Italia Caritas - caterina...

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POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1, COMMA 1 – AUT. GIPA/NE/PD/31/2014 Agricoltura Ritorno ai campi, un’occasione da non perdere Reddito d’inclusione Col Memorandum, il Rei decolla. Ma va ampliato Armenia Rischio autoritario, tra isolamento e contraddizioni MENSILE DI CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE DELLA CEI - ANNO L - NUMERO 4 - WWW.CARITAS.IT maggio 2017 Italia Caritas E non solo Siccità in Africa. Alluvioni in America Latina. C’è un fenomeno meteorologico che semina disastri. Ma le crisi sono “fatte dall’uomo”… Il Niño .

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Agricoltura Ritorno ai campi, un’occasione da non perdereReddito d’inclusione Col Memorandum, il Rei decolla. Ma va ampliatoArmenia Rischio autoritario, tra isolamento e contraddizioni

M E N S I L E D I C A R I T A S I T A L I A N A - O R G A N I S M O PA S T O R A L E D E L L A C E I - A N N O L - N U M E R O 4 - W W W. C A R I T A S . I T

maggio 2017

Italia Caritas

E non solo

Siccità in Africa. Alluvioni in AmericaLatina. C’è un fenomenometeorologico che semina disastri. Ma le crisi sono “fatte dall’uomo”…

Il Niño.

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editoriali

LE SCOSSE,IL SOFFIOE LA CROCE

conomico che sa creare ricchezza solose contemporaneamente crea povertà,dal locale al globale.

L’impegno comune deve esseredunque trovare modelli alternativi aisistemi produttivi, di ricerca e svilup-po, di commercializzazione e marke-ting che riducono l’uomo e anchel’ambiente che lo circonda a merostrumento da sfruttare. Occorre chie-dersi se le regole del mercato, come èstoricamente configurato, siano appli-cabili a valori e dimensioni che lo tra-scendono: la dignità del lavoro (che sa-rà al centro della prossima Settimanasociale dei cattolici in Italia, a Cagliari dal 26 al 29 ottobre 2017), la qualità dellavita sulla terra, la salvaguardia dei beni comuni.

Caritas ritiene, sapendo di non essere la sola, che non ci sia vero sviluppo sen-za inclusione e coesione sociale, dunque senza giustizia e solidarietà. Qualunquecrescita, anche quella del Pil, va sostenuta con politiche sociali reali, efficaci, lun-gimiranti, che attivino la comunità, rifiutino l’assistenzialismo, contrastino la po-vertà, governino gli squilibri del mercato del lavoro e del rapporto tra domandae offerta di servizi. Non è impossibile, se l’agenda politica assume, coraggiosa-mente e definitivamente, il welfare come fattore di sviluppo e non come costo.

In questa direzione va il memorandum per condividere il percorso di attua-zione della legge delega di contrasto alla povertà, firmato a metà aprile da gover-no e Alleanza contro la povertà (copromossa da Caritas Italiana). L’Alleanza ri-tiene fondamentale che l’incremento progressivo delle risorse, il carattere uni-versalistico dell’intervento e lo sviluppo dei servizi alla persona sul territorioprocedano ora di pari passo. Solo così il Reddito di inclusione diventerà uno stru-mento capace di incidere sulle cause della povertà.

inque anni fa, a maggio, il terre-moto che colpì l’Emilia Roma-gna e parte del nord Italia; dueanni fa, sempre tra aprile e mag-

gio, altre fortissime scosse devastaro-no il Nepal. Eventi distanti, nel tempoe nello spazio, che però, accanto al do-lore, hanno generato comunione e so-lidarietà. Proprio come continua adaccadere oggi, accanto alle popolazio-ni del centro Italia. Con prospettivechiare, nello “stile Caritas”: soggettivitàe protagonismo delle comunità colpi-te, attenzione agli ultimi, alla quotidia-nità, al contesto socio-economico daricostruire, capacità di promuoverepercorsi di cittadinanza attiva, anchegrazie all’avvio dei gemellaggi, garan-zia del perdurare degli interventi e car-burante dei processi di scambio.

Logica di comunioneAl di là delle opere concrete, si tratta co-me sempre di un cammino condiviso,di prossimità e di relazione, sorretti dal-la speranza. In fondo, quando papaFrancesco parla di misericordia, quan-do dice di combattere il male con il be-ne, quando dice di «uscire fuori» versotutte le periferie, ci invita a sentirci ra-dicati nella Chiesa secondo una logicadi comunione, per cogliere in questotempo inquieto il soffio dello spirito.

Per questo, meditando sui terremotie su tutte le ferite che l’uomo d’oggi su-bisce, ricordiamo sempre che ognunopuò essere allo stesso tempo vittima ecarnefice. Passata la Pasqua, non ab-bassiamo gli occhi dalla croce, dove siincontrano lo scandalo e la tenerezza,la sapienza e la morte, l’infedeltà e la Ri-surrezione, la cattiveria e l’amore. Suquel legno il dolore diventa amore chevince la morte. E ci accorgiamo che lavita di ogni uomo è preziosa.

G7 a Taormina, Redditod’inclusione in Italia.

A livello locale, nazionalee globale si giocano

importanti partite per la lotta alla povertà e l’uscita dalla crisi.Bisogna affrontarle,avendo chiaro che le

regole del mercato nonsono applicabili a valori

che lo trascendono

Cdi Francesco Soddu di Francesco Montenegro

NON C’È SVILUPPOSENZA COESIONEE INCLUSIONE

l 26 e il 27 maggio i capi di stato e di governo dei paesi del G7, in-sieme all’Unione europea, si riuniscono a Taormina sotto la presi-denza italiana, per discutere delle principali questioni globali. Il ri-

schio è che, travolti da crisi ed emergenze, non ci sia spazio per parlaredi sviluppo e lotta alla povertà, e dunque resti ancora una volta disattesol’invito di papa Francesco a non dimenticarsi dei «poveri, degli emar-ginati e di coloro che, come Lazzaro, stanno davanti alla nostra porta».

La prospettiva, giova ribadirlo, deve essere un pianeta prima di tuttosolidale, ove «il tutto è superiore alla parte», come indica il Papa, e il cuisviluppo non può essere ad esclusione dei più poveri, con un sistema e-

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direttoreFrancesco Soddu

direttore responsabileFerruccio Ferrante

coordinatore di redazionePaolo Brivio

in redazionePaolo Beccegato, Renato Marinaro,Francesco Marsico, Sergio Pierantoni, Domenico Rosati, Francesco Spagnolo

hanno collaboratoDanilo Angelelli, Francesco Carloni,Francesco Dragonetti, RobertaDragonetti

progetto grafico e impaginazioneFrancesco Camagna, Simona Corvaia

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Italia CaritasMensile della Caritas ItalianaOrganismo Pastorale della Ceivia Aurelia, 796 - 00165 Romawww.caritas.itemail: [email protected]

Chiuso in redazione il 5/5/2017

UN BUON FINE NON HA FINE

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sommario

rubriche

3 editorialidi Francesco Soddu

e Francesco Montenegro

4 parola e paroledi Benedetta Rossi

10 dall’altro mondodi Caterina Boca

15 databasedi Walter Nanni

19 contrappuntodi Domenico Rosati

20 panoramaitalia POST-SISMA ALL’AQUILA,ADDIO A NICORA

24 poster UCRAINA: LA GUERRANON TI MOLLA

29 zeropovertydi Laura Stopponi

35 cibo di guerradi Paolo Beccegato

39 contrappuntodi Alberto Bobbio

47 a tu per tuPAOLO COGNETTI:«MONTAGNE, LUOGODI RELAZIONI VERTICALI»di Daniela Palumbo

anno L numero4

IN COPERTINAMary Akoye raccoglieerbe selvatiche per alimentarela sua famiglia (marito e dieci figli),costretta a vivere nel campo sfollatiBilling Boma, Unity State, nelSud Sudan afflitto da Niño e guerra(foto Sud Sudan – Cafod/Trocaire)

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licamente rappresentata dal pesce, che Tobia ha impara-to ad affrontare e a gestire, diventa al tempo opportunouno strumento di liberazione e di crescita ulteriore. Daquesto momento, infatti, Tobia non sarà più solo il figliodi Tobi e Anna, il ragazzo accompagnato da Raffaele, masarà lo sposo di Sara, un uomo raffigurato nella sua adul-tità. Ecbatana, la città dove Sara vive, non è vicina a Rage,il punto di arrivo del viaggio intrapreso. Sarà Raffaele aoffrirsi di arrivare fin là a recuperare il denaro. Tobia haraggiunto almeno in parte la sua meta, una meta diversada quella immaginata alla partenza.

Se si è accompagnati, il viaggio lentamente ma ineso-rabilmente si trasforma: da cammino per ottenere unasicurezza economica, diventa tempo di sviluppo, di cre-scita e di scoperta di sé. La meta del viaggio è dunque ri-definita: non solo il denaro, ma la maturità, la capacità diportare vita e costruire relazioni.

ne delle parti del pesce conservatecome medicamenti (6,7) e quest’ulti-mo non si sottrae a esse, ma rispondecon pazienza, spiegando, illuminan-do una realtà sconosciuta (6,8-9),della quale Tobia farà tesoro.

Non a caso Tobia, chiamato fino aquesto momento con l’appellativo di“ragazzo” (6,1.2.3.7), viene apostrofa-to adesso da Raffaele come «fratello»(6,11), epiteto che sottolinea tra le ri-ghe una crescita avvenuta, che saràsuggellata dalla successiva tappa,quella in cui Tobia conoscerà Sara, dicui si innamora.

Meta diversa dall’immaginataIl dramma di questa ragazza è noto allettore, ma anche ai due viaggiatori:non riesce a essere sposa, dato cheun cattivo demonio uccide i maritiche tentano di unirsi a lei la primanotte di nozze (6,14-15). Grazie alleparole di Raffaele (6,16-18) Tobia su-pera la paura di morire (6,15), sposaSara e con l’aiuto dei medicamentiestratti dal pesce riesce a far fuggireil demonio distruttore (8,1-3).

La difficoltà del cammino, simbo-

l libro di Tobia, definito una novella edificante, resta per lo piùai margini dei percorsi di lettura della Bibbia. Ma è un libro dariscoprire, un racconto di viaggio che mostra il dono e la bel-

lezza dell’avventura dell’educazione.Tobia è un ragazzo, invitato a mettersi in cammino dal padre, per

recuperare del denaro depositato anni prima presso un parente lon-tano. Tobi, il padre cieco, spera di poter assicurare così un futuro mi-gliore alla moglie e all’unico figlio (Tobia 4,1-21). Il viaggio è lungo:partendo da Ninive si deve raggiungere Rage in Media: centinaia dichilometri separano Tobia da una città sconosciuta e da un parente

IN VIAGGIO IL RAGAZZOCONQUISTA LA MATURITÀ

mai visto, Gabaèl, presso il quale do-vrà recarsi; serve esperienza del ter-ritorio e soprattutto delle vie checonducono verso sud-est, oltre imonti Zagros. E Tobia non conosce lastrada (5,1-2).

C’è dunque bisogno di «un uomodi fiducia» (5,3), qualcuno che possaaccompagnare il ragazzo nel viaggio;così Tobia «uscì a cercare una guidaesperta che lo accompagnasse in Me-dia” (5,4). Raffaele, angelo di Dio inincognito, afferma di poterlo accom-pagnare: «Conosco tutte le strade.Sono andato in Media diverse volte,ho attraversato le sue pianure e le sue montagne, cono-sco tutte le strade» (5,10).

Si parte, dunque, e il narratore condensa la prima par-te del percorso in un episodio (6,1-5): durante una sostapresso il fiume Tigri, Tobia viene afferrato al piede da ungrosso pesce. Il ragazzo grida, impaurito e impacciato difronte a un imprevisto che pare ingestibile, ma Raffaelenon si precipita in suo aiuto: semplicemente, lo invita adafferrare quel pesce (6,3), ad aprirlo e osservarlo per di-stinguere al suo interno ciò che può servire da medicinada ciò che va buttato (6,4). Il resto del pesce servirà danutrimento, e Tobia lo capirà da solo (6,5).

L’accompagnatore non si sostituisce al ragazzo negliimprevisti del viaggio, ma fa sì che questi stessi imprevistidiventino motivo di cambiamento e crescita. L’accadutosuscita evidentemente la curiosità di Tobia, che sottopo-ne Raffaele a una serie di domande riguardanti la funzio-

Tobia è inviato dalpadre verso una meta

lontana, per recuperaredel denaro. Inesperto,non conosce la strada e si imbatte presto inostacoli imprevisti. Loaccompagna Raffaele,

angelo in incognito: lo farà crescere,

non sostituendosi alle sue prove

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parolaeparoledi Benedetta Rossi

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nazionale6 RITORNO AI CAMPI,

SFIDA DA NON PERDEREdi Gabriele Ruggiero

QUALITÀ, ONESTÀ, FRATERNITÀ:IN SERRA SI PUÒ COMBATTERELO SFRUTTAMENTOdi Vincenzo Lamonica

12 MINORI STRANIERINON ACCOMPAGNATI:VOGLIONO LA SCUOLA,PER NON SENTIRSI INUTILIdi Lorella Beretta

16 REDDITO D’INCLUSIONE,LA NAVE PUÒ SALPAREdi Francesco Marsico

internazionale26 DIGNITÀ, NON QUANTITÀ

ORIZZONTE DIUNO SVILUPPOUMANO INTEGRALEdi Massimo Pallottino

30 AFRICA E AMERICA LATINA:EL NIÑO IMPERVERSA,MA LA CRISI È FATTA DALL’UOMOdi Fabrizio Cavalletti,Nicoletta Sabbetti e Maurizio Verdi

36 ARMENIA:LA MEMORIA, I GIOVANI.E ATTORNO L’ISOLAMENTOtesti e foto di Ilaria Romano

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Una società rurale si sta ricostruendopian piano, nelle regioni del Sud, attraversoun dialogo partecipato tra vecchie e nuove

generazioni di agricoltori. Anche se non mancano resistenze e differenze

erano ai primi posti delle graduatorieinternazionali; basti pensare a olio e vi-no. Bisogna capire se il nuovo approc-cio ha favorito il crescere della produ-zione di qualità, oppure ha solo sposta-to quote di mercato in luoghi diversi.

Terreni troppo frammentatiÈ in ogni caso opportuno ricordare chel’agricoltura dispone di un fattore pro-duttivo principale che non può esserelasciato in disparte, ma riveste un ruolodi indiscutibile centralità: è l’asset delterreno. Una risorsa talmente strategi-ca, che è direttamente proporzionale alvolume d’azienda e al volume d’affari.Però nei decenni precedenti, anchequelli dei grandi risultati, nel Mezzo-giorno d’Italia la cosiddetta “polveriz-zazione fondiaria” si è notevolmenteaccresciuta, perché le famiglie contadi-ne proletarie, non avendo altro bene daredistribuire ai figli, hanno diviso equa-mente le proprietà, causando la disper-sione dell’asset e generando la nascitadi non-aziende agricole. Ancora oggi,nelle regioni del Sud l’azienda agricolamedia non supera i 2 ettari, mentre nelcentro-nord Italia è di oltre 10 ettari. Sesi aggiunge che la superficie agricolautilizzabile (Sau) è diminuita del 2,5%da dieci anni a oggi, si possono intuirele difficoltà di aziende che raramentearrivano a un ettaro di superficie.

Nonostante tutto ciò, oggi – comedetto e come testimoniato da diversefonti e ricerche – assistiamo a una ri-scoperta del lavoro dei campi, innesta-ta sulla volontà di tanti giovani agricol-tori, molti addirittura non legati a unafamiglia contadina. Fondamentalmen-te, una società rurale si sta ricostruendopian piano, al Sud, attraverso un dialo-go partecipato tra vecchi e nuovi agri-coltori. Non mancano, ovviamente, re-sistenze e differenze. Ma la valorizza-zione dell’alimento, grazie anche ainuovi format culinari e gastronomiciproposti dai media, ha offerto oppor-tunità importanti al comparto.

Veicolo di inserimento socialeLa riscoperta dei gusti e dei sapori,delle diverse modalità di preparazio-ne, delle varietà e delle cultivar, si af-fianca alla conoscenza e alla prepara-zione dei nuovi agricoltori, spessolaureati ed esperti di macro-econo-mia. Su questo fronte, un ruolo im-portante lo rivestono i protagonisti di

tempo, ormai, faceva registrare una“fuga dalle campagne”, con tante per-sone indotte a rivolgersi ai settori delterziario e dell’industria. Tendenzache, nelle regioni del Sud Italia, in unaspirale viziosa, ha a sua volta generatoperdita di valore del terreno agricolo,incapacità di innovare, sviluppo pocoequilibrato e conseguente riduzionedella redditività di comparto.

Da ormai dieci anni a questa parte,però, la situazione sembra essersi in-vertita. La politica ha favorito un’azio-ne di ripopolamento costante, graziea incentivi interessanti. Soprattutto, lacosiddetta “multifunzionalità” del-l’agricoltura ha preso forza nelle co-scienze degli agricoltori: è la capacitàdi occuparsi di diversi settori del com-parto produttivo, facendo dell’aziendaagricola un centro di sviluppo anche

per altre attività. Così si sono moltipli-cate aziende aperte all’innovazione:produzioni “biologiche”, utilizzo deiterreni per produrre energia (princi-palmente attraverso pannelli fotovol-taici), sviluppo di attività collaterali(agriturismo e ristorazione), condu-zione di attività didattiche e altre ini-ziative di sviluppo para-agricolo.

Questi fronti di differenziazione emodernizzazione, che hanno rilucida-to l’appeal del mondo contadino, e unacerta azione dalla politica europea (at-traverso una serie di misure di restrizio-ne della produzione quantitativa e in-tensiva) rischiano però di sviare l’atten-zione dal compito principale delsettore primario, ovvero la produzionedi prodotti agricoli e la loro trasforma-zione. In questo ambito, fino a pochidecenni fa, l’Italia e il suo Mezzogiorno

TERRA BENEDETTAOrtaggi, grano, agrumi, vite: i prodottidell’agricoltura italiana sono variegati. E possono essere un potente fattore di sviluppo

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campiaiRitorno

l tema dell’agricoltura è oggi digrande attualità, soprattutto alSud. Perché oggi si assiste a unmassiccio ritorno ai campi. Loevidenziano recenti statistiche

pubblicate da Istat e Svimez. Accadein particolare nel Mezzogiorno, doveil Pil è cresciuto, tra 2015 e 2016 (Svi-mez, Rapporto 2016 sull’agricolturadel Mezzogiorno), più che al Centro-nord (+0,8% contro +0,5%) propriograzie al “boom” dell’agricoltura, chenel 2015 ha fatto segnare una notevolecrescita (+7,3%) rispetto all’anno pre-cedente. L’agricoltura ha contribuitoin maniera preminente all’aumentodell’occupazione nelle regioni delSud, anche grazie al notevole sviluppodell’imprenditoria agricola giovanile.

Certo, il ritorno ai campi non apparesempre dettato da una riscoperta delleattività agricole: molto spesso è unascelta obbligata per tanti, ma se nonadeguatamente supportata da concre-te politiche di sostegno, potrebbe rive-larsi una tendenza sporadica, incapacedi generare sviluppo duraturo.

Inversione da un decennioL’agricoltura italiana ha origine da unacultura e una tradizione antiche, risa-lenti ai tempi dei romani, sviluppatesidurante tutte le epoche storiche e pro-trattesi anche in epoca industriale.Dopo la seconda guerra mondiale,grazie alla capacità di sviluppo scien-tifico dei grandi agronomi italiani e adiverse innovazioni tecniche, si è assi-stito a un’ascesa eccezionale, fino aglianni Settanta del Novecento, quandol’agricoltura italiana ha raggiunto ilproprio apice, soprattutto nei settoridella frutta e della viticoltura.

In seguito si è assistito a una gestione,a volte poco attenta, della grande affi-dabilità raggiunta dagli alimenti italiani.Non sono mancati scandali e problemilegati a metodiche di produzione trop-po intensive. Successivamente una po-litica agricola contingentata ha compor-tato una stasi dello sviluppo di settore.

Ai nostri giorni l’Europa, tramite laPac, la politica agricola comune, haavviato una massiccia azione di rifor-ma e innovazione in un settore che da

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nazionale agricoltura

di Gabriele Ruggiero

sfida da non perdere

Recenti ricerchemostrano che è in atto una crescita del comparto agricolo, soprattuttonelle regioni del Sud. Opportunitàimportante perl’economia, ma anche sul versante sociale,per consolidarel’occupazione. A pattodi superare alcunifattori di debolezza

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iocco verde in casa Caritas.Il 19 aprile è nata a Ragusala Cooperativa agricola Se-mina Mondo. Ha come pa-dre la diocesi di Ragusa, che

l’ha pensata all’interno di un proget-to sostenuto da Fondazione Con ilSud e dall’otto per mille della Chiesacattolica, e come madre la terra, 10ettari di proprietà della diocesi, lavo-rata dai futuri soci per quasi due annidi formazione sul campo.

Portato avanti dalla Caritas dioce-sana, assieme a diversi partner locali,il progetto ha l’obiettivo di valorizza-re le esperienze associative e di lavo-ro di cittadini migranti residenti nelterritorio di Ragusa, con l’aiuto digiovani professionisti italiani, al finedi contrastare i sentimenti di frustra-zione e rabbia spesso generati, nellapopolazione locale, dalle iniziativepensate per i migranti.

Semina Mondo è composta da set-te persone (due italiani, tre tunisine,un’algerina e un albanese) ed è ancorapiccola, ma ha un compito ambiziosoe tanti occhi puntati addosso. Il con-testo in cui opera, infatti, è segnato dauna diffusa situazione di illegalità¸specie nel lavoro agricolo. La produ-zione orticola in serra della fascia co-stiera del ragusano rappresenta il 50%di quella nazionale, grazie anche al la-voro di migliaia di lavoratori rumeni otunisini, che operano spesso, però, incondizioni di grave sfruttamento la-vorativo, abitativo, sessuale.

Infiltrazioni malavitoseDei 1.200 lavoratori incontrati dal Pro-getto Presidio nel territorio della dio-cesi di Ragusa, tre stranieri su quattro,soprattutto tra i rumeni, dichiarano dilavorare in nero. I restanti rapporti la-vorativi sono contrassegnati da con-

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Qualità, onestà, fraternità: in serrasi può combattere lo sfruttamentoMolte Caritas e soggetti ecclesiali, nel Sud, puntano sull’agricolturacome veicolo d’inclusione. E di lotta all’illegalità. È così anche a RagusadiVincenzo Lamonica

un’autentica “agricoltura sociale”, cheoperano per favorire l’assistenza el’inserimento non più solo di personecon disabilità, ma anche di persone indifficoltà, ex detenuti, disoccupati. Ingenerale, l’agricoltura offre a soggettifragili e vulnerabili reali opportunitàdi lavoro e di reinserimento sociale.

Insieme a questi punti di forza, pe-rò, la nuova agricoltura manifesta pur-troppo tante debolezze, a cominciaredalla necessità di un bacino più ampiodi forza lavoro, dalla scarsa diffusionedi adeguate capacità imprenditoriali,dalla difficoltà di commercializzazionedei prodotti e di sviluppo dei mercati.

I lavoratori del comparto agricolo passanogran parte delle loro giornate all’internodelle serre, con temperature elevatissime,

a contatto con fitofarmaci e senza adeguateprotezioni. Il salario percepito è miserevole

cente approvata la legge per il contra-sto del lavoro nero e del caporalato inagricoltura, ma bisogna aspettare perverificarne l’applicazione.

Dunque, non si può negare chel’agricoltura rappresenti un’importanterisorsa per il paese, soprattutto per lesue regioni meridionali. Ma ha assolutanecessità di attenzione, perché la re-cente fioritura non rimanga un feno-meno isolato e passeggero. La terra puòe deve, soprattutto in alcuni territori,tornare a essere il fondamento del set-tore principale dell’economia, indice disalute di un paese che riesce a sostene-re, in molti sensi, i propri cittadini.

Poi non bisogna dimenticare altriaspetti che rendono dubbia la sosteni-bilità del sistema, nel lungo periodo: lecontraddizioni nella tutela dei territori,l’insoddisfacente contrasto delle epi-demie vegetali, l’incapacità di aziendee territori di fare sistema, le difficoltà diapproccio alle innovazioni.

Di grande attualità, tra i fattori pro-blematici, è soprattutto l’utilizzo diforza lavoro straniera nelle campagne:i non italiani sono ormai almeno il40% della forza lavoro complessiva,valore costantemente in crescita.Spesso lavorano in condizioni di sfrut-tamento. Fortunatamente è stata di re-

agricole. Il Presidio Caritas è l’unicoluogo a cui i braccianti possono rivol-gersi e trovare occasione di relazione,ascolto, accoglienza, umanità. Nel ter-ritorio, invece, brulica un sottoboscodi illegalità, fatto da piccoli caporalidei trasporti e dell’intermediazionelavorativa, di compravendita dei per-messi di soggiorno e delle residenze,di truffe ai danni dello stato riguar-danti le indennità di disoccupazionee ai danni dell’Unione europea, dienormi incassi mancanti all’erario perevasione contributiva, di pesanti dan-ni all’ambiente per fumarole e abban-dono di flaconi di fitofarmaci e scartidi produzione.

Questa situazione è determinataanche dal mercato locale, con piccoliproduttori che non hanno nemmenol’opportunità di proporre il prezzoper la propria produzione e devonosottostare alle imposizioni dellagrande distribuzione organizzata.Non mancano, naturalmente, infil-trazioni malavitose: quelle al merca-to di Vittoria sono state oggetto inmarzo di una nota trasmissione diRadioRai; a pochissimi giorni da

ma deve diventare fonte onesta dibenessere e di autonomia.

Molto importante sarà la riscopertadi colture dimenticate e la produzionenon orientata alla quantità, ma allaqualità. Nei 10 ettari della proprietà siè già impiantato uno zafferaneto e sista proseguendo con la seconda an-nualità di prodotti riconosciuti comepresidio Slow Food, ad esempio la favaCottoia di Modica, il fagiolo Cosarucia-ro di Scicli, il cavolo vecchio di Rosoli-ni, la cicerchia, la fava larga di Leonfor-te e il cece nero di Leonforte. La produ-zione viene venduta a un Gas locale,anch’esso promosso dalla Caritas.

La cooperativa attiverà uno dei car-dini oggi vincenti nel settore agricolo,ovvero la multifattorialità. Non pense-rà, cioè, solo a coltivare, ma anche adaprire l’attività al territorio, alle scuole,all’addestramento di persone interes-sate a sperimentare quanto si sta fa-cendo a Magnì. Perché seminare pro-dotti di qualità è già molto, ma ancorapiù importante è seminare nei più fra-gili la fiducia nelle proprie capacità enella società l’idea della giustizia, del-la fratellanza e dell’onestà.

quella trasmissione, in cui era inter-venuto il direttore della Caritas iblea,il Presidio Caritas di Marina di Acateè stato vandalizzato da ignoti.

Zafferano e multifattorialitàPoco si fa, a livello istituzionale, perporre rimedio a una situazione di cuisi discute molto. Il lavoro nero è an-cora un fenomeno sottovalutato ed èla forma di schiavitù moderna piùestesa e meno contrastata, oltre checircondata dall’indifferenza e dallatolleranza delle comunità locali. LaChiesa ragusana, con Semina Mon-do, intende proporre un’opera segno,che paghi i lavoratori secondo il giu-sto salario e rispetti la terra nella suastagionalità e genuinità, affidandosia colture biologiche. Il lavoro non de-ve più essere sinonimo di sfrutta-mento e subordinazione, come av-viene in gran parte delle serre del ra-gusano da ormai oltre trenta anni,

nazionale agricoltura

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tratti fittizi, che non rispettano orari epaghe stabiliti da intese sindacali. Inun clima generale di manifesta assue-fazione allo sfruttamento, centinaia diminori sono inoltre presenti nei cam-pi e nelle serre, e diversi altri non van-no a scuola per badare ai fratellinimentre i genitori sono al lavoro. Graveè anche la situazione abitativa, concentinaia di persone che dormono inex magazzini per gli attrezzi, garage,casolari fatiscenti e vecchie cisterneadattate ad abitazione, spesso con co-perture di fortuna in plastica o eternit.Le donne, infine, in alcuni casi sonoricattate e abusate sessualmente daidatori di lavoro.

I lavoratori del comparto agricolotrascorrono gran parte delle loro gior-nate all’interno delle serre, con tem-perature elevatissime, a contatto confitofarmaci e senza adeguate prote-zioni. Il salario percepito è miserevole,circa 25 euro a giornata per 9 o 10 oredi lavoro. Spesso si assiste a condizio-ni di vera segregazione: al terminedell’orario lavorativo i datori di lavoro,significativamente chiamati “padro-ni”, chiudono i cancelli delle aziende

TERRA MALEDETTAI frutteti e gli agrumeti del Sud sonospesso luoghi dove lo sfruttamentodegli stagionali è fatto consolidato

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duati invece per le misure previste dallariforma e precedentemente illustrate.

L’aumento del numero di domandedi protezione (solo nel 2016 ne sonostate esaminate 81.287, di cui 49.706rigettate e 18.811 accolte parzialmen-te, con il rilascio di un permesso permotivi umanitari), e l’aumento del nu-mero dei ricorsi ha spinto i legislatoria riformare il procedimento giurisdi-zionale fino a oggi previsto. Nell’atto dipresentazione del decreto legge si sot-tolinea che il miglioramento delle pro-cedure di riconoscimento della prote-zione internazionale deve passare an-che per la riduzione dei tempi deiprocedimenti giurisdizionali. Vengonoperaltro indicate le cifre relative all’au-mento dei ricorsi presentati negli ulti-mi anni (si va da +50 a +70% nei prin-cipali tribunali italiani), senza peròchiarire la percentuale dei ricorsi ac-colti, quindi quanto quel sistema ab-bia garantito un maggiore riconosci-mento dei diritti. La riforma stabiliscequindi un ridimensionamento del di-ritto di ricorrere per far valere le pro-prie ragioni, da parte di chi ha presen-tato l’istanza; si prevede un iter piùspedito e la trattazione in camera diconsiglio, con l’udienza per la compa-rizione delle parti fissata solo in deter-

minate occasioni (quando il giudice, visionata la videore-gistrazione del colloquio con la commissione, ritiene ne-cessario disporre l’audizione dell'interessato; oppureritiene indispensabile richiedere chiarimenti alle parti; op-pure ancora dispone consulenza tecnica e l’assunzione dimezzi di prova). Non è in ogni caso possibile ricorrere inCorte d’appello, ma solo proporre ricorso per Cassazione.

In definitiva, la politica repressiva di questi anni nonha ottenuto i risultati previsti, ma anche questa riformacontinua ad andare in quella direzione. Urgente appareinvece ripensare strutture e strumenti, politiche e leggi,per adeguarsi a una realtà migratoria nuova. Che non de-ve essere vista come ostacolo, ma come opportunità dicrescita e sviluppo.

ne nel colloquio che il richiedente asilo deve tenere da-vanti alla commissione territoriale.

Tra le altre novità, vi è il fatto che, utilizzando risorse fi-nanziarie europee, d’intesa con i comuni e con le organiz-zazioni del terzo settore, i prefetti potranno promuovere ini-ziative di volontariato a cui far partecipare i richiedenti asilo.

Diritto ridimensionatoPer l’istruttoria dei ricorsi contro i provvedimenti ammini-strativi in materia di immigrazione, protezione internazio-nale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea,la nuova legge istituisce sezioni specializzate presso i tribu-nali ordinari del luogo nel quale hanno sede le Corti d’ap-pello; non sono però previsti investimenti finanziari, indivi-

dall’altromondodi Caterina Boca

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REPRIMERE NON FUNZIONA,MA LA RIFORMA INSISTE...

sposizioni, in parte rafforza quelle giàesistenti. Al momento dell’arrivo o delsuo fermo in condizioni di irregolari-tà, lo straniero deve essere condottoper le esigenze di soccorso e di primaassistenza presso i cosiddetti “Punti dicrisi”, dove viene sottoposto alle pro-cedure di identificazione, pur preve-dendo la possibilità di accedere allaprocedura di protezione internazio-nale, al programma di ricollocamentoin altri stati membri dell’Unione eu-ropea e alle procedure di rimpatriovolontario assistito. Si tratta delle atti-vità già svolte nelle strutture note co-me Cpa (Centri di pronta accoglien-za), istituiti con la cosiddetta legge Pu-glia (563/1995). Qualora lo stranieroidentificato nei Punti di crisi non pos-sa dimostrare il possesso dei requisitirichiesti per soggiornare regolarmen-te, le autorità preposte potrannoemettere un provvedimento di espul-sione ed eventualmente prevederne iltrattenimento.

Le strutture in cui si effettua il trat-tenimento sono ritenute determi-nanti per rendere più efficaci le pro-cedure di espulsione: la riforma pun-

ta al loro potenziamento. Nel 2015 i provvedimenti diespulsione notificati dalle questure italiane sono stati10.822, ma sono stati solo 5 mila quelli realmente esegui-ti. Con le nuove disposizioni si prevede di eseguirne al-meno 20 mila, anche se i tempi sono lunghi. I Centri in-fatti, che si chiameranno Cpr (Centri di permanenza peri rimpatri) verranno implementati, ma dovranno esseredistribuiti nell’intero territorio nazionale, presso luoghiidonei e strutture di proprietà pubblica individuate e riu-tilizzabili per lo scopo.

Qualora invece il cittadino straniero presenti domandadi protezione internazionale, sono previste modifiche al-la procedura, allo scopo di renderla più celere. Si partedal potenziamento del personale degli uffici delle com-missioni competenti, per approdare alla notifica deiprovvedimenti anche attraverso la posta elettronica cer-tificata. Viene inoltre ribadito l’uso della videoregistrazio-

D a poche settimane è stato varato il nuovo testo di riforma dellanormativa in materia di immigrazione e asilo. Si tratta della leg-ge di conversione del decreto legge n. 13 “Disposizioni urgenti

per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione inter-nazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale”, que-st’ultimo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 17 febbraio ed entratoin vigore il giorno successivo. Il testo, anche per via della limitazionetemporale propria dei decreti legge, ha iniziato quasi subito il suo per-corso di conversione in legge, venendo modificato e quindi approvatoprima in Senato (29 marzo) e subito dopo alla Camera (12 aprile).

Da anni oramai si avverte la neces-sità di una riforma delle norme suiflussi migratori, in grado di individua-re nuove modalità di ingresso regolareper chi è in cerca di un’occupazione,ma anche percorsi di arrivo protettiper quanti fuggono da paesi in cui sitrovano in condizioni di pericolo. Unariforma capace di riconoscere anchemaggiori tutele e diritti a chi nasce inItalia e di investire su serie e concretepolitiche di integrazione e di sostegnorivolte a coloro che vivono regolar-mente nel territorio, in particolare perle famiglie e i lungosoggiornanti. Leragioni della riforma appena varata, invece, vanno versouna direzione diversa, di rafforzamento del sistema di con-trollo e sicurezza, disattendendo le aspettative di molti.

Espulsioni più efficaci?Gli obiettivi della nuova legge sono chiaramente indicatinella premessa del decreto, e possono essere cosi rias-sunti: celerità nella definizione dei procedimenti ammi-nistrativi e dei procedimenti giudiziari di riconoscimentodella protezione internazionale; potenziamento della re-te dei Centri di identificazione ed espulsione dei cittadinistranieri in condizioni di irregolarità amministrativa;adozione di misure idonee ad accelerare l’identificazionedei cittadini stranieri, in particolare di quanti giungonosul territorio nazionale in occasione di salvataggi in mareo sono comunque rintracciati nel territorio nazionale.

La legge è molto articolata. In parte introduce nuove di-

La nuova leggesull’immigrazione

(per velocizzare i procedimenti sulla

protezione e contrastarele presenze irregolari)risponde a un’istanza

di controllo e sicurezza.Comprime alcuni dirittidi chi cerca protezione.E non affronta questioni

ormai ineludibili

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ACCOGLIERE O RESPINGERE?Donne del Corno d’Africa trattenute nell’hot spot di Lampedusa,

il centro di identificazione dei migranti voluto dall’Unione europea

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norenni è un fenomeno complesso emultiforme, che «pone nuove que-stioni organizzative e didattiche allescuole che si occupano della loro ac-coglienza e integrazione»: gli ultimidati presi in considerazione dal Miursono del 2015, quando si contavanoquasi 12 mila minori stranieri nonaccompagnati (Msna) in tutta Italia,l’esatta metà di quelli che sarebberopoi arrivati nel 2016. Un bando dellaDirezione generale per lo studentemetteva a disposizione 60 progetti in11 regioni, per un totale di circa 800studenti minori non accompagnati.

Riguardo agli iscritti alle scuolepubbliche, al ministero ammettonola mancanza di una rilevazione stati-stica nazionale e si affidano ad “alcu-ne indagini territoriali”: nell’annoscolastico 2015-’16, per esempio, inToscana risultavano 112 iscritti allesecondarie di primo e secondo gra-do. A Milano, invece, dei 281 allievinon accompagnati censiti dall’Uffi-cio scolastico regionale, la maggio-ranza, 236, era registrato ai Cpia, icentri di formazione per adulti.

Nonostante lo sforzo delle istitu-zioni pubbliche e dei tanti soggettidel privato e del terzo settore, la sen-sazione comune è che sia tutt’altroche facile dare risposte adeguate atutti i minori presenti nel territorionazionale. C’entrano i numeri da re-

me argomento tranchant, buono pertutte le stagioni.

Bambini da alfabetizzare“Gli Stati riconoscono che tutti ibambini hanno diritto di ricevereun’istruzione che deve essere obbli-gatoria e gratuita”, pronunciano so-lennemente tutte le Dichiarazioni deidiritti del fanciullo, tutte le Conven-zioni, tutte le Costituzioni. Eppure, achiedere in giro quanti siano i minoristranieri non accompagnati che van-no a scuola, la risposta è sempre vagae piena di dubbi. Anche l’ultimo rap-porto Ministero istruzione – Ismuammette che quello dei profughi mi-

Anche solo riguardo agli iscritti alle scuolepubbliche, al ministero dell’istruzioneammettono l’assenza di una rilevazione

statistica nazionale. I soli dati disponibilisi rifanno ad “alcune indagini territoriali”

cord degli arrivi dei minori, raddop-piati l’anno scorso rispetto al prece-dente (e vedremo come finirà questo2017, che a inizio aprile aveva già fat-to registrare 3.600 arrivi via mare).C’entra l’età sempre più bassa di chiscappa in Italia, in Europa, senza ungenitore, un fratello maggiore, unazia, un adulto. Soli. Adolescenti masempre più bambini, alcuni da alfa-betizzare dall’inizio, altri da curare,per le profonde ferite che ne solcanol’anima, non solo il corpo. C’entra, in-fine, quell’indeterminatezza dei nu-meri di cui con franchezza parla CiroCascone, procuratore della repubbli-ca del Tribunale dei minori di Milano:«Il mio primo pensiero è per i minori,che girano per le strade perché non cisono più posti nelle comunità di se-conda accoglienza: sottraendo allesegnalazioni che abbiamo ricevuto iminori inseriti nelle strutture educa-tive, se ne ricava che solo a Milano so-no più di 700 quelli che vagano per lestrade. Forse sono andati in altre città,oppure no: ma sono 700 minori di cuinon sappiamo niente». Sono ragazziche finiscono nelle statistiche degliscomparsi: decine di migliaia in tuttaEuropa, quasi 6 mila in Italia.

Pericolo di dispersioneQuelli che rimangono, invece, spessosi sentono inutili. E soprattutto nonvedono prospettiva. Per la legge ita-liana, sotto i 14 anni devono essereinseriti nelle scuole dell’obbligo, oltrequell’età l’obiettivo è dar loroun’educazione minima nei centri peradulti, per consentire il consegui-

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L’accoglienza dei minori stranierinon accompagnati è problematica di per sé. Ma ancorapiù complicato è fornire un’istruzione.A causa del numero di arrivi. Dell’etàsempre più bassa dei ragazzi. Di ostacoliorganizzativi. Loro, però,sono certi: studiarevuol dire futuro…

angiamo e dormiamo,ma non andiamo a scuo-la: per noi non c’è futuro»,urlavano il 16 febbraioscorso i 30 minori stranie-

ri non accompagnati del centro di pri-ma accoglienza di Cassano delle Mur-ge, Puglia. A riportare le loro parole erastata Rosy Paparella, garante regionaledei diritti dei minori, “sequestrata”quel giorno assieme alla garante na-zionale, Filomena Albano, e agli ope-ratori che le accompagnavano.

Le due donne stavano facendo unavisita di sopralluogo alla strutturanella quale i ragazzi dovrebbero stare,secondo la legge, non oltre i 60 giorni,ma dove invece vengono spesso “par-cheggiati” per mesi, nella più totaleinanità. Succede soprattutto al sud,terre di confine dove si concentranogli arrivi e le prime soluzioni, animatesoprattutto dalla buona volontà di al-

cuni sindaci virtuosi e dall’umanità divolontari appassionati.

«Hanno affrontato viaggi infernaliper arrivare in Italia e immaginavanoil loro futuro in maniera diversa, nonuna lunga attesa. Di chissà che cosa,poi... Per questo è necessario dare lo-ro risposte in tempi brevi, altrimentil’esasperazione porta a reazioni diquesto tipo», spiegò Paparella conparole di comprensione, mentre igiornali titolavano allarmistici. Chilavora con i minori stranieri non ac-compagnati sa quanto siano fragili equanto bisogno di sostegno abbiano:sono ragazzi e ragazze, sono a volteaddirittura bambini, come lo siamostati noi, come lo sono i nostri figli,nipoti. Hanno bisogno di rispostebuone, e tra queste si aspettano –sorpresa! – anche lo studio. Altro chequel «pretendono i cellulari» che irazzisti di varie sfumature usano co-

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Voglionoscuolala

nazionale minori non accompagnati

di Lorella Beretta

per non sentirsi inutili ARRIVATI, PARCHEGGIATIDal molo ai centri di accoglienza: per

molti minori africani l’Italia inizia aPalermo. Ma poi l’inclusione si fa difficile

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sociale e relazionale, problemi psico-logici e abitativi.

Lavorano nei doposcuola censiti2.408 volontari, in prevalenza tra i 56e 70 anni (38,3%) e tra i 15 e 19 anni(22,3%; adolescenti e giovani rappre-sentano il 35,3%del totale dei volonta-ri). Alcuni doposcuola hanno scelto dipuntare sui giovanissimi, spesso ragaz-zi e ragazze che frequentano gruppi dicatechismo, l’oratorio o il gruppo scout;in altri casi sono studenti delle superio-ri che svolgono un tirocinio o che dal-l’esperienza ricavano crediti formativi;infine, si rilevano diversi casi in cui ra-gazzi aiutati in passato offrono la pro-pria disponibilità a favore del servizio.

I doposcuola collaborano in variomodo con la parrocchia, le realtà delterritorio, la scuola e la Caritas dioce-sana. Nel 29,7% dei casi collaboranoanche con almeno un altro ente terri-toriale: innanzitutto i servizi socialiterritoriali (39,7%), altri doposcuola(32,8%), cooperative e associazioni(24,1%), altri uffici e servizi del comu-ne (20,7%) e altre parrocchie (13,8%).

Il comune o il consiglio di zona so-no le prime fonti di finanziamento

dei doposcuola (35,3%), seguite da fondazioni private(28,4%) e dal contributo delle famiglie (17,2%). Degnedi nota sono le esperienze sostenute tramite autofinan-ziamento da parte della parrocchia (7,8%).

Una valenza particolare assume il rapporto tra dopo-scuola e scuola: sono poche le esperienze che non hannoattivato alcun tipo di collaborazione (7,8%), mentre ap-pare una prassi ormai consolidata ricercare un confronto,più o meno sistematico e formalizzato, con gli insegnanti.La collaborazione con la scuola consiste soprattutto nellasegnalazione e nell’invio dei ragazzi (67,2%), negli in-contri con gli insegnanti, una tantum (45,7%) o in modosistematico (31%), e in “altre” modalità (32,8%), tra cuitavoli di confronto e verifica, condivisione di strumenti,partecipazione di insegnanti a riunioni del doposcuola,progetti integrati in rete... Nel 24,1% dei casi la collabo-razione è formalizzata in protocolli d’intesa.

oposcuola parrocchiali. Una risorsa. Per assicurare coesione so-ciale, prevenendo gli effetti nefasti della dispersione scolastica.E per garantire a tutti accesso allo studio e integrazione (scola-

stica e sociale) ai minori di famiglie che vengono da lontano.Sono migliaia e migliaia le esperienze in tutta Italia. Ma come ope-

rano? Rivolgendosi a chi? Con quali strumenti e tecniche? Non ci sonodati consolidati in proposito. Ma una recente ricerca, condotta dall’Areaminori e dall’Osservatorio delle povertà e delle risorse di Caritas Am-brosiana, aggiorna i dati raccolti in precedenti indagini (2010 e 2014)nella diocesi di Milano. L’obiettivo della ricerca è approfondire il ruolodei doposcuola nell’accompagnamen-to dei ragazzi con difficoltà scolasti-che, un bisogno diffuso e in aumento,in Lombardia e in tutto il territorio na-zionale, anche a causa delle scarse ri-sposte istituzionali al fenomeno.

L’indagine ha censito 116 dopo-scuola aventi un legame con le par-rocchie della diocesi, in riferimentoall’anno scolastico 2015-16. Le realtàconsiderate sono nate nell’ambitodella comunità parrocchiale, per ini-ziativa di volontari (51,7%) e del par-roco (45,7%). In quasi il 90% dei casihanno sede nelle strutture parroc-chiali, prevalentemente oratori (69%).

I doposcuola che hanno risposto si rivolgono a 4.689ragazzi, che frequentano soprattutto la scuola secondariadi primo grado (52,2%) e primaria (34,2%). L’attivitàcentrale consiste nello svolgere i compiti (23,3%).

In prevalenza immigratiUna delle caratteristiche che accomuna quasi tutti i do-poscuola è la frequenza di ragazzi immigrati. La ricercaambrosiana ne ha contati 2.710 in 112servizi (96,6%delcampione). Rispetto al 2010, la loro incidenza è passatadal 41 al 57,8% del totale dei minori presi in carico.

Il 12,7% dei ragazzi ha disturbi specifici dell’apprendi-mento (Dsa). Molti provengono da famiglie con gravi dif-ficoltà sociali: di natura economica (34,6%), di gestionedella famiglia (28,9%), di perdita o mancanza di lavoro(26,1%) e di salute (7,1%). A esse si aggiungono disagio

Promossi in molti casidalle parrocchie, sonodiffusi in tutta Italia.

Ma scarseggiano i dati sul fenomeno.

Un’interessante ricercaviene aggiornata

da anni nella diocesi di Milano: fa il punto su volontari, utenti,

risorse, rapporto con territorio e scuole

DOPOSCUOLA, RISORSADI COESIONE E INTEGRAZIONE

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databasedi Walter Nanni

mento della licenza di terza media.Ma anche l’opportunità di migliorarela propria istruzione e – perché no? –gli strumenti per realizzare quellasvolta, nella loro vita, per la quale in-traprendono i viaggi.

Accoglierli rimane insomma unasfida, come appare chiaro anche aBologna, città dove, nel 2016, dei 621figli di immigrati che si sono ricon-giunti ai genitori, 237 erano in età daelementari e medie. Ma quelli soli? «Ilfenomeno è in continuo mutamentoe si può quantificare solo a fine annoscolastico, con uno scomputo mate-matico: siano accompagnati o non losiano, comunque questi minori han-no bisogno di grande attenzione, apartire dalla lingua, per proseguirecon tanti altri bisogni», confermaChiara Bonaldi, responsabile dell’In-fo-Bo della onlus Opimm, l’Operadell’Immacolata per l’integrazionesociale, che ha uno sportello di primaaccoglienza in prefettura.

È facile capire che per gli studentisenza famiglia è ancora più reale il pe-ricolo di dispersione scolastica. L’altrorischio, altrettanto grave, anche se ap-parentemente meno visibile, è che trarigetti, bocciature e difficoltà varie, iminori stranieri a scuola finiscano persommare ai traumi precedenti altritraumi. Un caso finito sulle cronachenazionali è accaduto a settembre, inuna scuola privata di Cagliari: alcunigenitori, adducendo motivi di salute,chiesero bagni separati per i duebambini di 9 e 11 anni, uno egiziano,l’altro etiope, arrivati in città senza lefamiglie forse perse in un naufragio.Di loro si erano assunti la tutela dueavvocati che poi li avevano iscritti ascuola, dove sin da subito erano statimalvisti. Dopo gli articoli sui giornalici furono le assemblee infuocate ascuola, e poi la questione rientrò.Chissà se pian piano i due bambiniabbiano intanto l’umiliazione, e i lorocoetanei la diffidenza.

Racconta un fatto simile ancheUmberto Contro, coordinatore di unprogetto di istruzione e formazioneper i giovani profughi a Milano, pro-mosso dall’associazione Sheb Sheb edalla Scuola popolare di Rogoredo:«Dei 30 ragazzi che seguiamo ora,

Oltre alla dispersione scolastica, l’altrorischio, altrettanto grave, è che tra rigetti,bocciature e difficoltà varie, i minori

stranieri a scuola finiscano per sommarenuovi traumi ai traumi precedenti

ben tre sono stati bocciati alle mediee in qualche modo notiamo che ri-sentono di questo fatto negativo.Uno di loro, però, subì anche accusefalse da parte di una compagna diclasse, che diceva di essere stata per-cossa: lui si ritrovò contro gli altri ra-gazzi, i genitori, gli insegnanti. Madalle indagini emerse che era statolui, invece, a essere oggetto di vessa-zioni. Con difficoltà stiamo cercandodi ricostruire la sua fiducia nelle isti-tuzioni e nelle persone».

Il progetto di cui Contro è respon-sabile è operativo da due anni e offrecorsi di alfabetizzazione e di supportoper le materie scolastiche, oltre a corsiprofessionali (cucina, informatica, ci-clofficina). Senza realtà come queste,fatte di volontariato e fatica, i ragazzisenza una famiglia alle spalle non cela farebbero, si sentirebbero ancorapiù soli e impotenti, umiliati e ranco-rosi. In un cortocircuito di sentimentiche non fanno bene né a loro, né allacomunità in cui si trovano, la nostra.Con i nostri figli, ai quali non vorrem-mo accadesse tutto questo.

nazionale minori

NON PASSA MAIInedia e giornate vuote, per moltiragazzi nei centri di accoglienza

Golap, orfano, giunto a Napoli dal Bangladesh quando aveva 15 anni,oggi, a 19, aiuta chi accoglie minori stranieri non accompagnati, comeè stato lui. Filip, finito a Milano dall’Albania nel 2014, passa le sue gior-nate da ventenne diviso tra studio, lavoro per pagarsi la scuola e volon-tariato. Nabih, Edmond e Anuli sono invece tre dei 40 arrivati anni fabambini a Bologna e ora diventati, con loro grande orgoglio, panettieri.

Golap, Filip, Nabih, Edmond e Anuli: sono quelli che ce l’hanno fatta,grazie ai progetti sostenuti da sindaci che non se ne sono lavati le ma-ni, da associazioni piccole e grandi, da privati cittadini che prestano il proprio tempo e le proprie specialità per insegnare l’italiano, una pro-fessione e, innanzitutto, la fiducia.

Il fenomeno dei Msna non riguarda solo l’talia. Nelle classi di tutta la Grecia, a fine 2016 sono stati inseriti, tra le iniziali proteste, i primi1.500 dei 20 mila bambini profughi arrivati a varie ondate. Il governo Tsipras ha assunto 800 nuovi insegnanti per far garantire l’inclusione nel-le scuole pubbliche. A marzo Unicef ha criticato la Germania per la scar-sa presenza di minori non accompagnati nelle classi tedesche, un terzodel totale delle presenze nel paese. Anche Francia e Gran Bretagna han-no ricevuto molte critiche per la mancata integrazione dei minori soli.

Il loro arrivo, ormai non più fenomeno sporadico, richiede «di mette-re in atto quei dispositivi che dovrebbero ormai essere prassi consolida-ta e strutturale» spiega Pierpaolo Triani, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Triani inoltre avverte che i bisogni educatividei minori sono complessi, necessitano di una forte personalizzazione e di un’attenta integrazione scuola-territorio. I successi dei ragazzi nominati sopra lo dimostrano.

STORIEGolap ce l’ha fatta. E non solo lui.In tanti bussano a tutta Europa

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Il valore del Memorandum è politico:lo ha firmato il capo del governo. E non è una generica dichiarazione di intenti,

ma un documento tecnico, che impegna le parti a un’azione comune su temi condivisi

per il tessuto sociale del nostro paese,a partire dall’esplosione della crisieconomica, nel 2008. Lo stesso presi-dente Gentiloni ha recentemente af-fermato: «Veniamo da 7-8 anni di crisiche hanno lasciato cicatrici», manife-stando la consapevolezza della gravi-tà e dell’entità del fenomeno. Assurtoa questione centrale per il futuro delnostro paese, non più oggetto di po-licy settoriali o minori.

La seconda considerazione è di tipometodologico: per la prima volta nellastoria del nostro paese viene siglato sultema della povertà e con forze sociali– e non soggetti istituzionali, sindacalio datoriali – un memorandum, vale adire non una generica dichiarazione diintenti, ma un documento tecnico,che impegna le parti a un’azione co-mune su temi condivisi, attraverso unlavoro di confronto tecnico-politico.

L’Alleanza ha messo in campo inquesti anni una proposta strutturata,quella del Reddito di inclusione sociale– Reis, misura di tipo economico per lefamiglie in povertà, connessa a mecca-nismi di presa in carico e attivazione –coinvolgendo nella sua elaborazione ilmeglio delle competenze accademi-che e sociali del paese e dotandosi, perquesto, di un gruppo scientifico, guida-to stabilmente dal professor CristianoGori (Università Cattolica di Milano).Ciò ha permesso di superare una fragi-lità quasi endemica dei soggetti sociali,nel tradurre dimensioni valoriali edesperienziali in una proposta norma-tiva e politica sostenibile e attuabile.

Tutto questo ha consentito all’Alle-anza di avviare un confronto tecnicopressoché “alla pari” con i decisori le-gislativi e politici, con un atteggia-mento responsabile e concreto, orien-tato a trovare soluzioni utili e realisti-che. Il Reddito di inclusione (Rei), cheè la misura prevista dalla legge 33/17,

n altro passo, significativosulla via della definizione diuna normativa di contrastoalla povertà, adeguata allecondizioni del paese e di

stampo europeo, si è compiuto ve-nerdì 14 aprile. A Palazzo Chigi il pre-sidente del consiglio, Paolo Gentilo-ni, ha siglato con l’Alleanza contro lapovertà un Memorandum, che defi-nisce gli elementi qualificanti, condi-visi con il governo, da inserire nel de-creto attuativo che renderà operativala legge numero 33, approvata in viadefinitiva il 15 marzo 2017, intitolata“Delega recante norme relative alcontrasto della povertà, al riordinodelle prestazioni e al sistema degli in-terventi e dei servizi sociali”.

L’Alleanza contro la povertà in Italia– coalizione composta da 35 sigle, valea dire i principali soggetti sociali e sin-dacali del nostro paese – ha raggiuntoquesto risultato attraverso un percorsoche parte dall’autunno 2013. Nei primianni la sua azione è stata di pressionesui governi e sulle forze politiche, affin-ché l’Italia si dotasse di una legge e diun piano di contrasto alla povertà, afronte di un fenomeno – la povertà as-soluta – che in Italia era stato fattoesplodere dalla crisi economica.

Il primo risultato venne raggiuntonel dicembre 2015, quando nella leg-ge di stabilità per il successivo 2016fu introdotto il primo finanziamentostrutturale di rilievo contro la povertàassoluta, chiudendo la stagione – ini-ziata nella seconda metà degli anni

Novanta –, durante la quale gli uniciinterventi nazionali contro la povertàerano stati temporanei (sperimenta-zioni e una tantum), oppure struttu-rali ma di dimensioni finanziarie as-sai esigue, in particolare la cosiddettaSocial card introdotta nel 2008, nellafase iniziale della crisi economica.

Successivamente, soprattutto apartire dal febbraio 2016, l’Alleanza hasviluppato un confronto con il gover-no, che nel frattempo aveva presenta-to il disegno di legge delega per defi-nire la nuova misura contro la povertàassoluta, alla quale destinare le risorsestanziate nella legge di stabilità 2016.Dopo la discussione parlamentare,durata oltre un anno, il 9 marzo scorsola legge delega è stata approvata dalparlamento, grazie anche all’appellodel dicembre 2016, nel quale l’Allean-za chiedeva di non fare pagare l’insta-bilità politica, creatasi con la chiusuraanticipata del governo Renzi, alle per-sone più povere del nostro paese.

Confronto alla pariApprovata la legge, si è sviluppato unconfronto di merito con il ministerodel lavoro, per contribuire al decretolegislativo che renderà operative leprevisioni della legge 33/2017.

Ne è scaturito il Memorandum.Che valore ha e perché è importante?Il valore della firma del documento èanzitutto di ordine politico: il fattoche a firmare sia stato il capo del go-verno segnala come la questione po-vertà sia divenuta centrale e lacerante

di Francesco Marsico

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nazionale lottaalla povertà

d’inclusionepuò

salparenave

Reddito La

Governo e Alleanzacontro la povertàhanno firmato un Memorandum che definisce i contenuti qualificantidel decreto attuativoche renderà operativala legge 33/17,istitutiva del Rei. Il testo è un buonpunto di mediazione.Ma l’attenzione va tenuta alta

ASSOLUTA E MULTIFORMEElemosina in metropolitana,disagio in periferia, ricorsoalla mensa dei poveri: la povertàin Italia ha assunto molteplici volti.Il nuovo Rei saprà dare risposte?

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muraglia giuridica, solo un tipo di la-voro si sarebbe affermato: quello lega-le, trasparente, consacrato nelle regolecontrattuali.

Ma l’argine non ha retto. E ben pre-sto alle contestazioni frontali di quellenorme si sono affiancate le... trivella-zioni che hanno provocato – sul Po lichiamano così – i “fontanazzi”, e poi leinondazioni.

È stata una fatalità? Il senno di poipermette di sostenere che una regola-mentazione così puntuale e rigorosa,come quella fissata nello Statuto, avreb-be avuto bisogno, per reggere, di unacondizione della forza lavoro che inve-ce è mancata: la piena occupazione.

Solo un regime di pieno impiegoavrebbe consentito uno status di effet-tiva parità tra le parti e avrebbe sconsi-gliato ogni conato di aggiramento o diindebolimento della diga. E invece l’or-tolano ha finito per bagnarsi le scarpe...

Si può osservare dunque che era sta-ta predisposta una saldissima protezio-ne giuridica. Ma si deve ammettere cheanch’essa si è andata progressivamenteindebolendo, di pari passo con la ri-monta della vecchia dottrina, per cui il

massimo di tutela del lavoro si ottiene solo con il massimodi funzionamento del mercato. Qualche decennio di dere-gulation non è passato invano...

E nell’immediato futuro sembra debba andare semprepeggio. Perché tutti gli indicatori segnalano un orizzonte dinuove automazioni (automobili senza pilota, auto pubblichea chiamata istantanea, fabbriche e stalle interamente robo-tizzate, ecc). Ma niente paura: già in passato interi profili pro-fessionali sono stati cancellati dall’evoluzione tecnologica: iltipografo, il telegrafista, prossimamente il bancario... Il mer-cato trova sempre il modo di compensare, dicono gli esperti.

Chi se ne occupa, però? Chi mette mano a una program-mazione umana dello sviluppo? Nell’anno anniversariodell’enciclica Populorum progressio, varrebbe la pena di ri-mettere la questione all’ordine del giorno. Per non doverconcludere che in fondo, tutto sommato, domani anche unvoucher potrebbe servire.

se quello che oggi stiamo scartando fosse un anticipo di quelche ci riserva il futuro? Il dubbio mi ha attraversato la mentenei giorni in cui, in modo un po’ convulso, si stava tentando,

in Italia, di dare più o meno onorata sepoltura ai cosiddetti voucher,sinonimi di lavoro facile e a buon mercato (per le imprese).

Nell’occasione c’era, come tutti sanno, da scongiurare un residuodi referendum, quesito minore di una questione più ampia e artico-lata. Esigenza comprensibile, per forze di governo interessate a scon-giurare un nuovo rovescio referendario. E tuttavia non risulta messaa fuoco una parte del fotogramma, cioè un ingrediente cruciale dellasostanza del problema: come mai unostrumento immaginato per un’appli-cazione limitata – ai così detti “lavoret-ti” – nel corso degli anni si è talmentedilatato da invadere, abusivamente,una porzione rilevante del territorioassegnato alla contrattazione?

Riflettendo sulla circostanza, vienespontaneo di collocare il fatto all’inter-no della dialettica tra tutela del lavoroe astuzia del capitale: un fenomenoche si può descrivere come una se-quenza di rincorse.

Da un lato, infatti, il mondo del lavo-ro tende a emanciparsi dalle sudditanzeimposte dalla condizione di “salariato”. D’altro canto, il mon-do del capitale riconosce le “conquiste” della controparte (econ esse le limitazioni delle proprie prerogative) e, tuttavia,riesce sempre a trovare una via di fuga o di aggiramento perrecuperare, in qualche modo, il controllo dei processi.

Il cruccio dell’ortolanoSuccede un po’ quel che accade all’ortolano. Il quale, col-tivando le sue verdure, usa creare piccoli sbarramenti pergarantire che l’acqua segua il percorso stabilito. Ma l’acquatrova sempre il modo di sfondare il punto di minor resi-stenza e di allagare tutto il terreno. L’esperienza, al riguar-do, non appartiene solo al mondo rurale.

Nel mondo del lavoro italiano, ad esempio, si pensò chetutti gli impantanamenti sarebbero stati debellati con lacostruzione del grande universale sbarramento che preseil nome di Statuto dei lavoratori. Al riparo di quella grande

Guardando al futuro,non è avventato

prefigurare un mondodi lavori semprepiù destrutturati,

digitalizzati, robotizzati.Una società senza

piena occupazione. E operai senza tutele,

irrimediabilmente“flessibili”. Fino a che

punto è tollerabile?

PROGRAMMAZIONE,O RIMPIANGEREMO I VOUCHER

E

contrappuntodi Domenico Rosati

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non è la proposta dell’Alleanza, ma èun esito avanzato di mediazione: purrestando un punto di partenza, sulpiano della dotazione finanziaria (almomento insufficiente), va nella dire-zione di una forte innovazione dellepolitiche di contrasto della povertà.

Il reddito e i serviziComplessivamente, i contenuti delMemorandum sono riconducibili adue obiettivi di fondo. Uno consistenell’individuare criteri per determina-re l’accesso al Rei e per definirne l’im-porto, che corrispondano il più possi-bile alle effettive condizioni economi-che dei richiedenti. L’altro riguarda lacostruzione delle condizioni affinchépossano effettivamente realizzarsi per-corsi d’inclusione sociale nei territori.

In particolare, il primo obiettivo èperseguito attraverso la definizione dicriteri per l’accesso dei beneficiari chesuperino l’utilizzo esclusivo dell’Isee– previsto nel Sia e nel testo inizialedel disegno di legge delega –, al fine divalutare la condizione economica delnucleo richiedente la prestazione. Ol-tre all’Isee, al fine di determinare lapossibilità di ricevere la misura, siconsidera dunque anche la condizio-ne di reddito del nucleo familiare, mi-surata attraverso la valutazione auto-noma dell’Indicatore della situazionereddituale (Isr), cioè la componentedell’Isee che misura il reddito.

Questo consente di variare l’im-porto del contributo a seconda delladistanza del reddito familiare dispo-nibile (Isr modificato dalla scala diequivalenza) dalla soglia reddituale diriferimento (oggi stabilita in 3 milaeuro), per rendere il calcolo dell’im-porto del beneficio più equo rispettoal Sia. In questo ambito sono previstianche meccanismi per evitare la“trappola della povertà”, vale a direcomportamenti di non attivazionedei beneficiari.

Il secondo obiettivo è invece per-

seguito attraverso un esplicito soste-gno – all’interno del Fondo povertà –ai servizi territoriali per l’inclusione,al fine di evitare che solo le regioni egli enti locali più strutturati possanoaffrontare la complessa gestione delReddito per l’inclusione.

nazionale lottaalla povertà

Il “pasticciaccio brutto” di marzo (risorseprima sottratte, poi restituite al Fondopolitiche sociali), testimonia che restano

tracce di una cultura di governo, la qualeconsidera il sociale terreno non sensibile

La nave di questa riforma è dunquesalpata, ma l’attenzione va tenuta al-ta. Il “pasticciaccio brutto” di qualchesettimana fa (risorse prima sottratte epoi restituite al Fondo politiche socia-li, a causa di un brutto accordo nellaConferenza Stato-Regioni), per fortu-na successivamente rientrato, testi-monia che permangono tracce di unacultura di governo che considera il so-ciale, e in esso le povertà, un terrenoelettoralmente non sensibile. Conti-nuiamo a dirgli di smettere.

Ecco, in sintesi, gli impegni fondamentali presenti nel Memorandum governo – Alleanza contro la povertà.

Criteri per determinare l’accesso dei beneficiari. Si supera l’utilizzo esclu-sivo dell’Isee nel valutare la condizione economica del nucleo richiedentela prestazione. Oltre all’Isee si considera anche la condizione di redditodel nucleo familiare, misurata attraverso la valutazione autonoma dell’Indicatore della situazione reddituale (Isr), cioè la componente dell’Iseeche misura il reddito.

La possibilità di accedere al Rei viene definita attraverso il reddito disponibile, quello che effettivamente possono utilizzare le famiglie; nelladeterminazione dell’Isr viene considerata la spesa sostenuta per il canonedi locazione, la più consistente per le famiglie in povertà, normalmentedetratta nel calcolo dell’indicatore. Si ottiene così una migliore risponden-za al costo della vita nei diversi territori.

Criteri per stabilire l’importo del beneficio. Il valore mensile del Rei varia a seconda della distanza del reddito familiare disponibile (Isr modificatodalla scala di equivalenza) dalla soglia reddituale di riferimento (3 milaeuro). Il calcolo è più equo rispetto al Sia, che prevede una cifra fissa che aumenta in base al numero dei componenti del nucleo.

Finanziamento dei servizi per l’inclusione. L’intenzione iniziale del governoera utilizzare tutte le risorse del nuovo “Fondo povertà” per il trasferimentoeconomico, lasciando che ai servizi pensassero i comuni con i loro finan-ziamenti attuali e i fondi Pon europei (concentrati soprattutto nelle regionidefinite “meno sviluppate”). Una simile scelta avrebbe rischiato di renderequasi irrealizzabili i percorsi locali d’inclusione sociale. Ora il Fondo povertàconterrà una linea di finanziamento strutturale per i servizi; la quota ad essa dedicata non potrà essere inferiore al 15% del Fondo: stanziamen-to ancora inadeguato, ma permette di avviare percorsi d’inclusione.

Affiancamento ai territori e supporto tecnico. Per implementare il Rei è cru-ciale non solo stanziare risorse economiche, ma anche mettere a disposi-zione strumenti e competenze, utili a fornire le migliori risposte possibili. Il Memorandum prevede una struttura nazionale permanente dedicata.

Monitoraggio. Puntare sul welfare locale non basta, bisogna anche preve-dere gli strumenti di monitoraggio e verifica dell’attuazione del Rei neiterritori: piano operativo promesso entro il 2017.

La forma di gestione del Rei. Si prevede che il Rei sia gestito unitariamen-te da tutti i comuni di uno stesso ambito sociale. La forma di gestione è scelta autonomamente da ogni regione.

IL DOCUMENTOAccesso, importo, servizi, verifiche:ecco cosa prevede il Memorandum

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cina Sprar-Caritas e seguito da 18 giovani. Promosso dal progetto Sprar “Together”del comune di Grottammare e dalla Caritas diocesana, resopossibile dalla collaborazionedell’Accademia Chefs, ha coin-volto sia beneficiari Sprar siapersone italiane e straniere delterritorio. La finalità del corsoera non solo favorire lo svilup-

ANCONA-OSIMO E PESCARA-PENNEVideo e teatro,per ricordare chel’Aids resta unabattaglia aperta

La Caritas diocesana di An-cona-Osimo, in collabora-

zione con un’associazione loca-le, ha indetto la prima edizionedel concorso “Informazione posi-tiva. Crea il tuo video sull’Hiv”.L’obiettivo era stimolare soprat-tutto i giovani a ideare e produrrevideo originali dedicati alla tema-tica dell’Aids. L’obiettivo è sensi-bilizzare l’opinione pubblica sullamalattia, sulle possibilità di con-tagio, sulle cure e sulla preven-zione. I lavori dovevano essereinviati entro metà aprile, poi eraprevisto il lavoro della giuria.

A inizio aprile è invece anda-to in scena a Pescara lo spetta-colo teatrale “Hiv. Tanto lontanocosì vicino”, frutto del laborato-rio di pedagogia teatrale “Teatroe Aids”. Il cast è composto daoperatori Caritas, studenti uni-versitari ed esponenti di asso-ciazioni e movimenti cattolici. Lo spettacolo teatrale didatticointende informare sulla malattia,ricordando cos’è, come si con-trae, come la si affronta social-mente, quali sono i diritti del malato e quali sono i modiper prevenirla. L’iniziativa è sta-ta il momento culminante delprogetto “Aids. Amarsi senzafarsi male”, promosso dalla Ca-ritas diocesana di Pescara-Pen-ne, che in nove mesi ha infor-mato e sensibilizzato operatoridel terzo settore e semplici cittadini sul tema dell’Hiv.

SAN BENEDETTO DEL TRONTOCorso e pranzo perbeneficiari Sprare altri cittadini:in cucina ci si integra

Un pranzo didattico. Perconcludere il corso di cu-

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5po, nei beneficiari, di compe-tenze professionali spendibilinel settore della ristorazione,già a partire dalla imminentestagione turistica, ma anchepromuovere l’integrazione so-ciale tra italiani e persone di al-tre nazionalità. Stando al menùdel pranzo finale, pietanze ita-liane e piatti di altre tradizioni,l’obiettivo è stato raggiunto.

I laboratori di prossimità “Papa Francesco” sono nati grazie a un progetto Cei ot-to per mille presentato nel 2014. La disoccupazione, allora, era in forte aumento.Nel 2013 erano oltre 30 mila le persone iscritte al collocamento della provinciadi Savona, dove la progressiva e costante chiusura dei siti industriali non è statacontrobilanciata dallo sviluppo di altri settori, nemmeno turismo e commercio.

Oggi purtroppo la situazione non è migliorata, tanto che la provincia di Savonaè stata recentemente riconosciuta dal ministero dell’economia come “area di crisi complessa”, cioè un contesto territoriale dove è necessario applicare misure straordinarie per bloccare l’emorragia occupazionale e la costante cresci-ta della disoccupazione giovanile.

Artigianato e agricolturaIn questo contesto, i laboratori di prossimità rappresentano un tempo e uno spa-zio “sociale”, nel quale le persone disoccupate possano ritrovare senso e dignità.I laboratori sorgono nel comune turistico di Albissola Marina, in un ex convento(nella foto), reso disponibile dall’Istituto Figlie della Misericordia. Dal maggio2015 ospita già la casa-famiglia “Benedetta Rossello”, animata da una comunitàdi famiglie Éleos. I laboratori “Papa Francesco” si affiancano a questa esperien-za, con l’obiettivo di offrire occasioni di formazione, diminuire il senso di insicu-rezza e spaesamento che si prova in seguito alla perdita del lavoro e ostacolare i processi di esclusione sociale che coinvolgono singoli e famiglie accolti.

Le attività dei laboratori riguardano ceramica, cucito, piccola falegnameria e trasformazione dei prodotti agricoli. La gestione di ogni laboratorio è affidata a esperti e professionisti: la cooperativa sociale agricola “Ortocircuito” gestisceil laboratorio di trasformazione dei prodotti agricoli, l’associazione ceramisti di Albissola anima il laboratorio di ceramica, mentre quello di falegnameria è organizzato da due giovani “mastri” e da una restauratrice; infine il laboratoriodi cucito è affidato alla guida di un giovane sarto senegale-se accolto in uno dei centri di accoglienza Caritas.

A fianco dei professionisti, operano gli educatori dellaFondazione diocesana ComunitàServizi onlus, ente gestoredella Caritas diocesana, che sviluppare reti con i servizi del pubblico e del privato sociale, accompagnano gli inseri-menti e soprattutto elaborano, insieme con gli ospiti, proget-ti di reinserimento e inclusione sociale. La forte vicinanzacon la comunità parrocchiale locale permette anche di tes-sere rapporti e relazioni di sostegno alle persone accolte.

La sfida dei “laboratori di prossimità”,accoglienza e relazioni contro la crisi

5di Marco Berbaldiottopermille/Savona

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Caritas Italiana, tramite il presidente, cardinale Francesco Montenegro, e il direttore, monsignorFrancesco Soddu, ha espresso il suo cordoglio per la scomparsa del cardinale Attilio Nicora, che dal 1990 al 1992 ha ricoperto l’incarico di presidente della Commissione episcopale per il servizio della carità e di presidente di Caritas italiana. Nicora, proveniente dalla diocesi di Milano e successivamente vescovo di Verona, ha ricoperto importanti e delicati incarichi in Vaticano, in organismi giuridici, finanziari, di amministrazione del patrimonio e di vigilanza sullo Ior. È stato inoltre rappresentante dell’episcopato italiano in seno alla Commissione degli episcopati della comunità europea, a Bruxelles, di cui è stato anche vicepresidente.

Otto anni fa, il 6 aprile 2009, un violento terremoto devastava L’Aquila e altre zone dell’Abruzzo, provocando309 morti. Caritas Italiana ha realizzato in questi anni la quasi totalità delle strutture previste dal programmadi ricostruzione, reso possibile dai quasi 23.500 donato-ri italiani ed esteri (singoli, parrocchie, associazioni, diocesi, scuole), da più di 60 Caritas nazionali straniere e dalla Conferenza episcopale italiana (che ha contribui-to con 5 milioni di euro). Caritas Italiana ha raccolto e messo a disposizione delle comunità abruzzesi com-plessivamente più di 35 milioni di euro. Direttamente, o attraverso le 16 Delegazioni regionali, Caritas Italianaha risposto ai bisogni della popolazione, impegnando le risorse disponibili in interventi di prima emergenza,

azioni di prossimità e sostegno diretto (in particolare ad anziani, persone sole, ammalati... ), nella realizzazio-ne di 4 scuole per l’infanzia e primarie (donate ai comu-ni di L’Aquila, Ocre, Fossa, Fontecchio), 16 Centri di comunità e 7 strutture di accoglienza, nella implemen-tazione di 2 servizi sociali e caritativi (tra cui la nuovasede e i servizi riabilitativi dell’Associazione italianasclerosi multipla, inaugurata a novembre 2016), nel con-solidamento e nel ripristino funzionale di 16 struttureparrocchiali per attività sociali e comunitarie, in numero-si progetti di animazione e aggregazione (rivolti in parti-colare a bambini, preadolescenti e giovani), in moltepliciprogetti sociali a favore delle persone in situazione di grave emarginazione, immigrati e giovani.

LUTTOCordoglio per la morte di Nicora, già presidente di Caritas

ABRUZZOA otto anni dal sisma, impegnati più di 35 milioni

BOLZANO-BRESSANONESuicidio, grido di vita:solitudini e fragilitànell’esperienza delSostegno al telefono

In Alto Adige, mediamente,una persona ogni settima-

na si toglie la vita e, ogni giorno,da una a tre persone tentano disuicidarsi. In occasione del 15°anniversario di attività, il Soste-gno al telefono della Caritas dio-cesana vuole richiamare l’atten-zione su un fenomeno spessovisto e trattato come un tabù.Per questo ha organizzato, all’ini-zio di maggio a Bolzano, una con-ferenza dal titolo “Suicidio: ungrido di vita”, con un testimoned’eccezione: l’olandese ViktorStaudt, che a causa di un tenta-to suicidio 17 anni fa perse en-trambe le gambe. Nelle 95 milaconversazioni tenute in 15 anni

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dai collaboratori del Sostegno(negli ultimi tempi circa 10 milaall’anno) spesso si ètoccato il labile confinetra vita e morte. Il servi-zio è offerto tutto l’anno, 24 ore su 24,domeniche e festivitàcomprese, grazie a più di 80 vo-lontari, preparati tramite una for-mazione approfondita. Nel 2016,94 persone hanno chiamato annunciando di volersi togliere a vita. A queste persone se neaggiungono altre (più della me-tà), tendenzialmente soggette al rischio di suicidio a causa di fra-gilità psichiche croniche. I numeridei suicidi e dei tentati suicidi inAlto Adige sono i più alti in Italia,simili a quelli della Germania ma più bassi rispetto a quelli di Austria e Svizzera. Le personepiù a rischio sono i malati psichi-ci o chi soffre di dipendenze.

PIACENZAFiaccolata versoil carcere, perribadire diritti e dignità dei detenuti

Chi ha sbagliato non per questo deve perdere

i propri diritti fondamentali e lapropria dignità. La Caritas dioce-sana di Piacenza ha promossoin aprile la seconda edizione di una fiaccolata aperta a tutti i cittadini, pensata come simbo-lico momento di congiunzione e comunicazione tra la popola-zione del carcere delle Novate e quella della città emiliana. Circa300 persone hanno partecipatoall’iniziativa, che ha raggiunto il carcere tramite due tappe intermedie, arricchite da alcunetestimonianze, in particolarequella di due detenuti, da mo-menti di musica, canto e danza.

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diocesana. L’accordo scade a giugno, i contattisono a buon punto, con l’obiettivo di rinnovarel’accordo. I soldi lasciati dai turisti sono impiegati in favore di poveri e disagiati;per le monete straniere esistono accor-di con le ambasciate, che le cambiano.

Il 40% di quanto raccolto va agli Em-pori della solidarietà, dove famiglie colpite dallacrisi economica possono fare la spesa gratuita-mente. Un altro 25% finisce alle mense Caritas, per sfamare chi non rientra nei programmi di convenzionecon il comune, come i rifugiati in attesa di riconoscimen-to. Il resto serve a finanziare la manutenzione delle casee degli ostelli Caritas a Roma.

TRIVENTO“Pane donato”,grazie ai panificatoril’alimento arrivaa chi ne ha bisogno

Ogni mese numerose famiglie della diocesi

di Trivento (Campobasso) rice-vono dalla Caritas diocesanaun pacco viveri, in cui non si riesce a inserire il pane, cheva distribuito fresco. Per soppe-rire a questa mancanza, la Cari-tas ha avviato il progetto “Panedonato”. Consiste nel lasciarepagato, in una serie di panificidi (per ora) quattro centri del territorio, il pane che vienepoi ritirato dagli operatori Caritase distribuito alle famiglie che vivono in difficoltà economica.

FOGGIA-BOVINOApprendisti pizzaioli,un corso offreprospettive pertrovare lavoro

Dopo il corso di piccolo artigianato e quello di cuci-

na, stavolta tocca alla pizza. LaCaritas diocesana di Foggia-Bovi-no da anni promuove occasionidi formazione rivolte a personein difficoltà e bisognose, per pro-muoverne l’inserimento lavorati-vo e sociale. In aprile è dunquepartito un corso che ha comeprotagonista uno dei piatti storici

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La leggenda di Fontana di Trevi “vale” 1 milione400 mila euro: tanto è stato raccolto nel 2016 gra-

zie alle monete che i turisti di tutto il mondo lanciano nel-le vasche del celebre monumento per garantirsi il ritornoa Roma. Per contratto con il comune di Roma, i fondi re-cuperati dall’antica vasca di travertino vanno alla Caritas

facendo anche una sorta di “mediazione culturale”, i mi-granti che, a migliaia, sbarcano a meno di 20 chilometri di distan-za, al porto di Pozzallo. Vantanoanni di esperienza missionaria ingiro per il mondo, da un anno for-mano una comunità intercongre-gazionale mista, che collaboracon le attività della Caritas dioce-sana, come Progetto Presidio.

AGRIGENTO“Locanda di Maria”,mensa più corsie alloggi per personesenza dimora

È stata inaugurata dopoPasqua la “Locanda di Ma-

ria”, opera-segno della diocesi di Agrigento, frutto del Giubileodella Misericordia. La strutturaospita una mensa e uno spazioper l’accoglienza di cinque perso-ne senza dimora. La mensa, chesarà aperta in ore serali, al matti-no ospiterà corsi di cucina perpersone con disabilità (al fine di agevolarne l’autonomia) e atti-vità che coinvolgeranno anziani e donne migranti. Al primo piano,invece, la casa-rifugio accoglieràle persone senza dimora per periodi di medio termine, al finedi facilitare la ricostruzione di relazioni umanizzanti. Alcuniposti saranno poi destinati all’ac-coglienza di detenuti in permes-so premio.

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della cucina italiana. Agli incontri,due volte alla settimana, parteci-pano 12 aspiranti pizzaioli (seiitaliani e sei stranieri), istruiti da un mastro fornaio locale. Tutti i prodotti realizzati durante il corso vengono donati alla men-sa Caritas del Conventino.

ANDRIA“Visibile”, l’artestrumento perrielaborarele ferite della vita

La Caritas diocesana di An-dria, nell’ambito del proget-

to “Le ferite dell’uomo”, ha pre-sentato l’esposizione di artecontemporanea “Visibile”. Grazieal progetto, alcune persone condisabilità, guidate da due mae-stri d’arte, hanno liberato la lorocreatività, imparando a entrare in relazione con gli altri e in con-tatto con le proprie emozioni. La mostra dei loro lavori è stataallestita al museo diocesano diAndria nell’ultima decade di aprile.

NOTODopo la missione,in comunità perfare mediazionecon i migranti

Quattro religiosi, due don-ne e due uomini. Missiona-

ri. Lavorano insieme, a Modica(Ragusa) per accompagnare,

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ROMALe monetine di Fontana di Trevifinanziano Empori, mensee altre strutture di accoglienza

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segretari comunali e altri rappre-sentanti degli enti locali, per stu-diare come arginare l’azzardo di massa. Uno degli obiettivi è arrivare a dotare i comuni di regolamenti sull’argomento. Il 21 maggio, poi, in città si corre-rà contro l'azzardo: a Beneventosi svolgerà infatti “Run to win”,per diffondere i messaggi dellacampagna nazionale “No Slot”.

BENEVENTOManifesto,tavolo coi comunie corsa podisticacontro l’azzardo

La provincia di Benevento è al settimo posto a livello

nazionale per gambling e scom-messe. E così la Caritas diocesa-na, che ha inserito un preciso im-

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pegno per contrastare, con prov-vedimenti semplici ma efficaci,l’azzardo di massa all’interno del Manifesto del Welcome per le pratiche di inclusione. Ad essohanno aderito 15 comuni dellaprovincia, che hanno promesso di impegnarsi in precise pratichedi accoglienza. Sul tema dell’az-zardo, è stato dunque istituito un tavolo di lavoro con sindaci, 7

Oggi nelle cronache Taranto è sinonimo di Ilva, per l’impattoambientale di quello che è il maggior complesso per la lavo-razione dell’acciaio industriale in Europa. Se ne parla, eppu-re non abbastanza. Sul territorio c’è chi fa quello che può.La Caritas diocesana di Taranto promuove, tra l’altro, il pro-getto “A tamburi battenti”, dal nome del quartiere dove sirealizza – Tamburi, appunto –, vicinissimo allo stabilimento.Lucia Lazzaro è la coordinatrice del progetto.

Lucia, siamo nella parrocchia San Francesco De Geroni-mo, quartiere ad altissimo tasso di inquinamento…

Intanto tutta Taranto è area Sin (Sito di interesse nazionale),per la necessità di intervenire con bonifiche straordinarie. Il territorio di tutta la provincia è dichiarato area a elevato rischio ambientale. Secondo uno studio del-l’Istituto superiore di sanità, abbiamo unamortalità infantile maggiore del 21% rispettoalla media regionale, un eccesso di incidenzadei tumori del 54% per i ragazzi da 0 a 14anni, un eccesso di mortalità del 20% nel pri-mo anno di vita. Tra l’altro si parla molto di diossina, che si bioaccumula nei grassi degli animali e dell’uomo, e va via solo conl’allattamento materno. In questa situazionedrammatica, per i bambini del quartiere Tam-buri vige un divieto di giocare all’aperto, divie-to non rispettato: i bambini giocano in stradaperché non si può vietare loro di stare insieme ed essere felici. Esiste inoltre il Wind Day, cioè una situazione di ventoforte: in quelle giornate non è possibile stare all’aria aperta,perché gli inquinanti di origine industriale Pm10 e benzopire-ne si diffondono con particolare intensità.

Proponete il progetto “A tamburi battenti”: tamburi chebattono in senso figurato e reale...

Abbiamo il desiderio di contribuire a educare una comunitàcompletamente abbandonata, dove c’è un diffusissimo ma-lessere sociale ed economico, al superamento del dolore.Vogliamo contribuire a riattivare la speranza. Non esistonoluoghi di aggregazione nel quartiere, se non le piazzette,

nelle quali in teoria non si può giocare. Il progetto riguardaanzitutto un teatro, che non è solo un luogo da ristrutturare,ma uno spazio che consentirà alla popolazione di esprimer-si in tutte le forme. Vorremmo però promuovere una serie di iniziative anche all’esterno, sempre però nel quartiere.Pensiamo alla realizzazione di un tour, sul modello di quellodi Scampia, che faccia conoscere la città e questo quartierein particolare, nel quale c’è sì tanto degrado, ma ci sono an-che tante meraviglie. Fino a qualche decennio fa il territorioera ricco di boschi, addirittura c’era un sanatorio, dove moltibambini curavano malattie di carattere respiratorio... Il pro-getto riguarda poi l’attivazione di una falegnameria socialecon ex tossicodipendenti, una sartoria sociale che occuperà

dieci donne, una eco-orchestra con una sezio-ne percussioni, i cui strumenti sono realizzatida materiali di recupero per i ragazzi. Da ultimo, l’attivazione di un emporio solidalee di un gruppo di acquisto solidale che pro-muoverà i prodotti biologici coltivati a 20 chilo-metri dall’Ilva e portati qui nel quartiere, proprio perché c’è molta gente ammalata che ha bisogno di un’alimentazione sana.Ma come si lega il progetto al fenomeno dell’inquinamento in maniera diretta? In fondol’Ilva è lì, non si sposta...Sì, noi l’Ilva non possiamo spostarla, possia-

mo però toglierla dall’immaginario dei bambini e degliadulti. Vogliamo aiutare i bambini a costruire un immagi-nario più poetico, portando cultura attraverso il teatro, attraverso la musica. Vogliamo dare una mano agli adulti a costruire percorsi di vita green, con al centro i concettidi sostenibilità ecologica e sociale. Stiamo attivando un lavoro di empowerment, di rafforzamento delle capaci-tà della comunità intera, in modo che si possa attivare in maniera resiliente e così reagire alla crisi ambientale,economica e sociale, chiedendo con forza alle istituzioni e ai proprietari dello stabilimento di mettere la cura dell’ambiente tra le priorità.

Taranto non è solo Ilva: “Tamburi battenti”fa circolare poesia e costruisce comunità “green”

7levocingiro di Danilo Angelelli

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AVANTI SCONSOLATIUn uomo cammina sottolo sguardo di un militare

a Chermalyk, provinciadel Donetsk, una delle

terre orientali dell’Ucrainacontese al governo centrale

dai separatisti filorussi

guerraLa

Ucraina lacerata: il paese è prigioniero di un conflitto che alterna momenti di stasi a fiammate di violenza. Centinaia di migliaia di persone vivono da sfollate o con libertà e diritti limitati.Caritas prosegue gli aiuti

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tura emersa con forza, quasi cinquedecenni dopo, dall’enciclica di papaFrancesco Laudato Si’.

Espansione di capacitàIl dicastero per il Servizio dello svilup-po umano integrale rappresenta ilmodo in cui l’attuale pontefice ha vo-luto dare una forma organizzativa aqueste preoccupazioni, lette in unaprospettiva di giustizia e pace, comerecita il primo articolo dello statuto delnuovo dicastero, «incluse le questionirelative alle migrazioni, la salute, leopere di carità e la cura del creato».

Non è dunque una prospettiva teo-rica, ma un orizzonte di lavoro concre-to, quello che sollecita a un impegno fi-nalizzato a permettere un riconosci-mento reale di questa dignità: un lavoroche richiede una tensione continua e lacostruzione di un orizzonte di alleanzecon quanti riconoscono che non è pos-sibile ridurre lo sviluppo a una dimen-sione di pura crescita economica.

Si tratta, nel mondo della coopera-zione allo sviluppo, di una riflessione

Ciò a cui tendere non è l’aumento dellaricchezza fine a sé stessa, ma l’espansionedelle “capacità” di scegliere delle persone.

È un’idea di sviluppo centrata sulla libertà,rispettosa della diversità di ogni soggetto

non nuova, che ha generato impor-tanti risultati, soprattutto a partire da-gli studi del premio Nobel indianoAmartya Sen: ciò a cui si deve tenderenon è l’aumento della ricchezza fine asé stessa, ma l’espansione delle “capa-cità” di scegliere delle persone. Si trat-ta di una lettura significativamente di-versa e innovativa rispetto agli ap-procci concentrati esclusivamentesulla crescita economica, anche se la-scia in qualche modo irrisolta una do-manda ancora più profonda, quellarelativa al “che cosa” sia l’oggetto dellascelta finale. Ma intorno all’idea di svi-luppo come “libertà” (come recita iltitolo di uno dei libri dell’economistaindiano), si può costruire un percorsoin cui si mette a fuoco un’idea di cam-biamento certamente più rispettosodella soggettività e della diversità diogni persona e ogni comunità.

Preoccupazioni per il G7È proprio a partire da questo tipo diprospettiva che la comunità interna-zionale ha dato vita agli Obiettivi di svi-luppo sostenibile (Sustainable Deve-lopment Goals – Sdg), approvati dal-l’Assemblea generale delle NazioniUnite nel settembre 2015, che insiemeall’Accordo di Parigi sul clima (dicem-bre 2015) costituiscono una significa-tiva convergenza di accordi politici glo-bali, rispetto a quanto occorre fare pergarantire a tutta l’umanità un futuropiù sostenibile. Occorre infatti salva-guardare il nostro pianeta, per renderepossibile la sopravvivenza stessa del-l’umanità, e poi elaborare politiche at-traverso le quali garantire uno sviluppoveramente sostenibile per tutti.

Gli Sdg disegnano una prospettiva

SVEGLIA AI LEADER:«APRITE LE ORECCHIE!»In occasione del vertice del G7di Taormina, alcune organizzazionidella società civile vogliono “urlare”ai grandi del mondo la necessità di azioni efficaci per dare una rispostaai problemi di un pianeta in crisi.Lo fanno con la campagna guidata da un hashtag su twitter: #aprileorecchie

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di Massimo Pallottino

quantitàDignità,non

la “dignità” l’elemento distin-tivo che appartiene e caratte-rizza ogni donna e uomo chevive sul nostro pianeta. Ed èquesto il messaggio centrale

dell’intervento del cardinale Peter Tur-kson, che a fine marzo a Castellaneta(Taranto), al 39° convegno nazionaledelle Caritas diocesane, ha presentatole prospettive di lavoro del nuovo dica-stero vaticano per il Servizio allo svi-luppo umano integrale, di cui è statonominato prefetto da papa Francesco.

L’idea di “sviluppo umano integra-le” si fonda proprio sul riconoscimen-to di questo principio, rivolto a «tuttigli uomini e tutto l’uomo», come defi-nito nella Populorum Progressio, l’en-ciclica di papa Paolo VI, di cui ricorrequest’anno il 50° anniversario. Ma incosa queste definizioni sono utili peril nostro operare concreto, per il nostroagire di tutti i giorni? Troviamo in que-ste frasi stimoli ancora attuali per ani-mare una presenza consapevole nelmondo, nella società, nella politica?

«Tutto l’uomo». È il mondo che ci

L’intervento del cardinale Turksonal convegno delleCaritas ha ribadito i fondamenti teorici cui deve ispirarsi la promozione dello “sviluppo umano integrale”. E le prospettive di lavoro concreto: a cominciare dagli imminentiappuntamentiinternazionali

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internazionale sviluppo

circonda a suggerirci continuamenteche l’uomo non è un “tutto”: siamo deiconsumatori, dei lavoratori, degli elet-tori, degli immigrati… quasi mai siamochiamati a essere soggetti attivi, titolaridi diritti e di doveri. Lo sguardo dello“sviluppo umano integrale” è inveceuno sguardo che non etichetta, ma checonsidera la persona nel suo insieme eche pone al primo posto la sua dignità.

«Tutti gli uomini». Qui entra in giocol’attenzione costante a tutta la famigliaumana, che ci porta a sentire una pro-fonda responsabilità per quanto avvie-ne sul pianeta, e alle conseguenze an-che lontane e indirette di quanto noistessi compiamo. Ma si manifesta an-che, per usare le parole del cardinaleTurkson, un richiamo al fatto che nelmondo attuale non vi può essere alcun“io” in grado di vivere in piena dignitàumana, mentre c’è un “altro” sulla fac-cia della terra che soffre il degrado e lalesione di questa dignità. È un legameche, per l’uomo immagine di Dio, èstabilito con ogni altra creatura umanae con il creato tutto, secondo una let-

orizzonte di sviluppo

SICUREZZA ALIMENTAREUn contadino e suo figlio,

beneficiari, nell’est dell’Etiopia,di un programma Caritas.

Nelle altre due foto, il cardinaleTurkson al convegno Caritas

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UN “CORPO” PER I GIOVANI,CITTADINI SOLIDALI DI DOMANI

Secondo la Commissione di Bruxel-les, la volontà di impegnarsi degli eu-ropei supera le opportunità a disposi-zione. Solo il 6% dei giovani afferma diessere stato all’estero come volontarioe l’88% di quelli che non l’hanno fattoafferma di non averne avuto l’oppor-tunità. In generale, più di 4 giovani eu-ropei su 10 dichiarano che vorrebberolavorare, studiare o seguire una forma-zione in un altro paese Ue. Il 70% deivolontari del Servizio volontario euro-peo ritengono che l’esperienza abbiaaumentato le loro opportunità sulmercato del lavoro, il 74% che abbiamigliorato le loro capacità imprendi-toriali e l’85% sostengono di aver ac-quisito altre capacità grazie al lavoro disquadra. Uno studio ancora in corsodimostra che nell’Ue i settori legati allasolidarietà hanno impiegato oltre 40milioni di persone nel 2015.

A partire dalla sua istituzione, neldicembre 2016, circa 24 mila giovanieuropei hanno aderito al Corpo euro-peo di solidarietà, registrandosi allapiattaforma della Commissione; unsistema online consente poi l’abbina-mento tra organizzazioni e giovani.

La Commissione ha adottato un approccio gradualerispetto alla costruzione del Corpo, elaborando una spe-rimentazione che contribuirà a costruire una propostalegislativa, per la quale è stata lanciata una consultazionepubblica, al fine di definire priorità e orientamenti. Re-stano infatti interrogativi e criticità da superare. Il Parla-mento europeo, in una risoluzione adottata ad aprile, in-vita la Commissione a riflettere su alcune questioni diri-menti, quali la definizione di “azione di solidarietà” e lanecessità di integrare l’iniziativa in una strategia politicapiù ampia, volta a creare un ambiente favorevole per ilvolontariato in Europa, evitando sovrapposizioni e raf-forzando iniziative già in essere.

Occorre partecipare attivamente al dibattito in corso:anche così si contribuisce a costruire un senso di comu-nità, solidarietà e responsabilità sociale, in Europa oggiquanto mai necessario.

possano impegnarsi con fini di soli-darietà, attraverso un’attività di vo-lontariato o un’opportunità lavorati-va, nel proprio paese o in un altropaese Ue. L'obiettivo è la partecipa-zione di 100 mila giovani al Corpoeuropeo di solidarietà entro il 2020.

Il presidente della Commissioneeuropea, Jean-Claude Juncker, nelsuo discorso annuale sullo statodell’Unione, si era così espresso: «Cisono molti giovani in Europa che siinteressano al sociale e che sono di-sposti a dare un loro contributo si-gnificativo alla società, attraverso lasolidarietà. La solidarietà è il collante che tiene insiemel’Unione. (…) I giovani di tutta l’Ue (…) potranno svilup-pare le proprie competenze e fare un’esperienza non sololavorativa, ma anche umana senza pari».

Un approccio gradualeOperativamente, la proposta mira a introdurre i giovani al-l’interno di organizzazioni che si occupano di politiche so-ciali e di solidarietà, allo scopo di costruire una società piùinclusiva, di prestare aiuto a persone vulnerabili e di ri-spondere ai problemi sociali. Essa si affianca ad altre op-portunità, dal Servizio volontario europeo alla Mobilità del-l’apprendistato, che negli ultimi anni l’Europa sta offrendoai giovani, con uno sguardo rivolto sia al potenziamentodelle loro capacità e delle opportunità di studio e appren-dimento all’estero, sia alla costruzione di una cittadinanzaeuropea fondata sul valore fondamentale della solidarietà.

Iniziativa Ue perconsentire a centomila

ragazzi di compiereattività, di volontariato

o lavorative, volte acostruire una societàinclusiva. Non devesovrapporsi a realtàesistenti. Ma il Corpo

europeo di solidarietàè un’opportunità

per molti

zeropovertydi Laura Stopponi

Unione europea si fonda sulla solidarietà: tra i cittadini, tra glistati membri e nell’azione interna ed esterna. La solidarietà èun valore condiviso, fortemente sentito in tutta la società eu-

ropea. Essa definisce il progetto europeo, che dovrebbe essere conti-nuamente riaffermato e potenziato. L’Unione europea va oltre la con-divisione di norme, istituzioni o mercati: è una comunità di valori». Cosìsi legge nel documento della Commissione europea, con il quale si an-nunciava, nei mesi scorsi, il lancio del Corpo europeo di solidarietà.

A fronte di un crescente sentimento euroscettico, la Commissioneha messo in campo una ulteriore proposta rivolta ai giovani, affinché

«L’

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in cui è responsabilità comune opera-re per uno sviluppo rispettoso delleaspirazioni di tutte le donne e gli uo-mini del pianeta, delle future genera-zioni e dei limiti bio-fisici del pianetastesso. Ogni paese, dunque, si riunirànel luglio di ogni anno a New York, perdare vita al “Forum politico di alto li-vello” (High Level Political Forum –Hlpf). Nel luglio prossimo sarà, tra glialtri, proprio l’Italia a presentare lapropria strategia di sviluppo sosteni-bile, elaborata nei mesi scorsi.

Vi è un altro imminente e significa-tivo appuntamento, in cui sarà possi-bile saggiare il modo in cui i paesi piùricchi del pianeta intendono fare la loroparte. Il vertice dei G7, che si terrà a Ta-ormina alla fine di maggio, cade nel vi-vo di in una situazione internazionalesempre più difficile, in cui anche i po-chi passi in avanti compiuti finora, sulfronte di uno sviluppo integrale e so-stenibile, sembrano a rischio. Su que-sto vertice pesano infatti le recenti scel-te della nuova amministrazione ame-ricana, per cui la lotta al cambiamentoclimatico sembra scivolata fuori dallalista delle priorità, con il conseguentetaglio del budget relativo alle azioni de-stinate a rallentare l’emissione dei gasserra e, addirittura, la riapertura dellesuperate e inquinanti centrali a carbo-ne. Anche la proposta del governo ita-liano, che intendeva mettere all’atten-zione dei partner del G7 un rinnovatoimpegno per la sicurezza alimentare,non ha ricevuto nei negoziati prepara-tori l’attenzione che si sperava. E il ten-tativo di riformulare il tema delle mi-grazioni all’interno del capitolo della“sicurezza” (formulazione poi parzial-mente corretta, dopo le proteste dellasocietà civile) ha suscitato diverse per-plessità tra coloro che cercano di capiresu quali risultati concreti in vertice delG7 potrà giungere a un accordo.

“Buonismo”, strana malattiaNei prossimi mesi molti paesi europei

internazionale sviluppo

andranno alle elezioni e il dibattito po-litico manifesta ormai senza reticenzetemi che godono di grande popolarità,figli della ricerca del modo migliore per“difenderci” da aggressioni plutime, diordine economico, culturale, religioso,militare… Innalzare muri, rispolveraresovranismi, aumentare la pressione suipiù deboli, piegare gli strumenti dellacooperazione allo sviluppo a fini dicontrollo delle frontiere: sono le hit po-litiche ed elettorali del momento, mac’è da chiedersi se siano anche lo stru-mento giusto per realizzare la dignitàdelle persone, in una prospettiva di“sviluppo umano integrale”.

Muri, sovranismi, controllo delle frontiere,pressione sui più deboli: le hit politicheed elettorali del momento sono davvero

lo strumento giusto per realizzare la dignitàdelle persone e uno sviluppo integrale?

In questo clima, chi difende i prin-cipi di umanità viene spesso accusatodi “buonismo”, una strana malattia chesi diffonderebbe dal cuore dell’uomo,impedendo di approntare i necessarimezzi di difesa. In realtà, si tratta di unacaricatura dipinta da chi non può, onon vuole leggere fino in fondo il cam-biamento. Si tratta, in definitiva, dicontinuare ad ascoltare le tensioni checi sono nella società, così forti da la-sciarci senza risposte ancor prima chesenza soluzioni; e di esercitare i princi-pi di fratellanza solidale, di cittadinan-za e di responsabilità, con la consape-volezza delle sfide che il nostro mondoci pone davanti, suggerendoci uno sce-nario di vero rinnovamento della so-cietà, dell’economia e della politica.

Il cardinale Turkson, nel suo inter-vento e con l’azione del suo dicastero,indica una prospettiva, citando sanGiovanni Paolo II: la cristianità non puòconsiderare sé stessa solo una “stanzaper la preghiera”, ma deve mantenersiinserita nella vita quotidiana e orienta-ta a riformare la realtà sociale. La re-sponsabilità umana e cristiana deve es-sere esercitata nei luoghi cruciali: fami-glia, chiesa, lavoro, politica… È conquesto spirito che la Caritas in Italia po-trà offrire il suo contributo alla «grandesfida culturale, spirituale ed educativa,che implicherà lunghi processi di rige-nerazione» (Laudato Si’).

Nelle sfide delineate a Castellaneta dal cardinale Turkson, nel solco dell’impegno per uno “sviluppo umano integrale”, l’Europa deve avere un ruolo da protagonista. Come ha detto papa Francesco nel discorso ai capi di stato e leader europei il 24 marzo, «l’Europa ritrova speranzaquando investe nello sviluppo e nella pace. Lo sviluppo non è dato da un insieme di tecniche produttive. Esso riguarda tutto l’essere umano».

Nel 2015, ricevendo il premio Carlomagno, il Papa aveva ricordato come la via di questa nuova speranza non può che essere il dialogo: soloin questo modo «la comunità dei popoli europei potrà vincere la tentazio-ne di ripiegarsi su paradigmi unilaterali e di avventurarsi in “colonizzazio-ni ideologiche”; riscoprirà piuttosto l’ampiezza dell’anima europea, natadall’incontro di civiltà e popoli, più vasta degli attuali confini dell’Unionee chiamata a diventare modello di nuove sintesi e di dialogo. Il voltodell’Europa non si distingue infatti nel contrapporsi ad altri, ma nel por-tare impressi i tratti di varie culture e la bellezza di vincere le chiusure.(…) Sogno un’Europa giovane, capace di essere ancora madre: una ma-dre che abbia vita, perché rispetta la vita e offre speranze di vita. (…) Sogno un’Europa che promuove e tutela i diritti di ciascuno, senza dimenticare i doveri verso tutti. Sogno un’Europa di cui non si possa dire che il suo impegno per i diritti umani è stato la sua ultima utopia».

L’APPELLO DEL PAPA«Pace e dialogo, le armi dell’Europa»

INVESTIRE SUI PICCOLIColazione a scuola in Zimbabwe,nell’ambito di un programma Caritas

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ni Unite hanno dichiarato lo stato diemergenza per fame. Le stime diconoche 100 mila persone rischiano di mo-rire nello stato di Unity e che, senza unintervento deciso, il fenomeno si allar-gherà, portando a luglio 2017 circa lametà della popolazione sudsudanese(circa 5,5 milioni di individui) a nonavere accesso al cibo. Tra i fattori cau-sali, c’è indubbiamente la scarsità dipiogge, ma anche e soprattutto il con-flitto, con la sua carica di violenza ver-so i civili, la distruzione di semine eraccolti, l’annullamento di tutte le at-tività che già a stento permettevano lasopravvivenza della popolazione, pro-

vocando 1,3 milioni di rifugiati e quasi2 milioni di sfollati interni. Il contestodi insicurezza ha inciso su un’econo-mia già instabile, se non inesistente,portando al crollo della moneta localee a un forte incremento dei prezzi, cherende l’acquisto di beni di prima ne-cessità pressoché impossibile.

In Somalia anche il coleraSituazione simile nel bacino del LagoCiad e in Somalia, dove l’instabilitàprovocata da conflitti interni e gruppiterroristici (rispettivamente BokoHaram e al Shabab) ha amplificatofragilità e vulnerabilità nei confronti

LA TRAGEDIA BUSSA ALLA PORTASfollati interni a Baidoa (Somalia), a causa dellasiccità. A sinistra e sotto, scatti dal Sud Sudan: uomostremato nel campo di Wau, villaggio di Enyif distrutto,aiuti organizzati dalla diocesi di Rumbek con Caritas

La siccità fa la sua parte. Ma persistono da anni conflitti localizzati, che distruggonoraccolti e bestiame, ostacolano l’accesso

a mercati e aiuti, provocano l’aumentodei prezzi e rendono i paesi instabili

degli shock ambientali, per loro na-tura assai intensi.

In effetti, la siccità già più volte de-nunciata negli ultimi mesi non accen-na a migliorare. Alcuni studi dimo-strano come la caduta delle piogge nelCorno d’Africa, tra ottobre e dicembre2016, sia stata inferiore di circa il 30%rispetto alle medie stagionali. In ag-giunta, il ritardo della stagione dellepiogge, abitualmente da metà marzoa maggio, è un ulteriore fattore di de-terioramento di coltivazioni e bestia-me dalla Somalia all’Etiopia, per pro-seguire con Kenya, Sud Sudan, Tanza-nia, Uganda e Burundi, ma ancheMalawi, Zimbabwe e Madagascar.

E così in Somalia, tra gennaio efebbraio 2017, le persone bisognosedi assistenza alimentare sono au-mentate di oltre un milione, raggiun-gendo la cifra di 6,2 milioni, localiz-zate principalmente nelle regioni delcentro-sud: Baidoa, Bay e Gedo.

Oltre alla malnutrizione, la scarsitàd’acqua comporta il peggioramentodelle condizioni igienico-sanitarie, si-no a favorire la veloce diffusione dimalattie come il colera. Intanto i prezzidei viveri aumentano vertiginosamen-te, la morte degli animali è all’ordinedel giorno, le comunità sono costrettea vendere i loro beni, a fare debiti persopravvivere, a spostarsi aumentandoil numero di sfollati interni (già circa1,1 milioni) o di rifugiati nei paesi con-finanti, in particolare nel campo diDaadab (Kenya) o in Etiopia.

L’Etiopia subisce i profughiIn Etiopia, gli effetti di El Niño hannocondotto il paese a vivere, dal 2015, unadelle più acute siccità da decenni; si sti-ma che nel 2017 circa 5,6 milioni di per-sone avranno necessità di ricevere as-sistenza umanitaria. La diffusa carenzadi pioggia, abbinata a temperaturemolto alte, porta a difficoltà di irrigazio-ne dei campi e di approvvigionamentodi acqua per uomini e animali, con laulteriore conseguenza della diffusionedi epidemie. A ciò si aggiunge un forteaumento dei prezzi di sementi e ferti-lizzanti: da circa due anni i contadinifaticano ad approvvigionarsi e i raccoltisi rivelano quasi inesistenti.

Ma non sono solo i problemi clima-tici e ambientali a mettere in crisil’Etiopia; oltre alla siccità perdurante,un impatto drammatico lo manifesta

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di Fabrizio Cavalletti e Nicoletta Sabbetti

maEl Niño

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a mesi vaste regioni dell’Afri-ca, in particolare Cornod’Africa, regione del LagoCiad (nord-est della Nigeria,Camerun, Niger) e parte

dell’Africa orientale e meridionale so-no colpite da una crisi alimentare pro-fonda ed estesa, provocata da guerra,instabilità e siccità. Una crisi che perinerzia intellettuale molti attribuisco-no alla natura, e alla effettiva scarsitàdi precipitazioni, provocata dal feno-meno planetario noto come El Niño.Ma che in realtà è un chiaro esempiodi crisi man made (“fatta dall’uomo”).

Si tratta di una crisi paragonabile,per magnitudo, a quella del 2011, acausa della quale nel Corno d’Africamorirono oltre 250 mila persone, macon un’estensione geografica mag-giore, tanto da spingere alti funziona-ri dell’Onu a definirla come «la peg-giore crisi umanitaria dal 1945 a og-

Secondo fonti Onu,può divenire la peggiore emergenzaumanitaria dal 1945.Interessa 20 milioni di persone, in diversipaesi d’Africa (più lo Yemen). La siccitàriduce alla fameintere popolazioni. Ma l’accesso al cibo è negato soprattuttoda conflitti e ingiustizie

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internazionale clima e povertà

gi». I paesi più severamente colpitisono Sud Sudan, Somalia, Nigeria eYemen (unico paese non africano),dove circa 20 milioni persone soffro-no la fame e dove, secondo l’Unicef,1,4 milioni di bambini rischiano dimorire per malnutrizione.

La siccità, si diceva, fa la sua parte.Ma in tutti questi paesi persistono daanni conflitti localizzati, che distrug-gono raccolti e bestiame, limitano oimpediscono l’accesso a mercati eaiuti, provocano l’aumento dei prezzidi cibo e acqua, rendono i paesi in-stabili, le istituzioni fragili o fallite, ecomunque incapaci di garantire unaminima tutela dei diritti fondamen-tali alla gran parte della popolazione.

Sud Sudan allo stremoCaso emblematico è il Sud Sudan, de-vastato da tre anni di conflitto interno:qui il governo e le agenzie delle Nazio-

la crisi è fatta dall’uomo

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L’impegno Caritas

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Caritas Italiana è impegnata, a fianco delle chiese locali, in diversi paesi colpiti dalla crisi,in coordinamento con la rete Caritas Internationalise altre organizzazioni. Le azioni principali sono la distribuzione di cibo e acqua, l’assistenza ai ma-lati e ai debilitati dalla malnutrizione, la distribuzio-ne di kit di emergenza, il sostegno ad attività produttive, iniziative di promozione della pace. Particolare attenzione viene dedicata al rafforza-mento della capacità di risposta e adattamentodelle comunità colpite dalla crisi.

I paesi d’intervento sono collocati nel Cornod’Africa (Kenya ed Etiopia, Sud Sudan e Sudan, conDarfur e Monti Nuba), nella regione del Lago Ciad,ma anche nel cuore del continente (Burundi e altripaesi, come Repubblica democratica del Congo,Uganda, Ruanda e Tanzania, che accolgono profughisudsudanesi e burundesi) e nell’Africa meridionale(Madagascar, Malawi, Zimbabwe). In molti di questipaesi vengono sviluppati anche percorsi di rafforza-mento e accompagnamento degli staff locali.

Oltre agli aiuti umanitari, la promozione della pace

L’ACQUA, NEMICA O AMICA?“Ragazzo con la maschera” salta luridi fossati nel campodi Wau, Sud Sudan. Sotto, dal Perù: acrobatici salvataggidopo le alluvioni; bacino montano figlio di antiche tecniche

ne dell’ambiente, allo stesso tempo,sono associati a un inarrestabile pro-cesso di esclusione».

Vulnerabili alle acqueNaturalmente, anche il continentelatino-americano soffre per le conse-guenze del cambiamento climatico.Il disgelo è una di queste. E le allu-vioni e inondazioni che, nei primimesi di quest’anno, hanno flagellatoPerù, Ecuador e Colombia sono lì aricordarcelo.

Il Perù, che possiede sul suo terri-torio il 71% dei ghiacciai tropicali del

mondo, è il paese maggiormente col-pito dalle conseguenze del disgelo. Se-condo uno studio del 2004 dell’Istitu-to Tyndall Centre, dopo Bangladesh eHonduras è il paese più vulnerabile difronte al mutamento climatico, a cau-sa della sua posizione geografica. Co-sì, tra febbraio e aprile, 38 emergenzecausate da fenomeni naturali hannointeressato 18 dei 25 dipartimenti delPerù, con 90 morti, 860 mila personein stato di emergenza, 14 mila edificidanneggiati. Il maltempo sembra noncessare: imperversa il fenomeno delNiño costero, che si produce per un ri-

scaldamento straordinario delle ac-que del Pacifico, le quali evaporano ingrande quantità e si condensano in al-ta montagna causando temporali che,a loro volta, riversando al suolo note-voli quantità di piogge, generanol’esondazione dei fiumi.

Il ministro dell’ambiente del Perù,Manuel Pulgar Vidal, ha affermato du-rante una recente conferenza stampache il problema più grave è proprio lavulnerabilità del territorio causatadall’acqua. Il riscaldamento globaleha infatti ridotto i ghiacciai peruvianidel 40% negli ultimi anni, con una

mutamenti climatici interessanoogni parte del mondo. Sono unfatto, sul quale si innescano am-pie, e talora aspre discussioni tracoloro che arrivano a prevedere

effetti distruttivi per il pianeta, o quantomeno per le specie viventi che lo abita-no, e coloro che sono più prudenti nel-l’ipotizzare scenari apocalittici.

Chi ha ragione? Forse, anziché az-zardare previsioni, ci si dovrebbe ba-sare di più sull’osservazione dei feno-meni. Che attestano con certezza im-portanti cambiamenti e problemidovuti all’ampliamento dell’effettoserra, innescato dalla maggior pre-senza di anidride carbonica in atmo-sfera, e al riscaldamento globale. In

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Il disgelo è una preoccupante conseguenzadel cambiamento climatico. E il Perù,che possiede il 71% dei ghiacciai tropicali

del mondo, è il paese maggiormente colpitodagli effetti, a cominciare dalle alluvioni

nelle zone colpite dalla siccità: inva-sioni di terre private, alla ricerca diacqua, e scontri tra comunità semi-nomadi e residenziali. Il clima pre-elettorale e la presenza di diversigruppi tribali non fanno che accre-scere il clima di instabilità.

Agricoltori e pastori ignoratiDunque, ancora una volta, è evidentecome la scarsità di piogge non rappre-senti un fattore di crisi in sé, ma lo di-venga in modo tanto più catastroficoquanto maggiore è la vulnerabilitàdella popolazione, che non è nellecondizioni di mettere in campo stra-tegie di adattamento adeguate. Non èsolo una questione tecnica, ma anchedi distribuzione delle risorse, di rap-presentanza e di incidenza, nei pro-cessi di decisione politica, degli inte-ressi di piccoli agricoltori e delle co-munità pastorali.

In sintesi, in molti dei paesi colpitidalla crisi il cibo c’è, ma non è acces-sibile a tutti a causa di conflitti, disu-guaglianze economiche e politicheche spesso avvantaggiano gruppi e in-teressi particolari, inclusi aziendemultinazionali e sistemi di agricolturaintensiva, che provocano fenomeni di

l’esodo di coloro che scappano dallaguerra in Sud Sudan. Secondo le stimedell’Alto commissariato Onu per i ri-fugiati (Unhcr), l’Etiopia è il paese afri-cano che si prepara ad accogliere il piùalto numero di profughi, in aggiuntaagli oltre 670 mila già presenti (inclusianche eritrei e somali). La parte suddel paese è la più interessata, ma si te-me un ampliamento dell’area di crisi.

Anche il Kenya in emergenzaIn Kenya, intanto, sono settimanefrenetiche, dopo che, anche grazie al-la spinta della Conferenza episcopalelocale (attiva nel creare una rete di di-stribuzione di cibo nelle aree più col-pite), il governo ha dichiarato lo statodi emergenza, che riguarda circa 2,7milioni di persone. Secondo un’inda-gine condotta da più soggetti umani-tari e sociali, le contee colpite dallasiccità sono 23. Scarso e incerto l’ac-cesso all’acqua sia per l’uomo cheper gli animali; le conseguenze sonoun’elevata perdita di capi di bestiamee difficoltà nelle attività agricole.

Anche in Kenya il fattore ambien-tale si associa a un fattore umanonon indifferente. Le cronache ripor-tano di continue e crescenti tensioni

internazionale clima e povertà

accaparramento di terre e acque. Tuttiquesti elementi hanno reso semprepiù vulnerabili ampi settori di popola-zione rurale, la quale produce l’80%del cibo, nei paesi colpiti dalla carestia.La fame di pane si sazia, in definitiva,anzitutto con la pace e la giustizia.

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Un paese tra alluvioni e siccità,il rimedio è ritrovare equilibri antichiEl Niño sconvolge anche il Perù, battuto da piogge catastrofiche. Effettipesanti sulle Ande e lungo le coste. Contromisure? Risalgono agli Inca...di Maurizio Verdi

Iogni caso, al di là di ogni considera-zione scientifica, resta il fatto che, haaffermato papa Francesco nel suo di-scorso all’Onu, il 25 settembre 2015,«il clima è un bene comune, di tutti eper tutti; (…) i cambiamenti climaticisono un problema globale con graviimplicazioni ambientali, sociali, eco-nomiche, distributive e politiche, ecostituiscono una delle principali sfi-de attuali per l’umanità». E la risposta«deve integrare una prospettiva so-ciale che tenga conto dei diritti fon-damentali dei più svantaggiati», dalmomento che «l’abuso e la distruzio-

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IL DILEMMA DEGLI AIUTI,SFAMANO O PROLUNGANO?

lunghissimi, diventando una compo-nente strutturale del sistema e vinco-lante rispetto al donatore.

Se si escludono i teorici dell’“aiutozero” – per i quali negare tout courtgli aiuti è il modo più rapido di far fi-nire una guerra –, anche chi ritieneindispensabile l’assistenza umanita-ria riconosce che questa, in terminigenerali, può avere l’effetto di pro-lungare la durata di un conflitto, seb-bene molto difficilmente possa peg-giorarne gli effetti. In particolare, se-condo alcune ricerche, un aumentodel 10% dell’aiuto alimentare, stati-sticamente, può produrre un aumento della conflittualitàdello 0,7%. Il meccanismo di incremento del conflitto di-pende dal fatto che almeno una parte degli aiuti alimen-tari può giungere ai belligeranti e quindi essere utilizzatoin modo improprio. Bisogna dire che la maggior parte(circa il 60%) dell’aiuto alimentare da parte dei governiviene donato bilateralmente come “assistenza economi-ca a stati amici” in difficoltà, che pertanto lo possono an-che utilizzare per nutrire i propri combattenti, rafforzarela propria popolarità tra i sostenitori o per venderlo incambio di cash da destinare all’acquisto di armi.

Resta poi impossibile calcolare se il numero delle vitti-me derivanti da un’estensione del conflitto superi o sia in-feriore a quello delle vite salvate dall’aiuto alimentare stes-so. È peraltro vero, come hanno dimostrato immancabil-mente le crisi alimentari del Corno d’Africa, che gli aiutiinternazionali si muovono comunque con grande lentez-

za. Anche perché il 70% del cibo deveaffrontare la lunga traversata del-l’Atlantico prima di avvicinarsi all’areadelle operazioni. Finché non comin-cia la conta dei morti, soprattutto sebambini, è difficile che si metta inmoto la macchina della risposta uma-nitaria, nonostante i tempestivi allar-mi normalmente lanciati dalle Chiese,dalle ong internazionali e dalle realtàlocali, e rilanciati dalle Nazioni Unite.

La trappola del conflittoSe dunque per un verso non deve es-sere considerato invitabile il fatto chel’intervento umanitario possa, sia pureminimamente, prolungare un conflit-to, occorre mettere in campo misurein grado di prevenire e contrastare talidinamiche. D’altro canto, l’aiuto ali-mentare rimane assolutamente indi-spensabile per alleviare le sofferenze egarantire la sopravvivenza delle popo-lazioni coinvolte in un conflitto.

Il problema maggiore, in realtà, sipone quando, al termine della crisimilitare, ci si affretta a ridurre l’assi-stenza alimentare, in nome della ri-presa della produzione. Transizione,

i moltiplicano le crisi umanitarie nel mondo, non solo nel Me-dio Oriente e in Africa. Sono sovente situazioni che si protrag-gono nel tempo secondo dinamiche cicliche. Di fronte a ciò,

molti criticano anche la “macchina degli aiuti umanitari”, correspon-sabile – secondo loro – del prolungarsi delle crisi.

Ogni anno, il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unitedistribuisce alimenti per circa 5 milioni di tonnellate. Il 70% circa ditale cibo ha origine negli Usa, e consiste soprattutto in cereali gene-ticamente modificati. L’aiuto è indispensabile per superare i momen-ti più critici del deficit alimentare, ma spesso si protrae per tempi

Il cibo che viene inviatoalle popolazioni vittime di guerra è indispensabile per salvare vite.

Ma può essere utilizzatoimpropriamente dai

belligeranti. In ogni caso,l’assistenza alimentare

non può essereinterrotta troppo presto,dopo la fine delle ostilità

costruzione della pace, recupero dell’attività agricola so-no processi a lungo termine, il cui progresso si misura indecenni. Se consideriamo che quasi una metà dei pro-cessi post-bellici finisce per riportare alla guerra, è pro-babile che la cessazione precoce dell’aiuto alimentare ab-bia un impatto decisivo su questi fallimenti.

Dunque il cibo può diventare un elemento determi-nante nella “trappola del conflitto”, in quanto fondamen-tale per la stabilità. Da una parte l’insicurezza alimentarepuò essere concausa essenziale del fallimento democra-tico, portando a proteste, rivolte e guerre civili, ma al tem-po stesso può essere esasperata dal conflitto stesso, per-petuandolo e aggravandone le conseguenze, in un circolovizioso da cui è particolarmente difficile uscire.

Per uno “sviluppo umano integrale”, anche nei contestidi crisi, occorrono dunque politiche e prassi attente, in-cisive e lungimiranti.

cibodiguerradi Paolo Beccegato

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S

conseguente ingente perdita di riser-ve d’acqua. Ciò significa potenzialecarestia, in quanto mette a serio ri-schio la capacità di irrigazione dellecoltivazioni, mentre la violenza dellealluvioni può comportare la perditadelle coltivazioni stesse. Anche perchéil 70% della popolazione peruviana vi-ve (scenario insediativo risalente aitempi della colonizzazione) in zonearide, soprattutto sulla costa, dovenon arriva nemmeno il 2% dell’acqua.

L’alterazione dell’ecosistema ma-rino è un’altra delle conseguenze del-l’innalzamento della temperatura. Ea farne le spese sono un’altra volta lepopolazioni costiere: l’oceano Pacifi-co è molto ricco di acciughe, uno deiprodotti di maggior rendimento dellapesca, ma le acciughe sono presentiperché la corrente del mare è fresca;se cambia la temperatura, la pescadelle acciughe sarà compromessa,così come le possibilità di sostenta-mento di molti pescatori.

In generale, le attività economicheche dipendono dall’equilibrio clima-tico rappresentano l’8% del PIL peru-viano: agricoltura, pesca e infrastrut-ture. A Pumatalla, per esempio, circa200 chilometri a sud-est della vecchiacapitale degli Inca, Cusco, le stagionisono diventate più irregolari: oggipuò piovere in qualsiasi momento, ementre un tempo le precipitazionierano moderate, oggi quando piovel’acqua spazza via tutto. Il mutamen-to ha conseguenze su semina e rac-colti, e così molti preferiscono dedi-carsi all’allevamento invece che al-l’agricoltura, e altri decidono dimigrare verso le città.

Adattarsi, grazie alle qochasSecondo studi condotti dall’Ufficioperuviano di meteorologia e idrolo-gia, in cooperazione con altri soggetti,in questa zona del Sudamerica le pre-cipitazioni diminuiranno del 15-30%entro il 2030. Inoltre per il Gruppo in-

internazionale clima e povertà

tergovernativo di esperti climaticidell’Onu (Ipcc), quelli montani sonoprobabilmente gli ecosistemi piùesposti alle conseguenze negative delcambiamento climatico.

Per salvaguardarli, una strategiapuò essere l’adattamento ai muta-menti attraverso l’uso di tecniche an-cestrali. Si può, per esempio, partiredalla riscoperta di come gli Incas af-frontavano il problema dell’acqua:realizzando una rete di bacini idrici dialta quota, chiamati qochas, che con-sentono di raccogliere e “seminare”l’acqua. Sperimentazioni, in questosenso, vengono condotte dall’orga-nizzazione Pacc (Programa de Adap-tación al Cambio Climático) Perú.

Così, a 4.300 metri di altezza, pocolontano dal bacino idrografico sopraAnansaya Collana, nella regione diKuntukanki, un allevatore di alpaca,pecore e mucche ha costruito unapiccola diga sull’estremità della pia-nura, in una zona che una volta veni-va usata per giocare a calcio. La picco-la area rurale, una volta depressa, ha

Una strategia di adattamento ai mutamentiimplica l’uso di tecniche ancestrali. Si puòpartire dalla riscoperta di tecniche Incas:

una rete di bacini d’alta quota, grazie a cuisi può raccogliere e “seminare” l’acqua

trovato nuovo slancio dopo la costru-zione della qocha.

Costruiti su zone pianeggianti adalta quota, e rinforzati con blocchi difango, alcuni di questi bacini raccol-gono l’acqua piovana, poi utilizzatadurante la stagione secca. Altri con-sentono invece all’acqua di penetrarenelle falde acquifere. I bacini rispetta-no la geologia degli spartiacque natu-rali. E contribuiscono, a livello comu-nitario, a far calare i conflitti attornoall’utilizzo dell’acqua.

In Perù, in effetti, vive in estremapovertà il 23% della popolazione, masoprattutto oltre la metà delle personeche vivono in zone rurali di monta-gna. Ad Anansaya Collana circa 2 milapersone possono oggi beneficiare del-l’acqua proveniente dalle qochas co-munali. E i contadini che vivono piùin basso producono latte e formaggio,che vendono nei mercati di Cusco ePuno, le città più vicine.

Malgrado lo sviluppo delle qochas,che possono arginare temporanea-mente il problema, rimane però unfuturo incerto per le popolazioni chenon lasciano le zone montane e con-tinuano a dedicarsi all’agricoltura. Setutti se ne andranno, chi produrrà ilcibo? E come si potrà allevare il bestia-me? Senza acqua non c’è vita.

L’impegno Caritas

Le Caritas dell’America Latina sono fortemente impegnateattraverso il Selacc (Segretariato delle Caritas America Latina e Carai-bi) nel cercare di sensibilizzare le comunità al rispetto dell’ambiente,al corretto e parsimonioso utilizzo delle risorse energetiche, alla pre-venzione e gestione del rischio, alla promozione di azioni incisive neiconfronti delle autorità.

In occasione di emergenze, la mobilitazione chiama in causa anchela rete internazionale. Così è stato anche in Perù, dopo le recenti allu-vioni. Anche Caritas Italiana partecipa agli aiuti, mettendo a frutto an-zitutto la somma (200 mila euro, dai fondi otto per mille) destinatadalla presidenza della Cei. La somma sarà impiegata per distribuire kitper l’igiene personale e generi alimentari a 1.715 famiglie bisognose.

Frane ed esondazioni, tra fine marzo e inizio aprile, hanno colpitoanche il sud-ovest della Colombia, in particolare la cittadina di Mocoa.Centinaia i morti. La zona è tra le più povere del paese. Caritas Italia-na – che da anni accompagna Caritas Colombia sui temi della riconci-liazione e la pace, finanziando anche microprogetti specifici – supportail Secretariado Nacional de Pastoral Social / Caritas Colombiana negliinterventi di assistenza alle popolazioni in emergenza, che consistononella distribuzione di generi di prima necessità e nel supporto psicolo-gico e spirituale alle persone colpite.

Sostegno nell’emergenza in Perù e Colombia

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I TA L I A C A R I TA S | M A G G I O 2 0 1 7 37 36 I TA L I A C A R I TA S | M A G G I O 2 0 1 7

cito il passaggio dal sistema semipre-sidenziale a quello parlamentare.

Nonostante i sospetti brogli e le de-nunce di irregolarità, da parte di alcu-ni media e di alcune organizzazioniinternazionali, il Partito Repubblicanodel presidente Serzh Sargsyan ha pre-so quasi il 50% dei voti. Il prefiguratotesta a testa con l’alleanza dell’oligar-ca Gagik Tsarukyan, leader del partitoProspera Armenia, nelle urne non si èconcretizzato: Tsarukyan si è fermatoal 27%. Ora questi numeri potrebbero

permettere al presidente, al terminedel suo mandato, che scade nel 2018,di “riciclarsi” come primo ministro.Insomma, anche in questo piccolopaese è tutt’altro che scongiurata laprospettiva di una deriva autoritaria,anche se gli armeni, soprattutto nellacapitale, stanno vivendo un periododi grande fermento culturale ed atti-vismo, che negli ultimi due anni han-no portato alla nascita del movimentoElectric Yerevan, promotore delleomonime, massicce mobilitazioni di

FRONTIERA DI PREGHIERE E DRAMMIReligione tra spiritualità e devozione: fedeli

a un rito della Chiesa armena e (sopra) venditoredi immagini sacre. Sotto, centro di riabilitazioneper reduci a Stephanakert (Nagorno-Karabakh)

e museo del genocidio nella capitale Yerevan

Le elezioni sono andate bene, se così si puòdire, nel senso che non ci sono statiproblemi particolari ai seggi, né disordini,

né drammatici colpi di scena. Ma il risultatoalla fine era un po’ scontato…

protesta, e di varie manifestazioni dipiazza contro la corruzione e il pesodei poteri occulti.

La libertà di informazione, anchese osteggiata in alcuni casi, in Arme-nia sta crescendo grazie a internet,oltre che grazie alla spiccata capacitàdei giovani di organizzarsi per fron-teggiare la crisi economica e per cer-care un ricambio nella rappresentan-za politica. La connessione tra giova-ni generazioni e mondo digitale creaeffetti vitalizzanti: negli ultimi annisono nati centri d’eccellenza perl’istruzione e le nuove tecnologie, co-me il Tumo Center, struttura hi-techdove gli adolescenti più dotati posso-no dedicarsi al web design, alla crea-zione di video, alle animazioni 3d e

Era arrivato in Armenia nel 1989, per portare aiuti alla popolazione, dopo che il potente terremoto aveva sconvolto il paese il 7 dicembre1988. Poi si è innamorato del paese. E ha deciso di restare. Dopo 27anni, spiega che non ha voluto tradire. Perché è troppo facile «fare degliaiuti umanitari una bandiera e dopo sei mesi andarsene da un’altraparte, come se nulla fosse».

Antonio Montalto, orgogliosamente palermitano, vive a Gyumri, secon-da città dell'Armenia e capitale industriale del paese. Ormai è stato no-minato console onorario italiano, riconoscimento a una vita spesa in que-sto angolo del Caucaso. Oggi sta sviluppando un progetto, che cerca di recuperare il centro storico della città, per favorire il turismo e la mes-sa in sicurezza degli edifici d’epoca.

Antonio ha trovato casa a Villa Kars, che è anche un piccolo e accoglien-te hotel, nonché un laboratorio artigianale di pittura sulle ceramiche. La suaè una storia di integrazione, perché ha scelto di lavorare con gli armeni, non di fare l’imprenditore con il loro lavoro. A Villa Kars, insomma, sono tutti colleghi. Animati dalla stessa idea artistica del progetto (dipingere piccoli e meticolosi disegni su tazze, salvadanai, portacandele e tanti altri oggettiartigianali), che racchiude in sé un messaggio di dialogo: « Alcuni motivi flo-reali, come il tulipano – spiega il console –, li ritroviamo anche in Turchia.Perché le distanze politiche e storiche restano, ma attraverso l’arte possia-mo aprire canali di comunicazione. Io sono arrivato qui in piena emergenzapost-terremoto: ho cominciato con la distribuzione dei farmaci, poi dei vacci-ni, infine con la ristrutturazione dei reparti di maternità degli ospedali – rie-voca con entusiasmo –: poter partorire in un ambiente pulito e sicuro era ed è una possibilità in più di vita nuova. Poi, a un certo punto, ho deciso chebisognava fare una scelta, decidere un mestiere, e il turismo mi è sembratoil settore più favorevole. Siamo partiti da una piccola stanza a Yerevan, oggiabbiamo anche questa struttura. Ma il principio è l’uguaglianza fra noi».

Anche Montalto ha conosciuto il passaggio dall’Unione Sovietica all’in-dipendenza della repubblica armena: «Per capire questi luoghi bisognacapire cos’è stata l’Urss e come abbia cristallizzato alcune situazioni. Il suo disfacimento ha favorito una privatizzazione de facto degli stati che ne facevano parte, con una polarizzazione fra ricchissimi e poverissi-mi. Basta confrontare Yerevan col resto del paese per vedere le differen-ze». E rabbrividire un po’.

Antonio è rimasto: «Dopo il sisma,col turismo si prova a creare lavoro»

testi e foto di Ilaria Romano

Lamemoria,giovani.

runze ha appena finito lasua lezione: la sera si ritrovacon gli amici nel centro del-la capitale Yerevan per la ce-na, poi cammina a piedi fi-

no a piazza della Repubblica, si fer-ma qualche minuto a guardare igiochi d’acqua e di luce delle fonta-ne, infine torna a casa. A 35 anni hauna cattedra all’università e all’attivouna lunga lista di pubblicazioni dilinguistica comparata, armena, in-glese e italiana. Eppure, quando inestate finisce di tenere i corsi, se nonva all’estero, lavora come guida turi-stica per arrotondare uno stipendioda docente universitario che non su-pera, in dram armeni, il corrispettivodi 300 dollari al mese. «Ormai sono

Ad aprile l’Armenia si è scelta un parlamento. Ma rischia una derivaautoritaria. Slanci e contraddizioni di un paese istruito e povero. Che guardaalla Russia, da cuiormai è indipendente.Perché la storiae l’attualità la dividonodai vicini Turchia e Azerbaigian

F

internazionale armenia

diventato anche un esperto d’arte –sorride – e ho imparato a conosceremeglio il mio paese».

Frunze lo scorso 2 aprile è andatoa votare, come il 60% dei suoi conna-zionali: «Le elezioni sono andate be-ne, se così si può dire – racconta –,nel senso che non ci sono stati pro-blemi particolari ai seggi, disordini,né colpi di scena. Ma il risultato allafine era un po’ scontato…».

Innovazione e conservazioneDa inizio aprile, in effetti, pur in as-senza di esiti politici sorprendenti,l’Armenia ha un nuovo parlamento.Ma soprattutto ha votato per la pri-ma volta dal contestato referendumdel 6 dicembre 2015, che aveva san-

E attorno l’isolamento

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38 I TA L I A C A R I TA S | M A G G I O 2 0 1 7

contrappuntodi Alberto Bobbio

L’UNIPOLARISMO DEI RICCHIANNUNCIA DOLOROSE MACERIE

La vecchia cartaIl grilletto facile del nuovo comandan-te in capo spara in molti direzioni, conl’unico obiettivo di dettare una roadmap esclusiva e senza alternativa, im-posta dalla Casa Bianca e alla quale ilmondo si deve adeguare. Sul clima èchiaro che la posizione degli Usa fa ladifferenza. Ma vale anche per le guer-re, congelate o a bassa intensità.

L’approccio unipolare, infatti, sba-raglia la prospettiva che le guerresimmetriche possano essere risolteper via diplomatica. E dire che abbia-mo già un esempio del disastro pro-vocato da tale idea. Quando BarackObama attaccò la Libia con l’appog-gio di piccoli vassalli europei, non fe-ce altro che riproporre la strategiadella “pax americana” dei Bush padree figlio. Sappiamo come è andata fi-nire, non solo in Iraq, ma appuntoanche in Libia. Però Barack imparò lalezione e si astenne dai bombarda-menti in Siria nel 2013. Trump inveceno e ha deciso di giocare di nuovo lavecchia carta.

Quello che inquieta e rende dram-matici gli scenari futuri è il modello

dell’unipolarismo spalmato sul mondo. L’idea è stimo-lante per molti leader. Putin ne è un campione e lo ha di-mostrato con il ruolo nuovo di Mosca nel gioco medio-rientale. Ma la stesso approccio sta stimolando gli appe-titi di Pechino. Con l’abbandono della geopolitica diObama da parte di Trump, con la conseguente uscita de-gli Usa dal Ttp, il parternariato transpacifico, e con l’in-treccio di relazioni bilaterali in Asia, a partire dal Giappo-ne, Pechino si è ritenuta libera di iniziare con orgoglio lasua politica unipolare, dettando la strategia della “NuovaVia della Seta”, forte del vuoto lasciato dagli Usa nellanuova versione del Grande Gioco degli equilibri nell’Eu-roasia e nel Pacifico. Il rischio è la diffusione del modelload aree più ristrette, con l’ascesa di tanti piccoli rais, chefanno e disfano regole sulla base di interessi personali onazionali. E con il contorno, questo è certo, di dolorosemacerie politiche e sociali.

multilaterali; la discussione che si èaperta (con l’era di Donald Trump)sul significato geopolitico e sulla filo-sofia dei trattati; il ritorno all’idea cheil protezionismo, con l’imposizionedi dazi elevatissimi, possa fare la dif-ferenza nella ricchezza che finiscenelle tasche dei cittadini; il sospettosulle analisi climatiche multilaterali,che hanno portato ad accordi tran-snazionali allargati: tutto ciò cambialo scenario futuro e aumenta il sensodi inquietudine. Le critiche al multi-lateralismo non solo fanno tornareindietro l’orologio della storia, allapolitica sciagurata degli accordi bilaterali, ma provocanoun balzo drammatico verso l’unipolarismo dei più ricchie dei più scaltri.

La globalizzazione è dunque arrivata al capolinea, co-me sembra indicare la brusca frenata del commercio suscala globale? E cosa c’è dopo? La domanda è cruciale,anche perché nulla può essere decretato come rispostadefinitiva.

Le insistenze sull’America First” e l’intervento unilate-rale in Siria non dimostrano affatto che l’America e le suetribolazioni interne siano l’unica preoccupazione di Do-nald Trump. Anzi, la riproposizione della teoria del gen-darme del mondo non è altro che il trasferimento del-l’idea su scala globale, cosa per altro già vista ai tempi diBush padre con l’elaborazione della strategia della paxamericana. Donald l’ha solo amplificata e applicata amolti più settori, compreso l’ambiente.

L’era di Trump sembramettere fine alla

cooperazionemultilaterale, che pur

tra molte contraddizioniha cercato di governare

la globalizzazione.Il nuovo modello

è stimolante per moltileader e paesi,

Russia e Cina in testa.Più altri piccoli rais…

I TA L I A C A R I TA S | M A G G I O 2 0 1 7 39

desso il rischio si chiama unipolarismo. È il sogno di molti,purtroppo a diverse latitudini. La sua scia può diventare unproblema, perché cambia un paradigma geopolitico ed eco-

nomico che si era consolidato negli anni con la cooperazione mul-tilaterale anche di area, ritenuta pratica virtuosa nell’analisi dellequestioni e nella loro soluzione.

Il multilateralismo era apparso anche un sistema buono per fre-nare gli eccessi della globalizzazione, dove gli attori non sono affattouguali. Una sorta di camera di compensazione delle fughe avanti oindietro, sollecitate dai più ricchi o dai più poveri. La fine di politiche

A

allo sviluppo dei giochi; o il college diDilijan, cittadina del nord, aperto aimigliori studenti internazionali.

«Siamo al passo con i tempi, ma re-stiamo anche molto legati alla nostrastoria come pure alla fede cristiana –considera Anna, studentessa univer-sitaria che lavora al Matenadaran, ilmuseo degli antichi manoscritti di Ye-revan –. E io sono fiera di spiegare ainostri visitatori il significato di testi eminiature, ma anche il valore della lo-ro conservazione. In particolare ab-biamo una sezione che dedichiamoai testi sacri messi in salvo al tempodel genocidio: perché anche in unmomento di terrore questo popolo hacercato di salvare la memoria».

La guerra “congelata”L’Armenia, considerata la prima na-zione cristiana della storia, vive oggiprofonde contraddizioni. Spiritualità,memoria e identità convivono con undoppio isolamento internazionale,nei confronti dei due paesi confinan-ti, a est e a ovest: sono inesistenti irapporti con la Turchia, a causa delgenocidio mai riconosciuto, e conl’Azerbaigian, a causa della disputaterritoriale per il Nagorno Karabakh,ancora oggi in stato di guerra latente,con periodici focolai di violenze.

Questa situazione lega saldamentealla Russia il destino dell’Armenia,che comunque non si priva della coo-perazione con l’Europa: la diaspora,che dopo il genocidio di inizio Nove-cento ha portato cittadini armeni intutto il mondo, ancora oggi rappre-senta uno dei modi per far fronte, conle rimesse, alle difficoltà finanziarie dichi è rimasto.

Secondo i dati della Banca centraled’Armenia, la disoccupazione all’ini-zio dello scorso anno è diminuita ri-spetto al 2015 di poco più un puntopercentuale, ma resta pure sempre al18%, un dato allarmante, se si pensache l’età media della popolazione è di

34 anni e il livello di istruzione è moltoalto. La ricchezza del paese è concen-trata nelle mani di pochi oligarchi, cheda soli fanno quasi la metà del Pil,mentre poco meno del 50% della po-polazione, fuori dal centro di Yerevan,sopravvive con due dollari al giorno.

«Ci sono persone che vivono anco-ra nei container da quando hannoperso la casa dopo il terremoto del1989 – esemplifica Theresa, nata aGyumri, da anni residente fra Yerevane Lugano –. Per questa e altre situazio-ni, con gli altri armeni della diasporacerchiamo di organizzare raccolte difondi e di beni di prima necessità, poici occupiamo di distribuirli diretta-mente a chi ha bisogno. Lo scorso an-no abbiamo anche sperimentato perla prima volta il banco alimentare».

La questione irrisolta della guerracongelata in Nagorno Karabakh contri-buisce ai problemi dell’Armenia: la re-gione ha proclamato unilateralmentel’indipendenza dall’Azerbaijan nel1991, ma non è stata riconosciuta danessun altro stato al mondo come na-zione a sé. Sono passati 23 anni dalla fi-ne ufficiale del conflitto, ma ancora og-gi, in regime perenne di cessate il fuoco,gli scontri si riaccendono periodica-

La diaspora, che dopo il genocidio di inizioNovecento ha portato cittadini armeni in tutto il mondo, ancora oggi rappresenta

uno dei modi per far fronte, con le rimesse,alle difficoltà finanziarie di chi è rimasto

mente, così come il rimpallarsi delle re-sponsabilità da un fronte all’altro (l’ul-tima volta è successo un anno fa).

L’isolamento del NagornoLa piccola repubblica autoproclamatamantiene una linea del fronte milita-rizzata ed è oggi popolata da circa 120mila persone, tutti armeni, dopol’esodo degli azeri. Fuori dalla capitaleStephanakert si vive principalmentedi pastorizia e agricoltura, anche se,dopo due anni di leva obbligatoria, lascelta più “popolare” è restare nel-l’esercito; in città, invece, l’alternativaè lavorare nell’apparato statale.

Un dato allarmante riguarda lapresenza di invalidi di guerra, anchegiovani, quasi in ogni famiglia. Eppu-re nell’intera area esiste un solo cen-tro di riabilitazione per il reinseri-mento fisico e psichico, non solo deireduci, ma anche di bambini e adulticon altre disabilità. «La nostra batta-glia più grande – evidenzia Vardan,direttore della struttura – è quella cul-turale. Quando ero adolescente, e fa-cevamo ancora parte dell’Unione So-vietica, era praticamente impossibileanche solo vedere un ex soldato conuna ferita permanente, o un disabiledi nascita. Venivano semplicementeinternati. Oggi per fortuna non è piùcosì, ma da soli non ce la facciamo aprovvedere a tutti. Abbiamo liste d’at-tesa di mesi per un ricovero nellastruttura. Offriamo fisioterapia, so-stegno psicologico, reinserimento la-vorativo. Ma la guerra, anche se spes-so non si vede, continua a incidere sulfuturo dei nostri giovani».

REGIONE CONTESAMilitari armeni sulla calda lineadel fronte nel Nagorno-Karabakh

internazionale armenia

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IL MONDO

di Francesco Maria Carloni

È DI COLOROCHE CAMMINANO

I l Concilio Vaticano II ci ha ricordato che la Chiesa è «di coloro che cam-minano sulla terra» (Lumen Gentium, 50). È l’esperienza dell’Esodo, dicoloro che camminano verso nuove direzioni, che superano i confini na-

zionali e culturali e perfino i limiti temporali, in continua ricerca di una terradove poter vivere in pace: la terra promessa.

L’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) stima che siano oltre 65milioni le persone in cammino nel mondo, costrette a lasciare la loro terra diorigine per dirigersi verso un luogo più sicuro, che possa dare una qualchesperanza di vita. Il numero, 65 milioni, merita una sosta dopo averlo letto: inItalia gli abitanti sono poco più di 60 milioni. È anche a questa moltitudineche il Concilio ha guardato, e che ci invita continuamente a guardare.

È il senso profondo della missionarietà, che muove lo spirito non solo a ve-dere gli altri tra noi, ma a riconoscerli come luogo della grazia, della presenzadi Dio in mezzo a noi, del Regno di Dio che cresce nel mondo.

Sono questi gli ingredienti che il Concilio richiede, perché le nostre azionidi aiuto siano ispirate dal Vangelo, e portino il nome di giustizia e pace; caritàe nonviolenza costruiscono lo stile con cui rapportarsi agli altri, nei rapportiinterpersonali, in quelli sociali e internazionali.

Oggi il Papa ci ricorda che l’impegno a favo-re delle vittime dell’ingiustizia e della violenzanon è un patrimonio esclusivo della Chiesacattolica, ma è proprio di molte tradizioni re-ligiose, per le quali compassione e nonviolenzasono valori essenziali, che indicano la via dellavita.

A tutti noi è rivolto questo appello solenne,perché ci si adoperi con azioni concertate perlo sviluppo integrale dell’uomo e lo svilupposolidale dell’umanità.

L’esortazione del Concilio Vaticano II mostra una sorprendentemodernità, in un mondo che spinge milioni di persone a lasciarela propria terra per cercare futuro altrove. Siamo chiamatia “vedere” gli altri. E a riconoscerli come presenza di Dio tra noi

IN CERCADI PASSAGGISICURITre personee un cartello ironico:le sponde delMediterraneo sonoteatro di una grandetragediacontemporanea, non governabilecon un approcciosecuritario

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panoramamondo

archivium di Francesco Maria Carloni

Il 20 e 22 aprile 1995 l’allora Coordinamento alla pace e alla mondialità di Cari-tas Italiana organizzava un seminario di studi sul tema del minore straniero in Italia. Nel 1996, in un libro destinato alle Caritas diocesane e a tutto il mondodel volontariato, venivano pubblicati gli interventi di quel seminario e quantoemerso dal ricco dibattito che ne era seguito.

I documenti presenti nelle 168 pagine del libro, dopo un inquadramento relati-vo alla presenza del bambino nella Sacra Scrittura, affrontano questioni relative a diverse fasi evolutive, dalla prima socializzazione all’età adolescenziale, propo-nendo un focus su 14 esperienze di accoglienza e integrazione e un aggiorna-mento sulla condizione giuridica; infine riportano i principali punti emersi dai duegruppi di lavoro, uno per l’ambito ecclesiale e l’altro inerente l’ambito sociale.

Nelle conclusioni dei gruppi di lavoro, sul versante ecclesiale e civile, si rimar-ca l’importanza del ruolo della Chiesa nel tenere viva l’attenzione alla tutela di tutti i minori. Una legislazione adeguata e un’accoglienzainclusiva sono le garanzie da offrire a chi, più di altri, non ha voce.

Ancora oggi il problema delle precarie condizioni dei minori stranieri in Italia è presente, ed è drammatico;nel 2016, in particolare, il numero dei minori non accompa-gnati presenti in Italia è più che raddoppiato rispetto al 2015, passando da 12.360 a 25.772, numero enorme,che include bambini di più di 80 nazionalità diverse. Nel mes-saggio per la Giornata del migrante e del rifugiato – gennaio2017 – papa Francesco ha ricordato a tutti i diritti e i biso-gni di questi ragazzi con chiarezza, fermezza e urgenza.

Condizioni e diritti dei minori migranti,sfida aperta da più di un ventennio

Si è svolta nella seconda metàdi aprile ad Addis Abeba (Etio-pia) una missione operativacongiunta di Caritas Italiana e Comunità di Sant’Egidio perpreparare l’apertura del primocorridoio umanitario dall’Africa,secondo il protocollo siglato a Roma con il ministero dell’in-terno il 12 gennaio. Il protocol-lo di intesa con lo stato italia-no, promosso dalla Conferenzaepiscopale italiana – attraversoCaritas e Fondazione Migrantes– e dalla Comunità di Sant’Egi-dio, è finanziato con fondi Ceiotto per mille e prevede il tra-sferimento dai campi etiopici di 500 profughi eritrei, somali

e sud sudanesi in due anni. Il viceministro degli esteri

etiope, signora Hirut Zemene,incontrando la delegazione italiana ha elogiato la generosi-tà di questa operazione umani-taria. Grande soddisfazione è stata espressa anche dall’ar-civescovo metropolita di AddisAbeba e presidente della Con-ferenza episcopale di Etiopiaed Eritrea, cardinal Berhaneye-sus Souraphiel, e da CaritasEtiopia.

Le agenzie dell’Onu impe-gnate nella gestione dei rifugia-ti, Unhcr e Oim, hanno offertopiena collaborazione, come pure ha fatto l’Arra, l’agenzia

BARCONE?NO, CORRIDOIOMigrantirischiano la vitacome effettodi un naufragio.I corridoiumanitarisono pensatiper disciplinaree rendere sicurii viaggidi chi emigra

MIGRAZIONICorridoi umanitari,missione per prepararei primi arrivi dall’Etiopia

di stato che si occupa degli oltre 850 mila rifugiati presentiin Etiopia, paese leader in Afri-ca nell’accoglienza di profughi.

I canali umanitari potrebberocostituire, se vi fosse una realevolontà politica, una alternativarazionale e sicura ai viaggi dellasperanza, che per troppi migran-ti continuano a tradursi in viaggidella morte. A salvare chi tentala traversata del Mediterraneosono state, negli ultimi anni, anche le navi allestite da molteong, finite recentemente nel mi-rino di un’inchiesta giudiziaria,aperta dalla procura di Catania,ma soprattutto di certa politica.«Perché non vi imbarcate sullenavi e verificate direttamente il loro operato? Altrimenti si fasolo una polemica sterile e sen-za prove – così Oliviero Forti, responsabile dell’ufficio immi-grazione di Caritas italiana, si è rivolto ai politici che hannolanciato accuse generalizzate –.La polemica è fatta da chi nonprospetta alcuna soluzione persalvare vite in mare. Ad ogginon è stata proposta alcuna alternativa credibile a personeche sappiamo continuerannocomunque a imbarcarsi. Chi pone dubbi pesanti sull’operatodelle ong, salga a bordo dellenavi oggetto di queste presunteindagini. Tutte le ong sarebberoben disposte ad accoglierli.Quanto alle indagini, se c’è unfondamento giudiziario se ne ti-reranno le conseguenze. Quan-to a noi, continueremo a soste-nere che è prioritario salvarevite in mare».

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LASTORIASanto André, 700 milaabitanti alla periferia

di San Paolo. Coni problemi comuni

a molte altre favela:disoccupazione

altissima, alimentazionenon adeguata,

sanità insufficiente

BRASILEIl giovane Pauloha imparato in frettae ripara pc: «Il lavoronon è più un sogno»

Santo André è unacittà di circa 700 mila

abitanti, all’estrema periferia di San Pao-lo del Brasile. Fa parte dunque dell’areametropolitana, segnata da problemi comuni a molte altre aree urbane brasi-liane, con milioni di persone costrette a vivere nelle favela, in baracche di le-gno improvvisate, mal costruite e man-canti dei più elementari servizi igienici;la disoccupazione si aggira su livelli altissimi, l’alimentazione non è adegua-ta e la sanità insufficiente.

Tutti questi fattori facilmente degene-rano in situazioni di violenza e dispera-zione, oltre che in alcolismo e droga. Le suore Orsoline della Beata Caterina e Giuditta Cittadini, attive nel distretto di Santo André dal 2003, hanno presen-tato un microprogetto per lo sviluppo di laboratori e corsi professionali all’inter-no del loro istituto (riparazione di compu-ter, segretariato d’ufficio, taglio e cucito,serigrafia), per offrire ai giovani un’alter-nativa alla vita di strada. Oltre 350 ra-gazzi hanno avuto la possibilità di stu-diare, formarsi e imparare un mestiere.

Lo conferma Paulo, 19 anni: «Sto seguendo il corso per diventare tecnicodi computer, offertomi gratuitamentedall’Istituto Amigos da beata Catarina.In poche settimane ho imparato moltecose sui computer: come assemblarele varie unità e gestire la manutenzioneordinaria e straordinaria di questi pro-dotti. Ho già ricevuto l’offerta di lavora-re, al termine del breve corso, in un laboratorio che si occupa di riparare i computer: un servizio, quest’ultimo,molto richiesto nel nostro bairro Ramal-ho. Ringrazio di cuore Caritas Italiana,che mi ha dato la possibilità di formar-mi e di ricevere in dono gli strumentidel mestiere: mi serviranno per lavora-re, e così aiutare economicamente la mia famiglia».

> Microprogetto 347/16 BRASILECorsi professionali per ragazzi a rischio

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MICROPROGETTO

MADAGASCARAcqua pulita: miglioranoigiene, salute e... studio

Ad Ambohitsara, comune della diocesidi Ambanja, ha sede una scuola elementare

e media frequentata da oltre 320 ragazzi. Nell’edificio scolastico manca un allacciamento idrico e gli studenti, ogni giorno, sono costretti a svegliarsi alle 4 di mattina per trovare acqua pulita, precedendo gli animali che vanno ad abbeve-rarsi alla stessa fonte. Grazie al microprogetto l’acqua potabile sarà disponibile nella scuola e verranno realizzate anche due fontane pubbliche.

> Costo 4.900 euro> Causale MP 74/17 MADAGASCAR

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MICROPROGETTO

MICROPROGETTO MICROPROGETTO

TUNISIASostegno alle donne locali e migranti in gravidanza

Per la maggior parte delle donne migranti che vivo-no precariamente in Tunisia, l’accesso alle cure

è pressoché impossibile. Spesso vivono la loro condizio-ne di future mamme nella solitudine e nella precarietà più totali. Il microprogetto intende aiutare le donne incinte e sole, sia tunisine sia straniere, a vivere gravidanza e parto medicalmente assistite. Tra le attività, l’accompa-gnamento con approccio medico-psicosociale integrato,un sopporto pediatrico subito dopo il parto, percorsi di sensibilizzazione all’igiene e alla cura dei figli.

> Costo 5 mila euro> Causale MP 85/17 TUNISIA

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Il Libano è uno stato multiconfessionale; ospita18 culti ufficiali. Le stime più attendibili dicono

che la comunità musulmana si aggira intorno al 65%della popolazione, quella cristiana al 27%, i drusi al 7%. Urgente è la necessità di sostenere la coesionesociale e il dialogo interconfessionale, attraverso attività in grado di favorire la socializzazione tra minorie giovani appartenenti a gruppi religiosi differenti, stimolando la convivenza pacifica. Il microprogetto intende promuovere laboratori (di musica e teatro) per favorire l’aggregazione e il dialogo fra 300 giovanidi differenti religioni e confessioni.

> Costo 5 mila euro> Causale MP 84/17 LIBANO

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LIBANOLaboratori d’arte,per provare a convivere

NON STANCATEVI DI SOSTENERE I MICROPROGETTI! INFO: [email protected]

CUBACucito e musica, per non smarrirsi

A Párraga, zona periferica dell’Avana, capitale di Cuba, la vita per i giovani

non è semplice: fra disoccupazione e delin-quenza dilagante, smarrire il cammino risultafacile. Ciò ha spinto le suore Passioniste a proporre un microprogetto e richiedere un sostegno economico, al fine di organizzare,nelle sale della parrocchia di santa Barbara,un laboratorio di taglio e cucito per le ragazzee uno di musica sia per ragazzi che per ragaz-ze. Questi laboratori aiuteranno a combatterela dispersione solastica (e non solo) dei minori.

> Costo 4.800 euro> Causale MP 79/17 CUBA

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villaggioglobale

illustra un percorso di crescitapersonale e riflette sul mondodella disabilità. Il testo muove i passi da un'esperienza profes-sionale autobiografica. La trama:Livia, giornalista precaria, accet-ta di fare l’ufficio stampa in unistituto psichiatrico, ma lo fre-quenta con un misto di attrazio-ne e disgusto. Cosa può impara-re una ragazza di oggi da unuomo paralizzato, grande, gros-so, ma condannato su una car-rozzina da una malattia degene-rativa, eppure carico di famesessuale, di voglia di esperienzee soprattutto di verità? In questomondo di frontiera, in cui vivonotanti che per un gene alterato o un percorso di vita disgraziatofiniscono prigionieri delle gabbiedella loro mente e delle gabbiein cui li chiude la società “deinormali”, Livia tesse una stranaamicizia con Aronne, che divente-rà il suo Virgilio in un universosconosciuto. In quella terra dimezzo vive un'umanità sgraziata– come le falene, farfalle nottur-ne goffe e pelose –, ma piena di vita e di valore. Noi, cosiddetti

dalle piccole azioni di ogni gior-no. Ora quel percorso è un libro,Una mamma green. Crescere unfiglio senza inquinare come unapetroliera (Giunti): dalle scelteper il parto all’allattamento, dalleprime cure per il bambino ai pro-dotti ecologici per l’infanzia, daigiocattoli a impatto zero fino alleindicazioni per viaggiare in modosostenibile, Silvana racconta e condivide, senza insegnare,senza imporre e soprattutto senzairrigidirsi su posizioni estreme.Cercando il proprio compromes-so e aiutando semplicementeogni mamma a fare altrettanto.Un libro green, che suggeriscesenza mettersi in cattedra.

E-BOOKGiornalista precariae Virgilio paralizzato:le falene volanocon le ali spezzate

Stefania Culurgioni è una colla-boratrice di Scarp de’ Tenis, gior-nale di strada promosso da Cari-tas. Su Amazon ha pubblicatoL’istinto delle falene, e-book che

normali, crediamo che la nostravita sia conquista e autonomia.Quella delle falene umane, prigio-nia e dipendenza. Ma è così? Sele si osserva bene, si scopre cheogni falena ha le ali colorate, chetutte sono belle e sanno volare.

TEATRO“Piume 2021”,il teatro occasionedi integrazioneper e con i migranti

La vera integrazione oggi è ren-dere i centri di accoglienza luoghiaperti alla cittadinanza, visitabilie trasparenti, creando all’internodi essi progetti che vadano nelladirezione di un’interazione conti-nua e costante tra profughi e cit-tadini: è quanto afferma AndreaRicotti, direttore di Slataper, la struttura gestita da due anni a Firenze dalla cooperativa Il Ce-nacolo, luogo di assistenza maanche di vera integrazione dellepersone in difficoltà: migranti ri-chiedenti asilo, e poi famiglie, an-ziani soli, single rimasti soli configlio a carico, persone con disa-

zoom

«Un volto, uno sguardo che viene da lontano: l’amoreper i giovani, la passione educativa, lo slancio di unlungo e mai finito cammino, tra i sentieri della guerra,nei silenzi smarriti della terra russa, l’affetto tenero e appassionato per i suoi mutilatini». Poche parole intense del cardinale Carlo Maria Martini condensanoin modo mirabile la parabola della vita e la missionedi don Carlo Gnocchi, cappellano degli alpini, fondato-re dell’opera (“La mia baracca”) di assistenza e riabili-tazione delle vittime della guerra, e poi di centinaia di migliaia di persone disabili o traumatizzate, che haportato nel mondo il nome del sacerdote ambrosiano.

Ora quella parabola umana, spirituale e assistenzia-le è illustrata da Quella somiglianza arcana, 17° au-diolibro della collana PhonoStorie (curata da CaritasItaliana e Rete europea risorse umane), che attingeproprio a testi di don Carlo Gnocchi. L’audiolibro, pre-sentato a Roma a fine aprile, ripercorre l’esperienza

dell’educatore, che dopo essernestato cappellano rivolse la suaopera assistenziale agli orfani deglialpini e successivamente dedicò lesue cure ai piccoli invalidi, di guer-ra e civili, per aprire infine le portedi modernissimi centri di rieduca-zione anzitutto ai bambini affetti da poliomielite.

Alcuni suoi scritti sono letti dagli artisti Paolo Bona-celli e Fabrizio Bucci, dalla conduttrice Rai FrancescaFialdini, da Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, da suor Rosalina Ravasio della Comunità Shalom e da alcuni alunni dell’Istituto Gonzaga di Milano. Prefazione di Angelo Bazzari, presidente onorario della Fondazione Don Gnocchi, postfazione di CarmineArice, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastoraledella salute della Cei. www.caritas.it - www.rerum.eu

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Cappellano, educatore, fondatore: don Gnocchi,una vita perché pace e amore vincano sulla guerra

FALENE E PIUMELa copertina dell’e-book scrittodalla giornalistadi Scarp; sotto,ragazzi migrantiin scena

Giuseppe, Valentino, Carlo ed Enrique, insieme ad altri, sono i condannati che nel gergocarcerario classico vengono defi-niti come “infami”, e che l’istitu-zione carceraria rimette in circo-lazione dopo mesi o anni di isolamento. Il film permette di conoscere questi uomini; l’intento del trattamento psicolo-gico è arrivare fino alle premes-se profonde degli atti criminali,alla narrazione interna che li hasostenuti e giustificati, agli alibiculturali che li hanno permessi. Il lavoro del gruppo di psicologi si svolge in un sottile crescendo,alla scoperta di qualcosa di oscu-ro, che forse preferiremmo evita-re. Il lavoro degli psicologi, mo-strato nel film, fa capire infatticome molti stimoli intorno a noici spingono a vedere l’altro come

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DOCUMENTARIO“Un altro me”,indagine scomodasu ciò che scatenai sex offender

Il carcere di Bollate è un luogodove si fa sul serio. Con espe-rienze “di frontiera”. Un docu-mentario racconta, per esempio,il primo esperimento italiano di trattamento intensificato perresponsabili di violenze sessuali.Claudio Casazza, per Lab 80Film, mostra in Un altro me i per-corsi di terapia singola e di grup-po che gli psicologi svolgono coni detenuti sex offender, che rac-contano di sé e delle violenzesulle donne. Il regista ha passa-to un anno in carcere e con glipsicologi dell’Unità di trattamen-to intensificato. Sergio, Gianni,

Le fughe, l’accoglienza, le dimensioni locali e globali, la Storia e le storie. In due libri, che parlano di immigra-zione con consapevolezza e originalità, curati dalla Caritas diocesana di Bergamo e dalla scrittrice ChiaraMichelon con la collaborazione della Caritas diocesanadi Senigallia.

Il mondo in casa ricostruisce i percorsi di accoglien-za nella diocesi di Bergamo. Suddiviso in sei capitoli, fa conoscere chi accoglie e chi è accolto, la “follia dellafraternità”, gli errori di percezione degli italiani riguardoalle persone immigrate… Sei capitoli, incorniciati dal-l’introduzione del vescovo di Bergamo, monsignor Fran-cesco Beschi, e dalle conclusioni di don Claudio Viscon-ti, direttore Caritas. C’è anche una parte riservata allapresentazione del progetto multimediale Storie in pausa(www.storieinpausa.it): foto e video sulle vite di migran-ti, operatori e volontari. «L’idea è parlare non solo del-l’emergenza – spiega Francesco Bezzi, di Caritas Berga-mo –, ma di cosa succede nei territori che ospitano le strutture di accoglienza, cercando di far luce sullacomplessità del tema. Tra gli altri interventi, quello del migrante che non vuole essere un peso ma deside-ra dimostrare che può rappresentare una risorsa, e quello di Nando Pagnoncelli, presidente Ipsos, per ribadire che le persone vanno incontrate. Il senso di molte risposte raccolte dalle sue ricerche è infatti

pressappoco il seguente: “I neri non li voglio, ma non toccatemi quelli con cui chiacchiero in piazza o con cui lavoro, sono brava gente”. E poi in genere,quando serve, un po’ tutti collaborano, perché le perso-ne vengono prima…».

Proprio perché le persone vengono prima, Chiara Mi-chelon, in collaborazione con la Caritas di Senigallia, cele racconta con tutto il loro carico di sofferenza, nostal-gia e speranza nel volume La fuga. Percorsi di rifugiatid’Oriente e d’Africa (Infinito), inserendole nel contestostorico e politico del paese di origine: la storia di Nabilè preceduta dalla narrazione delle vicende dell’Afghani-stan, e prima di conoscere Arad e Mina approfondiamola situazione in Iran, le pagine su Laila sono accompa-gnate rimandano al Pakistan, quelle su Sami al Sudan.Le vicende dei protagonisti acquistano profondità, sca-vando i motivi che li hanno portati a emigrare. «Attraver-so questa chiave narrativa – dice Chiara Michelon – pro-viamo ad abbattere il pregiudizio comune, figlio dellegeneralizzazioni. Queste persone vivono nella malinco-nia, non se ne sono andate per scelta. Lamenta Sami:“Il passato per noi rifugiati non scivolerà mai via. Tuttoquello che ci manca, ci mancherà per sempre”». A im-preziosire il testo, la prefazione dell’antropologo MarcoAime e l’introduzione del cardinale Franco Montenegro.

un oggetto, un giocattolo, unapreda, una nostra appendice.

LIBRIL’improntasul pianetadi mamma Silvana,leggera e verde

Silvana Santo, blogger napoleta-na di successo, quando arriva il pancione decide che, insiemeal nascituro, concepirà ancheuna missione ecologica, ovveroconciliare maternità ed ecososte-nibilità. Per imprimere sul mondol’impronta più leggera possibile.Giovane madre e sincera am-bientalista, Silvana non si sco-raggia per le difficoltà della nuo-va missione e inizia sul suo bloga raccontare una via percorribile,anche se non perfetta, partendo

L’origine della fuga: oltre i pregiudizi,per capire come il mondo ci entra in casa

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di Daniela Palumboatupertu / Paolo Cognetti

Paolo Cognetti ha 38 anni e da otto divide la sua vitafra Milano e la Valle d’Ayas, splendide montagne dellaVal d’Aosta. Il perché di questa scelta l'ha spiegato inun romanzo autobiografico, Il ragazzo selvatico (Terredi mezzo): storia della fuga solitaria in una baita ad al-ta quota. Perché? Accade che una storia d’amore fini-sca. E, nello stesso periodo, tramonti un’esperienzasociale e professionale avviata conamici importanti. Così, si abbandona.

Ripartire dai crolli: non è facile…Ero in una crisi profonda. Avevo 30 anni. Lì, mi è tornata in mente la mon-tagna, come una parte di me che avevorimosso per tanto tempo. Ci avevo passato tutte le mie estati, due mesiall’anno, una sensazione di libertà. In città vivevo dentro casa, interno pic-colo-borghese, una solitudine che miha accompagnato sempre. Mi tenevanocompagnia i libri. Poi, a 18 anni, basta.Avevo chiuso con la montagna. Mi sonodedicato agli studi, poi al cinema, docu-mentari e guide di viaggio. E a scrivere romanzi.

Passando da New York al Nepal…L'ultima volta che sono stato nella metropoli statuni-tense mi sono sentito a disagio, fuori posto. Ripensa-vo al Nepal, alle montagne, alla gente di quelle terre.Lì è nato Le otto montagne (Einaudi, successo interna-zionale): un’amicizia fra due uomini, un rapporto co-

«L’angolo di luceche noi perdiamo:nell’altro, non diverso,io mi riconosco»

Ho sempre fattofatica con gli amiciche mi chiedevano

perché non parli. Poiin montagna ho trovatopersone con le qualifare esperienzadel silenzio

struito con poche parole, che diventa eterno, forse proprio perché poco parlato.

Esiste Bruno, l’amico delle otto montagne?Ho sempre fatto fatica con gli amici che mi chiedevanoperché non parli. Poi in montagna ho trovato persone come me, con cui fare esperienza di un silenzio

che per me significa condividere le coserealizzate: costruire una casa, cammina-re, lavorare.

L’amore per la montagna somiglia a unafuga dalla realtà. Dall’umanità…No, perché? Io non voglio fare l’eremita,non mi interessa, ho problemi con la massa, non con gli esseri umani. Altrimenti non potrei nemmeno scriverne.Ho problemi con gli uomini quando sono in tanti, mi sembra che nell’esserecosì tanti, nella città, ci siano dei mali: la superficialità delle relazioni, la stupiditàdei movimenti di massa, il poco sensodella vita urbana. La montagna per me

non è il posto della solitudine, ma delle relazioni vertica-li, dirette, dove la spiritualità è più forte. Lontane anchedai social network, che servono a riempire il tempo vuotoe a distrarci: dai pensieri, da ciò che pensiamo quandosiamo da soli, senza via di fuga. Tutto ciò mi sembra cherenda le nostre vite molto superficiali. Non è la comuni-cazione che mi dà fastidio, ma l’inconsistenza di una materia che ormai ci riempie la vita.

stisce un gruppo di acquisto so-lidale. C’è l’associazione nataper favorire l’integrazione dellepersone disabili, quella che sipone l’obiettivo di informare sul-le malattie rare o chi si occupadi protezione civile. Il mondodell’associazionismo in città è ricchissimo e variegato, maspesso non ha i mezzi necessa-ri per affrontare le sfide tecnolo-giche per raccontarsi e farsi conoscere. Sulla scorta dellacrescente attività nelle scuole

(dal 2014 al 2016 sono statiraggiunti dal Csv riminese11.232 studenti, che hanno incontrato 50 associazioni), il progetto ha inteso avvicinarele scuole al mondo del volonta-riato. I responsabili delle sei associazioni hanno incontratostudenti di quinta dell’istitutotecnico economico-statale “Val-turio”, i quali hanno avuto l’op-portunità di applicare le cono-scenze acquisite in classe in uncontesto reale e non simulato.

INTERNETStudentidisegnano sitiper associazionidi volontariato

Succede a Rimini: gli studenti di un istituto tecnico della città,in collaborazione con il centroservizi volontariato “Volontarimi-ni”, hanno realizzato, con spiritosolidale, i siti di sei associazio-ni. Fra queste c'è chi si occupadi animali e ambiente e chi ge-

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VOLONTARIDIGITALIGli studenti del“Valturio” hannoelaborato i sitidi sei associazioniriminesi

Minacciata, deturpata, offesa:la Terra ha un Giorno per proteggersi.E anche noi ci salveremo con lei…

di Francesco Dragonetti

Christian Albini Be-nedire la vita. Pre-ghiere dei fedeliper celebrazioni

particolari (Edizioni Paoli-ne, pagine 96). Dal nototeologo, schemi per i piùimportanti momenti litur-gici nelle parrocchie. Perriscoprire il valore di unapreghiera dall’immensosignificato comunitario.

LIBRIALTRILIBRI

Gianfranco RavasiCinque minuti conCristo (San Paolo,pagine 272). 365

brevi pensieri ispirati al Van-gelo del giorno, da leggeree meditare: un brano al dìper tutto l’anno. Brevi pagi-ne di grande bellezza esemplicità, che guidano illettore a riscoprire il piaceredell’incontro con la Parola.

Maurizio Certini (acura di) Giorgio LaPira. L’utopia salve-rà la storia (Tau Edi-

trice, pagine 94). Raccoltasulla vita e le opere di unastraordinaria figura di politi-co, mirabile incrocio tracentralità del Vangelo, vitadi preghiera, amore per laChiesa, responsabilità civi-ca e dedizione per gli altri.

paginealtrepagine

È uno di quei Giorni che rischiano di passare inosservati. Eppure il “Giorno della Terra”, in inglese Earth Day, è il nome usato per la ricorrenza dedicata all’ambiente e alla salvaguardia del nostro pianeta. Non proprio una questione irrilevante…

Da più di 40 anni (la prima volta nel 1970) la ricorrenza è celebrata dalle NazioniUnite per sottolineare la necessità della conservazione delle risorse naturali della ter-ra e di un’azione globale per contenere i cambiamenti climatici e mitigarne gli effetti,grazie a pochi e semplici gesti: spegnere le luci se possibile, utilizzare lampadine a basso consumo, salire a piedi le scale invece che in ascensore… Tutto, per rispar-miare “l’energia nascosta” quotidiana e scegliere un futuro più pulito: su questo as-sunto si basa l’Earth Day, spiega David De Rothschild (a cura di) in Terra. Il pianetaprezioso. Un’enciclopedia ecologica per salvare il mondo (Mondadori, pagine 256).

In questo nuovo millennio, nonostante un’accresciuta sensibilità ambientale,l’opera dell’uomo continua a incidere negativamente sul pianeta, incrinando gliequilibri naturali e deturpando i paesaggi. Inquinamento, deforestazione, minaccealla biodiversità, oltre ai mutamenti climatici... proteggere la Terra non è mai statocosì urgente. Luca Bracali e Patricio Estay Sos pianeta Terra (Electa Mondadori, pagine 240) documentano gli scempi della mano umana con una rassegna di 170fotografie che illustra lo stato di salute del pianeta, secondo un andamento binarioche racconta da un lato le meraviglie del mondo, dall’altro le contaminazioni negati-ve che la natura ha subito.

Nel volume di Carmine Covino La morte del pianeta Terra (Excogita, pagi-ne 208), l’autore indica i mali che affliggono il pianeta e rischiano di portarloverso l’autodistruzione. Attraverso un’indagine che parte da lontano – preci-samente da Malthus e dalle sue previsioni, che risalgono agli inizi dell’Otto-cento –, l’autore evidenzia i mali e li fa derivare dalla sovrappopolazione. Dall’incremento demografico, secondo questa discutibile tesi, dipenderebberol’eccesso di tecnologia, l’inquinamento, la povertà della gran parte del Suddel mondo e, soprattutto, l’effetto-serra che determinerà, se non verrannodrasticamente abbattute le emissioni di gas nocivi, la morte del pianeta.

In generale, in ogni caso, occorre migliorare la vita in maniera sostenibile:è anche l’obiettivo che si propone il Summit della Terra, che si terrà dal 14 al 16 maggio a Rio de Janeiro, fondamentale appuntamento per sensibilizza-re i governi e gli uomini di buona volontà.

gio abitativo... Finora sono stateaccolte 150 individui. E a Slata-per è nato un laboratorio teatraleche sta mettendo in scena unospettacolo dedicato a Dante, i cui attori sono gli ospiti dellastruttura. Piume 2021, si intito-lerà lo spettacolo, promosso dal-l’associazione culturale Culter: la poesia di Dante si fa occasionedi educazione ed esperienza di inclusione, oltre le appartenen-ze sociali, religiose, professionali.

FOTOGRAFIA“At-tra-ver-so”,i richiedenti asiloinquadranoil territorio

Anche la fotografia può diventarestrumento di integrazione? Ne èconvinto il fotografo Paolo Corte-si, che ha ideato e condotto At-tra-ver-so, progetto fotograficorealizzato in collaborazione conl’associazione “Insieme si puòfare” e con il gruppo Famiglie in rete. Il programma ha coinvol-to 11 richiedenti asilo ospitatinel centro di accoglienza straor-dinaria di Castello d’Argile, di Bo-logna, gestito dalla cooperativasociale Lai-momo. Ma perché At-tra-ver-so? Il senso della paro-la in movimento vuole dare«l’idea del mare e delle terre chequesti ragazzi hanno dovuto at-traversare, significa incontrarsiattraverso un linguaggio comune,significa imparare il mondo attra-verso il mirino di una fotocamerae condividere tutto questo», haspiegato Cortesi. Dopo le lezioniteoriche, iniziate a ottobre, sonoiniziate le escursioni nel territo-rio, utilizzando quattro macchinefotografiche reflex usate. Cortesiha fatto da guida, dando suggeri-menti; i soggetti da fotografare li hanno scelti i ragazzi migranti.

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Page 25: Italia Caritas - caterina bocafrombabilonia.altervista.org/wp-content/uploads/2016/04/IC04_mag17.pdfposte italiane s.p.a. – spedizione in abbonamento postale – d.l. 353/2003 (conv.

Concorso nazionale Caritas Italiana – Ministero istruzione, università e ricercaIL DIRITTO DI RESTARE, MIGRARE, VIVERE

Terzi classificati (categoria Disegno, scuola secondaria 2° grado)IL SALVATAGGIO DEGLI IMMIGRATI

Liceo scientifico “Giuseppe Brotzu” – Quartu Sant’Elena (Cagliari)

Seconda edizione Premiazione a Roma, 20 giugno 2016 (Giornata mondiale dei rifugiato)

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