ISL Igiene & sicurezza del lavoro - Periodici - Ipsoa | ShopWKI · Sicurezza degli impianti Legge...

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IGIENE & SICUREZZADEL LAVOROIP

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Prevenzione incendiUN CASO PRATICO DI PROGETTAZIONE INCENDI

Legge europea 2017RICOSTITUITE LE COMMISSIONI PER GLI ASCENSORISTI

SGS e SPPRLS: RUOLO, FUNZIONI E AZIONE

VDR in PraticaRISCHIO CHIMICO NELL’ASFALTATURA

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Rivista mensile Anno XXII - Gennaio 2018Direzione e Redazione Via dei Missaglia n. 97 Edificio B3 - 20142 Milano

INSERTOCONTRATTI ATIPICI E SICUREZZA

FINANZIAMENTIBANDO INAIL ISI 2017

Mensile di aggiornamento giuridico e di orientamento tecnico

1/2018

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Approfondimenti

Legge europea 2017: ricostituite le commissioni per gli ascensoristiMaurizio Magri 5

Il coordinamento in fase di progettazione e come strutturare un PSCAntonio Pedna 17

RLS: ruolo, funzioni e azione nel sistema di organizzazione aziendaledella prevenzionePierguido Soprani 30

VDR in pratica

Progettazione antincendi: un caso pratico con una soluzione molto avanzataAntonio Cappa 37

Prevenzione dei rischi chimici nelle attività di asfaltaturaGiuseppina Paolantonio 43

Giurisprudenza

Rassegna della Cassazione penalea cura di Raffaele Guariniello 55

Finanziamenti

Finanziamenti per la sicurezzaa cura di Bruno Pagamici 59

Norme UNI

Ottobre 2017 64

Inserto

L’applicazione della normativa antinfortunistica ai diversi rapporti di lavoroMarco Grandi

Sommario

Igiene & Sicurezza del Lavoro 1/2018 3

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Sommario

4 Igiene & Sicurezza del Lavoro 1/2018

MENSILE DI AGGIORNAMENTO GIURIDICOE DI ORIENTAMENTO TECNICO

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Sicurezza degli impianti

Legge europea 2017:ricostituite le commissioniper gli ascensoristiMaurizio Magri - Ingegnere, Funzionario dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (*)

La Legge europea 2017

Il 12 dicembre 2017 è entrata in vigore la legge 20novembre 2017, n. 167 “Disposizioni per l’adempi-mento degli obblighi derivanti dall’appartenenzadell’Italia all’Unione europea - Legge europea2017” (1), che contiene all’art. 23 una importantedisposizione riguardante gli ascensori, e cioè la rico-stituzione delle Commissioni di esame, sospese daalcuni anni, per il conseguimento dell’abilitazionealla manutenzione degli ascensori.

Le operazioni di manutenzione

L’art. 15 del D.P.R. n. 162/1999 e s.m.i. (c.d. rego-lamento ascensori. V. tab. 1) prevede infatti che, aifini della conservazione dell’impianto e del normalefunzionamento in sicurezza, il proprietario o il suolegale rappresentante siano tenuti ad affidare lamanutenzione di tutto il sistema ascensore (maanche dei montacarichi o dell’apparecchio di sol-levamento rispondente alla definizione di ascensorela cui velocità di spostamentonon supera 0,15m/s) apersona munita di apposito certificato di abilita-zione ovvero a ditta specializzata oppure a un ope-ratore comunitario dotato di specializzazioneequivalente. In ogni caso la ditta specializzata (daintendersi quella dotata dei requisiti di cui al D.M.22 gennaio 2008, n. 37 (2)) deve provvedere allamanutenzione sempre amezzo di personale dotato diabilitazione. La medesima norma dispone che ilcertificato di abilitazione sia rilasciato dal Prefetto,

in seguito all’esito favorevole di una prova teorico-pratica, da sostenersi dinanzi ad apposita Commis-sione esaminatrice, ai sensi degli artt. 6, 7, 8, 9 e 10del vecchio D.P.R. n. 1767/1951 (3).

La soppressione delle Commissionidi abilitazione

L’art. 12, comma 20, del D.L. n. 95/2012, convertitoin legge n. 135/2012 (4), ha però previsto la soppres-sione di organismi e commissioni operanti presso ilMinistero dell’Interno, quale quella di cui al D.P.R.n. 1767/1951, e anche il parere del Consiglio di Staton. 1634 del 20 maggio 2014 ha formulato giudizionegativo al mantenimento di tale Commissione diesame per l’abilitazione alla manutenzione di ascen-sori e montacarichi. Pertanto le attività delle Com-missioni di abilitazione presso le Prefetture, puressendo previste dal D.P.R. n. 162/1999 e s.m.i.,non si sono svolte per alcuni anni, limitando leoperazioni dimanutenzione ai soggetti già in possessodel certificato acquisito in passato ed impedendo cosìad altri operatori economici lo svolgimento di taleattività, in quanto privati della possibilità di vedersirilasciare nuovi certificati di abilitazione alla manu-tenzione. Il manutentore di ascensori stavadiventando così unmestiere sempre più raro e imper-meabile alla concorrenza, nonostante l’Italia sia ilprimo paese in Europa per numero di impianti instal-lati, circa unmilione. Le impresemanutentrici eranopoi in grande difficoltà, non riuscendo anche a

(*) Ai sensi della circolaredelMinistero del Lavorodel 18marzo2004, le considerazioni espresse sono frutto esclusivo dell’autoree non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’ammini-strazione di appartenenza.

(1) G.U. 27 novembre 2017, n. 277.(2) G.U. 12 marzo 2008, n. 61.(3) D.P.R. 24 dicembre 1951, n. 1767 “Approvazione del rego-

lamento per l’esecuzione della legge 24 ottobre 1942, n. 1415,

concernente l’impianto e l’esercizio di ascensori e dimontacarichiin servizio privato”, pubblicato in G.U. n. 66 del 17 marzo 1952.

(4)D.L.6 luglio2012,n.95“Disposizioni urgenti per la revisionedella spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonchémisure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settorebancario”, pubblicato in G.U. n. 156 del 6 luglio 2012 - Suppl.Ordinario n. 141, convertito conmodificazioni dalla legge 7 agosto2012 n. 135, pubblicata in G.U. n. 189 del 14 agosto 2012 - Suppl.Ordinario n. 173.

Approfondimenti

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sostituire il personale in uscita con tecnici specializ-zati in possesso della necessaria certificazione, perchénon era possibile fare gli esami abilitanti.

La ricostituzione delle Commissioni perl’abilitazione alla manutenzione degliascensori

Per porre rimedio alla situazione generatasi, l’art. 23della Legge europea 2017, anche al fine di assicurarel’integrale attuazione della Direttiva 2014/33/UErelativa agli ascensori e ai componenti di sicurezzadegli ascensori nonché per l’esercizio degli ascensori,stabilisce ora che il certificato di abilitazione previstodal citato art. 15 del D.P.R. n. 162/1999 e s.m.i. siavalido su tutto il territorio nazionale e che sia rila-sciato dal Prefetto in seguito all’esito favorevole diuna prova teorico-pratica innanzi a un’appositaCommissione esaminatrice, dalmedesimonominata,e composta da cinque funzionari, in possesso di ade-guate competenze tecniche, dei quali almeno uno,oltre al presidente, con laurea in ingegneria, designatirispettivamente dalMinistero del lavoro e delle poli-tiche sociali, dal Ministero delle infrastrutture e deitrasporti, dal Ministero dello sviluppo economico,dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gliinfortuni sul lavoro (INAIL) e da un’azienda sanita-ria locale (ASL), ovvero da un’agenzia regionale per

la protezione ambientale (ARPA) qualora le dispo-sizioni regionali di attuazione del D.L. n. 496/1993convertito in leggen. 61/1994 (5) attribuiscano a taleagenzia le competenze in materia. È previsto che laCommissione sia presieduta dal funzionario desi-gnatodalMinisterodel lavoroedelle politiche socialie che, per la validità della sessione d’esame, alla provateorico-pratica siano presenti almeno tre membridella commissione, compreso il presidente. Al presi-dente e ai componenti della commissione non spettaalcun compenso, rientrando quindi tale attività fra icompiti d’ufficio dei funzionari. Bisogna comunqueprecisare che a seguito dell’istituzione, ai sensi del D.Lgs. n. 149/2015 (6), dell’Agenzia unica per le ispe-zioni del lavoro denominata “Ispettorato nazionaledel lavoro”, il Ministero del lavoro e delle politichesociali non è più presente con sedi periferiche dotatedi personale, per cui il funzionario tecnico designatoda tale Ministero quale presidente della Commis-sione sarà presumibilmente, per delega, l’ingegnerein forza alla sede territoriale dell’Ispettorato afferenteo limitrofa alla Prefettura in cui si svolgeranno gliesami.

Le nuove sessioni di esame

La nuova disposizione normativa prevede inoltre chela data e la sede delle sessioni di esame siano

Tabella 1 - Regolamento ascensori

Il D.P.R. 30 aprile 1999, n. 162 “Regolamento recante norme per l’attuazione della direttiva 95/16/CE sugli ascensori e di semplificazione deiprocedimenti per la concessione del nulla osta per ascensori emontacarichi, nonché della relativa licenza di esercizio”, è pubblicato in G.U. n.134 del 10 giugno 1999, è in vigore dal 25 giugno 1999 ed è stato modificato e integrato dai:

- D.P.R. 19 ottobre 2000, n. 369“Regolamento recantemodifica al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1999, n. 162, inmateria dicollaudo degli ascensori”, in G.U. n. 291 del 14 dicembre 2000, in vigore dal 29 dicembre 2000;

- D.P.R. 7 maggio 2002, n. 129 “Regolamento recante ulteriore modifica al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1999, n. 162, inmateria di collaudo degli ascensori”, in G.U. n. 155 del 4 luglio 2002, in vigore dal 19 luglio 2002;

-D.P.R.5ottobre2010,n.214“Regolamento recantemodifichealdecretodelPresidentedellaRepubblica30aprile1999,n.162,per laparzialeattuazione della Direttiva 2006/42/CE relativa alle macchine e chemodifica la Direttiva 95/16/CE relativa agli ascensori”, in G.U. n. 292 del 15dicembre 2010, in vigore dal 30 dicembre 2010;

-D.P.R.19gennaio2015,n.8“Regolamento recantemodifichealdecretodelPresidentedellaRepubblica30aprile1999,n.162perchiudere laprocedura di infrazione 2011/4064 ai fini della corretta applicazione della direttiva 95/16/CE relativa agli ascensori e di semplificazione deiprocedimenti per la concessione del nulla osta per ascensori e montacarichi nonché della relativa licenza di esercizio”, in G.U. n. 43 del 21febbraio 2015, in vigore dal 8 marzo 2015;

- D.P.R. 10 gennaio 2017, n. 23 “Regolamento concernente modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1999, n. 162, perl’attuazione della direttiva 2014/33/UE relativa agli ascensori ed ai componenti di sicurezza degli ascensori nonché per l’esercizio degliascensori”, pubblicato in G.U. n. 62 del 15 marzo 2017, in vigore dal 16 marzo 2017.

(5) D.L. 4 dicembre 1993, n. 496 “Disposizioni urgenti sullariorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione della Agenzianazionale per la protezione dell’ambiente”, pubblicato in G.U. n.285 del 4 dicembre 1993, convertito conmodificazioni dalla legge21 gennaio 1994, n. 61, pubblicata in G.U. n. 21 del 27 gennaio1994.

(6) D.Lgs. 14 settembre 2015 n. 149 “Disposizioni per larazionalizzazionee lasemplificazionedell’attività ispettiva inmate-ria di lavoro e legislazione sociale, in attuazione della legge 10dicembre 2014, n. 183”, pubblicato in G.U. n.221 del 23 settem-bre 2015 - Suppl. Ordinario n. 53.

Approfondimenti

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determinate dal Prefetto. Il Prefetto del capoluogo diRegione, tenuto conto del numero e della prove-nienza delle domande ricevute, previe intese congli altri Prefetti dellaRegione, potrà disporre appositesessioni di esame per tutte le domande presentatenella Regione, allo scopo di razionalizzare le proce-dure finalizzate al rilascio del certificato di abilita-zione. Si attendono quindi per il 2018 i primi nuovibandi di esame per il rilascio del certificato diabilitazione.

Abrogazioneevigenzadellevecchienorme

A far data dal 12 dicembre 2017, gli artt. 6 e 7 delvecchio D.P.R. n. 1767/1951 sono definitivamenteabrogati. In particolare, oltre alle norme su compo-sizione e funzionamento della vecchiaCommissione,sono cassate le vecchie regole inerenti il contenutodella domanda di abilitazione, da presentarsi infuturo, da parte del personale interessato ad essereabilitato allamanutenzionedegli ascensori, secondo imodelli che saranno resi disponibili dalle Prefetture.È fatto salvo ancora invece l’art. 9 delD.P.R. n. 1767/1951, il quale prevede che il certificato di abilitazionesia rilasciato a spese del titolare e che il proprietario oil legale rappresentante dell’ascensore o montacari-chi ed i funzionari preposti alle verifiche periodichedi legge, ai sensi dell’art. 13D.P.R. n. 162/1999 e s.m.i., siano tenuti ad assicurarsi che il personale incari-catodellamanutenzionedell’impianto siamunitodelcertificato di abilitazione. Non essendo abrogatonemmeno l’art. 10 del D.P.R. n. 1767/1951, è man-tenuto ancora l’intervento del Prefetto, direttamenteo su proposta degli organi ed enti incaricati delleverifiche periodiche degli ascensori o montacarichi,per il fermo dell’apparecchio e l’adozione delle rela-tive cautele, con verbale notificato al proprietario oal legale rappresentante, nel caso in cui la manuten-zione avvenga da parte di personale privo del previstocertificato. Questa norma, a dire il vero, andrebbetuttavia abrogata, perché già l’art. 12, comma 6, delD.P.R.n. 162/1999 e s.m.i. prevede che sia ilComuneterritorialmente competente ad ordinare (in qualitàdi ente che riceve la comunicazione di messa inesercizio degli ascensori, montacarichi e apparecchidi sollevamento rispondenti alla definizionedi ascen-sore la cui velocità di spostamentonon supera 0,15m/s) l’immediata sospensione del servizio, in caso diinosservanza degli obblighi imposti dal Regolamentoascensori (e quindi anche di quelli dell’art. 15 rela-tivo all’affidamento di manutenzione a personalemunito di abilitazione), a seguito di tempestivacomunicazione di inadempienza da parte degli organi

ed enti deputati alla verifica nell’esercizio delle lorofunzioni.

Il futuro aggiornamento del Regolamentoascensori

Il provvedimento, di cui all’art. 23 della legge n.167/2017, dispone infine che il Governo siaautorizzato a modificare, con apposito Regola-mento, il D.P.R. n. 162/1999 e s.m.i. sulla basedelle nuove disposizioni date e che, una voltaentrato in vigore questo nuovo Regolamento dimodifica, cessino gli effetti e siano abrogate lenuove norme ora introdotte, che quindi assu-mono carattere transitorio fino al riordino com-pleto di tale aspetto della disciplina sugliascensori, da ricondursi completamente nel D.P.R. n. 162/1999 e s.m.i.

Compiti del manutentore

È opportuno ricordare che, ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. n. 162/1999 e s.m.i., il manutentore ha, fra i suoicompiti, anche quello di provvedere alla manovra diemergenza che, in caso di necessità, può essere svoltaanche da personale di custodia o altro personale com-petente, autorizzato dal proprietario o dal suo legalerappresentante e istruito allo questo scopo. Il manu-tentore, al fine di garantire la corretta funzionalitàdell’impianto, esegue quindi gli interventi di manu-tenzione, e nel farlo deve tenere conto delle esigenzedell’impianto. Si deve periodicamente almeno:—verificare il regolare funzionamento dei dispositivimeccanici, idraulici ed elettrici e, inparticolare, delleporte dei piani e delle serrature;— verificare lo stato di conservazione delle funi edelle catene;— svolgere le operazioni normali di pulizia e dilubrificazione delle parti.Almeno una volta ogni sei mesi per gli ascensori,compresi gli apparecchi di sollevamento rispondentialla definizione di ascensore la cui velocità di spo-stamento non supera 0.15 m/s, e almeno una voltaall’anno per i montacarichi, il manutentore:— verifica l’integrità e l’efficienza del paracadute, dellimitatoredi velocità e degli altri dispositivi di sicurezza;— verifica minutamente le funi, le catene e i loroattacchi;— verifica l’isolamento dell’impianto elettricoe l’efficienza dei collegamenti con la terra;— annota i risultati di queste verifiche sul libretto diimpianto, di cui all’art. 16 del D.P.R. n. 162/1999 e s.m.i.

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Il manutentore promuove tempestivamente la ripa-razione e la sostituzione delle parti rotte o logorate, everifica l’avvenuta corretta esecuzione degli inter-venti manutentivi. Nel caso in cui il manutentorerilevi un pericolo in atto, deve fermare l’impianto,fino a quando esso non sia stato riparato, informan-done, tempestivamente, il proprietario o il suo legalerappresentante e il soggetto incaricato delle verificheperiodiche, nonché il Comune per l’adozione deglieventuali provvedimenti di competenza.

Contenuti della prova d’esame

Nelle more della ridefinizione della prova teorico-pratica da sostenersi dinanzi alla Commissioneesaminatrice, questa sarà ancora regolata dall’art.8 del D.P.R. n. 1767/1951, non abrogato dall’art.23 della Legge europea 2017 e quindi ancoravigente. L’aspirante sarà dunque sottoposto ad unesame orale e ad una prova pratica. L’esame oraledovrà accertare la conoscenza generale delle leggi edelle norme tecniche sugli ascensori, dei principalitipi di ascensori, del loro complesso elettrico emeccanico e delle relative parti, dei pericoli deri-vanti da cause elettriche o meccaniche nell’eserci-zio delle mansioni e delle operazioni dimanutenzione. La prova pratica tenderà viceversaad accertare la conoscenza della manutenzione deisingoli organi dell’ascensore, della verifica dellefuni, della prova dei dispositivi di chiusura, dicontrollo, di fine corsa, di quelli paracadute,dello stato di isolamento dell’impianto elettrico.Inoltre l’aspirante dovrà dimostrare di sapere

operare la manovra di soccorso in caso di arrestodella cabina fra piano e piano ed in caso diincidenti e di saper intervenire in caso di mano-missione dell’impianto.

Provvedimenti e norme tecnichesugli ascensori

Al fine di superare positivamente l’esame di abilita-zione, l’aspirantemanutentoredovrà conoscere, oltreal D.P.R. n. 162/1999 e s.m.i., il complesso dei prov-vedimenti tecnici, succedutisi nel tempo, e dellenorme tecniche sugli ascensori, i più importanti deiquali sono riassunti nelle Tabelle 2 e 3.

La norma UNI EN 13015 sulle istruzionidi manutenzione

Molto utile per la preparazione del manutentore èla conoscenza della norma UNI EN 13015“Manutenzione di ascensori e scale mobili. Regoleper le istruzioni di manutenzione”, la quale spe-cifica gli elementi necessari per la preparazionedelle istruzioni per le operazioni di manutenzione,che devono essere fornite, in forma di manuale,con gli ascensori per persone, con gli ascensoriper persone e merci, con i montacarichi accessi-bili solo per carico e scarico e con i montacarichinon accessibili di nuova installazione. Gliimpianti esistenti non sono coperti dalla norma,ma la stessa può essere utilizzata come riferi-mento. La norma sottolinea che solo la manuten-zione corretta e preventiva, eseguita da persona

Tabella 2 - Provvedimenti tecnici in materia di ascensori

Provvedimento Pubblicazione in G.U.

DECRETO LUOGOTENENZIALE 31 agosto 1945, n. 600Norme per la costruzione, l’installazione, la manutenzione e l’esercizio degli ascensori e deimontacarichi installati a scopi ed usi privati.

G.U. n. 144del 6 ottobre 1945

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 29 maggio 1963, n. 1497Approvazione del regolamento per gli ascensori ed i montacarichi in servizio privato.

G.U. n. 298del 16 novembre 1963Suppl. Ordinario

DECRETO MINISTERIALE 28 maggio 1979Misure sostitutive di sicurezza per ascensori e montacarichi a vite, a cremagliera ed idraulici.

G.U. n. 262del 24 settembre 1979

DECRETO MINISTERIALE 9 dicembre 1987, n. 587Attuazione delle direttive n. 84/529/CEE e n. 86/312/CEE relative agli ascensori elettrici.

G.U. n. 71del 25 marzo 1988Suppl. Ordinario n. 22

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 28 marzo 1994, n. 268Regolamento recante attuazione della direttiva n. 90/486/CEE relativa alla disciplina degliascensori elettrici, idraulici od oleoelettrici.

G.U. n. 101del 3 maggio 1994

RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE dell’8 giugno 1995sul miglioramento della sicurezza degli ascensori esistenti

G.U.C.E. n. 134del 20 giugno 1995

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competente addetta alla manutenzione, in con-formità con le istruzioni di manutenzione, puògarantire il sicuro e previsto funzionamento del-l’impianto. Sono date le importanti definizioni diseguito elencate.

DefinizioniManutenzione: tutte le operazioni necessarie pergarantire il sicuro e previsto funzionamento del-l’impianto e dei suoi componenti dopo

Tabella 3 - Norme tecniche in materia di ascensori

Norma Titolo

UNI EN 81-1 Regole di sicurezza per la costruzione e l’installazione degli ascensori e dei montacarichi.Ascensori elettrici.

UNI EN 81-2 Regole di sicurezza per la costruzione e l’installazione degli ascensori e dei montacarichi.Ascensori idraulici.

UNI EN 81-3 Regole di sicurezza per la costruzione e l’installazione degli ascensori e dei montacarichi.Montacarichi elettrici e idraulici.

UNI EN 81-20 Regole di sicurezza per la costruzione e l’installazione degli ascensori. Ascensori per iltrasporto di persone e cose. Ascensori per persone e cose accompagnate da persone.

UNI EN 81-21 Regole di sicurezza per la costruzione e l’installazione degli ascensori. Ascensori per iltrasporto di persone e cose. Ascensori nuovi per persone e cose in edifici esistenti.

UNI EN 81-28 Regoledi sicurezzaper la costruzionee l’installazionedi ascensori.Ascensori per il trasportodipasseggeri e merci. Teleallarmi per ascensori e ascensori per merci.

UNI EN 81-31 Regole di sicurezza per la costruzione e l’installazione degli ascensori e dei montacarichi.Ascensori per il trasporto di sole merci. Ascensori accessibili alle sole merci.

UNI EN 81-40Regole di sicurezza per la costruzione e l’installazione degli ascensori. Ascensori speciali per iltrasporto di persone. Servoscala e piattaforme elevatrici che simuovono su un piano inclinatoper persone con mobilità ridotta.

UNI EN 81-41Regole di sicurezza per la costruzione e l’installazione degli ascensori. Ascensori speciali per iltrasporto di persone e cose. Piattaforme elevatrici verticali per l’uso da parte di persone conmobilità ridotta.

UNI EN 81-50 Regole di sicurezza per la costruzione e l’installazione degli ascensori. Verifiche e prove.Regole di progettazione, calcoli, verifiche e prove dei componenti degli ascensori.

UNI EN 81-58 Regole di sicurezza per la costruzione e l’installazione degli ascensori. Controlli e prove. Provedi resistenza al fuoco per porte di piano.

UNI EN 81-70Regole di sicurezza per la costruzione e l’installazione degli ascensori. Applicazioni particolariper ascensori per passeggeri e merci. Accessibilità agli ascensori delle persone, compresi idisabili.

UNI EN 81-71 Regole di sicurezza per la costruzione e l’installazione degli ascensori. Applicazioni particolariper ascensori per passeggeri e merci. Ascensori resistenti ai vandali.

UNI EN 81-72 Regole di sicurezza per la costruzione e l’installazione di ascensori. Applicazioni particolari perascensori per passeggeri e merci. Ascensori antincendio.

UNI EN 81-73Regole di sicurezza per la costruzione e l’installazione di ascensori. Applicazioni particolari perascensori per il trasporto di passeggeri e merci. Comportamento degli ascensori in casod’incendio.

UNI EN 81-80Regole di sicurezza per la costruzione e l’installazione degli ascensori. Ascensori esistenti.Regole per il miglioramento della sicurezza degli ascensori per passeggeri e degli ascensoriper merci esistenti.

UNI 10411-1 Modifichead ascensori elettrici preesistenti. Ascensori elettrici nonconformi allaDirettiva 95/16/CE.

UNI 10411-2 Modificheadascensori elettrici preesistenti. Ascensori idraulici nonconformi allaDirettiva95/16/CE.

UNI EN 12016 Compatibilità elettromagnetica. Norma per famiglia di prodotti per ascensori, scale mobili emarciapiedi mobili. Immunità.

UNI EN 12385-5 Funi di acciaio. Sicurezza. Funi a trefoli per ascensori.

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l’ultimazione dell’installazione e per tutto il suociclo di vita; la manutenzione include: la lubrifi-cazione, la pulizia (tuttavia la pulizia delle partiesterne del vano di corsa e la pulizia dell’internodella cabina possono non essere considerate comemanutenzione), i controlli, le operazioni di soc-corso ai passeggeri, le operazioni di taratura eregolazione, le riparazioni o le sostituzioni dicomponenti che possano essere dovute a usura orottura e che non alterino le caratteristiche del-l’impianto; le seguenti attività non sono conside-rate operazioni di manutenzione: la sostituzione dicomponenti principali quali la macchina, lacabina, il quadro di manovra, ecc., o di compo-nenti di sicurezza quale il paracadute, ecc., anchese le caratteristiche del nuovo componente sianoidentiche a quelle dell’originale; la sostituzionedell’impianto; la modernizzazione dell’impianto,inclusa la modifica di qualsiasi caratteristica del-l’impianto (per esempio la velocità, la portata,ecc.); le operazioni di soccorso svolte dai vigilidel fuoco.Organizzazione di manutenzione: ditta o parte di unaditta dove persone competenti addette alla manu-tenzione svolgono operazioni di manutenzione perconto del proprietario dell’impianto.Persona competente addetta alla manutenzione:persona incaricata, adeguatamente addestrata, qua-lificata per conoscenza ed esperienza pratica (inpossesso quindi del certificato di abilitazione),provvista delle necessarie istruzioni e supportatadall’organizzazione di manutenzione per permettereche le operazioni di manutenzione richieste sianoeseguite in sicurezza.Fabbricante: persona fisica o giuridica che si assumela responsabilità di progettare, costruire e commer-cializzare sia componenti di sicurezza per ascensori,sia ascensori, montacarichi non accessibili e monta-carichi accessibili solo per carico e scarico.Installatore: persona fisica o giuridica che si assume laresponsabilità di installare ascensori o montacarichi.Impianto: ascensore per persone o ascensore perpersone e merci o montacarichi accessibile solo percarico e scarico omontacarichi non accessibile, com-pletamente installati.Proprietario dell’impianto: persona fisica o giuridicache ha il potere di disporre dell’impianto e che ha laresponsabilità del suo uso e funzionamento.Operazioni di soccorso: operazione che inizia dopoaver ricevuto la notizia di persona intrappolata in unascensore e che termina con la liberazione dellapersona intrappolata.

Contenuti delle istruzioni di manutenzioneLa norma specifica inoltre che quando si preparano icontenuti delle istruzioni di manutenzione devonoessere tenuti in considerazione i seguenti elementi:— le specifiche e l’uso previsto dell’impianto (tipod’impianto, prestazioni, tipo di merce da trasportare,tipo di utenti, ecc.);— le condizioni ambientali in cui l’impianto e i suoicomponenti sono installati (condizioni climatiche,atti vandalici, ecc.);— ogni limitazione d’uso;— il risultato della valutazione dei rischi per ogniluogo di lavoro e per ogni operazione da svolgere;— le istruzioni dimanutenzione specifiche fornitedalfabbricante dei componenti di sicurezza;— nel caso sia necessaria la manutenzione di com-ponenti diversi da quelli di sicurezza, le istruzioni dimanutenzione fornite dal fabbricante di questicomponenti.

Attività necessarie nelle istruzionidi manutenzioneLe informazioni da includere nelle istruzioni dimanutenzione devono riguardare da un lato i compitidel proprietario e dall’altro quelli dell’organizzazionedi manutenzione. Le informazioni relative ai compitidel proprietario devonoprevedere le seguenti attivitànecessarie.Il proprietario deve tenere l’impianto in condizioni difunzionamento sicure; per ottenere ciò il proprietariodeve utilizzare un’organizzazione di manutenzionesoddisfacente; è raccomandato d’informare il pro-prietario dell’impianto che è necessario utilizzareun’organizzazione di manutenzione dotata di un’ade-guata e sufficiente copertura assicurativa fornita dauna compagnia d’assicurazione.Il proprietario dell’impianto si deve attenere ad ogninorma nazionale o altro regolamento, quandopertinenti, e alle relative implicazioni sullamanutenzione.Un’organizzazione di manutenzione deve eseguire lamanutenzione in modo pianificato; è consigliabileavere la stessa organizzazione di manutenzione incaso di più impianti che abbiano in comune il vanocorsa, spazi e/o il locale del macchinario.Il proprietario dell’ascensore per persone o per per-sone e merci deve mantenere il dispositivo di comu-nicazione bidirezionale efficiente e collegato ad unservizio di soccorso 24 ore per l’intero periodo in cuil’impianto può essere usato.Il proprietario deve mettere fuori servizio l’ascensoreper persone o per persone e merci quando il

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dispositivo di comunicazione bidirezionale non siafunzionante.Il proprietario deve mettere l’impianto fuori servizioin caso di situazioni pericolose.Il proprietario dell’impianto deve informare l’orga-nizzazione dimanutenzione immediatamente in casodi percezione di qualsiasi anomalia all’impianto o incaso di un’anormale cambiamento nell’ambientedirettamente connesso all’impianto; immediata-mente dopo aver messo fuori servizio l’impianto incaso di situazione pericolosa; dopo ogni intervento disoccorso eseguito da persone istruite e da lui auto-rizzate; prima di qualunque modifica relativa all’im-pianto e/o all’ambiente circostante o all’utilizzo;prima che siano eseguiti sull’impianto da parte diterzi qualunque ispezioneo lavorodiversi dallamanu-tenzione; prima di mettere l’impianto fuori servizioper un periodo di tempo prolungato; prima di rimet-tere in servizio l’impianto dopo un prolungatoperiodo di tempo in cui esso sia rimasto fuori servizio.Il proprietario dell’impianto deve tenere in conside-razione le conseguenze della valutazione dei rischilavorativi eseguita dall’organizzazione dimanutenzione.Il proprietario dell’impianto si deve assicurare che lavalutazione dei rischi lavorativi per la manutenzionesia eseguita se l’organizzazione di manutenzione siasostituita; se l’utilizzo dell’edificio e/o dell’impiantocambi; dopo una modifica importante dell’impiantoo dell’edificio; se del caso, dopo un incidente cheabbia coinvolto l’impianto.Il proprietario dell’edificio deve garantire, attraversouna valutazione dei rischi, che i locali siano sicuri esenza rischi per la salute per quanto sia possibile (ciòinclude gli accessi all’edificio e alle attrezzature del-l’impianto, nonché i materiali di lavoro e le sostanzeutilizzate, in accordo con le norme circa l’uso delleattrezzature nei luoghi di lavoro), che le persone cheusano gli edifici siano informate a proposito dei rischiresidui, che ogni attività da eseguire come conse-guenza dell’analisi dei rischi sia completata.Il proprietario dell’impianto, per quanto riguarda levie d’accesso alle aree riservate al personale di manu-tenzione, deve informare l’organizzazione di manu-tenzione circa le vie di accesso da usare e le proceduredi evacuazione dall’edificio in caso d’incendio; illuogo dove si possano trovare le chiavi d’accessoalle aree riservate; se necessario, le persone che deb-bano accompagnare il personale di manutenzioneall’impianto; se necessario, i dispositivi di protezioneindividuale da usare nelle vie d’accesso e, possibil-mente, dove essi si trovino.

Il proprietario dell’impianto deve garantire che ilnome e il numero di telefono dell’organizzazione dimanutenzione siano sempre disponibili per l’utentedell’impianto, affissi in modo permanente e chiara-mente visibili.Il proprietario dell’impianto deve garantire che lechiavi delle porte (botole) del locale delmacchinarioe del locale delle pulegge di rinvio (botole) e delleporte (botole) di ispezione e di emergenza sianopermanentemente disponibili nell’edificio e sianoutilizzate solo da persone autorizzate ad averviaccesso.Il proprietario dell’impianto deve garantire all’orga-nizzazione di manutenzione impegnata nel salvatag-gio delle persone, in ogni circostanza, un accessosicuro all’edificio e all’impianto.Il proprietario dell’impianto deve mantenere gliaccessi alle aree di lavoro e ai locali di lavoro sicurie liberi per il personale di manutenzione e deveinformare l’organizzazione di manutenzione circaogni pericolo o cambiamento nei luoghi di lavoroe/o nelle vie d’accesso (illuminazione, ostacoli, con-dizioni del terreno, ecc.).Il proprietario dell’impianto deve eseguire periodica-mente, nel suo interesse, le seguenti operazioni, oltreai controlli e alle prove che esso ha affidato all’orga-nizzazione dimanutenzione, per ascensori e permon-tacarichi accessibili e non accessibili: una corsacompleta di salita e discesa per valutare ogni cambia-mento della qualità della corsa o danni alle apparec-chiature; i tipici elementi da controllare per esseresicuri che siano in posizione, non danneggiati ecorrettamente funzionanti sono le porte di piano ele guide inferiori delle porte, la precisione della fer-mata ai piani, gli indicatori che non sono in areeriservate, i pulsanti di piano, i pulsanti di cabina, ipulsanti di apertura porte, i dispositivi di comunica-zione bidirezionale che permettano un contatto per-manente con un servizio di soccorso, l’illuminazionenormale della cabina, il dispositivo di riaperturaporte, i segnali e pittogrammi di sicurezza.

Informazioni relative ai compitidell’organizzazione di manutenzioneLe informazioni relative ai compiti dell’organizza-zione di manutenzione devono contenere invece leseguenti attività necessarie:— eseguire la manutenzione in conformità con leistruzioni di manutenzione e sulla base di sistematicicontrolli; dopo questi controlli l’organizzazione dimanutenzione deve decidere cosa sia necessariofare in conformità con le istruzioni di manutenzione;

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nelle Tabelle 4 e 5 sono riportate le liste di tipiciesempi di controlli di manutenzione per ascensorielettrici e per ascensori idraulici;— aggiornare le istruzioni originali di manutenzionese nell’impianto cambino l’uso previsto e/o le condi-zioni ambientali esistenti al momento del completa-mento dell’installazione;— l’organizzazione di manutenzione deve garantireche la valutazione dei rischi per ogni luogo di lavoro eper ogni operazione di manutenzione sia stata ese-guita tenendo in considerazione le istruzioni dimanutenzione dell'installatore e tutte le informa-zioni fornite dal proprietario dell'impianto;— l’organizzazione di manutenzione deve informareil proprietario dell’impianto circa ogni lavoro daeseguire a seguito della valutazione dei rischi, princi-palmente per gli accessi e/o l’ambiente relativi all’e-dificio/installazione;— stilare un piano di manutenzione, affinché lamanu-tenzionepreventiva sia adatta all’impiantoe il tempodimanutenzione sia ragionevolmente il più breve possi-bile, senza ridurre la sicurezza delle persone, per mini-mizzare il tempo di fuori servizio dell’impianto;— adattare il piano di manutenzione per tenere inconsiderazione ogni guasto prevedibile, per esempioquelli dovuti a uso improprio, manomissione, dete-rioramento, ecc.;— le operazioni di manutenzione devono essere ese-guite da persone competenti (in possesso del certifi-cato di abilitazione) addette alla manutenzione eprovviste delle necessarie attrezzature e strumenti;— mantenere aggiornata la competenza del perso-nale di manutenzione;— eseguire periodicamente la manutenzione; l’ef-fettiva frequenza degli interventi di manuten-zione può essere più accuratamente determinatase un sistema di monitoraggio a distanza siacollegato all’impianto; nel determinare la fre-quenza degli interventi di manutenzione, dovreb-bero essere considerati: numero di corse all’anno,tempo di funzionamento e ogni periodo di nonfunzionamento; età e condizioni dell’impianto;luogo e tipo dell’edificio in cui sia installatol’impianto, nonché le necessità degli utenti e/oil genere di merce trasportata; condizioniambientali in cui sia installato l’impianto, non-ché condizioni ambientali esterne, per esempiocondizioni climatiche (pioggia, caldo, freddo,ecc.) o atti vandalici;— fornire un servizio di chiamate per il soccorso dellepersone 24 ore per tutto l’anno;

— registrare il risultato di ogni intervento dovuto aguasto dell’impianto; queste registrazioni devonoincludere il tipo di guasto per permettere di rilevarneogni ripetitività; esse devono essere disponibili per ilproprietario dell’impianto a richiesta;— mettere fuori servizio l’impianto se l’organizza-zione di manutenzione sia a conoscenza di una situa-zione pericolosa rilevata durante la manutenzione,che non possa essere immediatamente eliminata, e diinformare il proprietario dell’impianto della neces-sità di mettere fuori servizio l’impianto fino alla suariparazione;— essere organizzati in modo da fornire le necessarieparti di ricambio per ogni riparazione;— garantire la presenza di persone competentiaddette alla manutenzione, avvertite con ragione-vole anticipo, per le verifiche periodiche eseguitedagli enti e organismi incaricati e per i lavori dimanutenzione dell’edificio da eseguire nelle areeriservate all’organizzazione di manutenzione;— informare in tempo il proprietario dell’impiantocirca il necessario miglioramento progressivodell’impianto;— organizzare le operazioni di soccorso, anche insubappalto, e definire misure per particolari circo-stanze quali il fuoco, il panico, ecc.

Informazioni per il proprietario dell’impiantoper le operazioni di soccorsoInfine le informazioni per il proprietario dell’im-pianto per le operazioni di soccorso sugli ascensoridevono contenere almeno le seguenti attivitànecessarie:— le persone autorizzate dal proprietario dell’im-pianto per il soccorso delle persone intrappolatedevono essere istruite dall’organizzazione di manu-tenzione; in alternativa il proprietario dell’impiantopuò organizzare l’addestramento per le proprie per-sone autorizzate da parte di un terzo competente inconformità con le istruzioni di manutenzione;— assicurare che l’istruzione sia appropriata per lospecifico impianto ed aggiornata;— assicurare che le persone autorizzate al proprieta-rio soccorrano i passeggeri solo attraverso le porte dipiano;— assicurare che l’organizzazione di manutenzionesia chiamata quando le persone autorizzate dal pro-prietario non siano in grado dimuovere la cabina conil dispositivo d’emergenza manuale e/o elettrico;— informare le persone autorizzate dal proprietariocirca le condizioni per le quali solo l’organizzazione di

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Tabella 4 - Elenco dei controlli di manutenzione su ascensori elettrici

Elemento Controllo

Generale Controllare che tutti i componenti siano puliti e privi di polvere e corrosione.

Fossa vano corsa Controllare l’eccesso di olio o grasso sotto le guide.Controllare che la zona della fossa sia pulita, asciutta e priva di detriti.

Dispositivo antirimbalzo e contatto elettrico(se installato)

Controllare la libertà di movimento e il funzionamento.Controllare uguale tensione delle funi.Controllare il contatto elettrico (se installato).Controllare la lubrificazione.

Ammortizzatori

Controllare il livello dell’olio.Controllare la lubrificazione.Controllare il contatto elettrico (se installato).Controllare il fissaggio.

Motore elettrico/GeneratoreControllare l’usura dei cuscinetti o bronzine.Controllare la lubrificazione.Controllare lo stato del commutatore.

Riduttore Controllare l’usura degli ingranaggi.Controllare la lubrificazione.

Puleggia di trazione Controllare le condizioni e l’usura delle gole.

FrenoControllare il sistema di frenatura.Controllare le parti frenanti per usura.Controllare la precisione della fermata.

Quadro di manovra Controllare che l’armadio sia pulito, asciutto e libero da polvere.

Limitatore di velocità e tenditoreControllare l’usura e il movimento delle parti mobili.Controllare il funzionamento.Controllare il contatto elettrico.

Puleggia di deviazione

Controllare l’usura delle gole.Controllare l’anormale rumorosità e/o le vibrazioni dei cuscinetti.Controllare le protezioni.Controllare la lubrificazione.

Guide della cabina e del contrappeso Controllare la presenza di una pellicola d’olio, dove richiesta, su tutte le superfici delle guide.Controllare il fissaggio.

Pattini di guidadella cabina edel contrappeso Controllare l’usura dei pattini e dei rulli. Controllare il fissaggio.Controllare la lubrificazione dove necessaria.

Cavi elettrici Controllare l’isolamento.

Cabina dell’ascensore Controllare l’illuminazione di emergenza, i pulsanti di cabina, gli interruttori a chiave.Controllare i fissaggi dei pannelli e del cielino.

Dispositivi paracadute/dispositivi di prote-zionecontro l’eccessodi velocità della cabinain salita

Controllare il libero movimento e l’usura delle parti mobili.Controllare la lubrificazione.Controllare il fissaggio.Controllare il funzionamento.Controllare il contatto elettrico.

Funi e catene di sospensione Controllare l’usura, l’allungamento e la tensione.Controllare la lubrificazione solo dove prevista.

Attacchi funi/catene di sospensione Controllare il deterioramento e l’usura. Controllare il fissaggio.

Porte di piano

Controllare il funzionamento dei dispositivi di blocco delle porte di piano.Controllare che le porte scorrano liberamente.Controllare il guidaggio delle porte.Controllare i giuochi delle porte.Controllare l’integrità della funicella, catena o cinghia quando usata.Controllare il dispositivo di sbloccaggio di emergenza della porta.Controllare la lubrificazione.

Porta di cabina

Controllare il contatto di chiusura o bloccaggio.Controllare che le porte scorrano liberamente.Controllare il guidaggio della porta.Controllare i giuochi delle porte.Controllare l’integrità della funicella o catena quando usata.

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manutenzione debba eseguire le operazioni disoccorso.

Una questione irrisolta

La Legge europea 2017 non interviene purtropposull’obbligo di adeguare alle norme di sicurezzagli ascensori installati prima del 1999, cioè tuttiquegli impianti mai marcati CE, i quali potreb-bero presentare livelli di sicurezza inferioririspetto agli standard dalla Direttiva 95/16/CE.Non è stata data cioè ancora concreta attua-zione, al contrario di altri Stati membri UE,alla Raccomandazione della Commissione Euro-pea 8 giugno 1995, sul miglioramento della sicu-rezza degli ascensori esistenti. Il CEN ha già datempo pubblicato la norma EN 81-80 “Regoleper il miglioramento della sicurezza degli ascen-sori per passeggeri e degli ascensori per merciesistenti”, la cui versione italiana è stata anchepubblicata sulla G.U. n. 27 del 2 febbraio 2006.

Tale norma ha individuato ben 74 situazioni dipericolo o di rischio che potrebbero essere pre-senti sugli ascensori installati prima del 1999 edha indicato le misure per eliminarli, ma ad ogginon è stato introdotto un obbligo giuridico vin-colante di adeguamento dell’impianto a seguitodell’analisi dei rischi prevista dalla EN 81-80.Prima infatti il D.M. (Attività Produttive) 26ottobre 2005 “Miglioramento della sicurezzadegli impianti di ascensore installati negli edificicivili precedentemente alla data di entrata invigore della direttiva 95/16/CE” (7) non havisto emanato il decreto direttoriale che desseil via agli adeguamenti e poi il D.M. (Sviluppoeconomico) 23 luglio 2009 “Miglioramento dellasicurezza degli impianti ascensoristici anteriorialla direttiva 95/16/CE” (8), che imponeva diret-tamente il miglioramento sulla base della EN 81-80, è stato annullato e reso inefficace dallagiustizia amministrativa.

Elemento Controllo

Controllare il dispositivo della porta per la protezione del passeggero.Controllare la lubrificazione.

Livellamento al piano Controllare la precisione della fermata.

Interruttori di finecorsa Controllare il funzionamento.

Limitatore del tempo di alimentazione delmotore Controllare il funzionamento.

Dispositivi elettrici di sicurezzaControllare il funzionamento.Controllare la catena elettrica delle sicurezze.Controllare che i fusibili siano idonei al circuito da proteggere.

Dispositivo di allarme di emergenza Controllare il funzionamento.

Comando e segnalazione ai piani Controllare il funzionamento.

Illuminazione del vano di corsa Controllare il funzionamento.

(7) G.U. 14 novembre 2005, n. 265. (8) G.U. 17 agosto 2009, n. 189.

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Tabella 5 - Elenco dei controlli di manutenzione su ascensori idraulici

Elemento Controllo

Generale Controllare che tutti i componenti siano puliti e privi di polvere e corrosione.

Fossa vano di corsa Controllare l’eccesso di olio o grasso sotto le guide.Controllare che la zona della fossa sia pulita asciutta e priva di detriti.

Ammortizzatori

Controllare il livello dell’olio.Controllare la lubrificazione.Controllare il contatto elettrico (se installato).Controllare il fissaggio.

Serbatoio della centralina Controllare il livello del fluido idraulico.Controllare le perdite del serbatoio e delle valvole.

Pistone Controllare le perdite d’olio.

Pistone telescopico Controllare la sincronizzazione.

Quadro di manovra Controllare che l’armadio sia pulito, asciutto e libero da polvere.

Limitatore di velocità e tenditoreControllare l’usura e il libero movimento delle parti mobili.Controllare il funzionamento.Controllare il contatto elettrico.

Puleggia(e) principale(i)

Controllare l’usura delle gole.Controllare l’anormale rumorosità e/o le vibrazioni dei cuscinetti.Controllare le protezioni.Controllare la lubrificazione.

Guide della cabina, della massa di bilanciamento, delpistone

Controllare lapresenzadiunapellicolad’olio,doverichiesta, su tutte lesuperfici delleguide.Controllare il fissaggio.

Pattini di guida della cabina, della massa di bilancia-mento, del pistone

Controllare l’usura dei pattini e dei rulli.Controllare il fissaggio.Controllare la lubrificazione dove necessaria.

Cavi elettrici Controllare l’isolamento.

Cabina dell’ascensore Controllare l’illuminazione di emergenza, i pulsanti di cabina, gli interruttori a chiave.Controllare i fissaggi dei pannelli e del cielino.

Paracadute, dispositivoa tacchetti, dispositivoamorsa

Controllare il libero movimento e l’usura delle parti mobili.Controllare la lubrificazione.Controllare il fissaggio.Controllare il funzionamento.Controllare il contatto elettrico.

Funi e catene di sospensione Controllare l’usura, l’allungamento e la tensione.Controllare la lubrificazione solo dove prevista.

Attacchi funi/catene di sospensione Controllare il deterioramento e l’usura.Controllare il fissaggio.

Porte di piano

Controllare il funzionamento dei dispositivi di blocco delle porte di piano.Controllare che le porte scorrano liberamente.Controllare il guidaggio della porta.Controllare i giuochi della porta.Controllare l’integrità della funicella, catena o cinghia quando usata.Controllare il dispositivo di sbloccaggio di emergenza della porta.Controllare la lubrificazione.

Porta di cabina

Controllare il contatto di chiusura o bloccaggio.Controllare che la porta scorra liberamente.Controllare il guidaggio della porta.Controllare i giuochi della porta.Controllare l’integrità della funicella o catena quando usata.Controllare il dispositivo per la protezione del passeggero.Controllare la lubrificazione.

Livellamento al piano Controllare la precisione della fermata.

Interruttori di finecorsa Controllare il funzionamento.

Limitatore del tempo di alimentazione del motore Controllare il funzionamento.

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Elemento Controllo

Dispositivi elettrici di sicurezzaControllare il funzionamento.Controllare la catena elettrica delle sicurezze.Controllare che i fusibili siano idonei al circuito da proteggere.

Dispositivo di allarme di emergenza Controllare il funzionamento.

Comandi e segnalazioni ai piani Controllare il funzionamento.

Illuminazione del vano di corsa Controllare il funzionamento.

Dispositivo antideriva Controllare il funzionamento.

Valvola di blocco, valvola limitatrice di flusso in unadirezione Controllare il funzionamento.

Valvola di sovrapressione Controllare il funzionamento.

Valvola di discesa manuale Controllare il funzionamento.

Pompa a mano Controllare il funzionamento.

Tubazione e raccordi Controllare danneggiamenti e perdite.

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Sicurezza nei cantieri

Il coordinamento in fasedi progettazionee come strutturare un PSCAntonio Pedna - Architetto - TechIOSH - Coordinatore per la sicurezza

La normativa e la sua applicazione

Il Titolo IV del D.Lgs. n. 81/2008 si occupa deicantieri temporanei e mobili, individuando ruolie procedure peculiari rispetto a quanto invece èdefinito nel Titolo I del decreto, il cui contenuto siapplica indiscriminatamente a tutte le attività lavo-rative, in realtà con una serie di precisazioni elencateall’art. 3.A differenza di quanto previsto nelle altre realtàproduttive, in un cantiere temporaneo mobile ven-gono individuate nuove figure, ciascuna con le pro-prie peculiarità. Oltre ai ruoli consueti: datore dilavoro, dirigente, preposto, lavoratore, troviamo:— un committente dell’opera, che è colui che forni-sce l’impulso per il lavoro;— un responsabile dei lavori, che è la figura che puòessere incaricata dal committente per supportarlonello svolgimento di alcune operazioni;— delle imprese esecutrici;— dei lavoratori autonomi che contribuiscono adeseguire l’opera.Oltre a questi ruoli, la norma introduce anche lanecessità di individuare un coordinatore per la sicu-rezza in fase di progettazione ed uno in fase di esecu-zione, con ruoli e responsabilità complesse. Perultimo, nel D.Lgs. n. 81/2008, sono definiti duedocumenti: il Piano di Sicurezza e Coordinamento(PSC) e il Piano Operativo di Sicurezza (POS), chesono gli strumenti con cui la Committenza, intesacome quel complesso di ruoli che prende l’iniziativadell’intervento edile, e i costruttori, ciascuno di essiseparatamente, pianificano le attività del cantiere.

La Direttiva originale fu recepita nel 1996 con ilD.Lgs. n. 494/1996, che fu emendato dopo qualcheanno dal D.Lgs. n. 528/1999 e integrato col D.P.R.n. 222/2003, nella migliore tradizione legislativaitalica. Il testo attualmente in vigore, se esclu-diamo alcuni sbandamenti, è molto più similealla Direttiva originale di quanto fosse il primorecepimento, il D.Lgs. n. 494/1996, che fu unanorma veramente pessima.La scadente redazione del primo recepimento dellaDirettiva Europea è una delle cause principali di unaserie di problemi, malintesi e malfunzionamenti cheil settore si porta appresso ormai da più di vent’anni.Questi sono, a parte e il solito vizio nostrano di darepiù importanza ad una certa formalità, superficial-mente considerata, piuttosto che alla sostanza, l’at-tenzione eccessiva sulla fase esecutiva del processo dicostruzione a scapito di quella di pianificazione,quando la Direttiva originale intendeva propriol’opposto.Generalizzando, in questi anni si sono visti:— piani di sicurezza e coordinamento, ma anchepiani operativi di sicurezza, scadenti e di fatto inutili,senza che però questo venisse percepito come rile-vante. In sostanza, sollevare qualche problema acausa di un PSC inadeguato o chiedere ad unaimpresa di produrre un POS con un po’ di sostanzaera visto come l’inutile esercizio di un seccatore;— coordinatori per la sicurezza in fase di esecuzioneritenuti responsabili di ogni tipo di violazione avve-nisse in cantiere, compresa (chi scrive ne è testi-mone) la pulizia dei bagni di cantiere;— coordinatori per la sicurezza in fase di progetta-zione completamente ignorati, sia in fase di proget-tazionedal committenteodai progettisti, sia in fase diesecuzione dalle autorità di vigilanza e dalle imprese eridotti ad interpretare ruoli marginali nel processoedilizio.

L’attuale norma, la cui origine si deve alla Direttiva 92/57/CEE, alnetto delle revisioni minori, è il frutto di un generale processo disistematizzazione della normativa in materia di salute e sicurezzache si era accumulata negli anni, che ha prodotto l’attualeD.Lgs. n.81/2008.

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Per giungere a questo, la Direttiva 92/57/CE, checontava in origine 14 articoli, fu trasposta in undecreto legislativo di ben 25, con cinque differentiallegati, incrementandone il peso delle prestazioni edinserendone alcune palesemente incongrue e - nelpensiero di chi scrive - addirittura contrarie all’ordi-namento italiano.Con il Testo Unico la questione si è parzialmentenormalizzata: il Titolo IV, Capo I, “Misure per lasalute e sicurezza nei cantieri temporanei e mobili”,è stato ridimensionato ad un più accettabilenumero di 16 articoli. Restano alcune criticità,così come nella pratica professionale corrente sisono depositate incrostazioni dovute a male prati-che ormai ventennali, le cui responsabilità sonodovute a diversi ruoli

I professionistiGrandi responsabilità sono da addebitare ai pro-fessionisti, intesi come gruppo organizzato porta-tore di legittimi interessi, i quali si sono accostatialla novità in maniera impreparata e superficiale.In particolare, all’inizio si è dato per scontato cheper leggere una norma innovativa come la Diret-tiva 92/57/CE non fosse necessaria alcuna prepa-razione giuridica, il che è stato palesemente unerrore. Solo relativamente di recente si è iniziatoa trattare nei corsi di formazione e di aggiorna-mento della tecnica per l’interpretazione dellalegge, inserendo la disciplina sul coordinamentonel più generale ambito dell’ordinamentonormativo.In più all’epoca ai professionisti era estraneo il con-cetto di piano, visto che tutta la formazione e attivitàprofessionale era incentrata sul concetto di progetto.La differenza sta tra un approccio dinamico algoverno del cantiere (piano), in cui vengono predi-sposti strumenti per il controllo di una situazionecontinuamente mutevole, e uno statico (progetto),in cui vengono definite (congelate) una o più condi-zioni temporali dei lavori.

Nonpossedendo gli strumenti culturali per affrontareun piano, i professionisti ne hanno prodotto di abo-minevoli, pletorici, patetici, in poche parole inutili,e come tali giustamentemessi daparte.Qualcuno tra ipiù generosi, intendendo che progetto fosse parolapiù nobile di piano, ha prodotto “progetti della sicu-rezza”, con risultati anche rilevanti sottodiversi puntidi vista, ma poco ai fini espressi dalla norma.I professionisti negli anni non sono stati in grado diriconoscersi in un modello condiviso di comporta-mento in relazione agli obblighi sanciti dalla norma:il crollo delle parcelle era un fenomeno già benvisibile prima del restringersi del mercatodell’edilizia, che ha portato il colpo finale. Il risultatoè ben visibile ed è nel sostanziale blocco e regressionedel miglioramento dell’applicazione della normativasul coordinamento della sicurezza.

Il legislatoreGravi responsabilità ha il legislatore, che ha promul-gato un testo confuso e velleitario. L’impressione èche, siccome la sicurezza sul lavoro è un facile argo-mento da campagna elettorale (ma spesso rimanesolo questo), si sia fatta prendere la mano permostrarsi particolarmente determinato, senzaahimè che a tale determinazione si accompagnassealmeno una preparazione professionale adeguata. Inrealtà, i ritardi nel recepimento della Direttiva, que-sta come altre relative alla sicurezza negli ambienti dilavoro, le successive riscritture e le infrazioni conte-state dall’Unione, fanno credere che il fervore sullasicurezza nei cantieri fosse relativamente tiepido, e laprincipale spinta al recepimento della Direttiva siastata la pressione degli organismi dell’Unione. Vistasotto questa prospettiva, sarebbe stato molto megliorecepire la Direttiva tout court, senza lanciarsi inavventurose riscritture.

Gli organismi di vigilanzaAl netto di alcune, purtroppo limitate, esperienzelocali, gli organismi di vigilanza hanno scontatoassieme le velleità del legislatore e l’impreparazionedei tecnici: direttive e linee guida si sono succedutenegli anni come strumenti interpretativi che nonhanno fatto altro che rendere ufficiale il panoramadi disorientamento.L’attività di vigilanza non è stata in grado di sanzio-nare con continuità i comportamenti devianti e diriconoscere e promuovere le buone pratiche, in que-sto si deve dire aiutata da un meccanismo di tratta-mento del reato, quello del D.Lgs. n. 758/1994, che,rendendo di fatto impossibile contestare le

Un piano descrive la strategia adottata da un’organizzazione perraggiungere un determinato obiettivo. Per scrivere un buon pianooccorre determinare innanzitutto qual è l’obiettivo dello stesso (loscopo), quali sono i ruoli coinvolti, il comportamento che l’orga-nizzazione si attende e le risorse che essa mette loro a disposi-zione. Un elemento fondamentale per il piano è la dimensionetemporale, che può essere periodica (un’attività da ripetere ognisettimana, ad esempio), o a determinate scadenze o qualora siverifichino alcune condizioni.Il progetto, invece, è spesso semplicemente inteso come il com-plesso degli studi, dei calcoli e dei disegni che determinano laforma e le caratteristiche del bene da realizzare.

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prescrizioni elevate dagli organismi di vigilanza inseguito ad una violazione, altrettanto ha impedito lostabilirsi di una corretta e salutare dialettica profes-sionale tra professionista e ispettore.Con l’introduzione della disciplina regolamentatadal D.Lgs. n. 231/2001 sulla responsabilità ammini-strativa delle persone giuridiche, è diventata poiconsuetudine l’allargamento del numero degli inda-gati per processi relativi ad incidenti sui cantieri, ilche ha portato ad un ulteriore fattore di complica-zione, che rende sempre più necessario il rivolgersi atecnici in possesso di solide professionalità ed espe-rienza. La conseguenza è stata che spesso l’indagine,ovvero l’attività sistematica volta ad appurare laverità intorno a determinati fatti, si è spostata semprepiù dalla polizia giudiziaria alla magistraturagiudicante.

Principali caratteristiche della Direttiva 92/57/CEE

Le norme di legge sono documenti che diconomoltopiù di quello che normalmente, superficialmente,leggiamo. Una delle cose più importanti che ci spie-gano, spesso, è il motivo per cui sono state scritte:nelle Direttive Europee è il testo prima dell’artico-lato, i cosiddetti “considerando”. I motivi per cui laDirettiva 92/67/CE è stata scritta, e quindi i motiviper i quali si presume debba essere applicata, sonoelencati in bellamostra. I primi quattro considerandosono dichiarazioni di principio che hanno rilevanzapolitica, non tanto tecnica, e possono essere rappre-sentati dal primo di essi:“Considerando che l’articolo 118 A del trattato pre-vede che il Consigli adotti, mediante direttiva, pre-scrizioniminime per promuovere ilmiglioramento inparticolare dell’ambiente di lavoro, per garantire unpiù elevato livello di protezione della sicurezza e dellasalute dei lavoratori”.La prima considerazione di carattere tecnico è ilconsiderando numero 5. I cantieri sono luoghi parti-colarmente pericolosi:“Considerando che i cantieri temporanei o mobilicostituiscono un settore di attività che esponei lavoratori a rischi particolarmente elevati”.Ma è a partire dal considerandonumero 6 che si iniziaa delineare la ratio della nuova norma: una parterilevante degli incidenti sono attribuibili a sceltearchitettoniche e/o organizzative non adeguate o aduna carente pianificazione all’atto della progetta-zione dell’opera:“Considerando che le scelte architettoniche e/oorganizzative non adeguate o una carente

pianificazione dei lavori all’atto della progettazionedell’opera hanno influito su più della metà degliinfortuni del lavoro nei cantieri nella Comunità”.Analogamente, la norma sottolinea la pericolositàconnaturata alla presenza simultanea o successiva diimprese differenti nello stesso cantiere:“Considerando che, all’atto della realizzazione diun’opera, una carenza di coordinamento in partico-lare dovuta alla presenza simultanea o successiva diimprese differenti su uno stesso cantiere temporaneoo mobile può comportare un numero elevato diinfortuni del lavoro”.Per questi motivi, la nuova normativa andrà ad inci-dere sul coordinamento dei veri operatori, findall’elaborazione del progetto:“Considerando che risulta pertanto necessario unrafforzamento del coordinamento fra i vari operatorifin dall’elaborazione del progetto e altresì all’attodella realizzazione dell’opera”.Contrariamente a quanto siamo abituati, siamo difronte ad una esplicita e chiara dichiarazionedi intenti di un processo ben strutturato:1) ci siamo impegnati a migliorare le condizionidi salute e sicurezza sul lavoro e i cantieri edili devonoavere un’attenzione particolare perché sono luoghipericolosi;2) gran parte degli incidenti nei cantieri sono dovutia carenze progettuali e/o di pianificazione;3) una condizione critica tipica dei cantieri, come lapresenza in contemporanea o in successione di piùimprese, è un ulteriore fattore critico;4) di conseguenza valutiamo sia necessario il raffor-zamento del coordinamento tra i vari operatori già infase di elaborazionedel progetto, pernondire durantela sua realizzazione.Si può forse dire altrettanto dei vari recepimentiitaliani di questa Direttiva, incluso l’ultimo? Dalmomento che uno dei momenti critici del processoedilizio è stato individuato nella fase delle scelteprogettuali, possiamo dire che vent’anni di applica-zione di questa norma in Italia ha portato a cambia-menti radicali in quest’ambito?

Un esame comparato

La distanza tra le intenzioni del legislatore europeo ela concreta applicazione della norma in Italia è leg-gibile già a questo livello: da una parte una dichiara-zione di principi e di obiettivi, dall’altra nulla. Il solcosi allarga procedendo con la lettura di quanto inconcreto viene organizzato dalla Direttiva, in paral-lelo con come la prescrizione è stata recepita in Italia.Il responsabile dei lavori:

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— Direttiva 92/57/CE: Qualsiasi persona fisica ogiuridica incaricata della progettazione e/o dell’ese-cuzione e/o del controllo dell’esecuzione dell’operaper conto del committente;— D.Lgs. n. 81/2008: Soggetto che può essere inca-ricato dal committente per svolgere i compiti ad essoattribuiti dal presente decreto.

La Direttiva 92/57/CE prevede che possa essere siauna persona fisica che un’organizzazione, e che sia unruolo individuato per mezzo dell’attività che svolgeall’internodel processo edilizio, piuttosto cheoggettodi una nomina precisa. Un poco come vengonodefiniti i ruoli della linea dell’organigramma nelTitolo I del D.Lgs. n. 81/2008: se ti comporti dapreposto, o hai le prerogative del preposto, sei unpreposto anche in assenza di un incarico formale edevi sottometterti alle relative responsabilità.Cosa cambia, all’atto pratico? L’integrazione coattadi due figure, che la norma italiana considera diffe-rentemente o non considera affatto, nei processidefiniti dal coordinamento della sicurezza.Chi è la persona fisica o giuridica incaricata dellaprogettazione dell’opera, se non il progettista?È costui che diventa responsabile in prima personadelle scelte architettoniche e organizzative, nell’ot-tica della pianificazione del cantiere (art. 4: “… iprincipi generali di prevenzione in materia di sicu-rezza e di salute previsti dalla 89/391/CEE sono presiin considerazione dal responsabile dei lavori e, se delcaso, dal committente”). È importante osservare chela Direttiva 89/391/CEE è stata recepita in Italia conil D.Lgs. n. 626/1994 ed oggi i principi generali diprevenzione sono quelli elencati all’art. 15 del D.Lgs.n. 81/2008 sotto il titolo “Misure generali di tutela”.E così ragionando, quale può essere la persona giuridicaincaricata dell’esecuzione dell’opera, se non l’impresaesecutrice? In sintesi, la definizione italiana di respon-sabile dei lavori introduce un ruolo passivo, direi quasinotarile, che fa solo finta di governare un processodinamico, lasciando la responsabilità delle scelte criti-che al committente, che può essere completamenteincompetente sotto il profilo tecnico e gestionale, eche salvo casi di organizzazioni che professionalmentegestiscono un patrimonio costruito, è tale.

Al contrario, il legislatore europeohacompresocomeil processo edilizio sia divenuto troppo complesso epericoloso per lasciare che venga gestito da personeinesperte, e va ad agire sui ruoli che ne hanno fattouna professione.Al legislatore italiano veniva richie-sto di superare la tradizionale bipartizione dei ruoli:da una parte il committente, dall’altra l’impresa, infavore del tipico, innovativo rapporto comunitario incui è al produttore professionale di beni e servizi, chedi volta involta è il progettista, l’impresa esecutriceo,volendo, il direttore dei lavori, cui è fatto l’obbligo ditutelare il consumatore. Gli esiti sono sotto gli occhidi tutti.

Il coordinamento in fase di progettazioneCome si è visto, secondo la Direttiva europea iprogettisti, nella loro veste di responsabili dei lavori,hanno l’obbligo di assoggettare la propria attività allemisure generali di tutela. Il coordinatore in fase diprogettazione ha invece i seguenti compiti:— coordina appunto l’applicazione di tali misure,agendo su come si relazionano tra di loro i differentiprogettisti e le varie parti del progetto;— elabora o fa elaborare un piano di sicurezza e salutee appronta un fascicolo, documenti sui qualitorneremo.Nel recepimento italiano la gerarchia di questi obbli-ghi è significativamente ribaltata, il che dà la misuradella persistenza del fraintendimento del legislatore,già avvertita con la definizione di responsabile deilavori. Il coordinatore ha la responsabilità principaledi redigere il piano ed il fascicolo, che sarannooggetto di un esame in seguito.Solo al terzo posto, introdotto nel 2009, dopo unanno dalla edizione originale delTestoUnico, all’art.91 comma 1, lettera b-bis viene inserito un riferi-mento ad un’attività di coordinamento:“Coordina l’applicazione delle disposizioni di cuiall’articolo 90, comma 1”che fa riferimento all’obbligo del committente o delresponsabile dei lavori, secondo la definizione ita-liana, di attenersi alle misure generali di tutela almomento delle scelte architettoniche, tecniche edorganizzative.C’èdaosservare che, dalmomento che il responsabiledei lavori italiano è il committente o un suo incari-cato, necessariamente l’ambito di azione di questo èdifferente da quello del progettista dell’opera e, senzadubbio, meno efficace rispetto a quanto previsto dallegislatore europeo. A questo livello le scelte al mas-simo potranno essere efficaci a livello di politica, ma

Tra le due definizioni la differenza è abissale. In Italia il responsabiledei lavori è un ruolo facoltativo (può essere incaricato), una personafisica vicaria rispetto al committente, il cui campo d’azione èstrettamente definito e, cosa fondamentale, oggetto di un incaricoche deve essere esplicitamente affidato.

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mancheranno totalmente dell’aspetto tecnico, che èquello individuato come carente dai “considerando”.

Il piano di coordinamentoIl PSC è definito dal D.Lgs. n. 81/2008 con l’art. 100,comma 1, che rimanda all’allegato XV, il quale a suavolta ne dettaglia specificatamente i contenuti. Quisono introdotti gli oneri della sicurezza, che l’Europaintera ci invidia. La Direttiva 92/57/CE, molto piùsemplicemente, individua tre requisiti per il piano disicurezza e salute:1) precisare le regole applicabili al cantiereinteressato;2) tenere conto, se necessario, delle attività che sisvolgono sul luogo;3) contenere misure specifiche per i lavori che rien-trano in una o più categorie dell’allegato II.Per comprendere pienamente le aspettative suscitatedal primopuntodiquestoelencoènecessario scorrerela norma per farsi un’idea dell’organizzazione gene-rale del cantiere che la Direttiva sottende.Se, infatti, andiamo all’art. 9 della Direttiva, sco-priamo che sono i datori di lavoro ad essere responsa-bilizzati al mantenimento in cantiere di adeguatecondizioni di sicurezza ed igiene del lavoro, come giàprevisto dall’art. 6 della Direttiva 89/391/CEE inquanto l’applicazione della direttiva cantieri, “lasciaimpregiudicato il principio della responsabilità deidatori di lavoro prevista dalla direttiva 89/391/CEE.”Ne deriva che quello che è parte rilevante del conte-nuto del PSC, così come trasposto nella normativaitaliana, specialmente in materia di definizione deiservizi logistici e assistenziali per i lavoratori, organiz-zazionedel layoutdel cantiere, gestionedi attrezzature emezzi, nella concezione originale della direttiva can-tieri è responsabilità degli appaltatori. La conseguenzaè che le regole applicabili al cantiere interessato, checostituiscono una delle componenti del piano di sicu-rezza e salute nella concezione della Direttiva, sarannoeffettivamente regole, ovvero definizioni di modalitàdi azione e limiti operativi, piuttosto che prescrizionirelative alla fornitura di attrezzature e di servizi, cosìcome è venuto a configurarsi nel recepimento italiano.Una delle ricadute di questo ennesimomalinteso nelrecepimento della norma ha favorito la nascita deglioneri della sicurezza, con l’ipocrisia della proibizionedel loro assoggettamento al ribasso d’asta, sottinten-dendo che sulla sicurezza non si fanno sconti. Glioneri della sicurezza non sono stati previsti nellaDirettiva originale, non è stata prevista nessunavalutazione economica delle prestazioni richiestedal piano di sicurezza e salute, tanto meno separata

da quanto valutato per il resto del progetto, peralmeno due buoni motivi:— il piano di sicurezza e salute è costituito in granparte da indicazioni procedurali (regole) e non dallaprescrizione di forniture di beni o di servizi, per cuifare il calcolo dell’eventuale aggravio economico ditali procedure è un esercizio in ogni caso difficile e discarso costrutto.Tantopiù se i lavori vengonoaffidatia corpo o, addirittura, chiavi in mano;— il responsabile dell’organizzazione dell’ambientedi lavoro con criteri di sicurezza ed igiene è, per ognitipo di industria e di servizio, il datore di lavorointeressato e tale rimane nell’edilizia. Questo, ascanso di equivoci, è affermato esplicitamente all’art.7, comma 2 della Direttiva. Non si capisce perchéspetti ad un soggetto esterno all’organizzazione azien-dale (il committente) individuare come questi debbaadempiere alla norma e riconoscergliene il costo.

Il secondo punto (“tenere conto, se necessario, delleattività che si svolgono sul luogo“) ha una effettivacorrispondenza con il punto 2.2.1 dell’allegato XV alD.Lgs. n. 81/2008, quando parla del contenutominimo del PSC in relazione all’area di cantiere.È da sottolineare come il dettato della Direttivaeuropea siaperòpiù esplicito.Questa torna a staccarsidecisamente dal suo recepimento italiano quando siriflette sul terzo punto di questo elenco, le misurespecifiche per i lavori che rientrano in una o piùcategorie dell’allegato II. L’allegato alla Direttivacontiene l’elenco non esauriente dei lavori compor-tanti rischi particolari per la sicurezza e la salute deilavoratori, che è stato recepito dalla norma italianacon l’allegatoXI. LaDirettiva richiede di definire nelpiano di sicurezza e salute misure specifiche, ovveroindicazioni operative su come dovranno essere ese-guiti i lavori; il D.Lgs. n. 81/2008 inserisce invece unrichiamo a questi rischi particolari, all’art. 100,comma 1, anche se in termini piuttosto confusi. Siparla infatti di prescrizioni correlate alla complessitàdell’opera da realizzare ed alle eventuali fasi critichedel processo di costruzione, atte a prevenire o ridurre irischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivicompresi i rischi particolari di cui all’allegato XI, chesembra individuare la richiesta di una prestazione

Il mancato assoggettamento di una voce di capitolato all’eventualeribasso d’asta è un nonsenso: non si capisce perché un commit-tente sia obbligato a riconoscere un prezzo maggiorato rispetto aquanto un’impresa riesce a offrire, a parità di prestazione. Il pro-blema in cantiere, per la sicurezza come per l’opera, è sempre efondamentalmente la prestazione: se qualcuno è stato superficialeo ha messo in programma di fare il furbo, mal gliene incolga.

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decisamente inferiore rispetto alle misure specificherichieste dalla direttiva.

Il coordinatore in fase di esecuzioneAnche l’attività del coordinatore in fase di esecu-zione differisce molto in Italia da quanto originaria-mente previsto nella Direttiva 92/57/CEE.Innanzitutto nella Direttiva europea il coordinatoreè chiamato così perché appunto gli viene richiestauna azione di coordinamento e non un surrettiziocontrollo, come nel testo unico. Inoltre è rilevante ilfatto che il PSC ha contenuti diversi dal piano disicurezza e salute dellaDirettiva e che la verifica dellasua applicazione presuppone una attività più impe-gnativa rispetto al mero coordinamento dell’applica-zione di un documento dai contenuti più limitati.

Come strutturare un PSC

Un approccio ragionato alla normativa italianaIl coordinamento della sicurezza nei cantieri, in fase diprogettazione come in fase di esecuzione, è previsto dauna legge dello stato italiano ormai da più di ven-t’anni: il modo in cui questo ha recepito la Direttivaeuropea presenta diverse differenze dal dettato comu-nitario. Questa impostazione di base, che si distaccavadalla Direttiva in maniera abbastanza accentuata,negli anni è statamodificata passo passo per ricondurladi più secondo le intenzioni della Direttiva.

È comunque importante riferirsi allaDirettiva 92/57/CEEper la semplice considerazionechequestanormaè coordinata e strutturata per un programma ed unobiettivo, che sono chiaramente esplicitati nei “con-siderando” e nell’articolato. Questo torna sempreutile quandoci si va ad imbatterenelle contraddizionie nei vuoti che si trovano nel testo italiano, anche acausa della sua continua riscrittura.Ciò non toglie che nell’applicazione quotidiana delTitolo IV del D.Lgs. n. 81/2008, e anche nel provve-dimento stesso, è possibile imbattersi in contraddi-zioni ed illogicità che molto spesso sono solo però unescamotage per potere andare avanti.Possono essere problematiche le parti del PSC indi-viduate come “contenuto del PSC in riferimento

all’“organizzazione del cantiere” (D.Lgs. n. 81/2008,All. XV, § 2.2.2), dove in alcune parti si ribaltasingolarmente la responsabilità dell’organizzazionedella logistica dell’impianto produttivo dal datoredi lavoro dell’impresa esecutrice al committente;ben più ostica è la parte “contenuto del PSC inriferimento alle lavorazioni” (D.Lgs. n. 81/2008,All. XV, § 2.2.3) con la sua bizzarra distinzione deirischi specifici propri dell’attività dell’impresa, senzache al momento della sua redazione possa essere datoa sapere comeeffettivamente sarannoaffidati i lavori.

Alcune riflessioni sui documenti previstida normeNel ragionare su come impostare per la prima voltaundocumentoprevisto daunanorma,nel nostro casoil D.Lgs. n. 81/2008 agli art.100 e allegato XV,occorre fare alcune riflessioni preliminari che, alsolito, possono essere banali, ma che spesso diven-tano fonte di problemi, quando trascurate.La legge è scritta sin dai tempi di Hammurabi (Meso-potamia, circa XIX secolo a.C.) per fare in modo checiascuno possa avere un chiaro quadro delle proprieresponsabilità. La sua applicazione deve essere lette-rale, secondo quanto fatto palese dal significato pro-prio delle parole secondo la connessione di esse(Preleggi, art. 12). In più, nessuna prestazione perso-nale o patrimoniale può essere imposta se non in basealla legge (Costituzione della Repubblica Italiana,art. 23). Ciò per dire che l’ambito di azione previstoper coordinatore in fase di progettazione, che redige ilsuo PSC, è quello definito letteralmente dall’art. 100e dall’allegato XV e nulla più.Il ruolo di chi redige un documento per soddisfare unobbligo legale è quello di rispettare la legge. Qualsiasiintegrazione o aggiunta deve essere valutata con pon-derazione, per essere sicuri che si tratti effettivamentedi una modifica in positivo e sincerarsi che non vengamodificato il profilo di responsabilità dell’estensore. Ilcoordinamento è una professione: il mondo si cambianel tempo libero. Il D.Lgs. n. 81/2008 ha per la primavolta introdotto l’art. 299 dal significativo titolo“Esercizio di fatto di poteri direttivi”, che non hafatto altro che mettere per iscritto un principio giuri-sprudenziale ben noto: se si esercita fattivamente unruolo che non compete, si dovrà comunque farlosecondo i requisiti di legge, altrimenti se ne risponderàcome se quel ruolo effettivamente fosse il proprio.Questo per dire che se nel PSC, nell’ansia di gestireun particolare processo, si esorbita dal ruolo previstodalla norma per il coordinatore, andando ad invadere ilcampo di azione del datore di lavoro, in caso di

Restano comunque numerose incoerenze nell’applicazione dellanormativa italiana, che a volte sono anche rilevanti. Il fatto che inquesti anni ci si è concentrati nella vigilanza sulle condizioni deicantieri, non affrontando affatto un qualsiasi tipo di valutazionesistemica sugli strumenti e sugli obiettivi dell’applicazione dellanorma, anche se ciò può essere giustificato dalla situazione diallarme sociale a causa dell’elevato numero di infortuni nel settore,a poco è servito per strappare l’edilizia da condizioni di assolutaarretratezza culturale.

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incidente il coordinatore ne risponderà appunto comese fosse stato quest’ultimo: quanti processi a coordina-tori per l’esecuzione si sarebbero potuti evitare se ilcoordinatore per la progettazione fosse stato un pocopiù… misurato nelle sue asserzioni.Una delle destinazioni del PSC è la verifica della suaconformità alla norma, probabilmente alla ricerca diqualche errore od omissione, possibilmente conatteggiamento inquisitorio. È importante che questaconformità sia palese e di immediata verificabilità. IlD.Lgs. n. 81/2008, allegato XV, è organizzato comeun indice: il modo migliore per ottenere il risultatovoluto è strutturare il nostro documento letteral-mente secondo questo indice.È necessario curare anche l’aspetto estetico del docu-mento: sciatto è peggio che sbagliato, perché dà imme-diatamente la misura di quanto poco lavoro eattenzione siano stato dedicati per redigerlo. La curadeve essere per la sua apparenza e per la sostanza: perdocumentare un percorso tecnico in conformità aquanto stabilito dalle regole occorremunirsi di pazienzaper spiegarsi. Ciò serve principalmente per tutelarsi incaso di contestazione: per confutare un’asserzione èsufficiente un’altra asserzione. Per contestare una spie-gazione è necessaria un’altra spiegazione, che deveessere migliore.

La strutturaIl contenuto del PSC è definito dall’art. 100 del D.Lgs. n. 81/2008:“1. Il piano è costituito da una relazione tecnica eprescrizioni correlate alla complessità dell’opera darealizzare ed alle eventuali fasi critiche del processo dicostruzione, atte a prevenire o ridurre i rischi per lasicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi i rischiparticolari di cui all’Allegato XI, con specifico rife-rimento ai rischi derivanti dal possibile rinveni-mento di ordigni bellici inesplosi nei cantieriinteressati da attività di scavo, nonché la stima deicosti di cui al punto 4 dell’Allegato XV. Il piano disicurezza e coordinamento (PSC) è corredato datavole esplicative di progetto, relative agli aspettidella sicurezza, comprendenti almeno una planime-tria sull’organizzazione del cantiere e, ove la partico-larità dell’opera lo richieda, una tavola tecnica sugliscavi. I contenuti minimi del piano di sicurezza e dicoordinamento e l’indicazione della stima dei costidella sicurezza sono definiti all’Allegato XV”.Abbiamo qui tre elementi, uno dei quali - letavole - già con una articolazione minima(Tabella 1).

L’art. 100, fa poi riferimento per i dettagli all’al-legato XV, che è strutturato come un elencostrutturato, con il paragrafo 1.1 che contiene ledefinizioni di riferimento per il documento.Magari questo allegato avrebbe meritato una ulte-riore revisione, prima della sua pubblicazione:nulla da dire sui contenuti, se non che la loroindicizzazione è un poco confusa. Occorre qualchelettura per comprendere, infatti, che il capitolo2.1 mischia alcuni elementi oggettivi del PSC,come la descrizione e l’identificazione dell’opera ole misure di coordinamento per l’utilizzo di even-tuali servizi comuni, con altri che sono invececriteri di approfondimento delle analisi richiestein seguito, come la durata delle fasi o le procedurecomplementari e di dettaglio da richiedere con ilPOS delle imprese esecutrici.Il contenuto reale e strutturato del PSC parte dalcapitolo 2.2 dell’allegato XV (Tabella 2).I capitoli da 2.2.1 a 2.2.3 ci consentono di definire ilcontenuto della relazione tecnica con maggiore det-taglio (Tabella 3).La voce prevista al capitolo 1.3 ha bisogno di unaspiegazione: le lavorazioni previste devono esserescomposte in fasi, e - dice la norma - quandonecessario in sottofasi, e per ciascuna di questeoccorre la valutazione dei relativi rischi. L’elencodei controlli previsti dalla norma, quindi, deveessere ripetuto per ogni fase che viene definita.

Tabella 1 - Struttura PSC: primo livello

1. Relazione tecnica

2. Stima dei costi della sicurezza

3. Tavole esplicative di progetto

3.1.Planimetria sull’organizzazione del cantiere

3.2.Tavola tecnica sugli scavi

Tabella 2 - Struttura PSC: secondo livello

1. Relazione tecnica

1.1. Contenuto del PSC in riferimento all’area di cantiere

1.2.ContenutodelPSC in riferimentoall’organizzazionedel cantiere

1.3. Contenuto del PSC in riferimento alle lavorazioni

2. Stima dei costi della sicurezza

3. Tavole esplicative di progetto

Planimetria sull’organizzazione del cantiere

Tavola tecnica sugli scavi

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Oltre a questo occorre inserire il controllo previsto dalcapitolo 2.3, ovvero la gestione delle interferenze tra lelavorazioni. L’analisi del rischio di interferenza e leconseguenti prescrizioni operative per lo sfasamentospaziale o temporale delle lavorazioni interferenti, lemodalità di verifica del rispetto di tali prescrizioni e glieventuali accorgimenti per gestire il rischio residuo èopportuno vengano eseguiti fase per fase.Per i contenuti dei capitoli 1.1 e 1.2 probabilmenteoccorrerà comportarsi in maniera analoga, in caso diprogetti multi sito, come possono essere i cantieri digrandi infrastrutture.Con esclusione del contenuto del capitolo 1.2 perchétratta di apprestamenti logistici, di ciascuna dellevoci individuate in questo passo, la norma ricordacome sia necessario definire:— la valutazione dei rischi;— le scelte progettuali ed organizzative;— le procedure;— le misure preventive e protettive e, quando neces-sario produrre tavole o disegni tecnici esplicativi.La voce valutazione dei rischi, intesa come almeno ladescrizione del pericolo ed una quantificazione delpossibile esito non voluto, non è esplicitamenterichiesta dalla norma ma è comunque opportunoinserirla, per quanto appunto ricordato sopra: èopportuno documentare pazientemente il percorsotecnico che viene seguito, in conformità a quantostabilito dalle regole.A questo punto la struttura del nostro documento èdiventata quella in Tabella 4.

IntegrazioniQui ènecessario tornare al contenutodel capitolo 2.1dell’allegato XV che definisce i contenutiminimi delPSC.Questo presenta un elenco di requisiti, dei qualisolo alcuni sono stati approfonditi nei capitoli

seguenti. Occorre quindi inserire le informazioniancora mancanti.InTabella 5 è l’elenco di quanto previsto dal capitolo2.1, il testo barrato indica se si tratta di voci che sonostate riprese e ampliate nei capitoli successivi dell’al-legato XV.Così facendo saremo sicuri che la struttura deldocumento rispecchi perfettamente il contenutominimo previsto dalla norma. Non si tratta di unaoperazione così diretta come sarebbe stato auspi-cabile perché le leggi sono prodotti collettivi,frutto di compromessi e di approssimazioni. Que-sto ha come conseguenza che il testo possa nonessere coerente e sia comunque necessario unosforzo per interpretare e riordinare le cose. L’im-portante è che questo sforzo sia ridotto al minimoe sia sempre indirizzato a raggiungere una solu-zione chiara del problema, e non la sua compli-cazione. Questo perché ogni scostamento da comela legge articola i suoi requisiti, sia nel testo delleparole che vengono utilizzate, sia nell’ordine incui il contenuto è organizzato, può avere conse-guenze imprevedibili quando viene messo allaprova dei fatti reali, e ci si accorge che inavver-titamente sono stati introdotti fattori anomali,che hanno allontanato il nostro lavoro dalsenso palese del significato proprio delle parolesecondo la connessione di esse, e dalla intenzionedel legislatore.Il lavoro per produrre un documento professionale,però, non è ancora terminato. È consigliabile inte-grare il PSC con queste informazioni:— scopo;— riferimenti;— definizioni.Il nostro documento diventerà quindi come inTabella 6.

Tabella 3 - Struttura PSC: terzo e quarto livello

1. Relazione tecnica

1.1. Contenuto del PSC in riferimento all’area di cantiere

1.1.1. Caratteristiche dell’area di cantiere, con particolare attenzione alla presenza nell’area di cantiere di linee aeree e condutture interrate

1.1.2. Lavori stradali ed autostradali al fine di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori impiegati nei confronti dei rischi derivanti dal trafficocircostante

1.1.3. Rischio di annegamento

1.1.4. Eventuali rischi che le lavorazioni di cantiere possono comportare per l’area circostante

1.2. Contenuto del PSC in riferimento all’organizzazione del cantiere

1.2.1. Modalità da seguire per la recinzione del cantiere, gli accessi e le segnalazioni

Approfondimenti

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1.2.2. Servizi igienico-assistenziali

1.2.3. Viabilità principale di cantiere

1.2.4. Impianti di alimentazione e reti principali di elettricità, acqua, gas ed energia di qualsiasi tipo

1.2.5. Impianti di terra e di protezione contro le scariche atmosferiche

1.2.6. Disposizioni per dare attuazione a quanto previsto dall’art. 102 (consultazione degli RLS)

1.2.7. Disposizioni per dare attuazione a quanto previsto dall’art. 92, comma 1, lettera c) (organizzazione tra i datori di lavoro, ivi compresi ilavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione)

1.2.8. Eventuali modalità di accesso dei mezzi di fornitura dei materiali

1.2.9. Dislocazione degli impianti di cantiere

1.2.10. Dislocazione delle zone di carico e scarico

1.2.11. Zone di deposito attrezzature e di stoccaggio materiali e dei rifiuti

1.2.12. Eventuali zone di deposito dei materiali con pericolo d’incendio o di esplosione

1.3. Contenuto del PSC in riferimento alle lavorazioni

Fase (per ogni fase)

1.3.1.1. Analisi delle interferenze con altre fasi

1.3.1.1.1. Valutazione del rischio

1.3.1.1.2. Prescrizioni operative per lo sfalsamento spaziale o temporale delle lavorazioni

1.3.1.1.3. Modalità di verifica

1.3.1.1.4. Gestione del rischio residuo di interferenze

1.3.1.2. Rischio di investimento da veicoli circolanti nell’area di cantiere

1.3.1.3. Rischio di seppellimento negli scavi

1.3.1.4. Rischio di esplosione derivante dall’innesco accidentale di un ordigno bellico inesploso rinvenuto durante le attività di scavo

1.3.1.5. Rischio di caduta dall’alto

1.3.1.6. Rischio di insalubrità dell’aria nei lavori in galleria

1.3.1.7. Rischio di instabilità delle pareti e della volta nei lavori in galleria

1.3.1.8. Rischi derivanti da estese demolizioni o manutenzioni, ove le modalità tecniche di attuazione siano definite in fase di progetto

1.3.1.9. Rischi di incendio o esplosione connessi con lavorazioni e materiali pericolosi utilizzati in cantiere

1.3.1.10. Rischi derivanti da sbalzi eccessivi di temperatura

1.3.1.11. Rischio di elettrocuzione

1.3.1.12. Rischio rumore

1.3.1.13. Rischio dall’uso di sostanze chimiche

2. Stima dei costi della sicurezza

3. Tavole esplicative di progetto

3.1. Planimetria sull’organizzazione del cantiere

3.2.Tavola tecnica sugli scavi

Approfondimenti

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Tabella 4 - Struttura PSC: quinto livello

1. Relazione tecnica

1.1. Contenuto del PSC in riferimento all’area di cantiere

1.1.1. Caratteristiche dell’area di cantiere, con particolare attenzione alla presenza nell’area di cantiere di linee aeree e condutture interrate

1.1.1.1. Valutazione dei rischi

1.1.1.2. Scelte progettuali ed organizzative

1.1.1.3. Procedure

1.1.1.4 Misure preventive e protettive, quando necessario con tavole o disegni tecnici esplicativi

1.1.2. Lavori stradali ed autostradali al fine di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori impiegati nei confronti dei rischi derivanti dal trafficocircostante

1.1.2.1. Valutazione dei rischi

1.1.2.2. Scelte progettuali ed organizzative

1.1.2.3. Procedure

1.1.2.4. Misure preventive e protettive, quando necessario con tavole o disegni tecnici esplicativi

1.1.3. Rischio di annegamento

1.1.3.1. Valutazione dei rischi

1.1.3.2. Scelte progettuali ed organizzative

1.1.3.3. Procedure

1.1.3.4. Misure preventive e protettive, quando necessario con tavole o disegni tecnici esplicativi

1.1.4. Eventuali rischi che le lavorazioni di cantiere possono comportare per l’area circostante

1.1.4.1. Valutazione dei rischi

1.1.4.2. Scelte progettuali ed organizzative

1.1.4.3. Procedure

1.1.4.4. Misure preventive e protettive, quando necessario con tavole o disegni tecnici esplicativi

1.2. Contenuto del PSC in riferimento all’organizzazione del cantiere

1.2.1. Modalità da seguire per la recinzione del cantiere, gli accessi e le segnalazioni

1.2.2. Servizi igienico-assistenziali

1.2.3. Viabilità principale di cantiere

1.2.4. Impianti di alimentazione e reti principali di elettricità, acqua, gas ed energia di qualsiasi tipo

1.2.5. Impianti di terra e di protezione contro le scariche atmosferiche

1.2.6. Disposizioni per dare attuazione a quanto previsto dall’art. 102 (consultazione degli RLS)

1.2.7. Disposizioni per dare attuazione a quanto previsto dall’art. 92, comma 1, lettera c) (organizzazione tra i datori di lavoro, ivi compresi ilavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione)

1.2.8. Eventuali modalità di accesso dei mezzi di fornitura dei materiali

1.2.9. Dislocazione degli impianti di cantiere

1.2.10. Dislocazione delle zone di carico e scarico

1.2.11. Zone di deposito attrezzature e di stoccaggio materiali e dei rifiuti

1.2.12. Eventuali zone di deposito dei materiali con pericolo d’incendio o di esplosione

1.3. Contenuto del PSC in riferimento alle lavorazioni

1.3.1. Fase (per ogni fase)

1.3.1.1. Analisi delle interferenze con altre fasi

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1.3.1.1.1. Valutazione del rischio

1.3.1.1.2. Prescrizioni operative per lo sfalsamento spaziale o temporale delle lavorazioni

1.3.1.1.3. Modalità di verifica

1.3.1.1.4. Gestione del rischio residuo di interferenze

1.3.1.2. Rischio di investimento da veicoli circolanti nell’area di cantiere

1.3.1.2.1. Valutazione dei rischi

1.3.1.2.2. Scelte progettuali ed organizzative

1.3.1.2.3. Procedure

1.3.1.2.4. Misure preventive e protettive, quando necessario con tavole o disegni tecnici esplicativi

1.3.1.3. Rischio di seppellimento negli scavi

1.3.1.3.1. Valutazione dei rischi

1.3.1.3.2. Scelte progettuali ed organizzative

1.3.1.3.3. Procedure

1.3.1.3.4. Misure preventive e protettive, quando necessario con tavole o disegni tecnici esplicativi

1.3.1.4. Rischio di esplosione derivante dall’innesco accidentale di un ordigno bellico inesploso rinvenuto durante le attività di scavo

1.3.1.4.1. Valutazione dei rischi

1.3.1.4.2. Scelte progettuali ed organizzative

1.3.1.4.3. Procedure

1.3.1.4.4. Misure preventive e protettive, quando necessario con tavole o disegni tecnici esplicativi

1.3.1.5. Rischio di caduta dall’alto

1.3.1.5.1. Valutazione dei rischi

1.3.1.5.2. Scelte progettuali ed organizzative

1.3.1.5.3. Procedure

1.3.1.5.4. Misure preventive e protettive, quando necessario con tavole o disegni tecnici esplicativi

1.3.1.6. Rischio di insalubrità dell’aria nei lavori in galleria

1.3.1.6.1. Valutazione dei rischi

1.3.1.6.2. Scelte progettuali ed organizzative

1.3.1.6.3. Procedure

1.3.1.6.4. Misure preventive e protettive, quando necessario con tavole o disegni tecnici esplicativi

1.3.1.7. Rischio di instabilità delle pareti e della volta nei lavori in galleria

1.3.1.7.1. Valutazione dei rischi

1.3.1.7.2. Scelte progettuali ed organizzative

1.3.1.7.3. Procedure

1.3.1.7.4. Misure preventive e protettive, quando necessario con tavole o disegni tecnici esplicativi

1.3.1.8. Rischi derivanti da estese demolizioni o manutenzioni, ove le modalità tecniche di attuazione siano definite in fase di progetto

1.3.1.8.1. Valutazione dei rischi

1.3.1.8.2. Scelte progettuali ed organizzative

1.3.1.8.3. Procedure

1.3.1.8.4. Misure preventive e protettive, quando necessario con tavole o disegni tecnici esplicativi

1.3.1.9. Rischi di incendio o esplosione connessi con lavorazioni e materiali pericolosi utilizzati in cantiere

1.3.1.9.1. Valutazione dei rischi

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1.3.1.9.2. Scelte progettuali ed organizzative

1.3.1.9.3. Procedure

1.3.1.9.4. Misure preventive e protettive, quando necessario con tavole o disegni tecnici esplicativi

1.3.1.10. Rischi derivanti da sbalzi eccessivi di temperatura

1.3.1.10.1. Valutazione dei rischi

1.3.1.10.2. Scelte progettuali ed organizzative

1.3.1.10.3. Procedure

1.3.1.10.4. Misure preventive e protettive, quando necessario con tavole o disegni tecnici esplicativi

1.3.1.11. Rischio di elettrocuzione

1.3.1.11.1. Valutazione dei rischi

1.3.1.11.2. Scelte progettuali ed organizzative

1.3.1.11.3. Procedure

1.3.1.11.4. Misure preventive e protettive, quando necessario con tavole o disegni tecnici esplicativi

1.3.1.12. Rischio rumore

1.3.1.12.1. Valutazione dei rischi

1.3.1.12.2. Scelte progettuali ed organizzative

1.3.1.12.3. Procedure

1.3.1.12.4. Misure preventive e protettive, quando necessario con tavole o disegni tecnici esplicativi

1.3.1.13. Rischio dall’uso di sostanze chimiche

1.3.1.13.1. Valutazione dei rischi

1.3.1.13.2. Scelte progettuali ed organizzative

1.3.1.13.3. Procedure

1.3.1.13.4. Misure preventive e protettive, quando necessario con tavole o disegni tecnici esplicativi

2. Stima dei costi della sicurezza

3. Tavole esplicative di progetto

3.1. Planimetria sull’organizzazione del cantiere

3.1. Tavola tecnica sugli scavi

Tabella 5 - Contenuti minimi del PSC (allegato XV, capitolo 2.1)

— Identificazione e descrizione dell’opera

Indirizzo del cantiere

Descrizione del contesto in cui è collocata l’area di cantiere

Descrizione sintetica dell’opera, con particolare riferimento alle scelte progettuali, architettoniche, strutturali e tecnologiche

— Individuazione dei soggetti con compiti di sicurezza

Nominativo del responsabile dei lavori

Nominativo del coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione

Nominativo del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione (se nominato)

Nominativi dei datori di lavoro delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi (una volta selezionati)

— Relazione concernente l’individuazione, l’analisi e la valutazione dei rischi concreti, con riferimento all’area ed alla organizzazione delcantiere, alle lavorazioni ed alle loro interferenze

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Tabella 6 - Struttura PSC dopo integrazioni

1. Scopo

2. Riferimenti

3. Definizioni

4. Piano di Sicurezza e Coordinamento

4.1. Identificazione e descrizione dell’opera

4.1.1. Indirizzo del cantiere

4.1.2. Descrizione del contesto in cui è collocata l’area di cantiere

4.1.3. Descrizione sintetica dell’opera, con particolare riferimento alle scelte progettuali, architettoniche, strutturali e tecnologiche

4.2. Individuazione dei soggetti con compiti di sicurezza

4.2.1. Nominativo del responsabile dei lavori

4.2.2. Nominativo del coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione

4.2.3. Nominativo del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione (se nominato)

4.2.4. Nominativi dei datori di lavoro delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi (una volta selezionati)

4.3. Misure di coordinamento relative all’uso comune da parte di più imprese e lavoratori autonomi, come scelta di pianificazione lavorifinalizzata alla sicurezza, di apprestamenti, attrezzature, infrastrutture, mezzi e servizi di protezione collettiva

4.4.Modalità organizzative della cooperazione e del coordinamento, nonché della reciproca informazione, fra i datori di lavoro e tra questi ed ilavoratori autonomi

4.5. Organizzazione prevista per il servizio di pronto soccorso, antincendio ed evacuazione dei lavoratori, nel caso in cui il servizio di gestionedelle emergenze è di tipo comune, nonché nel caso di cui all’art. 94, comma 4; il PSC contiene anche i riferimenti telefonici delle strutturepreviste sul territorio al servizio del pronto soccorso e della prevenzione incendi

4.6. Durata prevista delle lavorazioni, delle fasi di lavoro e, quando la complessità dell’opera lo richieda, delle sottofasi di lavoro, checostituiscono il cronoprogramma dei lavori, nonché l’entità presunta del cantiere espressa in uomini-giorno

4.7. Tipo di procedure complementari e di dettaglio al PSC stesso e connesse alle scelte autonome dell’impresa esecutrice, da esplicitarenel POS

5. Relazione concernente l’individuazione, l’analisi e la valutazione dei rischi concreti, con riferimento all’area ed alla organizzazione delcantiere, alle lavorazioni ed alle loro interferenze

5.1. Contenuto del PSC in riferimento all’area di cantiere… in seguito come sopra.

Scelte progettuali ed organizzative, le procedure, le misure preventive e protettive

Prescrizioni operative, lemisurepreventiveeprotettiveed idispositivi di protezione individuale, in riferimentoalle interferenze tra le lavorazioni

—Misuredi coordinamento relativeall’usocomunedapartedi più impresee lavoratori autonomi, comesceltadipianificazione lavori finalizzataalla sicurezza, di apprestamenti, attrezzature, infrastrutture, mezzi e servizi di protezione collettiva

—Modalità organizzative della cooperazione e del coordinamento, nonché della reciproca informazione, fra i datori di lavoro e tra questi ed ilavoratori autonomi

—Organizzazioneprevistaper il serviziodiprontosoccorso, antincendioedevacuazionedei lavoratori, nel caso incui il serviziodi gestionedelleemergenzeédi tipocomune,nonchénel casodi cui all’art. 94, comma4; il PSCcontieneanche i riferimenti telefonici delle struttureprevistesulterritorio al servizio del pronto soccorso e della prevenzione incendi

—Durataprevistadelle lavorazioni, delle fasi di lavoroe, quando lacomplessitàdell’opera lo richieda,dellesottofasi di lavoro, checostituisconoil cronoprogramma dei lavori, nonché l’entità presunta del cantiere espressa in uomini-giorno

— Tipo di procedure complementari e di dettaglio al PSC stesso e connesse alle scelte autonome dell’impresa esecutrice, da esplicitarenel POS.

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Servizio di prevenzione e protezione

RLS: ruolo, funzioni e azionenel sistema di organizzazioneaziendale della prevenzionePierguido Soprani - Avvocato

La disciplina normativa

La figura del rappresentante dei lavoratori per lasicurezza (RLS) - al pari del responsabile del serviziodi prevenzione e protezione e delmedico competente- è stata introdotta ex novo dal D.Lgs. n. 626/1994.Unitamente al datore di lavoro e al RSPP, componequella che, con formula sintetica ed efficace, si puòdefinire la “triade gestionale” della sicurezzaaziendale.Il RLS è figura di tale importanza nel sistema dellasicurezza, che il legislatorenehaprevisto la costituzionein tutte le aziende, disciplinandone al tempo stesso leattribuzioni, fin nel dettaglio, direttamente nel TestoUnicodella sicurezza sul lavoro (art. 50delD.Lgs. n. 81/2008, già art. 19 del D.Lgs. n. 626/1994: v. Tabella 1).Secondo quanto dispone l’art. 15 del D.Lgs. n. 81/2008, la consultazione del RLS rientra tra le misuregenerali di tutela della salute e della sicurezza deilavoratori; compito essenziale del RLS è di filtrare leistanze provenienti dalla base dei lavoratori per poiveicolarle sui vertici direttivi e gestionali dell’im-presa, a fini di dialogo e di confronto.Nelle aziende che occupano fino a 15 dipendenti, ilRLS è eletto direttamente dai lavoratori al lorointerno; nelle realtà di maggiori dimensioni, l’ele-zione (o la designazione) deve avvenire di regola -dando così vita ad una sorta di “sindacalizzazione”della sicurezza - nell’ambito delle rappresentanzesindacali aziendali.L’elezione dei RLS avviene di norma in corrispon-denza della giornata nazionale per la salute e sicurezzasul lavoro, individuata, nell’ambito della settimanaeuropea per la salute e sicurezza sul lavoro, condecreto del Ministro del lavoro. Si tratta del c.d.election day.

Accanto al RLS aziendale, il D.Lgs. n. 81/2008 haintrodotto le figure del RLS territoriale (con riferi-mento a tutte le aziende o unità produttive del terri-torio o del comparto di competenza nelle quali nonsia stato eletto o designato il rappresentante deilavoratori per la sicurezza) e il RLS di sito produttivo(operante in contesti produttivi caratterizzati dallacompresenza di più aziende o cantieri, indicati exlege).Il RLS riceve le informazioni e la documentazioneaziendale per il proficuo espletamento dell’incarico,secondo quanto dispone l’art. 50 del D.Lgs. n. 81/2008, nonché copia delDVR. Il RLS è consultato neicasi previsti dalla normativa, e può avvalersi diesperti individuati dagli organismi paritetici aisensi dell’art. 5 del D.Lgs. n. 25/2007; della consulta-zione deve essere redatto processo verbale, sotto-scritto dal RLS per conferma dell’avvenutaconsultazione (Accordo interconfederale CON-FAPI 22 luglio 2009).Sotto il profilo della tutela giudiziaria, le RSU deilavoratori sono legittimate ex art. 9, legge n. 300/1970 e il RLS è legittimato ex art. 19, comma 1, lett.o), D.Lgs. n. 626/1994 a proporre azione direttadavanti al giudice per accertare la sussistenza dicondizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro(1). Per altro verso, gli strumenti di repressione dellacondotta antisindacale predisposti dall’art. 28 dellalegge 20 maggio 1970, n. 300 non si applicano alcomportamento del datore di lavoro limitativo del-l’attività del RLS (2).

Il ruolo funzionale

Il datore di lavoro ha per definizione la titolarità deipoteri decisionali e patrimoniali e le responsabilità

(1) Trib. Firenze, 10 novembre 2006 (ord.), Bennati e altric. Ministero della Giustizia, Comune di Firenze.

(2) Nella specie, rifiuto di accesso ai documenti sulla sicurezza:Trib. civ. Belluno, 23 ottobre 2002, Att. Amm. Interno e Colp.Polfer Venezia - Conv. - S.I.A.P.

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Tabella 1 - RLS nel TUSL e nel D.Lgs. n. 626/1994

D.Lgs. n. 81/2008 D.Lgs. n. 626/1994

Art. 50. Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza Art. 19. Attribuzioni del rappresentante per la sicurezza

1. Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione collettiva, ilrappresentante dei lavoratori per la sicurezza:

1. Il rappresentante per la sicurezza:

a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine allavalutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizza-zione e verifica della prevenzione nella azienda o unità produttiva;c) è consultato sulla designazione del responsabile e degli addetti alservizio di prevenzione, alla attività di prevenzione incendi, al primosoccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e del medicocompetente;d) è consultato in merito all’organizzazione della formazione di cuiall’art. 37;e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente allavalutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonchéquelle inerenti alle sostanze ed ai preparati pericolosi, alle macchine,agli impianti, alla organizzazione e agli ambienti di lavoro, agli infortunied alle malattie professionali;f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;g) riceve una formazione adeguata e, comunque, non inferiore aquella prevista dall’art. 37;h) promuove l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione dellemisure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica deilavoratori;i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuatedalle autorità competenti, dalle quali è, di norma, sentito;l) partecipa alla riunione periodica di cui all’art. 35;m) fa proposte in merito alla attività di prevenzione;n) avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati nel corsodella sua attività;o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che lemisure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore dilavoro o dai dirigenti e imezzi impiegati per attuarle non siano idonei agarantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.

a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;b) è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine allavalutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizza-zioneeverificadellaprevenzionenell’aziendaovverounitàproduttiva;c) è consultato sulla designazione degli addetti al servizio di preven-zione, all’attività di prevenzione incendi, al pronto soccorso, allaevacuazione dei lavoratori;d) è consultato in merito all’organizzazione della formazione di cuiall’art. 22, comma 5;e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente lavalutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonchéquelle inerenti le sostanze e i preparati pericolosi, le macchine, gliimpianti, l’organizzazione e gli ambienti di lavoro, gli infortuni e lemalattie professionali;f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;g) riceve una formazione adeguata, comunque non inferiore a quellaprevista dall’art. 22;h) promuove l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione dellemisure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica deilavoratori;i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuatedalle autorità competenti;l) partecipa alla riunione periodica di cui all’art. 11;m) fa proposte in merito all’attività di prevenzione;n) avverte il responsabile dell’azienda dei rischi individuati nel corsodella sua attività;o) può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che lemisure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore dilavoro e i mezzi impiegati per attuarle non sono idonei a garantire lasicurezza e la salute durante il lavoro.

2. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza deve disporre deltempo necessario allo svolgimento dell’incarico senza perdita diretribuzione, nonché dei mezzi e degli spazi necessari per l’eserciziodelle funzioni e delle facoltà riconosciutegli, anche tramite l’accessoai dati, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera r), contenuti in applica-zioni informatiche. Non può subire pregiudizio alcuno a causa dellosvolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano lestesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.

2. Il rappresentante per la sicurezza deve disporre del tempo neces-sario allo svolgimento dell’incarico senza perdita di retribuzione,nonché dei mezzi necessari per l’esercizio delle funzioni e dellefacoltà riconosciutegli.

3. Le modalità per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sonostabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.

3. Le modalità per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sonostabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.

4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su sua richiesta eper l’espletamento della sua funzione, riceve copia del documento dicui all’articolo 17, comma 1, lettera a).

4. Il rappresentante per la sicurezza non può subire pregiudizio alcunoa causa dello svolgimento della propria attività e nei suoi confronti siapplicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanzesindacali.

5. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza dei lavoratoririspettivamente del datore di lavoro committente e delle impreseappaltatrici, su loro richiesta e per l’espletamento della loro funzione,ricevono copia del documento di valutazione dei rischi di cui all’arti-colo 26, comma 3.

5. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso, per l’espletamentodella sua funzione, al documento di cui all’art. 4, commi 2 e 3, nonchéal registro degli infortuni sul lavoro di cui all’art. 4, comma5, lettera o).

6. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza é tenuto al rispettodelle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 edel segreto industriale relativamente alle informazioni contenute neldocumento di valutazione dei rischi e nel documento di valutazionedei rischi di cui all’articolo 26, comma3, nonché al segreto in ordine aiprocessi lavorativi di cui vengono a conoscenza nell’esercizio dellefunzioni.

7. L’esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per lasicurezza é incompatibile con la nomina di responsabile o addetto alservizio di prevenzione e protezione.

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connesse alla conduzione dell’impresa. Il RSPP hacompiti la cui valenza è tendenzialmente collabora-tiva con il primo, avuto riguardo alla valutazione deirischi e alla redazione del relativo documento.L’azione del RLS, invece, si caratterizza per l’apportodi consulenza che è in grado di offrire, in ragione delsuo essere rappresentativa di tutti i lavoratori. Comedetto, la consultazione del RLS si inserisce tra lemisure generali di tutela della salute e della sicurezzadei lavoratori: e - si badi - tale consulenza non deveessere intesa in senso necessariamente collaborativo,bensì quale obbligatoria espressione di un parere, chepuò assumere i contenuti più vari, e dunque anchetoni di aspra critica e di contrasto alle scelte deivertici aziendali.Come quella del RSPP, anche la figura del RLS èfunzionale al confronto e al dialogo con le altrecomponenti aziendali: e suo compito prioritario èquello di catalizzare, filtrare e veicolare le istanzedei lavoratori, facendosi cerniera di raccordo tra lacollettività dei lavoratori ed i vertici direttivi egestionali che compongono la piramide aziendale.Circa il numero dei RLS, esso può variare da unaunità al limitemassimo eventualmente stabilito dallacontrattazione collettiva. Il D.Lgs. n. 81/2008 indi-vidua al riguardo tre fasce dimensionali, definitesecondo la Tabella 2 (3).

L’azione del RLS

Come detto, il Testo Unico della sicurezza sul lavorodisciplina in maniera dettagliata le attribuzioni delRLS. Tali attribuzioni possono essere ricondotte aquattro aspetti fondamentali.

InformazioneL’informazione che il RLS ha diritto di ricevere(intesa come complesso di notizie verbali, di dati

documentali, di contesti situazionali) ha un’esten-sione molto ampia, e finalità prodromiche all’eserci-zio dell’attività di consulenza. Solo inquanto posto ingrado di conoscere appieno la realtà aziendale, il RLSpuò offrire al datore di lavoro una consulenza, quali-ficata e critica, sui temi e sulle scelte inerenti allasicurezza e alla salute sul luogo di lavoro.

FormazioneLa formazione del RLS è regolata, nel contenuto enegli obiettivi, in particolare dall’art. 37, commi 10 e11 del D.Lgs. n. 81/2008, e presenta le caratteristichefondamentali della specificità e del contenuto anchenormativo e relazionale. La formazione del RLS èfunzionale a gran parte della sua attività: la quale nonè soltanto di controllo e di critica delle scelte azien-dali in tema di sicurezza e di salute (art. 50, comma 1,lett. i ed o), ma è anche azione di segnalazione, dipromozione e propositiva (art. 50, comma 1, lett. h, l,m, n), nonché di valutazione della qualità dell’orga-nizzazione della formazione altrui (art. 19, comma 1,lett. d). Di qui l’importanza che il legislatore delegatoassegna a questo aspetto.

ConsultazioneLa consultazione del RLS è il momento di maggiorevalorizzazione, sul piano operativo, di tale figuraprofessionale. Nei casi previsti, essa è sempre obbli-gatoria, anche se in nessun caso vincolante per ildatore di lavoro. L’obbligo di consultazione gravantesul datore di lavoro è reso efficace dalla previsionedella sanzionepenale incasodi inosservanza (artt. 18,comma 1, lett, s; 55, comma 5, lett. e).

Accesso

Il diritto di accesso riconosciuto al RLS tanto sulpiano documentale (art. 18, comma 1, lettera o) e p);

Tabella 2 - N. di RLS secondo le dimensioni aziendali

Aziende (unità produttive)

Numero dipendenti Numero minimo RLS

sino a 200 1

da 201 a 1.000 3

oltre 1.000 6

(3) Alla luce del contesto definitorio dell’art. 2 del D.Lgs. n. 81/2008, è discutibile se il numero dei dipendenti debba esserecalcolato tenendo conto anche dei dirigenti e dei preposti: pro-pendiamoper la soluzionepositiva, sia in quanto piùgarantista, siain ragione del fatto che e definizioni di “dirigente” e di “preposto”

sono species del genus “lavoratori”. Quanto alle realtà aziendalistrutturalmente articolate in più unità produttive, il limite deveesserepoi riferito al numerodi dipendenti addetti alla singola unitàproduttiva, non a quello dei lavoratori complessivamente occu-pati. La definizione di unità produttiva di cui all’art. 2, comma 1,

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art. 50, commi 4 e 5) quanto su quello dell’accesso “inloco” (art. 50, comma 1, lett. a), si apprezza per lavalenza strumentale che esso assume rispetto a tuttele altre attribuzioni previste dal decreto. Potere acce-dere ai documenti custoditi presso l’azienda nonchéai luoghi di lavoro è infatti condizione essenziale perricevere un’adeguata informazione e formazione e perpotere compiutamente interloquire (con istanze con-sultive, di promozione e propositive) sui temi dellasicurezza e della salute con gli altri soggetti dell’orga-nizzazione aziendale. Resta fermo, ovviamente, l’ob-bligo del segreto professionale sugli aspetti relativi ai“processi lavorativi” aziendali, e agli obblighi in temadi riservatezza e di segreto industriale. È chiaro,quindi, che le informazioni e la documentazionefornite o date in visione al rappresentante dei lavo-ratori per la sicurezza hanno carattere assolutamenteriservato ed esclusivamente connesso alla funzioneesercitata (Accordo interconfederale 5 ottobre1995).Circa i contenuti e l’estensione del diritto diaccesso, si rimanda alle indicazioni contenutenelle circolari del Ministero del lavoro 16 giugno2000, n. 40 e 3 ottobre 2000, n. 68. La primastabilisce che, indipendentemente da eventuali pre-visioni in tal senso stabilite in sede di contrattazionecollettiva, è interesse e dovere del datore di lavoroagevolare comunque l’esercizio del diritto diaccesso, “senza irragionevoli limitazioni di spazio odi tempo, fornendo luoghi idonei e concordandoorari di consultazione. Tenuto poi conto della cir-costanza che il RLS ha diritto di ricevere tutte leinformazioni e la documentazione aziendale ine-rente la valutazione dei rischi, si ritiene che laconsegna del documento di cui all’art. 4, comma 2del D.Lgs. n. 626/1994 - ove obiettive esigenzetecniche, organizzative, di sicurezza o particolarioneri di riproduzione, non la rendano praticabile -costituisca la migliore espressione del principio dicollaborazione fra le parti, cui è impostato il nuovosistema di gestione della sicurezza sul lavoro”.La seconda circolare ha precisato che il diritto diaccesso al documento di valutazione del rischio deveessere in ogni caso assicurato “mediante la materialeconsegna del documento”, e che solo in via eccezio-nale, qualora obiettive esigenze di segretezza azien-dale legate a ragioni di sicurezza o particolari oneri diriproduzione non rendano praticabile tale consegna,il datore di lavoro, sempre che dimostri la sussistenzadei presupposti di fatto che non consentono la

materiale consegna del documento al RLS, “potràassicurare altrimenti il diritto di accesso, medianteforme emodalità che consentano comunque lamessaa disposizione del documento di valutazione delrischio”. Tali indicazioni hanno poi trovato ricono-scimento normativo esplicito prima nelle disposi-zioni della legge n. 123/2007, e successivamentenelle attuali previsioni del D.Lgs. n. 81/2008.Va da sé poi che il diritto di accesso ai luoghi di lavorosi esercita nel rispetto delle esigenze produttive,segnalando preventivamente al datore di lavoro lavisita agli ambienti di lavoro, che può svolgersi anchecongiuntamente al RSPP o ad un addetto da questiincaricato, e non deve in nessun caso intralciare ilnormale svolgimento delle attività produttive.

Profili di incompatibilità funzionale

Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezzaaziendale (non quello territoriale o di sito produt-tivo), contrariamente al RSPP, non può essere per-sona esterna all’organizzazione aziendale. Taledivieto si ricava direttamente dal Testo Unico,per l’ipotesi di elezione diretta ad opera dei lavora-tori (art. 47, comma 3 del D.Lgs. n. 81/2008); ovepoi l’elezione o designazione avvenga nell’ambitodelle rappresentanze sindacali in azienda, è la giuri-sprudenza di legittimità ad avere affermato senzariserve il principio per cui della RSA non possonofare parte persone non appartenenti all’organizza-zione aziendale (4). Dunque in tal caso il RLS deveessere egli stesso un lavoratore dipendente: nono-stante l’assenza di esplicito divieto, si ritiene poi cheegli non possa essere eletto, designato o individuatoneppure tra i preposti, e ciò in relazione ad aspetti dipalese inconciliabilità dell’esercizio delle funzionidi RLS con taluni obblighi di sicurezza propri deipreposti (si pensi all’obbligo di cui all’art. 19,comma 1, lettera a, ovvero a quello di cui all’art.20, comma 2, lettera a, entrambi penalmente san-zionati). Si valuti in secondo luogo che il preposto èl’organo di vigilanza e di sovrintendimento dellacondotta dei lavoratori, affinché le disposizioniimpartite dal datore di lavoro in tema di sicurezzae di salute ricevano da questi concreta attuazione eosservanza; ora, tale ruolo di garante dell’esecuzionedella politica della sicurezza aziendale potrebbeentrare in conflitto con le valutazioni e le posizionida prendere, in qualità di RLS, a tutela degli inte-ressi dei lavoratori.

lettera t) del D.Lgs. n. 81/2008 non consente il riferimento a valorioccupazionali “assoluti”.

(4) Cass. civ., Sez. lav., 5 dicembre 1980, Delpero c. Soc. AlfaRomeo; Cass. Civ., sez. lav., 27 marzo 1982, n. 1906.

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Le indicazioni della giurisprudenza

Cass. civ., sez. lav., 15 settembre 2006, n. 19965Inunavicendagiudiziaria relativa al licenziamentodiun RSL, la giurisprudenza di merito aveva ritenutogiustificato il rifiuto del lavoratore di svolgere lefunzioni di responsabile del servizio di prevenzioneeprotezionedai rischi, affidategli dal datore di lavoro,atteso che tali mansioni erano incompatibili conquelle di rappresentante dei lavoratori per la sicu-rezza. In particolare i giudici avevano ritenuto che ildatore di lavoro non potesse far venir meno la desi-gnazione operata dai lavoratori, imponendo al pro-prio dipendente di accettare una mansione ictu oculiincompatibile con quella di RLS.Di fronte all’argomentazione difensiva che nessunanorma vieta il cumulo delle due funzioni, per cui benpotrebbe il RLS, eletto dai lavoratori, continuare agodere della loro fiducia pur dopo essere stato desi-gnato dal datore di lavoro come RSPP, la Corte dicassazione ha osservato che il responsabile del servi-zio di prevenzione e protezione è un soggetto cherappresenta il datore di lavoro nell’espletamento diun’attività che questi, in determinati casi, potrebbesvolgere personalmente: egli esercita quindi preroga-tive proprie del datore di lavoro in tema di sicurezzadel lavoro, contribuendo a determinare gli onerieconomici che il datore di lavoro deve sopportareperché il lavoro in azienda sia e rimanga sicuro, attesoche le misure relative alla sicurezza, all’igiene ed allasalute durante il lavoro non devono in nessun casocomportare oneri finanziari per i lavoratori (art. 3,comma 2 del D.Lgs. n. 626/1994 - attuale art. 15,comma 2 del D.Lgs. n. 81/2008). Al contrario -scrivevano i giudici di legittimità - il rappresentantedei lavoratori per la sicurezza è “chiamato a svolgereuna funzione di consultazione e di controllo circa leiniziative assunte dall’azienda nel settore della sicu-rezza; deve essere consultato dal datore di lavoro sulladesignazione delle persone addette all’espletamentodei compiti del servizio di prevenzione e protezione,fra cui il responsabile del servizio; deve essere con-sultato in ordine alla valutazione dei rischi, allaindividuazione, programmazione, realizzazione everifica della prevenzione nell’azienda, nonchésulla designazione degli addetti all’attività di preven-zione incendi, al pronto soccorso, all’evacuazione deilavoratori, e sull’organizzazione della formazione ditali addetti; svolge tutta una serie di funzioni ... chepossono, in sintesi, definirsi di costante controllodell’attività svolta, in materia di sicurezza, dal datoredi lavoro e dal servizio di prevenzione da questiistituito, compresa la facoltà di fare ricorso alle

autorità competenti qualora ritenga che le misuredi prevenzione e protezione dai rischi adottate daldatore di lavoro e i mezzi impiegati per attuarle nonsono idonei a garantire la sicurezza e la salute duranteil lavoro (oltre a fruire delle stesse tutele previste dallalegge per le rappresentanze sindacali)”.La valutazione conclusiva della Cassazione era checoncentrare nella stessa persona le funzioni di duefigure cui il legislatore ha attribuito ruoli così diversi,ancorché finalizzati al comune obiettivo della sicu-rezzadel lavoro, “significa eliminareogni controllodaparte dei lavoratori, atteso che il controllato ed ilcontrollante coinciderebbero. È come se, nei casi incui può svolgere direttamente i compiti propri delservizio di prevenzione e protezione dai rischi, ildatore di lavoro fosse eletto dai lavoratori comeloro RLS”.La Suprema Corte ebbe quindi a ritenere che nelsistema di organizzazione aziendale della sicurezzasul lavoro, la funzione di RSPP, designato daldatore di lavoro, e quella di RLS, eletto dailavoratori, non sono cumulabili in capo alla stessapersona, atteso che la ratio legis richiede cheentrambe le figure siano e rimangano distinte,onde poter imporre alla parte datoriale il perse-guimento di una azione di prevenzione costante-mente controllata dai lavoratori.Opportunamente, poi, il legislatore, recependo leindicazioni della giurisprudenza formatasi sul D.Lgs.n. 626/1994, ha sancito espressamente, sul pianonormativo, l’incompatibilità tra l’esercizio delle fun-zionidi rappresentantedei lavoratori per la sicurezza ela nomina quale responsabile o addetto al servizio diprevenzione e protezione.

Cass. pen., 19 ottobre 2017, n. 48286Il datore di lavoro di una impresa subiva condanna inrelazione a due infortuni, avvenuti con modalitàanaloghenell’arcodi duemesi, dei quali erano rimastivittima due dipendenti facenti parte della stessasquadra di lavoro. Prima l’uno, poi l’altro lavoratore,nel sollevare un manufatto metallico con l’ausilio diun paranco, collegato con catene ad una gru a ban-diera, causa lo stacco del paranco dal gancio facenteparte del sistema di sollevamento, subivano gravilesioni agli arti inferiori.Oltre ad aver messo a disposizione un’attrezzatura dilavoro inidonea, in quanto gli uncini dei paranchi sucui agganciare le catene della gru a bandiera risulta-vano privi di elementi di chiusura dell’imbocco, sicontestava al datore di lavoro di aver svolto unainsufficiente attività di elaborazione delle procedure

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di sicurezza, nonché di formazione professionale degliinfortunati.Il datore di lavoro sosteneva però che, siccome unodei componenti della squadra di lavoro, delegato adaddestrare l’altro, era un operaio esperto e rivestivaaltresì la qualifica di rappresentante dei lavori per lasicurezza, l’onere formativo gravava sul medesimo,giacché nessun obbligo di formazione poteva pro-spettarsi nei confronti di chi doveva reputarsi giàparticolarmente formato.In merito all’assolvimento dell’obbligo formativo,i giudici di merito hanno disatteso l’assunto difen-sivo, precisando che le funzioni e le attribuzioniproprie del rappresentante dei lavoratori per lasicurezza, analiticamente indicate nell’art. 50,comma 1 del D.Lgs. n. 81/2008, rendono “asso-lutamente chiaro” che il RLS è chiamato a svol-gere, essenzialmente, una funzione diconsultazione e di controllo circa le iniziativeassunte dall’azienda nel settore della sicurezza, eche non gli competono certamente quella divalutazione dei rischi e di adozione delle oppor-tune misure per prevenirli e neppure quella diformazione dei lavoratori, funzioni che restanoentrambe appannaggio esclusivo del datore dilavoro. Non a caso la normativa parla di “attri-buzioni” del RLS, laddove per il datore di lavorosi parla di “obblighi”.Per quanto riguarda poi gli “obblighi” di informa-zione, formazione e addestramento (artt. 36 e 37TUSL), la Corte d’Appello ha precisato che essicompetono in via esclusiva al datore di lavoro e aidirigenti (come dispone espressamente l’art. 18,comma 1, lettera i) del D.Lgs. n. 81/2008) e questiprecisi obblighi non possono essere, neppure inastratto, oggetto di delega al rappresentante dei lavo-ratori per la sicurezza perché, altrimenti, “si verifi-cherebbe una commistione di funzioni tra di loroinconciliabili (essendo alla figura prevista dall’arti-colo 50 affidate funzioni di controllo sull’adempi-mento degli obblighi datoriali) che negherebbe ilsistema stesso delineato nella vigente normativaantinfortunistica (tanto che lo stesso articolo 50,comma 7 prevede che ‘L’esercizio delle funzioni dirappresentante dei lavoratori per la sicurezza èincompatibile con la nomina di responsabile oaddetto al servizio di prevenzione e protezione’)”.I giudici di secondo grado hanno aggiunto che l’art.50 del D.Lgs. n. 81/2008, nel prevedere i requisitiformativi che devono contraddistinguere il RLS,dispone che lo stesso “ha diritto ad una formazioneparticolare in materia di salute e sicurezza

concernente i rischi specifici esistenti negli ambitiin cui esercita la propria rappresentanza, tale daassicurargli adeguate competenze sulle principali tec-niche di controllo e prevenzione dei rischi stessi”(comma 10) e che tale formazione deve avere iseguenti “contenuti minimi:a) principi giuridici comunitari e nazionali;b) legislazione generale e speciale inmateria di salutee sicurezza sul lavoro;c) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi;d) definizione e individuazione dei fattori di rischio;e) valutazione dei rischi;f) individuazione delle misure tecniche, organizza-tive e procedurali di prevenzione e protezione;g) aspetti normativi dell’attività di rappresentanzadei lavoratori;h) nozioni di tecnica della comunicazione”(comma 11).Peraltro entrambi i lavoratori avevano dichiarato dinon aver seguito alcun corso di formazione specificoper l’uso di quella attrezzatura di lavoro, bensì solocorsi di formazione di carattere generale. In questoquadro fattuale, nel quale la formazionedei lavoratoriera affidata allo spontaneo attivarsi degli stessi, il cheimpediva il formarsi di procedure codificate su cuifare affidamento, la Corte di cassazione altro non hafatto che confermare la condanna del datore dilavoro.

Conclusioni

Il nuovo modello di impresa sicura che ci è statoconsegnato dal recepimento delle direttive comuni-tarie, codificato dapprima nel D.Lgs. n. 626/1994, eora confermato dal D.Lgs. n. 81/2008, si presentafortemente innovato rispetto al passato, primaria-mente in termini di “valori” e di “filosofia” dellatutela. Si tratta invero di un modello sinergico ecompartecipativo tra i vari soggetti direttamenteinvestiti, a vario titolo e con aree di responsabilitàdifferenziate, dei problemi connessi alla sicurezza ealla salute sul luogo di lavoro (datore di lavoro,lavoratori e loro rappresentanze, medico compe-tente, servizi di prevenzione). Esso tuttavia può fun-zionare solo sul presupposto della collaborazione peril raggiungimento di quell’obiettivo, innegabilmentecomune e condiviso, costituito dal miglioramentodelle condizioni di sicurezza e di salubrità durante illavoro, e non ammette né la confusione tra i ruoli, nédeleghe improprie rivolte ad aggirare le posizioni digaranzia rigidamente (e inderogabilmente) delineatedal legislatore.

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Quanto al problema relativo all’esposizione del RLSa profili di responsabilità penale, ai sensi degliartt. 589 e 590 cod. pen., in caso di infortunio sullavoro o di malattia professionale, si può ricordareche, in base a quanto dispone l’art. 50, comma 1,lettera n) del D.Lgs. n. 81/2008, egli ha l’obbligo diavvertire “... il responsabile della azienda dei rischiindividuati nel corso della sua attività”. Da ciò

consegue che, ove egli contravvenga colposamentea tale obbligo, evidentemente deputato alla tuteladella sicurezza e della salute dei lavoratori, è lecitoipotizzare in capo al RLS la sussistenza di un profilodi responsabilità (autonoma ovvero concorrentecon quella di altri soggetti) dipendente e ricondu-cibile, sotto il profilo della causalità giuridica, all’e-vento dannoso verificatosi.

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Rivista mensile Anno XXII –Gennaio 2018 – Direzionee Redazione Via dei Missaglia n. 97 Edificio B3 - 20142Milano 1/2018

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L’APPLICAZIONEDELLA NORMATIVAANTINFORTUNISTICAAI CONTRATTI DI LAVOROMarco Grandi

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Sommario

Premessa............................................................................................................................................... III

Normativa principale........................................................................................................................... III

Il concetto di lavoratore ...................................................................................................................... IV

Lavoratore a tempo determinato ...................................................................................................... IV

Lavoratore a tempo parziale .............................................................................................................. V

Lavoratore intermittente.................................................................................................................... V

Lavoratore somministrato.................................................................................................................. V

Lavoratore apprendista ....................................................................................................................... VI

Lavoratore distaccato.......................................................................................................................... VI

Prestatore occasionale ........................................................................................................................ VII

Lavoratore a progetto ......................................................................................................................... VIII

Lavoratore associato in partecipazione con apporto di lavoro ....................................................... VIII

Lavoratore a domicilio o con contratto collettivo dei proprietari di fabbricati ............................ VIII

Telelavoratore...................................................................................................................................... IX

Socio di cooperative o di società ........................................................................................................ X

Lavoratore autonomo ......................................................................................................................... X

Componenti di impresa famigliare..................................................................................................... XI

Lavoratori volontari............................................................................................................................. XII

Allievi degli istituti di istruzione ed universitari e soggetti beneficiari delle iniziative di tirociniformativi................................................................................................................................................ XIII

Lavoro autonomo non imprenditoriale e lavoro agile...................................................................... XIII

Personale appartenente a organizzazioni particolari....................................................................... XIV

MILANO, via dei Missaglia 97, Edificio B3, Tel. 02.824761

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L’applicazione della normativaantinfortunistica ai diversi rapporti

di lavoroMarco Grandi - Ingegnere, funzionario ispettivo presso l’Ispettorato del Lavoro di

Imperia (*)

Premessa

È noto come molti infortuni sul lavoro sono addebitabili acomportamenti errati e manovre non corrette degli opera-tori, spesso dovute alla ridotta attenzione o alla stanchezzacausata da orari e ritmi di lavoro eccessivi. Più in generalela tutela della salute e sicurezza sul lavoro è compromessaquando i lavoratori sono impiegati irregolarmente e sitrovano in condizione di ricattabilità, e nell’impossibilitàdi opporsi alle richieste aziendali se nonmettendo a rischioil proprio posto di lavoro.Il lavoro irregolare, quindi, non costituisce soltanto unaviolazione della norma contrattuale e dei diritti alla per-sona, nonché elemento di grave alterazione della concor-renza per le imprese che operano nel rispetto delle regole,ma è anche fonte di incidenti sul lavoro.Non a caso, con l’art. 14 del D.Lgs. n. 81/2008 e smi illegislatore ha esplicitato il forte legame esistente tra illavoro sommerso, la violazione delle norme in materiadi tempi di lavoro e gli infortuni sul lavoro, stabilendo chevenga adottato un provvedimento cautelativo di sospen-sione dell’attività imprenditoriale, non solo in presenza digravi e reiterate violazioni inmateria di tutela della salute esicurezza sul lavoro, ma anche qualora sia riscontratol’impiego di personale “in nero” in misura pari o superioreal 20%del totale dei lavoratori presenti sul luogodi lavoro.Assodato questo legame inscindibile tra regolarità nelrapporto di lavoro e sicurezza dei lavoratori, i livelli dirischio e le relative modalità di tutela dipendano anchedalla tipologia di rapporto di lavoro instaurato. Ciò èevidenziato, tra l’altro, nell’art. 28, comma 1 del TUSLove si dispone che la valutazione dei rischi debba riguar-dare anche i rischi riguardanti gruppi di lavoratori esposti a

rischi particolari, come quelli “connessi alla specificatipologia contrattuale attraverso cui viene resa la presta-zione di lavoro”.Il legislatore ha voluto quindi stabilire che lemodalità e gliobblighi per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratoridebbano variare in funzione delle tipologie di rapporti dilavoro che vengono contratti.Come la normativa prevenzionistica venga declinata infunzione delle diverse tipologie contrattuali è l’oggetto delpresente lavoro.

Normativa principale

Come noto, la tutela della salute e sicurezza sul lavoro èprincipalmente disciplinata dal D.Lgs. n. 81/2008 “Attua-zione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123 inmateria di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi dilavoro” e s.mi, di seguito anche “TUSL”.Nel suoart.3, commi4e8vienestabilitocheesso“si applicaa tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi,nonché ai soggetti ad essi equiparati, fermo restando quantoprevisto dai commi successivi ...”, mentre “sono comunqueesclusi dall’applicazione delle disposizioni di cui al ...decreto e delle altre norme speciali vigenti in materia ditutela della salute e sicurezza dei lavoratori i piccoli lavoridomestici a carattere straordinario, compresi l’insegna-mento privato supplementare e l’assistenza domiciliare aibambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili”.Per i rapporti di lavoro, invece, il principale testo norma-tivo di riferimento è il D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81“Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisionedella normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183” (1).

(*) Master in Ingegneria della Sicurezza e Analisi dei Rischi eMaster in Tutela dei Rapporti di lavoro. Ai sensi della circolareMLPSn.1921 del 31marzo 2014, le considerazioni contenute nel presente

interventosonofruttoesclusivodelpensierodell’Autoreenonhannocarattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione.

(1) Pubblicato sulla GU 24 giugno 2015 n.144, Suppl. Ordinarion. 34, è entrato in vigore il 25 giugno 2015.

Inserto

Igiene & Sicurezza del Lavoro 1/2018 III

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Altra normache regolamenta i rapporti di lavoro è ilD.Lgs.10 settembre 2003, n. 276 “Attuazione delle deleghe inmateria di occupazione e mercato del lavoro, di cui allalegge 14 febbraio 2003, n. 30.” (GU n. 235 del 9 ottobre2003 - Suppl. Ordinario n. 159) che, nonostante sia stato inmolte parti abrogata, riporta alcune disposizioni ancoraoggi in vigore. Numerosi sono poi di decreti attuativi, gliaccordi in Conferenza Stato-Regioni, le circolari e gliinterpelli che completano il quadro normativo e interpre-tativo inerente la disciplina in parola.

Il concetto di lavoratore

La definizione di “lavoratore” (Tabella 1) fornita dall’art.2, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008, fa leva sullosvolgimento dell’attività lavorativa nell’ambito dell’orga-nizzazione del datore di lavoro indipendentemente dallatipologia contrattuale ed è definizione più ampia di quelleche l’hanno preceduta, che facevano riferimento, invece,al “lavoratore subordinato” (art. 3, D.P.R. n. 547/1955) ealla“personachepresta il proprio lavoroalle dipendenzediun datore di lavoro” (art. 2, comma 1, lett. a, D.Lgs. n. 626/1994).Tale definizione rende quindi evidente che la normativaprevenzionistica intende tutelare non solamente il “lavo-ratore subordinato”, definito all’art. 2094 del Codicecivile, cioè “chi si obbliga mediante retribuzione a colla-borare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellet-tuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzionedell’imprenditore” e che deve “osservare le disposizioniper l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartitedall’imprenditore e dai collaboratori di questo dai qualigerarchicamente dipende”.

Si rileva come, già prima dell’entrata in vigore del D.Lgs.n. 81/2008, la Suprema Corte (2) aveva affermato il prin-cipio secondo cui, ai fini della tutela della salute e dellasicurezza nei luoghi di lavoro:— un rapporto di lavoro subordinato deve essere conside-rato non già in relazione alla qualifica formale assunta dalmedesimo, ma in riferimento all’assenza di autonomia dellavoratore nella prestazione dell’attività lavorativa;— sono considerati lavoratori subordinati tutti coloro che,indipendentemente dalla continuità e dall’onerosità delrapporto prestano la loro attività fuori del proprio domi-cilio alle dipendenze e sotto la direzione altrui, anche sel’attività è prestata a mero titolo di favore.Fatta questapremessa, secondo il primoarticolodelD.Lgs.15 giugno 2015, n. 81, il contratto di lavoro subordinato atempo indeterminato costituisce la forma comune di rap-porto di lavoro.Come abbiamo visto nella definizione di cui all’art. 2,comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008, questo prestatoredi lavoro, per la normativa antinfortunistica è un “lavora-tore” e, quindi, titolare delle svariate tutele e obblighiindividuati nel TUSL.

Lavoratore a tempo determinato

Nella sezione II, Capo III del D.Lgs. n. 81/2015, vienestabilito che un lavoratore a tempo determinato è colui cheha stipulato un contratto di lavoro subordinato nel quale èstato apposto un termine di durata, che non può esseresuperiore a 36 mesi.Tranne nel caso di rapporti di lavoro aventi durata nonsuperiore a12giorni, l’apposizionedel termineal contrattoè priva di effetto se non risulta, direttamente o indiretta-mente, da atto scritto, una copia del quale deve essereconsegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinquegiorni lavorativi dall’inizio della prestazione.Il termine del contratto a tempo determinato può essereprorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando ladurata iniziale del contratto sia inferiore a 36 mesi, e,comunque, per un massimo di cinque volte nell’arco di36 mesi a prescindere dal numero dei contratti. Qualora ilnumerodelleproroghesia superiore, ilcontratto si trasformain contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenzadella sesta proroga. Salvo alcune deroghe, qualora il lavo-ratore sia riassunto a tempo determinato entro dieci giornidalla data di scadenza di un contratto di durata fino a seimesi, ovvero 20 giorni dalla data di scadenza di un contrattodi durata superiore a sei mesi, il secondo contratto si tra-sforma in contratto a tempo indeterminato.Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi ed alcuneesclusioni (per es. nelle start-up, nelle attività stagionali, nelsettore dello spettacolo, ecc.), non possono essere assuntilavoratori a tempo determinato in misura superiore al 20%del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al1° gennaio dell’anno di assunzione, con un arrotondamentodel decimale all’unità superiore qualora esso sia eguale osuperiore a 0,5. Nel caso di inizio dell’attività nel corsodell’anno, il limite percentuale si computa sul numero deilavoratori a tempo indeterminato in forza al momentodell’assunzione. Per i datori di lavoro che occupano fino

Tabella 1 - Definizione di lavoratore art. 2, comma 1,lett. a), D.Lgs. n. 81/2008

“Persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale,svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di undatore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, ancheal solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione,esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari. Al lavoratore cosìdefinito è equiparato: il socio lavoratore di cooperativa o di società,anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle società edell’ente stesso; l’associato in partecipazione di cui all’articolo2549, e seguenti del Codice civile; il soggetto beneficiario delleiniziative di tirocini formativi e di orientamento di cui all’articolo 18della legge 24 giugno 1997, n. 196, e di cui a specifiche disposizionidelle leggi regionali promosse al fine di realizzare momenti dialternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionalimediante la conoscenza diretta delmondo del lavoro; l’allievo degliistituti di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi diformazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori,attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivicomprese le apparecchiature fornite di videoterminali limitata-mente ai periodi in cui l’allievo sia effettivamente applicato allastrumentazioni o ai laboratori in questione; i volontari del CorponazionaledeiVigili del FuocoedellaProtezioneCivile; il lavoratoredicui al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successivemodificazioni”.

(2) Cass. pen., sez. IV, 29 gennaio 2008, n. 12348.

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IV Igiene & Sicurezza del Lavoro 1/2018

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a cinque dipendenti è comunque sempre possibile stipulareun contratto di lavoro a tempo determinato.Salvo che sia diversamente disposto, ai fini dell’applica-zione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattualeper la quale sia rilevante il computo dei dipendenti deldatore di lavoro, si tiene conto del numero medio mensiledi lavoratori a tempo determinato, compresi i dirigenti,impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell’effettivadurata dei loro rapporti di lavoro.Per quanto concerne la normativa antinfortunistica, ancheil lavoratore a tempo determinato è “lavoratore” comedefinito nell’art. 2, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008.

Lavoratore a tempo parziale

In un rapporto di lavoro subordinato, anche a tempodeterminato, l’assunzione può avvenire anche a tempoparziale, il cosiddetto part-time.Secondo quanto previsto nel Capo II, Sez. I, D.Lgs. n. 81/2015, il contratto di lavoro a tempo parziale deve esserestipulato in forma scritta ai fini della prova e in talecontratto è contenuta puntuale indicazione della duratadella prestazione lavorativa e della collocazione temporaledell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, almese e all’anno. Qualora l’organizzazione del lavoro siaarticolata in turni, la suddetta indicazione può avvenireanche mediante rinvio a turni programmati di lavoro arti-colati su fasce orarie prestabilite.Il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un tratta-mento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempopieno di pari inquadramento e gode dei medesimi dirittidi un lavoratore a tempo pieno comparabile. Inoltre il suotrattamento economico e normativo è proporzionato inragione della ridotta entità della prestazione lavorativa. Icontratti collettivi possono modulare la durata del periododi prova, del periodo di preavviso in caso di licenziamentoo dimissioni e quella del periodo di conservazione delposto di lavoro in caso di malattia e infortunio in relazioneall’articolazione dell’orario di lavoro.Ai fini della applicazione di qualsiasi disciplina di fontelegale o contrattuale per la quale sia rilevante il computodei dipendenti del datore di lavoro, i lavoratori a tempoparziale sono computati in proporzione all’orario svolto,rapportato al tempo pieno. A tal fine, l’arrotondamentoopera per le frazioni di orario che eccedono la sommadegliorari a tempo parziale corrispondente a unità intere diorario a tempo pieno.La retribuzione dei lavoratori a tempo parziale a valere aifini dell’assicurazione INAIL è uguale alla retribuzionetabellare prevista dalla contrattazione collettiva per ilcorrispondente rapporto di lavoro a tempo pieno, laquale è determinata su base oraria in relazione alla duratanormale annua della prestazione di lavoro espressa in ore.Essendoquindi il lavoratore a tempoparziale un lavoratoresubordinato a tutti gli effetti, ai fini prevenzionistici rientraa pieno titolo nelle definizioni di “lavoratore” (art. 2,comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008 e smi).

Lavoratore intermittente

Ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 81/2015, un contratto dilavoro intermittente è il contratto, da stipulare in formascritta ai fini della prova, anche a tempo determinato,mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione diun datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazionelavorativa in modo discontinuo o, appunto, intermittentesecondo le esigenze individuate dai contratti collettivi,anche con riferimento alla possibilità di svolgere le pre-stazioni in periodi predeterminati nell’arco della setti-mana, del mese o dell’anno. In mancanza di contrattocollettivo, i casi di utilizzo del lavoro intermittente sonoindividuati con decreto del Ministro del lavoro e dellepolitiche sociali.Questo contratto può in ogni caso essere concluso consoggetti con meno di 24 anni di età, purché le prestazionilavorative siano svolte entro il venticinquesimo anno, econ più di 55 anni.In ogni caso, con l’eccezione dei settori del turismo, deipubblici esercizi e dello spettacolo, il contratto di lavorointermittente è ammesso, per ciascun lavoratore con ilmede-simo datore di lavoro, per un periodo complessivamente nonsuperiore a 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di treanni solari. In caso di superamento del predetto periodo ilrelativorapportosi trasforma inunrapportodi lavoroa tempopieno e indeterminato. Nei periodi in cui non ne vieneutilizzata la prestazione il lavoratore intermittente nonmatura alcun trattamento economico e normativo, salvoche abbia garantito al datore di lavoro la propria disponibilitàa rispondere alle chiamate, nel qual caso gli spetta la cosid-detta indennità di disponibilità.Prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclointegrato di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni,il datore di lavoro è tenuto a comunicarne la durata all’I-spettorato territoriale del lavoro competente per territorio,secondo le modalità definite dal decreto interministeriale27 marzo 2013 e dalla successive circolari esplicative (3).Ai fini dell’applicazione di qualsiasi disciplina di fontelegale o contrattuale per la quale sia rilevante il computodei dipendenti del datore di lavoro, il lavoratore intermit-tente è computato nell’organico dell’impresa in propor-zione all’orario di lavoro effettivamente svolto nell’arco diciascun semestre.Dal punto di vista del TUSL, anche i lavoratori intermit-tenti rientrano nel novero dei “lavoratori” come definitinell’art. 2, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 81/2008.

Lavoratore somministrato

Il contratto di somministrazione di lavoro, il cosiddetto“lavoro interinale” è il contratto, stipulato in forma scritta,a tempo indeterminato o determinato, con il quale un’a-genzia di somministrazione autorizzata, ai sensi delD.Lgs.n. 276/2003, mette a disposizione di un utilizzatore uno opiù lavoratori suoi dipendenti, i quali, per tutta la duratadella missione, svolgono la propria attività nell’interesse esotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore.

(3) Attraverso apposito servizio informatico “Cliclavoro”, tra-mite email a specifico indirizzo PEC dopo aver scaricato il modello

“UNI intermittente”, oppure tramite smartphone o tablet conl’App “Lavoro Intermittente”.

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Igiene & Sicurezza del Lavoro 1/2018 V

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Salvo diversa previsione dei contratti collettivi applicatidall’utilizzatore, il numero dei lavoratori somministraticon contratto di somministrazione di lavoro a tempo inde-terminato non può eccedere il 20% del numero dei lavo-ratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatoreal 1° gennaio dell’anno di stipula del predetto contratto,con un arrotondamento del decimale all’unità superiorequalora esso sia eguale o superiore a 0,5. Nel caso di iniziodell’attività nel corso dell’anno, il limite percentuale sicomputa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminatoin forza al momento della stipula del contratto di sommi-nistrazione di lavoro a tempo indeterminato. Possonoessere somministrati a tempo indeterminato esclusiva-mente i lavoratori assunti dal somministratore a tempoindeterminato.La somministrazione di lavoro a tempo determinato èutilizzata nei limiti quantitativi individuati dai contratticollettivi applicati dall’utilizzatore.I lavoratori somministrati non sono computatinell’organico dell’utilizzatore ai fini dell’applicazionedi normative di legge o di contratto collettivo, fattaeccezione per quelle relative alla tutela della salute edella sicurezza sul lavoro.Per tutta la durata della missione presso l’utilizzatore, ilavoratori del somministratore hanno diritto, a parità dimansioni svolte, a condizioni economiche e normativecomplessivamente non inferiori a quelle dei dipendentidi pari livello dell’utilizzatore. Inoltre l’utilizzatore èobbligato in solido con il somministratore a corrispondereai lavoratori i trattamenti retributivi e a versare i relativicontributi previdenziali, salvo il diritto di rivalsa verso ilsomministratore.Ai fini dell’eserciziodel poteredisciplinare, che è riservatoal somministratore, l’utilizzatore comunica al sommini-stratore gli elementi che formeranno oggetto della conte-stazione ai sensi dell’art. 7, legge n. 300/1970.L’utilizzatore risponde nei confronti dei terzi dei danni aessi arrecati dal lavoratore nello svolgimento delle suemansioni.Gli oneri contributivi, previdenziali, assicurativi ed assi-stenziali, previsti dalle vigenti disposizioni legislative,sono a carico del somministratore. In particolare gli obbli-ghi dell’assicurazione INAIL sono determinati in rela-zione al tipo e al rischio delle lavorazioni svolte. I premie i contributi sono determinati in relazione al tassomedio omedioponderato, stabilitoper l’attività svoltadall’impresautilizzatrice, nella quale sono inquadrabili le lavorazionisvolte dai lavoratori somministrati, ovvero in base al tassomedio o medio ponderato della voce di tariffa corrispon-dente alla lavorazione effettivamente prestata dal lavora-tore somministrato, ove presso l’impresa utilizzatrice lastessa non sia già assicurata.Nell’art. 35, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015 viene stabilitoche, per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratorisomministrati, il somministratore informa i lavoratori suirischi per la sicurezza e la salute connessi alle attivitàproduttive e li forma e addestra all’uso delle attrezzaturedi lavoro necessarie allo svolgimento dell’attività lavora-tiva per la quale essi vengono assunti, in conformità alD.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.Il contratto di somministrazione può prevedere che taleobbligo sia adempiuto dall’utilizzatore.

L’utilizzatore osserva nei confronti dei lavoratori sommi-nistrati gli obblighi di prevenzione e protezione cui ètenuto, per legge e contratto collettivo, nei confronti deipropri dipendenti.

Lavoratore apprendista

L’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeter-minato, stipulato in forma scritta ai fini della prova, fina-lizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani.Esso si articola nelle seguenti tipologie:a) apprendistato per la qualifica e il diploma professionale,il diplomadi istruzione secondaria superiore e il certificatodi specializzazione tecnica superiore;b) apprendistato professionalizzante;c) apprendistato di alta formazione e ricerca.Il contratto di apprendistato contiene, in forma sintetica, ilpiano formativo individuale definito anche sulla base dimoduli e formulari stabiliti dalla contrattazionecollettivaodagli enti bilaterali. Nell’apprendistato per la qualifica e ildiploma professionale, il diploma di istruzione secondariasuperiore e il certificato di specializzazione tecnica supe-riore e nell’apprendistato di alta formazione e ricerca, ilpiano formativo individuale è predisposto dalla istituzioneformativa con il coinvolgimento dell’impresa.Per gli apprendisti l’applicazione delle norme sulla previ-denza e assistenza sociale obbligatoria si estende, tral’altro, all’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro ele malattie professionali, quella contro le malattie e control’invalidità e vecchiaia.Anche l’apprendista è “lavoratore” come definito nell’art.2, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008.

Lavoratore distaccato

L’art. 30 del D.Lgs. n. 276/2003 stabilisce che si configural’ipotesi del distacco quando un datore di lavoro, persoddisfare un proprio interesse, pone temporaneamenteuno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto perl’esecuzione di una determinata attività lavorativa.In caso di distacco il datore di lavoro rimane comunqueresponsabile del trattamento economico e normativo afavore del lavoratore.Ovviamente il distacco che comportiun mutamento di mansioni deve avvenire con il consensodel lavoratore interessato.Va notato che quando comporti un trasferimento a unaunità produttiva sita a più di 50 km da quella in cui illavoratore è adibito, il distacco può avvenire soltanto percomprovate ragioni tecniche, organizzative, produttive osostitutive.I requisiti di legittimità del distacco ai sensi dell’art. 30, D.Lgs. n. 276/2003, così come precisato nella circolare delMinistero del Lavoro 15 gennaio 2004, n. 3 e da ultimo conla risposta a interpello n. 1/2011, sono:— l’interesse del distaccante: deve essere specifico, rile-vante, concreto e persistente, da accertare caso per caso, inbase alla natura dell’attività espletata e non semplicementein relazione all’oggetto sociale dell’impresa. Può trattarsidi qualsiasi interesse produttivo del distaccante, anche dicarattere non economico, che tuttavia non può mai coinci-dere con l’interesse lucrativo connesso alla mera sommi-nistrazione di lavoro;

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— la temporaneità del distacco: il distacco deve esserenecessariamente temporaneo. Tale previsione non incidesulla durata del distacco, breve o lunga che sia, ma sulpresupposto che, qualunque sia la durata del distacco, nonpuò trattarsi di passaggio definitivo;— lo svolgimento di una determinata attività lavora-tiva: il lavoratore distaccato deve essere adibito adattività specifiche e funzionali al soddisfacimento del-l’interesse proprio del distaccante. Ne consegue che ilprovvedimento di distacco non può risolversi in unamessa a disposizione del proprio personale in manieragenerica e, quindi, senza predeterminazione dimansioni.In assenza di tali requisiti di legittimità, il lavoratoreinteressato può fare ricorso in giudizio per la costituzionedi un rapporto di lavoro con il soggetto che ne ha utilizzatola prestazione, cioè il datore di lavoro presso cui è statodistaccato.Come chiarito nella risposta all’interpello n. 8/2016, aisensi dell’art. 3, comma 6, D.Lgs. n. 81/2008, nell’ipotesidi distacco sul distaccante grava l’obbligo di “informare eformare il lavoratore sui rischi tipici generalmente con-nessi allo svolgimento delle mansioni per le quali egliviene distaccato”, mentre al distaccatario spetta l’oneredi ottemperare a tutti gli altri obblighi inmateria di salute esicurezza sul lavoro inclusa, tra gli altri, la sorveglianzasanitaria.Il distacco può avvenire tra due imprese con sede inItalia, oppure può realizzarsi travalicando i confininazionali, il cosiddetto “distacco trasnazionale”,quando un’impresa con sede in un altro Stato membrodell’Unione europea o in uno Stato fuori dall’Unioneeuropea distacca in Italia uno o più lavoratori in favoredi un’altra impresa, di una propria filiale/unità produt-tiva, o di un altro destinatario.Per tutta la durata del distacco, il rapporto di lavoro devecontinuare a intercorrere tra il lavoratore distaccato el’impresa straniera distaccante. La prestazione lavorativasvolta in Italia deve necessariamente avere durata limitataed essere espletata nell’interesse e per conto dell’impresadistaccante, sulla quale continuano a gravare i tipici obbli-ghi del datore di lavoro, ossia la responsabilità inmateria diassunzione, la gestione del rapporto, i connessi adempi-menti retributivi e previdenziali, nonché il potere disci-plinare e di licenziamento.Il D.Lgs. n. 136/2016 fornisce particolari indicazioni per ildistacco transnazionale comunitario, recependo la Diret-tiva 2014/67/UE. La norma interessa anche le agenzie disomministrazione stabilite in un altro Stato membro chedistacchino dei lavoratori presso imprese utilizzatrici ope-rative in Italia.Il D.M. 10 agosto 2016 ha definito gli standard operativi ele modalità di trasmissione della comunicazione obbliga-toria (4).Il modello deve essere inviato entro le ore 24 del giornoprecedente l’inizio del periodo di distacco e ogni varia-zione successiva dovrà essere trasmessa entro 5 giorni dalverificarsi dell’evento modificativo.

Prestatore occasionale

Le prestazioni di lavoro occasionali, secondo quantodisposto dal D.L. 24 aprile 2017, n. 50, convertito conmodificazioni dalla legge21 giugno2017, n. 96 (5) sono leattività lavorative che danno luogo, nel corso di un annocivile:a) per ciascun prestatore, con riferimento alla totalità degliutilizzatori, a compensi di importo complessivamente nonsuperiore a 5.000 euro;b) per ciascun utilizzatore, con riferimento alla totalità deiprestatori, a compensi di importo complessivamente nonsuperiore a 5.000 euro;c) per le prestazioni complessivamente rese da ogni pre-statore in favore del medesimo utilizzatore, a compensi diimporto non superiore a 2.500 euro.Il prestatore ha diritto all’assicurazione per l’invalidità, lavecchiaia e i superstiti, con iscrizione alla Gestione sepa-rata, e all’assicurazione INAIL. Il prestatore ha diritto alriposo giornaliero, alle pause e ai riposi settimanali.Alle prestazioni di lavorooccasionali possono fare ricorso:a) le persone fisiche, non nell’esercizio dell’attività pro-fessionale o d’impresa, per il ricorso a prestazioni occa-sionali mediante il cosiddetto “Libretto Famiglia”;b) gli altri utilizzatori, per l’acquisizione di prestazioni dilavoro mediante il contratto di prestazione occasionale.Per l’accesso alle prestazioni, gli utilizzatori e i prestatorisono tenuti a registrarsi e a svolgere i relativi adempimenti,all’interno di un’apposita piattaforma informatica deno-minata “piattaforma informatica INPS”, che supporta leoperazioni di erogazione e di accreditamento dei compensie di valorizzazione della posizione contributiva dei pre-statori attraverso un sistema di pagamento elettronico.Occorre evidenziare che è vietato il ricorso al contratto diprestazione occasionale:a) da parte degli utilizzatori che hanno alle proprie dipen-denze più di cinque lavoratori subordinati a tempoindeterminato;b) da parte delle imprese del settore agricolo, salvo che perle attività lavorative rese da particolari soggetti (tra cuipensionati, disoccupati, giovani, ecc.), purché non iscrittinell’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavora-tori agricoli;c) da parte delle imprese dell’edilizia e di settori affini,delle imprese esercenti l’attività di escavazione o lavora-zione di materiale lapideo, delle imprese del settore delleminiere, cave e torbiere;d) nell’ambito dell’esecuzione di appalti di opere o servizi.All’art. 54-bis, comma 3, D.L. 24 aprile 2017, n. 50 e smi èstato stabilito che ai fini della tutela della salute e dellasicurezza del prestatore, si applica l’art. 3, comma 8, D.Lgs. n. 81/2008 e smi, pertanto le disposizioni di cui allostessoD.Lgs. n. 81/2008 e le altre norme speciali vigenti inmateria di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori siapplicanonei casi in cui la prestazione sia svolta a favore diun committente imprenditore o professionista. Negli altricasi si applicano esclusivamente le disposizioni di cuiall’art. 21 del TUSL. In quest’ultimo caso, quindi, ilprestatore deve adempiere agli stessi obblighi dei

(4) Essadovrà avvenire tramite ilmodelloUNI_DISTACCO_UE. (5) In GU 23 giugno 2017, n. 144, S.O. n. 31.

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Igiene & Sicurezza del Lavoro 1/2018 VII

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componenti dell’impresa familiare di cui all’art. 230-bisdel Codice civile e dei lavoratori autonomi:a) utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle dispo-sizioni di cui al Titolo III del TUSL;b) munirsi di dispositivi di protezione individuale edutilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al TitoloIII del TUSL;c) munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredatadi fotografia, contenente le proprie generalità, qualora laloro prestazione si svolga in un luogo di lavoro nel quale sisvolgano attività in regime di appalto o subappalto.Inoltre, i prestatori occasionali in favore di committentinon imprenditori né professionisti hanno facoltà di:a) beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le pre-visioni di cui all’art. 41 del TUSL, fermi restando gliobblighi previsti da norme speciali;b) partecipare a corsi di formazione specifici in materia disalute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propridelle attività svolte, secondo le previsioni di cui all’art. 37del TUSL, fermi restando gli obblighi previsti da normespeciali.Si può osservare come le prestazioni occasionali, pagatecon i cosiddetti voucher utilizzati prima dell’emanazionedel D.Lgs. n. 50/2017, siano state abrogate dal D.L. 17marzo 2017, n. 25, convertito con la legge 20 aprile 2017,n. 49, il quale ha disposto (con l’art. 1, comma 2) che “Ibuoni per prestazioni di lavoro accessorio richiesti alladata di entrata in vigore del presente decreto possonoessere utilizzati fino al 31 dicembre 2017”. Anche nelcaso di pagamento delle prestazioni tramite i vecchi vou-cher, l’art. 48, comma 6, D.Lgs. n. 81/2015 vietava leprestazioni di lavoro accessorio nell’ambito dell’esecu-zione di appalti di opere o servizi, fatte salve le specificheipotesi individuate con decreto del Ministero del lavoro edelle politiche sociali, sentite le parti sociali, da adottareentro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presentedecreto.

Lavoratore a progetto

Il lavoro a progetto, disciplinato dagli artt. da 61 a 69-bis,D.Lgs. n. 276/2003 è un rapporto di collaborazione coor-dinata e continuativa prevalentemente personale e senzavincolo di subordinazione, riconducibile a uno o più pro-getti specifici determinati dal committente e gestiti auto-nomamente dal collaboratore. Il progetto deve esserefunzionalmente collegato a un determinato risultato finalee non può consistere in una mera riproposizione dell’og-getto sociale del committente, avuto riguardo al coordina-mento con l’organizzazione del committente eindipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzionedell’attività lavorativa. Inoltre il progetto non può com-portare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi eripetitivi.Ora, l’art. 52,D.Lgs. n. 81/2015“Superamentodel contrattoa progetto” ha stabilito che le disposizioni relative al lavoroa progetto sono abrogate, ma continuano ad applicarsiancora per la regolazione dei contratti, che dovevano esserestipulati in forma scritta, già in atto alla data di entrata invigore dello stesso decreto (avvenuta il 25 giugno 2015).Ai sensi dell’art. 3, comma 7, D.Lgs. n. 81/2008, si appli-cano tutte le disposizioni del TUSL per quei lavoratori a

progetto, il cui contratto era già in atto al 25 giugno 2015,qualora la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi dilavoro del committente.

Lavoratore associato in partecipazione conapporto di lavoro

Il contratto di associazione in partecipazione stabilisce cheall’associato viene attribuita dall’associante una parteci-pazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari, infunzione dell’apporto dato,mentre normalmente partecipaalle perdite nella stessamisura in cui partecipaagli utili,male perdite che colpiscono l’associato non possono superareil valore del suo apporto.Nel contratto può essere determinato quale controllo possaesercitare l’associato sull’impresa o sullo svolgimentodell’affare per cui l’associazione è stata contratta.Inoltre, salvo patto contrario, l’associante non può attri-buire partecipazioni per la stessa impresa o per lo stessoaffare ad altre persone senza il consenso dei precedentiassociati.La gestione dell’impresa o dell’affare spetta all’associanteche ha in esclusiva gli obblighi e i diritti verso i terzi.In ogni caso l’associato ha diritto al rendiconto dell’affarecompiuto o a quello annuale della gestione se questa siprotrae per più di un anno.Secondo l’art. 2549 del codice civile, come modificatodall’art. 53, D.Lgs. n. 81/2015 “Superamento dell’asso-ciazione in partecipazione con apporto di lavoro”, nel casoin cui l’associato in partecipazione sia unapersona fisica, ilsuo apporto non può consistere, nemmeno in parte, in unaprestazione di lavoro.Il secondo comma dell’art. 53 ha però stabilito transito-riamente che i contratti di associazione in partecipazione inatto al 25 giugno 2015, nei quali l’apporto dell’associatopersona fisica consiste, in tutto o in parte, in una presta-zione di lavoro, sono fatti salvi fino alla loro cessazione.Pertanto per quei prestatori di lavoro è ancora possibileapplicare quanto stabilito dall’art. 2, comma 1, lett. a),D.Lgs. n. 81/2008, secondo cui “…al lavoratore è equipa-rato: ... l’associato in partecipazione”.

Lavoratore a domicilio o con contrattocollettivo dei proprietari di fabbricati

Ai sensi della legge n. 877/1973 “Nuove norme per latutela del lavoro a domicilio” (GU n. 5 del 5 gennaio1974) e smi, un lavoratore a domicilio è colui che, convincolo di subordinazione, esegue nel proprio domicilio oin locale di cui abbia disponibilità, anche con l’aiutoaccessorio di membri della sua famiglia conviventi e acarico, ma con esclusione di manodopera salariata e diapprendisti, lavoro retribuito per conto di uno o piùimprenditori, utilizzando materie prime o accessorie eattrezzature proprie o dello stesso imprenditore, anche sefornite per il tramite di terzi.La suddetta subordinazione ricorre quando il lavoratore adomicilio è tenuto ad osservare le direttive dell’imprendi-tore circa le modalità di esecuzione, le caratteristiche e irequisiti del lavoro da svolgere nella esecuzione parziale,nel completamento o nell’intera lavorazione di prodottioggetto dell’attività dell’imprenditore committente.

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VIII Igiene & Sicurezza del Lavoro 1/2018

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Ai lavoratori a domicilio si applicano le normevigenti per ilavoratori subordinati in materia di assicurazioni sociali edi assegni familiari, fatta eccezione di quelle in materia diintegrazione salariale.I lavoratori che rientrano nel contratto collettivo dei pro-prietari di fabbricati sono principalmente:• gli addetti alla vigilanza, custodia, pulizia e mansioniaccessorie degli stabili adibiti ad usodi abitazioneo ad altriusi (tipicamente i portieri);• gli addetti alla pulizia e/o alla manutenzione degliimmobili, dei relativi impianti ed apparecchiature e/oalla conduzione di impianti sportivi, spazi a verde, inquanto pertinenza di immobili e/o complessi immobiliariadibiti ad uso di abitazione o ad altri usi (operai addetti allepulizie, manutenzioni, conduzione impianti);• quadri e impiegati con funzioni amministrative perl’attuazione degli obiettivi della proprietà, in amministra-zioni di adeguate dimensioni, con struttura operativa anchedecentrata.In riferimento alla salute e sicurezza sul lavoro i datori dilavoro devono:• non assegnare lavorazioni che comportino l’impiego disostanze o materiali nocivi o pericolosi per la salute o laincolumità siadel lavoratore chedei suoi familiari (leggen.877/1973, art. 2);• fornire i necessari dispositivi di protezione individuali inrelazione alle effettive mansioni assegnate al lavoratore(D.Lgs. n. 81/2008, art. 3, comma 9);• fornire una adeguata informazione:a) sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi allaattività della impresa in generale;b) sui rischi specifici cui è esposto in relazione all’attivitàsvolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendaliin materia;c) sulle misure e le attività di protezione e prevenzioneadottate (D.Lgs. n. 81/2008, art. 36, comma 3);• assicurare una formazione sufficiente ed adeguata inmateria di salute e sicurezza nel rispetto di quanto previstodall’accordo Stato Regioni 21 dicembre 2011 (D.Lgs.n. 81/2008, art. 37);•nel caso in cui fornisca le attrezzature, deveverificare cheesse siano conformi alle previsioni delTitolo III delTUSL.In risposta all’interpello 24 ottobre 2013, n. 13, la Com-missione ha chiarito che nel lavoro a domicilio l’impren-ditore committente non è tenuto alla formazione specificainerente al primo soccorso e all’antincendio e che il domi-cilio del lavoratore non è da considerare “luogo di lavoro”ai sensi dell’art. 62 del TUSL e, pertanto, ad esso non siapplicano le disposizioni di cui al Titolo II del TUSL.

Telelavoratore

Il telelavoro non è un contratto atipico ma una tipologia disvolgimento della prestazione lavorativa, sia per il settorepubblico che per quello privato, unicamente per i contrattidi lavoro subordinato.Istituito conAccordoQuadro europeo concluso il 16 luglio2002, in Italia il telelavoro è stato recepito attraversoAccordo interconfederale 20 gennaio 2004 che neregolamenta lo svolgimento nel settore privato, mentrenella pubblica amministrazione è stato regolamentato dalD.P.R. 8 marzo 1999, n. 70.

Il telelavoro può essere pattuito al momento dell’assun-zione ma anche successivamente, ed è una prestazionelavorativa resa da un lavoratore regolarmente al di fuoridella sede di lavoro, con il prevalente supporto di tecno-logie dell’informazione e della comunicazione (ICT).Qualora nel corso del rapporto di lavoro la proposta deltelelavoro venisse rifiutata dal lavoratore, tale circostanzanon potrebbe costituire motivo di sanzione disciplinare.Inoltre se il telelavoro non è ricompreso nella descrizioneiniziale della prestazione lavorativa, il lavoratore puòdecidere di ritornare all’attività lavorativa nei locali deldatore di lavoro, anche su richiesta di quest’ultimo.Nelle imprese private il telelavoro “costituisce una formadi organizzazione e/o di svolgimento del lavoro che siavvale delle tecnologie dell’informazione nell’ambito diun contratto o di un rapporto di lavoro, in cui l’attivitàlavorativa, che potrebbe anche essere svolta nei localidell’impresa, viene regolarmente svolta al di fuori deilocali della stessa”.Nelle P.A. il telelavoro è “la prestazione di lavoro eseguitadal dipendente di una delle amministrazioni pubbliche, inqualsiasi luogo ritenuto idoneo, collocato al di fuori dellasede di lavoro, dove la prestazione sia tecnicamente pos-sibile, con il prevalente supporto di tecnologie dell’infor-mazione e della comunicazione, che consentano ilcollegamento con l’amministrazione cui la prestazionestessa inerisce”.Il telelavoratore beneficia degli stessi diritti, garantiti dallalegislazione e dal contratto collettivo applicato, previstiper i lavoratori che svolgono attività nei localidell’impresa.Ai sensi dell’art. 3, comma 10, TUSL, a tutti i lavoratorisubordinati che svolgono una prestazione continuativa dilavoro a distanza, mediante collegamento informatico etelematico, comprese le pubbliche amministrazioni, e dicui all’AccordoQuadro Europeo sul telelavoro concluso il16 luglio 2002, si applicano le disposizioni di cui al TitoloVII “Attrezzature munite di videoterminali”, indipenden-temente dall’ambito in cui si svolge la prestazione stessa.Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro fornisca attrezzatureproprie, o per il tramite di terzi, tali attrezzature devonoessere conformi alle disposizioni di cui al Titolo III “Usodelle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezioneindividuale”.I lavoratori a distanza sono informati dal datore di lavorocirca le politiche aziendali in materia di salute e sicurezzasul lavoro, in particolare in ordine alle esigenze relative aivideoterminali ed applicano correttamente le direttiveaziendali di sicurezza.Inoltre al fine di verificare la corretta attuazione dellanormativa in materia di tutela della salute e sicurezza daparte del lavoratore a distanza, il datore di lavoro, lerappresentanze dei lavoratori e le autorità competentihanno accesso al luogo in cui viene svolto il lavoro neilimiti della normativa nazionale e dei contratti collettivi,dovendo tale accesso essere subordinato al preavviso e alconsenso del lavoratore qualora la prestazione sia svoltapresso il suo domicilio. Anche il lavoratore a distanza puòrichiedere le ispezioni.Il datore di lavoro dovrà infine adottare le misure dirette aprevenire l’isolamento del lavoratore a distanza rispettoagli altri lavoratori interni all’azienda, permettendogli di

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incontrarsi con i colleghi e di accedere alle informazionidell’azienda, nel rispetto di regolamenti o accordiaziendali.

Socio di cooperative o di società

Come descritto nel Codice civile (art. 2247 e segg.), con ilcontratto di società due o più persone conferiscono beni oservizi per l’esercizio in comune di una attività economicaallo scopo di dividerne gli utili.Il Codice civile distingue i diversi tipi di Società in:• Società semplici - S.s. (artt. 2251-2290);• Società in nome collettivo - S.n.c. (artt. 2291-2312);• Società in accomandita semplice - S.a.s. (artt. 2313-2324);• Società per azioni - S.p.a. (artt. 2325-2451);• Società in accomandita per azioni - S.a.p.a. (artt. 2452-2461);•Società a responsabilità limitata - S.r.l. (artt. 2462-2483).Una Cooperativa, secondo il Codice civile (art. 2501 esegg.) è una società a capitale variabile con scopo mutua-listico iscritta presso l’albo delle società cooperative.La cooperativa deve costituirsi con un atto pubblico, chestabilisce le regole per lo svolgimento dell’attività mutua-listica e può prevedere che la società svolga la propriaattività anche con terzi. Lo statuto contenente le normerelative al funzionamento della società, anche se formaoggetto di atto separato, si considera parte integrantedell’atto costitutivo.I rapporti tra la società e i soci possono essere disciplinatida regolamenti che determinano i criteri e le regole inerentiallo svolgimento dell’attività mutualistica tra la società e isoci.Per costituire una società cooperativa è necessario che isoci siano almeno nove.Può essere costituita una società cooperativa da almeno tresoci quando i medesimi sono persone fisiche e la societàadotta le norme della società a responsabilità limitata.A seconda della natura dei soci e delle finalità che gli stessiintendono perseguire si possono avere differenti tipologiedi cooperative, tra le quali le Cooperative di produzione elavoro, aventi lo scopo di procurare lavoro alle miglioricondizioni possibili per i propri soci-lavoratori. In questecooperative il rapporto fra socio e cooperativa è regolatodal regolamento interno.L’art. 2, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008 stabilisce che“...al lavoratore così definito è equiparato: il socio lavo-ratore di cooperativa o di società, anche di fatto, che prestala sua attività per conto delle società e dell’ente stesso...”.

Lavoratore autonomo

Nel Titolo III “Del lavoro autonomo”, Capo I “Disposi-zioni generali” del Codice civile, all’art. 2222 viene sta-bilito che si ha un “Contratto d’opera” “Quando unapersona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’o-pera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio esenza vincolo di subordinazione nei confronti del commit-tente ...”.Anche il D.Lgs. n. 81/2008 e smi all’art. 89 comma 1, lett.d) fornisceunadefinizionedi “lavoratore autonomo” come“persona fisica la cui attività professionale contribuisce

alla realizzazione dell’opera senza vincolo disubordinazione”.Si può notare come la suddetta definizione si discostaevidentemente da quella già riportata di lavoratore, cioèpersona che, indipendentemente dalla tipologia contrat-tuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’orga-nizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con osenza retribuzione.In considerazione dell’autonomia del soggetto, il TUSLsemplifica, riducendoli drasticamente, gli obblighi incarico a questo lavoratore. Infatti all’art. 3, comma 11, ilTUSL si limita a statuire che “Nei confronti dei lavoratoriautonomi di cui all’articolo 2222 del Codice civile siapplicano le disposizioni di cui agli articoli 21 e 26”.Oltre all’art. 21, già commentato in riferimento ai presta-tori occasionali, l’art. 26 statuisce gli “obblighi connessi aicontratti d’appalto o d’opera o di somministrazione”, nelcaso in cui un datore di lavoro affidi lavori, servizi eforniture all’impresa appaltatrice o a lavoratori autonomiall’interno della propria azienda, o di una singola unitàproduttiva della stessa, nonché nell’ambito dell’interociclo produttivo dell’azienda medesima, sempre cheabbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolgel’appalto o la prestazione di lavoro autonomo.I lavoratori autonomi che esercitano la propria attività neicantieri temporanei e mobili, come definiti nel Titolo IVdel TUSL hanno l’ulteriore obbligo stabilito nell’art. 94,che consiste nell’adeguarsi alle indicazioni fornite dalcoordinatore per l’esecuzione dei lavori, ai fini dellasicurezza.Come finalmente chiarito nella risposta all’interpello n. 7/2013 i lavoratori autonomi operanti nei cantieri edili, alfinedi dimostrare la propria idoneità tecnico-professionaledi cui all’allegato XVII del TUSL ai committenti, airesponsabili dei lavori o alle imprese affidatarie, nonhanno l’obbligo di esibire gli attestanti inerenti la propriaformazione e l’idoneità sanitaria.Tale obbligo sussiste, invece, per l’attività lavorativa nelsettore degli ambienti sospetti di inquinamentoo confinati.Infatti, ai sensi del D.P.R. n. 177/2011, qualsiasi attivitàlavorativa nel settore degli ambienti sospetti di inquina-mento o confinati può essere svolta unicamente da impreseo lavoratori autonomi qualificati in ragione del possesso diparticolari requisiti, tra i quali l’integrale e vincolanteapplicazione anche del comma 2, art. 21 del TUSL riguar-dante, appunto, la formazione e la sorveglianza sanitaria.Una situazione da considerare è che talvolta i lavoratoriautonomi vengano impropriamente impiegati da commit-tenti o da imprese esecutrici che li utilizzano quali “pre-statori di manodopera”.Aquestoproposito ilMinisterodelLavoro edellePoliticheSociali ha emanato la circolare 4 luglio 2012, n. 16 “Lavo-ratori autonomi - attività in cantiere - indicazioni operativeper il personale ispettivo”, nella quale ha rilevato che nelsettore edile è frequente riscontrare l’utilizzo improprio dilavoratori autonomi, che operano inseriti nel ciclo produt-tivo delle imprese esecutrici e svolgono sostanzialmente lamedesima attività del personale dipendente delle impresestesse, oppure che ricorrono a formule “aggregative” didubbia legittimità, costituitedaassociazioni temporaneedilavoratori autonomi ai quali viene affidata, da parte dicommittenti privati l’esecuzione di intere opere edili.

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Per verificare l’effettiva autonomia del lavoratore ope-rante in cantiere la circolare ha indicato innanzitutto diconstatare il possesso e la disponibilità di una consistentedotazione strumentale, rappresentata damacchine e attrez-zature (risultante dal registro dei beni ammortizzabili), dacui sia possibile evincere una effettiva, piena ed autonomacapacità organizzativa e realizzativa delle intere opere daeseguire, mentre non può essere considerata idonea adimostrare l’esistenza di un’autonoma attività imprendi-toriale la mera proprietà o possesso di attrezzatura, né ladisponibilità delle macchine e attrezzature specifiche perla realizzazione dei lavori data dall’impresa esecutrice odal committente.La conclusione che viene tratta nella circolare è che vannoconsiderate subordinate nei confronti del reale beneficia-rio delle stesse le prestazioni dei lavoratori, pur se iscrittinel Registro delle Imprese o all’Albo delle imprese arti-giane, adibiti alle attività di manovalanza, muratura, car-penteria, rimozione amianto, posizionamento di ferri eponti, e addetti a macchine edili fornite dall’impresaCommittente o appaltatore, “ove non emergano fenomenidi conclamata sussistenza di un’effettiva organizzazioneaziendale rappresentata da significativi capitali investiti inattrezzature e dotazioni strumentali e non vi sia nemmenoun’inequivocabile situazione di pluricommittenza”.Questo anche perché l’attività svolta prevalentementecome lavoratore autonomo non esclude che in specificicantieri vi sia l’instaurazione di un rapporto di lavorosubordinato.Si può rilevare che già la nota del M.L.P.S. n. 418/2001aveva ricordato che nei cantieri temporanei e mobili “... illavoratore autonomo non deve essere conteggiato nelnumero delle imprese presenti in cantiere”. Infatti, talescelta, peraltro, trova un preciso riscontro nelle direttivecomunitarie. Infatti in base alle indicazioni della Direttivacomunitaria n. 92/57/CEE il lavoratore autonomo è qual-siasi persona diversa da quelle di cui alla lett. a) e b) dellaDirettiva 89/391/CEE la cui attività professionale, con-corre alla realizzazione dell’opera.A sua volta l’art. 3 dellaDirettiva comunitaria 89/391/CEE alle lett. a) e b), defini-sce il lavoratore subordinato ed il datore di lavoro rispetti-vamente come: a) lavoratore: “qualsiasi persona impiegatada un datore di lavoro, compresi i tirocinanti e gli appren-disti ad esclusione dei domestici”, b) datore di lavoro:“qualsiasi persona fisica o giuridica che sia titolare delrapporto di lavoro con il lavoratore e abbia la responsabi-lità dell’impresa e/o dello stabilimento”.Mettendo dunquea confronto le definizioni di “lavoratore subordinato”, di“datore di lavoro” e di “lavoratore autonomo” che sonocontenute nelle Direttive comunitarie 89/391/CEE e 92/57/CEE (e che risultano tra loro assolutamente antiteti-che), possiamo affermare che la nozione di “lavoratoreautonomo” va tenuta distinta tanto dalla nozione di “lavo-ratore subordinato”, quanto dalla nozione di “datore dilavoro”.La nota concludeva che, facendo ricorso alla sostanzialitàdella nozione di impresa (quale area datoriale di lavoro), sidovesse escludere da essa l’area del lavoro autonomo.Pertanto l’imprenditore si sarebbe potuto definire“impresa” quando avesse avuto dipendenti e rispetto adessi si fosse posto quale “datore di lavoro”, mentre sarebbestato “lavoratore autonomo” quando non avesse avuto

dipendenti oppure quando avesse partecipato da soloall’attività di cantiere.

Componenti di impresa famigliare

La ditta individuale può assumere la forma di impresafamiliare ai sensi dell’art. 230-bis cod. civ. Secondoquestoarticolo impresa familiare è “quell’impresa in cui colla-borano inmaniera continuativa il coniuge, i parenti entro ilterzo grado (fino ai nipoti), gli affini entro il secondo (finoai cognati) dell’imprenditore”.Inoltre lo stesso articolo stabilisce che: “salvo che siaconfigurabile un diverso rapporto, il familiare che prestainmodo continuativo la sua attività di lavoro nella famigliao nell’impresa familiare ha diritto al mantenimentosecondo la condizione patrimoniale della famiglia e par-tecipa agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistaticon essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche inordine all’avviamento, in proporzione alla quantità e allaqualità del lavoro prestato…”.Il legislatore ha quindi voluto introdurre una figura diimpresa familiare fondata sulla “solidarietà familiare” enon su un rapporto contrattuale. Pertanto secondo quantochiarito nella risposta all’interpello n. 9/2013 è possibilecostituire, ai sensi dell’art. 230-bis del Codice civile,un’impresa familiare senza la necessità di uno specificoatto notarile, una sorta di “impresa familiare di fatto”.L’art. 3, comma12,TUSLstabilisce che “Nei confronti deicomponenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del Codice civile ... si applicano le disposizioni di cuiall’articolo 21.”, già riportate.Le imprese famigliari che operano nei cantieri devonoottemperare anche agli obblighi di cui agli artt. 96 e 100,comma 3, TUSL.L’art. 96 del TUSL dispone che: “I datori di lavoro delleimprese affidatarie e delle imprese esecutrici, anche nelcaso in cui nel cantiere operi una unica impresa, anchefamiliare o con meno di dieci addetti:a) adottano le misure conformi alle prescrizioni di cuiall’allegato XIII;b) predispongono l’accesso e la recinzione del cantiere conmodalità chiaramente visibili e individuabili;c) curano la disposizione o l’accatastamento di materiali oattrezzature in modo da evitarne il crollo o il ribaltamento;d) curano la protezione dei lavoratori contro le influenzeatmosferiche che possono compromettere la loro sicurezzae la loro salute;e) curano le condizioni di rimozione dei materiali perico-losi, previo, se del caso, coordinamento con il committenteo il responsabile dei lavori;f) curano che lo stoccaggio e l’evacuazione dei detriti edelle macerie avvengano correttamente;g) redigono il piano operativo di sicurezza di cui all’arti-colo 89, comma 1, lettera h).1-bis. La previsione di cui al comma 1, lettera g), non siapplica alle mere forniture di materiali o attrezzature. Intali casi trovano comunque applicazione le disposizioni dicui all’articolo 26.2. L’accettazione da parte di ciascun datore di lavoro delleimprese del piano di sicurezza e di coordinamento di cuiall’articolo 100, nonché la redazione del piano operativo disicurezza costituiscono, limitatamente al singolo cantiere

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interessato, adempimento alle disposizioni di cui all’arti-colo 17 comma 1, lettera a), all’articolo 26, commi 1,lettera b), 2, 3, e 5, e all’articolo 29, comma 3”.L’art. 100, comma 3, stabilisce che “I datori di lavoro delleimprese esecutrici e i lavoratori autonomi sono tenuti adattuare quanto previsto nel piano di cui al comma 1 e nelpiano operativo di sicurezza”.L’interpello n. 3/2015 ha chiarito che i titolari delleimprese familiari che operano nei cantieri temporanei omobili devono redigere il POS e che “Tale piano deveriportare tutti i punti dell’allegato XV, ad eccezione deipunti i cui obblighi non trovano applicazione nella fatti-specie delle imprese familiari. A titolo meramente esem-plificativo e non esaustivo, nei POSdelle imprese familiarinon potrà essere indicata la figura del responsabile delservizio di prevenzione e protezione, i nominativi degliaddetti al primo soccorso, ecc.”.Se all’interno dell’impresa sono presenti collaboratorifamiliari iscritti alla gestione separata INPS e non c’è laC.O., quindi, non assunti con contratto di lavoro dipen-dente agli stessi saranno applicati solo i suddetti precetti.Se, invece, questi coadiuvanti familiari hanno sottoscrittoun contratto di lavoro subordinato col titolare dell’impresafamiliare devono essere inquadrati a tutti gli effetti tra idipendenti, e a questi devono essere applicati, al pari deglialtri lavoratori, tutte le tutele e i rispettivi obblighi, comeconfermatodallo stessoMinisterodelLavoroconcircolaren. 30/1998, la quale ha stabilito che “Il vincolo di subordi-nazione tra familiari esiste sicuramente nell’ipotesi diformale assunzione con contratto del familiare”.Infine se il titolare dell’impresa familiare ha personaledipendente non iscritto né inquadrabile come collabora-tore familiare acquisisce nei suoi confronti tutti gli obbli-ghi di un normale datore di lavoro in quanto non è presentealcunadiversa indicazionenéderogaall’internodelD.Lgs.n. 81/2008.

Lavoratori volontari

L’art. 3, comma 12-bis, D.Lgs. n. 81/2008 stabilisce che“Nei confronti dei volontari di cui alla legge 11 agosto1991, n. 266, dei volontari che effettuano servizio civile,dei soggetti che svolgono attività di volontariato in favoredelle associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7dicembre 2000, n. 383, delle associazioni sportive dilet-tantistiche di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 39, eall’articolo 90della legge 27dicembre 2002, n. 289, e delleassociazioni religiose, dei volontari accolti nell’ambito deiprogrammi internazionali di educazione non formale, non-ché nei confronti di tutti i soggetti di cui all’articolo 67,comma 1, lettera m), del testo unico di cui al D.P.R. 22dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, siapplicano le disposizioni di cui all’articolo 21 del presentedecreto ...” e che “…Con accordi tra i soggetti e le asso-ciazioni o gli enti di servizio civile possono essere indivi-duate le modalità di attuazione della tutela di cui al primoperiodo. Ove uno dei soggetti di cui al primo periodosvolga la suaprestazionenell’ambitodi un’organizzazionedi un datore di lavoro, questi è tenuto a fornire al soggettodettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti negliambienti nei quali è chiamato ad operare e sulle misure diprevenzione e di emergenza adottate in relazione alla sua

attività. Egli è altresì tenuto ad adottare le misure utili aeliminare o, ove ciò non sia possibile, a ridurre al minimo irischi da interferenze tra la prestazione del soggetto e altreattività che si svolgano nell’ambito della medesimaorganizzazione”.Per comprendere a quali soggetti si applica il suddettocomma occorre sapere che il D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117“Codice del Terzo settore”, ha abrogato la legge n. 266/1991 “Legge quadro sul volontariato”, e la legge 7 dicem-bre 2000, n. 383 “Disciplina delle associazioni di promo-zione sociale”. All’art. 17 il citato decreto legislativoindica che il volontario è una persona che, per sua liberascelta, svolge attività in favore della comunità e del benecomune, anche per il tramite di un ente del “terzo settore”,mettendo a disposizione il proprio tempo e le propriecapacità per promuovere risposte ai bisogni delle personee delle comunità beneficiarie della sua azione, in modopersonale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, nean-che indiretti, ed esclusivamente per fini di solidarietà.Inoltre l’attività del volontario non può essere retribuita inalcun modo nemmeno dal beneficiario, mentre possonoessere rimborsate dall’ente del terzo settore tramite il qualesvolge l’attività le spese effettivamente sostenute e docu-mentate per l’attività prestata, entro i limiti massimi e allecondizioni preventivamente stabilite dall’ente medesimo.Sono in ogni caso vietati rimborsi spese di tipo forfetario.La norma stabilisce anche che la qualità di volontario èincompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavorosubordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavororetribuito con l’entedi cui il volontario è socioo associatootramite il quale svolge la propria attività volontaria.Ai sensi dell’art. 35, D.Lgs. n. 117/2017 le associazioni dipromozione sociale sono enti del terzo settore costituiti informa di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, daun numero non inferiore a sette persone fisiche o a treassociazioni di promozione sociale per lo svolgimento infavore dei propri associati, di loro familiari o di terzi di unao più attività di interesse generale, avvalendosi in modoprevalente dell’attività di volontariato dei propri associati.La denominazione sociale deve contenere l’indicazione diassociazione di promozione sociale o l’acronimo APS.Le associazioni sportive dilettantistiche sono quelle asso-ciazioni che svolgono attività sportive ritenute dilettanti-stiche dai regolamenti del CONI, e che vengono registratenell’apposito albo tenuto dalCONI. Infatti, per beneficiaredella legislazione fiscale di favore prevista per tali enti, ènecessario l’iscrizione alla Federazione Sportiva di riferi-mento (o in alternativa ad un Ente di Promozione Spor-tiva), e successivamente all’albo del CONI.Infine l’art. 67, comma 1, lett. m), D.P.R. n. 917/1996 cita,tra gli altri, i direttori artistici, i collaboratori tecnici perprestazioni di natura non professionale da parte di cori,bande musicali e filodrammatiche che perseguono finalitàdilettantistiche.LaCommissioneper gli interpelli, con la risposta n. 8/2014ha ritenuto che il regime applicabile ai soggetti che pre-stano la propria attività volontariamente e a titolo gratuito(o con mero rimborso spese) per le associazioni sportivedilettantistiche, sia quello previsto per i lavoratori auto-nomi di cui all’art. 2222 cod. civ., per i quali l’art. 3,comma 11, D.Lgs. n. 81/2008 dispone l’applicazionedell’art. 21.

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Inoltre, la Commissione ha chiarito che occorre conside-rare i principi generali di diritto i quali impongono alresponsabile dell’impianto o dell’associazione sportivadilettantistica che di esso abbia la disponibilità di predi-sporre adeguate misure di tutela nei confronti di chi vengachiamato ad operare nell’ambito delle attività di riferi-mento dell’associazione sportiva dilettantistica e che, per-tanto, ne sanciscono la responsabilità secondo i principicomuni civili e penali nel caso di danni causati a terzi dacose in disponibilità.

Allievi degli istituti di istruzioneed universitari e soggetti beneficiaridelle iniziative di tirocini formativi

Come ben chiarito nella risposta all’interpello n. 1/2014,l’art. 2 del TUSL prevede che al lavoratore è equiparato“l’allievo degli istituti di istruzione ed universitari e ilpartecipante ai corsi di formazione professionale neiquali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro ingenere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese leapparecchiature fornite di videoterminali limitatamente aiperiodi in cui l’allievo sia effettivamente applicato allastrumentazioni o ai laboratori in questione ...”.Inoltre, fino all’emanazione del decreto di cui all’art.3, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008, l’equiparazione del-l’alunno al lavoratore deve intendersi nei termini fis-sati dal D.M. 29 settembre 1998, n. 382, “Regolamentorecante norme per l’individuazione delle particolariesigenze degli istituti di istruzione ed educazione diogni ordine e grado” che all’art. 1, comma 2, espres-samente prevede che sono equiparati ai lavoratori, aisensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a), del D.Lgs.n. 626/1994, gli allievi delle istituzioni scolastiche ededucative nelle quali i programmi e le attività diinsegnamento prevedano espressamente la frequenzae l’uso di laboratori appositamente attrezzati, con pos-sibile esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici,l’uso di macchine, apparecchi e strumenti di lavoro ingenere ivi comprese le apparecchiature fornite divideoterminali. L’equiparazione opera nei periodi incui gli allievi siano effettivamente applicati alle stru-mentazioni o ai laboratori in questione. I predettiallievi non sono comunque computati, ai sensi delD.Lgs. n. 626/1994, ai fini della determinazione delnumero dei lavoratori dal quale il medesimo decreto fadiscendere particolari obblighi. In tali ipotesi le attivitàsvolte nei laboratori o comunque nelle strutture di cuisopra hanno istituzionalmente carattere dimostrativodidattico.Pertanto, poiché gli allievi degli istituti di istruzione euniversitari e i partecipanti ai corsi di formazione profes-sionale sono equiparati ai lavoratori unicamente nei casi eper il tempo in cui “si faccia uso di laboratori, attrezzaturedi lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivicomprese le attrezzature munite di videoterminali”, ilTUSL da un lato esclude l’applicazione delle norme spe-cifiche di salute e sicurezza sul lavoro in tutti i periodi ed intutti i casi in cui gli allievi siano applicati in attivitàscolastiche ed educative nelle quali i programmi di inse-gnamento e formazione non prevedano l’uso di attrezza-ture di lavoro e l’esposizione ad agenti chimici, fisici e

biologici con la frequentazione di laboratori apposita-mente attrezzati, dall’altro esclude qualsiasi deroga nel-l’applicazione delle norme prevenzionali, comprese, peresempio, quelle relative alla sorveglianza sanitaria e allaformazione, quando gli allievi acquisiscano la parifica-zione allo stato di “lavoratore”.Il datore di lavoro per le scuole cattoliche è quello identi-ficato dall’art. 8, D.M. 29 settembre 1998, n. 382 chespecifica “Ai predetti fini per datore di lavoro si intendeil soggetto gestore di cui al titoloVII, articoli 345 e 353 deltesto unico approvato con D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297.Ove il soggetto sia una persona giuridica, per datore dilavoro si intende il rappresentante legale dell’ente ai sensidel comma 2 del predetto articolo 353”. La suddettaindividuazione del datore di lavoro deve comunque rispet-tare quanto previsto dall’art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs.n. 81/2008 che lo definisce come “il soggetto titolare delrapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il sog-getto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazionenel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha laresponsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità pro-duttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”.Riguardo ai soggetti beneficiari delle iniziative di tirociniformativi, l’art. 18, legge n. 196/1997 ha previsto l’ema-nazione del D.M. 25 marzo 1998, n. 142 al fine di realiz-zare momenti di alternanza tra studio e lavoro e diagevolare le scelte professionali mediante la conoscenzadiretta del mondo del lavoro, attraverso iniziative di tiro-cini pratici e stage a favore di soggetti che hanno giàassolto l’obbligo scolastico.Più recentemente l’alternanza scuola-lavoro si è inseritanel quadro del più ampio progetto denominato “La Buonascuola”, regolato dalla legge 13 luglio 2015, n. 107.L’alternanza scuola-lavoro è una metodologia didattica,che si svolge sotto la responsabilità dell’istituzione scola-stica, nell’ambito della quale i giovani che partecipano atale particolare esperienza formativa non mutano la loroposizione giuridica, confermando quella di studente. Alcontempo, però, visto il loro concreto impiego nell’attivitàlavorativa, non quindi da meri visitatori delle struttureospitanti, è riconosciuta a loro la piena equiparazione ailavoratori, la quale trova la propria base giuridica nelTUSL che, in modo chiaro, all’art. 2, comma 1, lett. a),precisa come “... al lavoratore è equiparato ... il soggettobeneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di orien-tamento di cui all’articolo 18 della legge 24 giugno 1997,n. 196”.

Lavoro autonomo non imprenditorialee lavoro agile

La legge 22 maggio 2017, n. 81 “Misure per la tutela dellavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte afavorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghidel lavoro subordinato”, entrata invigore il 14giugno2017è divisa in due Capi, il primo dedicato al lavoro autonomonon imprenditoriale e il secondo al lavoro agile (o smartworking).Laprimaparte (Capo I) della legge si applica ai “rapporti dilavoro autonomo di cui al titolo III del libro V del codicecivile, ivi inclusi i rapporti di lavoro autonomo che hannouna disciplina particolare ai sensi dell’articolo 2222 del

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Igiene & Sicurezza del Lavoro 1/2018 XIII

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Codice civile, mentre sono esclusi gli imprenditori, ivicompresi i piccoli imprenditori di cui all’articolo 2083c.c.”.All’art. 11 è previsto che il Governo adotti, entro un annodalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decretilegislativi per il riassetto delle disposizioni vigenti inmateria di sicurezza e tutela della salute dei lavoratoriapplicabili agli studi professionali, nel rispetto dei seguentiprincipi e criteri direttivi:a) individuazione di specifiche misure di prevenzione eprotezione idonee a garantire la tutela della salute e dellasicurezza delle persone che svolgono attività lavorativanegli studi professionali, con o senza retribuzione e ancheal fine di apprendere un’arte, un mestiere o unaprofessione;b) determinazione di misure tecniche ed amministrative diprevenzione compatibili con le caratteristiche gestionalied organizzative degli studi professionali;c) semplificazione degli adempimenti meramente formaliin materia di salute e sicurezza negli studi professionali,anche per mezzo di forme di unificazione documentale;d) riformulazione e razionalizzazione dell’apparato san-zionatorio, amministrativo e penale, per la violazione dellenorme vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoronegli studi professionali, avuto riguardo ai poteri delsoggetto contravventore e alla natura sostanziale o formaledella violazione.Nel Capo II della legge in parola, con lavoro agile o smartworking si intende, non una nuova tipologia contrattuale,ma una “modalità di esecuzione del rapporto di lavorosubordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anchecon forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi esenza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con ilpossibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgi-mento dell’attività lavorativa. La prestazione lavorativaviene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e inparte all’esterno senza una postazione fissa, entro i solilimiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero esettimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazionecollettiva”. Riguarda anche i rapporti di lavoro alle dipen-denze delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1,comma 2, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.Il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sullavoro e le malattie professionali dipendenti da rischiconnessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno deilocali aziendali e alla tutela contro gli infortuni sul lavorooccorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dalluogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimentodellaprestazione lavorativa all’esternodei locali aziendali,nei limiti e alle condizioni di cui al terzo comma dell’art. 2,D.P.R. n. 1124/1965, quando la scelta del luogo dellaprestazione sia dettata da esigenze connesse alla presta-zione stessa o dalla necessità del lavoratore di conciliare leesigenze di vita con quelle lavorative e risponda a criteri diragionevolezza.Il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buonfunzionamento degli strumenti tecnologici assegnati allavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa egarantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolgela prestazione in modalità di lavoro agile e a tal fineconsegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratoriper la sicurezza, con cadenza almeno annuale,

un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischigenerali e i rischi specifici connessi alla particolare moda-lità di esecuzione del rapporto di lavoro.Da parte sua il lavoratore deve cooperare all’attuazionedelle misure di prevenzione predisposte dal datore dilavoro per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzionedella prestazione all’esterno dei locali aziendali.

Personale appartenente a organizzazioniparticolari

Si intendono gli appartenenti a Forze armate, Vigili delFuoco, istituti di istruzione universitaria, Cooperativesociali, volontari della Protezione Civile, Croce Rossa,Soccorso Alpino, imprese agricole, ecc.L’art. 3 ai commi 2, 3-bis, stabilisce che le disposizioni delTUSL siano applicate tenendo conto delle particolari esi-genze connesse al servizio espletato o alle modalità disvolgimento delle rispettive attività, prevedendo l’emana-zione di specifici decreti applicativi, alcuni dei quali giàpubblicati.Fino all’emanazione dei suddetti decreti, sono in vigoreancora le disposizioni attuative dell’art. 1, comma 2,D.Lgs.n. 626/1994, nonché le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 271/1999 “Adeguamento della normativa sulla sicurezza esalute dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantilidapescanazionali, anormadella legge31dicembre1998,n.485”, alD.Lgs. n. 272/1999“Adeguamento della normativasulla sicurezza e salute dei lavoratori nell’espletamento dioperazioni e servizi portuali, nonché di operazioni dimanu-tenzione, riparazione e trasformazione delle navi in ambitoportuale, a norma della legge 31 dicembre 1998, n. 485”, alD.Lgs. n. 298/1999 “Attuazione della Direttiva 93/103/CErelativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute peril lavoro a bordo delle navi da pesca”, e le disposizionitecniche del D.P.R. n. 547/1955, e del D.P.R. n. 164/1956,richiamate dalla legge n. 191/1974 “Prevenzione degliinfortuni sul lavoro nei servizi e negli impianti gestitidall’Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato”, e dairelativi Decreti di attuazione.Le organizzazioni ed istituzioni che prevedono particolariapplicazioni del TUSL e i relativi decreti sono:• le Forze armate e di Polizia, del Dipartimento dei Vigilidel Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, deiservizi di Protezione Civile, nonché nell’ambito dellestrutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinateper finalità istituzionali alle attività degli organi con com-piti in materia di ordine e sicurezza pubblica;• università, degli istituti di istruzione universitaria, delleistituzioni dell’alta formazione artistica e coreutica, degliistituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e grado;• uffici all’estero di cui all’art. 30. D.P.R. 5 gennaio 1967,n. 18, e dei mezzi di trasporto aerei e marittimi;• archivi, le biblioteche e i musei solo nel caso sianosottoposti a particolari vincoli di tutela dei beni artisticistorici e culturali;• attività lavorative a bordo delle navi, di cui al D.Lgs. 27luglio 1999, n. 271, in ambito portuale, di cui al D.Lgs. 27luglio1999, n. 272, eper il settoredellenavidapesca, di cuial D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 298;• trasporto ferroviario contenuta nella legge 26 aprile1974, n. 191, e relativi decreti di attuazione;

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XIV Igiene & Sicurezza del Lavoro 1/2018

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• cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991,n. 381;• organizzazioni di volontariato della Protezione Civile,ivi compresi i volontari della Croce Rossa Italiana e delCorpoNazionale soccorso alpino e speleologico, e i volon-tari dei vigili del fuoco.Al momento i decreti di attuazione che sono stati giàemanati sono:• D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90 “Testo unico delledisposizioni regolamentari in materia di ordinamentomilitare, a norma dell’articolo 14 della legge 28novembre 2005, n. 246”. Esso riguarda l’applicazionedella normativa in materia di sicurezza, tenuto contodei principi, delle peculiarità organizzative e delleparticolari esigenze connesse al servizio espletatodalle Forze armate, disciplina l’organizzazione e leattività dirette ad assicurare la tutela della salute esicurezza del personale militare e civile negli ambientidi lavoro e durante le attività dell’Amministrazionedella difesa, in territorio nazionale o all’estero;•Decreto interministeriale 13 aprile 2011 “Disposizioni inattuazione dell’articolo 3, comma3-bis, delD.Lgs. 9 aprile2008, n. 81, come modificato ed integrato dal D.Lgs. 3agosto 2009, n. 106, in materia di salute e sicurezza nei

luoghi di lavoro”, che riguarda l’applicazione del TUSLtenendo conto delle particolari esigenze che caratterizzanole attività e gli interventi svolti dai volontari della Prote-zione Civile, dai volontari della Croce Rossa Italiana e delCorpo nazionale soccorso alpino e speleologico e daivolontari dei vigili del fuoco;• D.P.C.M. 28 novembre 2011, n. 231 “Regolamento diattuazione dell’articolo 3, comma 2, del D.Lgs. 9 aprile2008, n. 81, recante ‘Attuazione dell’articolo 1 della legge3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute edella sicurezza nei luoghi di lavoro’, relativamente all’in-dividuazione delle particolari esigenze connesse all’esple-tamento delle attività del Dipartimento della protezionecivile, nel conseguimento delle finalità proprie dei servizidi protezione civile”;•Decreto interministeriale 16 febbraio 2012, n. 51 “Rego-lamento recante disposizioni in materia di tutela dellasalute e della sicurezza degli uffici all’estero ai sensidell’articolo 3, comma 2, del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81”;• Decreto interministeriale 18 novembre 2014, n. 201“Regolamento recante norme per l’applicazione, nell’am-bito dell’amministrazione della giustizia, delle disposi-zioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori neiluoghi di lavoro”.

Tabella 2 - Schema di sintesi

Tipologia di rapporto di lavoro - rif. normativo Disposizioni in materia di SSL applicabili

Lavoratore subordinato a tempo indeterminato full-time - art. 1,D.Lgs. n. 81/2015 e smi

Tutte le misure di tutela e gli obblighi previsti per il “lavoratore” ex art. 2,comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008 e smi

Lavoratore subordinato a tempo indeterminatopart-time - art. 4,D.Lgs. n. 81/2015 e smi

Lavoratore subordinato a tempo determinato - art. 19, D.Lgs. n.81/2015 e smi

Lavoratore intermittente - art. 13, D.Lgs. n. 81/2015 e smi

Lavoratore apprendista - art. 41, D.Lgs. n. 81/2015 e smi

Socio di cooperative o di società - art. 2247 cod. civ. e segg.

Soggetti beneficiari delle iniziative di tirocini formativi - art. 18,Legge n. 196/1997

Lavoratore somministrato - art. 30, D.Lgs. n. 81/2015 e smi Il somministratore informa i lavoratori sui rischi per la sicurezza e la saluteconnessi alle attività produttive e li forma e addestra all’uso delle attrez-zature di lavoro necessarie allo svolgimento dell’attività lavorativa per laquale essi vengonoassunti. Il contratto di somministrazionepuòprevedereche tale obbligo sia adempiuto dall’utilizzatore.L’utilizzatoreosservanei confrontidei lavoratori somministrati gli obblighidiprevenzione e protezione cui è tenuto, per legge e contratto collettivo, neiconfronti dei propri dipendenti.

Lavoratore distaccato - art. 30, D.Lgs. n. 276/2003 e smi Il distaccante ha l’obbligo di informare e formare il lavoratore sui rischi tipicigeneralmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali egliviene distaccato.Al distaccatario spetta l’onere di ottemperare a tutti gli altri obblighi inmateria di salute e sicurezza sul lavoro inclusa, tra gli altri, la sorveglianzasanitaria.

Prestatore occasionale - art. 54-bis, D.L. 24 aprile 2017, n. 50,convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 96

Le disposizioni vigenti in materia di tutela della salute e sicurezza si appli-cano nei casi in cui la prestazione sia svolta a favore di un committenteimprenditoreoprofessionista.Negli altri casi si applicanoesclusivamente ledisposizioni di cui all’art. 21 TUSL.

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Igiene & Sicurezza del Lavoro 1/2018 XV

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Lavoratore a progetto - artt. da 61 a 69-bis, D.Lgs. n. 276/2003e smi

Tutte le disposizioni del TUSL si applicano per quei lavoratori a progetto, ilcui contratto era già in atto al 25 giugno 2015, qualora la prestazionelavorativa si svolge nei luoghi di lavoro del committente.

Associato in partecipazione con apporto di lavoro - art. 2549,cod. civ., come modificato dall’art. 53, D.Lgs. n. 81/2015

Tutte le misure di tutela e gli obblighi previsti per il “lavoratore” ex art. 2,comma 1, lett. a) D.Lgs. n. 81/2008 e smi si applicano per gli associati inpartecipazione con apporto di lavoro, il cui contratto era già in atto al 25giugno 2015.

Lavoratore a domicilio o che rientra nel campo di applicazionedel contratto collettivo dei proprietari di fabbricati - legge n. 877/1973

Il datore di lavoro deve:• non assegnare lavorazioni che comportino l’impiego di sostanze omateriali nocivi opericolosiper la saluteo la incolumitàsiadel lavoratorechedei suoi familiari;• fornire i necessari dispositivi di protezione individuali in relazione alleeffettive mansioni assegnate al lavoratore;• fornire una adeguata informazione:a) sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attività dellaimpresa in generale;b) sui rischi specifici cui èesposto in relazioneall’attività svolta, lenormativedi sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;c) sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate;• assicurare una formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute esicurezza;• nel caso in cui fornisca le attrezzature, deve verificare che esse sianoconformi alle previsioni del Titolo III del TUSL.

Telelavoratore - Accordo europeo 2002, Accordo interconfe-derale 2004 e D.P.R. n. 70/1999

Si devono applicare le disposizioni di cui al Titolo VII del TUSL.Le attrezzature fornite devono essere conformi alle disposizioni di cui alTitolo III del TUSL.I lavoratori a distanza sono informati dal datore di lavoro circa le politicheaziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in particolare in ordinealle esigenze relative ai videoterminali ed applicano correttamente leDirettive aziendali di sicurezza.Si dovranno adottare le misure dirette a prevenire l’isolamento del lavora-tore a distanza rispetto agli altri lavoratori interni all’azienda.

Lavoratore autonomo - art. 2222 cod. civ. Si applicano le disposizioni di cui agli artt. 21, 26, 94, TUSL

Componenti di impresa famigliare - art. 230-bis, cod. civ. Si applicano le disposizioni di cui agli artt. 21, 96 e 100, comma 3, TUSL

Lavoratori volontari - D.Lgs. n. 117/2017; legge n. 398/1991; art.90, legge n. 289/2002; art. 67, comma 1, lett. m), D.P.R. n. 917/1986

Si applicano le disposizioni di cui all’art. 21, TUSL.Con accordi tra i soggetti e le associazioni o gli enti di servizio civile possonoessere individuate le modalità di attuazione della suddetta tutela.Ove uno dei volontari svolga la sua prestazione nell’ambito di un’organiz-zazione di un datore di lavoro, questi è tenuto a fornire al soggetto detta-gliate informazioni sui rischi specifici esistenti negli ambienti nei quali èchiamato ad operare e sullemisure di prevenzione e di emergenza adottatein relazione alla sua attività. Egli è altresì tenuto ad adottare lemisure utili aeliminare o, ove ciò non sia possibile, a ridurre al minimo i rischi dainterferenze tra la prestazione del soggetto e altre attività che si svolganonell’ambito della medesima organizzazione.

Allievidegli istituti di istruzioneeduniversitari -D.M.n.382/1998 Lemisure di tutela e gli obblighi previsti per il “lavoratore” ex art. 2, comma1, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008 e smi si applicano qualora si faccia uso dilaboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici,ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali limitatamente aiperiodi in cui sia effettivamente applicato alla strumentazioni o ai laboratoriin questione.

Lavoratore “agile” - art. 18, D.Lgs. n. 81/2017 Il datore di lavoro è responsabile della sicurezza degli strumenti tecnologiciassegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa e garanti-sce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione inmodalità di lavoro agile e a tal fine consegna al lavoratore e al rappresen-tante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’in-formativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischispecifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto dilavoro.Il lavoratore deve cooperare all’attuazione delle misure di prevenzionepredisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all’ese-cuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali.

Personale appartenente a organizzazioni particolari (Forzearmate, Vigli del Fuoco, istituti di istruzione universitaria, Coo-perative sociali, volontari della Protezione Civile, Croce Rossa,Soccorso Alpino, imprese agricole, ecc.)

Le disposizioni del TUSL siano applicate tenendo conto delle particolariesigenze connesse al servizio espletatoo allemodalità di svolgimento dellerispettive attività, secondo quanto previsto in specifici decreti applicativi.

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XVI Igiene & Sicurezza del Lavoro 1/2018

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Prevenzione incendi

Progettazione antincendi:uncasopraticoconunasoluzionemolto avanzataAntonio Cappa - Ingegnere, Consulente per la sicurezza

Progettazione basata sul Codicedi Prevenzione Incendi

Ilprogetto riguardaunaattività soggettaaprevenzioneincendi, per la quale però non ci interesseremo dellaparte prettamente produttiva, ma degli uffici annessi(e connessi) alla produzione stessa. Progettiamo colCodice di Prevenzione Incendi (D.M. 3 agosto 2015).L’attività produttiva riguarda poliuretani e presentacirca 1.000 mq di superficie, a piano terra e a tuttaaltezza. L’ambiente prevede una porta di comunica-zione, al pianoterra, laquale immettealpiededelvanoscala che porta agli uffici, ubicati al piano primo.Sempre al piede del vano scala abbiamo anche unauscita di emergenza che immette direttamente inesterno, a servizio degli uffici. Il compartimento uffici,di superficie pari a 109 mq, è separato alla produzionecon elementi portanti e separanti R/EI 120.

Esodo (S4) Premessa (S.4.1)La procedura per l’esodo sarà esodo simultaneo.

Soluzioni conformi per il livello di prestazioneI (S.4.4.1)Il sistema d’esodo è progettato nel rispetto di quantoprevisto al paragrafo S.4.5 e successivi.Un singolo punto (larghezza della scala interna dapiano primo uffici a piano terra in esterno) non potràessere rispettato; si procede comunque, per comple-tezza e chiarezza a illustrare la rispondenza di tutti glialtri punti, ma a seguire si applicherà la soluzionealternativa come segue.

Soluzioni alternative (S.4.4.3)Sono ammesse soluzioni alternative per tutti i livellidi prestazione. Al fine di dimostrare il raggiungi-mento del collegato livello di prestazione, il progetti-sta deve impiegare uno dei metodi di cui alparagrafo G.2.6.

Metodi ordinari di progettazionedella sicurezza antincendio (G.2.6)La tabella G.2-1 elenca i metodi per la progettazionedella sicurezza antincendio impiegabili per:a) la verifica delle soluzioni alternative al fine didimostrare il raggiungimento del collegato livellodi prestazione;b) la verifica del livello di prestazione attribuito allemisure antincendio al fine di dimostrare il raggiungi-mento dei pertinenti obiettivi di sicurezza antincendio.

Luogo sicuro (S.4.5.1)1) Il luogo sicuro è idoneo a contenere gli occupantiche lo impiegano durante l’esodo.

Tabella 1 - Livelli di prestazione (S.4.2)

Livello di prestazione Descrizione

I Esodo degli occupanti versoluogo sicuro

Livello di prestazione Criteri di attribuzione (S.4.3)

I Tutte le attività

Tabella 2 - Metodi ordinari di progettazionedella sicurezza antincendio (G.2-1)

Metodi Descrizione e limiti di applicazione

Applicazionedi norme odocumentitecnici

Il progettista applica norme o documenti tecniciadottati da organismi europei o internazionali,riconosciuti nel settore della sicurezzaantincendio.Nel caso in esame norma BS 9999:2017: Firesafety in the design, management and use ofbuildings. Code of practice.Tale applicazione, fatti salvi gli obblighi connessiall’impiego di prodotti soggetti a normativacomunitaria di armonizzazione e alla regolamen-tazione nazionale, è attuata nella sua comple-tezza, ricorrendo a soluzioni, configurazioni ecomponenti richiamati nelle norme o nei docu-menti tecnici impiegati, evidenziandone specifi-catamente l’idoneità, per ciascunaconfigurazione considerata, in relazione ai profilidi rischio dell’attività.

VDR in pratica

Igiene & Sicurezza del Lavoro 1/2018 37

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2) Si considera luogo sicuro per l’attività la pub-blica via.3) Il luogo sicuro sarà contrassegnato con cartelloUNI EN ISO 7010-E007 o equivalente.

Vie d’esodo (S.4.5.3)1) L’altezzaminima delle vie di esodo è pari a 2metri.2) Non sono presenti:a) scale portatili ed alla marinara;b) ascensori;c) rampe con pendenza superiore all’8%;d) scale e marciapiedi mobili.3) Gli occupanti hanno familiarità con l’attività.4) Tutte le superfici di calpestio delle vie d’esodosono non sdrucciolevoli.5) Il fumo ed il calore dell’incendio smaltiti o eva-cuati dall’attività non interferiscono con il sistemadelle vie d’esodo.

Via d’esodo protetta S.4.5.3.11) Per il piano primo ad uso ufficio, presente vanoscala d’esodoprotetto (il vano scala è completamentesgombero).2) La scala d’esodo protetta conduce in luogo sicurodirettamente (porta verso esterno).

Porte lungo le vie d’esodo S.4.5.61) Le porte installate lungo le vie d’esodo sarannofacilmente identificabili ed apribili da parte di tuttigli occupanti.2) L’apertura delle porte non ostacolerà il deflussodegli occupanti lungo le vie d’esodo.3)Leporte si apriranno su aree facilmente praticabili,di profondità almeno pari alla larghezza complessivadel varco.4) Le porte avranno i requisiti di cui alla tabella S.4-3in funzione delle caratteristiche del locale e delnumero di occupanti che impiega ciascuna porta.La produzione presenterà, per ogni uscita di emer-genza, porta apribile nel verso dell’esodo, dotata dimaniglione antipanico ai sensi delle citate normeUNI, debitamente segnalata e illuminata.

Uscite finali S.4.5.71) Le uscite finali verso luogo sicuro avranno leseguenti caratteristiche:a) posizionate in modo da garantire l’evacuazionerapida degli occupanti verso luogo sicuro;b) sempre disponibili, anche durante un incendio inattività limitrofe.2) Le uscite finali saranno contrassegnate sul latoverso luogo sicuro con cartello UNI EN ISO 7010-

M001 o equivalente, riportante il messaggio “Uscitadi emergenza, lasciare libero il passaggio”.

Segnaletica d’esodo ed orientamento S.4.5.81) Il sistema d’esodo sarà facilmente riconosciuto edimpiegatodagli occupanti grazie adapposita segnaleticadi sicurezza anche per la corretta identificazione dire-zionale, tipo UNI EN ISO 7010 o equivalente.2) La segnaletica d’esodo sarà adeguata alla comples-sità dell’attività e consentire l’orientamento deglioccupanti (way finding). A tal fine:a) saranno installate in ogni compartimento dell’at-tività apposite planimetrie semplificate, corretta-mente orientate, in cui sia indicata la posizione dellettore ed il layout del sistema d’esodo.

Illuminazione di sicurezza S.4.5.91) Sarà installato impianto di illuminazione di sicu-rezza lungo tutto il sistema delle vie d’esodo fino aluogo sicuro.2) L’impianto di illuminazione di sicurezza assicureràlivello di illuminamento sufficiente a garantirel’esodo degli occupanti, conformemente alle indica-zioni della norma UNI EN 1838 o equivalente.

Layout dei posti a sedere fissi e mobili S.4.5.10Questa disposizione riguarda le sale auditorium,quindi non si applica al caso in esame.

Profilo di rischio Rvita di riferimento S.4.6.11) Ciascun componente del sistema d’esodo èdimensionato in funzione del più gravoso, ai finidell’esodo, dei profili di rischio Rvita dei comparti-menti serviti. Nel caso in esame, A4 produzione eA2 ufficio.

Tabella 3 - Caratteristiche porte (S.4-3)

Caratteristi-che locale

Caratteristiche porta

Occupantiserviti

Versodi apertura

Dispositivodi apertura

Locale nonaperto al pub-blico - produ-zione e ufficio

9<n≤25occupanti

Nel versodell’esodo

UNI EN 179

n>25occupanti UNI EN 1125

Locale apertoal pubblico

n<10occupanti UNI EN 179

n≥10occupanti UNI EN 1125

Area a rischiospecifico

n>5occupanti UNI EN 1125

Altri casi - UfficioSecondo risultanze dell’analisidel rischio, come perproduzione

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Affollamento S.4.6.21) Il responsabile dell’attività dichiara un valoredell’affollamento inferiore a quello determinatocome previsto al comma 1. Il valore previsto alcomma 1 è pari a 109 m2 x 0,1 persone/m2 = 11persone per ufficio, l’affollamento reale però è pari almassimo a 10 persone (si fornirà dichiarazioneall’atto della SCIA), pari per produzione a 12 persone(non prevista densità nella tabella a seguire).2) Il responsabile dell’attività si impegna a rispettarel’affollamento e la densità d’affollamento massimidichiarati per ogni ambito ed in ogni condizioned’esercizio dell’attività.

Numero minimo di vie d’esodo ed usciteindipendenti S.4.8.11) Vie d’esodo o uscite sono ritenute indipendentiquando sia minimizzata la probabilità che possanoessere contemporaneamente rese indisponibili daglieffetti dell’incendio.2) Si considerano indipendenti coppie di vie d’esodoorizzontali che conduconoverso uscite distinte, per lequali l’angolo formato dai percorsi rettilinei sia supe-riore a 45°. È il caso delle uscite della produzione. Pergli uffici è presente una unica via di fuga (vano scalaprotetto), con lunghezza del percorso cieco inferioreal successivo capoverso.3) In funzione del profilo di rischio Rvita (A4 perproduzione e A2 per ufficio) e dell’affollamento (10persone in ufficio, 12 in produzione), nella tabellaS.4-8 è riportato il numero minimo di vie di esodoindipendenti.4) Nell’edificio è esercita una sola attività afferente aun singolo titolare.

Lunghezze d’esodo e dei corridoi ciechi S.4.8.21) Almeno una delle lunghezze d’esodo determinateda qualsiasi punto dell’attività non supera i valorimassimi della tabella S.4-10 in funzione del profilo dirischio Rvita di riferimento (A4, Les 30 m; tutte lelunghezze d’esodo in produzione sono inferiori a 30).2) La lunghezza dell’unico corridoio cieco dell’atti-vità (in ufficio) non supera i valori massimi della

tabellaS.4-10 in funzionedel profilodi rischioRvita diriferimento (A2, valore massimo pari a 25 metri).Presenti 15,5mdi percorso al pianoprimo, due rampeda 3,5 m, ballatoio per uscire al piano terra, per untotale di 15,5 + 3,5 + 3,5 + 1 = 23,5 m.

Calcolo della larghezza minimadelle vie d’esodo orizzontali S.4.8.31) La larghezza minima delle vie d’esodo orizzontaliLo, che consente il regolare esododegli occupanti chela impiegano, è calcolata come segue:S.4-1Lo = Lu • no = 12,3 mm/persona * 12 persone = 148

mm teorici produzioneLo = Lu•no = 3,8mm/persona * 10 persone= 38mm

teorici ufficicon:Lo larghezza minima delle vie d’esodo orizzon-tali [mm];Lu larghezza unitaria per le vie d’esodo orizzontalideterminata dalla tabella S.4-11 in funzione del pro-filo di rischio Rvita di riferimento (secondo paragrafoS.4.6.1); [mm/persona];no numero totale degli occupanti che impiegano talevia d’esodo orizzontale.

Tabella 4 - Densità di affollamento massimo

Tipologia di attivitàDensità di affollamento

o criteri

Uffici non aperti al pubblico10 persone totali effettive,densità 0,1 persone/m2

massimo

Altre attività - produzione Numero massimo presenti 12

Tabella 5 - Numero minimo di vie d’esodo

Rvita Affollamento Numero minimo

Qualsiasi ≤ 50 occupanti1 [1]

A1, A2, Ci1, Ci2, Ci3 ≤ 100 occupanti

Qualsiasi

≤ 500 occupanti 2

≤ 1000 occupanti 3

> 1000 occupanti 4

[1] Sia comunque rispettata la massima lunghezza del corridoiocieco di cui al paragrafo S.4.8.2

Tabella 6 - Massima lunghezza d’esodo e corridoiocieco

RvitaMax lunghezzad’esodo Les [m]

Max lunghezzacorridoio cieco

Lcc [m]

A2 60 25

A4 30 15

Tabella 7 - Larghezza unitaria per le vie d’esodoorizzontali

RvitaLarghezza unitaria [mm/

persona]

A2 3,8

A4 12,30

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2) La larghezza Lo può essere suddivisa tra più per-corsi. Sono comunque rispettati i seguenti criteri perle larghezze minime di ciascun percorso:a) la larghezza (di porte, di uscite, di corridoi) nonsarà inferiore a 900mm, per consentire l’esodo anchead occupanti che impiegano ausili per il movimento,ad eccezione degli uffici piano primo (800 mm);b) il compartimento produzione, con più di dueuscite, presenta due di esse con larghezza non infe-riore a 1200 mm;c) è ammessa larghezza non inferiore a 800mm per leporte di locali con affollamento non superiore a 10persone (ufficio).Verifica di ridondanza delle vie d’esodoorizzontali S.4.8.41) Se un compartimento, un piano, un soppalco o unlocale ha più di una via d’esodo orizzontale si supponeche l’incendio possa renderne una indisponibile.2)Ai fini della verifica di ridondanza, resa indisponibileuna via d’esodo orizzontale alla volta, è verificato che lerestanti vie d’esodo indipendenti da questa abbianolarghezza complessiva sufficiente a garantire l’esododegli occupanti.3) Nella verifica di ridondanza non è necessarioprocedere ad ulteriore verifica delle lunghezzed’esodo e dei corridoi ciechi.

Calcolo della larghezza minima delle vied’esodo verticali (unica via dall’ufficio pianoprimo) S.4.8.61) In funzione della procedura d’esodo adottata (para-grafo S.4.2 - esodo simultaneo), la larghezza minimadella via d’esodo verticale Lv, che consente il regolareesodo degli occupanti che la impiegano, è calcolatacome specificato nei paragrafi S.4.8.6.1.2) La larghezza Lv è per unico percorso. Si rispetta ilseguente criterio per le larghezze minime di ciascunpercorso:a) la larghezza non può essere inferiore a 1200 mm.Nel caso in esame sarà pari a 1000 mm per lo statodella struttura oggi esistente. Si procede quindi aillustrare la rispondenza di tutti gli altri punti, ma aseguire si applicherà la norma ingleseBS9999:2017.

Calcolo in caso di esodo simultaneo S.4.8.6.11) Si applica la procedura di esodo simultaneo, la viad’esodo verticale è in grado di consentire l’evacua-zione contemporanea di tutti gli occupanti in eva-cuazione da tutti i piani (piano primo).2) La larghezza Lv è calcolata come segue:S.4-2

Lv = Lu • nv = 4,55 * 10 = 46 mm teoricicon:Lv larghezzaminima della via d’esodo verticale [mm];Lu larghezza unitaria determinata da tabella S.4-12 infunzione del profilo di rischio Rvita di riferimento(secondo paragrafo S.4.6.1 - A2 4,55 mm/persona)e del numero totale dei piani serviti dalla via d’esodoverticale (uno solo, piano primo) [mm/persona];nv numero totale degli occupanti che impiegano talevia d’esodoverticale, provenienti da tutti i piani serviti.

Verifica della ridondanza delle vie d’esodoverticali S.4.8.73) Nella verifica di ridondanza non è necessarioprocedere ad ulteriore verifica delle lunghezzed’esodo e dei corridoi ciechi.

Calcolo della larghezza minima delle uscitefinali S.4.8.81) La larghezza minima dell’uscita finale LP, checonsente il regolare esodo degli occupanti che laimpiegano, provenienti da vie d’esodo orizzontali, ècalcolata come segue (S.4-4):

con:LF larghezza minima dell’uscita finale [mm] = 25mmteorici.2) La larghezza LF è in unico varco. Sono comunqueessere rispettati i seguenti criteri per le larghezzeminime:b) è ammessa larghezza non inferiore a 800mmper leuscite finali impiegate da non più di 10 persone(ufficio).3) Assente convergenza dei flussi di occupanti dallevie d’esodo orizzontali rispetto alla verticale versol’uscita finale.

Esodo in presenza di occupanti condisabilità S.4.9Non sono presenti disabili.

Progettazione basata sul BS 9999:2017

Vie di fuga orizzontaliUna via di fuga semplice (16.3.3) dovrebbe esserepresente solo quando una stanza, livello o piano puòospitare fino a 60 persone e la distanza limite di spo-stamento in una sola direzione non è superata (16.4).Nel caso in esame, presenzamassima di 10 persone inufficio piano primo.

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Distanza di spostamento (16.4)La distanza di spostamento in genere non dovrebbesuperare il valore indicato nella Tabella 11 del BSper il profilo di rischio adeguato; tuttavia, se sonopresenti misure aggiuntive di protezione dal fuocola distanza di spostamento può essere superiore,entro certi limiti.Nel caso in esame, la massima distanza da percorrere,per personale che conosce il sito, profilo di rischioA2e percorso cieco, è pari a 22 metri, fino all’uscita dipiano (storey exit). In questo caso essa si configuraanche come luogo sicuro temporaneo, poiché l’uscitadi piano è costituita da porta tagliafuoco e quindi lascala è protetta.Per distanza di spostamento (3.119) si intende ladistanza effettiva chedeveessere percorsadaqualsiasipunto entro un edificio fino all’uscita di piano piùvicina, tenendo presenti la disposizione dei muri,delle divisioni e delle suppellettili

Vie di fuga verticali (17)Le gradinate e i pianerottoli delle scale di emergenzadovrebbero essere inmateriali a bassa combustibilità.Nel caso in esame la scala che dall’ufficio piano primoporta direttamente in esterno in luogo sicuro è incom-bustibile e priva di oggetti combustibili all’interno.Tutte le scale di emergenza interne dovrebbero essereprotette (vale a dire all’interno di una delimitazioneresistente al fuoco). Tuttavia, una scala non protettapuò fare parte di una via interna verso un’uscita dipiano o un’uscita finale, sempre che questo risulti dauna valutazione del rischio appropriata.È il caso in esame: la scala è parte del percorso d’esodomonodirezionale, di lunghezza inferiore a 25 metri,cheportadagli uffici a un luogo sicuro, ed èpartedi uncompartimento che comprende gli uffici ed è distintodalla produzione.Quandouna scala protetta è protrusa esternamente, èrientrata o in qualunque modo forma un angolointerno con il muro confinante con l’esterno o l’edi-ficionon superiore a 135°, allora la distanza tra le areenon protette nei recinti esterni e ogni area nonprotetta nel perimetro delle scale dovrebbe esserealmeno di 1800 millimetri.Non si tratta del caso in esame, dove la scala ècompletamente interna al compartimento, nessunasua parte sborda o è oltre il muro perimetraledell’edificio.Una scala di emergenza dovrebbe essere dotata di unosbarco protetto o di un corridoio protetto, oppure diun sistema di pressione differenziale in uno di questicasi (in alternativa):

a) dove la scala è la sola a servizio di un edificio (o diparte dell’edificio) che ha più di un piano sopra osotto terra;b) dove la scala è a servizio di qualunque piano adun’altezza superiore a 8 metri;c) dove l’edificio è progettato per l’evacuazione a fasi;d) in un edificio dove l’ampiezza della scala non ècalcolata escludendo una scala.Nonè il caso in esame, poichénonvi sono livelli oltreil primo né interrati, l’edificio è più basso di 18metri,l’evacuazione è simultanea e non per fasi, ed essen-doci una scala sola non si deve applicare la verificadella ridondanza delle vie di esodo orizzontali overticali per il compartimento ufficio.Ogni scala protetta dovrebbe sbarcare direttamentesuun’uscita esternaoattraversounpassaggioprotettoverso un’uscita esterna.Nel caso in esame la scala adduce direttamente inesterno in luogo sicuro.Dove due scalinate protette sono adiacenti, ciascunadi esse ed ogni passaggio protetto che le conduceall’uscita esterna dovrebbero essere protette dalfuoco; in caso contrario entrambe le scale dovrebberoessere escluse da tutti i calcoli.Nel caso in esame non vi sono scale adiacenti néalcuna commistione con alcuna via di fuga.La via di uscita da una scala dovrebbe essere largaalmeno quanto la scala stessa.Nel caso in esame l’uscita al piede della scala saràlarga 100 cm.Dove una via di fuga da una scala costituisce anche lavia di fuga dai piani terra e/o interrato, l’ampiezzadella via di fuga potrebbe dover essere aumentata diconseguenza.Nel caso in esame la via di fuga verticale non servealcun altro compartimento.Ogni scala protetta dovrebbe sbarcare direttamentesu un’uscita esterna.Nel caso in esame la via di fuga immette direttamentein luogo sicuro.Gradini singoli possono provocare cadute e dovreb-bero essere evitati nelle vie di fuga.Gradini singoli non presenti nel caso in esame.Scale elicoidali o a spirale facenti parte di una via difuga dovrebbero essere disegnate secondo il BS 5395-2. Questo tipo di scale non dovrebbero essere usatecome sole vie di fuga.Nel caso in esame, scale elicoidali, piè d’oca o aspirale non presenti.Il numero di scale di emergenza necessarie in unedificio (o parte di esso) dovrebbe essere definitodai seguenti valori e/o criteri:

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a) limiti imposti dalla Clause 16 alla progettazionedelle vie di fuga orizzontali (la distanza limite perpercorsi di esodo ciechi e classe di rischio A2 è pari a22metri; nel caso in esame è di a 20,8metri dal fondodell’ultimo ufficio);b) accettabilità di una scala singola (una scala singolaè accettabile, a seguire);c) necessità di scale indipendenti in edifici a utilizzopromiscuo (l’edificio in esame non presenta utilizzopromiscuo);d) larghezza adeguata della via di fuga, consen-tendo contemporaneamente la possibilità diescludere dal calcolo una scala a causa delfuoco o del fumo (nel caso in esame, la verificadi ridondanza non è richiesta e larghezza minimascala è pari a 1000 millimetri come richiesto peresodo verso il basso).Sempre che vie di fuga indipendenti non sianoneces-sarie in aree adibite a uso diverso, un edificio (o partedi esso) può essere servito da una sola scala di emer-genza nelle situazioni seguenti:a) piano interrato con una sola via d’uscita (secondole previsioni del par. 16.3.3);b) edificio con nessun piano sopra gli 11 metri dallivello del suolo e con ogni piano dotato di via di fugasingola (secondo le previsioni del par. 16.3.3.).Il numero minimo di vie di fuga è 1 in caso di 60persone al massimo, 2 fino a 600 e 3 con più di 600occupanti.Nel caso in esame l’affollamento è fortemente infe-riore a 60 persone e non vi sono livelli oltre 11metri.Nel caso di edifici a uso promiscuo (anche solo partidi piani), va tenuto in conto l’effetto di un rischiosull’altro.Nel caso in esame l’edificio ha un unico utilizzatore eun’unica attività.L’ampiezza delle scale di emergenza:a) non dovrebbe essere inferiore a quella di qualun-que uscita che vi dà accesso (Nel caso in esame, lascala è più larga della porta di accesso alla stessa apartire dagli uffici piano primo);b) non dovrebbe essere ridotta in nessun punto delpercorso verso un’uscita esterna (Nel caso in esame,la scala non presenta restringimenti);c) non dovrebbe essere larga meno di 1000 millimetriindiscesa e1200millimetri in salita (Nel caso in esame,per esodoverso il basso, la scala è larga1000mm:questoè il passaggio critico che consente 1000 mm verso ilbasso, e non 1200 mm come per il Codice italiano).Ogni scala di sicurezza dovrebbe essere abbastanzaampia da accogliere il numero di persone che ladovrebbero usare in caso di emergenza; tale ampiezza

dipende dal numero di persone che usano la scala aciascun piano. In un edificio progettato per l’evacua-zione simultanea, le scale di sicurezza dovrebberoessere abbastanza ampie da consentire l’evacuazionea tutti i piani simultaneamente e da permettere allepersone che si trovano al piano interessato dall’in-cendio di lasciare il piano velocemente. L’evacua-zione simultanea può avvenire in tutti gli edifici oparti di edificio, ma dovrebbe essere attuata sempreper tutte le scale a servizio di piani interrati.Nel caso in esame, esodo simultaneo, la scala halarghezza sufficiente per l’affollamento massimodegli uffici.La larghezza delle scale di emergenza per l’evacua-zione simultanea non dovrebbe essere inferiore a:a) dimensioni Tavola 17.4.1 (scala pari a 1000 mm);b) dimensioni Tavola 13 per il profilo di rischio e ilnumero di piani relativi al caso in esame (Nel caso inesame, 10 persone in ufficio al piano primo, fornisce4,5 x 10 = 45 mm. La scala presenta 1000 mm dilarghezza). Non è prevista l’evacuazione per fasi.Nell’edificio vi sono unica attività e titolare.Se una scala di sicurezza fa parte della sola via di fugada un piano superiore di un edificio (o parte di esso)nondovrebbe proseguire verso il basso a servizio di unpiano interrato.Nel caso in esame la scala non serve alcun altro localeo compartimento, immettendo direttamente inluogo sicuro.Le scale usate come vie di fuga dovrebbero esserelibere da potenziali sorgenti di incendio.Nel caso in esame le scale sono completamente vuotee incombustibili. Non sono presenti scale di emer-genza esterne.Vie di fuga verticali per disabili: nel caso inesame, non è prevista la presenza di disabili. Percompletezza di trattazione però si illustra anche ilparagrafo 17.8 che fa riferimento al trasporto sullescale di emergenza di una persona a mobilitàlimitata. I mezzi di fuga per disabili possonocomprendere una combinazione di dotazionistrutturali e procedure organizzative (esodoassistito).Dovrebbe essere prevista una strategia di rispostaflessibile a diverse situazioni. Nel caso in esame,nonèpresente l’ascensore, quindinonva consideratocome eventuale via di fuga.Dovrebbe essere individuato e addestrato il personaleadibito al trasporto di disabili lungo la scala di emer-genza. Nel piano di emergenza ed evacuazione delcaso in esame, saranno individuati addetti, debita-mente formati, per assistenza.

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Sostanze pericolose

Prevenzione dei rischi chimicinelle attività di asfaltaturaGiuseppina Paolantonio - Consulente e formatrice (*)

Caratterizzazione del comparto

Le lavorazioni di asfaltatura fanno parte del settoredell’edilizia stradale, che comprende un ambitomolto ampio di attività produttive. In questo con-tributo si esaminano le lavorazioni tipiche dell’asfal-tatura, tralasciando invece quelle attività chepossono essere preliminari o collaterali e che fannopiù propriamente parte della predisposizione del can-tiere stradale.Il processo di lavoro del comparto asfaltatura puòessere variamente organizzato; una delle variabiliche maggiormente incidono sull’organizzazione dellavoro e, dunque, sulle modalità con cui i rischi sipresentanoè il contesto in cui si svolge l’asfaltatura. Ilrischio chimico, infatti, è notevolmente influenzatodai parametri ambientali, tra cui rivestono impor-tanza fondamentale la ventilazione e le condizioniclimatiche; tuttavia è certo che nelle attività diasfaltatura non si possa prescindere dall’utilizzo dimateriali che possiedono determinate caratteristichedi pericolosità e dal ricorso a modalità operativecomuni che determinano l’entità dell’esposizione.Dunque è possibile in questa sede tracciare un profilodi rischio esaustivo, che andrà però di volta in voltacontestualizzato alla concreta fattispecie.Le attività lavorative di produzione di asfalti (omeglio conglomerati bituminosi) e di asfaltatura sidifferenziano nei materiali utilizzati e nelle modalitàoperative ed attrezzature in uso.

Produzione di asfaltiLa produzione di asfalti (conglomerati bituminosi)consiste essenzialmentenella dosatura emiscelazionedei diversi costituenti (bitume, materiali litici, addi-tivi), che avviene a caldo; successivamente il pro-dotto finito può essere trasferito dal mescolatore aimezzi che lo trasporteranno al luogo di utilizzo,oppure stoccato in serbatoi di acciaio riscaldati eprovvisti di pareti isolanti, ed ivi conservato fino

alla richiesta.Gli impiantimoderni per la produzionedi asfalto per strade e marciapiedi possono esseregestiti da sole due persone: un addetto al controllodel processo produttivo automatico (situato incabina centralizzata di comando) ed un addetto alcarico dei predosatori con pala meccanica.

Asfaltatura di stradeL’asfaltatura di strade inizia con l’allestimento delcantiere stradale, quindi il processo di lavoro si diffe-renzia a seconda che l’opera riguardi il rifacimento diuna pavimentazione stradale già esistente oppure lacreazione di una nuova pavimentazione stradale:infatti nel primo caso è necessario rimuovere preli-minarmente lo strato superficiale della pavimenta-zione (“strato di usura”) mediante fresatura(macchine scarificatrici) seguita dall’asportazionedel materiale fresato (macchine spazzatrici). Lesuperfici da asfaltare (già esistenti o nuove in toto)vengono quindi preparate per favorire l’adesione deltappeto di copertura mediante applicazione a spruzzodi emulsionebituminosa, chepuòavvenire a caldooafreddo, manualmente o per mezzo di macchine.Quindi mediante macchine vibrofinitrici si effettuala stesa di più strati di conglomerato bituminoso;occorre anche considerare che esistono differentitipologie di asfalto, che necessitano anche di diversemodalità operative nella stesa e comportano diffe-renti livelli di rischio espositivo, ed in particolare:— i conglomerati a caldo, tutt’ora gli asfalti piùutilizzati in Italia, devono essere mantenuti a tempe-rature tra i 120°C ed i 160°C anche durante la messain opera;— i conglomerati a freddo, la cui temperatura dimessa in opera è intorno ai 60-70°C.Il nuovo strato viene infine compattato medianterulli compattatori e piastre vibranti.Le squadre possono variare da un minimo di 3 ad unmassimodi10componenti, impegnati invari compiti(asfaltatore manuale, addetto al rullo, addetto alla

(*) [email protected].

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vibrofinitrice, autista di camion per il trasportodell’asfalto).

Asfaltatura di marciapiediL’asfaltatura di marciapiedi è un processo più sem-plice dell’asfaltatura di strade, sia nelle modalitàoperative, sia nelle componenti tecnologiche:avviene esclusivamente per via manuale e consistenel prelevare tramite carriola l’asfalto colato (piùplastico di quello stradale) dal veicolo cisterna, oveviene conservato a 230-260 °C, e nel rovesciarlo sulmarciapiede: la sua distribuzione ed il livellamentoavvengono quindi manualmente, per mezzo di lun-ghe spatole di legno manovrate dagli operatori instazione eretta. Il materiale viene poi cosparso disabbia e talvolta, per favorirne il raffreddamento, diacqua.

Profilo specifico di rischio chimicoe cancerogeno-mutageno

Il comparto asfaltatura è da tempo indagato per losviluppo di sostanze chimiche potenzialmente pre-occupanti durante il riscaldamento delle materieprime nelle diverse fasi di lavoro.La prima valutazione dedicata di cancerogenicitàdella’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Can-cro (IARC) è del 1985 e concludeva per un’insuffi-ciente evidenza di cancerogenicità verso l’uomo deibitumi per asfaltatura; il successivo aggiornamentodel 2013 pone invece nel gruppo di rischio 2B (pos-sibile cancerogeno) l’esposizione professionale a fumidi bitume sviluppati nelle lavorazioni di asfaltatura.La caratterizzazione quali-quantitativa del rischiochimico e cancerogeno mutageno nel comparto

asfaltatura è però di complessa attuazione ed oggettonel corso degli anni di numerosi studi, anche con esiticontraddittori, come anche è accaduto nel caso deiprogetti di indagine regionali svolti in Italia (1);come si è detto, nella caratterizzazione dell’esposi-zione incidono grandemente gli elementi delcontesto.

Caratteristiche dei materiali in uso

Prima di addentrarsi negli specifici elementi dirischio, è bene fornire alcune definizioni preliminari:nel linguaggio comune infatti i termini bitume,asfalto, catrame, probabilmente a causa dell’originesimile e dell’utilizzo comune, sono tutti indifferente-menteutilizzati ad indicare lo stesso prodotto,mentrecorrispondonoamaterialimolto diversi nell’origine enella composizione chimica, e di conseguenza nelcomportamento tossicologico e nel tipo e nel livellodi rischio chimico a cui sono esposti gli addetti.

BitumeIl bitume, il principale materiale in uso nelle attivitàdi lavoro in esame, è una miscela complessa derivatadalla distillazione del petrolio, la cui composizionepuò essere differente a seconda del petrolio di prove-nienza e di tipologia e condizioni di distillazione chevengono operate per separare il bitume propriamentedetto. Attualmente l’esposizione occupazionale abitumi per asfaltatura è ritenuta possibile cancero-gena dalla IARC (gruppo 2B)mentre il bitume non èclassificato come prodotto pericoloso in UE, a diffe-renza del catrame - un materiale che deriva dalladistillazione distruttiva del carbone fossile o, menofrequentemente, di lignite, torba, scisto, legno - la cui

Tabella 1 - Differenze di pericolosità verso la salute tra bitume e catrame

Nome ufficiale e n. Cas N. Index (allegato VI Regola-mento Clp n. 1272/2008) ecorrispondente classifica-

zione EU

Altre classificazioni

bitume(8052-42-4, 64741-56-6)

n.a.(non classificato come

pericoloso)

IARC: gruppo 2B (Monographs vol. 103, 2013)

catrame di carbone(65996-93-2)

648-055-00-5Carc. 1 A (H350), Muta 1B(H340), Repr. 1B (H360FD)

IARC: gruppo 1 (Monographs vol. 100F, 2012)

(1) In particolare, ci si riferisce al progetto di indagine“ProgettoOperativo Protezione Asfaltatori (POPA)” della Regione Lombar-dia (aa. 2003-2004) che attestava esposizioni a IPA molto

contenute, i cui esiti erano però contraddetti da analoghi progettidi indagine regionali (es. Emilia Romagna); ed alle successivecampagne svolte sempre in Regione Lombardia di cui la più

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composizione originaria, già ricca in idrocarburi poli-ciclici aromatici cancerogeni, ne fa un prodotto dipericolosità rilevante: è infatti identificato dallaComunità Europea come “cancerogeno 1B” (sonoemersi elementi sufficienti per ritenere probabile losviluppo di tumori nell’uomo a seguito di esposi-zione), ed è considerato dalla IARC un cancerogenoaccertato (gruppo 1). Il catrame è stato molto utiliz-zato per le pavimentazioni stradali in Gran Bretagna,mentre in Italia il suo uso non si è mai realmenteaffermato.

AsfaltoL’asfalto o conglomerato bituminoso è invece underivato tecnologico del bitume, originato dallasua miscelazione con materiale litico quale pie-trisco, pietrischetto, graniglia, sabbia, polveriminerali ed altri additivi che vi apportano parti-colari caratteristiche tecnologiche (es. gomme opolimeri che ne aumentano l’elasticità): siottiene così un materiale adatto ad essere stesosulla superficie stradale grazie alle proprietà diduttilità, adesività ed impermeabilità propriedel bitume e dalla resistenza all’usura conferitaglidal materiale lapideo. L’aggiunta nella formula-zione di specifici additivi (generalmente inmisura massima del 2%) è inoltre in grado diconferirgli particolari requisiti prestazionali(colorazione, aumento della duttilità, aumentodella resistenza, potere drenante, fonoassorbenza,ecc.). Anche l’asfalto in sé non risulta classificatocome pericoloso; il rischio nelle attività di asfal-tatura è determinato dalle modalità operative edin particolare dal riscaldamento del materiale,che può determinare la formazione ed emissionedi composti pericolosi. In questo senso andrannoil più possibile identificati quei componenti dellamiscela che possono deteriorarsi sotto l’effettodella temperatura ed originare l’emissione dicomposti pericolosi.

Malte bituminoseNegli ultimi anni sono entrate in uso ancheformulazioni fluide da posare a freddo in stratosottile, chiamate “malte bituminose” o slurry sealo microtappeti: si tratta di miscele di aggregatisolidi di dimensioni inferiori a 10 mm, cemento,emulsioni di bitume e lattice, acqua o altri sol-venti, eventualmente fibre. Sono maggiormente

adatte ad impieghi di manutenzione preventiva ecurativa delle strade, alla realizzazione di unanuova pavimentazione o al consolidamento strut-turale di pavimentazioni già esistenti.

Emulsioni bituminosePer quanto concerne infine le emulsioni bituminose,che vengono usate per preparare il fondo in tutte leapplicazioni di stesa, in commercio esistono diverseformulazioni a seconda del processo tecnologico diasfaltatura, delle tempistiche utili, del tipo di sotto-fondo su cui intervenire, dalle caratteristiche di resi-stenza che la pavimentazione finita dovrà possedere.Sono tutte caratterizzate dalla presenza di bitume inpercentuali elevate (dal 50% al 70%), mantenutoallo stato fluido attraverso oli (fluidificanti), solventidi varia natura o acqua e tensioattivi (emulsionanti);le caratteristiche di pericolosità dipendono dunquedall’effettiva composizione, per cui si dovrà fare rife-rimento alla scheda di sicurezza (SDS) del fornitore.A causa della migliore adesione su strati polverosisonomaggiormente diffuse le emulsioni cationiche oacide, i cui emulsionanti sono costituiti da amminealifatiche o sali organici di ammonio quaternario.

Attività con uso di bitume

Per quanto anzidetto, è innanzitutto necessariocomprendere la composizione del prodotto (princi-palmente facendo riferimento alle SDS del forni-tore) e quindi analizzare quali componentipericolosi risultino effettivamente biodisponibilinelle diverse condizioni operative riscontrate.Occorre anche considerare che nei processi lavora-tivi in esame il prodotto è soggetto a ripetute sol-lecitazioni termiche che gradualmente ne alteranola composizione originaria, con esiti difficilmenteprevedibili: ciò introduce un’ulteriore difficoltànello stabilire a che cosa esattamente gli operatorisiano esposti e nel discuterne le caratteristichetossicologiche.

Esposizione a idrocarburi policiclici aromaticiLa principale problematica che il bitume ponerispetto alla salute occupazionale riguarda la possibileesposizione a idrocarburi policiclici aromatici (IPA),una vasta classe di composti organici complessi a piùnuclei aromatici condensati che sono da moltotempo studiati per le proprietà cancerogene sospettee, in diversi casi, accertate.

recente sul cantiere BRE-BE-MI (materiali su https://www.ats-brescia.it/bin/index.php?id=731) contraddice nettamente gli esiti

del primo report, confermando la variabilità delle esposizioni nelcomparto.

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Tabella 2 - Sintesi delle evidenze di cancerogenicità* per gli IPA di maggiore diffusione

Nome e numero CAS Evidenze di cancerogenicità emerse

acenaftene (83-32-9) non classificato in UE (non presente in All. VI CLP)gruppo 3 IARC (non classificabile come cancerogeno per l’uomo)non classificato da EPAnon classificato da NTPnon classificato da ACGIH

acenaftilene (208-96-8) non classificato in UE (non presente in All. VI CLP)gruppo 3 IARC (non classificabile come cancerogeno per l’uomo)categoria D EPA (non classificabile come cancerogeno per l’uomonon classificato da NTPnon classificato da ACGIH

antracene (120-12-7) non classificato in UE (non presente in All. VI CLP)gruppo 3 IARC (non classificabile come cancerogeno per l’uomo)categoria D EPA (non classificabile come cancerogeno per l’uomonon classificato da NTPnon classificato da ACGIH

benzo(a)antracene (56-55-3)

Carc. 1B UE All. VI CLP (Index 601-033-00-9)gruppo 2B IARC (possibile cancerogeno per l’uomo)categoria B2 EPA (probabile cancerogeno per l’uomo)categoria R NTP (probabile cancerogeno per l’uomo)categoria A2 ACGIH (sospetto cancerogeno per l’uomo)

benzo(a)pirene (50-32-8) Carc. 1B UE All. VI CLP (Index 601-032-00-3)gruppo 1 IARC (cancerogeno accertato per l’uomo)categoria B2 EPA (probabile cancerogeno per l’uomo)categoria R NTP (probabile cancerogeno per l’uomo)categoria A2 ACGIH (sospetto cancerogeno per l’uomo)

benzo(e)pirene (192-97-2) Carc. 1B UE All. VI CLP (Index 601-049-00-6)gruppo 3 IARC (non classificabile come cancerogeno per l’uomo)non classificato da EPAnon classificato da NTPnon classificato da ACGIH

benzo(b)fluorantene (205-99-2)

Carc. 1B UE All. VI CLP (Index 601-034-00-4)gruppo 2B IARC (possibile cancerogeno per l’uomo)categoria B2 EPA (probabile cancerogeno per l’uomo)categoria R NTP (probabile cancerogeno per l’uomo)categoria A2 ACGIH (sospetto cancerogeno per l’uomo)

benzo(k)fluorantene (207-08-9)

Carc. 1B UE All. VI CLP (Index 601-036-00-5)gruppo 2B IARC (possibile cancerogeno per l’uomo)categoria B2 EPA (probabile cancerogeno per l’uomo)categoria R NTP (probabile cancerogeno per l’uomo)non classificato da ACGIH

benzo(j)fluorantene (205-82-3)

Carc. 1B UE All. VI CLP (Index 601-036-00-5)gruppo 2B IARC (possibile cancerogeno per l’uomo)non classificato da EPAcategoria R NTP (probabile cancerogeno per l’uomo)categoria A1 ACGIH (cancerogeno riconosciuto per l’uomo)

benzo(g,h,i)perilene (191-24-2)

non classificato in UE (non presente in All. VI CLP)gruppo 3 IARC (non classificabile come cancerogeno per l’uomo)categoria D EPA (non classificabile come cancerogeno per l’uomonon classificato da NTPnon classificato da ACGIH

crisene (218-01-9) Carc. 1B UE All. VI CLP (Index 601-048-00-0)gruppo 2B IARC (possibile cancerogeno per l’uomo)categoria B2 EPA (probabile cancerogeno per l’uomo)non classificato da NTPcategoria A3 ACGIH (cancerogeno riconosciuto per l’animale, non noto per l’uomo)

dibenzo(a,h)antracene (53-70-3)

Carc. 1B UE All. VI CLP (Index 601-041-00-2)gruppo 2A IARC (probabile cancerogeno per l’uomo)categoria B2 EPA (probabile cancerogeno per l’uomo)categoria R NTP (probabile cancerogeno per l’uomo)non classificato da ACGIH

fenantrene (85-01-8) non classificato in UE (non presente in All. VI CLP)

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In sé, il bitume ottenuto industrialmente dal petrolioha, a causa del processo di distillazione, un contenutoin IPA che sembra essere sempre attestato a livellimolto bassi; questo aspetto differenzierebbe notevol-mente i diversi bitumi per asfaltatura dai bitumiossidati utilizzati nelle impermeabilizzazioni la cuicomposizione, a causa del differente processo di pro-duzione, presenta invece in partenza un discretocontenuto in IPA e ne fa un materiale consideratoda IARC un probabile cancerogeno (gruppo 2A).È però assodato che il bitume (tal quale o com-preso in formulazioni), in seguito a processi diriscaldamento, incorra in processi di cracking ter-mico delle complesse molecole organiche costi-tuenti e successivo riaccorpamento dei frammenti,generando così fumi ed aerosol con presenza diidrocarburi aromatici tra i quali gli IPA spiccanoin quantità notevolmente superiore a quellaoriginaria.Nelle attività di asfaltatura vi è dunque un’indubbiaesposizione a IPA, dal momento che il riscaldamentoè una condizione non solo ricorrente ma general-mente necessaria a garantire un’efficace produzione

ed applicazione dei materiali contenenti bitume. Glistudi di monitoraggio dell’esposizione condotti invarie regioni italiane, inoltre, chiariscono la presenzadi IPA considerati cancerogeni o sospetti tali sia neimateriali originari che nei fumi emessi - pur in basseconcentrazioni (tra i vari studi sussistono tuttaviaalcune importanti differenze nei livelli espositivirilevati).I fumi caldi emanati dai conglomerati bituminosihanno un comportamento complesso nellamatrice aeriforme, in quanto in parte condensanoal contatto con l’aria - risultando così distribuitinell’aria sia sotto forma di vapori, sia adsorbiti sulparticolato solido: ciò rende anche più complicatauna misura significativa delle concentrazioniaerodisperse. Lo stato fisico aeriforme dei fumidetermina la possibilità di ingresso dei compostiin essi veicolati, che in seguito grazie ad intera-zioni di tipo chimico-fisico possono venire assor-biti dai tessuti del corpo umano attraverso le viedi esposizione pertinenti in ambito professionale:cutanea, inalatoria, orale. La via inalatoria èrilevante per l’assorbimento dei composti

Nome e numero CAS Evidenze di cancerogenicità emerse

gruppo 3 IARC (non classificabile come cancerogeno per l’uomo)categoria D EPA (non classificabile come cancerogeno per l’uomonon classificato da NTPnon classificato da ACGIH

fluorantene (206-44-0) non classificato in UE (non presente in All. VI CLP)gruppo 3 IARC (non classificabile come cancerogeno per l’uomo)categoria D EPA (non classificabile come cancerogeno per l’uomonon classificato da NTPnon classificato da ACGIH

fluorene (86-73-7) non classificato in UE (non presente in All. VI CLP)gruppo 3 IARC (non classificabile come cancerogeno per l’uomo)categoria D EPA (non classificabile come cancerogeno per l’uomonon classificato da NTPnon classificato da ACGIH

indeno(1,2,3-c,d)pirene(193-39-5)

non classificato in UE (non presente in All. VI CLP)gruppo 2B IARC (possibile cancerogeno per l’uomo)categoria B2 EPA (probabile cancerogeno per l’uomo)categoria R NTP (probabile cancerogeno per l’uomo)non classificato da ACGIH

naftalene (91-20-3) Carc. 2 UE All. VI CLP (Index 601-052-00-2)gruppo 2B IARC (possibile cancerogeno per l’uomo)categoria C EPA (possibile cancerogeno per l’uomo)categoria R NTP (probabile cancerogeno per l’uomo)non classificato da ACGIH

pirene (129-00-0) non classificato in UE (non presente in All. VI CLP)gruppo 3 IARC (non classificabile come cancerogeno per l’uomo)categoria D EPA (non classificabile come cancerogeno per l’uomonon classificato da NTPnon classificato da ACGIH

* CLP = Regolamento UE n. 1272/2008 e s.m.i.; IARC = International Agency for Research on Cancer; EPA = US Environmental ProtectionAgency; NTP = US National Toxicology Program

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aromatici, e risulta infatti anche essere la via diingresso ad oggi maggiormente indagata; risultacertamente pertinente anche la deposizione cuta-nea di particolato, con conseguente possibilità diingresso dei composti lipofili come gli IPA. L’as-sorbimento per via orale è poco indagato nelleattività in esame, ma si deve ritenere pertinentesia a causa della deposizione nel tratto orofaringeodel particolato grossolano inalato, sia per lecarenti misure igieniche osservabili in questelavorazioni; per gli IPA risulta generalmente ele-vato nell’uomo a causa della loro affinità per ilipidi e della somiglianza strutturale con alcunemacromolecole di nutrienti, come confermato dadiversi studi sperimentali condotti su matrici con-tenenti differenti IPA.

Emissione di idrogeno solfuroDal bitume, sempre a causa del surriscaldamento,si può inoltre verificare l’emissione di idrogenosolfuro, gas estremamente irritante per i tessutioculari e le mucose delle vie respiratorie e asfis-siante chimico di elevata tossicità acuta conrapidi effetti sul sistema nervoso centrale e sul-l’apparato respiratorio. L’assorbimento per viainalatoria è molto rapido anche a elevate concen-trazioni; gli effetti subentrano in pochi minuti epossono sfociare nella perdita di coscienza, nel-l’insorgenza di coma e nella morte per arrestocardiorespiratorio.

Studi su animali dimostrano che una quota diidrogeno solfuro viene assorbita anche attraversola cute intatta ed il tratto gastrointestinale; trat-tandosi di un gas l’ultimo aspetto è poco rile-vante, mentre l’assorbimento percutaneo hainteresse quando sono esposte vaste porzioni dicute - come può verificarsi, a causa delle condi-zioni climatiche, per il vestiario spesso in uso neicantieri stradali di asfaltatura.

Cracking termicoNel caso siano in uso le malte bituminose il crackingtermico con formazione di composti pericolosi non èpertinente. Il rischio espositivo può consistere nel-l’inalazione di vapori di componenti volatili emessidurante la stesa a temperatura ambiente (entità delrischio influenzata dalle condizioni ambientali piùchedalle variabili tecnologiche) enel contatto con leformulazioni in uso, che sia esso accidentale o deter-minato da carenti norme igieniche.

Emulsione bituminosaUn rischio peculiare è rappresentato dall’emulsionebituminosa, anche per le modalità operative neces-sarie che ne prevedono la distribuzione a spruzzo e,per alcune formulazioni, il mantenimento in tempe-ratura per favorire la miscelazione omogenea deicomponenti; i rischi sono specialmente derivantidall’inalazione di vapori e particolato liquido aerodi-sperso (con una piccola quota assorbita per

Tabella 3 - Sintesi degli effetti tossicologici indotti dall’esposizione a idrogeno solfuro

Concentrazione di idro-geno solfuro

Effetti fisiologici

0,0047 ppm soglia olfattiva: il 50% degli esseri umani può percepire il caratteristico odore del solfuro di idrogeno,normalmente descritto come “odore di uova marce”

5 ppm (7 mg/m3) TLV-TWA (allegato XXXVIII D.Lgs. n. 81/2008): valore limite di esposizione ponderato su 8 ore al giorno, 40 oresettimanali

10÷20 ppm irritazione oculare

10 ppm (14 mg/m3) TLV-STEL (allegatoXXXVIIID.Lgs. n. 81/2008): valore limitedi esposizionechepuòessere raggiuntoper nonpiùdi 4 volte di 15’ ciascuna su un’esposizione quotidiana di 8 ore all’interno del TLV-TWA

50÷100 ppm danno oculare

100 ppm IDLH: limite di concentrazione immediatamente pericolosa per la vita umana

100÷150 ppm paralisi del nervo olfattivo: l’odore non può più essere percepito e dunque non è più possibile riconoscere ilpericolo

320÷530 ppm edema polmonare con elevato rischio di morte

530÷1.000 ppm iperventilazione respiratoria, che conduce a maggior inalazione di gas

800 ppm DL50 per l’uomo: concentrazione mortale per il 50% degli esseri umani in seguito a 5 minuti di esposizione

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conseguente via orale) e dall’imbrattamento delcorpo con contaminazione della cute.

Esposizione a polveri e silice liberacristallina

I comparti “produzione conglomerati bituminosi” ed“asfaltatura” sono poi entrambi interessati da unaproblematica importante come l’esposizione a parti-colato solido; la frazione respirabile del particolato,essendo capace di raggiungere agevolmente glialveoli, è quella maggiormente imputata di generaredisturbi cronici degenerativi, quali bronchite cronicae broncopneumopatia cronica ostruttiva, asma bron-chiale, enfisema polmonare, alterazioni fibrotichedel parenchima polmonare; si sospetta inoltre cheabbia un ruolo determinante come causa o concausadella comparsa di tumori polmonari.È inoltre da rilevare la possibile presenza nel parti-colato solido di silice libera cristallina (SLC), a causadell’inclusione di materiali quarziferi - prevalente-mente scarti della lavorazione del porfido o delbasalto - nell’asfalto allo scopo di aumentarne laresistenza all’usura ed il potere drenante (praticadiffusasi nell’ultimo trentennio soprattutto nelnord Italia, dapprima solo in tratti autostradali mapoi anche su strade statali o regionali). La lesionecaratteristica dell’esposizione a silice cristallina, lasilicosi - una fibrosi polmonare evolutiva - non solo èuna delle malattie professionali più antiche, ma rap-presenta ancoraoggiunproblemadi salute rilevante alivello mondiale; inoltre secondo la IARC la SLC èanche, quandoprovenientedaparticelleneoformate,un cancerogeno accertato (gruppo 1): rispetto aicomparti in esame questo aspetto è particolarmentepreoccupante, dalmomento chenell’asfaltatura dellepavimentazioni esistenti la fresatura preliminare delmanto stradale a base di asfalto contenente quarzoproduce certamente polveri di silice libera cristallina“fresche” e quindi altamente reattive in sensocancerogeno.

Esposizione a inquinanti dal trafficoveicolare

Nelle attività di asfaltatura l’esposizione a fumi dicombustione esausti, pur essendo un rischio genericodel contesto, diviene un precipuo rischio lavorativoin quanto è fortemente influenzato da scelte organiz-zative (es. cantiere diurno o notturno con conse-guente differenza nei livelli espositivi; possibilità dichiudere al traffico la sede delle attività; ecc.).Il gas di scarico tipico di un motore diesel è forte-mente irritante per le vie respiratorie, a causa del

contenuto in ossidi di zolfo e di azoto ad azionecaustica sulle mucose delle vie respiratorie; inoltrepuò contenere idrocarburi incombusti e materialeparticellare (fumo nero) che lo rendono temibileanche rispetto agli effetti tossicologici cronici. Ilfumo di combustione emesso dai motori diesel èinfatti stato classificato come cancerogeno accertatodalla IARC (gruppo 1), mentre quello dei motori abenzina viene ritenuto un possibile cancerogeno(gruppo 2B).

Attività di manutenzione

Nelle operazioni di manutenzione dei macchinarisono impiegati piccoli quantitativi di oli lubrificantie per comandi oleodinamici che, pur non classificaticome pericolosi nelle normali condizioni di impiego,possono prevedere nella propria composizione lapresenza di ingredienti etichettati come fortementeirritanti per gli occhi e la cute: questi agenti possono,nel tempo, determinare dermatiti ed eczemi ed incaso di contatto prolungato con la pelle (ad es. tutesporche di olio, stracci sporchi tenuti in tasca) origi-nare forti e diffuse infiammazioni dovute alla pene-trazione degli oli minerali nei follicoli sebacei. Ilricambio degli oli esausti espone invece gli addettiad un rischio di maggior rilievo: infatti, a causa dellesollecitazioni termiche a cui sono sottoposti, questiprodotti si arricchiscono in misura variabile ma nonindifferente di diversi componenti cancerogeni tracui i già visti IPA; il rischio è pertinente per contattocutaneo e dunque generalmente a causa di carenzenelle procedure, nelle attrezzature o nei dispositivi diprotezione oppure in seguito a inosservanza dellenorme igieniche.Bisogna inoltre considerare che nelle operazioni dipulizia quotidiana di parti operative deimezzi sono inuso solventi di varia pericolosità, ed in particolare ètuttora utilizzato gasolio; si tratta di un prodottocombustibile, i cui vaporimiscelati con l’aria possonoformaremiscele esplosive sotto l’azione di un innescoefficace; può inoltre essere classificato come sospettocancerogeno a causa della presenza di alcuni compo-sti aromatici, ma su questo aspetto occorrerà verifi-care la SDS del proprio fornitore.

Elementi basilari di prevenzionee protezione

In linea generale, valgono le consuete considerazionidi prevenzione e protezione dai rischi chimici cheseguono la gerarchia delle generali misure di preven-zione e protezione definita sia all’art. 15 che all’art.224 (artt. 235 e 237 per i rischi di natura

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cancerogena) del D. Lgs. n. 81/2008, che non ver-ranno qui riprese.Fondamentale il rispetto delle precauzioni di igiene,qui particolarmente importanti considerando la giàesaminata affinità di alcuni contaminanti dei fumi diasfalto con i grassi contenuti negli alimenti, chefungono così da veicolo per l’ingresso dei compostidepositatisi sulla cute se non pulita prima del con-sumo del cibo: deve essere tassativo il divieto difumare, bere o mangiare nei luoghi di lavoro evanno ideate e disposte opportunamente le areededicate ai momenti voluttuari (quali aree break,aree fumo, ecc.) lontano dalle situazioni espositive;le parti esposte (mani, avambracci, volto, ecc.)devono essere lavate dopo ogni attività con agentichimici, anche se svolta con l’uso di DPI, e a finelavoro; gli indumenti civili e quelli di lavoro, chedovranno essere puliti a cura del datore di lavoro,devono essere conservati separatamente.In aggiunta a queste considerazioni di prevenzione diordine generale, fase per fase dovranno poi essereadottate misure specifiche in funzione degli esitidella VdR.

Misure specifiche di prevenzionee protezione

Stoccaggio delle materie e dei rifiutiGrande rilevanza assume la valutazione preliminaredell’incompatibilità chimica in tutte le fasi di stoc-caggio anche di quantitativi limitati, attraversol’analisi preliminare della sezione 10 delle SDS e laricerca eventuale su fonti complementari. È comesempre opportuno instaurare una procedura che pre-veda l’acquisizionedelle informazioni rilevanti primadell’acquisto dei prodotti, in modo da poter pianifi-care la loro corretta allocazione.Lo stoccaggio degli scarti di natura chimica deveavvenire in contenitori adeguati, a tenuta, adegua-tamente contrassegnati e collocati in zona dedicata eprotetta da sollecitazioni (urti, fonti di calore, agentichimici), eventualmente dotata di bacino di rac-colta. Da ricordare che per la raccolta e lo stoccaggiodegli oli esausti sono previste particolari prescrizioni.

Esposizione a particolato nella produzionedi asfaltiSe l’alimentazione di inerti avvienemanualmente, sideve prevedere un idoneo impianto di aspirazionepolveri con filtrazione di efficacia minima 99,5%sulla mandata. Eventuali prescrizioni più specifichepossono essere previste da regolamenti ed autorizza-zioni locali. In ogni caso l’intero circuito di

alimentazione degli inerti al miscelatore dovrebbeessere confinato, in modo da contenere l’emissionediffusa di polveri particolarmente rilevante per l’ope-ratore addetto al carico dei predosatori.Una periodica ed accurata attività di controllo emanutenzione degli impianti, con particolare riferi-mento alle possibili sorgenti di emissione (nastritrasportatori, bocchette di prelievo, giunti e guarni-zioni dei silos, ecc.), consentirà di prevenire feno-meni di dispersione di contaminanti e conseguentediffusione nell’ambiente circostante, nonché situa-zioni di emergenza. Inoltre è necessario adottare unrigoroso programma di misure igieniche e di puliziaquotidiana dell’impianto, al fine di evitare la conta-minazione diffusa ed incontrollata proveniente dalleemissioni delle zone sporche di residui o da piccolema costanti fuoriuscite.

Esposizione a particolato nella fresaturadi asfaltiLa riduzione del rischio espositivo prevede in primoluogo la caratterizzazione della composizione dell’a-sfalto da fresare, soprattutto al fine di individuarel’eventuale presenza di silice libera cristallina. A talescopo possono essere utili documenti e mappatureufficiali che abbiano rilevato il tipo dimateriale liticoimpiegato nella costituzione dell’asfalto; tuttavia sitratta di fonti di scarsa reperibilità. In caso negativo,occorre procedere ad un campionamento dellamatrice e aduna successiva determinazione analitica.Nel caso la composizione non evidenzi presenza disilice o di altri materiali pericolosi, il rischio verràgestito come di consueto per il rischio di inalazione diparticolato inerte: in particolare attraverso la bagna-tura del materiale da fresare e la dotazione di aspira-tori o cabine o tettoie ventilate per la protezionedell’operatore a bordo macchina. Interventi organiz-zativi dovrebbero inoltre limitare la presenza in zonadi personale non direttamente necessario alle atti-vità, date le caratteristiche di estrema disperdibilitàin aria del particolato prodotto - oltretutto estrema-mente variabili in funzione delle condizioni climati-che e metereologiche. In presenza di silice cristallinanella matrice che verrà fresata originando quindipolveri neoformate, stante la gravità del rischio el’impossibilità di intervenire efficacemente allafonte del rischio o sulla sua diffusione in aria,dovranno essere adottate misure specifiche special-mente riferite alla protezione personale delle vierespiratorie: sono indicate maschere a pieno faccialefiltranti con potere di ritenzione delle polveri didiametro 1 μm non inferiore al 95%, o isolanti (si

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rimanda anche all’ultimo punto del presentecontributo).

Esposizione a particolato nella stesa di asfaltiÈ auspicabile che le macchine vibrofinitrici sianodotate di cabine o tettoie ventilate atte a proteggerel’operatore a bordo dall’inalazione del materiale par-ticellare solido o liquido aerodisperso durante lacompattazione dell’asfalto steso.Per gli addetti su strada impegnati nelle opera-zioni manuali valgono le stesse considerazioni delpunto precedente, particolarmente rispetto allanecessità di utilizzo di idonea protezione dellevie respiratorie; un’appropriata organizzazionedel lavoro dovrà evitare il lavoro protratto inqueste condizioni, a causa della difficoltà di uti-lizzo continuato di questo tipo di protezioni spe-cialmente nei lavori ad elevato impegno fisico omuscolare.

Esposizione a vapori e aerosol nellaspruzzatura dell’emulsione bituminosaOltre agli interventi di protezione già richiamati, sidovrebbero adottare alcune cautele: specialmentenelle lavorazioni entro ambienti chiusi (gallerie,ecc.) devono essere utilizzati opportuni sistemi diestrazione (aspirazione) oppure di diluizione dell’aria(ventilazione forzata). Preferibilmente, per la spruz-zatura dell’emulsione bituminosa deve essere evitatala modalità manuale - che comporta una maggioresposizione dell’operatore - e prediletto l’uso di appo-siti macchinari o di erogatori a spruzzo automaticimontati sumezzo d’opera. Sono inogni casonecessariappropriati indumenti e DPI a protezione delle vierespiratorie.

Esposizione a IPANella produzione di asfalti la miscelazione dei costi-tuenti a caldo in genere avviene in serbatoi chiusi.Nella stesa di asfalti a caldo una serie di interventipossono garantire le migliori condizioni di tuteladella salute degli addetti.Tra gli interventi sulle procedure e sui materiali, ènecessario porre particolare attenzione alla tempera-tura di stesa, che non dovrà mai superare i 160°C inmodo da limitare le emissioni sia di idrogeno solfuroche di IPA. La stesa deve avvenire il più possibilesopra vento, in modo da non dirigere i fumi sugliaddetti.Ove possibile, l’utilizzo di conglomerati bitu-minosi a freddo (malte bituminose) consente tempe-rature di stesa intorno ai 60-70°C; ma occorrericordare che la sostituzione degli asfalti tradizionali

conquestimateriali richiede altresì una grandeatten-zione alla loro composizione, dal momento che icomponenti caratterizzanti di questi preparati pos-sonoapportare altri rischi di tipo chimico chedevonoessere preventivamente valutati in modo che siapossibile scegliere la migliore alternativa ai prodottiin uso.Per quanto riguarda gli interventi sulle attrezza-ture, sebbene l’attività di asfaltatura avvengaall’aperto, le modalità operative espongono glioperatori a bordo macchine ed a terra a quantitàdi fumi non trascurabili. Il banco di stesadovrebbe essere quindi dotato di appositi pannelliprotettivi, con possibilità di inserimento di con-dotti di aspirazione immediatamente sul punto diemissione per allontanare i fumi prodotti dallalavorazione. Dal punto di vista tecnico, la pro-gettazione di un tale sistema non risulta di sem-plice attuazione: le maggiori difficoltà sono legatealla difficile determinazione della portata aspi-rante per garantirne l’efficacia sui fumi caldi epesanti sviluppati; inoltre è da valutare l’efficaciadell’intervento anche in termini di ricaduta delparticolato al suolo. Le “bonze” in uso per la stesadell’asfalto colato per marciapiedi dovrebberoessere provviste di bocche di scarico a ghigliottina(comandate a distanza tramite leve) ed è oppor-tuno disporre di evitare il completo riempimentodelle carriole per il trasporto della massa fusa.Sono poi possibili interventi di protezione personale:in base agli esiti dei monitoraggi effettuati dai pro-getti regionali - pur dovendo sottolineare alcunecriticità soprattutto inerenti la variabilità quali-quantitativa dell’esposizione in funzione dei parame-tri di processo, organizzativi e climatici - per l’espo-sizione a IPA le concentrazioni riscontrate nonevidenziano un livello di rischio superiore a quellodel fondo generale. Questa informazione deve tutta-via sempre essere verificata nello specifico contestoed in alcuni casi - ad esempio lavori in galleria - puòessere opportuno utilizzare una protezione delle vierespiratorie, per i quali si rimanda al punto specifico.

Esposizione a idrogeno solfuroNella produzione di asfalti la miscelazione dei costi-tuenti a caldo in genere avviene in serbatoi chiusi.Particolare cautela, attraverso la messa a punto diprocedure specifiche con specificopermesso di lavoroe formazione e addestramento del personale, è richie-sta per la pulizia periodica dei serbatoi di stoccaggiodel bitume e quelli dimiscelazione, che costituisconoambienti confinati a rischio di inquinamento.

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Stante la presenza di composti solforati nel bitume,nella stesa di asfalti la formazione di idrogeno solfuronon può essere completamente scongiurata, ma deveessere tenuta sotto controllo attraverso il controllodelle condizioni operative: come già visto la tempera-tura di riscaldamento e stesa, in particolare, risultafondamentale per evitare un surriscaldamento dell’a-sfalto, e non dovrebbe superare i 160°C. Occorreràrifarsi alle indicazioni del proprio fornitore (SDS eschedatecnica)per la temperaturadi lavoropiùoppor-tuna a garantire una buona lavorabilità dell’asfaltocontenendo la formazione di composti pericolosi.Anche se le lavorazioni vengono svolte general-mente all’aperto e in condizioni di buona ventila-zione, deve essere sempre svolta un’attenta analisidelle condizioni ambientali e dell’organizzazione pro-duttiva per poter escludere ragionevolmente ilrischiodi accumulodell’idrogeno solfuro sviluppatosie del raggiungimento delle concentrazioni pericolose(es. lavori in galleria). In caso di dubbi inmerito, datal’estrema pericolosità di questo gas, potrebbe essereopportuno procedere a campionamenti ambientali.Può inoltre essere necessaria la messa a punto di unaprocedura per la segnalazione degli eventi che com-portano sovraesposizione e la conseguente osserva-zione medica sotto riposo (rischio di edemapolmonare ritardato).La misura di protezione efficace, dato il contesto dilavoro, risulta l’utilizzo di appropriati DPI e, in parti-colari condizioni di rischio aumentato, nella venti-lazione artificiale (es. lavori in galleria).Particolare attenzione deve essere rivolta allacisterna o bonza dell’asfalto in cui il gas può accumu-larsi in misura considerevole: necessaria dunque lamessa a punto di una procedura con specifico per-messo di lavoro per le operazioni di pulizia e manu-tenzione che risultassero necessarie, nonchéformazione e addestramento dei lavoratori coinvolti.

Esposizione a inquinanti dal traffico veicolarenella stesa di asfaltiL’unico versante che può risultare efficace nellagestione di questo rischio originato dal contesto èquello organizzativo, e in particolare riguarda l’oppor-tuna scelta del periodo temporale in cui svolgere leattività di asfaltatura. In genere, le ore notturne sonomaggiormente indicate in molti contesti stradali -anche se per ragioni di quiete pubblica questa sceltanon sempre è possibile- ma possono così essere intro-dotte altre problematiche di rischio occupazionale, adesempio relativamente al rischio infortunistico, cheandranno adeguatamente considerate e calibrate.

Un’ulteriore possibilità di intervento organizzativonel merito è data dalla riduzione della durata dell’e-sposizione, attraverso lamessa a punto di turni ridottinelle attività o negli orari a maggior rischio. Prelimi-narmente, è anche da valutarsi il contributo di questaesposizione occupazionale rispetto al “fondo” a cui èesposta la popolazione generale. Per questo aspettosono utili i database predisposti dagli enti territorialiin conseguenza delle rilevazioni obbligatorie deilivelli di inquinanti atmosferici, i cui dati dovrannoessere calibrati opportunamente per considerare ladurata delle attività svolte dagli operatori di asfalta-tura. Il medico competente dovrebbe fornire il pro-prio contributo nell’interpretazione dei dati e nelfornire indicazioni sulla durata espositiva ammissi-bile per raffronto con la popolazione generale, non-ché nell’eventuale messa a punto di protocolli disorveglianza mirati.

Misure specifiche: rischi di incendioed esplosione nella stesa di asfaltiMentre l’asfalto è da ritenersi un materiale fonda-mentalmente non combustibile, l’emulsione bitumi-nosa spruzzata prima della colata può invece risultarecombustibile - seppur a basso rischio, in quanto puòformare miscela infiammabile solo quando riscaldataa temperatura superiore al punto di infiammabilità(maggiore di 200-250°C). I fusti di emulsione bitu-minosa dovranno essere stoccati come di consueto inzone fresche e ventilate, lontano da sorgenti di inne-sco; in zona dovranno essere presenti estintori porta-tili innumero adeguato (le caratteristichedell’agenteestinguente dipendono dalla specifica composizionedell’emulsione, si faccia dunque riferimento alle SDSdel fornitore). È bene evitare l’introduzione di inne-schi efficaci in zona di lavoro durante e dopo lanebulizzazione dell’emulsione.Su diversi macchinari possono essere presentiimpianti di gas combustibile a servizio dei sistemidi riscaldamento per il mantenimento dei prodottialle temperatura di lavoro: il rischio derivante deveessere gestito con le consuete procedure rivolte inparticolare al controllo di inneschi e condizioni cheinneschino reazioni pericolose. Particolare atten-zione deve essere posta all’eventuale presenza dibombole.

Misure specifiche: attività di manutenzioneL’utilizzo di solventi deve essere limitato all’effettivanecessità e nei quantitativi strettamente attinentialle operazioni di pulizia e manutenzione delle partimeccaniche. Andrà comunque garantita una buona

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ventilazione generale e, ove del caso, un’aspirazionelocalizzata (ad esempio nei bagni di pulizia o nelleapplicazionimanuali a distanza ravvicinata dal puntodi emissione). Devono essere vietati gli inneschi edeventualmente andrà effettuata una specifica valu-tazione AtEx; importanti anche le misure di preven-zione contro la formazione di scariche elettrostatichenell’utilizzo di solventi apolari.Stante la presenza di misure collettive per lariduzione del rischio espositivo da inalazione divapori o nebbie, la protezione personale consistesoprattutto nell’adozione di guanti in materialeappropriato (per una migliore definizione delmateriale più appropriato allo specifico solventein uso deve essere consultata la SDS del propriofornitore).

Protezione individuale

Gli interventi individuali ad integrazione dellemisure di tipo collettivo saranno indirizzati alla sceltaopportuna ed all’uso puntuale di indumenti di lavoroa copertura del corpo e di dispositivi di protezioneindividuale per mani, corpo e vie respiratorie, al finedi elevare il livello di protezione dall’inalazione e

dalla deposizione cutaneadel particolato, dei vapori edei fumi - specialmente in quelle fasi del processolavorativo dove non sia tecnicamente possibile adot-tare presidi di protezione collettiva o questi nonrisulterebbero efficaci. In tabella 4 si individuano iDPI suggeriti per le diverse lavorazioni.

Riferimenti bibliografici

—AA.VV. (2002), Protezione da agenti chimici. Lineeguida, Coordinamento Tecnico delle regioni e pro-vince autonome.—AA.VV. (2002), Protezione da agenti cancerogeni e/o mutageni. Linee guida, Coordinamento Tecnicodelle regioni e province autonome.— AA.VV. (2006; aggiornamento 2011), Vademe-cum per il miglioramento della sicurezza e della salute deilavoratori nelle opere di asfaltatura, RegioneLombardia.—AA.VV(2012),Criteri e strumenti per la valutazione ela gestione del rischio chimico negli ambienti di lavoro ai sensidel D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. (Titolo IX, Capo I “Pro-tezione daAgentiChimici” eCapo II “Protezione daAgentiCancerogeni e Mutageni”), alla luce delle ricadute delRegolamento (CE)n. 1907/2006 (RegistrationEvaluation

Tabella 4 - DPI indicati per le diverse lavorazioni di asfaltatura

Lavorazione Tipo di DPI specifici per il rischio chimico e livello minimo di protezione

produzione di conglo-merati bituminosi

•protezionedelle vie respiratoriedaparticolato aerodisperso: facciale filtrante antipolvere almenodi classe2, aseconda della concentrazione riscontrata— occhiali a tenuta contro l’ingresso di polveri— guanti— indumenti di lavoro e calzature per la protezione dagli altri rischi del cantiere

fresatura e spazzatura diasfalti

•protezionedelle vie respiratoriedaparticolato aerodisperso: facciale filtrante antipolvere almenodi classe2, aseconda della concentrazione riscontrata; in presenza di SLC: autorespiratore o facciale filtrante di classe 1— occhiali a tenuta contro l’ingresso di polveri— guanti— indumenti di lavoro e calzature per la protezione dagli altri rischi del cantiere

nebulizzazione dell’e-mulsione bituminosa

• protezione delle vie respiratorie da particolato aerodisperso e vapori aromatici e acidi: facciale filtrantecombinato di tipo ABEK-P almeno di classe 2, a seconda della concentrazione riscontrata— guanti in gomma o nitrile di grado 6— tuta monouso in TNT

asfaltatura di strade emarciapiedi

• protezione delle vie respiratorie da particolato aerodisperso e vapori aromatici: facciale filtrante combinato ditipo ABEK-P almeno di classe 2, a seconda della concentrazione riscontrata— protezione degli occhi: se riscontrata o sospettata la presenza di idrogeno solfuro in concentrazioni tra 50 e100 ppm, tali da poter provocare gravi lesioni oculari, è consigliato l’utilizzo di un dispositivo stagno allapenetrazione di gas; diversamente, sono appropriati occhiali a tenuta contro l’ingresso di particolato solido(polveri e fumi)— guanti in gomma o nitrile di grado 6— per la protezione del corpo: indumenti di lavoro coprenti— calzature appropriate alla protezione dagli altri rischi del cantiere

manutenzione dimacchinari

• guanti lunghi in nitrile o gomma butilica di grado 6— attività con uso di solventi: in assenza di appropriati presidi, facciale filtrante di tipo A e di classe 2— tuta ed eventuale grembiule in gomma per le operazioni con oli

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Authorisation Restriction of Chemicals - REACH), delRegolamento (CE) n. 1272/2008 (Classification LabellingPackaging - CLP) e del Regolamento (UE) n. 453/2010(recante modifiche all’Allegato II del Regolamento CE1907/2006 e concernente le disposizioni sulle schede didati di sicurezza), CommissioneConsultiva Permanenteper la Salute e Sicurezza sul Lavoro, Comitato 9 -Sottogruppo “Agenti Chimici”.— AA.VV. (2012), Arsenic, Metals, Fibres, andDusts, IARCMonographs on the Evaluation of Car-cinogenic Risks to Humans, vol. 100C, IARC.— AA.VV. (2012), Chemical Agents and RelatedOccupations, IARC Monographs on the Evaluationof Carcinogenic Risks to Humans, vol. 100F, IARC.

—AA.VV. (2013),Bitumens and Bitumen Emissions,and Some N- and S-Heterocyclic Polycyclic AromaticHydrocarbons, IARCMonographs on the Evaluationof Carcinogenic Risks to Humans, vol. 103, IARC.— AA.VV. (2014), Diesel and Gasoline EngineExhausts and Some Nitroarenes, IARC Monographson the Evaluation of Carcinogenic Risks toHumans,vol. 105, IARC.— AA.VV. (2015), I profili di rischio nei compartiproduttivi dell’artigianato, delle piccole e medie industriee pubblici esercizi: Asfaltatori, INAIL.— European Chemical Agency, portale e-Chem(www.echemportal.org/echemportal/substancesearch/page.action?pageID=0).

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Rassegna della Cassazionepenalea cura di Raffaele Guariniello

31 OTTOBRE - 23 NOVEMBRE 2017

IL DIRETTORE DI MINIERA TRA TUSL ECODICE DELLE MINIERECassazione penale, sez. IV, 31 ottobre 2017 (u.p. 4 ottobre2017), n. 50023 - Pres. Blaiotta - Est. Pezzella - P.M. (Conf.)Spinaci - Ric. M.

Per un duplice infortunio accaduto durante la costruzione diun’armatura metallica in un tratto di galleria, fu condannato ildirettore della miniera di una s.p.a.Nel confermare la condanna, la Sez. IV insegna che “nelsettore minerario si applica la generale disciplina antinfortu-nistica,ma la stessa è accompagnata dalle normespecifiche,tuttora vigenti, previste dal D.P.R. n. 128/1959 che prevedeun rafforzamento degli obblighi e dei poteri del direttore dellaminiera” (in argomento v. già Cass. 21 aprile 2016, n. 16620:“la peculiarità del lavoro svolto nelle cave e nelleminiere, chegiustifica, con criterio di specialità, la previsione di specifichenorme antinfortunistiche attinenti alle modalità di svolgi-mento di quel particolare lavoro, non esclude l’identità dellamateria con quella oggetto in genere della più generaledisciplina antinfortunistica”). Osserva, inoltre, che, “anchead ammettere che l’art. 17, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008, in punto non delegabilità da parte del datore di lavorodell’obbligo di valutazione del rischio, non possa esserederogato dalla disciplina speciale concernente il settoreminerario (art. 6 D.P.R. n. 128/1959), resta il fatto che nellaspecie ciò che si contesta più specificamente all’imputato,nella sua veste di direttore della miniera, è di non averapprontato, con riguardo alle operazione di posa in operadei rocprop in gallerie sprovviste di tavolato alle pareti, appro-priate e dettagliate istruzioni operative volte a prescrivere lanecessità di ancoraggio, anche in tale situazione, dei puntellialle pareti laterali”. E pertanto conclude che, “indipendente-mente dall’individuazione di chi avesse dovuto cautelare ilrischio, lo stesso non era stato governato in concreto”, “etale compito è espressamente assegnato al direttore dellaminiera non solo dall’art. 6, comma1,D.P.R. cit. (secondo cuii luoghi di lavoro ricadono costantemente sotto la responsa-bilità di tale figura apicale aziendale), ma anche dallo stessodocumento di valutazione del rischio della s.p.a. che stabili-sce espressamente che ‘le armature per il sostegno dellegallerie, dei cantieri e di ogni altro scavo, devono essererealizzate in conformità a specifiche istruzioni del direttoreresponsabile’”.(Circa la sicurezza del lavoro nelle industrie estrattive v. Gua-riniello, Il T.U. Sicurezza sul lavoro commentato con la giuri-sprudenza, nona edizione, Wolters Kluwer, 2017, 196 s., cuiaggiungi Cass. 5 giugno 2013, n. 24764. Per la giurisprudenzamenorecenteGuariniello,Sicurezzadel lavoroeCassazione - Il

Repertorio, Ipsoa, 1994, 157 s., nonché Cass. 16 aprile 1999n. 4877, in ISL, 1999, 10, p. 599).

INADEGUATA RISTRUTTURAZIONE POST-TERREMOTO DI CAPANNONE INDUSTRIALEIN EMILIACassazione penale, sez. IV, 9 novembre 2017 (c.c. 24 otto-bre 2017), n. 51285 - Pres. Blaiotta - Est. Cappello - P.M.(Conf.) Cardia - Ric. P.M. in c. P.

Dopo il terremoto dell’Aquila, entrano nella giurisprudenzaanche gli eventi sismici avvenuti in Emilia nel 2012 (circa iterremoti v. l’e-bookGuariniello, I terremoti: obblighi e respon-sabilità, Gli insegnamenti della Cassazione, 2016, WoltersKluwer; nonché Guariniello, Il T.U. Sicurezza sul lavoro com-mentato con la giurisprudenza, nona edizione, Wolters Klu-wer, 2017, pp. 121 s. e 593 s.).Nel caso ora esaminato dalla Corte Suprema, si addebitò ildelitto di omicidio colposo plurimo al proprietario di un immo-bile, legale rappresentante e responsabile del servizio preven-zione e protezione di una s.r.l., perché nel corso dell’eventosismico verificatosi la mattina del 29maggio 2012 concorrevaa cagionare la morte di tre persone per politrauma da schiac-ciamento presso il capannone industriale sede della s.r.l.,gravemente danneggiata a seguito degli eventi sismici delprecedente 20 maggio 2012. Colpa contestata: “avere, dap-prima (il 21-23 maggio) effettuato opere di rinforzo (consistitein lavori di consolidamento svolti personalmente in economia,anziché previa progettazione di un tecnico abilitato, precedutodal deposito del progetto esecutivo e seguiti dalla valutazionedi sicurezza dell’edificio ad opera di collaudatore nominato atale fine) del tutto abusive, risultate insufficienti e incomplete,ove non addirittura controproducenti; avere poi acquisito daparte di un geometra, privo delle competenze specifiche inambito di progettazione e sicurezza sismica delle costruzioni,un certificato di riscontrata idoneità statica e agibilità dell’im-mobile già gravemente lesionato; infine, avere disposto, sullascorta di quello, la ripresa dell’attività lavorativa con accessodei lavoratori e di un tecnico in azienda, in condizioni di persi-stente pericolo di ulteriori crolli”.Solo che il GUP del Tribunale di Modena pronunciò nei con-fronti dell’imputato sentenza di non doversi procedere perchéil fatto non costituisce reato.Nell’annullare con rinvio questa sentenza, la Sez. IV rim-provera, in particolare, al GUP di aver “contestato l’accusa,ritenendo che l’imputato avesse eseguito gli interventiedilizi a regola d’arte, del tutto obliterando la ben piùampia portata dell’imputazione, con la quale si contesta -anche - l’insufficienza e incompletezza degli interventieseguiti in economia da parte di soggetto le cui compe-tenze tecniche non sono state neppure spiegate, ma soloapoditticamente enunciate mediante un rinvio all’oggetto

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sociale dell’impresa da quegli condotta, operante in uncampo del tutto diverso dall’edilizia antisismica”.

INFORTUNIO SUL LAVORO E SEQUESTROCONSERVATIVO DEI BENI DEL DATORE DILAVOROCassazione penale, sez. IV, 15 novembre 2017 (c.c. 17ottobre 2017), n. 52157 - Pres. Piccialli - Est. Pezzella -P.M. (Conf.) Viola - Ric. F.

Nell’ambito di un procedimento penale per il reato di lesionipersonali colpose in conseguenzadi un infortunio sul lavoro, fudisposto il sequestro conservativo dei beni mobili e immobilidell’imputato fino alla concorrenza di 400.000 euro in favoredell’infortunato.Nell’eccepire l’insussistenzadelpericulum inmora, l’imputatoosserva che “il presupposto cautelare deve contenere lavalutazione della probabile futura lesione della situazione giu-ridica di svantaggio oggetto del processo, derivante da un’at-tuale, e non solo ipotetica, esposizione ad un pericolo”, e che“il periculum in mora non può essere un mero timore sogget-tivo, ma deve essere oggettivato, ossia fondato su elementiprecisi univoci e concordanti”. Lamenta che “il giudice delgravame cautelare, senza valutare l’attualità, avrebbe ritenutosufficiente l’avvenuta cessione, sei mesi dopo l’infortunio, diquote della società alla moglie e ai figli, nonché l’esercizio deipropri diritti di difesa,nell’ambitodelgiudizio revocatoriodi talecessione”.Aggiungeche“il realepresuppostodaaccertare, aifini dell’imposizione della misura cautelare, consisterebbenell’accertamento della mancanza di garanzie del credito,non essendo necessario il contestuale pericolo di depaupera-mento del patrimonio”, e richiama sul punto l’insegnamentoimpartito da SS.UU., 11 dicembre 2014, n. 51660 (in Corso,Codice di procedura penale annotato con la giurisprudenza,2016, p. 1142).LaSez. IVdisattendequeste argomentazioni. Prendeatto che,nel caso di specie, si è “ritenuto sussistente il periculum inmora, rappresentato dal rischio che l’imputato potesse volon-tariamente cercare di sottrarre le garanzie esistenti al soddi-sfacimento della pretesa risarcitoria della parte lesa”, sulpresupposto che “l’avvenuto tentativo, perpetrato sei mesidopo l’incidente, di trasferire il 100% delle quote sociali, poivanificato dall’azione revocatoria espletata dall’infortunato, èstato ritenuto indice di tale volontà, laddove la quota socialerappresenta laprincipalegaranziapatrimonialedell’imputato”.Ritiene inconferente “il richiamo al dictum di questa Corte dilegittimità a Sezioni Unite, 11 dicembre 2014 n. 51660, inquanto il principio affermato dalla stessa, secondo cui ‘perl’adozione del sequestro conservativo è sufficiente che vi sia ilfondato motivo per ritenere che manchino le garanzie delcredito, ossia che il patrimonio del debitore sia attualmenteinsufficienteper l’adempimentodelle obbligazioni di cui all’art.316, commi 1 e 2, c.p.p., non occorrendo invece che siasimultaneamente configurabile un futuro depauperamentodel debitore’, non esclude che il sequestro si possa disporreallorquando si verifichi la concreta possibilità che le garanziepossano venir meno per un’ipotizzabile futuro depaupera-mento”. Spiega che, secondo la citata sentenza delle SezioniUnite, “il sequestro conservativo può essere disposto o con-fermato sia per l’esistenza di motivi oggettivi, ossia l’inade-guatezza del patrimonio rispetto all’entità del diritto che si puòfar valere, sia per l’esistenza di motivi soggettivi, ossia per ilfondato convincimento della possibile volontaria dispersione

della capacità patrimoniale, non occorrendo la presenza dientrambi i requisiti oggettivo e soggettivo”.(Circa il sequestro conservativo di beni del datore di lavoro v.Guariniello, Il T.U. Sicurezza sul lavoro commentato con lagiurisprudenza, nona edizione, Wolters Kluwer, 2017,pp. 748 s.).

LA DELEGA DI FUNZIONIANTINFORTUNISTICHE E AMBIENTALICassazione penale, sez. III, 20 novembre 2017 (u.p. 15giugno 2017), n. 52636 - Pres. Amoresano - Est. Macrì -P.M. (Diff.) Spinaci - Ric. R.

Sul n. 8-9 di questa Rivista (p. 460), in nota a Cass. 24 giugno2016, n. 26434, abbiamo segnalato che, contrariamente aquanto si pensa abitualmente, malgrado decenni e decennidi elaborazionegiurisprudenziale, un istituto tradizionale comela delega di funzioni è ancora oggi caratterizzato da contrastiinterpretativi destinati a pesare negativamente sui comporta-menti delle imprese e degli operatori, e che, tra le criticità,fanno spicco le divergenze originate dalla presenza nel settoredella sicurezza sul lavoro e dall’assenza in altri settori qualiquelli ambientale e alimentare di unanorma, l’art. 16,D.Lgs. n.81/2008, che per la prima volta disciplina esplicitamente irequisiti di ammissibilità della delega (e della subdelega) difunzioni antinfortunistiche.Queste divergenze ricompaiono nella vicenda esaminata dallasentenza qui presentata. Il direttore tecnico con delega inmateria ambientale presso l’insediamento produttivo di unas.p.a. esercente la produzione e la lavorazione di laminati piania caldo, a freddo e rivestiti, nonché le lavorazioni metalliche ingenere e la lavorazione di prodotti siderurgici od affini, fucondannato per il reato di cui all’art. 29-quattuordecies,comma 3, D.Lgs. n. 152/2006, perché, in concorso con altrapersona, non aveva osservato le prescrizioni imposte dallaProvincia con l’autorizzazione integrata ambientale (AIA).Nell’annullare con rinvio la condanna, la Sez. III rimprovera altribunale di non aver “fatto buon governo dei principi conso-lidati nella giurisprudenza di legittimità secondo cui il criteriooggettivo dimensionale che giustifica la delega non va intesoin senso quantitativo bensì qualitativo, avuto riguardo allacomplessità degli impegni e compiti da assolvere”. Richiama,in particolare, Cass. 2 luglio 2015, n. 27862, “secondo cui,addirittura, in temadi reati ambientali, nonèpiù richiesto,per lavaliditàe l’efficaciadelladelegadi funzioni, che il trasferimentodelle stesse sia reso necessario dalle dimensioni dell’impresao, quantomeno, dalle esigenzeorganizzative dellamedesima,attesa l’esigenza di evitare asimmetrie con la disciplina inmateria di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la quale, aseguitodella entrata in vigoredell’art. 16del d.Lgs. n. 81/2008,non contempla più tra i requisiti richiesti per una delega validaed efficace quello delle ‘necessità’” (su questa sentenza v.,ampiamente, la nota relativa alla sopra citata Cass. 24 giugno2016, n. 26434). Rileva che “tale più recente orientamentoabbia ormai superato la precedente impostazione della stessaSezione III che con sentenza n. 46710/13 aveva affermato, intema di disciplina penale dei prodotti alimentari, che la delegadi funzioni poteva operare quale limite della responsabilitàpenale del legale rappresentante della impresa solo laddovele dimensioni aziendali fossero state tali da giustificare lanecessità di decentrare compiti e responsabilità, ma nonanche in caso di organizzazione a struttura semplice”. Inoltre,considera “dubbia la valutazione compiuta in concreto sul

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requisito dimensionale dal tribunale, il quale sembra averomesso di considerare che il fatto si è verificato in uno stabi-limento di circa 800 dipendenti ed esteso per quasi unmilionedi metri quadrati”, e irrilevante che “si tratti di un ramod’azienda o di una società del gruppo, perché la valutazionedeve essere condotta in concreto sulle esigenze organizzativedell’impresa, intese per giunta secondo un’accezione qualita-tiva e non quantitativa”. Prende atto che il tribunale “adombralapossibilitàdiundivietodisubdelegachenonsi riscontranellanormativa cheha ritenutodi applicare analogicamente, perchéil comma 3 bis dell’art. 16 D.Lgs. n. 81/2008 ammette espres-samente la sub-delega”.

OBBLIGHI E RESPONSABILITÀ DICOMMITTENTE E APPALTATORE NEI LAVORIINTERNICassazione penale, sez. IV, 22 novembre 2017 (u.p. 26ottobre 2017), n. 53157 - Pres. Romis - Est. Gianniti - P.M.(Conf.) Di Stabile - Ric. L. e altro

Con questa elaborata sentenza, la Sez. IV fornisce indicazioniilluminanti in ordine alla disciplina dettata dall’art. 26, D.Lgs n.81/2008 in ordine ai c.d. appalti intra-aziendali (su questadisciplina v. Guariniello, Il T.U. Sicurezza sul lavoro commen-tato con la giurisprudenza, nona edizione, Wolters Kluwer,2017, pp. 427 s.).Nel corso di lavori di pulizia industriale appaltati da una s.r.l. adaltra s.r.l. ed eseguiti all’interno dell’azienda committente,s’infortuna un dipendente dell’impresa appaltatrice, capo-squadra addetto alla sicurezza. Vengono condannati perlesione personale colposa sia il direttore dello stabilimentodella s.r.l. committente (esercente la termovalorizzazione dirifiuti), sia il datore di lavoro di una terza s.r.l. appaltatrice(esercente il trasporto di rifiuti, tramite mezzi dotati di unpiano mobile installato nel cassone posteriore, su incarico diterzi, titolari, a lorovolta, di unaccordodi conferimentocon las.r.l committente).La Sez. III ne trae spunto per impartire alcuni insegnamenti:A) “L’iniziativa del coordinamento tra più imprese a normadell’art. 26 D.Lgs n. 81/2008 spetta al committente, ma nonesime certo l’appaltatore dall’obbligo di informare l’altro dellasituazione di carente sicurezza e della propria impossibilità digarantire il controllo della zona di lavorazione, e, quindi, dal-l’obbligo di sollecitare l’intervento del committente e di fare inmodo che venissero adottate di comune concerto quellemisure di sicurezza necessarie a fini prevenzionistici”.B) Sussiste “il nesso di causalità causale tra la omessa previ-sione del rischio in esame nel DUVRI e l’infortunio, perché, sefossero state adottate le necessarie misure di sicurezza e nefosse stato imposto adeguatamente il rispetto, certamentel’infortunio non si sarebbe verificato”.C) “Non si trattava di rischio specifico proprio delle ditteappaltatrici, essendo il pericolo derivante dalla mancata pro-tezione dell’ambiente di lavoro (nella fattispecie durante l’ese-cuzione delle rischiose attività di scarico delle balle)riconoscibile da chiunque, senza necessità di alcuna specificacompetenza tecnica settoriale”.D) “Il datore di lavoro committente, in occasione di lavoriinterni, ha l’obbligo: di assicurare all’interno dell’azienda lemigliori e più sicure condizioni di lavoro per chiunque vi sitrovi ad operare; di avvalersi di un’impresa che disponga deimezzi e del personale adeguato allo scopo, e che di tali perso-nale e mezzi essa realmente si serva nell’esercizio delle

attività; di curare, se necessario, anche l’intervento dei suoioperai adeguatamente formati, nonché il coordinamento con ilpersonale della ditta appaltatrice”.E) “Il committente non poteva esimersi da responsabilitàdeducendo che i lavori di scarico erano di competenza dellas.r.l. alle cui dipendenze lavorava la persona offesa, in quanto,anche a prescindere dal fatto che il contratto di appalto avevaad oggetto le ‘pulizie industriali’, le attività contestate si svol-gevano all’interno di spazi della committente, che era interes-sata alle stesse e che le controllava, con l’intervento dipersonale comune, in un contesto di lavoro in cui vi era quindiingerenza della committente e che non rientrava, quanto allemodalità di esecuzione, nella esclusiva specifica attivitàdiscrezionale dell’impresa appaltatrice dei lavori di puliziaindustriale.F) “Proprio perché l’impresa era (non giàmera proprietaria delcapannone, ma) committente dei lavori, il titolare della stessaera responsabile di aver omesso l’adozione di quelle misureorganizzative e di coordinamento con le imprese appaltatricidirette alla prevenzione degli infortuni; dette misure compe-tevano unicamente allo stesso titolare dell’impresa commit-tente, nei cui locali e nel cui interesse si svolgevano lelavorazioni. Costui, nell’ambito della sua posizione di verticenella piramide gerarchica aziendale, doveva garantire la sicu-rezza di tutti i lavoratori adibiti alle relative mansioni (nonchéovviamente dei terzi eventualmente esposti a rischio), com-presi quelli aventi posizione intermedia e comunque subordi-nata nella scala gerarchica (quali i capi squadra). Per taleragionenonpoteva affatto ravvisarsi: né unesonero di respon-sabilità del datoredi lavoro committentenella qualifica (di caposquadra) rivestita dalla persona offesa e neppure una colpaconcorrente di quest’ultima, trattandosi della omessa ado-zione di misure organizzative prevenzionistiche che compete-vano, ‘a monte’, al committente per l’appunto”.G) Quanto poi alla posizione del datore di lavoro dell’impresaappaltatrice esercente il trasporto di rifiuti, questi non avevaadempiuto l’obbligo di informazione della committente circa ilfatto che non poteva adeguatamente garantire le misure disicurezza prevenzionistiche (e, quindi, non aveva sollecitatouna comune e concertata risoluzione della questione); e l’ob-bligo di garantire che le attività connesse al trasporto dei rifiutisi svolgessero in condizioni di sicurezza (nella specie lo scaricodelle balle di rifiuti) competeva anche alla ditta utilizzatricedell’automezzo, conformemente alle istruzioni del manualed’uso. Se l’autista del mezzo era impossibilitato ad esercitaretale vigilanzanella fasedi scarico, l’imputatodovevaassumerel’iniziativa di sollecitare la committente ad adottare le neces-sarie misure di sicurezza nell’ambito di una attività coordinatatra ledue impresenellosvolgimentodiattività interferenti, e, indifetto, avrebbe dovuto rifiutarsi di svolgere tali attività incondizioni di evidente carenza di sufficiente sicurezza”.

RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA EVALUTAZIONE DEI RISCHICassazione penale, sez. IV, 23 novembre 2017 (u.p. 10ottobre 2017), n. 53285 - Pres. Blaiotta - Est. Cappello -P.M. (Conf.) Romano - Ric. P. e altro

L’ascesa della responsabilità amministrativa nel settore dellasicurezza sul lavoro traspare dalle sentenze della SupremaCorte (v. Guariniello, Il T.U. Sicurezza sul lavoro commentatocon la giurisprudenza, nona edizione, Wolters Kluwer, 2017,pp. 606 s. e 1187 s., cui aggiungi Cass. 7 settembre 2017, in

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ISL, 2017, 12, 621; Cass. 14 giugno 2017, ibid., 2017, 8-9,p. 453).Nel casoesaminato dalla presente sentenza, il datore di lavoroe il preposto di una s.p.a. furonodichiarati colpevoli del reato dilesione personale colposa in danno di un dipendente adibito aun macchinario: il primo per “non aver provveduto a predi-sporre un documento di valutazione dei rischi che recassel’individuazione della procedura per attuare le misure di sicu-rezza, ad adottare adeguatemisure tecniche e organizzative ea procedere alla formazione e informazione del lavoratore inordine ai rischi connessi alle operazioni di smontaggio delsollevatore”, e il secondo per “non avere controllato chel’uso del macchinario fosse riservato a lavoratori dotati diinformazione, formazione e addestramento adeguati”. Fudichiarata responsabile anche la s.p.a. per l’illecito ammini-strativo dipendente dal reato di lesione.A propria difesa, la s.p.a. nega l’esistenza di “un rapporto dicausalità tra la politica aziendale in materia di prevenzioneantinfortunistica ed il fatto reato”, sul presupposto “l’aziendaaveva messo a disposizione del lavoratore gli apparati di sicu-rezza per evitare ogni rischio di lavorazione e aveva investito insicurezza, destinando un lavoratore esperto alla formazionedell’infortunato per due/tre anni”.La Sez. IV ribatte, “quanto ai presupposti della responsabilitàamministrativa dell’ente introdotta con il D.Lgs. n. 231/2001”, che “i criteri di imputazione oggettiva di cui al riferi-mento contenuto nell’art. 5 del D.Lgs. n. 231/2001 (interesseo vantaggio dell’ente), sono riferibili alla condotta e nonall’evento”, e che, “in caso di reati colposi di evento, essisono alternativi e concorrenti tra di loro, esprimendo il criterio

dell’interesse una valutazione del reato di tipo teleologico,apprezzabile ex ante, al momento cioè del fatto secondo ungiudizio soggettivo e avendo, invece, quello del vantaggiouna connotazione eminentemente oggettiva, valutabile expost, sulla base degli effetti derivati dalla realizzazione del-l’illecito”. Aggiunge che “si è riconosciuto l’interesse del-l’ente nel caso in cui l’omessa predisposizione dei sistemi disicurezza determini un risparmio di spesa, laddove si confi-gura il vantaggio qualora la mancata osservanza della norma-tiva cautelare consenta un aumento della produttività”.Ribadisce che “la responsabilità dell’ente non può essereesclusa in considerazione dell’esiguità del vantaggio o dellascarsa consistenza dell’interesse perseguito, in quantoanche la mancata adozione di cautele comportanti limitatirisparmi di spesa puòessere causa di lesioni personali gravi”.Rileva che, “nel caso di specie, i giudici di merito hannoricollegato la responsabilità amministrativa dell’ente alla ini-doneità del documento di valutazione dei rischi predisposto ealla inadeguatezza dell’attività di formazione e informazionedel lavoratore, entrambi causa dell’infortunio, laddove, conriferimento al vantaggio/interesse dell’ente, hanno eviden-ziato l’incidenza della scorretta prassi aziendale accertata sulrapporto spesa-guadagno”. Conclude che “incombe, in ognicaso, sull’ente l’onere - con effetti liberatori - di dimostrarel’idoneità dei modelli di organizzazione e gestione adottati aprevenire reati della specie di quello verificatosi”,“onere chenon può certamente considerarsi assolto attraverso la solacircostanza dell’esistenza di un documento, ritenuto inido-neo dai giudici di merito e di meri richiami verbali, ritenutiparimenti inadeguati”.

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Finanziamenti per la sicurezzaa cura di Bruno Pagamici - Studio Pagamici, Macerata (*)

Nazionale

INAIL “Avvisopubblico ISI 2017 - Incentivi alle impreseper la realizzazionedi interventi inmateriadi saluteesicurezzasul lavoro”, Gazzetta Ufficiale 20 dicembre 2017, n. 296; Avvisi pubblici regionali/provinciali

Il bando INAIL ISI 2017

ITALIA - Presentazione domande: dal 19 aprile al 31 maggio 2018Il 20 dicembre2017, l’INAIL hapubblicato il bando ISI 2017 a sostegnodi progetti per ilmiglioramentodei livelli di salutee sicurezza sul lavoro.Ladotazione finanziaria complessiva disponibile èpari a 249.406.358euro, ripartiti nei seguenti 5Assi di finanziamento:• Asse di finanziamento 1: progetti di investimento e per l’adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale(dotazione finanziaria pari a 100 milioni di euro);• Asse di finanziamento 2: progetti per la riduzione del rischio da movimentazione manuale dei carichi (dotazionefinanziaria pari a 44.406.358 euro);•Asse di finanziamento 3: progetti di bonifica damateriali contenenti amianto (dotazione finanziaria pari a 60milioni dieuro);•Asse di finanziamento 4: progetti dimicro e piccole imprese operanti nei settori del legno e della ceramica (dotazionefinanziaria pari a 10 milioni di euro);•Assedi finanziamento5:progetti dimicroepiccole impresecheoperanonel settoredellaproduzioneagricolaprimariadei prodotti agricoli (dotazione finanziaria pari a 35milioni di euro: 30milioni per la generalità delle imprese agricole e 5milioni riservati ai giovani agricoltori).

Spese ammissibiliPer tutti gli Assi di finanziamento, saranno ritenute ammissibili le spese riferite a progetti non realizzati e non in corso direalizzazione alla data del 31 maggio 2018. Per “progetto in corso di realizzazione” si intende un progetto per larealizzazione del quale siano stati assunti da parte dell’impresa/ente richiedente, in data anteriore al 1° giugno 2018,obbligazioni contrattuali con il soggetto terzo che dovrà operare per realizzarlo (la firma del preventivo per accettazionenon costituisce obbligo contrattuale). Per i progetti di bonifica damateriali contenenti amianto la data di presentazionedel piano di lavoro potrà essere antecedente al 1° giugno 2018.I progetti dovranno essere realizzati (e rendicontati) entro 365 giorni decorrenti dalla data di ricezione della comunica-zione di ammissibilità al contributo da parte dell’INAIL (in tale termine sono ricompresi i tempi necessari perl’ottenimento delle autorizzazioni o certificazioni richieste ed è prorogabile, su richiesta motivata, per un periodonon superiore a 6mesi). Per i finanziamenti di cui all’Asse 5, nel caso di acquisto tramite noleggio con patto di acquisto,entro il suddetto termine di 365 giorni dovrà avvenire il trasferimento della proprietà all’impresa/ente richiedente.

Presentazione domandeLa procedura di presentazione delle domande si articola nelle seguenti fasi:• inserimento online della domanda: a partire dal 19 aprile 2018 e fino alle ore 18 del 31 maggio 2018 leimprese avranno a disposizione una procedura informatica (disponibile sul sito internet www.inail.it), checonsentirà loro, attraverso un percorso guidato, di inserire la domanda di finanziamento. Per accedere allasezione l’impresa dovrà essere in possesso delle credenziali di accesso ai servizi online, che potranno essereottenute effettuando la registrazione sul portale dell’INAIL almeno 2 giorni lavorativi prima della chiusura dellaprocedura informatica per la compilazione della domanda;• acquisizione codice identificativo per l’inoltro online: dal 7 giugno 2018 le imprese i cui progetti avranno raggiunto osuperato la sogliaminimadi ammissibilità (pari a 120punti) potrannoaccedere all’internodella procedura informaticaedeffettuare il download del proprio codice, che le identificherà in maniera univoca in occasione del “click day” dedicatoall’inoltro online delle domande di ammissione al finanziamento;• invio della domanda online: l’invio delle domande inserite potrà avvenire nei termini che saranno fissati dall’INAIL. Igiorni e gli orari di apertura dello sportello informatico saranno comunicati sul sito INAIL a partire dal 7 giugno 2018. Glielenchi in ordinecronologicodi tuttedomande inoltrate, conevidenzadi quelle inposizioneutile per essere ammesseal

(*) Bruno Pagamici è Dottore commercialista, Revisore contabile e Pubblicista.

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contributo (ovvero fino ad esaurimento dei fondi stanziati in ciascuna regione), saranno pubblicati entro 14 giornidall’ultimazione della fase di invio del codice identificativo;• invio della documentazione a completamento della domanda: le imprese collocate in posizione utile per il finanzia-mentodovranno far pervenire all’INAIL, entroenonoltre il terminedi 30giorni decorrentedal giornosuccessivoaquellodi perfezionamento della formale comunicazione degli elenchi cronologici, la copia della domanda telematica generatadal sistema e tutti gli altri documenti richiesti, per la specifica tipologia di progetto.

Asse di finanziamento 1L’accesso a tale Asse di finanziamento è aperto alle imprese, anche individuali, ubicate su tutto il territorio nazionaleiscritte al Registro delle imprese o all’Albo delle imprese artigiane.Saranno escluse:• le micro e piccole imprese, anche individuali, che svolgono attività classificate con uno dei seguenti codici ATECO2007: C16, C23.2, C23.3, C23.4 alle quali è riservata la partecipazione all’Asse di finanziamento 4);• le micro e piccole imprese, comprese quelle individuali, operanti nel settore della produzione agricola primaria deiprodotti agricoli, alle quali è riservata la partecipazione all’Asse di finanziamento 5).Inoltre, relativamente ai progetti di cui al successivo punto 2 (progetti per l’adozione di modelli organizzativi e diresponsabilità sociale), non saranno ammesse le imprese senza dipendenti o che annoverano tra i dipendentiesclusivamente il datore di lavoro e/o i soci.Nell’ambito di tale Asse di finanziamento potranno essere proposte le seguenti tipologie di progetti:1) progetti di investimento: saranno ritenuti ammissibili esclusivamente i progetti di miglioramento delle condizioni disalute e sicurezza nei luoghi di lavoro relativi ad una delle seguenti tipologie di intervento:1.1) riduzione del rischio chimico: saranno finanziabili progetti di:— riduzione del rischio legato agli “agenti cancerogeni e mutageni” presenti nel luogo di lavoro;— riduzione del rischio legato agli “agenti chimici pericolosi” solo se, in relazione al tipo e alle quantità di un agentechimicopericolosoeallemodalitàe frequenzadiesposizionea taleagentepresentesul luogodi lavoro, lavalutazionedelrischio abbia dimostrato che nello stato ante operam il rischio è “non basso per la sicurezza” e/o “non irrilevante per lasalute dei lavoratori” (artt. 223 e 236, D.Lgs. n. 81/2008);1.2) riduzionedel rischio rumoremediante la realizzazionedi interventi ambientali: progetti di riduzionedel rischio legatoalla propagazione del rumore solo se la valutazione del rischio dimostra che i valori di esposizione iniziale sono superiorial valore inferiore di azione, come definito dall’art. 189, D.Lgs. n. 81/2008;1.3) riduzionedel rischio rumoremediante la sostituzionedi trattori agricoli o forestali edimacchine:progetti di riduzionedel rischiomediante la sostituzione di trattori agricoli o forestali e/omacchine che possonoessere fisse, portatili tenutee/o condotte a mano, mobili e semoventi ad esclusione di quelle destinate ad essere collegate/agganciate ai trattoriagricoli o forestali tramite presa di forza o altro;1.4) riduzione del rischio derivante da vibrazionimeccaniche: progetti di riduzione del rischiomediante la sostituzione dimacchine conformi alle rispettive direttive di prodotto di riferimento;1.5) riduzionedel rischiobiologico: progetti di riduzionedel rischioderivantedaesposizioneadagenti biologicimediantela realizzazione di una o più delle seguenti misure:•misure di contenimento:— ristrutturazionee/omodifica degli ambienti di lavoroal finedi separare le zone in cui èprevisto l’usodi agenti biologici,inclusa la predisposizione di aree di deposito e di aree di decontaminazione del personale;— installazionee/omodificadi impianti di aspirazioneodi immissione forzatadell’aria, volti a determinareunadifferenzadi pressione tra gli ambienti di lavoro per il contenimento degli agenti biologici;— realizzazione di superfici idrorepellenti, resistenti agli acidi, agli alcali, ai solventi, ai disinfettanti e agli agentidecontaminanti, negli ambienti di lavoro in cui si effettuano lavorazioni che comportano il rischio di contaminazione;— acquisto di cabine di sicurezza/box per la manipolazione dei materiali infetti;•misure di prevenzione:— acquisto di dispositivi per svolgere in ciclo chiuso attività a rischio di esposizione per via aerea;— acquisto di dispositivi per automatizzare attività a rischio di esposizione per via parenterale e per contatto;— acquisto e/o modifica di sistemi di aspirazione localizzata per la captazione di aerosol contaminati;— acquisto di dispositivi per la disinfezione e/o sterilizzazione dell’aria negli ambienti in cui si svolgono attività checomportano il rischio di contaminazione;—modifica di impianti dell’acqua sanitaria e/o aeraulici centralizzati esistenti, al fine di prevenire la contaminazione e ladiffusione di legionelle, mediante acquisto e installazione di sistemi di filtrazione e/o trattamento chimico/fisicodell’acqua;1.6) riduzione del rischio di caduta dall’alto: progetti di riduzione del rischio mediante l’acquisto e installazionepermanente di ancoraggi destinati e progettati per ospitare uno o più utenti collegati contemporaneamente e peragganciare i componenti di sistemi anticaduta anche quando questi ultimi sono progettati per l’uso in trattenuta;1.7) riduzione del rischio infortunistico mediante la sostituzione di trattori agricoli o forestali e di macchine. Sarannofinanziabili i progetti che soddisfano le seguenti condizioni:— le macchine di cui è prevista la sostituzione devono essere state immesse sul mercato antecedentemente allespecifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento della specificaDirettiva comunitaria (98/37/CE ex89/392/CEE);— i trattori agricoli o forestali di cui è prevista la sostituzione devono essere stati immessi per la prima volta sulmercatoprima del 1° gennaio 1998;

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— lemacchinee i trattori agricoli e forestali sostituite/i devonoessere alienate/i dall’impresaedesclusivamente tramiterottamazione;1.8) riduzione del rischio sismico: progetti di riduzione del rischio sismico da caduta di materiale, che prevedonol’acquisto e la posa in opera di scaffalature antisismiche. Saranno ammissibili gli interventi realizzati nei siti produttiviricadenti in zonasismica1, 2o3secondo la classificazioneprevistadalla normativa regionaledi recepimentodell’O.P.C.M. n. 3274/2003. Non saranno ammessi l’adeguamento di scaffalature esistenti e l’acquisto di scaffalature anti-sismiche usate. Le scaffalature sostituite dovranno essere alienate dall’impresa;2) progetti per l’adozione dimodelli organizzativi e di responsabilità sociale: saranno finanziati esclusivamente i progettidi miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che ricadono all’interno di una delle seguentitipologie di intervento:• adozione di un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro certificato BS OHSAS 18001:07;• adozione di un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro di settore previsto da accordi INAIL-Parti Sociali;• adozione di un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro non rientrante nei casi precedenti;• adozione di un modello organizzativo e gestionale di cui all’art. 30, D.Lgs. n. 81/2008 asseverato;• adozione di unmodello organizzativo e gestionale di cui all’art. 30, D.Lgs. n. 81/2008 non asseverato. Tale tipologia diintervento potrà essere richiesta solo se l’impresa non dispone già di un sistema di gestione certificatoOHSAS 18001;• adozione di un sistema di responsabilità sociale certificato SA 8000;•modalità di rendicontazione sociale asseverata da parte terza indipendente.Il contributo viene erogato in conto capitale e sarà pari al 65%dell’importo del progetto, con unminimodi 5.000 euro edun massimo di 130.000 euro.Per i progetti per l’adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale (di cui al punto 2) non è fissato il limiteminimo di finanziamento per le imprese fino a 50 dipendenti.

Asse di finanziamento 2Per tale Asse di finanziamento, le domande potranno essere presentate:• da imprese, anche individuali, ubicate su tutto il territorio nazionale iscritte al Registro delle Imprese o all’Albo delleimprese artigiane;•dai seguentientidelTerzosettore iscritti nelRegistrouniconazionaledelTerzosettoreai sensidelD.Lgs.n.117/2017:— organizzazioni di volontariato (ODV);— associazioni di promozioni sociali (APS);— enti del terzo settore di natura non commerciale già Onlus;— cooperative sociali e consorzi costituiti interamente da cooperative sociali;— imprese sociali di cui al D.Lgs. n.112/2017.Nellemoredell’operativitàdelRegistrouniconazionaledel Terzosettoreeai sensidell’art. 101, comma2,D.Lgs.n.117/2017, il requisito dell’iscrizione al Registro unico nazionale del terzo settore deve intendersi soddisfatto da parte deglienti attraverso la loro iscrizione alla data di chiusura della procedura informatica per la compilazione delle domande (31maggio 2018) ad uno dei registri attualmente previsti dalle normative di settore, e precisamente i registri delleassociazioni di promozione sociale nazionale, regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano e i registridelle organizzazioni di volontariato delle regioni e delle province autonome; per gli enti del terzo settore di natura noncommerciale già Onlus il requisito si intende soddisfatto attraverso l’iscrizione all’anagrafe delle Organizzazioni nonlucrative di utilità sociale (Onlus).Per le imprese sociali, ai sensi dell’art. 11, D.Lgs. n. 117/2017, l’iscrizione al Registro delle imprese soddisfa il requisitodell’iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore.Per lecooperativesociali econsorzi costituiti interamentedacooperativesociali, il requisitoèsoddisfattocon l’iscrizionenell’apposito Albo delle società cooperative presso il Registro delle Imprese.Il possesso del requisito dell’iscrizione ai registri dovrà essere mantenuto anche successivamente alla presentazionedella domanda di contributo fino alla realizzazione del progetto ed alla sua rendicontazione.Saranno escluse:• le micro e piccole imprese, anche individuali, che svolgono attività classificate con uno dei seguenti codici ATECO2007: C16, C23.2, C23.3, C23.4 alle quali è riservata la partecipazione all’Asse di finanziamento 4);• le micro e piccole imprese, comprese quelle individuali, operanti nel settore della produzione agricola primaria deiprodotti agricoli, alle quali è riservata la partecipazione all’Asse di finanziamento 5).Potrannoessereproposti progetti dimiglioramentodellecondizionidi saluteesicurezzanei luoghidi lavoroche ricadonoall’interno di una delle seguenti tipologie di intervento:• riduzionedel rischio damovimentazionemanuale dei pazienti: progetti chemigliorano lemodalità dimovimentazionedei pazienti mediante la modifica delle strutture murarie volte ad ampliare le aree di ingresso e gli spazi di manovra e/ol’acquisto dei seguenti dispositivimedici e/o dei relativi accessori che consentono di spostare più facilmente il pazienteriducendo le sollecitazioni meccaniche per il rachide dell’operatore: letti e/o attrezzature idonei al sollevamento dipazienti; teli ad alto scorrimento; tavole di scorrimento; assi in materiale rigido; cinture ergonomiche; carrozzine; ausilispecifici per grandi obesi;• riduzione del rischio legato ad attività di sollevamento, abbassamento e trasporto di carichi: progetti di riduzione delrischio legato alle operazionimanuali di sollevamento, abbassamentoe trasporto di oggetti dimassauguale o superiorea 3 kg, da realizzarsimediante l’acquisto dei seguenti tipi dimacchine:manipolatori, robot e robot collaborativi aventi uncarico massimo di utilizzazione non superiore a 500 kg; piattaforme aventi un carico massimo di utilizzazione nonsuperiorea500kg;carrelli aventi uncaricomassimodiutilizzazionenonsuperiorea2000kg;argani, paranchiesistemidi

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gru leggeri/gru a struttura limitata aventi uncaricomassimodi utilizzazionenonsuperiore a500kg; sistemi automatici dialimentazione;• riduzione del rischio legato ad attività di traino e spinta di carichi: progetti di riduzione del rischio dovuto allamovimentazionemanuale svolta comeattività di trainoespinta di carichi, da realizzarsimediante l’acquistodei seguentitipi di macchine: manipolatori, robot e robot collaborativi aventi un carico massimo di utilizzazione non superiore a 500kg; carrelli aventi un carico massimo di utilizzazione non superiore a 2000 kg; argani aventi un carico massimo diutilizzazione non superiore a 500 kg; sistemi automatici di alimentazione;• riduzione del rischio legato ad attività dimovimentazione di oggetti leggeri ad alta frequenzamediante l’automazionecompleta o parziale di fasi del ciclo produttivo che prevedono tale movimentazione.Il contributo concedibile sarà pari al 65% del costo complessivo dell’investimento e sarà compreso tra un minimo di5.000 euro ed un massimo di 130.000 euro.

Asse di finanziamento 3A valere su tale Asse di finanziamento potranno presentare domanda le imprese, anche individuali, ubicate su tutto ilterritorio nazionale iscritte al Registro delle imprese o all’Albo delle imprese artigiane, ad esclusione delle micro epiccole imprese, compresequelle individuali, operanti nel settoredellaproduzioneagricolaprimariadei prodotti agricoli,alle quali è riservata la partecipazione all’Asse di finanziamento 5.Saranno agevolati progetti di bonifica da materiali contenenti amianto. Saranno ritenuti ammissibili esclusivamenteinterventi relativi alla rimozione con successivo trasporto e smaltimento, anche previo trattamento in impianto auto-rizzato, in discarica autorizzata. Non saranno invece agevolati gli interventi di rimozione non comprendenti lo smalti-mento, quelli di incapsulamento o confinamento e, infine, il mero smaltimento di materiali contenenti amianto giàrimossi.È previsto un contributo pari al 65%della spesa complessiva ammissibile, con unminimo di 5.000 euro ed unmassimodi 130.000 euro.

Asse di finanziamento 4Tale Asse di finanziamento è riservato alle micro e piccole imprese, anche individuali, ubicate su tutto il territorionazionale iscritte alla CCIAA, che svolgono attività classificate con uno dei seguenti codici ATECO 2007: C16, C23.2,C23.3, C23.4.Saranno finanziati progetti di miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che ricadonoall’interno di una delle seguenti tipologie di intervento:A) per il settore Legno (codice ATECO C16):• riduzionedel rischiodapolveri di legno:progetti di riduzionedel rischio incendio,esplosioneeda inalazionedipolveri dilegno mediante acquisto e installazione di sistemi fissi di aspirazione, filtrazione e stoccaggio delle polveri prodottedurante le lavorazioni del legno;• riduzione del rischio infortunistico-meccanico: progetti di riduzione del rischio infortunistico-meccanico mediante lasostituzione dei seguenti tipi di macchine: centri lavoro CNC per foratura, fresatura, scanalatura per la lavorazione dipannelli; bordatrici; seghe squadratrici; fresatricimonoalbero ad asse verticale; seghe a nastro da falegnameria a tavolafissa o inclinabile; piallatrici a filo e/o a spessore;B) per il settore Materiali ceramici (codici ATECO C23.2, C23.3, C23.4):• riduzione del rischio di esposizione a polverimediante acquisto e installazione di sistemi di abbattimento, aspirazionee filtrazione delle polveri prodotte durante le lavorazioni;• riduzione del rischio infortunistico-meccanico mediante la sostituzione delle macchine utilizzate nel ciclo diproduzione;• del rischio da movimentazione manuale dei carichi: progetti di riduzione del rischio dovuto alla movimentazionemanuale svolta come attività di sollevamento, abbassamento e trasporto e/o di spinta e traino dimateriali, da realizzarsimediante l’acquisto dei seguenti tipi di macchine:—per leoperazioni di sollevamento, abbassamentoe trasportodi carichi:manipolatori, robot e robot collaborativi aventiun carico massimo di utilizzazione non superiore a 500 kg; piattaforme aventi un carico massimo di utilizzazione nonsuperiorea500kg;carrelli aventi uncaricomassimodiutilizzazionenonsuperiorea2000kg;argani, paranchiesistemidigru leggeri/gru a struttura limitata aventi uncaricomassimodi utilizzazionenonsuperiore a500kg; sistemi automatici dialimentazione;— per le operazioni di spinta e traino di carichi: manipolatori, robot e robot collaborativi aventi un carico massimo diutilizzazione non superiore a 500 kg; carrelli aventi un carico massimo di utilizzazione non superiore a 2000 kg; arganiaventi un carico massimo di utilizzazione non superiore a 500 kg; sistemi automatici di alimentazione.Il contributo dell’INAIL sarà pari al 65% delle spese sostenute, con un minimo di 2.000 euro ed un massimo di 50.000euro.

Asse di finanziamento 5A valere su tale Asse di finanziamento, potranno presentare domanda le micro e piccole imprese, operanti nel settoredella produzione agricola primaria dei prodotti agricoli, iscritte nella sezione speciale (imprenditori agricoli, coltivatoridiretti, imprese agricole) del Registro delle Imprese o all’Albo delle società cooperative di lavoro agricolo, in possessodella qualifica di imprenditore agricolo di cui all’art. 2135 cod. civ. e titolari di partita IVA in campo agricolo, qualificatecome: impresa individuale; società agricola; società cooperativa.Sarà agevolato l’acquisto o il noleggio con patto di acquisto di trattori agricoli o forestali e/o di macchine agricole oforestali. L’investimento dovrà finalizzato alla riduzione dei seguenti rischi:

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62 Igiene & Sicurezza del Lavoro 1/2018

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• infortuni causati da trattori agricoli o forestali o da macchine agricole o forestali obsoleti;• rumore;• operazioni manuali.Il contributo, compreso tra un minimo di 1.000 euro ed un massimo di 60.000 euro, sarà pari:• al 50% per i giovani agricoltori. Rientrano in tale categoria le imprese che hanno al loro interno la presenza di giovaniagricoltori come di seguito indicato:— in caso di impresa individuale: il titolare dovrà possedere la qualifica di imprenditore agricolo ed un’età non superioreai 40 anni alla data di chiusura della procedura informatica per la compilazione delle domande (31 maggio 2018);— in caso di società semplici, in nome collettivo e cooperative: almeno i due terzi dei soci dovranno possedere laqualifica di imprenditore agricolo e un’età non superiore ai 40 anni alla data di chiusura della procedura informatica per lacompilazione delle domande (31 maggio 2018). Per le società in accomandita semplice la qualifica di imprenditoreagricolo e un’età non superiore ai 40 anni potrà essere posseduta anche dal solo socio accomandatario (in caso di due opiù soci accomandatari si applica il criterio dei due terzi);• al 40% per la generalità delle imprese agricole.

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Ottobre-dicembre 2017

Norme UNI

Ottobre 2017

13.040.20 - Atmosfere ambiente

UNI EN 16516 Prodotti da costruzione - Valutazione del rilascio di sostanze pericolose - Determinazione delleemissioni in ambiente interno

13.040.30 - Atmosfere nell'ambiente di lavoro

UNI EN 16897 Esposizione negli ambienti di lavoro - Caratterizzazione di aerosol e nano-aerosol ultra-fini - Deter-minazione del “numero di concentrazione”mediante l’uso del contatore di particelle acondensazione

13.110 - Sicurezza del macchinario

UNI EN ISO 19085-1 Macchine per la lavorazione del legno - Sicurezza - Parte 1: Requisiti comuni

UNI EN ISO 19085-2 Macchineper la lavorazionedel legno -Sicurezza -Parte2:Sezionatrici orizzontali perpannelli conbarradipressione

UNI EN ISO 19085-5 Sicurezza delle macchine per la lavorazione del legno - Sicurezza - Parte 5: Squadratrici

13.220.20 - Protezione al fuoco

UNI EN 16750 Installazione fisse antincendio - Sistemi a riduzione di ossigeno - Progettazione, installazione,pianificazione e manutenzione

23.100.60 - Filtri, guarnizioni e contaminazione dei fluidi

UNI ISO 2941 Oleoidraulica - Elementi filtranti - Verifica del valore di pressione di collasso/scoppio

UNI ISO 2943 Oleoidraulica - Elementi filtranti - Verifica della compatibilità del materiale coi fluidi

UNI ISO 11500 Oleoidraulica - Determinazione del livello di contaminazione da particolato di un campione di liquidomediante conteggio automatico delle particelle utilizzando il principio di estinzione della luce

UNI ISO 11170 Oleoidraulica - Sequenza dei metodi di prova per verificare le caratteristiche prestazionali deglielementi filtranti

UNI ISO 11171 Oleoidraulica - Calibrazione dei contatori automatici di particelle per liquidi

UNI ISO 11943 Oleoidraulica - Sistemi in linea di conteggio automatico delle particelle per liquidi - Metodi dicalibrazione e validazione

UNI ISO 12829 Oleoidraulica - Sequenza dei metodi di prova per verificare le caratteristiche prestazionali deglielementi filtranti

UNI ISO 16431 Oleoidraulica - Procedure per la pulizia dei sistemi idraulici e per la verifica del livello di pulizia deisistemi idraulici assemblati

UNI ISO 16889 Oleoidraulica - Filtri - Metodo Multi-pass per la valutazione delle prestazioni di filtrazione di unelemento filtrante

UNI ISO 16908 Metodi di prova per elementi filtranti idraulici - ondizionamento termico e simulazione di partenza afreddo

UNI ISO 18413 Oleoidraulica - Pulizia dei componenti - Documento di controllo e principi relativi all’estrazione eall’analisi del contaminante e a come presentare i risultati

UNI ISO 23181 Oleoidraulica - Elementi filtranti -Determinazionedella resistenza alla faticada flussomediante fluidoad alta viscosità

UNI ISO 27407 Oleoidraulica - Marcatura delle caratteristiche di prestazione su filtri oleoidraulici

Norme UNI

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25.080.01 - Macchine utesili in generale

UNI EN ISO 16093 Macchine utensili - Sicurezza - Segatrici per il taglio dei metalli a freddo

25.080.60 - Macchine per segare

UNI EN ISO 16093 Macchine utensili - Sicurezza - Segatrici per il taglio dei metalli a freddo

53.060 - Carrelli industriali

UNI EN 1459-1 Carrelli elevatori fuoristrada - Requisiti di sicurezza e verifiche - Parte 1: Carrelli a braccio telescopico

Novembre 2017

13.140 - Rumore in relazione agli esseri umani

UNI/TR 11694 Linea guida per la progettazione, l'installazione, la messa in servizio, la verifica funzionale, l'esercizio e lamanutenzione dei sistemi di rivelazione fumo ad aspirazione

13.180 - Ergonomia

UNI EN ISO 7243 Ergonomia degli ambienti termici - Valutazione dello stress da calore utilizzando l’indice WBGT (temperaturaglobo del bulbo bagnato)

UNI EN ISO 7250-1 Dimensioni del corpo umano da utilizzare la progettazione tecnologica - Parte 1: Definizioni delle dimensioni delcorpo umano e dei punti di repere anatomico

13.280 - Protezione dalle radiazioni

UNI EN ISO 15382 Radioprotezione - Procedure per il monitoraggio della dose al cristallino, alla pelle e delle estremità

UNI EN ISO 17099 Protezione dalle radiazioni - Criteri di prestazione per i laboratori che utilizzano la tecnica del micronucleo conblocco della citochinesi (CBMN) in linfociti umani di sangue periferico per dosimetria biologica

UNI EN ISO 19238 Protezione dalle radiazioni - Criteri di prestazione per i laboratori di citogenetica per dosimetria biologica

UNI EN ISO 20553 Protezione dalle radiazioni - Monitoraggio dei lavoratori esposti per motivi professionali al rischio di contami-nazione interna da materiale radioattivo

UNI EN ISO 20785-1 Dosimetria per esposizioni a radiazione cosmica in aerei per uso civile - Parte 1: Basi concettuali per le misure

UNI EN ISO 20785-2 Dosimetria per l'esposizione ai raggi cosmici nell'aviazione civile - Parte 2: Caratterizzazione della risposta deglistrumenti

UNI EN ISO 20785-3 Dosimetria per esposizioni a radiazione cosmica in aerei per uso civile - Parte 3: Misure alle altitudini di volo

UNI EN ISO 29661 Fasci di radiazione di riferimento per radioprotezione - Definizioni e concetti fondamentali

13.320 - Sistemi di allarme e avvertimento

UNI/TR 11694 Linea guida per la progettazione, l'installazione, la messa in servizio, la verifica funzionale, l'esercizio e lamanutenzione dei sistemi di rivelazione fumo ad aspirazione

13.340.20 - Attrezzature di protezione della testa

UNI EN 13911 Indumenti di protezioneper vigili del fuoco -Requisiti emetodi di provaper cappucci di protezionecontro il fuocoper vigili del fuoco

13.340.50 - Calzature di protezione

UNI EN ISO 20349-1 Dispositivi di protezione individuale - Calzature di protezione contro i rischi presenti nelle fonderie e nelleoperazioni di saldatura - Parte 1: Requisiti e metodo di prova per la protezione contro i rischi presenti nellefonderie

UNI EN ISO 20349-2 Dispositivi di protezione individuale - Calzature di protezione contro i rischi presenti nelle fonderie e nelleoperazioni di saldatura - Parte 2: Requisiti e metodi di prova per la protezione contro i rischi presenti nelleoperazioni di saldatura e nei procedimenti connessi

17.240 - Misurazione delle radiazioni

UNI EN ISO 16638-1 Protezione dalle radiazioni - Monitoraggio e dosimetria interna per materiali specifici - Parte 1: Inalazione dicomposti di uranio

UNI EN ISO 18589-2

Norme UNI

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Misurazione della radioattività nell'ambiente - Suolo - Parte 2: Guida per la selezione della strategia dicampionamento, campionamento e pretrattamento dei campioni

UNI EN ISO 18589-3 Misurazione della radioattività nell'ambiente - Suolo - Parte 3: Misurazione di radionuclidi gamma emettitorimediante spettrometria a raggi gamma

UNI EN ISO 19017 Linee guida per misure di spettrometria gamma su rifiuti radioattivi

UNI EN ISO 19238 Protezione dalle radiazioni - Criteri di prestazione per i laboratori di citogenetica per dosimetria biologica

91.140.90 - Ascensori. Scale mobili

UNI EN 115-1 Sicurezza delle scale mobili e dei marciapiedi mobili - Parte 1: Costruzione e installazione

Dicembre 2017

13.040.40 - Emissioni da fonte fissa

UNI EN 13284-1 Emissioni da sorgente fissa - Determinazione della concentrazione inmassa di polveri in basse concentrazioni -Parte 1: Metodo manuale gravimetrico

UNI EN 13284-2 Emissioni da sorgente fissa - Determinazione della concentrazione inmassa di polveri in basse concentrazioni -Parte 2: Controllo di qualità dei sistemi di misurazione automatici

13.300 - Protezione contro le sostanze pericolose

UNI EN 15507 Imballaggi - Imballaggi per il trasporto di merci pericolose - Prove comparative di vari gradi di polietilene

17.180.20 - Colori e misurazione della luce

UNI EN 13032-2 Lucee illuminazione -Misurazioneepresentazionedei dati fotometrici di lampadeeapparecchi di illuminazione -Parte 2: Presentazione dei dati per posti di lavoro in interno e in esterno

19.100 - Prove non distruttive

UNI EN ISO 16371-2 Prove non distruttive - Radiografia industriale computerizzatamediante l’impiego di schermi ai fosfori - Parte 2:Principi generali per l’esame dei materiali metallici utilizzando raggi X e raggi gamma

23.020.30 - Recipienti a pressione, bombole per gas

UNI EN 13445-3 Recipienti a pressione non esposti a fiamma - Parte 3: Progettazione

25.160.30 - Apparecchiatur per saldatura

UNI EN ISO 22829 Attrezzatura per la saldatura a resistenza - Trasformatori - Trasformatore-raddrizzatore incorporati per pinze disaldatura operanti ad una frequenza di 1 000 Hz

Norme UNI

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