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61 MIRIAM NICOLI Le scritture personali nella Svizzera italiana (XVI-inizio XIX secolo). Un primo bilancio 1 «Per far un tiranno compito prendete del sangue di Robespierro, delle cervella di Nerone, e un pezzo di cuore di Tiberio» Massima riportata sulla prima pagina del libro contabile di Carlo a Marca (1784-1853) 2 Introduzione Gli studi dedicati alle scritture personali hanno conosciuto una forte espan- sione su scala internazionale durante gli anni Ottanta del XX secolo. La ricerca viveva all’epoca quello che può essere definito senza esagerazione un cambiamento di paradigma, dovuto principalmente alla riconsiderazione della centralità della storia sociale a beneficio dei cultural studies e a un cre- scente scetticismo nei confronti della narrazione storica risultante dalle ampie inchieste seriali, statistiche e macro-storiche condotte sin dagli anni Sessanta dai seguaci dell’École des Annales. In reazione a tale approccio «globale» alla storia, si assistette allora a un ritorno d’interesse per la storia «narrata» rifa- 1 Il presente articolo è stato scritto nell’ambito del progetto Valorisation scientifique des écrits per- sonnels de Suisse latine (XVI secolo-inizio XIX secolo), diretto dalla professoressa Danièle Tosato- Rigo (Università di Losanna) e finanziato dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica. Si ringraziano Sylvie Moret-Petrini e Sandro Guzzi-Heeb per la rilettura e i puntuali consigli, come pure gli archivisti e i bibliotecari per l’aiuto prestato all’autrice nel lavoro d’inventariazione delle scritture personali della Svizzera italiana. Abbreviazioni archivistiche utilizzate nel testo: ADL = Archivio Storico Diocesano, Lugano ASC = Archivio storico della Bregaglia, Palazzo Castelmur, Stampa ASGr = Archivio di Stato dei Grigioni, Coira ASTi = Archivio di Stato del Cantone Ticino, Bellinzona CDVP = Centro documentazione sulla storia della Val Poschiavo, Brusio FAaM = Fondazione Archivio a Marca, Mesocco 2 FAaM, 63.

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Le scritture personali nella Svizzera italiana (XVI-inizio XIX secolo). Un primo bilancio1

«Per far un tiranno compitoprendete del sangue di Robespierro,delle cervella di Nerone,e un pezzo di cuore di Tiberio»

Massima riportata sulla prima pagina del libro contabile di Carlo a Marca (1784-1853)2

Introduzione

Gli studi dedicati alle scritture personali hanno conosciuto una forte espan-sione su scala internazionale durante gli anni Ottanta del XX secolo. La ricerca viveva all’epoca quello che può essere definito senza esagerazione un cambiamento di paradigma, dovuto principalmente alla riconsiderazione della centralità della storia sociale a beneficio dei cultural studies e a un cre-scente scetticismo nei confronti della narrazione storica risultante dalle ampie inchieste seriali, statistiche e macro-storiche condotte sin dagli anni Sessanta dai seguaci dell’École des Annales. In reazione a tale approccio «globale» alla storia, si assistette allora a un ritorno d’interesse per la storia «narrata» rifa-

1 Il presente articolo è stato scritto nell’ambito del progetto Valorisation scientifique des écrits per-sonnels de Suisse latine (XVI secolo-inizio XIX secolo), diretto dalla professoressa Danièle Tosato-Rigo (Università di Losanna) e finanziato dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica. Si ringraziano Sylvie Moret-Petrini e Sandro Guzzi-Heeb per la rilettura e i puntuali consigli, come pure gli archivisti e i bibliotecari per l’aiuto prestato all’autrice nel lavoro d’inventariazione delle scritture personali della Svizzera italiana.Abbreviazioni archivistiche utilizzate nel testo: ADL = Archivio Storico Diocesano, LuganoASC = Archivio storico della Bregaglia, Palazzo Castelmur, StampaASGr = Archivio di Stato dei Grigioni, CoiraASTi = Archivio di Stato del Cantone Ticino, BellinzonaCDVP = Centro documentazione sulla storia della Val Poschiavo, BrusioFAaM = Fondazione Archivio a Marca, Mesocco2 FAaM, 63.

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cendosi alla biografia3 di uomini e donne che potremmo definire «ordinari», dei «figuranti anonimi» della grande storia4. Alan Macfarlane, Alain Lottin o Daniel Roche furono tra i primi a proporre, non senza difficoltà e dovendo lungamente discutere della rappresentatività delle loro fonti, ricerche incentra-te su documenti autobiografici di persone appartenenti al ceto medio o attive nell’artigianato, come ad esempio il vetraio Ménétra, la cui autobiografia fu edita dallo stesso Roche5. La trasformazione del paesaggio storiografico degli anni Ottanta si concretizzò poi con l’emergenza di nuove correnti, come la Microstoria in Italia e l’Alltagsgeschichte in Germania, che privilegiarono ricerche incentrate sul singolo, sulla sua traiettoria biografica e sul suo entou-rage: studi di casi individuali o di micro-dinamiche di gruppo insomma, il cui scopo, attraverso quella che è stata definita una «narrazione densa»6, è di meglio comprendere la complessità delle relazioni sociali tra individui e di porre in evidenza i margini d’azione e le scelte individuali delle persone in determinati contesti normativi7. Questo radicale cambiamento della scala d’osservazione mira a interrogare in maniera innovativa i meccanismi d’ag-gregazione presenti nei vari gruppi, per individuare i luoghi e le forme della coesione sociale, ponendosi così in antitesi al discorso dominante sull’iden-tità familiare, professionale o di classe. Pionieri in tal senso sono stati Carlo Ginzburg e Giovanni Levi, in Italia, e Alf Lütdke, in Germania8.

In conseguenza di questo accresciuto interesse per la biografia, i diari, le autobiografie, le memorie e altri fonti analoghe hanno progressivamente atti-rato l’attenzione dei ricercatori9. A tali documenti, che la ricerca identifica

3 Sulla biografia sociale si vedano ad esempio J. revel, La biographie comme problème historio-graphique, in Biographie schreiben, a cura di H. e. Bödeker, Göttingen 2003, pp. 327-348, e S. loriga, Le petit x: de la biographie à l’histoire, Paris 2010.4 Cfr. J.-P. JelMiNi, Pour une histoire de la vie ordinaire dans le Pays de Neuchâtel sous l’Ancien Régime. Plaidoyer pour une étude des mentalités à partir des écrits personnels, in «Cahiers de l’Institut neuchâtelois», (1994), p. 7.5 a. MacfarlaNe, The Familiy Life of Ralph Josselin, a Seventeenth-Century Clergyman, Cam-bridge 1970; A. lottiN, Chavatte, ouvrier lillois. Un contemporain de Louis XIV, Paris 1979; d. rocHe, Jacques-Louis Ménétra: Journal de ma vie, Paris 1982.6 Si rinvia ai lavori dell’antropologo statunitense c. geertz, in particolare a The Interpretation of Cultures, New York 1973, e La description dense, in «Enquête», 6 (1998), pp. 73-105.7 Cfr. g. levi, Les usages de la biographie, in «Annales. Economie, Sociétés, Civilisations», 44 (1989), pp. 1325-1336.8 c. giNzBurg, Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del ‘500, Torino 1976; g. levi, L’eredità immateriale. Carriera di un esorcista nel Piemonte del Seicento, Torino 1989; A. lüdt-ke, Alltagsgeschichte. Zur Rekonstruktion historischer Erfahrungen und Lebensweisen, Frankfurt a.M. 1989.9 Sui legami non sempre diretti tra microstoria e egodocumenti si consulti S. guzzi-HeeB, Egodo-cuments, biographie et microhistoire en perspective. Une histoire d’amour?, in Appel à témoins: écrits personnels et pratiques socioculturelles (XVIe-XXe s.), a cura di d. toSato-rigo, in «Etudes de lettres», 1-2 (2016), pp. 269-287.

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sempre più spesso con il termine «egodocumenti»10, fanno ormai ricorso rego-larmente coloro che si occupano non soltanto di storia socio-culturale, ma anche di altre discipline11. Negli ultimi anni l’interesse condiviso da diverse équipe di ricerca internazionali ha portato allo sviluppo di banche dati online. Il loro scopo non è unicamente quello di facilitare la ricerca rendendo più visi-bili queste fonti, spesso nascoste all’interno di voluminosi fondi di famiglia o recensite in inventari cartacei poco diffusi12; gli inventari online vogliono soprattutto incitare gli studiosi a intraprendere nuove indagini basate su analisi seriali e comparative, al fine di evidenziare la grande diversità sociale degli scriventi e i diversi percorsi di vita possibili13.

Per l’Olanda, si può consultare la banca dati sviluppata presso il Center for the Study of Egodocuments and History grazie all’impulso dato dai lavori diretti sin dal 1983 da Rudolf Dekker, che hanno permesso di recensire gli egodocumenti redatti tra il 1500 e il 1918 (www.egodocument.net); per la Francia, sono a disposizione i risultati del progetto intitolato Les écrits du for privé de la fin du Moyen-âge à 1914, promosso nel 2003 dall’Università Paris-Sorbonne in collaborazione con il Centre national de la recherche scientifique e coordinato da Jean-Pierre Bardet e François-Joseph Ruggiu (ecritsduforpri-ve.huma-num.fr); per la Spagna, il progetto Archivio de la memoria Personal, realizzato inizialmente all’Università autonoma di Barcellona, consente di accedere alle scritture personali in lingua catalana tra la fine del Medioevo e il XIX secolo (www.memoriapersonal.eu); per l’Italia, infine, menzioniamo la Biblioteca informatizzata dei libri di famiglia (BILF), sviluppata all’Univer-sità di Roma Tor Vergata nel 1997 da Raul Mordenti, pioniere negli studi sul tema con Giovanni Ciappelli (bilf.uniroma2.it).

10 «Scritture personali», «scritture di ricordo», «scritture dell’io/sé», «egodocumenti»: i termini usati nella letteratura per definire questo tipo di fonti sono numerosi; nel presente articolo «scrittu-re personali» e «egodocumenti» sono utilizzati come sinonimi. Malgrado un’iniziale resistenza, il termine «egodocumento», impiegato per la prima volta nel 1958 dallo storico e scrittore olandese Jacob Presser, si sta infatti imponendo sul piano internazionale e si ritrova sempre più spesso accanto ai termini consueti, come Selbstzeugnisse, écriture du for privé, memoria personal e autobiographical writing. Per una critica del termine «egodocumento» si veda k. voN greyerz, Ego-Documents: The Last Word?, in «German History», 28/3 (2010), pp. 273-282.11 Thomas Max Safley illustra, ad esempio, come gli egodocumenti possono essere fonti importanti per la storia economica. tH. M. Safely, Autobiography in Economic Hystory, in Mapping the I. Research on Self-Narratives in Germany and Switzerland, a cura di c. ulBricH, k. voN greyerz, l. HeiligeNSetzer, Leiden; Boston 2015, pp. 227-250.12 Come ad esempio l’imponente lavoro di reperimento di diari inglesi svolto da William Matthew. Cfr. W. MattHeW, British Diaries. An Annotated Bibliography of British Diaries Written between 1442 and 1942, Berkeley 1950.13 Cfr. Au plus près du secret des cœurs? Nouvelles lectures historiques des écrits du for privé, a cura di J.-P. Bardet, fr.-J. ruggiu, Paris 2005, p. 12.

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Il progetto svizzero

La Banca dati svizzera delle scritture personali, accessibile sul sito www.egodocuments.ch – che invitiamo il lettore a consultare in parallelo alla lettura del presente articolo –, si pone in tale contesto e si inserisce in una dinamica che vede le università elvetiche sviluppare progetti innovativi nell’ambito delle umanità digitali14. Essa repertoria le scritture personali conservate negli archivi e nelle biblioteche svizzeri e redatte tra il 1500 e il 1820 circa, ed è il risultato di alcuni progetti successivi sostenuti dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica. Il primo di questi, Deutschschweizerische Selbstzeugnisse (1500-1800) als Quellen der Mentalitätsgeschichte, è stato realizzato tra il 1996 e il 2003 sotto la direzione del professor Kaspar von Greyerz all’Università di Zuri-go e poi a quella di Basilea15; i due seguenti, L’éducation domestique au miroir des écrits personnels en Suisse romande (1750-1820), svoltosi tra il 2010 e il 201216, e Valorisation scientifique des écrits personnels de Suisse latine (1500-1820), iniziato nel 2013 e conclusosi nel 201817, sono stati diretti dalla profes-soressa Danièle Tosato-Rigo all’Università di Losanna. Proprio quest’ultimo progetto ha permesso di ampliare la banca dati e la ricerca alle scritture private conservate nella Svizzera italiana (Ticino e Grigioni italiano)18: le pagine che seguono intendono trarre un primo bilancio, mettendo in evidenza alcune fonti di particolare interesse tra quelle schedate nel repertorio.

Sotto l’etichetta di «scritture personali» sono stati inclusi tutti quei testi, composti senza un fine propriamente letterario e senza l’intenzione di darli alle stampe, nei quali una persona lascia una testimonianza diretta, compiuta o parziale, su se stessa, ma anche sulla propria cerchia familiare o sulla pro-pria comunità d’appartenenza. Bisogna infatti considerare che, per il periodo contemplato e fino almeno alla metà del XIX secolo, nelle diverse scritture private è perlopiù assente la sfera dell’intimo, nei termini in cui la si intende oggi (affetti, sentimenti, sessualità)19.

14 Citiamo ad esempio la piattaforma lumières.lausanne (lumieres.unil.ch) sviluppata sotto la dire-zione di Béla Kapossy all’Università di Losanna allo scopo di fornire ai ricercatori interessati al patrimonio culturale della Svizzera romanda durante il XVIII secolo fonti inedite, letteratura secondaria e biografie di personaggi che l’hanno influenzato.15 Vi hanno preso parte come dottorandi e ricercatori Gudrun Piller, Sebastian Leutert e Lorenz Heilingsetzer.16 Hanno partecipato al progetto Fiona Fleischner e Sylvie Moret-Petrini. Su questa fase del pro-getto si consulti d. toSato-rigo, En Suisse romande. Un projet d’inventaire en ligne des écrits du for privé (1600-1830), in: «La Faute à Rousseau», 57 (2011), pp. 61-62.17 In collaborazione con: Fiona Fleischner, Maïla Kocher Girinshuti e Miriam Nicoli.18 La Valtellina, Chiavenna e Bormio non sono stati presi in considerazione per la presente ricerca, benché siano stati paesi soggetti del Libero Stato delle Tre Leghe dal 1512 al 1797.19 Ancora alla fine dell’Ottocento, il migrante grigionese Florin Lozza (1870-1919) resta allusivo nelle sue memorie quando tratta temi riguardanti i rapporti affettivi e la sessualità. Cfr. f. c. lozza, Le mie memorie, a cura di S. BiaNcoNi, f. NuSSio, Firenze 2015, p. 53.

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I documenti repertoriati nella Banca dati svizzera delle scritture personali contemplano le seguenti tipologie: diario, autobiografia, note annuali, relazio-ne di viaggio, diario di viaggio, libro di famiglia (a una o più mani), cronaca di famiglia (a una o più mani), cronaca, curriculum vitae, libro contabile, cro-naca degli avvenimenti. La corrispondenza privata non è invece stata presa in considerazione, sebbene rientri nella vasta categoria delle scritture personali. Come giustamente rilevato durante la giornata di studio organizzata nel 2014 a Lugano nell’ambito del progetto Valorisation scientifique des écrits person-nels de Suisse latine con la partecipazione di storici, archivisti e linguisti20, tale scelta può risultare problematica, in particolare se riferita a regioni di frontiera come il Ticino e i Grigioni, dove lo scambio epistolare nelle famiglie era favo-rito dall’elevata mobilità della popolazione21. In effetti essa è stata dettata da ragioni puramente logistiche, legate anche alle limitate risorse umane a dispo-sizione dei tre progetti; tuttavia, ciò non implica che un futuro ampliamento della banca dati non possa tener conto di tale criterio.

Allo stato attuale, la Banca dati svizzera delle scritture personali conta all’in-circa 1700 voci. I documenti repertoriati, il cui numero è sicuramente destinato ad accrescersi nei prossimi anni, sono notevoli. L’utente può consultare le sche-de riguardanti all’incirca 400 diari, più di 170 autobiografie o 200 diari e reso-conti di viaggio, composti nelle diverse lingue nazionali. Menzioniamo inoltre la presenza, eccezionale, di alcuni «diari d’educazione» tenuti da bambini o dai loro istitutori, che sono stati studiati da Sylvie Moret-Petrini22.

Malgrado l’importante lavoro svolto dalle tre équipes, la Banca dati sviz-zera delle scritture personali non può peraltro essere considerata come un inventario esaustivo delle egoscritture prodotte durante il periodo esaminato, sul quale basare studi di tipo meramente quantitativo o statistico. Essa riflet-te piuttosto le scelte concernenti le direzioni della ricerca23 e le politiche di conservazione, che sono variabili non solo nel tempo, ma anche da cantone a cantone. Va inoltre considerato come numerosi documenti siano stati distrutti e come una parte di essi (ed è il caso soprattutto del Ticino) si trovi tuttora

20 Ego-Documenti. Inventario, ricerca e valorizzazione. Incontro sulle scritture personali e gli archivi di famiglia della Svizzera italiana, Lugano, 14 ottobre 2014.21 La lettera spedita a casa ai familiari diventa l’occasione di raccontare, come in un diario, le pro-prie giornate, gli spostamenti, gli eventi di cui si è testimoni. Le lettere ricevute in risposta rendono conto della vita quotidiana e delle vicende familiari alla pari di altre egoscritture.22 S. Moret-PetriNi, Pratiques éducatives familiales et écriture du for privé en Suisse romande (1750-1820), tesi di dottorato di ricerca all’Università di Losanna, Facoltà di Lettere, 2016 (rel.: prof. D. Tosato-Rigo).23 Ad esempio, nella prima fase del progetto diretto da Kaspar von Greyerz non sono recensiti in modo sistematico i diari e i resoconti di viaggio, poiché non erano di grande interesse per i dottorandi che collaboravano al progetto. Cfr. S. leutert, g. Piller, Deutschschweizerische Selbstzeugnisse (1500-1800) als Quellen der Mentalitätsgeschichte. Ein Forschungsbericht, in «Schweizerische Zeitschrift für Geschichte», 49 (1999), p. 207.

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presso le famiglie o sia stata acquistata da collezionisti. Di altre egoscritture, delle quali si ha notizia in pubblicazioni ottocentesche o d’inizio Novecento, si sono perse le tracce. Inoltre, non tutti i documenti rinvenuti nel territorio dell’attuale Svizzera sono stati schedati: basti pensare che soltanto per la Sviz-zera francese l’elenco allestito sulla base degli inventari disponibili compren-de più di 3000 unità.

Nei tre progetti l’inventario è stato affiancato dalla descrizione sommaria delle fonti, compilata generalmente nella lingua in cui sono scritte (autore, materialità, contenuto, informazioni bibliografiche)24, nonché dall’edizione e dalla valorizzazione scientifica di un certo numero di esse. I temi approfon-diti, che rispecchiano quelli trattati sul piano internazionale e testimoniano dell’ampliamento progressivo degli orizzonti della ricerca attorno agli egodo-cumenti, sono le pratiche scrittorie, l’educazione e la sociabilità, la religione, la morte, il corpo e la malattia, il viaggio e le scritture femminili, sia laiche che conventuali25.

I materiali italofoni

Per dirlo senza mezzi termini, le scritture personali rinvenute finora negli archivi e nelle biblioteche pubbliche della Svizzera italiana non possono cer-to essere definite numerose, se paragonate con quelle trovate nella Svizzera tedesca26 e soprattutto nella Svizzera francese – che a onor del vero sono eccezionali, anche se messe a confronto con quelle degli altri progetti europei citati in precedenza. Si tratta di 150 documenti circa. Per quanto concerne il Ticino, l’esiguità del numero è riconducibile principalmente alla scarsità di fondi privati e di famiglia riferiti all’epoca moderna, che sono conservati all’Archivio di Stato e nei principali archivi cittadini. Ciò si spiega almeno in parte con la travagliata nascita dell’Archivio di Stato, regolarmente spostato ad ogni cambiamento della capitale, la cui itineranza protrattasi fino al 1881 costrinse ad attuare una politica pragmatica, incentrata sulla conservazione della documentazione amministrativa strettamente necessaria e sul recupero

24 Invitiamo il lettore a scoprire il dettaglio delle schede direttamente nel sito web, attraverso la rubrica «ricerca».25 Per una lista completa delle pubblicazioni relative ai tre diversi progetti, si consulti la bibliografia raccolta nel sito web.26 Per avere un’idea dello stato della ricerca nella Svizzera tedesca si faccia riferimento a leutert, Piller, Deutschschweizerische Selbstzeugnisse, pp. 197-221 e a k. voN greyerz, Deutschschwei-zerische Selbstzeugnisse (1500-1800) als Quellen der Mentalitätsgeschichte. Bericht über ein Forschungsprojekt, in Das dargestellte ich. Studien zu Selbstzeugnissen des späteren Mittelalters und der frühen Neuzeit, a cura di k. arNold, S. ScHMoliNSky, u.-M. zaHNd, Bochum 1999, pp. 147-163.

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dei documenti pubblici rimasti in mano privata dopo la nascita del Cantone nel 180327. I Grigioni hanno saputo mettere in atto una migliore politica di tutela degli archivi familiari d’Ancien régime, grazie non solo al lavoro svolto dall’Archivio di Stato, ma anche a recenti iniziative private, il cui intento è di preservare la memoria storica della regione. Vanno in tal senso menzionate la Fondazione Archivio a Marca di Mesocco, la Società storica Val Poschia-vo e la Società culturale Bregaglia: grazie al loro operato numerosi fondi di famiglia sono stati rinvenuti presso privati, che hanno acconsentito a metterli a disposizione dei ricercatori donando i documenti agli archivi o fornendone per lo meno delle copie. Si auspica che azioni simili vengano condotte anche in Ticino, dove sicuramente numerose egoscritture giacciono presso privati.

La materialità dei documenti schedati nella banca dati è particolarmente eterogenea. Alcuni scritti sono curati, addirittura illustrati e sono stati conser-vati in condizioni ottimali; altri sono incompleti, mal rilegati, rosicchiati dai topi, macchiati dall’umidità, dalla muffa e sovente dal vino: seppur di difficile lettura, la loro valenza documentaria non è tuttavia minore.

La maggior parte dei documenti rinvenuti nella Svizzera italiana risale al XVIII e agli inizi del XIX secolo. Questo dato rispecchia i risultati del-le diverse équipe di ricerca a livello nazionale e internazionale. È proprio durante la seconda metà del Settecento, grazie anche a una migliore alfabe-tizzazione della società nel suo insieme, che le scritture private conoscono una diversificazione senza precedenti in tutta Europa, giungendo a interes-sare diverse categorie sociali. Per la Svizzera italiana sono rari i documenti cinquecenteschi e secenteschi. Per il Cinquecento si tratta prevalentemente di scritture lasciateci da religiosi, fra le quali si possono segnalare la ben nota cronaca del parroco Domenico Tarilli (1533-1593), vergata sulle pagine del registro parrocchiale della chiesa di Santa Maria di Comano tra il 1560 e il 158928, e le brevi memorie, ormai pressoché illeggibili, del prevosto di Mendrisio Guido Marco Torriani (circa 1525-1564)29. Per il Seicento men-zioniamo il meno noto diario di Andrea von Salis-Samedan (1582-1668), redatto in maniera regolare tra il 1656 e il 1666, che ci informa sulla vita

27 Per facilitare i traslochi furono distrutti anche numerosi materiali amministrativi. Per maggiori dettagli si faccia riferimento a a. gaggioNi, Appunti per la storia dell’Archivio cantonale (1803-1881), in Scrinium: studi e testimonianze pubblicati in occasione della 53ma assemblea annuale dell’Associazione degli archivisti svizzeri, Locarno 1976, pp. 113-148; J. Beffa, Le carte dell’am-ministrazione. L’Archivio di Stato del Cantone Ticino nella prima metà dell’Ottocento, in «Bollet-tino storico della Svizzera italiana», CXVII (2014), pp. 305-324.28 d. tarilli, Notizie dal Cinquecento, a cura di d. PetriNi, t. PetriNi, Locarno 1993.29 Archivio parrocchiale di Mendrisio, Registri di cassa, cartella 1, registro 1. Si veda anche G. MartiNola, Le memorie di Guido Marco, in «Bollettino storico della Svizzera italiana», XC (1978), pp. 88-93.

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Frontespizio del libro contabile di Giovanni Torriani: ASTi, Torriani, scatola 206.

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privata dello scrivente e sui fatti di cronaca locale30, le voluminose memo-rie del maresciallo Ulysses von Salis-Marschlins (1594-1674), scritte per tramandare la memoria familiare e per giustificare il suo costante sostegno alla Francia31, nonché il diario di viaggio del riformato Giovanni Federico von Salis-Samedan (1575-?), tenuto durante il tragitto che lo portò con la famiglia da Samedan a Sciaffusa, dove si rifugiò dopo il Sacro macello del 1620 e l’ingresso del duca di Feria a Chiavenna nel 162132. È interessante rilevare come in questo diario si trovino alcuni passaggi cifrati. Gli altri scritti del XVII secolo sono quasi esclusivamente libri contabili, tipologia di fonte largamente rappresentata tra le scritture personali rinvenute33. Il carat-tere giustificativo e il valore giuridico di questi documenti, che potevano ad esempio essere presentati come prove davanti ai tribunali, ne spiega la mas-siccia presenza negli archivi. Tali supporti, garanti dell’ordine famigliare, venivano inoltre trasmessi di padre in figlio. Non è raro che un capo famiglia iscrivesse scrupolosamente nelle prime pagine eventi come le nascite, le morti, i battesimi, le prime comunioni o i matrimoni: informazioni partico-larmente utili per completare le lacune dei registri parrocchiali e per stabilire sia i vincoli di parentela in vista di ricostruzioni genealogiche, sia i legami della parentela spirituale34. Tali brevi narrazioni rendono i mastri contabili simili a dei libri di famiglia, tipologia ben rappresentata negli archivi della Svizzera italiana35: si possono menzionare ad esempio i libri delle famiglie Oldelli di Meride36, Fontana di Mendrisio37, von Mentlen di Bellinzona38 e Marcacci di Locarno39.

In alcuni casi l’autore si appassiona alla scrittura. Le aride annotazio-ni contabili, sovente ellittiche e frammentarie, s’intrecciano così via via a ricordi o a eventi di cronaca, e trasformano il documento in un libro giornale. Le guerre napoleoniche, che hanno certamente marcato gli animi, sono state

30 ASGr, Handschriften aus Privatbesitz, B 329. A. Zanetti-Kurer ha redatto una trascrizione dat-tiloscritta conservata nello stesso archivio; un’altra copia è conservata alla Fondazione Archivio a Marca di Mesocco. Si veda anche G. gaudeNz, Our dal diari dad Andreas Salis 1656-1666, in «Annales de la società retorumantscha», 104 (1991), pp. 95-117 (prima parte); 105 (1992), pp. 171-189 (seconda parte); 107 (1994), pp. 319-339 (terza parte).31 Memorie del Maresciallo di campo Ulisse de Salis-Marschlins, a cura di c. JeckliN, Coira 1931.32 ASGr, Handschriften aus Privatbesitz, B 181.33 Per un’eccellente introduzione allo studio dei libri contabili si veda S. MouySSet, Papiers de famille: introduction à l’étude des livres de raison en France, XVe-XIXe siècle, Rennes 2007.34 l. a Marca, I libri dei conti privati al servizio della Genealogia e di altro, in «Bollettino genea-logico della Svizzera italiana», 10/10 (2006), p. 4.35 In linea di massima sono stati inseriti nella banca dati i libri di questo tipo che contengono rife-rimenti alla vita familiare, mentre non sono stati considerati i documenti meramente contabili.36 ASTi, Oldelli, scatola 5/II.37 Biblioteca cantonale di Lugano, Libreria Patria, 10 G 12.38 ASTi, Von Mentlen, scatola 5, fascicolo 17.39 Archivio storico di Locarno, Fondo storico, famiglie, AA 7/34.

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Libro di famiglia di Giovanni Rocco von Mentlen (1738-1803): ASTi, Von Mentlen, scatola 5, fascicolo 17.

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l’occasione per diversi scriventi di dilungarsi nelle loro annotazioni quoti-diane. Il bregagliotto Agostino Redolfi (1782-1854) così annota:

Coltura. Adi 21 ottobre 1799. Faccio memoria io Agostino Redolfi come sono passatto per questa valle nel principio del corrente mese il numero circa di 100 canoni & passa 200 cariolli di due ruote piene di polvere e palle appartenente a S. M. l’imperatore della Russia & questi cariaggi sotto quali sarà stato un qualche 1200 cavalli sono passati per qui per andare a Nauders & anno avuto molta fatticha di passare per la gran larghezza deli carri, talché si dovete rinpieni-re le strade con pietra & terre per alzarle, & anche distruggere lu muri. La truppa Russa è andata dalla parte di St. Bernardino a Coira ove è restata diverso tempo & ha causato molto male. Anche il generale in capo delle armate Russe & austriache Souvaross è stato a Coira 4 giorni40.

Bartolomeo Tommaso Maurizio, pasticciere originario di Vicosprano ed emigra-to a Lemberg, riporta un sogno, nel quale egli stesso si era trovato con Napoleone in una casa di campagna e aveva discusso con l’imperatore. Nel testo, che abbiamo classificato nella banca dati come diario, egli ricopia tra l’altro svariate informazio-ni riguardanti le guerre napoleoniche, tratte dai bollettini e dai giornali che giunge-vano in città41. I «diari», in effetti, sono spesso documenti ibridi, che difficilmente si lasciano rinchiudere nelle categorie create ad hoc per le esigenze informatiche. Nei documenti rinvenuti negli archivi della Svizzera italiana – e non solo in quelli42 – i resoconti, le memorie autobiografiche e la contabilità si mescolano con i fatti di cronaca, le preghiere, i passi biblici, i proverbi e i modelli di lettere, senza dimen-ticare gli immancabili rimedi per guarire i principali malanni (degli esseri umani e degli animali). A volte – e ciò non stupisce, se riferito a regioni contraddistinte da una forte migrazione, come il Ticino e i Grigioni – il «diario» funge anche da resoconto di viaggio. Lo stesso Bartolomeo Tommaso Maurizio racconta del suo viaggio fino a Monaco col figlio Tommaso e altri bregagliotti, non senza aver tra-scritto l’ultimo scambio avuto con la moglie Cornelia al momento della partenza:

«Iddio vi cura! Abbiatte cura dei fanciulli e scuodette il dazio». Lei rispose: «Dio abbia cura! Abbia cura del Tomaso e guarda che labia la matina qualche cosa di caldo per la colazione» 43.

Rappresentativo del carattere composito dei testi rinvenuti è il quaderno del capomastro roveredano Giovanni Domenico Barbieri (1704-1764), attivo in Germania: autobiografia, diario e libro contabile allo stesso tempo44.

40 ASC, Fondo famiglia Redolfi, scatola A.18.06, documento 32.41 ASGr, Handschriften aus Privatbesitz, B/N 956/1.42 François-Joseph Ruggiu, sulla base dei risultati ottenuti dal gruppo di ricerca sugli egodocumenti attivo in Francia, arriva a sostenere che nella definizione di egoscritture bisognerebbe prendere in considerazione la loro natura ibrida e composita: f.-J. ruggiu, Les discours annalistiques comme discours de soi, in Car c’est moy que je peins. Ecritures de soi, individu et liens sociaux (Europe, XVe-XXe siècle), a cura di S. MouySSet, J.-P. Bardet, f.-J. ruggiu, Toulouse 2010, p. 277.43 ASGr, Handschriften aus Privatbesitz, B/N 956/1.44 ASGr, Handschriften aus Privatbesitz, B/N/456/1; cfr. Giovanni Domenico Barbieri (1704-1764). Ein Graubündner als Hofmaurermeister des Fürstbischofs von Eichstätt: Autobiographie und Ausgabenjournal = Un capomastro di corte grigione al servizio del Principe Vescovo di Eichstätt: autobiografia e contabilità, a cura di S. MargadaNt, e. BrauN, Regensburg 2004.

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Non mancano comunque le eccezioni, e abbiamo rinvenuto anche alcu-ni diari «tematici». Ad esempio l’architetto Giuseppe Pioda (1810-1856), durante il suo soggiorno di studio e svago a Napoli tra il giugno e l’ottobre del 1832, tiene un interessante diario, nel quale annota principalmente gli incontri mondani, le visite turistiche (sul Vesuvio, a Capo di Monte, a Caser-ta, Chiaia, Sorrento, Capri …), le rappresentazioni teatrali, le passeggiate, le nuotate e gli svaghi di vario genere: così domenica 26 giugno si reca al circo, dove vede «un gran serpente, un cavallo di grande intelligenza ed altri animali ammaestrati a dei giuochi»; il 4 luglio partecipa alla festa in onore dell’onomastico della regina Elisabetta e ne approfitta per visitare l’Euridi-ce, fregata da 60 cannoni che descrive nei dettagli; il 14 agosto si reca a una fiera, dove sale per ben due volte sulle «montagne russe»45. Il prete e uomo politico Vincenzo Dalberti (1763-1849), in occasione delle vacanze termali, appunta lo svolgersi della cura su alcuni fogli volanti: le caraffe d’acqua bevute, l’ora e la durata del bagno, il riposo, le passeggiate, gli incontri46. Da notare come le scritture recensite nella banca dati tematizzino ripetutamente il corpo e la salute; sulla scorta delle annotazioni a tale riguardo, di lunghez-za variabile, è possibile compiere ricerche originali che, affiancandosi agli studi sulla corrispondenza dei pazienti47, evidenziano il punto di vista di questi ultimi, prendendo così in contropiede la storia della medicina in sen-so classico, elaborata generalmente in una prospettiva dall’alto (il medico) verso il basso (il malato)48.

Più in generale, la documentazione rinvenuta per la Svizzera italiana, grazie anche all’importante numero di libri contabili familiari, permette di studiare diversi aspetti legati alla quotidianità, quali l’alimentazione, l’i-giene, i rimedi. La vita materiale in genere, e l’economia domestica più in particolare, possono essere ricostruite in parte attraverso ricerche innovative sul tema della casa e dell’abitare, sul modello dei lavori proposti ad esempio da Raffaella Sarti49.

45 ASTi, Pioda, 49/4.46 ASTi, Vincenzo Dalberti, scatola XXIV/3. La prima cura termale si svolge ad Acquarossa nella valle di Blenio, località conosciuta per le sue acque ferruginose, dove alla fine dell’Ottocento sorgerà uno stabilimento termale; la seconda alle terme di Masino nel comune di Val Masino in Valtellina.47 Si veda in particolare S. Pilloud, Les mots du corps. L’expérience de la maladie dans les lettres de patients à un médecin du 18e siècle: Samuel-Auguste Tissot, Lausanne 2013.48 Ad esempio J. lacHMuNd, g. StollBerg, Patientenwelten. Krankheit und Medezin vom späten 18. bis zum 20. Jahrhundert im Spiegel von Autobiographien, Opladen 1995. Per la Svizzera si veda g. Piller, Private Körper: Spuren des Leibes in Selbstzeugnissen des 18. Jahrhunderts, Köln 2007; P. rieder, La figure du patient au XVIIIe siècle, Genève 2010; N. Hanafi, Le frisson et le baume. Expériences féminines du corps au siècle des lumières, Rennes 2017.49 r. Sarti, Vita di casa: abitare, mangiare, vestire nell’Europa moderna, Roma 1999.

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Non solo scritture colte

Gli archivi consultati conservano molti testi di persone letterate, appartenenti al clero, alle fasce medio-alte della società e ai ceti dirigenti. Fra di esse figura-vano i membri della famiglia a Marca di Mesocco, di cui Cesare Santi e Martina a Marca hanno pubblicato alcune scritture diaristiche, ovvero il diario dell’ul-timo governatore della Valtellina, Clemente Maria a Marca (1764-1819) e dei suoi figli Ulrico (1796-1860) e Giuseppe (1799-1866)50; l’ultimo landscriba del baliaggio di Mendrisio, Giuseppe Antonio Beroldingen (1750-1803), del quale si possiede un diario per gli anni 1801-180351; l’ingegnere Pasquale Lucchini (1798-1892), di cui si conserva l’autobiografia edita da Carlo Agliati52, o ancora il pastore, educatore e pedagogo engadinese Andrea Rosius a Porta (1754-1838), che ha lasciato un interessante diario redatto in romancio53. Negli archivi, però, sono presenti anche diverse scritture di esponenti del ceto medio e medio-basso: persone attive nel commercio, nell’artigianato o nell’agricoltura, che hanno pro-babilmente frequentato per qualche anno le scuole parrocchiali e che, dal punto di vista linguistico, la letteratura definisce «semicolti», ossia individui che «pur essendo alfabetizzati, non hanno acquisito una piena competenza della scrittura e pertanto rimangono sempre legati alla sfera dell’oralità»54. Si tratta, per il periodo che ci interessa, di una documentazione di grandissimo valore, vista la sua rarità a livello svizzero e internazionale. Per la Svizzera italiana, pioniere nello studio di tale documentazione è stato Sandro Bianconi55. Egli ha ad esempio pubbli-cato l’autobiografia del giudice di campagna Giovanni Antonio Vanoni (1796-1871), in collaborazione con Raffaello Ceschi56, e più recentemente le memorie del migrante grigione Florin Clemente Lozza (1870-1919), in collaborazione con Francesca Nussio 57. Le nostre ricerche hanno rilevato altre scritture di semicolti, più o meno note e risalenti a periodi più antichi. Tra la decina di autobiografie recensite, più della metà sono redatte da persone semicolte: citiamo quelle dei grigionesi Giovanni Domenico Barbieri (1704-1764), Gian Giacomo Matossi

50 Il diario del Governatore Clemente Maria a Marca (1792-1819). Con la continuazione scritta dai figli Ulrico e Giuseppe (1819-1830), a cura di c. SaNti, M. a Marca, Mesocco-Chiasso 1999.51 ASTi, Beroldingen, scatola 34.52 c. agliati, Un ingegnere senza politecnico: Pasquale Lucchini, 1798-1892. La vita e i documen-ti, Gentilino 1990. Da notare che Lucchini è essenzialmente un autodidatta che ha iniziato la sua carriera come domestico.53 ASC, scatola A19, documento 8.54 P. d’acHille, L’italiano dei semicolti, in Storia della lingua italiana, a cura di l. SeriaNNi, P. trifoNe, Torino 1994, p. 41.55 Cfr. S. BiaNcoNi, I due linguaggi: storia linguistica della Lombardia svizzera dal ‘400 ai nostri giorni, Bellinzona 1989; id., L’italiano lingua popolare: la comunicazione scritta e parlata dei “senza lettere” nella Svizzera italiana dal Cinquecento al Novecento, Firenze-Bellinzona 2013.56 g.a. vaNoNi, L’istoriato di mia vita: memorie di un giudice di campagna (1796-1871), a cura di S. BiaNcoNi, r. ceScHi, Locarno 2010.57 lozza, Le mie memorie.

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(1753-1840)58, Agostino Baldini (1756-1841)59, Pietro Ganzoni (1756-ca 1832)60, Giovanni Bazzigher (1756-1834)61 e Giacomo Maurizio (1762-1831)62. Si tratta di migranti dai percorsi di vita complessi, il cui italiano esitante s’intreccia con le lingue apprese durante i soggiorni all’estero. Nei loro testi si avverte l’urgenza di scrivere, il bisogno di raccontarsi per lasciare testimonianza di una vita che, nelle parole di Pietro Ganzoni, è descritta come «sempre pelegrina e compaganta delle vicende del Mondo»63. Una scrittura, dunque, che ricompone dei destini indivi-duali mediante la selezione degli avvenimenti all’interno di un vissuto sovente complesso, e il cui scopo è di proporre un’immagine di sé ad uso non soltanto di chi scrive, ma anche (e soprattutto) di chi leggerà64.

Un altro documento che va senz’altro segnalato, anche se la narrazione per-sonale è meno elaborata rispetto alle precedenti autobiografie, è il libro con-tabile/diario dello spazzacamino soazzone Francesco Antonini (1679-1745). Francesco comincia il suo quaderno a Vienna, dove emigra nel 1700 per pra-ticare la professione presso l’azienda del compaesano Giovanni Pietro Sartori (1640-1714)65. Di ritorno a Soazza nel 1709, lavora come contadino e continua ad annotare le sue spese nello stesso supporto. Se da questo documento si pos-sono trarre preziose informazioni sulla vita di un emigrante, il caso di Fran-cesco Antonini risulta anche interessante per riflettere sulle pratiche scrittorie più in generale. Attorno ad esse si intrecciano, infatti, svariati fattori sociali, culturali e confessionali, e non da ultimo il fattore emulativo e la tradizione scrittoria familiare. Francesco è probabilmente cresciuto in un ambiente in cui la scrittura era una pratica corrente. Tra i membri della famiglia Antonini, che alla fine del Seicento perse parte del suo status sociale, si annoverano persone avvezze alla cultura scritta, quali il trisnonno Giovanni Pietro, medico e uomo politico che fu tra coloro che invitarono Carlo Borromeo in Mesolcina nel 1583, o il bisnonno Giovanni Antonio (?-1625), medico ed estensore di un

58 Edita da d. PaPacella: L’autobiografia di Gian Giacomo Matossi, in «Bollettino della Società Storica Val Poschiavo», 10 (2006), pp. 12-20.59 ASC, scatola A.37a, documento 32.60 ASC, scatola A.37a, documento 29.61 Storia, avventura, deportazione e vita di Giovanni Bazzigher, Sot Scäla: 1758-1834 (scritte nel 1793), a cura di e. giaNNotti, in «Quaderni grigionitaliani», 8/1 (1938-1939), pp. 48-52, e Memo-rie per servire alla Storia della deportazione di me Giovanni Bazigher il fig.o, con gli avvenimenti più singolari che l’accompagnarono. Scritta a Grazt sulla fine dell’A.o. 1800, in «Quaderni gri-gionitaliani», 8/2 e 4 (1938-1939), 9/1, 3 e 4 (1939-1940).62 Cfr. e. giaNotti, Storia, Avventure e vita di me Giacomo qm And. Maurizio (1762-1831), in «Quaderni grigionitaliani», 1/1-4 (1931-1932); 2/1 (1932-1933).63 ASC, scatola A.37a, documento 29.64 Cfr. M. l. Betri, d. MaldiNi cHiarito, Introduzione, in Scritture di desiderio e di ricordo, a cura di M. l. Betri, d. MaldiNi cHiarito, Milano 2002, p. 10. 65 Cfr. c. SaNti, Dal quinternetto di uno spazzacamino soazzone, in «La Voce delle Valli», 17 maggio 1984, p. 3; id., Emigrazione degli spazzacamini mesolcinesi, in «Bollettino storico della Svizzera italiana», CV (2002), pp. 325-355.

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volumetto in cui riportò, oltre alla contabilità, le memorie riferite agli anni 1581-1624: gli studi in Germania, le cure che diede a Padova a diversi emigrati mesolcinesi, la pratica come medico condotto in Mesolcina66.

Sempre nel contesto migratorio, citiamo poi il quaderno di Alessio Petrini Poli di Buseno nel Moesano, «ragiaiolo» attivo a Salisburgo, redatto tra il 1813 e il 181467. La settantina di pagine che lo compongono contiene pre-ghiere in italiano, latino e tedesco, ricette per guarire svariati malanni (ad esempio il mal di testa, il mal di denti, il mal di pancia, per alleviare la tosse o per «purgare il sangue») e rimedi di medicina veterinaria. Alessio vi registra anche alcuni eventi privati, come la nascita del figlio Alessio Giuseppe Anto-nio Maria, avvenuta il 30 settembre 1811. Sulla prima pagina si trova a mo’ di promemoria un esempio di indirizzo per le lettere da inviare in Svizzera.

Il documento più notevole in questa categoria – di certo per voluminosità, poiché conta più duemila pagine manoscritte – è il diario di Giovanni Anasta-sia (1797-1883), contadino di Breno nel Malcantone. Il diario è suddiviso in tre quaderni, conservati presso privati ma di prossima pubblicazione, e copre un periodo esteso grossomodo dal 1817 al 186668. Una narrazione regolare; cinquant’anni di una vita difficile sia sul piano familiare che economico, rac-contata in un italiano denso di interferenze del dialetto locale (che lo rendono di non facile accesso) in un va e vieni fra resoconto del presente e memoria di fatti passati, testimonianze personali, sfoghi d’umore e narrazioni legate a fatti storici cruciali, come la guerra del Sonderbund (Anastasia, arruolatosi nel corpo dei Carabinieri volontari, prese parte agli scontri che portarono alla «disfatta di Airolo» nel novembre 1847), le tensioni politiche che scossero il Ticino nel 1848 o la Seconda guerra d’indipendenza italiana. Un documento eccezionale, insomma, per rileggere la storia del Cantone.

Nel suo insieme la documentazione delle egoscritture, preziosissima per studiare la lingua dei semicolti e per ricostruire le dinamiche fra scritto e par-lato, che hanno segnato i processi di alfabetizzazione e italianizzazione nelle nostre regioni69, testimonia della diffusa alfabetizzazione maschile delle val-late alpine, già messa in luce alla fine degli anni Ottanta e all’inizio degli anni

66 c. SaNti, Quando non c’era ancora la cassa malati, in «Il Moesano», 6 marzo 2007.67 FAaM, Quinternetto di Alessio Petrini Poli, ragiatore a Salisburgo. Il ragiaiolo (ragiatore, o in dialetto rasàtt o rasgiàtt) estraeva e commercializzava la resina di conifere: cfr. g. togNola, Rossa, Augio, Santa Domenica: luoghi, nomi, storie, Bedano 2011, p. 51 e 100.68 «Oggni cosa è mal incaminata». Il diario di Giovanni Anastasia (1797-1883), contadino di Breno, a cura di giovaNNa ceccarelli, daNiele PedrazziNi, daMiaNo roBBiaNi, Curio (di prossima pubblicazione).69 Cfr. r. freSu, Scritture dei semicolti, in Storia dell’italiano scritto. III. Italiano dell’uso, a cura di g. aNtoNelli, M. MotoleSe, l. toMaSiN, Roma 2014, p. 196.

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Novanta dai lavori di Sandro Bianconi, Pier Paolo Viazzo e Xenio Toscani70. Di particolare interesse in tal senso, forse un unicum, sono due libretti con-tabili tenuti tra il 1783 e il 1794 dal pastore di pecore mesolcinese Giovanni Villengo, del quale conosciamo poco o niente71.

Grazie alle diverse egoscritture ritrovate, di cui qui abbiamo richiamato solo le principali, la literacy di questa categoria di persone può essere indagata anche da altri punti di vista. Taluni documenti permettono ad esempio di individuare le letture fatte da chi scrisse o da chi era parte del suo entourage. Lo stuccatore ticinese Pietro Francesco Canturio (1723-?), attivo principalmente nell’Abruzzo e nelle Marche, annotò nel suo quaderno le persone a cui lasciò in deposito i suoi averi in occasione dei rientri in Patria. Apprendiamo così che, oltre agli attrezzi, ai modelli e alla biancheria, Canturio possedeva diversi libri, tra cui un Elucida-rio poetico, Robinson Crusoe, l’Architettura civile di Ferdinando Galli Bibiena e l’immancabile Dottrina cristiana accompagnata da un libretto di preghiere72.

Le scritture femminili

Il lettore attento avrà certamente rilevato come fino ad ora abbiamo citato sol-tanto egoscritture prodotte da uomini. Bisogna però ricordare che la storia delle donne e la storia di genere hanno ricevuto un notevole impulso dal rilevamento sistematico a livello internazionale delle scritture personali, che ha portato alla luce numerosi scritti femminili. Alcuni cantieri di ricerca sono stati interamente consacrati alla valorizzazione di tali fonti: citiamo ad esempio il progetto diretto da Marina Caffiero all’Università La Sapienza di Roma, che ha permesso di cre-are nel 2007 un’innovativa collana destinata alla pubblicazione e alla valorizza-zione di egoscritture femminili dal tardo Medioevo all’epoca contemporanea73.

70 S. BiaNcoNi, Alfabetismo e scuola nei Baliaggi svizzeri d’Italia, in «Archivio storico ticinese», 101 (1985), pp. 3-28; id., Parlare, leggere e scrivere nei Baliaggi svizzeri d’Italia tra il XVI e il XVII secolo, in La vita quotidiana in Svizzera dal 1300, a cura di g. geNtile, B. ScHNeider, B. ScHWarz, Locarno 1991, pp. 116-124; P.P. viazzo, Comunità alpine. Ambiente, popolazione, struttura sociale nelle Alpi dal XVI secolo a oggi, Bologna 1990, p. 187; X. toScaNi, Scuole e alfabetismo nello Stato di Milano da Carlo Borromeo alla Rivoluzione, Brescia 1993, pp. 125-133; 71 FAaM, Libretto di conti del pastore di pecore a Mesocco Giovanni Villengo; il primo libretto copre gli anni 1783-1787, il secondo gli anni 1789-1794. La famiglia Villengo era probabilmente originaria di Novara, ma nel Settecento alcuni suoi membri si stabilirono a Mesocco e furono attivi nella pasto-rizia sugli alpeggi del Moesano. Giovanni, con una scrittura esitante, tiene nota dei suoi debitori, dei soldi spesi per il cibo, il vino, il sale, il tabacco e in generale delle spese legate alla vita quotidiana (lavanderia, abbigliamento, calzature eccetera), ciò che ci informa sul suo livello e stile di vita. Vi sono riportate anche alcune spese di viaggio. Di tanto in tanto Villengo consegna al «quinternetto» il conteggio delle pecore del suo gregge: «faccio memoria come abbiamo contat le pecore …».72 ASTi, Canturio, scatola 4.73 La collana, intitolata La memoria restituita. Fonti per la storia delle donne, e diretta da Marina Caffiero e Ida Venzo, è edita da Viella e conta attualmente 14 volumi.

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Per quanto concerne la Svizzera, nella Banca dati delle scritture personali sono state finora inventariate all’incirca 200 scritture femminili, redatte tra il XV e i primi anni del XIX secolo. Tali documenti sono conservati soprattutto negli archivi romandi: un centinaio di testi di donne, principalmente di fede protestan-te e residenti nei principali centri urbani, nonché diciotto testi redatti da uomini e donne insieme. Per la Svizzera italiana, i fondi d’archivio consultati si collegano ai due luoghi dove agivano in prevalenza le donne dell’Europa cattolica, ovvero la famiglia e il monastero. Nel novero delle scritture femminili in prima persona presenti negli archivi di famiglia prevalgono le corrispondenze, che, come detto, non sono recensite nella Banca dati svizzera delle scritture personali. Il fenome-no della frequente assenza degli uomini, che caratterizzava le vallate italofone della Svizzera74, favorì sicuramente le pratiche scrittorie delle donne, cosicché si intravvede una certa diffusione dell’alfabetizzazione femminile, soprattutto nel XVIII secolo: questo argomento merita senz’altro di essere studiato in modo approfondito75. Rarissime, per non dire inesistenti nel periodo che ci interessa, sono le scritture personali femminili nella forma del diario o dell’autobiografia. Le donne che scrissero regolarmente lettere, come quelle delle famiglie Oldelli, Cantoni e a Marca, non hanno tenuto diari, o per lo meno non se ne ha traccia negli archivi. Neppure nei fondi documentari di famiglie patrizie importanti, come i Riva di Lugano, le cui donne ricevevano normalmente un’educazione di tipo conventuale, sono venuti alla luce per il momento diari o altre egoscritture al di fuori della corrispondenza. In ogni caso, benché la pratica di tenere un diario sembri poco diffusa nelle nostre regioni, tale particolarità non deve essere assimilata a un basso livello d’alfabetizzazione.

Riguardo alle altre tipologie di egoscritture, menzioniamo in primo luogo il resoconto dal forte carattere emozionale, che Margherita Semadeni (1792-1878) scrisse in seguito alla terribile alluvione abbattutasi sulla Val Poschiavo nella notte tra il 26 e il 27 agosto 183476. Dal canto suo il libro di famiglia tenuto da Barbara von Salis-Soglio dal 1594, anno del suo fidanzamento, al 1622, anno del suo esilio a Zurigo, e intitolato «Note scritte dalla Sig.ra Bar-bara Meis Moglie del Sig.re Col.o Batt.a Salice», è (purtroppo) redatto in tedesco, lingua madre di Barbara77. Gli archivi conservano inoltre alcuni libri contabili, tenuti principalmente da vedove. Come noto, non è raro che le donne entrassero nel processo di scrittura domestico al momento della perdita del

74 Sul tema si veda S. BiaNcHi, Cittadini attivi assenti, assenti perché attivi. La mobilità delle genti luganesi nel 1798, in «xviii.ch. Annali della Società svizzera per lo studio del secolo XVIII», 6 (2015), pp. 75-91.75 Per una prima analisi si consulti M. Nicoli, Face à l’absence. L’écriture des femmes dans l’Arc alpin à l’époque moderne, in Paroles des femmes. Rôles et images dans les écrits personels, Euro-pe XVIe-XXe siècles, a cura di e. BertHiaud, Paris 2017, pp. 87-105.76 CDVP, Scatola D11, documento D11.18.77 ASGr, D VI SM 1 Pl 83/2.

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consorte; divenute responsabili dei figli e della gestione dell’economia fami-liare, le vedove erano infatti chiamate a tenere la contabilità della casa. Per il Seicento ricordiamo il libro contabile di Maria Bernasconi di Mendrisio, vedo-va di Antonio: i Bernasconi dovevano essere proprietari fondiari di una certa importanza, come si evince dalle annotazioni che rinviano a vigneti, campi, lavori di aratura e potatura affidati ai massari78. Per il Settecento citiamo inve-ce il libro contabile in cui Agnese Solari (1670-1746) di Cureglia annotò le spese familiari dal 1702 al 171279: siccome i Solari possedevano delle terre, vi sono pure riportate le somme impiegate per la gestione e i ricavi annuali dei raccolti agricoli80. Entrambe le donne appartenevano dunque a un ceto medio, e ciò spiega le loro buone capacità redazionali. Altre si affidarono invece a familiari o a notabili locali, affinché tenessero la contabilità in loro vece.

Più diffuse sono invece le scritture conventuali, conservate in vari archivi e presso i monasteri ancora esistenti di Claro, Locarno e Poschiavo. Le cronache monastiche, documenti che si possono accostare ai libri di famiglia, sebbene si riferiscano a famiglie intese in senso spirituale, sono fonti storiche che hanno suscitato grande interesse sul piano internazionale. Negli ultimi anni, infatti, diver-se scritture di questo tipo sono state pubblicate integralmente o parzialmente81. In Ticino vanno ricordate le cronache del monastero delle Orsoline di Bellinzona (dal 1730 al 1846)82, delle quali chi scrive, in collaborazione con Franca Cleis, sta preparando un'edizione, delle Cappuccinedi Lugano (dal 1748 al 2000)83 e

78 Il documento, attualmente conservato presso un privato, è stato pubblicato in maniera integrale: S. BiaNcoNi, Due esempi di scrittura popolare, in «Archivio storico ticinese», 145 (2010), pp. 41-48.79 Cfr. g. tarilli, Aspetti di vita settecentesca nella campagna luganese da un libro di conti inedi-to, in «Folklore suisse», 71 (1981), pp. 17-32.80 Il documento è conservato presso l’Archivio parrocchiale di Cureglia.81 La ricchezza della letteratura internazionale testimonia di un crescente interesse per le scritture conventuali. Da qualche decennio il monachesimo femminile non è più un campo d’indagine ristretto alla storia della religione, ma attira l’attenzione degli studiosi interessati alla storia delle donne e alla storia della cultura scritta. Diverse cronache conventuali e scritti di monache sono stati pubblicati in estenso. Per la vicina Italia si rinvia a a. liroSi, Le cronache di Santa Cecilia: un monastero femmi-nile a Roma in età moderna, Roma 2009; S. ceglie, La rivoluzione in convento: le Memorie di Anna Vittoria Dolara (secc. XVIII-XIX), Roma 2012; Un monastero di famiglia. Il Diario delle barberine della SS. Incarnazione (secc. XVII-XVIII), a cura di v. aBBatelli et alii, Roma 2016.82 ASTi, Giuseppe Pometta, B.E., scatola II, Atti, ovvero Annali del Nuovo Monistero di S.ta Orsola di Bellinzona dall’anno 1730 in avvanti come di dentro appare… Giuseppe Pometta, proprieta-rio del manoscritto di 112 pagine, ne pubblicò dei passaggi nella rivista degli studenti svizzeri Monat Rosen e in alcune riviste ticinesi: g. PoMetta, Dagli Annali delle Orsoline di Bellinzona, in «Monat Rosen», settembre 1897, pp. 94-99; ottobre 1897, pp. 43-47 e seguenti. Franca Cleis ha dedicato due articoli al documento: f. cleiS, Una cronaca in diretta da oltre le mura. I fatti di Bel-linzona tra 1797 e 1805 nella scrittura di una monaca orsolina, in «Archivio storico ticinese», 121 (1997), pp. 218-223; ead., Le truppe francesi a Bellinzona nella scrittura di una monaca orsolina, in «Arte & Storia», 1 (2000), pp. 64-68.83 ADL, Fondo ex monastero San Giuseppe, Libro degli Atti spettanti a’ questo monistero di San Giuseppe di Lugano, 2 vol. Parte della cronaca è pubblicata in Ricamare l’alfabeto. Le Cappuccine di Lugano e l’educazione femminile (XVIII e XIX secolo), a cura di M. MaffoNgelli, M. Nicoli, Bellinzona 2017.

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delle Agostiniane di Locarno (dal 1892)84. Per i monasteri delle Agostiniane di Poschiavo e delle Benedettine di Claro, entrambi ancora in attività, sono con-servati dei necrologi, che permettono di tracciare le biografie, almeno spirituali, delle monache, e che talvolta si rivelano molto interessanti poiché evidenziano l’agency di queste donne85. Come sottolinea Marina Caffiero, le scritture con-ventuali nel loro insieme consentono la ricostruzione di una storia collettiva che, insieme a quella del monastero, riflette le vicissitudini locali e i processi storici generali86. Allo stato attuale della ricerca non abbiamo trovato vere e proprie scritture diaristiche o autobiografiche di monache ticinesi o grigionesi nello stile del diario della mistica Veronica Giuliani (1660-1727), intitolato da lei Il tesoro nascosto e poi pubblicato postumo, o sul modello delle autobiografie delle monache Maria Maddalena Martinengo (1687-1737) e Diomira del Ver-bo Incarnato (1708-1768)87. Va comunque rammentato che Delia Lamberten-ghi (ca. 1610-ca.1676), agostiniana di Chiavenna (territorio soggetto delle Tre Leghe durante l’Ancien régime), ha lasciato quelle che possono essere definite le sue memorie nelle numerose lettere indirizzate al suo confessore, il canonico della cattedrale di Como Giovanni Battista Sala, e raccolte da quest’ultimo in un volume oggi conservato presso la Biblioteca di Como88.

La quantità delle egoscritture femminili, così come della corrisponden-za, aumenta durante la seconda metà dell’Ottocento e testimonia del rapido miglioramento dell’alfabetizzazione femminile nelle nostre regioni. A questo proposito citiamo ad esempio i diari e le memorie di viaggio di Giuseppina Negroni Prati Morosini (1824-1909), redatti tra il 1851 e il 1870 circa89.

84 La cronaca, tramandata in quattro volumi dattiloscritti (del primo volume esiste un originale manoscritto), è conservata presso il monastero di Santa Caterina di Locarno ed è intitolata La nostra storia. Monastero S. Caterina Locarno. Sul monastero si veda e. caNoBBio, Locarno, in Helvetia Sacra, vol. IV/6, Basel-Frankfurt a.M. 2003, pp. 195-211.85 Cfr. d. PaPacella, Dalla contemplazione all’azione. Il Monastero di Poschiavo e il suo ruolo nella società locale, in Fremde Frau: Beiträge zur Frauen- und Geschlechtergeschichte Graubün-dens im 19. und 20. Jahrhundert, a cura di S. redolfi, S. HofMaNN, u. JeckliN, Zürich 2003, pp. 117-158. Per Claro, il documento è conservato nell’archivio del monastero. 86 M. caffiero, Le scritture della memoria femminile a Roma in età moderna: la produzione monastica, in Memoria, famiglia, identità tra Italia ed Europa nell’Età moderna, a cura di g. ciaPPelli, Bologna 2009, pp. 235-268. Si veda anche M. Nicoli, Les religieuses et leur rôle éducatif au Tessin à l’aune des écrits conventuels (Ancien Régime-début du XIXe siècle), in Appel à témoins, pp. 135-156.87 Cfr. M. da NeMBro, Quattrocento scrittori spirituali, Roma 1972, pp. 438-454. Sul tema delle autobiografie spirituali cfr. i. PoutriN, Le voile et la plume. Autobiographie et sainteté féminine dans l’Espagne moderne, Madrid 1995.88 Biblioteca Comunale di Como, Ms 1.1.45, Relatione ovvero raccolta fatta dal Canonico della Cattedrale di Como Giovan Battista Sala intorno alla vita della venerabile suor Delia Lamber-tenghi monaca; ringrazio Giovanna Ceccarelli per avermi segnalato questo documento. Sulla Lambertenghi si veda r. PellegriNi, Delia Lambertenghi monaca a Chiavenna: una biografia, in «Clavenna», XLVII (2008), pp. 107-136.89 ASTi, Morosini Negroni Prati, scatola 30, VIII P7.

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Conclusione e piste di ricerca

Altre scritture private potranno essere rinvenute in futuro. Nuovi fondi entra-no regolarmente negli archivi e alcuni fra quelli già depositati non sono per ora accessibili, poiché devono ancora essere inventariati. Solo una migliore cono-scenza dei complessi documentari conservati negli archivi della Svizzera italia-na, e soprattutto della documentazione esistente presso i privati, permetterà di far emergere tutte le egoscritture che vi si celano. È presto, dunque, per trarre delle conclusioni generali. Certo, si delineano alcune tendenze, come la scarsa pro-pensione dei cattolici a produrre documenti di tipo diaristico e autobiografico, pratica ben attestata invece nel mondo protestante e soprattutto presso i pietisti, ai quali la tenuta di un diario allo scopo di compiere un esame di coscienza quo-tidiano era caldamente consigliata dai direttori spirituali90. La documentazione reperita finora illustra anche le pratiche scrittorie in vigore nelle regioni studiate. Ricordiamo che il supporto scelto – o subìto – dallo scrivente ha un’influenza diretta sul contenuto della sua scrittura. La materialità dei supporti rinvenuti, ad esempio, induce a ritenere che fosse pratica corrente tenere su di sé piccoli quaderni, almanacchi tascabili91 o fogli incartati, su cui annotare la contabilità e le brevi «memorie» considerate importanti nel momento contingente (si pensi che il diario del governatore Clemente Maria a Marca è un insieme di numerosi «quinternetti» in fogli sciolti). Una scrittura realizzata sul momento, dunque, è quanto ci propongono le fonti; e ciò rispecchia anche la grande mobilità della popolazione. Chi emigrava, però, nella sua bisaccia non portava solo il suo tac-cuino e le immancabili lettere dei cari; così nell’archivio a Marca si ritrovano alcuni esempi di «preghiere da portare sull’uomo» (secentesche e settecente-sche): si tratta di fogli consunti, ripetutamente piegati in maniera da poter essere portati sotto la camicia o in tasca, che probabilmente i migranti tenevano con sé nei loro viaggi allo scopo di esorcizzare quei pericoli che potevano incontrare sul cammino, dei quali proprio le scritture private danno eloquenti testimonianze92. L’integrazione di ricette mediche, preghiere e modelli vari conferisce poi alle egoscritture rinvenute la dimensione «pratica» di memorie raccolte qua e là, da consultare al bisogno. Un sapere familiare e a volte professionale in costruzione, che può in parte spiegare la conservazione di questi documenti. Interessante è rilevare come un pasticciere grigionese, Andrea Baltresca, non abbia consegnato

90 In Francia ad esempio, a differenza dell’Inghilterra e della Germania dove sono presenti già nel XVII secolo, i diari spirituali si affermano solo a partire dal XIX secolo. Cfr. PH. leJeuNe, Aux origines du journal personnel (France, 1750-1815), Paris 2016, p. 141.91 Si vedano ad esempio gli almanacchi del podestà Agostino Gadina (1653-1719 ca.): ASGr, Gadi-na de Torriani Familienarchiv, A Sp III/14f B5 a+b.92 FAaM, Scritto religioso da portare sull’uomo, 12032 e 12033.

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le informazioni riguardanti la sua famiglia al libro contabile familiare o alla Bibbia, ma a un ricettario da trasmettere probabilmente ai figli93!

Il fascino di talune egoscritture, che sembrano testimoniare della vita dei loro scriventi in maniera diretta, può essere grande. Va comunque rilevato che la ricerca degli ultimi anni, caratterizzata dal cosiddetto linguistic turn, non ha cessato di rendere attenti gli studiosi alla complessità dei processi di scrittura, così come alla dimensione propriamente discorsiva e retorica delle scritture personali, mettendoli in guardia nei confronti dell’«illusione di verità» veico-lata dalle egoscritture94. Queste ultime vanno sì inserite nei programmi di ricer-ca, ma devono essere analizzate con le dovute precauzioni e comparate siste-maticamente con altri generi di documentazione e con fonti esogene, tenendo conto delle problematiche connesse alla rappresentazione e alla narrazione a posteriori delle esperienze vissute (che non sono identiche all’esperienza in sé!). L’egoscrittura può essere più o meno ricca di informazioni; in ogni caso, per poterla analizzare correttamente, è indispensabile conoscere l’ambiente sociale, culturale e politico in cui si muove l’autore95. Anche la valorizzazione delle scritture private reperibili negli archivi della Svizzera italiana va pensata e sviluppata in questo senso, tra prospettiva locale e interpretazione globale, tra indagine dei momenti di rottura e analisi dei fattori di continuità96. Permet-tendo di variare la prospettiva d’analisi dei fenomeni storici e di dare nuova rilevanza a problematiche che possono sembrare minori se osservate «dall’al-to», ma che assumono un altro spessore se studiate dal punto di vista della microstoria, gli egodocumenti sono a nostro avviso fonti preziose per rileggere alcuni episodi della nostra storia, rinnovare paradigmi storiografici e lanciare nuovi progetti di ricerca. Nell’ambito della storia di genere, ad esempio, chi scrive applica tale approccio in un progetto di ricerca finanziato dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica, intitolato Traces de vie vécue. Parcours d’hommes et de femmes au prisme des écrits du for privé (Tessin et Grisons – XVIIe-XIXe siècles)97. Lo studio della sociabilità e delle reti formali e informali tessute dagli uomini e dalle donne è un altro campo d’indagine, che può essere arricchito da una maggiore considerazione di tali fonti, poiché vi traspare il microcosmo in cui evolvono i loro autori – parenti, vicini, ami-

93 ASC, scatola A.28e, documento 20.94 P. laBorie, Témoignage et récit historique, in «Sociétés et représentation», 13 (2002), p. 204. Si veda anche d. toSato-rigo, Avant-propos, in Appel à témoins, p. 8.95 JelMiNi, Pour une histoire, p. 26.96 Cfr. Jeux d’échelle, a cura di J. revel, Paris 1996.97 Il progetto, sviluppato e condotto dall’autrice di questo articolo, ha preso avvio nel settembre del 2018 presso l’Università di Berna.

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ci, rivali, debitori98. Esse permettono di tracciare i legami tra l’individuo e la società e, mettendo in evidenza l’agency delle persone, offrono l’occasione di meglio comprendere le strategie individuali e i meccanismi posti in atto all’interno di determinati gruppi99, oppure di studiare certi macrofenomeni da un punto di vista soggettivo. Nel diario del prevosto di Mendrisio Giuseppe Franchini (1806-1861) affiorano ad esempio numerose riflessioni sulla que-stione della laicizzazione dello Stato, che è al centro dei dibattiti politici del tempo100, mentre l’interessante cronaca di Giovanni Bazziger mostra come i grandi sconvolgimenti della fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento abbia-no stravolto la quotidianità dei bregagliotti101. Gli egodocumenti conducono inoltre a una migliore comprensione di pratiche sociali, religiose o culturali poco visibili attraverso le fonti normative o di altra natura. I lavori di Kaspar von Greyerz hanno mostrato come le scritture personali possono essere usate per meglio comprendere la devozione popolare: durante l’intero Ancien régi-me la religione fu un aspetto centrale della vita di molti scriventi, sia prote-stanti che cattolici, e ne influenzò la visione degli eventi102. In tal senso sono particolarmente interessanti le memorie del poschiavino Giovanni Giacomo Olgiati (1717-1791), che illustrano come sua madre Francesca Badilatti si sia ribellata all’ingiunzione di educare i figli nella religione del marito, crescen-doli in segreto secondo la religione protestante, e che infine presentano come una rinascita la conversione formale al protestantesimo dello stesso Giovanni Giacomo e di suo fratello Rodolfo, realizzatasi anche grazie al supporto della famiglia von Salis-Soglio103. Per l’estensore di queste memorie l’inizio della scrittura autobiografica coincide dunque con un momento centrale della sua vita; con la sua testimonianza egli ci invita a non dimenticare di indagare le motivazioni, mai banali, che conducono alla scrittura e alla narrazione di sé.

98 Come ha rilevato Madeleine Foisil, che per prima ha introdotto nel linguaggio degli storici fran-cofoni la denominazione écriture du for privé, per l’Ancien régime, questi scritti sono in buona parte accostabili alle cronache locali: infatti l’intimo è raramente esposto e la sfera privata affiora raramente dalle note degli scriventi. Cfr. M. foiSil, L’écriture du for privé, in Histoire de la vie privée. De la Renaissance aux Lumières, a cura di PH. arièS, g. duBy, Paris 1986, p. 335.99 Cfr. d. toSato-rigo, Pratiques de l’écrit et histoire par la marge. Autour des egodocuments en Suisse romande au XVIIIe siècle, in «Zeitschrift für Archäologie und Kunstgeschichte/Revue suisse d’Art et d’Archéologie», 67/4 (2010), p. 264; ead., Avant-propos, in Appel à témoins, p. 7.100 ASTi, Diversi, scatola 1430.101 g. BazzigHer, L’istoria delle armatte in Bregalia tedesche e francesi nelli anni 1798 in poi – e per altri vari avenimenti arivatti nella Bregalia – sino l’anno 1809. Il manoscritto di 328 pagine è consultabile su microfilm all’ASGr, mentre l’originale si trova in mano privata. Si veda anche P. rotH, Liberateci da queste libertà! Personaggi e fatti della Bregaglia dal 1798 al 1803, in «Qua-derni grigionitaliani», 72/4 (2003), pp. 62-72.102 k. voN greyerz, Religion und Kultur. Europa, 1500-1800, Göttingen 2000.103 Il documento è attualmente conservato presso un privato, ma è consultabile su domanda all’Ar-chivio storico della Bregaglia.

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Libro di famiglia di Alfonso Oldelli (1643-1706), detto il Vecchio: ASTi, Oldelli, scatola 5/II.

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