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Introduzione alla teoria degli spazi di Hilbert per il Corso di Metodi Matematici per lIngegneria Marco Bramanti Politecnico di Milano 4 maggio 2012 Indice 1 Cenni su operatori e funzionali lineari continui 1 1.1 Operatori lineari continui ...................... 1 1.2 Funzionali lineari continui ...................... 4 2 Geometria negli spazi di Hilbert 6 2.1 Spazi vettoriali con prodotto interno ................ 7 2.2 Spazi di Hilbert ............................ 13 3 Funzionali lineari continui su uno spazio di Hilbert 17 4 Analisi di Fourier in spazi di Hilbert 22 5 Applicazioni allanalisi armonica 29 5.1 Il sistema trigonometrico. Serie di Fourier in una o due variabili 29 5.2 Base di Haar e wavelets ....................... 34 1 Cenni su operatori e funzionali lineari continui Prima di introdurre largomento degli spazi di Hilbert, dobbiamo rapidamente introdurre alcuni concetti riguardanti le funzioni lineari denite su spazi vetto- riali normati qualsiasi. 1.1 Operatori lineari continui Denizione 1.1 Siano X; Y due spazi vettoriali normati sul campo K (= R o C). Una funzione T : X ! Y si dice operatore lineare se T (x + y)= T (x)+ T (y) 8x; y 2 X; 8; 2 K. 1

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Introduzione alla teoria degli spazi di Hilbertper il Corso di Metodi Matematici per

l�Ingegneria

Marco BramantiPolitecnico di Milano

4 maggio 2012

Indice

1 Cenni su operatori e funzionali lineari continui 11.1 Operatori lineari continui . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11.2 Funzionali lineari continui . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

2 Geometria negli spazi di Hilbert 62.1 Spazi vettoriali con prodotto interno . . . . . . . . . . . . . . . . 72.2 Spazi di Hilbert . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

3 Funzionali lineari continui su uno spazio di Hilbert 17

4 Analisi di Fourier in spazi di Hilbert 22

5 Applicazioni all�analisi armonica 295.1 Il sistema trigonometrico. Serie di Fourier in una o due variabili 295.2 Base di Haar e wavelets . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34

1 Cenni su operatori e funzionali lineari continui

Prima di introdurre l�argomento degli spazi di Hilbert, dobbiamo rapidamenteintrodurre alcuni concetti riguardanti le funzioni lineari de�nite su spazi vetto-riali normati qualsiasi.

1.1 Operatori lineari continui

De�nizione 1.1 Siano X;Y due spazi vettoriali normati sul campo K (= R o C).Una funzione T : X ! Y si dice operatore lineare se

T (�x+ �y) = �T (x) + �T (y) 8x; y 2 X;8�; � 2 K.

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Solitamente quando un operatore è lineare si omette la parentesi nell�ar-gomento, e si scrive Tx invece che T (x) (ma naturalmente bisogna comunquescrivere T (x+ y) se l�argomento è una somma!).

Teorema 1.2 Siano X;Y due spazi vettoriali normati e T : X ! Y un opera-tore lineare. Sono equivalenti le seguenti tre condizioni:(a) T (vista come funzione tra due spazi metrici) è continua in 0.(b) T è continua in ogni punto.(c) vale la seguente condizione di limitatezza:

supx2X;x 6=0

kTxkYkxkX

<1:

Dimostrazione. Proviamo che (a)=)(b). Questo è vero per linearità. Provi-amo che T è continua in x sapendo che è continua in 0: Occorre mostrareche

xn ! x =) Txn ! Tx:

Ma per linearità:

Txn � Tx = T (xn � x)! 0 perché (xn � x)! 0 e T è continua in 0.

Proviamo che (b)=)(c). Per assurdo, sia

supx2X;x 6=0

kTxkYkxkX

= +1;

allora esiste una successione fxng1n=1 � X tale che

kTxnkYkxnkX

� n: (1.1)

Poniamo yn = xnnkxnkX

. Allora kynkX = 1n ! 0 perciò essendo T continua in 0

si ha

Tyn ! 0. Ma:

Tyn =Txn

n kxnkXperciò kTynkY =

kTxnkYn kxnkX

� 1 per (1.1),

assurdo.Proviamo che (c)=)(a). Per ipotesi esiste K > 0 tale che

kTxkYkxkX

< K per ogni x 2 X;x 6= 0:

Allora se xn ! 0;kTxnkY < K kxnkX ! 0

perciò Txn ! 0; e T è continua in 0. L�equivalenza delle tre condizioni è quindiprovata.

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De�nizione 1.3 Un operatore lineare T : X ! Y tra due spazi vettoriali nor-mati X;Y si dice continuo se vale una delle tre condizioni equivalenti espressedal teorema precedente. In tal caso si de�nisce norma dell�operatore il numero

kTk = supx2X;x 6=0

kTxkYkxkX

.

Risulta, per de�nizione

kTxkY � kTk kxkX 8x 2 X:

Esempio 1.4 1. Sia k 2 L1 (Rn). Allora

T : Lp (Rn)! Lp (Rn)Tf = kf

è lineare continuo su Lp (Rn) ; per ogni p 2 [1;1] ; con kTk = kkkL1(Rn). T sidice (ovviamente) operatore di moltiplicazione.2. Sia k 2 L1 (Rn) : Allora

T : Lp (Rn)! Lp (Rn)Tf = k � f

è lineare continuo su Lp (Rn) ; per ogni p 2 [1;1] ; con kTk = kkkL1(Rn), in basealla disuguaglianza di Young. T si dice (ovviamente) operatore di convoluzione.2. Sia

T : C0 [0; 1]! C0 [0; 1]

Tf (x) =

Z x

0

f (t) dt:

L�operatore integrale T è lineare continuo,

jTf (x)j �Z x

0

jf (t)j dt � kfk1Z x

0

dt = x kfk1

kTfk1 � kfk1 :

3. Sia

T : C2 [a; b]! C0 [a; b]

Tf (x) = � (x) f 00 (x) + � (x) f 0 (x) + (x) f (x)

con �; �; 2 C0 [a; b] : L�operatore di¤erenziale T è lineare e continuo perché

kTfkC2[a;b] � c kfkC0[a;b]

con c dipendente da k�kC0[a;b] ; k�kC0[a;b] ; k kC0[a;b] :

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Si veri�ca facilmente che ogni combinazione lineare di operatori lineari con-tinui tra X e Y è a sua volta un operatore lineare continuo. Si può considerarequindi lo spazio L (X;Y ) di tutti gli operatori lineari continui tra gli spazivettoriali normati X e Y , che risulta uno spazio vettoriale. Anzi, la normaoperatoriale

kTk = supx2X;x 6=0

kTxkYkxkX

risulta e¤ettivamente una norma in questo spazio, quindi: L (X;Y ) è uno spaziovettoriale normato. Si può dimostrare che, inoltre, se Y è di Banach ancheL (X;Y ) è di Banach.

1.2 Funzionali lineari continui

Un caso particolare di operatore lineare si ha quando Y coincide con il campodegli scalari. Un operatore lineare continuo T : X ! R (dove X è uno spaziovettoriale normato reale) si dice funzionale lineare continuo su X. Lo spazioL (X;R) si dice spazio duale di X e si indica con X� o X 0: E� sempre unospazio di Banach (perché il secondo spazio, Y = R, lo è). Quindi il duale diuno spazio vettoriale normato X è lo spazio (vettoriale normato) dei funzionalilineari continui su X. La norma di un funzionale lineare continuo è de�nita da

kTk = supx2X;x 6=0

jTxjkxkX

.

Esempio 1.5 1. Sia X = C0 [a; b]. Fissato un punto x0 2 [a; b], il funzionale

Tf = f (x0)

è ovviamente lineare, ed è continuo perché

jTf j = jf (x0)j � kfkC0[a;b] , da cui

kTk � 1:

T si dice funzionale di valutazione (valuta le funzioni nel punto x0).2. Sia X = C0 [a; b]. L�integrale de�nito è un funzionale lineare continuo:

Tf =

Z b

a

f (t) dt

jTf j �Z b

a

jf (t)j dt � kfkC0[a;b] (b� a)

kTk � (b� a) :

Confrontando gli esempi 1 e 2 vediamo che esistono funzionali lineari con-tinui di tipo molto diverso, sullo spazio C0 [a; b] :3. Sia X = Lp (), e �ssiamo una funzione g 2 Lq () con q esponente

coniugato a p. Allora:

Tf =

Z

f (x) g (x) dx

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è un funzionale lineare continuo su Lp () ; per la disuguaglianza di Hölder:

jTf j �Z

jf (x) g (x)j dx � kfkLp() kgkLq() ; perciò

kTk � kgkLq() .

Mostriamo che è, più precisamente, kTk = kgkLq(). E�su¢ ciente per questotrovare una speci�ca f per cui risulti jTf jkfkp

= kgkq : Poniamo: f = jgjq�1sgn(g) :

Si ha f 2 Lp perché

jf jp = jgj(q�1)p = jgjq ; quindi kfkp = kgkq=pq e

Tf =

Z b

a

f (t) g (t) dt =

Z b

a

jgjq dt = kgkqq

Tf

kfkp=

kgkqqkgkq=pq

= kgkq�q=pq = kgkq ;

quindi kTk = kgkLq().

L�ultimo esempio si può rileggere così: ogni funzione g 2 Lq () inducein modo naturale un funzionale lineare continuo su Lp () per p; q coniugati.Potremmo indicare questo funzionale con

Tg : Lp ()! R

Tg : f 7�!Z b

a

fg:

Chiediamoci ora: esistono funzionali lineari continui su Lp () di tipo diversoda questo, cioè che non si rappresentino come integrali contro una funzione Lq?La risposta è negativa, e questo signi�ca che conosciamo una caratterizzazionecompleta dei funzionali lineari continui su Lp ():

Teorema 1.6 (di rappresentazione di Riesz) Sia 1 � p < 1. Per ognifunzionale lineare continuo T su Lp () esiste una funzione g 2 Lq () (con qesponente coniugato di p) tale che

T : f 7�!Z b

a

fg:

Inoltre kTk = kgkq.

Possiamo anche leggere questo teorema dicendo: lo spazio duale di Lp ()si può identi�care con Lq () ; per 1 � p < 1. Invece, il duale di L1 () nonè L1 ().Si osservi che, in particolare, il duale di L2 () è L2 () stesso (essendo

l�esponente 2 il coniugato di se stesso). Questo fatto è un caso particolare di un

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teorema molto più generale, di rappresentazione dei funzionali lineari continuisu uno spazio di Hilbert, di cui parleremo fra non molto.Si osservi anche che tutto ciò che abbiamo detto vale per gli spazi Lp su

qualsiasi spazio di misura astratto (;M; �). Se in particolare consideriamo lospazio (N;P (N) ;m) dove m è la misura del conteggio, otteniamo gli spazi Lp

di successioni, indicati col simbolo `p:

`p =

8<:x = fxng1n=1 � R : kxk`p = 1Xn=1

jxnjp!1=p

<1

9=; ; per 1 � p <1;

`1 =

�x = fxng1n=1 � R : kxk`1 = sup

njxnj <1

�:

In particolare i funzionali lineari continui su `p sono tutti e soli quelli del tipo:

Ty : fxng1n=1 7!1Xn=1

xnyn con fyng1n=1 2 `q �ssato,

e si ha: �����1Xn=1

xnyn

����� � 1Xn=1

jxnjp!1=p 1X

n=1

jynjq!1=q

(disuguaglianza di Holder in spazi `p). E� interessante, in particolare, il casop = q = 2, per cui la disuguaglianza precedente risulta una generalizzazionein�nito dimensionale della disuguaglianza (di Cauchy-Schwarz) elementare chevale per il prodotto scalare in Rn:�����

1Xn=1

xnyn

����� � 1Xn=1

jxnj2!1=2 1X

n=1

jynj2!1=2

:

Questa relazione tra spazi in�nito dimensionali, prodotto scalare e funzionalilineari continui avrà la sua piena chiari�cazione e il suo sviluppo naturale nellateoria degli spazi di Hilbert, di cui ora ci occupiamo.

2 Geometria negli spazi di Hilbert

Gli spazi vettoriali dotati di un prodotto scalare sono ambienti astratti in cui sipuò de�nire un concetto di ortogonalità analogo a quello euclideo in Rn. Questomette a disposizione un sistema di riferimento privilegiato in cui i calcoli sonoparticolarmente comodi e semplici, un concetto di proiezione ortogonale chediventa strumento per approssimare un elemento generico di uno spazio vet-toriale (che nelle applicazioni all�analisi è una funzione) mediante elementi diun particolare sottospazio (che nelle applicazioni sono funzioni di qualche tipoparticolarmente semplice). In dimensione in�nita, come abitualmente si è inanalisi, l�ortogonalità da sola non basterebbe però a garantire il �buon funzion-amento�di questo tipo di teoria: la validità della proprietà di completezza (nel

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senso degli spazi di Banach) è essenziale a¢ nché si possano dimostrare teore-mi signi�cativamente simili a quelli che valgono in Rn. Da questa sintesi diidee nasce il concetto di spazio di Hilbert, uno spazio di Banach in cui c�è unprodotto scalare e quindi un concetto di ortogonalità. L�esempio più naturaledi spazio di Hilbert utile in analisi, in un certo senso prototipo di tutti gli altri,è lo spazio L2 () delle funzioni a quadrato sommabile in qualche dominio di Rn. Perciò la teoria degli spazi di Hilbert, pur essendo di per sé una teoriaastratta che utilizza solo i concetti propri degli spazi vettoriali normati, nelle sueapplicazioni interessanti ha bisogno della teoria della misura e dell�integrazionedi Lebesgue. E�una teoria che nasce quindi dall�incontro tra gli sviluppi del-l�analisi funzionale astratta con la teoria della misura moderna. A sua volta,l�applicazione della teoria astratta degli spazi di Hilbert al contesto concretodello spazio L2 () richiede, come vedremo, la conoscenza di particolari �siste-mi ortonormali completi�di funzioni. Il sistema trigonometrico fsinnx; cosnxgcomunemente usato nell�analisi di Fourier è il primo fondamentale esempio disistemi di questo tipo. A seconda del problema in esame (problemi di approssi-mazione di funzioni in analisi armonica, problemi ai limiti per equazioni dif-ferenziali ordinarie o alle derivate parziali), occorre a volte cercare altri tipi disistemi ortonormali completi di funzioni speciali, adattati in qualche senso alproblema in esame.

2.1 Spazi vettoriali con prodotto interno

De�nizione 2.1 Sia V uno spazio vettoriale sul campo K (= R o C). Si. diceche V è uno spazio vettoriale dotato di prodotto interno, o di prodotto scalare, oanche che V è uno spazio pre-Hilbertiano, se (oltre alle due operazioni propriedello spazio vettoriale, cioè la somma di vettori e il prodotto tra un vettore euno scalare) è de�nita una (terza) operazione, che chiamiamo prodotto scalareo prodotto interno,

(�; �) : V � V ! K

con le seguenti proprietà:1. lineare sulla prima componente:

(�x+ �y; z) = � (x; z) + � (y; z) 8x; y; z 2 V; �; � 2 K;

2.a. se K = R (caso che maggiormente considereremo in seguito): commu-tativo

(x; y) = (y; x) 8x; y 2 V ;2.b. se K = C:

(x; y) = (y; x) 8x; y 2 Vdove � indica il coniugato nel campo complesso. Si noti che se K = R dallacommutatività segue anche la linearità sulla seconda componente, per cui in talcaso diciamo semplicemente che il prodotto scalare è bilineare; se invece K = Cda 1 e 2.b segue

(z; �x+ �y) = � (z; x) + � (z; y) 8x; y; z 2 V; �; � 2 C

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e si dice che il prodotto scalare complesso è sesquilineare. Notiamo anche chenel caso complesso essendo (x; x) = (x; x), risulta (x; x) reale per ogni x 2 V ,il che dà senso alla prossima richiesta.3. Positività:

(x; x) � 0 8x 2 V e (x; x) = 0() x = 0:

Esempio 2.2 1. Lo spazio Rn col prodotto scalare

(x; y) =nXj=1

xjyj :

2. Lo spazio Cn (su C) col prodotto scalare

(x; y) =nXj=1

xjyj :

3. Lo spazio Rn col prodotto scalare

(x; y) =nX

i;j=1

aijxjyj

dove A = (aij)ni;j=1 è una qualsiasi matrice simmetrica e de�nita positiva.

4. Lo spazio C [a; b] (funzioni a valori reali) con

(f; g) =

Z b

a

f (t) g (t) dt:

5. Lo spazio C [a; b] (funzioni a valori complessi) con

(f; g) =

Z b

a

f (t) g (t)dt:

6. Lo spazio L2 () (funzioni a valori reali o complessi), sottoinsiememisurabile di Rn con

(f; g) =

Z

f (x) g (x)dx:

Questo sarà l�esempio più importante nel seguito. Se le funzioni hanno valorireali ovviamente non c�è bisogno di mettere il coniugato sopra g.7. Lo spazio `2 delle successioni x = fxng1n=1 a valori reali o complessi per

le quali si abbia1Xj=1

jxj j2 <1;

col prodotto scalare

(x; y) =1Xj=1

xjyj.

Questo è in un certo senso l�analogo discreto dell�esempio precedente. Si notil�analogia con il prodotto scalare usuale di Rn.

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In tutto il seguito, per sempli�care le notazioni e le dimostrazioni, tratteremosempre spazi vettoriali su R. Quello che diremo vale comunque anche per spazicomplessi, con qualche modi�ca di notazione o nelle dimostrazioni.

Teorema 2.3 Sia V uno spazio pre-Hilbertiano. Allora:1. Vale la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz:

j(x; y)j �p(x; x) �

p(y; y) 8x; y 2 V:

2. Ponendokxk =

p(x; x)

si ottiene che k�k è una norma, che si dice �norma del prodotto interno�. Sinoti che la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz si riscrive quindi

j(x; y)j � kxk � kyk 8x; y 2 V: (2.1)

3. La norma del prodotto interno soddisfa l�uguaglianza del parallelogram-ma:

kx+ yk2 + kx� yk2 = 2�kxk2 + kyk2

�8x; y 2 V:

Dimostrazione. Dimostriamo il teorema lavorando per semplicità con unospazio pre-Hilbertiano reale. La dimostrazione di tutti i punti si basa sulleproprietà assiomatiche del prodotto interno.1. Per ogni � 2 R possiamo scrivere: per la positività del prodotto scalare:

0 � (�x+ y; �x+ y) =

per la bilinearità del prodotto scalare

= �2 (x; x) + 2� (x; y) + (y; y) =

per de�nizione di norma del prodotto scalare

= �2 kxk2 + 2� (x; y) + kyk2 :

Dunque abbiamo

�2 kxk2 + 2� (x; y) + kyk2 � 0 8� 2 R,

il che implica che il discriminante del trinomio di secondo grado in � sia � 0,ossia

(x; y)2 � kxk2 kyk2 � 0

da cui (2.1).2. Ponendo kxk =

p(x; x) si ha, per la positività del prodotto scalare, la

proprietà di positività della norma. Vale l�omogeneità perché

k�xk =p(�x; �x) =

p�2 (x; x) = j�j

p(x; x) = j�j kxk :

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Vale la disuguaglianza triangolare perché per de�nizione di norma e bilinearitàdel prodotto scalare

kx+ yk2 = (x+ y; x+ y) = (x; x) + 2 (x; y) + (y; y) = kxk2 + 2 (x; y) + kyk2 �

per la (2.1)� kxk2 + 2 kxk � kyk+ kyk2 = (kxk+ kyk)2

da cui kx+ yk � kxk+ kyk.3. Per de�nizione di norma e bilinearità del prodotto scalare si ha:

kx+ yk2 + kx� yk2 = (x+ y; x+ y) + (x� y; x� y)= (x; x) + 2 (x; y) + (y; y) + (x; x)� 2 (x; y) + 2 (y; y)

= 2 [(x; x) + (y; y)] = 2�kxk2 + kyk2

�:

Ogni spazio pre-Hilbertiano è dunque uno spazio vettoriale normato, la cuinorma �proviene da un prodotto scalare�e soddisfa l�uguaglianza del parallel-ogramma.Viceversa, potremmo avere uno spazio vettoriale normato (qualsiasi) e chieder-

ci se esista un prodotto scalare che induca quella norma. Da questo punto divista, il fatto che valga l�uguaglianza del parallelogramma risulta una condizionenecessaria, come mostra il prossimo

Esempio 2.4 Dimostriamo che la norma di L1 [a; b] non proviene da un prodot-to scalare. Si faccia attenzione: è chiaro che il prodotto scalare

(f; g) =

Z b

a

f (t) g (t) dt

non induce la norma L1 (perché induce la norma L2); noi stiamo a¤ermandoperò che non esiste alcun prodotto scalare (f; g) per cui si abbia

(f; f) =

Z b

a

jf (t)j dt!2

:

Se un tale prodotto scalare esistesse, la norma L1 dovrebbe soddisfare l�uguaglian-za del parallelogramma, cosa che non accade, come ora mostriamo. Consideri-amo, in L1 [0; 2]:

f (t) = �[0;1] (t) ; g (t) = �[1;2] (t) :

Poiché j(f � g) (t)j = 1 in [0; 2], si ha:

kf + gk2L1 + kf � gk2L1 =

�Z 2

0

dt

�2+

�Z 2

0

dt

�2= 4 + 4 = 8;

2�kfk2L1 + kgk

2L1

�= 2 (1 + 1) = 4

e l�uguaglianza non vale. Pertanto L1 non è uno spazio pre-Hilbertiano.

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Si può dimostrare (non lo facciamo) che se V è uno spazio vettoriale normatola cui norma soddisfa l�uguaglianza del parallelogramma, allora il prodotto

(x; y) =1

2

hkx+ yk2 � kxk2 � kyk2

iè e¤ettivamente un prodotto scalare, che induce la norma k�k. Di conseguenzal�uguaglianza del parallelogramma caratterizza le norme degli spazi pre-hilbertiani.Questo fa capire che tutta la geometria dell�ortogonalità è scritta, implici-tamente, nella semplice uguaglianza del parallelogramma. Difatti, come ve-dremo presto, quest�uguaglianza giocherà un ruolo centrale nella dimostrazionedi teoremi importanti.

Il prodotto scalare soddisfa una proprietà di continuità rispetto alla normache esso stesso induce:

Teorema 2.5 Sia V uno spazio vettoriale pre-hilbertiano. Per un x 2 H�ssato, si consideri il funzionale:

T : H ! RT : y 7! (x; y) :

Allora T è un funzionale lineare continuo su X (rispetto alla norma indotta dalprodotto scalare). Inoltre la norma di T come funzionale è uguale alla normadell�elemento x.

Dimostrazione. La linearità di T segue dalla bilinearità del prodotto scalare;la continuità di T segue dalla disuguaglianza di Cauchy-Schwarz:

jTyj = j(x; y)j � kxk kyk

da cui T è continuo conkTkV 0 � kxk .

Di più, risulta kTkV 0 = kxk perché

jTxj = j(x; x)j = kxk2

da cui jTxj = kxk = kxk e kTkV 0 � kxk.La continuità del prodotto scalare rispetto alla norma signi�ca in particolare

cheyn ! y =) (x; yn)! (x; y) .

Si può dimostrare anche:

xn ! x; yn ! y =) (xn; yn)! (x; y) ,

relazione che ci sarà utile in seguito.In uno spazio vettoriale con prodotto interno si può de�nire in maniera

naturale un concetto di ortogonalità:

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De�nizione 2.6 Si dice che x; y 2 V sono ortogonali tra loro, e si scrive x ? y,se (x; y) = 0:

Vale allora il seguente

Teorema 2.7 (di Pitagora) Siano x1; x2; :::; xn 2 V elementi a due a dueortogonali. Allora

nXj=1

xj

2

=nXj=1

kxjk2 :

Dimostrazione. Si ha, per de�nizione di norma e bilinearità del prodottoscalare:

nXj=1

xj

2

=

0@ nXj=1

xj ;

nXi=1

xi

1A =

nXi;j=1

(xi; xj)

poiché i vettori sono a due a due ortogonali (xi; xj) = 0 per i 6= j, perciò

=nXj=1

(xj ; xj) =nXj=1

kxjk2 :

De�nizione 2.8 Sia S � V un insieme qualsiasi di vettori. Si dice comple-mento ortogonale di S, e si indica con S?, l�insieme

S? = fx 2 V : (x; s) = 0 8s 2 Sg :

Teorema 2.9 L�insieme S? è un sottospazio vettoriale chiuso di V (anche seS non è un sottospazio).

Dimostrazione. Che sia un sottospazio segue dalla bilinearità del prodottoscalare: se x; y 2 S? e �; � 2 R si ha, per ogni s 2 S;

(�x+ �y; s) = � (x; s) + � (y; s) = � � 0 + � � 0 = 0:

Che sia chiuso segue dalla continuità del prodotto scalare. Infatti sia fxng1n=1 �S? tale che xn ! x 2 V; e proviamo che x 2 S?. Infatti per ogni s 2 S si ha

(x; s) = limn!1

(xn; s) = limn!1

0 = 0;

quindi x 2 S? e S? è chiuso.

12

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2.2 Spazi di Hilbert

De�nizione 2.10 Si dice spazio di Hilbert uno spazio pre-Hilbertiano completo.

Quindi uno spazio di Hilbert è uno spazio di Banach la cui norma provieneda un prodotto interno.

Esempio 2.11 Passiamo in rassegna agli Esempi 2.2 di spazi vettoriali conprodotto interno e vediamo quali di essi sono spazi di Hilbert.Gli esempi 1, 2, 3, 4 sono �nito dimensionali. Questi sono tutti spazi di

Hilbert, per la completezza di Rn.Gli esempi 4-5 (funzioni continue, prodotto scalare integrale) danno spazi

non completi (sappiamo già che le norme integrali non rendono completo unospazio di funzioni continue), quindi non di Hilbert.L�esempio 6 è L2 (), con il prodotto scalare integrale. Questo è di Hilbert

(completezza degli spazi Lp), ed è l�esempio più importante per il seguito deldiscorso. Si noti che stiamo parlando di L2 su un qualsiasi spazio di misuraastratto (;M; �), non solo un dominio di Rn con la misura di Lebesgue.L�esempio 7 è un caso particolare del precedente quando la misura è quella

del conteggio su N. Si ottiene lo spazio `2 di successioni, col prodotto scalareche generalizza quello usuale di Rn al caso in�nito dimensionale. In un certosenso lo spazio `2 si può pensare come una sorta di �spazio R1�, dove però lasuccessione delle coordinate è soggetta a un vincolo preciso, la convergenza dellaserie

Pjxnj2.

Nota storica. La teoria astratta degli spazi di Hilbert fu formulata da vonNeumann alla �ne degli anni 1920, come strumentazione matematica per la mec-canica quantistica. In questa sua applicazione, è la teoria degli spazi di Hilbertcomplessi quella che serve; questo è il motivo per cui abbiamo dato almeno lede�nizioni iniziali nel caso complesso. Nel seguito del discorso, per semplicità,considereremo quasi sempre spazi reali, soprattutto nelle dimostrazioni. Hilbertfu il primo a introdurre lo spazio `2, nei primi anni del 1900, e a gettare le basiper l�interesse per questi tipi di spazi vettoriali in�nito dimensionali. Ricordiamoche la teoria degli spazi di Banach (di cui quelli di Hilbert sono un caso partico-lare) ebbe il suo importante avvio con il lavoro di Banach del 1932 �Teoria deglioperatori lineari�, quindi fu successiva alla teoria degli spazi di Hilbert. Seg-naliamo anche che, mentre nella nostra trattazione introduttiva ci occuperemoprincipalmente della geometria degli spazi di Hilbert e di alcune proprietà deifunzionali lineari continui su spazi di Hilbert, gli sviluppi più signi�cativi dellateoria degli spazi di Hilbert (così come quella degli spazi di Banach, che nontrattiamo) riguardano la teoria degli operatori lineari de�niti su questi spazi.

Negli spazi di Hilbert il teorema di Pitagora dimostrato in precedenza siestende a somme in�nite, al modo seguente:

13

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Teorema 2.12 (di Pitagora, 2a versione) Se fxjg1j=1 è una successione dielementi di uno spazio di Hilbert H a due a due ortogonali e tali che la serienumerica

P1j=1 kxjk

2 converge, allora la serieP1

j=1 xj converge in H e vale la 1Xj=1

xj

2

=1Xj=1

kxjk2 :

Dimostrazione. Possiamo anzitutto applicare il teorema di Pitagora in ver-sione �nita ad ogni somma parziale della serie, e scrivere

mXj=n

xj

2

=

mXj=n

kxjk2 : (2.2)

Poiché la serie numericaP1

j=1 kxjk2 converge, le sue somme parziali sono una

successione di Cauchy, quindiPm

j=n kxjk2 ! 0 per n;m!1: Per l�uguaglianza

(2.2) le somme parziali diPm

j=n xj sono allora una successione di Cauchy in H,ed essendo lo spazio completo la serie converge. Dunque esiste x 2 H tale che

nXj=1

xj ! x; perciò

nXj=1

xj

2

! kxk2 : (2.3)

D�altro canto Pn

j=1 xj

2 =Pnj=1 kxjk

2; perciò

nXj=1

kxjk2 ! kxk2 . (2.4)

Da (2.3) e (2.4) segue1Xj=1

kxjk2 =

1Xj=1

xj

2

:

Il risultato fondamentale sulla geometria degli spazi di Hilbert è il seguente:

Teorema 2.13 (Distanza da un sottospazio chiuso, o Teorema dellaproiezione). Sia H uno spazio di Hilbert e V un suo sottospazio vettorialechiuso. Allora per ogni x 2 H esiste un unico v 2 V di minima distanza da x,ossia tale che

kx� vk = infv2V

kx� vk :

Inoltre x� v è ortogonale a V . L�elemento v si dice proiezione di x su V .

14

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Dimostrazione. Proviamo l�esistenza. Se x 2 V basta porre v = x, perciòsupponiamo x =2 V . Sia d = infv2V kx� vk. (Questo inf esiste perché V nonè vuoto e kx� vk � 0). Sia fxng1n=1 � V una successione minimizzante, ossiatale che

kx� xnk ! d:

(Tale successione esiste per de�nizione di estremo inferiore). Proviamo chequesta successione è di Cauchy. Si utilizza a questo scopo l�uguaglianza delparallelogramma:

kxn � xmk2 = k(xn � x) + (x� xm)k2

= �k(xn � x)� (x� xm)k2 + 2�kxn � xk2 + kx� xmk2

�:

Ora, per n;m!1 si ha:

kxn � xk2 ! d2; kx� xmk2 ! d2;

k(xn � x)� (x� xm)k2 = kxn + xm � 2xk2 = 4 xn + xm2

� x 2 � 4d2

perché, essendo V un sottospazio vettoriale, xn; xm 2 V =) xn+xm2 2 V: Ne

segue chelim

n;m!1kxn � xmk2 � �4d2 + 2

�d2 + d2

�= 0;

cioè kxn � xmk ! 0, ossia fxng1n=1 è di Cauchy. Poiché H è completo, esisteallora v 2 H tale che xn ! v; inoltre, poiché V è un sottospazio chiuso di H,v 2 V . In�ne, poiché

kxn � xk ! kv � xk e

kxn � xk ! d;

si ha kv � xk = d. Questo completa la dimostrazione dell�esistenza dell�elementodi V di minima distanza da x.Proviamo ora l�unicità. Siano dunque v1; v2 due elementi di V tali che

kvi � xk = d per i = 1; 2

e proviamo che allora v1 = v2. Si usa ancora l�uguaglianza del parallelogramma,in modo simile a quello già visto:

kv1 � v2k2 = k(v1 � x) + (x� v2)k2

= �k(v1 � x)� (x� v2)k2 + 2�kv1 � xk2 + kx� v2k2

�= �4

v1 + v22� x 2 + 2 �d2 + d2�

� �4d2 + 4d2 = 0

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in quanto v1; v2 2 V ) v1+v22 2 V )

v1+v22 � x

� d: Dunque kv1 � v2k = 0,ossia v1 = v2:Prima di dimostrare l�ultimo punto del teorema (ortogonalità di x� v a V )

ragioniamo sul signi�cato geometrico di questa proprietà, lasciandoci guidaredall�analogia con il caso �nito dimensionale. Se V è un sottospazio (chiuso) diH e x è un elemento di H che non appartiene a V , dal punto di vista geometricochi sarà l�elemento v 2 V di minima distanza da x? Sarà la proiezione ortogonaledi x su V . Questo signi�ca appunto che x� v è ortogonale a tutti gli elementidi V .

Dimostriamolo. Sia w = x � v, v 2 V qualsiasi, e proviamo che (w; v) = 0.Per ogni � 2 R, scriviamo (essendo v + �v 2 V e kwk = d)

kwk2 � kx� (v + �v)k2 = k(x� v)� �vk2 = kw � �vk2

= (w � �v;w � �v) = (w;w)� 2� (v; w) + �2 (v; v)= kwk2 � 2� (v; w) + �2 kvk2

da cui2� (v; w) � �2 kvk2 8� 2 R:

Ponendo � = tsgn(v; w) con t > 0 la precedente si riscrive così

2t j(v; w)j � t2 kvk2 8t > 0;

da cui dividendo per t e facendo tendere t a zero si ottiene (v; w) = 0, che è latesi.

Corollario 2.14 (Decomposizione ortogonale di H rispetto a un suosottospazio chiuso). Se H è uno spazio di Hilbert e V un suo sottospaziochiuso si ha:

H = V � V ?;

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dove � si legge somma diretta e signi�ca quanto segue:ogni elemento x 2 H si può scrivere come somma di un elemento v 2 V e

un elemento v0 2 V ?, inoltre V \V ? = f0g. Le due cose insieme implicano chela scrittura x = v + v0 con v 2 V e v0 2 V ? è unica.

Dimostrazione. Sia V un sottospazio chiuso di H. Se V = H allora V ? = f0ge la tesi è ovvia. Altrimenti, preso un x 2 H, per il Teorema della proiezionepossiamo scrivere x = v + (x� v) con v 2 V e (x� v) 2 V ?. E�poi ovvioche V \ V ? = f0g in quanto se x 2 V \ V ? si ha (x; x) = 0 e quindi x = 0.Mostriamo anche che la scrittura di un elemento x 2 H nella forma x = v + v0

con v 2 V e v0 2 V ? è unica. Supponiamo che esistano due scritture:

x = v1 + v01 = v2 + v

02

con v1; v2 2 V e v01; v02 2 V ?. Allora si ha:

v1 � v2 = v02 � v01:

Il primo membro è un elemento di V , il secondo membro un elemento di V ?,allora poiché V \ V ? = f0g si ha v1 � v2 = 0 = v02 � v01; da cui v1 = v2; v

02 = v01

ossia la scrittura è unica.

3 Funzionali lineari continui su uno spazio diHilbert

Abbiamo visto in precedenza (v. Teorema 2.5) che ogni elemento x di uno spaziodi Hilbert permette di de�nire un funzionale lineare continuo su H medianteprodotto scalare con x stesso. In altre parole,

ad ogni x 2 H è associato un Tx 2 H 0 tale che

Tx : H ! RTx : y 7! (y; x) ;

e risulta kTxkH0 = kxkH :Un risultato fondamentale sugli spazi di Hilbert a¤erma che vale anche il

viceversa: ogni funzionale lineare continuo è necessariamente del tipo appenadescritto.

Teorema 3.1 (di rappresentazione di Riesz) Sia H uno spazio di Hilberte T un funzionale lineare continuo su H (ossia T 2 H 0). Allora esiste un unicox 2 H che rappresenta T , nel senso che

Ty = (y; x) per ogni y 2 H:

Inoltre kTkH0 = kxkH : Si dice perciò che il duale H 0 di uno spazio di HilbertH si può identi�care con H stesso.

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Dimostrazione. Proviamo prima l�esistenza di x. Se T è il funzionale identica-mente nullo basta porre x = 0, quindi supponiamo che T non sia identicamentenullo. Per provare l�esistenza di x, proviamo prima a �indovinare�chi può es-sere. Se esiste x tale che Ty = (y; x), Ty si annullerà per tutti gli y ortogonalia x; dunque x è un opportuno elemento ortogonale all�insieme degli y su cui siannulla T . Guidati da quest�idea, consideriamo il nucleo di T , ossia l�insieme:

KerT = fy 2 H : Ty = 0g :

Si dimostra facilmente che KerT è un sottospazio vettoriale di H (per lin-earità di T ) ed è chiuso (per continuità di T ). Allora per il Corollario 2.14possiamo scrivere

H = KerT �KerT?.Sia z 2 KerT? con kzk = 1 (poiché stiamo supponendo T non identicamentenullo, KerT non esaurisce H, perciò KerT? ha elementi non nulli e quindi,essendo uno spazio vettoriale, ha elementi non nulli di norma unitaria). In baseal ragionamento iniziale, l�elemento x che cerchiamo dovrebbe essere del tipox = �z per qualche � 2 R. Il prossimo argomento determinerà � in modo chex = �z soddis� e¤ettivamente la proprietà richiesta.Per ogni y 2 H; l�elemento

y � Ty

Tzz

appartiene a KerT; in quanto

T

�y � Ty

Tzz

�= Ty � Ty

TzTz = 0:

(Si noti che ha senso dividere per Tz in quanto z è un elemento non nullo diKerT?, quindi Tz 6= 0): Allora y � Ty

Tz z è ortogonale a z, quindi,

0 =

�z; y � Ty

Tzz

�= (z; y)� Ty

Tz(z; z) = (z; y)� Ty

Tz;

da cuiTy = Tz (z; y) = (x; y) ;

avendo postox = (Tz) z:

Questo prova l�esistenza. Il fatto che risulti kTkH0 = kxkH è già stato provatonel Teorema 2.5 (ora che sappiamo che T = Tx).Proviamo l�unicità. Se esistono due elementi x1; x2 2 H tali che

Ty = (y; x1) = (y; x2) per ogni y 2 H

ne segue(y; x2 � x1) = 0 per ogni y 2 H;

e scegliendo y = x2 � x1 si ottiene x2 � x1 = 0; da cui l�unicità.

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Osservazione 3.2 (Duale di L2 ()) Osserviamo che nel caso particolare H =L2 () ; il teorema precedente garantisce che ogni funzionale lineare continuo suL2 si rappresenti nella forma

Tf =

Z

fg

per qualche g 2 L2 (). Ritroviamo quindi il risultato di dualità�L2 ()

�0=

L2 () ; che è un caso particolare del teorema (che abbiamo enunciato ma nondimostrato) secondo cui il duale di Lp () è Lq () con p; q esponenti coniugati,se 1 � p <1.

Il teorema precedente è un risultato fondamentale. Vediamo subito una dellesue conseguenze importanti: il teorema di Lax-Milgram, che gioca un ruolofondamentale nella formulazione debole dei problemi ai limiti per equazioni aderivate parziali, di cui ci occuperemo nell�ultima parte del corso. Premettiamoqualche de�nizione.

De�nizione 3.3 Sia H uno spazio di Hilbert. Si dice forma bilineare su H unafunzione

a (�; �) : H �H ! R

che è lineare in ognuno dei due argomenti, quando l�altro è �ssato. Esplicita-mente, signi�ca che, per ogni u; v; w 2 H e �; � 2 R è

a (�u+ �v;w) = �a (u;w) + �a (v; w)

a (w; �u+ �v) = �a (w; u) + �a (w; v) :

Una forma bilineare su H si dice:continua se esiste una costante c > 0 tale che

ja (u; v)j � c kuk kvk per ogni u; v 2 H;

coerciva se esiste una costante c0 > 0 tale che

a (u; u) � c0 kuk2 per ogni u 2 H;

simmetrica se

a (u; v) = a (v; u) per ogni u; v 2 H:

Esempio 3.4 1. In qualunque spazio di Hilbert, il prodotto scalare è una formabilineare simmetrica, continua (con c = 1, per la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz) e coerciva (con c = 1, per de�nizione di norma del prodotto scalare).2. In Rn una forma bilineare ha sempre la forma:

a (u; v) =nX

i;j=1

aijuivj

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per un�opportuna matrice A = (aij)ni;j=1. La forma bilineare è simmetrica se la

matrice A è simmetrica; è sempre continua; è coerciva se la matrice è de�nitapositiva, con c =minimo autovalore di A.3. In L2 () si consideri

a (u; v) =

Z

� (x)u (x) v (x) dx;

con � funzione L1 () assegnata. Questa è una forma bilineare simmetrica econtinua, qualunque sia � 2 L1 (). E�coerciva solo se � (x) � c0 > 0 quasiovunque in .

Veniamo al risultato annunciato:

Teorema 3.5 (di Lax-Milgram) Sia H uno spazio di Hilbert e a (u; v) unaforma bilineare continua e coerciva su H. Si consideri il seguente problema:(P). Assegnato T 2 H 0 (cioè T funzionale lineare continuo su H), deter-

minare u 2 H tale che

a (u; v) = Tv per ogni v 2 H:

Sotto le ipotesi precedenti, per ogni T 2 H 0 esiste uno e un solo u 2 Hsoluzione del problema (P). Inoltre vale la seguente stima di stabilità:

kukH �1

c0kTkH0

dove c0 è la costante che compare nell�ipotesi di coercività.

Questo teorema servirà per provare un risultato di esistenza, unicità e dipen-denza continua dai dati, per certi problemi ai limiti per equazioni a derivateparziali, dopo che questi avranno avuto un�opportuna �formulazione debole�.Tutto ciò sarà spiegato in dettaglio nell�ultima parte del corso. Per il momen-to vediamo questo teorema come un risultato astratto di esistenza, unicità edipendenza continua dal termine noto T , per la soluzione del problema astrat-to (P). �Dipendenza continua� signi�ca quanto segue. Il problema è lineare,nel senso che se u1; u2 sono soluzioni del problema (P) con assegnati T1; T2rispettivamente, allora �u1+�u2 sarà soluzione del problema (P) con assegnato�T1+�T2. In particolare allora la stima di stabilità implica che, con le notazioniprecedenti,

ku1 � u2kH �1

c0kT1 � T2kH0 ,

stima che si può interpretare al modo seguente: se il dato T1 è vicino al datoT2; anche la soluzione corrispondente a T1 è vicina alla soluzione corrispondentea T2. In questo senso la soluzione è stabile rispetto a una perturbazione deltermine noto, o anche �dipende con continuità dal termine noto�.Dimostrazione. Per semplicità dimostriamo il teorema sotto un�ipotesi ag-giuntiva: che la forma bilineare sia anche simmetrica. (La dimostrazione in

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assenza di quest�ipotesi è sensibilmente più elaborata, e quest�ipotesi risulteràveri�cata in diverse applicazioni signi�cative che faremo di questo teorema).Notiamo che una forma bilineare simmetrica e coerciva su H soddisfa gli

assiomi di prodotto scalare. In altre parole, se poniamo

(u; v)� = a (u; v)

(l�asterisco ricorda che questo non è il prodotto scalare originale in H; ma unodiverso), si ha che:(u; v)� è bilineare perché la forma è bilineare;(u; v)� è commutativo perché la forma è simmetrica;vale la proprietà di positività perché la forma è coerciva:(u; u)� = a (u; u) � c0 kuk � 0; quindi (u; u)� = 0 =) kuk = 0 e u = 0.Consideriamo ora la norma indotta da questo nuovo prodotto scalare:

kuk� =q(u; u)�:

Per la continuità e coercività, risulta:

kuk� =pa (u; u) �

qc kuk2 =

pc kuk

kuk� =pa (u; u) �

qc0 kuk2 =

pc0 kuk

ossia pc0 kuk � kuk� �

pc kuk per ogni u 2 H:

Le due norme sono dunque equivalenti ; in particolare questo signi�ca che se Tè un funzionale lineare su H continuo rispetto alla norma originaria, kuk, lo èanche rispetto alla norma kuk� : Infatti, per ogni v 2 H si ha

kTvk� �pc kTvk �

pc kTkH0 kvk �

rc

c0kTkH0 kvk� :

Possiamo allora applicare il teorema di rappresentazione di Riesz allo spazio diHilbert H dotato del prodotto scalare (u; v)� ed a¤ermare che esiste uno e unsolo elemento u 2 H tale che

(u; v)� = Tv per ogni v 2 H; cioèa (u; v) = Tv per ogni v 2 H;

che è quanto volevamo provare. Quanto alla norma di u, si ha:

c0 kuk2 � a (u; u) = Tu � kTkH0 kuk ;

da cuikuk � 1

c0kTkH0

che è la stima di stabilità.

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4 Analisi di Fourier in spazi di Hilbert

Andremo ora più a fondo del concetto di ortogonalità, vedendo come opportunisistemi di vettori ortogonali possano costituire, in uno spazio di Hilbert astrattocosì come avveniva in Rn, un buon �sistema di riferimento�.

De�nizione 4.1 Un insieme �nito fejgnj=1 o numerabile fejg1j=1 di elementi

di H si dice sistema ortonormale se

(ei; ej) =

�0 se i 6= j1 se i = j:

In altre parole, i vettori sono a due a due ortogonali, e ciascuno ha normaunitaria.

Notazione. In questo paragrafo considereremo spesso combinazioni linearidi vettori, ed è importante distinguere a colpo d�occhio i vettori dalle costantiche li moltiplicano. Cambiando leggermente notazioni quindi, scriveremo adesempio

�ejnj=1

per indicare i vettori e

nXj=1

cjej

per indicare una loro combinazione lineare, dove le cj sono costanti.

Cominciamo con l�illustrare alcuni procedimenti e idee che riguardano isottospazi di dimensione �nita di uno spazio di Hilbert.Ricordiamo anzitutto che in base al teorema di Pitagora in spazi di Hilbert

si può scrivere: nXj=1

cjej

2

=nXj=1

cjej 2 = nXj=1

jcj j2 : (4.1)

Quest�uguaglianza in particolare implica che vettori che costituiscono unsistema ortonormale �nito sono sempre linearmente indipendenti. Infatti se

nXj=1

cjej = 0

per certe costanti c1; c2; :::; cn, in base a (4.1) si ha

nXj=1

jcj j2 = 0

e quindi cj = 0 per j = 1; 2; :::; n; perciò i vettori sono indipendenti.

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Un sistema ortonormale �nito costituisce quindi una base dello spazio vet-toriale da essi generato. Viceversa, se V0 è un sottospazio �nito dimensionale diH, data una qualsiasi base

�ujnj=1

di V0 è sempre possibile a partire da questagenerarne un�altra che sia costituita da vettori ortonormali. E�su¢ ciente adop-erare il procedimento di ortonormalizzazione di Gram-Schmidt, che illustriamoiterativamente così:

e1 = vers (u1)

(dove, qui e nel seguito, indichiamo vers (u) = ukuk );

e2 = vers (u2 � (u2; e1) e1)

(spiegazione: dopo aver normalizzato il primo vettore, consideriamo il secondo egli sottraiamo la sua componente nella direzione del primo; così u2 � (u2; e1) e1risulta ortogonale a e1; ora lo normalizziamo e abbiamo e2);

e3 = vers (u3 � (u3; e1) e1 � (u3; e2) e2)

e così via �no a ottenere una base ortonormale�ejnj=1

di V0.

Supponiamo ora che V0, sottospazio �nito dimensionale di H, sia dotatodi una base ortonormale

�ejnj=1

(cosa che, come appena visto, si può sempresupporre). Dato un elemento x2 H; il suo elemento di minima distanza da V0(che sappiamo già esistere in base al teorema delle proiezioni) non è altro che:

PV0x =nXj=1

�x; ej

�ej :

Infatti PV0x 2 V0 e si veri�ca facilmente che x�PV0x 2 V ?0 . E� su¢ cientecalcolare per k = 1; 2; :::; n il prodotto scalare

(x� PV0x; ek) = (x; ek)�nXj=1

�x; ej

� �ej ; ek

�= (x; ek)� (x; ek) = 0:

Quindi la scritturax = PV0x+ (x� PV0x)

mostra, in base al teorema delle proiezioni, che l�elemento di minima distanza dix da V0 è proprio PV0x: Ecco quindi che la conoscenza di una base ortonormalein V0 dà un algoritmo semplice ed esplicito per calcolare l�elemento di minimadistanza di un vettore qualunque da V0; mediante la sua proiezione ortogonale.Prima di proseguire sarà utile illustrare queste idee con un esempio concreto:

Esempio 4.2 Determinare il polinomio di grado � 2 che approssima meglio lafunzione f (x) = sin (�x) in L2 (0; 1) :Ragioniamo così: sia V0 lo spazio vettoriale dei polinomi di grado � 2 su

[0; 1]. E� uno spazio vettoriale di dimensione �nita (3), quindi chiuso; è un

23

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sottospazio di L2 (0; 1) : Il polinomio di grado � 2 che approssima meglio lafunzione f in L2 (0; 1) è la proiezione di f su V0. Per calcolarla, dobbiamo pri-ma costruire una base ortonormale in V0. Per farlo, partiamo da una basequalunque di V0, sceglieremo quella più semplice, costituita da 1; x; x2, e laortonormalizziamo in L2 (0; 1) mediante il procedimento di Gram-Schmidt:

e1 = vers (1) =1�R 1

012dx

�1=2 = 1:e2 = vers (x� (x; e1) e1) ;

(x; 1) =

Z 1

0

xdx =1

2; Z 1

0

�x� 1

2

�2dx

!1=2=

r1

12=

1

2p3;

e2 = 2p3

�x� 1

2

�;

e3 = vers�x2 �

�x2; e1

�e1 �

�x2; e2

�e2�;

�x2; 1

�=

Z 1

0

x2dx =1

3;

�x2; e2

�=

Z 1

0

x22p3

�x� 1

2

�dx =

p3

6;

x2 � �x2; e1� e1 � �x2; e2� e2 L2 =0@Z 1

0

x2 � 1

3�p3

6� 2p3

�x� 1

2

�!2dx

1A1=2

=

Z 1

0

�x2 � x+ 1

6

�2dx

!1=2=

1p180

=1

6p5;

e3 = 6p5

�x2 � x+ 1

6

�:

Ricapitoliamo: una base ortonormale di V0 è costituita dai 3 vettori:

e1 = 1;

e2 = 2p3

�x� 1

2

�;

e3 = 6p5

�x2 � x+ 1

6

�:

Ora bisogna calcolare la proiezione di f su V0; cioè:

PV0f = (f; e1) e1 + (f; e2) e2 + (f; e3) e3:

24

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Calcoliamo dunque:

(f; e1) =

Z 1

0

sin (�x) dx =2

�;

(f; e2) =

Z 1

0

sin (�x) 2p3

�x� 1

2

�dx = 0;

(f; e3) =

Z 1

0

sin (�x) 6p5

�x2 � x+ 1

6

�dx =

2p5��2 � 12

��3

:

Perciò

PV0f =2

�+2p5��2 � 12

��3

6p5

�x2 � x+ 1

6

�=60��2 � 12

��3

�x2 � x

�+12�2 � 120

�3:

Rappresentiamo la funzione f insieme alla sua approssimante:

Supponiamo ora di avere a disposizione (e vedremo in seguito che sarà pro-prio così in molti esempi interessanti) una successione

�ej1j=1

di vettori checostituiscono un sistema ortonormale. I procedimenti illustrati precedentementesi possono applicare iterativamente ai primi n vettori di questa successione, pern crescente. Si ottiene allora il seguente importante risultato:

Teorema 4.3 (Disuguaglianza di Bessel) Se�ej1j=1

è un sistema orto-normale in uno spazio di Hilbert H; per ogni x2 H vale la disuguaglianza (diBessel):

1Xj=1

���x; ej���2 � kxk2 :

25

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In particolare, la serie a primo membro converge. Inoltre: x�nXj=1

�x; ej

�ej

2

= kxk2 �nXj=1

���x; ej���2 : (4.2)

Dimostrazione. Applichiamo il teorema delle proiezioni e quanto sopra osser-vato al sottospazio V0 generato dai primi n vettori

�ejnj=1. Si ha:

nXj=1

���x; ej���2 = kPV0xk2 � kxk2per n = 1; 2; 3; ::: Passando al limite per n ! 1 si ha la tesi (ricordiamo cheuna serie numerica a termini positivi con somme parziali superiormente limitateè convergente).D�altro canto la scomposizione

x = PV0x+ (x� PV0x)

dà, per l�ortogonalità,

kxk2 = kPV0xk2+ kx� PV0xk

2

e quindi x�nXj=1

�x; ej

�ej

2

= kx� PV0xk2= kxk2 � kPV0xk

2= kxk2 �

nXj=1

���x; ej���2 :L�idea dell�analisi di Fourier in spazi di Hilbert è approssimare un elemento

x di H mediante la sua proiezione su opportuni sottospazi �nito dimensionali.Poiché al crescere di n la somma

Pnj=1

���x; ej���2 aumenta, dalla (4.2) del teore-ma precedente leggiamo che la distanza kx� PV0xk

2 diminuisce. Ci piacerebbepoter a¤ermare che questa distanza non solo diminuisce ma tende a zero. Sig-ni�cherebbe che abbiamo un metodo per approssimare bene quanto vogliamoun generico elemento di uno spazio di Hilbert, mediante combinazioni lineari dielementi del sistema ortonormale �ssato. D�altro canto a¢ nché questo accada ènecessario che il sistema ortonormale

�ej1j=1

sia su¢ cientemente ricco da �cat-

turare tutte le direzioni di H�: se ad esempio in R3 considerassimo un sistemaortonormale costituito da soli due vettori, certamente non potremmo approssi-mare bene quanto vogliamo un generico elemento di R3 con combinazioni linearidi questi due vettori. Questo porta alla seguente

De�nizione 4.4 Sia H uno spazio di Hilbert. Un sistema ortonormale�ej1j=1

in H si dice completo se per ogni x2 H,�x; ej

�= 0 8j =) x = 0:

26

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Si può dimostrare che:

Teorema 4.5 In ogni spazio di Hilbert separabile esiste un sistema ortonormalecompleto, nel senso della precedente de�nizione1 .

Ricordiamo che �separabile� signi�ca: che contiene un sottoinsieme densonumerabile. Ad esempio, se è un sottoinsieme misurabile di Rn lo spazioL2 () è separabile. Questo è l�esempio fondamentale che ci interesserà nel se-guito. Dal punto di vista pratico il teorema precedente non è così importantenel senso che quando si applica la teoria di solito si conosce esplicitamente unsistema ortonormale completo, dunque non c�è bisogno di appellarsi a un risul-tato astratto per garantirne l�esistenza. Ad esempio, come vedremo, in L2 [a; b]il classico sistema trigonometrico è l�esempio più noto di sistema ortonormalecompleto.

Il prossimo teorema condensa i risultati fondamentali di analisi di Fourier inspazi di Hilbert:

Teorema 4.6 (Serie e trasformata di Fourier in spazi di Hilbert) Sia Huno spazio di Hilbert e

�ej1j=1

un sistema ortonormale completo. Per ognix2 H; poniamo bxj = �x; ej� per j = 1; 2; 3; :::Allora1. La serie di Fourier di x converge in H ad x, cioè:

x =1Xj=1

bxjej2. L�operatore

F : x 7! fbxjg1j=1detto trasformata di Fourier su H, è lineare e continuo a valori nello spazio disuccessioni `2; più precisamente, F è una isometria tra spazi di Hilbert, cioè èbiunivoca e conserva il prodotto scalare e la norma, ossia:

�x; y�=

1Xj=1

bxjbyj 8x; y 2 H (uguaglianza di Plancherel)

(il coniugato byj è necessario se H è uno spazio di Hilbert complesso);

kxk2 =1Xj=1

jbxj j2 8x; y 2 H (uguaglianza di Perceval).

1Si può dare una de�nizione di sistema ortonormale, e quindi di sistema ortonormale com-pleto, non solo �nito o numerabile, ma di cardinalità qualsiasi. Il teorema allora andrebberiformulato dicendo �In ogni spazio di Hilbert separabile esiste un sistema ortonormale com-pleto numerabile�. Non entriamo in questi dettagli perché non ci interesseranno mai spazi diHilbert non separabili.

27

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Dimostrazione. L�operatore F è evidentemente lineare; per la disuguaglianzadi Bessel,

P1j=1 jbxj j2 � kxk2 ; in particolare fbxjg1j=1 2 `2.

Mostriamo che F è suriettiva. Data una successione fcjg1j=1 2 `2; cioè taleche

P1j=1 jcj j

2<1; per il Teorema di Pitagora 2.12 la serie

P1j=1 cjej converge

in H ad un certo elemento x; calcoliamo ora:

bxj = �x; ej� = 1Xk=1

ckek; ej

!=

per linearità e continuità del prodotto scalare

=1Xk=1

ck�ek; ej

�per l�ortonormalità del sistema

= cj .

Dunque abbiamo costruito un elemento x2 H tale che fbxjg1j=1 = fcjg1j=1 ;perciò F è suriettiva.L�iniettività di F segue dalla completezza del sistema

�ej1j=1: se bxj = 0

8j ossia�x; ej

�= 0 8j; allora x= 0; per de�nizione di sistema ortonormale

completo. Dunque F è lineare e biunivoca tra H e `2. Mostriamo ora che laserie di Fourier di x converge proprio a x. Segue ancora dalla completezza delsistema, infatti:

x�1Xk=1

(x; ek) ek; ej

!= (4.3)

per la linearità e la continuità del prodotto scalare

=�x; ej

��

1Xk=1

(x; ek)�ek; ej

�= bxj � 1X

k=1

bxk �ek; ej�per l�ortonormalità del sistema

= bxj � bxj = 0:Dunque essendo il prodotto scalare (4.3) nullo per ogni j, per la completezzadel sistema segue che

x�1Xk=1

(x; ek) ek = 0; ossia

x =1Xk=1

bxkek,che è la convergenza della serie di Fourier.

28

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Sapendo questo, l�uguaglianza di Plancherel segue dalla bilinearità e conti-nuità del prodotto scalare:

�x; y�=

0@ 1Xk=1

bxkek; 1Xj=1

byjej1A =

1Xk=1

1Xj=1

bxkbyj �ek; ej� =e per l�ortonormalità

=1Xj=1

bxkbyj :In�ne, l�uguaglianza di Perceval segue dall�uguaglianza di Plancherel per y= x:

Come si vede, gli spazi di Hilbert dotati di un sistema ortonormale completonumerabile (cioè, per il Teorema 4.5, gli spazi di Hilbert separabili) sono unambiente estremamente naturale per l�analisi di Fourier: i risultati del teoremaprecedente sono infatti esaurienti e �puliti�: la serie di Fourier di qualsiasielemento x converge ad x, e la trasformata di Fourier è un�isometria tra spazidi Hilbert, il che signi�ca che tutta l�informazione che identi�ca l�elemento x ècodi�cata nella successione numerica fbxjg1j=1. Naturalmente per applicare lateoria ad uno spazio di funzioni concreto occorre conoscerne esplicitamente unsistema ortonormale completo. Nel seguito incontreremo alcuni esempi esplicitidi sistemi ortonormali completi in vari spazi di Hilbert di tipo L2 ().Si ri�etta anche sul fatto che qualsiasi spazio di Hilbert separabile risulta

identi�cato, tramite la trasformata di Fourier, con lo spazio `2; dal punto divista della struttura astratta esiste quindi un solo spazio di Hilbert separabile!

5 Applicazioni all�analisi armonica

5.1 Il sistema trigonometrico. Serie di Fourier in una odue variabili

Teorema 5.1 Nello spazio L2 [��; �], il sistema trigonometrico

1p2�;cosnxp

�;sinnxp

�per n = 1; 2; 3; ::: (5.1)

è ortonormale completo.

Dimostrazione. L�ortonormalità si veri�ca elementarmente calcolando oppor-tuni integrali (questo è stato fatto in Analisi 2). Proviamo la completezza. Sitratta di dimostrare che se f 2 L2 [��; �] è ortogonale a tutti gli elementi delsistema trigonometrico (5.1) (il che è come dire: se f ha i coe¢ cienti di Fouriertutti nulli) allora f è uguale a zero quasi ovunque in [��; �] (cioè è l�elementonullo di L2 [��; �]). La dimostrazione procede in due passi.1. Prima si prova la tesi supponendo che f sia anche continua. Notiamo

anzitutto che se f è ortogonale a tutti gli elementi del sistema trigonometrico,

29

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per linearità è ortogonale a tutte le combinazioni lineari �nite di questi elementi,ossia: per ogni polinomio trigonometrico p (x) si ha:Z �

��f (x) p (x) dx = 0: (5.2)

Mostriamo che sotto quest�ipotesi f è identicamente nulla. Per assurdo, non losia, e sia ad esempio f (x0) > 0 (se è < 0 il ragionamento è analogo). Per ilteorema di permanenza del segno esiste un � > 0 tale che

f (x) >f (x0)

28x 2 (x0 � �; x0 + �) :

Consideriamo ora il polinomio trigonometrico

t (x) = 1 + cos (x� x0)� cos �:

Si veri�ca che

t (x) > 1 per jx� x0j < �

jt (x)j � 1 per jx� x0j � �:

Inoltre se t (x) è un polinomio trigonometrico, anche t (x)n lo è, per n =1; 2; 3; :::. Perciò si ha:

0 =

Z �

��f (x) t (x)

ndx

=

Z[��;�]\jx�x0j<�

f (x) t (x)ndx+

Z[��;�]\jx�x0j��

f (x) t (x)ndx;

ossia

�Z[��;�]\jx�x0j��

f (x) t (x)ndx =

Z[��;�]\jx�x0j<�

f (x) t (x)ndx:

Ora, il primo membro dell�uguaglianza rimane limitato al crescere di n, perché:������Z[��;�]\jx�x0j��

f (x) t (x)ndx

����� �Z[��;�]\jx�x0j��

jf (x)j jt (x)jn dx

�Z[��;�]\jx�x0j��

jf (x)j dx;

Mostriamo invece che il secondo membro tende a 1 per n!1 (da cui l�assur-do). Scegliamo un intervallo [a; b] contenuto nell�insieme [��; �] \ jx� x0j < �;su [a; b] la funzione t (x) avrà minimo m > 1, perciòZ[��;�]\jx�x0j<�

f (x) t (x)ndx � f (x0)

2

Z[��;�]\jx�x0j<�

t (x)ndx

� f (x0)

2

Z b

a

t (x)ndx � f (x0)

2

Z b

a

mndx =f (x0)

2(b� a)mn !1 per n!1:

30

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Questo dimostra il teorema nel caso f continua.2. Sia ora f 2 L2 [��; �] tale che per ogni polinomio trigonometrico p (x)

vale (5.2). De�niamo

F (x) =

Z x

��f (t) dt:

La funzione F risulta assolutamente continua ed esiste F 0 (x) = f (x) quasiovunque (per il Teorema fondamentale del calcolo integrale per l�integrale diLebesgue). Calcoliamo i coe¢ cienti di Fourier di F .Z �

��F (x) cos (nx) dx =

�sin (nx)

nF (x)

�����Z �

��

sin (nx)

nf (x) dx = 0

perché il primo addendo è nullo in quanto sin (�n�) = 0; il secondo è nulloperché f ha coe¢ cienti di Fourier nulli.Z �

��F (x) sin (nx) dx =

��cos (nx)

nF (x)

����+

Z �

��

cos (nx)

nf (x) dx =

poiché f ha coe¢ cienti di Fourier nulli

= �cos (n�)n

F (�) +cos (n�)

nF (��) = 0

perché: F (��) = 0 per de�nizione di F come funzione integrale, e

F (�) =

Z �

��f (t) dt = 0

perché f ha anche il coe¢ ciente a0 = 0. In de�nitiva, la funzione F ha nulli icoe¢ cienti di Fourier Ak e Bk per k � 1, mentre non è necessariamente veroche sia A0 = 0; cioè che sia

R ��� F (t) dt = 0. Consideriamo però la funzione

F (x)� A02= F (x)� 1

2�

Z �

��F (t) dt:

Questa funzione per de�nizione ha integrale nullo su [��; �], e d�altro cantocontinua ad avere gli altri coe¢ cienti di Fourier nulli. Ne segue che F (x)� A0

2ha tutti i coe¢ cienti di Fourier nulli, ed è una funzione continua; per la primaparte della dimostrazione, allora, F (x) � A0

2 è identicamente nulla. Ne segueche

f (x) =

�F (x)� A0

2

�0= 0 quasi ovunque,

che è la tesi.In base al teorema precedente e al Teorema 4.6, possiamo concludere il

risultato di convergenza in L2 [��; �] delle serie di Fourier:

31

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Teorema 5.2 Sia f 2 L2 [��; �] ; de�niamo

ak =1

2�

Z �

��f (x) cosnxdx per n = 0; 1; 2; 3:::

bk =1

2�

Z �

��f (x) sinnxdx per n = 1; 2; 3; ::

Allora la serie di Fourier di f

a02+

1Xn=1

(an cosnx+ bn sinnx)

converge ad f in L2 [��; �] : Esplicitamente, questo signi�ca che:Z �

��

�����f (x)�"a02+

nXk=1

(ak cos kx+ bk sin kx)

#�����2

dx! 0 per n!1:

Naturalmente serie e coe¢ cienti di Fourier si possono adattare ad un inter-vallo [a; b] qualsiasi (v. [1, Cap. 7, §3.4]).La teoria degli spazi di Hilbert fornisce un risultato semplice e generale sul-

la convergenza delle serie di Fourier in L2. Naturalmente è anche interessantesapere se la serie di Fourier converge puntualmente (cosa che non segue dallaconvergenza in L2). In realtà, il problema della convergenza puntuale è il primoche si è posto, storicamente, col sorgere stesso della teoria delle serie di Fourier(1822, Fourier, trattato �Teoria analitica del calore�). Il primo studio rigorososulla convergenza puntuale delle serie di Fourier è dovuto a Dirichlet nel 1829.Si tratta di un problema fondamentale per l�analisi armonica, di cui però nondiremo nulla, in quanto ci interessa qui solo illustrare alcune applicazioni dellateoria degli spazi di Hilbert, che fu creata circa 100 anni dopo le serie di Fouri-er, come già accennato. Per qualche dettaglio sullo studio della convergenzapuntuale delle serie di Fourier si rimanda a [1, Cap. 7, §3.6] o a [2, Chap.8,§8.5].

Si possono anche de�nire le serie di Fourier in n variabili, sull�insieme [��; �]n(e quindi, riscalando il sistema trigonometrico, su qualunque �n-parallelepipedo�).

Ad esempio, in due variabili si può sviluppare una funzione f (x; y) 2 L2�[��; �]2

�in serie di Fourier doppia. Vediamo prima il seguente risultato astratto:

Teorema 5.3 Sia fen (x)g1n=1 un sistema ortonormale completo in L2 [��; �] :Allora fen (x) em (y)g1n;n=1 è un sistema ortonormale completo in L2

�[��; �]2

�.

Dimostrazione. L�ortonormalità si veri�ca facilmente: per (n;m) 6= (n1;m1)risulta Z �

��

Z �

��(en (x) em (y) en1 (x) em1

(y)) dxdy

=

Z �

��en (x) en1 (x) dx

Z �

��em (y) em1

(y) dy = 0

32

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perché almeno uno dei due integrali è zero, essendo n 6= m o n1 6= m1; mentreZ �

��

Z �

��jen (x) em (y)j2 dxdy =

Z �

��jen (x)j2 dx

Z �

��jem (y)j dy = 1 � 1 = 1:

Quanto alla completezza, sia f 2 L2�[��; �]2

�e supponiamo che siaZ �

��

Z �

��f (x; y) en (x) em (y) dxdy = 0 per ogni n;m:

Fissiamo m e consideriamo la funzione

gm (x) =

Z �

��f (x; y) em (y) dy:

Questa funzione sta in L2 [��; �] ; perchéZ �

��jgm (x)j2 dx =

Z �

��

����Z �

��f (x; y) em (y) dy

����2 dx �applicando nell�integrale interno la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz

�Z �

��

�Z �

��jf (x; y)j2 dy

Z �

��jem (y)j2 dy

�dx

=

Z �

��

Z �

��jf (x; y)j2 dydx = kfk2L2([��;�]2) <1:

Inoltre gm ha tutti i coe¢ cienti di Fourier nulli rispetto al sistema fen (x)g,dunque gm (x) = 0 quasi ovunque. Questo, per de�nizione di gm; signi�ca cheper quasi ogni x �ssato la funzione y 7! f (x; y) ha tutti i coe¢ cienti di Fouriernulli rispetto al sistema fem (y)g ; dunque per q.o. x e per q.o. y è f (x; y) = 0.Questo prova la completezza del sistema.La scrittura esplicita del sistema trigonometrico in due variabili è resa com-

plicata dal fatto che occorre moltiplicare ognuna delle tre funzioni

1p2�;cosnxp

�;sinnxp

per ognuna delle tre funzioni

1p2�;cosmyp

�;sinmyp

�;

mentre viene molto più semplice usando la scrittura complessa�einxp2�

�n2Z

33

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e quindi, in due variabili, �ei(nx+my)

2�

�n;m2Z

:

In questo caso si pone, per f 2 L2�[��; �]2

�bfn;m = 1

(2�)2

Z �

��

Z �

��f (x; y) e�i(nx+my)dxdy per n;m 2 Z

e si ha quindi

f (x; y) =+1X

n;m=�1

bfn;mei(nx+my)con convergenza della serie in L2

�[��; �]2

�. Più esplicitamente, una nozione

di convergenza di una serie de�nita da due indici interi relativi richiede unade�nizione precisa di somma parziale. Tale de�nizione non è univoca; ad esem-pio è corretto a¤ermare che, se de�niamo

sN (x; y) =X

jnj+jmj�N

bfn;mei(nx+my) per N = 0; 1; 2; :::

allora risultakf � sNkL2([��;�]2) ! 0 per N ! +1:

Una delle possibili applicazioni delle serie di Fourier in due variabili è allacompressione delle immagini. Un�immagine in scala di grigi si può vedere comeuna funzione f (x; y) de�nita in un rettangolo a valori in [0; 1], dove il valoref (x; y) rappresenta l�intensità di grigio nel punto (pixel) (x; y), quindi f = 0vuol dire punto bianco e f = 1 punto nero. Una somma di Fourier parzialedi f immagazzina (in modo approssimato) l�informazione dell�immagine in unnumero limitato di coe¢ cienti di Fourier.

5.2 Base di Haar e wavelets

Nell�utilizzo dell�analisi di Fourier per approssimare un segnale periodico, ilsistema trigonometrico ha, insieme a tanti pregi, un paio di difetti.1. I polinomi trigonometrici sono funzioni continue e regolari, perciò una

serie di Fourier approssima male una funzione discontinua. L�approssimazione inL2 rimane, ma non possiamo certamente aspettarci una buona approssimazionepuntuale vicino a un punto di discontinuità.2. L�approssimazione con polinomi trigonometrici ha una natura globale:

supponiamo di voler approssimare una funzione f 2 L2 [��; �] che ha un gra�co�semplice e liscio�in [��; 0] e piuttosto frastagliato in [0; �]. A¢ nché la sommaparziale di Fourier segua bene il gra�co di f in [0; �] noi dovremo aumentare ilnumero di termini, i cui coe¢ cienti sono stati calcolati in base al comportamento

34

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di f su tutto [��; �]; questo signi�ca che l�unico modo di migliorare i dettaglidell�approssimazione in [0; �] è quello di aumentare i dettagli in tutto [��; �];non possiamo ra¢ nare l�approssimazione su una sola parte dell�intervallo.Per ovviare a questi due difetti, e in particolare al secondo, si possono uti-

lizzare altri tipi di sistemi ortonormali completi di L2 [��; �], che hanno laproprietà di permettere un�analisi su scale diverse in parti diverse dell�interval-lo, o come si dice, fare una �analisi multirisoluzione�. Sistemi di questo tiposono le wavelets. Ce ne sono di molti tipi, presentiamo qui il più semplice.

Ci mettiamo ora nell�intervallo [0; 1]. De�niamo la �funzione madre�

(x) =

8<: 1 per 0 � x < 12

�1 per 12 � x < 1

0 altrimenti

e la seguente famiglia di funzioni ottenute traslando e riscalando la funzionemadre:

n;k (x) = 2n=2 (2nx� k) per k = 0; 1; 2; :::; 2n � 1;n = 0; 1; 2; 3; :::

Visualizziamo i gra�ci di alcune di queste funzioni.Ad esempio per n = 2 e quindi k = 0; 1; 2; 3 si ha:

Confrontiamo invece tra loro funzioni n;k per diversi valori di n. I gra�ci

35

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di n;1 per i valori n = 1; 2; 3; 4 sono:

Notiamo che per tutte le funzioni n;k si haZ 1

0

n;k (x) dx = 0 eZ 1

0

n;k (x)2dx = 1:

E� facile rendersi conto che il prodotto tra due funzioni diverse tra le n;k oè identicamente nullo oppure è una delle due moltiplicata per una costante;perciò queste funzioni sono anche a due a due ortogonali. Poiché tutte questefunzioni hanno media nulla, se vogliamo sperare di avere un sistema ortonormalecompleto è necessario aggiungere almeno una funzione che non abbia medianulla: la costante 1 va bene. Vale il seguente

Teorema 5.4 Il sistema di funzioni

f1; n;kgk=0;1;2;:::;2n�1; n=0;1;2;3;:::

è ortonormale completo in L2 [0; 1] :

Dimostrazione. L�ortonormalità è stata sostanzialmente dimostrata. Per lacompletezza, ci limitiamo a segnalare che si può dimostrare che questo sistemadi funzioni è denso nell�insieme delle funzioni semplici (cioè misurabili e cheassumono un numero �nito di valori), che a sua volta è denso in L2 [0; 1].Dalla completezza del sistema precedente segue:

36

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Teorema 5.5 Per f 2 L2 [0; 1] de�niamo:

bf0 = Z 1

0

f (x) dx

bfn;k = Z 1

0

f (x) n;k (x) dx per n = 0; 1; 2; 3; :::e k = 0; 1; 2; :::; 2n � 1;

allora la serie bf0 + 1Xn=0

2n�1Xk=0

bfn;k n;k (x)converge a f in L2 [0; 1].

Poiché le n;k; e quindi ogni loro somma parziale, è una funzione discon-tinua, ci aspettiamo che questo tipo di serie possa approssimare bene anchefunzioni con discontinuità; l�altra faccia della medaglia è che la somma parzialesarà sempre discontinua, anche quando la funzione da approssimare è continua.Soprattutto, però, il pregio di questa approssimazione è la sua localizzabilità:ogni n;k è diversa da zero solo in un intervallino, perciò scegliendo opportuna-mente i termini n;k possiamo aumentare il dettaglio dell�approssimazione di fin un tratto speci�co dell�intervallo [0; 1].

Esempio 5.6 Sia

f (x) =

�1� x2 per x 2 [0; 14 ]log x per x 2 ( 14 ; 1]

Allora il gra�co di f insieme a quello della sua somma parziale

bf0 + 3Xn=0

2n�1Xk=0

bfn;k n;k (x)

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(che ha in tutto 16 termini) è il seguente:

Si osserva che nel �gradino�di f l�approssimante segue il salto senza problemi;d�altro canto, l�approssimante è �a gradini�anche nei tratti continui di f .A titolo di confronto il gra�co di f insieme alla sua somma parziale di

Fouriera02+

8Xn=0

(ak cos (2�nx) + bk sin (2�nx))

(che ha in tutto 17 termini) è il seguente:

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Un interessante esempio di problema di compressione delle immagini in cui siè rivelato utile l�uso di wavelets in due variabili è la digitalizzazione dell�archiviodi impronte digitali compiuto dall�FBI negli anni 1990. Una lettura interessantein tal senso è il saggio [3].

Riferimenti bibliogra�ci

[1] M. Bramanti, C. D. Pagani, S. Salsa: Analisi Matematica 2. Zanichelli, 2009.

[2] G. Folland: Real Analysis. Modern applications and techniques. Wiley, 1984.

[3] R. Onyshczak, A.Youssef: Fingerprint Image Compression and the WaveletScalar Quantization Speci�cation, Chap. 19 in N. Ratha, R. Bolle, Editors:Automatic Fingerprint Recognition Systems, Springer 2004.

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