RADUNO OSSERVATORI COLLAZZONE - settembre 2012 dott.sa Barbara Bononi
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMODottorato in Scienze Psicologiche e Sociali – Psicologia
Scienze Psicologiche, Pedagogiche e della Formazione – Dipartimento di Psicologia
Settore Scientifico Disciplinare M-PSI/08
L’efficacia di una tecnica di gruppo a mediazione per migliorare la Qualità della Vita dell’anziano ospedalizzato
IL DOTTORE IL COORDINATORE
Laura Andretti Ch.ma Prof.ssa A. Lo Coco
IL TUTOR Ch.ma Prof.ssa S. La Grutta
CICLO XXV
ANNO CONSEGUIMENTO TITOLO 2015
Sommario
Premessa 2
I Senescenza moderna e istituzionalizzazione 4
Qualità della vita geriatrica 10
Modelli teorici in psicogeriatria 19
II Questioni metodologiche 26
Disegno di Ricerca 28
Strumenti 31
Risultati e spunti clinici della Ricerca 37
III Il gruppo a mediazione nelle Istituzioni 50
Note sul pensiero del gruppo: funzione alfa ed elementi del sogno 50
Il Photolangage© nella Ricerca: tra quantità e qualità 53
Il Photolangage© con anziani ospedalizzati “ Una Volta…” il dialogo intergenerazionale
49
Temi del Photolangage©………………………………………………………………..61
Il malessere dell’Istituzione 64
Conclusioni 67
Bibliografia 68
2
Premessa
La qualità della vita nell’ambito della clinica, della ricerca e della politica sanitaria ha
assunto un crescente interesse e rappresenta un’importante misura di esito dei
trattamenti. L’ospedalizzazione ha un potenziale di decremento dell’umore e dello stato
funzionale dell’anziano e del suo entourage, riducendo considerevolmente la percezione
soggettiva della qualità della vita. Nel definire la qualità della vita, l'anziano
insoddisfatto lamenta spesso problemi di salute e depressione senile: la salute è il
fattore più importante nella qualità di vita, ma la soddisfazione è determinata anche da
livello economico, sociale, familiare e dell'attività che permettono alle persone di vivere
un sentimento di controllo sull'ambiente e gli eventi.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha recentemente modificato da un lato il
concetto di salute, ma ha anche tenuto conto della percezione individuale del concetto di
QoL (1995). Se consideriamo come predominante nel funzionamento individuale la
percezione di salute fisica, comprendiamo quanto il corpo possa obnubilare le
dimensioni della vita sociale. A partire dalle cure fisiche infatti, l’individuo attende che
il sistema lo comprenda nella sua umanità, nonostante i rischi per la salute e i
cambiamenti socio-culturali cui è sottoposto nel corso del tempo. La migliore cura
possibile pertiene alle politiche sanitarie, che evocano anche una presa di coscienza
soddisfacente da parte dei pazienti. Pensiamo alla qualità relazionale offerta dai servizi
di cura, e alle reazioni patologiche cui può portare il malessere individuale unito alla
scarsa soddisfazione sociale. Una scrittrice svedese narra ironicamente la storia
rocambolesca di un gruppo di anziani, che ha origine dall’insoddisfazione e dal senso di
prigionia vissuta nella casa di riposo (Ingelman-Sundberg C. “La banda degli insoliti
ottantenni”, 2013), incarnando da un lato il senso della dismisura che evoca
un’istituzione disattenta alle reali necessità degli individui (mancanza di comunicazione,
attività e possibilità di scelta e interazione), dall’altro anche un pensiero nuovo che
rivaluta l’ipseità.
I sistemi sanitari sono organizzazioni esemplari dell’integrazione interprofessionale
all'interno in un ambiente critico. Errori di comunicazione e processi difettosi in tali
contesti hanno un enorme impatto sulla società, sia per aspetti finanziari sia umani. I
recenti sviluppi delle scienze della complessità tentano di migliorare l’organizzazione
3
dei sistemi sanitari come entità governate da leggi di interazione non-lineari, auto-
organizzazione e fenomeni emergenti. (Martínez-García, Lemus, 2013).
Le persone con cui ho avuto l’onore di lavorare mi hanno donato alcuni elementi
essenziali e perturbanti della nostra società, ho avuto l’occasione di rievocare il lavoro
del Pitrè1, garibaldino, medico, che viene ricordato come etnostorico e poeta, sempre
pronto a raccogliere più che ad arginare i cunti delle persone anziane durante le visite
domiciliari di fine ‘800.
Siamo ormai avvezzi a pensare che la cura di una persona chiami in causa il suo intero
sistema sociale, come paziente designato, ad assumere l’onere d’infortunio del corpo
sociale.
Il compito della modernizzazione della civiltà è certo rivolto al miglioramento della
tecnica, dell’economia, al limite di errore, alla prosocialità. Ma come accendere
solipsisticamente una miccia di trasformazione, quando ai pazienti viene proposto solo
il male minore? È fondamentale comprendere quanto ci costi ogni giorno impedire
all’intuizione, alla libertà di pensiero, all’insight, alla comunicazione e all’ascolto
reciproco, di accedere ai sentimenti propri e altrui, condividendone l’esperire, senza
imporlo e impolpettarlo di ‘ragioni’. L’interpretazione del presente come processo di
legare attraversa la creazione di un senso, molti sensi o la scoperta dell’insignificanza, e
non nuoce, soprattutto, è adeguata al contesto e va imbrigliata di rado.
Questo complesso di insoddisfazione mi ha appassionata e turbata durante lo studio con
persone anziane e giovani osservatori e famiglie e staff medico e scrittori e clinici e,
dulcis in fundo, gli insegnanti che mi hanno gettata ad esperire il colosseo della vita, la
migliore delle docenti. Mi auguro di aver prodotto un pensiero scientifico divulgabile al
punto di appropriata identificazione del lettore con le problematiche emerse,
considerando lo studio non come una lente di ingrandimento sulle condizioni di vita dei
soli partecipanti, ma come una lente multidirezionale in cui un gruppo di anziani può
portarci a raccontare i limiti della società in cui viviamo nel promuovere o preservare la
qualità della vita.
1 Giuseppe Pitrè raccoglie le tradizioni popolari siciliane con umanità e passione per tramandare la saggezza oralistica.
4
I. Senescenza moderna e istituzionalizzazione
Ormai anche noi siamo divenuti vecchi. Ci aveva ingannato esser rimasti ragazzi,
soltanto un po’ invecchiati, fino all’altro ieri. Le gambe continuano a camminare, e lo
fanno anche bene volentieri, ma avvertono a tratti una strana cedevolezza, come se
potessero rilasciare le loro fibre e venire meno. Le unghia dei piedi, fattesi dure e
scagliose, quasi rifiutano la regola del taglio. La bocca ci rimane aperta, come se per
le labbra combaciare non fosse più raggiungibile o risultasse innaturale. Non è che la
commisura non tenga, sia divenuta incontinente. Né l’effetto di indebolimento o
rallentamento. Rimane più facilmente aperta, la bocca, come se non ci fosse più molto
da ritenere o da afferrare, come se cominciasse a provare stupore che la vita è già
vicina alla fine. Si cammina un po’ curvi non necessariamente per artrosi della
colonna, ma un po’ per abbassamento del tono della vita e un po’ per il suo sentito
peso. Quello che ci stupisce– e dire “stupisce” è ancora poco – è che ci abbiamo messo
così tanto tempo per diventare grandi, abbiamo dovuto aspettare tanto per divenire un
po’ adulti, e ora, da un anno a un altro, da una settimana a un’altra, ci troviamo
vecchi. Abbiamo avuto tanto di quel tempo per imparare a diventare grandi, a essere
veramente adulti, e ora, per fare decentemente i vecchi dobbiamo improvvisare, senza
aver avuto tempo a disposizione per imparare (Lussana, 2012, p.179).
Quando lavoriamo con individui anziani in ospedale, sembra che l’argomento di solo
interesse sia la salute fisica, il dolore, le cure possibili per sconfiggerlo o attenuarne la
percezione, fino a non volerne più parlare. Dal 2012 ho avuto la possibilità di aprire il
sipario per 92 partecipanti allo studio che mi accingo a raccontare. Le discussioni con
lungodegenti iniziavano spesso in modo lamentoso, come se potessi raccogliere una
confessione organica (angoscia somatica, sintomatica) e assolverla dal cattivo
funzionamento. Ho avuto modo di scorgere come una situazione di immobilità,
attenuazione degli eventi quotidiani e relazionali, possa trasformarsi in un’occasione per
ripercorrere sentieri intrisi della capacità di soffrire al fine di recuperare il contenuto
unico e irripetibile della nostra storia. Potrei dire che l’invecchiamento sviluppi risorse
raffinate nel tempo, come ad esempio la capacità di narrazione sia contenutistica sia
processuale. Al fine di valutare adeguatamente le prestazioni del gruppo d’indagine ho
scelto di sperimentare con alcuni volontari l’andamento di uno strumento semiproiettivo
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a carattere narrativo, il Photolangage© , strumento che richiede un setting di gruppo (o
meglio, di gruppi, viste le interazioni costanti in ospedale).
Un ospedale o una casa di cura sono luoghi specializzati in cui è difficile recuperare dei
ricordi o ricevere gli amici: si respira sovente uno scadimento spazio-temporale
alienante. I lungodegenti delle strutture di riabilitazione sanno bene che si dovranno
adattare al limite fisico che ha richiesto il ricovero, al personale di cura, agli altri
degenti; essi trovano uno spazio asimbolico e privo di riferimenti al mondo reale. Il
cellulare e il caffè sono gli strumenti privilegiati per mantenere un’adesione alle
abitudini e scandire il tempo. In questi contesti è necessario abbattere l’ostacolo
insormontabile del lavoro psichico in istituzione, anche per il senso fallimentare
sperimentato da chi ha momentaneamente abbandonato la propria indipendenza e il
desiderio esplorativo. Per contro, molti anziani riescono a giocare ancora e a
relazionarsi, mantenendo e condividendo la propria capacità di sognare, rivalutando il sé
bambino, giovane adulto, grande adulto in una storia dinamica che apre le capacità di
rielaborare il passato e confrontarsi con il presente culturale, contro i sentimenti
depressivi percepiti in condizioni limitanti, attivando il dialogo tra Eros e Thanatos.
Nel lavoro clinico ci siamo sentite accolte e guidate, valorizzate come si son sentiti
rivalutati loro stessi dal gruppo, in piena umanità condivisa. Forse castrando le nostre
possibilità simboliche, mettendo da parte il lusso della conversazione
intergenerazionale, davvero non rimane che un senso di spaesamento. I nostri anziani
condividono il sentimento di esclusione dei giovani rispetto alla cultura imperante:
esclusi come il pensiero nuovo che dovrebbe rivoluzionare gli stati di perdita e crisi
attraverso un percorso – temuto – di cambiamento e trasformazione ideologica,
riparando le falle delle passate rivoluzioni e gli stalli sociali che ne sono conseguiti.
Le più recenti ricerche europee sulla salute e l’invecchiamento rivelano che oggi
l’anziano, più dinamico, costituisce il vero “stato sociale”, essendo più ricco dell’adulto
medio, più longevo (la vita media è di 82 anni) e maggiormente autosufficiente (85% >
80 anni). Contemporaneamente però circa un terzo della popolazione superiore ai 65
anni ricorre alle cure mediche e alle lungodegenze ospedaliere. Questo dato risulta
preoccupante a causa del declino funzionale causato dall’ospedalizzazione, con
conseguenze sul piano della qualità della vita (dal 30% al 60% degli anziani
ospedalizzati perde consistenti livelli di autosufficienza rispetto al momento del
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ricovero -Rozzini, Sabatini 2000 - o rispetto a un gruppo di controllo non ospedalizzato
- Wilson, Hebert, Scherr, Dong, Leurgens & Evans, 2012).
Vegetti Finzi (2009), per contro, offre un interessante spaccato della rivincita dei nonni
di oggi, cresciuti per lo più negli anni del dopoguerra, della ripresa economica e della
modernizzazione della società, nel periodo degli sconvolgimenti sociali della
contestazione, del rovesciamento dei canoni e dei valori della tradizione.
Sociologicamente i nonni sostanziano le risorse familiari (economiche, educative,
ludiche, istruttive ed emotive) più del secolo scorso ed assistono anche a una nuova
crisi, all'eclisse degli ideali politici, alla precarietà del lavoro e della scuola, alle
riedizioni della coppia, al tumulto dei generi: i nonni sembrano costituire la solidità dei
valori interpersonali e della famiglia, ma condividono anche il rischio d’incuria sociale
ed istituzionale.
La seguente indagine mira a chiarire le dinamiche psicologiche sottostanti alla relazione
di cura con l’anziano ospedalizzato al fine di apprendere nuovi metodi di
comunicazione intergenerazionale volti al miglioramento della qualità vita soggettiva e
condivisa.
Per fra fronte al processo di invecchiamento, all’individualismo culturale e all'impatto
dell'ospedalizzazione abbiamo proposto a lungodegenti senza declino mentale di passare
il pomeriggio (un tempo centrale della giornata) in compagnia di altri pazienti
partecipando a gruppi di Photolangage©, constatando l’interesse e a volte la
partecipazione dei curanti. Il gruppo è uno strumento di legame e trattamento perché nel
momento della seduta avvia un lavoro psichico di integrazione delle parti disconnesse e
frammentate di sé, la rifondazione dell'immagine di sé in un processo di
differenziazione che trasforma il contenuto emozionale espresso dal singolo. In questo
contesto l'oggetto mediatore favorisce la trasformazione dei contenuti psichici espressi
dal soggetto. Il gruppo rappresenta anche una sorta di specchio sociale perché permette
a ogni partecipante di far fronte all'immagine che egli ha di sé e che rinvia agli altri:
attraverso questo paragone le emozioni intense nel gruppo attiveranno i processi di
scoperta e cambiamento. L'attività di gruppo a mediazione mette al centro la persona
reale, le sue relazioni significative, la sua storia (eventi presenti e futuri) in un insieme
di connessioni che ristabiliranno l'equilibrio del reale emozionale. Non è tanto con
l’altro membro del gruppo che ciascun partecipante può identificarsi o meno, ma è con
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l’immaginario che egli propone, che mette in scena, grazie all’oggetto mediatore
presentato al gruppo e all’interno del gruppo (Zurlo & Vacheret, 2008). Il gruppo
secondo Kaës (1976) è un complesso intersoggettivo che possiede una realtà psichica
propria, sotto l’effetto dell’inconscio dei soggetti che lo compongono. L’apparato
psichico gruppale permette l’articolazione dell’intrasoggettivo con le relazioni
intersoggetive. E’ un apparato di legame, di trasmissione e di elaborazione
(Belakhovsky & Joubert, 2007): durante la seduta si compie un lavoro psichico di
collegamento delle parti dell’Io in un processo di differenziazione.
Secondo Corrao (1995): il gruppo assume il ruolo di “contenitore”, ma, al tempo stesso
ed inversamente, quello di “contenuto” rispetto a ciascuno, e quindi può mantenere e
rinforzare la sua funzione connettiva così come quella riflessiva e/o restitutiva. In realtà
il gioco delle parti e del tutto, dei contenitori e del contenuto, consente a ciascuno di
uscire dal gruppo con un arricchimento qualitativo e quantitativo a carico del suo Sé
personale.
Il gruppo a mediazione è un contenitore spazio-temporale che consente un’esperienza
protomentale, crea le condizioni necessarie per poter riattivare delle interazioni precoci
e re-introduce ciò che manca al soggetto, ossia la capacità descritta da Bion come
rêverie (Allegra, 2007). Il gruppo trasforma i contenuti espressi, emozionali e non
elaborati, in contenuti elaborati e pensati. In questa stessa direzione va anche l’oggetto
mediatore, la fotografia, la quale favorisce la trasformazione dei contenuti psichici
espressi.
Il gruppo teatralizza la pluralità delle persone e dei loro equivalenti psichici nella
gruppalità intra-psichica del soggetto (Zurlo & Vacheret, 2008, p.208); inoltre è il
luogo in cui avviene tutto un dispiegamento di energie e di spinte creatrici individuali e
gruppali che sono all’origine di numerosi cambiamenti (ibidem, p. 215).
Il gruppo rimodula la temporalità interna, passato presente e pensabilità del reale,
ricostituendo gli equilibri su un piano reale ed affettivo.
L’esperienza clinica con anziani ospedalizzati è di difficile comprensione. La maggior
parte dei pazienti selezionati per lo studio è stata disponibile al dialogo e desiderosa di
nuovi incontri. Al contrario altri prendono i colloqui come un onere troppo gravoso da
sopportare in una situazione penosa e confusiva. Le persone più energiche ci hanno
dimostrato un grande respiro relazionale e la possibilità di cambiamento costante nel
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rispetto dei limiti e degli affetti interpersonali. Molti di loro hanno ancora da dare alle
famiglie, a se stessi, agli amici e alla società, percependosi in difficoltà ma attivi. In una
situazione di ospedalizzazione si sentono arrabbiati, ansiosi e frustrati al punto da
beneficiare o rifiutare le cure ricevute. Per questo motivo ci siamo resi conto di quanto
sia imponente lo sforzo di raccontarsi e ritrovarsi tramite il protocollo messo a punto in
questa situazione, e come, contemporaneamente, la condivisione del disagio possa
apportare infine un beneficio alla compliance terapeutica.
Come dice C. Vacheret (2000) “le immagini si intrecciano, si rinforzano e si cumulano
al punto da confortare il soggetto nella sua percezione o spostarlo dalla sua immagine
iniziale”.
Il poter di nuovo agganciare il corpo all’esistenza diventa in questi casi un’esperienza
fondamentale in un setting contenuto, attento alle opinioni, alle paure e alle differenti
potenzialità.
Gli studi contemporanei sull’invecchiamento mostrano come si possa avere successo
durante la terza età. Compatibilmente alla percezione di sé e della qualità di vita
condotta, l’essere umano può essere resiliente a qualunque stadio del suo sviluppo,
divenendo. Il pericolo associato al cambiamento è sicuramente un deterrente
all’indipendenza e al mantenimento dell’equilibrio psicologico, ma non va confuso con
la distruzione stessa della persona.
Per le ragioni brevemente esplicitate, potremmo socialmente non certo impedire la
fragilità di alcuni stadi della vita, ma promuovere la loro buona riuscita: ad esempio
possiamo oggi constatare come alcune ospedalizzazioni possano essere evitate o rese
più brevi e più complianti con l’aiuto del paziente; o come si possano precocemente
comprendere i fattori di rischio per la qualità della vita ed arginare le situazioni
psicologicamente più suscettibili; o ancora come si possa prevedere un profilo integrato
di cura ed assistenza includendo gli operatori sanitari, le istituzioni e la comunità in un
programma di alfabetizzazione condiviso. Migliorare l’indipendenza dell’individuo
renderebbe inoltre meno gravoso il compito dell’assistenza sanitaria, delle famiglie e
degli accompagnatori di persone tendenti alla disfatta funzionale. Eppure notiamo come
gli interventi mirino più alla sostenibilità della cura che alla salute. Coinvolgere gli
anziani attivi nella produttività comunitaria promuove l’autogestione, il benessere
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mentale e funzionale, ritardando l’invecchiamento dipendente e passivo, connettendo
esperienze e condividendole, perché no, anche con il gruppo dei pari.
Quest’indagine ci ha permesso di includere persone anziane in un progetto di vita
sociale, di ampliarne le possibilità di comunicazione, integrazione intergenerazionale e
di sviluppare nuove strategie psicologiche con cui affrontare le inevitabili difficoltà
della vita di tutti i giorni.
Le prestazioni proposte dalle istituzioni richiedono un’organizzazione che a volte manca
di una riflessione realistica sul benessere dei residenti.
Les établissements qui accueillent des personnes âgées sont axés sur la satisfaction des
besoins. Une telle optique entraîne des pratiques où la question de la demande ou du
désir n’est pas pertinente. Comment une organisation pourrait-elle d’ailleurs connaître
ce qu’il en est de la demande et du désir? Une telle prise en compte est antinomique de
l’esprit d’organisation. Elle est même impossible, car comment traiter des
problématiques subjectives au moment où leur dénouement laisse filtrer
l’incommensurable de la demande? (Herfray, 2007).
La storia della geriatria è piuttosto recente: basti pensare che nasce in Italia negli anni
‘50 sulla scorta dell’intuizione medica multidisciplinare di Marjory Warren, dello
slogan ortogeriatrico di Lionel Cosin “Bed is bad” e per i problemi demografici ed
epidemiologici annessi. Uno degli obiettivi sanitari principali è divenuto quello di
coordinare diversi livelli e stili di cura (tra ospedali, case di cura e interventi
domiciliari) per rendere efficace una long-terme cure. Per massimizzare il processo
assistenziale degli anziani, infatti, la valutazione multidimensionale geriatrica si basa su
strumenti interdisciplinari (ad esempio The Comprehensive Clinical Assessment
interRai Project è uno strumento internazionale con cui ricercatori della salute
scambiano pubblicazioni e metodi per standardizzare la più efficace pratica di
valutazione, cura e outcome di anziani lungodegenti, usando un software programmato
per migliorare l’intervento interdisciplinare), promuovendo la coordinating care (il
coinvolgimento di istituzioni, paziente e famiglia). Possiamo sforzarci di rendere le
degenze di qualunque tipo più consone alla persona con strumenti che rivalutano
l’individuo o il metodo assistenziale, eppure non tutte le strutture sono capaci di ospitare
e integrare figure professionali “intermedie”. La realtà psico-sociale delle lungodegenze
ha dei contorni piuttosto sfumati, in quanto rivela l’indigenza supportiva delle famiglie
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nell’affidare il congiunto ad esperti trattamenti (esperti del corpo, della psiche, della
relazione sociale, dell’autogestione..?), ma anche la difficoltà delle istituzioni a
garantire una serie di risposte edotte alle reali necessità del paziente e del suo entourage.
Abbiamo visitato tre diverse strutture per lungodegenti (un reparto geriatrico
ospedaliero per lungodegenze, una residenza sanitaria assistenziale e una casa di cura) e
in tutte siamo state accolte consapevolmente, rispetto alle potenzialità del nostro lavoro,
ma con una curiosità che rasentava la meraviglia. Anche il lavoro dello psicologo è
davvero recente, del resto, e può incrementare processi integrativi nel sistema di cura e
assistenza. Non ho trovato grandi differenze rispetto alla tipologia di ospiti, ma
generalmente un ospedale accoglie più anziani soli in emergenza, le RSA si occupano di
assistenza sanitaria acuta, e le case di cura convogliano gli interventi su anziani
dipendenti in un sistema di vita quotidiana. Possono variare le percentuali di patologie
acute, croniche e disabilitanti tra i sistemi sanitari e residenziali. Tutte le strutture
forniscono un holding complesso, volto a bilanciare lo stile di vita (terapia, movimento,
esami clinici, alimentazione, igiene, socializzazione) dei degenti, non sempre
avvalendosi di una consulenza psicologica, ma più spesso per supportare patologie
neurodegenerative e le famiglie o in caso di selezione del personale.
Qualità della vita geriatrica
Il termine invecchiamento indica quel complesso di modificazioni cui l’individuo va
incontro, nelle sue strutture e nelle sue funzioni, in relazione al progredire dell’età. Fino
a pochi anni fa l’anziano è stato pensionato anche da una valutazione meno
disabilitante. La revisione del concetto di invecchiamento ha permesso di ridefinire il
campo dello sviluppo in base alle differenze individuali, dell’intero arco di vita e alle
differenze culturali della generazione di riferimento (Birren 1996; Fernández-
Ballesteros, 2008), mostrando che invecchiare significa mantenere un equilibrio tra
cambiamenti bio-fisici e psico-sociali in costante interazione: la qualità della vita di un
individuo dipende infatti dall’insieme di questi aspetti.
L’anziano moderno invecchia meglio anche per l’evoluzione diagnostica e terapeutica,
oltre che per il crescente benessere sociale. Negli ultimi 60 anni, il concetto di salute,
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definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come uno stato di completo
benessere fisico, mentale e sociale, e non soltanto assenza di malattia e infermità, ha
evidenziato sia il ribaltamento delle caratteristiche demografiche, la crescita cioè
dell’età senile rispetto alle nascite nella popolazione mondiale, sial’incremento della
popolazione disabile, fragile e non autosufficiente (pari al 4,8% in Italia > 80 anni).
Questa rivalutazione sociale richiede ai governi di adoperarsi responsabilmente,
attraverso un programma di educazione alla salute, per la promozione di uno stile di vita
consono allo sviluppo di condizioni pratiche in grado di garantire ai cittadini un alto
livello di benessere.
Nella “Carta di Ottawa” (documento redatto nel 1986 durante la prima “Conferenza
internazionale per la promozione della salute”) si precisa che grazie ad un buon livello
di salute l’individuo e il gruppo devono essere in grado di identificare e sviluppare le
proprie aspirazioni, soddisfare i propri bisogni, modificare l’ambiente e di adattarvisi.
La salute va così preservata e pone le basi propulsive per ulteriori interventi,
promuovendo modifiche e un efficace adattamento all’ambiente.
In Italia la disposizione legislativa (art. 32 della Costituzione) sancisce la tutela della
salute come un fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività,
accogliendo i principi dell’ OMS (legge n. 833, 1978) in fatto di promozione della
salute, definita chiaramente fisica e psichica, sottolinea l’importanza della prevenzione
come supporto al benessere generale dell’individuo e sostiene inoltre la necessità di
formare una “moderna coscienza” di cura della salute sulla base di una adeguata
educazione del cittadino e della comunità. L’ambiente di cura deve comprendere una
pluralità di figure professionali atte a mantenere la buona salute dell’individuo.
I problemi della condizione anziana e del singolo anziano a livello personale sono
numerosi, difficilmente quantificabili e qualificabili: se si vuole affrontare la salute in
modo integrale, è necessaria una competenza multidisciplinare. Il motivo dell’eclisse
dell’infanzia è analogo alla causa dell’occultamento della vecchiaia: una società che
non tollera la vulnerabilità, così come si manifesta nel non ancora del bambino o del
non più dell’anziano, travolge il primo con la fretta di bruciare le tappe e lascia
indietro il secondo, ormai troppo lento nella corsa del progresso. Queste due età della
vita sembrano, infatti, il simbolo di qualcosa che si vorrebbe rimuovere come un
complesso di inferiorità: la realtà che l’uomo è di fondo dipendente, per cui è vano ogni
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tentativo di autosufficienza e di autopoiesi. Al massimo si arriva a tollerare la
dipendenza solo come condizione transitoria per raggiungere i propri scopi, ma non la
si accetta come una situazione ontologica propria dell’essere umano, per il quale l’aver
bisogno degli altri non comporta necessariamente un’ammissione di inferiorità.
Si sono definite le virtù della dipendenza ritenendole indispensabili anche per la
costruzione di una convivenza civile dove il valore della persona sia riconosciuto e
rispettato.
Ma in ambito assistenziale il culto della “guarigione” tende a distorcere e mal
interpretare il rapporto operatore-paziente; ancora la cura e l’assistenza non possono
essere intese solo nella dimensione fisica. Il livello assistenziale però è condizionato
anche dalla cultura sociale. Questa nuova enfasi posta sul successful aging rappresenta
certamente per alcuni aspetti un incoraggiante cambiamento nei confronti del
precedente paradigma di “declino e perdita” che ha caratterizzato l’atteggiamento
sociale. Le persone hanno il diritto di “invecchiare vivendo”, godendo, cioè, di una
qualità di vita che corrisponda al più alto livello di benessere possibile. A chi svolge la
propria attività professionale con gli anziani, si richiede di rivedere i tradizionali e
storici obiettivi della medicina, indirizzati alla guarigione del paziente. Di qui la
necessità di un’etica della cura che tenga conto di fornire un sostegno a tutti i livelli, il
dovere di supplire ai deficit, l’attenzione alla qualità della vita psicologica e spirituale,
l’attenzione cioè al mondo interiore della persona anziana e al trattamento (Petrini,
2007).
La concezione della Qualità di Vita come percezione che gli individui hanno della loro
posizione nella vita, nel contesto della cultura e dei sistemi di valori in cui vivono ed in
rapporto ai loro obiettivi, aspettative, tenore di vita ed interessi (WHO), considera la
salute in maniera globale, reinserendo al centro dell’intervento clinico e dei diritti umani
il rapporto individuo-ambiente. L’intervento psicologico clinico nelle istituzioni
medicalizzate ha il compito di promuovere, attraverso un’indagine esplorativa, lo
sviluppo delle risorse che ogni paziente può mettere in gioco per riappropriarsi di un
ruolo attivo e partecipativo sul proprio benessere e qualità di vita (Grasso, Cordella,
Pannella 2003). Promuovere una buona qualità di vita significa comprendere la
complessità dell’individuo: questo diviene un obiettivo fondamentale all’interno delle
istituzioni di cura e salute. Gli anziani, nello specifico, possono andare incontro a una
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grande insoddisfazione delle condizioni cognitive ed affettive e mostrare una iatroginia
verso le cure mediche e i servizi sociali. Secondo la letteratura, infatti,
l’ospedalizzazione prolungata ha un potenziale retroattivo sullo stato dell’umore,
riducendo la qualità della vita2.
You used to go to the doctor when you felt ill, to find out what was wrong with you and
get some medicine that would make you better. These days you are as likely to be there
because the doctor (or the nurse, the care coordinator, or even the computer) has sent
for you. Your treatment will now be dictated by the evidence, but this may well be
imprecise, equivocal, or conflicting. Your declared values and preferences may be used,
formally or informally, in a shared management decision about your illness. The
solution to your problem is unlikely to come in a bottle and may well involve a
multidisciplinary team. (Plsek, Greenhalgh, 2001).
Le conseguenze dell’invecchiamento demografico in termini di cronicizzazione delle
patologie ed aumento dei casi di non autosufficienza e disabilità medio-grave,
impongono una riorganizzazione del sistema dell’offerta assistenziale. Il fabbisogno
assistenziale degli anziani ha determinato una progressiva riduzione dei posti letto
ospedalieri per acuti a favore di quelli per la riabilitazione e lungodegenza post-acuzie.
La sfida fondamentale lanciata dal PSN consiste nel miglioramento sensibile
dell’accessibilità e della qualità dei servizi sanitari, in presenza di risorse finanziarie
reali; la riabilitazione richiede sempre un maggior impiego del personale non solo in
termini qualitativi e quantitativi, ma anche in termini di efficienza sanitaria gestionale
(appropriatezza nell’uso delle risorse cliniche verso la salute). A questo fine sono
funzionali sia il processo di definizione dei livelli essenziali di assistenza, sia il
Programma nazionale per le linee guida cliniche e i percorsi diagnostici e terapeutici.
Gli interventi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione devono ritenersi appropriati
quando contribuiscono a risolvere un problema di salute e sono basati sull’evidenza. In
generale, la condizione di appropriatezza si realizza quando viene reso il servizio
adeguato alla richiesta riabilitativa (obiettivi di qualità sono la soddisfazione dell’utente
e l’attenzione ai suoi diritti, l’uniformità di accesso alle prestazioni e qualità tecnica e
professionale, qualità organizzativa e integrazione tra servizi sanitari e sociali).
2 L'OMS (2003; 2006) stima che il 10% della popolazione mondiale ha una qualche forma di disabilità, il 20% delle persone di età >70, e il 50% delle persone di età >85. Cioè, con l'aumentare dell'età, aumenta la disabilità e, tra gli anziani (65 anni e oltre di età), si riscontra la più alta probabilità di disabilità in una popolazione in crescita (Ferucci, et al., 1996).
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Fattori personali
Attività funzionaliSalute fisica e mentale, dipendenzaAutonomiaSoddisfazione percepita
Fattori socio-
economici
Status socio-economicoRedditoPossibilità di elargire aiuto finanziario
Fattori ambientali
Fisici: strutture, comfort e sicurezzaSociali: attività sociali e ricreative, familiari
Nei momenti difficili in cui è possibile mantenere una buona qualità dell’attività, è uno
stile cognitivo dinamico e il sostegno dell'entourage che conservano, indipendentemente
da età e stato di salute, la soddisfazione e la capacità di reagire allo stress. In ospedale
migliorare la qualità di vita significa sostenere le competenze dialogiche e narrative e i
legami tra personale e pazienti conservando le difese rispetto al deterioramento
dell'umore e alla reattività agli eventi avversi.
La qualità della vita è stata misurata in generale attraverso indici socio-demografici del
benessere come il PIL, il tasso di disoccupazione o la povertà, la criminalità, i suicidi, la
violenza pubblica, la disgregazione familiare, e indici epidemiologici di mortalità,
morbilità, aspettativa di vita.
La caratteristica dimensionalità del costrutto di QoL è correlata a un insieme di
condizioni e caratteristiche individuali e sociali.
Qualità della vita (QoL) è il prodotto dell'interazione dinamica tra le condizioni esterne della vita di un individuo e le percezioni interne di tali condizioni (Browne, et al. 1994).
Un’inchiesta a persone anziane (Brown e Flynn, 2003) rivela le componenti essenziali
della qualità della vita: salute, indipendenza, reddito sufficiente, relazioni familiari e
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sociali, attività, felicità, buone condizioni di vita e di vicinato, opportunità di
apprendimento e di sviluppo, fede religiosa.
Di fatto gli indicatori che meglio definiscono la QoL sono quello fisico, sociale e
psicologico, visto il maggior impatto che hanno sul benessere dell’individuo,
dell’ambiente circostante e sulla soddisfazione percepita delle esperienze di vita (Felce
e Perry, 2005). Il livello di soddisfazione è strettamente legato al sentimento di controllo
sull’ambiente (economico, sociale, familiare e dell’attività), ma non dipende dall’età,
piuttosto dal funzionamento dipendente e dalla percezione di benessere. Questa
concezione basata sull’esperienza può descrivere il funzionamento psicologico
(Bianchetti, Grigoli, Baldini e Trabucchi, 2009) e il valore che assume all’interno della
percezione adattiva nella popolazione generale rispetto all’efficacia dell’entourage e al
precipuo stile cognitivo (Laicardi & Piperno, 1980). Essere sposati, conviventi, o single
mantiene ad esempio una migliore organizzazione rispetto agli anziani vedovi o
divorziati. Le tecniche d’indagine hanno un ruolo importantissimo nel definire il
costrutto della QoL, anche se, per quel che ci riguarda, le misure standardizzate vanno
calate nel vissuto d’invecchiamento e di ospedalizzazione, così che l’intervista clinica
può corroborare con la scelta degli strumenti appropriati (Xavier, Ferraz, Norton,
Norma e Moriguchi, 2003). Inoltre è d’obbligo indagare le definizioni culturali, la
metodologia di raccolta dei dati, il disegno e lo scopo dello studio, per approntare un
confronto realistico tra i rilevamenti.
Negli ultimi trent’anni sono stati sviluppati molti Strumenti di valutazione della Qualità
della vita questionari e self-report per misurare in modo fedele il costrutto, secondo
criteri di valutazione obiettivi e il modello ad essi sotteso. Sono state considerate cinque
principali finalità diagnostiche:
1. Le differenze individuali nel valutare la QoL;
2. L’impatto dell’intervento sociale ed ambientale sulla QoL;
3. Le esigenze di una particolare popolazione di riferimento;
4. L’efficienza del sistema sanitario;
5. Il miglioramento dell’efficacia clinica.
Nonostante l’importanza di generalizzare gli strumenti (Campbell 1981), è necessario
tenere presente le differenze di età e stato di salute nella valutazione della QoL. Di fatto,
sono state sviluppate delle misure specifiche soprattutto a partire dall’esperienza medica
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e dalle condizioni di salute croniche o post-intervento, per comprendere le condizioni
generali e individuali percepite o valutate dall’entourage e dallo staff addetto alla cura.
Inoltre è stata ampiamente dimostrata l’affidabilità test-retest del costrutto di QoL nel
valutare il profilo di cambiamento post terapeutico (Hunt et al 1981). Promuovere una
buona qualità di vita significa comprendere la complessità dell’altro e dell’ambiente
umano circostante. Gli anziani possono raggiungere alti livelli di insoddisfazione sulle
condizioni fisiche, cognitive e affettive, sui servizi sociali erogati fino ad averne una
ricaduta sullo stato dell’umore e la percezione della propria qualità di vita, in
conseguenza della percezione di disabilità e dipendenza. Le più comuni cause di
disabilità tra gli adulti più anziani sono: malattie croniche, lesioni, insufficienza
mentale, malnutrizione, malattie trasmissibili. Le principali patologie croniche di una
società che invecchia sono malattie cardiovascolari, ipertensione, ictus, diabete, cancro,
malattie polmonari ostruttive croniche, condizioni muscolo-scheletriche tra cui l'artrite e
l'osteoporosi, le condizioni di salute mentale come demenza e depressione, cecità e
ipovisione. Le lesioni possono essere causa di incidenti stradali, cadute, ferite di guerra
(McKenna et al. 2005). Alcune condizioni croniche sono particolarmente legate alla
disabilità (ictus, diabete, deficit cognitivo, artrite e disturbi della vista; Jagger et al 2007;
Andrade 2009; Mc Guire et al 2006).
È interessante notare che i tassi di soddisfazione di vita tendono ad essere elevati tra i
più anziani, nonostante il declino della salute fisica e il vissuto di disabilità. Ad
esempio, negli Stati Uniti, il 94% (Strine e al. 2008), in Cina il 78% (Appleton e Song
2008), in Canada oltre il 90 % (Statistics Canada, 2008), in Italia e in Germania il 75%
degli anziani dichiara di essere soddisfatto della qualità della vita che conduce
(Gagliardi e al. 2008; Ferring e coll. 2004, su popolazioni più anziane nei Paesi Bassi,
Lussemburgo, Italia, Austria, Regno Unito e Svezia). Questi dati ci fanno riflettere sullo
stile di vita più o meno sano condotto dalle persone (nutrizione, rischi del fumo, obesità,
livello di attività fisica) e sull’ambiente culturale (Fries 2002;. Hubert et al 2002), che
possono aiutare a prevenire malattie severe o croniche (ictus, coronariche e diabete),
legate a disabilità in età avanzata. Molti studi testimoniano i benefici dell’esercizio
fisico (Berk e al. 2006, Guralnik et al. 2003, e Spirduso e Cronin 2001, Conn e coll.
2002); la presenza di un ambiente accessibile che promuove una vita indipendente
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cultura legami individuo
come l’eliminazione degli ostacoli ambientali o il promuovere modifiche ambientali
(Iwarsson 2005; Oswald e al 2007).
Invecchiare con successo significa sapersi adattare all’ambiente sociale arricchendo le
relazioni e la percezione delle risorse emotive in case accessibili, migliorando le
prestazioni ADL3 e l’indipendenza quotidiana che limita fragilità e declino funzionale
(Mann e coll.1999) in interazione familiarità-adattamento. Per questo motivo si discute
tanto l’organizzazione terapeutica, la prevenzione e il sostegno clinico (Schwarz e Brent
1999).
La scarsa qualità dell’assistenza sanitaria, dell’alimentazione e delle condizioni di vita
sicure mettono in discussione i bassi tassi di disabilità nei paesi in via di sviluppo. Il
costrutto di QoL esprime l’individuo interattivo con l’ambiente culturale, per cui
saranno utilizzati diversi studi in base alle definizioni di disabilità, alle strategie di
raccolta dei dati, ai disegni di ricerca locali. Vi sono delle differenze di genere: le donne
sperimentano più disabilità nell'età avanzata di quanto non facciano gli uomini, ma
presentano anche un migliore spirito di adattamento sociale. Oltre alle differenze di
genere e status socio-economico, il vivere nei paesi sviluppati o in via di sviluppo e le
diverse etnie sono tra i fattori legati alla misura della disabilità vissuta in età avanzata. Il
rapporto tra disabilità e povertà non può essere troppo enfatizzato. Ad esempio, in
3 L’indice di Barthel (ADL, activities of daily living) è una scala ordinale utilizzata per misurare le prestazioni di un soggetto nelle attività della vita quotidiana (alimentazione, motilità, toilette personale..) e per monitorare i cambiamenti funzionali nei ricoverati in reparti di riabilitazione. Ad ogni item viene assegnato un punteggio di valore variabile a seconda dell'item stesso e del grado di funzionalità del paziente: piena, ridotta o nessuna funzionalità (in un continuum dipendenza-autonomia). Un punteggio globale più elevato è associato ad una maggiore probabilità di essere capace di vivere a casa con un grado di indipendenza dopo la dimissione dall'ospedale o da un reparto di lungodegenza. La scala è uno strumento di valutazione della funzione fisica e può essere meno affidabile quando si esegue la valutazione di un paziente con decadimento cognitivo. (Barthel 1965; Granger 1979 et al.).
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Inghilterra e Galles, Jagger e colleghi (2007) hanno trovato che le differenze in materia
di istruzione contribuiscono alla prevalenza della disabilità; anziani con meno di nove
anni di istruzione hanno più probabilità di avere una disabilità, indipendentemente
dalla malattia, ma pochi sono gli studi che tengono conto del dolore e della sofferenza,
della riduzione del benessere e delle strategie di fronteggiamento degli eventi stressanti.
Per esempio, è stata evidenziata una forte connessione tra disturbi cardiovascolari,
principale fattore di mortalità nel mondo, stile di vita e immagine percepita di sé
(Simoni, 2010).
In generale, i soggetti anziani presentano con maggiore frequenza dolori cronici a carico
degli apparati muscoloscheletrico, cardiovascolare e respiratorio (Bernabei e al., 2010).
Il dolore cronico causa grave compromissione fisiologica e psicologica,
compromettendo la qualità della vita (incide sulla capacità di rapportarsi al mondo
esterno e alla vita familiare, aumenta il rischio di comparsa di deficit cognitivi mnesico-
attenzionali, altera l’architettura del sonno, è associato alla perdita di autonomia fisica e
disabilità, alla comparsa di atteggiamenti depressivi che compromettono la compliance
terapeutica). Non sempre gli anziani sono fragili o disabili, la loro condizione è
fortemente influenzata da molteplici fattori e le concause che stabiliscono i termini di
malattia e disabilità vanno ricercate in un complesso interdipendente di fattori psichici e
biologici. (Laicardi & Pezzuti, 2000).
Solitamente l’invecchiamento viene collegato a una determinata fase della vita indicata
come età senile, che può esser suddivisa in due sottofasi, ossia la terza età e la quarta età
o longevità. La terza età viene collegata ai 65 anni di età mentre la quarta età intorno
agli 85 anni. L’invecchiamento implica non soltanto la diminuzione di certe strutture ma
anche la conservazione e il perfezionamento di altre. Quindi dell’invecchiamento
bisogna comprendere il gioco di regressione e progressione che influenza l’individuo. Il
senescente vede pertanto ridursi il numero, ma non necessariamente la validità delle sue
prestazioni (Cesa-Bianchi,1987). Ogni funzione si sviluppa con modalità espressive
diverse, arriva a un certo apice per poi lasciarsi superare da nuove modalità funzionali
più adattive. Dewey (1939) parla del paradosso dell’invecchiamento e della
maturazione: l’individuo può diventare biologicamente vulnerabile fino a morire, ma
contemporaneamente, quasi con la stessa progressione, può maturare in sapienza ed
esperienza. Nell’ultima fase della vita, il genere umano sviluppa le capacità di generare
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nuove strategie di progresso e di dominio sulle perdite per guadagnare informazioni ed
energie, per gestire le necessità corporee e ambientali. Anche in presenza della
riduzione di forze fisiche o di pressioni ambientali negative, alcuni individui che
invecchiano sanno contemporaneamente avvalersi della saggezza come capacità di
mettere in atto strategie di vita apprese dall’esperienza (Laicardi & Pezzuti, 2000).
La fragilità dell’individuo anziano e la sua complessità in termini di cura e riabilitazione
impongono alle istituzioni mediche una revisione dei piani di intervento. Ciò rende
necessaria una maggiore consapevolezza e attitudine all’ascolto delle reali
caratteristiche dei pazienti in termini di reciprocità.
Un ambiente ospedaliero, in cui viene sviluppata la capacità di ascolto, la cultura della
narrazione e del dialogo, la capacità di osservazione, ha la potenzialità di identificare
il soggetto vulnerabile e di predisporre un percorso appropriato per il miglioramento
della sua Qualità di Vita (Geddes da Filicaia & Alfonso, 2012).
Modelli teorici in psicogeriatria
Vi sono due modi di costruire una teoria psicologica. Il primo consiste nel raccogliere
dei fatti e trovare fattori comuni da cui dedurre leggi e generalizzazioni. Il secondo
consiste nel costruire un modello teorico ed osservare come i fatti siano in armonia con
esso, al fine di rimaneggiare il modello, se necessario (H.F.Hellenberger 1976).
In psicogeriatria il confine tra psichiatria, psicologia, ambienti medici e familiari è poco
netta, di fatti la cura richiede una collaborazione multidisciplinare. Nello specifico, la
geriatria si occupa della cura medica dell’anziano, tentando di mantenere la
funzionalità, l’autosufficienza e la qualità della vita; mentre la gerontologia identifica i
processi della senescenza, biologici, sociali e psicologici in grado di influenzare lo stato
di salute.
La pluridisciplinarietà completa l’intento biopsicosociale che considera la cura
istituzionale all’interno delle necessità mediche e sociali dell’individuo. Freud (1898;
1905) inizialmente controindicava una terapia in età avanzata per l’irrigidirsi della
personalità e dello spazio di cambiamento istintuale: la psicoanalisi non si discostava
dal modello organicistico, basato sul deficit, della tradizione medica, nonostante
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l’influsso di Abraham, Ferenczi e Jung. Successivamente al proprio vissuto di malattia,
nel 1921, in Al di là del principio di piacere (1920), il testo introduttivo della pulsione
di morte, Freud introduce la supremazia del principio di piacere sui processi psichici,
rivalutando il senso psicologico dell’angoscia e della dinamica Eros-Thanatos. La
vecchiaia aspira alla pace, a ridurre la tensione e a raggiungere la calma. Come un
progressivo deterioramento del corpo, rallentamento dell’eccitazione, grave rottura,
dolore, la vecchiaia è il culmine degli obiettivi della pulsione di morte. Il ritorno
all’attaccamento primario, l'aspirazione a tornare nulla sono manifestazioni della
prevalenza di Thanatos. Tuttavia, questo movimento regressivo e disintegrante è
inseparabile da Eros, la funzione oggettualizzante, il valore di collegamento, attraverso
il processo di riparazione e sublimazione che integra passato e presente.
La vecchiaia richiede riqualificazione e la rielaborazione della posizione depressiva
infantile, attraverso un doppio lutto anticipato e il movimento parziale del sé, una certa
accettazione e rassegnazione delle perdite subite e future, e il mantenimento attivo di
investimenti libidici, narcisistici e oggettuali. Così il lavoro dell’umanità, come parte del
processo di lutto, gira fra un movimento di disinvestimento narcisistico e attaccamento
alla vita. Questo lavorìo può iniziare con la crisi di mezz’età, quando le perdite
oggettuali e la contrazione delle opportunità future mettono a dura prova i principi di
piacere, desiderio e onnipotenza infantile. Come periodo propizio per il ritorno del
rimosso, la vecchiaia riflette l’aggiornamento dei conflitti edipici (Herfray, 2007).
In Inibizione, sintomo e angoscia (1926), Freud ripropone una versione della
maturazione dell’angoscia. La minaccia narcisistica della tarda età, compromette la
coesione di sé, aumenta i rischi di scissione istintuale, alimentati da contributi oggettuali
libidicamente investiti in modo insufficiente, porta alla malinconia, ma anche a forme
patologiche di invecchiamento. Di fronte alla realtà che si muove attraverso le prove del
corpo e del dolore, l'equilibrio sarà mantenuto quando una parte del Super-io, erede di
genitori protettivi, per garantire l'opportunità di credere ancora nell’immortalità, cede il
passo alla sublimazione. L'apparato psichico sarebbe infatti preda di un conflitto di
finitezza che impone sulla scena mentale i contorni dell'identità di genere, contro la
sensazione predominante negli anziani (ma anche in tutte le trasformazioni corporee che
coinvolgono il soggetto in una temporalità segnata dalla finitezza – pubertà, dolore
infantile, gravidanza, menopausa...), che inserisce nelle rappresentazioni psichiche un
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limite a detrimento delle fantasie di immortalità. La paura della morte può essere
concepita come un rinnovato lavoro di castrazione, di abbandono dalla funzione
genitoriale, e di esclusione dall’orda, tardivamente sviluppata e appoggiata ai modelli
sociali (tanto che richiede nuovi processi di separazione e differenziazione). Ma per
superare la pressione della realtà sul corpo, al contrario del periodo adolescenziale e
infantile, ora sono i figli ad essere investiti in uno spostamento oggettuale, grazie anche
allo stato di dipendenza in cui vive il genitore anziano. Di fronte al tremolio del mondo
interno, alla paura del crollo, la ridotta capacità di sublimare e sognare si appoggiano
alle competenze falliche dei figli (Freud, 1926).
Alexander insiste molto sull’opportunità di adattare la cura ai pazienti, rinforzando il sé.
Segal dimostra come un paziente anziano possa raggiungere un reale senso di maturità
in analisi. Negli U.S.A. Zinberg (1964) fornisce la prova scientifica delle tendenze alla
riorganizzazione di una mente adulta con il passare degli anni. In Francia Balier (1979)
propone un concetto di invecchiamento inseparabile dal mantenimento dell’economia
narcisistica: l’isolamento affettivo e il poco tempo a disposizione limitano le possibilità
individuali e si pongono come un attacco al corpo e al sè, piuttosto che rilanciare
l’equilibrio tra investimento e disinvestimento libidico.
Le vieillissement apparaît comme une antinomie entre investissement narcissique de la
personne et désinvestissement destructeur, situé à la confluence de facteurs biologiques,
psychologiques et d'environnement4.
La crisi di senescenza porta a proteste aggressive verso le soluzioni d’aiuto
dell’entourage e a conseguenti vissuti abbandonici, paranoidi e depressivi (morte
psichica, apatia, passivizzazione, sintomi nevrotici), per cui il disinvestimento del corpo
porta anche al ritiro sociale. L’ideale dell’io è retroattivo (Abraham 1986), ha bisogno
di riconoscere il proprio valore basandosi sullo stato somatopsichico e sulle relazioni
sociali e familiari, secondo l’attività psichica pregenitale e la pulsione di morte.
Traslando Klein (1952) potremmo affermare che il superamento della posizione
depressiva e delle angosce infantili potrà esistere solo in presenza di una riparazione e
permanenza dell’oggetto buono dentro sé, possibile attraverso un meccanismo di
simbolizzazione creativa che restaura gli oggetti buoni perduti (l’identificazione
proiettiva e introiettiva può essere riscoperta in seno al gruppo d’appartenenza per
4 Ibidem.
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ovviare agli stati depressivi e persecutori contro le pulsioni tanatiche). Le angosce che
nascono all’interno del corpo manifestano tutto il potenziale ipocondriaco (Rosenfeld,
1976), come in adolescenza, di un sé scisso e per questo bisogno di ritrovare una
relazione dipendente abbiamo l’impressione di essere idealizzati dagli anziani. Segal
(1958) considera l’idealizzazione di un anziano come il solo contenimento alla paura
persecutoria della morte e alla sofferenza intollerabile. La perdita di autonomia crea un
substrato di precarietà umiliante soprattutto quando la capacità d’amare e di riparare
viene meno, fino al raggiungimento di una disgregazione fisiologica (come nel caso
delle demenze senili) o delirante. Da questo punto di vista, creare un ambiente
contenitivo e materno, come quello psicoanalitico, e un campo gruppale a sostegno di
sé, giustifica l’intervento psicologico in terza età e soprattutto nei momenti di scarso
appoggio familiare e sociale. Invecchiare può essere un’occasione per trasformare il
proprio desiderato adattamento alla vita e anche il destino della morte, ma non tutti
riescono ad elaborare la perdita in maniera nuova e non riedita e depauperante. Il
personale di cura spesso finisce per comportarsi nella stessa maniera ansiosa e disperata
del paziente, addebitando le difficoltà alla vecchiaia. L’invecchiamento psichico è una
crescita inversa che si mantiene a partire da un fantasma di eternità narcisistica contro i
limiti cui si va inesorabilmente incontro a partire dalla crisi di mezz’età, quando avviene
il distacco libidico genitale dal desiderio, contribuendo alla crisi dell’immagine di sé.
Una prova di realtà sostenuta dal corporeo spezza l’illusione del futuro, come in un
processo di castrazione simbolica in cui l’Io e l’Es si contraggono in un tempo
indefinito.
Gérard Le Goues formula uno scarto cronologico e qualitativo tra gradi di
invecchiamento, che differenzia le risorse psichiche individuali per l’indicazione al
trattamento :
1. L’uomo di mezza età di solito comincia a percepire il tempo a termine, ma ancora si
dibatte tra il lavoro e gli obiettivi acquisiti. In questa condizione si mettono in atto
alcuni meccanismi di difesa come la negazione o il diniego e la rimozione.
2. L’anziano invece perde i suoi investimenti sublimatori e li rimpiazza con l’essere
nonno, ad esempio, ma senza perdere la propria autonomia. Questo periodo di
maturità è vissuto serenamente, con la riduzione delle tensioni psichiche, la
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riorganizzazione della produttività mentale e l’aumento della solidarietà sociale e
familiare.
3. L’anziano fragile perde buona parte della funzionalità fisica e mentale, si aggira
intorno agli 80 anni, è dipendente dal contesto sociale e familiare, ma non perde la
capacità di mantenere attive le possibilità intellettive ingaggiando quel patrimonio
di conoscenze ed esperienze acquisite con l’esperienza.
4. L’anziano malato ha una condizione fisica a cui si aggrappa fortemente tutta
l’esistenza (circa il 20% della popolazione).
Tra questi tipi psicologici, le prime due categorie mostrano un grande potenziale
psichico e una normale capacità di adesione al trattamento. Gli altri due tipi avranno
bisogno di una riconsiderazione ad hoc dell’intervento clinico, basata sul contenimento
presente e in grado di rivalutare le risposte categoriche alla sofferenza. L’anziano può
facilmente riattivare conflitti passati e riscoprirsi secondo una prospettiva genetica
oppure beneficiare di un approccio strutturale alle tendenze psicosomatiche, seguendo
un iter potenzialmente interminabile, ma che apporta risvolti significativi sul processo
stesso del pensiero quotidiano. Infatti le ferite narcisistiche dell’invecchiamento tendono
all’idealizzazione/svalutazione della giovinezza passata e delle nuove generazioni, così
che lo psicologo possa ritrovare il materiale stesso del cambiamento di prospettiva, nel
momento attuale e calato nella cultura giovanile. In questo modo osserviamo la
complessità in un breve incontro, interrotto e corredato dagli astanti dei luoghi di cura,
che autorizza le incursioni guidate al mondo interno del paziente e riconsidera
contemporaneamente la legittimità del mondo esterno.
Erikson (1999) definisce la saggezza come consapevole e distaccato interesse per la
vita stessa, anche di fronte alla stessa morte, collegata al raggiungimento dell’integrità
dell’Io nell’ultima fase dello sviluppo psico-sociale5. Egli ha molto insistito sui processi
identificatori nei diversi cicli della vita. Fin dall'infanzia, dobbiamo affrontare il
problema dell'alterazione in un processo doloroso. La maggior parte delle ricerche che
studiano l'adattamento all'invecchiamento e l'equilibrio psicologico degli anziani
insistono sul ruolo della personalità (l’anziano in erba è ancora genitore e occupato,
forse attende di essere nonno e pensionato, ma qualche anno più tardi può riscoprirsi
5 L’ottava fase della teoria di sviluppo psico-sociale è quella dell’integrità/disperazione che viene collocata dai 60 anni in poi. In questo periodo l’individuo si trova a fare un bilancio della propria vita tra soddisfazione, senso di coerenza e completezza, e rimpianto disperazione, senso di stagnazione.
24
socialmente futile, privo di legami rinnovabili e degli strumenti adatti a ridipingersi in
un ambiente mutevole). Le crisi della senescenza si distinguono soprattutto per la loro
intensità, tanto che si potrebbero paragonare alle crisi della prima infanzia e
dell'adolescenza: a me piace pensare a un terzo processo di separazione-
individuazione, in cui le caratteristiche critiche e dolorose sono la perdita dell'immagine
di sé (che implica un processo di lutto e ristrutturazione) e il significato, l'ideale dell'io,
veicolato dal mito personale e collettivo. L'elaborazione del lutto può avvenire solo
attraverso la formazione di un nuovo linguaggio personale. Come per le crisi
adolescenziali manca un discorso sociale sull'invecchiamento al posto di un vuoto
simbolico, legato in parte al fatto che tale situazione è relativamente nuova per la nostra
società (anticamente gli anziani attivi venivano letteralmente venerati, ma il tasso di
sopravvivenza era molto inferiore), in parte anche ad una povertà simbolica e un
eccesso di ‘indifferenza’, a un'elusione del problema del senso che provoca un
ripiegamento narcisistico sul corpo (la faccia oscura dell’immagine camuffata dal
consumismo e non dalla produttività). Per questo motivo la risposta offerta alle
inquietudini e alle domande delle persone psicologicamente più fragili e del loro
entourage, è molto spesso un contenimento medico- istituzionale. Ma è pur sempre un
veicolo culturale se si è disposti a comprendere la crescita come tale, piuttosto che come
una serie di limitazioni e vincoli alla curiosità e alla stabilità emotiva e sociale. Un
progetto di cura dovrebbe prevedere la rianimazione psichica che l’anziano cerca nella
gioventù e nei rapporti amicali. Riattivare il ruolo sociale permette di trasmette senza
avere la sensazione di dissipare il proprio tempo con il lutto della libertà/perdita di senso
che si attiva con il progredire dell’esiguità relazionale. Perdere la condizione lavorativa
non mette in scacco la socialità, ma la differenzia e l’arricchisce. Un grande adulto è
infatti posseduto dal piacere di condividere e trasmettere saperi affettivi, di rivedersi
curioso nelle scoperte dei bambini e nei primi amori dei giovani, di contenere gli affetti
familiari per prendersi cura sentimentalmente ed autenticamente del tempo tramite i
legami sociali (elementi identificatori che riattivano la vitalità e l’unicità). Comunicare
con i nonni permette di rivedere nuove chiavi di senso nel passato attraverso le
generazioni future, restituendo una possibilità a ciò che duole e una svolta a ciò che
congela le dinamiche interiori. Lavorare con persone anziane significa anche
confrontarsi con la dualità pulsionale di vita e di morte, sovente in conflitto, ma risentire
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Anziani in Istituzione
Curare regolarmente gli scambi con
l’anziano, il personale e i
familiari.
Facilitare l’adattamento in
istituzione considerando il
progetto di cura e di vita.
Preservare la continuità dei
legami, favorendo il dialogo, la
comunicazione tra coetanei e
l’apertura verso il modo esterno.
Privilegiare le richieste dei
pazienti rispettando i loro desideri, creando
uno spazio d’espressione individuale e collettiva.
del mondo esterno può essere fonte di piacere quando comprendiamo l’influsso
dell’istinto di conservazione come condivisibile e realizzabile. Invecchiare ci costringe
a riesaminare la condizione umana e la sua specificità simbolica, tendendo a
salvaguardare il piacere e il desiderio.
L’obiettivo fondamentale nei luoghi di cura per anziani è prevedere un tipo di
animazione adeguato alla persona. Nel caso specifico della ricerca, ci siamo confrontati
con persone psicologicamente reattive e in grado di sostenere il dialogo, accogliendo
anche le richieste specifiche in un momento di fragilità. I partecipanti allo studio hanno
evidenziato che l’incuria comunicativa, oltre alle emergenze sanitarie concrete, rende di
gran lunga più penosa la degenza. Alcuni obiettivi per migliorare la qualità di vita
durante l’ospedalizzazione, tenendo presenti le esperienze relazionali all’interno delle
cliniche, potrebbero essere così sintetizzati:
II. Questioni metodologiche
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Molte ricerche psicoanalitiche hanno valutato l’efficacia del transfert, dell’insight o
della rimozione (da Freud e Rosensnzweig a Luborsky, 2000; Clarkin, 2000),
verificando empiricamente le osservazioni e mostrando che le evidenze del
miglioramento terapeutico possono essere addebitate al processo terapeutico e
all’alleanza di lavoro, indipendentemente dalla tecnica utilizzata (Wallerstein 1986).
Oltretutto molte ricerche rivelano che interventi esplorativi e supportivi oscillanti
promuovono un atteggiamento aperto e maggiori capacità autoanalitiche (ad esempio la
psicoterapia basata sulla mentalizzazione- MBT- Fonagy 2004, 2010): alcuni interventi
possono avere efficacia maggiore per alcuni pazienti e il good outcome si stabilisce in
base alle capacità di comunicazione produttiva, riflessione sull’esperienza vissuta e
organizzazione di piani futuri, alle capacità di associare fatti onirici e biografici
(Lingiardi et al. 2011; Gazzillo et al.2012).
Una delle critiche mosse agli studi metodologici in psicoterapia, come quelli
randomizzati e con gruppi di controllo, è che essi si concentrano sui dati quantitativi
generalizzati, piuttosto che esaminare i fattori qualitativi che influiscono sull’esito e sul
processo, senza fornire delle spiegazioni causali sufficienti alla comprensione delle
modifiche generate dall’intervento (Elliott, 2011). Sia da un punto di vista umano non
governabile, quale la consapevolezza delle diversità individuali del comportamento, sia
per un processo di apprendimento del ricercatore stesso, lo studio dei casi sperimentali
deve fornire, necessariamente e con dovizia di particolari, una ricchezza descrittiva
della realtà e dei fenomeni che portano ai cambiamenti esperienziali dipendenti dal
contesto di ricerca adeguato alle scienze sociali (Flyvbjerg, 2006). In questo senso
bisogna rendere morbida la capacità osservativa del ricercatore rispetto alla regola
assoluta, per abbracciare una maggiore complessità e un maggiore livello di astrazione
teorica. Nel campo della ricerca sociale è possibile utilizzare semplici analisi descrittive
e non parametriche per consentire al lettore di trarre le proprie conclusioni sull’esito dei
trattamenti: la ripetibilità metodologica assicura poi la possibilità di costruire un
database numericamente maggiore per generare anche inferenze statistiche. Sono
proprio le osservazioni che ci permettono di costruire la nostra teoria sul caso di studio
(Stiles, 2007), mentre il controllo di un gran numero di variabili sperimentali, il criterio
di inclusione ed esclusione dei casi, il rigore del disegno sperimentale ci consente di
mantenere una certa stabilità interna del campo d’indagine.
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Il campionamento casuale permette di studiare un gruppo abbastanza rappresentativo
(casi estremi, critici e tipici) per generalizzare i risultati. Inoltre la presenza di un gruppo
di controllo stimola il confronto dei risultati ed evidenzia le variabili che hanno
influenzato maggiormente i risultati. Il ricercatore deve essere inoltre sottoposto al
vaglio critico sul metodo utilizzato per lo studio tramite supervisione dei casi, in modo
da ampliare le interpretazioni possibili e arricchire la competenza specifica basata sulle
evidenze cliniche (Elliott, 2002; Iwakabe e Gazzola, del 2009; McLeod, 2010). In
bibliografia esistono molti disegni di ricerca sulla qualità della vita in età geriatrica che
hanno selezionato sia un gruppo clinico che un gruppo di controllo (n=30) e i casi
assegnati casualmente (n=17) (Cook, 1991, 1998; Ronnberg, 1998; Haight et al., 2000;
Chin et al., 2004; Bruyere et al., 2005; Colombo et al., 2006; Nijs et al., 2006; Kerse et
al., 2008; Peri et al., 2008; Yuen et al., 2008; Deschamps et al., 2009; Resnick et al.,
2009; Cakar et al., 2010; Conradsson et al., 2010; Tse, 2010; Tse et al., 2010).
Inoltre i dati sono stati rilevati all’inizio dello studio e subito dopo o durante
l’intervento (Cook, 1991, 1998; Ronnberg, 1998; Chin et al., 2004; Boumans et al.,
2005; Bruyere et al., 2005; Colombo et al., 2006; Nijs et al., 2006; Kane et al., 2007;
Lee et al., 2007; Chang et al., 2008; Peri et al., 2008; Deschamps et al., 2009; Lee et al.,
2009; Resnick et al., 2009; Cakar et al., 2010; Justine and Hamid, 2010; Lee et al.,
2010; Tse, 2010; Tse et al., 2010). Il metodo che utilizza da un lato la casualità e
dall’altro l’immediatezza dei rilevamenti assicura, come in questo disegno di ricerca,
una maggiore validità dello studio sperimentale e della verifica di ipotesi.
Kazdin (1981) ha individuato una serie di caratteristiche utili a fini di ricerca che ci
consentono di generalizzare ragionevolmente i dati: l’uso di misure affidabili, la
ripetibilità delle misurazioni prescelte rispetto all’ipotesi di partenza; la valutazione
della stabilità sintomatica dei partecipanti prima e dopo la sperimentazione per
verificare se la remissione è avvenuta spontaneamente e la replicabilità con più casi;
l’uso di misure di outcome precedentemente validate; la valutazione clinica (dati
processuali, trascrizione, intervista..).
Se è vero che la conoscenza corrisponde alla capacità di agire efficacemente in un
contesto specifico (Mc Leod, 2010), il ricercatore dovrà domandarsi quanto è stata
efficace la procedura utilizzata e in che modo i risultati siano dovuti alla
sperimentazione; come può intendersi teoricamente il processo attivato, anche in base
28
alle esperienze precedenti; quale metodo lo psicologo può avere introdotto per
contribuire al cambiamento rispetto al gruppo osservato e cosa dovrebbe essere
modificato; qual è il punto di vista dei partecipanti rispetto alla collaborazione; quali
sono le limitazioni dell’ambiente di lavoro e quale il loro impatto sull’organizzazione
iniziale.
Certamente contribuirà a una buona ricerca anche l’apprendimento strumentale
pedissequo, seppure sia auspicabile uno strabismo metodologico finalizzato
all’adattamento esperienziale e all’esame critico delle circostanze ‘impure’.
Disegno di ricerca
Il disegno di ricerca riguarda la progettazione dello studio sul piano temporale e della
somministrazione dei trattamenti, al fine di rilevare le dimensioni più importanti da
valutare, mantenendo una discreta validità interna.
Il progetto intende esplorare la qualità della vita dell’anziano ospedalizzato e
individuare il Photolangage© come una strategia psicologica di gruppo per migliorarla.
Certamente lo studio introduce un protocollo di notevole interesse per ampliare il
benessere soggettivo dell’anziano ricoverato: il dispositivo-spazio di cura potrebbe
stimolare il funzionamento psichico tendente alla destrutturazione dell’anziano,
ampliando le connessioni, la creatività, il pensiero, e donando slancio al radicamento
nella propria vita e nel proprio passato, con la possibilità di accettare di continuare ad
alimentare il piacere e il desiderio.
Il progetto si propone due obiettivi specifici e interconnessi:
1. esplorare e valutare la qualità della vita per l’anziano lungodegente;
2. verificare l’efficacia del Photolangage© nel migliorare la qualità della vita negli
anziani ricoverati.
Lo studio clinico si basa su un disegno di ricerca sperimentale di tipo caso-controllo.
Dopo aver fatto una prima selezione dei pazienti, seguendo alcuni criteri diagnostici
(assenza di demenza, psicopatologie strutturate, uso di sostanze psicotrope o alcol),
cronologici (età ≥ 65 anni), e di livello cognitivo (CPM Raven>5˚centile; MMSE ≥24),
è stato somministrato il protocollo in entrata, seguito dalla corrispondente valutazione.
29
Il momento successivo è scandito dalla selezione random di alcuni pazienti come
partecipanti della tecnica di gruppo a mediazione e dallo sviluppo di tre sessioni di
gruppo nell’arco di 10 o 14 giorni. Alla fine delle sedute è stato somministrato un breve
questionario di customer satisfaction (SEQ-5) per valutare come il paziente ha vissuto
l’esperienza di gruppo e correggere eventuali inesattezze o errori, contribuendo come
indicatore di qualità. Alla fine è stato effettuato il re-test sulla QoL e lo stato psicologico
per valutare gli effetti del trattamento e procedere all'analisi statistica.
I possibili effetti di selezione, regressione e mortalità6 sono controllati dalla
randomizzazione, mantenendo la validità interna dello studio e le possibilità di inferenza
causale.
Tra il 2012 e il 2014 sono stati osservati tutti gli anziani ricoverati presso la U.O. di
Medicina Interna e Geriatria dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “P.
Giaccone”, Università degli Studi di Palermo, Responsabile il Prof. Mario Barbagallo.
In seguito sono state visitate due strutture residenziali per anziani al fine di promuovere
un confronto tra lungodegenze diverse (Casa di cura IPAB “Principe di Palagonia e
Conte Ventimiglia” Direttore pro-tempore Dott. M. Mannone e l’Istituto Geriatrico
Siciliano, Direttore Generale Dott. F. G. Franchina).
L’analisi statistica descrittiva, parametrica e non parametrica permette di esplorare il
livello di benessere soggettivo di ogni soggetto, l’effetto del ricovero e l’effetto della
tecnica di gruppo a mediazione adoperata con le possibili ricadute sulla qualità della
vita. L’animazione dei gruppi a mediazione è stata affidata a psicologi clinici con
formazione gruppale e competenti in psicodiagnostica, supervisionati pedissequamente
da psicoterapeuti di gruppo. La tecnica utilizzata e la sua applicazione clinico-
metodologica sono state coordinate anche da un tutor di ricerca lionese (Prof.. Joubert e
il gruppo di ricerca della scuola di dottorato in Psicologia EPIC).
Ogni ciclo di somministrazione ed animazione dei gruppi si ripete mensilmente,
considerando una degenza minima di venti giorni per le persone ospedalizzate e tenendo
presente il periodo critico indicato dagli strumenti di valutazione.
Azioni I II III IV V
6 Le cause più comuni di minaccia alla validità interna sono la tendenza dei partecipanti a regredire verso la media per somministrazioni ripetute, l’effetto di selezione dei casi, che può essere controllato mediante randomizzazione e l’effetto mortalità che non può essere previsto o evitato (ad esempio le dimissioni del paziente).
30
Applicazione del protocollo in entrata X
Formazione dei gruppi X
Sviluppo dei gruppi di Photolangage© X
Applicazione del protocollo in uscita X
Analisi statistica X
Estraendo casualmente la metà degli intervistati abbiamo mantenuto un campione
probabilistico su cui effettuare un’analisi del livello di significatività statistica α e
comprendere l’influenza della variabile indipendente su quella dipendente, procedendo
alla verifica delle ipotesi in un contesto deduttivo-giustificativo del criterio stabilito
(l’evolversi del livello di simbolizzazione e il contemporaneo miglioramento
terapeutico) dal disegno di ricerca. In seguito alle analisi descrittive (analisi degli indici
di misura centrale, della forma della distribuzione, della variabilità assunta dalle
misurazioni) e non parametriche, è stato possibile utilizzare il test T di Student per
determinare la significatività delle differenze tra due gruppi indipendenti sottoposti a
differenti trattamenti e verificare se appartengono ragionevolmente alla stessa
popolazione. L’analisi qualitativa dei colloqui ha permesso di dedurre una scala
contenutistica e una griglia tematica per la terza età, sia a fini esplorativi e descrittivi,
sia per la messa in opera di un dossier specifico di Photolangage©.
Strumenti
Durante le prime visite esplorative con medici e neuropsicologi, abbiamo avuto
l’occasione di reclutare i partecipanti e invitarli al colloquio clinico e anamnestico,
31
previo consenso informato per la collaborazione e il trattamento dei dati personali, sotto
la normativa della privacy. Di seguito gli strumenti utilizzati.
Satisfaction Profile (Majani & Callegari, 1998)
Uno strumento utile per rilevare il profilo di soddisfazione del soggetto è il SAT-P,
SATISFACTION PROFILE (Majani & Callegari, 1998), nato nell’ambito della
psicologia della salute. Esso viene frequentemente utilizzato in ambito ospedaliero,
poiché la soddisfazione percettiva dal paziente è un criterio di valutazione
indispensabile per la realizzazione di interventi terapeutici efficaci. Questo strumento è
composto da 32 item relativi ad alcuni aspetti della vita quotidiana (sonno,
alimentazione, attività fisica, attività sessuale, stato emozionale, abilità di coping,
risorse cognitive, lavoro, tempo libero, vita relazionale e situazione economica) e per
ciascun dominio il paziente è invitato ad esprimere il proprio livello di soddisfazione
nell’arco dell’ultimo mese; viene richiesto di tracciare un piccolo segmento
perpendicolare a quello compreso tra due estremi semanticamente definiti, a sinistra il
polo “totalmente insoddisfatto” e a destra “totalmente soddisfatto”, per indicare il grado
di soddisfazione che si connette all’ambito indagato; il range di punteggio va da 0
(totale insoddisfazione) a 100 (totale soddisfazione). Per lo scoring è stata scelta la
versione a 5 criteri in modo da ottenere un profilo articolato del paziente e della sua
Qualità della Vita. I cinque fattori presi in esame sono: 1) funzionalità psicologica; 2)
funzionalità fisica; 3) lavoro; 4) sonno, alimentazione, tempo libero; 5) funzionalità
sociale. Si tratta di uno strumento di semplice utilizzo validato in Italia e con norme
statistiche solide. La compilazione del questionario non prevede limiti di tempo,
solitamente il soggetto impiega 15 minuti.
Profile of Mood State (POMS, McNair D.M., Lorr M., Droppleman L.F., 1991)
Il POMS è un questionario semplice e rapido per identificare e quantificare gli stati
affettivi. Bisogna scegliere l’intensità con cui si risente di un particolare stato
dell’umore nell’ultima settimana, tenendo conto di una scala likert a cinque punti (0 =
per nulla, 1 = un poco, 2 = una via di mezzo, 3 = molto, 4 = moltissimo). Il riferimento
a una settimana è utile per studiare un lasso di tempo che sia abbastanza lungo per avere
un’idea delle reazioni tipiche del soggetto alle varie condizioni di vita e abbastanza
32
breve per valutare i risultati a breve termine di un trattamento. La somministrazione
richiede circa 10 minuti. Tale strumento è composto da 58 aggettivi e locuzioni
attributive (ad esempio: teso, arrabbiato, stressato, infelice e così via) che definiscono
sei differenti fattori: Tensione - Ansia (Fattore T); Depressione - Avvilimento (Fattore
D); Aggressività -Rabbia (Fattore A); Vigore - Attività (Fattore V); Stanchezza -
Indolenza (Fattore S); Confusione - Sconcerto (Fattore C). Il fattore T è costituito da 9
item che descrivono un aumento di tensione dei muscoli scheletrici, tensione somatica
non osservabile dall’esterno o con manifestazioni psicomotorie visibili e stati di ansia
diffusa. Il fattore D è composto da 15 item ed indica uno stato depressivo e un senso di
inadeguatezza personale. Il fattore A è caratterizzato da 12 item che designano un
umore di rabbia e insofferenza verso gli altri. Il fattore V è formato da 8 item che
riguardano l’esuberanza e l’energia. Il fattore S consta di 7 item e rappresenta un umore
contrassegnato da noia, indolenza e scarsa energia. Infine il fattore C è costituito da 7
item che esprimono sconcerto e turbamento. Per ottenere il punteggio di ciascuno dei sei
fattori si sommano i punteggi delle risposte date ai singoli item ai quali si assegnato 0,
1, 2, 3, 4 punti secondo quanto segnato dal paziente (fanno eccezione due termini che
vanno invertiti nell’assegnazione del punteggio). Sommando i punteggi ottenuti dai sei
fattori (fattore Vigore-Attività con segno negativo) si ottiene un punteggio totale dei
disturbi dell’umore. Questi sei fattori si dimostrano particolarmente utili per valutare lo
stato psichico attuale dei pazienti e per misurarne le risposte ai vari approcci terapeutici.
Si tratta di uno strumento raccomandabile per misurare gli stati dell’umore in soggetti
nevrotici o in condizioni di stress, quali la condizione ospedaliera.
Coloured Progressive Matrices (John C. Raven, 1981, tr. it. 1996)
Le Matrici Progressive (1947) sono un test per la misurazione delle abilità mentali non
legate a capacità verbali, utili per la misurazione del “fattore g”, ossia l’intelligenza
fluida e analitica. Sono state elaborate per essere applicabili a una vasta utenza: persone
di qualsiasi età, indipendentemente dal livello culturale; persone con gravi deficit
cognitivi (ritardo mentale e demenze); persone che presentano deficit di comprensione e
produzione verbale, stranieri che non possono essere valutati con misure validate in
campo nazionale. Il compito è quello di scegliere fra sei alternative, dette matrici, quella
che coincide o completa logicamente il modello presentato nella parte superiore di ogni
33
pagina, nel caso in cui il test sia presentato sotto forma di disegni illustrati presentati su
di un quaderno (esiste una versione più concreta, sotto forma di tavole a incastro e pezzi
mobili). Il tempo di somministrazione può variare da 20 a 45 minuti. Le figure modello
comprendono dei motivi grafici che si modificano da sinistra a destra secondo una certa
logica, e dall’alto verso il basso secondo un’altra: il soggetto deve comprendere queste
logiche e farsi guidare da esse per giungere alla conclusione corretta. Il test richiede,
dunque, di analizzare, costruire e integrare fra loro una serie di concetti. Delle tre forme
di Matrici Progressive, abbiamo utilizzato la forma colorata composta da 36 matrici o
figure, raggruppate in tre serie (A, Ab, B) di dodici item ciascuna (di difficoltà crescente)
che richiedono la soluzione di problemi visuo-spaziali, implicanti processi di pensiero
percettivo-analogico e logico-astratto. Si possono individuare quattro categorie di errori
possibili nell'esecuzione delle CPM (Raven, Raven, & Court, 1998):
Differenze (D), consiste nella scelta di una figura completamente diversa e irrilevante
rispetto al target (es. item A1: figura 1, 2, 3 e 5);
Inadeguata Individuazione (II), scelta di una figura che combina elementi irrilevanti o
risulta contaminata da elementi irrilevanti o distorti (es. item AB1: figura 1);
Ripetizione di una Figura (RF), scelta di una figura che riproduce parzialmente lo
schema della figura-target e che è o immediatamente adiacente al target oppure vicina a
una figura immediatamente adiacente (es. item A8: figure 1, 3 e 6);
Correlazione Incompleta (IC) o Incompleta Individuazione, scelta di una figura che
individua correttamente il pattern del target ma orientato in modo scorretto o incompleto
(es. item B10: figura 4). Al termine della somministrazione si calcola il numero di
risposte esatte e si fa corrispondere il livello intellettivo al centile della tabella di
conversione per età.
Punteggi Livello di intelligenza25° - 75° centile medio<5° centile gravemente carente>95° centile eccezionale
In questo modo è possibile collocare il soggetto all’interno di uno dei seguenti gruppi:
Gruppo I: soggetto di intelligenza superiore;
Gruppo II: soggetto intelligente, nettamente al di sopra della media;
Gruppo III: soggetto di intelligenza media;
Gruppo IV: soggetto di intelligenza nettamente al di sotto della media;
34
Gruppo V: soggetto debole.
Durante la prova è possibile effettuare un’analisi qualitativa delle risposte,
soffermandosi sugli errori commessi, sul ragionamento e sul metodo d’indagine
utilizzato, per individuare in quale area il soggetto presenta le difficoltà più significative
e se queste sono espressione di un particolare disagio. La soluzione delle diverse forme
delle Matrici di Raven può coinvolgere meccanismi e processi cognitivi fondamentali
per il funzionamento cognitivo, quali velocità di elaborazione dell’informazione,
attenzione controllata, memoria, ragionamento logico, percezione visuo-spaziale etc.
Photolangage©
Questa tecnica (Baptiste, Belisle 1965) comprende delle collezioni di fotografie per
comunicare in gruppo e facilitare l’ascolto. Il Photolangage© è un metodo
psicoanalitico di gruppo a mediazione, che utilizza dei dossier tematici di 48 foto
ciascuno come transito alla rêverie di gruppo. La foto evoca delle emergenze inconsce e
le attrae sull’immagine, tramite un processo primario, che viene in un secondo momento
discussa sia dal singolo, sia dagli altri partecipanti, in un gioco transizionale volto alla
trasformazione dei fatti scelti e guidati e alla simbolizzazione di esperienze emotive
(secondarizzazione e processo terziario). Il conduttore e l’osservatore mantengono una
posizione partecipante. Il frutto di tutti gli scambi alla fine permette un ulteriore lavoro
di simbolizzazione gruppale, riconnotando socialmente le esperienze di ciascuno.
Tra i dossier tematici a disposizione, ho selezionato i tre più appropriati allo studio:
Gruppi;
Corpo e Comunicazione;
Salute e Prevenzione.
Viene chiesto ai partecipanti di scegliere una o due foto per trattare in gruppo il tema
scelto dall’animatore seguendo una consegna e una domanda specifica iniziale (ad
esempio “Con l’aiuto della fotografia siamo invitati ad evocare una memoria sul senso
che ha per noi la gruppalità”) , attingendo all’esperienza personale. Una sessione dura
circa 90 minuti. Le dimensioni complementari che specificano il metodo sono:
1. l’espressione personale (possibilità di integrare liberamente con l’ausilio della foto
e del gruppo);
35
2. l’ascolto aperto e positivo (l’attenzione emozionale degli scambi cattura
partecipanti al dialogo);
3. una scelta significativa delle fotografie (essa rinnova lo sguardo e la parola,
propone appercezione, ricordi, interpretazioni, suggerimenti, legami, comprensione
di tematiche proprie ed altrui);
4. lavoro di gruppo (facilita la costituzione del gruppo, permette molteplici scambi di
informazioni, presa di coscienza personale e relativa, contiene e canalizza le vedute,
esprime le rappresentazioni sottointese dalla tematica di lavoro);
5. formulazione del lavoro (l’animatore spiega le consegne metodologiche e formula
una domanda che organizza il lavoro seguente di scelta, lavoro di gruppo,
discussione del lavoro);
6. partecipazione dell’animatore e dell’osservatore con una propria scelta fotografica;
7. difficoltà del dispositivo (l’animatore è formato e abilitato all’utilizzo della tecnica
e alla gestione dei gruppi).
Lo scoring comprende la valutazione tematica delle foto selezionate dai partecipanti, la
trascrizione della seduta, i commenti del discorso di gruppo che si evince dalla seduta,
secondo il metodo psicoanalitico di gruppo. Il limite dello strumento è dovuto
all’assenza di caratteristiche standard di valutazione. Per questo motivo e per i gruppi
istituzionali in particolare ho promosso una griglia tematica che comprende Valori,
Ricordi ed Affetti, al fine di valutare un protocollo specifico per la senescenza in
istituzione. Le sessioni di gruppo sono state valutate in base agli Organizzatori psichici
inconsci di gruppo postulati da Anzieu (1974) e ai gruppi bioniani per garantire una
continuità clinica italo-francese e un riferimento specifico ai gruppi istituzionali. Al fine
di valutare l’accordo sul processo tra osservatori, conduttore e partecipanti, ciascuna
sessione è stata seguita dall’utilizzo di uno strumento standardizzato, il SEQ-5, riportato
qui di seguito, con cui abbiamo stabilito un accordo interprospettico.
Session Evaluation Questionnaire (SEQ-5; Stiles, Gordon, e Lani, 2002)
Questo strumento consente a conduttore e partecipanti di valutare la sessione di gruppo
(secondo due dimensioni di umore e arousal prima e dopo la seduta) in base ad aggettivi
connotati positivamente o negativamente in un continuum a sette punti. Standardizzata
36
con analisi fattoriale, è una scala che presenta una buona coerenza interna ed affidabilità
(Stiles, 1980; Stiles, Reynolds, et al, 1994;. Stiles e della neve, 1984b; Stiles, Tupler &
Carpenter, 1982).
Il SEQ comprende 21 aggettivi bipolari: la consegna è quella di segnare il numero
appropriato su una bilancia a sette punti per mostrare lo stato dell’umore prima e dopo
la sessione (Questa sessione è stata: cattiva-buona, difficile-facile, preziosa-inutile,
superficiale-profonda, rilassata-tesa, sgradevole-piacevole, piena-vuota, debole-potente,
speciale-ordinaria e comoda-disagevole; In questo momento mi sento: felice-triste,
arrabbiato-contento, incerto-sicuro, calmo-eccitato, fiducioso-impaurto, amichevole-
ostile, lento-veloce, energico-pacifico). Per ciascuna delle dimensioni viene calcolato un
punteggio medio che di norma è identificato con il numero 4. Il SEQ trova applicazione
in sedute di terapia individuale, di terapia di gruppo, incontri di gruppo, terapie familiari
e di coppia, sessioni di supervisione (Stiles, Gordon, e Lani, 2002), viene completato
dai partecipanti immediatamente dopo la sessione da valutare, ma può essere compilato
dai partecipanti in un secondo momento o integrato da valutatori esterni in base a
registrazioni o trascrizioni della sessione. Le valutazioni variano da una sessione
all’altra in base all’esperienza che si è fatta, ma i punteggi medi su diverse sessioni
indicano con chiarezza il concetto di profondità percepita (Stiles & Snow, 1984). Un
tale insieme di dati discrimina tra più fonti distinte di variazione: (a) differenze tra
conduttori, (b) differenze tra pazienti rispetto al conduttore, e (c) differenze tra le
sessioni per ciascun paziente (Dill-Standiford et al, 1988; Stiles et al, 1994; Stiles &
Snow, 1984). Statisticamente si valutano i valori medi rispetto agli indici di
Scorrevolezza e Profondità della sessione, Postività e Arousal post sessione.
L’affidabilità dello strumento dipende dalla coerenza interna, dall’accordo tra pazienti e
clinici, dalla stabilità delle valutazioni sulle diverse sessioni. La coerenza interna è stata
misurata tramite il coefficiente alfa ed è risultata elevata per i fattori profondità .90 e
amabilità 0,93; (Reynolds et al., 1997): questi sono i fattori più solidi.
Risultati e spunti clinici della Ricerca
I partecipanti allo studio sono circa il 20% delle osservazioni totali. Rispetto ai criteri di
selezione, infatti, sono stati scartati individui con demenza senile, disturbi di
37
personalità, depressione, quadro cognitivo o capacità comunicative compromesse, età
inferiore ai 65 anni e pazienti non consenzienti. Il piccolo campione finale esclude
quegli individui che non hanno potuto concludere le interviste (effetto di mortalità del
9%), generalmente a causa di improvvisa dimissione o basso rendimento cognitivo
(MMSE<24). L’età media è di 78 anni ( range: 65-101).
Mean Std. Error SD
MMSE 24,0877 ,60207 3,06997
ECM 57,22 3,528 31,751
ETA’ 77,87 ,979 9,389
Il livello di intelligenza alle Matrici Progressive Colorate risulta di livello medio. Gli
anziani, soprattutto intorno agli ottant’anni, commettono moltissimi errori relativi alla
facile affaticabilità e distraibilità. A volte cercano di compiacere il somministratore in
velocità, senza concentrarsi sul compito, scegliendo figure irrilevanti (D, II, RF). E’
semplice comprendere se il soggetto ha bisogno di essere richiamato al compito, se ha
disturbi della vista o se presenta deficit cognitivi e bizzarrie di risposta. La correlazione
incompleta (IC) è solitamente più associata alla difficoltà di integrazione di stimoli
multipli. Anche la valutazione qualitativa di questo reattivo è fortemente connotata da
caratteristiche emotive e di personalità (atteggiamento depressivo, ansia da prestazione,
perfezionismo, oppositività etc).
A seguire una casistica dell'insieme delle diagnosi mediche più frequentemente
osservate all’interno del gruppo generale (N=368): notiamo una prevalenza di patologie
cardiovascolari e una quasi assenza di patologie neoplastiche.
38
Le motivazioni principali di ricovero ospedaliero e lungodegenza geriatrica osservate
riguardano:
Accertamenti sanitari; Patologie Cardiovascolari (ipertensione, infarto, ictus); Croniche
(diabete, anemia); Epatopatiche (epatite, cirrosi epatica, transaminemia);
Gastrointestinali (disturbi intestinali, anoressia, gastrite); Muscoloscheletriche
(amputazione, frattura femore e anca); Nefrologiche (disfunzione, insufficienza,
infezione renale); Neoplastiche; Neurologiche (demenza, declino cognitivo, ischemia,
epilessia); Respiratorie (polmonite, bronchite, insufficienza respiratoria); Traumatiche
infettive (febbre, infezioni, piaghe).
I 93 lungodegenti, al momento del ricovero, presentano un indice inferiore al 50% sul
funzionamento fisico (Sat-p) mentre preservano un buon funzionamento psicologico e
sociale. Dopo un mese osserviamo uno scadimento generale di tutti gli indici, in special
modo il funzionamento fisico e la soddisfazione di sonno, alimentazione e tempo libero.
I risultati alle interviste Poms, al momento del ricovero (N=93) indicano alti stati di
rabbia, ansia depressione e indolenza, minori confusione e vigore. Dopo un mese
aumentano tutti i valori patologici, soprattutto l’avvilimento e decresce lo stato di vigore
e attività.
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SAT-P
T0
Minimum Maximum Mean Std. Deviation
Statistic Statistic Statistic Statistic
Fx psicologico 25 100 71,55 18,196
Fx fisico 6 99 49,22 22,003
Lavoro 0 100 64,90 32,617
Sonno, alim, t.l 6 100 57,86 25,683
Fx sociale 0 100 70,19 25,860
N 93
SAT-P
T1
Minimum Maximum Mean Std. Deviation
Statistic Statistic Statistic Statistic
Fx psicologico 13 96 63,28 24,764
Fx fisico 0 86 43,29 26,021
Lavoro 0 100 66,02 29,918
Sonno, alim, t.l 0 98 46,40 28,064
Fx sociale 0 100 64,02 26,072
N 93
Gli anziani ricoverati fanno molta fatica a sopportare il peso del fisico: le prassi
diagnostiche ed esplorative, le terapie protratte, la mancanza di riposo, di punti di
riferimento spazio-temporali (calendario, orologio, luce naturale), il limite posto al
sostegno familiare, le preoccupazioni lasciate al di fuori, il collasso dei vasi sanguigni e
le conseguenze sul fragile epitelio, oltre la patologia principale che li ha portati alla
degenza, non fanno altro che aggravare l’insoddisfazione narcisistica e il limite di
tolleranza al dolore. La sofferenza viene esperita sia sul piano individuale che sul piano
condiviso, a vari livelli. Molto spesso lamentano di essere messi costantemente al
cospetto della morte e che questo diventa a un certo punto intollerabile. Anche noi ci
siamo trovate nelle condizioni di parlare con alcuni pazienti per l’ultima volta. Però loro
si ascoltano, si incontrano, scambiano proiezioni continue e di gran lunga spiacevoli, a
volte e fanno della rabbia un motore di umanità. Parlare di sé, rispecchiarsi con i
curanti, sollevarsi da disturbi schiaccianti può favorire non solo l’opinione di se stessi,
ma anche verso gli altri.
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La tabella a doppia entrata mostra la distribuzione per genere Stato civile dei
partecipanti allo studio.
Stato civile F M Total
Sposato 9 25 34
Divorziato 2 1 3
Single 10 6 16
Vedovo 26 14 40
Total 47 46 93
Come risulta dalle interviste, la maggior parte degli anziani aveva una relazione di
coppia. Il condividere l’ambiente di vita con il coniuge, con una governante, con i figli o
i fratelli crea uno spazio personale più favorevole e arreca il sostegno dovuto soprattutto
ad individui relativamente autosufficienti. Al contrario, la vedovanza costituisce un
evento stressante per molti anziani, soprattutto quando rimangono privi di un contesto
sociale di riferimento. La solitudine sembra essere maggiormente tollerabile per la
popolazione femminile rispetto a quella maschile.
Gener
e
1 2 3 Total
e
Istruzion
e
F 40 5 1 46
M 37 6 4 47
Totale 77 11 5 93
86% 10% 4% 100%
Abbiamo riscontrato una percentuale uniforme per il primo livello di scuola (5anni),
indipendentemente dal genere. I nostri anziani dichiarano di aver frequentato le scuole
elementari con l’antico sistema scolastico, che considerava il bambino come un piccolo
apprendista di vita: le donne imparavano anche le attività domestiche, mentre le scuole
maschili sono ricordate più per l’eccessivo rigore (“il maestro ci metteva in punizione
41
con le ginocchia sui ceci… conserviamo ancora le malformazioni”), e in pochi
frequentavano le scuole medie inferiori prima di “imparare un mestiere”. Gli anziani più
giovani, e soprattutto i maschi, cresciuti a partire dal dopoguerra, presentano una
maggiore frequenza nelle scuole superiori, fatta eccezione per una grande anziana single
laureata.
Satisfaction profile: un confronto clinico
Abbiamo evidenziato una forte correlazione (indice di Pearson) tra il livello di
scolarizzazione e il funzionamento psicologico al Sat-p (r=0,86), il funzionamento
fisico (r=0, 65), il funzionamento sociale (r=0,83). In accordo con la letteratura
internazionale, il senso comune e l’ipotesi di ricerca, questi dati dimostrano che
conservare il piacere psicologico e sociale può influire positivamente sulle capacità di
cura del fisico che invecchia, sull’immagine culturale di sé, sul desiderio di vitalità. Il
corpo che invecchia va distinto dal valore personale: più un individuo conta sul fisico,
più subirà un decadimento psicologico (corredato di stati d’ansia, paranoidi e
depressivi) all’insorgere di un impedimento patologico, esacerbando il bisogno di
contare su stampelle e propaggini narcisistiche di sé7.
Il diagramma di dispersione sottostante (Fig.1) evidenzia un’omogeneità iniziale dei due
gruppi al momento del ricovero. La qualità di vita decresce sul versante fisico (2) come
se il corpo fosse momentaneamente il solo depositario dell'insoddisfazione individuale.
Rispetto all’immagine di sé, gli uomini, per lo più pensionati, rivelano
un’insoddisfazione più grande per la perdita dei privilegi sociali (per sua stessa natura il
genere maschile ha un movimento psicologico centrifugo).
Constatiamo infatti una forte dipendenza tra funzionamento psicologico e genere (indice
di Cramer: V=0, 76), ovvero la percezione del funzionamento psicologico all’interno
del costrutto di QoL è associata positivamente al genere.
7 “A 80 anni doveva capitarmi proprio la frattura di femore: ho avuto un’infanzia difficile, una vita matrimoniale irreprensibile, sono stata madre e nonna, ho superato il lutto di mio marito e vissuto sempre sola da allora. Adesso non vedo l’ora di tornare a cucinare per i miei nipoti”. “Sono caduto da un albero scivolando su un ramo secco. Io devo continuare a lavorare, ho mandato avanti l’azienda agricola sempre da solo. Mio figlio ha lasciato l’università per aiutarmi, alla morte di sua madre. Ma non posso fermarmi altrimenti mi rubano pure le scarpe e lui non trova una moglie”.
42
Il modello di regressione lineare indica che all'aumentare del funzionamento sociale
aumenterà il funzionamento psicologico (R=0, 55). Questo dato ribadisce l’importanza
che gli individui attribuiscono all’utilità sociale per sentirsi pienamente soddisfatti e
fieri della propria vita. Di contro, sentirsi lontani dal mondo sociale e dai riferimenti
personali contribuisce a rendere la degenza uno spazio-tempo alienante, che scivola
repentinamente in un peggioramento generale e a rischio di compromettere la
compliance terapeutica.
Figura 1. Dispersione delle medie Sat-p al momento del ricovero. Serie 1 gruppo clinico; Serie 2 gruppo di controllo.
1: Funzionamento psicologico.
2: Funzionamento fisico.
3: Lavoro
4: Sonno, alimentazione, tempo libero.
5: Funzionamento sociale
Il diagramma di dispersione indica un’omogeneità iniziale dei due gruppi al momento
del ricovero. La qualità di vita decresce sul versante fisico (2) come se il corpo fosse il
solo depositario dell'insoddisfazione individuale.
Il diagramma di dispersione basato sul re-test indica che in seguito al ricovero il gruppo
di controllo subisce un abbassamento generale della soddisfazione personale della
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qualità di vita, mentre il gruppo clinico presenta un miglioramento significativo del
funzionamento psicologico (1) e sociale (5). Inoltre, aumenta la stima di sé legata alla
percezione della propria funzionalità (3). Dopo un lungo periodo di degenza
l’immobilità, la mancanza di riferimenti sociali e spazio-temporali minano fortemente il
senso di realizzazione personale.
Abbiamo evidenziato due limiti di somministrazione dello strumento con persone
anziane: gli item riguardanti il lavoro sono strettamente dipendenti dal rispecchiamento
familiare o dalle competenze tecniche residue; gli item relativi alla sessualità possono
risultare impacciati per i vedovi, i single, per l’occorrenza di disfunzionalità organica o
per pudicizia culturale.
Figura 2. Dispersione delle medie Sat-p alla fine del ricovero. Serie 1 gruppo clinico; Serie 2 gruppo di controllo.
Il confronto delle medie fra gruppi indipendenti al momento del retest (T di Student)
consente di accettare l'ipotesi che il funzionamento psicologico e il funzionamento
sociale migliorino nel gruppo sperimentale (t=0, 62).
Riassumendo, il Sat-P, sia per il gruppo sperimentale che di controllo, al momento del
ricovero mostra un basso livello di soddisfazione per la funzionalità fisica, fortemente
compromessa, seguita dal fattore sonno, alimentazione e tempo libero. L’ambiente
ospedaliero, soprattutto, non favorisce gli individui da un punto di vista alimentare: il
cibo è cucinato per tutti a vapore e senza alcun tipo di condimento. Per coloro che non
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soffrono di ipertensione arteriosa o per chi ama i sapori in tavola, come i diabetici,
seguire una dieta siffatta costituisce già buona parte dell’insofferenza. Inoltre alcuni
farmaci, la limitata motilità o l’allettamento, i cambiamenti di gusto e olfatto età-
correlati, possono notevolmente incidere sulla soddisfazione alimentare. Le sale di
degenza sono spesso affollate in ambiente ospedaliero e l’insofferenza cresce con il
malessere condiviso, per di più quando le lamentele notturne aumentano lo stato di
stress fisiologico. La quantità del sonno decresce con l’aumentare dell’età, ma la qualità
del riposo, contemporaneamente al malessere protratto, può danneggiare seriamente la
stabilità psicologica.
Le stesse condizioni di soddisfacimento al momento del ricovero sono fonte di un
peggioramento più ampio per il gruppo di controllo. Il protocollo in uscita evidenzia un
ulteriore decremento delle funzionalità generali (Fig.2), fatta eccezione per il
funzionamento fisico, un abbassamento della funzionalità psicologica, sociale, del
sonno, alimentazione, e tempo libero.
A differenza dell’ASL, che propone delle condizioni di lungodegenza su una più ampia
fascia di pazienti, nella RSA viene stabilita e curata una dieta ad hoc (le donne
riferiscono di sentirsi meglio e di perdere peso in eccesso, mentre gli uomini lamentano
l’imposizione di quantità di cibo non sufficienti), e i pazienti godono di una maggiore
indipendenza rispetto alla condivisione del posto letto, mantenendo una posizione vitale
più intima. La casa di riposo cura giornalmente la dieta degli ospiti in base alle necessità
patologiche, ma a volte le camere sono condivise.
Profile of Mood State
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Figura 3. Risultati medi Poms al momento del ricovero. Serie 1 gruppo clinico; Serie 2 gruppo di controllo
Al momento del ricovero lo stato emotivo del gruppo sperimentale è caratterizzato da
più alti livelli di depressione (2) e rabbia (3) e più bassi livelli di attività (6) e
confusione (5). Il gruppo di controllo manifesta più ansia (1) e indolenza (4) a parità di
condizioni confusionali e di attività.
Il fattore ansia si presenta come inversamente proporzionale al vigore percepito, infatti
dopo un mese il livello di attività decresce fortemente e aumenta la stanchezza (4) nel
gruppo di controllo. Nel gruppo clinico osserviamo un abbassamento di tutti i valori
emotivi patologici e un mantenimento del livello di attività.
1: Tensione – Ansia T
2: Depressione - Avvilimento D
3: Aggressività - Rabbia A
4: Stanchezza - Indolenza S
5: Confusione - Sconcerto C
6: Vigore – Attività V
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Figura 1 Risultati medi Poms al momento delle dimissioni. Serie 1 gruppo clinico; Serie 2 Gruppo di controllo
Questi dati confermano gli effetti negativi dell’ospedalizzazione sulle condizioni fisiche
e sullo stato affettivo del paziente ricoverato in lungodegenza.
Il costrutto di qualità di vita si è rivelato valido in rapporto alla clinica del gruppo: tra il
gruppo clinico e il gruppo di controllo c'è una differenza dello stato dell'umore e della
qualità di vita al momento delle dimissioni rispetto al momento del ricovero: questo
dimostra un miglioramento generale nel gruppo sperimentale. Confrontando i risultati
del Sat-p e del Poms notiamo che lo stato depressivo e psicologico sono
fisiologicamente corroborati dal funzionamento sociale. Mentre il gruppo di controllo
mantiene il malessere concentrandosi sulle cure mediche, il gruppo sperimentale ha
l'occasione di rivedere il funzionamento psicologico e sociale e di mantenere l'equilibrio
e il benessere durante l’ospedalizzazione.
Il Photolangage©
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S EQ H SD CR SD RSA SD μ
Profondità
Amabilità
5 1,05 6 1,41 5 1,09 6
6 ,91 6 ,98 5 1,35 6
Positività 5 1,53 5 ,86 5 ,96 5
Attivazione 4 ,97 4 ,37 4 ,65 4
Il SEQ rivela un’elevata amabilità circa l’esperienza di gruppo, vissuta come facile,
rilassante, piacevole e confortevole. Il vissuto di amabilità, profondità e attivazione
aumentano ogni incontro, mentre la positività sembra aumentare rispetto al primo
incontro, mantenendosi mediamente costante. È interessante notare come i valori medi
post-sessione risultino omogenei per i tre luoghi di osservazione.
Il Photolangage© si presenta come una tecnica di gruppo capace di sviluppare in breve
tempo multilple connessioni che supportano il benessere personale e la Qualità della
Vita dell’anziano lungodegente, l’identità personale e sociale, spesso danneggiata dal
registro del bisogno, creando un filo rosso che rende armonica la storia personale. Il
rivivere in maniera nuova i tempi dell’esistenza serve a creare ponti di legame nei
percorsi variabili dello spazio di cura, stimola il potenziale creativo integrando il disagio
e l’attività simbolica in un ambiente di contenimento e di accoglimento, in un setting
che rende dinamica la comunicazione tra interno ed esterno.
In cinque o sei incontri (tra colloqui individuali, gruppali e applicazione del metodo in
esame), i partecipanti allo studio sperimentale hanno narrato l’iter tortuoso del corpo
malato tra le relazioni mondane del quotidiano, mediate da strumenti più o meno
invasivi e cadenzati in breve tempo. Con queste premesse come non considerare la
qualità ‘aperta’ di una condivisione spesso tarlata dal ripiegamento su di sè, dalle
incursioni ambientali (fisiologiche, mediche e familiari), dalla costituzione personale
all’apprendere dall’esperienza. Molte persone anziane sembrano ruotare attorno al senso
di inutilità che incoraggia sentimenti e comportamenti francamente tanatici (effetti
dell’ospedalizzazione sull’individuo sono spesso sonnolenza, dolore cronico e
diagnostico, ipomobilità, stati confusionali complicanze fisiche ed emotive in un quadro
che non si discosta di molto da una sindrome depressiva).
La domanda iniziale posta al gruppo era quella di poter scegliere una foto simbolica
rispetto a un tema comune, ma in modo del tutto personale, attivato dalla casualità o da
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un ricordo, ad esempio, secondo un’emergenza interiore presente, per poi connetterla ad
una futuribilità. I dossier utilizzati separatamente per ciascuna seduta (contenenti circa
150 foto tematiche) sono stati: Corpo e Comunicazione; Salute e Prevenzione; Gruppi.
Nella maggior parte dei casi, le scelte mostrano contenuti rappresentativi per l’individuo
(sé giovane, sé innamorato, sé combattivo, sé libero) in funzione della società primaria
familiare e secondaria (genitorialità, matrimonio, ambiente affettivo e lavorativo),
riconnesse infine al presente sociale.
Il vissuto di ospedalizzazione rivela un’omogeneità nell’insoddisfazione di sé in senso
fisiologico e sociale, ma una differenza tra gruppo sperimentale e di controllo rispetto a
tecniche utilizzate per fronteggiare gli eventi. Nel gruppo sperimentale osserviamo una
maggiore predisposizione psicologica e sociale in conflitto e resistente al trattamento,
che riesce però a fronteggiare con più equilibrio le difficoltà imposte dalla malattia
fisica e dal contesto ospedaliero. Il significativo incremento della funzionalità
psicologica si connette a fattori come il tono dell’umore, la stabilità emozionale, la
fiducia in se stessi e l’autonomia psicologica: questi cambiamenti trovano riscontro nei
dati ottenuti al Poms, nel riequilibrio cioè degli stati affettivi.
Lo strumento utilizzato si è dimostrato un valido supporto per rimettere in movimento
un sistema bloccato dalla disarmonia tra corpo, mente e società; ha permesso
all’anziano lungodegente di attivare la capacità di attenzione verso il mondo di
percezioni, sensazioni ed emozioni; favorito la percezione d’integrità e dignità
personale.
L’anziano ospedalizzato riscopre identità e competenze grazie al setting di gruppo che
integra la dignità8 che si deve a una persona non solo corpo, ma espressione del corpo
sociale.
La capacità di far fronte in maniera positiva alle difficoltà poste dal corpo migliora la
compliance terapeutica e riduce i rischi di comorbidità e prolungamento patologico.
Il paziente ospedalizzato raggiunge significativi miglioramenti della sua Qualità della
Vita quando diviene protagonista attivo del suo percorso di cura, del suo cambiamento e
quando sperimenta un valido supporto esterno, soprattutto dal punto di vista affettivo.8Nell’ottica personalista: carisma dato dall’esperienza vissuta e dal modo di porsi rispetto alla vita e alla morte, alla spiritualità matura. L’anziano è capace di porsi in relazione costruttiva con gli altri, di guardare alle vicende terrene con saggezza; sono custodi della memoria collettiva e interpreti degli ideali e valori comuni che guidano la convivenza sociale. Affondiamo con loro le radici nella memoria. Onorare gli anziani vuol dire accoglierli, assisterli e valorizzarli come agenti beneficiari dello sviluppo. Essi vivono il tempo della disponibilità e dell’altruismo (Sgreccia, 2006).
49
Sostenere un invecchiamento sano e ridurre i tassi di disabilità in significativo aumento
nella società odierna non significa rifiutare il declino fisico, ma invitare i pazienti a
dominarlo affettivamente e cognitivamente, con un chiaro esame di realtà. La cultura e
l’individuo che vi si ispira determinano le condizioni per promuovere il progresso
psichico, a dispetto del decadimento (Laicardi & Pezzuti, 2000). Con l’avanzare dell’età
i meccanismi fluidi del pensiero (cioè il saper risolvere problemi nuovi) evidenziano
uno scadimento, che conoscenza e pratica possono arricchire compensando le perdite: il
sé nell’invecchiamento costituisce uno stabile sistema di coping e di conservazione di
integrità.
Griglia concettuale sul vissuto condiviso del Corpo sociale
Corpo sociale Soggetto Famiglia Società
Ricordi Crescita Legami Conflitto
Affetti Amore Dedizione Integrità
Valori Dialogo Unità Libertà
La griglia tematica ci ha dato la possibilità di comprendere meglio il vissuto della senescenza e
di approntare un lavoro di selezione fotografica. In seguito sarà possibile effettuare un’analisi
fattoriale esplorativa, su un gruppo più ampio ed esteso alle cliniche geriatriche francesi, per
determinare i fattori principali con cui sviluppare un nuovo dossier.
III. Il gruppo a mediazione nelle Istituzioni
50
Note sul pensiero del gruppo: funzione alfa ed elementi del sogno
La ragione per cui abbiamo scelto di lavorare con pazienti cognitivamente ben
strutturati, costituisce l’essenza stessa della relazione terapeutica, nel trasformare la
percezione del dolore e la capacità di simbolizzazione al cospetto di uno strumento che
accelera i processi integrativi. Quando l’intolleranza del dolore provoca uno scompenso
ideativo, la via d’evacuazione di elementi beta può portare alla dispercezione del reale e
alla scissione emotiva o oggettuale, o infine installare sul corpo esperienze mute ed
opprimenti. La funzione alfa gregante, parzialmente conservata, e l’attivazione dei
processi primari (condensazione, spostamento, identificazione proiettiva, scissione,
simbolizzazione, drammatizzazione, elaborazione secondaria…) ci permettono, in altre
parole, di lavorare sull’integrazione sensoriale e percettiva di elementi alfa9 primari o
corporei, dando slancio al lavoro onirico gruppale. Siamo convinti cioè, che
intercettando i processi di integrazione primari, si possa sviluppare una sintesi dialettica
matura sull’intolleranza al dolore; ciò permette di recuperare i materiali per il sogno e
per gestire funzionalmente la realtà psichica. Bion sottolinea come questi processi siano
diretti responsabili del benessere individuale, a partire dall’integrazione mentale conscia
e inconscia del corpo, delle strutture emotive e delle manifestazioni sensoriali, del sonno
e della veglia, favorendo le attività simboliche reversibili dell’esperienza mentale.
“Ogni uomo deve poter sognare un’esperienza mentre gli capita, sia che gli capiti nel
sonno sia che gli capiti da sveglio” (W. R. Bion 1962).
Il gruppo è un dispositivo di aggregazione che avvia lo sviluppo di relazioni
interpersonali, mobilita i legami di identità e alterità, li integra in un discorso interiore a
carattere interpersonale.
Nell’ottica bioniana, la funzione del gioco relazionale è quella di ristabilire la plasticità
della barriera di contatto che integra pensieri, significati, coordinate spaziali e temporali.
Lo stato di rêverie, nel clima sognante del gruppo, è precondizione indispensabile per la
formazione di un registro simbolico e per la ristrutturazione della funzione alfa, stato
che permette l’amplificazione e la costruzione di senso. In riferimento al gruppo Corrao,
parla di funzione gamma, una funzione alfa gruppale che ristruttura la funzione
9 Immagini visive che, organizzate in sequenze narrative, costituiscono il sogno e il ricordo.
51
integrativa sociale, ovvero la capacità del gruppo di elaborare elementi sensoriali e
tensioni che si trovano nel campo interpersonale, producendo nuovi pensieri propri della
collettività. La funzione gamma permette di congiungere affetti e cognizioni tramite
un’immagine, un ricordo o un mito, elementi gamma atti al sogno di gruppo e alla
trasformazione in elementi alfa del terapeuta, in un’oscillazione tra funzioni alfa-gamma
che infine generano senso.
In questo processo il conduttore si pone come garante del setting e della produttività
condivisa, raccogliendo tutti gli spunti forniti per riformularli in un pensiero elastico,
analogico-metaforico10. Questo tipo di pensiero rivela tematiche emotive inconsce del
gruppo, lega tra loro vissuti e i pensieri in modo dinamico, permette di pensare
all’oggetto indirettamente, attraverso un’immagine che lo rimandi indietro carico di
contenuti emotivi profondi e condivisi. Come nel sogno, anche gli elementi latenti del
gruppo possono essere trasformati per giungere a una comprensione che li accomuna,
connotando il singolo come parte imprescindibile dell’arricchimento gruppale. Il gruppo
è un sistema unificato di trasformazione continua, funziona sia come contenitore che
come contenuto e proprio questo gioco delle parti e del tutto promuove metamorfosi
globali e polivalenti. Ciò coincide con quello che si definisce efficacia terpeutica
(Corrao, 1995).
Le intuizioni psicoanalitiche possono essere messe al servizio del più generale concetto
do cura e benessere. In merito al lavoro terapeutico e alla trasformazione che ne può
risultare, Bion distingue tra una “trasformazione in K”, ossia una trasformazione della
conoscenza di ciò che sappiamo legata all'interpretazione razionale dei contenuti, e una
“trasformazione in O”, ossia una trasformazione della cosa in sé legata al pensiero
analogico. È proprio quest'ultima ad essere caratteristica del gruppo in quanto permette
il cambiamento della persona e dunque dell'intero gruppo.
Bion ha indicato che la conoscenza (K) può costituire non uno strumento di sviluppo
psichico, bensì un’ostacolo ad esso, qualora venga usata come difesa dalla paura
dell’ignoto e come barriera contro la frustrazione che è sempre associata a ciò che ha i
caratteri dell’inesplorato e dell’incomprensibile. Alcuni effetti dell’aver sperimentato
una trasformazione in O possono essere esemplificati e chiariti dall’accostamento al
processo del lutto, come è stato descritto da Melanie Klein (1945). Avere attraversato
10 La funzione analitica del piccolo gruppo. F. Corrao 1985.
52
un processo di lutto significa essere passati attraverso un profondo mutamento che ha
investito se stessi quanto un oggetto amato, perduto e infine ritrovato dentro di sé. La
gamma delle emozioni, nel momento in cui si trova dentro di sé la traccia della passata
presenza dell’oggetto amato, contiene un elemento di dolcezza e un presagio della
propria stessa caducità. […] La trasformazione in O secondo tale prospettiva viene a
corrispondere all’integrazione nella personalità di quegli aspetti psicotici di cui,
valutata e vissuta pienamente la distruttività, si ricerca l’evoluzione. Attraverso il
superamento del rischio della sommersione della personalità sana, si può avere un
ampliamento della personalità nel suo insieme. La trasformazione in O rappresenta un
momento evolutivo; essa però comporta anche il rischio di una rottura e l’emergere di
fenomeni di depersonalizzazione. Il passaggio da K a O viene percepito come
cambiamento catastrofico (P. Fadda, 1994, p.188-201).
Il lavoro psicanalitico con i gruppi implica dei passaggi emotivi bruschi, un’oscillazione
da uno stato interrogativo-cognitivo a uno stato emotivo-fantasmatico, tramite cui
esplorare l’evoluzione e l’elaborazione funzionali alla trasformazione conoscitiva in
divenire (cfr. Neri, 1983). Questo tipo di lavoro è permesso dalla capacità mentale del
gruppo di mediare, cooperare, controllare le emozioni e la frustrazione, come gruppo di
lavoro specializzato (Bion, 1961, p.153), nel periodo del protrarsi di stati emotivi propri
al gruppo in assunto di base. Bion dà molto valore al piccolo gruppo a finalità
psicoanalitica in istituzione perché permette di uscire dall’impasse ‘sclerotizzante’
individui/istituzione, fornendo un ambito in cui possano essere esaltate le potenzialità
individuali come trait d’union tra le esigenze dei singoli e quelle del gruppo.
Il setting può assumere l’aspetto di un contenitore deformabile in cui i pazienti vengono
contenuti ma contemporaneamente lasciano la propria impronta (Fattori, 2010).
Il Photolangage© nella Ricerca: tra quantità e qualità
53
L’applicazione stessa del metodo psicoanalitico precede l’evolversi delle teorizzazioni
principali sia sul caso singolo che sul gruppo terapeutico: da Freud a Bion, la pratica
clinica in psicoanalisi ha determinato il nucleo centrale dell’affinamento ‘strumentale’
del terapeuta. Il mio proposito, in questa sede, è quello di mostrare come la ricerca
qualitativa e quantitativa siano inscindibili, allo stesso modo della pratica terapeutica,
della psicodiagnostica e della formazione, dall’attività di psicologo e psicoterapeuta.
Quello che ci proponiamo in fondo è di curare tramite l’integrazione di affetti e
cognizioni, nel nocciolo dell’essere, attraverso la funzione polisemica ed ermeneutica
delle relazioni di gruppo in un discorso interiore e un sistema semiotico che attraversa il
procedimento induttivo-deduttivo classico e quello abduttivo della fenomenologia
contestuale (C.S. Peirce, 1980; F. Corrao 1993).
L’utilizzo di una tecnica a mediazione, a mio avviso, nell’avvicinarsi alla brevità del
rapporto tra animatori e partecipanti alla ricerca, sviluppa un’alleanza di lavoro e un
metodo di lavoro nei due approcci al singolo e al gruppo, tra la psiche e il corpo, tra
cognizioni e affetti. L’ascolto attivo dello psicologo in tal senso non può prescindere
dalla bi-personalità o multi-personalità del campo relazionale. La tecnica del
Photolangage® nello specifico, è stata sviluppata per favorire la disposizione
all’immagine psichica, all’integrazione affettiva e identitaria in una catena associativa
ricategorizzata dal lavoro di gruppo. Lo strumento si è rivelato efficace per
l’immediatezza che lo contraddistingue sul piano spaziale e temporale. Anche un breve
utilizzo ha il pregio di caratterizzare una o più storie nei loro intrecci intrapsichici ed
interpersonali a vari livelli di comunicazione, tra passato e presente, ma nel qui ed ora,
tramite la mentalità di gruppo, restituendo un corpo sociale contenitivo da poter curare,
in cui potersi immergere e da poter ancora sognare in una koinonia (Corrao, 1998) dove
la relazione tra i membri del gruppo connette funzioni di pensiero ed emozioni
differenti.
Il Photolangage© è un metodo psicoanalitico di gruppo a mediazione, che utilizza dei
dossier tematici di 48 foto ciascuno come transito alla rêverie di gruppo. Così come il
sogno, la foto evoca delle emergenze inconsce e le attrae sull’immagine che viene in un
secondo momento discussa sia dal singolo, sia dagli altri partecipanti, in un gioco
transizionale volto alla trasformazione dei fatti scelti e alla simbolizzazione di
esperienze emotive.
54
L’oggetto mediatore ha il compito di facilitare il passaggio dalla
condensazione/spostamento del fatto scelto alla comunicazione personale e
interpersonale, arricchendo il racconto di significati per mezzo di un processo di legame
intrapersonale e di uno interpersonale. Il frutto di tutti gli scambi alla fine permette un
ulteriore lavoro di simbolizzazione gruppale, riconnotando socialmente le esperienze,
anche molto diverse, di ciascuno. In questo contesto il conduttore non assume una
posizione asimmetrica e inoltre si fa corroborare da un osservatore, mantenendo tuttavia
una relazione partecipativa come gli altri membri. In questo modo si determina un
setting circolare che permette di dissimulare la funzione analitica e transferale del
condutture: da un lato infatti ciascuno assolve a questa funzione all’interno del gruppo e
il gruppo stesso si auto interpreta collettivamente, ma dall’altro il conduttore assorbe,
fin dal momento della scelta, il senso della catena associativa gruppale che poi si
dipana, condensando nella propria foto il pensiero inconscio del gruppo. Al termine
della seduta, già ampiamente intrisa della catena associativa gruppale, la foto del
conduttore sembra esplicitare il filo rosso che connette il particolare al generale in un
senso ulteriormente simbolizzato: l’ultima foto condensa tutte le precedenti. Bion
(1961) sostiene l’idea che la mentalità di gruppo sia costituita non solo dagli aspetti
regressivi della personalità e dagli assunti di base, ma anche da atteggiamenti costruttivi
che consentono il disciogliersi delle pulsioni epistemofiliche e l’attiva ricerca
dell’esperire come gruppo di lavoro: capacità quali l’attenzione, la rappresentazione
verbale, il pensiero per immagini e simbolico sono costantemente al servizio della
diffrazione del transfert (Kaës 1994) e del controtransfert, ricostituendo le antiche
immagini criptiche (Abram-Torok, 1987) di sé. Kaës si riferisce alla processualità degli
atti simbolici attraverso l'etayage (il trasferimento) sul corpo delle mediazioni:
sostituzione, separazione, sublimazione sono introiettate nello spazio e nel tempo della
seduta.
Il lavoro psichico della mataforizzazione è riposto sulla plasticità delle rappresentazioni,
e giocare sullo spostamento, rimpiazzare un'immagine con un'altra rinforza questa
plasticità. Ognuna di queste operazioni è delimitata, ripetuta, ritualizzata nei diversi
momenti del gruppo perché possa essere introiettatta come un atto del pensiero
(Chouvier, 2012).
55
Il mondo esterno, d'altro canto, viene investito di proiezioni individuali destrutturate
(Thanatos), ma anche di Eros, la speranza di un tempo e di un mondo migliore.
Ciascun incontro ha permesso il realizzarsi di una sorta di “album fotografico
collettivo” che in ogni pagina custodiva e conteneva un vissuto, un pensiero, un’
immagine di sé e dell’essere altro da sé in una dimensione sinergica e processuale, al di
là dello spazio di cura analitico classico, rinforzando la pensabilità psicosomatica.
I simboli sono necessari non soltanto nella comunicazione con il mondo esterno, ma
anche nella comunicazione interna (Segal, 1957): quando viene meno la funzione
simbolica, la sofferenza diventa inaccettabile, un’equazione simbolica. Secondo Anzieu,
l'immagine del proprio corpo va considerata come il risultato di un processo simbolico;
come immagine stabilizzatrice e involucro protettivo. Il corpo è quindi oggetto di
investimento e la sua immagine è il prodotto di questo investimento, dunque la gravità
dell'alterazione della pelle è in rapporto all'importanza quantitativa e qualitativa delle
faglie dell'Io-pelle (Anzieu, 1985).
Nelle istituzioni il Photolangage© , per la sua flessibilità e duttilità, si inscrive in una
politica di cura e di accompagnamento per tutti quegli anziani che sperimentano un
disagio nell’invecchiare e la mancanza di comunicazione che permette di esteriorizzare i
non detti insopportabili e incomunicabili, attraverso il sogno gruppale11.
Il dolore, tanto quello somatico, quanto quello psichico, ha necessità di parola, chiede di
essere capito là dove tutto sembra aver perso qualunque possibilità di comprensione. La
parola è l'inizio dell’elaborazione del dolore, cioè della sua trasformazione. La parola è
il mezzo per contenere e trasformare il dolore e per poterne utilizzare l'esperienza ai fini
dello sviluppo della personalità. Il dolore immette nella vita elementi nuovi, è ciò che
permette di accorgersi di elementi di cui non era dato accorgersi prima. Esso funge da
organizzatore/disorganizzatore. Il dolore però non vuole semplice consolazione, vuole
un ascolto che diventa intervento, cioè un ascolto che cambi le cose, che metta in campo
la relazione come processo. La relazione terapeutica, individuale o di gruppo, può e
11 Mara ha 101 anni ed è rispettata dagli altri ospiti dell’istituto per il suo rigore materno, sembra un punto di riferimento anche per i coetanei. Sceglie due foto, scartandone sonoramente una terza che raffigura una guardia e una ragazza. Della prima dice che raffigura una bella ragazza, con uno sguardo penetrante, mentre la seconda è solo una testa statuaria senza il corpo. Mara non vuole comunicare più nulla e poggia il capo sulla sedia con gli occhi chiusi, ma in ascolto. Questo atteggiamento crea sgomento tra i partecipanti che si guardano in silenzio, due di loro cambiano discorso. Amanda rompe il ghiaccio comunicandomi sottovoce la morte della figlia di Mara, avvenuta qualche giorno prima e taciutale dai familiari: essendo stata investita, il suo corpo è andato in mille pezzi.
56
deve diventare il luogo di progressiva visibilità del dolore per la sua utilizzabilità ai fini
del processo terapeutico. Affinché il dolore si renda visibile all'interno della relazione
terapeutica è necessario che entri in campo l'amore, come nella relazione
madre/bambino, nel senso della capacità di reverie (Moggi, 2014).
Il Photolangage© con anziani ospedalizzati. “Una volta…” Il dialogo
intergenerazionale.
Le ideazioni tanatiche acquisiscono un tempo inesprimibile per tutta la vita, come un
rifiuto del divenire (Maria Bonaparte, 1952), un vissuto indigeribile (Freud, 1915), un
lutto impossibile da elaborare per l’incompiutezza della nostra mente (Bion, 1980).
Crescere vuol dire curarsi di dare vitalità all’esistenza, rinunciando alla realizzazione
pulsionale lineare nella pratica del reale, permettendo alla libertà di non prendere il
posto della ripetizione temporale in un’oscillazione tra fantasia e realtà (Ogden, 2009;
Di Chiara, 1999). Il paradigma di cura che proponiamo non intende smascherare i
sintomi, ma restituire equilibrio alla temporalità dei vissuti: il tempo nello spazio
transizionale costituisce un sollievo sia dalle richieste del tempo fisico lineare sia da
quelle del mondo biologico e istintuale, tramite un oggetto che media dolcemente la
verità (Lupinacci, 2007) e in grado di aiutare il paziente a costruire un luogo di
transito nel quale gli scambi si svolgano contemporaneamente sia sul registro del reale
che sul piano dell’immaginario. Un oggetto separante e nel contempo capace di
sostenere l’illusione senza intrudere (Badoni 2008), area terza tra oggettivo e soggettivo
che permette di creare un’illusione simbolica e suscitando affetti autentici: arte
simbolica come regno intermedio tra realtà frustrante e fantasia appagante12.
Durante il tempo trascorso con gli ospiti di tre cliniche per lungodegenza13 mi sono
sentita immersa in un passato divenuto ricordo doloroso e impregnato somaticamente
da un lato, e valore istituito dall’altro. La cultura moderna, con uno sguardo
intergenerazionale, appare povera di segni paterni, mentre prende campo
l’individualismo preedipico14: non si seguono più le regole, non ci sono limiti da giocare 12 “Zwischenreich” - regno tra fede nell’immortalità e perturbante certezza della morte (Freud, 1913).13 Policlinico universitario P.Giaccone; casa di riposo IPAB Principe di Palagonia e Conte Ventimiglia; Istituto Geriatrico Siciliano.14 Cfr. Sarno, 1995.
57
quotidianamente, lo stile è cambiato, malgrado ci sia ancora chi coltiva musica, arte,
riunioni o un buon film; il buon gusto nelle relazioni amicali, fraterne, genitoriali, filiali,
lavorative; il viaggiare, sognare e sudare, amare ogni aspetto della vita come fosse
proprio e condiviso piuttosto che critico e deprivato. Il valore principale della
realizzazione personale, intorno agli anni 50’, risiedeva sulla coppia e sulla famiglia,
sulle istituzioni, sul lavoro e il sistema socioeconomico. Il quadro sociale risultava sia
cooperativo sia creativo, capace cioè di far funzionare i vari astanti limitatamente
all’ordine costituito, e di promuovere l’instaurarsi di meccanismi di rete, collegamento,
incontro e conflitto tra le parti (periodo preceduto dallo sfacelo bellico). Questo
spaccato è la sintetica narrazione delle narrazioni del vecchio a scapito dell’odierno, di
un tempo che separa inversamente la stabilità personale e la condizione umana. Quando
il corpo limita la mente, la società limita il problema, con un severo rimando alla
massificazione e al consumo degli individui. L’atrofia mette a serio rischio il
funzionamento mentale, soggettivo e intersoggettivo. Si tratta di non poter ricordare,
ripetere e rielaborare15 l’immagine di sé e del mondo in una visione univoca e
molteplice, armonica16. Nella perdita e solitudine dei valori costitutivi dell’individuo, il
gruppo riconfigura le condizioni per osservare l'emergenza, per scambiare pensieri,
emozioni, affetti fantasie, memorie, sogni e sensazioni corporee (Corrao, 1995) in un sé
gruppale, in un campo emotivo dal pensiero multiplo, generando fenomeni di
rispecchiamento reciproco in cui la corrente emozionale offre una risonanza emotiva
che fornisce l'esperienza di un apparato mentale extrapersonale complesso (Corrao,
1979) con carattere di transitorietà e allo stesso tempo capace di indurre modificazioni
nella mente individuale, inclinandosi a ridurre il difetto di integrazione.
Una società senza limiti è come un corpo sociale costrittivo e sconfinato, paradossale.
C’è eterno conflitto tra libertà e impotenza. Non si può godere della creatività,
sommersi dal dolore criptato17. Eppure è creativa e singolare l’espressione del dolore da
parte di ciascuno, in base all’espressività emotiva. L’umanità intera sviluppa saperi per
modificarli, per renderli cultura condivisa e per comprenderli.
La psicoterapia con gli anziani comporta un setting più elastico e la riduzione di
frequenza e durata delle sedute. Il tempo limitato coniugherebbe il vantaggio dei suoi
15 Cfr. Freud, 1914.16 Cfr. Gibello sul concetto di armonia evolutiva 1987.17 Cfr. Abraham e Torok 1987.
58
ormai noti effetti terapeutici con il dato di realtà della minore aspettativa di vita
dell’anziano… si tratta di riuscire a sostenere il lento metabolismo maturativo degli
anziani per sviluppare una risposta ad una interpretazione… pare che il gruppo
terapeutico abbia un buon effetto nel migliorare il funzionamento globale psichico,
anche cognitivo nell’anziano (Fasolo, 2000).
Nelle nostre esperienze di gruppo a mediazione, se è vero che il setting non può essere
canonico, come spesso accade nelle istituzioni, è pur vero che l’eterogeneità genera ogni
volta un tempo diverso e sostenibile, di circa 90 minuti.
L’adesione alla sperimentazione è stata accettata da persone con attitudine alla
socievolezza, forse anche per la brevità dell’intervento (tre incontri per ciascun gruppo),
ma ha preso piede così presto che sarebbe stato accolto di certo un prolungamento delle
attività, sia rispetto alle sedute sia rispetto ai tempi delle stesse. I gruppi erano
immersi in una cultura istituzionale, sociale e familiare da cui è stato impossibile
separarsi, anche nel concreto: lo strumento utilizzato ha infatti creato una tale curiosità
da attrarre l’intero gruppo specifico di lavoro in cui l’anziano si trova a vivere, di
passaggio o più a lungo termine, e permettendo una vivacità relazionale tra i pazienti e
una maggiore comunicazione con l’equipe, in un’ottica transpersonale e
transgenerazionale. Gli anziani sono stati capaci di comunicare l’amore per la vita, il cui
perno fondamentale è di natura interpersonale: il gruppo ha reso possibile una funzione
intrapersonale di aggregazione delle figure identitarie, la rielaborazione delle figure
familiari perdute, la vivificazione del ricordo, visto non più come peso ingombrante, ma
come forza motrice per l’inizio di nuove relazioni, ad esempio quelle del vissuto attuale.
L’anziano non guarda più alla morte come la sola consolatrice di eventi dolorosi e
luttuosi, ma ritrova anche il piacere di rivedere con gli altri antiche posizioni a cui è
affezionato o da cui è affetto, ricollegando creativamente il focolare domestico a una
nuova condizione che difficilmente è disposto a ritenere confortevole, ma che risulta
come un gioco di tutto rispetto. La funzione attiva che i gruppi di degenti ha dimostrato,
è stata risanatrice anche all’interno delle strutture, trasmettendo una nuova disponibilità
al lavoro che integra il personale alle persone che richiedono cura e generando nuovi
spazi simbolici di condivisione e differenziazione dell’esperienza, discussa e compresa
durante tutto l’arco di vita, per tutti i membri del gruppo e ridipinta nel luogo stesso in
cui si svolge e dove troppo spesso gli anziani si sentono prigionieri. Nell’area ludica del
59
gruppo è possibile trasmettere emotivamente intenzioni, sogni, dolori, ma anche
recuperarne i benefici in modo digeribile per la mente.
Il gioco porta alle relazioni di gruppo, può essere una forma di comunicazione; il gioco
facilita la crescita e pertanto la sanità. La psicoanalisi si è sviluppata come una forma
altamente specializzata di gioco, al servizio della comunicazione con se stessi e con gli
altri (Winnicott, 1971).
Le relazioni in quest’area ludica sono girovaghe, riguardano l’uno e il molteplice in
tutte le possibili vesti. Il gruppo ‘allargato’ si muove comunque all’unisono: mentre io
percepivo un setting rumoroso, resistente al cambiamento, loro sembravano danzare gli
uni con gli altri nelle loro battute, scaramucce e pressioni rigide, ciascuno sostenendo
umoristicamente il verso dell’altro. Era l’ora d’aria per tutti i presenti.
In un interessante lavoro sul transpersonale e la favola, Fiore e Lo Verso (1994)
considerano l’immagine come un nodo di condensazione e una modalità di
comunicazione delle emozioni non dicibili. Ad essa sarebbe attribuito un carattere non
individualistico bensì relazionale e sociale, o meglio antropologico collettivo.
L’immaginario in quanto fiaba sarebbe il luogo della trasmissione culturale
intergenerazionale e cura della relazione tra narratore e ascoltatore.
Il dispositivo del Photolangage è stato accettato dal gruppo sperimentale con grande
resistenza iniziale a riprova del mantenimento delle semplici certezze dell'anziano
istituzionalizzato (le visite dei parenti e dei nipoti, la messa, la colazione, l’uncinetto…),
ma ha riattivato la speranza di mantenere la giovinezza nel conflitto tra Eros e Thanatos.
Sia in ospedale che nelle cliniche geriatriche abbiamo notato un interesse crescente per
l'attività proposta, che ha attirato la curiosità di tutti rispetto a uno spazio tempo
differente da condividere con pensieri e sentimenti idiosincratici. La risonanza, la
coesione e il clima di gruppo si sono venuti a creare fin dall'inizio malgrado la tendenza
a volte a distrarsi e ad accavallare le voci.
Particolarmente interessante la numerosità di foto scelte a rappresentare volti e scene
familiari. Sembra come “le stagioni della vita” di Klimt, quando la speranza di divenire
socialmente sposa l'identità che aveva attraversato la cultura durante tutta la vita.
L'interazione tra pulsioni di vita e di morte, proiettata in avanti e indietro nel tempo,
rende più fluido il flusso della catena associativa e dà al gruppo un piacevole incontro
60
tra le generazioni in cui possiamo essere dentro e fuori la comunicazione, ricordare e
osservare, identificare e differenziare, sperare e mortificare, tutto in divenire.
Gli anziani mantengono il piacere del gioco transpersonale attraverso un terzo processo
di separazione-individuazione che coinvolge tutti nella trasformazione del percetto,
come in una visita guidata in canoa. La distorsione positiva e forte creata da questo
gruppo di ricerca si oppone al gruppo che non è stato in grado di continuare a lavorare
per ragioni patologiche di qualsiasi tipo.
Il tempo della separazione è stato accolto con dispiacere da tutti i partecipanti. Questo
indica una relazione terapeutica carente impersonata da noi come guide, riguardante la
relazione di cura che prende in ostaggio il corpo, non la persona: quando l'individuo
trova una casa, una famiglia accogliente, un compagno o una residenza terapeutica a
seguito dell’assistenza a lungo termine, può continuare a costruire su queste brevi
esperienze. In caso contrario, il rischio di dipendenza e fragilità aumenta, lasciando
anche negli operatori un senso di nostalgia.
Possiamo, attraverso il piccolo gruppo ripensare i processi mentali del creare legami e
trasformare la sofferenza in sentimenti isomorfici e omomorfici (Kaës,1976) perché il
gruppo facilita il lavoro intrapersonale, che alla fine diventa un valore, tra le molteplici
incomprensioni.
In conclusione, vorrei spendere un pensiero sull'efficacia della riabilitazione: tutti gli
astanti di una struttura per la salute dell'individuo non possono esimersi dalla gestione
dell'istituzione. L’esperienza quotidiana di gruppi che ci è dato attraversare è costruita a
diversi livelli epiteliali. Per migliorare l'esperienza, possiamo apprendere il significato e
il processo facendone un valore individuale, sociale e familiare. I nostri incontri con gli
anziani e le loro famiglie, i medici, compagni di stanza hanno permesso la realizzazione
di un "album fotografico collettivo" che propone la realtà simbolica in cui viviamo, ma
anche le particolari interpretazioni data dai gruppi di supervisione, dall’osservazione del
gruppo in chiave neurologica, assistenziale, psicologica, estera che abbiamo co-
costruito.
Temi del Photolangage©
61
Selezionando una o più foto che si legano a ricordi di vita, i pazienti hanno sollevato
questioni relative alla identità sociale e personale. Valori e dolore sono strettamente
legati a storie di fondamentale importanza per sé e per il gruppo. I dossier utilizzati
separatamente per ogni sessione, accuratamente selezionati, sono stati: Corpo e
comunicazione, Salute e prevenzione; Gruppi. Attraverso l'analisi qualitativa dei gruppi,
è stato possibile sviluppare una rete di contenuti con temi ricorrenti per gli anziani,
scelti dai tre dossier presentati nelle sessioni di gruppo. Questa griglia tematica sarà
riveduta e corretta in base ai cinque organizzatori inconsci del gruppo postulati Anzieu
nel 1983. Sarà anche possibile confrontare i diversi tipi di istituzioni coinvolte nella
ricerca.Photo Description Value Souvenir Affect
Groupes1
I67 Personaggio westernRelazione di coppiaGioco Gioventù
RimpiantoAmicizia
2 I83 Giovane donna Legame familiare Affetti cari Nostalgia3
I59 Giovane coppia Rapporto di coppiaMatrimonioGioventù
Lutto Amore
4 I70 Fiori in contro luce Piacere - Dispiacere Eros - Thanatos Serenità -Tristezza5
I50 Donna che fumaEmancipazione femminle Osservatore Padronanza di sè
6
I72 Giovane manifestante Comunicazione sociale
Guerra "Discorsi" MussoliniGioventù- anni della rivolta 1968 Stabilità
7I87
Carri armati Trattori
Curiosità del diversoLavoro nei campi
GuerraInfortunio
Desiderio di crescitaConnotazione identitaria
8I55
Sguardo penetrante di ragazza Ricerca d'identità Compenetrazione Bellezza
9I96
Dialogo ragazza - poliziotto
EmergenzaUnità familiare
Presentimenti negativiInfanzia
SgomentoAmore filiale
10 I91 Testa d'argilla Deprivazione Sgomento11 I74 Volto di giovane donna Fratria Sorella morta Dolore e identificazione12
I77 Antenna EvasionePassione per lo spazioTelevisione
AppagamentoIntrattenimento
13
I68 Cantante
Trasmissione intergenerazionaleColonna sonora della vita
Rapporto padre – figliaBagno sensorialeMusica anni 60
Amore filialeContenimentoPienezza
14I61 Militare Identità
GuerraEspressione personale
FierezzaArricchimento interiore
15I86 Mondina Semina
Il lavoro femminileLavoro nei campi
AmmirazioneSperanza del nuovo
16I95 Stormo di uccelli Incanto
La semplicità della natura Libertà
17 I78 Due donne in età Lo scambio Il gruppo Legame
62
differente intergenerazionale Nonni Amore per i nonni18
I80 Donna che corre
Libertà e semplicitàDivertimentoSpensieratezza
Moda anticaGiovinezza
Vitalità e indipendenzaEquilibrio Felicità
19
I75 Gruppo di giovaniApertura socialeSguardo culturale
GiovinezzaRichiesta diritti
EquilibrioScissione desiderio/mancanza
20I93 Contestazione giovanile Socialità
GiovinezzaGenitorialità Esperienze formative
21 I94 Maschera Intercambiabilità Teatro Pirandello Autenticità e falsità22 I73 Rivolta femminile Diritti/doveri Folla Unità culturale23
I79 Rotaie Strade della vitaLuoghi conosciuti e di passaggio Intimità
24 I85 Donna con mascherina Identità Se stessa Simpatia 25
I62Ragazza e uomo gommapiuma Intensità legami fittizi Film e attori anni 60 Storicizzare
26 I84 Teatro Cultura familiare Infanzia, lavoro padre Cultura primaria27 I92 Manifestanti Lotta per i diritti Moti 68, gioventù Emergenza sociale28
I49Albero spoglio con nuvole Compenetrazione Gioco vita/morte Meraviglia
29A28 Uomo sul treno Ricerca di riposo
La frenesia della vita e del lavoro
NostalgiaSoddisfazione
30A9 Pranzo in famiglia
Stare insieme Riunirsi Famiglia
RammaricoPienezza
31A37 Uomini sorridenti Unione e distacco Famiglia
Assenza – amarezza-complicità fraterna
32 A43 Bambini che si baciano Fratria e maternità I figli Tenerezza33 A10 Volto di giovane donna Spensieratezza Identità Simpatia34
A 15 Madre con figlio Legame madre-bambino
Figli mai natiFigli Genitorialità
Amarezza- Desiderio maternità- Gioia
35 A 16 Gruppo allargato Concertazione Unità culturale Stima reciproca36
A46Mamma stringe bimbo per strada Legami indissolubili
Miseria Figli senza padre
Amore e tormentoDisgrazia
37
A18Uomo anziano e bambino
Trasmissione inter generazionaleConsigli
Il ruolo dei nonniAscolto storie anticheValore antichi racconti
Tenerezza e vissuto d' inadempimentoAmoreComunicazione partecipe
38
A4Malato in stanza d'ospedale
Ammirazione staffDecremento salute e fiducia nei curanti
DegenzaRichiesta aiuto
SollecitudineSfiducia
39 A13 Mani sul libro braille Superare la diversità Storie di amicizia Amicizia40 A1 Karateka Calma e rigore La pratica dello Yoga Sicurezza- equilibrio41
A34 Giovane che cammina Senso di indefinitoFasi di cambiamento nella vita Dubbio
42
A40 Bambina in campagnaLeggerezza infantileMiseria
Scampagnate in famigliaSemplicità
SerenitàDesolazione
43A33
Mani di anziano su bastone Senescenza Il cerchio della vita Appagamento
63
44 A 38 Bambino che dorme Carestia Guerra Desolazione45 A 31 Stanza ospedale Salute Degenza Sfiducia46
A27Animatore balla con anziani
Relazioni intergenerazionali
Balli tipici: mazurca, tangoFamiglia
Cultura giovanileVitalità senile
47
A 6 Padre con bimbi e canePaternitàSguardo materno
Figli – GiocoMomenti indimenticabili
Amore paternoAmore familiare
48A 11
Padre e bimbo per strada Paternità Miseria Amore e vergogna
49A 48
Volto di bimba in una mano Protezione Legame con i bimbi Amore intergeneraz.
50 A 17 Sguardo Osservazione Pazienti Rinnovamento 51 A 26 Leone Libertà Forza interiore Possibilità52 Prévention et santé 53 C5 Ragazzino con bottiglia Evasione dalle difficoltà Dipendenza alcolica Solitudine54 C26 Tromba delle scale Mancanza di controllo Tromba d'aria Confusione55 C12 Eroinomane Assenza di contenitore Autocura Solitudine56 C10 Sala operatoria Forza materna Ultimo Parto Abbandono57 C14 Un uomo La precarietà dell'uomo Uomini della sua vita Diffidenza58
C38 Uomini a lavoro Il lavoro Marito e figlioLavoro in officina
ResponsabilitàNostalgia
59 C21 Bambini che giocano Semplicità Giovinezza Nostalgia60
C11 Nonna con nipotiLegami familiariIntergenerazionali Nipoti e pronipoti Dolcezza
61
C27 Due ragazze
FratriaAmori giovaniliPassione per il sapere
Le sue sorelleCompagne Cugina studentessa
InsoddisfazioneIntrigo sentimentaleImpegno personale
62C36 Corsia d'ospedale
Mancanza di calore domestico La sua malattia Disadattamento
63 C1 Donna al telefono Gioventù e lavoro La sua vita lavorativa Pienezza e vuoto64
C3Sassofonista alla finestra Voglia di solitudine Ricamare Apatia
65
C37Cucina di un ristorantecon cuochi
Aspettative positivePunti di riferimento
Lo stare insiemeLavoroSorella
AllegriaDedizione Unione fraterna
66C41 Pic nic
Necessità di allegriaFamiglia Scampagnata
Prendersi curaAffetti familiari
67 C47 Ragazzi che si baciano Legami interpersonali Relazione con il marito Soddisfazione68 C9 Orizzonte Protensione al futuro La vita Curiosità69
C35 Donna con mascheraEspressività espressa e celata Teatro Esigenza di verità
70C43 Uomini su impalcatura Costruire insieme
Il percorso nella vita e il percorso di gruppo Speranza
71 C 46 Staff medico Impegno umano Lavoro Utilità pubblica 72
C 40Albero spoglio su foresta
Soddisfazione agilità in vecchiaia
Lavoro in campagnaCaduta dall’albero
Paura della riabilitazione
73 C 22 Staff medico Attualità Istituzione medica Impegno sociale74 C 32 Paesaggio Calma infinita Mare e vacanze Amore per la vita75 C 15 Yoga Calma Pazienza in istituzione Dedizione al lavoro76 C 4 Cascata Panta rei La vita Amore per la vita
64
77 C24 Mano sul pc Lavoro Istituzione medica Soddisfazione personale
La vecchiaia, per l’insieme di eventi e situazioni che mettono alla prova la forza
psichica della persona, la sua capacità o meno di reagire e assorbire le difficoltà, di
mobilitare meccanismi di difesa e strategie di adattamento, è certamente un momento di
crisi, di rottura di precedenti equilibri a livello sia personale sia sociale. In essa sono
presenti elementi nuovi che rischiano di destrutturate l’identità del soggetto. La crisi
della vecchiaia impone un cambiamento di equilibri interni, di relazioni tra sé e il
mondo degli altri, di strategie di comportamento e di elaborazione del processo di lutto
legato a numerose perdite: perdita di oggetti d’amore importanti come possono essere
il coniuge, i figli, la propria casa, perdita delle proprie funzioni e del controllo delle
proprie azioni; perdita del sé, della propria immagine corporea, dell’identità personale
e sociale.
In tale ambito occorre anche considerare che dagli studi disponibili emerge
chiaramente che la componente spirituale e religiosa influenza moltissimo la qualità di
vita dell’anziano, sia che si trovi in condizioni di autosufficienza, sia che si trovi in
condizione di disabilità. È spesso l’età in cui più forte è il desiderio di ricevere
rassicurazioni sulla vita futura (Petrini, 2007).
Il malessere dell’istituzione
Contenere l’esperienza della rottura, in istituzione, è compito dell’equipe che si prende
cura del malato. Ma chi si prende cura dell’equipe? Il progresso delle specificità
istituzionali connota il gruppo di lavoro in senso maggiormente collaborativo, tendendo
alla supervisione costante dei casi e degli agenti di cura. Partendo dal presupposto che
coloro i quali si approcciano ai pazienti e alle loro famiglie vadano costantemente
incontro al ritorno inconscio delle proiezioni di angoscia e impotenza (Bleger, 1970), un
utile strumento di contenimento va ricercato nel corpo di lavoro e nell’integrazione
triangolare tra l’istituzione, il paziente e la sua famiglia (Joubert, 1997). Anche le
dinamiche disfunzionali paziente/famiglia verranno messe in scena con i curanti, così da
rendere critiche le loro stesse attività, piuttosto che avvalorare il dialogo triangolare che
sviluppa cultura. Nell’accoglienza di pazienti psichiatrici, bambini e anziani dipendenti i
65
gruppi di lavoro manifestano le maggiori sofferenze, ma anche le possibilità umane più
raffinate18. Molte istituzioni promuovono il benessere interno e dei congiunti
proponendo supervisioni cliniche interprofessionali, gruppi a mediazione per i pazienti e
servizi di ascolto gruppale per i familiari che spesso fungono da ricettacolo delle
angosce di morte, del dolore e dell’insofferenza di fronte alla malattia, al declino e alla
disabilità. Le strutture osservate accennano a una familiarità in ascesa con gli interessi
psicologici del personale e dei pazienti: questi luoghi di cura sono elettivi per il
dispiegarsi degli interventi sociali. Il divario comunicazionale tra l’individuo e
l’istituzione che lo accoglie può essere preso in cura dal sistema stesso di interazione
interpersonale in una società che sta perdendo i suoi garanti metapsichici e metasociali
(Kaës, 2003).
Il gruppo e i suoi organizzatori inconsci
Le relazioni triangolari famiglia-paziente-istituzione possono essere valutate alla luce
del pensiero di Anzieu (1974); egli intende il gruppo come un corpo con la sua pelle
psichica, che protegge il sistema di paraeccitazione. Molto spesso la mancanza di
comunicazione e di scambio interistituzionale ci mette di fronte a servizi dalla pelle
coriacea:
Risonanza fantasmatica: l’illusione gruppale è di natura isomorfica e permette di
negare le differenze tra i membri in nome di una tematica comune. Il gruppo si
stringe attorno a un ideale. Quando ciò non accade domina il silenzio sul gruppo, il
fantasma di rottura (Kaës), che condensa le angosce di castrazione, divoratorie,
persecutorie, di spezzettamento. Nelle equipe di lavoro è frequente incontrare sia un
18 Ad esempio,Tenerini propone un approccio gruppale sul “diaframma soma-psiche” in un gruppo di infermieri di un DSM: nella dimensione circolare del gruppo il corpo di ciascuno, visibile agli altri, consente di vedere la stanchezza, la fatica, il dolore e di riconoscerlo come simile al proprio. Accogliendo il corpo sofferente degli individui, il gruppo diventa contenitore di quelle esperienze sensoriali che se da un lato si connotano come forme di risposta a stimoli o pattern sensoriali rudimentali (che possono essere proiettati nel sé somatico come detriti somatopsichici), dall'altro possono essere trattenuti dalle strutture preorganizzate nel campo gruppale come da una rete (Corrao, 1981).Muovendosi tra il fisico e il mentale, in continue oscillazioni transitorie, il gruppo percorre i molteplici vertici del sentire, dalla sensorialità corporea al sentire affettivo e cognitivo, con un intreccio tra logos e pathos nella cui trama si alimenta la capacità mitopoietica e l'attività onirica. Il sentire multiplo del gruppo diventa un organizzatore dell'esperienza che differenzia molteplici direzioni e punti di vista e, al tempo stesso, li tollera in una logica non separativa che sottende la dimensione dell'in-comune. Si apre così la possibilità di un incontro con l'evento umano, con l'accadere psichico personale, interpersonale e transpersonale dove può emergere il senso e insorgere il creativo (Corrao, 1984).
66
funzionamento idealizzato e privo di ruoli definiti, che contrasta l’estraneo, sia una
sorta di incomunicabilità che mette a repentaglio il buon funzionamento del
sistema.
Imago: questo termine, mutuato da Jung, fa riferimento agli assunti di base di Bion
(dipendenza, attacco-fuga- accoppiamento) e spiega un sistema d’equipe in cui il
capo è ora megalomane, psicopatico o di tipo eroico – edipico, e su cui il gruppo
proietta l’onnipotenza positiva o negativa, come buona guida o capo tirannico.
Questi sistemi creano sofferenze a carico dei curanti che si esprimono nella lotta
contro l’autorità.
Fantasmi originari: Freud introduce la portata filogenetica dei fantasmi inconsci
comuni all’umanità (fantasma della scena primitiva, di castrazione, di seduzione)
che devono circolare all’interno dei gruppi senza rischiare la conflittualità: in ogni
equipe di lavoro è importante spingere alla differenziazione tra i membri in modo
da poter giocare l’inconscio fantasmatico (tendenze voyeuristiche, differenza,
seduzione) al riparo dai passaggi all’atto.
Complesso d’Edipo: il ‘nocciolo della cultura’ (Lévi-Strauss, 1958) struttura le
relazioni intersoggettive e contiene la forza pulsionale interna degli individui,
mantenendo le relazioni interpersonali al riparo dall’aggressività e dalla sessualità.
Contenitore psichico gruppale: il quinto organizzatore psichico si sviluppa dagli
altri.
All’interno delle istituzioni di cura, il polmone dell’istituzione comprende un
programma che ponga l’individuo al centro di una triangolarità, pensabilità sociale. I
gruppi fanno parte della nostra vita, ma spesso non della nostra prassi clinica. Gli
anziani in istituzione rivendicano fortemente la necessità di un progetto di cura
istituzionale che accolga anche l’ascolto della sofferenza e del buon senso comune.
Conclusioni
67
Ci auguriamo che i sistemi di cura siano cablati tanto sui pazienti quanto su coloro che
se ne prendono cura. Di fatto, partecipare attivamente alle relazioni dei propri gruppi
sociali favorisce la produttività, l’autogestione, il benessere mentale e funzionale,
l’integrità individuale e ciò ritarda l’invecchiamento dipendente e passivo. La ricerca ci
ha permesso di includere gli anziani in un progetto di vita sociale, restituendo loro le
possibilità di comunicare, d’integrazione intergenerazionale e di sviluppare nuove
strategie psicologiche per far fronte alle difficoltà quotidiane. I nostri pazienti sono stati
fieri di recuperare e raccontare i propri valori: la saggezza condivisa ha prodotto dei
benefici al gruppo per intero, integrando la visione personale, familiare,
intergenerazionale della vita.
Gli studi contemporanei sull’invecchiamento mostrano come si può riuscire a vivere
una sana senescenza. Rispetto alla percezione di sè e alla soddisfazione della qualità di
vita, l’essere umano può divenire in modo resiliente. Il pericolo associato al
cambiamento e al dolore è certamente un effetto dissuasivo al mantenimento
dell’indipendenza e dell’equilibrio psichico, ma spesso non va confuso con la
destrutturazione stessa della personalità. Dedurre i fattori di rischio
dell’ospedalizzazione ci ha condotti a rivalutare la possibile compliance terapeutica con
l’aiuto dei pazienti, e a preservare la complessità della qualità della vita, in un
programma di alfabetizzazione condiviso. Migliorare l’indipendenza personale in terza
età ha infatti un valore consistente per le politiche sanitarie e per il benessere sociale,
mostrando come alcune condotte di vita possano realizzare dei cambiamenti che vanno
dall’individuo al suo entourage. Pertanto, costatiamo come sia circolare il movimento
produttivo che include l’individuo, le istituzioni e la comunità in un progetto di
storicizzazione intergenerazionale.
Bibliografia
68
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