare su tutto ciò che ci circonda. Col passare degli anni c’è sempre un

distacco dalla famiglia, si desidera quell’indipendenza mai avuta, sifanno nuove amicizie, arriva il primo amore e la prima litigata. Maquesta “trasformazione” nell’adolescenza comporta anche un cam-biamento di umore, cioè si passa da momenti sereni a momenti ma-linconici molto velocemente. L’adolescenza è un’età molto difficile inquesti tempi perché un ragazzo si può scontrare con molti pericoli eproblemi. Il pericolo più diffuso è l’uso di droghe e di alcool in modosproporzionato, poi c’è molto violenza e ignoranza e soprattutto mol-ta noncuranza, il pensiero di aiutare il prossimo non esiste.Tutto ciò perché manca un’educazione di base. Nelle famiglie di oggici sono genitori che non seguono i loro figli, che non creano il rappor-to giusto con i loro figli, poi di questi tempi ci sono molti divorzi e lefamiglie si dividono a metà.La scuola è sempre più sottovalutata e non si pensa al futuro. Un’ulti-ma problematica che sta invadendo la nostra società è internet, moltiragazzi passano ore davanti ai loro computer creandosi un’altra vita,un’altra identità da cui possono fare fatica a socializzare con gli altrisu un piano di realtà. I due grandi problemi dell’adolescenza sono:trovarsi un posto nella società, e, allo stesso tempo trovare se stessi.

ADOLESCENTI IN UN SECONDOLuca Ranieri (classe IV L)L’adolescenza è il periodo più importante della crescita, è la fase incui un bambino comincia a trasformarsi in adulto, in cui deve anchecominciare a cavarsela da solo dovendo superare problemi che perquesta età sembrano insormontabili anche se a volte sono solo scioc-chezze. Ma come avviene il passaggio da bambino a adolescente?Nel caso dei diretti interessati è un passaggio impercettibile, tranne

per i cambiamenti estetici che sono notevoli, ma è più un fattore psi cologico, cambia il modo di pensare, magari il giorno prima ci si

sente un bambino che gioca con i pupazzi e il giorno dopo ci si ritrova ad essere un ragazzo che siscervella per essere accettato e per compiacere gli altri, spesso mascherandosi da ciò che non si èrealmente. Ciò che infatti incide quasi completamente sugli adolescenti sono gli amici. Gli amici, insiemealla famiglia naturalmente, sono le persone che aiutano a crescere, dai quali prendi spunto, con i quali sischerza, si soffre, si condividono sogni, sono un punto fondamentale dell’adolescenza ai quali ci si ap-poggia nei momenti di difficoltà e con i quali ci si confida nei momenti di insicurezza, sono praticamenteuna seconda famiglia, una famiglia che non si è scelta ma che ci vuole bene perché ci ha scelto.E’ importante però rimanere sempre se stessi, senza sentirci costretti a percorrere una strada che nonsentiamo nostra, o altrimenti si rischia di perdersi e non riuscire più a trovare la propria via. Ogni momen-to di questo periodo è una ricerca di se stessi, e questa ricerca si concluderà trovando ciò che siamorealmente, ed è importante cercare bene e a fondo, perché questi anni volano e vanno goduti, così che ungiorno diventiamo adulti e possiamo indicare una strada e dei valori agli adolescenti di domani.

UN’ EDUCAZIONE OMOLOGANTETiziano Di Giovanni (classe IV L)Ogni giorno la televisione, invece di proporre modelli educativi consoni al proprio ruolo, presenta tra-smissioni che esaltano il piacere materiale, dunque mostrando una particolare attenzione all’effimeroinvece che alla sostanza dell’essere. In tv ormai non si trasmettono altro che reality, talent show o altre

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Voce agli studentitrasmissioni in cui l’elemento caratterizzante è dato da litigi, improperi, insulti, aggressività, dove gliattori principali sono ragazze o ragazzi, di pur bell’aspetto, ma nella sostanza vuoti di valori, di capacitàe conoscenze intellettuali. Nella società di oggi la tv ha sostituito i genitori, ormai è la televisione cheeduca i ragazzi, che fa loro da modello e ciò è un grave problema poiché si nota che i ragazzi non hannopiù un proprio ideale, non provano più sentimenti, non hanno più rispetto di nulla e questo li porta atrovarsi in difficoltà di fronte alla quotidianità a cui la tv non li ha educati, sono ormai fragili e incapaci disuperare gli ostacoli che gli si presentano davanti, quindi non fanno altro che evitare o nascondersidietro un videogioco, il computer o la televisione che sono diventati gli unici mezzi per scampare alledifficoltà della vita.

Questi comportamenti portano ad un’omologazione direi globale degli adolescenti, sia nel modo di com-portarsi, di vestire, che di pensare o di parlare. Basta uscire un giorno per la città, che non si vedono altroche ragazzi che si comportano come cloni, tutti hanno gli stesi ideali, si comportano nello stesso modo, sivestono nelle stesse maniere. Nel mondo di oggi è quasi impossibile trovare un ragazzo che non hacompiuto le stesse azioni o che la pensa diversamente da un coetaneo e in questo contesto si fa avantianche il problema della droga. In qualunque posto ormai si vada, che sia un parco, una discoteca o ancheuna scuola ci si trova davanti un ragazzo che fa uso di droga, questo perché assumere qualsiasi sostanzastupefacente è diventato una forma di svago alla quale è impossibile non cedere, perché la società nonha educato i ragazzi, gli adolescenti a combattere questo problema e a dire di no alla droga.

Il drogarsi è uno degli aspetti dell’omologazione adolescenziale,ma non è l’unico aspetto, infatti anche il menefreghismo verso leregole della convivenza è un carattere importante da trattare ecercare di combattere. Nel mondo di oggi non si è capaci diinstaurare dei principi guida, anzi sembra quasi che si preferi-sca non avere regole sulle quali basare il modo di vivere, di com-portarsi, quindi ormai è difficile distinguere ciò che è giusto daciò che è sbagliato, infatti oggi si vive in un caos globale di ille-galità e indifferenza. Tutti i giorni sentiamo attraverso i mezzi dicomunicazione fatti di cronaca nei quali si parla di ragazzi e ra-gazze che indifferentemente compiono cose impensabili chesolo venti anni fa nemmeno si immaginava. Insomma l’unica cosache conta per la gente di oggi è apparire, compiere degli attiper farsi notare; ciò che si può avere, che è materiale è più im-portante di qualsiasi cosa ed è questo pensiero che ormai fagirare il mondo.

REGOLE CONDIVISEEmilio Lippolis (classe IV L)Gli adolescenti hanno bisogno di guide sicure, di punti di riferimento su cui contare nei momenti di estre-ma difficoltà. Per quanto mi riguarda la vita dell’adolescente ha bisogno di avere spazi vitali autonomi,ma proprio perché questa fase della vita è complessa occorre anche di dotarsi di punti di riferimentosicuri e autorevoli per evitare di commettere errori di cui in seguito ci si potrebbe pentire. Il problema piùgrande degli adolescenti di oggi è la solitudine provocata dagli eccessivi impegni lavorativi dei genitoriche spesso si accaniscono nella produzione di un buon reddito solo per garantire alla famiglia beni ma-teriali, riservando poca attenzione alla crescita emozionale dei propri figli. Spesso l’unica compagnia deiragazzi è la tv o il computer. I mass media bombardano ogni giorno con migliaia di immagini i giovani,rendendoli, con il tempo, indifferenti alle emozioni. Tale bombardamento, grazie alla mancanza dellamediazione di un adulto, finisce per far accettare all’adolescente ciò che razionalmente sarebbe inaccet-tabile. Questa situazione comporta, perciò, la totale indifferenza dei ragazzi di fronte ad accadimentinegativi come gli omicidi, i fatti di cronaca più crudi, le violenze sui coetanei, addirittura gli stupri. Moltospesso i giovani sono portati a vantarsi delle proprie azioni negative, infatti la vetrina più utilizzata per

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Voce agli studentipubblicizzare i loro “atti” è il sito internet “youtube”. Questo comportamento, secondo me è provocatodalla necessità dei giovani di rivendicare il proprio “diritto” di esistere per uscire in qualche modo fuoridalla massa. Penso che la necessità di libertà e autonomia degli adolescenti non possa prescindere dalbisogno delle regole e dei principi. Le regole infatti sono necessarie per indicare al giovane la giustadirezione e proteggerlo così dalla solitudine e dalla paura di crescere. Le regole però non bisogna impor-le, ma farle accettare al giovane attraverso l’autorevolezza che un adulto deve trasmettere attraverso lacoerenza del proprio comportamento. Solo un adulto coerente, sia esso genitore o insegnante, può otte-nere il rispetto dell’adolescente. Trascorrere con serenità l’adolescenza, per me significa accettare com-pletamente se stessi, nel senso che della propria personalità bisogna accettare anche ciò che non piace.Da questo punto di vista il sostegno degli adulti è fondamentale perché crescere è doloroso.

DIFFICOLTA’Giada Ulisse (classe IV L)Difficoltà, è l’unica parola che mi viene in mente avendo questo tema da affrontare.Difficoltà perché è un periodo molto confuso, non si riesce a capire bene ciò che desideriamo, a volteinfatti si ricorre a droghe e alcool per dimostrare ciò che neanche noi sappiamo con certezza.Non interessa perciò una ricerca dell’identità, e questo porta all’omologazione, al sembrare tutti ugualianche nel modo di pensare, non si ha una forza tale da esprimere ciò che si è realmente. Questa forza siè persa per la paura, per il timore di essere giudicati e non accettati nell’essere se stessi, e proviamo atirar fuori il nostro lato più conformista per farlo vedere alle persone che ci circondano che sono pronte agiudicare solo dalle apparenze. Ormai siamo una generazione molto superficiale, c’è indifferenza emoti-va, non si riesce ad andare oltre alle apparenze, forse perché l’assenza dei genitori ci ha portati a una“crescita indipendente” affrettata. Ragazzini che vogliono sembrare adulti, cadendo anche nell’eccesso enella trasgressione. L’assenza di una guida, molto importante nella crescita di ogni ragazzo, porta a nonaffrontare i problemi che ci si pongono davanti, ma a scavalcarli, e non si riesce ad accettare ciò cherealmente si è. Forse anche influenzati dalla tv. Ragazzi lasciati crescere con esempi errati, con un ob-biettivo: la bellezza estetica. Si danno esempi e idee totalmente errate, sono considerati valori positivitrasgressioni ed eccentricità. Tutti fattori che influenzano e condizionano molto. Questo è un periodo dellavita in cui si cercano conferme, e si vogliono risposte. Tutto è nuovo e questo fa paura. Perciò il computerè diventato così “amico” dell’adolescente, ha influito su questa freddezza, ha devastato ogni via di comu-nicazione reale e diretta, e si ricorre sempre più al virtuale. Si evitano confronto e dialogo, non c’è piùscambio di opinioni. Inconsciamente ne risentiamo molto, e spesso si cerca un aiuto esterno. Per fortunala scuola fornisce a chi ne ha bisogno il sostegno psicologico di persone specializzate.

L’ADOLESCENZAMatteo Sforza (classe IV L)Ogni giorno noi giovani siamo costretti a sentirci definiti “ribelli”, privi di scrupoli e incuranti dei consiglidegli adulti, come se provassimo piacere a trasgredire, considerati persone irrispettose e troppo invasive,con le quali è difficile stabilire una discussione seria. In parte questo è vero: molti ragazzi si possonocomportare durante l’adolescenza in modo del tutto inspiegabile agli occhi dei genitori, che non riesconopiù a riconoscerli. D’altro canto si deve considerare che ogni ragazzo si trova nell’età che va dai tredici aiventi circa a provare tanti cambiamenti della vita, che lo spingono a comportarsi molte volte in manieraimpulsiva, sentendosi spesso insicuro e cadendo in tentazioni come la droga: infatti gli adolescenti con-tinuano ad essere catturati dalla possibilità di vincere l’insicurezza o di provare forti emozioni grazie asostanze stupefacenti delle quali si sentono padroni. Oltre alla droga vi sono altre forme di ribellionecome il fumo oppure l’alcool. Entrambi sono considerati da un lato una ricerca di attenzione da parte deigenitori, dall’altro, modi per essere maggiormente considerati dai coetanei creando un sistema diomologazione che coinvolge gran parte degli adolescenti (che non fanno altro che imitare i coetanei o iragazzi un po’ più grandi). Tutto ciò è vero ma spesso gli adulti tendono ad ingrandire il problema, metten-do sullo stesso piano tutti i giovani come una folla di persone senza identità.I comportamenti giovanili vengono interpretati dagli adulti in modo errato: mancanza i dialogo con i geni-tori sui fatti di quotidianità, cambiamenti di umore improvvisi e decisioni avventate…Gli adolescenti sono costretti a confrontarsi con il mondo esterno, e staccarsi dalla famiglia confondendola loro libertà con la fuga. L’adolescenza vuole essere vissuta come una trasgressione.

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Voce agli studenti

I MANGA

Cari amici, sicuramente alcuni di voi conosceranno o avranno già sentitoparlare di “Manga”, e penserete subito ai fumetti o ai fumetti per bambi-ni; bene!, come la maggior parte della gente, vi confondete.Al contrario di quanto generalmente si crede, i Manga non rappresenta-no un genere o uno stile, ma sono chiamati così, in Giappone, i fumetti diqualunque target, tematica ed anche nazionalità, sono eventualmentedistinti con vari nomi in base alla nazionalità di provenienza.I Manga, a confronto con i fumetti italiani, hanno caratteristiche molto di-verse, vi descriverò quelle fondamentali in modo veloce:

- per prima cosa, la più grande differenza che si trova, se provate aleggere un Manga, sono la struttura del periodo e la sua lettura, infattinella lettura orientale si legge iniziando dall’ultima pagina e partendo dal-l’ultima vignietta fino alla “nostra” prima, in poche parole si legge al con-trario...;

- la seconda differenza sono la forma e la grandezza, infatti un Mangaè molto più grande di un fumetto americano o italiano;

- la terza invece sono le vignette, di solito nei fumetti occidentali lepagine sono costituite da vignette molto geometriche, sono dei quadratio rettangoli e hanno un massimo di 6 vignette per pagina, mentre nelManga, le vignette cambiano, possono essere una grande che occupatutto un foglio oppure 7 o anche otto, e di solito la loro forma varia esprimendo un effetto molto più dinami-co rispetto a quello statico dei fumetti;

- poi ci sono altre caratteristiche sia del materiale che nella scrittura, ma sono meno importanti.

Il fenomeno Manga è iniziato ad espandersi in Italia verso gli inizi degli anni ‘90, grazie a case editricicome la Granata Press, con la pubblicazione di “Ken il guerriero” e in seguito di riviste come Mangazinee Zero, e successivamente la Star Comics, che pubblica, tra gli altri, il Manga Dragon ball.Dovete però sapere che, c’è anche una notizia in più, ovvero sul sito ufficiale del Romics, sono statiannunciati ufficialmente i giorni in si svolgerà il festival del fumetto Manga a Roma!Dal 30 settembre al 3 ottobre. Alcuni di voi credo che si stiano chiedendo: “...ma che cosa è il Romics?”Per chi non lo sa, la risposta è tanto semplice miei cari; in poche parole, come vi accennavo sopra, ilRomics è una fiera del fumetto, videogiochi e Manga a Roma verso ottobre presso la Nuova fiera diRoma, dove si possono anche incontrare vari doppiatori famosi, come i Cosplayers, ovvero persone cheinterpretano sia di nell’aspetto che carettarialmente un personaggio a loro scelta, gadget, videogiochi.Partecipare alla famosissima e ambiziosissima gara Cosplay è molto altro ancora!Io sinceramente non vedo l’ora che arrivi questo evento, con il mio gruppo infatti ci stiamo già preparan-do, spero di vedervi numerosi, mi raccomando, è un occasione da non perdere sopratutto per tutti gliappasionati.

Felli Eleonora (classe II P)

Foto di Felli Eleonoraal festival del fumetto a Roma

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ProposteFinché rimaniamo generici chiunque può imitarci, mentre il nostro particolare

non può imitarlo nessuno; perché? Perché gli altri non lo hanno vissuto. (J.W.Goethe)

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Sezione moda e costume - Primo premio della criticaSfilata Naturalmente Moda

CIAK… SI STUDIAa cura di Annalisa VecchiarelliPresentiamo alcuni film che abbiamo visto e commentato in classe, scoprendo insieme che il cinema è unformidabile strumento didattico in quanto permette di condividere un’esperienza integrale. L’obiettivo prin-cipale è stato quello di rieducare gli alunni alla comprensione e all’uso del linguaggio simbolico attraversola ricchezza del linguaggio audiovisivo. Mediante l’analisi dei personaggi, abbiamo colto la complessitàdelle relazioni umane e ci siamo visti rispecchiati nelle loro vicende. Con loro ci siamo emozionati e abbia-mo riflettuto su alcuni temi fondamentali della nostra esistenza: libertà, verità, amore, solidarietà, felicità,religione.Lo schermo si è così trasformato in una sorta di finestra attraverso la quale il mondo intero è entrato nellanostra classe, riempiendola di vita e di colore, e noi siamo usciti per viaggiare nei territori sconfinati del-l’immaginazione…

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ProposteThe Truman Show(di Peter Weir, con Jim Carrey, Laura Linney, Noah Emmerich, Ed Harris, Natasha McElone, USA 1998)

“The Truman Show” narra la vita di Truman che, sin dalla nascita, èstato protagonista di un “reality” a sua completa insaputa. Per lui èstato creato un set grande quanto un’intera isola. Niente nel mondodi Truman può dirsi autentico, compreso il mare, il cielo, il sole e laluna. Sua moglie, sua madre, i suoi amici sono tutti attori, che dedi-cano la loro vita all’intrattenimento dei telespettatori. Persino la tra-gica morte di suo padre, scomparso tra le onde di quel mare fittizio,non è altro che un mero espediente per far uscire di scena un perso-naggio ormai scomodo.Il regista dello show, Cristof, è una sorta di “divinità” in quel piccolomondo parallelo, e lo controlla a suo piacimento provocando tem-peste, giorni sereni, albe e tramonti. E’ lui che controlla la vita diTruman, le sue azioni, i suoi affetti. Ma Truman nutre già da tempodei sospetti sull’autenticità della sua vita a Seahaven, e la ricomparsaimprovvisa di suo padre è un’ulteriore conferma del fatto che la suavita è “spiata”, controllata, decisa. Il suo desiderio di scoprire la ve-

rità lo spinge ad affrontare il suo più grande trauma, la paura del mare; così si spinge al largo con la suabarca, affrontando una grande tempesta provocata da Cristof; ma la determinazione di Truman lo spingefino ai confini di quell’immenso set, fino a toccare il muro che delimita il cielo. Lì Truman vede una porta,e sa che attraversandola tutti i veli cadranno, e la verità sarà finalmente svelata. Ma Cristof non si arrende,e come ultimo, disperato tentativo parla, per la prima volta, con la sua creatura, che l’intero mondo havisto nascere e crescere. Subdolamente cerca di convincerlo che la vita fuori da Seahaven è piena difalsità, ipocrisia, cattiveria, e che lui ha l’opportunità di continuare a vivere la sua vita perfetta.Ma Truman, di fronte a quella porta che rappresenta un salto verso l’ignoto, verso la vita vera, trova ilcoraggio di varcare la soglia guidato da un sentimento più forte di ogni altro: il desiderio di libertà.Nonostante abbia più di dieci anni, è incredibile come questo film riesca ad essere sempre attuale,adesso più che mai. Le persone preferiscono vivere le vite degli altri, in modo da evadere dai proprifallimenti e dalle profonde delusioni, protagoniste di una vita che non li soddisfa. Con l’enorme successodi reality show e simili, l’idea di un programma televisivo ispirato a “The Truman Show” non sembra piùcosì remota. Nemmeno qualcosa di così disumano e rivoltante come privare un uomo della sua libertàscatena alcuno scrupolo o esitazione. L’uomo, la sua vita e i suoi diritti sono visti solo come una macchinaper fare soldi.Questo film è la prova che la nostra è un’epoca malata, dove per sfuggire alla noia si passa tranquilla-mente sul corpo di qualcun altro. E la scelta finale di Truman, seppur possa apparire scontata, è frutto diun immenso coraggio che pochi avrebbero saputo trovare. Perché, si sa, è più facile vivere una vitasenza imprevisti dove non si ha bisogno di risolvere i problemi proprio perché non ce ne sono, piuttostoche provare, magari sbagliando, cadendo lungo il proprio percorso e inciampando, rialzandosi semprecon le proprie forze, consapevoli di sbagliare ancora e ancora, ma contenti di poter decidere come,quando e con chi percorrere il cammino.Marzia Palamara (classe I G)

Prendere parte alla visione di questo film è stata per me, a dispetto delle aspettative, un’esperienza tantoistruttiva quanto emozionante. Il rapporto che troviamo fra il regista e Truman, il protagonista, è paragonabilea quello che esisterebbe fra Dio e l’uomo; opinione, questa, che ha riscosso numerosissime critichepositive in tutto il mondo.Il messaggio che è arrivato alla mia persona, in particolare, è quello di godere appieno del libero arbitrioe – più in generale – della vita che ci è stata donata. Una scena di forte impatto emotivo è senz’altro quellain cui finalmente Truman, dopo pericolose peripezie, riesce a conquistare la sua libertà e con essa ildiritto di vivere realmente la propria vita.Non nascondo che a volte, da bambina, mi piacesse pensare alla mia vita come un lunghissimo cartone

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Proposteanimato seguito in diretta dalla popolazione di un universo parallelo. E scioccamente mi domandavo sequalcuno avesse mai comprato un gadget raffigurante il mio faccino… magari un fan accanito della serie.Ritrovare nel film un evento simile, dicasi le due anziane signore perennemente abbracciate al cuscino diTruman, mi ha fatto anche sorridere. Per non parlare poi della grande interpretazione di Jim Carrey!In definitiva posso quindi dire che si è trattata di una bella esperienza, perché mi ha fatto sorridere, mi hafatto piangere, ma soprattutto mi ha fatto pensare.Martina Di Cesare (classe IV P)

Truman rappresenta la vittima di questo show, ma rappresenta anche tutti noi come vittime degli showche a nostra insaputa ci persuadono attraverso il sistema in televisione. E’ incredibile come un film del1998 descriva alla perfezione quello che sta succedendo oggi: come semplicemente la popolarità e isoldi valgano molto più di una vita umana; e più si va avanti, più ci si rende conto del fatto che questopianeta di umano ha ben poco. Questo è decisamente uno dei miei film preferiti ed è per me un vero eproprio messaggio che tutti dovremmo seguire. Bisogna non credere a tutto quello che ci mostrano, avolta bisogna saper “cambiar canale” per renderci conto della vita che non è quella del reality show. Nonsi immagina nemmeno quello che c’è dietro tutto questo ma personalmente desidero vivere il mio pre-sente gioioso senza guardare i sorrisi finti delle facce televisive…Luca Ercoli (classe IV A)

“Caso mai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buona sera e buona notte!” (Truman Burbank)

L’uomo veroNulla di reale, nulla di vero Truman, la tua vita fino ad ora è stata solo una grandissima farsa.Non chiederti come è stato possibile ma chiediti perché: perché le persone sono così crudeli da strap-pare a un bambino il diritto di vivere? Perché sono così maligne da lasciarlo crescere nella menzo-gna? Perché sono così arroganti da credere di poter decidere loro quello che è o non è meglio per lui?Perché preferiscono lasciarlo nell’ignoranza e nella convinzione che il mondo reale sia quello? Trumanmonitorato 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e solo per permettere a gente mediocre di ridere o di consolarsidella sua mediocrità costretta; sì, costretta, perché Truman avrebbe potuto fare tante cose, si sarebbepotuto distinguere dalla massa. Invece no, è obbligato a vivere in un mondo in cui la verità non esistese non in Truman. Ragazzo, il tuo Dio, quello vero, ti vuole vedere fuori, libero e non in balia di un pazzocon manie d’assolutismo. Truman ci riesci, se vuoi puoi farlo: trova l’inganno, scappa, conosci il mon-do vero, farà male, sì, ma ti abituerai e scoprirai quanto veramente sia bello essere padroni dellapropria vita. Quella libertà che noi diamo per scontata, ma che per Truman non lo è affatto.Non mi meraviglierei se questo reality show così estremo potesse accadere nella vita reale; alla fine ilprimo passo è già stato fatto: il Grande Fratello.Forse però The Truman Show, attraverso la sua comicità, ci vuole far capire che davvero non tutti siamoliberi, che davvero abbiamo bisogno di spingerci oltre; spingerci oltre quel cielo disegnato su una paretedi fondo, cercare davvero bene e magari trovare una porta, una porta su cui non ci sia scritto “uscita” ma“entrata”.Benvenuti nel mondo reale, vi piaccia o no d’ora in poi sarà l’unico in cui vivrete; vi piaccia o no.Federica Quartullo (classe IV P)

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Neverland – Un sogno per la vita(Finding Neverland, di Marc Forster, con Johnny Depp, Kate Winslet, Julie Christie, Dustin Hoffman,Nick Roud, Freddie Highmore, Gran Bretagna, USA 2004).

“Neverland” è un film drammatico-biografico che narra la storia dello scrit-tore teatrale James Barrie, interpretato da Johnny Depp, che incontra alparco quattro bambini fratelli e la loro madre, Sylvia Llewellyn-Davies, in-terpretata da Kate Winslet. I quattro bambini sono orfani di padre e inparticolare uno dei fratelli, Peter, non riesce a sbloccarsi da questo shockma riesce a superarlo con l’aiuto di James. Nello stesso tempo, Peter coni suoi tre fratelli ispirano James a scrivere una storia sulla loro famigliache si chiamerà “Peter Pan”. “Neverland” è un film che secondo me tieneinsieme una famiglia davanti alla televisione, perché ci sono molte scenedivertenti, comiche e fantasiose, ma anche drammatiche e commoventi.Le scene che mi hanno colpito di più sono state quelle in cui James imma-gina scene della storia guardando i quattro fratelli, come per esempionella scena in cui i bambini saltano sui letti e lui li vede volare e usciredalla finestra. Johnny Depp è sempre eccellente e meraviglioso: mette nelfilm qualcosa in più che lo rende veramente molto bello. Sembra che i ruoli

gli calzino a pennello in ogni film che fa. Anche il bambino che interpreta Peter è molto bravo e comunquesi nota che con Johnny Depp c’è un certo rapporto, un po’ come nel film in qualche modo James vuole cheaccada con Peter.Arianna Antonini (classe II N)

Un film che tutti dovrebbero vedere, perché in quelle due ore ci insegna a sognare e a mettere da parte lasolita e noiosa vita quotidiana per un po’, in modo da poter creare con la propria immaginazione unarealtà bizzarra, un’”isola che non c’è” che in fondo ci troviamo a vivere anche solo per pochi minuti nell’ar-co della giornata, anche se siamo consapevoli che è tutta un’illusione.La cosa più bella che ho intuito già dalla prima metà del film è che ognuno di noi dovrebbe conservarequell’aspetto infantile del nostro carattere, perché solo così potremmo vedere la vita con occhi diversi,sperando in quel qualcosa d’impossibile da cui siamo attratti immensamente.Questo ce lo fa capire Johhny Depp – James Barrie quando dice che i bambini non dovrebbero maiandare a dormire perché si svegliano più vecchi di un giorno. Questa è una frase a mio parere molto bellae significativa ed evidenzia il fatto che quando si diventa grandi, a volte non c’è più la libertà di esserequel che si è sempre desiderato, è una frase che racchiude un po’ di tristezza e nostalgia e di questopurtroppo un bambino non si rende conto finché diventa grande.Le sceneggiature e le ambientazioni sono fantastiche, come del resto gli attori: Johhny e Kate, strepitosicome sempre, riescono ad entrare nel personaggio molto bene e questo non è da tutti. Un finale triste mache, ad ogni modo, racchiude il vero significato del film, come del resto ci fanno capire nell’ultimo dialogotra Peter e James: all’”isola che non c’è”, si può andare solo credendoci.Daniele Russo (classe II N)

Chocolat(di Lasse Hallström, con Juliette Binoche, Leslie Caron, Alfred Molina, JohnnyDepp, Lena Olin, USA 2000)In un paesino della Francia, l’arrivo di Vianne e di sua figli Anouk cambiano leabitudini di alcuni abitanti. Vianne apre una cioccolateria nel centro della citta-dina e molte persone si innamorano dei suoi dolci.Il sindaco del paese è un conte molto cattolico che non vuole che le personemangino i dolci, perché secondo lui è un peccato. Vianne diventa amica conJoséphine che è sposata con un uomo che la picchia molto, così un giornotrova il coraggio di lasciarlo e va a vivere con Vianne. Nel frattempo nel paesearriva un gruppo di zingari e Vianne si innamora di uno di loro, Roux.

Proposte

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ProposteIl marito di Joséphine, Serge, viene “educato” dal conte per diventare una persona buona e per poterritornare con la moglie, ma nonostante ciò dà fuoco a una barca dei nomadi che sono costretti a partire.Per questo suo comportamento Serge viene cacciato dal paese dal conte.In paese organizzano la festa del cioccolato e la donna amata dal conte aiuta Vianne a preparare i dolci.Il conte, molto arrabbiato, distrugge i dolci ma alla fine vuole assaggiare anche lui questa specialità moltobuona.Vianne decide di rimanere nel paese e Roux, che l’ama, torna a vivere con lei e la figlia.Elisa Cunzo (classe III L)

Il film è ambientato in un piccolo paesino francese, Lansquenet-sous-Tannes, nel 1959.E’ una fredda sera, quando Vianne e sua figlia Anouk si trasferiscono in paese. Come prima cosa Vianneaffitta da una signora un piccolo locale dove alloggiare e lì apre un raffinato e meraviglioso negozio dicioccolata. Vianne ha il dono di riuscire a capire le debolezze e i problemi delle persone così “curandole”con tipi di cioccolato particolari.In un primo periodo il negozio viene rifiutato dalla società, ma successivamente diviene il più frequentato,anche se odiato dal sindaco Reynaud. Finché un giorno arriva un nomade di nome Roux, che sostieneVianne e le sta vicino, soprattutto nello scontro con il sindaco che la notte di Pasqua finalmente cede e siinnamora anche lui di quel fantastico negozio.Francesca di Bartolo (classe II N)

In un piccolo paese, arriva una donna (Vianne) insieme a sua figlia. La donna decide di aprire unacioccolateria proprio nel periodo di quaresima. Proprio per questo motivo viene malvista dagli abitantilegati alle tradizioni, oltre al fatto che non è una cattolica praticante. Vianne inventa vari tipi di cioccolatapersonalizzata a seconda dell’umore di ogni singolo individuo. Grazie a ciò, molte persone e situazioniriescono a chiarirsi facendo così tornare il paese unito.Secondo me in questo film il cioccolato rappresenta un simbolo importante: è simbolo di gola e tentazio-ne, ma allo stesso tempo è proprio grazie al cioccolato, in tutte le sue forme, che si riesce a rappacificareun intero paese che inizialmente dubitava del prossimo e delle sue intenzioni.Claudia Orsini (classe II N)

La fabbrica di cioccolato(di Tim Burton, con Johnny Depp, Freddie Highmore, Helena BonhamCarter, Noah Taylor, David Kelly, Deep Roy, USA - Gran Bretagna 2005)

Il film “La fabbrica di cioccolato” narra la storia di un ragazzo povero econo-micamente, ma ricco d’amore verso la propria famiglia. Questo ragazzo, dinome Charlie, ha un animo buono, è semplice, generoso e gentile con glialtri: presto queste sue caratteristiche saranno note a tutto il mondo e loaiuteranno nella sua avventura. La fabbrica di cioccolato Wonka, chiusa da anni al pubblico ma in continuaproduzione di cioccolato, ha deciso di infilare nelle tavolette Wonka cinquebiglietti d’oro. I vincitori visiteranno la grande fabbrica e in palio ci sarà un

premio a sorpresa.Il primo fortunato è un bambino goloso di cioccolato, talmente ghiotto che potrebbe fare una brutta fine acausa della sua inarrestabile mania per il cioccolato: infatti, per bere dall’immensa cascata di liquidocioccolato Wonka, improvvisamente vi cade dentro e in seguito ne viene risucchiato. Il secondo vincitoreè una bambina viziata, molto ricca, i cui genitori esaudiscono puntualmente ogni suo capriccio.Queste sue continue pretese influenzeranno l’andamento della visita, poiché verrà gettata insieme a tuttii rifiuti della fabbrica. Il terzo vincitore del biglietto d’oro è una campionessa nel masticare le gomme; sisente superiore a tutti e crede che nessun altro sia al suo livello.Per questa sua pretesa di superiorità, durante la visita si gonfierà come un mirtillo.Il quarto vincitore è un bambino molto intelligente ma che supera ogni limite, pensando di sapere tutto,così che la sua corporatura si rimpicciolirà di molto.

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ProposteInfine c’è Charlie, l’ultimo vincitore: egli sarà l’ultimo a rimanere fino alla fine della visita, poiché sarà sestesso, e con la sua semplicità e umiltà vincerà il premio in palio promesso da Willy Wonka, ovveromandare avanti la fabbrica quando lui non ci sarà più. Intanto Charlie e Willy collaborano insieme per lacreazione di nuovi dolci.Marta Vaccaro (classe I F)

Una settimana da Dio(Bruce Almighty, di Tom Shadyac, con Jim Carrey, Jennifer Aniston,Morgan Freeman, Philip Baker Hall, Steve Carell, USA 2003)

“Una settimana da Dio” è un film che racconta la vita di un uomo, BruceNolan (Jim Carrey), che è un reporter televisivo di Buffalo, New York.Egli, nonostante la sua popolarità comica nel lavoro e l’amore dellasua fidanzata Grace (Jennifer Aniston), è scontento della sua vita epretende tanto: vuole una promozione sul lavoro, una casa più bella egrande e un cane che non gli fa più i bisogni in casa, senza perderetempo e fatica ad insegnargli a farli fuori.Bruce poi viene licenziato perché ha un comportamento scorretto conun’anziana signora intervistata da lui ed entra in crisi con Grace per-ché lei non riceve abbastanza attenzione da lui.Allora Bruce inizia a prendersela con Dio, offendendo le sue capacità

divine. Ma inaspettatamente Dio risponde incontrandolo e decide di donargli una parte dei suoi poteriper fargli capire com’è difficile fare il suo lavoro.Bruce, dopo un po’ di tempo da quando ha ricevuto i poteri divini, inizia a sentire delle voci, le preghieredei cittadini di Buffalo. Incoscientemente, credere di poter aiutare tutto il mondo dicendo di sì a tutti, peròdopo un po’ di tempo Bruce si accorge che non si possono esaudire le preghiere di tutte le persone,perché spesso le persone non sanno esattamente quello che vogliono.Infine Bruce si accorge di non avere più una vita privata e vede che il lavoro di Dio è una cosa veramentecomplicata che solo Dio stesso può fare.Allora riconsegna i poteri a Dio, ritorna insieme alla fidanzata Grace e si riprende il posto di lavoro ap-prezzando di più le cose che aveva.Questo è un film molto bello per vari motivi: innanzi tutto, perché è interpretato da Jim Carrey che è unattore che mi piace tanto, poi perché mi diverte molto e infine perché mi fa riflettere.Mi fa pensare che se Dio veramente esiste ha la responsabilità di tutto il mondo, che nessun essereumano può fare quello che fa lui.Inoltre che le persone pensano prima alle cose proprie e soltanto dopo alle persone bisognose, quindinon potranno mai fare il lavoro di Dio.Infine le persone pretendono troppo e quando va loro storto qualcosa se la prendono con Dio, perchésono troppo spaventate e cercano di scaricare le colpe perché sono troppo deboli per affrontare determi-nate situazioni.Spesso la gente smette di credere in Dio perché, secondo me, crederci è una cosa complicata, poiché sihanno tanti dubbi e tante domande a cui non si sa come rispondere.Però le persone che ci credono sono persone forti con tanta fede nel cuore; io mi ritengo come loro, peròcerte volte mi viene voglia di lasciar perdere tutto, però poi penso che io voglio crederci.

“Sii il tuo miracolo!” (Dio/Bruce Nolan)Donna Polacchi (classe III N)

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Proposte

Benny & Joon(di Jeremiah S. Chechik, con Mary Stuart Masterson, Aidan Quinn, Johnny Depp, Julianne Moore, USA1993)

In questa storia si narrano le vicende di Benny, un ragazzo sveglio e con la testa sulle spalle, che fa ilmeccanico e di Joon, sua sorella, che, essendo malata psicologicamente, rimane a casa a disegnaredegli strani quadri e preparare disgustosi frullati composti da: latte, cereali e burro di arachidi.In una partita a carte, Joon “vince” un’ospitalità a casa sua del cugino del meccanico che lavora con

Benny: Sam. A casa di Benny e Joon, Sam si comporta inmodo strano, come spolverare il muro lanciandosi con unmobile a rotelle, bere i frullati di Joon e fare delle comichecon il suo cappello.Fra Joon e Sam, nasce l’amore. Benny, venuto e sapereche Joon e Sam si sono fidanzati, si arrabbia molto e sbat-te Sam fuori di casa. Durante una riflessione su ciò che hafatto a Sam, Benny guarda la foto di lui e Joon quando era-no piccoli e ricorda la morte dei loro genitori in un inciden-te, che ha provocato la malattia di Joon. Intanto Joon e Samsi allontanano da casa salendo su un autobus. Joon co-mincia a mostrare i segni dei suoi problemi psicologici eSam chiede all’autista di fermare l’autobus. Intervengonodei poliziotti e un’ambulanza che porta via Joon verso unaclinica dove è proibito visitarla sia a Sam che a Benny.I due si ritrovano nella sala d’attesa e intanto escogitano unpiano per far uscire Joon dal reparto proibito. Sam ci rie-sce scivolando contro tre infermieri a braccia aperte gri-dando: “Mammina!” e viene portato via; intanto Benny tro-va Joon e cominciano a parlare. Intanto un amico infermie-re mostra a Sam la finestra della camera di Joon. Mentreparlano con la dottoressa, Benny e Joon vedono fuori dallafinestra Sam che oscilla da una parte all’altra con il secchio

dei lavavetri. Joon riesce ad ottenere il permesso di andare a vivere da sola e continuare a vedere Sam,mentre intanto Benny si fidanza con Ruthie, una ragazza del paese.Cristiano Raffaelli (classe I E)

Joon è una ragazza con problemi mentali dovuti alla morte dei genitori quando era ancora una bambina;vive col fratello Benny che si prende costante cura di lei trascurando la sua vita.Un giorno, perdendo una partita a carte e la sua posta in gioco, devono ospitare il cugino di un amico acasa. Il tizio è alquanto strano con i suoi modi alternativi, ma si trova subito in accordo con Joon divenen-dole amico fino a quando i due non si innamorano.Dopo una fuga d’amore Joon ha un crollo mentale e viene rinchiusa in un ospedale apposito.I due uomini, passando varie vicende, riescono a farla uscire e finalmente i due innamorati possonovivere una vita tranquilla e Benny può intraprendere una nuova vita con una ragazza del paese.Questo film affronta il tema della malattia mentale con veriditicà facendo capire che si può sempre cerca-re un’altra strada che non la casa famiglia in cui molti vengono rinchiusi.Il film affronta tantissime tematiche e i personaggi sono diversi tra loro.Il più stravagante è senz’altro Sam il quale, pur non essendo malato di mente, a volte sfiora la stravaganzatotale. Ma è proprio questo modo di fare che lo rende speciale e che riesce a conquistare Joon vissutasempre nel suo mondo “statico”.Questo film personalmente mi è piaciuto veramente molto; affianca la simpatia alla serietà del tematrattato rendendolo leggero e profondo.Ludovica Nardi (classe I E)

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Proposte

PROGETTO RIELABORATO DI UN’INCISIONE MEDIAEVALEa cura di Giorgio Calabria e

di Cassandra Sabatini (classe II G)

In questa incisione medievale vengono rappresentate le sette chiese più importanti di Roma: le basilichedi San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore, San Paolo fuori le mura, San Pietro in Vaticano,Santa Croce in Gerusalemme, Santa Maria in Cosmedin e San Lorenzo fuori le mura.

Elaborato grafico eseguito nelle ore di disegno geometrico, con la seguente tecnica:“Inchiostro di china con pennino a punta piatta”.

Tratto da una incisione quattrocentesca delle “principali chiese di Roma” dal libro Roma dall’epoca anti-ca al barocco, ed. De Agostini.

L’ottavo secolo è un periodo di esperimenti, di prove e di innovazioni che ha un notevole interesse nellastoria e nelle arti in Roma.Il potere temporale della Chiesa nasce con la “donazione di Costantino”, un documento apocrifo chepretende di riprodurre un atto del 313 con il quale l’imperatore Costantino, al momento di ricevere ilbattesimo, avrebbe ceduto Roma e parte del suo territorio al papa.Roma si svincola anche dalla supremazia culturale della capitale d’oriente.Allora incomincia a riunire e sviluppare elementi della propria tradizione sui quali si fondava l’individualitàartistica della città.Si trovano in questo periodo per la prima volta le due absidi minori inserite nello schema basilicale. Vienediffuso il tipo di cripta semiannessa che deriva dal prototipo di San Pietro in Vaticano.Nella costruzione di queste chiese si assiste alla ricomposizione dei materiali di spoglio prima incerta epoi più sicura.L’interno di San Giovanni a Porta Latina, quello di San Giorgio al Velabro o ancora la versione del tempiodi Adriano I in Santa Maria in Cosmedin sono elementi abbastanza rappresentativi.Ma è specialmente nella pittura che si manifesta una aspirazione verso il nuovo.Si preferiscono storie di santi, più ricche di episodi favolosi, occasione anche per qualche spuntonaturalistico.

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Opera realizzata da Cassandra Sabatini (classe II G)

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Spazio apertoL’arte è magia liberata dalla menzogna di essere verità. (Adorno)

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Progetto della regione Lazio - Donne Multietniche

VideogamesForse qualcuno ricorderà – e mi rivolgo in particolare a tutti gli over 30 – di quelle scialbe e ipnotichescatole sfavillanti poste in prossimità di bar o ristoranti. Per i più giovani si tratta perlopiù di attraenticonfezioni scrutate in qualche supermercato. Altri, viceversa, ne hanno solo sentito parlare, o giocanoabitualmente.Il fenomeno videogames, che ha avuto il suo periodo di gloria negli anni 80 (fino ad oggi) sta offrendo aduna nuova generazione un prodotto ludico, accessibile e coinvolgente. Che spesso i media goffamenteetichettano come un narcotico, un veleno che spinge i giovani ad agire in modo più aggressivo e volgare,ignorando in toto le proprietà ludiche e pedagogiche di questo mezzo.I videogiochi, per come li conosciamo oggi, nacquero grazie ad un fisico statunitense: William Higinbotham,che nel 1958 realizzò un gioco chiamato Tennis For Two. Il primitivo display di un oscilloscopio mostrava uncampo da tennis visto lateralmente, e permetteva a due giocatori di sfidarsi in un match di tennis spostan-do le proprie racchette verticalmente mediante l’uso di una manopola. Il gioco fu progettato per intrattenerei visitatori di un noto laboratorio di ricerca nucleare statunitense e rimase esposto per due anni, riscontran-do discreto successo.Per i venti anni a venire, a causa della carente “capacità di memoria” delle macchine, si optava per larealizzazione di giochi con dinamiche semplici e modalità di vittoria lineari: spara agli alieni, mangia lepalline, uccidi gli orchi, e via dicendo. Quando il tuo personaggio non era più in grado di combattere, ungrande slogan faceva comparsa sul terminale: Game over, il gioco è terminato. Arrivato a quel punto,potevi scegliere se iniziare una nuova partita – inserendo una manciata di monete nella macchina – otornare a casa sconsolato per la sconfitta.Gli elementi di narrazione furono aggiunti in seguito, nel 1982, con l’arrivo di Donkey Kong nelle sale

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Spazio apertogiochi. A differenza dei giochi concorrenti, questo titolo possedeva una componente narrativa compostada inizio e fine, del tutto inedita in questo settore. Suonava più o meno così: “Lo scimmione rapisce laprincipessa, ed un idraulico baffuto, nel tentativo di salvarla, si destreggia nello schivare ondate di barililanciati dal peloso nemico (Donkey Kong, appunto)”.La diffusione sul mercato di “console” – stazioni di gioco casalinghe – come NES, Coleco e Atari, permi-se ad una fascia di utenti sempre più ampia di mettere a frutto il proprio tempo davanti al televisore (conil controller in mano, ovviamente). Correva il 1985, e il predecessore della Playstation mise piede in oltre50 milioni di appartamenti. Schizzarono le vendite di libri strategici sui videogiochi, ed i corsi di linguagiapponese quadruplicarono. Ben presto i media si resero conto che quelle scatole grigie non eranosemplici passatempi adolescenziali.Ed oggi, venticinque anni dopo, il mercato dei videogiochi – anche in tempo di crisi – continua a nondeludere le aspettative. Console sempre più economiche e versatili permettono ad un target di utenzasempre più ampio di dedicarsi al gioco. Un nuovo assortimento di periferiche, e non parlo di complessicontroller, ma telecomandi, pistole, chitarre, racchette da tennis e persino bilance (riproduzioni più omeno verosimili) lasciano spazio al giocatore abbandonando leve analogiche e bottoni. Che sia questo ilprossimo approccio ai videogiochi? Nel frattempo, l’Entertaiment Expo di quest’anno si fa sempre piùvicino.

Giorgio Pomettini classe IV P

MOODLEMoodle a scuola, una rivoluzione informatica

Grazie all’esperienza con il sito ReIS (Rete per l’innovazione scolastica) abbiamo verificato di recente lapossibilità di usare un programma gratuito ed universale in grado di venire incontro a molte esigenze deidocenti, e di conseguenza anche degli studenti: questo programma si chiama Moodle.

Moodle è un CMS. Una cosa dal nome strano, come tante nel mondo informatico, che spaventa i profanio anche quelli che usano comunemente Internet, ma non hanno molte altre nozioni nel settore. In realtà iCMS (Content Managment Systems) sono dei programmi nati apposta per facilitare la vita di chi non hatempo o pazienza per imparare a fare cose difficili con il proprio computer. Nella mia attività di informaticonon professionista, ma disperatamente teso a non perdere il passo con i tempi, ho avuto a che fare conalcuni CMS, tra cui gli eccellenti Mambo e Joomla, destinati alla costruzione di siti web dinamici e ne hotratto la sensazione di qualcosa di straordinario che ci viene regalato dalla comunità (Mambo e Joomlasono infatti gratuiti e inseriti nel contesto delle attività di chi - come me - usa Linux come sistema opera-tivo, ma senza essere dedicati solo a Linux). Lo stesso vale per Moodle, ma prima di spiegare cos’è, ènecessario chiarire alcuni aspetti curiosi di quanto sta avvenendo nel mondo informatico: lo farò basan-domi sulla mia diretta esperienza.

Nel 1977, quindi 33 anni fa, quando ero studente di Architettura, presi un diploma di programmatoreCOBOL presso un istituto privato di Roma; durante il corso e agli esami non ebbi MAI a che fare con uncomputer. La scuola disponeva di una macchina che perforava schede, noi imparavamo un linguaggio escrivevamo codici su quelle schede; il docente poi portava i pacchi di schede da qualche parte dovec’era un computer delle dimensioni più o meno di una stanza e li testava. Anche all’Università, dove nel1980 sostenni un esame in “Elaborazione elettronica per la progettazione”, le cose erano simili, solo cheil computer si trovava da qualche parte dentro il Rettorato e i codici delle schede gli arrivavano tramiteuna lentissima linea interna.

Negli anni Settanta e Ottanta venivano usati anche piccoli computer tipo Amiga e Commodore, mentre laApple sviluppava i primi computer casalinghi con schermo autonomo. Tra Apple e IBM negli anni Ottantavenivano prodotti i primi Personal Computer (Mac secondo la Apple), vale a dire dei computer che vive-vano di vita propria, erano piccoli e ricevevano i dati da una tastiera e non dalle schede. Chi ricorda il

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Spazio apertoDOS tuttavia ricorderà che per comunicare col PC all’inizio si doveva imparare qualche strano codice. IMAC erano più avanzati, ma i PC facevano da riferimento perchè venduti in quantità molto maggiore. Siai PC sia i MAC rapidamente svilupparono sistemi operativi dotati di interfaccia grafica, gestibili con unarotella (il mouse); Windows della Microsoft è appunto un sistema operativo dotato di interfaccia grafica enon c’è bisogno di scrivere codici per farlo funzionare. Per circa vent’anni i PC e i MAC non hanno fattoaltro che diventare più veloci, potenti e capaci, guidati da sistemi operativi sempre più sofisticati e “ami-chevoli”.

Tuttora, chi vuole avere un programma per scrivere, o per vedere le fotografie, o per fare dei disegni, oper fare dei calcoli, lo installa sul suo PC, se non c’è già al momento dell’acquisto. L’avvento di Internet hadato a tutti la possibilità di scaricare programmi, di giocare, di gestire i soldi, di comprare un biglietto perNew York, standosene seduti in poltrona. Eppure, da oltre dieci anni qualcosa sta lentamente cambiandoe la sensazione di molti, me compreso, è che sia in atto un impressionante ritorno alle origini, quandocioè non avevamo il computer davanti a noi, ma comunicavamo con esso senza vederlo fisicamente. ICMS sono infatti programmi potentissimi, ma di facile utilizzo, che normalmente NON girano sul nostroPC, ma su un Server, cioè su un qualche grosso PC lontano al quale possiamo collegarci tramite i pro-grammi di navigazione in rete.

Dato che molti usano Facebook, può servire come esempio: Facebook è di fatto un CMS, cioè un pac-chetto di programmi che possiamo far funzionare solo quando siamo connessi e che non si trova sulnostro PC, ma altrove. Anche i motori di ricerca come Google sono di fatto dei CMS. Probabilmente cisarà un giorno in cui non avremo più Word, Excel, PowerPoint, AutoCAD, Acrobat, sul nostro PC, mauseremo quei programmi collegandoci con i loro siti in rete. Con quale vantaggio? E’ evidente: se un pcnon ha programmi , non è un vero pc, ma un terminale, e il suo costo e le sue dimensioni potrebberoridursi a quelle della tastiera e dello schermo; inoltre, non dovrebbero più verificarsi guasti o blocchi deiprogrammi, così come di solito non si guastano la rete elettrica o idraulica o il telefono. Quindi, il nostro Moodle è un CMS. Per usarlo, dobbiamo avere un accesso con nome e passwordpresso un server che ne disponga; l’ipotesi è che il server sia proprietà della scuola o del ministero (sipuò anche scaricare Moodle per intero, metterlo su un sito, e usarlo a distanza, ma la cosa non è sempli-cissima). Quando ci colleghiamo, ognuno di noi ha un ruolo che un ente superiore (preside, docentespecializzato) ha decretato: amministratore, docente, studente. L’amministratore può fare e disfare ecreare accessi, il docente può fare e disfare, lo studente può solo eseguire ordini. La cosa si fa interes-sante soprattutto per il docente.

Moodle archivia documenti, come lezioni, immagini, file di testo, suggerimenti, e ci aiuta a compilarecompiti in classe e compiti a casa. E’ già predisposto in generale alla vita scolastica. Sulla base dellenostre istruzioni, serve anche a valutare, a registrare i voti, a verificare l’assiduità dei partecipanti.

Con il collega Luigi Pardo abbiamo sperimentato il CMS e lo abbiamo testato sulla 4 M (per dovere diprivacy, o forse solo di decenza, non ne riveliamo i risultati). Il tema era l’analisi di un’opera d’arte, LaFlagellazione di Piero della Francesca. Abbiamo collocato alcuni file a disposizione degli studenti: unadescrizione del quadro (file doc), una serie di ipotesi sul significato del quadro (file doc), alcune immaginidigitali del quadro (file jpg), alcune ricostruzioni e analisi geometriche del quadro (file jpg). Lo studentepuò ovviamente scaricare i file quando è collegato a Moodle, ma li può analizzare anche dopo.Le verifiche che abbiamo creato erano due, una di tipo “compito”, consistente nel fornire allo studente unatraccia su cui costruire un breve testo di 500 parole. Questo compito, relativo allo spazio geometrico delquadro, poteva essere redatto on line o sul proprio pc, ma al termine del tempo concesso (nel nostrocaso sei giorni) lo studente doveva salvarlo in un’apposita casella di testo. Il docente ha l’accesso aquella casella e valuta il compito secondo i propri consueti criteri.

La seconda verifica era più laboriosa nella preparazione, ma più veloce nell’esecuzione: un questionariodi venti domande (tipologie diverse, vero/falso, risposte multiple, risposte brevi). La preparazione delledomande è abbastanza lunga, ma facendo pratica non è diversa da una normale elaborazione di provestrutturate. La singolarità di questa prova on line sta nel fatto che il docente sceglie un lasso di tempo in

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Spazio aperto

Nasce il progetto “ Re.I.S.Rete per l’innovazione nelle scuole di Roma”, finanziato dalla Regione Lazio - Assessorato Scuola, Dirittoallo Studio e Formazione Professionale, con risorse del POR LAZIO FSE 2007/2013 Obiettivo CRO, èun canale di comunicazione privilegiato tra famiglie, studenti, docenti, professionisti ed aziende e vede ilcoinvolgimento degli Istituti d’Arte, dei Licei Artistici e degli Istituti Tecnici del territorio.E’ finalizzato alla: creazione di un portale, www.reis.lazio.it, assolutamente interattivo, che possa rappre-sentare la risposta a quesiti ed esigenze di tutti i soggetti a cui il progetto è rivolto; realizzazione di undata base contenente profili professionali e competenze reperibili nelle scuole; creazione di una piatta-forma e-learning e di moduli on line per diffondere le tecnologie digitali e per poter condividere attraversola Rete percorsi formativi settoriali, specifici e anche trasversali.Il progetto Re.I.S. ha lo scopo di metterein comunicazione diretta, facilmente fruibile e rapida le scuole e gli studenti, le scuole e le famiglie, glistudenti e le aziende, le scuole e gli studenti a distanza, e infine le scuole fra loro.Questo per offrire in ogni momento informazioni utili sulla formazione a distanza, sulla struttura delle scuo-le stesse e soprattutto sulle competenze e le capacità dei ragazzi, la materia prima del futuro, i protago-nisti del mondo del lavoro di domani.Attraverso il data base e la disponibilità di curricula e di lavori già realizzati e visibili sul portale infatti, leaziende potranno scegliere in modo diretto le professionalità di cui necessitano, le famiglie potrannocapire la struttura della scuola scelta dai loro figli, i ra-gazzi potranno cercare la soluzione alle loro esigenzedi studio e di lavoro.Non si tratta di un semplice sitointernet, né di una comunicazione meramente “virtuale”:il progetto Re.I.S. rappresenta una realtà vera, viva, chesi muove incessante nei laboratori e nelle aule di Istitutiche spesso vengono considerati dai più “scuole di se-conda categoria”. Infatti è proprio all’interno degli Istitutie deI Licei d’Arte, che si formano professionalità speci-fiche e competenti, che si realizzano ogni giorno lavoripregevoli, pieni di passione, anche importanti.

Riferimenti per qualunque comunicazione:Stefano Guerra, Antonia Pasquariello, Alessandro RealeISTITUTO STATALE D’ARTE ROMA 2Per la Decorazione e l’Arredo della Chiesa e LiceoArtisticoVIA DEL FRANTOIO, 4 - 00159 ROMATEL. 06/4074791 - FAX. 06/4074783DISTRETTO 13 C. MIN. RMSD06000G - C. FISC. 80203770583 www.isarteromadue.it - e mail: [email protected] Scolastico: Mariagrazia Dardanelli

cui la prova deve svolgersi e la sua durata; supponendo che la prova sia in orario scolastico, i due tempipotrebbero coincidere. Nel nostro caso, la prova si svolgeva a casa, la finestra di esecuzione è stataaperta per quattro ore e la durata della prova stabilita a otto minuti, con un solo tentativo: lo studente unavolta aperta la prova non può tornare indietro. Ovviamente, Moodle elenca le domande, e le eventualirisposte da scegliere, a caso, creando quindi una difficoltà nello studente furbo che vuole farsi dire lerisposte dall’amico.

Moodle ha pensato a tutto... l’anno prossimo lo sperimenteremo sulle classi del nuovo liceo artistico, maanche su quelle del vecchio. Nessuno scamperà alla precisione del nuovo mondo informatico (mi riferi-sco ai docenti).Andrea Bonavoglia

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Spazio apertoPROGETTO

“LA SALUTE A COLORI”indetto dalla ASL RMB con la collaborazione delle sezione di plastica (esposizione 3 lavori a cura di

Francesco Calia e Alessandro Reale) e uno di pittorica dell’I.S.A. Roma due a cura di Sergio Camilloni,Claudio Fazio e Tommaso Massimi lavoro realizzato da Federica Marazza (classe V L)

Il Progetto “La salute a colori” , esposto nel reparto pediatrico dell’ospedale Pertini di Roma, è statorealizzato su un supporto di dimensioni 200 x 300 cm. con un’imprimitura a gesso acrilico.L’opera rappresenta due pagliacci geometrizzati in un atteggiamento ludico.

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Spazio apertoPRIMO GRAN PRIX SCOLASTICO

Hanno partecipato quasi 1000 ragazzi alla gara e anche docenti di varie scuole di Roma.Consisteva in una staffetta di 500 metri per testare un vogatore, che viene utilizzano per allenare i cam-pioni di canottaggio. Ogni squadra composta da 4 studenti o 4 docenti doveva raggiungere utilizzando ilvogatore i 500 metri con il minor tempo possibile. La sfida è stata per equipaggiamenti da 4 sia maschiliche femminili sulla distanza di 2012 metri quindi 4x503 metri. Il tutto organizzato dalla Fondazione Romaha avuto per l’Istituto I.S.A. Roma due un ottimo risultato Considerando il momento dell’anno scolasticoormai alla chiusura è stata una straordinaria impresa per tutti.Ecco di seguito i vincitori.

1° Gran Prix Scolastico – Vincitori di ogni categoria

Classe III A anno 1993 componenti squadra: Zeffoli Alessio, Moscatelli Simone, Mazzini Lorenzo, Bolo-gna Salvatore

Classe IV A anno 1991 componenti squadra: Pescuma Tiziano, Sartarelli Fabrizio, De Rosa Marco, StaziAlessio

Categoria docenti componenti squadra: Fordigigli Savina, Ottaviani Floriana, Coletti Silvia, MalavendaFrancesco

A chi fosse venuta voglia di mettersi alla prova o avesse ancora qualche energia può partecipare allagara dell’ultima tappa del Girone Scolastico Britannico, che è aperto fino al 6 luglio: si farà un po’ dipratica a Mondofitness questa estate.

Plastico dell’Istituto I.S.A. Roma due

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Fumetto raffigurante l’I.S.A. Roma due di Giorgia Galli classe II P

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Il peggior nemico della creatività è il buon gusto. (Pablo Picasso)

Lavoro sezione Rebibbia

L’essere partecipa del movimentoSilvia Coletti

Uno dei termini che Aristotele confutò di buon grado a Platone nel I-XIII-XIV libro della Metafisica è lapartecipazione, ossia quel prender parte che il Movimento è chiamato ad avere con il Diverso in quantoQuiete, pur se entrambi proprio per la loro incompatibilità partecipano dell’Identico e del Diverso. PerPlatone, il Movimento è Diverso dall’Identico dunque è partecipazione del Diverso per relazione all’Identi-co. Così il Movimento non è Identico e il Movimento è Identico a se stesso. In riferimento alla predicazioneespressa noi abbiamo un’auto-identità sia del Movimento con se stesso, ossia nella forma ontologicadell’Identico, sia nella forma ontologica del Diverso che in quanto non Identità, stabilisce la determinazionesu cui inizialmente ci siamo soffermati.Se, scrive Movia, critico della filosofia antica, entriamo ancor più dentro al significato del passo e al suocostrutto notiamo come, a non smentire la struttura binaria della dialettica platonica, l’affermazione il Movi-mento partecipa del Diverso in relazione all’Identico può simmetricamente offrirsi in questo modo: l’Identi-co partecipa del Diverso in relazione al Movimento che sta ad indicare come il termine ontologico dell’Es-sere sia stato sostituito da Partecipazione per cogliere il nesso con le idee-forme nel tempo che Quiete,Moto ed Essere hanno con l’Identico esteso ed ampliato nel suo significato e nel permettere l’auto-predicazione e l’auto-partecipazione ad esso. Tuttavia, ribadisce Movia, questa è solo un’ipotesi, che inultima analisi ci porta a dire: il Movimento indipendentemente dall’Identico è essenza di sé e si auto-determina e identifica come idea nelle forme, grazie alla partecipazione dell’Identico.

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Diverso da chiQuando diciamo Identico e non Identico, non lo dichiariamo nello stesso senso.Ciò sta a significare che nell’ambito della sfera del pensiero le due proposizioni sono vere entrambe, masembra che l’ambiguità sia fondata sul piano logico-linguistico, in quanto le due affermazioni vengonomeno al principio di non-contraddizione. Il tutto si risolve nel distinguere le due proposizioni e i significatidei termini nella loro giusta accezione, ossia nel primo caso l’Identico è inteso come predicato nominale,nel secondo caso l’Identico a se stesso sta al posto dell’è, che determina l’Identità del Movimento inrispetto del principio di identità. Risolta l’ambiguità della frase analizzata, lo Straniero di Elea aggiungeperò che: Quando, poi, lo diciamo non Identico, diciamo invece per quella comunanza del Diverso, per laquale, separato dall’Identico, è divenuto non quello, ma altro. Il genere Movimento allora, pur essendoIdentico a sé, è Diverso in quanto altro dall’Identico. Il Movimento dunque non è in quanto non sia nulla, maperché non è identico all’Identico.“Ebbene se lo stesso Movimento partecipasse della Quiete, non sarebbe per nulla assurdo dirlo stati-co?”. Scrive Movia in Apparenza essere e verità che, anche se per alcuni critici questa domanda puòessere considerata un ’asserzione riguardo al fatto che il Movimento è statico non certo come movimen-to, ma in quanto forma, la risposta più corretta sembra invece quella di alcuni studiosi che negano che ilMovimento sia Quiete in quanto incompatibili e questo spiega come alcuni generi si mescolino fra loro(Essere, Identico, Diverso) e altri no (Moto,Quiete). Questa risposta, secondo il critico Ross in Platone ela teoria delle idee, si ricava dal fatto che il rapporto fra i generi non si basa solo su un aspetto linguisticodi predicazione, ma anche sul piano ontologico della proprietà come appartenenza, che determina ilMovimento come forma pura del Movimento stesso.“Il Movimento è Diverso dal Diverso, come era Diverso dall’Identico e dalla Quiete?”. Sembra così, chel’Ospite di Elea, con questa affermazione, voglia dire che “il Movimento partecipa del Diverso per rappor-to al Diverso”. Riprendendo il tema affrontato inizialmente, si può affermare che per Platone non c’èconoscenza, se non c’è Movimento. L ’oggetto non può esser conosciuto se non patisce e non si muove.In realtà bisogna precisare che, affinché ci sia scienza, non si può attribuire all’Essere solo il Moto, maanche la Quiete.È’ necessaria infatti fermezza e stabilità. Il problema è che il Moto e la Quiete Sono, cioè se attribuiamoall’Essere entrambe le caratteristiche contemporaneamente cadiamo in contraddizione. Per risolveretale problema dovremmo concepire l’Essere come un terzo genere oltre il Moto e la Quiete. L’estrapolarel’Essere dal Moto e dalla Quiete e il considerarlo come un altro genere separato da questi, significa, inaltre parole, affermare che l’Essere non è ilMoto, non è la Quiete.Anche questa situazione crea una difficoltà,porta ad un assurdo: come è possibile cheuna cosa che non si muove non sta neancheferma ed una cosa che non sta ferma nean-che si muove?Platone, scrive Ross, cerca di risolvere talidifficoltà, prendendo in esame il problemadella predicazione. La possibilità di congiun-gere un soggetto con una molteplicità di pre-dicati era stata negata soprattutto dai Cinicie precisamente da Antistene.Questi aveva sostenuto che l’unico giudiziopossibile è quello identico: l’uomo è uomo, ilbuono è buono. Attribuire ad un soggetto unsignificato diverso significa attribuire adun’essenza molti nomi, ritenere identici l’unoe i molti. Solo il nome singolarmente presoesprime la verità, finché si resta ad esso è impossibile dire il falso, ossia il Non-Essere e cadere incontraddizione.Se infatti io dico: Socrate è buono e Socrate è filosofo, cado nella contraddizione, perché Socrate risultaessere uno e molti nello stesso tempo.La possibilità di congiungere un soggetto con una molteplicità di predicati è determinabile solo se si

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Diverso da chistabilisce qual è esatta tra questetre ipotesi:1. Nessun termine si unisce connessuno.Tale situazione è impossibile, per-ché il Moto e la Quiete non si le-gherebbero con l’Essere e quindinon sarebbero. C’è da sottolinea-re poi, che l’Essere è il principiofondante, comprende tutto sotto disé; tutti i generi, tutti gli oggetti sonolegati all’Essere. Quindi tutti i ge-neri partecipano dell’Essere, manon è detto che i generi partecipa-no tra loro;2. Tutti i termini si legano con tutti.Questa ipotesi viene scartata. Sesi verificasse ciò infatti si creereb-be una situazione assurda: il Motostarebbe fermo e la Quiete si muo-

verebbe. Diciamo quindi che l’ipotesi giusta è la terza; 3. Alcuni termini comunicano tra loro altri no.Nel Sofista, Platone afferma l’esistenza di cinque generi: l’Essere, il Moto, la Quiete, l’Identico e il Diver-so, riducendo il numero delle idee a cui far riferire ciascuna realtà e facendo corrispondere ad un’ideanon una singola cosa, ma una molteplicità di cose.“Allora è necessario che il Non-Essere sia per il Movimento e in tutti i Generi. Giacché in tutti la natura delDiverso, rendendo ciascun Diverso dall’Essere, lo fa Non-Essere, e quindi diremo giustamente che tuttiquanti in questo senso non sono, e viceversa, perché partecipano dell’Essere, che sono e sono degliesseri”. Notiamo come alla disgiunzione viziosa di Parmenide dell’”è o non è”, Platone sostituisce la suaanalisi ontologica: “partecipa di ed è differente da”.Così la natura del Diverso rendendo ciascuna cosa diversa dall’Essere, la fa Non-Essere e viceversapartecipando dell’Essere, che tutti gli esseri sono. Naturalmente si ribadisce come il Non-Essere di cui siparla non è Non-Essere in senso assoluto del nulla, ma trattasi del Diverso. Così il Movimento insieme atutti gli altri Generi sono Non-Essere, ossia sono Diversi dall’Essere. Il Non-Essere è prodotto così delDiverso, che rende ciascun Genere, ad eccezione dell ’Essere, Diverso dall’Essere e pertanto lo fa Non- Essere. Tuttavia tutti i Generi sono in quanto parteci-pano dell’Essere che “tutto abbraccia”. Lo Straniero di Elea afferma così che: “Relativamente a ciascunadelle idee l’Essere è dunque molteplice, ma il Non-Essere è di una molteplicità illimitata”, infatti di ogniforma sono veri molti giudizi affermativi e innumerevoli giudizi negativi, che esprimono la sua differenzadalle altre forme, ossia ogni forma in virtù della sua partecipazione al Non-Essere, partecipa del Diversoin relazione a infinite altre.Lo stesso, sottolinea il critico Movia,vale anche per l’Essere, che per quanti sono gli altri Generi, per lestesse volte non è e così non essendo quelli è uno e ancora d’altra parte non è come quelli illimitato. Laconclusione a cui giunge a questo punto lo Straniero di Elea è quella di affermare il Non-Essere dell’Es-sere nella sua non identità con gli altri Generi, che sono in quanto partecipano dell’Essere, ma non sonol’Essere stesso. “Non consentiremo dunque, che si dica che la negazione significa il contrario, ma solo questo: che il<non> premesso indica qualcosa di Diverso dai nomi che lo seguono, o piuttosto qualcosa di Diversodalle cose cui si applicano i nomi che seguono la negazione”. Ben inteso che la negazione non significacontrarietà, scrive ancora Movia, ci limiteremo a dire che la particella <non> preposta, denota qualcosad’altro rispetto ai nomi che seguono o alle cose definite dai nomi.Ecco di seguito la formula: non x non determina il contrario di x, ma solo il Diverso da x dunque non x èDiverso da x.

In sintesi, abbiamo dimostrato che non tutte le forme hanno una comunicazione reciproca. L’Essere èindipendente dal Moto e dalla Quiete; entrambi infatti partecipano dell’Essere, ma non sono in comunio-

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Diverso da chine tra loro. Sotto il Genere di Identico e di Diverso sono presenti tutti gli enti: ogni ente è infatti Identico ase stesso e Diverso dagli altri.Essi sono dunque proprietà degli enti, ma soprattutto Generi: esseri per sé. Da qui l’invito oraziano adessere paghi del proprio stato e a cercare la felicità nelle cose più semplici e naturali, non però attraversouna corsa sfrenata al piacere, ma affidandosi ad una saggezza fatta di autolimitazione e moderazione:Auream quisquis mediocritatem diligit, tectus caret obsoleti sordibus tecti, caret invidendi sobrius aula(chi l’aurea misura ha cara, evita sicuro lo squallore di una casa in rovina, evita, sobrio, una reggiainvidiata).

“Qualunque paesaggio è uno stato d’animo” (H. F. Amiel)a cura di Annalisa Vecchiarelli

Nell’arte romantica i paesaggi non sono mai meramente descrittivi, ma la natura è vista come specchiodei sentimenti umani più profondi. Le opere di C. D. Friedrich sono a questo riguardo estremamenterappresentative per la tipica inclusione dell’osservatore, rigorosamente di spalle, come “medium” tra ilquadro e lo spettatore. In questo modo il paesaggio si umanizza, divenendo un vero e proprio luogospirituale.Con gli alunni di alcune classi, partendo dall’analisi dell’opera di C. D. Friedrich Viandante sul mare dinebbia, abbiamo provato a rivivere questa esperienza: dopo averla letta come immagine della condizio-ne umana avvolta dal mistero, è stato chiesto ad ognuno di loro di mettere se stesso nel punto di vistadell’osservatore, immaginando il paesaggio “esistenziale” che ognuno vede davanti a sé.Ne sono risultate delle opere se non sempre tecnicamente perfette comunque dense di significato, in cuii ragazzi si sono sforzati di esprimere ciò che hanno dentro e di rappresentare come vedono se stessi inrelazione al mondo che li circonda e al loro percorso di vita.Si è trattato di un lavoro entusiasmante che è servito per conoscere meglio se stessi e conoscersi gli unigli altri.

C. D. Friedrich, Viandante sul mare di nebbia,1818 Hamburger Kunsthalle

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Diverso da chi

Elisa Cunzo classe III L

Sara Gianfermo classe II P

Erica Vommaro classe II P

Chiara Antonini classe I C

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Diverso da chi

Martina Palmieri classe II P

Alfonso Del Vecchio classe II P

Valerio Vincioni classe II P

“Eden Shinto” - Filippo Manfredi classe I C

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Diverso da chi

Marzia Palamara classe I G

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Diverso da chi

Giorgia Colella classe I C Giorgia Sedda classe I C

Silvia Taurino classe I G

Federico Fruscoloniclasse II P

Gloria Concutelli classe II P

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Martina Palmieri classe II P

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Cristiano Coltella classe I C Cecchini Erica classe II P

Cassandra Sabatini classe II G

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Diverso da chiMUSICANDO PAROLE … COSTRUISCO DIALOGHIa cura di Silvia Coletti

Per parlare è necessario sapere di partire da sé e voler arrivare all’Altro. Siamo noi quando tacciamo,quando parliamo, quando sussurriamo, quando urliamo, quando ci sfiniamo o ci neghiamo con le parole.Lamberto è un vecchio bizzarro schiavo dei suoi innumerevoli malanni, tanto da non essere più se stessoe tanto da non riconoscere negli altri un aiuto: è troppo preso da sé e dal suo egoismo da non accorgersinemmeno di un sorriso o di una parola di conforto. Chi siamo? Dove andiamo? Sono interrogativi cheaccompagnano l’uomo. Visto che non ci è dato sapere veramente chi siamo, dobbiamo accontentarci discoprire come ci vediamo o come ci vedono gli altri.La percezione spesso però si lascia influenzare dalle emozioni: vediamo ciò che crediamo di poter vede-re, prestiamo ascolto solo a ciò che ci è utile. E’ questo che fa l’amore sui sensi,anche se a volte sarebbe più semplice dire cosa non fa, visto che chi ama vive l’abbandono dei sensi, ildelirio dei sensi, una corrispondenza d’amorosi sensi.Ti ascolto per capire diciamo. L’udito è il padre indiscusso dell’ascolto, basta questa semplice afferma-zione per capire quanta e quale responsabilità umana gravi sui suoi padiglioni. Prestare ascolto tuttaviaè molto di più che offrire un padiglione auricolare. Prestare ascolto è tendere l’orecchio dell’affettività,è far vibrare le emozioni dentro di sé, è comunicare con il cuore. Per questo che spesso non ci sentiamoascoltati quando … fanno contemporaneamente altre cose, quando non ci guardano in faccia, quandonon ci lasciano il tempo di spiegare interamente il nostro problema, quando guardano l’orologio dandol’impressione di avere cose più importanti da fare.

Testo canzone di Elisa dal titolo Luce:Parlami come il vento fra gli alberiParlami come il cielo con la sua terraNon ho difese maHo scelto di essere libera

Adesso è la veritàL’unica cosa che contaDimmi se farai qualcosaSe mi stai sentendoAvrai cura di tutto quello che ti ho datoDimmiSiamo nella stessa lacrima, come un sole e una stellaLuce che cade dagli occhi, sui tramonti della mia terraSu nuovi giorniAscoltamiOra so piangereSo che ho bisogno di teNon ho mai saputo fingereTi sento vicinoII respiro non menteIn tanto doloreNiente di sbagliato

Niente, niente...Siamo nella stessa lacrima, come un sole e una stellaSiamo luce che cade dagli occhi, sui tramonti della miaterraSu nuovi giorni in una lacrimaCome un sole e una stellaLuce che cade dagli occhi sui tramonti della mia terra sunuovi giorniII sole mi parla di te... mi stai ascoltando? OraLa luna mi parla di te... avrò cura di tutto quello che mi haidato..Anche se dentro una lacrima, come un sole e una stellaLuce che cade dagli occhi sui tramonti della mia terraSu nuovi giorni in una lacrima come un sole e una stellaLuce che cade dagli occhi sui tramonti della mia terraSu nuovi giorniAscoltamiAscoltamiAscoltamiAscoltamiAscoltamiAscoltamiAscoltati.

Fumetto di Eleonora Felli classe II P

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Diverso da chi

Fumetto di Giorgia Galli classe II P

Luce è una canzone stupenda, piena di significato,…,di ricordi, di sensazioni. E’ una canzone che tra-smette molto: si riferisce a due innamorati che si sono lasciati, e rispecchia le piccole battaglie che cisono state tra i due; se si va oltre le parole, si coglie il significato della frustrazione della propria anima,che combatte tra amore e odio e se la canzone si intitola Luce è perché probabilmente ha trovato larisposta ai suoi problemi, alle sue ansie e alle sue paure … nella frase “come il cielo con la sua terra …”l’innamorato incarna la terra, insomma, Ying – Yang, maschio e femmina …Riconduce tutto a elementi della natura, semplici, potenti, essenziali … Ognuno di noi vuole essere “ascol-tato”, è la nostra necessità, voglio che mi parli … proprio come “il cielo con la sua terra”, “ non ho difesema ho scelto di essere libera …”, sono fragile, mi sentopiccola, ho paura, ma ho scelto di non chiudermi in mestessa, di non perdere nemmeno un secondo su questomondo. Voglio sentirmi ancora libera, da tutto, dalla paura,da una storia che è finita male, dalla malinconia e dall’ideache non posso ricominciare senza la tua presenza. Io hodato tanto, troppo, a persone sbagliate e spero che quellepersone avranno cura di quello che ho lasciato, di non averperso semplicemente tempo. Noi, il passato, siamo solo“lacrime, luci, che cadono dagli occhi”, rimorsi, rimpianti,su “nuovi giorni”, in cui tu non ci sei … ma ho comunque,costantemente bisogno del tuo ascolto, delle tue parole …quindi “ Ascoltami”, l’unica cosa che so e di cui sono sicu-ra è che “ho bisogno di te”, e lo sai, perché non sono mairiuscita a fingere con te … chissà perché anche se sei di-stante, ti sento vicino, lo sei stato per tanto e lo sarai sem-pre. Tutto mi fa pensare a te, “il sole, la luna, mi parla di te”;io a differenza tua, “avrò cura di tutto quello che mi hai dato”…

Anche se mi hai promesso che saresti stato sempre pre-sente nella mia vita, come al solito, non hai mantenuto latue promessa, mi stai ascoltando? Mi ascolti quando tiparlo? …Non c’è peggiore arma che l’indifferenza, e tu, mi stai ucci-dendo. Pensi solo a te stesso, sì, hai belle parole, ma nonhai mai mantenuto quello che hai promesso: sei troppo ego-ista. Ricordati che nella vita non troverai sempre personedisposte a comprenderti; ricordati, che la maggior partedelle volte quello che semini raccogli! Per un po’ ci ho pro-vato, ma sai bene che quando l’amore si spegne, è piùfreddo della morte. Il problema è che le due parti in causanon si spengono contemporaneamente e quando sei la par-te ancora accesa, preferiresti essere morto. Sapevi di cosebelle da fare … e quindi rimango qui, per il momento, seduta, ad aspettare che passi e mi allunghi lamano, per portarmivia da questo mondo.

E invece passa la gente, gli sguardi distratti, e tu, non arrivi mai …Ripeto … “ho scelto di essere libera” e quindi vado avanti con il sorriso stampato in volto e ti dico chel’inizio e la fine, in guerra e in amore, quando si perde qualcosa, quando si perde qualcosa ne arrivaun’altra … perché una vita non basta, per la “luce che hai negli occhi”, perché c’è sempre vita nuova.Per le risate, le lacrime, per le giornate più belle, perché troverai sempre qualcuno come te. Per le parole,per le battaglie, per gli errori, per gli schiaffi, per gli insulti … per la voglia che ho di farcela, per la verità,la fede, … per tutto quello che verrà …Claudia Sancilio classe IV N

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Diverso da chi

Foto girdino Istituto I.S.A.Roma due

“ … Chi sa ascoltare sa anche vivere in questo scorrere di immagini veloci, di vergini più audaci, dirallenty della burocrazia, di estetica, analisti e polizia”.Dalla canzone Non importa di Fabrizio MoroE’ tremendamente vero! Chi riesce a fermarsi e ad ascoltare gli altri o anche solo se stessi, nella societàfrenetica di oggi fatta di televisione, perdita dei valori, di problemi tecnici interni alla società, di apparen-za, di manipolazione del pensiero, ha vinto il gioco della vita in partenza. Ascoltare non vuol dire unica-mente UDIRE le parole dell’altro: vuol dire “compatirlo”, nel significato greco del termine “soffrire insie-me”, “sentire le stesse cose”.Quando si ascolta l’altro bisogna immedesimarsi nelle sue sensazioni, “provare insieme”, appunto, ciòche sente chi stiamo ascoltando. Non bisogna però lasciarsi trascinare completamente da ciò che cicomunica l’altro. Si dovrebbe comunque rimanere saldi a se stessi e alla propria identità di individuicompleti, in modo da poter consigliare il nostro interlocutore al meglio nella cattiva sorte, ma anche inquella buona. Bisogna che l’ascoltato senta l’ascoltatore complice, ma non soggiogato, in modo chepossa esserci un sincero passaggio di emozioni e un salutare scambio di opinioni e consigli. Ascoltare,nel vero senso della parola dunque, è tanto difficile quanto farsi ascoltare se non di più!Non è facile infatti riuscire a non farsi coinvolgere troppo in modo da dare un parere obiettivo quando sitratta di una persona cara o, al contrario, interessarsi abbastanza di qualcuno che per noi in quel momen-to non rappresenta granché. Ascoltare può essere però tanto gratificante quanto difficile. Il fondatore delmovimento dello scautismo, Lord Robert Bade Powell, diceva che “il sale preso da solo è amaro, ma chemesso insieme ad una pietanza, le dà sapore”: insieme a ciò aggiungerei che le difficoltà, nel nostrocaso l’ascolto, sono il sale della vita e io credo proprio che sia così.

Salvitti Silvia classe I E

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Stanze dell’arte

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L’essenza dell’arte è provare piacere nel dare piacere. (Mikhail Baryshnikov)

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Stanze dell’arteMonologo dell’ odio indiscriminatotesto di Marco Buzzi__________________________________________________________Cosa avete da guardare, cosa avete… Non vi piace… ?Beh, è così !Odio tutti questi bambini, queste madri lagnose, sempre tra i piedi..Odio i miei compagni.Cosa si credono di essere !? Cos’hanno da guardare ?!Non c’è niente da guardare !Vi faccio schifo ! Vi spacco la faccia io, a tutti la spacco,a tutto il mondo.Non sono mica uno sporco bamboccio. Lo dico e lo fac-cio.E’ così bello vedere la vostra paura… Mi vengono i brivi-di dappertuttoMi sento d’acciaio…Eeh, voi invece… cari miei… Voi no ! Siete solo dellelarve,larve che strisciano. Ve la fate sotto!! Non me la venitea raccontare…. ! Tutti vogliono spaccare tutto, distruggere…Il mio sogno… ? ah ah ah.. I have a dream…distruggerecombattere, bombardare… Tutti corrono terrorizzati…Sono il dio della morte ah ah ahah ah ah(frenetico isterico )E’ per questo che amo fare il soldato, fare il tifoso, farebanda…Sìììì… picchiare, spappolare, torturare.. Distruggerequelle vostre faccette da debolucci pietosiMa con qualcuno con me, che mi apprezzi, che mi esal-ti…Unire insieme l’onda pazza d’energia, e via, via,sentirsi finalmente vivi, vivi nel vostro spappolamento…Perciò non ho voluto fare l’aviatore …. Non è bello da lontano… Nossignore ! La voglio vedereda vicino la vostra faccia… Torturarvi..Era forte eeh il tuo papino, bimbetto… Vedi ora come se la fa sotto mentregli spacco i denti ? !!Ora non ride piùSporchi gli ebrei, i negri, gli zingari, i rumeni, i vecchi… Quantorompono i vecchi, oddio sì, che si credono ??E bravo Hitler, i vecchi ?! Al forno, e marciaSiamo tutti marci, tutti, sporchi, sporchi e infami… Tutti, sporchi,sporchi da far schifo.Tutto fa schifo ?! Sì, tutto, tutto. Che vi credete…Vi credete puliti voiE dove eravate, cocchini belli loro, voi, eh ?! eh?! Dove…sul lorodivanuccio papposo, con la televisionuccia loro,…e oddio ! ooh ! ma guarda !Piagnistei da lumache assassine !Siete tutti assassini, che credete…Ma è bello ! Voglio farlo. Non mi rompete. Fuori dai piedi tutti.Aah, ora ci penso io !Cosa avete da guardare !? Piantatela !! Vi spacco la faccia !

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Stanze dell’arteVolete sapere che cosa ho dentro ??! Al diavolo voi !!Crepa, che cosa ho dentro !Che cosa ho dentro ? ! ?Nessuno sa cosa… Un sacco di fogna da rovesciarvi addossoBambocceria universale, bambocceria...Ecco cos’è, tutto questo parlare parlare predicare..…….Picchiare, picchiare…….…..( PAUSA )…..Non mi picchiare, amicooo… ! ! Non mi picchiare. …ti prego … ti pregooo… Non io ! Cosa ti ho fatto ??! Non mi picchiare ! Non mi picchiare !

ROSSO(testo di Elena Andreozzi, voce Francesca Bianchi)Rosso… passione, intensità, vita! Così credevo nel mio sonno profondo.Morbide pieghe… di uno stupendo abito rosso.Lo indosso da molto tempo ormai. E’ stato il compagno fedele e quasi incontrastato della mia vita didormiente….ne ho sfiorato la superficie un’infinità di volte, ne ho esplorato ogni piega, ne ho ammirato lalucentezza riflessa nello specchio…riflessa insieme alla mia figura esile e sinuosa. Perfetta.Ho curato ogni particolare, ho eliminato ogni difetto, ho sistemato meticolosamente ogni piega.Infine ho aggiunto il rosso anche alle mie labbra e ho pensato…sono a posto…Ora …la mia identità èperfetta!Ma in questo “ora”… le morbide pieghe diventano piaghe e mi inchiodano e questo rosso così intensonon parla di passione, intensità, vita…questo rosso dilaga e dilagando urla…Sangue, morte!Questo rosso mi investe come lava bollente… ed ora…sta inghiottendo il mio rosso e con lui la miaidentità così perfetta.Sì perché prima tutto sembrava così perfetto…e il mio sonno era tranquillo…ed io giocavo.Il mio abito rosso…e il mio rossetto…Rosso.Ancora rosso…ora sono immersa nel rosso…ora sono inghiottita dal rosso, ma in questo incubo, inquesto buio profondo che ci tinge tutti di rosso, chiedo a voi, prima di soccombere: riusciremo un giornoa svegliarci veramente e a ritrovare la luce?

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Stanze dell’arteANCORA CIELI DURI e ECCO VORREI DIFENDERE(Ensor “Scritti”, voce Brookelly Nlemibe e Claudio del Sordo)

“Ancora cieli duri, cieli sprovvisti di bontà e d’amore, cieli chiusi per i vostri occhi, cieli poveri, cieli nudisenza conforto, cieli senza sorriso, cieli ufficiali… Verso il beffardo paese delle inquietudini palpitanti hodiretto, a vele spiegate, la mia barca pavesata di fiamme inchiostrate”

“Ecco: vorrei difendere la giovinezza e le suesperanze, e dirò a tutti la bella leggenda dell’Io,dell’Io universale, dell’Io unico, dell’Io panciuto,del grande verbo Essere. Io sono, noi siamo,voi siete, essi sono”

IL VOLO DELLE OCHE(Testo scientifico, voce Brookelly Nlemibe )

“In autunno, alzando gli occhi verso il cielo, possiamo ve-dere molti tipi di uccelli che migrano verso il Sud. Ma glistormi di oche selvatiche hanno qualcosa di straordinario.Quando un’oca sbatte le ali, crea una spinta verso l’altoper il compagno dietro di lei, e in questo modo tutto il grup-po aumenta l’autonomia di volo del settanta per cento ri-spetto ad un uccello che voli da solo.E quando il primo uccello si stanca, si sposta, ed un altrolo sostituisce nella guida.Quelli che si trovano dietro gridano per incoraggiare co-loro che si trovano davanti a mantenere la velocità.Infine…Quando un’oca viene ferita o si ammala, altre dueoche escono con lei dallo stormo, e le prestano aiuto. Ri-m a n - gono con lei finché non è in grado di riprendereil volo, o finché muore, e soltanto allora si lanciano dinuovo verso l’alto per unirsi ad un’altra formazione e final-mente raggiungere il Sud”.“Anche noi stiamo imparando a volare. Insieme! “

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Stanze dell’arte

VELE CONTROVENTO

REGIA E TESTI Proff. Elena Andreozzi Marco BuzziSCELTA IMMAGINI Prof. Elena AndreozziCOREOGRAFIE E SCELTA BRANI MUSICALI Prof. Lucia BrongoFOTOGRAFIE VIDEO E PROGETTO GRAFICO Prof. Maira FucciREFERENTE “LABORATORIO TEATRALE” Prof. Stefania Ciasco

IN SCENAMartina Acquafredda 3B - Luca Alessandroni 1G - Silvia Aprile 1B - Francesca Bianchi 4NClaudio Del Sordo 3B - Alfonso Del Vecchio 2P - Rosetta Di Bernardini 4NMassimo Esposito ex alunno - Daniela Liberali 3B - Danislava Lyutakova 3BBrookelly Nlemibe 4M - Celeste Pasquali ex alunna - Cassandra Sabatini 2G - Roxana Telli 3BElisabetaTroncarelli 2A

IMMAGINIBurri, Hitchcock, Goya, Picasso, II Guerra mondiale, Lager, Vietnam, Balilla,Attentato alle Twin Towers, Fautrier Beckman, Abramovic, Magritte, Fontana, Hopper, Neshat, Giacometti,Klein, Bacon, Beecroft, Mambor, De Maria, Basquiat, Rotcho, Fotografie della natura

MUSICHEGiorgio Gaber, Massive Attack, Kurt Weill, Nikos Mamangakis, J.S.Bach, Erik Satie, Ryuichi Sakamoto,Ryuichi Sakamoto, Brian Eno, Antonio Vivaldi

TESTI‘Monologo dell’Odio’ - Marco Buzzi

voce - Nlemibe Brookelly‘Rosso’ - Elena Andreozzi

voce - Francesca Bianchi‘Domani e poi domani’ adattamento da Shakespeare, ‘Macbeth’ Marco Buzzi

voce - Claudio Del Sordo‘Ancora cieli duri’ e ‘Ecco vorrei difendere’, da Ensor, ‘Scritti’

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Stanze dell’artevoce - Nlemibe Brookelly Claudio Del Sordo‘Il volo delle oche’ testo scientifico

voce - Nlemibe Brookelly

Un ringraziamento speciale al Dirigente ScolasticoProf. Mariagrazia Dardanelli

Si ringrazianoProf. Stefano GuerraProff. Patrizia Corona, Gabriella GiumentoDott.ssa Antonella Di GiorgioStaff di DirigenzaSegreteria Amministrativa, Personale A.T.A.l’alunno Giorgio Pomettini

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Foto sfilata

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Stanze dell’arte

Foto sfilata Foto sfilata

Foto sfilata - Premiazione migliore realizzazione moda da parte del Dirigente scolastico Mariagrazia Dardanelli

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Stanze dell’arte

… Il progetto “Donne Multietniche”, realizzato dal nostro Istituto già presente nella Casa CircondarialeFemminile di Rebibbia a Roma con il Corso di Decorazione Pittorica in collaborazione con Unicoop

Tirreno e la Casa Circondariale FemminileRebibbia, con il Patrocinio della Provincia diRoma, del Garante dei Diritti dei Detenuti del-la Regione Lazio e del Ministero della Giusti-zia, è finalizzato a “evidenziare la ricchezzamulticulturale delle donne in condizione di pri-vazione”. Questo ha visto il coinvolgimento del-le detenute che hanno intrapreso percorsi diespressività grafico/plastico/pittorica/ e, attra-verso il lavoro in laboratori specialistici (de-corazione su ceramica e tessuto, mosaico,pittura, ecc.), hanno ideato, progettato e rea-lizzato prototipi artistici, che esprimono e rap-presentano la volontà di condividere la diver-sità in un’ottica di scambio e il desiderio dicomprendere ed assimilare le regole dellaconvivenza nel rispetto della libertà di opinio-ne, di valori, di culto e di tradizioni …

… L’esperienza presso la Casa Circondaria-le di Rebibbia ha rappresentato per gli ope-ratori coinvolti una grande occasione dimaturazione professionale. I docenti sono stati“obbligati” a confrontarsi con il “pianeta car-cere”; hanno lavorato in un contesto inizial-mente diffidente; hanno imparato a riconosce-re e superare nuove difficoltà e ad affinare lecapacità di ascolto …

… In conclusione, l’arte ha rappresentato, perle detenute di Rebibbia, un modo per espri-mere senza filtro delle parole ciò che lo spiri-to sente; attraverso le Creazioni hanno cer-cato di comunicare all’esterno il loro esistere,di raccontare desideri e aspettative, di con-cepire un proprio progetto di vita; un progettodifficile e sofferto e forse per questo più ge-nuino e forte. Da parte nostra dovremmo farein modo che il tutto non finisca tra le mura e glispazi d’aria della struttura carceraria, cosìcome sancisce la nostra Costituzione.

Mariagrazia Dardanelli

DONNEMULTIETNICHEL’arte è un linguaggio senza barriere. E senza sbarre.

Ritratto africano di Laura Proietti, pittura e collage

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Stanze dell’arte

Presentazione lavori Donne Multietniche della sezione Rebibbiadell’ISA Roma due presso Palazzo Valentini

a Roma in collaborazione con la Provincia di Roma -presiedono il Dirigente sciolastico Mariagrazia Dardanelli e

il vicepreside della sezione Rebibbia Alessandro Reale

Lavoro sezione Rebibbia Lavoro sezione Rebibbia

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Angoli di memoria

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Dipingere è facile quando non sai come si fa, ma molto difficile quando lo sai. (Edgar Degas)

Viaggiare nella memoriaa cura di Maria Clara Di Benedetto

In viaggio con i sopravvissuti al campo di sterminio nazista di Auschwitz - BirkenawAll’inizio dell’anno scolastico appena trascorso, nel mese di ottobre, il nostro Istituto ha partecipato, conuna delegazione di studenti da me accompagnati, al “Viaggio della memoria” ad Auschwitz- Birkenaworganizzato dal Comune di Roma - Dipartimento XI– Assessorato alle politiche educative scolastiche.Vorremmo qui dare un’altra testimonianza di quanto abbiamo visto e ascoltato dalla voce dei sopravvissutiAndra e Tatiana Bucci e Samuel Modiano, oltre a quanto abbiamo cercato di fare nel corso dell’annoscolastico con la celebrazione del giorno della memoria il 27 gennaio e con la partecipazione delle operedi molti altri studenti alla mostra “La scuola in festa” organizzata dallo stesso Comune di Roma presso igiardini “Nicola Calipari” a Piazza Vittorio alla fine di maggio.Chi ha partecipato al viaggio è tornato portandosi dentro l’urgenza di dire, e così è iniziato un lungo raccon-to che come un sasso lanciato in un lago si è sviluppato in cerchi concentrici che si allargano sempre dipiù: dalle nostre famiglie, le prime ad averci ascoltato al nostro ritorno, alla classe, all’intero Istituto, allacittà, alla rete….Vorrei dare un plauso a tutti gli studenti che hanno partecipato, i nostri e quelli di tutte le altre scuole: maistanchi sempre interessati pronti ad ascoltare e a porre domande, che per tre giorni hanno rinunciato aicellulari, agli sms, ai contatti su facebook, alle serate in discoteca, a tirare l’alba, che con il loro impegnohanno sfatato tutti i luoghi comuni che oggi diciamo sui ragazzi ed hanno mostrato tutta la loro saggezza!Da adulta e insegnante di storia sono partita chiedendomi come avrei reagito emotivamente io che hosempre studiato e insegnato la Shoha, lo sterminio di sei milioni di ebrei, e di innumerevoli zingari, omo-sessuali, prigionieri politici, militari: io che ho visto tutti i filmati che circolano sull’argomento, che ho lettotutto quello che si poteva leggere, io, che già “conoscevo”, che reazioni avrei avuto? Mi ero forse immuniz-zata dal dolore? E la risposta è arrivata durante il viaggio nei numerosi pugni allo stomaco che mi hannocolpita in tanti momenti di profonda commozione: dalle parole dei sopravvissuti, alle immagini e ai reperticonservati nel museo allestito ad Auschwitz 1.

Laboratorio documentazione fotografica - intervento grafico diGiorgio Pomettini classe IV P

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Angoli di memoriaMa soprattutto voglio dire quello che rimarrà per sempre nei miei occhi come la testimonianza di unaviolazione estrema: la fotografia gigante di una donna “sperimentata”, nuda, rannicchiata sul lettino diun’infermeria con accanto un’infermiera banalmente indifferente…Mi sono chiesta se fosse stato giusto esporre quella foto, come se essa perpetuasse la violazione dallapiù profonda intimità femminile oltre che quella degli ebrei, la riproducesse all’infinito…Ma no! Quella foto deve stare lì, insieme a tutte le altre: tutti devono vedere, sapere come è facile perl’uomo cadere nel mondo di inferno, perché ognuno di noi può essere potenzialmente un assassino op-pure un santo, un illuminato… ma quando si è al bivio la strada va sempre scelta e poi perseguita confatica e determinazione, perché i cambiamenti cominciano dai singoli, da ogni essere umano unico eirripetibile che pure, insieme ai tanti miliardi che hanno abitato e abitano la terra, fa la storia!

AUSCHWITZLo sapevate?

Mi hanno costrettoa setacciare le ceneridi mia madree di mia sorellache visse solo tre mesiLo sapevate?

Mi hanno costrettoa pestare i frammentidelle loro ossanon rese polveredal fuoco

Lo sapevate?

Mi hanno costrettoa mettere le ceneriin una carriola arrugginitaa portarle fino al fiumea buttarle nell’acqua

Lo sapevate?

Mi hanno costrettoa direa chi chiedevacos’è questa polvere?Mangime per i pesci…

Ditelo ai vostri figli!

Rispettate il monitodi Primo Levi.

Non vi si sfascerà la casa.Non vi impedirà la malattia.I vostri figli non torcerannoil volto da voi.

Maria Clara Di Benedetto

Ricostruzione di un vagone utilizzato per le deportazioni

Il gruppo del “Viaggio della memoria” entra ad Auschwitz 1

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Angoli di memoriaIn viaggio con i sopravvissuti alla shoha

Samuel Modiano, detto Sami, è un italiano di religione ebraica, nato a Rodi nel 1930 in una comunità checontava 5000 ebrei. Le leggi razziali di Mussolini lo colpirono già all’età di 8 anni, quando venne espulsodalle elementari. Questa espulsione l’aveva presa come una punizione per una colpa, per uno sbaglio,anche perché con l’umanità e l’ingenuità di un bambino non si può arrivare a capire il vero perché di unacosa tanto illogica.Poi tornato a casa con la paura e il dispiacere di dire il fatto ai genitori si mise a piangere dicendo che loavevano cacciato, ma al contrario i genitori capirono subito, ovvero capirono che le leggi razziali eranoarrivate anche da loro.All’età di 13 anni cominciò l’inferno della deportazione. I nazisti lo imbarcarono su un traghetto ad Ateneinsieme ad altre 2500 persone, fra cui la sorella Lucia e il padre, fino ad Auschwitz- Birkenaw.Il viaggio fu traumatizzante, ogni vagone conteneva 90 persone fra cui bambini e anziani.Questo viaggio durò un mese, prima in nave e poi su quei carri bestiame in cui vennero ammassati. Tuttii bisogni li dovevano fare in quei vagoni che molto spesso portavano alla morte, solo una volta a settima-na potevano prendere aria o meglio pulire gli escrementi e rimuovere i cadaveri (spesso dei loro paren-ti). E tutto ciò seguendo degli ordini precisi in tedesco, e quando non capivano erano calci e maltratta-menti. Appena giunti ad Auschwitz -Birkenaw di notte lo divisero dalla sorella Lucia, ovvero misero imaschi a destra e le femmine a sinistra. Proprio in quell’istante Sami conobbe l’uomo più spregevoledella terra, pensate che ancora ad oggi non riesce a pronunciare il suo nome! Il dottor Mengele.Quest’uomo con solo un gesto della mano, ovvero l’indice teso, decideva chi andava ai lavori forzati e chialle camere a gas. Sia lui che il padre andarono ai lavori forzati.Sami aveva solo 13 anni e quell’età era inutile per i tedeschi, dato che un ragazzo a quell’età è troppogrande per gli esperimenti e troppo piccolo per i lavori forzati, ma con il tempo capì che lo salvò la suacorporatura imponente e robusta che lo faceva sembrare più grande.Dopo la prima selezione lo portarono nella Zauna dove lo spogliarono, lo rasarono e disinfettarono com-pletamente, ancora si ricorda il bruciore negli occhi.A quel punto gli gettarono addosso il pigiama a righe, il cappello e gli zoccoli, infine venne il momento delfamoso tatuaggio sul braccio sinistro. Samy si ricorda che il padre non lo lasciava mai e il numero deltatuaggio ce lo dimostra: il padre aveva B7455e lui B7456, numero che poi dovevano imparare in tede-sco.Perché è così che venivano chiamati dai nazisti. Sami fu obbligato a fare ogni tipo di lavoro, come quellodi raccogliere i cadaveri e portarli ai forni per 12 ore al giorno. Ormai era arrivata la morte, gli avevanoordinato di andare nelle camere a gas, era già in fila davanti a quella porta dietro la quale non c’era unritorno… ma improvvisamente arrivò un carico di patate e le SS cercavano braccia per scaricarlo, scam-biandolo per un lavoratore gli ordinarono di andare a scaricarlo e si salvò.Samuel era “innamorato” di sua sorella quindi anche dopo le 12 ore di lavoro aveva la forza di andare alconfine tra la zona uomini con quella della donne per vedere se dopo quella rete e quel filo spinato c’eraLucia. Un giorno la vide, ma era irriconoscibile senza la sua lunga treccia di capelli mori. Ritornato dalpadre era felicissimo e lo incitava ad andarla a vedere ma il padre si rifiutò sempre, se la voleva ricordarebella, con i capelli lunghi e quel vestitino che spesso e volentieri le piaceva mettere. Al contrario Sami ciandava tutte le sere, fino a che non la vide più… Era cosciente di cosa succedeva, l’unica via di uscita daAuschwitz era la morte. Molte volte l’ha desiderata: tutto era meglio che “vivere” ad Auschwitz.Invece no: Samuel Modiano si è salvato grazie anche a una dottoressa russa che lo curò dopo la libera-zione del campo da parte dei Russi, quando era solo uno scheletro.Di quelle 2500 persone partite con lui da Rodi solo 40 uomini e 150 donne sono sopravissute.Per molti anni si è chiesto perché proprio lui fosse sopravissuto, la risposta siamo noi: ovvero lui c’èperché noi ci siamo. Non è mai riuscito a crearsi una famiglia, era troppo chiuso: “ Auschwitz ti cambia, ionon sono come voi” ripeteva in continuazione. Lui non era riuscito a parlare della deportazione fino a 7-8 anni fa, aveva paura di non essere creduto. A causa del nazismo Sami ha perso la sua intera famiglia70 anni fa, ma oggi la sua famiglia siamo noi: Samuel Modiano è il nonno di tutti noi ragazzi che nondimenticheremo mai cos’è stata la shoha anche grazie a lui.Grazie Sami!Claudia Aquilini classe IV L

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Frammenti di Memoria.a cura di Giovanna Nosarti Sull’auto per andare ai campi.senso di vuoto.C’è la nebbia.Ci siamo svegliate e abbiamo visto le finestre completamente bianche.Si cammina, ecco davanti a noi un vagone:il treno della morte. Ho preso in mano un sasso della ferrovia.La mia mano pulsava.Quel sasso sembrava possedere un cuore che batteva.È stata una sensazione strana. Nebbiolina, pulviscolo, odore di fumo, terreno grigio per le ceneri.Sami: si sentiva l’odore della carne. Lista d’attesa. Attesa di morire.Erano tranquilli, non avevano paura.Cercavano la morte.La morte significava non sentire più dolore. Tatuaggio sul braccio sinistro.Toglievano la dignità di esseri uomini.Li trasformavano in numeri. Le lacrime scendono.Le visioni di Sami.I ricordi di quando andava a portare una fetta di pane alla sorellaLuciae lei che faceva lo stesso per lui.Il padre ,invece, desiderava ricordarlacon il vestitino e i capelli lunghi.La mamma delle sorelline Bucci ripeteva spesso loro il nome e il cognomeperché non lo scordassero.

Gesti di amore,in un luogo dimenticato da Dio.

Speranza,non tanto per se stessi,quanto per le persone care.

Il lager ha tolto la dignità agli uomini,ma la capacità di amaresi è conservata dentro di loroper giungere a noi come un dono.

Valentina Orlandi classe IV P

Angoli di memoria

Lavoro sezione Rebibbia

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Angoli di memoria

I simboli della paceLavoro svolto da Ileana Celli classe III B a cura di Giancarla Goracci

Questo simbolo della pace nasce come simbolo della campagna inglese per il disarmo nucleare(Campaign for Nuclear Disarmament (CND)) e venne ideato e disegnato da Gerald Holtom, nel 1958, unartista del Royal College of Arts, a partire dalla lettere N e D come rappresentate dal codice dei segnalicon bandierine:

N DAttualmente il colore e la grandezza variano molto; più spesso si trova il simbolo bianco in campo nero,ma altre combinazioni sono bianco su blu, verde su bianco e rosa su nero; le proporzioni più comuni sono3:5

Un simbolo della pace italo-giapponese. La gru di origami è uno dei sim-boli della pace più usati in Giappone, mentre un equivalente in Italia è,naturalmente, la bandiera-arcobaleno. Oggi la bandiera della pace si vedeanche nelle manifestazioni pacifiste in Giappone benché non tutti sannoche sia d’origine italiana.

La bandiera della paceL’originale bandiera della Pace aveva al centro una colomba bianca, quel-la di Picasso, simbolo universale di fratellanza. Nel secondo dopoguer-ra in Italia non poteva essere issata a sventolare su un edificio e chi lofaceva era punibile secondo legge. La bandiera fece la sua comparsa il 24 settembre 1961, in occasionedella prima marcia della Pace (Perugina – Assisi) per iniziativa del filosofo pacifista Aldo Capitini, che lafece cucire da delle amiche di Perugia. Essa è tuttora custodita a Collevalenza, (Todi), dal dott. LanfrancoMencaroni, compagno di carcere e collabotore di Aldo Capitini.

La colomba bianca è opera di Pablo Picasso

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Angoli di memoria La colomba simbolo della pace

Nella tradizione cristiana è consuetudine nel periodo pasqualeregalare la colomba, un dolce la cui forma ricorda quella diuna colomba con ali distese.La colomba richiama l’episodio del diluvio universale descrittonella Genesi, allorché ritornò da Noè tenendo nel becco unramoscello di ulivo (GN 8,11) con un messaggio secondo ilquale Dio donava all’uomo la sua pace e la sua benedizione:il castigo divino era concluso, le acque del diluvio si stannoritirando, inizia un’epoca nuova per l’umanità intera. La co-lomba diventa quindi simbolo della pace

La colomba (Folon)

L’ arcobaleno

“… io metto il mio arco nella nube ed esso diventeràun segno di Alleanza fra me e la terra. Quandoradunerò le nubi sulla terra e l’arco apparirà nellanube, esso diventerà un segno di alleanza che c’è frame e voi e tutti gli essere animati con tutte le creature,e le acque non diventeranno più un diluvio perdistruggere ogni creatura…”( Genesi 9 ,12-17) .

Quale pegno della grazia e della benevolenza diDio, ma anche come simbolo della sua gloria, l’arcobaleno è un elemento del trono del Signore dell’uni-verso. Nella narrazione biblica l’arcobaleno appare alla fine del diluvio universale a sancire la fine di unostato drammatico, segno di Alleanza fra Dio e l’uomo.L’arcobaleno compare raramente nei sogni, ma la sua forma regolare e la varietà dei colori che locontraddistinguono ne fanno un’immagine ricca di fascino e dalla simbologia potente. E’ un grande semi-cerchio che si affaccia nel cielo dopo la pioggia, un ponte fra il cielo e la terra simbolo di un’ unione fraquesti due elementi, un luogo di scambio e di passaggio.I sette colori di cui è composto lo rendono rappresentazione dello scibile umano, della varietà di aspettiche lo compongono e dell’insieme di livelli che formano la realtà. In molte culture e fin dall’antichità vieneconsiderato il principale collegamento fra il basso e l’alto, fra l’uomo e la divinità, il simbolo di un’ ascen-sione e di una tensione verso i territori dello spirito.Un’energia simbolica che unisce gli opposti e che, per questa ragione, viene considerata punto di stasi,di equilibrio, di pace.Così nei sogni pare voler alludere al termine di un periodo faticoso e turbolento, ad un cambiamentopositivo e alla possibilità per il sognatore di attingere alle proprie risorse interiori.L’arcobaleno dispiega nei sogni la propria bellezza ed evoca eguale bellezza ed intensità che si manife-stano dalle profondità inconsce, in una sorta di unione e di trasformazione dei contenuti rimossi dellacoscienza che possono fondersi per favorire un nuovo inizio e una nuova forza.

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Angoli di memoriaIl ramoscello di ulivo

Il ramoscello d’olivo quell’antico simbolo di pace e gloria vienespesso citato nella Bibbia. Da quando la colomba tornò all’Arcadi Noè portando nel becco il ramoscello d’olivo per annunciareche il grande diluvio era cessato. fino a pochi anni fa il significa-to di pace, vittoria e gloria veniva usato in varie forme dalle con-tadine la Domenica delle Palme.

La Domenica delle Palme chiudeva la lunga Quaresima e ini-ziava La Settimana Santa. I Vangeli ci narrano come Gesù se-duto su un asinello fece il suo trionfale ingresso a Gerusalemme.

Simbolo taoSecondo il pensiero taoista (che in questo non si discostada quello confuciano) esiste un’armonia universale chelega tutti i livelli del cosmo: terra, uomo e cielo.

Il principio su cui si fonda il Taoismo è il tao, termine didifficile interpretazione, tanto che un verso del Tao Te Chingrecita: “Il tao che può essere definito col nome non è il taocostante”. Il tao, che è presente in ogni cosa e la condizio-na, è un flusso vitale che ha dato origine a tutto, e che scor-re incessantemente, mutando sempre e rimanendo sem-pre lo stesso. Associata al Tao è la concezione dello yin-yang.

T’ai Chi T’u, rappresentazione di Yin e Yang

Simbolo candelabroLa Menorah (ebraico: îðåøä) è un candelabro asette bracci che nell’antichità veniva acceso al-l’interno del Tempio di Gerusalemme attraversocombustione di olio consacrato.Il progetto originale, la forma, le misure, i mate-riali e le altre specifiche tecniche si trovano perla prima volta nella Torah, nel libro dell’Esodo, incorrispondenza delle regole inerenti il Taberna-colo. Le stesse regole adottate poi per il San-tuario di Gerusalemme.La Menorah è uno deisimboli più antichi della religione ebraica. Se-condo alcune tradizioni la Menorah simboleggiail rovo ardente in cui si manifestò a Mosè la vocedi Dio sul monte Oreb, secondo altre invece rap-presenta il sabato (al centro) e i sei giornidella creazione-

Rappresentazione artistica della Menorah, tratta dal soffitto affrescato della sinagoga di Saluzzo, Piemonte.

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Variazioni

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Datemi un museo e ve lo riempirò.(Pablo Picasso)

Sezione Rebibbia - I colori del’Africadi Fiorella Teclemariam - Arazzo

LETTERATURA CHE PASSIONE!a cura di Giovanna Nosarti

Quante volte leggendo i classici della letteratura veniamo trasportati altrove: la nostra mente penetra ilmistero dell’esistenza, si affaccia sgomenta sull’infinito e parte per viaggi straordinari che richiedono soloimmaginazione e riflessione.Spesso siamo a scuola, in via del Frantoio n 4, solo con il corpo, con la mente siamo in lontane regionidell’animo, in dimensioni dello spirito inesplorate e infinite. Compiamo viaggi inattesi quanto sublimi; sonoesperienze straordinarie che ci lasciano felici o attoniti, mai paghi di esplorare l’insondabile, di carpirnel’intima favilla, di discuterne appassionatamente per il solo piacere di assaporare il gusto della vita, dicogliere lo sguardo sul mondo e sull’esistenza di menti affascinanti.E come la campanella sentiamo trillar nell’androne, la quotidianità ci fa riappropriare dei nostri corpi erientriamo nella realtà di sempre, ma tutte le volte, al ritorno, siamo diversi: cambiati dentro, più ricchi, felicidi non possedere la chiave che mondi possa aprirci in modo meccanico, ma sicuri di riuscire a raggiunge-re con la nostra mente ogni meta che ci affascini e ci reclami. Succede molte volte, si è verificato puntual-mente con lo studio dei testi di Leopardi e di Manzoni.Leopardi nello Zibaldone elabora delle riflessioni sul piacere. “L’anima umana – afferma – desidera sem-pre essenzialmente, e mira unicamente, benché sotto mille aspetti, al piacere, ossia alla felicità, checonsiderandola bene, è tutt’uno col piacere. Questo desiderio e questa tendenza non ha limiti, perch’é

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Variazionio congenita coll’esistenza, e perciò non può aver fine in questo o quel piacere che non può essere infinito,ma solamente termina colla vita”.Prendendo spunto da queste riflessioni, abbiamo discusso appassionatamente, giungendo a delle con-siderazioni intorno alla felicità.

Che cos’è la felicità? Sinceramente, prima d’ora non mi sono mai chiesta cosa fosse per me la felicità…Forse banalmente, di primo acchito, risponderei che è il sorriso di un bimbo, lo sguardo sereno di miamadre, ma in cuor mio so che non è solo questo.La felicità è un sentimento che viene così, non ha sapore né odore, soprattutto, quando arriva, non farumore; delicatamente ti pervade, per trasportarti in un mondo unico, che vedi solo tu, ma che dura soloun attimo, perché subito dopo si trasforma, cambia, muta in qualcosa di più bello, in un ricordo felice in cuiaffogare nei momenti tristi. La felicità, però, si può anche paragonare alla tranquillità e all’assenza deldolore: leggendo Leopardi si può pensare che tale sentimento esista solo in assenza del dolore e dellatristezza, che duri un attimo, in quel lasso di tempo che è il presente preceduto dal passato e seguitoimmediatamente dal futuro. Oggi non c’è quasi più tempo per riflessioni di questo tenore: si spende, sispande, si consuma, si corre. Nessuno si ferma a pensare: “Che cos’è la felicità? E’ l’assenza di tutto ciòche è spirito? E’ il pieno di materia? No, è la vita stessa!”Veronica De Laurentis (classe IV P)

Le emozioni sono essenziali per vivere, la felicità è fattadi emozioni e l’uomo è alla continua ricerca della felicità.La felicità è fatta di tante cose: sventure evitate, un istan-te perfetto, un attimo di piacere, è un battito d’ali.Siamo felici quando siamo in sintonia con unapersona,quando le cose sono a posto, ma quando tuttofinisce, che succede?Il dolore, lo sconforto, le preoccupazioni , molto più dura-ture dello stato di piacere e felicità, tornano e prendonoil sopravvento.Ma perché la felicità non è destinata a durare? Forseperchè diverrebbe uno stato di quotidianità e non sareb-be più definita piacere.Essa è un sentimento labile: più si è felici, più nell’attimodi sconforto si è tristi.E’ labile, ma necessaria, per ogni gioia un dolore, perogni dolore una gioia.Tutti viviamo per trovare quel qualcosa che ci possa ren-dere felici per un tempo duraturo, magari per tutta la vita;famiglia, lavoro, amore, passioni possono aiutarci a ren-dere la vita più piacevole o avvincente e con ogni proba-bilità possono consentirci di raggiungere uno stato dipace, quiete e felicità.Roberta Lori (classe IV P)

Progetto Regione - Donne Multietniche

Se nella realtà il piacere infinito non è raggiungibile, l’uomo può sopperire con l’immaginazione, dallaquale derivano la speranza e le illusioni. L’uomo con l’immaginazione crea quel senso d’infinito cui aspirae che non è raggiungibile in modo duraturo, proprio perché la realtà offre solo piaceri finiti e per questodeludenti ed effimeri.La percezione dell’infinito è uno di quei momenti sublimi, di felicità, in cui l’immaginazione si sovrapponealla realtà, che rappresenta la parte infausta, e che conduce l’uomo al superamento del finito attraversol’immaginato.Giorgio Pomettini (classe IV P)

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Variazioni

La potenza espressiva di Manzoni e la profondità con cui sonda gli abissi dell’animo umano non lascianoindifferenti. Il personaggio dell’Innominato è circondato da un alone di mistero, che il narratore crea intornoa lui e che ha costituito uno stimolo per la scrittura di queste pagine.

“Lux”Sono scappato, fuggito da quella cella che sapeva di sdolcinatezze e speranze.Non avrei resistito un secondo di più in compagnia di quella donna.Le sue parole riecheggiano ancora nella mia mente…“Dio perdona tante cose, per un’opera di misericordia!”Le sento. Sono vicine. E mi tormentano come aghi.Una spina di rosa conficcata nella carne.Non mi danno pace.Lei non mi dà pace.Il suo sguardo sofferente e supplichevole mi martella nella testa.Io faccio di tutto per scacciarlo dalla mia mente, ma quegli occhi si ripresentano sempre,prepotenti nella loro umiltà, quasi volessero farmi un dispetto.Quasi volessero farmi impazzire.…Sto impazzendo.

“Dio perdona tante cose, per un’opera di misericordia!”Dio qui… Dio là… Dio! Dio! E ancora Dio!Tutti pensano che questo Dio sia fondamentale nella vita, pensano che sia necessario credere inLui…e poi, quando sono in difficoltà, invocano il suo nome e lo pregano di accorrere in loroaiuto. Gli uomini sono dei deboli: ecco cosa penso.Deboli che non sanno cavarsela da soli.Eterni bambini che hanno sempre bisogno di un padre.Solo dei deboli……il Nibbio è un debole: si è lasciato raggirare da quella donna semplicemente ascoltando i suoilamenti e le sue preghiere.

Compassione…Ecco il morbo, la malattia che lo ha assalito e lo sta facendo diventare un debole; non sareisorpreso se, da un giorno all’altro, mi diventasse prete quello sciagurato!Oramai sta calando la notte e con essa l’oscurità, la stessa oscurità che da sempre invade la miaanima.Non me ne sono mai preoccupato. Perché avrei dovuto?La mia vita è stata difficile e ingiusta, ma ho sempre lottato per conquistare la gloria e raggiungerei miei scopi. Sono stato materialista, razionale e diffidente.Non mi sono aggrappato ad inutili sogni e vane speranze, e ciò mi ha portato al successo! Èsciocco vivere nell’illusione che tutto possa risolversi per il meglio grazie all’intervento di Dio.Sognatori! Gli uomini non sono altro che deboli sognatori.Ed ecco nuovamente quegli occhi in lacrime, così dolci e così indifesi che mi vien voglia di asciugarlie porre fine al loro silenzioso pianto.No.Ho degli ordini da rispettare io! Non posso mandare tutto a monte per……compassione?

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VariazioniIo sto provando compassione? Io, proprio io, il temuto Innominato, sto vacillando di fronte aduna fanciulla che piange e implora la mia pietà?“Dio perdona tante cose, per un’opera di misericordia!”Basta! Basta!!La sua voce… i suoi occhi…Non ce la faccio più!!Lei è solo una dei tanti sognatori che non sanno affrontare la realtà.La realtà a volte fa male, ma non si può cambiare.…o sì?Io la posso cambiare. Basterebbe una parola.

“Cosa le costa dire una parola?”…Una sola parola per cambiare la sua sorte…

“Dica una parola, la dica”Perché? Perché mi sento così?Che ascendente ha quella Lucia su di me?Anche ammesso che io la liberi, poi dovrei fare i conticon Don Rodrigo…e con la solitudine.La solitudine non è mai stata un peso per me: perchéadesso sembra schiacciarmi come un moscerino?Perché d’un tratto è divenuta un macignoinsopportabile da sorreggere sulle spalle?Tutta colpa di quella strega! Sì, dev’essere una strega.Che incantesimo mi ha fatto per ridurmi così?Forse è quel suo Dio a conferirle tale potere.Lo vorrei anch’io quel potere: mi piace il potere.

“Dio perdona tante cose, per un’opera di misericordia!”Le darò la libertà.Compassione? No. Sarà un atto d’amore.Non c’entrano l’ illusione e l’ ingenuità… èsemplicemente amore!Amore che mi è stato negato troppo a lungo, che misono negato troppo a lungo.È accecante, abbagliante, magicamente meravigliosotuffarsi in un profondo mare d’amore… è rigenerante.Mi sento bene.

Ed è una nuova vita.Ed è luce.Ed è amore.

Adesso lo so: Dio è amore.

Martina Di Cesare (classe IV P)

Lavoro sezione Rebibbia

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VariazioniLa parabola del figliol prodigo

Una storia a fumettiispirata alla parabola del Vangelo di Luca 15,11-32

A cura delle Studentesse della Classe 5 PDell’I.S.A. Roma 2 di Roma

a.s. 2009 / 2010:

Enrica Spampinato (sceneggiatura e testi)Chiara Tascioni (disegni e colorazione)

Cristina Beyene (presentazione del lavoro)

INDICECos’è una parabolaImmagini nell’artePresentazione del progettoSceneggiatura della storiaFumettoPercorso e difficoltàBibliografia

Cos’è una parabolaLa parabola non è una favola ma un racconto fittizio che utilizza elementi reali e verosimili, creato a scopodi insegnamento dove le realtà messe a confronto coincidono e si somigliano. In genere racconta avveni-menti straordinari. La parabola illustra meglio un insegnamento con una immagine più eloquente; hal’intento di provocare una riflessione con l’effetto di una libera trasformazione di valutazione, di comporta-mento, di mentalità rispetto alla realtà già conosciuta. Essa richiede una esegesi (interpretazione) perpoterla comprendere. Gesù come tutti i rabbini dell’epoca, usava la parabola, ma in modo del tutto origi-naleL’insegnamento di Gesù è essenzialmente religioso e nel vangelo di Luca, che contiene ben 8 parabole,si esplicita il motivo per cui Egli le ha narrate. . Le parabole di Gesù preparano la via al Vangelo, edhanno un effetto sorpresa sulle folle che ascoltavano Gesù provocandone lo smascheramento e la rimo-zione dei pregiudizi. Gesù si serve di questi mezzi proprio per farsi capire ed arrivare a tutti indistinta-mente.

Luca 15,11-3211 Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12 Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. Eil padre divise tra loro le sostanze. 13 Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano elà sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. 14 Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed eglicominciò a trovarsi nel bisogno. 15 Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campia pascolare i porci. 16 Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. 17 Allora rientrò inse stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18 Mi leverò e andrò damio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; 19 non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattamicome uno dei tuoi garzoni. 20 Partì e si incamminò verso suo padre.Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21 Il figlio gli disse: Padre,ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. 22 Ma il padre disse ai servi: Presto, portatequi il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. 23 Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamoe facciamo festa, 24 perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a farfesta.25 Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26 chiamò un servo e glidomandò che cosa fosse tutto ciò. 27 Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perchélo ha riavuto sano e salvo. 28 Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. 29 Ma lui rispose a suo padre:Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i mieiamici. 30 Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso.31 Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32 ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questotuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».

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Variazioni

Frammenti di esegesi della parabola del figliol prodigoIl titolo della parabola: questo titolo non corrisponde del tutto al valore profondo della parabola; a secondadegli accenti che se ne vuole dare potremmo infatti parlare del “padre misericordioso” nei confronti delfiglio peccatore; oppure del “fratello maggiore”.Il tempo: completa il “trittico” sulla misericordia comprendente la pecorella smarrita e la dracma perduta.Le fonti: Vangelo di Luca 15, 11-32; fonte del magistero ecclesiale :Enciclica di Giov. Paolo II “Dives inmisericordia”.(Al proposito ricordiamo come a Roma l’architetto Meyer abbia progettato nel 1993 lachiesa Dives in misericordia).

Questo racconto, il più lungo e dettagliato fra le parabole narrate da Luca, per il dipanarsi dei sentimentie delle azioni, è un universale capolavoro di poesia e di elaborazione psicologica.A parte un accenno alle meretrici, Luca non spiega come il giovane abbia speso i suoi soldi, mentre gliartisti hanno fantasticato di favolosi manicaretti e scene di concubinaggio. Ridotto in miseria, il ragazzotrova un modestissimo lavoro come guardiano di porci (il maiale era ed è per gli ebrei l’animale impuroper eccellenza); quando sta per morire di fame, si trova a contendere il cibo ai porci, si pente e decide ditornare. Qui il punto di vista si ribalta: da questo momento è il padre a diventare protagonista e a fornireil più frequente soggetto per gli artisti. Vede il figlio da lontano, gli corre incontro, lo abbraccia, lo bacia,“teneramente”, non vuole quasi sentire le sue scuse, ordina ai servi di rivestirlo e d’imbandire una granfesta, allietata con musica e canti, e che ha come piatto forte il vitello grasso. C’è poi la parte inerente ilfiglio primogenito che protesta per l’apparente ingiustizia e la conseguente pacata risposta del padre.Secondo J. A. Pagola anche se non è protagonista della vicenda, indubbiamente il figlio maggiore è ilmodello che rispecchia al meglio la nostra epoca. Figlio perfetto, ha passato tutta la vita obbedendo agliordini del padre ma non ha imparato ad amare come lui. Benché non abbia mai lasciato la sua casa, ilsuo cuore è sempre stato lontano; sa compiere i comandamenti ma non sa amare. Non capisce l’amoredel padre per il figlio perduto, non accoglie ne perdona, non vuole avere nulla a che fare con il fratello.

Nella società moderna siamo abituati a parlare di credenti e dinon-credenti, e mentre si continua a operare classificazioni, Dioattende tutti.

Immagini nell’arte:L’immagine del Figliol prodigo è vastamente diffusa anche nel-l’arte europea centro-settentrionale e in chiave di dipinto “di ge-nere”.Grazie al notevole sviluppo narrativo e al gioco dinamico fra i variprotagonisti (il figlio dissoluto, il padre, il figlio “modello”), è l’uni-ca fra le parabole ad avere ripetutamente ispirato gli artisti. Nonviene quasi mai raffigurata la prima parte della parabola, con ilfiglio minore di un uomo ricco, che chiede al padre la propriaeredità e parte per un paese lontano, dove scialacqua l’interopatrimonio.Una tra le immagini più significative la rintracciamo nell’operadel pittore H. Rembrandt.

“Il ritorno del figliol prodigo” dipinto di cm 262 x 206 realizzato nel 1666dal pittore Rembrandt Harmenszoon Van Rijn conservato al Museodell’Ermitage di San Pietroburgo.

La scena raffigura la conclusione della vicenda, ovvero il perdono del padre nei confronti del figlio pentitodella propria condotta. Il giovane, vestito di stracci logori, è in ginocchio dinnanzi al padre, di cui hasperperato gli averi. L’anziano lo accoglie con un gesto amorevole e quasi protettivo. Sulla destra, osser-

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Variazioniva la scena un personaggio identificato come il figlio maggiore, mentre sullo sfondo si distinguono duefigure non ben identificate, che sono simbolo dell’amplificazione della gelosia del fratello maggiore. Ilparticolare più importante di questo quadro, sono le mani del Padre misericordioso, se le si osservanoattentamente possiamo notare che non sono uguali, ma sono una maschile ed una femminile. In questarappresentazione infatti non sono presenti donne poiché il “Padre misericordioso” che è il Dio che acco-glie tutti, specialmente i peccatori redenti, non è solo Padre ma è anche Madre.Il Dio misericordioso, immaginato da Luca e mirabilmente rappresentato in questo capolavoro diRembrandt, rappresenta un salto impressionante nella modernità; la loro visione mistica contempla unDio che accoglie chi ha il coraggio di chiedere perdono.

Figliol prodigo fa esperienza di morte interiore, all’origine del bisogno estremo della speranza nellasalvezza del Dio vivente. si fa da parte, ma sa che l’amore non conosce limiti. prima chiede i soldipoi il perdono. è rasato. stremato dalla vita miserabile, ha lasciato i sandali; ha il cuore svuotato.in ginocchio, affonda il petto in quello del Padre. si annienta, a favore del Diletto. sta in attesa,l’attesa del cambiamento, dello svelarsi dei cuori.Passa dalla ‘salvezza dal peccato’ alla ricerca di sen-so

Presentazione del progettoIl lavoro che presentiamo si colloca nel percorso dell’unità didattica “La pace” della materia di Religione(Irc). E’ stata nostra intenzione riadattare in chiave moderna una delle parabole più note, quella del “Figliolprodigo”, attraverso il genere del fumetto.

Il fumettoE’un linguaggio soprattutto figurato con tante vignette separate da cornici che raccontano una storia, edesprimono con un disegno semplice ed efficace gli stati d’animo e del carattere dei personaggi. Il fumettoha l’obiettivo di rappresentare personaggi, luoghi e azioni, sia veri che inesistenti; interagisce con unlinguaggio verbale raffigurando parole, rumori e metafore; stilizza le informazioni che si vogliono far risal-tare; rende efficacemente i salti temporali.Per realizzare un fumetto ci vuole un’idea, un soggetto, una sceneggiatura, uno storyboard, un disegno,un’inchiostrazione, lettering (caratteri grafici)…dei lettori…Voi.Nella storia che leggerete troverete alcuni dei personaggi e delle tematiche principali della parabolaoriginale: un ragazzo poco affidabile che sperpera il denaro del padre e per questo attira su di sé l’invidiae la rabbia del fratello, che comunque verrà da loro riaccolto quando prenderà coscienza dei suoi errori echiederà il perdono. Il tutto è stato reso attraverso un viaggio metaforico interiore che il protagonistacompie come una sorta di sogno e che lo proietta in tre posti differenti. Nel primo incontra un bambino,simbolo di innocenza e purezza che gli permetterà così di ricordare della sua infanzia e di quanto fosseroimportanti per lui suo padre e suo fratello; il secondo gli consentirà invece di rivedere la sua ex fidanzata,lasciata senza un motivo certo e quindi di rendersi conto di quanto fosse stato egoista nella sua vita finoa quel momento; nell’ultimo sogno che il ragazzo compie incontrerà infine una figura misteriosa, indefini-ta che gli svelerà in parte il senso di questo suo strano “viaggio”. Gli spiegherà che “ è tornato alla vita”perché finalmente avrà compreso di aver sbagliato nei confronti delle persone che ama e che lo amano,arrivando al pentimento.Si intreccia in questa storia l’aspetto patologico, psicologico e del viaggio interiore e spirituale, (la con-versione o metanoia).

Sceneggiatura:Tutto ebbe inizio da qui, o forse, questo fu solo il principio della fine.Non so bene come, ma mi sono ritrovato immerso in uno di quei luoghi meravigliosi che la mente fatica adimenticare, era tutto così perfetto, se non fosse che in realtà quel posto non esisteva più da anni ormai.Il giardino pieno di giochi e ricordi che ora a poco a poco riaffioravano timidamente; quel piccolo parcosotto casa dove ho trascorso praticamente tutta la mia infanzia.Mio padre e mio fratello. Quasi riuscivo ad udire le loro voci, come se fossero rimaste imprigionate conuno strano sortilegio tra le foglie di quegli alberi. Un sorriso mi dipinse il volto a un pensiero simile, ma inquell’ istante un piccolo bambino apparve proprio davanti a me. Aveva un’ espressione difficile da deci-

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Variazionifrare, tra il divertito e il rassicurante, infondeva un’inaspettata serenità a guardarlo. Era così piccolo e unricciolo di tanto in tanto si andava dispettosamente a posare davanti ad uno dei suoi grandi occhi blu.Dopo qualche minuto di silenzio si avvicinò e insieme a lui un raggio di sole, che per alcuni secondi miimpedì di vedere. Mi persi completamente in quella luce.-Seguimi.- disse Ad un tratto mi ritrovai stranamente su uno di quegli autobus che girano per le città, daifinestrini si riuscivano a vedere le persone e i luoghi che velocemente ci lasciavamo dietro.-Quante volte sono stato qui! - pensai. Quante volte ho pensato a lei mentre la gente entrava e uscivaignara ad ogni fermata! Lei.. lasciarla era stato lo sbaglio più grande che avessi potuto fare. Avevo elimi-nato dalla mia vita l’unica persona in grado di liberarmi dalla mia solitudine, scegliendo di nuovo mestesso. Quella ragazza mi guardava attentamente, i suoi occhi sembravano ghiaccio, freddi, come il miocuore fino ad allora, ma a poco a poco sembrava stesse iniziando a sciogliersi come se avesse ritrovatoin quei ricordi l’ingrediente giusto per farlo. Perso letteralmente, tra ricordi sfocati ed errori lasciatiaccartocciati negli angoli della mia vita, mi ritrovai in un luogo senza spazio né tempo. Il silenzio che miavvolgeva però, sembrava urlare. Improvvisamente una figura del tutto priva di consistenza mi si avvicinòdicendo: - Eri perduto ma sei stato ritrovato.- -Cosa? Chi sei? Aspetta, ma che…- Non feci in tempo afinire la frase che, mentre cercavo di aprire gli occhi, mi resi conto di non riuscire più a muovermi.Vidi appena l’immagine sfocata di quello che sembrava un uomo.-Dove sono adesso…? - pensai afatica. Il volto iniziò lentamente ad assumere caratteri più nitidi e ne riconobbi subito quelli di mio padre.Provai a toccarlo ma non ci riuscii, la mano si muoveva a malapena; mi guardai attorno e fu allora chefinalmente capii. La macchina rubata a mio padre, i soldi spesi per gli alcolici e l’incidente…Entrò in quel momento il dottore nella stanza e insieme a lui anche mio fratello.-Hai visto tuo fratello si e’ svegliato!-disse esultante mio padre.-Lo festeggiamo anche adesso?!- lo rimproverò immediatamente senza dargli neanche il tempo di emet-tere il primo sospiro di sollievo dopo aver ricevuto la notizia.-Ma e’ tuo fratello…!- Presi la mascherina del respiratore tra le dita e la sollevai a fatica per riuscire aparlare: -Mi dispiace, ho capito finalmente..ora ho capito.. vi prego perdonatemi…- Le parole uscironosenza che riuscissi a controllarle. Ci guardammo per un istante interminabile come se fosse la primavolta, dopo tanto tempo, troppo tempo. Non so dove trovai la forza per pronunciare quella frase, ma lelacrime iniziarono a inumidire i nostri occhi. Mio fratello dischiuse i pugni che quasi tremavano dopo loscontro di prima con mio padre, si avvicinò facendo un lungo respiro e mi abbracciò. Nostro padre nonriuscì più a trattenere la commozione e così stringendoci entrambi fra le sue braccia ci dimostrava, dopotanto, tutto il suo affetto.…E’ strano come si possa imparare dagli eventi tragici della nostra vita, ma la cosa sorprendente ècome le persone che ci amano riescano ad amarci sempre, nonostante tutto.

Percorso e difficoltà:Nel portare a termine questo progetto ci siamo ritrovate a dover affrontare alcuni problemi creati più chealtro dall’organizzazione e dalla divisione del lavoro da svolgere. Prima di tutto abbiamo dovuto sceglierela parabola da cui partire, ma la selezione non è stata difficile, eravamo infatti tutte d’accordo sull’argo-mento da trattare e “il figliol prodigo” ci sembrava l’opzione più consona e stimolante da prendere. Iproblemi sono sorti in verità quando dovevamo riassumere in poche righe cosa fosse una parabola eassemblare le varie ricerche sul tema, ma più che altro per mancanza di tempo. Ci siamo invece moltodivertite a realizzare le tavole in fumetto e a creare dei dialoghi adeguati e che soprattutto fossero chiariai lettori, la stesura della storia in prosa e della sceneggiatura infatti sono le prime cose che abbiamoportato a termine ovviamente per poter facilitare poi lo svolgimento dei disegni. Il fumetto è stato eseguitocompletamente basandosi sulla nostra creatività e fantasia, caratteristiche fondamentali per delle stu-dentesse di un liceo artistico. Speriamo perciò che ciò arrivi e faccia breccia nei cuori di chi leggerà lanostra storia.BibliografiaLa Bibbia di GerusalemmeDizionari dell’arte “Episodi e personaggi del Vangelo” , “I Santi”, ed.Electa Gallimard, Mondatori, MI, 2004Diz. Dei simboli, Bur Rizzoli, Mi 1995Diz. Delle immagini e dei simboli biblici, Ed. San Paolo, MI,1990CD rom, I Vangeli, EditelA.A. V.V., Raccontare, ED. A.V.E. Roma, 1993, Collana LINGUAGGI

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Dimensione giovania cura di Silvia Coletti

Galimberti ha delineato il disagio giovanile non come psicolo-gico o esistenziale, ma come culturale, inteso come un’assen-za di valori, dove ogni cosa si avvolge su se stessa. La dimen-sione del nostro tempo, per Galimberti, è entrata nei giovanicome sostanziale assenza di futuro che modella una semprepiù profonda insicurezza e un assistere allo scorrere della vitain terza persona. Il cambiamento in positivo potrebbe avvenirese si riuscisse ad incuriosire i giovani alle loro virtù, alle lorocapacità, come investimento su di sé, puntando alla loro espan-sività guardando alla musica che ascoltano, ai siti che visitano,al linguaggio giovanile. Insomma: Conosci te stesso, individuale tue virtù e falle esplodere, sostieni i tuoi talenti, innamorati dite.

Un problema profondo di questa generazione è il troppo mate-rialismo, ma la cosa che più spaventa è che hanno un impres-sionante controllo sui genitori che non riescono o non sono inte-ressati a farsi rispettare e i giovani se ne approfittano non pren-dendo in considerazione nè consigli, nè decisioni. Non parlereidi gioventù bruciata ma di genitori assenti e incapaci di dare edi essere un punto di riferimento;basterebbe avere adeguate attenzioni come parlare o più sem-plicemente esprimere ciò che provano per i propri figli. Questoperò non avviene quasi mai ed è così che si vengono a crearedelle ferite profonde che se il ragazzo non riesce ad elaborarlese le porterà dietro per tutta la sua vita e per andare avanti in-dosserà delle maschere . Quella più usata oggi è quella daBULLO che scatenano la rabbia repressa prendendosela con

Fumetto di Eleonora Felli classe II P

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Variazionichi è indifeso. La loro forza è nel branco perché sono ragazzi che non credono più in se stessi, un po’ vuotie che hanno solo una voglia immensa di sopraffare il più debole o di gridare la loro solitudine. Adulti nonmettete i giovani in cattiva luce, date il buon esempio!Fasciani Emanuele classe II P

“Conosci te stesso”. In assenza di questa personale introspezione un individuo non può crescere,maturare,costruire il proprio futuro. Si rischia altrimenti di vagare senza meta, eterei in questo mondo …senza scopo, come fossimo di passaggio. “Conosci te stesso” significa individuare i nostri pregi e difetti,le nostre passioni, lenostre virtù. Ma se conoscere chi c’è vicino risulta già essere un’impresa ardua, conoscere se stessi conun occhio acritico potrebbe rivelarsi quanto meno impossibile. Deduzione questa più che mai dissonan-te. Mi piace ricordare questo antico detto asiatico:”Non conosci veramente qualcuno, finché non ci com-batti”. Non che questa espressione vada considerata come verità assoluta e universale, ma riflettendocisul serio penso che occorre a volte combattere con se stessi. Per combattere con se stessi è necessarioaffrontare i propri demoni, le paure, i desideri. Tutto ciò può inevitabilmente portare anche ad una profon-da crisi esistenziale che necessita ardentemente di una risposta.Ziantoni Gabriele classe V M Se potessi dare un titolo a questi ultimi anni di Storia sarebbe: “Giovani senza Futuro”. Il futuro per noigiovani non esiste più, i giovani di oggi pensano solo allo sballo al divertimento. Anche in questo momentidi crisi economica il loro pensiero rea fisso sulla moda e sullo spendere, a nessuno ci pensa a mettersida parte qualche soldini per il domani? Mi sembra che ormai si sia tutto basato sul mettersi in mostra enon ragionare più. E dove è finito l’amato pallone per trascorrere pomeriggi interi in compagnia dei tuoiamici magari al parco sotto casa? Al giorno d’oggi senza alcool e stupefacenti non ci si diverte più. Ementre tutti cercano di cambiare i giovani, i giovani si perdono alla deriva. Per non parlare del sessofemminile, delle giovani ragazze della mia età! Ormai la figura femminile è diventata l’oggetto dei condut-tori e delle trasmissioni televisive. Appariamo come stupide pupazze vuote, che si prestano o prostranoai vari giochi e provocazioni; l’argomento sotto vari doppi sensi resta il sesso, che permette di guadagna-re soldi facili: uno specchietto per le allodole. In un’intervista Galimberti afferma che anche il vocabolariolinguistico dei giovani sta cambiando, anzi si parla addirittura di perdita delle parole. Beh, siamo arrivatidavvero fino a questo punto, alla perdita di linguaggio che è uno dei mezzi che permette ai giovani di farvalere i propri diritti? E’ arrivato forse il momento di tornare a credere nei valori.

De Martino Giulia classe VM

Come dice Aristotele ,l’educazione è fondamen-tale per la formazione di un uomo virtuoso. Quelloche mi spaventa dei giovani di oggi è proprio ilfatto che non hanno un obiettivo, molti sono su-perficiali, impigriti, privi di esperienze, di volon-tà, che si lasciano andare alle comodità, scon-fitti già in partenza dalla loro vita. Far esplode-re le proprie virtù e raggiungere la felicità, que-sto dovrebbe succedere. La maggior parte deigiovani d’oggi sono vecchi precari, conoscentidi ciò che accade nel mondo ma non del tuttocoscienti, dormienti anche se svegli, comprato-ri e non creatori. Infine penso che dovrebbe es-sere proprio la società a cambiare, diventataormai superata, prevedibile e monotona. Colantoni Flavia classe III L

Disegno dal vero di Lettieri Sara classe II A

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