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Pagina 1 di 15 GF Istituto di Istruzione Superiore ITC “Crescenzi” - ITG “Pacinotti” , Bologna Docente: Giuseppe Falivene NB: i seguenti appunti sono parte integrante delle lezioni frontali e del libro di testo e non sostitutivi dei suddetti materiali didattici. ARGOMENTI TRATTATI: Ecologia generale 1^parte - ecosistema, diversità e stato stazionario, fattori limitanti 1 , clima, ... Note: 1. DIVERSITÀ L'ecosfera presenta una grande varietà di specie biologiche detta biodiversità. Il termine biodiversità è comprensivo di diversità, in numero ed in frequenza, di comunità, di specie, di patrimoni genetici della biosfera. La diversità di comunità è data dall'insieme di tutti i differenti ambienti biotici naturali presenti sul pianeta, biomi e comunità acquatiche. La diversità di specie riguarda l'insieme di tutte le specie viventi. La diversità genetica è la somma complessiva delle informazioni contenute nei geni degli organismi di piante, animali e microrganismi che popolano la Terra. A partire dalla rivoluzione industriale, le attività umane hanno determinato una notevole riduzione della biodiversità. RIDUZIONE DELLA BIODIVERSITÀ I cambiamenti indotti dall'attività umana distruggono, frammentano e alterano gli ambienti naturali portando all'estinzione di specie. Si valuta che, ogni giorno, si estinguano dalle 50 alle 150 specie; ciò equivale ad una perdita annua approssimata compresa fra le 20.000 e le 50.000 unità. Un quarto della diversità biologica del pianeta corre il rischio di estinguersi nei prossimi 30 anni. ECOSISTEMA 1) ricchezza di specie in numero totale 2) in abbondanza relativa STABILITA’: capacità di conservarsi nel tempo SUCCESSIONE ECOLOGICA CLIMAX Fattori biotici Fattori abiotici Componente abiotica: più stabile nel tempo Componente biotica: più facilmente alterabile anche in tempi storici e non solo geologici 5 RISORSE : Elementi biogeni : Macro: N, P, K, Ca, Mg, C, H, O, S Micro: Fe, Na, Cu, Zn 6 Clima : radiazione solare (luce, temp); acqua, ossigeno Spazio 2 RELAZIONI FRA GLI ORGANISMI 3 con l’ambiente fisico-chimico 1 DIVERSITA’ 4 EQUILIBR IO G LOBALE APPUNTI DI GEOPEDOLOGIA A.S. 2017/18 14/10/2017 Classi 3 Cat e legno

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Istituto di Istruzione Superiore ITC “Crescenzi” - ITG “Pacinotti” , Bologna

Docente: Giuseppe Falivene

NB: i seguenti appunti sono parte integrante delle lezioni frontali e del libro di testo e non sostitutivi dei suddetti materiali didattici.

ARGOMENTI TRATTATI: Ecologia generale 1^parte - ecosistema, diversità e stato stazionario, fattori limitanti 1 , clima, ...

Note: 1. DIVERSITÀ

L'ecosfera presenta una grande varietà di specie biologiche detta biodiversità. Il termine biodiversità è comprensivo di diversità, in numero ed in frequenza, di comunità, di specie, di patrimoni genetici della biosfera. La diversità di comunità è data dall'insieme di tutti i differenti ambienti biotici naturali presenti sul pianeta, biomi e comunità acquatiche. La diversità di specie riguarda l'insieme di tutte le specie viventi. La diversità genetica è la somma complessiva delle informazioni contenute nei geni degli organismi di piante, animali e microrganismi che popolano la Terra. A partire dalla rivoluzione industriale, le attività umane hanno determinato una notevole riduzione della biodiversità. RIDUZIONE DELLA BIODIVERSITÀ I cambiamenti indotti dall'attività umana distruggono, frammentano e alterano gli ambienti naturali portando all'estinzione di specie. Si valuta che, ogni giorno, si estinguano dalle 50 alle 150 specie; ciò equivale ad una perdita annua approssimata compresa fra le 20.000 e le 50.000 unità. Un quarto della diversità biologica del pianeta corre il rischio di estinguersi nei prossimi 30 anni.

ECOSISTEMA1) ricchezza di specie in numero totale

2) “ “ “ in abbondanza

relativa

STABILITA ’: capacità di conservarsi nel tempo

SUCCESSIONE ECOLOGICA CLIMAX

Fattori biotici

Fattori abiotici

Componente abiotica : più stabile nel tempo

Componente biotica : più facilmente alterabile anche in tempi storici

e non solo geologici

5 RISORSE: Elementi biogeni: Macro: N, P, K, Ca, Mg, C, H, O, SMicro: Fe, Na, Cu, Zn

6 Clima : radiazione solare (luce, temp); acqua, ossigenoSpazio

2 RELAZIONI FRA GLI ORGANISMI3 con l’ambiente fisico-chimico

1 DIVERSITA’

4 EQUILIBRIO GLOBALE

APPUNTI DI GEOPEDOLOGIA A.S. 2017/18

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Classi 3 Cat e legno

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La maggior perdita di biodiversità è attualmente dovuta alla distruzione delle foreste tropicali (in cui oltre la metà di tutte le specie viventi ha il proprio ambiente) e al surriscaldamento del pianeta. Vengono in tal modo distrutte complesse catene alimentari che garantiscono il mantenimento dello stato di equilibrio stazionario del pianeta.

2. INTERAZIONI DELLA BIOCENOSI

Le interazioni tra le popolazioni possono essere di vario tipo: - neutralismo: le popolazioni non interagiscono tra loro; - competizione: - (per interferenza indiretta): entrambe le popolazioni si inibiscono reciprocamente; - (per sfruttamento): ciascuna popolazione inibisce indirettamente l'altra a causa dello sfruttamento di risorse comuni; - parassitismo e predazione: una popolazione influenza negativamente l'altra attaccandola direttamente; - commensalismo: una popolazione è avvantaggiata mentre l'altra non è influenzata; - protocooperazione: interazione favorevole ad entrambe le popolazioni ma non obbligatoria; - mutualismo: interazione favorevole ad entrambe le popolazioni, obbligatoria.

COMPETIZIONE E PREDAZIONE La competizione tra organismi è tanto intensa quanto più essi sono simili, per esigenze o stili di vita. Le interazioni competitive riguardano spazio, nutrienti, luce e prede. La competizione può produrre una regolazione dell'equilibrio tra due popolazioni o una differenziazione delle loro attività giornaliere o stagionali; se invece una popolazione è decisamente più forte, può arrivare all'eliminazione dell'altra, o a costringerla ad usare un'altra zona o ad usare altro cibo. La tendenza alla separazione ecologica, risultante dalla competizione di specie simili tra loro, è nota come principio di esclusione competitiva. Nella predazione (individuata da una catena di predatori) ogni popolazione è collegata in serie con le altre popolazioni.

3. INTERAZIONI CON L'AMBIENTE GEOFISICO

Nell'ambiente abiotico, una serie di fattori chimico-fisici, definiti fattori limitanti, rappresentano una importante espressione del controllo sulle dimensioni delle popolazioni. Tra i più importanti fattori limitanti di tipo fisico sono: - la luce - la temperatura, - l'umidità, - le precipitazioni; tra quelli chimici: - i gas atmosferici, - i nutrienti inorganici, quali i nitrati e i fosfati.

4. L‘ "EQUILIBRIO GLOBALE" DELL'ECOSFERA L'ecosfera, attraversata da flussi di materia ed energia, è caratterizzata da fasi o stadi di "stabilità" o di "stazionarietà" dinamica (poiché i continui cambiamenti nell'ecosfera tendono a perpetuarne le caratteristiche e non ad alterarle). L'ecosfera è in uno stato stabile per quanto riguarda struttura e flussi grazie ai cicli. I processi che avvengono nei cicli geobiochimici hanno velocità ben precise e diverse tra loro; come le ruote di un ingranaggio, ogni parte dell'ecosfera ha un preciso collocamento nell'architettura del tutto e tutte le parti collaborano a mantenere l'"equilibrio globale". In natura gli equilibri restano tali in tempi dell'ordine di migliaia di anni. La Terra ha vissuto una storia geologica e climatica movimentata in cui continenti, fauna e flora sono mutate. La natura tende comunque perennemente ad uno stato stazionario, pur attraverso l'evoluzione.

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Le modifiche apportate dall'uomo a questi equilibri non sono irrilevanti, poiché sono estremamente più veloci rispetto a quelle geologiche: vedi i modelli quantitativi dei cicli geobiochimici. STATO DI EQUILIBRIO STAZIONARIO In un ecosistema vi è equilibrio se le masse, a breve o lungo periodo, sono, pur con delle fluttuazioni, in linea di massima , costanti nei singoli comparti. In altri termini l'eco-organizzazione recupera sotto forma di materie prime tutti i sottoprodotti (rifiuti respiratori e digestivi dei viventi) in una condizione di autosufficienza, in cui le uniche necessità sono l'energia solare ed i sali minerali provenienti dalla decomposizione delle rocce. Lo stato di equilibrio stazionario verso il quale tendono gli ecosistemi viene definito dagli ecologi "climax": esso può mantenersi indefinitamente, a parità di altre condizioni; se il climax viene distrutto da perturbazioni disorganizzatrici, subentra il fenomeno dell'evoluzione. EVOLUZIONE Un sistema è composto da elementi e relazioni tra elementi che evolvono poiché, al suo interno, mutano le relazioni tra gli elementi in rapporto all'energia disponibile: L'energia può essere trasformata in una sola direzione, da uno stato di disponibilità ad uno di non disponibilità quindi : i cambiamenti proseguono a senso unico. L'evoluzione non nega la conservazione: ogni fenomeno naturale trova la sua ragione d'essere in qualcosa di preesistente: non possono esserci episodi creativi. In un sistema, anche nel corso di cambiamenti, sussiste sempre una invarianza di massa. gli atomi assunti sotto forma di molecole o ioni sono riorganizzati in molecole diverse da quelle assunte (metabolismo). MECCANISMI A RETROAZIONE O FEEDBACK Il meccanismo di retroazione è un meccanismo di controllo automatico che permette ad una "macchina", finalizzata al raggiungimento di un dato obiettivo, di autoregolarsi, nel corso del proprio funzionamento, correggendo gli scarti dal programma previsto in sede di progetto. I meccanismi di retroazione possono essere fondamentalmente di due tipi:

1. a retroazione negativa 2. a retroazione positiva.

Talvolta i due meccanismi possono essere presenti contemporaneamente, come nei viventi; in tal caso si parla di retroazione integrale. RETROAZIONE NEGATIVA Ha l'effetto di contrastare le deviazioni nel funzionamento del sistema: lo stabilizza opponendosi ai cambiamenti. Se la deviazione causata dal fattore influente è legata a un suo eccesso, il meccanismo provoca la sua diminuzione, viceversa (difetto) ne provoca l'aumento. RETROAZIONE POSITIVA Accelera le deviazioni incrementandole: tende così a creare instabilità nel sistema, che tenderà a sua volta a crearsi un nuovo stato di equilibrio. Quando il fattore influente è sia in eccesso, sia in difetto, il fenomeno viene amplificato in modo da creare una situazione critica di instabilità, e poi uno stato stazionario nuovo. Se nell'ambiente avvengono cambiamenti notevoli, tali da allontanare molto dal punto di equilibrio, si crea perciò una retroazione positiva o di fuga: incontro ad un ambiente diverso: "EVOLUZIONE". SISTEMI COMPLESSI DEFINIZIONE: un sistema viene definito complesso quando è costituito da molte componenti, sottosistemi o subunità, che interagiscono tra loro in modo tale che il comportamento globale non sia riducibile alla semplice somma dei comportamenti delle sue componenti, ma dipenda in modo imprevedibile dalle mutue interazioni tra questi ultimi. - Nei sistemi complessi i sottosistemi interagenti tra loro possono essere sempre riconosciuti come unità distinte.

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L'analisi dei sottosistemi considerati separatamente è un'attività interpretativa di tipo riduzionista, utile soprattutto quando sia troppo complicato affrontare il problema nella sua globalità.

Risorsequantità finite competizione

• FATTORI LIMITANTI : qualsiasi agente fisico o chimico il cui eccesso (o semplice presenza) o carenza (o totale assenza) determina una crisi nello sviluppo e nella vita di un certo organismo.

fattore di regolazione (adattabilità ed ecotipi)relativo e non assoluto

l’adattabilità di una specie ad un f. l. OMEOSTASI (condizione sinecologica)

ECOTIPI: popolazioni locali adattate ad una data situazione limitante e che hanno ampliato nei confronti di quest’ultima i loro limiti di tolleranza.

LEGGE DEL MINIMO: lo sviluppo dipende dal fattore presente in minima quantità

LIVELLI di un fattore limitante Livello ottimale: rappresenta il livello che permette all’individuo di esprimere le proprie funzioni vitali al massimo livello. Livello cardinale: rappresenta il valore (max e minimo) al di sopra o al di sotto (rispettivamente) del quale l’individuo sospende le proprie funzioni vitali, per poi riprenderle nel momento in cui le condizioni sono più favorevoli. Livello critico: quel valore (max e minimo) al di sopra o al di sotto (rispettivamente) del quale l’ individuo subisce danni irreparabili ai suoi organi o alle sue funzioni biologiche e fisiologiche.

VALENZA ECOLOGICA Capacità che ha una singola specie di popolare ambienti che presentano una variabilità nelle caratteristiche fisiche e chimiche. Le specie si distinguono in:

• EURIecie, se sono dotate di ampia tolleranza nei confronti delle variazioni ambientali;

• STENOecie, se invece hanno ristretti limiti di tolleranza ai cambiamenti ambientali. N. B. La valenza ecologica di una specie non è una caratteristica di tipo assoluto: essa varia in relazione allo stadio di sviluppo dell'organismo stesso, indipendentemente dalla valenza generale della specie di appartenenza.

• Le specie steno acquistano un importante significato per la lettura delle variazioni ambientali: ottimi indicatori ecologici, in quanto consentono di monitorare l'ambiente ed effettuare ricerche sul campo di situazioni ambientali a rischio. Esempio: i licheni.

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CLIMA

• L’insieme consueto e fluttuante degli elementi fisici, chimici biologici che principalmente caratterizzano le condizioni meteorologiche di una determinata regione della terra e che influenzano la vita degli esseri che la popolano, siano essi animali o vegetali.

Condizioni meteorologiche medie di un luogo in un arco di tempo di almeno 30 anni. Stato di EQUILIBRIO ENERGETICO tra il flusso totale di energia solare che arriva sulla terra e il flusso totale di energia uscente (radiazione riflessa …)

MACROCLIMA: l’insieme dei fattori climatici di una data zona geografica (regioni di grande estensione: p.padana). Entità non perfettamente definibili territorialmente. No confini netti. Zone di transizione. MESOCLIMA: si prendono in considerazione le variabili topografiche nell’ambito del macro. (esposiz, …). Influiscono sul portamento e accrescimento delle sp. vegetali. MICROCLIMA: all’interno del meso si osservano diversità morfologiche (colline con pendenza uniforme o meno) topografiche (esposizione) e pedologiche che danno luogo, per zone di limitata estensione, a condizioni particolari. Riguardano le variabili + vicini al suolo (pochi m). E’ IL CLIMA “SENTITO” DALLA SPECIE AL SUO PARTICOLARE LIVELLO. A. Gli elementi del clima: sono tutti misurabili e quantificabili

• Radiazione solare: effetto luminoso effetto termico

• Idrometeore » Umidità atmosferica; » Rugiada; » Brina; » Galaverna; » Pioggia; » Grandine » Neve

• Atmosfera composizione atmosferica

venti o correnti aeree B. I fattori di influenza: sono determinati dalla posizione geografica del territorio e da condizioni astronomiche

• Inclinazione dell'asse terrestre • Latitudine • Altitudine • Grandi masse d'acqua • Esposizione • Correnti marine • Grandi masse di vegetazione • Morfologia terrestre.

TUTTA L’ENERGIA UTILIZZABILE DAGLI ORGANISMI PROVIENE DAL SOLE. RICHIAMI: 1° principio della termodinamica = la variazione di energia interna di un sistema e’ pari alla differenza tra il calore che ad esso viene somministrato e il lavoro che il sistema compie. ∆U = Q – W ∆U = var di energia interna; Q = calore ceduto al corpo; W = lavoro svolto 1 cal = 10 ‾³ Kcal = 4,18 J

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2° principio della termodinamica (importante per capire il flusso di energia negli ecosistemi): la trasformazione del lavoro in calore e’ un fenomeno irreversibile. NON TUTTA L’ ENERGIA CHE FLUISCE IN UN ECOSISTEMA SI RENDE DISPONIBILE PER I SISTEMI VIVENTI A ELEMENTI DEL CLIMA

• 2.1 Radiazione solare E’ la più importante. Direttamente o indirettamente influisce su tutti gli altri elementi e ne determina variazioni più o meno profonde.

• Le radiazioni sono caratterizzate da due parametri fondamentali: lunghezza d'onda e la frequenza. LUNGHEZZA d'onda: è la distanza fra due punti corrispondenti di un'onda elettromagnetica e si misura in nm (nanometri). La lunghezza d'onda della radiazione emessa da un corpo è funzione della sua temperatura. FREQUENZA: rappresenta il numero di volte in cui tale fenomeno si ripete nell'unità di tempo.

Scarso apporto energetico

la fonte energetica di tutti i processi fotosintetici, rappresenta quasi la metà (48,1%) della radiazione solare totale che giunge al suolo.

IR L’apporto energetico è il 50% della RST; hanno una forte influenza sul riscaldamento del suolo e sullo stato termico dei corpi

Radiazione terrestre: fenomeno attraverso il quale la frazione infrarossa solare che arriva sulla superficie terrestre, viene da essa assorbita e reirradiata verso l'atmosfera.

– L'effetto della radiazione terrestre si manifesta soprattutto dopo il tramonto del sole e

durante tutta la notte. – La radiazione terrestre si trova tutta nel campo dell'infrarosso, ma ad onda più lunga

dell'I.R. solare (dai 4000 a oltre i 40000). EFFETTO SERRA Per effetto serra si intende quel fenomeno con il quale la superficie terrestre emette energia radiante verso lo spazio per controbilanciare l'energia trasmessa dal sole. Tale energia radiante (gli IR terrestri) viene in parte assorbita da alcuni gas presenti nell'atmosfera (gas-serra: CO2, protossido d'azoto, clorofluorocarburi, metano, ecc.) che provvedono ad irradiarla (circa il 70%) nuovamente verso il suolo. Le attività umane, specialmente quelle industriali, stanno incrementando questo fenomeno a causa di un abnorme aumento nella emissione dei gas-serra con conseguente rottura dell'equilibrio

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termico come rapporto fra energia assorbita/energia irradiata. Conseguenza: pericoloso innalzamento della temperatura media terrestre.

INTERAZIONI FRA PIANTE E RADIAZIONE SOLARE L'aspetto luminoso della radiazione solare (luce) produce effetti differenziati sulle piante, in rapporto ai diversi parametri che la compongono. I principali parametri sono:

1. intensità della luce (ovvero la quantità di flusso luminoso); 2. qualità della luce (ovvero i diversi colori che la costituiscono e cioè le varie lunghezze

d'onda); 3. durata della luce (ovvero la diversa durata del dì e del buio).

L'intensità luminosa: si misura con strumenti denominati lucimetri o illuminometri. lux (1 lux = flusso luminoso emesso da una sorgente puntiforme dell'intensità di una candela posta alla distanza di 1 m dal punto di osservazione). Il lux (simbolo lx) è l'unità di misura per l'illuminamento del Sistema Internazionale, è una misura relativa ad un'area. Così 1 lumen su un'area di 1 m2 corrisponde ad 1 lux, mentre lo stesso lumen concentrato in 1 cm2 corrisponde a 10 000 lux. Alcuni dati di illuminamento per dare un'idea di quanto vale un lux:

• la luce del Sole mediamente varia tra i 32 000 lx (32 klx) e i 100 000 lx (100 klx); • in un ufficio luminoso si hanno circa 400 lx; • la luce della Luna è pari a circa 1 lx; • la luce di una stella luminosa è soltanto 0,00005 lx (50 µlx).

INTENSITÀ DELLA LUCE E SUOI EFFETTI

L'intensità della luce è un elemento determinante sull'attività vegetale e dipende da vari fattori: 1. LATITUDINE: l'intensità luminosa varia in rapporto alla latitudine.

Nei pressi dell'equatore la radiazione luminosa ha la sua massima espressione. Ai poli, lo spessore atmosferico è massimo ed anche la superficie terrestre interessata è molto maggiore.

2. STAGIONE 3. ORA DEL GIORNO 4. LIMPIDEZZA DEL CIELO la presenza o meno di nubi influisce sull'intensità della luce. 5. OROGRAFIA ed ESPOSIZIONE: l'intensità luminosa del luogo è in rapporto con: la quota (altitudine sul livello del mare) l'esposizione (orientamento rispetto ai punti cardinali). 6. CARATTERI MORFOLOGICI E DISTRIBUZIONE DELLE PIANTE: la struttura geometrica delle piante e la loro densità sul terreno. L'INTENSITÀ DELLA LUCE HA UNA ENORME INFLUENZA SULLE PIANTE E SULLE LORO FUNZIONI PRINCIPALI QUALI: 1. la fotosintesi 2. la fotorespirazione, - processo metabolico respirativo che le piante con ciclo C3 attuano alla

luce, e continuano per un breve periodo anche al buio, per eliminare l'ossigeno in eccesso. La fotorespirazione, consuma i carboidrati prodotti per fotosintesi (fino al 50% di quelli sintetizzati), senza apportare un beneficio energetico alla pianta (è un processo svantaggioso) . Ha maggiore probabilità di verificarsi in ambienti (o in giornate calde) caldi e/o ventosi, poiché ad una temperatura più elevata gli stomi si chiudono per impedire un'eccesiva perdita di acqua. Alcuni esempi di questo tipo di piante sono: grano, riso. mais, crassulacee. Alcuni vegetali sono riusciti a sviluppare una via fotosintetica che aggira il problema della fotorespirazione: fotosintesi a ciclo C4.

3. la fotomorfogenesi (vedi più avanti) 4. la traspirazione 5. la formazione dei cloroplasti e della clorofilla

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Nei confronti dell'intensità luminosa, le piante coltivate possono essere suddivise in: 1 eliofile; 2 sciafile obbligate; 3 sciafile facoltative o eliosciafile. 1 PIANTE ELIOFILE: sono quelle piante, di origine tropicale o sub-tropicale come mais, sorgo, riso e canapa. La fotosintesi assume un valore medio intorno a 10.000 lux ed incrementano la loro attività di fotosintesi fino ad una intensità luminosa dell'ordine di 50.000 - 60.000 lux; 2 PIANTE SCIAFILE OBBLIGATE: sono rappresentate dalle piante tipiche del sottobosco dove si registra un prolungato ombreggiamento. 3 PIANTE SCIAFILE FACOLTATIVE o ELIOSCIAFILE: sono rappresentate da tutte quelle specie che raggiungono il livello di saturazione luminosa in una zona compresa fra 10.000 - 30.000 lux. Sono piante che possono prosperare in ambienti sottoposti sia a luce che in quelli dove esiste un certo tenore di aduggiamento. Appartengono a questa categoria tutti gli arbusti e cespugli del sottobosco nelle zone temperate, alcune piante arboree e praticamente tutte le piante erbacee coltivate in pieno campo.

Conseguenze del difetto di intensità luminosa 1. Eziolatura o filatura: foglie pallide o giallastre, poco consistenti, fusto esile ed internodi allungati e deboli, fiori poco sviluppati a tinte sbiadite. 2. Allettamenti Conseguenze dell'eccesso di intensità luminosa

• deprimere l'attività della fotosintesi clorofilliana a vantaggio della fotorespirazione: (intensità luminosa in alcune giornate estive> 110.000 lux). Prevalgono i fenomeni distruttivi (catabolici)

3. FOTOMORFOGENESI

• La fotomorfogenesi riguarda il complesso dei fenomeni originati dalla radiazione luminosa che si riflettono sulla crescita e sul comportamento delle piante. I principali effetti fotomorfogenetici si possono così classificare:

a. fototropismo; b. fototassismo; c. eziolamento; d. eliotropismo.

a. Fototropismo: fenomeno per cui il fusto della pianta si presenta incurvato verso la fonte

luminosa. (La luce ossidando l'auxina (fitormone o ormone vegetale), determina una minore concentrazione dell'ormone, inibendo la crescita in distensione. La parte in ombra continua invece il processo di distensione dei tessuti).

b. Fototassismo: è la reazione di movimento che presentano alcuni organismi dei vegetali quando vengono stimolati da una radiazione luminosa (alghe).

c. Eziolamento: si manifesta quando, in assenza di luce, il fusto e le parti verdi sono carenti di clorofilla, per cui la pianta, in generale, cresce poco e presenta internodi allungati e scarsi tessuti meccanici di sostegno a causa della mancanza o della ridotta attività fotosintetica.

d. Eliotropismo: è il fenomeno tipico di alcune piante che compiono movimenti di alcuni organi, specialmente i fiori, in modo che questi siano costantemente rivolti verso il sole (girasole).

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QUALITÀ DELLA LUCE E SUOI EFFETTI

• I colori della luce (radiazione solare visibile) derivano dall’effetto ottico delle vibrazioni elettromagnetiche con diversa lunghezza d'onda.

I vari colori della luce solare hanno effetti differenziati sulle qualità ottiche della lamina fogliare. Per esempio: la banda corrispondente alla luce rossa induce un maggior accumulo di sostanza secca nelle foglie stesse, rispetto a quella blu, la quale, invece, favorisce l'immagazzinamento di prodotti proteici.

DURATA DELLA LUCE E SUOI EFFETTI L'alternanza delle stagioni, unitamente alla latitudine, incide in maniera sensibile sulla durata del dì e della notte nell'arco di un intero giorno.

• La luce, oltre alla fondamentale azione sull'accrescimento della fotosintesi clorofilliana, esplica altre importanti azioni su numerosi aspetti della pianta, come risposta di questa all'alternarsi giornaliero di periodi di illuminazione con periodi di buio. (FOTOPERIODO)

I fenomeni biologici legati alla risposta fotoperiodica sono:

1. caduta delle foglie, 2. dormienza invernale delle gemme, 3. formazione di bulbi e tuberi, 4. determinazione del sesso nelle piante dioiche, 5. fioritura delle piante, ecc. 6. Muta 7. Gli accoppiamenti 8. Le migrazioni, ecc. ...

Fotoperiodismo La successione ciclica di periodi di illuminazione e di buio nell'arco della giornata è chiamata ritmo circadiano, che, a sua volta, determina nei vegetali il fenomeno denominato fotoperiodismo. Fotoperiodo: la lunghezza ottimale ed ininterrotta del periodo di buio caratteristico di ogni singola specie per l'induzione fiorale. Soglia critica fotoperiodica, soglia che può variare per ogni varietà di pianta all'interno della stessa specie. A seconda della loro esigenza in fatto di durata continua del periodo di buio, le piante vengono divise in tre diversi gruppi:

1. piante brevidiurne, 2. piante longidiurne 3. piante neutrodiurne o fotoindifferenti.

Piante BREVIDIURNE: per l'induzione a fiore necessitano di un periodo ininterrotto di buio superiore alla soglia critica. La maggior parte di queste piante sono di origine tropicale e sub-tropicale (soia, tabacco, mais, ecc), molte altre (stella di Natale, primula, crisantemo) possono vivere anche nei nostri climi, ma fioriscono all'inizio della primavera o in autunno quando il fotoperiodo scende al di sotto della soglia critica. Piante LONGIDIURNE: per l'induzione a fiore hanno bisogno di una durata del periodo di buio inferiore alla soglia critica. La maggior parte di queste piante sono originarie di latitudini medie o medio-elevate (frumento, fava, barbabietola, cipolla, spinacio, carota, ecc). Piante NEUTRODIURNE: dove l'induzione a fiore non è influenzata dalla lunghezza del periodo di buio.

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Sono comprese in questo gruppo piante come la zucca, il pomodoro, il girasole, ecc. Spesso le piante neutrodiurne sono il risultato dell'adattamento di specie fotoperiodiche ad un diverso ambiente di coltivazione. Esempi di importanti specie coltivate (mais, soia, tabacco, fagiolo, ecc.) le cui varietà, originariamente adatte a latitudini vicine ai tropici in quanto brevidiurne, alle nostre latitudini risultano essere fotoindifferenti.

N.B. Contrariamente all'attività fotosintetica, la risposta delle piante alla lunghezza del giorno è indipendente dall'intensità della radiazione.

FATTORE LIMITANTE: TEMPERATURA

Richiami di fisica Calore: forma di energia che può essere trasferita da un corpo ad un altro con differente temperatura. Temperatura: grandezza fisica che definisce il livello di calore posseduto da un corpo. La propagazione del calore può avvenire per:

1. conduzione: tra due corpi a contatto diretto senza spostamento di particelle; 2. convenzione: tra due corpi circola un fluido che si riscalda per conduzione cedendo calore al

corpo più freddo. Trasferimento di particelle: spostamento di grande masse d’aria nell’atmosfera.

3. irraggiamento: emissione e assorbimento di vibrazioni elettromagnetiche.

FOTOMORFOGENESI

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Fattori che influenzano la temperatura dell’aria

• Latitudine: La latitudine geografica è la distanza angolare di un punto (P) dall'equatore misurata lungo il meridiano che passa per quel punto. Per meridiano geografico si intende una semicirconferenza compresa tra i due poli.

• Altitudine gradiente termico = rapporto fra la differenza di temperatura dei limiti inferiore e superiore di un determinato strato d’aria e lo spessore dello strato stesso. ( 0,55 °C/100 m di quota)

• Pendenza ed esposizione: • Pendenza: influisce sulla inclinazione dei raggi solari rispetto al suolo.

La pendenza è il rapporto tra spostamento verticale e spostamento orizzontale. Questo rapporto se espresso in forma percentuale mi dice di quante unità in verticale ci si sposta se si avanza in orizzontale di 100 unità. Una pendenza del 5% è: 5/100 = 0.05 = 5 centesimi = 5% (spostandomi orizzontalmente di 100 metri mi sposto verticalmente di 5).

5m 100 m

• Esposizione: determina il periodo di insolazione Inversione Termica: la temperatura cresce all’aumentare della quota s.l.m. I. T. per radiazione: si verifica quando il terreno di notte disperde nello spazio grandi quantità di calore per reirraggiamento, per cui lo strato d’aria immediatamente sovrastante cede calore al terreno per conduzione, raffreddandosi a sua volta. strati d’aria più bassi T < a quella degli strati sovrastanti CONDIZIONI: notti lunghe; cielo sereno; aria calma I. T. per convenzione: nei fondovalle per scivolamento lungo le pendici delle masse d’aria più fredde degli strati alti. L’aria fredda si stratifica nel fondovalle per un certo spessore Misura della Temperatura: scala Celsius °C; scala Kelvin °K: lo zero assoluto = - 273,15 °C scala Fahrenheit °F: 0 °C = 32 °F; 100 ° C = 212 °F Strumenti misuratori: Termometri a massima e minima Termografi geotermometri; geotermografi Valori di temperatura con maggiore interesse

1. Temperatura minima giornaliera: ≈ ½ ora prima del sorgere del sole 2. Temperatura massima giornaliera: ≈ due ore dopo lo zenit 3. Temperatura media giornaliera: media aritmetica dei precedenti T° media = T° min + T° max / 2

Escursione termica Linee isoterme: una delle linee sulle carte del tempo che uniscono i punti della terra e del mare che hanno la stessa temperatura. Linee isoalloterme: uniscono i luoghi la cui T° in un determinato periodo è variata in + o in - della stessa quantità. Linee isofane: uniscono i luoghi nei quali un determinato fenomeno biologico si manifesta nello stesso giorno.

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EFFETTI BIOLOGICI DELLA TEMPERATURA SULLE FUNZIONI DELLE PIANTE La T° determina in misura significativa la distribuzione geografica delle piante sul nostro pianeta. La temperatura determina direttamente l’intensità con cui si svolgono le varie funzioni vegetali (germinazione, assorbimento radicale, fotosintesi, respirazione, ecc.) e microbiche ( umificazione, ammonizzazione, nitrificazione, ecc.) LIVELLI TERMICI DEI VEGETALI Temperatura ottimale: rappresenta la temperatura che permette alla pianta di esprimere le proprie funzioni vitali al massimo livello. Temperature cardinali: rappresentano quelle temperature (max e minima) al di sopra o al di sotto (rispettivamente) delle quali la pianta sospende le proprie funzioni vitali, per poi riprenderle nel momento in cui le condizioni termiche siano più favorevoli. Temperature critiche: quelle T° (max e minima) al di sopra o al di sotto (rispettivamente) delle quali la pianta subisce danni irreparabili ai suoi organi o alle sue funzioni biologiche e fisiologiche. CLASSIFICAZIONE DELLE PIANTE IN RAPPORTO ALLE ESIGENZE DI CALORE

• PIANTE MICROTERME: adatte ai climi freddi. meccanismi adattativi

» Perdita delle foglie, dormienza invernale, » portamento prostrato, ecc.

• PIANTE MESOTERME: piante dei climi temperati

• PIANTE MACROTERME O MEGATERME: piante della fascia tropicale ed equatoriale • meccanismi adattativi:

» Formazione di uno strato di sughero » Trasformazione delle foglie in spine » Entrata in riposo nei periodi di maggior caldo

ADATTAMENTI E TOLLERANZE SPECIE STENO E EURITERMICHE QUIESCENZA: riduzione delle attività metaboliche IBERNAZIONE: con un difetto termico ESTIVAZIONE: con un eccesso termico NICCHIE TERMICHE per gli organismi animali: OMEOTERMI: T corporea K PECILOTERMI: T corporea variabile ENDOTERMI: la T corporea dipende da fattori endogeni (metabolismo) ECTODERMI: la T corporea dipende da fattori esogeni (radiazione solare) + sensibili Regola di Bergmann: per un determinato gruppo sistematico di organismi. Omeotermi, quelli di > dimensione abitano i climi più freddi. Regola di Allen: nelle regioni fredde si ha una riduzione delle appendici corporee.

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FATTORE LIMITANTE: ACQUA

Umidità atmosferica Acqua allo stato di vapore presente nell’atmosfera terrestre derivante da fenomeni di evaporazione e di traspirazione.

• Relazione temperatura dell’aria-umidità atmosferica: – Liquido -----> gas (evaporazione): processo endotermico (diminuzione della T) – Gas ----> liquido (condensazione): processo esotermico (aumento della T)

• DUE ASPETTI:

– U. Atm. Assoluta: quantità di vapore acqueo contenuta nell’unità di volume d’aria in un determinato momento. Si misura in g/m³.

ES. : saturazione a 10 °C 9 g/m³; a 25 °C 23g/m³ – U. Atm. Relativa: rapporto tra il vapore acqueo contenuto in un determinato

volume di aria e quello che dovrebbe contenere se fosse in condizione di saturazione alle stesse condizioni di P e T.

Si misura in %. Alta T ----> alta UA e bassa UR Bassa T ----> bassa UA e alta UR

SUBSTRATO ABIOTICO

ACQUA

RISORSA IDRICA

EFFETTO GEOMORFOLOGICO EFFETTO CLIMATICO

IDROMETEORE • Umidità

atmosferica • Rugiada

• Brina

• Galaverna

• Pioggia • Grandine

• Neve

ORGANISMI: o XEROFILI o MESOFILI o IGROFILI o IDROFILI o TROPOFILI

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• Rugiada: condensazione notturna del vapore acqueo che si deposita sotto forma di piccole goccioline che si depositano sui corpi freddi. (precipitazione occulta nella stagione estiva delle zone tropicali: c. 3-4 mm)

1) Elevata UR 2) Forte escursione termica tra dì e notte 3) Notte con cielo sereno e assenza di vento • Punto di rugiada: T a cui deve essere raffreddata una massa d’aria per renderla satura, a P

costante.

• Brina: = rugiada ma con T < a 0°C

• Galaverna: nebbia e pioggia minuta si congelano su corpi molto freddi.

• PIOGGIA: vapore acqueo che si condensa in gocce aventi un certo peso e volume (diametro tra 1/10 mm e 7 mm).

PAROLE CHIAVE: Chiusura del ciclo dell’acqua; fonte principale; vapore acqueo nucleo di condensazione: nubi; pioggia acida

Aspetti principali della pioggia

• Quantità (Piovosità): mm di acqua caduti in un anno in un determinato luogo (1mm = 1 litro/mq = 10 mc/ha = 100 hl/ha );

• Intensità: quantità di acqua caduta su una determinata superficie nell’unità di tempo e si misura in mm/h;

• Frequenza: numero totale di giorni piovosi riscontrati in un anno; • Distribuzione: regolarità o meno delle precipitazioni da un punto di vista temporale e

spaziale.

1. Quantità di pioggia Classificazione delle zone climatiche: clima arido piovosità < a 250 mm/anno clima semiarido piovosità compresa fra 250 e 500 mm/anno clima subumido piovosità compresa fra 500 e 750 mm/anno clima umido piovosità > di 750 mm/anno

Piovosità max : circa 12000 mm annui lungo il versante meridionale della catena montuosa dell’Himalaya

Piovosità minima: circa 1,5 mm annui lungo le coste pacifiche del Cile IN ITALIA: 2500 – 3000 mm annui nelle zone alpine 400 e anche meno nel sud Fabbisogni idrici delle piante

• Piante igrofile ( o igrofite): vivono e si sviluppano in ambiente con suolo permanentemente ricco di acqua e atmosfera satura di umidità (piante tropicali e sub-tropicali: ficus, orchidee, ecc.)

• Piante xerofile: caratteristiche dei climi caldo-aridi (cactus, agave e molte piante della fascia mediterranea)

• Piante mesofile: con caratteristiche intermedie • Piante tropofile: piante con particolari sistemi adattativi per cui possono, a secondo della

stagione, comportarsi come igrofite o xerofite (baobab, alcune bulbose, tamerice, ecc.) • Piante idrofile: vivono immerse o sommerse nell’acqua (ninfee, fior di loto, ecc.)

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2. Intensità di pioggia: diventa fattore negativo quando l’intensità supera i 20 mm/h (compattazione del terreno, dilavamento, ecc.)

3. Frequenza: influisce sul clima di una determinata zona. Es.: Parigi con giorni piovosi > di 200 all’anno Marsiglia con giorni piovosi < a 60 all’anno ma con la stessa Piovosità. 4. Distribuzione: Nord: piovosità abbondande e ben distribuita

Sud e isole: piovosità scarsa nella stagione estiva

Grandine: è un’idrometeora allo stato solido e deve essere considerata come una vera e propria avversità atmosferica:

– gravi o gravissimi danni alle piante e scarso apporto idrico. • Si forma all’interno dei cumulo-nembi la cui parte basale si trova a circa 500 m dal suolo,

mentre quella apicale arriva intorno ai 10000 m di quota. • Fase di formazione, accrescimento e dissipazione.

Neve: è il risultato della sublimazione dell’acqua in presenza di temperature molto basse

• La neve è un cattivo conduttore di calore (1/10 di quella del suolo: la temp. del suolo ricoperto di neve è più alta di 3 – 8 gradi rispetto a quella atmosferica).

• Grande valore ai fini dell’apporto idrico al terreno: pari ad 1/10 dello spessore (10 cm di neve

= 10 mm di acqua).

• Dannosa per possibile accumulo di CO2 a livello radicale, per la rottura di rami e quando e di scarso spessore (formazione di lastre di ghiaccio).

• Riflette l’ 80 - 90 % del potere calorico dei raggi solari (albedo)

FATTORE LIMITANTE: OSSIGENO

• Aerobi: utilizzano l’ossigeno per ottenere energia (respirazione) • Anaerobi: non usano l’O2 per ottenere energia (fermentazione)

– Aerobi stretti (batteri della tubercolosi) – Anaerobi stretti (Batteri del gen Clostridium) – Anaerobi facoltativi: normalmente vivono da aerobi ma possono vivere anche da

fermentanti (gen. Stafilococchi) • Aerotolleranti: vivono da anerobi ma non sono danneggiati dalla presenza dell’ossigeno

(lattobacilli yogurt)

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