IPOVITAMINOSI D: UN PROBLEMA NAZIONALE

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IPOVITAMINOSI D: UN PROBLEMA NAZIONALE

febbraio2015

Con il contributo educazionale di

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La vitamina D3, o colecalciferolo, è un composto ottenuto dalla conversione del 7-deidrocolesterolo (o provitamina D3) a seguito dell’esposizione della cute alla luce solare.1 In alternativa, la vita-

mina D3 può essere assunta direttamente attraverso la dieta, sebbene solo pochi alimenti, come alcuni tipi di pesce, latte e derivati e le uova, ne contengano fonti apprezzabili.1,2 Due interventi enzimatici, uno a livello epatico e l’altro a livello renale, sono necessari per convertire la vitamina D3 nella forma biologicamente attiva, 1-25diidrossicolecalci-ferolo, in grado di assolvere alle funzioni preposte, in primis l’ottimiz-zazione dell’assorbimento intestinale di calcio e la corretta mineraliz-zazione dell’osso.1,2

Intervenendo nell’omeostasi del calcio, la vitamina D è storicamente associata al benessere osseo: adeguati livelli sierici di vitamina D ridu-cono infatti l’insorgenza di patologie quali osteopenia e osteoporosi e, conseguentemente, il rischio di fratture; è stato dimostrato inoltre che la sua carenza provoca malformazioni ossee e rachitismo nei bam-bini.2 Studi recenti sembrano tuttavia suggerire che la vitamina D ab-bia effetti pleiotropici e sia in realtà coinvolta in numerosi e differenti processi cellulari. La carenza di vitamina D è stata osservata in pazienti affetti da patologie non direttamente correlate al metabolismo osseo, quali il diabete, le patologie cardiovascolari, alcune malattie infettive e autoimmuni e, addirittura, alcuni tumori.1,3

La carenza di vitamina D può dunque avere un impatto importan-te sulla salute della popolazione generale: in Europa i livelli sierici di 25-idrossivitamina D [25(OH)D], ovvero il principale metabolita circo-lante della vitamina D utilizzato per valutare la sua concentrazione, sono molto variabili, a causa delle diverse latitudini e delle differenti abitudini alimentari dei vari Paesi.2,4 Non esiste una definizione con-divisa del livello di vitamina D al di sotto del quale si possa parlare di deficienza; mentre per le manifestazioni muscolo-scheletriche viene solitamente condivisa e accettata una soglia di 20 ng/ml, in generale, si definiscono insufficienti livelli sierici di 25(OH)D inferiori a 30 ng/ml.1

Importanza della vitamina D

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Adolescenti e ipovitaminosi D: la situazione italiana

L’adolescenza è un periodo della vita di rapido e importante sviluppo fisico, anche e soprattutto dal punto di vista osseo: di conseguenza è ancora più importante che i livelli di vitamina D risultino adegua-

ti.5 L’Italia, grazie alla sua posizione geografica particolarmente favorevo-le in termini di esposizione ai raggi solari e alla riconosciuta attenzione alla qualità dell’alimentazione, dovrebbe rappresentare un’”isola felice” ed essere scarsamente interessata dal problema dell’ipovitaminosi D: in realtà invece, due studi recentissimamente pubblicati su riviste scienti-fiche di rilevanza internazionale2,4 hanno evidenziato come in molti ra-gazzi italiani i livelli di vitamina D risultino fortemente inadeguati. È par-ticolarmente importante sottolineare come questa condizione sembri interessare tutta la penisola, da nord a sud, senza apparenti distinzioni.

Lo studio di Colao e colleghi in CampaniaIl primo studio, condotto in Campania, ha raccolto e analizzato i dati di 373 adolescenti sani di età compresa fra 11 e 20 anni.2 Lo scopo era quello di valutare il tipo di correlazione esistente tra peso corporeo (BMI, Body Mass Index), esercizio fisico praticato all’aperto e abitudine al fumo e concentrazione sierica di vitamina D. I risultati dello studio hanno evidenziato come oltre l’80% degli adolescenti analizzati pre-sentasse livelli di vitamina D inferiori a 30 ng/ml. Nelle aree rurali campane, rispetto a quelle di provincia, la prevalenza di ipovitaminosi D è ancora più rilevante (Figura 1).2

Figura 1. Prevalenza del deficit di vitamina D tra gli adolescenti della regione Campania. Da 2.

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Adolescenti e ipovitaminosi D: la situazione italiana

I livelli di vitamina D sono risultati inoltre fortemente correlati con il BMI, l’abitudine al fumo e l’esercizio fisico all’aperto.

Le cellule adipose rappresentano un deposito per la vitamina D3. Nei soggetti obesi, tuttavia, la sua biodisponibilità si riduce a causa dell’ec-cesso di tessuto adiposo. Negli adolescenti con ridotta attività fisica all’aperto e che trascorrono la maggior parte del loro tempo in casa a guardare la televisione o a giocare ai videogiochi, i livelli di vitamina D risultano dunque inadeguati per un duplice motivo: la scarsa esposi-zione ai raggi solari, che rappresentano la principale fonte di vitamina D, e la sedentarietà, spesso responsabile dell’aumento ponderale che determina, a sua volta, una minore biodisponibilità della vitamina D. Infine, sebbene non sia ancora stato chiarito definitivamente come il fumo possa inficiare lo stato vitaminico D, è stato ipotizzato un alterato metabolismo epatico del metabolita 25(OH)D, condizione frequente nei fumatori. Saranno comunque necessari ulteriori studi a conferma di questa ipotesi.2

Lo studio di Stagi e colleghi in ToscanaAnche il secondo studio italiano si è posto l’obiettivo di valutare i livelli sierici di 25(OH)D in una coorte di 679 pazienti afferenti a strutture ospedaliere della regione Toscana per controlli di routine.4 A differenza del lavoro di Colao, in questa ricerca sono stati inclusi, oltre agli ado-lescenti, anche i bambini: il range di età era infatti compreso fra i 2 e i 18 anni e i soggetti analizzati erano dunque mediamente più giovani. Anche in questo caso la prevalenza di ipovitaminosi D è risulta-ta piuttosto elevata, ovvero pari a circa l’89%. Lo studio conferma inoltre l’esistenza delle correlazioni osservate nella ricerca condotta in Campania: inversa tra concentrazione di vitamina D e BMI, diretta con i livelli di attività fisica all’aperto.

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Adolescenti e ipovitaminosi D: la situazione italiana

Di particolare interesse infine, è stata l’analisi dei livelli di 25(OH)D, che ha evidenziato un marcato effetto stagionale: sebbene, come si può evincere dalla Figura 2, i valori non raggiungano mai la sufficien-za, in estate e autunno risultano significativamente maggiori rispetto a quelli registrati in primavera. Ciò significa che i livelli di vitamina D prodotti e immagazzinati da giugno a ottobre, periodo in cui l’irra-diazione solare determina un’adeguata sintesi cutanea di vitamina D3, non risultano sufficienti a garantire uno stato ottimale della stessa nei rimanenti mesi dell’anno. La carenza di vitamina D risulta dunque un fenomeno di notevole rilevanza anche tra i bambini e gli adolescenti toscani.4

Figura 2. Andamento stagionale dei livelli di 25(OH)D in una popolazione di bambini e adolescenti toscani. Da 4.

La presenza di livelli inadeguati di 25(OH)D è quindi un problema complesso, le cui cause vanno ricercate nei cambiamenti dello stile di vita degli adolescenti di oggi, che praticano troppo poco sport, trascorrono poco tempo all’aria aperta e hanno abitudini alimen-tari sbilanciate e poco sane, favorenti obesità e malnutrizione.4

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Non solo adolescenti

Come sottolineato nello studio di Stagi4 questa condizione non è però confinata all’adolescenza, ma riguarda anche l’infanzia e potrebbe addirittura essere presente già alla nascita: uno studio condotto a Novara, i cui risultati sono stati presentati al XXVI congresso SIPPS dello scorso novembre,6 ha rilevato come la carenza di vitamina D sia già manifesta a livello neonatale: solo il 2,14% dei neonati analizzati presentava infatti un quadro di sufficienza vitaminica D (>30 ng/ml); nei neonati stranieri inoltre, in particolare i Nord Africani e gli Asiatici, i valori medi di 25(OH)D risultavano addirittura inferiori (7,1 ng/ml) ri-spetto a quelli italiani (11,9 ng/ml).

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Key points conclusivi

• La prevalenza di ipovitaminosi D negli adolescenti italiani è molto elevata e il problema non è confinato a un’area specifica, ma interessa tutta la nostra penisola2,4,5

• Il deficit di vitamina D aumenta il rischio di patologie ossee, quali, per esempio, il rachitismo nel bambino e l’osteomalacia nell’adulto2-5

• Le cause all’origine di questa insufficienza vitaminica sono molteplici: le cattive abitudini alimentari e comportamentali, quali la sedentarietà e il minor tempo trascorso all’aria aperta, responsabili rispettivamente dell’aumento ponderale e di un’inadeguata esposizione solare, sono fattori che influenzano negativamente lo stato vitaminico D, non solo dei bambini, ma anche degli adulti1,2,4,5

• Questa condizione non riguarda soltanto gli adolescenti: l’ipovitaminosi D è già presente in età infantile e, addirittura, nel periodo neonatale4,6

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Bibliografia

1. Adami S et al. Reumatismo 2011;63:129-47.

2. Colao A et al. Endocrine 2014 Nov 21. [Epub ahead of print].

3. Holick MF N Engl J Med 2007;357:266-81.

4. Stagi S et al. Int J Endocrinol 2014;2014:583039.

5. Vierucci F et al. Ital J Pediatr 2014;40:54.

6. Pozzi E et al. Atti XXVI Congresso Nazionale SIPPS; abstract e comunicazioni: pp. 199.

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Editore: Sintesi InfoMedica S.r.l.

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© 2015 Sintesi InfoMedica S.r.l.Febbraio 2015

Supplemento al numero IV/2014

Depositato presso AIFA in data 28/01/2015

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